A. FANZINI
SUPPLEMENTO Al DIZIONARI ITALIANI
PAROLE SCIENTIFICHE, TECNICHE, MEDICHE,
FILOSOFICHE, ETC. — NEOLOGISMI E PAROLE
STRANIERE ENTRATE NELLUSO — LINGUAGGIO
DELLA POLITICA, CURIALE, GIORNALISTICO, ETC.
— PAROLE DELLO SPORT, DELLA MODA, DEL
TEATRO, DELLA CUCINA, ETC. — GERGO FAMI-
GLIARE E DIALETTALE — VOCI INTERNAZIO-
NALI — MODI LATINI E GRECI — CURIOSITÀ
DEL LINGUAGGIO — FOLKLORE — VOCI OMESSE
— NOTE GRAMMATICALI.
Storia, etimologia e filosofia delle parole.
ULRICO HOEPLI -MILANO
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Dizionario Moderno
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AJ.FREDO FANZINI
DiziDNAKTo Moderno
Supplemento ai Dizionari Italiani
PAROLE SCIENTIFICHE, TECNICHE, MEDICHE, FILOSOFICHE, ETC.
* NEOLOGISMI E PAROLE STRANIERE, ENTRATE NELL'USO *
LINGUAaaiO DELLA POLITICA, CURIALE, GIORNALISTICO, ETC.
PAROLE DELLO SPORT, DELLA MODA, DEL TEATRO, DELLA
CUCINA, ETC. ^ G-ERGO FAMILIARE E DIALETTALE ^ VOCI IN-
TERNAZIONALI ^ MODI LATINI E GRECI ^ CURIOSITI DEL LIN-
GUAGGIO * FOLKLORE * VOCI OMESSE i^ NOTE GRAMMATICALI
Storia, etimologìa e filosofìa delle parole.
' llLRKX) HOEPLI
EDITORE LIBRAIO DELLA REAL GASA
MILANO
1905
PROPRIETÀ LETTERARIA
Tipografia Umberto Allegretti — Milano, Via Orti, 2.
MIO PADRE
EMILIO FANZINI
MEDICO
1831-1885.
RAGIONE E NATURA DELL'OPERA
CONSIDERANDO
LO STATO PRESENTE DELLA LINGUA ITALIANA
Era costume e formula delle antiche prefazioni raccomandarsi alla
benevolenza del lettore: qui sarebbe cosa necessaria, giacché molte pa-
role saranno cercate ma non trovate, altre appariranno spiegate male
0 superflue, e da ciò nascerà malanimo contro PAutore (i).
Yero è che nelle consuete compilazioni i precedenti dizionari val-
gono da guida e porgono aiuto (spesso anzi oltre il giusto limite!);
qui invece tale sussidio non ci poteva essere se non in piccolissima
parte, appunto perchè si trattava di notare ciò che comunemente non
è notato: da questa ragione, ed anche da deliberato proposito, con-
segue che anche la spiegazione non ricalca le parole altrui ; anzi queste
ed altre cose pensando, benché sia di vita ed animo modestissimi, Autore
e non Compilatore vuol essere chiamato chi sostenne la lunga fatica di
questo libro.
Il quale é nato così: leggendo libri nostri e giornali, scritte, ma-
nifesti, ecc., udendo altri parlare, mi imbattevo con frequenza — la quale
di tanto era maggiore quanto più viva era la mia attenzione — in parole
e modi nuovi, di cui moltissimi prettamente stranieri o travestiti alFi-
taliana.
Che i dizionari italiani dell'uso non registrino queste voci pretta-
mente straniere è troppo giusto; che omettano la più parte delle voci
nuove, si può o approvare o scusare o rimproverare secondo i vari modi
(') Il numero dolio parole che mi sono sfuggite potrebbe sembrare soverchio al
lettore che ò nuovo di talo genere di lavori. Cho diro poi di quelle, o che egli può
suggerire, o che nacquero nel frattempo?
Alfredo Panxini
con cui si pensa e si giudica. Certe sono le tre cose seguenti : prima, che
queste voci sono dell'uso (buono o cattivo non è ora il caso di vedere);
seconda, nei dizionari comunemente mancano ; terza, la loro spiegazione
è desiderata e questa spiegazione non è facile anche per la persona
istruita: giacché se il « giovin signore » non ha bisogno di chi gli spieghi
ad esempio il vocabolo steeple-chase, il fisiologo involuzione^ la crestaia
aigrette^ il medico toracentesi, il geografo Thalweg, il geologo trias, il
cuoco supreme di pollo, il filosofo agnosticismo^ il giornalista leader,
l'avvocato preterintenzionalità, il fisico radioattività, l'archeologo ter-
ramara^ l'economista plus valore etc. etc, la cosa probabilmente non
sarà pili la stessa se ci proviamo a spostare questi termini. Yero è
che per quanto s'attiene alla parte filologica e storica delle parole, la
spiegazione potrebbe essere desiderata anche da quelli che sono versati
nella disciplina di cui il vocabolo è proprio ; perchè, a voler dire tutta
la verità, le persone tecniche e gli scienziati — almeno da noi — questa
parte poco curano e la curiosità e il piacere di conoscere il valore del
vocabolo secondo grammatica, lasciano a quelli che fanno professione
di lettere e di grammatica.
Dunque da prima io poco capivo di queste nuove parole, e sola-
mente ricorrendo ad opere speciali e rare, specie straniere, riuscivo a
scoprirne qualcosa. Quanto alle parole tecniche e scientifiche, spesso la
spiegazione era tale che solo il tecnico e lo scienziato avrebbero potuto
bene intendere, non il profano. Spesso, poi, si trattava di voci nuove
0 peregrine, vaganti nell'uso, ma non fissate in alcun dizionario speciale.
Adunque se questa difficoltà dell'intendere parole di cose moderne
occorreva a me che negli studi filologici avevo alcun sussidio, in mag-
giore grado doveva accadere al gran publico, il quale non ha il tempo
né « il buon tempo » — come dicono a Milano — di fare ricerche in
opere rare o strologare su di una parola, e tuttavia può desiderare di
sapere.
Un libro, dunque, che raccogliesse queste parole e questi modi e
poi ne desse spiegazione, non potrebbe riuscire nuovo, utile, anzi ne-
cessario ?
Così é nato questo libro.
Dunque, chiederà il lettore, qui, oltre al resto, si contengono tutte
Prefazione
le voci tecniche e scientifiche? Per amor di Dio! mi si intenda con
discrezione. A fare lo spoglio e dar ragione di tutti i termini di una
sola disciplina scientifica, si forma un dizionario speciale: e queste sono
opere tecniche di cui, chi desidera, può trovarne molte, e alcune ottime,
in particolar modo nelle letterature straniere : no, io accolsi fra le parole
della scienza soltanto quelle che entrarono e si aggirano, con orbita più
0 meno frequente, nel parlare comune o d'onde si traggono sensi estesi
alle cose della vita. Criterio di scelta molto difficile e soggettivo, in
cui Terrore è tanto facile quanto compatibile, convengo; ma come fare
altrimenti?
Fermato così il pensiero dell'opera, è stato un affluire da tutte le
parti di questi vocaboli, come fosse stato aperto un asilo.
Ecco le capricciose, altere e petulanti parole della moda, delle
eleganze, delle mondanità, posate come iridate farfalle sui fiori del gior-
nalismo, prediletto loro veicolo, per giunger dall'estero in questa troppo
ospitale terra d'Italia (importazione a sistema di libertà, cioè che
non paga dazio); ecco con superbo incedere una folta schiera di pa-
role, di formazione dottrinale, che si gloriano di rappresentare in tutto
il mondo le ultime conquiste del pensiero e portano luminosi stendardi
di vittorie; ecco, travestita all'italiana, un'altra numerosa schiera di
parole straniere, prepotentissime, che si sono sovraposte insolentemente
ed hanno dato lo sfratto ad altrettante belle e gentili parole nostre;
ecco il pianger di queste, ferite a morte o combattenti invano, e dicono
che sono belle e forti e che muoiono solo per viltà di chi in patria le
tradisce e abbandona ; ecco goffi e deformi costrutti e voci, fram-
misti a bislenche e bislacche locuzioni curialesche — veri micròbi
mummificatori del libero e gentil nostro idioma; e in mezzo ad esse,
col giglio in mano e incedere a ritmo — vergini o cortigiane? — le
parole estetiche della nuova retorica ; e , quali eredi di antica sa-
pienza, voci palliate e togate, le quali dicendo che in ogni libro era
dato loro onorevole luogo, tale pretendevano anche in questo; ecco le
parole speciali della medicina, dell'ingegneria, della meccanica, dell'elet-
trotecnica, dell'economia politica, del giornalismo, dello sport, etc. etc.
linguaggi minori nel gran linguaggio, piccoli moti nel gran moto delle
parole. Insomma queste ospiti erano tante e di tante generazioni che
io ne ebbi la casa, o, per dir proprio, la testa in confusione e peggio fu
quando mi posi ad interrogare quelle che meno conoscevo: chi siete?
d'onde venite? quali documenti recate con voi? siete figlie legittime o
bastarde? quanti anni avete? con casa e tetto, oppure vagabonde parole ?
Alfredo Fanzini
Ma ecco dopo tutte costoro, sopraggiungere un'altra innumerabile
schiera di altre parole chiedenti ricovero ed asilo, e lo domandavano
con 'pili diritto delle altre: erano le parole e i modi nuovi, germinati e
cresciuti in casa, sul ceppo italico, indizio della forza riproduttrice di
questa mirabile favella nostra ; erano le parole vernacole e dialettali le
quali dicevano : « Ma se accogliete tante sorelle voci forastiere, perchè
chiudete la porta a noi? Noi siamo la mirabile forza alimentatrice e con-
servatrice dell'italianità; siamo l'humus e l'umore profondo: chi in noi
ben ricerca, ben trova i documenti dell'unità della favella; noi — piti
dei puristi — siamo gli umili e forti reagenti contro la barbarie ; molte
di noi potremmo arditamente
uscir del bosco e gir infra la gente
perchè abbiamo antico ed alto diploma di nobiltà, e se molte fra noi
rozze e plebee siamo, rozze siamo come il diamante che l'arte dell'orafo
non raffinò. Dall'umile vita del popolo, parte la gran forza onde le voci
cittadine e letterarie sono alimentate e aumentate » . Così dissero, e per
queste buone ragioni dovetti accogliere molte voci dei vari dialetti,
specialmente quelle o che più sono tipiche o tendono ad entrare nel par-
lare dell'uso (1); e non mai (non mi gettino via il libro i puritani della
scuola detta manzoniana) così mi persuasi della libera unità dell'italiano
come in questo studio della varietà dialettale.
Con tanta gente in casa^ cioè con tante parole in testa, io fui sul
punto di perdere la medesima e, per mia salute, abbandonare l'impresa,
tanto più che mi persuasi che un lavoro di tal genere non sarebbe mai,
per sua insita natura, stato condotto a compiuto termine. Ma fui soste-
nuto nell'aspra via da quel misterioso fascino che esercita la ricerca di
un fenomeno naturale (fiore, insetto, parola), dal piacere dell'addentrarmi
per sentiero, quanto si voglia umile, ma non calcato da altrui piede:
in questo caso l'erudizione e la ricerca dilettano al pari di un'opera
d'arte e porgono da sole bastevole premio ed alimento alla volontà.
Mirabile, invero, è la vita che anima questi minuscoli organismi,
cioè le parole, ombre seguaci, segni di idee e di cose: recano in sé
uno spirito di vita, paiono nuove e sono antiche, risorgono come Fenice
(^) L'essere io, autore, da molto tempo in Milano, l'egemonia (quale essa sia) che
questa città esercita su le altre città italiane, l'importanza storica e letteraria del dialetto
milanese, spiegano o scusano una certa maggior parte, fatta alle voci di questo dialetto.
Prefazione xiii
dalla loro morte, nascono per connubio e per gemme, da bruchi diven-
gono farfalle, hanno percorso strano e tortuoso viaggio, son peregrine
lontane ovvero fiorirono al nostro sole, ma tutte rispondono ad una filo-
sofica legge e ad una varia necessità ; hanno un loro movimento, quasi
orbita di moto, una loro vita, o molte volte secolare od effimera, vita
solitaria 0 mondana; si combattono o si sorreggono insieme. E al modo
medesimo che un bicchiere d'acqua appare diverso, pure essendo lo
stesso, a chi ne usa per dissetarsi e a chi ne fa argomento di studio
naturale, così altro appare il linguaggio per chi se ne vale, inconscio,
per le necessità della vita e per chi lo indaga dottrinalmente : mutevole
ed uno, al pari di ogni altro fenomeno del vivere.
Per queste ragioni io tutte accolsi queste parole con benevolenza,
non come purista, ma come filosofo.
Quanto poi alle risposte a tutte quelle domande «chi siete? d'onde
venite? etc. », in altri termini, quanto alle spiegazioni delle parole, il
lettore troverà molte disuguaglianze, giacché l'etimologia, la storia, la
definizione variano d'ampiezza secondo che la parola mi è parsa nuova
e notevole, ovvero scarsamente o malamente trattata altrove. L'eti-
mologia l'ho messa dove mi parve necessaria e sicura, dove era difficile
ed incerta, o diedi la piìi probabile o rimandai ad opere speciali eti-
mologiche. Il discutere ragioni filologiche avrebbe tolto troppo spazio
alla necessaria e determinata mole del lavoro, tanto piìi che un poco di
spazio voUi serbare per me, indulgendo al genio e con qualche espres-
sione della mia anima confortando di tratto in tratto la grave fatica.
Di ciò mi si faccia pur torto, ed io ne domando venia anticipata.
Ancora: molte volte la storia e la ragione della parola o del motto mi
riuscì impenetrabile, e.... me la son cavata come meglio ho potato: se
alcuno mi vorrà erudire, mi farà favore e già lo ringrazio.
Di due intenti mi si voglia però tener conto: l'uno di aver fatto
il possibile per ispiegare chiaramente, non parafrasando il vocabolo o
dando incertissima definizione, e questo a costo di sbagliare, come mi
è occorso qualche volta (veda però il lettore di non farmi colpa se delle
parole note non trova quella spiegazione che deve invece cercare nei
dizionari comuni: non dimentichi che questo è un supplemento)', l'altra
è la seguente: di solito i nostri scienziati e tecnici nei loro scritti si
direbbe che dimentichino come esista un dovere, oltre che verso la
scienza, anche verso il patrio idioma; alla lor volta i letterati ed i
grammatici hanno davanti agli occhi troppi esempi letterari, troppa fa-
vella fiorentina e toscana, troppa filologia morta: per molti di essi en-
Alfredo Pamini
trare nella letteratura non vuol dire entrare più nobilmente ed utilmente
nella vita, ma entrare in un museo : tutto è antiquaria, e chi non è
antiquario non è pregiato. Di ciò si doleva il Leopardi quando, gio-
vane, si recò a Roma: ripetere oggi la stessa cosa sembrerà un paradosso o
una malignità, eppure è il medesimo fenomeno dovuto a persistenti te-
nebre d'anima. Comunque sia, ho cercato di togliere in questo lavoro tale
dissidio ; così del pari ho evitato il troppo e il vano dell'erudizione, pre-
sentando non la troppo onorata selva selvaggia delle ricerche, ma il
frutto della ricerca. Da ciò non mi verrà lode da parte di molti, ma
spero di aver fatto cosa utile a chi legge.
Ora conviene rispondere ad alcune osservazioni che mi potranno es-
sere fatte.
« Tutte queste parole, e specialmente intendiamo dire quelle pret-
tamente straniere hanno implicita sanzione, avendole voi registrate ? » .
Questa è domanda di difficile risposta. Chi vuol saperne di piii,
legga le pagine che seguono, nelle quali si tratta Dello stato presente
della lingua italiajia^ e troverà, se non la risposta, alcuni criteri per
una risposta conforme a quelle due leggi supreme che sono la necessità
e l'evidenza.
Per conto mio personale, tranne che a quelle parole che io chia-
merei universali o internazionali, il mio pensiero ama di non essere
soggetto, ma libero, e per ciò è veramente libero; e nell'idioma dei padri
trova pieno moto di espressione e se ne compiace. Ma questo criterio
è troppo soggettivo per avere valore. Io mi sono specialmente curato del
fatto — come già ho detto dinanzi — che queste parole straniere si
incontrano, si leggono con maggiore o minor frequenza, e perciò qui
sono notate quasi a memoria di ciò che oggi è l'italiano dell'uso.
La risposta è diffìcile anche per quelle parole che, pur di prove-
nienza straniera^ sono più o meno bene assimilate, tanto che l'universale
del publico non ne riconosce quasi più l'impura origine; che si sono
sovraposte a belle e buone voci nostrane, e dai lessici speciali della
corrotta italianità vanno passando nei dizionari dell'uso.
La stessa Crusca, il gran dizionario che dovrebbe essere il codice
ed il regolatore della lingua, nella sua nuova ristampa, che è giunta
Prefaxione xv
alla lettera iV, molte di queste parole di « corrotta italianità » ha ac-
colto, anche senza esempi di autore, ma su l'autorità dell'uso. L'au-
torità dell'uso, appunto ; giacché più delle ragioni di analogia, di logica,
di provenienza, hanno forza e valore le radici che le parole hanno messe.
Ma anche i signori compilatori della Crusca in quante contradizioni
sono caduti, quante parole omesse che forse si potevano accogliere!
quante accolte, che forse si dovevano omettere! Ma chi si sentirebbe
di far rimprovero a quei dotti signori ? La difficoltà è nella cosa in sé,
e tutt'al pili si potrebbe dolerci che la gravità della grande opera uf-
ficiale tolga ai compilatori agio di confessare le tristi difficoltà in cui
si dibattono, giacché al si può dire? o non si può dire?, questione che
facilmente sarebbe risolvibile con autorità dei buoni scrittori, si oppone
il si dice ?, 0 non si dice ? che trasporta la causa del vocabolo all'istanza
del giudizio popolare: fenomeno minimo di quel moto fatale verso le
demagogie autoritarie, che é il carattere della civiltà odierna, e che
anche nelle parole e nelle dispute grammaticali pesa con la sua bilancia.
Per queste parole io ho creduto bene di fare alcuna distinzione o critica,
per quanto breve ; e secondo i casi è detto press'a poco così : i puristi
riprovano, l'uso sancisce, pili o meno; la parola italiana è questa, o
valida, o consunta, come moneta fuori di corso, ovvero indegnamente
usurpata dall'altra voce forastiera, che con essa forma doppione (questo
è il caso più frequente) ; la tale metafora o estensione di vocabolo è più
0 meno eoìiforme alla natura della lingua italiana, etc. : ma tutto ciò, dico,
con somma parsimonia, anzi molte volte restringendomi a porre accanto
alla parola italiana la parola francese o inglese da cui la nostra è o mi
parve generata: al criterio del lettore il giudicare.
Altra obbiezione:
« Ma voi avete reso un pessimo servizio alla lingua nazionale, regi-
strando tutte queste barbare voci, non escluse le effimere e stravaganti ! » .
Kispondo : A vero dire io crederei cosa più utile e giusta rivolgere
il rimprovero a chi usa queste parole, non a chi le registra. Certo, io
non credevo che il numero delle voci straniere fosse tanto grande, e
come il Petrarca esclamava:
che fan qui tante pellegrine spade?
COSÌ mi venne la voglia di esclamare:
che fan qui tante pellegrine voci"?
Alfredo Fanzini
« Ma dovevate usare spietatamente la frusta come fanno i puristi
nei loro libri » dirà alcuno rimproverandomi i}).
Ma io sono uomo privato, non sono gabelliere io delle parole; e
poi, chi mi diede tale ufficio? ed è giusto che io debba addolorarmi o
sdegnarmi per ciò che la nazione non cura? Un male che non si av-
verte non si può chiamar male. Dite al sudicio che il sudicium.e è una
sofferenza e vi risponderà che il lavarsi invece è una sofferenza; e in-
fine non vi sono in Italia le Autorità tutorie del bello italo idioma, le
quali per ciò hanno ufficio, onori e stipendio? Mi duole anzi molto perchè
talvolta nel corso dell'opera P ironia andò piii in là dell'intenzione, ma
per mia giustificazione devo dire che ciò mi avvenne in quei casi spe-
ciali in cui la voce straniera non cadeva sotto nessuna tenue scusa filo-
sofica, ma era manifesta prova di dedizione vile o di contradizione palese.
E anche in questi casi ho avuto alcuna materia di conforto; e, in
mancanza di meglio, può essere conforto a chi, con sincero animo, mi
rivolge queste obbiezioni, cioè ai sinceri amatori della favella nostra;
ecco : la più gran parte di queste parole, levandosi la maschera francese
od inglese etc, apparivano generate da quella gran nostra lingua latina
la quale mi pare bestemmia chiamare morta, quando in essa rimane
tanta forza e tanta vita che non pur le lingue di tipo latino di essa
vivono, ma le stesse lingue di tipo germanico, per esprimere il nuovo
pensiero della filosofia, della logica, delle scienze, a lei, a questa ammi-
rabile madre antica, domandano i segni ed i suoni.
E infine questa invasione, questo permeare, questa endosmosi, per
così dire, di voci straniere, chi può assicurare che non rappresenti una
necessità, nn fenomeno di evoluzione complessa di questa « itala gente
da le molte vite» di cui ciò che appare nel linguaggio è fatto parziale?
Chi può non tener conto del premere delle altre civiltà e degli altri
popoli con cui venimmo a piii diretto contatto con l'unità e l'indipen-
denza ? E fosse alcunché di vero nell'opinione che l'Italia, fatta Italia^
{^) Mia preoccupazione fu di non sembrare ne meno di fare un'altra opera come
il Lessico dell' infima e corrotta italianità del Fanfani ed Arlia, come i Neologismi
buoni e cattivi del Rigutini, spesso citati; e benché il mio libro possa nell'uso pratico
supplire quelli, e benché anche qui il lettore possa trovare qualche chiosa o avver-
tenza grammaticale su gli errori più comuni, questa è opera distinta, la quale, come ho
detto, parte da altri principi : quelli sono lavori degni di persone degne, i quali hanno
loro posto nella letteratura né possono né debbono essere sostituiti se non da altre
opere che muovano dagli stessi criteri da cui mossero i detti autori.
PrefaX'ìone xvii
perdette italianità, che farci? Ma di ciò meglio si ragiona nelle pagine
che seguono.
Più grave infine sarebbe il rimprovero di chi mi osservasse che io
raccattai queste parole nei giornali o nelP immondezzaio dei particolari
linguaggi. Certo se avessi cercato nelle ponderate prose accademiche o
negli scrittori nostri fioriti, o nelle lodate rime dei molti e nuovi poeti^
avrei raccolto altra materia di parole. Ma io per un libro di filologia
viva, non potevo non tener conto di questa forma viva di letteratura
che è rappresentata dal Giornale, dalla Rivista^ etc. Che si direbbe di
un osservatore il quale giudicasse il costume di un popolo osservando
di preferenza le stoffe e gli orpelli che sfoggia nei dì festivi o nel car-
nevale e non desse importanza al modo di vestire quotidiano?
Esposte così le ragioni e i criteri dell'opera, qui non rimane posto
che per una preghiera, ed è la seguente.
Può darsi che a taluno non giunga nuovo il mio nome, onde mi
si dica: « Yoi, che otteneste alcuna lode pel lepore e la sincerità di
alcune novelle e simiglianti scritture, vi siete dato al grave mestiere e
non vostro delPerudito ? » .
Ecco, io credo che anche l'erudizione, quando parta da vero amore
del sapere, contenga in sé stupendi elementi di arte e che la rigida
partizione, che in Italia è soverchia fra artisti ed eruditi, se fosse com-
ponibile, sarebbe gran bene: del resto se a me accadrà la sorte dell'ir-
requieta cornacchia che fu respinta tanto dal gregge delle cornacchie
come dal formoso genere dei pavoni^ non mi dorrò nella coscienza perchè
non l'ho fatto a posta.
II.
Ora rimane da afi'rontare piia grave tema: ragionare cioè dello stato
presente della lingua italiana, perchè fu per l'appunto considerando questo
stato che nacque il libro odierno.
L'argomento è di tale natura che, a volerne dire compiutamente,
sarebbe necessaria non una prefazione, ma un libro. Ciò non è qui cosa
possibile e sono mal grado mio costrelto ad usare la forma sintetica,
tracciando a larghe linee piuttosto che descrivendo il tutto in modo
A. Fanzini, Supplemento ai Dixionan italiani. b
XVIII Alfredo Fan^^ini
finito e con compiuta analisi. E perchè questo argomento non poteva
per sua natura non rivestire forma polemica, e perchè su di esso chie-
devo il giudizio di persone dotte, non mi nascosi l'obbiezione che quelli
che pensano diversamente dal mio pensare, potranno fare, cioè questa:
« A^oi affermate senza documentare, voi mascherate con lo sforzo dell'e-
spressione (ironia, comparazioni) la mancanza di un fondamento scien-
tifico, quale può essere dato dalla minuta analisi». Questa obbiezione
che io, primo, feci a me stesso, ha risposta nel fatto che l'analisi è con-
tenuta nel Dizionario stesso! Inoltre la necessità di una diagnosi, cioè
di esaminare se questa odierna enorme produzione di parola e di modi
rappresenti il normale fiorire dell'albero delle parole, o non piuttosto
rappresenti una speciale forma di evoluzione della lingua italiana — la
quale evoluzione se si fosse studiata un cinquant'anni addietro, non si
sarebbe trovata di così grande estensione e con tali caratteri — questa
necessità di una tale diagnosi mi si impose, e perciò senza timore scrissi
e sottopongo al giudizio del lettore benevolo le cose seguenti.
Il popolo italiano, dalla quiete e dall'abitudine, non più dolorosa
ormai di una servitù politica, tre volte secolare, si è trovato in questi
ultimi anni, per forza di eventi e di fati, balzato nel moto multiforme
e potente della vita moderna.
In qualunque modo si giudichi e quale sia l'avvenire d'Italia, sarà
per lo storico futuro oggetto di meraviglia e di ammirazione come questo
popolo — che per sì lunga età, a guisa di nobile decaduto, era campato
dando fondo al capitale e spiritualmente nutrendosi di imbelli canzoni
— abbia saputo diventare produttore di nuova ricchezza e camminare,
egli disusato (i), ben spedito e geniale, su la strada maestra di quel
moto evolutivo che è noto col nome di progresso. Presso la torre tre-
centista sorse il camino dell'alta officina; l'aratro a vapore sostituì
l'antico vomere a foggia di chiodo ; i templi, le badie, i castelli stupi-
rono al nuovo moto delle aumentate genti.
Ma perchè la parola segue la vita, come l'ombra la materia, era
naturale che in questo trapasso il popolo italiano dovesse rinnovare i
(^) Del resto l'italianità viva e gloriosa non ebbe soluzione dì continuità. Se
mancò il popolo, non mancarono individui. Essi, nella divina sapienza, seppero essere
universali ed italici : inutile dire esempi.
PrefarÀone
suoi vocaboli; plasmarne di nuovi; adattarne di antichi; e come tolse
molte forme della sua nuova vita dalle nazioni che in questo moto lo
precedettero e con le quali venne in diretto contatto, così — vera legge del
minimo sforzo — ne togliesse anche le parole: questo piìi specialmente
da quella nobile Francia da cui da assai tempo ebbe e prese molta
parte del lievito fermentatore della sua resurrezione; a cui somiglianza
improntò i suoi istituti politici, amministrativi, militari, etc; mentre la
comune origine latina del linguaggio rendeva facile e naturale l'en-
dosmosi^ per così dire, e l'adattamento del vocabolo.
Anzi, come nel trasformare di un'antica officina manuale in altra
officina meccanica, avviene, in quell'acre solerzia del mutamento, di
rovinare e gettar via senza troppo discernere ciò che potrebbe ancora
essere buono e in avvenire forse rimpianto, così in questo rinnova-
mento delle parole vennero messe in riposo molte voci belle ed efficaci
pur di far posto alle nuove.
Dette queste cose, si presenta naturale la deduzione seguente: se
questo evolversi di vita nuova è stata cosa ottima, del che ninno du-
bita, cosa buona del pari deve ritenersi questa rapidissima evoluzione
del linguaggio, che ne è conseguenza necessaria. E allora come corol-
lario si può aggiungere: adunque ogni restrizione al libero uso delle
parole, è mera pedanteria di coloro i quali per amore all'immobilità
della tradizione, vorrebbero mettere un freno al progresso ed al sapere :
pari in insipienza ad una madre la quale per male inteso amore delle
infantili grazie del suo pargoletto, gli impedisse, con pressioni e fasce,
di crescere.
Questa opinione, cioè di accogliere il vocabolo prevalente, vorrei
dir galleggiante nell'uso, senza troppo, anzi senza affatto discernere quale
esso sia, nel modo stesso che si ama e spende la moneta in corso, è
opinione difesa da non pochi dell'esiguo numero di coloro che talora
riflettono sui vocaboli e su le locuzioni di cui fanno uso. Ed anche il
grandissimo numero degli Italiani a cui è necessaria la parola pei com-
merci della vita, ma che non hanno mai pensato esistere una filosofia
e una scienza del linguaggio, non farebbero diverso ragionamento nel
caso che su questa materia credessero di dover perder tempo a ragio-
nare. Questa, insomma, è, o meglio sarebbe, l'opinione più distinta fra
coloro che non distinguono in fatto di parole.
E si può aggiungere da chi volesse meglio sostenere tale opinione:
una grande letteratura non è mai stata legata allo questioncelle di lingua:
informi la letteratura ellenica fra le antiche, liberissima e pure insupe-
Alfredo Panzini
rato modello di eleganza e di forza; la letteratura anglo-americana fra
le moderne, così ardita nel crear voci e nell'evolversi. Il disputare di
voci pure ed impure, nostrane e barbare, è antico ozio accademico degli
italiani. E — volendo far sfoggio di citazioni autorevoli — Giulio Cesare,
fra i latini che pur tanto disputarono di voci pure ed impure, non ci
avverte di fuggire siccome scoglio ogni parola fuor del comune (^), ed il
Leopardi fra gli italiani che furono eredi dei latini di questa passione
a disputare di lingua, a proposito del « si può o non si può usare un
dato vocabolo», non dice con quell'umore che gli era proprio: Se gli
antichi non l'hanno detto ìioìi hanno però lasciato per testamento che
non si possa dire [?] (^).
Yero è il principio fondamentale ora enunciato e dedotto dalla realtà
e dalla necessità, vere, almeno in astratto, sono queste deduzioni; ma
vero è pure che non è sempre bastevole un sicuro principio per ispiegare
tutti gli aspetti di una questione. Piace un'unica legge, perchè facile
ad intendere; piace sotto di essa raccogliere tutti i fenomeni, e conio
parole ben si può fare questo : nella realtà e nella verità molti fenomeni
sfuggono a questa costrizione, onde la necessità del distinguere frequente
come ammonivano gli antichi logici; e mi si conceda, onde la necessità
del raddolcire la mente, giacché nel risolvere una questione la difficoltà
non sempre ne tutta è in se e per sé, ma molta parte è nella passione
dell'idea preconcetta. Né ciò soltanto; ma come diversa é la direzione
astronomica di un fiume e il reale suo corso ; come diversa è la teoria
sul male e l'applicazione sul malato, così un principio assoluto ed unico
non sempre è chiave buona per schiudere tutto il contenuto dei fatti;
e ciò tanto piti vale quando — come forse nel caso presente — altri
principi urtano in conflitto col principio fondamentale a modo di correnti
minori contro grande corrente, e bisogna pure tener conto di questi
altri principi se pur si ama di andare alla ricerca del vero e non sol-
tanto di fare eleganti e lodate dimostrazioni.
(*) Habe semper in memoria atque in pectore ut tanquam seopolum sic fugias
inaudituìii atque insolens verhum. (Ex libris de Analogia).
Q Epistolario^ Volume I, pag. 393.
Prefazione xxi
Quali siano le distinzioni, quali gli altri principi che urtano in con-
flitto con il principio fondamentale e magnifico, è argomento di ciò che
segue.
Intanto ecco un ben curioso contrasto : per alcuni la lingua italiana
si trova in periodo felice di evoluzione e di rinnovamento, per altri
siamo a mal punto, e l'organismo risultante da tante voci e modi strani,
arbitrari, barbarici, etc, non è (usiamo un'espressione mite) un prodotto
buono di selezione e di evoluzione.
Qui alcuno può dire : « Questa è l'opinione di pochi puristi, gente
che non ha più autorità », e qualche malevolo può aggiungere: «Cono-
sciamo il vostro giuoco! vecchio mezzuccio di retorica, concedere per
megho negare, fare il liberale affinchè le catene sappian di odor di rosa».
Anzi tutto io dico di essere in buona fede: sì, è vero: questa è
opinione di pochi puristi, ed è pur vero che i puristi non hanno piìi
grande autorità. Però posso assicurare che vi è un certo numero di
persone, non grammatici, non puristi, non pedanti, che la pensano in
questo modo pessimista. «E voi siete fra costoro! ». Io? Io noto il con-
trasto, tutt'al pili come opinione personale credo una cosa, che in Italia
si scriva poco bene l'italiano, e forse, male. Qui è lecito supporre questa
obbiezione da parte di molti: «Come? Si scrive male? Ma quando mai,
ad esempio, ci fu più bella fiorita di voci e di imagini che nella
prosa degli esteti ? » . Non dico di no ; è questione di gusti e di tempo.
Anche la prosa di Daniello Bartoli apparve ed è magnifica, eppure giu-
stamente si reagì contro quella scuola e quell'arte di scrivere dal Leopardi
e dal Manzoni in nome di quella schiettezza e sanità che, se sono un
pregio nella vita, non sono meno nelle lettere; in nome di una prosa
che non fosse bagno di melassa, ma arma nuda e vibrante nella bat-
taglia delle idee. Molta di questa prosa chiamata estetica, che tanto oggi
piace, e specialmente quella a buon mercato, va diventando — come
l'arte floreale in architettura — la prediletta dei bottegai arricchiti. E
prosa che nasconde sotto il belletto della nuova retorica i gonfiori della
scrofola: afferratela e stringerete adipe: nuova retorica, giacché noi
«come quei e' ha mala luce», vediamo i vizi della retorica lontana,
cioè del passato, quella che è vicina a noi, non vediamo. « Ma, di grazia,
come fate a giudicare se una prosa è bella o brutta? pesate col bilan-
cino le parole e le frasi come fanno i puristi?» mi si può domandare.
Alfredo Pancini
Dio me ne liberi: ecco, nel giudicare una scrittura di prosa io mi
sforzo di mettermi nello stato di una persona, non letterata, ma di buon
senso : quando capisco proprio bene e quando mi godo a leggere e piii
a rileggere; quando tocco, sento, respiro nella pagina, allora dico che è
bella prosa, sia fatterello per bimbi, sia alta trattazione; ma ciò nelle
prose nostre moderne mi accade di rado, ed ho sentito che anche ad altri
accade lo stesso.
Qui devo supporre che alcun altro mi osservi : « Ma vi sono in
Italia, fuor degli esteti, molti scrittori pieni di brio, la cui prosa spuma
e scintilla». E chi lo nega? Se non che, osservando bene, m'accorgo
che di solito si tratta di spuma e scintillio di derivazione francese : in
tal caso, potendo, vado alla sorgente e leggo libri francesi lasciando
ad altri di ammirare la ben nota virtù assimilatrice degli italiani. Il
nostro publico aristocratico, infatti, fa proprio così, cioè legge di pre-
ferenza libri stranieri : i librai possono informare su tale proposito, e una
statistica su la importazione dei libri e dei giornali di Francia e un
raffronto con lo scarso smercio dei troppi libri italiani potrebbe riuscire
istruttivo.
« Ma questo è affare di stile, non di hngua, due cose ben distinte»,
dirà il lettore che sa di retorica. Yero, due organismi distinti, ma con
funzione reciproca; non so, come il cuore e il polmone. Il forte uso
della parola e della frase straniera porta il pensiero ad amalgamare le
parole, anche italiane, secondo una struttura (stile) che non è la nostra,
0, quel che è peggio e piii frequente, a darci un prodotto bastardo: per
contrario un pensiero conforme al sentimento italiano reagisce su la pa-
rola e su la frase, le domina, le seleziona, cioè o le espelle, o le fonde
in modo armonico : ma ciò avviene spontaneamente, per impeto e forza
di calore naturale; in tal caso le parole straniere, anche crude senza
la veste o desinenza italiana, non sono — a mio riguardo — paurose.
Tutto il nodo della questione in fondo è qui.
« Secondo voi, dunque, di buoni scrittori ce ne sono pochi » .
Sì, pochi che congiungano quella vivacità e lucidezza che fanno la
prosa dilettosa (e ciò è tanto necessario che se uno scrittore mi scrive
anche alla francese ma si faccia gustare, gli dico bravo !) con il sapore
dell'italianità: fra i letterati eruditi non mancano alcuni di fama assodata
che scrivono mirabilmente, e sono semplici, lucidi, facili. Ma la più parte
di questi letterati eruditi trascura troppo l'arte dello scrivere, e ciò per
molte cause, non ultima questa che io credo erronea : essere la gravità
scientifica indipendente dalla genialità della forma.
Prefaxione
Fra gli scrittori di amene lettere non mancano prosatori di forte
originalità italiana, e non mancano forze nuove di buoni e animosi com-
battenti in difesa di una prosa la quale sia sopratutto italiana. Non
faccio nomi né cito esempi perchè sembrerebbe che io volessi lodai'e
opere ed autori poco noti od ignoti.
Ma pur troppo^ accanto a questi buoni e coscienti il numero degli
improvvisatori, degli spensierati, dei dilettanti di letteratura è presso di
noi soverchiante. Il publico pone, oimè, tutti in un fascio e poi, come
tutti i re, anche il publico ha troppi ciceroni e cortigiani ai fianchi,
i quali gli impediscono di conoscere il vero; e infine il nostro publico
manca, per complesse ragioni, di elementi di giudizio proprio.
Una cosa è certa, e questa è detta ai facili dilettanti : in arte non
si improvvisa: scrivere è arte e domanda genio e pazienza, cioè pre-
parazione.
Tutti vedono gli oggetti ed i colori, ma solo il pittore sa come si
devono disporre questi oggetti per esprimere l'anima del colore e delle
cose. Queste leggi dell'arte ben curano i prosatori francesi di cui noi
ammiriamo la facilità e la semplicità. Quest'arte non ha nulla a ve-
dere con la virtuosità, con le lambiccature, con la biacca, con gli spa-
simi, con gli artifici di certa prosa alla moda: coreografia di parole,
edifici di tela dipinta che mascherano il vuoto. Cioè, mi correggo: si
può anche improvvisare in alcuni rari e speciahssimi casi; ma allora
esiste una segreta e potente preparazione dell'anima.
Yero è che questo argomento scotta e poi è troppo soggettivo, ne
posso nascondere — lo confesso con aperta sincerità — di non portarci
alcuna passione.
Giudichi dunque ognuno a suo piacimento.
Ma oltre a questa prosa artistica e dotta v'è la prosa dell'uso quo-
tidiano, la lettera, il resoconto, l'opuscolo, il progetto, il manifesto, il
bollettino, il programma, l'istanza, il manuale, la nota, la scritta commer-
ciale della curia, degli uffici dei ministeri, etc, etc. Che in queste scrit-
ture, le quali non richiedono arte, si usi un linguaggio fuori del decoro
e di una legge, quale essa si sia (i), credo che tutti quelli che hanno
(') Ho fatto un'osservazione che mi paro importante : nella nostra vita politico-
giornalista, così ricca di piccolo inimicizie, quando si vuole combattere a fondo un
discorso, un manifesto, uno scritto di un avversario, i nostri sono capaci di diventare
luche puristi, spulciano le parole: «Oh, dove ha messo la grammatica il signor
i;ilo? Può stare a capo di un'amministrazione chi spedisco tali dispacci? chi fa tuli
manifesti?» e simili frasi.
Alfredo Pamini
sano giudizio convengano. Io, ad esempio, ho inteso dei tecnici, gente
solitamente aliena da ogni pensiero letterario, dolersi perchè in certe
scritture italiane di carattere tecnico nelle quali la precisione e la chia-
rezza sono necessarissime^ si capisce a stento che cosa in esse si e vo-
luto dire : così non accade in scritture consimili, straniere. Non si può
dare giudizio di condanna piii semplice e terribile di questo.
Tale miserevole stato dell'italiano dell'uso spicciolo, capisco, non
tocca molto chi specula in alto, o chi occupa le grandi gerarchie lette-
rarie, ufficiali 0 accademiche.
Qui io sento ancora, e più forte, sibilare all'orecchio questo rim-
provero: «È inutile che voi vi camuffiate: in voi si scorge la chierica:
vói siete un pedante e un purista » .
Bene, vediamo! e scagionandomi di questa imputazione di purista,
anzi notando alcuni errori di giudizio dei puristi, mi si conceda l'op-
portunità di meglio entrare nel vivo dell'argomento.
Il confine tra il purista appassionato ed il pedante non è facile :
certo formano esìgua schiera, e questo essere essi in pochi a sostener
una battaglia, lo confesso, mi induce a benevolenza anche nel conside-
rare il male che con la loro intransigenza possono aver cagionato. Si
intende dei puristi e pedanti sinceri, perchè i mercenari delle umane
lettere che a simiglianza del giudice iniquo osservano le leggi in pre-
torio e fuori le dilaniano, non entrano nel mio conto. Per i puristi
questa nuova italianità è una perdita di italianità: gli stessi vocaboli
forastieri, ma necessari perchè dovuti al fatale preponderare di un pen-
siero più evoluto del nostro, senza dei quali dovremmo rimanere a bocca
aperta come nel giuoco del jyerchè in cui si deve sfuggire una data let-
tera, sono tacitamente condannati.
Che dire poi dell'avversione per tutta quella meravigliosa fioritura
di voci, espressione del nuovo pensiero e della nuova scienza, comuni
a tutte le nazioni dotte, vero piccolo vocabolario universale? Non po-
tendole distruggere, le vorrebbero ristrette al rigido linguaggio delle
scienze: fanciulli che si illudono di potere arginare un fiume che stra-
ripa magniiico nel comune parlare!
E poi — ripeto — per noi italiani che deriviamo dalla coltura
greco-latina, come non sentire un fremito di orgoglio vedendo che i
I
Prefazione
superbi popoli angli e germanici, creando queste voci dottrinali, sono
costretti a ricorrere alle due lingue che io non oso chiamare morte,
latina e greca, in cui sembra, come entro miniera profonda, essersi stra-
tificato nei secoli il fiore dell'umano pensiero? Meravigliosa potenza, oc-
culta anima della parola!
Ancora: la grandissima parte delle parole e modi che i puristi ri-
prendono (') sono di provenienza francese: il francese — cosa nota —
ha la sua parola di un'elasticità sorprendente, cioè può adattare una
sola voce a vari sensi; passa con agevolezza e con predilezione dal
senso proprio alla metafora più. ricca e « ipertrofica » : il vocabolo ita-
liano invece si estende meno, ma in cambio ha la gradazione o scala
dei sinonimi; l'enfasi metaforica non gli è naturale: il francese ha, in
istato di pronta azione un numero stupendo di modi di dire, veri pezzi
di costruzione, precisi, incisivi, ben selezionati, pronti per esser messi
in opera, parlando o scrivendo.
«E l'italiano non ne ha? ». Ma ne ha un numero enorme come ogni
lingua viva: essi costituiscono gli elementi fecondatori e animatori del
linguaggio: una lingua si dice morta quando questa funzione di pro-
durre nuovi modi in lei cessa: la locuzione o modo di dire è un ag-
gregato fisso di poche parole, talvolta senza senso se prese alla lettera,
o di senso bislacco, ma che esprimono l'idea in modo preciso, subi-
tamente intesa da tutti. Sono come pezzi di pensiero già formato, car-
tucce in deposito pronte per lo scoppio (^).
Ma la differenza fra l'italiano e il francese consiste in questo,
che moltissimi modi di dire italiani o sono troppo letterari o sono dia-
lettali ; ogni dialetto ne ha un patrimonio stupendo : rudi, caustici, saette
da getto: fra dialetto e dialetto poi si riscontrano somiglianze che for-
mano un godimento per il ricercatore (•^) e persuadono della enorme
(') Vedi Fanfani od Arlia, Lessico dell'infima e corrotta italianità; Riqutini,
Neologismi buoni e cattivi^ opero da mo specialmonte citate nel corso dell'opera.
(-) I sostenitori della lingua artificiale (Volapiik, Esperanto, etc.) come intendono
supplire a questi microrganismi vitali? Io posso creare un vocabolo di convenzione,
ma il modo di dire di cui non appare a prima vista la funziono necessaria, e in cui
è tutto il nervo del discorso, chi lo forma?
(*) Quanto gemme del diro che passano per toscane ed hanno per ciò onorato
accesso nel parlar letterario e della scuola, sono comuni agli altri dialetti ! E ohe dire di
quelle che non sono toscane, e pur sono tanto bolle od efficaci che por la loro bollozza
e forza sono entrato nel parlar comune, se non letterario? Io ne ho raccolto parecchio
Alfredo Pancini
vitalità della favella italiana, così genialmente una e varia. Oimè! è
una ricchezza che non esce dalla regione e dal parlar dialettale, e molti
scrittori avrebbero riguardo ad usarli come ad andar fuori di casa
senza cravatta. JSTe consegue che il modo francese come più urbano,
pili mondano, più diffuso, è spesso usato a danno del modo nostro che
lo potrebbe sostituire. E ciò che accade pel modo di dire^ a maggior
ragione accade per la parola: adoperare la voce unica alla francese è
più facile, ricercare la voce precisa fra le sfumature dei sinonimi è più
difficile; questa, anzi, del trovare il giusto colore nella gran tavolozza
dei sinonimi, forma una delle difficoltà dell'italiano: lingua per altre ra-
gioni, facile.
Qual meraviglia se in ciò si manifesta la legge del minimo sforzo,
cioè se noi usiamo estensioni, metafore, locuzioni alla francese?
In quanta misura poi concorra una certa nostra indolenza e la pre-
ponderanza di un pensiero più maturo od evoluto nella modernità che non
sia il nostro, non è qui il caso di dire. Oltre a ciò vi sono voci e locuzioni
alla francese così fuse e connaturate oramai, in cui il pensiero cade così
spontaneo come ruota entro rotaia, come dente in dentiera, che con-
verrebbe, per evitarli, avere sempre un purista ai lati o fare un tale
studio di scelta, incompatibile con la comune coltura e col tempo di
cui uno può disporre.
I puristi ebbero torto di non tenere nel dovuto conto queste cose
di fatto e questa legge di necessità, e di nutrire troppa fede nella pre-
dicazione della buona italianità e nell'opera della scuola.
Quasi quasi avrei più fede in una specie di « lotta per la vita »
che moltissime belle parole italiane combattono per non essere sof-
focate Q).
Yi sono parole italiane così belle, alate, luminose, che qualche volta
danno delle feroci stoccate alle loro consorelle franco o anglo-italiane:
in questo mio dizionario o me ne compiaccio come di cosa da altri negletta, da me in-
vece amorosamente curata. Ammirevole pure e degnissima di studio sarebbe la com-
parazione fra i modi di dire delle varie lingue. Quante somiglianze ! Quanta filosofia
naturale ! Anche ciò è buon argomento di considerazione per chi sostiene le lingue
artificiali.
(') La scuola estetica, intendi specialmente il D'Annunzio, in questo ebbe alcun
merito e azione reale richiamando in onore nobilissime parole nostre ed elevando a
maggior decoro l'arte dello scrivere dalla paludosa bassezza e monotonia dei de7)io-
eratici dello stile^ come il Carducci chiama con frase troppo scultoria i manzoniani
(da non confondere col Manzoni, la cui prosa è un miracolo d'arte e di forza).
Prefaxione
voglio dire che se si scrive con un po' d'amore, esse ricorrono spon-
tanee su la penna, come piìi immediate e proprie espressioni dell'anima
italica. Queste nobili parole ci porgono un altro conforto, un po' magro
se si vuole, ma che vale meglio di niente. Quando gli italiani si vestono
proprio dalla festa, cioè, fuor di metafora, nelle scritture solenni, allora
queste parole sono cercate, allora ricorre la richiesta: «0 come si dice
in buon italiano ?» e si pensa sul come si dice e si cerca di levare un po'
di ruggine a questi vocaboli, di provarli nelle congiunture; giacche
anche nelle parole, come negli organi del corpo, la mancanza di eser-
cizio atrofizza e toglie la funzione.
E già che entrammo in argomento trattando di puristi, proseguiamo
con essi.
Yi sono fra i puristi alcuni di bocca piti buona e di manica pili
larga, i quali si accontenterebbero della voce straniera purché avesse
un tantino di' ageggio italiano, cioè si coprisse almeno le pudende bar-
bariche con un paio di mutandine o una foglia di fico italiano, cioè
fossero assimilate.
E vada pure per l'assimilazione: certo l'Italia del Quattrocento e
del Cinquecento poteva accoghere la barbarie d'Europa nel suo grembo
e penetrarla dell'ardente sua vita. A quel tempo le parole straniere,
relativamente poche, si dissolvevano, fondevano, assimilavano per virtù
del calore organico del nostro linguaggio.
Ma allora l'Italia aveva il monopolio della intellettualità; lettera-
tura italiana voleva dire letteratura europea, e tale onore le fu conser-
vato per impulso o tradizione fino a quasi tutto il Settecento, cioè
anche quando non ne era piìi degna: oggi queste voci «barbarie, bar-
bari, barbarismi», così care ai puristi, prese in valore non storico o
filologico, ma reale, farebbero sorridere. Questi barbarismi rappresentano
cose 0 idee che noi togliemmo per forza da altri popoli i quali andarono
avanti nel tempo che noi restammo fermi. Bene : molte di queste parole
— almeno sinora — non si adattano all'assimilazione, bisogna spen-
derle come sono. Qui un purista può dirmi:
« Ma il popolo non le usa! »
Ma il popolo ha un vocabolario più ristretto.
« Ma si fa un giro di voci ! »
Alfredo Fanzini
Questo potrà fare il purista, il letterato, il grammatico, gli altri
no: chi trova un ponte, non gira il corso del fiume per trovare un guado.
• L'evidenza porta ad accogliere la seguente legge, cioè che non si
può sacrificare una parte anche minima di pensiero alla purità del lin-
guaggio, tanto è vero che la reale bellezza di un linguaggio è il pen-
siero che vi risplende. Chi diversamente stabilisse, si dovrebbe adattare a
vedere la sua legge violata, e nessuna cosa è piìi goffa ed imbelle che
stabilire norme che ben si sa che saranno infrante.
La necessità insegna la legge, la quale è buona appunto perchè
necessaria. Già tant'è: queste parole sono accolte nel fatto. Capisco:
l'italiano a cagione della compiutezza vocale delle sue parole si presta
meno bene del francese ad inserire e fondere nel suo organismo voci
di altre lingue : di questa difficoltà è prova il fatto che gli scrittori più
trasandati hanno verso queste parole una specie di riguardo istintivo,
e le ricoprono col carattere corsivo, così che se le parole fossero toppe,
molte pagine di prosa darebbero sembianze di abiti rattoppati. Dunque?
Dunque io penso che è inutile opporsi all'accettazione tanto dei così
detti barbarismi e gallicismi come delle nude voci straniere, giacché
la loro forza è maggiore. E né meno penso che per questo soltanto la
lingua italiana vada in rovina.
« Ma — domanderà alcuno — accogliendo e barbarismi e anche
le voci prettamente straniere, entro quali limiti ci comporteremo?».
Questo io non so, né mi sembra che alcun areopago di grammatici
possa ciò stabilire. La discrezione e il limite potrebbero essere dati dalla
necessità, ma più da un nobile senso individuale di italianità, per cui
l'uso, quando è inutile, di parole straniere dovrebbe ripugnare come
ad una persona pulita ributta il compiere un atto sudicio, anche se essa
è sola e non vista. « Termini incertissimi ! » Lo so, ma di più veramente
sicuri non ne conosco.
« E — potrebbe domandare alcuno — l'opera della scuola perchè
l'omettete? » Un sentimento di riserbo mi consiglia di tacere le ragioni
per cui io non ho fede nell'azione della scuola italiana in difesa dell'ita-
lianità. Ma che dico ? Che bisogno ci sarebbe di difesa? Basterebbe far
conoscere ed amare questa italianità mirabile, e la miglior difesa sta-
rebbe in quella conoscenza e in quell'amore! La nostra scuola — tranne
poche eccezioni dovute esclusivamente all'opera spontanea di qualche
insegnante — svolge dei variabili programmi ministeriali, caleidoscopio
di imparaticci, ut impleatur scriptura. E l' insegnamento della storia let-
teraria, ridotta ad una specie di catechismo : che l'arte sicula è proven-
Prefaxione
zaleggiante^ che la prosa dei Fioretti è di aurea semplicità: che la
scuola del Guinizelli è dottrinale: che il Boiardo fonde i due cicli: che il
metodo storico scientifico deve guidare severamente le ricerche, etc, etc.y
quando a queste parole non corrispondano le nozioni, è proprio utile?
Alla sincerità delle lettere e della vita meglio giova saperne di meno^
e per compenso ottenere che il giovane conosca un poco di logica e di
decoro nel comporre! Del resto i giovani stessi rispondono a questa
punto interrogativo praticamente: oramai essi non sentono e non curano
che quegli insegnamenti che hanno un diretto rapporto pratico con la
loro futura professione. E detto questo è detto anche troppo.
Tornando al tema e concludendo, credo doversi ritenere anche questa
uso delle voci straniere un fatto normale, « fisiologico » per così dire,
di evoluzione del linguaggio. Se non che esso si complica e si somma
con altri fenomeni, i quali per quanto benevolo giudizio si voglia dare,
non possono non giudicarsi gravemente. Dalla « fisiologia » passiamo
alla « patologia » , almeno a me sembra ; ed a questi fenomeni io allu-
devo in principio parlando di correnti in urto e contrasto con la cor-
rente 0 principio maggiore. Yedrò di essere breve.
Ecco: qualsiasi parola straniera, senza distinzione di necessaria a
non necessaria, si innesta nel parlare e nello scrivere nostro senza tro-
vare opposizione o difesa ; anzi quanto piìi noi dal popolo incolto risa-
liamo alle persone di media coltura, tanto piìi chiaro appare un vero com-
piacimento nelPusare il vocabolo e la frase forastiera. Si direbbe che il
poter giungere al buon uso di una parola non italiana rappresenti una
conquista di intellettualità! Yi sono poi alcuni che in questa predile-
zione del suono straniero sono di una spietata sincerità : non si nascon-
dono, ma credono anzi di operare a fine di bene e di affrettare per tale
mezzo l'avvento di un linguaggio unico, universale.
Che dire? Io da vero non so. Che sia un male la varietà dei lin-
guaggi fra gli umani, è verità troppo antica per qui tornare a ripeterla.
E come corollario fu detto: «Se gli uomini parlassero tutti uno stesso
linguaggio, la fratellanza fra gli umani avverrebbe piii facilmente e le
discordie e le dissenzioni scomparirebbero». Argomento troppo ideale,
troppo fallace o troppo tribunizio per discuterlo soltanto. Caino uccise
Abele pur favellando nel linguaggio del paradiso terrestre, e la forxa
delVinsano leone che Prometeo infuse nell'uomo è un micròbio che, per
quanto attenuato dalla civiltà, il sincero fisiologo dell'anima scopre an-
cora nell'anima. Esso si manifesta all' infuori di un qualsiasi volapiik
umanitario. Io non credo che per questa strada ci avvieremo ad un lin-
Alfredo Pancini
giiaggio unico «umanitario»^ credo che oltre a deformare il linguaggio
natio, favoriremo il prevalere del linguaggio di alcun popolo più ampia-
mente dominatore e diffuso pel vasto mondo; questo popolo impone le
sue parole, non riceve le altrui.
C'è poi un numero anche maggiore di persone alle quali questo
fluire di voci straniere, e coniarne a capriccio, e torcere il senso alle
antiche, e non ammettere alcuna legge nell'arte dello scrivere, sembra
un riflesso di quel moto intellettuale che tutto indaga, infrange, abbatte,
apre tabernacoli, smuove cardini venerandi. E richiamando un'imagine
materiale, la società presente può ricordare un'immane opera di demo-
lizione: gente col piccone, invasa dalla febbre della distruzione. Io in
veiità come osservatore molto solitario, trovo questo spettacolo inte-
ressante, e come artista mi dolgo di qualche dolce memoria, di qual-
che elegante opera degli uomini che la moderna furia demolitrice
non risparmia, ma spezza barbaricamente e accumula con le macerie.
Ma quanto al resto, per questa distruzione della antica Gerusalemme
non mi sento di piangere. È la città del Sole che si vuole edificare?
Ebbene, anch'io domando un piccone demolitore. Ma, oimè ! I nuovi edi-
fici che vanno sorgendo, hanno sugli antichi tuffai più il vantaggio
del nuovo intonaco; ai vecchi tabernacoli se ne sostituiscono dei nuovi;
le vecchie esecrate catene, il ferraccio dei vecchi odiati chiavistelli è
rifuso ancora e si fabbricano catene moderne e chiavistelli nuovamente
perfezionati. Insomma il materiale delle nuove costruzioni è lo stesso:
l'impasto umano è immutabile. Da noi in Italia il gridare è assordante,
l'impeto demolitore è stupendo, ma quando si viene al fatto, quando
si tratta di metter le radici al sole ad un bosco maligno che aduggia
le nuove piante, allora si nota che ognuno su questo imprecato bosco
ha la sua ipotQca che esso serve come diritto di asilo, di ricovero ai
malfattori, che ofPre gli stecchi morti alla povera gente; che è ? il
bosco rimane. Inoltre come la materia si svolge per organi soggetti ad
immutabili leggi, così la parola si evolve per logica. Può essere un
piacere anche questo di andare contro la logica, ma si corre il rischio
di non intenderci più. E poi si badi: fare i riottosi, i faziosi, gli insu-
bordinati, è molto facile: essere veramente ribelli è cosa altrettanto dif-
fìcile come eroica. A dispetto delle apparenze, rimane nell'uomo la sua
essenza servile. Soltanto la divina eroica sapienza è tribunale compe-
tente a dichiarare l'uomo, non più servo, ma libero veramente. Molti-
plicate leggi, istituti, fate pure operazioni radicali sul corpo sociale, il
male si rinnoverà sempre. Occorre l'asepsi^ oltre che in medicina, anche
PrefaMone
in sociologia. Credere poi di far della ribellione anche per mezzo delle
innocenti parole italiane, è esercizio belligero di bimbi in ricreazione.
Capisco: queste sono cose che se anche si pensano, non si dicono. È
vero. Io però non ho nessuna azione al banco del credito popolare e
non temo di manifestare il mio pensiero.
Un'altra e ben curiosa categoria di persone è quella formata da
gente di scienza e di studi; accademici, poeti, letterati, i quali hanno
proprio due diversi tipi di linguaggio^ l'uno come vien viene, per l'uso
spiccio (è l'abito sudicetto per casa), l'altro adorno dei più lustri e gem-
mati vocaboli con tutte le decorazioni del vocabolario per le scritte
solenni (è l'abito da parata). Che dire poi dell'italiano parlato dal
ceto signorile e mondano? È una specie di gergo, un curiosissimo im-
pasto, dal cui studio si possono ricavare effetti comicissimi. Che dire
di certi scrittori che pure hanno autorità e buon nome, a cui l'arme
dello scrivere sembra senza punta se non è temperata di quando in
quando nel vocabolo forastiero? e si è osservato come di due parole
che indicano la cosa stessa, di uguale fornia, etimologia, ma l'una italiana
Taltra francese, la prima includa senso plebeo, la seconda grazia e gen-
tilezza ? Non vi aggiungo corredo di esempi, chi ne vuol trovare sfogli il
Dizionario, e ne troverà moltissimi. Ma il popolo stesso in cui per legge
naturale sta la forza conservatrice del linguaggio, appena riesce ad
impadronirsi di una voce forastiera, si è osservato come gode di usarla?
E la straordinaria facilità con cui le voci effìmere del gergo francese
passano nel nostro? Anche per codesto non cito esempi: si sfogli il
Dizionario.
Dopo ciò è, io non so se piii comica od ingenua, l'osservazione che
moltissimi fanno e sul serio: « Ma, scrivere in italiano è molto difficile!
Non si sa mai quale parola, parolina, preposizione usare ! Non si è mai
sicuri. Invece in francese ! » Sfido io ! Anche le paroline, cioè i piccoli
cardini delle parole traballano! Tutto questo, si noti bene e già l'ho
detto, fu da me trattato oggettivamente nel dizionario: ho notato cioè il
fenomeno, come un notaio fa un inventario. Ma qui, come italiano, non
posso nascondere che ciò porge la brutta imagine di una servitù, ricer-
cata e volontaria.
« Il quadro è pessimista e voi l'avete specialmente dedotto dalla
lettura dei giornali e simili stampe». È in parte cosa vera: ma io per
un libro vivo — torno a ripetere — non potevo non tener conto di
questa forma viva, popolare dominante di letteratura, che ò il giornale.
La lingua usata dal giornale ò di solito deplorevole, convengo; ma
Alfredo Pancini
intanto il giornale, per la stessa sua necessità di vivere, cioè di essere
comprato, inteso, letto, deve essere chiaro e facile; è costretto cioè a
mettere in pratica il primo degli ammaestramenti di ogni retorica, quanto
alla prosa: chiarezza. Certo il giornalismo italiano subendo PinHusso del
grande giornalismo francese ed inglese, etc. sMmbeve di un numero esage-
rato di voci e di modi stranieri: la fretta, la conoscenza, spesso incompleta
e della lingua da cui traducono e della propria, una specie di snobismo
di affettare voci nuove, aumentano considerevolmente tale difetto, e sotto
questo riguardo il giornalismo è uno dei piìi poderosi veicoli di voci e
modi stranieri. Molte volte, anzi, ho pensato quale enorme forza di pe-
netrazione, abbia una parola straniera, posta ad esempio per titolo di
uno scritto, stampata a migliaia di copie, letta da piìi migliaia di nostri
lettori! Ma nel tempo stesso quale ammirevole ricchezza di lingua viva,,
quale dovizioso fiorire di germogli nostrani, quale stupendo contributo
di forze attinte dalle inesauribili miniere della tradizione letteraria per
un verso e dal popolo per l'altra, contiene il giornale ! Fenomeno bello
e consolante! Q).
Ancora : « Quadro pessimista è il vostro giacché la letteratura ita-
liana contemporanea vanta pagine di prosa d'arte, di romanzo e di dot-
trina, per cesellatura e martellatura, squisita ; e se anche la prosa nostra
comune non regge al confronto della chiarezza e freschezza della fran-
cese, dell'incisione e finezza filosofica dell'inglese, noi per compensa
godiamo del conforto di versi di bellezza grandissima » . A queste cose
si potrebbe variamente ed argutamente rispondere, se non che nelle
pagine che precedono ho detto della prosa moderna oltre l'intenzione
e forse, l'opportunità. Quanto ad affermare un sicuro giudizio su la bel-
lezza della prosa e poesia contemporanea, è prudente attendere il responso
del tempo, giudice ultimo sicuro e inappellabile pei molti candidati al
concorso dell'immortalità letteraria; ed io dubiterei nell'affermare che
molte pagine giudicate stupende oggi, contengano quegli aromi e bal-
sami misteriosi della conservazione contro il tempo, e non contengano
in vece germi di dissoluzione o putrefazione. Quante pagine antiche
della negletta classicità sono tuttora freschissime, e da quante pagine di
prose e poesie, giudicate ieri bellissime, sentiamo venir fuori un tenue
lezzo di stantio; e quanti fiori stupendi di poesia piuttosto che di fresca e
rugiadosa corolla, sotto piii sottile esame ci appaiono fatti di fine stoffa.
(^) Non per questo dimentico l'altro lato della medaglia: cioè molte vacue pa-
role, segni di vacuo pensiero, che il giornale ci insegna.
Prefaxione
Vecchia cognizione è pur questa che Peperà poetica nella lettera-
tura italiana fin da antico vince quella prosastica: l'ingegno italiano
sembra con maggior agio muoversi nell'elemento del ritmo, e prescin-
dendo dalla forma lirica, nella poesia didattica, narrativa e romanzesca
v'è un tesoro non del tutto a tutti noto ed esplorato, di semplicità, fa-
cilità e di grazia che a fatica cercheremmo negli esempi di prosa {}).
Ma astraendo da ogni giudizio su la prosa letteraria, è deplorevo-
lissimo — ripeto — il decadimento della prosa comune presso di noi,
perchè essa è l'arma viva e lucida con cui combatte il pensiero moderno.
Questa cosa nessuno oserebbe negare, ma invece di confessare le
ragioni vere, si preferiscono le ragioni speciose fra le quali una delle
più celebri e note è questa: «Noi italiani non abbiamo unità di lingua »,
della qual cosa ci siamo specialmente accorti dopo che fu compiuta la
unità politica della Nazione, dopo che l'affermazione
una d'arme, di lingua, d'altare,
di memorie, di sangue e di cor,
costituì presso le altre genti uno dei piìi importanti diplomi storici per
reclamare indipendenza, unità e libertà.
Ecco, per esempio, come una notissima scrittrice si giustifica presso
i francesi:
« In Francia voi avete una lingua media che tutti parlano e ca-
piscono ; è una lingua limpida, chiara, pieghevole. Tranne alcuni stilisti,
tutti i vostri scrittori sono compresi, tutti i vostri giornali possono
essere letti e capiti in tutta la Francia. Invece noi dobbiamo togliere
al nostro stile ogni ornamento; noi dobbiamo essere eccessivamente
semplici per essere sicuri che tutti possano capirci » .
Porto un documento per dimostrare come questa vieta querimonia
sia ripetuta ancora. E fin a quando ? Una piccola particella di vero con
gran contorno di specioso, un fenomeno in fine poi non spiacente per-
chè frutto naturale, cioè frutto di condizioni storiche, geografiche, etni-
che, le quali pur contribuirono a far sì che l'Italia, prima del suo periodo
servile, piccola fra le nazioni, fosse per molteplicità di vita un mondo me-
raviglioso essa stessa, è elevato a causa prima, ineluttabile. Essi do-
mandano: «Perchè non si scrive bene? Perchè i nostri libri valgono
meno etc? Perchè la diffusione delle opere letterarie nostre è così li-
(') La Divina Commedia^ 'L'' Orlando Innamorato^ nella prima originale forma,
il Furioso^ etc.
A. Fanzini, Sitppkìiicnio ai Dixionaii italiani. e
Alfredo Panxini
mitata ? etc. » . E rispondono: « Perchè non abbiamo unità di linguaggio! » .
« Perchè — chiedeva quella lavandaia — i miei panni non mi riescono
mai puliti? Perchè non ho ancora trovata la pietra dove sbatterli bene ».
Ed ecco letterati ed artisti d'accordo con quelli che io chiamerei
i nuovi pedanti, cioè i seguaci della così detta scuola manzoniana che
elaborano il tipo unico delPitaliano. Gente egregia, che ha grande au-
torità nelle scuole e fuori delle scuole, ma che è presa dalla fissazione
di stuccare, lucidare questa ribelle lingua italiana, che la vuole pareg-
giare questa rigogliosa lingua italiana! fanno come uno scrupoloso giardi-
niere che si sia fìsso in testa di cimare e far geometrica una gran selva :
ecco s'affanna, s'adopra; ma da una parte cresce, dall'altra manca, e
pota, e taglia, e riduci! oimè, ecco da un mantello fatto un berretto;
da una bella fìumana un ruscello !
Questo paragone è offensivo: ma siccome non passione, non malo
animo, ma semplice amore di verità muovono il pensiero, cosi dico libe-
ramente. Da troppo tempo sacrifico l'utile alla verità per emendarmi ora;
ed in ciò ebbi un grande Maestro.
Non creda, il lettore benevolo che a questo punto io voglia entrare
in quell'inestricabile ed antico ginepraio che è la questione della lingua
italiana. Sono questioni che non si risolvono, non perchè siano irresolu-
bili, ma per la pervicacia delle menti.
Ecco tuttavia qualche parola in brevità di sintesi:
Per quali ragioni e per quale procedimento questi due termini,
cioè il più perfetto esemplare dei dialetti italici, che è il toscano, ed il
prodotto dei vari dialetti italici — raffinato, purgato, emendato su quel-
l'esemplare — si venissero accostando sempre piìi, e ciò sin dopo l'e-
sempio dei tre sommi Trecentisti, e per tale fusione si formasse quella
che si chiamò lingua italiana o anche toscana, è cosa spiegata in ogni
buon manuale letterario.
Sottile e beUissima questione letteraria sarebbe poi lo studiare in
quali modi e proporzioni il toscano influì sui dialetti, e se non vi influì
Prefazione
piuttosto animando, chiamando fuori, rinvigorendo innumerevoli e stupende
forze unitarie che sono occulte nei dialetti. Gli esempi del Tasso, del Bembo,
del Boiardo, del Castiglione, dell'Ariosto, del Leopardi, scrittori non to-
scani, e pur mirabilmente vivaci, potrebbero provare qualche cosa.
Che il Manzoni, unitario in politica, abbia questo sentimento tras-
portato alla lingua, può giudicarsi cosa benefica ed ottima nel momento
storico del Manzoni; e come principio, ma largamente e liberalmente
inteso, principio ottimo sempre. Vero è che la inflessibile logica spinse
il grande Lombardo negli anni suoi tardi a sottigliezze estreme in fatto
di lingua italiana: la persecuzione della teoria rigida gli fece forse
perdere di vista la realtà. Ora questo difetto del Manzoni diventò poi
la pietra angolare della nuova scuola: fu smarrito il senso della realtà;
lo studio di minuzie, di parole, suoni, segni, diventò dominante e do-
mina. La grande linea e la conservazione dell'edificio sfugge agli occhi
miopi che si affannano intorno ai particolari, alle decorazioni, agli in-
tonachi. Esso è il fenomeno pedantesco, lo scrupolo superstizioso che
segue costante quella imitazione che i minori hanno di un grande.
Si pensi: l'unità politica e — vogliamo credere — morale d'Italia
portano per fenomeno di naturale evoluzione al fenomeno unitario lin-
guistico: voci di dialetto non toscano entrano nel patrimonio della lingua
nazionale, asperità e peculiarità fonetiche dialettali si smorzano nel
parlare civile; e se in fine qualche traccia di questa varietà dialettale
rimane nei suoni e nelle voci, io non mi sento in animo di condannarla.
La varia vita di questa mirabile patria porta così! E infine buoni
scrittori viventi di varie regioni, non toscane, tendono per naturale
impulso ed attrazione ad un tipo unitario, pur conservando un certo
aroma regionale che a me non spiace. Se uno scrupolo continuo ci deve
perseguitare nello scrivere e nel parlare, l' italiano l' impareremo a cin-
quant'anni. Poche e sicure norme grammaticali, fede nella parlata natia,
un po' d'amore e di conoscenza della tradizione letteraria, e il resto
affidatelo alla divina natura!
Concludiamo. Fu ed è il popolo italiano, fra quanti sono popoli al
mondo, umanissimo e civilissimo, ma della facoltà di disporre della sua
propria, individuale, tangibile libertà fu così singolare amatore, da far
getto per essa della libertà collettiva e ideale: da venire a taciti patti
con la tirannide e la dominazione straniera purché questa libertà fosse
Alfredo Fanzini
rispettata. Questo particolare stato d'animo degli Italiani — così discorde
dalla sapienza di quel lontanissimo popolo di Roma, che pure abitò e
improntò di se queste terre beate, il quale scrisse volere essere servo della
legge per potere essere libe?'o (^) — può, come buona chiave, spiegare
il segreto di molta parte della storia nostra nelPevo medio e moderno.
Tale amore di individuale libertà insieme ad una ereditaria filosofica
sapienza è cagione di bene e di male insieme : genera una tolleranza
stupenda di ogni azione ed opinione, ma genera una tipica e singolare
indifferenza, una geniale inerzia a resistere al male. Si osservi come
ogni intelligente e facondo ciarlatano trovi presso di noi via aperta ai
primi posti; si osservi come il popolo con diletto attico ascolti le ma-
ravigliose parole, pur sapendole, per intuitiva saggezza, inani e fallaci ;
si osservi come i buoni, i pensosi, i laboriosi sorridano filosoficamente,
non denuncino, ma tollerino e lascino passare e trionfare.
Ora — derivando queste considerazioni generiche al fatto preciso
del linguaggio — credere che nel popolo italiano sorga quando che sia
un sentimento di difesa del linguaggio, patrimonio ideale e collettivo,
è convincimento in me assai scarso. Il popolo nostro al : « fa come ti piace»,
soggiunge : « di' un po' come ti pare ! » . Di una cosa però sono convin-
tissimo, ed è che questo umano ed ingegnosissimo popolo nostro che
insieme al popolo ellenico fu somma parte nel destino degli uomini,
ma che — mentre quello imbizantì e si spense — resistette, visse nei
secoli rinnovandosi e di nuova giovanezza vestendosi, pur conservando se
stesso pur germinando sempre inesausto, non perirà.
Conforta il cuore il vedere come dicevo in principio, con quale
impeto sorse e sorge a modernità di vita questa varia « itala gente da le
molte vite » . Ora questo pensiero domina ogni altro, cioè che non perendo
anzi fiorendo ed aumentando, conserverà, comunque sia per modificarsi
e rinnovarsi, quella necessaria impronta dell'essere che è la propria
parola {^).
Bellaria^ Agosto^ 1904.
ALFREDO FANZINI.
(^) Legum.... omnes servi surnus^ ut liberi esse ijossimiis^ Cicerone {Pro
Gluent., LUI, 146).
(2) Veda il lettore in fine del volume i giudizi dati da autorevoH persone con-
sultate su questo importante argomento.
AVVERTIMENTO AL LETTORE
La presente opera non ha errata-corrige. Si affida la correzione
dei pochi errori — inevitabili in tali lavori, pure usando la maggior
cura, e spesso casuali — alla benevolenza ed al criterio del lettore.
Vedi ad esempio Alibi, ove va detto con l'accento sulVa e non sull'i;
Outsider ove è dato sui book-makers un giudizio erroneo, etc.
Molte locuzioni vanno cercate dall'articolo, es. : Il gran rifiuto,
La capitale morale: di altre parole si cerchi la doppia scrittura.
Dovendo il libro poter correre per le mani di tutti, le parole di
delicata definizione e commento o vennero omesse, come cocotte^ o spie-
gate in modo da non offendere il decoro, o più spesso si rimanda ad
wn'' Appendice che vedrà la luce in seguito.
Togliendo passi da altre opere o valendomi di spiegazioni di dotti
e gentili amici, sono citati il nome ed il luogo.
Delle parole e degli emendamenti che il lettore potesse e volesse
suggerire nella supposizione di una ristampa, l'Autore non soltanto
ringrazia, ma prega di essere a lui per tal modo cortese.
Dizionario Moderno
.^^
A : non è qui il luogo di ripetere diffu-
samente ciò che i lessicografi e i gram-
matici hanno scritto sull'uso di questa pre-
posizione, oggi invadente e che distrugge
molti altri costrutti. L' a (francese à) e
l'jN (francese en) sono diventati oramai i
due perni su cui posano le parole nella
più parte dei costrutti; inutile altresì l'in-
sistere sulla deformazione che l'organismo
delicatissimo della nostra lingua ne riceve.
Così ad es. si dice: «Gelato alla crema,
uova al burro, pasta al sugo, etc. » in-
vece della preposizione co'/^, la quale indica
appunto « compagnia, unione, mistione, »
e di cui i dialetti serbano l'uso tuttavia.
Cosi un oste di campagna vi domanderà
se la frittata vi piace coli' olio, o con lo
strutto, e non all'olio. L'uso dell'a in simili
costrutti si è venuto radicando per modo
che l'espellerlo non mi pare più possibile.
Gli stessi scrittori, posti noli' alternativa
di scegliere tra l'uso comune e l'uso let-
terario, non sempre si accordano ; né d'al-
tronde riesce sempre agevole il determi-
nare in molte e sottili locuzioni con 1' a
quando trattasi di vero errore oppure
quando l'uso col suo impero assoluto e le
autorevoli eccezioni giustificano l'orrore.
In via generale si può però affermare la
tendenza ad usare questa preposizione a
alla maniera de' francesi; se non che il
francese è sicuro nell'uso dello sue pro-
posizioni, noi vaghiamo incerti e con tanta
libertà da insinuare confusione e ingeno-
lai'o indisciplinatezza alla jìorspicuità ed
alla facilità dell'apprendere. Kcco qualche
esempio in proposito : In una vetrina da
orefice accanto alla scritta : Gache-por-
traits à secret, era scritto «monete bre-
vettate a segreto per due ritratti » . (Giac-
che nell'uso degli avvisi commerciali, in
città italiane, accanto all'avviso italiano
si trova talora la scritta in francese. E
si parla delle tabelle bilingui dell'Austria!
E né meno é raro il caso di leggero ma-
nifesti di vendita in francese. Anzi a Mi-
lano é cosa frequente). Così un dottore in
filologia intitola un suo scritto : « Come si
parla agli Stati Uniti » invece che dire
« negli Stati Uniti » generando una vera
confusione di senso. Ecco altre eleganze :
« Forchettone a servizio, cucchiaione a
zuppa, a riso, a salsa. » Trattasi di catalo-
ghi e scritte volgari da vetrina, quindi
senza pretese letterarie, altri obbietterà.
p] vero. Tuttavia si noti l'importanza che
nella vita moderna hanno le scritte pu-
bliche. Esse fissano l'uso più che l'opera
di molte scuole. Ma di ciò vedasi nella pre-
fazione. — I puristi riprendono queste ma-
niere avverbiali : poco a poco., due a due.,
mano a mano e anche man mano., corpo
a corpo invece di a corpo a corpo., a poco
a poco etc, a mano a mano che rispon-
dono all'uso classico di nostra lingua: a
capo in i scambio di da capo.
À per ha\ V. Avere.
Abbacchio: voce romanesca passata nel-
l'uso della lingua: indica l'agnello gio-
vane, vissuto libero, in pasture aperte.
1 romani lo sanno cucinalo squisitamente.
Abbaìno: per questa parola si intendo
quella finestra o lucernario sopra il tetto
che dà luce a stanze od a soffitte. A Mi-
A. Pan/in I
Abb
— 2
Abo
laiio chiamano Abbaìni quelle stanze mi-
serabili che ]\cllo spazio dei grandi casa-
menti si adattano tra i due spioventi e
il primo piano della casa : soffitta.
Abbiatico : voce usata in Lombardia per
dire i nepoti, cioè i figli dei figli, e non
dei fratelli.
Abbinare : mettere insieme due cose (dal
numerale distributivo lat. bini-ae-a = a
due a due). Voce dell'uso ma general-
mente non registrata.
Abbordaggio: terni, mar., l'accostarsi a
bordo a bordo di due navi per combat-
tersi. Arrembaggio invece è dar l'assalto
alle rombate per combattere a corpo a corpo.
Collisione è l'urto casuale, più o meno
violento, ed ha significato pari ad inve-
stimento., se non che questo può essere
volontario, o per offendere una nave ne-
mica 0 per salvare da male maggiore il
naviglio spingendolo nelle secche o nella
spiaggia. Il Petrocchi spiega alquanto li-
beramente : abbordaggio = l'urto di due
navi. Arrembaggio = dar l'assalto a un
bastimento dopo averlo abbandonato.
Abbordare: è la versione del francese
aborder. Y. bordo. I dizionari registrano
questa parola nel senso marinaresco : nel
senso di avvicinare qualcuno, prendere
di sorpresa^ affrontare, fermare è en-
trata nella lingua soltanto negli ultimi
anni, del secolo XVII. Ora è d' uso co-
mune « ma specialmente nel senso di fer-
mare uno con una certa risolutezza a fine
di parlare con lui» (Carducci, Antologia).
I puristi la riprendono come « metafora
sproporzionatissima che presenta la vera
impronta del gallicismo » (Rigutinij. Que-
sto verbo è pur usato nella locuzione aò6or-
dare mi argomento. E seguendo la stessa
metafora, dicesi anche persona di facile
abbordo per persona di facile accesso.
Abbordo: V. Abbordare.
Abbottonato : per estensione facile e le-
pida del vocabolo così si dice familiar-
mente di persona chiusa, riservata., ed è
modo neologico contrario di sbottonarsi =
aprirsi, palesarsi.
A bien revoir: oppure à nous revoir
si dice talora in Italia per assumere più
fine garbatezza ovvero per celia; ma av-
vertasi che sono storpiature del modo fran-
cese à revoir, o meglio, au revoir, au
plaisir de vous revoir. Sarà spiacevole e
incomodo per noi, ma è il fatto che i Fran-
cesi ci tengono moltissimo alla proprietà
della loro lingua.
Ab ìmis fundamentis : e compiutamente
instauratio facienda ab imis fundamen-
tis, Leggesi nell'introduzione dell' Opera
Instaurano magna di F. Bacone da Ve-
rulamio (1561-1627) e più esattamente:
^at scientiarum et artium, atque omnis
humanaedùctrinae., in universum instau-
ratio, a debitis excitata fundamentis.
Questo motto si ripete a proposito ed a
sproposito per dire che di alcun istituto,
azione, condotta etc. conviene riformare
rinnovando sin dalle fondamenta.
Ab irato: motto latino: con animo
irato. Es. « Prese questa risoluzione ab
irato » cioè non lasciando che, con la
calma, subentrasse miglior ragione.
Abortire : nel senso figurato di non riu-
scire., andare a vuoto, detto d' impresa,
progetto 0 simile, è sconcio gallicismo
(Rigutini). Lo registra tuttavia il Petroc-
chi in tale senso. Nel linguaggio medico
dicesi abortito di alcun male quando ne
apparvero i sintomi non il decorso.
Ab ovo: dicesi cominciare ab ovo per
dire cominciar dal principio, dalle più le-
mote origini. Tale locuzione è antichis-
sima : nec gemino bellum Troianum or-
ditur ab ovo (Orazio. Art. Poet. 147) cioè :
non cominciare a raccontar la storia della
guerra di Troia {cominciando) dal doppio
uovo di Leda. La quale fu fecondata da
Giove sotto forma di cigno, onde ella
generò due uova da uno dei quali usci-
rono Castore e Polluce, dall'altro Elena e
Clitomnestra. Arrivati ad Elena ognuno
può andare avanti da se essendo nota L'i-
storia. Come ognun vede, se il motto cher-
cheX' la femme è francese e recente, la
cosa risale ai più remoti tempi.
Ab ovo usque ad mala: dalle uova
alle mele, cioè dall'antipasto alle frutta,
cioè dal principio alla fine. Sono due emi-
stichi di Orazio {Satire, I, III, 6, 7) di-
venuti popolari. Jii cosa nota che i Ro-
mani del tempo di Orazio solevano dar
principio ai loro banchetti dal non troppo
IVO cibo delle uova sode.
A l'I
A ce
Abracadabra: i)arola iiìistcriosa della
aiitiea scienza occulta, formata da Abraxas
0 Ahrasax^ termine puramente fonetico
cui i cabalisti attribuivano virtù medica :
incidevasi sulle pietre, come amuleto. Oggi
dicesi Abracadabra una specie di indo-
vinello 0 giuoco di parole.
Abrégé: sunto, compendio. Voce fre-
(juente, e cosi pure la locuzione en abregé
per dire a sommi capi. Abrégé, dal
verbo fr. abréger è nel suo valore etimo-
logico uguale alla parola breviario {bre-
riariimi), che per noi ha specialmente
senso chiesastico.
Absinthe : V assenzio, il noto liquore
verde opale, principe degli inebrianti stu-
pefacenti, fatto coir infuso dell' assenzio
(àcpivdiov). Si suole chiamare alla fran-
cese forse in omaggio all'abuso che ne
fa la Francia, ove in gergo è detto verte
(verde). L'uso dell'assenzio in Francia ha
creato le due voci absinthisme ed essen-
cisme nel linguaggio medico per indicare
l'intossicazione mercè l'assenzio.
Absit (invidia) injuria verbo : lungi
^sia r offesa dalla parola (Livio, IX. 19).
Motto che si ripete press'a poco nel mede-
simo senso con cui il Petrarca scrisse :
Io parlo per ver diro
non per odio d'altrui.
Àbstine, sùstine: astienti., sostienti!
cioè sopporta ; motto dell'antica filosofìa
stoica. V. Manuale di Epitteto.
Abulia: malattia dello spirito, che con-
siste in una inerzia e impotenza della vo-
lontà. Questo neologismo scientifico è tolto
dal greco abulia, formato cioè da a pri-
vativo e buie -=. volontà., consiglio.
Abulico: termine medico, da abulia.
\ . questa parola. Dicesi di chi, per effetto
di malattia, è privo della forza del volere.
Ab uno disce omnes: da uno conoscili
tutti. Così Sinone dice in Vergilio (Eneide,
lib. II, 65, 6(3) parlando del sacerdote
greco Calcante. L'emistichio per esten-
sioiK li ventò proverbiale.
Abusus non tollit usus: l'abuso non to-
glie /'</.s(j, cioè l'abusare di alcuna cosa
non vuol dire che essa sia cattiva o dan-
nosa: massima dell'aiitioo diritto.
Abyssus abyssum invocat : Salmo XLI.
* . fiasc stupenda e biblica, conformo a
verità e natura : « il male chiama il male,
la colpa vuole altra colpa, l'abisso ama
l'abisso ».
Acagiù : o, come scrivesi in francese.
acajou ; grande albero dell'America cen-
trale (dal Messico all' Honduras) e delle
Antille. Il legno che se ne trae, duro, ve-
nato e di colore rosso mattone è pregiato
nei lavori di ebanisteria. II nome scien-
tifico è Swietenia Mahagoni., onde il nome
volgare di mògano dato al legno.
Acalefì : acalephac, termine zoologico.
Costituiscono il gruppo delle grandi me-
duse ad ombrello., animali appartenenti al
tipo dei (?e/ew^era<«, a simmetria raggiata.
Hanno corpo gelatinoso e perchè forniti
di organi urticanti, sono anche conosciuti
col nome di ortiche di mare.
Accantonamento : V, Accantonare.
Accantonare: ter. militare, dal francese
cantonner^ detto degli eserciti i quali sono
ricoverati, durante il tempo di guerra o
di manovre nelle borgate o nelle città.
Der. accantonamento. Accampamento in-
vece è il dimorare in aperta campagna
sotto la tenda. Cantonner fr. è da canton
= cantone: divisione territoriale francese.
Accento: l'accento detto tonico tende
a cadere sulla penultima sillaba equili-
brando, per cosi dire, nelle sue parti la
parola italiana. Ora questo accento nelle
parole piane non si pone. Ponesi soltanto
nelle parole tronche come virtii (da vir-
tute) pie (da piede) può (da puote, latino
potcst) etc, e sulle parole intere dove l'ac-
cento cade sull'ultima sillaba come andò.,
salì., amò etc. Le parole sdrucciole, re-
lativamente poche, cioè quelle che hanno
r accento sulla terz' ultima sillaba, sono
pur esse scritte senza accento come ra-
pido, celere^ se non in quei casi ove può
nascere confusione di senso, come prin-
cìpi e prìncipi, la quale cosa non sempre
si fa dagli scrittori. Ora vi è un numero
non trascurabile di pai'ole dall'accento er-
rante, parole che alcuni pronunciano piane,
altri sdrucciole. E codesta non è semplice
questione di lingua ma di convenienza o
di dignità. Lasciamo stare che l'acconto
è l'anima della parola; ma certo è cosa
assai gravo che noi non sappiamo e non
ci accordiamo sulla ]M(inun(Ma di nìolto
A e (3
Ago
nostre parole. Questo fatto, con intenzione
più 0 men benigna, ci è osservato anche
dagli stranieri. « La lingua italiana? —
ho 'inteso dire — ma se non sapete né
meno voi come si pronunciano le parole ! »
Certo la cosa è difficile per varie ragioni
intrinseche, e perchè l'etimologia non sem-
pre è un aiuto sicuro (es. in latino è divido^
in italiano divìdo; in latino è destino^ in ita-
liano destino^ appunto per la tendenza no-
stra, popolare, all'accento parossitono) e
perchè non v' è accordo nell'uso delle per-
sone colte, il quale potrebbe essere il giu-
dice più autorevole. Converrebbe che qual-
che accademia, dicastero, scuola, consesso
(perchè no la Dante Alighieri?) di uomini
autorevoli troncasse le questioni in modo
assoluto e stabilissero essi l'accento di
queste parole. Ma prima di tutto le acca-
demie e i ministeri si occupano di altro,
inoltre il popolo italiano come non accetta
volentieri leggi ed autorità, né relativa né
assoluta m politica, tanto meno le accet-
terebbe in fatto di lingua, dove ognuno
è difensore della più ampia libertà sino
a giungere all'assurdo logico di non più
intendersi. Non sarà un bel carattere, ma
è così. Ma v'è anche una ragione este-
riore ed è questa : il poco amore che noi
abbiamo per quel fenomeno massimo ed
assoluto della nazionalità che è la lingua.
Scarso o artificioso il sentimento nazio-
nale, scarso il sentimento di rispetto e di
conservazione della lingua patria. Ciò è
logico. Logico pure è tuttavia il confer-
mare che se questo amore per l'idioma
natio fosse in noi, ognuno si studierebbe
naturalmente, spontaneamente di essere
quanto più egli può puro e concorde nella
pronuncia delle parole, evitando almeno
queir errore che proviene da schietta e
cara ignoranza. Venendo ad esempi ed a
casi pratici, osserviamo come i nomi sto-
rici ed i nomi propri siano sine lege va-
gantes, essi che pur furono oggetto di
tanti studi. Gli intendenti di lingue clas-
siche sanno che si deve dire Eràto^
Nèmesi^ Prometeo^ Prosèrpina, Afro-
dite, Agamènnoìie^ Atropo^ Diòsciiri,
Èlleni, Edipo, etc. Ma molti non dotti
dicono erroneamente Èrato, Nemesi, Pro-
metèo, Proserpìna. La libertà, inoltre,
concessa ai poeti, di abbreviare od allun-
gare le sillabe secondo le ragioni metri-
che, ha contribuito ad aumentare le in-
certezze anche pei nomi dove le lingue
classiche ci fornirebbero norme sicure di
pronuncia. Incertezza pure grande è nei
nomi geografici, anche nostri o vicini. Es.
Friuli e Friidi, Andalusia, e Andalusia.
Se poi entriamo nel campo dei neologismi
scientifici (vocaboli non tutti registrati,
anche nei migliori dizionari moderni) la
confusione è al colmo. L'ostinazione degli
scienziati presso di noi nell'amare certi
suoni è pari solo all'incuria che essi hanno
dell'arte della parola, né pensano che
dal rettamente, elegantemente, decoi'osa-
mente esporre e scrivere, come si costuma
in Francia, la scienza stessa trarrebbe in-
cremento e vantaggio. Presso di noi solo
il letterato, il poeta hanno dovere di bene
scrivere. Così dunque noi abbiamo flogòsi
]^Bvflògosi, cristallino per cristallino, cir-
cuito per circùito, azòto ed azoto, mi-
crobo e mìcrobo, anòfele e anofele, èdèma
ed èdèma, coccige e coccige, batràce e
bàtrace, etc. Ricordo un dotto scienziato
che in una sua lettura publica voleva
assolutamente dire xàffiro e non zaffiro^
Non valse l'autorità del Carducci:
K di xaffìro i fior paiono
ma ci volle quella di Dante per indurlo
alla retta pronuncia :
Dolce color d'orientai xaffìro.
Molte volte 1' errore proviene da ostina-
zione accoppiata ad ignoranza e ad inve-
terata abitudine : Testimone invece di te-
stimóne (voce forense di Lombardia) aratro
invece di aratro. Molte volte da persistente
influsso dialettale, specie nell'Alta Italia.
Così a Milano dicono mollica e non ne
vogliono sapere di mollica, come dicesi
in ogni altra parte d' Italia, utènsile in
luogo di utensile (lat. utensìlia). Non so
bene in altre parti d'Italia, ma nelle scuole
di Milano dove ho alcuna esperienza, la
incertezza della pronuncia raggiunge delle
proporzioni comiche. Egli è però vero che
talora l'incertezza si origina dal dissidio
tra la norma data dalla etimologia e la
forza buona dell'uso, dai criteri e dalle
5 —
A ce
abitudini dei singoli eruditi e studiosi,
dall'influsso regionale. Es. èsile ed esìle^
regime e regime^ diruto (nell'uso) e dì-
ruto secondo etimologia (dìrutus). (Es.
le mura dìrute di Lodi fuggono^ Carducci,
su l'Adda). Aggiungi le parole col gruppo
fonetico br, che in prosa sono per lo più
sdrucciole, in poesia possono essere fatte
piane, come lùgubre e lugubre, tenebre e
tenèbre, pàlpebra e palpebra etc. Quale
il rimedio? Faro un vocabolario di queste
parole ? un vocabolario dentro un vocabo-
lario ? Ciò è un assurdo. E anche lo po-
tessi e volessi, donde mi verrebbe l'au-
torità per fissare cotesti accenti? A me
basta avere proposta, come viva ed evi-
dente, la difficoltà della questione ed il
male. Le questioni linguistiche possono
interessare gli studiosi solo quando da
prima esse interessano la nazione. Se no
è lavoro vano ed accademico. Cosi io credo.
Certo un congresso ed un voto di persone
autorevoli, seguito ed obbedito da giornali,
libri, tipografie, scuole, (per quel che val-
gono) scritte publiche, riviste etc, in cui
volonteroso fosse l'accordo di insistere con
l'accento su queste parole incerte, riusci-
rebbe molto efficace e forse contribuirebbe
a fissar l'uso. Ma per ottenere cotesto bi-
sognerebbe prima che i dotti si accordas-
sero, e poi che i giornali (come quelli che
hanno più presa nel publico) eseguissero
ubbidienti. Due cose del pari difficili. Al-
tro rimedio sarebbe quello di imitare la
giafia spagnuola (oh, calunniata Spagnai)
la quale pone l'accento sulle parole non
piane. Tanto per concludere giova notare
come il Petrocchi, con buon successo e
buon criterio, nei suoi dizionari adottò
l'accento per tutte le parole sdrucciole o
bisdrucciole. Il Polacco presso l'Hoepli pu-
blico un'edizione della Divina Cotnrnedia,
accontando le i)arole dubbie : qualche libro
con gli accenti, si va stampando. Ma an-
che in ciò occorro prudenza, giacché si
ìischia di metter 1' empiastro dove non
<:'ò il male. Che bisogno, ad esempio, il si-
gnor Corrado Ricci avea di metter l'ac-
cento sul titolo d'un suo volume Rinà-
scita. Chi mai avrebbe letto Rinascita?
Capisco che sono questioni dove è facile
ossero colto in (lonti'addiziono, dove lo
proposte sono varie appunto perchè manca
il mezzo vero e primo : l'amore all'idioma
natio, che dev'essere sentito dall'intera na-
zione e non solo da quei pochi (infelici!) che
fanno onesta professione di lettere. Un di-
zionario di pronuncia delle parole incerte è
questo : Regola per la pronuncia della
lingua italiana compilata sulle opere dei
piii recenti filologi da Alberto Buscaino
Campo. Trapani, Tip. Modica -Romano,
1875. Esso può seiTire anche per cono-
scere come vadano d'accordo fra loro i vo-
cabolaristi.
Accessit: 3'' persona del passato del
verbo latino accedere =: avvicinarsi, ap-
pressarsi, dunque si avvicinò. Voce usata
in Francia e talvolta anche da noi nel
linguaggio scolastico ed accademico per
indicare coloro fra i candidati che sono
promossi, accostandosi ai primi, ai pre-
miati. Press' a poco come promozione.
Acciaierìa: neol. per indicare i grandi
stabilimenti metallurgici ove si lavora l'ac-
ciaio. Es.: L'acciaieria di Terni.
Accidentato : come agg. di terreno, ine-
guale, ondulato, è francesismo manife-
sto, assai in uso, ma anche assai brutto.
Cfr. Dante. Purg. VII, 70: Fra erto e
piano era un sentiero a sghembo e Inf.
IX, 115: tutto il loco varo.
Acclimatare: per assuefare, abituare al
clima è voce riprovata da' puristi come
gallicismo: acclimater e acclimatation. La
Crusca ha acclimare, da clima italiano
e non da climat fr. Va bene ! Ma tanta
è la forza dell'uso nelle parole che ben
pochi, io penso, usano la voce buona. 11
Petrocchi accoglie ambedue le voci. Accli-
matazione e giardino di acclimatazione,
dove piante esotiche ed animali d' altri
paesi vivono e si propagano mercè aite e
cure speciali. Per mio conto posso notare
come in vece delle due voci buone si va-
dano introducendo lo parole accUma-
tixxare e acclimati xzax ione. Se i pu-
risti avessero sugli italiani tanto influsso
quanto i due suffissi ixxare, izxaxione, la
lingua nostra sarebbe la più pura del
mondo.
Acclimatazione: V. Acclimatare.
Acclimatizzare: V. Acclimatare.
Accomandante: V. Accomàudifu.
Acc
0 -
Act
Accomandatario : colui che riceve in
accomàndita e sotto il cui nome va l'a-
zienda commerciale in accomàndita. V.
Accomàndita.
Accomàndita (Società in): si chiama
quella compagnia o società commerciale
nella quale ciascun socio non è obbligato
verso i possibili creditori se non entro i li-
miti di una pattuita e determinata somma,
ne ha ingerenza nell'azienda. Costoro sono
detti aceomandanti^ laddove accomanda-
tario è detto colui che traffica, ammini-
stra, dà il nome alla ditta e risponde con
ogni suo avere. Anonima invece è la So-
cietà commerciale che va e fa traffico per
azioni. Il direttore di tale Società può
anche essere un semplice impiegato o ge-
rente in nome degli azionisti. Yi corri-
sponde la voce inglese litnited.
Accomodamento: nel senso faceto che
talora si usa, specie al plurale, cioè di tran-
sizione^ accordo^ conciliazione^ patto ^
ricorda la voce francese accoìiimodement.
Accumulatore: qualunque apparecchio
il quale serva ad accumulare energia, cioè
lavoro, sotto forma o meccanica, o termica,
0 elettrica. Il sole, ad esempio, sarebbe il
maggiore degli accumulatori naturali.
Acetilène: nome di un gas illuminante,
che dà una luce ottima, viva, fissa, pro-
dotto dalla reazione chimica tra il car-
buro di calcio e l'acqua, le cui proprietà
furono scoperte recentemente. Se ne fanno
impianti isolati per illuminazione, di as-
sai pratico uso. Il nome è stato formato
secondo le regole della chimica organica.
h' acetilene fu ottenuto la prima volta da
Beiihelot, il chimico francese tuttora vi-
vente.
A che : invece di che è comune nel lin-
guaggio degli uffici e ricorda Va quoi de'
francesi. Es. Tutti hanno interesse a che
sia fatta giustizia.
Acqua : nel linguaggio marinaresco è
voce usata nelle seguenti locuzioni : fare
acqua^ quando 1' acqua del mare penetra
nella stiva attraverso le falle : gettare in
acqua = gettare in mare : specchio d'ac-
qua^ la parte di mare di cui si ragiona:
avere o non avere acqua^ quando manca
la profondità del mare necessaria al gal-
leggiamento della nave.
Acquaforte: nome dato a certe stampe
0 incisioni ottenute mediante lastre pre-
parate con l'acido azotico = acqua forte.
Acquafortista: incisore con l'acquaforte.
Acquaiòla: così in Napoli sono chia-
mate le donne che agli angoli delle vie
vendono acqua e bibite di cui quivi è
grande spaccio; e sanno con molta arte,
rame, vasi, cristalli, limoni, adornare le
loro baracche.
Acquàrium : lat. e neol. usato per indi-
care sì una méscita di bevande come quella
vasca ove per diletto o scienza si con-
servano varie famiglie di pesci.
Acqua vegeto-minerale: o di Goulard,
è l'estratto di saturno, ossia il sottacetato
di piombo liquido, diluito nell'acqua. Usasi
in medicina per contusioni, lussazioni leg-
giere etc.
Acquetta: o acqua Tòfana (reg. anche
nei diz. francesi) o acquetta di Napoli,
0 di Perugia, o manna di S. Nicolò da
Bari. Veleno a base di arsenico, inven-
tato da una donna di nome Tòfana; usato
nel secolo XVII. Anche oggi il popolo in
molte regioni dice dar V acquetta per signi-
ficare dare il veleno, uccidere con veleno.
Acquasantino: voce usata nel dialetto
lombardo invece del termine buono pila,
piletta.
Acrobatismo : uno dei tanti asti-atti in
ismo che son dell'uso e non trovo regi-
strato. Acròbata è voce derivata dal greco
{acrobatèo = cammino in punta di piedi)
ed è uguale a funarnbolo. E come questi
a fatica si regge sulla corda, cosi per tra-
slato dicesi di chi con salti e sforzi di
logica, manifesti e ridicoli, si studia di
coprire e mascherare il proprio difetto od
errore. Tale estensione di senso è anche
in francese e di qui forse a noi provenne.
Acrotèrio : dal greco akrotèrion = som-
mità, cima, punta. Ta akotèria tes Nikes
= Le ali della Vittoria. È termine archi-
tettonico ed indica il piedestallo in alto
di un frontonCj destinato a reggere orna-
menti 0 statue.
Acta: lett. dal latino le cose fatte., gli
atti. Cfr. Acta apostolorum, Acta diurna
urbis^ diario o giornale che si publicava
in Roma antica, Acta sanctorum., le no-
tizie sulle gesta dei santi, etc. Oggi a
A et
Ado
questa voeo acta è connesso non so quale
concetto di solennità per indicare le cose
operate e registrate da qualche istituto,
accademia, consiglio etc.
Actum agere: motto latino che significa
far cosa già fatta, ripetere un' axione
inutiimeìite.
Ad calendas graecas: e italianamente
alle calendc greche, cioè ynai. La ragione
del motto sta in ciò che nel calendario
romano le calende indicano il 1° del mese:
presso i greci invece non vi erano calende,
dunque un giorno che mai non viene. Il
motto da Svetonio è riferito ad Augusto
per coloro che mai non mantengono le
t)romcsso fatte.
Addobbi : voce che nel dialetto bolo-
gnese acquista speciale significato, cioè
di una solennità religiosa, edilizia ed ige-
nica in pari tempo. Essa consiste nella
costumanza antichissima di ripulire, in-
tonacare, abbellire poi con addobbi, tutte
le vie di una o piìi parecchie della città,
ogni anno per modo che in dieci anni
tutta la città si rinnovi. Ciò avviene sul
far dell'estate al tempo che la Madonna
di S. Luca è portata nel Tempio della
città. Da questa ottima costumanza pro-
viene l'aspetto decoroso e lindo che offre
la fosca, turrita Bologna.
Addugliare o dugliare: terni, mar. rac-
cogliere un cavo su di se stesso a colli
tondi, detti duglie.
Adelante, Fedro, con juicio: così nei
Promessi Sposi (Gap. XIII) il Cancelliere
Ferrer parla spagnuolo al suo cocchiere in
quella folla e in quel trambusto : « Va in-
nanzi. Pietro, con giudizio!» Il motto
fece fortuna e gli si dà un po' lo stesso
significato del festina lente dei latini ; « Va
innanzi con cautela ; fa in fretta, ma senza
sbagliare», non però senza intenzione di
lepore. « Andate adagio perchè ho fretta »
così i Gesuiti ai loro allievi nello scrivere
0 lavorare etc.
Adenite: termine medico : tumore e in-
fiammazione delle glandolo linfatiche, vol-
garinento dotto bubbone.
Adepto: dicosi di persona devota ed
iniziata ai culti di una setta filosofica o
politica. In francese adepte, dal hitino
adeptus - acquistato.
Ad gloriam: più comunemente per la
gloria; detto di chi lavora senza guada-
gnare. I letterati in Italia, per esempio.
Dicesi anche francesemente lavorare pour
le roi de Prusse e in dialetto lombardo :
per la chiesa di Vaprio.
Ad hoc: lat., che letteralmente vuol dire
a ciò. Dicesi di cosa fatta con intento e
modo speciale, conveniente ad un fine.
Ad hominem: nella locuzione argomento
ad hominem, cioè che riguarda esclusi-
vamente la condizione della persona alla
quale 0 della quale si parla.
Adhuc sub judice lis est: di questioni
0 problemi di soluzione difficile o non ri-
solvibili per loro natura si suole ripetere
questo motto che Orazio {De arte poetica,
78) ripeteva a proposito dei primi inven-
tori del metro elegiaco di cui disputavano
allora i grammatici : « la lite è ancora
sotto il giudice».
Adieu: V. Au revoir.
Adieu paniers, vendage estfait: locu-
zione proverbiale francese per indicare che
qualcosa è finita né ci si torna più sopra.
In Romagna pur nello stesso senso di-
cono : addio fichi!
Ad impossibilia nemo tenetur: lett. nes-
suno è temilo (a fare) le cose impossibili.
Dicesi quando alcuno non può fare per
forza maggiore alcuna cosa. Proverbio
con cui talora si adonesta il malvolere.
A divinis (sospeso) : cioè dal celebrare
la messa e gli altri uffici divini : puni-
zione che la Chiesa infligge ai sacerdoti
che se ne sono resi indegni.
Ad latus: (lat. al fianco) qualifica di ge-
nerali (in Austria), legati, diplomatici etc,
aggiunti per aiuto, consiglio, onore ad una
suprema autorità.
Ad multos annosi: jDer molti anni. For-
mula augurale latina, sovente ripetuta
come clausola per anniversari, celebra-
zioni, etc.
Adorare: l'iperbole, cioè a diro l'esa-
gerazione nell'aggettivo e nel verbo, cho
è cosa naturale e conformo alla lingua
francese, è stata trasportata nell' italiano
dai nostri eleganti. Comune cosa è sentir
diro da roseo labbra : « Io adoro le fra-
gole, io adoro i tartufi : vado follo per
gli asparagi, otc. ». Paro a costoro che la
Adi'
Aff
frase perderebbe di efficacia se si dicesse
naturalmente : « A me piacciono le fra-
gole^ io sono ghiotta dei tartufi, etc. ».
Orribile (Jiorrible) enorme {enorme) formi-
dabile, spaventoso {épowventable, effroya-
ble) deplorevole, atroce, dirai e udrai dire
garbatamente per coso di poco conto. Cosi
non dirai : « ho molta fame », ma dirai « ho
un appetito formidabile», non dirai «è
uno sbaglio», ma « è una follia». Così
si snatura anche l'indole di un linguaggio.
Ad referendum : formula latina : Gol ri-
ferire^ col rap'portare il giudizio dei sin-
goli ; ed è un nuovo istituto politico della
Svizzera, per il quale, in alcune contro-
verse e dubbie questioni, amministrative,
economiche, edilizie etc, si interroga il
popolo mediante voto. Ottima istituzione
democratica purché sinceramente appli-
cata, fra popoli civili, maturi alla libertà
e capaci di ragionare col proprio cervello.
Ad resse : fr. per indirizzo, recapito :
rara, ma si incontra.
Ad unguem: lat. perfettamente^ eom.-
piutamente, modo avverbiale che gli an-
tichi tolsero dagli scultori, i quali all'ul-
timo provavano con l'unghia la pulitura
del loro lavoro.
Ad usum Delphini: attributo e motto
di una serie di edizioni classiche francesi
al tempo di Luigi XIV, affinchè essendo
espurgate di ogni audacia od espressione
naturalista, fossero acconce alla lettura del
Delfino (Principe). Dicesi , talvolta per
isprezzo, di libri castrati o potati o di
cose accomodate all'uso e perciò privi del
loj'o vigore e significato vero.
Aedi: dal gr. àÒcj acanto, celebro: i
cantori della età eroica presso i Greci.
Aérage: voce francese, tradotta in ae-
r aggio invece di aerazione: indica l'atto
e l'arte di dare l'aria ad un luogo chiuso,
un naviglio, un cunicolo, una stanza, etc.
Aeraggio: V. Aérage.
Aereonave: nave aerea^ neol. frequente
di questi tempi, in cui e per diletto e per
scienza, si studia con sì ostinata passione
la navigazione aerea.
Aereoplàno : neol. : macchine per ele-
varsi neir aria imitando il concetto del
volo deiruccello, cioè dell'ala, cioè senza
aiuto del corpo leggero o pallone.
Aesthetic style: V. Floreale.
Afasìa : voce medica {gv. à(paoia) che
significa il difetto o la perdita della pa-
rola, generalmente per qualche lesione o
malattia del cervello. Indica cioè l' impos-
sibilità di tradurre il ])ensiero con parole,
benché integra rimanga la funzione della
lingua e della laringe. Indica anche il di-
fetto di adattare le parole all' idea.
Affaire: per diversi anni noi fummo tor-
mentati dal processo o « questione » Drey-
fus : un capitano ebreo dell'esercito fran-
cese che (salvo il delitto di avere invo-
lontariamente col suo nome ossessionato
mezzo genere umano) era, o almeno tutto
induce a credere, innocente del grave de-
litto incolpatogli di tradimento. Tale pro-
cesso, che si trascinò eterno, sollevando
nobili sensi e odiosa retorica di partito,
fu in Francia per antonomasia denominato
L'affaire. Tale voce noi accettammo e
rimase, applicandosi anche a fatti italiani
di natura consimile a quello che turbò la
Francia. Es : « Il Eoma di Napoli reca al-
cuni dispacci del suo corrispondente pa-
lermitano sull'intricato e misterioso af-
faire », etc.
Affarismo: Y. Affarista.
Affarista: non bella né la voce né la
cosa. Ma come condannarla se è sulle
bocche di tutti ? Corto essa toglie dall'uso
vivo le due efficaci e pure parole nostre:
faccendiere e 'procacciante, ma che farciV
Non è certo il caso di asserire che man-
casse la cosa e quindi il nome in italiano I
Anzi il Fanfani vi aggiunge cavalocchio
e mozzorecchi che saranno espressive,
ma da lasciarsi a chi vuole toscaneggiare.
« Affarismo e affarista sono parole for-
mate da poco tempo in qua e pur tropi)0
necessarie » (Eigutini).
MUche: affìsso, foglio, cartellone, mani-
festo che ponesi alle cantonate. Tanto af-
fiche come affisso provengono dalla voce
latina adfixus [fisso]. Ma la parola fran-
cese è specialmente adoperata per indicare
quei cartelloni con speciale e nuova arte
disegnati, a colori vivi e pochi, a linee
audaci e bizzare così da fermare l'atten-
zione dei viandanti e costringerli a leg-
gere il richiamo che vi si contiene. È
l'arte applicata al commercio, Tiziano che
Aff
— 9 —
Agg
niuta il droghiere e serve allo spaccio.
A molti questa nuova arte i)iace assai.
All' estero trionfa. E questione di gusto
e di buon gusto. V. Liberty.
Affittacamere: neol., chi appigiona ca-
mere por mestiere. Termine di solito spre-
giativo.
Affrescare : dipingere a fresco, cioè sul-
l'intonaco fresco e preparato all'uopo: ma-
niera in grande onore nell'arte nostra an-
tica. Per essa le pitture murali poterono
resistere alle devastazioni degli uomini e
del tempo : arte però costosa e difficilis-
sima giacché richiede tecnica e sicurezza
i-are, non vedendosi l'effetto dei colori che
dopo, cioè quando il muro è asciutto.
Affusto: supporto e carro del cannone:
fr. afftìf.
Agacé : irritato, provocato, stuzzicato.
Part. del verbo fr. agacer.
Agenda: voce francese, dal latino agenda
n, p. zzz cose da farsi. Indica quel tac-
cuino ove si notano giorno per giorno le
cose da farsi. Anche questa voce è nel-
l'uso del linguaggio commerciale. V. No-
tes, V. Carnet. 11 sig. Darchini in un suo
nuovo di%. francese e italiano (A. Val-
lardi, Milano 1903) traduce senz' altro
agenda per agenda.
Age quod agis: motto della sapienza
latina e significa fa quel che fai cioè,
attendendo ad una cosa, non occuparti
se non di quella.
Aggettivazione : neol. usato per indi-
care l'arte e la facoltà dell' aggettivare,
cioè dell' apporre aggettivi. Aggettivi e
nuove metafore sono le impronte di quella
nuova scuola - prosa e poesia - che oggi
è in molto onore. Gli antichi (Cfr. Dante,
Era già l'ora che volge il desio) dai fe-
nomeni naturali sentivano nascere spe-
cialmente idee e sentimenti, non colori,
cioè non aggettivi come « i volgari de-
scrittori moderni». (D'Ancona: /r'^Vor^*
ed effetti, Treves, pag. 42). 11 Carducci
in un suo Hcvìtto { Mosche cocchiere) par-
lando di una rinnovata prosa italiana dice
che « non si potrebbe Jid ogni modo ri-
farò con i musaici dogli astratti e delle
metafore», e, i-agionando nella scuola,
gli uscirono di Imcca questo meravigliose
ipoiboli 0 irruenti parole vivo: «(ibi po-
tendo dire una cosa in dieci parole la dice
in venti, lo credo uomo capace di male
azioni », e ancora: «noi stemperiamo tutta
in biacca la porca anima nostra» (Vedi
Omaggio della lUvista d' Italia a Qiosue
Carducci, Maggio MCMI, ])ag. 93 e 90).
Molti altri valentuomini la pensano come
questi due grandi ; ma 1' aggettivo, la
biacca, la retorica e il musaico trionfano
più che mai. Difetto, a nostro avviso, di
sincerità nell'arte! Tra il nuovo stile delle
arti decorative (V. Liberty) e la nuova
prosa e poesia esiste alcun nesso mani-
festo. Ad ogni modo se anche, non una
])arte di ragione, ma tutta la ragione fosse
in questo nostro giudizio, esso non appro-
derebbe a nulla, giacché a nulla vale il
contrariare le inclinazioni di una età : esse
sono tali perchè conviene che così siano.
Agibilità: questa parola di conio nuovo
0, per dir meglio, una delle tante di for-
mazione abusiva, la trovo in un docu-
mento che non dovrebbe essere errato:
le lettere, cioè, con cui il ministro di Sua
Maestà il Re sottoscrive alcune azioni in
favore del teatro alla Scala. Questa pa-
rola agibilità infiora il seguente periodo,
privo affatto di agilità: «Roma li 27
aprile 1902. - Sua Maestà il Re, al quale
ebbi l'onore di riferire l'oggetto della let-
tera a me diretta dal Comitato «Pro-Scala » ,
ha degnamente apprezzato gli artistici in-
tendimenti a cui si ispira l'iniziativa presa
dalle pili cospicue individualità di codesta
città onde assicurare V agibilità del detto
teatro ». Con tutto l'ossequio alle istitu-
zioni presenti non posso obliare che i si-
gnori e le republiche nostre del '400 e
del '500 italiano avevano dei ministri o
segretari che sapevano scrivere assai piii
elegantemente. Eppure in quei secoli l'e-
stetica non era un cànone della vita come
è oggi!
Aggio da agio : parola italiana del lin-
guaggio commerciale, usata anche all'e-
stero (fr. agio) :/ si)e<mlazione sul corso
dei valori publici, differenza nel cambio
della moneta. Da agio i francesi devono
aver dedotto lo parole agiotage (ti'affico,
speculazione, giuoco sulle difterenzo dei
corsi di Horsa: arto di alterare artiUoial-
mento e con lino disonesto il valore dello
^gK
10 -
Ahu
carte publiche o delle merci di gran con-
sumo) e agioteur : onde le nostre parole
aggiotaggio, aggiotatore.
Àggio : è notevole l'abuso che si fa di
questo suffisso che ricorda il suffisso age
de' francesi, onde molte parole come me-
traggio, arbitraggio, viraggio, drenaggio.,
bendaggio etc. Aggio, ismo., ale., i^^a-
xione sono i suffissi dominanti, si per
effetto del nuovo bisogno di astrarre, sì
per effetto delle lingue straniere.
Aggio mangnato: (ho mangiato) risposta
tipica dell' indolenza, imprevidenza e
noncuranza del làzzaro napoletano che,
richiesto di servizio, rifiuta non avendo
bisogno di alcun altro guadagno in quel
di, avendo egli mangiato. La triste frase
deve ritenersi come leggenda.
Aggiornare: voce usata bene nel senso di
fissare il giorno {dicere diem). Nel senso
di differire è riprovata dai puristi. Certo
è dell'uso e la registra la Crusca, il Pe-
trocchi, etc. fr. ajourner.
Aggiudicatario: termine giuridico: in-
dica la persona la quale per effetto di
aggiudicazione è dichiarata proprietaria
di cosa alcuna venduta all' incanto, per
aver offerto il maggior prezzo. L'aggiu-
dicazione può avere per oggetto anche
una concessione o un appalto e in questo
caso è aggiudicatario colui che ha fatto
l'offerta minore.
Aggiotaggio: V. Aggio.
Aggiotatore: V. Aggio.
A giorno (illuminare): questa locuzione
italiana, anzi italianissima tanto che essa
é una delle poche parole nostre penetrate
all'estero (A giorno in francese z:z éclai-
rer a giorno, conime au grand jour) dal
Fanfani è riprovata o almeno accettata a
denti stretti. Yi antepone locuzioni simili:
sfarzosamente., splendidamente illiwii-
nato^ oppure : al Pagliano ci si vedeva
come se fosse giorno. Bell'esempio del
come e dove possa arrivare la pedante-
ria ! A giorno è locuzione usatissima in-
vece di traforato. Es. un fazzoletto con
Vorlo a giorno, il che ricorda il francese
à jour., percé à jour == de part en pari.
AgnosGO veteris vestigia flammae:
conosco i segni dell'antica fiamma.
Cosi Dido ad Anna, confidando il nuovo
amore per Enea per cui divampa il cuore
che si credea chiuso e consacrato alla
memoria del doppiamente infelice Sicheo.
(Yergilio, Eneide, IV, 23). Dicesi ora per
motto e con forza di intercalare.
Agnosticismo: dal greco a =:: negativo
e gignòsco = conosco, cioè quella dot-
trina filosofica che non sa., cioè che vuole
attenersi soltanto allo scibile, a ciò che
si sa senza oltrepassare con presupposti
i limiti della scienza. Press'a poco come
positivismo. (L'Agnostico appunto perchè
ha rinunciato di pronunciarsi su ciò che
oltrepassa i confini dell'esperienza, non
può a rigor di logica negare la possibilità
di un'anima eterna).
Agorafobia: una delle tante fobie del
linguaggio medico, dal greco agorà zzz
piazza, foro, mercato, assemblea e fobia =
paura, avversione. Con questo nuovo vo-
cabolo i medici alienisti chiamano quella
specie di malattia nervosa, se malattia si
può chiamare, per la quale si prova una
specie di avversione, paura, turbamento,
squilibrio nel traversare grandi spazi e
nel trovarsi in mezzo a gran moltitudine.
Agrari : nome dato ai partigiani del par-
tito Prussiano protezionista, a base di ta-
riffe, dalla produzione del suolo. Partito
presentemente conservatore con lieve tinta
confessionale (protestanti), militarista, feu-
dale. È formato dai grandi proprietari e
si contrappone al partito degli industriali
e dei socialisti. Dal tedesco Agrarien,
lat. ager rr: campo.
Agremà e Agremani: dal francese agré-
ment (radice gre lat. gratum., it. grato.,
grado) che indica tutto ciò che è grade-
vole, piacevole. Es. livre plein d'agré-
ment. Quindi per estensione ornamento
del vestire. In it. guarnizione, passa-
mano.
Agrément: V. Agremà.
Ahimè, povero Yoricic!: esclamazione di
Amleto quando scopre nel cimitero il te-
schio del buffone Yorick (J.w^e^o V, 1). Il
motto ha valore di intercalare pur fra
di noi.
À iiuit ressorts: nel linguaggio mondano
e giornalistico invece di con o di otto
molle., detto francesemente di certe vetture
signorili, le quali oltre che alle quattro
Ai^
— li —
Alb
mollo comuni d'acciaio, sono sospese ad
altre quattro cinghio di cuoio.
Ài: per hai V. Avere.
Aigrette: voce francese, ed indica quel
«ciulfetto» che alcuni uccelli, pavone,
gufo, airone, portano sul capo. Per ana-
logia è così chiamato quel pennacchio di
sottili e gemmate piume, che s'eleva ri-
gido sul cappello delle signore. L'uso di
tal moda risale in Francia ai tempi di
Enrico II e durò, salvo rare interruzioni,
sino a' dì nostri. È voce comune anche
da noi. In italiano ho intoso da qualche
crestaia o cutRaia dire « fantasia » ne si
potrebbe dir meglio giacche « fantasia »
nella nostra lingua indica tutto ciò che è
prodotto singolare e strano della natura
0 dell'arte: «Porta denari assai per spen-
derli in queste fantasie della Cina, Le
madreperle e le altre fantasie del mare »
[Manuzzi, Dix.']. L'etimologia di aigrette
è diminutivo di aigre lat. aeer :::"- acuto.
Ainé: fem. ainée da ams e ?*é = nato
avanti, cioè maggiore., primogenito., ov-
vero antico, vecchio^ contrapposto a no-
vello come diceasi nel buon tempo della
lingua nostra. Parlandosi di personaggi
francesi noi si usa spesso la voce fran-
cese ainé. Es. Goquelin ainé.
Non son l'antico, ma da lui discesi
A' miei portai l'amor che qui raffina.
Dante, Purg., Vili.
Alse : nella frase essere^ trovarsi à son
aise è frequente. Etre à son aise, in
francese, significa essere libero ne' movi-
menti, sentirsi « a giuoco » come scrive
Dante {Inf. XVII, 103) poi nel senso mo-
rale trovarsi bene essere a posto, come
dicono a Milano. Aise indica general-
mente soddisfazione, diletto, per il pos-
sesso 0 la presenza di cosa desiderata.
Così Dante: Le donne e i cavalier, gli
affanni e gli agi {Purg. XIV, 109). Noi
potremmo adoperare le nostre locuzioni ita-
liano « stare ad agio, a buon agio, essere
a bell'agio, a disagio » etc. ma in vece
di rinnovare questi modi nostrani, si usa
taloi'a il modo francese.
A la etc. : molte locuzioni che così in-
conìinciano, sono registrato sotto il nome
che segue o si cerca.
A la belle étoile: dormire o albergare
à la belle étoile è arguto modo francese
per dire dormire all'aperto o sub Divo o
sub love come dissero i latini [Manet sub
Jove frigido venator. Hor. Odi]. Noi avrem-
mo il verbo serenare che è assai bello, ma
anzi tutto è riportato come proprio del lin-
guaggio militare, poi è troppo letterario
e disusato, quindi poco sarebbe inteso, né
contiene il senso arguto del motto francese.
À la cravache : nel linguaggio delle
corse dicono francesemenì;e mettere il ca-
vallo à la cravache (frusta corta del ca-
vallerizzo) per eccitarlo all'ultimo sforzo.
À la guerre comme à la guerre : bel
modo francese che per quel loro largo
senso di iperbole, essi sanno usare gar-
batamente per dire che in certe occasioni
conviene adattarsi e sopportare qualche
privazione. Tale locuzione è spesso da noi
scimiottata. Essere in ballo è modo nostro
che in parte vi corrisponde.
À la lanterne: V. Lanterne.
Alali: V. Halalì.
À la mer (un homme) : è propriamente
grido di chi a bordo si accorge nel corso
della nave che uno è caduto in mare, si-
tuazione terribile, specie di notte, con la
nebbia e il mar grosso. Per traslato di-
cesi di persona in pericolo grande, abban-
donata a se e con scarsa speranza d'aiuto.
Così uno dei più dotti e pili fini giornalisti
d'Italia esclama, parlando di non so quale
uomo politico : Altro uomo à la mere, {sic .')
Nota però, o savio lettore, che gli uomini
politici di rado sono proprio perduti. La
smemoratezza italica, d' accordo con la
dea Indifferenza, li salva e li rimette a
nuovo. V. Salvataggio.
Alare : in marina significa tirare un
oggetto mercè un cavo. Così nell'arte mi-
litare alare un barcone tirarlo per forza
d'uomini mercè una corda. Derivato A~
laggio.
À la suite: lett. al seguito., locuzione
francese molto in uso come attributo di
chi è adetto a far seguito d'onore a qual-
che persona qualificata e di alto grado
nella milizia e nella diplomazia. Locuzione
comune anche in tedesco.
Albana: vitigno e vino romagnolo, di
aroma caratteristico, ahiuanto dolco: di
uso locale. E vitio per dolci e frutta. Dal-
AH)
Ale
V Albana ottienesi ora con migliori pro-
cessi anche un tipo asciatto, assai pre-
giato,
Albanella: {Falco subhuteo) uccello ra-
pace, detto anche falcone degli alberi.
Altre specie affini portano pure il nome
di albanelle.
Albero: delle navi, di legno o di acciaio,
piantato verticalmente o quasi in mez-
zania de' navigli, atto a sostenere lo sforzo
del vento sulle vele ad esso inferite: le
tre parti che di solito compongono 1' al-
bero della nave, sono : fuso maggiore, al-
bero di gabbia ed alberetto. Trinchetto è
l'albero che sta a prua, di maestra quello
che sta al centro o quasi, di mezzana a
poppa. Bompresso è l'albero che sporge
fuori della prora. Albei'i di fortuna sono
quelli che si improvvisano in caso di di-
salberamento. Nei grandi piroscafi gli al-
beri servono per far segnali, per adattar
ordigni da sollevar pesi, per ampia ve-
detta sul mare ; e nelle navi da guerra
per piccole batterie sulle coffe, onde il
nome di « alberi militari ».
Album : neutro di albus che in latino
vuol dir bianco. (Cfr. Alba^ Albume). Pei
romani era una tavoletta spalmata di
bianco ove i pretori scrivevano i loi'O atti.
Album in francese e in italiano vuol dire
un elegante quaderno per iscrivere, di-
segnare, raccogliere note e sentenze. La
Crusca rigetta Album e accetta Albo come
più italiano. Neil' uso è album^ plurale
albi. Ma non di rado, specie nelle scritte
commerciali, si compone il plurale alla
francese, albums.
Alca (minore): (Alca minor o Alca torcia)
uccello palmìpede vivente sugli scogli e
sulle coste dirupate dei mari nordici. Ec-
cellente nuotatore e buon volatore, com-
pare talvolta durante l'inverno nel Medi-
terraneo. Una specie più grande delle me-
desime regioni, V Alca maggiore {Alca
impennis) sembra estinta da circa 60 o
70 anni, probabilmente perchè lo scarso
sviluppo delle ali, rendendola inetta al
volo, ne permise la totale distruzione.
Alcade : in Ispagna, primo magistrato
(sindaco o giudice) di una città, voce di
origine araba: al = il, e kadi = giudice.
Alcaloide: da nlcali e oide (Y. questo
suffisso). Alcali è parole araba antica che
significò la potassa e la soda, passata poi
in chimica per indicare quelle sostanze ba-
siche che hanno somiglianze chimiche e
fisiche con la potassa e con la soda. Ora al-
cuni estratti da essenze naturali come la
chinina, l'atropina, la morfina e altre voci
col suffisso in ina sono detti alcaloidi cioè
simili agli alcali perchè hanno alcune
somiglianze cogli alcali. Sono sostanze
azotate, o^BÌ'à quaternarie., cioè contenenti,
oltre al C, all'-ff e all'O, anche l'azoto
(A% 0 i\^). Hanno un sapore amaro ed eser-
citano un'azione potente sull' organismo.
Si usano in medicina in piccolissime dosi,
molti di essi essendo potenti veleni. Sono
alcaloidi p. e., la morfina, la nicotina, la
chinina, la sparteina, l'atropina, ecc.
Alcarazzas: voce araba che indica una
specie di vasi di argilla porosa, i quali, espo-
sti in luoghi ombrosi ma ventilati, con-
servano fresca 1' acqua per effetto della
continua evaporazione di quella parte di
essa che trasuda dai pori.
NB. Alcuni scrivono pinttosto alcaraxa.
Alcazar: palazzo costruito in istile mo-
resco.
Alchermes: è il Coceus ibicis L. o
Chermes vermilis Planch, insetto affine
alla cocciniglia, vivente sopra una quercia
sempreverde {Qziercus coceifera L.). Lo
femmine disseccate forniscono una mate-
ria colorante scarlatta, detta appunto cher-
mes 0 alchermes, da taluni it. in alcher-
misi. Term. zool. e industr. da cui il
il nome del noto rosolio, così colorito.
NB. La cocciniglia è il Coceus cacti, che vive
sopra un cacto simile al fico d'India (Opuntia coc-
cinelUfera) e fornisce il colore carmino.
AIckekengi: pianta della famiglia delle
solanacee, che dà un frutto autunnale
aurato, lievemente acidulo, polposo come
il pomidoro, piccino e tondo come una
ciliegia, chiuso entro una leggiadra cap-
sula setosa e gialla. Il nome deve essere
orientale: da poco esso frutto fa intro-
dotto in Italia : comune specialmente in
Lombardia ove il dialetto del Porta tra-
smutò lievemente la voce primitiva in
chichinger.
Alcool: dall'arabo al-qophl = cosa sot-
tile, polvere lieve e volatile in uso già
Ak
13 -
AH
da antico presso quel popolo per render
nere e grandi le pupille. La grande te-
nuità di detta polvere sembra abbia in-
dotto i chimici a dare questo nome allo
spirito del vino. Si trova questa parola
talvolta it. in alcole e mi par bene.
Alcoolìcità: proporzione dell'alcole nei
liquori. L*erchè sì in questa parola conio
in cooperativa persiste nell'uso quel dop-
l)io e sgarbato o?
Alcoolismo: neol. stato patologico pro-
dotto dall'abuso delle bevande alcooliche.
/)•. alcoolisme. La parola uhbriachexxa
suggerita dal Fanfani risponde ad altro
concetto, cioè esprime lo stato transitorio
di chi è in istato di ebbrezza.
Un alcoolixxato può non essere ubbriaco
0 viceversa.
Alcoolizzare: mettere una data propor-
zione di alcole in un liquido : produrre
uno stato patologico pel continuo abuso
degli alcoli (fr, alcooliser).
Alderman : parola di origine germanica
che significa letteralmente, come la no-
stra voce : anziano.
Ecco un iÌQ^gM anxian di Santa Zita.
Dante. Inf. XXI.
Alderman è titolo che in Inghilterra si
dà a certi ufficiali del Comune. La parola
è registrata anche nei diz. francesi.
Ale: notevole è l'uso di questo nuovo
suffisso usato, non solo dagli imperiti della
lingua, ma da scrittori i quali sembrano
annettervi uno speciale senso di ri-
posta eleganza, come in lacuale^ medi-
cale, mattinale^ passionale^ etc. invece
di lacustre^ medico, mattiniero o mat-
tutino^ appassionato o di passione. Dove
questa desinenza in ale esserci provenuta
dall' inglese a/, piuttosto che dal francese.
V. Medicale.
Ale(é-r): parola inglese, registrata anche
nel vocabolario francese, ed indica una
specie di birra gagliarda, ma non a tal
grado e così scura come il Poiier.
À l'eau de rose: l'acqua di rosa, eau
de rose^ è un profumo delicato e soave
ottenuto mediante la distillazione dello
roso. Per traslato dicesi piacevolmente
all'acqua di rosa o di rose por indicare
un'attenuazione, un'adattabilità, specie di
persone o cose che non si direbbero o non
vorrebbero essere tali. Es. Republicani
all'acqua di rosa. Annacquato vi corri-
sponde assai bene. Es. Or istianelli annac-
quati. Usata è pure la scrittura francese,
come qui sopra.
Alesare: termine tecnico de' meccanici,
dal francese aléser e vuol dire tornire la
superficie interna d'un cilindro forato. Alé-
ser deriva dall'antico francese alis — dolce
al tatto, provenzale /«s, spagnuolo liso e
italiano liscio. Noi dunque potremmo dire:
levigare, brunire.
AlguaciI : voce spagnuola registrata nei
diz. francesi : deriva dall'arabo, ed indica
guardia.^ agente di polizia.
Alias: avv. latino in altro tempo^ ma
neir uso odierno vi si annette talora un
lieve senso ironico per significare persona
che mutò pensiero, condizione, posizione
sociale 0 politica.
Alibi: con l'accento non sull'a e sull'?,
essendo avverbio di luogo latino, e non
francese, benché pur in Francia usato, e
vuol dire: altrove. In termine giudiziario,
provar 1' alibi significa poter dimostrare
con prove di essere stati altrove mentre
si compiva un dato misfatto, il che è ar-
gomento semplice e assoluto di innocenza.
Alicante: vino di lusso, prodotto nella
provincia di Alicante in Ispagna.
Alìnea: (dal latino ad e lineam) termine
legale, usato in vece di capoverso, para-
grafo. Il Fanfani lo taccia di provenienza
francese; cosa più che probabile essendo
in fr. alinea: a ciò aggiungi che non è
voce necessaria. Se un difetto si può im-
putare alla lingua nostra è l'abbondanza
dei sinonimi.
Aliuset idem: diverso e pur lo stesao.
Locuzione latina. Veramente in Orazio
{Carmen saeculare) è aliusque et idem.,
detto del sole che rinasce nuovo pur ri-
manendo lo stesso.
Alla banda!: comando marinaresco di far
mettere il timone e la ciurma tutta da un
lato della nave.
Allarme, allarmare, allarmante: sono
gallicismi di cui non potremmo far senza
nella lingua corrente e nell'uso: scono-
sciuti quasi al popolo. Alarmìsta (fr.
alarmiste) ohi suolo spargere notizie che
turbano e danno apprensione agli animi.
Ali
14 —
Alp
é voce meno comune delle precedenti e
però pare meno buona. Nel fatto pecca
come quelle del difetto d'origine e della
solita esagerazione metaforica propria de'
francesi. Del resto il grido militare di
alar me da cui pai'tono le dette metafore,
l'i sponde esattamente al nostro all'armi.'
Allea : per male arborato è voce piemon-
tese, penetrata nell'uso. Proviene dal fr.
allée: letteralmente andata da aller =
andare, cioè viale, passeggio.
Alleggiare: term. mar. Y. Libare.
Allemande : ballo antico, originario della
Germania, di moda in Francia nel se-
colo XVIII. Ballavasi su di un motivo
allegro a due tempi.
Allenamento: nel linguaggio delle corse
e degli esercizi fisici significa il graduale
e lento abituarsi allo sforzo muscolare,
ondo i verbi allenare^ allenarsi.
Allenare: neol., addestrare con l'eser-
cizio razionale a compiere il massimo
sforzo fisico ne' giuochi e nelle corse
{ Sport).
Allibare: term. mar. V. libare.
Allo!: voce del linguaggio familiare
francese, usata al telefono per avvertire
€he si ascolta; in it. Pronti! Dall'antico
gi-ido di caccia Hallali? Allo non è reg.
i;he nei dizionari d' Argot.
Allons, enfants de la patrie : primo verso
dell'inno rivoluzionario di Francia detto
La Marsigliese e che il Carducci, nel
(^a Ira traduce parafrasando : « Marciate
della Patria incliti figli». La Marsigliese
è dovuta all' improvvisazione geniale di
Rouget de Lisle. V. Lamartine {Storia
de' Girondini, lib. XYI).Fu eseguita dalla
musica della guardia nazionale di Stra-
sburgo il 29 aprile 1792. Fu portata in
Parigi dai marsigliesi guidati da Bar-
baroux.
Allopatia: termine medico (dal greco
allos == altro e pathos = sofferenze, male;
che significa la cura della infermità co'
rimedi contrari al male. Naturale concetto
empirico. Es. il ghiaccio nelle infiamma-
zioni. Derivato allopatico. È l'opposto di
omeopatico.
Allo scoperto : nell' industria vendere
allo scoperto significa speculare sui prezzi
delle mercanzie, assumendo commissioni
senza coprirsi, cioè senza acquistare su-
bito le materie prime, per attendere che
ribassino. In Borsa operare allo scoperto :=r.
speculare sui prezzi dei titoli che non si
possiedono, impegnandosi a pagare le dif-
ferenze di prezzo o ad acquistare i titoli
per consegnarli alla scadenza dei contratti.
Ali right: voce inglese, pronuncia o ra«Y
e letteralmente significa tutto diritto.,
tutto bene; oh, bene, ed è usata con forza
di intercalare. Un po' per celia, un po' per
vezzo si dice talora anche da noi come
esempio dimostra: «Stamani, prima di
balzar fuori dalla mia cuccetta, mentre
mi palpavo accuratamente facendo una
specie d'inventario generale del mio corpo,
dopo di avere con mia grande soddisfa-
zione constatato che ei'a ali right, mi sono
rammentato, con non minore soddisfazione,
che nella notte non ero caduto che due
sole volte dal letto ».
Almanacco di Gotha: o anche in fran-
cese almanach de Gotha, celebre e ari-
stocratico calendario genealogico, diploma-
tico e statistico edito a Gotha, da Perthes,
e vanta la sua fondazione dal 1763.
Alopecìa: caduta de' capelli e de' peli
per effetto di alcun vizio fisico o malattia.
Voce medica; dal latino alopecia, derivata
alla sua volta dal greco ^a}.(ùne%ia da
'aÀòjjTE^ = volpe, giacché credevasi che
di questo male soffrisse 1' astuta bestia.
Cfr. per la etimol. del vocabolo il motto :
La^ volpe perde il pelo e il vizio mai.
Alpaca: lega di rame, zinco, nichelio,
analoga al packfong, di colore e lucen-
tezza simile a quella dell'argento.
Alpaca e Alpaga: piccolo camello senza
gobba, simile al lama, al guanaco e alla
vigogna, e vivente com' essi sulle Cordi-
gliere delle Ande. Fornisce, come la vi-
gogn-a, una lana di straordinaria finezza.
Auchenia paco , term. zool. Dal nome del-
l'animale quello della stoffa. Il nome della
stoffa è pronunciato alla francese : alpagà
0 alpaca.
Alpe: in Toscana si dice per montagna
alta, pur trattandosi dell'Appennino, e
per l'appunto i monti che segnano la linea
di displuvio. Uso antichissimo:
Noi stiamo in alpe presso ad un boschetto.
F. Sacchetti, Le pastorelle montanine.
Alp
15
Ame
Alpeggio: chiamasi così nell'Alta Italia
il pascolo estivo del bestiame sulle Alpi.
Alpenstock: parola tedesca (cfr. stocco
ted. stock) che indica il bastone ferrato^
alto, ricurvo in cima o ornato di un cor-
netto di camoscio, usato nello escursioni
alpine. La traduzione che alcuno tentò
in alpistocco non è riconosciuta dall'uso.
Tale voce è pure nei diz. francesi.
Alpino: il soldato in difesa delle Alpi:
nota milizia di recente istituzione.
Alt: comando militare di fermata, dal
tedesco halt ::::z sosta, fermata. (Il Petrocchi
registra in tal senso la parola alto, e di-
cosi in fatto fare tm alto, ma anche qui
la parola alto non proviene dal nostro ag-
gettivo omonimo, bensì dal tedesco halt
viachen = fare alt).
Alta: invece di 'grande come attributo
di novità è comunissima voce, specie nel
linguaggio delle mode : è la versione
esatta dal francese haute noiiveaiité.
Alter ego: (lat. un altro me stesso) di-
cesi, talora con senso faceto, di persona
che può e suole in un dato ufficio sosti-
tuire l'opera altrui.
Alternatore: motore elettrico a corrente
alternata, in cui il lavoro meccanico si
trasforma nell'energia di una corrente al-
ternata, ossia tale che la sua intensità
vari periodicamente da un massimo posi-
tivo ad un massimo negativo; e questo
allo scopo di trasmettere l'energia elet-
trica alle maggiori distanze, cosa che non
é conveniente con una corrente continua.
Alto forno : dei grandi stabilimenti me-
tallurgici ; cosi detti e dal gran camino
e dalle alte temperaturea cui possono giun-
gere allo scopo di fondere i piìi duri metalli.
Alto mare : tutta l'estensione del mare
che ò fuori della vista della terra.
Amantes amentes: motto latino di an-
tica sapienza che trae valore dalla somi-
glianza dei due saoni e dalla ommissione
del verbo, cosa comune nel sentenziare
dei latini : gli amanti sono privi di giu-
dizio, senza mente. La qua! cosa fu da
molti poeti e filosofi significata e per l'ap-
punto dall'Ariosto, anima grande o serena,
là dove di(!0 che non è in somma Amor
se non insania ( Orlando Furioso, XXIV),
l'insania che contiene la vita!
Amateur: a questa parola usatissima
corrisponde la nostra dilettante, e dicesi
di chi ha gusto, inclinazione, amore per
qualche arte senza farne professione. V.
En arnateur.
Amaurosi: gr. amauròo --zz oscuro. Ce-
cità 0 turbamento profondo delle facoltà
visive, che non può attribuirsi a deter-
minata lesione. Voce del linguaggio me-
dico: il vocabolo volgare è gotta serena.
Amba: nome dato a certi monti del-
l'Abissinia di special forma, cioè di pira-
mide tronca, quivi frequenti. Servono in
quel governo barbaro feudale per luogo
di relegazione. La parola è entrata nel-
l'uso della lingua italiana dal tempo delle
tristi guerre con l'Abissinia. Voce di quel-
r idioma.
Ambiente: per stanza o vano o reci-
piente non mi pare voce lodevole. Nel
senso di condizioni ed influsso di tempo,
luogo, persone è così invalsa che, anche
condannandola, sarebbe condanna inutile.
Certo che è preferibile, per chi onora l'arte
del dire e dello scrivere, determinare que-
ste condizioni con le loro precise parole.
Amen: voce ebraica che significa così
sia. Nel linguaggio familiare dicesi amen
per indicare acconsentimento, includen-
dovi però r idea di noncuranza o di ras-
segnazione.
A mente: Es. : a mente dell'art, etc.
modo invalso nelle scritture d'ufficio in
luogo di in conformità, seco?ida, giusta.
Lo riprende il Fanfani e non a torto.
Ambulatòrio: voce riprovata dai pu-
risti, invece di un proposto consultatorio .
Chiamano i medici ambulatorio quel lo-
cale ove si possono fare cure mediche o
chirurgiche ambulatoriamente cioè stando
in piedi e venendo ogni tanto, senza bi-
sogno della cura del letto.
Americanata: neologismo di formazione
l)opolarc, per indicare fatto o impresa esa-
gerata, sorprendente, audace, sfacciata, di
cui l'America del Nord sembra avere il
privilegio. In questo conviene tener conto
del naturale crescere delle proporzioni at-
traverso l'oceano e della differenza che
intercedo tra un popolo giovane in terra
ampia e vergine, o un popolo vecchio in
terra angusta ed augusta por vetustà.
Ani
16 —
Ano
Amfìbolo : termino miner. ; minerale
formato di silicato di magnesio e calcio
incoloro o a colori varii, fra cui più fre-
quente il verde.
Amico : nel linguaggio diplomatico e par-
lando di Stati e sovrani significa alleato.
Amicus Plato, sed magis amica veritas :
sentenza dedotta dal massimo dialogo di
Platone {Fedone, XL, 91) dove Socrate
consiglia i discepoli a darsi più cura del
vero che delle sue parole. Ammonio nella
Vita di Aristotile primo ne trasse la sen-
tenza : (piXoc; jiièv 2couQàTì]g àÀÀà cpiÀ-
réga f] àXi]deia. In seguito avvenne la
sostituzione, popolarmente errata, di Pla-
tone a Socrate.
Ammezzato : significa fatto a mex%o :
nel senso di inexzanino., cioè tutto quel-
la ordine di stanze che sono immediata-
mente sopra al pian terreno o fra due
piani principali, è un errore in cui incor-
rono a Milano quando vogliono italianiz-
zare la buona parola dialettale mexxanino.
Ammortamento : è parola più che buona
perchè deriva da a e morte. Cfr. il no-
stro verbo classico anzi trecentistico am-
mortare. Certo che nel senso legale e
commei'ciale di estinxione di un reddito,
di un debito etc. entra nel novero delle
parole di origine francese amortissement^
da amortir. Notevole è la misera ric-
chezza che noi possediamo di tali paro-
le : ammortizzazione^ ammortizzamento,
a?nmortamento. Derivato il verbo ammor-
tizzare e l'aggettivo aì/imortizxabile (fr.
amortissable).
Ammortizzabile: V. Aìumortamento.
Ammortizzare: V. Aìinnorlaìnento.
Amnesìa: termine medico derivato dal
greco, che significa letteralmente senza
tnemoria., a := senza e mnesis — me-
moria. Perdita parziale o totale della me-
moria per effetto di malattia.
Amolo: voce del dialetto veneziano che
vuol dire susina.
Ampelografìa : voce della scienza agra-
ria e significa descrizione delle specie e
varietà della vite: dal greco àmpelos =:
vite, vigna.
Ampère: nome di eminente fisico fran-
cese (1775-18.36). In omaggio a' suoi studi
sui fenomeni elettromagnetici, venne dato
il nome di ampère, nel sistema di misure
elettromagnetiche, all'unità pratica di mi-
sura della intensità della corrente elettrica.
Una corrente dell'intensità di un Ampère
passando attraverso ad una soluzione di
nitrato d'argento nell'acqua preparata se-
condo speciali istruzioni, deposita argento
nella ragione di grammi 0,001 18 per mi-
nuto secondo.
Amperometro: istrumento che misura
la intensità di una corrente elettrica espri-
mendola su di un quadrato in Ampères.
V. Ampère.
Amovibile: voce del linguaggio degli
uffici per significare quel magistrato od
ufficiale che può essere rimosso dal suo
posto. Il contrario di inaìnovibile. Der.
amovibilità.
Ampolla: termine medico, per indicare
le vesciche della pelle, le quali quasi
sempre provengono dalle pieghe, dai bu-
chi, dai rammendi delle calze. L'am-
polla è r incidente di strada del cammi-
natore, come la perforazione della gomma
lo è del ciclista. Solamente è più facile
riparare una gomma che guarire un'am-
polla.
Anamnèsi: voce del linguaggio medico,
derivata dal greco e vuol dire memoria.
Consiste nel raccogliere i sintomi della
malattia per cui il paziente chiede Paiuto
della scienza : a prossima cioè dalle ma-
lattie precedenti, sistema di vita, di
vitto etc, a remota., cioè dall'indagine
sui precedenti ereditari e personali.
Anànke: parola greca ed antica che ri-
corre talora negli scritti moderni come ad
es. nei Miserabili àW .ìhigo:, significa:
« violenza, necessità, fatalità, tortura, de-
stino fisico e morale» e il complesso di
tutto codesto.
Anarcoide : neologismo di fresca data
formatosi a simiglianza di certe voci scien-
tifiche col suffisso oide (dal greco eidos zrz
ferma, specie). Vuol indicare cioè tale
individuo che se pur non professa le ri-
gide e assolute teorie anarchiche^ è per
sua natura insofferente di qualunque forma
di legge, ordine, autorità, disciplina. Vedi
il suffisso oide.
Ancia: fr. anche: indica quella lin-
guetta elastica, le cui vibrazioni servono
AlK
17 —
And
('«•eìtaro i suoni in alcuni istiiinicnti a fiato
La parola a?iche -z auma. linguetta, sem-
bra provenire da un'unica voce di origine
tedesca da cui hanche --- anca, osso della
gamba. La parola anche avrebbe per tal
modo subito lo stesso processo evolutivo
per cui la voce latina tibia ~ : osso della
,uamba, passò a designare il flauto.
Ancien regime : letteralmente antico re-
yìme. Così chiamano in Francia le l'orme
di governo aristocratico-feudale, anteriori
alla rivoluzione del 1789; e così noi ri-
pentiamo.
Andare : all'imperativo fa va e non vai^
come dicono alcuni leziosi che vogliono
imitare la maniera toscana. Al congiun-
tivo vada e vadano non vadi e vadino
come dicono ad es. alcuni maestri quando
mandano fuori di classo gli alunni : va-
di fuori ! Al futuro andrò, forma sinco-
pata, è preferibile ad anderò. Al cong.
imperfetto andassi e non andessi, idio-
tismo che taluno dice forse per reminiscenza
di dessi e stessi.
Andare a Canossa: tornare all'ovile, ri-
trattarsi, ricredersi, fare atto di sottomis-
sione, specie di opinioni ribelli, audaci ed
ereticali. Locuzione popolare e viva che
trae origine dall' andata di Arrigo IV,
tedesco, al Castello di Canossa sottomet-
tendosi a Papa Gregorio VII (1077). Locu-
zione simile deve essere anche in tedesco
se Bismarck, il 14 maggio 1872, al Par-
lamento tedesco ebbe ad esclamare questa
frase rimasta celebre : NachCanossa gehen
ivir nicht -z noi non andiamo a Canossa,
cioè non facciamo atto di umiliazione.
Andare a vapore: andar in gran fretta.,
comiiiere alcuna cosa con grande sqUc-
citudine e simili: locuzione tolta manife-
stamente dal rapido moto delle macchine
a vapore.
Andare in Èmmaus : locuzione familiare
lombarda elio significa essere distratto.,
non aver posto mente ad una data cosa.
Emmaus è un borgo della Palestina, presso
Gerusalemme, ove, secondo che è scritto
nello Sacre Carte, Cristo apparve por la
prima volta dopo la sua morto agli Apo-
stoli, i quali furono ratti in lui. Da ciò
forse il motto y
Andare In oca : scordarsi., dimenticarsi
A. Panzini, Svpplcnimto di Dixùmari italiani.
una cosa, ma di poca importanza e senza
intenzione. Il motto è veneto e lombardo
ed è in queste regioni usato talora nel
parlar familiare. Vi corrisponderebbero
press' a poco i modi toscani comuni di
andare, lasciare., mettere nel dimen.i-
catoio.
Andare a fagiuolo : modo familiare di
Toscana, Komagna ed altrove : significa
piacere, preferire., andare a genio., sod-
disfare.
Io vo con clii mi garba por la via
e pianto chi mi va poco a fagitoolo
Pananti, Poeta di Teatro, XXIY.
Andare a picco: V. Picco.
Andar di bolina: nel linguaggio mari-
naresco V. Bolina.
Andar per la maggiore : modo comune
che significa essere fra i primi, pii( au-
torevoli e noti. « Modo traslato dai Magi-
strati delle Arti della città di Firenze,
alcune delle quali dicevansi maggiori, »
così spiega G. Bianchini, Motti popolari.,
ma non troppo mi persuade. Perchè non
sottintendere via?
Andrienne : nome di veste muliebre
in uso nel secolo XVIII, così detta per-
chè secondo il modello imaginato dalla at-
trice Dancourt nella parte di Glicera nel-
r Andrienne di Michele Baron.
Andesitica : chiamasi dai geologi lava
andesitica una roccia eruttiva costituita
di andesite amfìbolica, che è un' associa-
zione di feldspato, amfibolo, mica nera e
molti altri minerali silicati e non silicati. Il
nome di andesite è derivato dalla catena
delle Ande, dove, come in tanti altri luoghi
anche d' Europa, sono diffuse le andesiti
amfiboliche.
Andrògino : non altro che ermafrodito,
cioè uomo (gr. anèr) e donna (gr. ghinè)
insieme. Nota è tale parola come attri-
buto di piante ed animali che posseggono
i duo organi riproduttivi. Meno nota nel
senso del mito gj-eco, secondo cui 1' An-
drògino rappresenta il tipo perfetto che
poi si sdoppiò nel maschio e nella fem-
mina. La scuola estetica di questi ultimi
tempi rinnovò (questa concezione antica.
* Ab antico, di fatti, la natura umana non
ora quella medesima d'ora, bensì diversa.
Che da pi'ima, ei'ano ti'o i scassi umani non
Ano
— 18
Ann
due, corno ora, maschio o foiuinina, ma
se ne aggiungeva un terzo, partecipante
di tutt'o duo questi, del quale resta oggi
il nome, ma esso stesso è scomparso » .
Platone, Convito, discorso di Aristofane.
C'fr. Aniìne gemelle.
Anemia : gr. a --- senza, e alma =:= san-
gue. Impoverimento del sangue cagionato
dalla diminuzione di uno o più o di tutti
fra i suoi componenti. Dicendo semplice-
mente anemia si intende 1' anemia par-
ziale determinata dalla diminuzione dei
globuli rossi.
Anesone : liquore con l'essenza dell'anice
(V. Anisette), speciale di Brescia. Voce dia-
lettale.
Anestesia : voce comune del linguaggio
medico, foggiata dal greco an = senza
e aistanomai m sento, dunque insensi-
bilità; 0 per effetto di malattia o di agenti
anestetici, come F etere, il cloroformio etc.
(fr. anesthésie).
Anestetico : V. Anestesia.
Angeli custodi : nota locuzione popolare
e faceta per indicare i carabinieri.
Angina pectoris : come dice il nome latino
stringimento, soffocamento del petto, non
della gola come s'intende per la parola
angina. Jj angina joec^oWs pare provenga
da vizio cardiaco ed è malattia dal prono-
stico grave e mortale. Manifestasi ad in-
sulti con senso di oppressione allo stomaco
verso la colonna vertebrale. Il malato soc-
combo di solito negli accessi del male.
I francesi similmente dicono angine de
'poitrine.
Anglaise : e più comunemente al plurale,
anglaises, erano chiamati quei cannelloni
che secondo un'antica pettinatura le da-
me arricciavano e lasciavano pendere dalle
tempie ; in milanese tirabuscion, quasi a
forma di vite da cavatappi.
Anguria : termine dialettale usato in
Lombardia, Veneto, Emilia invece di coco-
mero, il rosso e bel frutto della estate no-
stra, cucurbita citruUus. In Lombardia
poi chiamano cocomero quello che altrove
si chiama cetriolo e si propara sotto aceto.
Animadversione: lat. animadversio i:r.
attenzione, castigo, è non di rado voce
usata per malanimo, odio (V. un bel-
l'esempio in N. Antologia, 1 gen, 1903,
pag. 36). EiToro proveniente « da un in-
ganno dell'orecchio » come ben nota il
Rigutini.
Anima: voce usata neologicamente per
indicare il complesso dei sentimenti e dello
aspirazioni da cui è mosso talora un po-
polo, una moltitudine. Es. l'anima della
folla, l'anima inglese, V anima, ameri-
cana.
Anime gemelle: anime affini, conformi
che amorosamente si cercano, e ritrovatesi
sono beate. Codesta locuzione, usata spesso
in amore, risale alla favola antica dell'u-
mana natura divisa in due parti per vo-
lere di Giove, sì che l'una metà ricerca
l'altra, come leggesi in Platone, Convito..
discorso di Aristofane : « la stirpe nostra
diventerebbe felice se dessimo perfeziono
all'amore e ciascuno s'incontrasse nel pro-
prio suo amato, tornando all'antica natura.
E se l'ottimo è questo, è necessario che
per quanto oggi è in poter nostro, ottimo
sia quello che più vi si avvicina. E ciò
è il ritrovare un amato, fatto secondo il
proprio cuore. »
Anisette : rosolio forte preparato con ani-
ci (gr. àvLOoi', pimpinella anisum) : a
Bordeaux e ad Amsterdam se ne produco
di squisito ; così a Brescia, detto Anesono
di Brescia. Y. Mistrà.
Année terrible: anno terribile. Titolo
di un' opera poetica di Vittore Hugo, in
cui sono narrati i principali avvenimenti
che vanno dall'agosto 1870 al maggio 1871.
e comprendono i piìi luttuosi fatti che col-
pirono la Francia nella guerra contro la
Prussia: la disfatta di Sedan, l'assedio di
Parigi, la disperata difesa, la Comune, etc.
Année terrible è detto per antonomasia
quel lasso di tempo.
Anno : per hanno V. Avere.
Annunziata (ordine dell'): instituito nel
1362 da Amedeo VI di Savoia col nome
di Ordine del collare per commemorare
l'ardimento dimostrato da Amedeo V al-
l'assedio di Rodi contro i Turchi nel 1310.
Carlo III rinnovò detto ordine nel 1618
sotto il nome dell' Annunziata e lo consa-
crò a Maria Vergine. Vittorio Emanuele
rinnovò gii statuti del detto ordine riser-
vandolo ai sovrani ed ai più ragguardevoli
personaggi. I membri di questo ordine for-
19 -
Ant
mano una sola classe di cavalieri che por-
tano r inso^iJ;-na sospesa al collo ad una
catena. Sono ritenuti cugini del He.
Anodino : gr. a o an --: senza e odine
doloro. Modicamonto dato per calmare il
doloro. Dicesi anche in senso traslato per
len it ho . inoffensivo.
Anòfele (meglio Anofele) : (Anophele
clwciyer) volgarmente x>anx,arone. È un
insetto vivente nelle regioni malariche
(che non sono sempre i luoghi palustri!)
molto affine alla comune xanxara (Gulex
pipiens) e che trasmetto, con la puntura,
neir uomo il germe dello febbri intermit-
tenti (cioè malariche), assorbito a sua vol-
ta col sangue di persone aftetto dalla stessa
malattia. Affinchè tale germe possa però
produi-re il suo effetto, è necessario che
subisca, tanto nel corpo dell'uomo che in
quello dell'anofele, una certa evoluzione.
Anònima : da aii -:. privativo e onoma
-~ :ionio. Quale attributo di Società com-
merciale, V. Accomandita in fine. V. an-
che Lettera anonima.
Anòrchlde : dal greco an :zr privato e
orkis -^ testicolo : termine medico detto
di chi è privo per difetto congenito di una
o di ambedue o di parte delle glandolo
spermatiche le quali sono espressione fi-
siologica della virilità, come l'ovaia della
feminilità.
Anta e diminutivo antina : voce lom-
barda {antin) spesso fatta italiana dalla
gente mal colta e nel parlar familiare di
<|uella regione: vale imposta., sportello,
invetriata, impannata.
Anti : prefisso che serve a formare molte
voci per far che esprimano cosa contraria
ed opposta, e specialmente a denotare certa
virtù specifica contro diversi mali. Dal
greco àvTi, latino ante = avanti, che ad
avrà, àvTÌ, àvrip' si connetto, e di cui
unti ò forma arcaica.
Antiflogistico : gr. antì := contro e flox.^
/logos ::- fiamma. Dicesi di ogni medi-
(jaziono che combatta le infiammazioni.
Antifona : parola dori vata dal greco anti,
<!ontr(} e fune, suono, voce, significaun canto
alternato; più propriamente ora significa
un versetto che si canta pi'ima o do])0 i
Salmi. Fig. i)rodicozzo. La solita antifona!
Antifonario: rac(!olta, dei canti (I<^11m
Chiesa cristiana, dovuta, secondo si asso-
vera, a Gi-egorio 1, detto il Magno — papa
dal 590 al 604: — che aggiunse pure com-
posizioni sue : monumenta Patrum reno-
vavit et auxit.
Antipirìna: medicina per sedare l'ec-
cesso febbrile, le cefalee, dal greco anti
i:^ contro e pir =: fuoco. Ha forma di
polvere bianca cristallina, e si ottiene con
un processo chimico lungo e complesso:
fu inventata recentemente dal tedesco
Knorr. Il suo nome in farmaceutica è
fenildimetilisopiraxolone.
Antisemita: neologismo ohe vuol dire
nemico dei semiti od ebrei. Antisemi-
tismo, il partito che in Francia, Russia,
Austria, in ispecie, combatte la prepon-
deranza morale edeconomica della tenace
schiatta ebraica che per secoli fu reietta
e vilipesa, ed ora per la libertà e nella
libertà spiega le speciali sue attitudini,
buone e cattive nel trionfo della vita.
Antisèpsi : due parole greche e antiche
cho formano una voce nuova : contro la
putrefax,ione , da antì e sepo. Cosi è
chiamato quel recente processo medico-far-
maceutico, repressivo, per cui si arresta
un'infezione dell'organismo. Y. Asepsi.
Antitètico : da antitesi (gr. antì - :: con-
tro e thesis = proposizione, tesi) si è for-
mato questo aggettivo nuovo, riferito a
cose che sono in opposizione fra di loro,
piene di antitesi. Nei dizionari italiani
non trovo questo aggettivo. In francese
v' è appunto antithétique.
Antitossina : più comunemente al ])l.
V. Tossine. Un rimedio adatto a com-
battere r opera delle tossine è un' anti-
tossina. Il siero antidifterico ad es., -'^
un' antitossina, cioè un antidoto contro il
tossico prodotto dal bacillo specifico della
difterite.
Antitriplìstico : voce effimera e di ar-
bitraria formazione, usata talora noi lin-
guaggio giornalistico jìor signiiicare avver-
so alla triplice alleanza (Italia, OcM'mania,
Austria).
Antropologia criminale: studio giuridico,
medico e sociologico insieme doli' uonn)
in quanto esso è por natura proclive al
delitto, lat. orimen-inis. Tale scuola ègl »-
l'ia spo('ialm(Mit(* italiana fo»-so polche (n>-
Aiit
— 20 —
App
me scrisse un acuto spirito paradossale)
1' Italia con la sua impulsività sanguinaria
offriva largo materiale alla osservazione
degli scienziati. La geniale intuizione del
tipo criminale de vosi al Lombroso. 11 quale,
con paziente indagine, delineò, fissò, iden-
tificò quosta specie di sordi, ciechi, muti
del senso morale. Giova tuttavia notare
come questa scuola non sempre si man-
tenga nel puro campo scientifico, ma so-
vente — specie ne' minori suoi assertori
e cultori — tenda ad uno spiccato carat-
tere filosofico e politico : determinismo e
socialismo.
Antropometrìa: dal greco àntropos =
uoino e nietron r=: misura : indica la mi-
sura e la descrizione delle diverse parti
del corpo umano, a scopi scientifici ed
anche polizieschi. Cosa recente. Derivato
r agg. antropometrico. L' ufficio antropo-
metrico^ tenuto in molto onore in Fran-
cia, permette alla polizia di stabilire la
identità di una persona in modo assoluto.
Antropomorfismo : dal greco àntropos
:= uomo e morfè r- forma, dunque che
ha forma umana. Deriv. antropomorfico.
Antropomorfismo nel linguaggio degli sto-
rici e dei filosofi significa il sistema di co-
loro che agli dei o a Dio danno degli
attributi umani : forma ed affetti. Ad es. :
le divinità di Omero.
A occhio e croce (fare e giudicare): di-
cesi in Toscana, Romagna e altrove per
significare un giudizio approssimativo,
senza misurare, come per l'appunto da una
occhiata e da un segno non preciso.
Io dico lui : perchè co n' è una mano
cho infilza le ricette a occhio e croce.
Lippi, Malmantile, in 12.
Apax legòmenon : locuzione greca usata
dai grammatici per significare che una
parola, un modo, una forma non fu usata
che una sol volta.
Apérìtif: in termine medico si chiamano
generalmente così le bevande che servono a
dilatare i pori e rendere fluidi gli umori. Vi-
ceversa poi oggi son detti apéritifs certi ec-
citanti spiritosi, abilmente combinati fra di
loro nelle liquorerie o mescite (hars, buvet-
tes) allo scopo di aprire le valvole dello sto-
maco per mangiare con più appetito. Avver-
ti che Tino stomaco sano non richiede né
tonici né cordiali : se è ingombro, acqua,
moto e dieta sono la ricetta migliore, a
cui aggiungi: lieto cuore. L'aperitivo (giac-
ché si traduce anche così ed é una brutta
voce) parigino più energico e per eccel-
lenza è r assenzio. E detto in gergo fran-
cese verte, dal color verde opale che as-
sume con r acqua.
A peu près : press' a poco. Eppure per
leziosaggine o per altra cagione, non di
rado si ode questa locuzione avverbiale
francese.
Apirètico : termine medico, dal greco a
=^ senza e pir =1: fuoco. Indica lo stato
del malato, afebbrile., cioè senza febbre.
Apis : per lapis (latino lapisAdis =r
lapide, pietra) matita, è aferesi scorretta.
À plates coutures : letteralmente a cu-
citure spianate., locuzione francese iper-
bolica che preceduta dal verbo bastonare
non è infrequente fra noi. Vi risponde il
modo italiano consimile : spianar le co-
stole. Nel Riminese v'è il motto dialettale
consimile al francese : spianar le cuciture,
spiane al cusiduri.
À poigne: ecco un'altra delle non poche
locuzioni, non- letterarie ma del gergo fran-
cese e che invano cercheremmo nei lessici
di quella lingua, trionfalmente entrata nel-
r italiano. À poigne vale energico., forte.,
duro, severo. Es. un governo à poigne;
un uomo à poigne. Il giornalismo ita-
liano e il linguaggio politico nostro si com-
piacciono di tali locuzioni straniere, non
necessarie. Vero è che questo scimmiot-
tare servile desta un senso di profonda
pietà.
À pois : detto di stoffe stampate a bol-
licine V. Pois.
A posteriori : termine filosofico latino
che vLiol dire da ciò che viene dopo., e
si intende una dimostrazione che si basa
sopra principi somministrati dalla espe-
rienza, oppure che é tratta da ciò che sus-
segue alla cosa che si vuol dimostrare.
Appannàggio : (fr. apanage) dal latino
barbaro apanagium., da ad e panis =
lett. per il pane. Reddito 0 assegno ai
principi del sangue, poi dote, prerogativa,
proprietà.
Appellare: V. Appello.
Appello : per chiama., rassegna rispon-
A])])
— 21 -
Ara
dora per 1' ajjpunto al francese appel (lat.
appellare z— chiamare) ma è così dell' uso,
vi si annette un tal senso di forza che al-
trimenti la frase perderebbe il suo valore.
\ai usa anche il Carducci nel (7a Ira:
ivi scendo de l'ultimo Templare
su l'ultimo Capeto oggi l'appello.
K allora le frasi : fare appello^ appellarsi
nel senso giudiziario di ricorrere ad un
tribunale superiore? Non saran belle, ma
pur conviene accettarle.
Appendicite : termine modico che signi-
fica la malattia del lungo e stretto fondo
chiuso appendicolare unito alla porzione
declivo dell' intestino tenue.
Appoggiare : nel senso di aiutare, fa-
%'orire^ proteggere è riprovato da alcuni
puristi perchè ricorda 1' uso francese di
appui/er fìg. -j: protéger. Il Rigutini lo
difende. Meno buone invece gli sembrano
le locuzioni appoggiare una proposta, un
ordine del giorno. Appoggiare una do-
manda ' è serio serio 1' appuyer une do-
mande de' francesi. Così il Eigutini di-
londe appoggio iìqv favore, protezione; ri-
j)rova la locuzione in appoggio per in
prova, a sostegno, in conferma. Certo
sono modi che hanno sapore burocratico
un miglio lontano.
Appoggio : nel senso figurato di favore,
protezione. Y. Appoggiare.
Apprentissage : voce francese usatissima
fra noi, specie per indicare F apprendere
un mestiere o un'arte tecnica o commer-
ciale: in italiano, tirocinio.
Appretto: (fr. apprét) la colla o appa-
recchio che si da ai tessuti perchè ab-
biano bellezza e consistenza. Voce usata
nel linguaggio dei tessitori.
Appropriazione indebita: così nel lin-
guaggio dei legali è chiamato l'atto di chi
approi)ria a sé indebitamente cosa altrui
<Ìie gli è stata affidata por determinato
uso. Forma eufemistica per dire furto., con
I attenuante dell'occasione la quale, come
si sa, fa l'uomo ladro.
Approssimativamente: avverbio di otto
sillab(\ di uso re<'(Mit(^ tratto da appros-
simativo. Lo registra la Crusca. Notevole
cosa è l'osservare come ■certe voci, aii-
<orchè buone ])vv la loro origim\ siano
})Oco usate dai nostri scrittori per non so
quale intuito del bollo. In circa., A un
bel circa. A un dipresso.
Après nous le déluge: dopo di noi il
diluvio. Famoso motto di Luigi XV di
Francia, che preludia e presente il ma-
rasma sociale e politico che originò la ri-
voluzione del 1789. Si usa anche da noi ri-
petere questo motto in francese. Da altri
il motto è riferito alla marchesa di Pom-
padour per conforto a quel re dopo la bat-
taglia di Rossbach.
A priori : termine filosofico latino che
vuol dire da> ciò che vien prima, e si
dice comunemente di verità, idee, giu-
dizi etc, i quali provengono da princi])i
generali, e sono attinti piii dalla ragione
pura od astratta o da un prestabilito idealo
che dalle verità, realtà, esperienza.
Apriorismo : chiaman così l' abitudine
filosofica di giudicare a priori.^ cioè senza
la conoscenza dei fatti, senza esperienza.
V. A priori.
Aprioristico: agg. da A priori. V. que-
sta parola.
Aprire : verbo usato nelle locuzioni come
aprire la campagna elettorale., bacolo-
gica etc. : aprire la seduta: è neologi-
smo.
À quelque chose maliieur est bon:
modo di dire tutt' altro che infrequente,
e ci fu una signora fornita di quella mon-
dana coltura che oggi è comune, la quale
mi domandò trionfante : « E in italiano
come direbbe? » Semplicemente «Non tutto
il male vien per nuocere » . E allora ella
pure ne convenne, come convenne nel
fatto che l'abbandono costituisce la rug^
gine e la morte per le parole anche piti
belle ed acconce.
A quei bon?: detto talora invece di molt(>
locuzioni italiane: a che vale '^ e poi Y da
farne'^ come dicono i bolognesi. In latino
cui bonum?
Arale 0 arrak: liquore forte, fatto col
riso o])pur(» col succo di cocco o di dat-
tei'o.
À ramage: a fogliami^ detto fra ncese-
nient(> dclh» stoffe, dipinte a rame e a fiori,
come oggi è gran moda.
Arare: term. mar., lo strisciare delTan-
cora sul fondo (lt>I iiìare (piando non vi
Arb
Arg
incoia buona prosn. o iioii regga allo sforzo
della catena.
Arbitraggio: (Ir. arbitragc) operazione
di borsa ])er cui il giudizio pende in fa-
vore di un titolo più tosto che di un altro:
operazione di banca per cui si lucra ac-
(juistando valori ove sono deprezzati per
venderli ove hanno piìi pregio, etc. In fine
Tzi giudizio di arbitrii cioè arbitrato^
come dice la nostra buona, ma poco usata
parola. Arbitraggio nel primo senso è voce
accolta dalla Crusca e non disapprovata
dal Kigutini. V. Lodo.
Arbor's day: «coir avanzarsi della pri-
mavera, si è ripresa, per parte della sco-
laresca la piantagione degli alberi, cele-
brandosi V arbor's day. » (Così un giornale
del 18 Ap. '900). Io direi la festa degli
alberi, e si dice, di fatto, ma dal citato
esempio si capisce che questo, inglese, è
modo più elegante. S. E. il Ministro della
P. I. ha nell'anno 1900 messo in onore
quest'uso, porgendo sfogo al rinnovarsi
della materia retorica che si riproduce,
nelle nostre scuole: onde discorsi, allo-
cuzioni, passeggiate, riviste e simili. L'in-
tento di S. E. non fu, a vero dire, co-
testo, bensì di ricondurre al senso della terra
i nostri connazionali e ripopolare i monti
di piante nuove dopo che furiosamente
furono diboscati in questi ultimi qua-
j-ant' anni. Già fare e disfare è tutto un
lavorare! Quest'estate nel selvaggio Ap-
pennino un montanaro dava colpi di bi-
penne su di una meravigliosa quercia
che pareva ombrare tutta una china. Gli
chiesi se conosceva gli intendimenti bo-
schivi di S. E. il Ministro. Mi rispose che
conosceva solo l'agente delle imposte. 0
Giovan Maria Crescimbeni, tu sei ben ven-
dicato! Eitornando hWArbor' s day e fuor
di scherzo, notiamo che questa locuzione
ha durato poco e come qualche altra stra-
niera tende a sparire : non è però senza
significatola facilità con cui queste voci, se
appena possono, mettono radice nel bel paese
che Appennin parte con quel che segue.
Arcades ambo : (Arcadi avibedue) così
A'ergilio (Egloga VII^ 4) chiama Tirsi e
Coridon, pastori. Il motto è usato tuttora,
specie con intenzione malevola, come a
dire: intinti entrambi della pece istessa.
Arce: (lat. arx., areis) latinismo in-
vece di rocca, spesso aggiunto di Capito-
lina. Ai ricercatori di finezze ròcca deve
sapere di tempi di mezzo, arce invece ò
puro stilo romano.
Ardesia: pietra lamellata, tenera, di
color grigio-turchino che serve a coprire
i tetti delle case nelle regioni alpine,
(fr. ardoise). Y. Lavagna.
Areca : genere di palme che crescono
nei paesi caldi (Indie orientali e isole della
Sonda) dell'antico continente. È molto
nota V Areca Catechu, detta palma di
Betel, i cui frutti (le così dette noci di
areca o di Pinang) ravvolti in una foglia
di pepe di Betel, vengono masticati nel-
l'India orientale por rinforzare i denti e
correggere l'alito cattivo.
Areonautica : in vece di aereonantica :
così è chiamata la scienza antica del tempo
di Icaro, ma — per impulso di energia,
audacia di prove, novità di studi — pur
modernissima che studia la navigazione
nel mare atmosferico.
Argent: è la parola magica, la leva più
solida delle umane azioni, l'immutabile
nel mutabile storico, lo stabile nel dive-
nire dei fatti. La parola francese talora
è usata o per enfasi o per dar più effi-
cacia alla frase. I milanesi usano nello
stesso senso la voce dialettale danée (de-
nari), nervus rerum gerendarum !
Argentana o Argentano : V. Ghristofle.
Argent de poche: non infrequente è
l'uso di questa frase, cui risponde più bre-
vemente la voce nostra spiccioli.
Argonio o Argon: uno dei corpi sem-
plici, 0, meglio, indecomposti che sono
in natura. Entra nella composizione del-
l'atmosfera.
Argot: indica il linguaggio convenzio-
nale usato in ispecie fra certe classi so-
ciali come borsaiuoli, ladri, vagabondi,
contrabbandieri, cavalieri d'industria, me-
retrici etc. Vi risponde la voce nostra
gergo, o parlar furbesco o furfantesco.
(Viva il gergo d' allora e chi V intese.
Giusti, Brindisi di Girella). Ogni paese ha
il suo gergo, appunto come ogni paese
ha i suoi furfanti, ma fra i più ricchi,
vivaci, mutabili e fecondi è il gergo pa-
rigino, noto anche por c-^scmo. por ragioni
Ari
— 28
Ann
di ovidoiiza realistica, ponotrato anche
nello opero letterario (V. Y. Hugo, E. Zola)
e nell'uso. Esistono dizionari e studi molto
accurati sul gorgo parigino (Argot) che
(lui è superfluo citare. La struttura del
gergo consiste nel dar senso speciale a
jjarolo comuni, nel cogliere analogie, spesso
acuto, tra nomi e cose, nello storpiare vo-
caboli, etc. Oltre che argot, i francesi
dicono langue verte, ma questa seconda
locuzione non è passata a noi. In senso
più esteso intendesi per argot il linguaggio
speciale dello persone che esercitano una
stessa professione, arto etc, e in questo
(;aso, meglio che gergo ohe ha senso fur-
besco, noi diremmo linguaggio.
Aria: noi linguaggio musicale indica un
pezzo comunemente vocale accompagnato
da uno o più strumenti. Essa vuole un
certo numero di frasi legato regolarmente
0 simmetricamente, unità di concetto e di
tonalità. L' aria cominciò a mostrarsi ti-
midamente nella Etiridice del Peri (1600),
prese sviluppo con Cavalli e forma clas-
sica con Alessandro Scarlatti, cui devesi
l'aria col da capo, e nella quale, esposto
il pensiero principale, questo è ripreso dopo
un periodo episodico, (A. Galli, op. cit.).
Arioso: una sorta di recitativo che di
mano in mano va prendendo struttura me-
irica e si trasforma in ai'ia.
Ariostesco: da L. Ariosto, creatore di
meraviglioso fantasie nel suo Orlando, si
è foggiato questo aggettivo che suona
secondo i casi inverosimile,, fantastico,
mirabile.
Arista: voce fiorentina, registrata dal
Petrocchi fra le voci italiano: indica la
schiena, il lombo del maialo (lat. arista
: - resta).
Aristo: voce del gorgo francese per ari-
stoerate.
Àriston : ])iccolo isti-umento musicalo
il manovella di nuova invenzione : specie
di organetto. La parola ò dal greco ariston
che significa cosa ottima.
Arlia: voce dialettale dell' Alta Italia
che signifi(5a ubbia, supersti%ione o an-
(jho disdetta, jettatura. Ingegnosa è la
(•timologia che m\ dà il Cherubini, cioè
da ariolo lat. Iiariolus . indovino.
Arm : n(M (ioiìipostl spali' arm, pied'arni!
La ragione della brevità del comando mi-
litare spiega e giustifica il troncamento
della parola.
Armare: ter. mar. che vuol diro for-
nire lo scafo della nave, dell' alberatura,
attrezzi, sartie, vele, macchine etc. ; e,
se trattasi di nave da guerra, artiglierie
e ogni altra specie di macchine belliche.
Il contrai'io è disarmare, e ciò avviene
0 per grandi lavori di raddobbo o perchè
il bastimento cessa dal navigare.
Armata: tutte le forzo militari di un
paese; così il Petrocchi, così l'uso. Certo,
senza voler esser pedanti, tale parola ri-
corda da vicino l'uso del fr. armée,^ come
è certo che nella buona lingua, armata
indica più specialmente il naviglio da
guerra. Ma chi ad es. traducesse la grande
armée di Napoleone per il grande esercito
non perderebbe forse di efficacia V A certi
suoni si accompagnano corto idee. A ciò
aggiungo che nel senso di esercito ha
esempi antichi, dell'Ariosto, del Pulci,
del Magalotti, del Forteguerri, ed uno —
ancorché dubbio — di Dino Compagni.
Lo registra perciò la Crusca.
Armoire: parola scritta anche secondo
la pronuncia armoar: è frequento sì a
Milano che altrove, specie se si vuole in-
dicare l'armadio a luce: dal latino ar-
marium = ripostiglio, in origine, dello
armi.
Armonia: (gr. armonia — commettitura,
concordia, proporziono, indi in senso mu-
sicale anche in greco) così è spiegata nel
citato Lessico del Galli : « associazione di
accordi governata da speciali leggi tecni-
che in ordino ad un fino estetico. E il ri-
sultato di ogni buona aggregazione simul-
tanea di suoni, così nei componimenti vocali
come in quelli strumentali. L'armonia è
studio teoretico, oruditivo, mentre il con-
trappunto è un esercizio inventivo: la
prima studia la formazione o concatena-
zione degli accordi, il secondo la sovraj)-
posizione di cantileno diverse : ma lo sin-
gol(5 parti della contestura dell' armonia
possono produrre altrettante cantilene, t>
le sovrapposizioni disilo cantileno produco
necessariamento gli accordi, e cioè, l'ar-
monia. — « È mercè lo studio dell' ai-
« nionia elio 1' allievo devo pervenire a
Ann
24 -
Ars
« m.inoggiare istintivamente il contrap-
<; punto. » — Così il Eiemann.
Armonium o Harmonium alla fr. o
Armonio', strumento musicale a tasti
o a pedali ohe ha voce simile a quella
dell'organo. Questo melodioso istrumento
che, come pare, è di origine chinese, giunse
per varie fasi all'attuale perfezione, le quali
tolgo descrivendo dal citato Lessico di A.
Galli : Kratzenstein impiegò pel primo l'an-
cia vibrante nei tubi d' organo nel 1770
circa. Poi l'abate Vogler fece fabbricare
dal Eackwitz l' Orchestrion, organo por-
tatile, nel quale seguì lo stesso sistema
( 1789). Perfezionato questo strumento dal-
l'Eschenbach, prese il nome dì colo dicon.
Primo a fabbricare un organo congenere,
e atto a produrre il crescendo e il decre-
scendo del suono, fu il Grenié nel 1810.
Hoekel di Vienna inventò poscia la Fi-
sarmonica, perfezionata da Dietz col suo
aerofono. Sebastiano Erard perfezionò l'or-
gano espressivo od armonium ( 1827 ).
Finalmente Debain dotò l' armonium dei
vari registri imitanti i diversi istrumenti
(1842).
Armstrong : nota specie di cannone ri-
gato a retrocarica adottato da prima dal-
l'Inghilterra, intorno al 1858, poi da tutte
le artiglierie del mondo. Il nome proviene
dall'inventore ingegnere e meccanico in-
glese celeberrimo, Guglielmo A., nato a
Newcastle sul Tyne, 1810, morto a Londra
nel dicembre del 1900.
Arpeggio: consiste noli' eseguire succes-
sivamente le note di un accordo anziché
simultaneamente, e. di solito, dal grave
all'acuto.
Arpicordo : così denominavasi il clavi-
cembalo sulla fine del secolo XY. Più tardi
l'arpicordo venne chiamato spinetta.
Arrangiare e Arrangiarsi e anche Ran-
giarsi : termino volgare nel senso di ac-
comodare^ acconciare., con varie e note sfu-
mature di significato ; è registrato dal Pe-
trocchi. Voce non bella, proveniente dal
francese se ranger o s'arranger. Verbo
speciale del gergo di caserma.
Arrembaggio: V. Abbordaggio
Arresto: por fermata., ristagno., sosta:
Es. l'arresto dei lavori, ricorda la parola
francese arrèt.
Arrière-pensée : (pensiero occulto men-
tre so ne manifesta un altro) questa voce
francese che sovente lessi ed udii pronun-
ciare con squisita compiacenza come se
essa avesse un recondito e intraducibile
significato, a me pare rispondere al nostro
vocabolo sottinteso o anche secondo fine.
Che la lingua francese abbia felicissime
espressioni di cose precise, è vero: ma
esagerarne la intraducibilità nella nostra
favella è un ben curioso fenomeno di de-
bolezza, per usare una parola garbata.
Arriva: term. mar. significa in alto,
suW alberatura ; onde montare o andare
arriva., scendere d'arriva r= salire o scen-
dere da una parte qualsiasi dell' albera-
tura della nave.
Arrivismo: neoL non infrequente : indica
la malattia morale della agitata età in cui
viviamo, cioè il bisogno di far presto, ar-
rivare ad ogni costo alla meta prefissa :
però che alla vita breve l'arte lunga mal
si conviene. È una, cioè, di quelle parole
che rispecchiano il nuovo abito morali^
della società.
Arsella: i diz. comuni spiegano così
press' a poco «mollusco di mare di gra-
dito sapore » . Nei varii dialetti d' Italia
specialmente non adriatici, il nome di
arsella serve ad indicare uno tra i mi-
gliori molluschi bivalvi mangerecci, ma
spesso differente a seconda dei luoghi.
Più frequentemente è chiamato arsella il
mìtilo (Mytilus edulis), talora la fòlade
{Pholas dactylus)^ in qualche luogo la
tellina^ detti rispettivamente dagli adriaci :
peòcio, datolo de mar., capa., calcinello.
Arsi : (gr. dQOis) nella metrica greca o
latina significò la posa forte del piede rit-
mico nei versi: l'opposto di tesi = abbas-
samento. In senso più largo tesi ed arsi
usansi talora per indicare l'onda del discor-
so, il passaggio armonico della voce che si
inflette alta e vibrante o si abbassa nel-
l'orbita del periodare grande, come bene
appare da questo passo ove il Carducci
ragiona del Boccaccio : « che gioia quando
(il Boccaccio) senti il volgar fiorentino dei
Lapi e dei Bindi sollevarsi così magnifico
nelle arsi, cosi pieno e sonante discenderò
nelle tesi!'» Discorso sui parentali del
Boccaccio. Nel linguaggio musicale oggi
\!-
Alt
IHT thesis sentendo il battere e \ìei' arsis
il levare della battuta.
Arsenalotto: operaio dell' arsenale.
Articolista: «^ accettata la parola J.r^?co/o
nel senso di breve trattato o scritto inse-
rito nel giornale, non si vede perchè de-
vasi rifiutare la voce Articolista, » così il
Ixigutini. e non ha torto. Corto è voce che
suona non bella.
Articolo : non é qui il caso di esporre
Io spiegazioni che su l'uso dell'articolo dà
ogni grammatica. Noterò soltanto che l'uso
dell' articolo, già di per sé difficile è in
< questi tempi reso anche più. difficile per
l'anarchia che regna nel parlare e nello
scrivere comune. L'anarchia in fatto di
lingua, cioè poter dire e scrivere come si
vuole, è segno indubbiamente grave. Parti
importantissime del discorso, come arti-
coli e preposizioni, le quali sono, per così
dire, i perni su cui girano le parole, de-
vono, quanto più si può, essere fìsse da
logole determinate e costanti. Detto ciò,
accenniamo ad alcuni errori od incertezze
comuni. Regola generale : Y articolo ha
valore determinante : ecco perchè il co-
gnome che esprime la gente, dovendo si-
gnificare un individuo di essa gente, ri-
ceve l'articolo: il Petrarea^ il Tasso etc.
Tale norma oggi è osservata a casaccio,
e, se non erro, l'articolo tonde a scom-
parire.. Così lessi nei giornali : il No-
velli inaugurò a Roma la casa di Gol-
cloni e non del Goldoni, e l'errore — se
errore — passò inavvertito. Taluno ha
osservato : noi mettiamo l'articolo davanti
ai nomi illustri e ommettiamo davanti ai
nomi comuni. Ma anche cotale regola,
che sarebbe del resto assai arbitraria e
bizzarra, non è mantenuta. Si intende però
*he « ci sono eccezioni, pe' cognomi di-
venuti per una specie di antonomasia po-
polari quasi nomi propri di persona, come
(Garibaldi, Giusti, Leopardi, Cavour, Maz-
zini; e così a volte per ragioni di stile,
come quando nel capitolo XXX dei Pro-
inessi sposi sono indicati con una meto-
nimia i r(\ggimonti che passano di mano
in mano il ponte? di Lecco; ovvero infine
jitM- segno di amicizia e familiarità. Ma in
tutto il romanzo, e i!|)(ìCÌalmonte ne' ca-
pitoli XXVII o XXXll, dove s(.n noverati
tanti dotti, il Manzoni a' casati premette
sempre 1' articolo. Sia come si sia, que-
st'errore s' incomincia a sentire soltanto
lungi dal Tevere e dall' Arno: e mento-
vare illustri viventi e persone di conto e
d'autoi'ità senz' articolo, come si farebbe
per indicare un compagno di scuola, pai-e
a me un metterci tutti in un mazzo, a tu
a tu, non bella creanza, anzi talora una
sgarbatezza. » Romanelli, op. cit. \ I nomi
propri d'uomo non ricevono articolo. Il Car-
lo^ il Luigi etc, sono locuzioni lombarde
non però con tutti i nomi. | Co' nonii di
donna si può premettere e tralasciare l'ar-
ticolo. Certo è che nella nobile prosa e
trattando di donne di gran rinomanza e
rispetto i buoni scrittori non ponevano
articolo. 1 A proposito di nomi propri e di
anarchia di linguaggio notiamo che oggi
non solo negli uffici ma anche nelle scuole,
prevale l'uso brutto di mettere prima il
cognome e poi il nome. Così dicesi e scri-
YGiiì Brambilla Cesare e non Cesare Bram-
billa. Ma se si tratta di persone note e
di qualche levatura allora compare prima
il nome e poi il cognome : Silvio Pellico
e non Pellico Silvio, Gabriele d' Annunzio
e non d'Annunzio Gabriele; o che in tempi
di gloriosa e fiera democrazia è lecito tale
dispari trattamento? I nomi registrati nel
libi'O d'oro della gloria hanno prima il
nome e poi il cognome : Giuseppe Max-
%ini., Camillo Cavour e non il contrario.
La ragione degli elenchi non giustifica
a pieno tale deplorevole incertezza, nò
l'uso di altre lingue viene in sussidio a
spiegar la cosa come una imitazione. Se
poi uno ha titoli gentilizi, accademici,
cavallereschi, li distribuisce a spizzico un
po' prima, un po' in mezzo, un po' in
fine, dove capita o pare. Tanto per raffor-
zare le nostre ragioni, non già nella spe-
ranza di limodiare al mal uso, riporto qu(>-
sto assennate osservazioni del Petrocchi:
« Inconvenienti dello scrivere il casato do])o
il nome. 1.^' Come s'è visto, si va contro
alla storia e all'uso del mondo civile del
nostro e degli altri paesi. E <|uesto è il
meno peggio. 2.*^ Si ])orta un monte di
(M)nfusioni, ])erchè son troppi 1 nomi di
Itersona uguali ai casati. Marcello, Kntt'sto ,
(riovanni, Ercole^ Nino, Onofrio, (>cc..
Art
Ask
o(!C. sono tanto casati elio nomi. Sti tu
ricovi una lettera lìraiata Oto-vanni Ercole^
come farai a sapere qiial è il casato e quale
il nomo? E posporre indebitamente il nome,
non è in quel caso e confusione e falsifi-
cazione? Se io mi chiamo Oiovanni Ono-
frio e un altro si chiama Onofrio Gio-
vanni è permesso a me farmi passare per
uno della famiglia Onofrio, e a lui per
uno della famiglia Giovanili? Si riflettano
queste cose, perchè i danni son molti, e
la leggerezza con la quale noi li trascu-
riamo è troppa. Confina con qualche cosa
che non vogliamo dire » {Pie. di%. en-
eiclopedico). 1 Ritienesi per gallicismo
brutto il ripetere V articolo davanti il
superlativo relativo. Es. /' uomo il 'piil
forte. I Notiamo ancora che oggi è ma-
niera comunemente invalsa, specie in
commercio, di togliere il segnacaso del
genitivo, così leggerai : Esposizione gara
(li Lavoro, Baule con righe legno, ma-
niglie cuoio, Portacampioni in tela vela
caffè. I Infine articolo in senso di capo, og-
getto, è da ritenersi per gallicismo. Nel-
l'uso però trionfa la parola articolo. Es.
Articoli di novità, Articoli di vestiario etc.
Articolo per breve scritto di giornale è
cosi penetrato nell'uso che, se anche è
di provenienza straniera, parmi superfluo
])arlarne come fa il Fanfani.
Articolo : nel senso di oggetto, di scritto
giornale, V. in fine del precedente pa-
i-agrafo.
Articolo: ommesso ne' genitivi quando
il nome reggente ha l'articolo, è caso fre-
quentissimo. Ad es. le speranze di gio-
vinezza. Si osserva che per un senso di
armonia e di euritmia nello scrivere quando
si pone l'articolo che determina davanti
al nome, anche la preposizione o segna-
caso che regge il nome dipendente, accoglie
bene l'articolo. Onde dicasi: speranze di
giovanezza ovvero: le sperarne della gio-
vanex,za.
Arti grafiche : con questa locuzione sono
oggi chiamati i bozzetti, le stampe de'
<;artelli, i cartelloni, gli ex libris, le tes-
sere, i fregi, le iniziali, le testate, i fran-
cobolli, le cartoline, le carte da giuoco, i
biglietti di banca, etc.
Artropodi o Articolati : tipo di animali
col corpo diviso in segmenti e le zampe
articolate, comprendente varie classi, fra
cui le più importanti sono quelle degli
insetti, miriapodi, (millepiedi) dogli arac-
nidi (ragni) e dei crostacei.
Asbestos ghelos: gr. riso interminato,
inestinguibile, leggesi in Omero. È il gran
riso degli Eroi, lieti di vita e di sensi
onde, vei'osimilmente, la locuzione riso o
risata omerica.
Ascendente: part. del verbo ascendere,
mutato in sostantivo ed usato in senso
di autorità morale, influsso, potere, è
voce frequentissima, radicata nell' uso.
Come origine è voce pura : ma certo non
è creata da noi tanto è vero che i dizio-
nari non la notano in tale senso e il Fan-
fani la condanna. Noi la subimmo dal
francese: ascendant zrz salita degli astri
stili' orizzonte, e nel senso figurato, au-
torità, influsso etc.
Ascenseur: piccola ed elegante cabina
che sale o scendo lungo regoli nel vano
delle scale de' grandi edifici moderni, per
innalzare facilmente pesi o persone. Questa
parola nei dizionari recenti è fatta italiana
in ascensore ; ma nell'uso prevale la ])a-
rola francese.
Ascidia: animale marino per lo piii fisso,
solitario o aggregato, ravvolto in un in-
volucro, detto tunica, avente un'apertura
anteriore boccale e una laterale anale.
Alcune specie di ascidie (i piròsomi) sono
fosforescenti. Appartengono al tipo dei
Tunicati.
À sensation : modo oggi più che comune,
tanto nella sua forma francese come tra-
dotto in a sensazione. Es. : dramma a
setisazione; dove noi diremo d'effetto^ che
impressiona, etc.
Asepsi : dal greco a e sepo = non pu-
trefaccio. Indica un recente processo medico
per cui si impedisce mediante ogni cautela,
con r uso di materiale sterilizzato, etc,
l'ingresso nell'organismo dei germi pato-
geni. "V asepsi è specialmente usata, anzi
è imposta negli atti operativi, ad evitare
complicanze, a impedire infezioni secon-
darie.
Asino di Buridano: V. Buridano.
Aslcaro: nome dato alle milizie indi-
gene mercenarie della colonia Eritrea. Al
A^o
— 27 —
Ass
Teuipu di tiuello avventure e di quello
"guerre che ebbero triste e tragico epilogo
con la giornata di Adua (1*^ marzo 1896)
il nomo era (comune tra noi.
A solo: voce musicalo che indica un
motivo scoperto di qualunque stromento.
Scrivosi anche assòlo.
Aspic : è così dotto un pasticcotto di carne
() di pesco in gelatina. Iaì voce è francese,
ma incerta la etimologia. Il Littro rac-
corda questa voce ad aspic, serpente, la-
tino aspis-idis, quasi « freddo come un
aspid<' :> (t)
Asprinio: nomo di vino bianco speciale.
l)rodotto con viti inalberate nel circon-
dario di Caserta (Avorsa). Ha color pa-
glierino, tendente al verdognolo, ricco di
acidi liberi e di anidride carbonica, po-
verissimo di àlcole : diuretico, piacevole,
frigido, eccellente l'estate, ma di consumo
locale non essendo atto all'esportazione.
Assassina: (fr. assassine) nomo dato al
più colobi'o fra i nei artificiali del secolo
XVIll. Petite mouche noire que les feni-
mes se mettaient autrefois au-dessous de
i'oeil, pour dotiner du piquant à laphy-
sìonomie. Ma oltre a questa mosca as-
sassina all' angolo dell' occhio, v' era la
galante su la guancia, la sfrontata sul naso,
la civetta vicino alle labbra, la complice
per nascondere un taglio o un graffio, e
via via, perchè se ne disposero fin sul seno
o su lo spallo.
Assegnato : tv. assignat, lat. assignatus:
nome storico di biglietti di banca che l'As-
semblea nazionale francese omise dal 1'-"
aprile 1790 al 1796 a vario riprese e per
la somma di circa 45 miliardi. Gli asse-
gnati rappresentavano il valore dei beni
immensi che la Rivoluziono confiscò. Im-
])osti a corso forzoso per quelle fortunoso
guerre e vicende e non rappresentando
più che una pai'to dot valore reale, ven-
nero deprezzati con gravi danni.
Assegno: specie di vaglia bancario. V.
Cheque.
Assenteismo: vocabolo non rc^gistrato o
jmro oggi (!omunissimo ])er indicare fatto
costante doli 'ossero assento, specie con si-
gnificato i)olitico. Es. l'assenteismo dei
proprietari di terre.
Assenza: tigurataiiuMito \)Cii' mancanza.
come assenza di coraggio, assenza di
lealtà, invece di mancanza è reputato gal-
licismo. In fr. absence fig. zzz manque.
Es. absence de goùt.
Assieme: per insieme (dal lat. ad o
simul) è riprovato a torto da taluni. Solo
difetto ò. forse, di costituire un doppione.
Assimilare : indica nel linguaggio do'
naturalisti e de' fisiologi il processo chi-
mico per cui gli alimenti diventano si-
mili e si incorporano all'organismo. Usasi
fìguratamento degli alimenti morali, come
cognizioni, discipline, idee, opinioni, etc.
I puristi riprovano tale uso come tolto
da' francesi in cambio dell' italiano far
suo. Tengasi conto della tendenza odierna
ad usare figuratamente vocaboli propri del
linguaggio scientifico. V. quello che è
dotto a proposito del verbo elettrizzare.
Assòlo: termine musicale. V. A solo.
Assommoir: nel senso classico istrumen-
to, bastone piombato che uccide, da assom-
mer. (Cfr. la voce nostra, morta, assom-
mare). Come neologismo, fu già voce del
gergo per indicare una bettola d' infima
specie in Belleville^ estesa poi a tutti i
luoghi consimili ove si bevono liquori che
uccidono. E. Zola ne fece il titolo d'uno
de' suoi più noti romanzi veristi, tradotto
in Scannatoio (?).
Assorbire, assorbirsi: in senso figu-
rato di essere intento, immerso, sprofon-
dato, occupato, ricorda ai puristi 1' uso
del verbo francese absorber., s' absorber
(lat. ab-sòrbere) =^ se plonger, s'abìmer.
Es. s' absorber dans la meditation. Così
pure assorbire è usato nel senso di con-
sumare interam^ente. Es. l'uscita assorbe
l'entrata. Il Rigutini chiama sconcio tale
modo. Infatti il fr. dico lo stesso. Es. le
luxe absorbe les richesses. Certo che il
popolo dice: «il guadagno va tutto nelle
speso..,. 0 le spese gli mangiano lo en-
trato...» 0 altri modi consimili.
Assunzionisti : nome di un recente or-
dine religioso cattolico, diffusosi in questi
ultimi tempi, con larga e assidua propa-
ganda politico-religiosa, specialmente in
Francia. Suo organo il giornale La Croix.
II nom(^ d(U'iva da Assunzione, festa di
M. V. assunta in cielo, che ricorre a mezzo
agosto.
As;t
Att
Astensionismo: ncol. derivato da asten-
sione: l'atto doli' astenersi, specialmente
dal partecipare per deliberato proposito
alle manifestazioni della vita politica.
Astraican : e meno comunemente astra-
can, ò la pelliccia ricciuta e nera fornita
dagli agnelli di una varietà nera della
pecora a coda adiposa^ allevata tanto
nella Eussia meridionale quanto nelle
steppe de' Turcomanni. I berrettoni dei
Tartari sono pure fatti colla pelliccia di
astracan nero. Facile e comune la imi-
tazione. Il nome deve provenire dalla città
russa omonima ove detta pelliccia si pre-
para.
Atassìa: termine medico, derivato dal
greco e significa letteralmente sconcerto^
discordanti a : indica quel disordine e quella
irregolarità nel camminare che proviene
da un' affezione del sistema cerebro spi-
nale, di solito grave. Dicesi anche atassia
locoìnotrice. Atòssico chi è affetto da
atassia.
Atàssioo : V. Atassia.
Atavismo: lat. àtavus = avo: il com-
plesso delle forze ereditarie della razza.
Jj atavismo conserva i caratteri fonda-
mentali d' una razza attraverso le gene-
razioni e a dispetto degli incroci. Indica
altresì il comparire in un discendente di
qualcuno dei caratteri degli ascendenti,
rimasto per una o più generazioni latente.
Atelier: voce francese, spesso usata in-
vece delle nostrane studio o laboratorio.
Es. la tal sarta ha uno splendido atelier.
Atellane (favole): commedie satiricbe e
popolari antichissime, così denominate da
Atella, città della Campania. Si crede des-
sero origine alle maschere della commedia
italiana (Atellanae fabulae, ludi Atellani,
ludi Osci).
Ateròma arterioso: terni, med., altera-
zione, spesso generale, del sistema arte-
rioso caratterizzata da un indurimento
della parete dei vasi e spesso da una tra-
sformazione calcarea.
Atonìa : gr. a -~ senza e tonos zn tuono.
>[el linguaggio medico indica il rilassa-
mento di un organo contrattile.
Atoll: voce di oi-igine maldiva, data alle
isolo coralline dell'Oceano indiano e Pa-
cifico, di forma anulare.
Atout: cioè à tout^ bon à tout, bon contre
tout . Questo nome si dà nel giuoco
delle carte ad un convenzionale seme, o
assi, 0 bastoni etc. che batte le altre
carte come noi facciamo e diciamo della
briscola. E a quel modo che V atout è una
buona carta, così dicesi per colpo di for-
tuna. Talvolta, però, la voce atout ha il
significato sgradevole di rimprovero, stra-
pazzata.^ mortiflcaxione. hj locuzione del
gergo francese : avoir de l'atout zn avoir
du courage. e così pure nel senso di ca-
pacités, talents. chancìies de réiissite.
A tout prix: ad ogni costo^ locuzione
francese non infrequente.
Atriense : latinismo che si legge nei
libri che trattano argomenti di storia ro-
mana: atriensis è il guardiano dell'atrio,
il mastro di casa.
Atrofìa: gr. a =z senza e ifro/e =: nu-
trimento. Nel linguaggio medico indica
la mancanza di nutrizione degli organi o
dei tessuti, caratterizzata da una notevole
diminuzione del loro volume e peso.
Attaccamento: fr. attachement ; altra
parola non registrata dai nostri lessici né
meno nel senso materiale, che dicesi at-
taccatura. Solo il Tramater reca tre es.
di attaccamento nel senso francese, oggi
comune di affezione., affetto : l'uno di Za-
nobi da Sfrata, volgarizzatore della Morale
di S. Gregorio Magno, contemporaneo del
Petrarca, l'altro del Magalotti, il terzo
del Salvini : questo ultimo a me pare as-
sai dubbio. Non appare la necessità di
questa parola e perciò è difettosa. Invece
al Eigutini questa volta la voce pan)
buona « quando si voglia esprimere non
il semplice affetto, ma veramente lo stare
appiccicato con l'animo a checchessia» . Oh,
va un po' a indovinare! Senza oppormi
al ragionamento dell' illustre filologo, bi-
sogna convenire che il popolo non usa
tale vocabolo.
Attaccar la voglia al cliiodo: locuzione
nostra e scherzosa, di schietta formazione
popolare, per dire rinunciare per forza a
qualche diletto, soddisfazione, onore.
Attaché : part. pass, del verbo attacher,
attaccare : usato quasi esclusivamente per
indicare quell'ufficiale che fa parte stabile
di qualche amministrazione politica o di-
An
Art
ploinaticM ; cho sog-uc (|UJilcho alto per-
sonaggio con più 0 mono apparenza di
dignità. Vi risponde pienamente la parola
addetto, ma Taso quasi costante del iran-
<;ese finirà col render inusitata la voce
italiana.
Attaches: la nuova moda di Francia
alla elegante giarettiera ha sostituito prov-
visoriamente due legacci che dal busto
])artendosi, fermano le calze dello donne,
o così francesemente sono denominati.
Atte lag e : è quello che noi diciamo at-
facco 0 tiro e deriva dal verbo atteler.
Anche nell'italiano classico v'è il verbo
attelare e il part. attelati, ma solo nel
senso di stendere in ordinanza militare
l'esercito. Dev'essere voce di origine cel-
tica, ma notevole è come i maggiori lessi-
cografi (Tommaseo. Tramater, etc.) la fac-
ciano derivare e panni erroneamente da
tela^ quasi stendere a mo' di tela.
Attendente : il soldato che fa i servigi
j)ersonali all'uffiziale: termine alquanto più
eufemistico d' ordinanza.
Attinia: o anemone di mare. Animale
marino sedentario o a lenta locomozione,
appartenente al tipo dei celenterati. È
molle, cilindrico, cavo, aderente al sub-
strato per la parte inferiore e avente
nella superiore la bocca, circondata da
tentacoli retrattili. Alcune specie posseg-
gono organi urti canti.
Attinìco : termine fisico, detto dei raggi
dello spettro solare, ultravioletti , con
azione chimica (su le lastre fotografiche).
Attivare ])'m- attuare: Y. Attivazione.
Attivazione: questa parola molto usata
e che pochi dizionari registrano, è un
neologismo cho ricorda F activation dei
francesi. Attivazione differirebbe da at-
tuazione in ciò che questa parola indi-
cherebbe il ridurre in atto, quella il 'prin-
cipio e la sollecitudine di un dato lavoro.
Ma sono sottigliezze cho non giustificano
l'abbandono della buona parola. Ciò vale
anche pel verbo attivare (fr. activer).
Attività: nelle locuzioni essere, mettere
in attività ricoj'da, il francese e7i activité.
Certo noi possiamo dire })iù brevemente
impiegato (V) in servizio e fuori servizio,
legge in vigore etc. o si dico, non però
tanto che il modo francoso non provalga
specie nel linguaggio degli uffici. (Giusta-
mente il Rigutini ripudia tale locuzione.
Attivo : nella tecnologia e contabilità
commerciale è 1' opposto di passivo e si-
gnifica r ammontare dei valori posseduti
0 di cui si è creditori. E siccome ogni
operazione commerciale si risolve in un
bilancio di dare ed avere, così la conta-
bilità rijiosa tutta sopra un continuo rap-
porto tra r attivo e il passivo. Commer-
cialmente un'impresa, un'azienda, si di-
cono attive quando i redditi, i proventi,
i profitti sono tali da soddisfare alle spese
e rimunerare il capitale e l'opera dell'im-
prenditore. Un bilancio attivo, un patri-
monio attivo, una situazione attiva sono
tutte espressioni indicanti l'eccedenza à.Q\-
V attività su la passzVitò. Da questo senso
derivano alcune locuzioni e significati
estesi a senso morale come ynettere al-
l'attivo per dire notare fra le qualità
buone, positive, utili, etc.
Attorney : parola inglese che significa
press' a poco come procuratore presso di noi.
L' attorney general è un ufficiale publico
di nomina sovrana rispondente al nostro
procuratore del Re.
Attore : in termine giudiziario significa
colui che esercita un' azione in giudizio,
notificando una citazione.
Attrito : (dal lat. ad e tero — consumo)
voce del linguaggio fisico passata nel sen-
so morale per indicare non tanto la di-
scordia quanto F incontrarsi urtando ed
offendendosi di volontà, di forzo,' di sen-
timenti etc.
Attualità: non nel senso filosofico di
virtù attiva^ ma di cosa del motnento è
versione del francese actualitè. Tuttavia
questa voce è cosi entrata nell'uso che si
può condannarla sin che si vuole ma non
si potrà impedire cho tutti F usino : una
questione di attualità, un libro di attua-
lità etc. Il valore vero delle parole in ge-
nere sta nella loro immediatezza e com-
prensibilità. Logica vuole adunque che si
faccia posto anche all' iperbole* francese
palpitante di attuaiiià. La (|ual(» è ditt'ormo
però al carattere della lingua italiana. Di
simili fenomeni ve no ha a iosa. Rispon-
dono i più: «ma le lingue si evolvono!»
«Certamente, ma evolversi secondo Fin-
Ani)
— HO
A ut
dole propria vuol dire vivere, evolversi
seguendo tutte le impronte e gli impulsi
esterni, significa corrompersi, che è pre-
parazione al Unire. »
Au bout des ressources: ir. a corto
di spedienti. In ìnancanza di meglio.
Audiatur et altera pars : si oda anche
r altra parte: sentenza giuridica divenuta
anche popolare; loggesi in Seneca, Medea,
atto II, scena 2, v. 199. Vi corrisponde
il motto nostro volgare: bisogna sentire
anche l'altra campana, cioè per pronun-
ciare un giudizio equo conviene ascoltare
ambedue le parti contendenti.
Audiendum verbum (ad) : lat. ad ascoltar
la parola, e intendesi, spesso in senso fa-
ceto, per ascoltare parola di avvertimento,
di esortazione, di correzione da parte di
superiori e pi-eposti.
Audizione : nel linguaggio musicale e
teatrale così è chiamato l'atto dell'udire
un'opera od un cantante: dal lat. audire.
Au grand complet: modo di dire fran-
cese non infrequente, come ad es. « ieri
sera ebbe luogo la prova generale dell' i-
naugurazione, con esito soddisfacentissimo.
Il teatro presentava un magnifico colpo
d' occhio. Tutta 1' eletta schiera di dame
e di cavalieri era au grand complet. La
baronessa . . . offerse uno splendido servi-
zio di rinfreschi agli invitati.» E poteva
essere non splendido?
Auna : antica misura francese (aune) di
poco superiore al metro. Dal lat. z</na, parte
del braccio.
Au revoir: arrivederci.^ ar rivederla, ludi
gente mondana così dice spesso, come dice
adieii, non addio.
Era già l'ora che volge il desio
ai naviganti e "ntenerisce '1 core
!o dì eh' han detto a" dolci amici addio.
Leggi in quella vece adieu e vedrai
beli' (affetto !
Aurica : vela di forma trai)ezoide, come
randa e contro randa.
Auri sacra fames: emistichio del famoso
verso di Vergilio (EneideUl, 57 ) ove raccon-
ta di Polidoro, giovanetto figlio di Priamo,
trucidato dal genero Polinestore per averne
gli affidati tesori. Quid non mortalia pec-
toru cogis auri sacra fames! (a che tu
non costi-ijigi i mortali, orribile cupidigia
dell'oro!) Ma il sacra fames è intradu-
cibile.
Auscultare : latinismo usato dai medici,
e significa diagnosticare le malattie dai
rumori intei'ni delle viscere. Lo stetoscopio
è il nome dello istrumento, specie di pic-
cola tromba acustica che usasi a tale
uopo.
Ausilio: lat. auxilium z::z 'dìuto, è d:il
Petrocchi notato fra le voci antiche e fuoi-
dell'uso, laddove questa voce oggi è spesso
usata, 0 parendo aiuto termine di troppo
volgare o volendo con ausilio significare
non solo l'aiuto, ma il conforto, l'appro-
vazione, il sussidio materiale e morale.
Aut aut: lat. o, o cioè «delle due l'una»
e dicesi quando si voglia indurre altrui a
concludere, con forza di dilemma.
Aut Caesar, aut nihii: o Cesare (Im-
peratore) o nie/^^e. Motto di Cesare Borgia.
« Nominis sui omon secutus, superbum
vexillis titulum, Aut Caesar aut nihil
inscribi iussit ; quod Sanazarius versiculis
haud tamen satis salsis redarguit » :
Aut nihil aut Caesar vult dici Borgia: quidni?
Quum simul et Gaesar possit et esse nihil.
Così Anton Maria Oraziani nel Theatrum
historicum de virtutibus et viti'is illu-
strium virorum et foeiiiùnarum. (Franco-
furti, 1661;. Altro epigramma in proposito
è il seguente di Fausto Maddalena Eo-
mano :
Borgia Caesar erat, iactis et nomine Caesar,
Aut nihil aut Caesar, dixit: utrumque fuit.
Motto che è superba reminiscenza del detto
di Giulio Cesare: volere essere primo, sia
pure in un villaggio delle Alpi, che secondo
in Roma.
Auto: è prefisso che si trova in gran-
dissimo numero di parole, specie neolo-
giche ; e si presta egregiamente a formare
tutte quelle voci che vogliono indicare cose
la cui azione si sviluppa da forze interne
e congenite o apparentemente tali. Cotesto
auto e il pronome greco avróg che signi-
fica egli stesso, il medesimo., già nell'an-
tica e mirabile lingua greca usato per for-
mare moltissime parole che significano
l'operazione del soggetto sul soggetto stesso.
Auto : felice abbreviazione che in Francia
A ut
31
Ava
-■i {'oco doli;» parola aiitomobile. V. questa
voce.
Auto da fé : tormino spai;iiiiolo che let-
teralmente vuol diro atlo di fede e stori-
camente significa il giudizio del Tribunale
doli' Inquisizione contro un eretico. Il fuoco
purilìcatore era di solito 1' istrumonto del-
la giustizia. Auto da fé si disse poi e
si dice tuttora in speciali signiiicati per
indicare distruggere, ardere. Es. la rivc-
luzione del '81.) fece un auto da fé dei
titoli di nobiltà, feci un auto da fé delle
mie lettere d' amore. Auto da fé dicesi
anche in francese.
Autodidatta e Autodidattico: la seconda
V(H'i' usata come sostantivo in cambio
della prima. Non sono nei dizionari, né
anche in quello del Melzi, eppure sono
parole usate per indicare persona che s'i-
struì da sé senza maestri (dal gr. autòs
stesso e didasco =: insegno). Neolo-
msmo che, anche per ragione del suono,
panni non bello. Come si potrebbe dire
ad es. : il Leopardi fu un autodidatta?
Non saprei perchè, ma è modo che stuona.
Il francese ha appunto la parola autodi-
dacte. Il Carducci, non mi ricordo bene
in qual passo, usa questo neologismo pur
avvertendo che gli spiace.
Autolàtra : adoratore di sé stesso. Y.
Autolatrìa. In fr. é autolàtre.
Autolatrìa: neologismo derivato dal greco
*' significa adorazione di sé stesso. In
fr. e autolatrie.
Automatismo : gr. autòmatos = spon-
taneo. Nel linguaggio medico indica tutti
<[uei movimenti che sono compiuti senza
<iì<' la volontà vi abbia parte.
Automobile: dal greco autòs t: se stesso
mobile: in origine aggettivo poi sostan-
tivo per indicare quella vettura da diporto,
spavento dei viandanti, elegante, signorilo,
docile e rapidissima in gran voga in Fran-
cia e dovunque, la quale si muove da sé
'•on meccanismi ingegnosi e diversi, ma
che però attendono ancora il loro perfe-
zionamento. Di qual genere è il sost.
automobile? Se no é disputato in Francia
<' <iuindi anche in Italia. Il genere ma-
schilo tende a prevahu-e.
Automobilismo: dicesi di tuttociò che
riguarda (questa nuova specie di incazzo di
trasporto e di signorile divertimento nel
tempo stesso.
Automobilistico: aggettivo derivato da
automobile. Es. gara automobilistica.
Automotrice : neologismo detto di quella
vettura elettrica la quale ha in se 1' aj)-
parecchio motore e rimorchia le altre.
Automotore si dice di quel qualsiasi ap-
parecchio che agisce da sé, indipenden-
temente dalla volontà e dall'opera del-
l'uomo. L'applicare questo vocabolo a dette
vetture non é esatto o per lo meno é una
estensione impropria del vocabolo, dovuta
forse all'apparenza del moto autonomo.
Autore: nel linguaggio giuridico, colui
dal quale deriva una condizione di fatto
e di diritto.
Autorizzazione : francese autorisation .
Noi abbiamo le seguenti molte parole:
« permesso, concessione, assentimento, li-
cenza, nullaosta», prevale tuttavia la pa-
rola autorixzaxione.. registrata dal Tra-
mater senza esempi e dal Rigatini a
denti stretti. Il Viani accetta il verbo au-
torizzare nel senso di dar facoltà mdi non
di confeimare, render valido. Di auto-
rixxaxione non parla. La condanna il
Fanfani, la registra il Petrocchi.
Autosuggestione: neol. del linguaggio
medico che indica la suggestione che uno
esercita su di se stesso. Derivati : auto-
suggestionato., autosuggestionabile., auto-
suggestionare. Nel linguaggio familiare
spesso si usa in questo senso il verbo
f nontarsi o montarsi da sé.
Aux anges : la frase étre aux anges non
è rara nel fine linguaggio mondano, e
dicesi di chi assorto, rapito, estatico in
contemplazione e desiderio, non di verità
speculative, ma più sovente di raro bel-
lezze e di amore « va in estasi, al set-
timo cielo », ohe tali sono i modi italiani
corrispondenti. Intesi dire da un popolano
in Romagna era inebriato con la sua
sposa. A Venezia: andar via coi an-
goli.
Avallare : apporre la firma di sicurtà ad
una (\'iiiil)iale, dal fr. avaler.
Avallo : cioè la firma di favore (V. ([uesta
parola) cIk^ un terzo a])pono ad una cam-
biale quale si(!urtà o malleveria, non è
voce di Oga Magoga come dice il Los-
Ava
32
Avo
sico del Fanfani ed Aiiia, ma di un paese
più vjcino: la Francia. Aval da à e vai
zzz vale, abreviatioìi de valoir^ à ■valoir
pour. Donner^ fournir un aval. Etimo-
logia preferibile è però aval da à e vai,
letteralmente a valle e, per estensione, a
pie della cambiale ove si appone la firma.
Avana : sigaro fino e profumato dal nome
della città di Avana nell'isola di Cuba,
celebre pe' suoi tabacchi. Dicesi anche
di colore nocciuola chiaro come è quello
appunto del tabacco di tale nome : simil-
mente in francese vale nel gergo la pa-
i-ola havane.
Avances: (letteralmente anticipo). La
frase fare des avances è più che comune
e si dice delle prime incerte proposte di chi
desidera stringere un patto, amicarsi, spe-
rimentare l'intenzione di qualcuno. L' i-
taliano ha diverse locuzioni corrispon-
denti : far delle proposte, tastar terreno,
rompere il ghiaccio ed altre consimili.
Del resto il volere che un motto di una
lingua risponda a capello a quello di
un'altra è cosa assurda come il preten-
dere ad es. che un naso sia simile al pro-
prio ; e condannarlo come biaitto perchè
non è tale.
Avanera (abanera) : canzone dell'Avana
nella misura dupla di semiminime, a mo-
vimento moderato, con accompagnamento
tipico di una semiminima, in battere, col
punto, seguita da una semicroma e da due
crome. A. Galli, op. eit.
Avanscoperta: termine militare; indica
quella fazione di guerra eseguita in ispecie
dalla cavalleria o da milizie agili e sciolte,
per iscoprire il movimento e le posizioni
dell'esercito nemico.
Avant-goùt : il primo sapore di qualche
cosa, in italiano saggio, assaggio. Tut-
tavia nel linguaggio mondano la voce
straniera vince la nostra che pure è di
ugual senso.
Avantieri : (francese avant-hier) in ita-
liano V altrieri, o ier l'altro. Però avan-
tieri mi pare ormai voce quasi fuori del-
l'uso. La nota il Eigutini.
Avatar: nome dato nell'Lidia all'incar-
nazione d'un Dio, specie del Dio Visnù.
Ave, imperator, morituri te salutanti
salute., 0 imperatore, quelli che stanno
per morire ti salutano : (Svetonio in
Claudio) questo era il motto dei gladia-
tori passando nel circo sotto il palco im-
periale prima di principiare i mortali duelli.
Il motto oggi è ripetuto in senso vario
ed esteso.
A vento largo : andatura del veliero,
il quale naviga col vento che fa angolo
tra i ^^ e i 180 gradi con la prua.
Avenue : dal verbo avenir: dicesi in
francese di ogni via che conduce ad un
dato hiogo : via, sbocco., viale (a.vhovato).
Avere: il signor P. Petrocchi nel suo
dizionario con l'autorità che gli proviene
dal molto studio e dal molto amore, ha
contribuito moltissimo a sancire l'uso di
scrivere ò, ài, à, anno invece di ho, hai,
ha, hanno. Senza entrare in discussioni
che non sono qui opportune, giova notare
che se anche il Petrocchi avesse secondo
logica alcuna ragione, vi è l'uso e 1' o-
sempio comune che valgono più di un' a-
stratta ragione. E allora perchè non scri-
vere ke in vece di che? Ma proprio da
vero era necessario complicare di que-
stioni futili la questione grave della or-
tografìa italiana? Non pare. Ed entrando
nel merito, è cosa esatta che quell' h
abbia un semplice valore grafìco e non
sia un segno, sia pur lievissimo, di aspi-
razione? E nelle stampe cotesto impercet-
tibile accento non è egli facile trascurare,
per errore del compositore, imperfeziono
del carattere, generando così confusione
grande? Sostituire nuove leggi alle an-
tiche e tradizionali senza giusta ragione,
ma per amore di far cosa nuova, è vo-
lersi assumere responsabilità di non lieve
conto. Sta il fatto che l'uso del ò, ài, à,
non attecchisce, e le grammatiche anche
recenti avvertono essere in questo cosa
migliore seguire l'uso dei più (V. Gram.
del Morandi e Cappuccini, § 21), che nes-
suno fra i più reputati e noti scrittori vi-
venti, il Carducci, il Villari, il D'Annunzio,
il Pascoli, il Fogazzaro etc, ha accolto
tale grazia ortografica. Il sig. Petrocchi
nella sua introduzione dice che non ne fa
una questione di vita o di morte : oh, e al-
lora non poteva lasciar stare? A proposito di
questa nuova maniera di scrivere mi piace
qui riportare alcune osservazioni dettato
Avo
— 33
Ave
da un caro amico mio, il quale essondo
commissario in un concorso di maestri e
maestre olomentari per uno do' più grandi
t'omuni del Regno, ebbe occasione di scor-
rerò parecchie centinaia di componimenti,,
no' quali la scrittura dell' ò, à^, à si al-
ternava con quella del^/^o, hai, ha. Egli,
adunque, scriveva in una sua relazione :
« Un certo numero di candidate segue quella
grafìa che alcuni grammatici e lessicografi
— il Petrocchi innanzi tutti — hanno mosso
in onore; cioè di scrivere ò, à^, cm/?o per
ho, hai, hanno, etc, di abolire i ditton-
ghi chiamati mobili, uo, «e, seguendo il
suono della pronuncia toscana, onde bona,
scola, celo, etc. Senza entrare in una que-
stione grammaticale, è nostra opinione che
il bisogno di creare delle nuove difficoltà
e disparità ortografiche di carattere sìy-
tificioso mentre ne esistono tante altre di
carattere reale, non sia sentito dai più.
Aggiungasi che tanto i migliori e più lo-
dati prosatori o poeti quanto gli scriventi
nella lingua corrente (confronta i giornali;
preferiscono la vecchia grafia. Che se anche
si dissentisse dalla opinione qui espressa.
una via conviene scogliere per la scuola,
cioè 0 imporre a tutti l'uso della nuova
grafia o acconciarsi alla antica. Ma che
un duplice metodo debba o possa essei'O
seguito nelle scuole, le elementari in ispe-
cie, ove è bene che le norme siano poche
ma salde, non ci sarà persona di buon senso
e senno pratico che voglia ammettere » .
Avere od Essere : il primo aiuta ogni
verbo attivo e molti verbi neutri nella
formazione dei tempi composti, il secondo
il passivo in tutti i suoi tempi, e la mag-
gior parte dei neutri noi tempi composti.
«Rimettendomi allo grammatiche e segna-
tamente a quella del prof. Fornaciari per
le regole più particolari, qui avvertirò il
lettore che voglia guardarsi di dare al
verbo vivere per ausiliario il verbo avere,
e che non dica, io ho vissuto^ ma io so7io
vissuto. S'intendo che quando questo verbo
acquista natura di attivo, allora, prende
per ausiliario a«^ere : ho vissuto ima vita
infelicissima. Un'altra osservazione che
sarà utile specialmente ai non toscani : i
tempi composti dei verbi dc^tti servili,
dovere.^ potere.^ e volere^ quando sono in
A. Pan/ini, Supplemento ai Dixionari italiani
costrutto coir infinito di un altro verbo,
ricevono per regola, senza eccezione, l'au-
siliare stesso che riceverebbe quell' infi-
nito, se fosse coniugato ne' suoi tempi
composti. Così ho dovuto, ho potuto, ho
voluto scrivere questa lettera, fare questa
faccenda., regalare questo libro etc. e son
dovuto., son potuto., son voluto andare,
finire., morire., etc. Coi verbi riflessivi,
reciproci, o pronominali, l'ausiliare è sem-
pre essere: mi son ferito., ci siamo bat-
tuti., mi sono comprato una casa. » Così
il Rigutini con buona sintesi. Quanto al
verbo venire^ che molti usano indifferen-
temente invece di essere come ausiliare
del passivo, conviene avvertire che solo
in alcuni speciali casi può riuscire effi-
cace e proprio.
Avere alcuno in tasca: modo familiare,
usato in Toscana e alt]-ove e significa in-
flschiarse7ie.,provar repulsione^ disprezzo .
gioco che l'hanno in tasca come noi.
Gius li, S. Arnh-ogio.
Avere un diavolo per capello: locuzione
familiare e comune di qualche nostra re-
gione e vale essere., specie per alcuna de-
terminata cagione, inquieto., cattivo, ner-
voso., operando e parlando in modo con-
forme.
Aver gli occhi di bove odi bue: locu-
zione nostra familiare che significa veder
le cose esagerate, di maggior importanza
che elle non siano. Opina il volgo aver
le pupille del bue facoltà di veder ingi-
gantiti gli oggetti, ondo trae argomento
per ispiegare la docilità.
Aver le mani in pasta: locuzione no-
stra familiare che significa aver ingerenza,
pratica in qualche faccenda. Traslato evi-
dente del fornaio che lavora la pasta e
sa trarne fuori il pane lui, meglio e più
spiccio dogli altri.
Aver piena l'anima o le scatole di,
etc. : modo familiare e vale non poterne
piti, essere seccato, stufo di cosa alcuna,
e simili. Altro invece è aver l'anima
piena, che ha nobile senso di passione o
di sentimento che pervado e domina l'a-
nima.
Avest così in Lombardia i tecnici chia-
mano i diversi piani a cui si trovano le
Avi
— 34 —
Azz
acque sorgive o acque freatiche : dal la-
tino akms?
Aviàrio : (dal lat. ams = uccello) gran-
dis^sima gabbia ove ne' giardini zoologici
si tengono le varie specie di uccelli, sì
che una certa larghezza di volo porge
loro l'illusione della libertà.
Avvenirista: neologismo non infrequente
e non bello. Dicesi di chi in politica o
anche in arte aspira ardentemente e in-
consultamente al domani: il che, dato il
rapido anzi vertiginoso mutarsi odierno
delle cose, non è senza ragione. E con
tutto ciò l'uomo sarà sempre lo stesso e
il detto nihil sub sole novuni non tra-
monterà !
Avviliente: questo part. pres. del verbo
avvilire è frequente nell'uso, ma non
trovo registrato. Il simigliante si potrebbe
dire di altri part. presenti efficaci, usati
nelle scritture moderne eoa certa predile-
zione artistica di rinnovare la forza del
participio presente, e non registrati.
Avviso: ter. mar., bastimento militare
di forme snelle e velocissimo, destinato
a portare avvisi alle armate.
Avvistare: i dizionari recano questa
parola nel senso di giudicare ad occhio^
misurare dalla vista^ che mi pare assai
raro. Più frequente è l'uso di avvistare
detto specialmente delle navi quando co-
minciano a scorgersi su la linea dell'oriz-
zonte. In francese aviser vale appunto
anche apercevoir d'assex loin.
Azimut: voce araba. Termine astrono-
mico universale che indica l'angolo che fa
col meridiano il piano verticale d'un astro.
Azionare: nel linguaggio dei tecnici è
voce comune, nel senso di muovere, met-
tere in a%,ione parlandosi appunto di mac-
chine e ordigni meccanici. Nessun dizio-
nario la registra. Il francese ha il verbo
aetionner sì nel senso di intentare una
azione giudiziaria come nel senso di met-
tere in moto. Manifestamente noi traemmo
azionare dal francese.
Azione civile : è una domanda giudiziale
con la quale uno si faccia a chiedere o al
giudice civile, ovvero al giudice penale
(quale parte civile) la tutela di un inte-
resse civile.
Azzardare : per rischiare e azzardo per
rischio sono voci da taluni riprovate come
gallicismi. Sarà anche, ma l'uso ne è così
antico e popolare che anche la Crusca
registrò la locuzione giuochi d' azzardo ; e
come dire altrimenti per chi vuol essere
inteso? giuochi di ventura o di fortuna?
Si può forse osservare come la parola ita-
liana zara^ giuoco con tre dadi (Cfr. Dante:
Quando si parte il giuoco della zara)
proviene dalla stessa parola araba zar =
dado, da cui deriva la parola francese
hasard: questa visse e germinò, quella
morì.
Azzardo : per rischio^ cimento^ peri-
colo. V. Azzardare.
Azzeccagarbugli: felice creazione di
nome e personaggio dovuta al Manzoni
(Promessi Sposi)., divenuto poi tipo per
indicare un avvocato che faccia astuto
mercimonio del suo ufficio. Questo nome
è formato da azzeccare cogliere e gar-
bugli (milanese garbui) intrigo di cose
e persone. Del resto il popolo ha un'arte
sua, speciale e istintiva, nel creare tali
nomi significativi delle cose: all'artista il
perfezionarli e adattarli.
Babà: specie di dolce francese, fatto
di lievito, condito con uva di Corinto, ce-
drato e liquore: di origine polacca.
Babirussa: (term. zool. Porcus baby-
russa) è un suino o cignale di Celebes
« alcune isole vicine, di mole considere-
vole. Possiede dei canini grandissimi, curvi,
-esterni ; rivolti verso 1' alto anche i due
della mascella inferiore.
Babordo: term. mar., il lato sinistro
della nave quando la si consideri dal lato
di poppa. È l'opposto di tribordo che in-
dica il lato destro.
Baby : in inglese vuol dir lo stesso che
bébé francese, ma sembra più elegante per-
chè meno comune. Binibo^ bambolmo,
bambino^ barnboeeino^ putto , « putelo »
puttino^ piccino^ citto, eittino^ manimo-
Uno sono pui- belle parole di nostra lin-
gua ! Ma il bambino di fine eleganza spesso
■è baby e i suoi sono abiti da baby. V. Bébé.
Baccalà: nome dato in molte regioni
d! Italia al merluzzo essiccato {Qadus mor-
rhua)., voce proveniente dallo spagnuolo
bacalao.
Baccarat v Baccarà: giuoco di ventura
0 di azzardo fra i più rovinosi che si fa
oon un mazzo di cinquantadue carte : uno
tien banco e gli altri puntano. Il guadagno
o la perdita dipendono dalla somma for-
mata dai punti dello duo carte che cia-
scun giocatore riceve. Ha questo giuoco
una certa somiglianza con l'altro detto
macao. Il Baccarat è giuoco antico e
•credesi introdotto da' francesi dopo la ca-
lata di Carlo Vili. Viceversa i francesi
lo vogliono di origino italiana e di quel
tempo. Secondo altri è di provenienza pro-
venzale. Il nome gli viene dai punti 10,
20, e 30 detti Baccarà. V. Golii op. cit.
Baciamano: omaggio che il vassallo
rendeva al signore baciandogli la mano.
Cerimonia che ora non usa più se non
alla corte di Spagna e di Eussia. In al-
cuni paesi del Veneto si dice basaman.,
l'atto 0 la cerimonia con cui uno chiede
la mano d'una fanciulla.
Bacilli di Koch: V. bacteri e tuberco-
losi. Coch (Roberto) di Klausthal, n. nel
1843, celebre medico e bacteriòlogo, fu
lo scopritore di detti bacilli onde si ge-
nera una deUe malattie più esiziali e uni-
versali, cioè la tisi.
Bacillo: dal latino bacillum = baston-
cello. Per la etimologia e pel senso pari
a bacteri. V. questa parola con cui forma
doppione.
Bacino di carenaggio: ter. mar., lunga
fossa semiellittica costituita con solide
opere di muratura sotto il livello del mare,
ne' grandi porti, destinata a contenere al-
l'asciutto quel bastimento a cui si devono
fare opere di raddobbo.
Backfìsch : nei paesi tedeschi significa
'pesciolino fritto e quivi si dice comu-
nemente, per celia e senza alcuna inten-
zione offensiva, di quelle giovanetto tra
i 12 e 16 anni che non sono ancora uè
carne né pesco. Fra i popoli del Nord, in
cui lo sviluppo è i)iù tardo, quello stato
lìsiologico dovoa avoro un suo nomo. Nella
traduzione di quella faceta commedia te-
desca che fu per molto tempo delizia dolio
nostre platee: Guerra in tempo di pace
Bac
36
la parola backflsch^ se ben ricordo, fu
resa per pesciolino fritto^ che era inin-
telligibile. La parola backfisch non è del
tutto ignota fra noi.
Bàckhand: così, con voce inglese, si
chiama il colpo dato con la mano di ro-
vescio, e portata alla sinistra del corpo
nel giuoco della Palla Corda (Tennis). Il
nobile giuoco anche in Italia è giocato
con parole inglesi.
Bactèri o battèri : (V. protisti — : primi
esseri organizzati) sono così chiamati gli
organismi misteriosi e infiniti del mondo
infinitamente piccolo, perchè taluni fra
essi alla vista del microscopio rendevano
aspetto cilindrico, specie di bastoncelli, e
appunto in greco bactirìa = il bastone.
Vecchi, dunque, nome e cosa, questa
la vita: nuova la osservazione e studio
dell'uomo. Il nome di solito è usato nel
numero del più e vale ad indicare una
categoria di microbi o po'otisti. Hanno
forma globulare, a filamento, a spirale,
ondulante. Per la maggior parte sono
estremamente minuti e presso che inco-
mensurabili. I bacteri, come tutti gli esseri
viventi, vanno soggetti alle condizioni fa-
vorevoli e sfavorevoli dell' ambiente in
cui vivono : e dalle influenze specialmente
sfavorevoli degli agenti chimici e fisici
su questi esseri, si sono dedotte molte
cure, come V antisepsi in medicina e in
chirurgia e la sieroterapia., cioè V atte-
nuazione della virulenza de' batteri pato-
geni., di que' batteri che sono specifici di
alcune malattie di carattere infettivo. Aria,
acqua, corpi organici e organizzati costi-
tuiscono l'ambiente sul quale agiscono i
batteri i quali assumono diversi attributi
secondo gli effetti che producono: colora-
zione, putrefazione, fermentazione, ma-
lattie etc. I bacilli patogeni specifici di
alcune malattie, hanno nome dallo sco-
pritore.
Bacteriologìa: trattato e studio de' bac-
teri, alla quale scienza naturale detta an-
che protistologia., cioè studio dei primis-
simi esseri, ricorrono specialmente la me-
dicina e la chirurgia per quelle malattie
che sono cagionate da speciali bacteri o
protisti patogeni (carbonchio, tubercolosi,
tifo, colera etc).
Badilante: termine lombardo e anche
veneto, di largo uso e di buona formazione-
(badilant). Indica quella speciale classe
di manovali, per lo più giornalieri, addetti
a quo' molti lavori per cui occorre il badile.
Baedelcer: nome deUe Guide di ogni
principale paese in varie lingue tradotte^
universalmente note e pregiate per la loro
precisione e praticità, così chiamate da Carla
Baedeker (1801-1859) di Essen, libraio a
Coblenza, che primo imaginò cotali ma-
nuali.
Bagage: «il bagage delle parole, il Z>a-
gage intellettuale, il bagage ai-tistico » e
simili, sono bruttissimi modi che ho inteso
dire sovente e con pretensione di eleganza.
Corrisponde ad un uso figurato e fami-
liare proprio de' francesi del vocabolo ba-
gage =: bagaglio.
Bagarinaggio o bagherinaggio: V. Ba-
garino.
Bagarino : voce dialettale romana, estesa
poi in Lombardia ed altrove; appunto-
perche la gramigna e le male piante si
espandono facilmente. Bagarino è colui
il quale fa incetta del mercato aUo scopo
di rialzarne artificiosamente e disonesta-
mente il prezzo. A Milano ebbero rino-
manza i bagarini della Scala. Derivato
bagarinaggio .
Bàgher : corruzione del tedesco wageoi^
voce lombarda, registrata anche dal Pe-
trocchi il che vuol dire che tale voce è
usata anche in Toscana. Indica una car-
rozzina con 0 senza mantice, quattro ruote^
senza cassetta e senza sportelli. In Eo-
magna dicesi carrettella.
Baggiano: è una voce prettamente to-
scana per baggeo., semplicione^ da poco.
Bagiane in milanese vuol dire le fave ;
e così pure in Komagna certa specie di
fave grosse e fresche da cuocersi, e così,,
credo, altrove. Ora in quello stesso modo
che da baccello sono stati detti baccelli y
baccelloni e da pisello piselli., piselloni
certi uomini semplici, scimuniti e di so-
verchio creduli, così derivò il nome bag-
giano per semplicione. Col nome Bagià
chiamano tuttora i Bergamaschi i Milanesi.
Y, a questo proposito i Protnessi Sposi
(Capitolo XYII): <^ chi è nato nel milanese,
e vuol vivere nel bergamasco, bisogna
Bh
H7 —
r.ai
prondersolo in santa pace. Per questa
g(Mite, dar del baggiano a un milanese,
ò come dar dell' illustrissimo a un ca-
valiere » .
Bàglio: ter. mar., trave squadrata a
forma di T posta di traverso delle navi,
por sostegno del ponte o por collegamento
dei fianchi.
Bagna, bagniffa o bargniffa: (queste
ultime duo voci alquanto fuor d' uso o
US ite per celia) dicesi in dialetto lom-
bai'do per indicare il sugo, l'unto delle
carni in umido nel quale si intinge a
bagno pane o polenta. Bargniffo nel Ve-
neto si usa dire di i)ersona astuta e te-
mibile per la sua furberia.
Bagnare i galloni: dicono gli ufficiali
quando por alcuna promozione regalano e
fanno festa ai colleghi. Mi pare manife-
stamente che sia la locuzione francese del
gergo, arroser ses galons := régaler ses
camerades a l'occasion d'une promotion.
Bagnasciuga: in marina indica quella
stretta zona all'esterno dello scafo e al di
sopra delle linee di galleggiamento, che si
bagna e si asciuga per effetto del continuo
ondeggiare delle acque.
Bagnino: nell'uso comune significa co-
lui che prepara il bagno, aiuta il bagnante,
lo asciuga, etc. Questa voce non si riscontra
nei dizionari. Il Fanfani la riprende fie-
ramente dicendo che bagnino significa jìic-
colo bagno e nel senso d'inserviente de-
vesi dire bagnaiuolo. E bagnaiòlo (senza
il dittongo, ben si sa) scrive il Petrocchi.
Ma nell'alta Italia questa voce non sa-
rebbe gran che intesai Ma v' è di piii: in
tutti i luoghi di bagni e di terme intesi
dire bagnino, non esclusi i luoghi di To-
scana. Oh, dunque?
Bagolòn: voce caratteristica lombarda
0 meglio meneghina e dicesi del chiac-
cherone che le sballa grosse per la ma-
nia di parlare e di far la frangia alle coso.
Questa i)arola dialettale può raffrontarsi
con le voci nostre antiche e morte bega-
lare e begolardo zzi ciarlare e ciarlone?
<Cfr. il sonetto di Cecco d'Angelicri contro
Dante): Danto Alighior, s'io son buon bego-
lardo
tu mo no tion boa la lancia a lo roni,
s'io pianso con altrui, et tu vi coni,
s'io mordo '1 grasso et tu ne succi il lardo.
S'i' son sboccato, et tu poco t'affroni,
s'i' son fatto romano et tu lombardo
si che laudato iddio, rimproverare
pò l'un a l'altro poco di no' due,
sventura o poco senno ce '1 fa fare.
Et se di tal matera vo dir piue,
rispondi Dante, ch'io t'harò a mattare,
eh io son lo punciglione e tu se '1 bue.
Bagolonar per ciarlare, parlar lom-
bardo, fu usato dal Carducci in un suo
potente scritto intitolato Mosche cocchiere
nel quale si oppone agli esageratori della
teoria manzoniana, e sostiene la italianità
e il valore dei vari dialetti. Il passo è
questo : « in mezzo al più puro bagolonar
meneghino non vennero su il Cattaneo
ed il Correnti, gli ultimi e nervosi e ro-
busti prosatori italiani, respiranti a pieni
polmoni l'integro classicismo italiano? »
I sostenitori del modello toscano ad ol-
tranza farebbero bene a « pensarci su ! » .
Bagolòn del luster : locuzione milanese
e meneghina relativamente recente. Di-
cesi di chi spaccia frottole (V. Bagolòn)
e verosimilmente si disse prima di coloro
che agli angoli delle vie spacciano pat-
tina {luster) da scarpe od altro, allet-
tando i gonzi. Se questa spiegazione poco
soddisfacesse, sene potrebbe pensare un'al-
tra: lustrare in italiano e in lombardo
familiarmente vale adulare., onde bagolòn
del luster varrebbe chiacchierone che loda^
adulatore.
Bag-pipe: ingl. cornamusa^ rampogna.
Baiadera: dal portoghese bailadeira =
danzatrice e cantatrico publica nell'India.
Baiooli : specialità di biscotto veneziano,
specie di cantucci toscani, ma in fette
ai^sai fini. « Dicesi baicelo por similitu-
dine, benché grossolana, alla figura dei
piccolissimi cefali, chiamati appunto Bai-
celi ». (S. Boerio, diz. veneziano.) Etimo-
logia un po' grossolana ; o perchè no dal
color baio?
Baignoire: n. f. in francoso indica la
vasca da bagno e per estensione certi
palchi ampi e sporgenti nella prima fila
dei teatri. Usasi anche in italiano corno
esempio dimostra: «nella prima galloria
i) nello baignoires furono puro posti dei
tavoli » .
Bai
38
Bau
Baita : termine lombardo {baita) il quale
indica una speciale forma di capanna co-
stririta sull'Alpe con grosse e rozze pietre
formanti un muro a secco, e coperta di
lastre d'ardesia. Serve di ricovero e al-
bergo ai pastori nell'estate. Indica altresì
quel capanno che i cacciatori fanno nei
paludi per attender la caccia (Cherubini).
Nel Veneto dicesi bàito per indicare la
rozza capanna alpestre.
Balayeuse : letteralmente vuol dire la
scoyatrice : nel linguaggio della moda in-
dica quella frappa che nelle gonne a stra-
scico, come oggi costumano, difende inter-
namente l'orlo e l'adorna: salvagonne o
paraveste. V. Manteau.
Balbettone: per balbo., balbuziente ., bal-
bettante leggesi negli Scritti inediti o rari
.di A. Manzoni Voi. V., lettere a N. Tom-
maseo. Curiosa parola che il Manzoni creò
forse per l'idea di attenuare il senso troppo
forte delle altre voci sinonimo.
Balipèdio: il terreno ove si fanno i tiri
di prova delle artiglierie.
Baliverne: discorso frivolo. Appartiene
al novero di quelle parole francesi usate
solo dalla gente preziosa e mondana.
Balla: voce lombarda, usata anche nelle
altre regioni settentrionali d' Italia, che
significa frottola.^ fandonia., seioochezxa.
Ballast e Balast: voce inglese, usata
anche in francese e dai tecnici nella nostra
lingua. Indica specialmente quel letto di
ghiaia che serve a colmare e trattenere
le traversine della via ferrata su le quali
si adagiano le rotaie.
Ball-flower: ornamento caratteristico
dello stile inglese, ad archi acuti : con-
siste in una palletta formante il cuore di
un fiore.
Ballo: dramma eseguito con danza e
pantomina e costantemente accompagnato
da musica sinfonica, imitativa, descrittiva,
danzante, come Gavotte, Minuetti, Galop,
Czardas, Polke, Mazurke, Valzer, Polac-
che, ecc. Cangiando forme coreografiche
e musicali, ebbe voga in tutti i tempi.
Ballo di San Vito: V. Corea.
Ballon d'essai: locuzione giornalistica
francese : letteralmente significa pallone
di prova per esperimentare la direzione
del vento. Figuratamente significa una no-
tizia capziosa data come certa di uà
fatto di cui ancora si discute, e ciò per
saggiare il giudizio del publico e quindi
regolarsi in conformità. Per es. : la notizia
del trasferimento del prefetto di Milana
non è che un ballon d'essai.
Ballottaggio : è il fr. ballottage cioè il
secondo scrutinio nelle elezioni politiche.
Ballottaggio è voce antiestetica per lo menOy
« ma non è possibile cacciarla né con ra-
gioni né con lepidezze.» Così il Rigutini.
Baldsa: voce del dialetto romagnola
che significa la castagna lessata, calda-
lesse.
Baloss : voce lombarda e dell' alta Emilia:
birbante., furfante., e dicesi anche per celia,
col diminutivo balossett, balossetta, l'ac-
crescitivo balossòn e l'astratto balossàda
= birbonata.
Balsamino o bersamino: specie di viti-
gno delle Marche, simile al marxabino'
di Romagna, così detto per metatesi, e^
al mar%emino veneto : uva nera, dolce, di
molto colore.
Balusco : voce dialettale romagnola da,
luseo e losco., detto di guardatura e di
occhi guerci o torvi. Il dialetto di Roma-
gna è schiettamente italiano: ciò sia detto
per coloro che restringono l' italiano alle-
mura fiorentine « dalla cerchia antica » del
tempo di Cacciaguida.
Bamboli : in fr. o più italianamente^
bajubù., graminacea gigantesca, originaria,
dell'India e d'altri paesi caldi {bambula
arundinacea).
Banale : per volgare., triviale non è altro-
ché il francese banal perciò è voce ripu-
diata dai puristi; così dicasi della parola.
banalità. Vero è che banale oltre il senso
di volgare inchiude anche l'altro di usuale j
comune., quindi di nessun valore, come
appunto in francese. Es. co7iiplinient banale
prétexte banal. Banale corrisponderebbe
all' italiano bandito., anche pel suo valore
etimologico, da ban =: bando, cioè lo sten-
dardo (cfr. bandiera) poi il proclama feu-
dale che si faceva mercè il vessillo : banale
significa ciò che era di uso publico per
effetto di bando, poi ebbe il senso di vul-
gare, coniimalc.
Banalità: V. Banale.
Banato : da Ban = Signore, titolo già-
Ban
39
Bar
dato ai governatori militari di certo prò- \
viiicie limitrofe all'Ungheria od alla Tur-
chia : ondo Sanato la signoria del Ban,
0 B anati quelle provincio o marche.
Banca : noto questa parola per ricordare
che essa è proprio nostra, come nostra,
ai tempi antichi, fu la cosa, se non che
allora era maschile. Es. Banco di S. Oior-
gio, Banm di S. Ambrogio e anche oggi
dicesi Banco di Napoli, Banco di Si-
cilia. I francesi presero da noi tale voca-
bolo, lo mutarono in femmina e tale noi
lo ripigliammo.
Bancabile : neologismodi^cmca. Sidice
bancabile di una cambiale, per significare
che ha firme buone e si può scontare
presso una banca. Dicono smGhepiaxxa ban-
cabile di una città ove risieda un Banco
di sconto.
Banc à broches : letteralmente : banco
a fusi., macchina cioè che serve per av-
volgere il filato sui fusi. Locuzione che
non esce dal linguaggio della tecnica coto-
niera, talora da rozzi meccanici e da tec-
nici adoperata per semplice sentita a dire.
Bancarotta: voce usata quasi sempre
nella locuzione far bancarotta ed è ora-
mai accolta in tutti i dizionari, la Ci^usca
compresa ; fr. banqueroute., faire banque-
route. Del resto è strano che i puristi con-
dannino questa parola, quando essa è ita-
liana, e di etimologia italiana la danno i
diz. francesi : Da banca --zz banque et rotto
=: roìnpu. Era infatti costume antico e
di Firenze, rompere il banco del traffico
al banchiere fallito.
Bancarottiere: colui che fa bancarotta,
cioè fallimento. Le idee di frode e di errore
vi si connettono quasi sempre, fr. ban-
queroutier.
Banchiera: la commessa che sta e servo
al banco.
Banchiglia: traduzione della voce ban-
quisc. V. (juesta parola.
Bandage : si adopera talora questa voce
francese di origino tedesca (band =: fascin
legame; per indicare la benda., la fascia
che tiene fisso un apparecchio chirurgico
0 una medicazione. La parola francese è
anche tradotta in bendaggio. La voce ban-
dage talora è anche usata in tedesco iti
cambio del vocabolo |)ro})rio verband.
Bandeau : letteralmente benda., tenia.,
diadema che cinge i capelli e la fronte,
secondo un antichissimo rito. Poi indicò
una speciale foggia di pettinatura femmi-
nile, per cui i capelli della donna ricadono
pudicamente lisci alle tempie, segnando
come un angolo su la fronte : bandeaux à
la vierge. Nel veneto le contadine usano
spesso pettinarsi con le bandine, e sono
i capelli tirati lisci da una banda e dal-
l'altra su le tempie.
Banlieue : voce francese che etimologi-
camente proviene da ban e lieue., vuol dire
la lega del bando., luogo circostante alla
città sino a cui si estendeva il bando del
Signore della terra: poi indicò il contado,
le terre circostanti di una grande città, i
sobborghi.
Banquise : termine marinaresco francese,
dallo scandinavo bankc e ice = banco di
ghiaccio. Significa un tratto di mare con-
gelato che impedisce la navigazione : fe-
nomeno frequente negli. oceani polari.
Banquiste: voce familiare francese, ciar-
latano.
Baobab : {Adansonia digitata) albero
colossale proprio dell' Africa dei tropici :
it. anche in baobabbo.
Bar : in inglese indica una mescita,
una liquoreria publica. Anche in Italia
ad ogni angolo delle sue città, trovi oggi
un bar che insegna nel paese del vino
allegro e sano (o che almeno dovrebbe
esser tale) l'arte di avvelenarsi con bibite
strane. Del resto questo neologismo è in-
ternazionale ; altrove però usato con più
parsimonia che da noi, e solo nelle grandi
città e trattandosi di bibite all' inglese o
all'americana. Da che può derivare ? I di-
zionari inglesi lo registrano sotto la voce
bar., celtica, da cui sbarra in it. e bard
in fr. = barella. Di fatto, caratteristica
di queste mescite è come un banco chiuso
a recinto presso cui gli avventori bevono
e dietro sono i camerieri.
Bar: nel giuoco della Palla al calcio
così chiamano anche da noi con voce
inglese che vuol diro sbarra, l'asta lungji
setto metri, posta ad architrave sopra lo
duo aste verticali della porta di questo
giuoco V". Foot-ball.
Barabba : termino dialettale piemontese,
Bar
40 —
Bas
esteso poi in Lombardia e nell' Emilia.
(Voce nuova in Piemonte : così il Diziona-
rio piemontese diì G. Gavazzi, Roux, 1891).
Indica un individuo appartenente all'igno-
bile ceto della mala vita: prepotente, ozioso,
spesso vivente alle spalle altrui, ladro e
delinquente all' occasione. Il nome varia
nelle varie regioni d' Italia, ma la cosa,
da Torino a Palermo, è press' a poco la
stessa. La parola deve derivare da Ba-
rahha, il ladro micidiale che Pilato, per
volere del popolo ebraico, liberò invece di
Cristo, e letteralmente vuol dire figlio
della vergogna. Anche in francese la pa-
rola Barabhas ha un senso consimile.
« Lasciate al popolo la scelta tra il più
giusto dei giusti e il più abominevole as-
sassino di strada e siate certi che ei gri-
derà : Vogliamo Barabba, Viva Barabba ! »
(A. Heine, Memorie).
Baracca: in romagnolo ^{giiì^iGugoxciyO'vi-
glia^ bagordo., il mangiar cioè di molte per-
sone insieme senza sobrietà e per viziosa
crapula. Costumanza spiccatamente roma-
gnola, onde lo speciale nome. Beri vate Z>a.rac-"
care, baraccone {bar acon)., buon compagno,
goditore e crapulone, che dissipa volen-
tiere il suo in feste e bagordi. Tale senso
è pure nel dialetto lombardo e nel veneto.
Baracca., in Lombardia, nel Veneto e nel-
r Emilia dicesi altresì in senso proprio e
figurato di cosa malandata, che tende a
ruina.
Barba : voce dialettale veneto-lombarda,
significa zio. Viva tuttavia e comune è
questa voce specialmente a Venezia.
Barba : e più comunemente barbe, sono
detti i filamenti e le frange naturali della
carta, che solitamente si raffilano nelF arte
libraria, fatta eccezione però delle carte
a mano e di valore ove le barbe hanno
pregio.
Barba d'uomo: uomo di valore, locu-
zione nostra viva nella frase familiare non
c'è barba d'uomo che... per dire non c'è
alcuno per quanto forte che..., etc.
Barbagliata: milanese barbajada, be-
vanda di latte e cioccolata.
Bàrbara: come attributo di poesia è
neologismo dovuto al sommo lirico della
seconda metà del secolo XIX e del secolo
XX, G. Carducci. Egli chiamò bàrbara la
sua gran lirica perchè rinnovando, con
perfetta e insuperata fusione di pensiero
e di suono, i metri dei greci e dei romani,
si pensò che, se potessero rivivere, a quei
grandi la sua lirica sarebbe parsa barba-
rica. E ciò per questa considerazione che
per gli antichi la metrica si fondava su la
quantità, cioè su la maggiore o minore
estensione dei suoni sillabici ed avea in
se e per sé compiutezza armonica di mu-
sica : la metrica italiana invece posa su
l'accento ritmico. Dunque apparenza an-
tica, sostanza italica, onde \ìOQ^m barbara.
Barbe-bleue : nome del principale per-
sonaggio di un racconto del famoso poeta
burlesco Pe'rrault (n. 1628, m. 1703). Bar-
be-bleue è un marito feroce e sanguinario,
specie di orco, che scannò sei mogli e,
quando stava per sgozzar la settima, fu
ucciso dai fratelli di costei. Dicesi tuttora
per celia per indicare una, persona che fa
paura senza essere paurosa.
Barbèra: vino piemontese da pasto e
da bottiglia. Pregiatissimo, robusto, ricco
di colore, di àlcole e di acidità (Govone,
Magliano d'Alba, Priocca).
Bàrberi (corsa dei): così in Roma era
chiamato uno spettacolo carnascialesco,
crudele e non sempre innocuo, carissimo
a quella popolazione. Consisteva nel la-
sciar sciolti alcuni poliedri (barberi), cre-
sciuti selvaggi nella campagna: i quali
stimolati da flagelli che avevano sul dorso,
precipitavano da Piazza del Popolo a Piazza
Venezia fra densa ala di popolo. Tale spet-
tacolo fu abolito pochi anni dopo il nuovo
Regno.
Barbetta: (fr. barbette) terni, mar. che
indica quella specie di elevazione o piat-
taforma che è su le navi corazzate ove
pongonsi i cannoni affinchè possano tirare
al di sopra del parapetto. Onde dicesi can-
none messo in barbetta : e in fr. camion
monte en barbette: e in tedesco barbet-
teaufstellug . Dicesi barbette, parce que le
camion fait la barbe, rase l'épaule?nent
(Littré). I Barbetta indica altresì il cavo
che pende a prua delle imbarcazioni mercè
il quale si legano a terra o a bordo. Bar-
beta de la lanza, in dialetto veneto.
Barbigi : milanese barbis = baffi, ba-
sette. « Fortiguerra nel Ricciardetto e Pa-
Bas
— 41
Bas
rini 11(^1 Discorso sulle Caricature (III. B)
usarono anche Barbigi. Un poeta pisano
disse pure Io me la rido sotto i barbigi » .
Così scrive il Cherubini con molta sod-
disfazione di trovare una voce toscana
equivalente alla lombarda, egli che in tutto
il suo ottimo e peifetto dizionario ha pure
l'ingenuo torto di non voler vedere e in-
tendere simiglianza alcuna tra il milanese
e il toscano, mentre ve ne sono moltissime.
Barbigi scherzosamente per baffi è notato
dal Petrocchi : voce del resto registrata
anche noi vecchi diz. italiani.
Barbouillage: (rad. barbula = barba,
pennello) dicesi in francese di pitture o
di scritti, per indicare sgorbio^ searaboe-
chio, spegàsc lombardo, spegàxo veneto.
Barcaccia : quella specie di palco grande,
di solito in sul proscenio, che prendesi in
affìtto comunemente da compagnie ed amici
nella stagione teatrale. Voce proveniente
per estensione di significato da barca.
Barcarizzo: terni, mar.: posto ove si
tengono le imbarcazioni a bordo; ed anche
la porta della murata a capo della scala
per la quale si entra a bordo.
Barco : termine regionale romagnolo : il
cumulo del grano preparato in covoni,
pronto per la battitura. Bica.
Bardolino : nome del luogo presso il lago
di Garda onde proviene un noto e buon
vino da pasto, conosciuto con tal nome.
Bari bai: o orso nero è il più noto e
comune orso americano, lungo circa due
metri e alto uno, più mite dell'orso gri-
gio^ detto Grixxly, pure americano, e del-
l'orso bruno d'Europa.
Baricèntro: = centro di gravità dei
corpi^ ossia punto in cui si suppone ap-
plicata la risultante delle forze molecolari
di gravità che tendono a far cadere i corpi.
Termine di fisica.
Barnum : iiome proprio del signor Phineas
Tayloj- Barnum, americano, il quale con
un museo di cose e persone strane e cu-
rioso, cui diede il proprio nomo, fondato
in Nuova-Jork nel 1840, con altri spet-
tacoli teatrali e con l'aiuto di una grande
e a que' tempi originale strombazzatura,
guadagnò molto richezze. Questo nomo di
ventò sinonimo di ciarlatano e ciarlata-
neria.
Baròlo : vino pregiatissimo del Piemonte,
del circondario d'Alba. Si ottiene con l'uva
detta Nebbiolo. Colore rosso rubino, ge-
neroso, austero, fragrante, eminentemente
asciutto. Raggiunge^ la sua perfezione dopo
i tre anni di età. È fra gli ottimi vini
d'arrosto. Tipo di vino alla francese.
Baronetto : (baronet) titolo ereditario di
nobiltà inglese, di carattere medio, insti-
tuito da re Giacomo I nel 1611. Il baro-
netto non ha i privilegi politici del barone
e del lord. Premette al nome di famiglia
la voce sir e la moglie è designata col
titolo di lady (dama) invece di mistress
che si dà a donna non nobile.
Barcarola: « canzone modulata dai pe-
scatori in barca. Sono celebri lo barcarole
(lei gondolieri veneziani. Yi ha la barcarola
lieta, come quella così graziosa : La bion-
dina in gondoletta e vi ha la mesta,
come l'altra famosa noli' 0^e//o del Ros-
sini. » A. Galli, op. cit.
Barra: terni, mar., banco che si forma
alla foce dei fiumi per efi'etto dei detriti
della corrente. | Manovella del timone.
Basare: nel senso figurato ài fondare,
fondarsi^ detto delle opinioni, dei giu-
dizi etc. è voce ueologica tolta dal fran-
cese baser.
Base: parola comune sì alla chimica
organica che all'inorganica per indicare
una classe di corpi composti le cui proprietà
sono opposte a quelle dei corpi acidi : la
caratteristica di una base è di rendere az-
zurra la tintura di tornasole. Se ne forma
anche l'aggettivo basico.
Basico : V. Base.
Bas-bleu : letteralmente in francese vuol
dire calxa azzurra e dicesi di ogni donna
saccente, inframettente, che la pretende
a letterata. Quanto all'origine assai incerta
di questa parola, ecco quanto se ne legge.
Verso il 1781 oravi in Londra un circolo
che si accoglieva in casa della signora Mon-
tagne 0 chiamavasi della calza azzurra
[blue stoclcingclub\. lì sìg. Stili ingtleot, il
più autorevole di detta compagnia, aveva
costume di portare calzo azzurro ; e, lui as-
sente, dicoasi per motto : « «tasserà nulla
si può fare sonza le calze azzurre » e con
ciò indicavasi detto signore. Quindi il nomo
del Circolo. V. Reme dcs Dcux Moììdvs.
Bas
- 42
Bas
aprile 1860. p. 778. Secondo altri il nome
provenne dal fatto che un poeta arrivato
da un viaggio, ricusando per il disordine
del«uo vestito di entrare, la dama gli disse
che egli poteva presentarsi anche con cal%e
turchine. Insomma questa sig.*^ Montagne
(da non confondersi con Lady Montagne
della fine del '600, autrice delle famose
lettere) che fece polemica col Voltaire in
difesa dello Shakespeare, che si doleva di
non essere nata aomo, che viaggiò per
l'Europa e dovea essere un serpentello in-
tero, c'entra, a quel che pare, nella crea-
zione di questo vocabolo. Ancora un'altra
opinione : questa dama, nella sua dimora
a Venezia, fu introdotta in un' accademia
di letterati che avea nome della « Calza
Azzurra » e perciò la sig.^ Montagne di-
venne una bas-bleu e trasportò questo nome
a Londra ove fondò la sua Accademia, tra-
mandando il nome alle colleghe delle età
venture. Ma esisteva nel '700 quest'Ac-
cademia in Venezia? Non mi riuscì d'ac-
certare. Secondo invece, l'opinione del lette-
rato francese Filarete Chasles (1799-1874),
r assurdo sopranome sarebbe stato sfogo
bizzoso del gran poeta inglese A. Pope (1688
-1744) contro Lady Montagne (1690-1762)
la quale respingeva la sua corte. Messo
alla porta, s'avvide il Pope di due cose,
che le mani della dama non erano un
esemplare di nettezza e che ella portava
le calze azzurre, onde dettò quest' epi-
gramma :
Moii adorée a Tart de charmer les humains
Mais elle n'a pas celui de se laver les mains.
Indi la chiamò la dama dalle calze az-
zurre^ sopranome dovunque accolto ed
usato, specialmente per indicare le donne
sapienti o saccenti, quelle che Molière
aveva chiamato in una sua commedia
femmes savantes. In argomento così lieve
è però lecito fare una supposizione, cioè
che l'appellativo dato dal Pope a Lady
Montagne acquistasse poi universale ce-
lebrità dalla seconda e posteriore Mon-
tagne che lo aveva assunto e che pare
fosse pili meritevole di tale nome.
Basci-bouzuk : voce turca usata per in-
dicare una specie di fanteria, arruolata
fra popolazioni selvagge e belligere del-
l'oriente.
Bascule: voce tradotta letteralmente in
basculla o barculla, nota specie di bilancia
a piano. Beriya bascule dall'antico voca-
bolo francese bacule^ « tavola che bai le
cui ^ , cioè di cui un'estremità tocca terra
quando l'altra si leva: altalena. L's del
prefìsso bas è puramente eufonico. Italia-
namente : bilaìicia a bilico. Ma basculla
è voce oramai popolare e comunissima.
NB. L'etimologia qui data non è però
troppo certa. V. Scheler, op. cit. Addi-
tions et retifications .
Basedow (malattia di) : descritta la prima
volta (1840) dal B. . . di Merseburg: essa
è caratterizzata da una ipertrofia della
glandola tiroide, specie di gozzo, dallo spor-
gere delle pupille, (esoftalmia) dall' alte-
rarsi della voce e dell'azione cardiaca e
da altri sintomi ,di carattere cronico e
grave. Lessi di una recente e ingegnosa
cura di questo male mediante uno speciale
processo sieroterapeutico ed allopatico,
curando cioè gli infermi col latte di capre
cui fu invece asportata la glandola tiroide.
Basse -cour: cortile rustico., pollaio^
parola francese certo non comune, ma
usata dai signori e dalle persone a modo.
Per costoro certe parole italiane^ sanno di
plebeo.
Basso: nel napoletano sono chiamati
bassi certe stanze, come dice il nome
stesso, a piano terreno, che servono di
alloggio all'intera famiglia non che agli
animali domestici ; vero è che quivi la
vita facendosi all' aperto, 1' affittuario di
un basso è, se non di diritto, di fatto,
proprietario anche della via.
Bassofondo: 1) luogo di poca acqua ri-
spetto ai luoghi circostanti, dove la nave
non passa. 2) Gli strati umani che sono alla
base della piramide sociale, dove miseria e
delitto spesso fan nozze. Fr. Bas fonds.
Basso impero: sotto questo indetermi-
nato nome è spesso indicato il periodo in
cui r impero Eomano per le invasioni bar-
bariche venne decadendo. Questo periodo
va dalla divisione di Costantino in Im-
pero d'occidente e d'oriente, 396, alla presa
di Costantinopoli, 1453.
Bastagio : facchino.
Bastingaggio:ter.mar.,dalfr.6as^m^a5re.
Indica il parapetto che si metteva intorno
Bar
— 43
Bat
al ponte superiore delle navi per proteg-
gerle dal fuoco nemico. Bastingaggio ri-
sponde alla voce italiana pavesata. Ba-
stingage deriva da bastingue -sz difesa mo-
bile^ voce tolta dall'italiano classico antico,
anzi morto, bastìa o bastita = fortifica-
zione, riparo fatto con legname. Bastin-
gaggio non è nei diz. italiani, e demmo
noi la voce alla Francia! Di questa antica
parola vedi conservato il ricordo in Ba-
stida Pancarana e Bastida dei Dozxi,
luoghi presso il Po, tra Pavia e Casale,
ove in antico erano arginature forti contro
la forza del fiume.
Batata: ter. botan. eagric. : patata ame-
ricana. È la Jpomoea Batatas o Batatas
edulis dell' America tropicale, dove è spon-
tanea e anche coltivata pei tuberi fari-
nacei e zuccherini. N.B. Da non confon-
dersi con la Igname o Batata della China
{Dioscorea Batatas), a rizomi farinosi
che pure si mangiano cotti come le patate.
Entrambe si coltivano anche in Italia.
Batista : aggiunto di tela finissima, fr.
batiste. Da un Baptiste di Cambrai che
ne fu inventore.
Bàtonnier: così in Francia è chiamato
il capo dell'Ordine degli avvocati, rispon-
dente al nostro Presidente del Consiglio
dell'Ordine: ed è eletto dagli stessi av-
vocati di cui sorveglia e giudica la disci-
plina e la condotta. Questo titolo è dato
perchè in antico i sigg. avvocati forma-
vano in Francia una confraternita sotto
la protezione di S. Nicola, e nelle ceri-
monie il capo dell'ordine portava per con-
trassegno il bastone del Santo.
Bàtons rompus (à) : italianamente di
palo in frasca, a sbalzi. L'uso di corte
frasi non richieste, poco intose, meno ne-
cessarie, è vizio grave. Eppure si di-
cono e scrivono !
Bàtraco: plurale bàtraci (dal greco
bàtrakos z^rdivd) animale dell'ordine degli
anfibi, detti anche anuri o saltatori, do'
quali la rana è l'individuo più noto. Altri
legge anche batràcio.
Batracomiomachìa : parola composta
dal greco : ba traco-mio-machia zz. batta-
glia delle nme e dei topi. J^J il titolo di
un poemetto che la tradizione erronea-
mente attribuisco ad Omero: fu tradotto
in sestine, poi ampiamente con senso sa-
tirico moderno, parafrasato in ottava rima
da G. Leopardi. Usasi ,'questa sesquipe-
dale parola per indicare una battaglia o
contesa fùtile e degna di riso.
Bàttere : nel ling. mar. batter bandiera
vuol diro portarla spiegata arriva. Onde
le locuzioni batter bandiera italiana, batter
fiamma, battere insegna di comando.
Battere il ferro fincliè è caido: per
estensione dell'arte del fabbro dicesi effi-
cacemente per significare che il miglior
modo per riuscire in qualche impresa è
quello di insistere approfittando delle di-
sposizioni favorevoli e delle circostanze.
Battèri e derivati: V. Bacteri.
Batterìa: in marina da guerra indica
il corridoio delle navi sotto coperta ove
stanno le artiglierie.
Batteria di cucina: è locuzione non in-
frequente a cui anzi si annette un senso
di efficacia è di grandiosità per indicare
tutti i rami e gli utensili della cucina. È
il francese batterie de cuisine, les usten-
siles qui servent à la cuisine.
Batteriologia : V. Bacteriologia.
Battersela: modonostrofamiliare, accolto
ne' maggiori lessici, nel senso di andar-
sene in fretta o di -furto, spesso con scorno
e vergogna. Sinonimi: battere il tacco,
battere in ritirata. Squagliarsi è anche
parola che ha quasi lo stesso significato
e vuol dire precisamente battersela in
forma clandestina.
Batteur: nel linguaggio della caccia vale
battitore, hoiume employé à battreles bois
pour en faire sortir le gibier. Tale voce
francese non è nuova da noi, sì nel senso
proprio come nel senso traslato, come d..i
esempio si può argomentare : « dal trat-
tato di Berlino alla guerra greco-turca
del 1897 il compito dell'Austria nei Bal-
cani era stato di dar la caccia, sui monti
Rodope 0 sul Pindo, sulle Alpi transilva-
niche 0 sui Balcani, all'Orso Bianco, per
conto dell'Europa occidentale. I suoi bat-
teur s più abili furono, appunto noi paesi
slavi più facilmente russofili, StambulofP
in Bulgaria e re Milano, quando Monte-
carlo glielo permetteva, in Serbia. »
^dXi^MTò'. battitori. Qo^\ nel linguaggio
dei cotonieri ò chiamata con vooo francese
Bat
— 44
Bec
la prima macchina nella quale passa il
cotone, compresso ancora, per essere se-
parato dalla polvere e formare degli strati
che vanno su la carda.
Battirelli: nome proprio di un delegato
di P. S. il quale al tempo del Ministero
Crispi non riuscì a frenare gli eccessi
di una dimostrazione politica la quale era
stata permessa. Questo ufficiale pagò con
punizione grave l' errore dei superiori.
Ebbe però la soddisfazione di dare — in
un certo gergo politico — senso estensivo
al suo nome, e significare generalmente
quegli ufficiali inferiori su cui ricadono
le responsabilità degli errori altrui. Ciò
non è proprio il sistema voluto dal conte
di Cavour, ma è molto comodo. Es. : « i so-
liti Battirelli ! ». La radice del verbo bat-
tere nel nome molto deve esser valsa alla
misera fortuna della parola.
Battòsta : da battere, è parola registrata
nei dizionari dialettali veneto, lombardo,
emiliano (nella forma dialettale batosta)
si nel senso proprio di percossa^ sì nel
senso traslato di danno^ pregiudizio^ ef-
fetto, di una sconfitta malattia, etc. Dicesi
anche nel parlare familiare in italiano : ma
i lessici non registrano tale voce.
Baty : voce inglese, non letteraria, usata
talora da quei tecnici italiani che non
sanno l'italiano o non vogliono usarlo:
significa castello^ cioè la struttura fissa
della macchina, la parte che sostiene gli
organi in moto. V. Incastellatura.
Bau-bau o babau: nome di spauracchio
0 fantasma del quale le donnicciuole si
servono per impaurire e far star cheti i
fanciulli. Forse dal suono che si fa per imi-
tare la voce del preteso fantasma. Yoce
usata in Eomagna e nelle Marche. Nel
veneto si dice babao.
Bavarder : fr. ciarlare^ chiacchierare^
cicalare. Eppure bavarder e bavardage
sono talora parole dell'uso elegante.
Bavarese: « sorta di bevanda eh' è fior
di latte con giulebbe per lo più riscal-
dato. Anche i francesi dicono une bava-
roise au lait; e Grand d'Aussy (nella
Histoire de la vie privée de Francois I,
toni. Ili, p.. 118j dice che fa così nomi-
nata perchè .1 Principi Reali di Baviera
trovatisi a Parigi ne' primi anni del se-
colo XVIII, desiderarono una bevanda così
fatta. » Così il Cherubini. Bavarese oggi
dicesi a Milano di latte caldo, ma è voce
che va perdendosi.
Bavette : bavaglio lo o bavaglino, eppure
si ode e legge talora la parola francese
che per nulla è diversa dalla nostra.
Bazar: per emporio di merci varie e
dell'uso, è vocabolo accolto da tempo nella
lingua italiana. Deriva dall'arabo. La de-
sinenza in bazzarre è meno frequente.
Beamìng Machine: nome inglese di una
macchina orditrice. Non esce dal linguag-
gio de' tessitori e meccanici.
Beati monoculi in regione o in terra
caecorum : beati quelli che hanno un
occhio solo in terra di ciechi.
Beati possidentes : beati i possidenti!
La ricchezza accumulata e trasmessa si-
curamente di padre in figlio porgendo no-
bile ozio e sicurezza di vita, creò nel pas-
sato cotesta affermazione esclamativa e
desiderativa; la quale, alla stregua dei
tempi e delle idee odierne, va sempre più
acquistando un significato molto relativo.
Erroneamente questo motto è ricavato da
Orazio Od. IV, IX, 25. Vuoisi piuttosto
ricercare in un antico aforisma che dice
beati qui in iure censentur jjossidentes.
Bebé: « Oh che bel bebé/ come sta il
suo bebé? Mi faccia vedere un abito da
bebé/ » si ode spesso. Frequentatissima
voce francese che racchiude nella felicità
di quelle due sillabe uguali la grazia e la
ingenuità del bambino, insieme a non so
quale amabile petulanza e vezzosissima
balordaggine signorile. Più tu pronunce-
rai con le labbra strette e voce di flauto
le due sillabe bebé., e più sarai volentie]?i
udito. V. Baby.
Beccafòrbice : uccello. È il nome dia-
lettale pisano e d'altri paesi del Crociere
{Loxia curvirostra) o Becco in croce o
Becco storto.
Beccheggio: da becco., quasi dar di
becco: nel linguaggio de' marinai indica il
moto oscillatorio da prora a poppa come
intorno ad un asse trasversale. I mecca-
nici dicono beccheggio o serpeggiamento
anche delle locomotive.
Beccofrosone : ugggììo (Bomby e illa gar-
rula): bell'uccello cantatore dei paesi set-
150
45
Bel
rontrionali, il «lualo però migra anche in
Italia durante 1' inverno. E anche detto
Gamilo.
Bécero: parola fiorentina che i dizio-
nari, in omaggio a quel massimo fra i
dialetti, registrano : dicesi di persona
dell'infima plebe, insolente e sfrontata.
Becero è da pecoro, lat. pecus.
Béchamel: salsa bianca di farina roso-
lata nel burro, e panna. Questo nome
vuoisi derivato dal marchese B.^chameil,
maggiordomo di Luigi XIV.
Becher : è la parola tedesca da cui già
provenne la nostra bicchiere. Ma in molte
birrerie si ordina di solito un becher e
non un bicchiere di birra. Così l'uso.
Béchique: questa parola francese è ado-
perata qualche volta invece della italiana
pasticca^ per indicare quei facili e co-
muni rimedi a base di gomma contro la
tosse. La parola béchique è fatta derivare
dal greco bex = tosse. (Littré).
Beef-steack: secondo l'ortogr. inglese,
e vuol dire pexzo di bue ; hifteck in fran-
cese seguendo la pronuncia inglese, e
bistecca da noi. Voce dell'uso. La beef-
steack è la forma sotto cui il bue è piii
pregiato nella cucina inglese ed è giusta-
mente vantata come modo semplice e sano
di allestire la carne. I francesi ne dispu-
tano il vanto agli inglesi, e in alcuni
trattati dell'arte della cucina si osserva
che quella che nel continente è chiamata
beef-steack all'inglese, in Inghilterra chia-
masi alla francese. Comunque sia, la
beef-steack non è da confordersi con la
costata (entre-cóte). La beef-steack è di
filetto (generalmente di bue) e anche di
culatta: da un filetto ne devono sortire
dodici circa, ben sgrassate e spelate, ne
troppo grosse: si arrotondiscono, si bat-
tono, si spolverizzano di sale, si spalmano
di burro quindi si cociono a fuoco vivo
su la graticola.
Befana: corruzione dialettale di Epi-
fania (che in greco vuol dire Apparizione)
la quale così popolarmente è chiamata in
Roma e nell'Italia centralo. Befana è pur
anche la vecchia che viene in quella notte
giù pel camino a portar balocchi e dolci
ai bimbi buoni. Con gran frastuono di
trombe e trombette celebrasi tradizional-
mente in Eoma la notte della Befana. Ne
Veneto si uhiama appunto la Vecieta.
Béguin: capriccio amoroso, dalla pa-
rola francese béguin = cappuccio che por-
tano les ììéguines, specie di religiose: be-
ghine. Anche presso qualche nostro dialetto
si dice prendere una scuffia per signi-
ficare innamorarsi: allusione simile a quella
che fa chiamare in francese coiffée una
persona presa da alcunapassione. Béguin
è vocabolo recente e del gergo. Notevole
come alcune voci del gergo francese fac-
ciano rapidamente il loro passaggio nella
lingua nostra, e tendano poi a scomparire.
Beige: sorta di panno di grossa lana.
Confronta la parola viva francese con la
parola morta italiana bigello^ panno bigio
di grossa lana.
Beìgnet: fr. frittella^ e si dice special-
mente di pesche o mele.
Bei-ami: titolo di un notissimo romanzo
di Guido di Maupassant, Bei-ami ne è il
protagonista: personaggio scaltro, senza
coltura e senza coscienza, il quale da po-
vero stato col favore delle donne e valen-
dosi di espedienti disonesti, ottiene infine
alti gradi ed onore. Questo nome è stato
usato talvolta con senso antonomastico.
Bel canto: canto di singole persone,
distinto da canto corale, onde maestro.,
accademia di bel canto.
Bel gesto: V. Gesto.
Belle-mère: voce francese usata talora
dal ceto signorile in luogo della corri-
spondente suocera.
Bello spirito: ricorda il francese bel
esprit., locuzione che dal senso buono venne
poi scadendo ed indicò una faQon préten-
sieuse de parler et de s'exprimer: con tale
senso è usata presso di noi. Le forme
schiette dialettali hanno molti vocaboli che
vengono a significare lo stesso, specie dal
valore del contesto, es. far il lepido, il
graxioso., etc.
Belua multorum oapitum: così Orazio,
acutissimo filosofo e poeta latino, nella
prima dello suo Epistole, vs. .76, chiama
il popolo: belva dalle molte teste., e un
antico chiosatore vi aggiungo come po-
stilla che sarà bone nò tradurre nò lo-
dare: Velut Hìjdra. Egregia populi dc-
scriptio !
Bel
46
Bes
Belvedére: term. mar., vela di velac-
cio di mezzana. | Belvedere (o Bellavista
o Bellosguardo) è bella nostra parola an-
tica che fu data a nobilissime ville, poste
in altura onde scopresi molto e bel paese.
Voce trasportata anche in francese in signi-
ficato press' a poco consimile, o di terrazza
o di edifìcio staccato in più bella postura.
Bempensante: letteralmente dicesi di per-
sona che pensa bene, rettamente, secondo
la legge ; e talora vi è aggiunto un lieve
f^enso ironico, quasi a significare bempen-
sante perchè le condizioni fortunate e for-
tuite della vita tolsero l'occasione di pensar
male.
Bénédictin: fi\ benedettino, che oltre a
significare il frate dell'ordine di S. Bene-
detto, indica ancora un rosolio o liquore
in origine fabbricato nel convento dei Be-
nedettini a Fécamp, antica industria e
conforto di que' monaci.
Benefìcio d'inventario: locuzione giu-
ridica che significa la condizione posta
dall'erede alla sua accettazione della ere-
dità di non essere tenuto ne' debiti ere-
ditari oltre l'ammontare dell'attivo quale
risulta da diligente inventario. Da ciò la
locuzione : accettare idee, affermazioni,
cose, etc. col beneficio d'inventario cioè
condizionatamente e dopo ponderato esame
del prò e del contro.
Benemerita (la): così è chiamata l'arma
dei Beali Carabinieri, un po' sul serio un
po' per celia, per le benemerenze acqui-
state con l'opera sua. Termine popolare e
molto comune.
Beneviso e benviso: e così maleviso,
per benveduto e malveduto sono parole
riprovate dal Rigutini. Certo formano un
doppione inutile.
Bengalino: o fr. bengali, specie di frin-
guello delle regioni tropicali, così detto
dal Bengala, regione onde prima proven-
nero. I Bengali è anche detto l'idio-
ma del Bengala (India) derivato dal san-
scritto.
Benignarsi: per degnarsi, compiacersi
è dal Bigutini definita « una ridicola lezio-
saggine » .
Ben inteso: nel senso di purché, a patto
che, se, etc, è il francese bien entendu:
difeso dal Yiani, riprovato dal Rigutini.
Benportante: V. Bien portant.
Benzbe: {asa dulcis) resina balsamica
che cola da un albero dell' India, detto
Styrax benxoin.
Bèola, Bèvola =:: gneiss. Bèola o Serixxo
è appunto il nome dialettale del gneiss
(dal tedesco Gneiss), una roccia molto af-
fine al granito, formata com'esso di quarzo,
feldspato e mica, ma schistosa, cioè sfal-
dabile pili facilmente in una direzione. A
Milano si adopera tale pietra specialmente
per fare i gradini delle scale, i piani dei
pogginoli, etc.
Bèrberi : nome dato alle antichissime
])opolazioni (aborìgeni) delle coste setten-
trionali dell'Africa.
Beroeau: pergolato, voce francese di
molto uso: incerta etimologia.
Berceuse : in fr. ninna nanna, l'aria
musicale della ninna nanna. Specie di
componimento musicale.
Bergamina: mandra di mucche; term..
lombardo, così detta dalle Alpi bergama-
sche e della Valsassina onde calano al
piano, al tempo di verno, per la pastura.
Berretto frigio: berretto de' Giacobini
e de' Sanculotti al tempo della grande
rivoluzione. In francese, bonnet phrygien,
di cui il cucuzzolo è ripiegato innanzi.
Così è pur chiamato il berretto onde è effi-
giata la Libertà. Berretto frigio diventò poi
sinonimo delle idee di cui fu simbolo e
segno.
Bertoldo : nome proprio nel popolare rac-
conto di Bertoldo, Bertoldino di G.C. Dalla
Croce 1550-1620 : ted. Berthold : usasi
estensivamente e familiarmente per uomo
sciocco e da poco.
Bésy 0 bésigue: è francesemente detto,
il giuoco della bàzzica. La quale è una
specie di briscola, benché più complessa
e difficile. V. le norme e le specie nel
Golii, op. cit.
Besicles: sono quelli che in italiano si
chiamano occhiali a stanghetta. Parola
francese, dal latino bis — due volte e
oculus = occhio.
Bestia: nome di un conosciuto giuoco
d'azzardo, d'origine francese: b&te, che si
giucca in quattro o in cinque distribuendo
cinque carte a ciascuno e levando la bri-
scola.
Bét
47
BiG
Bete noire: dicono in Francia figura-
tamente e' est la bete noire^ e est ma bète
noire per indicare una persona malvista e
malefica che ricorre spesso nel fatto o nel-
l'imaginazione, e così diciamo noi pure,
anteponendo la forma francese alla locu-
zione tradotta od allo equivalenti- italiane.
Beton : voce francese usata in voce di
eaìecsfruxxo (cemento, sabbia e ghiaia).
Betonata: grande costruzione in calce-
struzzo. Neologismo abusivo.
Betting : dal verbo inglese to bet, scom-
mettere. Indica il valore e l'insieme di co-
loro che scommettono nelle corse. Voce
dello Sport. Usasi pure in francese.
Bettònioa: erba perenne, già reputata
di molta virtii medicinale, lat. betonica,
vetonica^ tettonica., che Plinio trae dal
nome dei Yettoni, gente di Spagna. Es-
sendo erba notissima, ne venne il modo
di diro essere noto come la bettònìca.
Beva: sost. fem., voce toscanissima, con
valore tecnico nel linguaggio degli enologi
per indicare la condizione ed il tempo in
cui un vino è maturo, fatto, buono a be-
«;cre, onde la locuzione entrare in beva
per dire essere buono a bere, di pronta
beva., etc. Usasi anche in senso traslato:
esser nella sua beva, per dire essere in
affare di suo genio. Ma è modo regionale
e molto familiare.
Bévue : voce francese, spesso usata nel
linguaggio mondano e vuol dire topica (?)
sbadataggine., inavvertenza di chi per
distrazione o per storditaggine commette
qualche errore, come sarebbe ricordare
cosa che non deve essere mentovata, non
ricordare nomi o fatti che si suppongono
noti, insomma nella prammatica delle con-
venienze mondane commettere qualche
disattenzione. A questo già usato voca-
bolo si sostituisce talvolta la voce nuova
gaffe. V. questa parola.
Bey : voce turca beig r= signore ; ed è
titolo che non sempre ha senso preciso.
Spesso è dato al governatore d' una pro-
vincia 0 d'una città. Es. Bey di Tripoli.
Bianco-segno: por firma in bianco è
voce comune noi linguaggio degli uffici e
ricorda il blane-saing do' francesi.
Bibelot: da blmbelot, giuoco da bimbi,
dalla stossa radico bimb o bamb da cui
bimbo, bambino: così si chiamano in fran-
cese quelle minuterie da chincagliere il
cui pregio piia che nel valore intrinseco
0 nell'arto, consiste nella curiosità e nella
novità, e servono da sopramobili. Minuterie,
come sopra è detto, è la voce che meglio
vi corrisponde : ninnoli, anche ; e avrebbe
il medesimo valore etimologico che bibelot.
Biberon: dal latino bibere, bere. Voce
francese di frequente uso. Non manca la
l)arola nostrana 'poppatoio. Molti del po-
polo cui r ignoranza salva dal guastare
l'idioma natio, dicono bottiglietta. «Questo
bambino fu tirato su con la bottiglia » .
Molti dicono « biberone » , come dicono
bombone [6o?^6o?^] tirabusone [tire-bou-
ehon\ etc, le quali sono voci, oltre il resto,
di orribile suono : il che non è in francese,
in cui lo sfumato accento e la desinenza
tronca danno snellezza.
Bibliografìa: scienza del bibliografo; la
quale distinguesi in materiale, e in let-
teraria 0 scientifica. La prima intende a
far conoscere materialmente i libri per
mezzo dei cataloghi, nei quali se ne fa
una minuta descrizione e indicandone la
rarità e il prezzo : e questa è propriamente
la parte dell'istruito libraio, e dell'arte
librària. La seconda tratta criticamente
del merito dei libri.
Bibliomanzia : superstizione che consiste
neir aprire a caso la Bibbia (o qualche altro
libro) e leggere il capo che cade sotto
gli occhi, dando ad esso una speciale in-
terpretazione.
Bicicletta: termine molto pi" usato che
non velocipede; eppure cotosta parola at-
tende di essere registrata nei dizionari. Essa,
come è noto, è l'antica draisienne (Y. que-
sta parola) perfezionata nel secolo XTX e
giunta a tale grado di compiutezza mecca-
nica che non pare più suscettibile di altre
modificazioni. La bicicletta delizia e cura di
ogni sesso e di ogni età, fu cantata in ita-
liano ed in latino, nella qual lingua Ludo-
vico Graziani compose un leggiadrissimo
poemetto intitolato Bicyclula (che tale è la
buona versione di bicicletta, e non, come
altri s(;risse, birota velocissima) e questo
])oemotto fu preniiato nella gara poetica
annua di Amsterdam (anno 1000). Alcuni,
tanto per variare, scrivono anche bicicletta.
Bic
- 48 -
Bij
Biciclo: sarebbo il velocipede, padre
della bicicletta a due ruote di vario dia-
metro, senza moltiplicazione.
Bidet: nome di cosa assai nota: è pa-
rola di origine celtica che diede nel basso
latino 'veredettus, diminutivo di veredus,
cavallo, quindi « cavalluccio, bidetto » ,
ma non è dell'uso. Il bidet non corre ben-
ché posi su quattro piedi : tuttavia con-
viene specialmente non esclusivamente
alle donne inforcarlo per servirsene per
gli usi intimi.
Bidone: (dal fr. bidon, corruzione di
bedon = grosso ventre) indica un grosso
recipiente di latta. Voce popolare e dia-
lettale in alcune regioni d'Italia.
Biella: (Ir. bielle) termine meccanico
che indica quell'asta rigida di una mac-
china che serve a comunicare e trasfor-
mare il movimento. Voce comune. In buon
italiano asta. Vero è che un valente pro-
fessore di meccanica mi osservava essere
asta voce generica e che per indicare quel
« membro del manovellismo (che parole!)
di spinta rotativa, articolato colla testa a
croce (o pattino) e colla manovella, si deve
dire biella ; che non fu accettato dalla pra-
tica l'equivalente braccio (braccio d'ac-
coppiamento; braccio motore, proposto
dagli scrittori di cose ferroviarie) ne fu
accettato il termine accoppiatore ».
Bien-portant: nella lingua d'uso è voce
abbastanza comune : traducesi talora in ben
portante. Vi corrisponde benissimo la pa-
rola prosperoso. Ma essendo essa poco fre-
quente, perde del suo valore, come ognuno
può di leggieri intendere. I lombardi hanno
la loro tipica parola disposto: un uomo,
una donna disposta, equivalente al bien
portant dei ft-ancesi, i quali hanno anche
il contrario mal jwrtant.
Bìfora: finestra divisa in due da una
colonnetta.
Biffare: voce del linguaggio de' biblio-
grafi. Venduto il libro, o altrimenti uscito
dalla biblioteca o dalla libreria, si tira col
lapis di colore o coli' inchiostro un frego
trasversale e spesso a mo' d'X, quanto
la scheda e grande per avvertire che esso
non vi è più : il che dicesi Biffare la
scheda. Per es. la scheda è biffata. Il
verbo deriva dalla ottima nostra parola
biffa, usata dagli agrimensori per indicare
quella pertica o canna piantata in terra
con sopra un segno per traguardare. Nel
contado di Romagna è voce viva ed usata.
Bigattiera: temi, lombardo (bigattèra):
l'edificio dove si allevano, in molta quan-
tità, i big'atti.De' quali edifici gran numero è
in Lombardia, appunto perchè quivi è molto
estesa la coltura del prezioso baco. Il Ri-
gutini, a ragione, non è alieno dall' accet-
tare questa parola: infatti il Petrocchi la
registra.
Biga: V. Capra.
Bigatto : torm. lombardo (bigat) esteso
anche fuori di Lombardia : con voce ita-
liana, filugello, baco da seta. Bigat e bi-
gatera sono altresì voci dialettali roma-
gnole per baco, baco da seta. Dicesi anche
in romagnolo cavalir m bigat, vermicelli.
Bigino: term. esclusivamente lombardo
del gergo scolastico che indica il libretto
di traduzioni, letterali pessime ed anoni-
me, del greco e del latino: delizia degli
scolari che rispai'mia loro studio e fatica,
e, dopo otto anni di latino e cinque di
greco, contribuisce all'effetto di uscire dal
liceo vergini di <3gni seria coltura classica.
Dal verbo milanese bigia = marinare.
Biglietto o viglietto: che altri scriva è
pur sempre voce presa dal francese billet
e da tempo assai antico. Che poi la pro-
venienza sia latina [bulla) ciò monta ben
poco essendo la maggior parte delle voci
francesi di origine latina,
Bignonia: (term. bot.). La specie di Bi-
gnonie sono numerose, e in generale sono
piante rampicanti o volubili, che si col-
tivano anche da noi per la bellezza dei
fiori e del fogliame, specialmente per co-
prire muri e pergolati. Originarie dell'A-
merica. Alle Bignoniacee spettano pure
la Jacaranda ohtusifolia e J. brasiliana
che danno legni pregiati, come il palis-
sandro; le catalpe, la tecoma.
Bigotti della Monarchia: motto di Al-
fredo Baccarini, uomo politico romagnola
di idee liberali, agli insipienti o troppo
timorati della autorità del Sovrano.
Bijou e bijouterie : dal latino bis due
volte e iocus, giuoco, bisiocuhrs, gioiello,
vezzo, gingillo di valore. Una piccola
casa, una donnina graziosa, tutto ciò in
49
Bit
■>oiuiiia che piccolo, ben lavorato, gentile
può essere onorato dell'epiteto di bijou,
(ili editori ad uno speciale formato pic-
cino ed elegante, danno il nome di formato
hijow. lina volta dicevasi formato dia-
mante. Noi abbiamo ancora viva la bella
parola galanteria. Es. « quella giovanetta
come è graziosa! Una galanteria! » . La
parola francese fu tradotta in bigiii, bi-
;/iotfier(\ bigiotteria, e anche registrata.
Bilancella: sul lido tirreno così è chia-
mata una specie di feluca ad una sola
N'ela latina con flocco, di piccolo tonnel-
laggio e serve per lo più di tras])orto tra
liti vicini (piccolo cabotaggio). 11 trabàc-
colo romagnolo è a due vele al terzo e di
maggior portata : può arrivare sino alle
200 tonnellate o 250. La bilancella dicesi
anche Paranxella.
Bill: voce parlamentare inglese e vuol
dire progetto di legge. Deve esser letto
tre volte, approvato dalle due Camere,
sancito dalla regina o dal re e allora di-
viene legge. Per la etimologia cfr. il la-
tino bulla, italiano bulletta, francese
billet, da bullet. Più frequentemente que-
sta voce ricorre nella locuzione bill di
indennità, la quale dal parlamento inglese
provenne al linguaggio parlamentare di
Europa e si dice della sanatoria che la
Camera concede ai ministri per qualche
loro atto illegale, ma richiesto dalle neces-
sità. I diz. francesi notano questa voce.
Bio: forma dialettale veneta usata nelle
esclamazioni per non dire con intero suono
il nomo che le Sacre Carte avvertono non
doversi pronunciare invano.
Biologia: gr. bios z= vita e logos = di-
scorso, scienza che studia i rapporti che
intercedono fra gli organismi e il luogo
e il modo in cui vivono ; fra gli uomini
della presente e quelli dello passate età.
Bipede implume: dicesi facetamente del-
l'uoiìio. Ma la dellniziono è antichissima
v.d è attribuita a Diogene, il (juale —
avendo Platone definito l'uomo animai
bipes sine pennis — arrecò nella scuola
del gran filosofo un pollastro spennato,
dicendo «questo ò l'uomo di Platone».
Ciò leggcsi in Diogene Laerzio (De dar,
pliilosoph. vitis^ dogmatibus^ etc.,lib. VI.
13, 40).
A. I'an/.ini, Supplemento ai Dixioìuiri italiani.
Birraria: è modo comunemente ripro-
vato per birreria: mescita di birra.
Bisatro : corruzione dialettale di una
parola bisoiaito, da biscia : nome dato dai
pescatori dell'Adriatico (litorale veneto e
romagnolo) alle piccole anguille.
Bischero: V. Appendice.
Biscuit: letteralmente biscotto {bis coc-
tus :::= due volte cotto) e così i francesi
chiamano oltre al biscotto, pane, una pasta
di porcellana due volte cotta e lasciata
nel suo bianco naturale senza pittura, né
vernice, nò smalto. Es. una statuetta di
biscuit.
Bis dat qui cito dat: motto latino che
significa : chi paga subito è come pagasse
due volte. Cosa vera dai tempi romani
ad oggi !
Bisecare: (dal lat. bis = due volte e
secare -- tagliare, cfr. segare, sega) dicesi
nel linguaggio geometrico della retta —
bisettrice — che divide un angolo in due
altri uguali.
Bisettrice : V. Bisecare.
Bis in idem: motto latino che significa
due volte nella istessa cosa. Si dice spe-
cialmente di chi cade nello stesso errore.
Bissare : dal lat. bis, due volte, quindi
ripetere una seconda volta, e nel linguaggio
teatrale è voce non solo usatissima ma
necessaria. I dizionari non la registrano,
il Fanfani la riprova. Certo non è parola
germogliata dalla lingua italiana ma tolta
dal francese bisser. Ma (juante sono le
parole che noi usiamo e che hanno questa
origine? Infinite. Se le dovessimo espellere
tutte, sarebbe un affar serio farsi inten-
dere anche fra noi!
Bissóna : gondola bella e grande di Ve-
nezia, in uso allo regate e nelle cerimonie
tradizionali di quella città. A^oce dialet-
tale, estosa al comune linguaggio; così
detta, forse, perchè era in antico ornata
di bisso. Naviga a molti remi.
Bistecca: V. Beef-steak.
Bitta: terni, mar., sistema di due colonne
di legno o di ferro, i)iantato a prua dello
navi, spesso rafforzato con traverse: ser-
vono a dar volta agli ormeggi delle an-
core, a sostegno del molinello por sal-
l)are, otc.
Bitter: voce generica di liquore, di ori-
Biv
— 50 —
Bla
gine olandese che vuol dire amaro. Così
si chiamano vari stomatici, dal più al
nieno fabbricati con infusioni di scorze e
radici amare (arancio, genziana, rabarbaro,
ginepro) nello spirito. In fr. bitter.
Bivacco: neologismo, dal francese bì-
vouac Q, forma antiq. bivac. La parola
francese, a sua volta, deriva dal tedesco,
bei = vicino e ivaeht :~ guardia., quindi
significa campo a ciel sereno ove l'esercito
s'accampa. La grande storia militare e bel-
ligera di Francia legittimò e diffuse que-
sta parola anche presso di noi, popolo non
belligero. I dizionari la registrano; il Fan-
fani la combatte, e vuole sostituirvi le
parole alto., accampaìnento ., attendaìnento.
Bizantinismo, Bizantino, Bizantinerìa,
e anche Bizantineggiare: parole di uso
moderno e non così facili a spiegare come
sono facili ad intendere. Bisanzio fu per
tutta l'età di mezzo, cioè, per un periodo
più che millenario, la capitalo dell'impero
romano d'oriente, erede, dunque, di Gre-
cia e di Eoma, ma col processo del tempo
si venne sempre più isolando dal vivo
occidente d'Europa, perdendo di valore
politico e assumendo certi speciali carat-
teri di cerimonie, di rigidità, di immo-
bilità. Benissimo si può intendere il senso
di queste parole ove ben si comprendano
questi due versi che G. Carducci scrisse
a proposito della terza Eoma :
Impronta Italia domandava Roma,
\xio essi le han dato.
Questioni bix,antine, è locuzione che vale
questioni sottili.^ ma inutili., intermi-
nabili.
Blacl^bouler: neol. fr. che vuol dire dar
-palla nera nelle votazioni politiche. Sarà
parola rarissima da noi, ma avendola tro-
vata ed udita in speciali casi nel senso
di dare voto contrario, così la noto a mag-
gior conferma del mio asserto: cioè che
molti per iscrivere e parlare effìcacemente,
argutamente, hanno bisogno oramai delle
locuzioni straniere. Blackbouler è fra i neo-
logismi francesi, derivato dall' ingl. black-
ball = palla nera e, come verbo, bocciare.
Blaga: Y. la parola francese Blague.
Blague: propriamente borsa di pelle
entro la quale ponesi il tabacco, e per
l'affinità frale cose vane e le cose enfiate,
vanteria., spacconata., menzogna. Del resto
è d'uso familiare nella lingua francese, e
da noi sovente si traduce in hlaga. Il
Carducci nel suo bellissimo scritto Mosca
cocchiere usa questo francesismo dicendo
che esso è brutto anche in Francia, ma
che « oggigiorno non se ne può fare a
meno » . Se non di blaga ^ così si potrebbe
dire di molti gallicismi. Quando una pa-
rola straniera è penetrata in un idioma,
essa vi acquista giusto diritto di cittadi-
nanza. « Fuori i barbari » si potrà diro ri-
ferendosi alle persone, ma quanto ai bar-
barismi bisogna evitare che entrino, e a
ciò vana è l'opera delle autorità deputate
all' uopo, se non vi provvede con senso
d'amore la nazione stessa. V. la discus-
sione che avvenne nel Parlamento italiano
intorno al Bilancio della P. I. Giugno 1902.
Blagueur: vedi blague. Parola usata
invece delle moltissime nostre : gradasso,
spaccamonti., chiacchierone., etc. Il d'An-
nunzio, stilista di gusto assai dubbio, ma
conoscitore egregio e cultore della lingua
italiana e, fra i moderni, assai puro, usò
la voce blagueur: prova evidente della
forza che la consuetudine imprime a certe
parole : « La mia casa è la casa rispetta-
bile di un buon lavoratore e io deploro
di avervi ricevuto ingenuamente un bla-
gueur di quella specie ».
Blanc-bec : letteralmente in francese
becco bianco e si dice di persona inesperta
e giovane, ma che della sua inesperienza
non si rende conto, anzi sembra presu-
mere di sé : sbarbatello.
Blanc-manger: voce francese già da
antico fatta italiana e classica in bianco-
mangiare, piatto dolce da credenza. Il
Manuzzi e il Tommaseo la riportano, e
zitti. Il Yiani la difende, il Fanfaui ci fa
una delle sue solite chiacchierate. Il Pe-
trocchi la registra fra le voci antiquate.
Blasé : voce francese frequente e felice :
la quale indica la persona divenuta scet-
tica, non per abuso di filosofia ma di mon-
danità 0 di piaceri. Nel suo primo senso
il verbo Maser vuol dire alterare per ec-
cesso dell'uso il senso del gusto. Es. l'u-
sage des liqueurs fortes lui a blasé le
gout. Poi figuratamente si dice di tutto
Ble
— 51 —
Blo
<'iò che a hm^o andare rende l'uomo in-
capace di emozione e di affetti: indiff'e-
rerife^ scettico^ insensìbile. L' etimologia
dolla voce è incerta.
Blennoragia : gr. Menna =; muco e raghè
= eruzione. Malattia infettiva di cui l'a-
ji-ente ])iitogeno è un microbo s])ecilìco :
■mierococcus gonorheae. Si appalesa negli
uomini in t'orma di uretrite, di metrite
nello donne. Dicesi anche gonorrea^ scolo,
scolaxione.
Bleu : questa parola che da noi si pro-
nuncia con un blu così duro che pare il
latrato di un cane, ha tolto di seggio ora-
mai le belle parole axxurro e turehino. Da
bleu provenne l'aggettivo bluastro (bleud-
tre) per turchiniccio. Bluet pure è detto
sovente, in luogo della nostra parola gen-
tile fiordaliso o ciano., il fiorellino az-
zurro che cresce tra il grano.
Come il ciano seren tra '1 biondeggiante
Or delle spighe, tra la chioma flava
Fiorìa quell'occhio azzurro.
Carducci {Idillio maremmmw)
Bieu-élétrique: dicesi delle stoffe, dal
colore azzurro cangiante. I nomi delle
stoffe e dei colori sono spessissimo indicati
iìlla francese : ciò si vedrà di volta in volta.
Bleu-gendarme : così nel linguaggio
delle stoffe si chiama quel colore turchino
verdastro, usato nelle assise militari.
Bleu marin: per indicare il colore tur-
chino fondo di certe stoffe, dicesi in Italia
bleu-m-arin. La bella parola italiana
axxurro oltremarino o d' oltremare è
dunque spenta del tutto?
T/azzurro oltremarin di Terra Santa
È bava di lumaca in suo pensior.
G. Carducci, La consulta araldica.
Bleuet: V. Bluet e Bleu.
Blindage: in francese indica l'atto del
blindare, voce tradotta anche in blindag-
gio. V. il verbo blindare.
Blindare: dal fr. blinder, voce sposso
usata trattando di opero militari e signi-
fica difendere con lastre metalliche una
parete, un carro, un fortilizio etc. affinchè
sia protetto dalle palle nemiche. La etimo-
logia è dal tedesco blenden., rendere cieco.,
quindi per ostensione, coprire^ munire.
Così il Diez. Es. carro blindato.
Bloccare : por stringere di assedio così
strettamente da impedire ogni comunica-
zione e introduzione di viveri nella città
assediata, è parola da assai tempo accolta
nei nostri dizionari : fr. bloquer. Voce che
si congiunge alla parola tedesca block da
cui block haus e blocco. Dicesi anche fa-
miliarmente bloccare per chiudere. Es.
siamo stati bloccati in casa.
Blocco : (ted. block) è voce internazio-
nale: indica un pezzo di marmo, di tufo,
di pietra etc. : così le locuzioni vendere
in blocco^ fare un blocco non sono belle
nò nostre, ma oramai appartengono al pa-
trimonio della lingua viva.
Blocco: cabina di blocco o sistema di
blocco sono chiamati con voce recente nel
linguaggio tecnico delle ferrovie alcuni
apparecchi elettrici per la piii parte che,
sparsi lungo il percorso, possono arrestare
il treno quando la linea è impedita. V.
più ampiamente Sistema di blocco.
Block e block notes: così si legge su
molti taccuini, formati di fogli staccabili,
in uso negli uffici e banchi di compra e
vendita. La parola proviene dal tedesco
block., massa densa e pesante : voce estesa
nelle altre lingue, e nella nostra in blocco.
Blockhaus : cosi con termine tedesco (da
block e haus = casa) è in quasi tutte le
lingue chiamata quella speciale fortifica-
zione piccola, fatta di lastre metalliche,
che ponesi in campo aperto, facile a co-
struirsi e smontarsi. La lingua nostra a-
vrebbe le parole classiche : casaforte, for-
tino^ battifolle., bastila, ridotto, ma block-
haus trionfa.
Blonda : dal fr. blonde., trina di seta. Voce
dell'uso. Per l'etimologia Y. lo Scheler,
op. cit.
Blouse : voce francese comunissima pres-
so di noi e d' incerta etimologia. Il Pe-
trocchi l'accetta e no fa bluse., blusetfao
blusettina. Ho inteso molte signore dire
camicetta., per indicare appunto quel giac-
chettino elegante che prendo forma natu-
rale dal busto e si raccoglie sotto la gonna.
Bluse è altresì il camiciotto degli operai,
dei ragazzi. Anche il Rigutini ospita bene-
volmente blusa, blusina., blusettina. ()s|)i-
tinmo pure, i)erchò no? Solamente sarebbe
curioso conoscere il criterio con cui si re-
spinge una parola e se ne accetta un'altra.
Blu
52
Hoc
Blue-books: così si chiamano in In-
ghilterra, per ragione della loro legatura
azzurra, i libri presentati dal governo al
Parlamento, nei quali sono stampati i rap-
porti politici e le corrispondenze diploma-
tiche : di ugual natura sono il libro Giallo,
in Francia; il libro Verde, in Italia; il
libro Bianco in Germania e il libro Eosso
in Austria.
Bluet e bleuet: voce che ricorre più
che comune, specie su vezzose labbra. Essa
è una specie di centaurea {centaurea eya-
nus) che fiorisce tra il grano, ed è così
nominata dalla specie più comune, di colore
azzurro. Questo fiore fu, se non erro, caris-
simo al defunto imperator di Germania,
Guglielmo IL Noi abbiamo la bella voce
ciano^ fiordaliso. Lo credano, le signore,
fiordaliso è più elegante suono di quel
tronco bluet. Neil' Istria è chiamato sem-
plicemente fior del formento.
Boa: (boga, secondo il Guglielmotti) in-
dica in marina una cassa di ferro galleg-
giante, per lo più cilindrica, la quale tratte-
nuta su le rade o nei porti da salde catene,
offre alle navi buon punto di appoggio.
Bobba 0 bobbia: «materia tra liquida
e densa in quantità » così il Petrocchi,
togliendo dal Fanfani ; ed altri : « mescu-
glio di più cose a foggia di unguento e
di savore etc, per lo più per medicina ».
Nel dialetto di Romagna boba vale spre-
giativamente per minestra cattiva e stra-
cotta. Si dice quivi per rafforzamento ple-
beo anche sboba. Così pure nel Veneto.
Bobèche : con questa parola di etimo-
logia incerta si chiama quel piattellino
che posa sul candeliere perchè non sgoc-
cioli la candela. Come si dice in italiano?
Palmetta^scodellina^ boccinolo, padellina^
foglia come dicono in molti luoghi ? Fra
tanta ricchezza di parole la gente elegante
usa la voce francese.
Bobina : voce tecnica oramai entrata
neir uso, fr. bobine e che si batte con
probabilità di vittoria con la nostra parola
equivalente rocchetto. Bobine^ ing. bobbin,
è di etimologia incerta (da bombyx per
la sua simiglianza col bozzolo?) ed indica
quel cilindro attorno al quale si avvolgono
i fili metallici nelle macchine elettriche.
Bocca baciata: il grazioso nostro pro-
verbio che così comincia e segue : bocca
basciata non perde ventura^ anxi rin-
nuova come fa la luna, è assai antico, e
pieno commento ne fa il Boccaccio, ripor-
tandolo in fine della novella VII della
giornata li.
Boccaccesco o boccaccevole: non solo
vuol dire alla maniera del Boccaccio, co-
me portano i lessici, ma libero, salace
licenzioso, come sono molte novelle del
Decameron.
Bocca della verità: dicesi di persona
veritiera al sommo, e più spesso si dice
in senso ironico. Bocca della verità era
chiamata una maschera colossale di pietra,
dell'epoca romana, conservata nella Chiesa
di S. Maria in Cosmedin : si racconta che
nell'Evo medio i Romani, allorché pre-
stavano giuramento, affondavano le mani
in quella bocca che non le lasciava uscire
se erano spergiuri.
Bocca del leone: vale spia, delazione
segreta., dalla bocca del leone marmoreo
che in Venezia riceveva denunzie e pe-
tizioni.
Bocche inutili: nel linguaggio militare
e trattando di assedi si dissero bocche inu-
tili coloro che, come le donne, i bambini,
i vecchi non possono dare aiuto alle di-
fese e consumano le vettovaglie. La locu-
zione spesso è volta a senso più esteso,
e dicesi di chi mangia senza produrre.
Fr. bouches inutiles.
Bocca : nella locuzione nostra dire, con-
cedere a ììiexza bocca vale in modo in-
certo, non sicuro, senza affermare o ne-
gare, come fanno spesso coloro che vo-
gliono togliere a sé stessi parte del peso
delle responsabilità.
. Bocciare: colpire la boccia con la boccia
nel giuoco omonimo. Bocciare indica pure
schiacciare agli esami.^ respingere^ ri-
mandare : termine ancorché molto volga-
re, notissimo, in i specie agli scolari.
Bòccola: chiamano i meccanici e i fer-
rovieri quella scatola sopra posta alle
ruote che contiene il grasso per ungere i
supporti degli assi dei veicoli e delle lo-
comotive {botte à graisse in francese,
achseìibilchse in tedesco, axlebox in in-
glese). I Bòccola in alcune regioni è detto
l'orecchino. Es. un bel paio di bòccole.,
Ur
53
Boi
lio perduto una bòccola. \ Bòccola dicesi
anciie quel cerchio di ferro di cui si ri-
vesto l'interiore del mozzo delle ruote.
Bochinista: V. Bouquiniste.
Bock: in ted. 'iìgmìiG'à becco., caprone.
K chiamata bock-bier., la birra nuova che
si spilla d' inverno o di marzo e però è
più gustosa e pregiata. Passando dal conte-
nuto al contenente, bock indica altresì il
bicchiere, però soltanto in francese e ta-
lora da noi come da esempio: suggel-
lammo la nostra amicizia con alcuni bock.
Il rapporto fra i due sensi disparati della
parola bock è spiegabile o come insegna
di questa birra, o perchè rende i bevitori
vivaci come capri. Etimologie, però, mal
sicure.
Bodino: V. Boudin.
Boètta : il pacco grosso del tabacco. Voce
dialettale subalpina: fr. baite.
Boheme : nel suo primo senso significa
zingaro, boemo., che vive sciolto da legami
di leggi, girando il mondo incurante del
domani. La lingua francese applicò questa
])arola all'artista spensierato, innamorato
della sua arte, indocile per natura (e tal-
volta per progetto) delle convenienze, ri-
belle alle convenzioni sociali. Scapigliato.,
scapigliatura., goliardo son le parole no-
stre corrispondenti. Amgo Murger, pari-
gino (1822-61) in un suo patetico libro
Seenes de la vie de Bohème rese univer-
sale questo nome e vi diede valore let-
terario.
Bohémienne: specie di ballo affine alla
mazurca.
Boicottaggio: V. Boicottare.
Boicottare : dall' ingl. boycott cioè con-
giurare contro qualcuno rifiutando ogni
rapporto di com])ra e vendita : interdire.
Metodo di lotta politica e commerciale pra-
ticata primamente dai Land-Leaguers in
Irlanda. 11 capitano Boycott fu prima e
notabile vittima del sistema : da esso il
nome alla cosa. La voce è pure estesa al
fr. bojjcotter., tedesco boykottieren.
Botte : scatola., è voce francese, usata,
specioso vi si annette l'idea di eleganza
e di finezza, come per dolci, profumi,
confetti, otc. Botte si ritiene derivato dal
l)asso latino buxf's, gr. pyjoos :~ bossolo,
(onic ;i (lii-(i scatola di bossolo. La nosti'a
voce busta, che abbia la stessa origine?
y. bojc e Zambaldi, op. cit., Bosso.
Botte à surprise: così chiamano i fran-
cesi quel balocco formato di una scatola
da cui, aprendo, balza una molla con un
terribile pupazzo. Nel senso metaforico,
nel quale è usata non raramente, noi ab-
biamo la parola spauracchio., e se si vuole
bau-bau, spaventa passeri.
Bojardo : nome dato agii antichi nobili
della Kussia, della Transilvania e delle
Provincie Danubiane. In russo è boiarin.,
ma oggi è parola di mero valore storico.
Bolero : da bolero =i danzatore, in ispa-
gnuolo indica una musica e un ballo nazio-
nale di Spagna. Il bolero è caratteristico
per il ritmo particolare, a tre tempi ; s'ac-
compagna alla chitarra e al suono delle
nacchere ed è danza assai molle e vivace.
Bolero è pur voce francese. Bolero nel
linguaggio della moda è anche chiamato
una foggia di cappello muliebre o, meglio,
da giovanotta, semplice, piano e rotondo,
con l'ala rialzata sino all'altezza del cocuz-
zolo, forse così detto dal cappello spa-
gnuolo usato nel bolero.
Bolla: propriamente il sigillo rotondo
che porta da un lato S. Pietro e S. Paolo
dall'altro il nome del Papa, con cui la
Cancelleria Papale contrassegna i rescritti
del Pontefice. Con questo nome sono chia-
mate le lettere del Papa, con forza di de-
creto, nelle quali si tratta di materia do-
gmatica, religiosa o anche politica. V.
Breve.
Bolletta: nel Bolognese, nell'Emilia, in
Romagna questa voce è usata nella locu-
zione essere in bolletta e non significa
propriamente né sempre miseria ma più
spesso quello stato di mancanza di pecunia
che è cosa comune a studenti, artisti,
gente spendoreccia. Corrisponde all'altra
frase essere al verde.
Bollito: sostantivo, invoce di /esso che
a taluno pare così elegante, è ritenuta
voce non buona come quella che proviene»
dal francioso boulli.
Bollo: noidiciamo indiftorentomonte car-
ta da bollo e carta bollata. Osserva il Ki-
gutini che la seconda forma è preferibib^
alla ])rima, giacché carta da bollo signifi-
chcrobbe caria che deve essere bollata.
Boi
— 54 —
Bon
Bolina: termine marinaresco : quel capo
di manovra che tende verso prora la ralinga
della vela quadra. Andar di bolma^ andar
con le vele tirate a raso, strette, per quanto
è possibile, al vento: è il contrario, quasi,
dell' andare col vento in poppa : e più
chiaro e diffuso il Guglielmotti : « Andar
di bolina pur si dice per estensione di
ogni bastimento che naviga verso l'ori-
gine del vento, ancorché non abbia le
corde, chiamate boline, o non le adoperi
0 vada menato da altra forza che non sia
del vento. Perciò che i piroscafi e i ba-
stimenti di vela latina diconsi andar di
bolina, quando navigano stretti al vento,
la t^ual cosa viene loro più facile, perchè
la macchina e l'abete stringono meglio
della canape. Parlerai però di essi con
maggior proprietà se dirai de' piroscafi
andar contro vento e se de' latini dirai
andare all' orza. » Etim. da borea?
Boma : ter. mar. albero orizzontale posto
in basso degli alberi maggiori, verso poppa
e serve a distendei'e mediante le scotte la
vela àurica detta randa. Dal fr. bòme; in
it. randa. Y. Guglielmotti.
Bombardino : strumento da fiatodi ottone
con tre cilindri e senza chiave; diminu-
tivo di bombardone.
Bombardone: o saxhom-h^i^^o in /a,
strumento più grave del bass-tuba; è il
basso naturale degli strumenti metallici
ad imboccatura. (A. Galli, op. cit.).
Bombe: in fr. significa convesso, a baule.
Bombyx e bombice: ma più di frequente
si usa la forma greca, (fr. bombyx) così
come è scritta; por indicare il baco da
seta, appartenente alla famiglia dei lepi-
dotteri, la cui larva è appunto il prezioso
insetto.
Bomboniera : V. Bon-bon.
Bona: quanto se' bona! Nel dialetto
napoletano bona per effetto dell'antico pas-
saggio di senso dal bello al buono, signi-
fica bella e dicesi di donna, specie se
formosa e fornita di linee seducenti e curve.
Voce estesa anche a Roma.
Bonaccione: accrescitivo di bonaccio,
e vale bonario., tranquillo., alla buona.,
semplice. Es. « disse con quel suo solito
e simpatico fare bonaccione., alcune cose
veramente grandi e belle. »
Bon bon : per dolci in genere è il fran-
cese bon bon, cioè buoni, buoni. La pa-
rola è da ripudiarsi senza dubbio, e spe-
cialmente la versione che molti ne fanno
in bombone. Allora la logica vorrebbe che
si espellesse anche il derivato bomboniera,
che è entrato pienamente nell'uso, e si
usasse confettiera., che è parola nostra
ma abbandonata e perciò poco si intende.
Un dubbio : il bon bon de' bambini non
potrebbe esser voce infantile?
Bonbonne: voce francese usata anche
da noi nella grande industria chmiica per
significare un recipiente di lamiera o di
terra per contenere acidi.
Bondiòla : specie di cotechino insaccato
e legato, che si fa nell'Emilia (Viadana,
Bologna, Parma, Reggio). Bundióla.
Bon gre mal gre: l'italiano ha l'e-
quivalente preciso a questo motto fran-
cese, ed è: per amore o per for%a. Di-
cesi anche: voglia o non voglia: far di
necessità viriti., e infiniti modi di forma-
zione popolare come o mangiar questa
minestra o saltar questa finestra, etc.
Macché! Il bon gre mal gre si dice e si
scrive a tutto' spiano.
Bonifica: detto dei ten-eni migliorati
con piante, scoli e altre opere d' arte è
dal Rigutini reputato neologismo pessimo,
come moltiplica, qualifica, rettifica, ve-
rifica invece bonificamento, moltiplica-
zione., qualificazione etc. Ma sono voci
oramai dell'uso.
Boniment: vocabolo del gergo francese
ed indica il discorso con cui il ciarlatano
0 il venditore annuncia all'inclito publico
la sua merce che dà naturalmente come
buona (bonne., onde boniment). Lo sprolo-
quio del saltimbanco davanti la baracca :
ciui'meria., truffa.
Boni pastoris (esse) est tendere pecus
non deglubere: ufficio del buon pastore
è di tosare le pecore non scorticarle.
Così Svetonio in Tiberio., 32, a proposito
di tasse e balzelli.
Bon marche : buon mercato. È grido
e insegna di bottega, comunissimi da noi.
Bonne: in francese indica la bambi-
naiao fantesca : da noi erroneamente chia-
masi bonne anche la maestra di francese
0 signorina di compagnia.
lìon
Bon
Bonne atout falre: così ho inteso molte
luiiore donominaro la donna di ser-
rilo che fa di tutto in casa. Ora essen-
dovi la cuciniora o cuoca per far da man-
uiare, la cameriera perle stanze, la guar-
darobiera per la biancheria, dicendo
donna di servixio o semplicomonto donna
come di fatto si dice, si intende appunto,
per accettata esclusione, la domestica
bonne à tout faire.
Bonne heure (à la) : modo francese, co-
mune anche da noi, che servo ad indi-
care una specie di approvazione, manco
male, vada pure. Lo registra il Manuzzi
eon esempi, il Tommaseo con esempi diUÌ-
V Orlando In. (Berni) 25-29 e di altri. Lo
usa il Manzoni ove Don Ferrante dice:
« Che in tutte le cose di casa, la signora
moglie fosse la padrona, alla buon ora:,
ma lui servo, no ■» . P. S. Gap. XXVII.
Bonne mine à mauvais jeu (faire): que-
sta frase francese è non rara da noi : la
traduzione letterale : far buon viso a cat-
tivo giuoco non ha efficacia perchè il va-
lore di un motto consiste nella sua forma
fìssa e tipica. L'italiano no avrebbe uno
alquanto affine di senso : ìuangiar amaro
e sputar dolce. Il dialetto milanese dice:
mangia fèl e spila mei. Se gli italiani
studiassero con più. amore i loro dialetti,
troverebbero quanto di vero è nella teoria
dantesca riguardo alla lingua !
Bonnetto : è parola non registrata nei
nostri lessici, difatti è la versione di bon-
net francese: però è parola molto in uso,
specie fra' militari, ne' collegi, etc. La
parola italiana è berretto., dal basso la-
tino birretum^ cioè cappello fatto in ori-
gine di stoffa rossa, pirros. Il francese
ha la parola barrette che dove essere la
versione di berretta., e l'usano per indi-
care lo zucchetto dei preti e il cappello
cardinalizio. Il Melzi accoglie bonetto.
Bonomìa: per bonarietà è rii)roso come
gallicismo {honhomie). Bonoìida è così
dell' uso che lo sfuggire tale parola do-
manda uno sforzo di riflessione, come av-
viene per molti gallicismi, o presunti tali,
«'erto è un doppione de' soliti.
Bons-mots: arguxie., facexie^ meglio
( li(i barzellette e lepidezze. La parola fran-
cese ò in grande uso fra noi. Bon mot non
sempre indica la facezia arguta e fine ma
dicesi anche quando essa è di cattivo ge-
nere: onpeutdonc dire., en plaisantant .,
un mauvais ou un méehant boìi mot.
Dando però, come di solito si intende,
alla parola bon mot senso buono, vedasi
come essa è resa elegantemente e signo-
rilmente in questo pei-iodo del Boccaccio
{Decameron., giornata F7, novella Ij:
« Giovani Donne, come nei lucidi sereni
sono le stelle ornamento del cielo, e nella
primavera i fiori de' verdi prati, e de' colli
i rivestiti arbuscelli, così de' laudevoli co-
stumi e do' ragionamenti belli sono i leggia-
dri motti: li quali perciò che brievi sono,
tanto stanno meglio allo donne che agli
uomini, quanto più alle donne che agli
uomini il molto parlar si disdice. » Pro-
visi in mezzo a questo magnifico ed este-
tico periodo a incastrare la voce tronca
bon mot e l'effetto sarà spiacevole. Senza
venir meno al proposito di trattare la ma-
teria intrapresa solo dal lato filologico e
storico, né ambendo al nome di purista
e di grammatico, tuttavia per l'amore
della gloriosa nostra favella mi si voglia
concedere venia se mi accade di far ta-
lora questioni di lingua. Il vero è che la
nostra favella è di così fine ed artistica
struttura che facilmente si deforma e de-
formata, ben poco vale. Ciò è in altri passi
di quest' opera ripetuto, e qui mi piace
riportare queste buone ragioni in propo-
sito del Romanelli, op. cit.., pag. 129, in
nota : « Si è detto che il privilegio di di-
sputar sempre di lingua era dei Latini,
ereditato poi da noi Italiani. Ma i Greci
ne han disputato anch'essi non poco, gli
uni censurando gli altri, anche prima del
periodo filologico degli Alessandrini. Di
Eschine, ricorda Cicerone, che ora solito
di esaminare diligenter verboi'uin omnium
pondera, e alcuni vocaboli altrui gli sem-
bravan duri., ingrati, intollerabili, ut
Aesehini ne Demosthenes quidem vidcre-
tur attice dicere {Orai., YIU.) Ma, insom-
ma., se da noi se ne disputa assai, vuol
dire che la lingua nostra è qualcosa di
geniale., di artistico, dove una stonatura
ci si sente. Ma questo è inutile predicarlo
a certuni che, pur d'ingommare lo pa-
gine di citazioni, utopie, paradossi, ora-
Boll
56 —
coli di scrittori e libri forestieri, spesso
oscuri, non si vergognano di non citar
mai, e d'ignorare, autori e libri di casa
propria, italiani insigni, e greci e latini,
che pur farebbero tante volte più a pro-
posito. Ma e' è il suo perchè; e Dante
dice « che la loro mossa viene da cinque
abbominevoli cagioni, » e le novera. Con-
vito^ I, cap. XI. Cfr. Cicerone, De fin. I,
2, e segg.
Bon ton : voce entrata nell'uso da tempo
e vorrei dire popolare presso di noi. Ton,
latino tonus, greco róvog, vuol significare
tensione, elevazione della voce. Boìi ton
è l'elevazione, il carattere proprio al lin-
guaggio e alle maniere della gente per
bene ed elegante nel tempo istesso, anzi
elegante sopratutto. E come si dice in
Francia un ìiomme du hon ton, così si
dice per contrapposto de mauvais ton :
ma questo secondo modo non è attecchito
da noi.
Bon-vivant: voce familiare francese,
usata anche fra noi per indicare persona
d'umore facile e gaio e di vita comoda,
che ama non dar noia né riceverne.
Bonzo: sacerdote della religione Bud-
dista.
Bookmaker: pronuncia bùch-mécher,
voce inglese che significa colui che tiene
il libro delle scommesse nelle corse, e
grida in gutturale linguaggio le poste
(eotes) de' cavalli e invita al nobile ri-
schio ; personaggio inglese o truccato da
inglese, di prodigiosa abilità nel conteg-
giare e ragguagliare i premi delle varie
scommesse secondo la probabilità di vit-
torie che hanno i cavalli. Per un cavallo
non favorito, cioè di dubbia vittoria, il
boukmaker può offrire anche 20 o 25
volte la posta. Come ognuno vede, met-
tendo uno scudo su di un cavallo si ri-
schia di vincerne 25. Presso all' urlante
personaggio si erige un palco con una
targa ove sono registrati i cavalli partenti
e le poste. Possono realizzare grandi gua-
dagni: se gli affari vanno male possono
però scappare anch' essi come i cavalli :
ma in questo caso a differenza dei fan-
tini che amano poco peso, preferiscono
che sia grave il peso del danaro altrui.
Neil' '87 il Ministro francese Goblet de-
cretò l'espulsione dei Bookmakers dallo
corse, ma di essi fu come dei bravi di cui
parla A. Manzoni nel Cap. I del suo libro
mirabile, e le ragioni sono le stessè: prova
della immutabilità delle vicende umane.
La parola è anche accettata ne' dizionari
francesi.
Bora: nella Venezia Giulia, Trieste,
Pola, Fiume e sul litorale occidentale del-
l'Adriatico è chiamato così un fortissimo
vento che spira, specialmente di verno,
da settentrione (corruzione di borea, cfr.
boreale). NB. Venezia Giulia è voce non
prudente a pronunziarsi a Trieste. V. Ve-
nezia Giulia.
Borasso: specie di palma delle Indie
orientali, utilissima perchè fornisce zuc-
chero, un liquore detto arali, vino di palma,
noci e foglie, buone per le stuoie.
Borbone: è una varietà di caffè {Coffea
arabica) che si coltiva nell'isola Riunione
0 Borbone.
Borborigmo: gr. borborigmos = mur-
murc : in medicina son così detti i ru-
mori prodotti nell'addome dai gas inte-
stinali.
Bordeaux : nome del vino da pasto che
si fabbrica nel circondario di Bordeaux,
la Burdigala de' Romani, capoluogo del
dipartimento della Gironda in Francia,
Questo vino, famoso in tutto il mondo, è
altresì celebre per le sue falsificazioni :
rassomiglia al nostro Barolo e al Sangio-
vese. Petit bordeaux : bordò leggiero, in-
feriore. Dall' agg. petit la lingua francese
trae degli eufemismi graziosissimi.
Bordereau: (diminutivo di èor{;?V.5o;Y/o)
listino 0 distinta in cui sono notate in
margine (boì-d) le diverse specie di valori
che compongono una data somma. Voce
del linguaggio commerciale e bancario. Il
Rigutini consiglia la parola nota.
Bordo : parola oramai diventata italiana,
dal francese bord, invece di orlo. Bord
è voce di origine tedesca e si trova nella
più parte delle lingue germaniche per in-
dicare r estremità di una cosa qualsiasi.
Della possibile analogia tra bordo (orlo)
e bordo (nave, cioè l'estremità, la parte
della nave che sovrasta l'acqua), vedi lo
Scheler. « Sconcio gallicismo » chiama il
Rigutini l'uso di bordo e bordura per orlo.
Bor
57
Boll
Bordure: (vedi bordo) è l'orlatura, la
(juale negli abiti muliebri essendo spe-
cialmente lavorata, serve di guarnigione
od è così che la parola francese sta fa-
condo perder terreno alla voce nostra. Di
fatto una sarta che abbia rispetto per lo
suo clienti, non porrà una guarnizione^
ma una bordure, non un grembiale ma
un tablier. Lì ci vorrà una ruche, non un
nastro ; una guipure e non un merletto ;
non un corpetto, ma vai jabot, e via. Le
stoffe saranno erèpe e non crespo, glacées
e non rasate non lucide, granitées e non
chiazzate, pointillées e non punteggiate,
moirées e non marazzate, nuancées e non
sfamate, non increspate ma plissées etc.
I colori non sono piii azzurri o turchini
ma bleu, non canarino ma crème, non
giallo nvdjaune, non fulvo ma fauve, non
scuri ma foncés. Chiedendo in negozi ita-
liani le stoffe col nome del colore in ita-
liano si rischia di non essere intesi.
Borione: term. lombardo (/>oWo«) rullo,
cilindro^ spianatorio per terreni e strado.
Borione, la spazzola cilindrica che usano
i barbieri: brutta voce estesa anche ad
altre regioni.
Borsalino: nome dato a molti cappelli
dal nomo del fabbricatore di tal nome in
Alessandria del Piemonte. Giacche con
Monza, Alessandria, Cai-pi, l'Italia, dalla
nobile Inghilterra all' ultimo Giappone,
copre il capo a molta umanità. Pur troppo
la nostra merce ci ritorna spesso in casa
con suggelli stranieri e come tale noi la
riacquistiamo, lieti, a maggior prezzo.
Borsista: neol., dicesi di colui che giucca
e si)Ocula alla Borsa.
Bosinata: poesia milanese in dialetto
(contadinesco, per lo più di carattere sa-
tirico. V. Bosino.
Bosino : termine dialettale lombardo:
indica il contadino dell'alto milanese. Chia-
masi anche bosino colui che va per la
città, cantando o recitando bosinate. Carlo
Tanzi nelle sue rimo fa grande encomio
di questa specie di componimento e no
cita i primi scrittori. Forma d'arte popo-
hire cui contrasta il carattere, sempre più
cosmopolita, di Milano.
Bosse: voce francese che indica p/'o/j/-
beronza, bernoccolo, enfiagione come da
noi boxxa. La voce è di origine tedesca
{bozen , noli ' antico tedesco = spinger fuori ) .
Nella frenologia indicò i lobi del cranio
cui si credettero e credono rispondere de-
terminate attitudini. Quindi volgarmente
dicesi: avoir la bosse de quelque chose.
Il a la bosse de la musiqtie. E noi imi-
tiamo a tutt' andare il modo francese,
laddove abbiamo belle voci come incli-
nazione, disposizione, o se piace la voce
francese, v'è beimoccolo corrispondente :
La manìa di ser Imbroglia
Che nel cranio ti gorgoglia,
Ti rialza fuor di squadro
Il bernoccolo del ladro,
(G. Giusti Gingilliiio).
Bossolà: voce dialettale che indica uno
speciale dolce di pasta lievitata, propria
di Brescia. Cfr. buccellato.
Boston : specie di valzer moderno, stri-
sciato e figurato, così detto della città di
Boston.
Bouchon : tappo, e così il composto
tire-bouchon z:z cavatappi : in Lombardia
e nell'Emilia, per non dire altrove, sono
voci costanti anche nel dialetto.
Botte: voce propria del dialetto romano,
estesa e nota nel comune linguaggio : in-
dica la vettura publica in Roma.
Bottina : diminutivo di botte, francese,
e significa una specie di scarpe di cuoio
elegante che chiude parte della gamba.
Voce non frequente, ma usata talvolta in
italiano invece di stivaletto.
Boud in : volgarizzato in bodino e budino.
voce dell'uso: difesa dal Viani, migliaccio
sanguinaccio, in italiano. Il Fanfani non
la nota fra le voci guaste. La registrano
fra gli altri il Rigutini e il Petrocchi.
Certo è voce non bella, anche come suono.
Boudin in francese è il budello riem])it()
di sangue di porco, condito con droghe.
La sua etimologia è incerta : da boiider
gonfiare V (Diez) dal basso latino botulus,
ondo budello in italiano e boyau in fran-
cese? probabilmente. Da noi bodino in-
dica specialmente una torta dolce, cotta
entro stam])o che mangiasi col cucchiaio.
Boudoir : salottino appartato per le si-
gnoro o adibito ad intimi ricevimenti :
cosi d(^tto dal verbo bouder {ù\v il broncio)
parce quc Ics dames se rctirent dans
Boll
- 58
Bou
leuì's boudoirs quand elles veulent etre
seules. (Littré).
Bouffant : aggettivo francese, usato noi
linguaggio della moda in vece della pa-
rola nostra a sbuffi^ ornamenti di stotì'a ri-
gonfia. V. Manteau.
Bouìlle-abaisse: o anche bouìUe-à-bais-
se: piatto marsigliese di pesce cotto in
poco d'acqua con cipolla^ olio, zafferano,
etc. Specie di brodetto romagnolo o cac-
ciucco livornese. Letteralmente boiiille à
baisse vuol dire brodo abbassato^ ridotto
por l'evaporazione. Fig. guazzabuglio.
Bouilloire: specie di anfora elegante,
di metallo fine con sotto la lampadina:
recasi su la mensa e serve a far bollire
l'acqua, o pel tè o pel caffè od altra be-
vanda: uso nuovo nome nuovo. Si devo
dire bricchetto., cuccuma., caffettiera? Una
signora mondana che così dicesse, o non
sarebbe intesa o paiTobbe affettata. Così
è da noi ! In un negozio ho trovato ac-
canto a codesti bricchi la parola bollitori.,
onesto quanto umile tentativo di far ita-
liana la parola bouilloire.
Bouillon: da bouillir, òroc^o, cioè trat-
toria ove può limitarsi la spesa ad un
brodo, e fU;, or non sono molti anni, certo
macellaio parigino, per nome Duval che
ebbe la felice idea di valersi delle carni
non troppo adatte alla vendita per farne
del brodo, e il luogo ove si vendeva in-
sieme al lesso fu detto Bouillon. Questa
parola è oggidì usata in Parigi per indi-
care certe grandi trattorie a buon mer-
cato e a prezzo fisso.
Botile: voce francese, dal latino bulla :=
bolla, scaldamani., comunemente di forma
sferica e ripieno d'acqua bollente. Boule.,
invece di palla, è parola usata altresì in
altri e speciali significati. Es. corte palle
di latta contenenti una specie di brodo in
conserva sono chiamate boules., ancorché
fabbricate in Italia.
Boule de neige: letterdìmento palla di
neve., cioè voluta o valanga che cresce
con r andare. Si dà per estensione figurata
questo nome ad una specie di specula-
zione commerciale di vendita cooperativa,
la quale, se non erro nel ricordarmi,
venne esercitata a proposito degli orologi
svizzeri, poi di altri oggetti. Cotesta spe-
culazione consiste nell' offrire gratuita-
mente ad alcuna persona un determinato
oggetto a patto che presso amici o cono-
scenti collochi un certo numero di buoni
di acquisto. Alla loro volta questi amici,
lusingati dal dono che pure loro spetta,
devono cercare altri compratori. Così si
procede indefinitamente. Trattasi di un
contratto nullo perchè fatto sotto condi-
zione di assurdo, giacché per non esservi
frode, converrebbe che il numero delle
persone fosse infinito. Frode certo inge-
gnosa come quella che è fondata sull'in-
gordigia od egoismo altrui. Questo sistema
usasi anche nelle vendite per beneficenza
I Boule de neige è altresì chiamato il fio-
re di una specie di viburno, pallon di
neve.
Boulevard : (anticamente boulevart., in
italiano, baluardo^ parola d'origine tedesca,
boll-iverk per bohl-werk., riparo -di tavole)
era il terrapieno, il bastione fortificato.
Per estensione poi si disse di una pas-
seggiata di circonvallazione piantata a
begli alberi, come ad es. i Bastioni di
Milano, i Rampari di Parma (da rempart
^n riparo., bastione)., oppure di un luogo
dove sorgevano una volta bastioni. Oggi
per una nuova estensione, ogni via larga,
arborata, signorile, che attraversa una
città 0 meglio la città delle città, cioè
Parigi, si chiama in francese boulevard.
Boulevardier: colui che frequenta, che
batte il boulevard., quindi che ne ritiene
i caratteri, le abitudini. Voce francese
spesso riportata ed inconvertibile, dato
che abbia tanto valore da meritare il
cambio. Parigino al sommo grado.
Bouquet: voce entrata nell' uso popo-
lare invece di mazzo., mazzolino. Bou-
quet è una variazione di bosquet., boschetto^
unione di piante., e poi di fiori.
Bouquet: è voce quasi tecnica nel com-
mercio per indicare il profumo., V aroma
del vino, così detto per somiglianza al
profumo di un bouquet, mazzo di fiori.
Bouquin: dicesi in Francia di libro vec-
chio ed usato, ma generalmente di scarso
valore. La derivazione è certo del tedesco
buch = libro.
Bouquiniste: così chiamasi in francese
colui che compra e vende libri usati. Questa
liou
59 —
Box
parola è stata aiicho tradotta in italiano
con bochinista (parola che sarà bene non
usare). L'Arlia così no ragiona: « Da poco
tempo in qua ho letto questa voce fran-
cese (bouquiniste) italianizzata in bochi-
nista nel significato di Kicercatore di libri
antichi, o vecchi, per farne collezione, co-
me se non ci si avesse le voci Amatore
e Bibliofilo, e anche, occorrendo, quella
di Bibliomane. Quando si lascierà il vezzo
di abboccare gallicismi a tutto spiano?»
Bourrée: specie di ballo francese, ori-
ginario dell' Al vernia. È nella misura ^/^
con un tempo in levare e frequenti sin-
copi sul secondo e terzo tempo.
Bourrette: fr., in italiano bavella.
Boutade : voce francese che vuol dire
(/ìiiribi:^Ao, levata di testa ^ frullo^ ea-
priecio 0 talvolta conviene volger tutta
la frase italianamente. Il pretendere di
poter tradurre sempre motto a motto è
un assurdo da pedanti o da ignoranti :
esiste fra idioma ed idioma uno speciale
modo di afferrare e rendere un uguale
concetto, differenza dovuta a cause del
tutto estranee alla grammatica.
Bout de l'oreille (le) : mostrare le bout
de l'oreille « la punta delle orecchie * ,
significa in francese farsi scoprire., mo-
strare il giuoco, lasciar comprendere i
propri disegni. Es. « qui, in questo affare
delle classi, la politica mostra le bout de
l'oreille. » Riporto questa locuzione ancor-
ché di rarissimo uso, per dimostrare ri-
badire una mia opinione spesso qui ripe-
tuta, cioè che molti da noi quando vogliono
esprimere efficacemente un concetto, sen-
tono r istintivo bisogno di ricorrere al
modo di dire straniero. La qual cosa è
segno grave, non per la voce o locuzione
di altra lingua usata e inframessa, ma
perchè la cosa viene a dire: «non c'è pa-
rola e modo italiano che mi paia corrispon-
dere, 0 se c'è, non mi piace e non l'uso. »
Bovolo (molle a): chiamano i mecca-
nici le molle a spiralo conica, con seziono
rettangolare e spire impegnantisi l'una
nell'altra, come quelle ad es. de' repul-
sori dei vagoni.
Boy: voce inglese che vuol diro ra-
gaxxo, usata anche nel senso familiare di
domestico, apjìunto come talvolta noi di-
ciamo ragaxxo^ i latini diceano pucr,
gar^on i francesi.
Box: V. Boxing.
Box : parola inglese e significa stalla
0 per pii^i rispetto stallo., dai 4 ai 5 metri,
rivestito di legno, accuratissimo, ove il
nobile destriero sta solo e sciolto. La
parola è anche accettata in Francia in
boxe n. f. o box n. ni. Ho inteso dire
eziandio da un egregio padre che la sua
prole è allevata in un collegio svizzero,
nel quale vi sono tanti box con entro i
lotti.
Boxer : voce inglese che vuol dire pu-
gnatore., lottatore, da box (V. questa voce).
Con tale nome gli inglesi chiamarono i
settari fanatici di alcuno società della Cina
che avevano per iscopo lo sterminio degli
europei invasori della loro patria, impo-
sitori di civiltà forzosa, e dei missionari
cristiani : e ne fecero in fatto orribili
stragi, almeno a quel che risultò dai gior-
nali. Tale nome, universalmente accet-
tato, venne di moda con la guerra cino-
europea dell'anno 1900 (se guerra si può
chiamare il macello umano che incoronò
il secolo XDL). Ancora: questa parola,
dal senso feroce, ebbe in Italia per qual-
che tempo nuovo significato pieno del
livore politico che ci è caratteristico, e
servì ad additare al dispregio coloro i
quali opinavano doversi estendere anche
alla propaganda socialista la responsabi-
lità del regicidio di Umberto I. Ciò per la
storia di una parola già fuor d'uso.
Boxing: l'atto del verbo inglese to box,
battersi al pugilato, quindi il pugilato,
noto e sanguinoso spettacolo barbarico,
assai caro alla civiltà anglosassone, S})ecio
d'America. Box, che propriamente vuol
dire scatola , cassetta ( filologicamente
della stossa famiglia delle voci bossolo,
bussola e busta in italiano, botte in fran-
cese, pyxida in greco, conservato in pis-
side = il vasetto dell'ostia consacrata) è
una nota specie di armatura della mano,
e serve a sfondare petti, rompere testo o
costole come il cesto presso i nostri buoni
padri greci e latini, tanto per non per-
dere le buone usanze. Il nomo boxe -r.
])ugilato e boxer - battersi al pugilato,
sono parole altresì francesi .
Boz
60
Rre
Bozzello: term. mar., piccolo arnese o
cassa di legno o di ferro con pertugi in
cui sono adattate una o più pulegge,
circondato da uno stroppo per fissarlo ove
occorra. Il bozzello serve, in generale, ad
aumentare la forza della paleggia.
Brachetto : vino rosso del Piemonte
(Alessandria) che per lo più si prepara
spumante.
Brachicèfalo: gr. brachìs = breve e
chefalè = capo. Nome dato dal Retzius alle
razze umane di cui il cranio offre un dia-
metro antere -posteriore di poco diffe-
rente dal trasversale. La maggior lun-
ghezza di detti crani non oltrepassa di
un'ottava parte la larghezza. Il contrario
di dolicocèfalo.
Bragozzo: sorta di barca peschereccia
chioggiotta, dalla prua sottile, poppa quasi
quadra, con ponte, due alberi piccoli e
bombresso. Voce dialettale.
Bramire e bramito: parola di frequente
uso, dal francese bramer^ (gr. bremein =
fremere?) indicano il suono ed il lamento
di alcuni animali selvaggi.
Branle: (lett. osculazione) specie di
ballo giocoso, press' a poco come il cotillon
in cui uno o due danzatori guidano gli
altri a far ciò che essi fanno. V erano
anche dei branles seri come quelli che
si ballavano alla corte di Luigi XIV, de-
scritti dal Eameau nel suo libro Maitre
à danser. Codesto ballo facevasi sopra
un'arietta breve e a rondeau^ cioè con
un ritornello che ripete vasi sempre uguale
alla fine di ciascuna parte della danza.
Branzino: nome volgare veneziano e
lombardo di quello squisito pesce di mare
che in francese è Bar^ in genovese Luasso^
lupo di mare, Varolo (cioè vaiolato) in
Romagna, Ragno in Toscana. Il nome scien-
tifico è Labrax Lupus o Perca.
Brasato : detto di alcune vivande con
ispeoiale cottura, è voce del dialetto lom-
bardo, brasa quasi abragiato^ da brage.
Brasserie : in francese birreria^ da bras-
sage^ una delle molte operazioni che su-
bisce l'orzo, cioè lo smuovere e temprare
(brasser) il malto nell'acqua. Brasser de-
riva dal celtico 6ra%., lat. brace = specie
di orzo.
Bràttea: foglia assai ridotta, spesso
senza lembo, che sta presso il fiore; rap-
presenta il passaggio fra la forma svilup-
pata della foglia e gli organi del fiore.
Bravare: per sfidare è notato come
« uso tutto francese » dal Rigutini. Vero
è che esso è gallicismo che va perden-
dosi.
Breacic : cocchio grande, aperto, a quat-
tro ruote, con alto sedile per il cocchiere,
due sedili di fronte per i signori e un
quarto alto sedile di dietro. La parola è in-
glese, estesa poi in Francia. Pronuncia òrèA;.
Bref: breve, in breve. Spesso ho tro-
vato questo avverbio francese in princi-
piodi periodo. Es. «Bref l'eroismo boero...
si risolve in un mito. » Bisogna proprio
dire che la parola straniera, tronca, mo-
nosillabica, eserciti un fascino imperativo
su noi. Il numeroso nostro idioma non lo
sentiamo più nel cuore. Si avverte poi
che in breve vuol dire in breve tempo e
non ha valore conclusivo, come in fran-
cese. Si dirà alle corte, insomma.
Brefotrofio: neologismo che indica il
ricovero dei trovatelli, e lettei-almente,
ospizio ove si nutrono i neonati (greco
bréfos = neonato, e trefo = nutro). Il Fan-
fani lo riprende: non tutti i lessici lo re-
gistrano. I vari dialetti hanno voci pro-
prie, efficaci e gentili, per indicare ciò
che dice il disarmonico vocabolo greco.
Breloque: ciondolo. Voce francese di
etimologia incerta.
■ Brenta: termine lombardo: recipiente
di legno fatto a conoide rovesciato pel
trasporto del vino e dei liquidi in genere :
della capacità di circa mezzo ettolitro.
Brentatori, portatori di vino (Mantova).
Bretella: più comunemente al plurale,
gli straccali che tengono su i calzoni. I
diz. nostri maggiori e migliori non hanno
tale voce : il publico invece non ne usa
altra. Dal francese bretelle.
Breva : voce dialettale lombarda che in-
dica il vento periodico che spira da li-
beccio verso mezzodì e domina il lago di
Como ed il Verbano. Il Cherubini ne cerca
le più occulte etimologie : da Brivio, paese
onde spira alle colline briantee, dal greco,
e persino da BQé(pos = infans perchè è
vento che spira in genere da levante unde
quotide oritur sol infans : fra tnnte sup-
61
Bio
posizioni può trovar posto anche la mia,
»Moò da breve = di breve durata.
Breve : lettera del Papa a sovrani o a
persone cui accorda tale distinzione. Breve
perchè brevis : non ha preambolo, ma solo
il nome del Papa e la concessione fatta.
K sigillato con cera rossa dall'anello del
Pescatore, cioè di S. Pietro. Altra cosa
dalla Bolla.
Breve : avverbio, in luogo di brevemeiite,
alle carie, insomma. V. Bref.
Brevi marni: modo avv. latino detto di
cosa e più spesso di pecunia consegnata
a mano, personalmente, senza ricevuta.
Bric-à-brac: voce usata in francese nol-
]' espressione volgare ìtiarehand de bric-
à-brac, (brocanteur) , che vende roba usata
ferraglia, ciarpami, mobili vecchi, rigat-
tiere, insomma, e girano pei mercati o
hanno sede fissa. In Romagna ho inteso
spesso dire da rivenduglioli della piazza:
« Noi siamo brie-à-hrae.^ abbiamo sempre
fatto il bric-à-brac » parola, si vede, pe-
iieti-ata da tempo, forse con la domina-
zione francese. E usata anche figurata-
mente.
Bricchetto: in alcune regioni dell'alta
Italia è chiamato con tal nome il fiammi-
fero, ed è il francese briquet = acciarino.
Bricic: è nostra voce italiana, brigan-
tino, ricevuta dalle nazioni straniere e
poi rimandata a casa mutilata in brick.^
0 brig o bric, e così noi 1' accettammo.
Brigantino dal sec. XVII in giù fu detta
quella specie di bastimento quadro a due
alberi a coffa, coi loro alberetti guarniti
e attrezzati alla stessa maniera, il bom-
presso e la randa: capace di due o tre-
cento tonnellate. Armato, portava da dieci
a venti cannoni in barbetta. Dicesi bri-
gantino a palo quello a tre alberi, il
trinchetto e il maestro quadri, il mezzano
aurico: brigantino goletta., quello a due
alberi, il trinchetto quadro e il maestro
aurico.
Bride: briglia; ma la gente mondana
invece di nastro usa talora con più ele-
gante e corrente scioltezza (così loro pare)
la parola francese, come : les brides della
capote.
Brie: nome di una reputata specie di
formaggio francese, mollo e del sapore dello
stracchino. È così detto dal nome della re-
gione la Brie., in cui si fabbrica.
Brigantino : V. Brick.
Brillantare: fr. brillanter : in buon ita-
liano sfaccettare., cioè tagliare metalli a
faccetto, splendenti come il brillante.
Brillare e brillante: l'uso traslato che
si fa di queste due voci è senza dubbio
tolto dal francese. Una festa, un discorso,
un'esistenza, un'idea, un ufficiale, etc.
possono ricevere 1' aggiunta di brillante.
Il predominio di questa parola toglie l'uso
e l'agilità dei sinonimi italiani equivalenti.
Il Petrocchi registra questo nuovo sens'o
della parola brillante. La locuzione bril-
lare jter l'assenx a è pur essa condannata
dai puristi. Certo non è di conio italiano,
benché secondo alcuni deriverebbe da Ta-
cito {Ann. III. cap. ultimo) che narrando
i funerali di Giunia, scrive sed perfulge-
bant Gassius atque Brutus eo ipso quod
effìgies eorum non visebantur. Lo Chénier
nel suo Tiberio (atto I) introducendo que-
sto episodio, dà la tipica forma moderna :
Brutus et Cassius brillaient par leur
absence.
Brillare per l'assenza: V. Brillare.
Brindare : verbo oramai consacrato dal-
l'uso benché spiaccia ai puristi per la sua
provenienza francese : brinde. Bere alla
salute è il modo nostro. Ve inoltre il verbo
antico e disusato propinare che può far
ridere molti, eppure così efficacemente il
Carducci rinnova questa parola :
E propinando i vin bianchi e leggieri,
ballano con gli ulani e con le scorte (fa Ira).
Brioche : voce di origine incerta (V.
Scheler) ed indica sì in Francia che da
noi una pasta dolce di lievito e uova. Faire
des brioches = prendere una cantonata.
Bristol : così si chiama un cartoncino
bianco e rasato con cui l'annosi biglietti,
scritte eleganti, partecipazioni, etc: evi-
dentemente dal nome della città d'Inghil-
terra Bristol.
Britanni!^: lega formata con 00 parti di
stagno (Sn) e 10 parti di antimonio (Sb).
Più nota col nome di metallo inglese.
Brocco: cavallo in mal essere, nel gergo
de' soldati. È voce piemontese, bróch che
vale roxxa, ronxino.
r,i-o
— 62 —
Bill
Bròccolo: V. Verxa.
Brocchini: così da'calzolai intesi in Mi-
lano chiamare le scarpette con gli ela-
stici : evidentemente la parola è dal fran-
cese brodequin^ la cui etimologia non è
improbabile che provenga dalla nostra morta
voce borxacchino. Noto queste parole più
per bizzaria che per altro giacche nel lin-
guaggio delle scarpe, oh ironia, abbiamo
conservato l'italianità dei termini.
Broche: letteralmente ed etimologica-
mente è la nostra umile brocca che è ri-
masta lì a fermar le suole delle scarpe,
mentre la sua sorella francese è salita sul
petto delle dame ed ha usurpato il posto
delle nostre voci spillone^ fermaglio.
Broché : broccato part. del verbo antico
broceare, cioè stoffa trapunta o tessuta
a brocche. Ma per indicare quelle stoffe
che hanno un ricamo in rilievo e servono
per vario uso, abiti da signoi'a, cravatte,
tappezzerie, etc. si dice altresì alla fran-
cese broché.
Brochure : cucitura cioè l'atto semplice
del brocher che è a dire del riunire in-
sieme col filo i fogli piegati, e poi coprirli
con una copertina, il che si fa di ogni libro
quando passa dalla stamperia al legatore.
Perciò il distinguere come fanno i librai
libro in brochure da libro legato con car-
tone 0 con cuoio, mi pare inutile, visto
che i libri co' fogli sciolti come escono
dalla stamperia, non si vendono. Il Fan-
fani, notando la voce francese, consiglia
alla rustica; meglio forse grexxo. Bro-
chure è altresì usato in senso di opuscolo.
Broder: ricamare^ voce fr. metatesi
(forse) border, appunto perchè i ricami fan-
nosi di solito sull'orlo. Y. la parola bord.
Brodetto : nome dialettale del litorale di
Eomagna, dato ad una specie di umido di
pesci di varia ragione, come seppie, torpedi-
ni, triglie etc. Con poco olio, qualche stilla
di aceto nell'acqua, droghe ed aglio, i pe-
scatori allestiscono in breve sui loro bar-
chetti questo tradizionale piatto eccellente
■che ha qualche parentela col pacciucco li-
vornese e col bouille-abaisse marsigliese.
Il brodetto deve essere piatto antichissimo
se in Eomagna per dir cosa antica e trita
dicesi « vecchia come il brodetto » .
Brogliazzo : e anche brogliasso : voce
volgare della gente di commercio per in-
dicare lo scartafaccio ove si prendono le
prime note del dare e dell'avere.
Brokendown : letteralmente : spezzato
giù, azzoppato. E una zoppicatura pro-
pria dei cavalli da corsa, e consiste in
una distensione dei tendini flessori del
nodetto. Termine inglese del linguaggio
delle corse.
Brosse: fr. per spazzola pare incredi-
bile, ma si dice e si scrive presso di noi
talvolta, e così brosserie.
Brouhaha: voce onomatopeica francese
per indicare iin rumore sordo, indistinto,
specie delle folle. Es. « E mentre pei vani
immensi di San Pietro risuonava come vasto
clamore di fiumana il brouhaha dei mille,
mille pellegrini acclamanti alPapa-re, etc. »
Yale il conto di dire che avremmo pa-
role nostre da sostituire a questa voce stra-
niera?
Brown-Sèquard (cura o metodo di) : sin-
goiar cura di un medico francese di tal
nome, che consiste nel somministrare in
caso di atrofìa della funzione di un organo,
lo stesso organo tolto da un animale in
forma di estratto.
Bru-bru : term. volgari ssimo del dialetto
lombardo per indicare que' procaccianti
avidi, volgari e noiosi, che avendo al-
cuna nozione di procedura e di leggi, si
prestano a' servigi altrui presso le preture.
Faccendiere, imbroglione. Usasi anche
come spregiativo di avvocato: press' a poco
come paglietta nel napoletano.
Bruciare o bruciarsi le cervella: uc-
cidersi 0 uccidere con colpo di arma da
fuoco alla testa ; locuzione forte che ri-
corda il brilter la cervelle de' francesi.
Bruciare i suoi vascelli: locuzione fi-
gurata che vuol dire togliersi spontanea-
mente la via del ritorno cioè la tenta-
zione del tornare indietro, obbligarsi quindi
ad avanzare ad ogni costo, compiere l'im-
presa disperatamente. I francesi hanno
appunto bruler ses vaisseaux.
Brughiera: così in Lombardia chiamasi
quel terreno incolto e deserto ove cresce
l'erica e la scopa {brugk).
Brulé : participio del verbo fr. bruler n:
bruciare, usatissimo in « vino 6n<7e, latte
brille^ e simili. L'uso ne è così invalso
GB —
Bud
che inutilmoiito si tenterebbe sostituirvi
il participio corrispondente òrwcrn/o, tanto
])i\i che bruciato, per ciò che rig-uarda
lo vivande, ha per noi un senso alquanto
diverso. Alcuni dicono vino caldo ed è il
modo nostro e buono. Fra le singolarità
singolari delle voci francesi o affini al
francese che sono usate in Italia e ignote
0 mal note o altramente noto in Francia,
questa merita speciale menzione giacche
questo aggettivo bnllé non sembra usato
in francese in tal senso. Così in fatto leggo
nel lessico Italianismes vieieux dei sigg.
Alfredo Orcorte e Luigi Standaert. Mi-
lano, Cogliati. « On entend souvent diro,
surtoutdans la Haute-Italie: J'ai pris uno
tasse de vin brulé — Voulez-vous une tasse
do vin brulé? au lieu de: J'ai pris une
verre de vin chaud — Voulez-vous un
verro de vin chaud ? — Allons prendre un
verre de vin chaud — Gar9on, un boi de
vin chaud et cinq verres. En Franco, le
vin chaud se sert le plus ordinairement
dans des verres. Vin brulé est fran^ais,
mais n'est plus usité quo dans quelques
l)rovinces. »
Brum 0 interamente Brougham : nota
forma di vettura chiusa a quattro ruote,
d'uso anche nel servizio di piazza. Questo
genere di vettura fu messo in moda da
Lord Arrigo Brougham, letterato, storico
e politico inglese (n. 1779, m. 1868). Voce
entrata nell'uso popolare.
Brumista: per vetturale^ vetturino, coc-
chiere^ conduttore del brum. Voce comune
a Milano. V. Bruni.
Brunettes: così denominavansi delle
ariette in voga in Francia nella prima
metà del secolo XVIII, edite dal Ballard;
ebbero il titolo comune di Brunettes per-
chè nella prima aria della raccolta è fatta
parola di una brunette :
Sur les bords du Loir assis
Cliaiitoit dessus sa musette ;
Ali ! petite Brunette ;
Ah ! tu me fais mourìr !
« Questo Brunettes avevano la doublé^
cioè variazioni nei couplets susseguenti
al primo. Erano ad una, a due e a tre
voci sul basso continuo. Vi ha in esse lo
spirito fine od elegante della musica fran-
cese veramente nazionale. »f A. Galli, o^j.cìY.)
Bruscolo: voce toscana detta di qual-
siasi corpicciuolo minuto e specialmente
di quelli che entrano negli occhi, onde la
locuzione: « * bruscoli negli occhi degli
altri paiono travi», e i significati esten-
sivi di ombra, sospetto. La registra il Pe-
trocchi come voce italiana, ma è voce re-
gionale.
Brusquerie : fr. modi diiri, aspri : no-
tiamo anche di questa parola un esempio:
« Anche nei casi ordinari della vita, un
Romagnuolo ha sempre certi scatti e certe
brusqueries che ci fanno strabiliare » . (G.
Ferrerò. Violenti e Frodokìiti in Ro-
ìuagna) .
Brutale: aggettivo italianissimo, ma
spesso usato alla francese: brutal (da brute,
latino brutus — bruto, bestia). Esso rende
inutili molti sinonimi di cui è ricca la no-
stra lingua : scortese., villano., audace., vio-
lento, turpe, etc. Brutale, secondo i casi,
serve a tutti questi usi.
Bruto: usasi talora familiarmente per
satiro. V. questa voce e confronta il ter-
termine medico satirìasi.
Bruzzico: (da barluxzico spiega il Pe-
trocchi) la 'ìnattina avanti V alba, il di-
lucolo, il crepuscolo, è voce non più che
toscana e dicesi anche bruxTio. Registrata
ne' dizionari. Es. levarsi a bru%%ico. Gfr.
la locuzione tra il lusco e il brusco.
Bubbone: è termine volgare dell' adenite
inguinale, esteso poi a tutte le tumefa-
zioni glandolari che hanno una causa spe-
cifica, la sifilide, la peste etc.
Bùccina: parola latina che indicò presso
i romani una specie di corno metallico,
derivata, appunto dalla forma del corno,
dalla contrazione di bovicina {bos e cane)
almeno secondo alcuni. Nei tempi mo-
derni si chiama con tale nome un trom-
bone con la campana in forma di serpente.
Bucefalo: fu il nome del famoso ca-
vallo di Alessandro il grande, gr. Bov-
Héifmkog che vale testa di bue. così detto
0 dalla lunghezza della fronte ovvero por
alcuna macchia o contrassegno bovino.
Dicesi oggi facetamente di cavallo, e specie
di cavallo di scarso valore.
Budget: parola inglese, che in origino
significò: ìa borsa, il tesoro del re., poi
lo stato annuale delle entrate e dolio spose.
Biif
(J4 -
Bui
cioè il bilancio preventivo e consuntivo,
poi, più comunemente, lo stato delle fi-
nanze, anche di un individuo. Passò que-
sta -voce ufficialmente in Francia al prin-
cipio del secolo XIX. Bapport au roi
sur la situation des finanees au 1 Avril
1814, et sur les budget s des années 1814
et 1815. Comune è pure presso di noi. La
derivazione è da bolgia = gran tasca,
latino bulga, antico francese boulgette.
Confronta la bolge di Dante e la voce no-
stra, tuttora viva bolgetta per borsetta.
Buffet: così nell'alta Italia è spesso chia-
mata la credenza : armadio con alta ve-
trina 0 con più e vario ordine di palchi
per posarvi piatti, biancheria da tavola
etc. Il Du Cange registra bufetagium
zzz buveterie =: abacum , credenza e
questa sarebbe la voce nostra, se non
che essa non ha la estensione della voce
francese. Buffet non solo è la credenza,
ma la stanza, il banco, i tavoli, le vivande
stesse, i vini e le terraglie che compon-
gono il sontuoso apparecchio, in uso nelle
feste e nei ricevimenti. Noi potremmo dire
e si dice « rinfresco, apparecchio » ; ma
non regge la frase, come in « andare al
buffet » . Buffet è chiamato altresì il caffè
delle stazioni dove e' è tavola pronta con
rifreddi e ristori. E siamo al solito caso
della voce unica che vince nel facile uso
i sinonimi nostri. Il Petrocchi registra èz^/fè.
Per altre etim. di buffet, V. Scheler.
Buffo: aggettivo che dicesi assai comu-
nemente di cosa ridicola che muove il
riso e nel senso ironico, che muove sdegno,
dispetto. Buffo, sostantivo, è l'attore tea-
trale buffone nell'operetta e nell'opera
buffa che è appunto il melodramma gio-
cosu, dal quale principale intento è muo-
vere le risa. Buffo è antica voce la cui
più probabile etimologia è dal latino buffa
= alapa cioè schiaffo, guanciata, solendo
gli antichi buffoni (e i moderni, no? Per-
durano in cotesto i costumi degli uomini)
enfiarsi gote e ventre per ricevere busse
e ceffoni. Non è, appunto per cotesto,
esclusa l'altra etimologia, pur dal latino,
btifo = rospo panciuto e rigonfio.
Bugandaio: taluno a cui pare di par-
lare con più eleganza, usa la yogb bugan-
daio per lavandaio. Ora questo bugan-
daio è una parola abusiva ed inutile, fog-
giata presumibilmente su bucataio voce
toscana, detta di chi fa il bucato per me-
stiere.
Buggerare e Buzzerare: spcss' a poco
come buscherare, onde buscherata, bu-
scherio, buggerio: voci volgari e fami-
liari comunissimo in Toscana e in Eo-
magna, comune nel Veneto in huxerar,
buxaràda, buxaròn, buxarona, né è fa-
cile determinarne il significato, essendo
idiotismo che riceve sfumature varie se-
condo il discorso. Il concetto è di frode
inganno, ma spesso in senso benevolo e
faceto. Buggerìo, buscherìo indica chiasso
di molte persone che leticano. Busche-
rata è esclamazione di meraviglia e di
assenso. Una buscherata da nulla! Spesso
è epitheton ornans offensivo.
Bugia: di questa parola francese deri-
vata da Bugia città dell'Algeria ove da
prima furono fabbricate le candele stea-
riche, e che è entrata così nell'uso che
il Petrocchi la registra e il Fanfani non
la riprende, diremo soltanto che in fran-
cese bougieè la sola candela, e il candeliere
basso che noi chiamiamo bugia, è invece
chiamato bougeoir. Ecco un chiaro esem-
pio in francese del valore delle due parole :
Je substituai, dans le bougeoir de sa chambre à
coucber, une bougie de ma composition.
E, Poe, traduzione di C. Baudelaire,
Le demon de la Perversité.
Bugìa nen: letteralmente non muoverti:
dal verbo piemontese bògè o bugé, fran-
cese bouger := muovere, più la negazione.
È sostantivo appellativo glorioso nella mi-
lizia per indicare la resistenza di quell'eser-
cito che fu unica forza armata nella pas-
sata storia d' Italia.
Nui suma i fieni d' Gianduja
nui suma i bugia nen . . .
ma guai se la testa an ruja,
_se '1 dì d' le bote a ven !
Così cantavasi nel 1866.
Bugiioulo : term. mar., secchio di legno
con manico di corda: serve a vuotar l'a-
cqua imbarcata o a prender l'acqua dal
mare per uso di bordo.
Buldò: V. Bull-dog.
Bull-dog : letteralmente in inglese toro
cane, e i francesi secondo la loro lingua
scrivono bouledogue; così detto o per la
Bui
- 65
Bur
tuturu e formazione taurina o perchè ser-
visse a custodia di tori. Questa nota specie
di molosso è di origine inglese e assai
antica: prosperò assai bene in Ispagna dove
Filippo II la fece venire di Britannia per
servirsene nei circhi contro gli altri ani-
mali. Varia di grandezza e di peso: ottimo
cane da guardia, affezionato al padrone,
abbaia poco e non ama esser molestato.
Sembra al brutto aspetto più. cattivo che
non sia in realtà: altro punto di contatto
fra uomini e cani. Molosso è il suo nome
italiano. Qualche lessicografo registra la
voce dogo, ma non è certo nell'uso. Anche
in tedesco usasi tale voce inglese. Molti
da noi volgarmente dicono buldò.
Bull's Eye : letteralmente occhio di bue
ed è neologismo inglese del linguaggio
commerciale, usato anche presso di noi,
per indicare certa specie di macchine foto-
grafiche istantanee.
Bullone : dal francese boulon, da boule^
latino bulla, grosso chiodo che comprende
la vite (con gambo parzialmente o total-
mente filettato) il dado e la testa. Parola
d'uso nel linguaggio tecnico, a cui secondo
i meccanici la nostra voce chiavarda non
corrisponderebbe.
Buio : voce volg. dell'Alta Italia : smar-
giasso^ bravaccio. Dalted. buhle = drudo.
Bund : voce tedesca: alleanza, federa-
zione Es. Schweixerbund == Federazione
Svizzera.
Buona usanza: costume di Lombardia
e del Veneto di dare alcuna somma, sia
pur modesta, a qualche istituto di bene-
ficenza in occasione di lutto che colpisca
persona amica.
Buon giorno : anche questo saluto spiace
;il Fanfani perchè ricorda il bon jour de'
Francesi. Certo in Toscana dopo mezzodì
usasi dire buona sero^, laddove nelle regioni
settentrionali finche è chiaro, si seguita
;i dire buon giorno. Da ciò a far le scim-
mie, come assevera il Fanfani, ci corre
0 di molto.
Buona società nel Lessico del Fanfani
è locuzion(! riprosa, cui vuoisi sostituire :
la gente 'per bene, a modo, le persone
civili etc. Sia puro. Ma la frase formata,
fissa buona società ricorre più pronta e
precisa. Solito caso.
Buoni uffici : fr, bons offlces. Le Potenze
al congresso di Parigi, 14aprilel856, espres-
sero il voto che gli Stati contro cui fosse
dichiarata la gaerra potessero rivolgersi
all'interposizione {bons offices) di uno Stato
amico per dirimere la causa del conflitto.
Buoni uffici dicesi comunemente per indi-
care un' interposizione benevola fra con-
tendenti.
Buran : temporale di neve e vento di
N. E. nelle steppe russe e siberiane.
Bureau : in origine, diminutivo àibure,
basso latino bura, grossa stoffa di lana,
bigello, che serviva di tappeto agli scribi
degli uffici. Il senso poi si ampliò, come
è noto. Questa parola, in. vece di ufficio,
banco, studio, scrittoio, si è così resa
comune presso di noi, che è sprecata ogni
chiosa. Burocrazia, burocratico, etc, che
ne derivano, non sono oramai più con-
vertibili con altre voci. Bureau è voce
passata dal francese a quasi tutti i lin-
guaggi.
Burgràvio : antico titolo di dignità in
Germania dato ai signori di una città. Let-
teralmente vuol dire: conte del castello.
Si dava questo titolo anche ai capi militari
di una città con giurisdizione civile. Dicesi
molto familiarmente da noi burgravi di
persone che si danno grande importanza, e
sono 0 paiono arbitri della cosa publica.
A tale senso, forse, contribuì quel gravio,
quasi grave, che in tedesco è graf:=.
conte.
Buridàno (l'asino di) : àne de Buridan,
è rimasto proverbiale per indicare lo stato
di chi è incerto né sa risolvere fra due
cose. Il motto, comune fra noi, è di conio
francese e trae origine da un sofisma delle
scolastico Giovanni Buridan di Béthuno
(Artois) fiorito nel sec. XIV e professore
di filosofia in Parigi. Il sofisma è questo,
cioè di un asino morente di fame tra duo
misure d'avena ugualmente distanti da lui
0 morente di fame e di sete tra un fascio
d'avena e un secchio d'acqua. Come questo
sofisma si connetta all'antica questiono del
libero arbìtrio non è qui il caso dì vedere.
Cfr. Dante, Paradiso, IV.
Intra duo cibi, distanti o moventi
d'un modo, pria si monia di lame,
che libor uom uu si recasso a' denti.
Bus
66 -
Buz
Cfr. Tennemann {Histoire de la philosophie
Vili, 2^ parte).
Burnous : gran mantello di lana con cap-
puccio usato dagli arabi (bornos)^ e di lì
con qualche modificazione adottato in Fran-
cia. In Romagna, nel contado riminese,
chiamano bernoùss il giacchetto delle vil-
lane: forse una probabile derivazione da
burnous ?
Burocrazia e burocratico : sono figliuoli
legittimi di bureau (V. questa voce) che
è parola non accolta nei dizionari italiani,
i quali però ne accettano i derivati su
detti. A noi basta notare l'onesta contrad-
dizione. Certo buroeraxia e burocratico
sono due brutte parole, come brutta è la
cosa, ma come farne senza se ad esse è
legato un concetto di grande importanza
nella macchinosa vita odierna? Il Fanfani
consiglia : puhlici uffici , stile segreta-
riesco e di ufficio^ ma chi intenderebbe
tali parole nel senso di burocrazia etc?
Non dico che nel linguaggio letterario non
si usino queste parole nostre ed elette,
ma nell'uso comune la moneta che si
spende in tale caso è burocrazia e bu-
rocratico. Il Giusti nel Oingillino ha il
verso a proposito della burocrazia:
dieasterica pesto arciplebea.
Busécca in milanese è la trippa onde
busecchia in italiano. Di questo greve, rozzo
ed indigesto cibo, cucinato con cipolle, ver-
dure e fagiuoli a modo di minestra, sono i
milanesi assai ghiotti, poveri e ricchi, nobili
e plebei, gentili dame e donne del popolo:
ed è cibo che rimane tradizionale in questa
città ove pur molte cose si mutano.
Buseccòne:milanese buseccòn^ dicesi per
celia od offesa de' milanesi, perchè ghiotti
della busecca. Giova e piace notare come
gli italiani oltre ai molti modi di cui di-
sponevano per ingiuriarsi, città contro città,
regione contro regione, si valessero pur
anco del cibo preferito in ciascun paese:
Fiorentini mangia fagioli.^ Napoletani
mangia maccheroni, Bergamaschi man-
gia polenta e i Bergamaschi ai Milanesi
busecconi. Y. Baggiano.
Busillis : parola usata nella locuzione
familiare : questo è il busillis., per dire
questo è l' imbroglio., la difficoltà., ma
intendendo di cose di poco conto. La spie-
gazione che si dà di questa parola è la
seguente e vale per quello che vale : uno
scolaro doveva tradurre la frase latina: in
diebus illis =r in quei giorni, ed avendo,
quale ignorante ch'egli era, scritto: Ì7i die
busillis disse al maestro di non aver saputo
tradurre perchè la parola busillis non era
nei dizionari.
Business-man : caratteristica locuzione
ed espressione della nazione anglosassone, e
vuol dire uomo d'affari o per dir meglio e
più filosoficamente, uomo che nelle azioni
umane vede, intende, cura specialmentel' af-
fare. Questa parola cominciajad essere usata
anche dove non è necessaria. S' incomincia
per vezzo e poi entra nell'uso. Es. «D.
Brambilla era essenzialmente un busi-
nessman., ma era anche uomo di buoni
studi ». Rivista delle Biblioteche N. 12,
Voi. XI, anno XI.
Butte : variazione femminile di bout., ele-
vazione in cui ponesi il bersaglio e poi
collina., poggio^ montieello. Es...« Venne
a Montmartre. Su la Butte gloriosa egli
soffrì per mesi la fame, etc. » così un let-
terato in Gorr. d. Sera 8 giugno '900.
Capisco che si tratta d'un caso, forse unico
e detto per vezzo, ma moltissimi di questi
casi unici e di questi vezzi diventano sin-
tomatici.
Butterbrod : burro e pane; così i tedeschi
chiamano una loro favorita vivanda di pa-
nini spalmati col burro, ed è parola che
si ode anche in Italia.
Bùttero : il mandriano a cavallo della
campagna romana, dal tipico vestire, col
mantello, le ciocco e il cappello a cono.
Buvette: vocefr., corrisponderebbe alle
nostre voci mescita., bettolino. Buvette era
detto il banco de' rinfreschi nelle corti giudi-
ziarie, nelle camere legislative etc. Buvette
oggi indica qualunque liquoreria più tosto
elegante, ove si mesce e si beve comu-
nemente al banco ; presso a poco come bar.
Buzzo: in toscano vuol dire stomaco,
ventre (ant. tedesco butze) onde si dice
a buzzo buono quasi col ventre disposto
a riempirsi, indi di buona voglia impren-
dere alcuna cosa.
Buzzurro: così nel dialetto romanesco
sono chiamati coloro che non sono Ro-
Buz
- 67
Byp
mani cives, cioè Romani de Roma. Detto
specialmente e in senso spregiativo degli
italiani venuti in Roma dopo il '70.
Senso evidentemente esteso dalla voce
toscana buxxurro. « Questo nome suol
darsi in Toscana a quelli Svizzeri che
nella stagione dell' inverno ci vengono a
esercitare la loro industria di far bruciate,
ballotte, pattona, etc. » Crusca. Proviene
forse dal tedesco putxer^ chi netta, chi
pulisce, e in origine indicava lo spazza-
camino (Zambaldi, op. eit.).
By pass : passaggio di fianco^ voce in-
glese, ristretta fra noi alla terminologia
dei tecnici, per indicare un passaggio sussi-
diario e secondario nelle condotture e nelle
macchine.
Cab: voce inglese (abbreviata dal francese
cabriolet?) che indica una vettura da piazza,
usata in Inghilterra, caratteristica perchè
il cocchiere siede di dietro, in alto, e guida
per di sopra la testa di chi sta in car-
rozza. Il vocabolo è notato anche nei di-
zionari francesi. Per altra etimologiaY. Oa-
binetto.
Cabaletta: «l'ultima parte di un'aria;
può essere un a solo od anche accompa-
gnata da una parte (personaggio) episo-
dica, 0 dal coro. L'aria, o la cavatina,
incomincia con un recitativo che prepara
un brano in movimento lento; questo è
susseguito da una breve preparazione, a
recitativo o a coro, cui tien dietro un'a-
nimata melodia, di solito ripetuta, e de-
nominata cabaletta, o cappelletta, perchè
in origine in tempo a cappella. » (A. Galli,
op. cìt.).
Cabaret: voce fr., conquistata daU'uso:
in italiano è vassoio o guantiera. È pure
nota la voce cabaret nel senso di osteria
ove si vende vino al minuto e se ne aiuta
lo spaccio col dar da mangiare. Parola di
etimologia incerta. V. lo Scheler.
Cabina: voce inglese, ca6m; divenuta
poi francese in cabine', indica special-
mente la piccola stanza che è a bordo delle
navi per uso dei viaggiatori. Parola ac-
cettata, registrata e necessaria. Per l'eti-
mologia V. Gabinetto.
Cabinets particuliers: così francesemente
più spesso che nella versione italiana sono
chiamate certe stanzine riservate e di-
screte dei ristoranti alla moda ove si con-
viene in due o in più, di sesso diverso
comunemente, per mangiare e bere senza
essere disturbati dalla altrui presenza.
Cablogramma : neologismo di conio fran-
cese. Cable = cavo, dal basso latino ca-
pulum zz: corda. Dunque il cavo sotto-
marino per la trasmissione della corrente
elettrica, e cablogramma il dispaccio che
dovremmo, caso mai, chiamare cavogram-
ma. Èl tempo che scrivo il radiogramma
Marconi tende a sostituire il cablogramma.
Cabochon: fr., pietra preziosa liscia^
naturale, cioè non faccettata : da caboche
= capocchia.
Cabotaggio: voce marinaresca che de-
riva dallo spagnuolo cabo 1= capo ; indica
cioè la navigazione breve, costiera, limi-
tata fra capo e capo. Il grande cabotaggio
si riferisce a navigazione non oceanica. Il
Eigutini consiglia di italianizzarla in ca-
potaggio. Ottimamente, ma non basta a
ciò il buon volere del grammatico. « Voce
necessaria » dice il Guglielmotti, op. cit.
Cabotin: V. Cabotinage.
Cabotìnage : astratto di cabotin^ voce
familiare francese che si dà ai comme-
dianti di poco valore, girovaghi, guitti,
ciarlatani. Il nome pare derivato, almeno
secondo il Littré (Vedi il Supplemento) da
un comico e ciarlatano della seconda metà
del secolo XYII di nome Cabotin.
Cabriolet: dal verbo francese caZ>WoZer,
propriamente saltare come uìia capra., far
capriole (cfr. chèvre) : quindi specie di car-
rozzina leggera, saltellante (Littré).
Cacatua e cacatù : specie di papagallo.
V. Kalcatoes.
Cacciatora (alla) : dicesi di vivande pre-
Cac
— 69 —
Gag
parate alla lesta, in padella, come ca-
pretto, vitello spezzato, poUastrini teneri,
quasi alla maniera che usano i cacciatori.
Cacciatori : V. Chasseur.
Cacciucco: zuppa o intingolo di pesci
di vario specie e assai drogato. E voce
dialettale livornese e, come voce toscana,
registrata dal Petrocchi. Risponde press' a
poco al bouille abaisse marsigliese, al bro-
deito del litorale romagnolo.
Cachemire: voce volgarizzata in cas<?^-
mirra o casmirra e così registrata dal
Petrocchi, ma 1' uso porta a pronunciare
alla francese. Caseemir o Gasmir è il no-
me d'un regno dell'India Britannica da cui
prima provenne questo finissimo tessuto
di lana.
Cache-nez: letteralmente nascondi-naso^
€Ìoè ciarpa che ricopre dal freddo il naso
e la bocca. Voce fr., dell'uso fra gli ele-
ganti e nel linguaggio della moda.
Cachessìa: ter. med., dal greco eaeòs =
malvagio e exis r= disposizione. Parola
ohe non ha senso determinato, ma che de-
signa ogni specie di turbamento profondo
delle funzioni organiche.
Cachet (lettere di) : voce storica che in-
dicò in Francia, sotto l'antica monarchia,
le lettere del re col suo sigillo contenenti
un ordine ; e più specialmente si inten-
devano quelle contenenti ordine di esigilo
•0 di prigionia. L'abuso che se ne faceva,
spesso arbitrario, fece si che l'Assemblea
costituente le abolisse (15 gennaio 1790).
Cachet : suggello, impronta., stampa e
poi indole., maniera., modo di fare. E pa-
rola francese comune, specie nel linguaggio
«legante mondano : sigillo è voce rimasta
per indicare l'impronta su la ceralacca. Per
l'etimologia V. lo Schelcr. Cachet è chia-
mata dai farmacisti quell'ostia compressa,
o capsula, contenente una polvere amara :
cachet di salòlo, di bisolfato di chinino etc.
Caciocavallo: formaggio speciale del-
l'Italia meridionale in forma come di grandi
zucche oblunghe, legate insieme e poste
a cavalluccio, onde il nome.
Cactus: dal greco eactos, pianta spinosa
e grassa, coltivata per la sua bizzarra forma
ornamentale. Il fico d'India (C. opuntia)
che in Sicilia forma siepi naturali e da
un frutto fresco e squisitissimo quando è
mangiato sul luogo, è la specie piii no-
tevole. In francese è cactus., in italiano
trovasi tradotto in catto e cacto., ma sono
voci poco usate.
Cadeau: voce fr., entrata ampiamente
nell'uso, anche del popolo ; che dice spesso
cado un bel cado., specie annettendovi
l'idea del dono inaspettato e gradito.
Cadenzare : (fr. cadencer) per dare una
particolare cadenza o ritmo ad un verso,
ad un periodo e simili, è brutto neolo-
gismo. Così il Rigutini.
Cadoche: V. Kadosch.
Café-chantant : nota specie di caffè con
teatro e spettacoli vari, con giuochi, biz-
zarrie, fantasie e specialmente eccitazioni
muliebri di danzatrici, cantatrici, dicitrici,
il che ne costituisce l'essenza. Spesso è
un teatro costruito appositamente e con
grande sfarzo. Oifre il vantaggio di assi-
stere a spettacoli attraenti e salaci insieme
alla libertà del caffè, cioè di fumare, bere,
mangiare, andare e stare. Il buon costume
non è il carattere distintivo di tali ri-
trovi. L' uso è d' importazione straniera,
attecchito però benissimo. La locuzione
è stata anche tradotta in Caffè concerio.
Cosi infatti la poetessa Annie Vivanti
intitolò una specie di suo romanzo auto-
biografico.
Caffè-concerto: V. Café-chantant.
CafTeiera : voce usata per indicare il re-
cipiente elegante in cui portasi il caffè già
fatto. Dicesi anche caffetiera., voce che il
Petrocchi nota in tal senso. In francese c'è
Cafetière., n. f. Vase pour fair e et verser
le café.
Caffeina: alcaloide del catte, usato in
medicina come potente eccitante del cuore.
Cafóne: voce dialettale dell' Italia me-
ridionale, estesa poi ad altre regioni : in-
dica persona plebea, villana, rozza, mal-
destra. Termino ingiurioso. Il D'Ambra
{Dix. Napolitano) lo fa derivare da wa-
KÓ(poyvog.
Cagnara: letteralmente l'abbaiare dei
cani., poi significò grida., rumore, questio-
ne e simili, onde la locuzione far cagnara.
Voce tipicamente romanesca, poi passata
nell'uso della lingua familiare e comune
di molto regioni della media Italia. Il
Petrocchi la registra nel suo Dixionario
Gag
— 70 —
Cai
Universale e riporta la scrittura meno co-
mune cagnaia.
Cagnìna: nome di vino romagnolo al-
quanto aspretto: estingue benissimo la sete.
Kel circondario di Cesena, dalla Cagnina
si ottiene un vino morbido, dolce, inten-
samente colorito, spesso spumante, ed è di
pronta beva. Vino di uso locale. La voce
dialettale del vitigno e del vino è canena.
Cagnóni: Y. Biso in...
Cagnotto: termine volgare e spregiativo
(da cane) per indicare i seguaci prepo-
tenti, faziosi, di qualche capo.
Ca' grande o casa grande: perifrasi
dialettale milanese, l'ospedale.
Caicco 0 caìccio: cosi è chiamato, su le
rive dell' Adriatico specialmente, quel greve
palischermo o barchetta che si tiene a
bordo dei velieri, per salvataggio e per
trasporto. Dal turco kàik.
^a ira : fr. ciò andrà, cioè avrà ef-
fetto : parole con cui comincia il ritornello
d'una canzone popolare che precedette di
poco la Carmagnola e la Marsigliese., e
come queste ultime potentemente influì su
gli animi al tempo della Eivoluzione. Il
Carducci intitolò ^a ira i suoi mirabili
sonetti che sintetizzano la Eivoluzione
francese.
Cala : seno di mare entro terra con buon
fondo dove possono riparare sicuramente
le navi. Taluni chiamano cala anche il
fondo della stiva.
Calandra: per noi è un vezzoso uccel-
lino simile alla lodola. Ma in francese ca-
landre vuol indicare altresì la macchina
usata per ispianare e lustrare i tessuti.
Calandre sembra in tal senso derivare dal
greco kìlindros zzz cilindro. In italiano
dicesi màngano.
Calata: nel senso speciale in cui è usata
in Genova, cioè per indicare la banchina
di carico e scarico delle navi, questa pa-
rola non è nei dizionari. (Cfr. Dock). La
registra però il Guglielmotti, op. cit.
Calce (in): « posto avverbialmente, e
riferito a cose stampate e manoscritte, vale
a pie di pagina » Crusca.
Calcestruzzo: da calce e structum, la-
tino, che vuol dire costruito. Smalto tenace
da costruzione muraria fatto di ghiaia, rena,
calce.
Calcificazione: ter. med., che significa,
il depositarsi dei carbonati e dei fosfati di
calce nei tessuti e negli organi. Es. cal-
cificazione delle cartilagini: dicesi anche
infiltrazione o degenerazione calcarea.
Calcinello: term. volg. su le rive oc-^
cidentali dell'Adriatico, Eomagna e Mar-
che, con cui sono più specialmente note
le telline; genere di molluschi a con-
chiglia bivalve e sottile, dal sapore deli-
cato; squisiti per far zuppe ed intingoli»
La riva sabbiosa è ricchissima di tali
frutti di mare.
Calcio dell'asino: V. Il calcio, etc.
Calcolare : nel senso di stimare., pen-
sare., far conto « è modo nuovo, inutile
e preso dal francese » calculer =i conjec-
turer., prévoir. Così il Eigutini, e simile
giudizio vale pel nome calcolo. Pure ac-
cettando come buona 1' osservazione de}
dotto nostro filologo., è certo che l'esten-
sione francese da calcolo = computo arit-
metico, a calcolo = computo ideologico, è
felice come la più parte dei traslati di
quella geniale lingua. Calculus in latine
vuol dir pietruxxa che usavasi primamente
per computare, indi significò comjtuto.
Avverto che i dizionari nostri accolgono
il nuovo senso.
Calcolo: lat. calculus., pietruzza: in me-
dicina indica una concrezione pietrosa
formata di sali organici o inorganici che
nasce e si forma nei serbatoi glandulari
0 nei canali escretori.
Calcomania: figurine a colori che, ba-
gnate, si staccano dal loro cartoncino e si
imprimono dove più piace : delizia degli
scolari, e sciupio dei libri.
Calcotipia: incisione in rilievo sul rame.
V. Cliché.
Càieche: così in Milano è chiamata la
vettura publica scoperta. Cdleche è voce
francese, dal polacco Koless, in tedesca
Kalesche., fatta italiana in calèsse. Vet-
tura leggiera, a quattro ruote, e mantice»
Caleidoscopio : neol. formato con voci
tolte dal greco e significa vista di belle
imagini: è una specie di cannocchiale
che presenta una quantità infinitamente
variabile di figure ornamentali, simme-
triche, formate per effetto di riflessione
ottica. Il fisico Brewster, scozzese (1781-
Cai
71
Cai
1868) ne fu l'invontoro. Usata è la parola
anche in senso traslato.
Calembour: giuoco di parole basato su la
siniiglianza de' suoni e varietà de' sensi
senza tener conto della ortografia. La lin-
gua francese vi si presta a tal punto da
formare un vero vizio di suoni uguali. Es :
.1/. de Bievre ayant oppris qice le comé-
dien Molé^ si connu par sa fatuité^ était
retenu au Ut par une indisposition^ s'écria:
Quelle fatalitó l {quel fai alité = quale
sciocco a lettol). Nel secolo XVI dicevansi
equivoques. Il nome Calembour difatti è
recente e, come vi accenna pure il Littré,
questa ne è data come origine : fu cioè
il conte Kalenberg di Vestfalia, inviato
ambasciatore a Parigi sotto Luigi XV, che
ne fu l'involontario inventore. I parigini
d'allora non comprendevano il tedesco —
come non lo comprendono oggigiorno —
e questo conte vesfaliano, per farsi capire
era obbligato a parlare un francese cosi...
tedesco da non si dire. Avveniva, quindi,
che gli sfuggivano molte improprietà che
ferivano le delicate orecchie dei parigini
e fornivano materia a molti giuochi di pa-
role ai quali si diede il nome di Kalen-
berg, degenerato poi in calembour. Disgra-
ziatamente nessuno dei giuochi di parola
del conte di Kalenberg ci fu conservato:
eppure fu per questo che il nome dell'am-
basciatore di Vestfalia passò ai posteri. In
italiano calembour equivale press' a poco
a freddura e bisticcio. La freddura, de-
lizia delle scene popolari, non soltanto è
volgaruccia, ma non ha il pregio dell'epi-
gramma e dell'arguzia: tuttavia da Ari-
stofane a Plauto, da Shakespeare al Balzac
non fu sdegnata anche da nobili ingegni.
Calembouriste : è colui che ha facilità
a trovare questi doppi sensi, freddurista.
Esempio di freddura : nel Ouerrin Me-
schino, giornale milanese, pieno talvolta
di pungenti sali, a proposito dell' insur-
rezione Carlista in Ispagna, comparve uno
scritto tutto basato su la seguente freddura :
Nessuno parlava più di Don Carlo : noi
stessi eravamo li li per dimenticarlo^ eto.
Calende Greche: Vedi ad Calendas
Oraecas.
Calendimaggio: è l'antica festa italica
e non semplicemente toscana, ohe canta
il maggio {calendae^ il primo dì del mese
presso i Romani)
Ben venga maggio
e '1 gonfalon selvaggio !
Costumavasi piantar davanti alla porta
dell'innamorata la rama fiorita. Vedi il
Leopardi nelle Ricordanze ove parla di
Nerina :
Se torna maggio, e ramoscelli e fiori
van gli amanti recando alle fanciulle....
Costume gentile oramai spento, benché io
ricordi di avere nella mia puerizia (nò è
gran tempo) inteso ne' borghi di Romagna
donne del popolo che con cembali anda-
vano cantando :
L' è venuto maggio
Ben venga maggio.
Vive la parola calendimaggio in virtù di
certa grazia estetica del suono, e per ef-
fetto di questa rifioritura artificiosa dell'an-
tico nell'arte.
Calicot: V. Percale.
Calesse: V. Càleche.
Càlinerie: in francese vale mome, c«-
rezze^ lexiosaggini; e càlin e caline di-
cesi di persona piena di moine e di sve-
nevolezze.
Calisvar: voce usata dai meccanici: è
un utensile d'acciaio, di forma cilindrica
0 tronco-conica, la cui superficie è scana-
lata in guisa da presentare tante costole
taglienti. Lo si adopera per allargare, li-
sciare i fori comunque fatti nelle lamiere,
ecc. Non conosco 1' origine della parola,
né posso asserire che sia voce puramente
dialettale. In tedesco Reibahle; in inglese
Rimer. Non so esattamente quale sia la
corrispondente francese {Mandrin ?) In ita-
liano allargatoio ?
Calle: (lat. callis) voce classica, viva
tuttora nel dialetto veneto, e serve ad in-
dicare le caratteristiche vie di Venezia (fin-
ché non ci correrà il tranvai!).
Callifugo : voce aggiunta a' rimedi che
vantano la guarigione dei calli, coniata
come febbrifugo, {lì miglior callifugo sono
le scarpe larghe e ben fatto).
Calligrafia: è parola greca che significa
bella scrittura e perciò dicendo brutta cal-
ligrafia si comporrebbe un modo improprio
ed illogico. Ma è dell'uso: la parola cai-
Cai
72
Cam
ligrafia ha perduto il senso etimologico e
vale press' a poco come scrittura.
Calomniez, calomniez; il en resterà tou-
jours quelque chose: motto fr. assai noto
e variamente attribuito (Voltaire, Gesuiti).
Beaumarchais nel suo Barblef di Siviglia
(II, 8) lo riporta riferendolo ad autorità a
lui anteriori. Bacone da Verulamio (De
dignitate et argumento seientiariim ^YIll^
2, 3-1) scrive: Sìcut enim dici solet de
calumnia^ Audaciter calumniare., semper
aliquid haeret.
Calzaturifìcio: questa goffa e sesquipe-
dale parola fu creata a Milano (1902) per
indicare una gran fabbrica di scarpe. Certi
neologismi deformi non sono senza signi-
ficato nella fisiologia di un linguaggio e
perciò questo dizionario li annota anche se
locali ed effimeri.
Calzéder: e calcèdro dotta in italiano, è
una curiosa parola romagnola e ravennate
che attesta e ricorda l'antico dominio de'
greci bizantini (Esarcato). ludica il vaso di
rame per attinger acqua, da calcos ==
rame e ildor = acqua.
Calzoni: sono l'indumento proprio del-
l'uomo. Talora, specie in Lombardia, le
donne adoperano impropriamente la voce
cahoni per mutaiide. Dicesi però in modo
familiare e figurato portare i calzoni
quando la donna la fa da uomo, ma non
per opere assennate e buone, bensì per
capriccioso comando e imperio sull'uomo.
Carnàio : voce dialettale genovese, estesa
talora anche nella lingua letteraria. Indica
il facchino che carica e scarica le merci
dalle navi nel porto di Genova.
Camaraderie: parola francese per indi-
care quella dimestichexxa., quell'intimità
geniale, non profonda come richiede l'ami-
cizia, che si contrae necessariamente tra
camerati. Noi abbiamo camerata per com-
pagno di studio, d'arme, di vita ; ci manca
l'astratto, ove non si voglia accettare ca-
meralismo, parola registrata dall'Alberti.
Camarilla: diminutivo di camara =
camera : vocabolo spagnuolo. Nel linguag-
gio politico si designò così l'influsso, vero
0 supposto, esercitato sui capi dello Stato
dalle persone di camera, cioè addette alla
persona del Sovrano ; per cui la regolare
amministrazione era impedita o corrotta.
Si usò di questo vocabolo in Ispagna dopo
il ritorno di Ferdinando VII (1814). Da
allora la voce passò nel giornalismo fran-
cese e forse por quel tramite in Italia, dove
ha perduto il senso storico-etimologico e
nuli' altro vuol dire se non cricca.^ consor-
teria^ diesitela e combriccola.^ vocaboli e
cose che pur troppo non mancano in Italia
dove la vita publica si svolge tradizional-
mente e fatalmente tuttora per clientele,
spegnendole migliori energie della Nazione.
Le parole, camarilla spagnuola, e coterie
francese, sarebbero in vero più che su-
perflue.
Cambiamonete: « la parola usata fin da
antico era cambiatore., ma non si deve
credere che la nuova parola sia presa al
solito dai francesi, perchè non dicono c^aw-
ge-monnaie., ma solamente changeur.^ tale
e quale il cambiatore de' nostri vecchi.
Che se in qualche cartello di cambiamo-
nete si legge change-monnaie, questa è una
traduzione francese che in Francia non si
ammetterebbe » . Così giustamente il Ri-
gutini.
Cambrai : tela di lino molto chiara, cosi
detta dalla città di Francia, Cambrai, o
Cambray, l'antica Gamaracum., ove si fab-
bricava in origine.
Cambre: aggettivo francese che udii
talvolta per indicare una figurina che di-
segna le forme graziosamente, arcuata.,
come avviene di chi porta il petto innanzi
sì che il dorso si incurva. Cambre è da
eambrer (basso latino camerare) cioè che
forma vuoto o camera, quindi arco.
Cambriolage: voce del gergo francese,
talora adoperata nel linguaggio giornali-
stico nostro per significare il furto con
iscasso. Cambriolage deriva da cambriole.,
diminutivo di chambre = camera, onde
cambrioleur., il ladro, lo svaligiatore di ap-
partamenti.
Camelot: voce del gergo francese : indica
il mercante girovago, il rivendugliuolo che
fa commercio di mille piccole industrie.
Il Darchini (Diz. Italiano-francese, VaUardi,
1902) traduce senza troppa fatica per cam-
mellotto! !
Camera: il buon uso toscano (che pur
vuol seguirsi senza le consuete esagera-
zioni della scuola detta manzoniana) dà a
Cam
73 —
Cam
camera il senso speciale di stanxa da letto^
non di stanxa in senso generico.
Non v'era giunto ancor Sardanapalo
A mostrar ciò che in camera si puote.
Dante, Par. XV.
Camera ardente: V. Cappella ardente.
Camera del lavoro: istituto sociale re-
cente. In Italia non credo vada oltre il
decennio. È un'imitazione della Bourse du
travail presso i francesi, da noi detta ca-
mera per analogia con altri insti tuzioni
che così si denominano. Serve come ufficio
di collocamento e di informazione : segue
la statistica del lavoro e delle mercedi :
si interpone come paciera ed arbitra nei
dissidi fra capitale e mano d'opera; e in
cotesto tale istituzione rappresenta un pro-
gresso e un diritto. Ma per le sue origini
e per aver inscritti, soggetti e disciplinati
la più parte dei lavoratori manuali, la ca-
"niera del lavoro è istituto di carattere so-
cialista : difende, valendosi della forza che
rappresenta, la classe degli operai cercando
di ottenere aumento di salari e diminu-
zione di ore di lavoro. Regola gli scioperi.
« Anticamera dello sciopero » fu definita
dai nemici di tale istituto. Le camere del
lavoro sono diffuse oggidì in quasi tutte
le città d'Italia: chiedono ma non hanno
ancora riconoscimento giuridico, bensì di
fatto. Molti municipi democratici le sus-
sidiano in vario modo.
Camera di compensazione : istituto com-
merciale e bancario assai antico il quale
coinpensa, cioè pareggia fra di loro i va-
lori dei vari paesi e dei vari banchi. V. me-
glio a Stanxa di eompensaxione.
Camiceria: negozio ove si vendono ca-
micie od oggetti a camicie attinenti (fr.
cheììiiserie) .
Camicia: nel senso di quel foglio che
serv^e di copertina a carte scritte, è stata
registrata dalla Nuova Crusca. (Y. § II).
Camicia di forza: con le maniche con-
giunte che penosi ai matti furiosi affinchè
non offendano se ed altrui : usasi in senso
traslato ])or eoercixione ., impedimento
violento e tirannico.
Camicia di Nesso: è la fatai tunica
che, intinta nel velenoso sangue del cen-
tauro Nesso, Deianiru, gelosa, mise ad
Ercole, onde l'eroe morì. Dicesi di ogni
costrizione morale insopportabile.
Camicie rosse: perifrasi usata por indi-
care i volontari di Garibaldi, dopo l'impresa
di Sicilia, dalla camicia di lana scarlatta
la quale ad imitazione del loro Capitano
glorioso, li distinguea nell'assisa.
Caminiera: in it. è registrata per para-
foco e specchio posto sopra il camino. Per
camino (metallico) è il fr. eheminée. V. ci-
miniera.
Camma : parola usata dai meccanici per
indicare quell'ordigno di variabile forma,
spesso di cuore, che applicato ad un albero
cilindrico rotante, serve ad imprimere un
determinato movimento ad un altro organo
di macchina che vi si appoggia in modo
continuo o discontinuo. Fr. carne.
Camminare a testa alta o con la fronte
scoperta: cioè sicuramente, senza aver
nulla di che vergognarsi o nascondere.
Locuzione usata specialmente in risposta
a chi altrimenti giudichi o pensi.
Camorra: noi così comunemente diciamo
per indicare una clientela di gente asso-
ciata segretamente per fini di bassi e loschi
interessi, e camorrista colui che opera in
tale modo. Tale significato esteso proviene
da quella notissima associazione di gente
di mala vita, intenta a mal fare e vivere
di sopruso, estorsione, frode, che ha il suo
contro in Napoli ed è regolata da speciali
statuti, leggi, consuetudini. Istituto anti-
chissimo. La camorra napoletana non fu
mai setta politica, ma intenta solo al benes-
sere eGonomico degli affigliati. Camorra
è voce spagnuola che vuol dir litigio, e
camorrista, litigioso. Dalla Spagna che nel
Reame dominò per due secoli, ci proven-
nero e il nome e l' istituto della Camorra.
Ne ritiene alcunché di spavaldo e di enfa-
tico. La camorra è detta anche Società
deU'umirtà (V. Omertà) e la gerarchia
ha i seguenti gradi : giovinotto onorato,
picciuotto {picciotto, secondo la tendenza
del dialetto napoletano di dittongare Vo
in iio) picciuotto di sgarro y picciuotto di
reggimento, capo picciuotto, camorrista.^
capo di società o capintrito., capo-camorra
0 capintesta. Il camorrista è parente mo-
rale col mafioso siciliano, col barabba, col
teppista e col buio dello torre subalpino,
Cam
— ■ 74
Can
coi guapo^ guappo^ spagnuolo, nel cui nome
spesso si confonde. L'indole umile, rasse-
gnata, buona, incurante, allegra del popolo
napoletano si presta a subire questa tiran-
nide di pochi che escono dal suo seno e
ne succhiano lo scarso sangue. Esso popolo
sente il vantaggio immediato della clien-
tela e non ne avverte l' immenso male
sociale. Come poi la camorra plebea si
rispecchi e s'intrecci con un' altra camorra
elevata, non è qui il caso di discorrere.
Meno probabile etimologia di camorra
è quella che dà lo Zambaldi, op. cit.^ da
chamorro =:: testa rasa, detto de' plebei,
in opposizione ai nobili che portavan
parrucca.
Camorrista: V. Camorra.
Campagna: vale' impresa^ spedizione
militare: si usa questa voce in senso
neologico e figurato per significare un'a-
zione concorde ed attiva di molti per ot-
tenere un dato fine, economico, morale,
politico, fermando su di esso l'opinione
del publico. Es. campagna elettorale.
Aver fatto molte campagne dicesi fami-
liarmente e ironicamente di chi ebbe molte
avventure nella vita, ma non tali da pro-
porsi a modello della costumata gioventù.
Campata : nel linguaggio degli inge-
gneri indica la estensione degli archi di
un ponte.
Camparo: termine lombardo (campee),
guardia dei campi, colono cui si affidano
molte funzioni propi'ie del fattore.
Campionato: fr. championnat, nel lin-
guaggio delle corse dicesi di quelle prove
in cui si gareggia per essere proclamato
campione: l'onore di esser campione.
Campo : « il campo della storia, il campo
della politica, etc, » è modo metaforico oggi
molto comune. Il Fanfani lo riprende e
suggerisce più semplicemente la storia^
i particolari della storia., etc. Vero è che
dicendo campo noi intendiamo indicare i
confini entro cui si estende l'argomento.
Campo e diminutivo campielo : voci del
dialetto veneziano indicano non propria-
mente la piazza, che dicesi piazza (Es.
Piazza di S. Marco) ma que' naturali spazi
e slarghi che s'incontrano ogni tanto fj-a
l'intricato dedalo delle calli., e che propria-
mente piazze non si potrebbero chiamare.
Campi di maggio: ehamp de mai e de
mars^ nome storico di antiche assemblee
armate che gli antichi re di Francia con-
vocavano periodicapente in sul far della
primavera per deliberare su le cose della
Stato. Queste assemblee si trasformarono
in processo di tempo negli Stati generali
{États-Généraux). Anche i famosi Letti
di giustizia dei tempi posteriori, pressa
la Eivoluzione, si possono considerare co-
me una derivazione degli antichi Campi
di maggio.
Camsin : vento caldo infuocato che suole
spirare su le coste settentrionali dell'Africa
dall'aprile al giugno.
Canalazzo : accrescitivo di canale, col
suffisso dialettale in azxo : indica determi-
natamente lo storico, maggior canale di
Venezia, che tutta la attraversa in forma
di S. La più bella via del mondo !
Canapè : è voce francese, conquistata
dall'uso; ma di comune origine latina (bassa
latino eanapeum). Divano è voce araba
{dioudn) e cosi pure sofà (soffha). La parola
italiana sarebbe tettuccio, rimastaci nella
frase: essere fra letto e let luccio.
Canapificio: stabilimento dove si lavora
la canapa. Voce di formazione popolare
come linificio., cotonificio e comune in
Lombardia ove coteste industrie tessili
hanno grande sviluppo.
Canard : voce francese e vuol dire ani-
tra. Dal fatto poi che nella caccia pon-
gonsi sugli stagni delle anitre artificiali
per attirare le vere, così da questa parola
derivò il senso di frottola, fandonia, ma
quasi esclusivamente nell'uso giornalistico.
I nostri dialetti non mancano di simili
espressioni metaforiche, ma queste non si
estendono quasi mai al linguaggio comune.
A Cesena, per esempio, dicono l'è una
caglia per dire una frottola : balla in Mi-
lano e nell'alta Emilia.
Can: V. Kan.
Cancan : « specie di danza sconvene-
vole, ne' balli publici, con salti smode-
rati e gesti impudenti, burleschi e di cattivo
gusto, » così il Littré, ove si può anche
leggere l'etimologia possibile della parola-
Alfonso Karr invece ci piacevoleggia scri-
vendo : Nous avons le cancan gracieux,
la saint-simonienne, le demi-cancan, le
Can
- 75 -
Cari
cancan, le cancan et demi et le chahut.
Cette derniòre danse est la seule prohibée.
Il Cancan è un ballo scomposto, dai mo-
vimenti non previsti nella coroogTafia. Sem-
bra esser nato nel quartiere Latino ai bei
tempi della monarchia di Luglio, ma il no-
me era preesistente (V. Lacombe, Diction-
naire dn vieux langage). Di quel tempo
sono i seguenti versi:
Messieurs les étudiants,
nioìitex à la Chaumière
pcnir y danser l'cancan
et la Robert Macaire.
(Letellier, 1836).
Al tempo odierno questo ballo forma la
delizia di certe platee, specie dei caffè con-
certo^ e fra i movimenti incomposti ve ne
ha uno quasi caratteristico di questo ballo
che consiste nell' elevare la punta di un
piede sino a formare un angolo di quasi
novanta gradi coll'altro piede fermo: se i
gradi aumentano, aumenta anche l'entu-
siasmo del publico. Si preferisce veder
ballare dalle donne il cancan! Cancan
vuol dire anche chiassata, scandalo, pet-
tegolezzo inopportuno. Cancaneggiandovi
su dice il Carducci in senso traslato. V.
note alle Odi Barbare.
Cancelliere: in Germania è titolo dato
al primo ministro^ capo supremo deiram-
ministrazione, responsabile solo davanti
all'Imperatore. In Eussia il ministro degli
affari esteri ha pure il titolo di Cancelliere.
Candeggio : l'atto dell' imbiancare al sole
le tele ed i tessuti : termine industriale.
Can della Scala: esclamazione o in-
giuria burlesca, propria del Veronese dove
fu nell'Evo Medio il reggimento dei Can
della Scala: estesa poi in molte terre di
Lombardia e dell'Emilia per la fortuita
combinazione che la prima parola cane
costituisce ingiuria : dicesi por dare sfogo
ad una bizza del momento.
Cane: le vario e curiose locuzioni ed
esclamazioni nostre in cui entra la parola
cane sono registrato pur ne' lessici co-
muni. V. Petrocchi.
Cane Medoro (il): nomo deireroico cane
delle giornate di luglio 1830 in Francia,
il quale « portava al suo padrone il fucilo
e le cartucce, e quando il suo padrone
cadde e fu con gli altri eroi sottei'ratO'
nella corte del Louvre, il povero cane
restò giorno e notte su la tomba immo-
bile come una statua della fedeltà. » A.
Heine. Fu mantenuto poi a spese della
Guardia Nazionale, e A. Heine che avea
gran desiderio di vedere l'eroico cane^
scorse invece una brutta e ringhiosa be-
stia. «Forse non era, scrive ironicamente-
lo Heine, quello il vero Medoro, ma un
usurpatore. Il cane Medoro s'era mode-
stamente ritirato come il popolo che avea
fatto la rivoluzione». Così sempre:
Non veste seta chi filò gli stami!
Cantino: olio di trementina depurato con
la distillazione. In alcune regioni (Romagna)
questa parola è adoperata in vece di pe-
trolio.
Canna: fr. canne = bastone.^ dal lat.
canna, in gr. uàvvr]. Nel senso di ma%%a^
giannetta o bastone la registra il Petroc-
chi, non il Eigutini né il Tommaseo. È
riprovata dal Fanfani e mi pare a ragione:
difesa dal Viani.
Cannello : così sul litorale romagnolo e-
marchigiano è chiamata la Solen vagina y
mollusco bivalve, in forma di cannello,,
capace di affondarsi nella sabbia del mar&
ove sta occulto: nelle lagune di Venezia
è abbondante. Si pesca quando la marea
è bassa al mattino. Si mangia crudo e cotto.-
Eccellente su la graticola, impannato con
olio e prezzemolo! alquanto dolciastro, però.
Deve essere il cannolicchio de' napoletani,
I Veneziani ed Istriani lo chiamano cappa
lunga {capa longa).
Cannocchia o cannocchio: termine vol-
gare su le rive dell'Adriatico occidentale,
per indicare uno squisitissimo e comunis-
simo crostaceo {squilla viantis) di cui si
fa gran pesca e gran sciupo.
Cannolicchio: o pesce cannella nel dia-
letto na])oletano, V. Cannello.
Cannoni : traduzione della voce dialet-
tale milanese canon zzz cialda, cialdone,
Riompionsi di latte e miele o di crema.
Canoa : parola spagnola tolta dalla natia
voce indiana, caraibica : in inglese canoe
{ka-nij}^ specie di piroga, fatta in origino
di un tronco scavato senza chiglia nò poppa
ne prora, che si spingea con forza di pale.
€an
— 76
Can
Poi, secondo arte costrutta, navicello, pa-
lischermo, etc.
Canoe : V. Canoa.
Canonicato: dignità e prebenda del ca-
nonico, e poi, familiarmente per giusta
«stensione di quel primo significato, si
■dice oggidì di uffici dove il guadagno è
molto, il da fare poco: uffici molte volte
■dati come si davano gli antichi canoni-
■cati: prova della stabilità delle cose u-
mane.
Canossa: V. Andare a Canossa.
Canot: voce francese, fatta italiana in
■canotto^ ed entrata nell'uso come il suo
-derivato canottiere. Canotto è propriamente
la barchetta lunga, sottile, elegante e non
a vela, ma con molti remi, che serve ad
•esercizio fisico e diletto, specie su fiumi,
per laghi, lagune. Barchetta, lancia, pa-
lischermo, navicello etc. hanno altro uso e
senso. Certo che dalla nostra inutile ric-
ohezza si poteva togliere una di tali voci
e adattarla a questo nuovo senso, ma ciò
<30stava uno sforzo; per ciò si accolse e si
fece nostrana la voce francese. Canot è
•derivato dalla barbara voce canoa.
Canottaggio : fr. canotage : termine del-
l'uso. Indica uno dei rami dello Sport^
<3he consiste nelle gare e nell'esercizio del
remare. V. Canot.
Canotto e Canottiere: V. Canot.
Cantabile: espressione indicante il modo
■di eseguire un dato componimento musi-
cale. Può usarsi anche sostantivamente,
e in tal caso significa il componimento
stesso. Mozart, Bellini, Beethoven, Chopin
hanno cantabili squisitamente affettuosi
■e stupendi.
Càntaro e cantero: (greco kàntharos)
vaso cilindrico di terra che ponesi nelle
seggette per deporvi il superfluo peso del
<3orpo: nome e uso confinato all'Italia me-
ridionale, ove difettano cessi.
Canter : voce inglese che vuol dire pic-
colo galoppo^ preparatorio alle corse, e per
^li intendenti serve a pronosticare l'esito
della corsa. Voce dello Sport.
Canto dei cigno : dice Platone che i
cigni, morendo, più dolcemente cantano,
presaghi del bone che è nel non essere
dunque ultima voce. In cigni gli antichi
figuravano trasmutati i poeti : dunque
canto 0 ultimo canto del cigno vuol dire
Vultimo canto di un poeta. Oggi dicesi
così, specie in tuono e significato faceto
e satirico, e con senso assai esteso e fuori
di temi poetici.
Canto fermo Gregoriano: {cantus pla-
nus)^ è il canto delia Chiesa cristiana. In
esso è opinione rivivano le melodie dei
tempi davidici ; altre furono ispirate dalla
nuova legge, altre infine nacquero in seno
alla Chiesa stessa : tutte sono raccolte nel
Breviario^ nel Missale e negli altri libri
liturgici. Nella severa bellezza della loro
semplicità questi canti attraversarono pres-
soché intatti una lunga serie di secoli e
tutte le fasi dell'arte musicale. Il canto
fermo ò pur detto gregoriano perchè nel
VI secolo S. Gregorio lo coordinò e ne
colmò le lacune: monumenta Patrum
renovavit et auxit. Il canto fermo ha leggi
e teoriche particolari: sono classiche le
opere di Guido d'Arezzo, di Jumilhac e
del Pothier. (A. Galli, op. cit.).
Canto fratto: specie di canto chiesa-
stico all'unisono (omofono). Differisce dal
canto fermo per la varietà dei valori (fi-
gure) e per essere misurato; avverte però
il trattatista Padre Andrea di Modena
che in esso i segni delle note perdono
la metà del loro valore. (A. Galli, op. cit.).
Canto liturgico: V. Canto Gregoriano
0 Canto fermo.
Cantonale o cerniera (fr. comière) o
ferro d'angolo: chiamano i meccanici le
lamine di ferro piegate a squadra.
Cantonata : dicesi nella locuzione molto
familiare e popolare prendere una canto-
nata: che vuol dire sòa^/mre, pigliar un
granchio a secco, ma con ostinazione nel-
l'errore come chi si ostinasse a spingersi
contro un cantone invece di imboccare la
via diretta. Nel bolognese dicono anche
%uccata.^ quasi l'atto di chi urta con la
zucca, sbagliando.
Cantone : accrescitivo di canto. In fr.
canton è determinazione geografica per
indicare una parte di territorio. In Francia
i cantoni sono altresì una suddivisione dei
circondari. In Isvizzera si dà il nome di
Cantoni ai vari Stati che formano la Fede-
razione. V. Guicc. Stor. 2. 421. Giocando
sul doppio senso che cantone ha presso di
Can
— 77 —
Gap
noi, lo Stecchetti (Postuma) imagina di
chiedere ad uno Svizzero del Vaticano, non
natio della Svizzera ma di Frascati, e
quindi ignaro del senso' di cantone i=: Stato:
E lei di grazia, in che cantone è nato?
Lo Svizzero levò le man pelose,
M'atferrò, mi battè contro al portone,
Kd arrotando i denti, mi rispose:
Ti, puxxurre, star nate in un cantone.
La mia città star grande e star graxiose;
Ssù frascatano, sso pmte, pufone.
Cantuccio: nome toscano di biscotto,
solitamente con anici: pezzetto di pane
0 di cacio tagliato sul canto o angolo. ,
Canzonettista: nome dato alla canta-
trico di canzonette nei caffè concerto.
Caoutctiouc: forma francese della voce
indiana eahuchit che indica la gomma ela-
stica, sostanza che proviene dal succo di
certe piante tropicali, incise all'uopo. Serve,.
meschiata ad altre sostanze, per infinite
applicazioni dell' industria e della vita
moderna.
Capacità : per uomo capace (Es. il tale
è una capacità) è il francese eapacité.
Les capaeités = les personnes capables.
(Littré). Parola riprovata dai puristi e non
a torto. Certo chi scrive con senso d'arte
non usa tale parola. Né meno il Petrocchi
la registra nel suo Dizionario Universale.
Vero è pur anche che la tendenza agli
astratti è fortissima nel pensiero moderno,
e se noi trovandoli già beli' e formati nel
francese e affini alla favella nostra ce ne
gioviamo, sarà così grande la colpa?
Capharnaiìm : così in francese chiamasi
un luogo ove oggetti disparati sono am-
mucchiati confusamente. Cafarnao (lat.
Capharnaum) è una città di Galilea dove
Cristo cominciò a rivelare la sua missione
divina. Dai ruderi di quella città (oggi
Tell-Hum) il nuovo senso. V. S. Mar-
co II, 2.
Capiilaire : questa parola francese ri-
sponde alla nostra capelvènere (Capillus
Veneris), pianta crittogama, medicinale,
della famiglia delle folci. Cresce spontanea
ed è pur coltivata per adornamento, essendo
di graziosa e delicata apparenza. Il siroppo
che so ne trae, oggi assai in uso, viene
denominato con la voce francese.
Capire il latino: intendere ciò che altri
vuole e pensa senza che apertamente lo
dica: indi operare in modo conforme a
quelle volontà. La frase suona ironia, e
però è detta di solito da colui che rag-
giunge l'intento senza il disturbo di espri-
merlo. Di solito vale andarsene.
Capitalismo; voce astratta che indica la
forza e l'abuso della forza che è insita nel
cumulo del capitale, e per cui operano con-
formemente gli uomini.
Capitalizzare: fr. capitaliser^ cioè accu-
mulare ricchezze e averi che danno red-
dito. Voce autenticata dalla Nuova Crusca^
Capitano : nel linguaggio marinaresco è
il comandante di un bastimento, l'auto-
rità suprema di bordo. Nella marina di
guerra vi sono i gradi di Capitano di
vascello, Capitario di fregata e Capitano-
di corvetta., e nella marina mercantile vi
sono i gradi di Capitano superiore di
lungo corso., Capitano di lungo corsoy
Capitano di gran cabotaggio e Padrone
(V. Parone). Nei piroscafi invece di Capi-
tano si dice anche Comandante.
Capitone : vocabolo usatissimo in Napoli
ed esteso alle altre regioni, specie dell'Italia
centrale, per indicare una specie di an-
guille assai grosse e vistose : vittime cru-
enti della vigilia di Natale. Capitone è-
accrescitivo del vocabolo latino capitisi
= capo.
Capocomico: direttore di compagnie co-
miche.
Capo d'opera: usato promiscuamente in
vece di capo lavoro., ricorda ai puristi molto-
da vicino il chef-d'oeuvre dei francesi. Di
questi doppioni, l'uno ritenuto buonol'altro-
no, la lingua italiana abbonda, per sua
sventura. Capo d'opera fu usato dal Giu-
sti nella Mamma educatrice:
È un capo d'opera
è una gran cosa,
giacché non é detto che gli scrittori to-
scani vadano esenti da' gallicismi; sì bene
é vero che quelli che essi adoperano paiono
a molti aver diritto di cittadinanza ita-
liana. Por il Kigutini capo d'opera e ca-
polavoro si equivalgono; ma, con sua li-
cenza, credo che abbia torto.
Capo (in) : nelle locuzioni generale in
capo (en chef) "pov generalissimo, aiutante
in capo por primo aiutante è modo ri-
preso dai puristi come gallicismo. Ma non
€ap
78
Cap
conviene dimenticare ciò che fu già detto:
■cioè, aver noi tolto 1' ordinamento ammi-
nistrativo e militare in gran parte dalla
Francia, onde le voci insieme alle cose.
Segretario capo^ Ingegnere capo per primo
segretario o eaposegretario sono altresì
modi non accetti ai puristi.
Caporale: popolarmente è detto il capo
di alcuna squadra di operai. Caporale^
nel gergo di alcune regioni, dicono il
mo^xieone dello sigaro. Caporàl dicono
in Lombardia di donna che abbia modi
spicci, maschili, energici e che al costume
•abbia simile l'aspetto.
Caporale dì Francia: sopranome dato a
Napoleone T, tolto manifestamente dal Petit
caporal de' francesi. Giusta qui cade la
•osservazione del Cherubini che stampò
quel suo bel dizionario in tempi in cui
la voce caporale di Francia doveva es-
sere più viva che oggi non sia: « Capo-
rale: di piccola statura e di poco valore.
Però siccome nella vacuità del mondo
l'uomo fa le cose come le cose fan l'uo-
mo, così l'uomo nobilita i vocaboli, come
i vocaboli nobilitano l'uomo. Ora questa
voce per se tendente all'ignobile, è oggi-
mai stoiicamente nobile dacché fu affib-
biata al maggior capitano del secolo, dac-
ché diventò come a dir soprannome di
Napoleone Bonaparte. »
Capote e capotine: indicano il cappello
<;hiu&o delle signore, legato con nastro sotto
la gola, oggi non troppo di moda. Capote
è diminutivo di cape^ mantello con cap-
puccio, lat. caput = capo. NB. Capotine
non é nei diz. francesi, forse é una delle
voci abusive da noi formate col francese.
Cappa: nome volgare dato sui liti adria-
tici a molti molluschi bivalvi. V. Cappa
JSanta.
Cappa: in marina indica quello stato del
bastimento nel quale con poche vele nel-
l'andatura di bolina si resiste ad un for-
tunale. Più chiaramente parmi dover di-
■chiarare questa voce, e tolgo dal Gugliel-
motti: Cappa è termine antico ed indicò
la vela maestra di qualunque naviglio
perché bassa, grande e centrale, meglio
di ogni altra a guisa di padiglione essa
copriva il legno e la gente. Questa voce
vive nella locuzione alla cappa per indi-
care quella disposizione particolare di vele
con che un bastimento, stretto dalla furia
del vento contrario, si copre e fa testa
quanto può all'oi'za.
Cappa Santa : chiamasi con questo nome
volgare nell'Adriatico il pettine^ bello e
grande mollusco bivalve, il cui nome scien-
tifico é Pectenjacobaeus. Su le rive dell' A-
driatico molti molluschi bivalvi portano il
nome di cappa {e. tonda^ e. longa etc),
mentre l'aggiunta di santa deve derivare
dal fatto che le valve del Pecten jacobaeus
.venivano o vengono portate come orna-
mento sul sarrocchino dei pellegrini al
santuario di S. Giacomo di Compostella.
Cappella: nella locuzione fare una cap-
pella: modo nostro volgarissimo che vale
prendere un granchio^ sbagliare con pre-
giudizio e danno.
Cappeggiare: l'essere o lo stare alla
cappa. V. Cappa.
Cappella ardente: locuzione metaforica
tolta dal francese chapelle ardente. Ma è
così nota e intesa da tutti che è vano
riprenderla. Certo si può dire il cadavere
fu esposto in una stanza parata di nero
ed oro con ceri e fiori., ma cappella ar-
dente significa tutto questo appunto. Di-
cesi anche camera ardente.
Cappelletti : nome di una classica mi-
nestra bolognese-romagnola in forma di
eappelli. Consistono in un disco di sfoglia
soda coir uovo, farcita di carni bianche me-
scolate a tuorli d'uova, prosciutto, midollo,
burro, noce moscata, parmigiano, etc, il
tutto convenevolmente, secondo arte, pre-
parato : i lembi del disco si ripiegano e
avvolgono in modo che paia il calco di un
ombelico. Venere, se non di Milo, di Bo-
logna, dicesi, secondo una faceta leggenda,
essersi prestata ad ofi'rire il modello. Si
mangiano in brodo ed asciutti. Diconsi
anche tortellini e tortelli^ e si riempiono
anche di ricotta e di bietole, ma così fatti
si mangiano asciutti. In Toscana, ravioli:
e pure diconsi ravioli a Milano se non che
hanno forma di mezzo disco. Si fanno anche
dolci e da friggere. V'è poi la parola agnel-
lotti., che nel senso equivale a cappelletti
0 a ravioli^ cioè minestra di pasta con
ripieno. A Parma li dicono anolini^ certo
da agnellotti., appunto perchè si taglia
Cap
— 79
Car
il disco della pasta con un anello. A Mi-
lano poi tortelli (tortèj) son detti le fri-
tollo di pasta lievita, voce che fuori di
Milano non sarebbe intesa in questo senso.
Dopo ciò mi pare ragionevole la chiosa
del Cherubini alla voce ravioeu : « anche
nel rispetto della cucina noi ci facciamo
stranieri l'un l'altro ad ogni palmo di terra
del fortunatissimo stivale » . Ma è pur ra-
gionevole osservare che la ammirevole
varietà delle squisite cucine italiane è ca-
gione che vari siano i nomi dati alle cose.
Cappello : nel gergo giornalistico significa
proemio^ prefaxione, preambolo ad alcun
scritto. Prender cappello: è modo fami-
liare di alcune regioni che vuol dire aver-
sene a tnale^ impermalirsi^ detto così dal
fatto che colui il quale se ne ha per male,
prende il cappello e se ne va.
Cappuccino : caffè nero corretto col latte.
Voce dell'uso, derivata probabilmente dal
colore simile alla tonaca del frate cap-
puccino.
Capra o biga: apparecchio usato per
alberare cioè mettere a posto l'albero delle
navi. Consiste in due grandi aste, driz-
zate in coperta, incrociate in cima con so-
lida legatura, le estremità poggianti su
zoccoli, collocati sui trincarini in direzione
della mastra dell'albero che si vuol col-
locare.
Capriccio: (da capra^ cfr. il fr. verve)
dicosi di passione amorosa, subitanea, pas-
seggera, irragionevole. Voce frequente su
labbra femminee. Nella locuzione far di
capriccio e parlando di arti del divsegno,
vale operare di fantasia, senza togliere
dal vero : il lavoro stesso cosi fatto. Ca-
priccio diccsi pure in musica per indi-
care un genere di componimento pura-
mente istrumentale.
Caprifico : {ficus Carica, varietà Ca-
pri ficus) è il fico selvatico, a frutti verdi
o violetti, non mangiabili, crescente su lo
rupi 0 su vecchi muri noi paesi a clima
mediterraneo. Ricorda, o lettore, /' aereo
fico selvaggio su lo mura dello porte Scee
di cui Omero ragiona e sotto cui Ettore
fu morto da Achille.
Càpsula: (lat. capsula diminutivo di
eapsa :-- cassa). Si dico, comò già in antico,
dei libri, cioè dello piccole cassette ove si
contengono opuscoli carte, etc. nelle bi-
blioteche,
Capuchon : = cappuccio o mantello con
cappuccio. V. Capote. Nel linguaggio ele-
gante della moda è in onore la voce francese.
Caramba!: esclamazione di sorpresa e di
meraviglia, tanto per notizia lieta come
cattiva, usata nell'America spagnuola e in
Ispagna.
Caramella: dicesi in modo familiare di
quella lente che per vezzo taluno incastra
nell'orbita dell'occhio.
Caratista: colui che è socio in una so-
cietà commerciale in accomandita semplice.
Caratista è voce familiare derivata da ca-
rato == quota.
Carattere: V. Caratterix,%are.
Caratterizzare: \)Q1' dimostrare., rivelare^
distinguere., qualificare., è dai puristi re-
putato gallicismo {caraeteriser) . Ma siamo
al solito caso: questo verbo è così il so-
stantivo carattere = indole, rispondono ad
un concetto concreto ed inteso universal-
mente. Come dunque condannarli con fi-
ducia che la condanna sia intesa? Le ra-
gioni addotte dai puristi sono le seguenti :
Carattere — osserva il Tommaseo (Sin.)
— è quasi l'impressione che la natura e
gli affetti e i pensieri e gli abiti stampano
nell'anima e nelle azioni dell'uomo. Quindi
è che diciamo: uomo s&n^a carattere^ la
cui anima non ha fermezza, e par che si
lasci in sempre nuove forme rimpastare.
Carattere forte, fermo., maschio, bel cor
ratiere., gran carattere: locuzioni etimo-
logicamente proprie. — Ma l'usare carat-
tere per indole., natura., naturale., è un'e-
sagerazione degli imitatori de' Francesi, per
i quali tout le monde a du caractère.
Caratura: quota, anche variabile, di
parte del capitale di una società commer-
ciale in accomandita semplice.
Caravanserraglio : fr. caravansérail.
Parola formata da voci arabe per indicare
quel recinto, specie di albergo, ove si ri-
coverano le carovane.
Caravella: {nai)afiiòòr]g lat. carabulus)
voce storica specialmente pel ricordo di
Colombo che alla grande improsa mosse
con tre caravelle. Indicò una specie di
vascelli usati particolarmente dai Porto-
ghesi, molto leggieri e veloci. « Sono pie-
Car
- 80 -
Car
coli, hanno quattro arbori; nel primo che
sta alla prora portano una vela quadra
col suo trinchetto di gabbia, le altre sono
latine con le quali camminano con tutti
i venti: hanno una sola coperta e non
sono atte a ricevere molto carico. »
Carbone bianco: appellativo che si dà
al ghiaccio dei ghiacciai per esprimere il
fatto che nell'acqua dei fiumi, da essi ali-
mentati, si ha una sorgente di energia che
può sostituirsi, per le industrie, a quella
fornita dal carbon fossile.
Carbonile: voce dell'uso e speciale per
significare i depositi del carbone nei pi-
roscafi. « Yoce necessaria, formata come
fienile^ cortile, etc. » Guglielmotti, op. cit.
Carburazione: l'operazione che ha per
iscopo di incorporare all'aria, all' idro-
geno, od al gaz illuminante di scadente
qualità i vapori di idrocarburi (benzina,
etere di petrolio) per ottenere un gaz ca-
pace di bruciare con fiamma molto lu-
minosa.
Carcel: nome di un fisico francese del
principio del secolo XIX che inventò una
lampada che bruci 42 grammi d'olio di
colza all'ora, con una fiamma alta 40™l"
Questa luce venne assunta dai francesi
come unità di luce.
Cardenia e Gardenia: genere di piante
rubiacee: arbusto e foglie verdi e forti,
fiore bianco, corolle vellutate e polpose,
profumo soave e voluttuoso e però di gran
moda. Originaria dell'India, presso di noi
è coltivata nelle serre.
Cardias e cardia: termine anatomico,
indica l'apertura superiore dello stomaco;
dal greco kardia = cuore q bocca dello
stomaco^ come si dice volgarmente.
Cargo-boat: voce speciale inglese per
indicare i così detti somieri del mare,
cioè i gran navigli a vapore, costruiti
apposta per trasportare le merci volumi-
nose, quindi scafo ampio, velocità media;
quindi ben distinto dai corsieri del mare
dalle velocità ed eleganze meravigliose.
La parola deriva dallo spagnolo cargar^
cfr. caricare e boat (bot)^ voce di origine
scandinava, che vuol dire nave. Nave
oneraria.
Càrici : plurale di càrico dicono erro-
neamente in Lombardia, laddove per co-
mune consenso si dice càrichi. Del resto
quanto al plurale dei nomi in co e gOj
incertezza è fin da antico, e nell'uso al-
tresì de' classici. V. ci e chi^ gi e ghi.
Carillon : soneria di campane accordate,
in origine quattro, onde il nome, derivato
da un quadrilia del basso latino. Il Me-
nage scrive carrillon., il che conferma la
etimologia del vocabolo. Nel Belgio e nel-
l'Olanda furono inventate e costrutte (se-
colo XYI). Carillon dicesi oggi comune-
mente delle sonerie di orologio e delle
scatole armoniche che si caricano e suo-
nano.
Carlona (alla): modo dialettale lom-
bardo a lacarlonna, trapassato nell'usoper
indicare cosa fatta male, come viene. Propr.
dei tempi di Re Carlone (Carlo Magno).
Carmignano: nome di vino toscano che
contende col Eufino il pregio del Chianti:
dal nome del luogo in provincia di Fi-
renze.
Carmina non dant panem: la poesia
non dà pane. E il Petrarca, attribuendo
il pensiero al Yile vulgo, scrisse: « Po-
vera e nuda vai filosofia. » Sentenze en-
trambe vere attraverso il mutare dei tempi:
prova della stabilità delle cose umane.
Camèade (n. 212 m. 129 a. C): filosofo
stoico, indi platonico di Cirene (Africa),
immortalato specialmente dalla ignoranza
di Don Abbondio nel romanzo manzoniano
«Cameade, chi era costui? », onde un Car-
neade si dice, con senso di comico spregio,
di persona poco nota. Del resto nescio
Carneades iste qui fuerit fa dire S. Ago-
stino in un suo dialogo.
Carne da cannone: così per disprezzo
0 con intenzione politica è chiamata vol-
garmente talora la moltitudine inconsa-
pevole dei soldati, i quali vanno a com-
battere senza saperne la causa. Dalfr. chair
à canon.
Carnet: fr. è voce assai usata e de-
riva molto probabilmente dal latino qua-
ternum [cfr. Cahier; come hiver da hiber-
num, enfer da infernum]^ « foglio piegato
in quattro, quaderno. » In italiano libretto^
taccuino.
Carnival - nation : epiteto sprezzante-
mente ingiurioso, già dato degli Inglesi
all'Italia: nazione carnascialesca. L'in-
Cal-
si
Car
dolenza, l' indifferenza e la naturalo festi-
vità del nostro popolo, specie delle terre
meridionali, spiegano la parola. Mutati i
tempi e pur migliorate le cose, permane
tuttavia l'abitudine festaiuola per ogni
occasione, lieta o triste che sia. « Si scio-
pera per i centenari e per gli anniver-
sari, per i vivi e per i morti, per lo nozze,
e pe' funerali. Ogni occasione è buona —
tutti d'accordo in questo, monarchici e
repubblicani, anarchici e conservatori —
per non lavorare e per far baldoria. Vo-
stro eroe, o cittadini, non è Vittorio Ema-
nuele, 0 Garibaldi; è Michelaccio! » Car-
ducci. (7a ira in Confessioni e Battaglie.
Carolo: detto anche Brusone., Carbon-
chio., Ruggine, Bianchella., è una grave
malattia del riso, prodotta da una critto-
gama microscopica, sia secondo alcuni un
fungo 0 sia secondo altri un bacterio. Le
foglie del riso, dopo uno sviluppo troppo
rapido e anormale della pianta, divengono
rosse, si raggrinzano, si seccano, quindi
tutta la pianta perisce.
Carpe diem : motto tolto dalle odi di
Orazio (lib. I, XI, 8) che propriamente
vuol dire prendi., godi dell'oggi^ sfrutta
la giornata, essendo la vita formata di
giorni. La giusta massima, in verità, è
specialmente messa, in pratica da coloro
che non sono tanto filosofi da meditarvi
sopra, né dotti da conoscerla. Confronta
per curiosità questa strofe di Lorenzo il
Magnifico :
Quant'è belJa giovinezza,
che si fugge tuttavia!
chi vuol esser lieto, sia,
del doman non v'è certezza.
E il Tasso, che colse più spine ohe rose:
Cogliam la rosa in sul mattino adomo
di questo dì che tosto il seren perde.
Gerusalemme. XVI, lo.
Carpione (in): cioè carpionare (mila-
nese carjylonà). Termino milanese per
diro : cucinare alcuna vivanda come si
suole il carpio o carpione, pesce di lago:
cioè sotto aceto con aglio, droghe od orba
salvia, cioè marinare. Pesce marinato.
Carpo: la prima, verso l'avambraccio,
delle tre parti (Carpo., Metacarpo., Fa-
langi) ohe costituiscono lo scheletro della
mano, gr. uaQjrós.
A. Fanzini, Supplemento ai Dixionari italiani.
Carré: letteralmente quadrato. Questa
voce francese è \isata per indicare quella
pezza che nelle camicie e nelle vesti mu-
liebri si sopra pone e va da una spalla
all'altra e serve a dar garbo e varietà al
vestire. La voce italiana, e viva tuttavia,
è sprone. I dizionari francesi in tale senso
registrano carrure. Nel linguaggio culi-
nario, a Milano, usano carré nel senso
francese, cioè per indicare un quarto di
bestia macellata o porzione tolta nella
lombata.
Carrément: alla lettera quadratamente.,
ed è avverbio neologico francese, non
ignoto in Italia, per recisamente., chiaro
e tondo.
Carrozza dì tutti: V. La carrox^xa, etc.
Carrozzella: (carruxxella) così in Na-
poli, più italianamente che altrove, è
chiamata la vettura publica, brum^ ca-
lèche, fiacre., etc. èo^ife in' Roma. Altrove
carrozzella dicesi di quella dei bimbi.
Carrozzino: neologismo di uno speciale
linguaggio, politico e giornalistico, per
indicare, specie nelle publiche ammini-
strazioni, un contratto manifestamente e
fraudolentemente ruinoso per una parte e
lucroso per l'altra. Il Fanfani riprova
questa parola e consiglia rigiro., truffa.,
che però hanno altro senso e sono meno
determinate. Farmi che appartenga a quei
tanti neologismi destinati a scomparire.
Carta canta e villan dorme : locuzione
nostra, toscana e romagnola, per dire che
di una cosa si può o si vuole star tran-
quilli essendovi o pretendendo i documenti
scritti che la affermano.
Caricare: nel senso militare di far im-
peto, assalire il nemico, è ripreso dai
puristi come gallicismo e così passo di
carica. A ragione e con esempi elassici
il Rigutini difende il verbo caricare^ già
registrato dalla Crusca. Del resto sono
voci oramai troppo bene difese dall'uso.
Carroccio: voce storica che significa il
noto carro con lo stendai-do comunale,
usato nelle guerre delle republicho ita-
liano nell'evo medio. Noto questa parola
per ricordare che essa è parola dialettale
lombarda {caroeeia —, carroxxa), divonutii
italiana.
Carta: por biglietto di vìsita. V. Carte.
Car
- 82
Gas
Carte : è pe' francesi quello che noi di-
ciamp biglietto da visita, Es. j'ai laissé
ma carte chex son portier. Noi, togliendo
la svelta parola dal francese, diciamo spesso
carta invece di biglietto. Così pure fran-
cese è la frase comunissima negli alber-
ghi : mangiare alla carta =: dejeuner à
la carte, diner à la carte^ etc. Carta., o
latinamente, charta., usasi alla francese
per indicare le tavole statutarie delle co-
stituzioni d'Inghilterra (V. Magna Gharta)
1215, e di Francia, 1814.
Cartel : voce tedesca tradotta in car-
tello : specie di sindacato fra proprietari
ed industriali allo scopo di mantenere i
prezzi dei prodotti ad un dato livello e
di farlo salire se è possibile. Il cartel te-
desco lascia ad ogni impresa la sua per-
sonalità e la sua indipendenza ; i proprie-
tari conservano tutta la loro proprietà ed
il cartel esige solo il rispetto rigoroso de-
gli impegni presi da' suoi membri. (V.
Eaffalo vie, Trust^ Cartels et Sindacats^
Parigi 1903). Il Trust non rappresenta
che un perfezionamento del Cartel. NB.
Sono cotesto le nuove forme di tirannide.
Car tei est notre plaisir ovvero car tei
est notre bon plaisir: propriamente è la
formula con cui si chiudevano gli editti
dei re di Francia già dal tempo di France-
sco I: francesemente elegante e arrogante.
Carter: copricatena., cioè quella coper-
tura di metallo o di celluloide che difende
la catena della bicicletta dalla polvere e dal
fango. DaU' inglese carter = carrettiere.
Yoco neologica, usata anche in francese.
Cartomanzia: l'arte, o ciurmerla che
si voglia chiamare, di predire l'avvenire
mediante il giuoco e l'interpretazione delle
carte. Fr. cartoniancie.
Cartonaggio: neologismo tolto, come ap-
pare dal suffisso, dal francese cartonage.,
ed è parola dell'uso per indicare i molti
e vari lavori che si fanno col cartone.
Caruso : voce popolare siciliana = ra-
ga%%o, manuale. Nelle miniere di solfo
in Sicilia significa il garzone non ancora
fatto operaio, che trasporta i materiali col
carretto e fa i lavori più gravosi. Singo-
lare è la varietà delle voci dialettali ita-
liane per esprimere la parola ragaxzo:
dal guagliune napoletano al bagaj lom-
bardo; dal bastardo {basierd) e burdèl
romagnolo al putèlo veneziano, al caruso
siciliano, al masnà^ gognin e cit (senese
citio?) piemontese, al fantulin e frutt
friulano, c'è di che scegliere.
Casalinga: voce usata a Milano per in-
dicare la condizione sociale della donna
che non ha mestiere né arte e non è agiata.
Casaque: fr., in italiano giacca o ca-
sacca., a mezza vita, con ricche maniche,
larga ed a pieghe. Dicesi in ispecie di
quelle tipiche e adorne de' moschettieri
di Luigi XIV.
Cascara sagrada: letteralmente in ispa-
gnuolo vuol dire corteccia santa., ed è la
corteccia di una pianta medicinale del-
l'America {Raììinea americana) onde
traesi un efficace e conosciuto rimedio
contro la stitichezza.
Cascina: termine lombardo (cassinna)
= aggregato di case coloniche nella cam-
pagna Lombarda, con corte in mezzo, fi-
nestre e ballatoi prospicienti nella corte.
Yi dimorano molte famiglie ' coloniche : vi
sono stalle per grandi mandrie di vacche
e vi si lavora il burro e il cacio. Cascina.,
al plurale, è pure il nome di una nota
ed elegante passeggiata fiorentina. Da
cascio., cacio.
Casellante : termine dialettale lombardo
{casellant)., passato nell'uso per indicare
la guardia di un tratto di strada ferrata,
cantoniere ; da casello., voce non indegna
e pur non notata, ma assai dell'uso per
indicare il casotto de' guardiani.
Casello: Y. Casellante.
Casèra: termine lombardo: il luogo ove
si fa il cacio. Non vi è corrispondente
voce toscana non essendo in Toscana tale
particolare industria. L'Angiolini (Vocab.
Mil.) traduce con caciaia., formaggeria,
voci arbitrarie.
Cassaforte : risponde al francese coffrer-
fort. La Crusca, sull'autorità dell'uso, ha
registrato tale voce, § XXYI sotto il no-
me cassa e scritto staccando cassa da
forte. Eicorderò qui come la favella ita-
liana abbia fortiere che è pure una bel-
lissima voce, ma limitata ormai all'uso
letterario. Il Fanfani propone senza buona
ragione cassa ferrata., cassa a tnuro., cassa
a segreto. L'arte del proporre parole è
Cas
83 —
Càt
fra lo più ingenue e le più inutili, quando
già esistono lo parole e l'uso le difende.
Cassandra inascoltata: dicesi di persona
che ben prevede e consiglia ma cui non
si dà ascolto: da Cassandra, figlia di Pria-
mo, profetessa, cui Apollo, pel negato amo-
re, avoa condannata a non esser creduta.
Cassata: nome siciliano dato ad una
specie di torta dolce.
Cassazione (corte di) : giurisdizione su-
prema che eassa^ annulla i giudizi, gli
atti, le procedure. Il nome e la cosa ci
vennero di Francia Gour de cassation^
la quale nazione instituì per prima tale
magistrato al tempo della Rivoluzione.
Y. Botta, Stor. ital., 2, 484. La Crusca
h.a registrato tale locuzione. Tribunale
supremo^ Corte suprema^ proposti dal
Tommaseo, sono modi che male si inten-
derebbero. Corte suprema^ dicesi quando
il Senato si costituisce in tribunale per
conoscere e giudicare di colpe ad esso de-
ferite dallo Statuto.
Casse : nel linguaggio commerciale una
certa specie di carbone spezzato è detta
cassé^ participio dal verbo francese cas-
«er, latino quassare. Casse è uguale eti-
mologicamente alla nostra voce disusata
casso^ latino cassus. Altro caso di parole
uguali; l'una morta nell'uso italico, l'al-
tra viva in francese.
Casse retto : in marina indica quel pic-
colo ponte che è nelle navi, a poppa, più
elevato del cassero.
Cassero: in marina indica quella por-
zione di ponte, analoga al castello di prora,
senonchè è situata all'estrema poppa. Voce
classica der. dallo spagn. alcaxar che alla
sua volta deriva dall'arabo, al-qa(^r^ se
pur la voce araba, come nota la Crusca,
non proviene dal latino castrum z=z castello.
Casse tète: fr. rompi testa, clava, ba-
stone piombato.
Castagnaccio : specie di torta fatta di
crema di castagne e anche di ceci; ed è
specialità fiorentina. Cuocesi in grandi te-
glie al forno, e si vende anche per le pu-
bliche vie.
Castagnette o castagnole : V. Nacchere.
Dicosi in Komagna castagnole una specie
di fritto dolco di pasta che piglia forma
corno di castagna.
Castellata: voce dialettale romagnola
(a settentrione di Cesena) ed emiliana,
che indica un carro con botte e insieme
una misura di mosto di circa 760 litri.
Così in Romagna e nell'Emilia sogliono
portare i coloni il raccolto della vendem-
mia nella città.
Castelletto : registro di informazioni con-
fidenziali tenuto dalle Banche per aver
norma nelF accordare il fido o credito.
Castello dei burattini: dicesi in alcune
regioni nostre per significare il teatro dei
burattini.
Castello di prora: in marina ìndica la
porzione dì ponte superiore, situata alla
estremità della prora. Esso viene ricoperto
da una tettoia che forma un ponte di lun-
ghezza limitata, al di sopra della coperta,
Castigat ridendo mores: emenda, ri-
dendo, i costumi: motto della commedia
secondo l'antico precetto che l'arte deve
congiungere l'utile al dilettevole.
Casto Giuseppe: come è noto, il biblico
Giuseppe, figlio di Giacobbe e di Rachele,
venduto dai fratelli a Putifarre, respinse
virtuosamente gli adulteri amori della mo-
glie di costui : onde di cesi casto Giuseppe^
sardonicamente, di chi ostenta pudicizia
0 castità ritrosa, ben sapendosi come sia
difficile possedere tale virtù. In fr. Jo-
seph = homme chaste.
Casus belli: lat. caso di guerra. In
diplomazia indica ogni avvenimento che
possa provocare la guerra tra due Stati.
Dicesi altresì, per lo più con senso faceto,
per cose di minor conto che danno mo-
tivo a' litigi e questioni.
Catastrofico: neol. specialmente usato
per indicare l'avvento, non evolutivo, ma
violento del programma socialista collet-
tivista. (Da catastrofe, gr. katastrophè =
rivolgimento).
Catenaccio : rialzo dei dazi decretato
improvvisamente (?) dal go\^erno per im-
pedire che ì privati si provvedano antici-
patamente della merce su cui cadrà il dazio.
Catharsl : voco greca antica (katharsia)
che indica espiaxione, purificaxione. Pres-
so i greci esisteva una vera arto o scienza
espiatoria dei delitti commossi.
Catodo: nuovo termino di fisica ohe in-
dica l'elottl'òdo negativo. Raggi catodici
Gau
84 —
Cav
sono i raggi X del Roentgen, i quali par-
tono dal catodo di un tubo di Crookes. La
voce deriva dal greco katodos = discesa,
ritorno.
Cauchemar: parola di incerta etimologia
(Y. lo Scheler), usata per vizio, avendo
noi la parola incubo che vi corrisponde
perfettamente anche nel senso figurato.
Causa: con un oggetto dopo di se, es.
causa il freddo^ causa lo sciopero^ etc.
invece di per il freddo , in causa del freddo^
è inelegante idiotismo lombardo.
Causerie: è il parlare grazioso, garbato
e vario d'uno in altro argomento, come
studi, arte, politica, senza approfondire di
troppo né urtar l'opinione altrui; proprio
della conversazione da salotto di cui la
Francia fu maestra e legislatrice. La cause-
rie in altri termini fu in Francia un'aite
di bene e finamente parlare in domestici
ritrovi e non di cose futili soltanto. Il
senso spregiativo che noi annettiamo a
causerie non corrisponde sempre al vero.
Cicaleccio e chiacchierio mal vi corrispon-
dono. Le dignitose voci antiche nostre
ragionari o conversari più mi piacereb-
bero se si potessero rinnovai'e.
Causeur : (Y. Causerie) : indica in fran-
cese il parlatore elegante, talora superfi-
ciale, frivolo, indiscreto, quale si addice
alle conversazioni mondane ed eleganti.
Deriva da causerie ma in senso, parmi,
alterato con^valore peggiorativo. Ciarlone
0 chiacchierone vi corrispondono imper-
fettamente.
Causeuse : dal verbo francese causer =
parlare. Indica una specie di divano ele-
gante a due posti, disposto inversamente,
in modo che le due persone, sedendo, si
trovino pressoché l'una di fronte all'altra.
Amorino chiama il Petrocchi una « specie
di sofà in forma di S sdraiata». Non
trovo tale senso di Amorino negli altri
dizionari.
Cavai di ferro: perifrasi inglese iron
liorse = macchina a vapore. Caciai d'ac-
ciaio 0 di ferro usasi anche per indicare
la bicicletta : sovra il ferreo corsier passo
contento || come a novella gioventù rinato
Il e sano e buono e libero mi sento (Stec-
chetti).
Cavai di ritorno : locuzione felice e me-
taforica del linguaggio giornalistico, che
parrebbe francese ed è, credo, italiana.
Dicesi quando per maggiore effetto una
notizia su cosa a noi vicina, é fatta venire^
ad arte, da paese lontano, il che dà a crederò
al publico cho fuori si occupino di tale
questione. Invece si tratta di uno scritto
che ritorna al luogo da cui era partito.
Molti dei nostri letterati italiani sono, o ten-
dono ad essere, cavalli di ritorno. Pro-
curano di essere encomiati all'estero. Dopo
un battesimo di Parigi e un padrino di
colà, ritornano gloriosi in patria. E ciò
può accadere anche agli scienziati, reputati
illustri, specialmente quando i loro meriti
sono prima riconosciuti fuori della patria.
Cavallino : vocabolo usato in marina per
indicare quella macchina ausiliaria che
serve a dar moto a verricelli e a molinelli
quando i fuochi della caldaia principale
del piroscafo sono spenti. Dim. di cavallo.
Cavallo - vapore o cavallo dinamica:
(meccanica) : unità pratica di potenza, ed
é la potenza capace di produrre il lavoro
di settantacinque chilogrammetri per mi-
nuto secondo.
Cavar sangue da una rapa: pretender
r impossibile. Ab asino lanani come di-
ceano i latini.
Di rapa sangue non si può cavare.
Lippi, Maini. Vili, 75.
Cavatina : specie di aria, ed é così detta^
secondo il Maffei, perchè la si poteva to-
gliere senza danno dell'opera. È pur detta
aria di sortita., perché veniva cantata
dal personaggio al suo primo presentarsi
su la scena. Ha la forma dell' aria con
cappolletta o cabaletta (A. Galli, op. cit.).
Cavazione: nel linguaggio della scherma
è. r atto di ritirare e mutar di luogo alla
spada.
Cave a signatis : guardati dai segnati
cioè da chi ha difetti fisici visibili. Riferi-
scesi in ispecie a' gobbi, zoppi, guerci cui
r infelicità della lor natura può, talvolta,,
generare un perdonabile e comprensibile
astio verso chi è perfetto. Da ciò, forse,,
il motto latino crudele.
Cave : per cantina è voce francese, usata
talora in certo linguaggio che pretenda a
raffinata mondanità.
•Cav
85 —
Cem
Cavicchio: chiodo, lat. claviculus. La
locuzione lombarda avegh el carnee^ avere
il cavicchio^ è estesa oltre il confine del
dialetto. Dicesi di persona cui tutto riesce
prosperamente, a cui tutte van bene, quasi
che ci abbia piantato il chiodo. V. il Ri-
corso al Gavice del Porta.
Cavo : (elettrotecnica) : tipo speciale di
conduttore destinato a trasmettere la cor-
rente elettrica per uso di telegrafia, di
telefonia, d' illuminazione, di trazione, etc.
Ha forme svariatissime. Sempre però con-
sta: 1° di Mw' anima conduttrice costituita
da uno o più fili di rame finissimo — fili
che possono, secondo i casi, essere isolati
l'uno dall'altro od essere attorcigliati gli
uni intorno agli altri così da formare un
cordone — od anche da sbarre cilindriche
o semicilindriche di parecchi centimetri
quadrati di sezione: 2^ di un involucro
■ isolaute. Quasi sempre si aggiunge a co-
deste parti un rivestimento a difesa contro
l'umidità od altri agenti nocivi. I sotto-
marini hanno anche un rivestimento di
grossi fili d' acciaio, destinato a dare al
cavo la resistenza meccanica occorrente
ad impedirne la rottura durante le ope-
razioni d' immersione o di rilevamento,
e preservarlo dai danni che potrebbero
produrre il moto ondoso delle acque, le
ancore, gli arnesi da pesca, etc.
Cazzola : classico piatto milanese, cax-
%wla : specie di cibreo fatto di pezzetti di
carne di pollo o maiale con droghe e varie
specie di verdure.
Cazzotto : termine triviale di largo uso
nelle varie regioni per indicare il colpo
dato di sottomano, col pugno chiuso.
Ceci tuera cela : sono le parole di Claudio
Frollo, preconizzante l'avvenire : « questo,
cioè il libro di carta, ucciderà quello, il
libro di marmo, il monumento. » Vittore
Hugo, Notre Dame de Paris^ lib. V, cap. I.
Cècubo : (latino caecubum) nome di un
famoso vino antico (caro ad Orazio) che
traevasi dalla pianura del Lazio, Caecubus
ager.
Cedant arma togae: letteralmente: ce-
dano le arnu\ (dia. toga, il potere civile
domini sul potere militare. Massima della
sapienza romana che Icggosi in Cicerone,
De Offìeiis I. XXI.
Cediglia: V. Cedille.
Cédille : termine della moderna orto-
grafia francese, tradotto in cediglia: indica
la virgoletta che ponesi sotto la lettera e
(anticamente cz) nelle parole francesi, da-
vanti ad a, o, u, per darò al e il suono
dell's. Cédille deriva dallo spagnuolo ee-
dilla ; la qual voce, ovvero sia xedilla^ è
diminutivo di xeta o xeda ed è insieme
una lettera dell'antica scrittura spagnuola
che è una e con sotto una virgoletta, e
valeva por un suono consimile alla xeta^
come appunto in francese.
Celebrità: per uomo celebre è parola del-
l'uso tolta dal francese, dove pure è notata
come neologismo : celebrile = personne
célèbre. (Littré). Questa volta il Petrocchi
[Dix. Universale) accoglie celebrità =
u TUO celebre. Perchè capacità no, cele-
brità sì? Perchè è più dell'uso? 11 Car-
ducci, nella sua lirica bellissima. Davanti
San Giùido^ accoglie il neologismo nel
verso non bello :
ma oggi sono una celebrità.
Celibatario: per celibe iìnììno caeUbem
:= non ammogliato) è il francese céliba-
taire. La registra il Petrocchi come ter-
mine « nuovo e non comune » sic/ Gio-
vine aìitico dice in Romagna il popolo di
vecchio celibe.
Cellulare : agg. sostantivato per indicare
il carcere a celle^ in modo da segregare
compiutamente i detenuti. Istituto di mo-
derna e civile barbarie che dicono neces-
sario per la istruttoria.
Celluloide: prodotto costituito da un
miscuglio intimo di trinitrocellulosa (co-
tone fulminante) e di canfora. Colorato,
mescolato con sostanze minerali, premuto
in istampi, prende qualsiasi forma e serve
a foggiare un numero infinito di oggetti
di ornamento e di merceria.
Cemento armato: traduzione della locu-
zione francese cémcnt arme., nuovo pro-
cesso di arte muraria diffuso da Henne-
bi(jue. Consiste in una travatura di cemento
che contiene delle reti, sbarro o fili me-
tallici, sommersi in detto cemento così da
congiungere por maggior resistenza o lof^-
ge rezza le qualità del cemento con quello
del ferro.
Cen
86 -^
Gei-
Cenacolo: lat. eoenaeulum : refettorio;
e determinatamente quello di Cristo al-
l'ultima sacra cena: con senso neologico
tolto dal francese, eénacle significa accolta
di amici o di intimi che s' accordano ad
un dato intento letterario od artistico,
spesso fanno capo a persona ammirata e
adulata : voce spesso usata in mal senso.
Noi potremmo dire chiesuola, e si dice,
ma specialmente in senso politico.
Cendrier: voce milanese (?) che indica
il sopra mobile di metallo o di terra a forma
di piattonino ove si depongono i detriti
dello sigaro, i fiammiferi spenti etc. per
non isporcare in terra o sui mobili. Deriva
fuor di dubbio dal francese eendre zzz cenere:
se non che in francese cendrier indica sol-
tanto quella parte del fornello ove si rac-
coglie la cenere. E singolare come a Milano
siansi formate molte di queste voci pseudo
francesi come cendrier.^ Voltaire^ notes.
Cenerentola: è la versione italiana del
fr. Cendrillon o la Petite pantoufle de
vair, una delle più note e graziose fiabe
delPerrault; che die argomento a dramma
ed opera musicale (Rossini) : dicesi comu-
nemente di fanciulla abbandonata o spre-
giata 0 costretta ai più umili servigi, ac-
canto al focolare.
Cento giorni (i) : termine storico con cui
si designa lo spazio di tempo compreso
fra il ritorno di Napoleone I dall'isola d'Elba
e la sua seconda abdicazione.
Centrale : neol., agg. sostantivato. Luogo
ove sono in piccolo spazio raccolti tutti
gli organi più delicati dei grandi mecca-
nismi che servono a servizi publici e
estesi. Per es. centrale elettrica., a'vapore,
idraulica., sono i luoghi ove si produce e
si verifica l'energia elettrica, a vapore o
idraulica, distribuita poi da una rete di
condotture.
Centralizzazione e centralizzare: dal
francese centraliser e centralisation ; in
buon italiano accentrare e accentraìnento .
Vocabolo usato spesso nel linguaggio della
politica per indicare il convergere delle
autorità e dei comandi in un centro; ac-
crescere l'autorità dello Stato e diminuire
l' importanza delle rappresentanze ed au-
torità locali.
Ceratosauro: iCeratosaiirufi nasicornis)
è un dinosauro americano. I dinosauri
sono rettili fossili di forme rsvariatissim©
e spesso gigantesche.
Cerebrale : da cèrebro, lat. cèrehrumz
questo aggettivo che si dice come aggiunto
della sostanza o materia del cervello, og^i
è talora usato in nuovo senso e anche eoa
forza di sostantivo come sinonimo di ùi-
tellettuale., cioè di persona il cui lavoro
si esercita specialmente col cervello.
Cerebrare : 1' atto di lavorare col cer-
vello, pensare., imaginare. meditare. Que-
sto verbo usano talora gli scienziati, per
maggior significazione.
Cerebrazione : l'atto del cerebrare.
Cerebro- spinale (asse) : è il complesso dei
centri nervosi (cervello e midollo spinale).
Cerise : in fr. ciliegia, e color ciliegia';
ma nel linguaggio della moda e parlando
di stoffe, dicesi più spesso da noi cerise.
Un commesso di negozio, se gli chiedes-
simo « una stoffa di color cremisi o cher-
misi » probabilmente poco intenderebbe.
Certum est, quia impossibile est: sublime
motto della fede cristiana : è certo perchè
èim/possibUe. Tertulliano, De Game Chri-
sti, Cfr. Credo quia absurdum.
Cervellata : in alcuni dizionari è così
spiegato « salsiccia alla milanese con carne^
cervella di maiale e aromi. » Ora cervel-
lata {cervellàa) indicò in Milano (dico
« indicò » perchè oggi più non usa co-
munemente) una specie di fine grascia
0 strutto, senza punto carne, con aromi
e formaggio lodigiano trito, insaccata in
budelli come le salsicce e tinta di zaffe-
rano. Serviva di condimento alle vivande-
delia cucina milanese, che è molto pingue-
e greve, e specialmente nel famoso risotto.
In francese e' è la voce cervelas =z sal-
siccia. Ma è probabile che la parola fran-
cese sia derivata dalla milanese, giacché
nei tempi passati la cucina milanese aveà
larga rinomanza. Diceasi cervellata pro-
babilmente per la somiglianza che rendea
con la materia del cervello.
Cervo volante : V. Aquilone.
Cerziorare: verbo usato specialmente*
nel linguaggio curiale, invece di infor-
mare e così dicasi del riflessivo cerzio-
rarsi. Latinismo pedantesco, da certior
comparativo di certus. i
Ces
^ 87 --.
Cha
Cesàreo : detto di parto compiuto per
atto operatorio (dal lat. eaedere = tagliare)
mercè il taglio della parete addominale e
dell'utero, onde si estrao il feto. Dicesi
anche isterotomia addominale; gastro-
isterotomia. Secondo Plinio, Hist. Nat.
VII, 9, Cosare fu così chiamato perchè
nacque a caeso matris utero onde cesareo
deriverebbe da Cesare.
C'est à dire: fr., esplicativo invece di
c/oè; non infrequente nel linguaggio gior-
nalistico, specie quando si pretende al
lepore ed all'arguzia.
Cestinare : voce familiare, specie del lin-
guaggio giornalistico, e vuol dire gettare
nel cestino^ il che si intende delle carte
inutili 0 giudicate tali e specialmente dei
manoscritti indegni di stampa.
C'est la faute de Voltaire : ritornello di
una canzonetta francese assai in voga sotto
la restaui-azione :
S'il tombe dans le ruisseau,
c'est la faute de Rousseau;
et si le voila par terre,
d'est la faute de Voltaire.
C'est le commencement de la fin: è il
principio della fine! motto attribuito al
Talleyrand su Napoleone I dopo i disastri
di Spagna. Cfr. Shakespeare That is the
true beginning of our end (Midsummer
Night, F, 1).
Ceterum censeo Carthaginem esse delen-
dam : motto intercalare con cui Catone
l'antico concludeva ogni suo dire : « del
resto io penso dover Cartagine esser di-
strutta » . Ripetesi per significare l' insi-
stenza di un' idea ad un dato fine, inclu-
dendovi il concetto di ostilità e di inimici-
zia, onde il modo di dire: delenda Carthago.
Chablis : nome di un vino bianco di
Francia, così detto dalla città di Chablis,
Cablìacum dei latini. Questo vino è di
rinomanza mondiale: spiritoso, fine, profu-
mato, limpido, digestivo, eccita e non of-
fende la intelligenza, resiste oltremare.
Senonohè i mercanti rinnovano con questo
vino i miracoli di Cristo che mutò l'acqua
in vino alle nozze di Cana, giacché ogni
vino bianco è Chablis in Parigi, come ogni
acquavite è Cognac. Eufemismi francesi :
un po' come da noi avviene pel Chianti.
Chaoonne : musica o l)allo dal ritmo
lento e a tre tempi che serviva di finale
nelle opere e ne' balletti, ed era molto in
voga nel secolo XYII.
Chacun à son tour: locuzione francese
a cui equivale il nostro modo : una volta
per uno, senza contare le molte locuzioni
popolari, come questa: una volta corre il
cane e un'altra corre la lepre.
Cliacun avec sa ohacune: V. Sa cha-
cune.
Chaise longue: fr. poltrona o sedia a
sdraio, voce nostra e classica; ma pochi
l'usano. Stando al Fanfani, chaise longue
sarebbe stata tradotta in Toscana in urla
orribile cislonga.
Chalet: una delle poche voci italiane,
che ottennero l'onore della cittadinanza
straniera è villa. Noi per compenso usiamo
spesso la parola chalet, che in italiano si
direbbe villetta svix^eo-a, cioè a dire co'
tetti acuminati, sporgenti e le pareti rive-
stite di larice e adorne d' intagli che tale
è lo stile delle casette rustiche nella Sviz-
zera. Nell'antico francese v'è chaslet, de-
rivato dal latino casa = capanna, onde
chalet. Secondo il Littró chalet prover-
rebbe da un Castel lettum : lat. sempre,
dunque.
Challenger: ing., specie di piccola nave
veliera, nota specialmente come da corsa
e da diporto.
Chambertin : vino rosso di Borgogna,
squisitissimo e di gran pregio: caro a
Napoleone I.
Champagne: provincia della Francia,
(dal latino campus zzi Campania) dai cui
vigneti, in terreni ricchi di carbonati di
calce e di silicati, si ricava il , celebre
vino di questo nome; bianco, spumante,
e che produce un'ebrezza esilarante spe-
ciale: è perciò obbligatorio in ogni ricca
imbandigione e nelle cerimonie doUe inau-
gurazioni; almeno la moda e la consue-
tudine hanno imposto che così sin. Pre-
parato con ammirabile cura in ogni par-
ticolare, diffuso in tutto il mondo, costi-
tuisce una delle ricchezze della Francia.
La produzione media è valutata a sotto
milioni di bottiglie. I nomi di Moét, Cli-
quot, Koederer, etc, fabbricatori di questo
vino, hanno rinomanza mondiale. Oggi
che si tendo ad imitare gli inglesi o una
Cha
88 —
Cha
certa loro ostentata astinenza e dieta ac-
quea; nei pasti, i vini hanno perduto di
pregio nelle ricche mense. Ma lo cham-
pagne^ a quel che pare, non perde la
gloria del suo primato.
Champoing {GÌampuin): voce scozzese...
diffusa presso i barbieri, da qualche anno
a questa parte. (Altri scrive shampooing).
E un participio sostantivato che vuol dire
spugnatura. Consiste in una lavatura del
capo con stropicciatura di materie sapo-
narie ed effervescenti allo scopo di toglier
la forfora, rinfrescare, profumare il capo.
Anglicismo verosimilmente pervenutoci,
come tanti altri, pel tramite della Francia.
Chance: parola francese di largo uso
che supplisce alle seguenti italiane: for-
tuna., combinazione^ probabilità., alea.
Cfr. per l'etimologia il verbo choir (lat.
cadere) -= cadere.
Chanteuse : non significa in francese la
nostra cantante., cioè celebre cantante (fr.
cantatrice) ma quell'artista che si presenta
con molta grazia a cantar canzonette sul
palco scenico dei Caffè-Concerto. Uso nuovo,
nome nuovo. La chanteuse non canta lirica-
mente, ma sottolinea, adombra, colora, sor-
vola, e spesso con la danza e col gesto com-
pleta la parola ; talvolta recita e allora più
propriamente dicesi diseuse: non è diva,
insomma, ma divette., spessissimo étoile.
Alcune chanteuses., specie di marca pa-
rigina, godono rinomanza mondiale, e co-
perte le ben modellate nudità di brillanti
■e di strane e scarse vesti, ottengono plauso
e trionfo. Voce che si alterna con l'altra
neol. canzonettista.
Chapeau claque: capello a molla fatto
a staio e di raso nero, che per mezzo di
molle deprimesi e portasi poi sotto braccio
come una stiacciata, e premendo le molle
fa claque (V. questa voce) e prende la
nota forma di cilindro. Cfr. Gibus. Av-
verti anche qui le molte voci nostre re-
gionali per indicare il cappello a staio,
cioè cìlinder a Milano, bomba in Eoma
e nell'Italia centrale, tubo a Napoli, canna
a Venezia.
Chaperon : nome francese di antica for-
ma di berretta caudata; in italiano vi ri-
sponde la voce classica capperone., cioè
cappuccio, capperuccio, probabilmente dal
verbo latino capere (prendere), quasi quod
iotum capiat hominem: cfr. cappa e ac-
cappatoio: altri, meno bene, da caput =
capo. Usata è la voce chaperon per indi-
care quella dama grave d'anni o di senno,
0 possibilmente d'una e d'altra cosa, o
parente, che accompagna e tutela una
signorina in società, come vuol l'uso. Così
dicesi in francese : cette dame lui seri
de chaperon. Elle a pour chaperon une
vieille tante, e simili. Il nuovo senso certo
è derivato da quella facilità di estendere
i significati che è proprio del francese :
come la cappa difende, così fa la matrona.
Derivato è il verbo chaperonner. A chor-
peron il Eigutini contrappone le parole
guida, maestra., matrona regolatrice (?)
e in senso men buono copertina^ far da
copertina. Ma avvertasi che nel linguaggio
delle eleganze e degli usi mondani, come
nell'ordinamento degli uffici, della politica,
della milizia, etc, noi subimmo necessa-
riamente l'influsso della Francia, e con
le cose vennero i nomi.
Char-à-bancs : forma di vettura lunga
e leggera, fornita di pili sedili ugualmente
disposti di traverso. Nel napoletano carri
a due alte e grosse ruote con molti sedili
sono di uso popolare e si chiamano fran-
cesemente: saraban., o sciaraban.
Charcuterie: in certo stile mondano
ed elegante questa voce francese sembra
avere suono meno volgare che non la
equivalente nostra salumeria.
Charivari: voce francese poco nota nella
sua etimologia. V. Littré e Scheler: in-
dica propriamente il concerto di lattoni,
padelle, zufoli che si fa alle nozze de' vec-
chi. Dicesi (e in tale significato è d'uso tra
noi) di qualunque rumore assordante e
tumultuoso : musica discordante, diverbio,
baccano con grida e schiamazzi.
Charlotte: questo dolce è formato di
fette di pane passate prima nel burro bol-
lente: se ne tappezza uno stampo, riem-
piesi di fette di mele o di albicocche, con
zibibbo ed altri sapori, cuopresi con altro
pane e si cuoce a fuoco lento, sopra e
sotto, 0 entro la bornice. Servesi caldo.
Talora, nell'atto di portare in tavola, vi
si versa dello spirito, accendesi, servesi.
Allora a Milano ottiene il nome belligero
Cha
Cha
di charlotte flambée. Charlotte =: Car-
lotta; torso la famosa principessa pala-
tina Carlotta di Baviera (1652-1722) che
fu sposa al fratello di Luigi XIV? Le
dedicarono tante cose che ci può stare
anche una torta di frutta. Certo è voca-
bolo relativamente recente: it. in ciarlotta.
Charme: n. m. francese. Noi diciamo
spesso: la tal persona ha dello charme, la
tal signora è bella, ma non ha charme,
e simili. Ora charme francese risponde
alla nostra voce incanto e anche dal lato
etimologico vi corrisponde, giacche questa
parola proviene dal latino Carmen^ carme,
canto con cui le antiche arti magiche
(d'incantamento) solevansi accompagnare.
Anche fascino rende lo stesso senso, e
meglio, graxia, appunto perchè l'italiano
antepone le espressioni naturali e piane
alle esagerate ed enfatiche. Certo col verbo
avere ricorre subito la espressione fran-
cese charme: in italiano bisogna dare al-
tro giro alla frase, e noi avendo pronta
€ in mente la locuzione francese, sì l'ado-
periamo. Del pari frequente è la parola
charmeur per significare persona che in-
canta, affascina, seduce. In italiano tutta
lina serie di parole e di locuzioni, varia-
bili secondo il caso, da grax,ioso a mago,
sirena, risponde a charmeur francese.
Charmeur: Y. Charme.
Charrette: letteralmente carretta (dal
lat. currus, car in inglese, karren in
tedesco). Ma dicendo carretta invece di
charrette non si intenderebbe quel baroc-
cino elegante, a due ruote, con ampio
cuscino, da sedervisi, occorrendo, due
davanti e due dietro, ma si crederebbe
trattarsi del veicolo di un carrettiere.
•Sorte infelice delle parole italiane !
Chartreuse: {Cartusia in latino, Cer-
tosa in italiano) nome dato a diversi mo-
nasteri dei frati di questo ordine; dei
quali il più celebro fu quello detto la
^Orande Chartreuse nel dipartimento del-
risera, presso Grenoble, in luogo deserto
e selvaggio ; ed è come la casa madre di
<[uesta severa religione fondata da S. Bruno
nel 1084. Ora questi frati oltre cho por
la edificante loro vita, orano famosi por
•un rosolio gi-atissimo sì allo stomaco cho
all'olfato, detto appunto chartreuse, pro-
parato con arte ed erbe segrete. Questo
per il passato. Ora i bianchi frati hanno
poco a vedere con la gran fabbrica e l'in-
gente smercio di questo liquore cui essi
diedero il nome, il quale si pronuncia
alla francese. Anzi in questo anno 1903
l'antica Certosa di Francia ha visto la
sua fine, e i frati furono sfrattati.
Chassé-croisé : nota formula di comando
francese nel ballo figurato della quadri-
glia. Usasi talora, in senso traslato come
esempio dimostra: « Chassé-croisé! Le
due coppie d'alleati, Austria ed Italia,
Russia e Francia si separano, si incro-
ciano, si ritrovano disposte così : Austria
e Russia, Italia e Francia. *
Chassepot: nome di una specie di fucile
ad ago e a rapido tiro, a noi specialmente
noto per la frase rimasta storica, a pro-
posito della battaglia di Mentana (1867):
Les chassepot ont fait merveille. Chas-
sepot è il nome dell'inventore dell'arma
(Antonio Alfonso Chassepot , armaiuolo
francese; la cui prima esperienza venne
fatta a Mentana contro petti italiani. L'in-
ventore fu nominato cavaliere della Legion
d'onore.
Chàssis: termine fr., da noi usato in
fotografia e vuol indicare il telaio delle
lastre preparate per ricevere le imagini.
deriva da chdsse, latino capsa = cassa,
e dunque una variante delle parole caisse
e casse. Anche il telaio degli automobili
è chiamato chassis,
Chasseur: cacciatore, con tale voce
francese di nuovo senso e piena di ari-
stocratica mondanità, è chiamato il pag-
getto che, nei grandi alberghi, ne' caffè,
vestito con speciale divisa chiassosa (forse
perchè simili all'arma de' cacciatori, chas-
seurs, nome di speciale milizia francese?)
funge da fattorino o galoppino.
Chassez le naturel, il revìent au galop:
così i francesi, e noi por forza imitativa.
La gente mondana che ripete il motto
francese ricordi cho già Orazio disse il
simigliante: Naturarli expellas furca ,
tamen usqiie recurret: caccia la natura
con la forca e ritornerà sempre. [Epist.
lib. I, X, 24) e Cicerone: Nihil decet,
invita Minerva, ut aiuni, id est adrer-
sante et repugnante natura {De off. I, 31).
Cha
- 90 -
Ch0
E ancora Orazio: Tanikil invita dices
facies ve Minerva. (De arte 'poetica.^ 385).
Chateau Lafitte: nome di un vigneto
del comune di Pauillac (Gironda) onde
traesi uno de' migliori vini rossi di Bordò.
Chatelaine: fr., catenella in forma di
ciondolo.
Chatoule: si legge talvolta questa pa-
rola così scritta che pare francese, ma
francese non è. In tedesco v'è Schachtel
=: pare anche etimologicamente, a scatola
e SchatuUe da cui deve essere provenuta
la parolaccia sciatulia o satulia o chatulle
che si ode talora per dire una scatola
elegante.
Chatterton: cemento C o composto Q:
miscela di tre parti — in peso — di
guttaperca, una di resina ed una di ca-
trame di Stoccolma. Fu inventato nel 1857
da Chatterton e W. Smith. Serve per fare
giunture nelle parti di guttaperca del-
l' involucro dei cavi telegrafici, o come
isolatore di condutture elettriche.
ChaufTage: radice chaudzzz caldo, onde
chauffage ogni specie di combustibile
usato nel riscaldamento. Nel linguaggio
familiare è così chiamata quella prepara-
zione agli studi ed agli esami improvvi-
sata abilmente, attaccata, come si dice,
con lo sputo. Voce francese usata anche
da noi. Es. « Perchè certo le classi mo-
derne, offrendo un insegnamento più alla
portata degli spiriti mediocri, danno an-
che un tirocinio più facile e una prepa-
razione meno intensa; onde, col solito
chauffage., coli' abborracciatura di qualche
mesetto di latino, riescirà facile mettersi
in lizza per le professioni, per l'avvoca-
tura, per la medicina, ecc., anche a chi
non avrà frequentato le scuole classiche. »
Chauffeur e chauffard: (la seconda voce
è, nel gergo, peggiorativa della prima come
velocipedista e velocipedastro). Chauffeur
è colui che tien vivo il fuoco di una mac-
china, dunque fochista ; ma chi oserebbe
chiamare il super-elegante e grottesco
conduttore di un automobile, giacché tale
è il senso nuovo della parola chauffeur.,
col nome volgarissimo di fochista? (NB.
L'industria degli automobili è stata spe-
cialmente francese; ciò può spiegare il
perchè dell' aso di tale parola).
Chaussée : fr. via^ contrada., dal lat.
cum e strata, e così chaussée da un cal-
ciata latino, quasi via calcata (dal basso
latino calcia = tallone). Lo Scheler pro-
pone da calx = calce, cioè lastricata. ^
Chauvinisme : tradotto spesso letteraL-
mente in sciovinismo; ed indica l'amore^
mosso più dal sentimento e dal fanatismo
che dalla ragione, per una data foima por
litica 0 sociale : specialmente intendesà
per tutto ciò che è esaltazione della pa-
tria francese. La parola nel senso origi-
nario, rimonta al 1815 ed indicò propria-
mente il fanatismo napoleonico di cui
erano presi molti antichi granatieri del
disciolto esercito imperiale della Loira:
fra i quali ve ne fu uno (altri scrive
molti) di nome Chauvin la cui ammira-
zione per tutto ciò che ricordava il Gran
Corso, non avea confine. Lo Scribe ap-
profittò del tipo e ne fece una commedia
Le soldat Laboreur., il cui principale per-
sonaggio si chiama Chauvin. Anche la
matita vivace di Niccola Charlet, parigino
(1792-1846) e buon disegnatore di scene
militari, valse a rendere popolare codesto
tipo che così drittamente risponde ai sensi
orgogliosi e tradizionalmente belligeri della
Francia.
Chef: il capo. Il capocuoco di una
cucina d'albergo [chef de cuisine) è sen-
z'altro onorato di questo breve imperioso
nome francese; che, come tutti i mono-
sillabi stranieri di aspro suono, sembra
esercitare una specie di incanto su le
nostre orecchie in confronto delle piane,
equilibrate, armoniche, compiute parole di
nostra lingua.
Chelierina: V. Kellnerinn.
Chelotomia o erniotomia: termine me-
dico, uriÀri = ernia e ro/mr) = taglio :
operazione dell'ernia strozzata.
Chemin de fer: nome francese dato vol-
garmente al macao o baccarat quando
chi tien banco passa il mazzo ad altri se-
condo determinate norme.
Chemisette: = camicetta., cioè quel
corpetto 0 giubbetto bianco o di colore,
con molti adornamenti o ricercatamente
semplice, talora con colletto e polsini ma-
schili, che le donne portano per disim-
pegno elegante con gli abiti che non hanno
Che
91
Ohi
vita. Vero è che nel linguaggio della
moda provale la parola francese.
Chenil club: alla francese o Kennel
club all' inglese chiamano in Italia una
Società per 1' allevamento ed incremento
della razza canina. Forze della imitazione,
che ogni commento sarebbe sciupato!
Chenille: specie di passamanteria vel-
lutata e di seta : se ne fanno scialletti e
nastri. È voce francese tradotta in cini-
glia^ che è voce dell'uso e registrata. Il
Littré la fa derivare da canìcula = ca-
gnetta, quasi pelame canino.
Chèque: parola d'importazione inglese:
check, dal verbo to check = controllare,
verificare, che i francesi mutarono in
chèque e noi accogliemmo così. Nel lin-
guaggio commerciale lo chèque è un buono
a vista tolto da un librò a matrice, dato
dal debitore al creditore, il quale lo può
riscuotere dal banco o dalle succursali
presso cui il debitore è accreditato, e con
sua firma girarlo ad altri. L' impiego di
questa moneta fiduciaria fra privati è una
invenzione dei banchi italiani delle città
marittime nostre, così gloriose nell'evo
medio, e serviva, come lo chèque^ a facili-
tare i pagamenti e ad evitare il trasporto
di grosse somme. In buon italiano lo chèque
dicesi assegno bancario, ma questa pa-
rola parmi aver piuttosto sua dimora nel
Codice di Commercio Italiano che nell'uso
degli italiani. Notiamo ancora come al-
l'estero sia assai diffuso il costume di
pagare mediante assegni, non solo fra
commercianti, ma fra privati.
Cheviot: lana d'agnello- di Scozia: stoffa
intossuta di questa lana.
Chevreau = capretto. Eppure guanti
di chevreau^ scarpe di chevreau dicesi in
modo elegante. È evidente : la voce fran-
cese ha forza di accrescere presso di noi
il valore commercialo della merce!
Chez 80i, chez nous, etc. il primo senso
etimologico che si ritrova nella antica
scrittuia francese à ches, en chiés = a
casa, ha dato luogo al secondo senso av-
verbiale della parola, corrispondente al
latino apud zzz presso, apud maiores no-
stros zz:: chcx nos ancètres. Nelle forme
dialettali la voce casa è rimasta viva col
valore press' a poco da traslato francese.
Es. A casa mia anche a Casina mia s.i
fa così! cioè io voglio, io faccio così.
Don Abbondio dolendosi della sublime
fretta del cardinale Borromeo che lo man-
dava al castello dell'Innominato a salvare
Lucia, dice : a casa mia si chiama pre-
cipitazione. Manzoni, Promessi Sposi,
cap. xxin.
Chiamar pane il pane e — altri ag-
giunge — vino il vino : motto nostro per
dire chiamar le cose col loro nome senza.
riguardi né sottintesi. Mettere i puntini
sugli i: dicesi familiarmente quando si
spiega una cosa in modo tale da vincere
ogni riguardo, o circospezione, o sottin-
teso, specie supponendo che la persona a
cui si parla possa trarre profitto daUa no-
stra delicata prudenza.
Chiamare: per chiedere, domandare,
Es. : chiama il conto; ho chiamato una.
birra, è inelegante idiotismo lombardo e-
steso ad altre regioni. Cfr. l'idiotismo to-
scano domandare per chiamare.
Chianti : è nome non di un vitigno ^
come molti credono, ma di una ristretta
contrada di Toscana che ha per centro
Eadda e si estende a settentrione fin presso-
Greve e a mezzodì fin presso Siena. Sotto
questo nome vanno abusivamente in com-
mercio i vini toscani.
Chic: parola dell'uso familiare, comu-
nissima anche da noi e dirò popolare per
indicare elegaìtxa, finezza, congiunte ad
originalità: « un capello chic, quest'abito
ha dello chic, oh, che chic/ mia moglie
non ha chic. » Il Littré a questa parola
crede trovare 1' etimologia nel tedesco
Schick = attitudine, maniera. Forse, se-
condo altri, da chicane, che vuol dire i
puntigli, i cavilli, le sottigliezze di una
disputa. Notisi ancora come l'Accademia
francese nell'aprile del 1902 registrò, ac-
cettandola, questa voce arbitraria, la quale,,
forse, quando sarà registrata nel gran di-
zionario francese avrà perduto parte del
suo vivo senso.
Chiave (a): si dicono quei romanzi o
drammi, etc, ove si adombra una storia o
fatto accaduto a personaggi vissuti o viventi .
Chicane: cavillo, processo capzioso *?
puntiglioso. Da noi la giMitt* monda uà usa
spesso questa ])(\rola francese per indi-
Chi
92
Chi
«are un puntiglio, un pettegolex,xo^ una
disputa minuziosa ed irosa su di un ar-
:gomento futile.
Chicanes: nel linguaggio dei meccanici
-diconsi certi speciali diaframmi che non
■chiudono del tutto, e sono destinati a pro-
durre moti speciali in una corrente liquida
o gassosa.
Chichinger: V. AloTcekengi.
Chi ci libererà dai Greci e dai Ro-
mani?: V. Qui 'me délivrera des Orecs
et des Romains?
Ciiiesuoia: Y. Cenacolo.
Chifel: panino di lievito, allungato in
punta e foggiato a mezza luna. Voce te-
desca, usata specialmente in Austria:
Kipfel = punta, cima, che tale è la forma
di detto pane. Come introdotto ih Italia?
•I puristi a questa voce fanno viso più
benigno che ad altre parole straniere. Si
sa: i barbarismi usati in Firenze godono
di speciale distinzione. Chifel e chifelle
sono voci registrate dal Petrocchi.
Chiffon: lett. in francese cencio, strac-
cio^ straccetto; poi, come definisce il Littré,
« tutte quelle gale che servono al vestire
muliebre. »
ChifTonnière: mobile elegante, per lo
più alto, a cassettini, per uso di riporvi
veli, fronzoli, gale da signora. Y. la pa-
ròla precedente. La voce nostra è stipo.
In Lombardia chiamiamo, non vezzosa-
mente, ciffone {ciffòn e sci/fon) il como-
dino 0 tavolino da notte.
Chignon : come vocabolo è una semplice
varietà di chainon., da chaìne ziz catena,
•cioè l'estremità o l'anello maggiore della
€olonna o catena vertebrale. Quindi in-
dicò i capelli dell'occipite ripiegati sul
cocuzzolo, nodo. Al tempo di trent'anni
fa, quando costumavano certe piramidali
costruzioni su le teste delle signore, il
fr. chignon e la sua versione cignone
(elegante, vero?) erano frequentissime
voci.
Chilogrammetro: (meccanica): unità
pratica di lavoro, ed è il lavoro occor-
rente per sollevare il peso di un chilo-
grammo all'altezza di un metro.
Chilometraggio : fr. kilométrage. Y. suf-
fisso aggio. In buon italiano percorso
chilometrico.
Chimismo: neoL, dal fr. chimisme: il
complesso di tutti i fenomeni naturali che
hanno la loro spiegazione nei cangiamenti
di composizione secondo le leggi della
chimica.
Chimista per chimico è voce abusiva ed
erronea, foggiata a simiglianza di chimiste
francese.
Chincaglieria: indica in commercio uno
special genere di merci varie e di poco
valore che non sarebbero intese con le
parole i/ninuterie, bagattelle, galanterie.^
cianfrusaglie.^ perciò la parola è da tempo
necessaria, tanto che il Fanfani la nota,
ma non può ripudiarla. Certo è parola di
provenienza francese: quincaillerie e si
introdusse nella favella nostra verso la
fine del '600.
Chiné: part. del verbo chiner (dalla pa-
rola Chine =:= Cina, cioè fare alla maniera
dei cinesi) e dicesi di certe stoffe, come
i taffetà, i cui fili sono variamente colo-
riti : in italiano, screziato.
Chinoa : {Chenopodiuni Quinoa) specie
di Chenopodio coltivato fin da antico nel
Perù. I sémi di questa pianta vengono
mangiati come il riso nel Cile e nel Perù.
Chinoiserie: voce francese che indica
il complesso di oggetti, mobili o bagattelle,
venute dalla Cina o secondo quello stile
lavorate, di moda ne' salotti. Cr. Japo-
naiserie.
Chiodo isterico: (fr. clou hystérique)
dolore vivo, fisso in un dato punto che
gli isterici paragonano alla sensazione di
un chiodo infitto in detto punto.
Chiosco: il Littré spiega questo voca-
bolo kiosque (dal turco kieusik) con la
gentile parola italiana belvedere. Belve-
dere si chiama di fatto un piccolo e adorno
edificio fabbricato su di una altura per
riposo e diletto di bel vedere il paesaggio
circostante; ma non mi pare gran che
dell'uso oggidì se non come voce propria
di qualche amena posizione elevata. Chiosco
è nome in qualche luogo usato per indicare
l'edicola (diminutivo del latino aedes z=i
casa) de' giornali, ma più spesso per certi
edifici di facile e bizzarra struttura nei
giardini, nelle fiere, nelle esposizioni. La
riprova il Fanfani, la registra la maggior
parte dei dizionari.
Chi
93
Ci
Chiromanzia: parola formata di due voci
greche che significano l'arte del predire
la ventura derivandola dalle rughe e dal-
l'aspetto esteriore della palma della mano:
superstizione antichissima, in onore anche
oggidì. 11 Gelli, op. cit., ne tratta am-
piamente.
Ciiiù: voce imitativa dell'assiuolo, cara
al buon poeta G. Pascoli che molto stu-
diò le voci e la vita di queste fra « le più
liete creature del mondo » (Leopardi), da
non confondersi con il grido del cuculo^
eucu.
Chiudere un buco per aprirne un altro:
locuzione nostra che vuol dire pagare un
debito facendone un altro, e anche si dice,
parmi in Toscana, coprire un altare e
scoprirne un altro.
Choc traumatico o operatorio: stato
comatoso in seguito ai grandi traumati-
smi, contrassegnato da stupore senza per-
dita completa della coscienza e da un no-
tevole abbassamento della temperatura.
Cholera o Colera morbus: o asiatico,
voce di dubbia etimologia : male epidemico
dovuto ad uno speciale bacterio patogeno
detto dalla sua forma bacillo virgola.
Questa malattia è caratterizzata da crampi
e da un flusso gastro-intestinale con la
perdita dell'acqua di tutti i tessuti; onde
un turbamento di tutte le funzioni orga-
niche. Cholera nostras., colera nostrano,
malattia sporadica, non epidemica, che ap-
pare talora sul finir della state. Golerina.,
forma attenuata di colera che si osserva
talora nelle epidemie coleriche.
Chope: voce francese... e italiana per
indicare il bicchiere di forma lunga e co-
nica in cui bevesi la birra: capacità circa
di mezzo litro. I/etimologia della parola è
tedesca. Più recente di chope è la parola
boek.
Chou : (in latino caulis., italiano cavolo)
questa parola francese nel linguaggio della
moda vale per traslato ad indicare una
specie di ciuffo, fatto di nastri, gale o
trine, che rende simiglianza della foggia
del cavolo. Ma so la crestaia dicosso alla
dama che sul suo cnpp(^llo sta bene un
cavolo e non un chou., farebbe fuggirò
inorridita l'avventrice.
Choucroute: è la parola francoso, cor-
rispondente alla tedesca sauerkraut, da
sauer = acido e kraut := cavoli (crauti),,
cioè i cavoli cappuccio, tagliati e messi
in salamoia e spediti in lattoni o barili.
La lingua francese accogliendo la parola,
tedesca, la ha corrotta in modo conforme
all'indole propria. Il signor Darchini nel
citato suo dizionario francese italiano (Val-
lardi, 1903) traduce alla brava per sai-
cràutte. Ma non è il sig. Darchini che
traduca arbitrariamente; è il Petrocchi
che registra così questa voce la quale^
come appare, deve aver ottenuto cittadi-
nanza fiorentina.
Christmas-day: la gente mondana so-
stituisce talvolta alla voce antonomastica
e hellissima Natale [dies natalis Ghristi]
la voce inglese anzi detta, e la ragiono
più valida può trovarsi soltanto nella cre-
denza che fra due voci di uguale signi-
ficato, r una italiana 1' altra straniera,
questa abbia in se qualcosa di gentile e
di fine che l'altra non ha.
Christofle: è una lega di rame, zinco-
e nichelio la quale assomiglia all'argento
e serve per fabbricare varie specie di uten-
sili domestici. Il nome è dovuto all'indu-
striale francese, Carlo Christofle, (180r>
1863). In italiano vi corrisponde la parola
argentana o argentano; ma essa non è
molto dell'uso né sempre è registrata.
Ci: è particella pronominale = ^^o«, a
noi. Usata in vece di a lui., a lei., a lorOy
se tollerabile nel linguaggio delle persone
indotte, è disdicevole anche ad ogni fa-
miliare scrittura. Pei grammatici e pei
puristi è giustamente ritenuta errore; non
solo, ma nelle scritturo letterarie è spon-
taneamente forma sfuggita come inelegante
e sciatta anche dai più liberi scrittori, cho
pur abbiano alcun senso del bello. Questo-
idiotismo è tipicamente lombardo, ma non
perciò sconosciuto ad altre regioni d'Italia,
specie in cambio di a loro o loro., nel
qual caso il condannato ci come « la più
sguaiata, la più esosa, la più antipatica
forma » (Petrocchi) potrebbe trovare qual-
che difensore. Ecco un es. del Manzoni,
P. S., cap. ultimo: «i guai vengono-
spesso perchè ci si è dato cagiono ». Si
usa ci per gli, le., loro quando o* è a
può sottintendersi con lui, con lei, con
Gì
94 -
Già
loro. Es. con lei non ci parlo. Si po-
trebbe tuttavia obbiettare che in tal caso
questo ci è un pleonasmo. Vero è che la
forma letteraria loro^ a loro è lunga e
greve e nelF uso familiare vi supplisce
il ci e, meglio, il gli, che è d'uso toscano,
V. Gli.
Ci e chi, gi e ghi: suffissi dei plurali
dei nomi della seconda declinazione in co
•e go al singolare. Ogni grammatica dà sue
norme per la formazione di questi plurali:
il vero è che norme sicurissime mancano;
e talora sì la forma gutturale dolce come
l'altra forte hanno giusta ragione di essere.
E non solo nel popolo v'è incertezza nella
formazione di questi plurali, come in sel-
latici e salvatichi., greci e grechi., porci
« por chi., ma gli stessi autori classici coi
loro esempi ci danno documento di tale
incertezza. In questo lessico sono, volta
a volta, notati quei nomi dove l'uso,
mal sicuro, ha bisogno del conforto de'
buoni esempi letterari. Il sig. F. Pa-
;stonchi di tale questione fece argomento
per uno scritto in giornale politico {Cor-
riere della Sera^ 4 gennaio 1903) il che
per la singolarità del caso, cioè darsi in
Italia importanza ad una questione gram-
maticale, torna ad onore e di chi scrisse
•e del giornale. Ma mentre trovo ragione-
vole la conclusione : « essere dovere ac-
«ettare dall'uso quei plurali già foggiati
per non intralciar di più dubbi il nostro
linguaggio », non così è buona l'altra con-
clusione nei casi dubbi: « il nostro orec-
ohio sarà il nostro unico regolatore, nella
mancanza d'una legge fissa. La sola ar-
monia saprà essere l'unico e indefinibile
limite alla nostra libertà. » Cotesto è, per
lo meno, un eccessivo attestato di fiducia
nel senso estetico e fonico del publico.
Cia e già: desinenze non accentate dei
nomi come provincia., guancia^ quercia.,
fascia., pioggia., focaccia., socia, etc. al
plurale si mutano in ce e in eie., in gè
■e gie. Si mutano in ce e in gè., cioè per-
dono la «, quando la e o la ^ sono prece-
dute da consonante onde spiagge., lance.,
fasce., guance^ cacce., pance., sagge^ bocce:
conservano invece la *, quando sono pre-
cedute da vocale, onde socie^ règie., fal-
lacie.^ acacie., audacie., camicie., egre-
gie., etc. Però non solo non mancano ec-
cezioni come provincia che fa provincie,
ma nell'uso si scrive talora pioggie^ pan-
eie^ quercie., lande., focaccie., benché la
e e la ^r siano precedute da consonante.
Ci affo : cencio cosa di poco valore, nel
dialetto marchigiano.
Ciana: voce prettamente dialettale fio-
rentina, che i dizionari registrano in o-
maggio a quel dialetto: dicesi di donna
volgare e pettegola: risponde press' a poco
al milanese xabetta.
Cianfrinare: una delle non poche voci
deformi, provenutaci da lingue straniere
e, per fortuna, limitate a speciali lin-
guaggi: questa, all'industria meccanica
de' calderai, e significa comprimere, acce-
care i lembi delle lamiere de' serbatoi o
caldaie affinchè vi sia una buona tenuta,
cioè che i liquidi contenuti non trovino
alcun passaggio o fuga. Fr. chanfreiner.
I meccanici usano anche le voci cianfri-
natura = ricalz amento degli orli deUe
lamiere e delle teste dei chiodi, fatta col
cianfrino = bulino.
Cianósi: termine medico, derivato dal
greco ktanos z= azzurro oscuro^ ed in-
dica quel colore pavonazzo, violaceo, che
assume la pelle in certi stati gravi di al-
cune malattie, e proviene da intossica-
mento del sangue.
Ciao: per addio è voce dell'Alta Italia
(piemontese cerea) e pur nota e usata
anche in altre regioni. Pare corrotta da
schiavo, davo suo = servitor suo, davo
obbligato (Cherubini, voc. milanese) Ciao
è anche voce usata in Lombardia come
esclamazione di chi si rassegna a cosa
fatta e che pur dispiaccia.
Ciaramella: nel dialetto napoletano in-
dica la piva con cui rustici suonatori in
certi loro antichi vestiti vanno per le case
sul mezzodì suonando la novena dell'Im-
macolata e del Natale. È l'antica voce
né già con sì diversa cennamella
cavalier vidi mover ne pedoni,
né nave a segno di terra o di stella
Dante, Inf. XXII
cennamella diminutivo e corruzione di
càlamus = canna.
Cicca o cica: moxxicone., avanzo di
eie
— 95 -
Gin
sigaro^ pur voce toscana: nel dialetto lom-
bardo e altrove ciccare (cieca) tnasticare
tabacco; e forse per estensione (che colui
il quale cicca^ mastica) rodersi per dispetto
«d invidia, ma dicesi familiarmente, quasi
puerilmente, e di cose da poco.
Cicchetto : voce volgare del dialetto lom-
bardo, cicchetta passata poi nell' uso per
indicare volgarmente un bicchierino, spe-
cie di liquore dozzinale come grappa, mi-
strà e simili : der. cicchettare.
Cicero prò domo sua: Cicerone per
la sua casa: orazione da Cicerone te-
nuta al collegio dei Pontefici per richie-
dere l'area e il danaro col quale rico-
struire una casa, incendiata durante l' esi-
gilo. Dicesi di chiunque direttamente od
indirettamente perora in causa propria.
Ciclismo: parola derivata come ciclista
dal greco ìcyklos = circolo. Tutto ciò che
si riferisce agli esercizi con la bicicletta
ha nome di ciclismo (fr. cyclisme).
Ciclista: parola non solo usata ma ne-
cessaria e significa velocipedista. Ne il
Petrocchi né il Melzi la notano. Proba-
bilmente è voce d' importazione francese :
4ìycliste.
Ciclone: per turbine o tifone è da ri-
prendersi come vogliono i puristi? Fosse
anche tale (cfr. cyclone^ francese), oramai
la voce è entrata nell'uso e registrata per
indicare uno speciale turbine amplissimo,
roteatorio, vorticoso (greco kiklos z=z cer-
chio), e terribile con forte depressione
barometrica al centro verso cui i venti
spirano. Capisco, turbine = ciclone e Dante
scrisse :
come la rena quando a turbo spira.
Yero è che le parole non tanto valgono
secondo il loro intrinseco valore, quanto
secondo il valore dato loro dall'uso.
Cid Campeador: sopranome dell'eroe
guerriero nazionale della Spagna, come
Orlando fu delia Francia: argomento di
canti popolari (il Poema del Cid, sec. XII;
i Romanzi del Cid, sec. XVI). Il nome
fu Rodrigo Diaz de Bivar, nato a Burgos,
circa il 1040. Oid proviene dall'arabo o
significa Signore. Qui il nomo storico è
registrato perchè talora occorro nell'uso
come voce antonomastica.
Ciflis: in italiano è far cecca o cilecca.,
in francese rater. Es. son fusil a rate.
Da dove può esser derivata questa parola
ciflis? Forse come suono onomatopeico
delle polvere che brucia e non produce
lo scoppio dell'arma? Certo essa è voce
del gergo, usata in alcune regioni nel
giuoco del bigliardo quando non si coglie
la palla e in altre operazioni dell'uomo,
quando non si riesce nell'intento.
Cif. : sigla commerciale inglese, usata
anche presso di noi specialmente nel com-
mercio marittimo e significa j3rex;^o di nolo
e di assicurazione {costinsurancefreight).
Clfosi : termine medico : curvatura anor-
male della spina dorsale, all'indietro, cioè
di cui la convessità è posteriore : dal gr.
nvcpcùOig = gibbosità.
Cimba: (lat. cymba., gr. bimbe) bar-
chetta, navicella. Una delle tante voci an-
tiquate, che risorgono ogni tanto per breve
tempo e per vezzo di qualche scrittore.
Perpetuo quindi un gemito vagava
su la tristezza di Padusa immota
ne le fosche acque. I liguri selvaggi
spingean le cimbe.
G. Carducci, Alla città di Ferrara.
Cimbro: nome aggiunto ad alcuni dia-
letti tedeschi, parlati nelle provincie di
Vicenza, Belluno, Udine (sette comuni
d'Asiago) e così detti perchè, secondo la
opinione popolare, quelle famiglie (poco
più del migliaio) deriverebbero da quei
Cimbri che furono vinti da Mario.
Ciminiera: brutta parola invece di ca-
mino., ma usata parlandosi dei camini delle
navi a vapore: e pur usata dai costrut-
tori di macchine per indicare in ispecie
i camini fatti di lamiera. Probabilmente è
la parola francese cheminée., fatta italiana.
Cinedo : V. Appendice.
Cinegètica: neologismo che significa
r arte del bracchiere o del cacciatore ed equi-
vale a caccia. Cinegètico.^ ^EE-t dotto di
cosa attinente alla caccia. La parola è greca
e M\iÀ(ìh.ì^m\mkineghetike (daA;m =: cane),
ma a noi probabilmente provenne por ef-
fetto della lingua francese: cynégétique.
Cinematografo: V. Kinetoscopio.
Cinesiterapia o Kinesiterapìa (fr. cìné-
sithérapie) : voce medica dal gr. kinesis
= moto e therapeia iiz cura : sotto questo
Gin
96
Gir
nome si designano tutti i modi di cura
che, agiscono sull'organismo mercè il mo-
vimento, sia esso attivo o passivo come
elettricità, massaggio, ginnastica, etc.
Cinètico: (neol. dal verbo greco hinèo
= muovere) aggettivo dato a tutte le con-
siderazioni e gli studi che hanno per base
e per iscopo il moto: Es. energia cine-
tica^ cioè l'energia che è raccolta in una
massa per effetto del suo moto.
Ciniglia: V. chenille.
Cinque-terre: nomo di vino ligure (Sar-
zana) spiritoso, color giallo dorato, aro-
matico, di gradita dolcezza: così detto
dalla località.
Cinismo, cinico, cinicamente: cinico
nel senso filosofico è voce antichissima e
classica e fa detta di quei fi.losofi. greci
che seguirono Antistene e ripone\ano il
bene e la virtù nella indipendenza dalle
cose esteriori, quindi nel dispregio delle
convenienze e dei riguardi umani, onde
il nome di cagneschi = cinici dato a tali
filosofi. I francesi alla voce cynique die-
dero l'estensione di inverecondo^ impu-
dente^ sfrontato^ sguaiato, e in tale senso
noi usiamo spesso la voce cinico e i suoi
derivati. Per queste ragioni spiace ai pu-
risti (Tommaseo, Fanfani, etc). Trova un
difensore nel Eigutini che vi contrappone
la voce stoico^ usata spesso per impas-
sibile^ ed accolta come buona e registrata.
Ma senza dilungarmi a dimostrare come
il confronto con stoico sia più specioso
che reale, io dico che si può difendere
ed usare ogni parola: certo è che cini-
smo^ usato indifferentemente per impu-
denxa^ etc. è francesismo, e, come molti
barbarismi non necessari, viene a togliere
uso e vivezza ad altre parole italiane.
Cinto di castità: barbaro e ridicolo istru-
mento imposto nell'evo medio dai mariti
alle mogli per impedire che nella loro
assenza altri seminasse nel campo altrui.
Ciocca: una delle tantissime voci dia-
lettali per indicare la sbornia: questa è
parola lombarda e assai volgare e plebea,
onde ciòcch = ubriaco, che dicesi anche
in Eomagna.
Ciocciaro: nome dato ai villani della
campagna romana (Velletri, Fresinone) e
così detti dalle docce, calzare fatto di sem-
plice dado di cuoio, ripiegato sul piede
e fisso alla gamba con corregge.
Ciompo : voce storica che vale scar-
dassatore di lana^ plebeo^ in Firenze
(1340 ed oltre) : dicesi talora per da poco j
sciatto, vile ed è voce registrata, benché
oggi parmi rara : più viva forse nella lo-
cuzione tuìindto de' Ciompi^ riferita con
senso di spregio e traslato a movimenti
e tumulti del tempo presente. Ciompo^
dal fr. compar^ nella frase compar al-
lois à boiser; o dal ted. rjumft o xumpft
= corporazione di arti e mestieri, regola?
Ciosciammocca (Don Felice): nome di
maschera napoletana, moderna, figlia dei
tempi. Pulcinella, Arlecchino, Brighella,
etc, sono figli di plebe: Giosciammocca
è borghese : è un galantuomo (Y. questa
voce), cioè un signore, ha studiato, ha
tutti i suoi diritti, mette becco da per
tutto: ma è invariabilmente grullo, come
pettegolo, vano, presuntuoso. Edoardo Scar-
petta incarnò stupendamente questo tipo
vero e napoletano. La voce ha acquistata
valore estensivo e perciò è notata in que-.
sto lessico.
Circolare: per istruzione è parola ri-
provata dai puristi, non in sé (cfr. pa-
storale^ patente^ credenziale, cui si sot-
tintende la parola lettera, etc) ma perchè
di provenienza francese: circulaire =:
lettre adressée à plusieurs personnes pour
le mème sujet. Il Viani ed il Eigutini la
difendono, e noi senza ripetere le ragioni
degli uni e degli altri, osserveremo ch&
l'uso ha sancito tale vocabolo e cjie in-
fine si tratta di quei gallicismi che, data
la grandissima affinità delle due lingue,
non è agevole determinare: facile invece
cadere nelle sottigliezze e nelle pedan-
terie. Gonsimili osservazioni si possone
fare quanto al verbo circolare. Il danaro
circola, una petizione circola, la gente
deve circolare, etc. Il modo è comune e
comodo: la provenienza, evidentemente,
francese, circuler: risponde infatti alla
felice disposizione di questa lingua di adat- ■
tare un solo vocabolo a molti sensi. Il
Petrocchi accetta tale neologismo senza
alcuna nota.
Circonvoluzioni cerebrali: sono rilievi
digitiformi, serpeggianti, che presenta la.
97
Civ
suporficio del cervello. L'antropologia ìn-
-ogna, che quanto più elevata è la razza,
tanto più perfetta e più ricca di circon-
voluzioni ò la superficie cerebrale.
Circostanza : (lat. cireum stantia =
cose che stanno attorno), per ricorrenxa^
occasione, congiuntìira, condixione^ tem-
j>o, avvenimento è voce riprovata dai pu-
risti come francesismo: circostance = cer-
taine particularité qui accompagne un
fait; conjoneture, situation des ckoses.
Es. les circonstances soni graves. V. ciò
che è detto alla voce circolare. Il Eigu-
tini propende a sostenere tale neologismo.
Circostanziare : fr. circonstancier z=
exposer, préciser avee ses circonstances.
Es. circonstancier un fait. Così in fran-
cese, e così noi. Il verbo è registrato dal
Petrocchi = dire., riferire minutamente un
fatto. Qui alcuno può dire: se accettate
la voce circostanza., perchè ricusare o
trovare inelegante circostanziare e « quasi
]ìiostruoso » (Rigutini) circostanziata-
ut e?ite? La obbiezione sarebbe logica se
non si pensasse che vi sono delle ragioni
di armonia e di suono che in una favella
artistica come è l'italiana, hanno più va-
lore che gli indotti non credano.
Circostanziatamente: V. circostanziare.
Ci rivedremo a Filippi: così il fanta-
sma in pallida figura umana dice a Bruto
minore « sono, o Bruto, il tuo cattivo
gonio. Mi rivedrai a Filippi !» E a Filippi
Bruto fu vinto, come è noto. Y. Plutarco,
Vita di O. Cesare., 69. § Eipetesi il motto
l)er minaccia e talora per celia.
Cirrosi: da x^ÙÙ^S) rosso; indica una
iperplasia di alcuni organi, specie del fe-
gato, avente per carattere la prolifera-
zione del tessuto congiuntivo secondo certi
caratteri anatomici e fisiologici; onde ri-
sulta alterata la funzione dell'organo.
Cista: nel giuoco del Macao dicesi
quando le due carte, sommate, fanno dieci,
cioè zero. Vedi Macao.
Cisti: gr. nvOTig = vescica: in medi-
cina significa una produzione patologica
formata da una cavità che non comunica
con l'esterno e contiene una sostanza li-
• Hiida, molle o raramente solida; e le cui
pareti non hanno rapporti vascolari col
contenuto. | Cisti idatica: cisti più o
A. Fanzini, Svpplemento ai DixUmarì italiani
meno voluminosa che di solito si sviluppa
nel fegato e forma un idàtide, che è lo
stato larvale ovesciculare dell'echinococco,
quale si trova nell'uomo. | Cisti sebacea:
lat. sehum = sego, grasso: tumore for-
mato da un sacco sviluppatosi a spesa di
una glandola sebacea e riempita di cel-
lule epidermiche e di materia grassa.
Cisticèrco: dal gr. cistis = vescica e
kerkos = coda : nome dato alle tenie (ver-
me solitario, taenia soliuni) durante lo
stadio della loro evoluzione che succede
aUo stadio di larva. Questo periodo è ca-
ratterizzato da una vescicula caudale che
si sviluppa poi nel corpo dell'uomo.
Citazione: l'atto giudiziario che l'u-
sciere, a richiesta di una parte (attore),
notifica all'altra parte (convenuto) per ini-
ziare una lite. I romani la chiamavano
libello.
City: si usa questa parola inglese (lat.
civitas = città) per indicare il principale
quartiere di Londra, sede del Municipio
{Mansion House) e del Podestà {Lord
Major): esso ha speciali, antichi privi-
legi, cosa propria di quella nazione in
cui la tradizione ed il nuovo felicemente
si accordano ed evolvono armonicamente.
Quivi sono i grandi uffici ove converge e
pulsa la vita commerciale del mondo.
Ciuccio: voce napoletana che vuol dire
asino., diminutivo ciucciariello: ciuco.
Ciuffolotto : {Pyrrhula europaea)., uc-
cello affino al frosone, di forma tozza, col
becco nero, corto e grosso e le piume in-
feriormente di color rosso carmino. E detto
anche Monachino.
Ciurlare nel manico: è locuzione fami-
liare toscana, passata alle altre regioni,
per indicare con speciale significato per-
sona su cui non si può far assegnamento,
che manca di parola, etc. ciurlare vale
tentennare^ e la locuzione paro tolta dagli
arnesi che bene non si possono usare,
avendo il manico non saldo.
Clvanzo: usasi questa parola talvolta
per indicare gli utili provenienti da un
bilancio; talvolta per indicare i residui
dogli utili non distribuiti e senza desti-
nazione. Più usata è la parola avanzo.
Clvet: parola francese che vuol dire in-
tingolo., cibreo., ed è usata da noi talora
Civ
98 —
Gli
nella locuzione: « por fare un civet di
lepre ci vuol la lepre. » Cwet è da cive
0 civette^ latino eaepa = cipolla, la quale
ha gran parte in simili opere culinarie.
Civilizzare e civilizzazione: ripetono la
loro origine dal francese civilise?' e civi-
lisation. In italiano si dirà incwilire e
incwiiimento . Ma nell'uso le due prime
parole prevalgono tanto che sono regi-
strate anche in alcuni dizionari. Il Pe-
trocchi, per scrupolo di coscienza, vi ag-
giunge « più comunemente incivilire » ed
è proprio il contrario! Ironia del decoro!
La Crusca registra il verbo e l'aggettivo.
Clairière: (da clair^ fr. chiaro, latino
elarus) spazio spoglio di alberi, radura,
pratello in una foresta. Nel linguaggio
figurato sta per oasi^ passo^ luogo dove
si tira il flato^ si respira.
Claque: parola francese di molto uso
che significa soprascarpa., ed ha l'ufficio
di riparare la scarpa dall'acqua e il piede
dall'umidità. Vedi galoche. L' etimologia
è da claquer^ verbo onomatopeico, battere.,
far rumore.
Claque sost. fem. e Claqueur: vocaboli
del linguaggio teatrale assai noti, ed in-
dicano quelle camorre che applaudono per
convenuto patto e compenso o fischiano
se non sono pagate per applaudire : gioia
e martirio di maestri di musica e di can-
tanti. Costume e voce di origine francese;
per l'etimologia V. il precedente vocabolo.
Clan: parola dell'antica lingua gallica
0 celtica, parlata un tempo nella Gallia
e nella Britannia, di cui oggi restano ve-
stigia in Iscozia, nel paese detto appunto
di Galles, e nella Bassa Bretagna. Claiì
z:z: figli., famiglia., cioè trìhù., formata da
un certo numero di famiglie, rette da co-
stumi determinati e aventi un capo ere-
ditario in una delle famiglie piìi cospicue.
Nella Scozia tutti i componenti di una
tribù premettevano al nome proprio il
prefisso Mac =: figlio, onde Mac-Donald,
Mac-Kenzie, etc. La modernità penetrando
tra i montanari scozzesi (Highlanders) e
specialmente l'opera del governo inglese
dopo le ribellioni di que' popoli, durate
dal 1715 al 1745, hanno tolto ogni va-
lore a codesta primitiva istituzione sociale.
V. highlanders.
Claudite jam rivos, pueri, sat prata
liberunt: lett. « chiudete i rivi, o gio-
vani, i prati bevvero assai. » Dicesi in
senso figurato per significare essersi di
alcuna questione trattato a bastanza, esser
tempo di finirla. (Yergilio, Egloga III, 75).
Claustrofobia: una delle tante fobie
studiate dai medici e dagli alienisti. Con
questa parola (da claustrum =: luogo chiu-
so, cfr. chiostro) si vuole indicare quel-
l'angoscia che certi neuropatici provano
nel trovarsi in luoghi chiusi : in treno, ad
esempio.
Cleptòmane: Y. Cleptomanìa.
Cleptomania: neologismo scientifico (dal
gr. clepto = rubo e mania). Indica una
morbosa tendenza che taluni uomini e
donne, anche ricchi, hanno di sottrarre
oggetti che specialmente colpiscano la
.loro avidità e desiderio. Intendesi più come
malattia che come colpa. Notasi infatti in
molti casi di pazzia. Derivato cleptòmane.
Clerici vagantes: lat., appellativo dato
ai Goliardi. V. Questa voce.
Cliché: termine del linguaggio degli
stampatori con il quale si designa solita-
mente una zincotlpia, montata su legno :
il disegno vi è in lievissimo rilievo e si
stampa insieme ai caratteri. La calco-
grafia invece ha il disegno incavato nella
lastra, stampasi a parte, più lentamente
e lasciando più perfetta iniagine e tipica
impronta di sé. Cliché è voce fr., da cli-
cher = a cliquer. Più generalmente per
cliché intendesi ogni determinata impron-
ta di stampa, come la stereotipia. Con
questa parola francese è pur chiamata la
prova negativa nell'arte fotografica. Di-
cesi pure cliché in senso figurato, es.
« è sempre lo stesso cliché » per signifi-
care la stessa cosa modellata su lo stesso
stampo, il motivo obbligato che si ripete
a termine fisso. Voce di grande uso e ne-
cessaria, quindi vana fatica sostituirvi pa-
rola italiana.
Climax: dal greco klimax =z scala. È
figura retorica che in italiano chiamasi
gradazione. La parola è usata anche nel
linguaggio musicale.
Clinico: greco kline == letto, aggiunto
dell'arte medica quale suole impartirsi al
letto dell'infermo. Onde Clinica l'ospitale
rvi
Coc
annesso alle facoltà mediche ove è im-
partito l'insegnamento presso il letto dei
ricoverati. Usasi sostantivamente per in-
dicare un medico perito noli' insegnare e
noi curaro praticamente.
Clìpeo: latinismo:
qual nome di vittorioso
capitano sul cMpeo scrivendo ?
(Carducci, Alla Vittoria^ Odi Barbare).
Clipeo : latino clipetis e clipeum =: scudo
rotondo di metallo, proprio de' soldati
romani.
Clipper: parola inglese, significa una
nave a vela di forte tonnellaggio, buona ca-
niinatrice, usata ne' lunghi viaggi. Questa
])arola c'è anche in francese. Clipper dal
verbo io clip = tagliare, dunque uguale
a cutter ^- nave che taglia, fende le acque.
Cloròsi: gr. cloròs = verde, ter. med.,
sinonimo di anemia. Malattia caratteriz-
zata dalla mancanza dei globuli rossi e,
come sintomo, dal colore giallo verdolino
della pelle e dal pallore delle mucose. Si
nota pili spesso nelle donne al tempo della
])ubertà: morbo virgineo.
Clou rz chiodo: neologismo francese per
indicare il colmo., il bello di qualche
cosa: così il c/om dell'Esposizione, \\ clou
dello spettacolo, etc. Anche in questo caso
il tradurre motto a motto è impresa oziosa:
vi corrispondono molti e vari modi no-
vstrani da usarsi secondo i vari signi-
ficati. Come molte voci del gergo francese,
/- parola di vita labile ed incerta.
Clown : voce inglese, pronunciasi claon
e vuol dire rustico.^ rozzo., goffo ^ poi in-
dicò colui che con artificiosa goti'aggine fa
ridere il publico. E il nostro pagliaccio.
Ma anche qui v' è la solita distinzione :
il pagliaccio è da fiera e da piazza: il
clown da circo e da scena. Un acrobata
di merito sarà un clown cioè quasi un
artista e reputerà impropria ed oflonsiva
la voce pagliaccio. Anche nel senso tra-
shito clown è parola prevalente. Lo stesso
< ';iiduoci nello suo fioro e fulminee prose
polemiche non ha disdegnato tale voce.
V^. (>a Ira^ in Confessioni e Battaglie:
Club: voco inglese di uso internazio-
11 ilio. Circolo 0 Casino la possono com-
piutamente sostituire. Nel i)oj)olo è ancora
in uso la voce stanza., nel senso di riu-
nione. La voce chib è così invalsa che
nell'uso volgare se ne è fatto anche il di-
minutivo clubino. Questa voce in fran-
cese, e così presso di noi, è pur anche
anglicamente pronunciata in kloh o Jdeub,
i quali suoni ofi'endono i puristi di quella
lingua pur avendo nazionalizzato la voce.
In tedesco la voce verein predomina in
voce di club.
Co e go. Per il plurale dei nomi con
tale desinenza, V. al § ci e chi^ etc.
Coalizione: è parola oramai consacrata
dall'uso e dalla storia per significare la
lega di piii Stati contro un altro : certo
è d' importazione francese coalition , e
« inutile gallicismo » lo dice il Eigutini.
Lo stesso dicasi del verbo coalizzarsi ,
se coaliser. La parola nostra è lega. Così
diciamo, ad es., Lega di Cambrai^ che fu
proprio ciò che ora diremmo coalizione.
Coalizzarsi: fr. se coaliser. Y. Coa-
lizione.
Cob : voce inglese che significa un pic-
colo cavallo, ma di statura alquanto mag-
giore di un poney : dicesi specialmente di
poliedro non domato.
Coboldo : dal tedesco Kobold, genio delle
leggende tedesche, tra il folletto ed il sa-
tiro. Per l'etim. V. Kluge, op. cit.
Cobra capello o Cobra di capello o
de cabello: è il più terribile serpente ve-
lenoso dell'India e di buona parte del-
l'Asia meridionale. E detto pure Naia
dagli occhiali o Serpente dagli occhiali
(nome scientifico Naja, tripudians). E
animale sacro nell'India, dove esiste an-
che una casta d'incantatori di Cobra. La
lunghezza del serpente varia tra 1 metro
e 40 cm. e 1 metro e 80 cm.
Cocainismo. V. Morfinismo.
Coccarda: voce internazionale, di pro-
venienza frano, cocarde, da coq z=: gallo,
cioè gala simile alla cresta del gallo.
Ancienne tnent, dico lo Scholer, le mot
ne designait pas un insigne porte au
chapeaii., mais un bonnet porte coqnet-
teinent sur un còte de la tele. In italiiuio
rosetta., che si peno al cappello o all' oo-
chiollo. Dicovasi anche il brigidtno por
simiglianza a certi fiocchi di pasta, fatti
da ])rima dalle monache di tì. Brigida
Coc
100
Cod
ili Pistoia. Coccarda è parola radicata
nell'uso e registrata nei lessici e dalla
Crusca con esempio del Papi. La usò
il Bresciani ed il Giusti nel Brindisi di
Girella. È una delle molte voci francesi,
venuta con la Rivoluzione e Napoleone.
E lo mio amore se n' è ito a Siena :
Portommi il brigidin de' tre colori.
Dall' Òngako.
Cocarcle è vocabolo penetrato pur nella
lingua tedesca.
Cocco : specie di palma americana che
produce noci grosse come poponi, le quali
quando son fresche contengono un liquido
dolce e rinfrescante; secche, una sostanza
bianca e solidificata che mangiasi come
mandorle, e se ne fanno anche bibite. Col
guscio si lavorano vasi, coppe, etc.
Cochon : voce francese da coche^ italiano
cocca^ cioè il taglio che si fa a detto
animale per castrarlo. Anche questa pa-
rola talvolta occorre, giacche dire porco
in certi casi metaforici e specialissimi è
sgradevole e volgare, e cochon invece
può suonar amabile, quasi un faceto rim-
provero. Voce del gergo in tale senso,
cochon = hoììime depravò.
CoCàI : n. volgare su l'Adriatico del più
comune dei gabbiani., cioè il Laro deri-
sore (Lariis ridibundtis)., ottimo volatore
sopra il mare e sopra i grandi corsi e ba-
cini d'acqua continentali. S'intrattiene da
noi, dove raramente nidifica, per lo più
dall'agosto all'aprile. — Cocàl è sinonimo
d' uomo magrissimo, come pure d' uomo
stupido, forse per l'immobilità della posa
del gabbiano e per la sua abitudine di
portare indietro e in basso il collo e la
testa, forse anche perchè pessimo a man-
giarsi, cibandosi di pesci. Del resto an-.
che la voce toscana e italiana rispondente
a cocàl^ gabbiano (lat. gavia^ onde gavia-
nus) vale babbeo., stupido. E il giavàn
milanese, che abbia la stessa origine?
NB. Non confondasi, come spesso avvie-
ne, gabbiano con alcione. Alcione è uno
dei tanti nomi deWAlcedo ispida., detto,
fra altro, Martin pescatore. Uccello Salita
Maria., Piombino., Uccello del ghiaccio.
E verde e azzurro superiormente, rosso
bruno inferiormente. Bell' uccello, dal
becco lungo e dalla coda breve, che s'in-
trattiene lungo i corsi d'acqua, le paludi,
le maremme, nutrendosi di pesci, d' in-
setti acquatici e di vermi. È comune e
stazionario in Italia.
Cocktail : così è chiamata una bibita
americana, fatta di brandy o gin mesco-
lato con zucchero ed acqua.
Coccio : bimbo^ caro., cocco., cucco, nel
dialetto veneziano, onde il verbo cocolàr.
Cocomero : {cocitmer) in Lombardia non
significa il frutto che toscanamente dicesi
con tal nome e in Lombardia, Emilia,
Romagna, anguria., bensì il cetriolo.
Cocorita: corruzione della parola ar-
gentino-spagnuola cotorrita., piccolo pap-
pagallo : verde chiaro, più piccino di una
tortora. Si distinguono tre specie di pap-
pagalli secondo bellezza e grandezza, pap-
pagallo., loro., cotorrita.
Cocu: variazione della voce francese
coucou; latino cuculus r:i cuculo. Per
antifrasi questo nome è applicato al ma-
rito che ha donna infedele, per la ragione
che ci riferisce uno scoliasta antico [Acrone,
scoi, ad Hor. ' Sat. VI, 7] Cuculus avis
hoc vitio naturali laborat., ut ova ubi
Ijosuerit oblila., saepe aliena calefaciat.
Lo Scheler però propose più acuta eti-
mologia, da coq = gallo, gelosissimo ani-
male. C'est par une mètaphore analogue
tirée d'un animai tout aussi ardent et
jaloux que le coq que l'on a quali fié le
mari trompé de cornard ou porte-cornes .
Codeina: è un alcaloide dell'oppio:
calmante nervoso, molto usato per la
tosse.
Codice: libro manoscritto, ma propria-
mente diconsi Codici i manoscritti an-
tichi, i quali sono o sopra carta pecora,
0 carta bambagina ; onde si dicono o co-
dici membranacei., o codici cartacei.
Codificazione: parola registrata e san-
cita dall'uso: indica l'atto dell'inscrivere
alcuna legge nel codice. Il conio della
parola, nota secondo verità il Fanfani. è
francese. Code = codice^ quindi codifi-
cation. In italiano è codice^ quindi sa-
rebbe codicificaxione., brutta parola senza
dubbio e che nessuno si sogna di usare.
Dunque codificazione., notando che quando
non si crea del proprio, bisogna accet-
tai-e le parole necessarie quali gli altri
( 'od
101 —
Cok
|M>})(»li olio creano ce le danno, conformi
<> difformi che siano all'indole della no-
stra lingua. È l'antica legge del Brenne
gallico. Così dicasi del verbo codificare^
tv. codi fi er. 11 Rigutini propone ridurre
in codice. E chi l'usa comunemente?
Codino: dalla costumanza che aveano
-:li uomini prima della Rivoluzione fran-
cese di portare i capelli o la perrucca
terminante in coda, così codini /urono
chiamati coloro che erano favorevoli alle
antiche forme sociali e politiche: in senso
l)iù ampio oggi significa retrogrado., rea-
zionario., 0, piuttosto, avverso e sospet-
toso delle innovazioni che le democrazie
introducono. Per la etimologia storica
della parola, ricordo che nella terribile
reazione sanfedista del 1799 in Napoli, i
liberali giacobini per isfuggire all'eccidio
de' Borboni, si adattavano una coda po-
sticcia, ed allora fra la plebe feroce ebbe
voga questo ritornello:
Vuoi conoscer il Giacobino?
E tu tirali il codino.
Se la coda ti viene in mano,
Questo è vero republicano.
Codino (arrosto di): così chiamano in
Lombardia quella parte della culatta del
vitello, eccellente per fare arrosto, che è
presso la coda {rost de covin).
Coffa: termine dialettale, comune sul
litorale genovese ed altrove : è una specie
di cesto di cui si servono i facchini del
porto pel carico e scarico delle navi.
Coffa deriva dal latino cophinus^ gr. kó-
(pivog^ fr. coffre. it. cofano, cioè cesto,
paniere.
Coffa: ter. mar., specie di piccola piat-
taforma semicircolare, fissata in alto fra
le congiunture dogli alberi delle navi: serve
a dar quartiere alle sartie delle vele (gabbie)
0 per comodo del marinaio che monta ar-
riva. Nelle odierne navi da guerra serve
per adattarvi artiglierie leggiere. Per l'e-
timologia, V. la voce precedente, essondo
la stessa parola, giacché su le antiche navi
ponevasi, per vedetta e manovro, una
coffa 0 cesta su gli albori. V. Guglielmotti.
Cogito, ergo sum : penso, perciò esisto:
frase fondamentale ed assiomatica del fi-
losofo francese Renato Descartes (Cartesio)
|»(M' la (|uaIo afferma ]'osist(Miza dal fatto
sicuro del pensiero. (V. Principes Philos^ I,
7 e 10) Cfr. Cicerone: Vivere est cogi- .
tare {Tuscul. cap. Y. § 38) Cfr. S. Ago-
stino {Soliloqiiia., li, 1): « Tu che vuoi
sapore chi sei, sai se tu esisti? Lo so.
Da che lo deduci? Non lo so. Sai di es-
sere semplice o molteplice? Non lo so.
Sai di muoverti? Non lo so. Sai di pen-
sare? Lo so. Adunqiie è cosa reale che
tu pensi. »
Cognac: nomo dell'acquavite fine fran-
cese, così chiamata dalla città di Cognac.
Cognizione: nella frase ^re^zrfere cogni-
%ione è linguaggio degli uffici, tolto dal
francese prendre connaissance. In buona
lingua informarsi., esaminare., rendersi
conto.
Cognome: quanto al modo arbitrario
di collocare nome e cognome, V. sotto la
voce Articolo.
Cògoma, còcouma o cùccuma: termine
dialettale e familiare, il primo piiì spe-
cialmente lombardo, il secondo della media
Italia, per indicare il piccolo recipiente
di rame o di latta di forma oliare, manico
ad ansa nel quale scaldasi l'acqua per
fare specialmente il caffè. In Toscana
bricco.
Coherer: nome verbale inglese che vuol
dire coerente : indica un apparecchio spe-
ciale, inventato dal Lodge. Esso è co-
stituito da un tubetto di vetro cui fanno
capo due fili, due reofori, g tra questi
sono posti alcuni granuli di limatura di
nichelio, d'argento o d'altro metallo diffi-
cilmente ossidabile. La limatura metallica
anzidetta, nelle ordinarie sue condizioni,
non lascia passare la corrente elettrica, ma
appena un'onda elettrica viene ad inve-
stire la limatura, questa — (iome per in-
canto — diventa buona conduttrice della
elettricità. Basta scuotere leggermente il
tubetto perchè la limatura perda la sua
virtù 0 la corrente non possa più passare.
Il coherer è uno degli apparecchi di cui
si vale la radiotelegrafia por ricovero di-
spacci. Etim., dal lat. coheì'ere.
Colce: parola originaria inglese, d'uso
jìoi universale: ÌJidica il carbone fossile
<iuale risulta dalla sua distillazione, eii>ò
dopo aver perduto le sue sostanze tluidi>
<> gassose. Non ard(^ clic in masse coin-
Coi
— 102
Col
])atte. Avviso per chi accende la stufa!
Arso^ se non erro, lo chiamò quel sicuro
intelletto, italiano del Cattaneo. Ora coke
ò dell'uso; solo sarebbe desiderabile che vi
fosse più uniformità nella grafia della parola.
Coibente: dal lat. cohìbeo =z impedisco.
Così è detta la materia che impedisce il
passaggio nel suo interno di alcune for-
me delle energie rispetto alle quali è coi-
bente^ cioè impermeabile.
Coiffeur: parrucchiere; ma nelle inse-
gne, specie dei negozi di un certo lusso
e pretesa, la scritta porta di solito questa
voce francese. Il dialetto lombardo con-
serva la voce parrucchiere, perucchée, per
barbiere. Usata pure è la voce coiffure
per indicare la pettinatura e l'abbiglia-
mento del capo. Per l'etimologia, coiffure
è da coiffe = cuffia o scuffia^ lat. cofea.
Cold-cream: crema fredda^ ed è un
unguento medicamentoso per la pelle, fatto
di cera, spermaceti, etc, che si profuma
variamente: tale unguento conserva ge-
neralmente il nome inglese.
Colerina: Y. Cholera.
Colla: sotto questa voce si richiamano
i vari casi delle preposizioni m, su^ tra^
per congiunte all'articolo: sul quale ar-
gomento osserveremo le cose seguenti:
anzi tutto le grammatiche non ci danno
leggi costanti e sicure, appunto perchè
costante e sicuro non è l'uso. Ad ogni modo
si vuole avvertire che in questa complicata
e contradditoria questione ortografica mol-
to dipende dal buon senso più che dalla
regola; così pur scrivendo per ragione di
facilità grafica, come taluni fanno, articolo
e congiunzione congiunti [colla ^ pella^
nella, etc.) non si pronunciano certo
congiunti, ma bensì come fossero scritti
staccati [con la, per la, 7ie la). La que-
stione dell'omonimia è più nella figura
grafica che nel suono, dal quale ci ritrae
e l'orecchio e l'antico uso popolare che
stacca preposizione da articolo : stacca
anzi a tal punto da conservare gli antichi
e poetici suoni di in la, in lo. Ad ogni
modo certo è secondo uso comune che
se con di, a, da si congiunge l'articolo
e si scrive del, al, dal, etc, con le pre-
posizioni con, su, in, per si tende ad
evitare la congiunzione (almeno così fanno
quelli che portano amore allo scrivere) in
tutti quei casi in cui la già accennata
omonimia del segno grafico può dispia-
cere: e perciò colla e collo sono meno
comuni di con lo e con la, invece con il
e con i sono meno comuni di col e coi
appunto perchè in coi e col l'omonimia
pare minore. Contraddizione senza dubbio
che sarebbe desiderabile che non ci fosse,
giacche scrivendo con lo , converrebbe
scrivere anche con i. Altre strane irre-
golarità dell'uso: per il e per i, invece
sono più comuni, almeno parmi, di jjel e
pei. Nei e negli sono molto più comuni
che ne i, ne gli, e così nello e nella,
forse perchè quel in mutato in ne e la-
sciato solo, non piace. I poeti e gii esteti,
specie quelli che vogliono con alcuni segni
e voci preziose far parer preziosa tutta la
merce avariata della loro arte, tendono a
rinnovare l'antica forma dello scrivere
staccato (e fra i primi e più autorevoli
ne diede esempio, in rima, il Carducci)
onde scrivesi de 'l zn del, a 'l = ah de
lo = dello, ne la = nella, etc. . modo
perfetto ma che non potrà mai attecchire
per la difficoltà grafica e il gran sciupio
di tempo. Infine notiamo come alcuni
scrittori volendo seguire coi segni la pro-
nuncia toscana, invece di dei, ai, dai,
coi, etc, adottano costantemente la forma
apostrofata de' , a', da', co' etc, il che mi
ha sapore di artificio come tutte le esa-
gerate e pedisseque imitazioni delle forme
toscane. Tra e fra raramente si fondono
con l'articolo {trai, traile). V'è in questo
caso, per così dire , fra articolo e pre-
posizione meno parentela che con le anzi
dette preposizioni.
Collage: propriamente è l'azione del-
l'incollare (coller) quindi liaison difficile
à rompre. Vocabolo del gergo francese
per significare quell'unione e convivenza
dell'uomo e della donna non consentita
né consacrata dalla legge e dal rito, ma che
spesso tiene le veci deirunione matrimo-
niale.
Collant: fr. aderente, parlandosi di abiti
e in certo linguaggio elegante è parola
che occorre talvolta. E attillato? è voce
letteraria di troppo?
Collapso 0 collasso: hit. collapsus =
Col
103
Col
caduta. Termine medico che indica un
lapido diminuire delle forze, con rallen-
tamento dello funzioni cardiache e cere-
brali, con un complesso sintomatico come
diminuzione della temperatura, del polso,
della respirazione, etc.
Collettivizzazione: fra i neologismi abu-
sivi 0 di mal suono va notata questa
voce. Es. « E la lotta politica ed econo-
mica di classe sarà fino a tanto che la
collettivixxaxione dei mezzi di produzione
toglierà la bastiglia che mette in antago-
nismo gli interessi della classe capitalista
0 quelli della classe proletaria. » Nei di-
zionari francesi trovo collcetivisme soltanto
per indicare quella teoria sociale che vuole
soppressa la proprietà individuale a be-
neficio della società e dello Stato.
Collier: nome maschile francese, dal
latino collum = collo. La gente mondana
antepone l'uso della voce francese alla
natia parola collana.
Collo: in inglese coil, in francese colis :
termine generico, usatissimo in commer-
cio per indicare specialmente le unità di
mercanzia: balla, fardello. Voce di Crusca
derivata da collo, quasi peso che si regge
sul collo.
Collo: voce comunemente usata invece
di goletto., colletto., solino. È appunto il
fiancose col :=:i partie de la chemise qui
entoure le cou.
Collo torto : bacchettone., ipocrita., così
familiarmente detti dal costume che ta-
luno di costoro ha di tener obliqua la te-
sta, quasi per compunzione, né fissare nel
volto. Voce di Crusca con esempio del
Boccaccio, Amor. Vis. 14.
Colmo: dicesi per significare il sommo,
assurdo od illogico di qualche azione o
opinione. Es. il colmo dell' imbecillità.,
il colmo dell' avarizia. Colmi si chia-
mano certe freddure o bisticci che erano
in uso pe' giornali qualche tempo fa. Es.
il colmo deir abilità ? Invitare vno a
pranxo (cioè avvitare).
Colombi (i duo) : dicesi familiarmente e
spesso per colia di coppia amorosa, specie
so colta in flagrante. Evidente metafora,
tolta dal modo amoroso con cui i colombi
si vagheggiano.
Colombi (Mar(^h(»so): personaggio comico
divenuto presso che popolare; ed è crea-
zione di Paolo Ferrari nella sua miglior
commedia : La satira e Parini. Nome
talora usato per antonomasia. Tolse il
Ferrari questo suo tipo, ineffabilmente
stupido e bonario, pieno di sciocche ar-
gutezze e di melense osservazioni, da due
personaggi vivi cui il genio artistico fuse,
l'uno il prof. Marchi, direttore del Con-
vitto legale dell'università di Modena e
professore di Pandette in quell'Ateneo,
l'altro certo Filippo Chelussi, pisano.
Colon : dal greco colon i= mutilato ,
reciso: parte dell'intestino che segue al-
l'intestino detto cieco, insino al retto (ter.
anat.).
Colorista: detto di pittore che sente e
rendo con forza il colore, che eccelle per
la potenza della tavolozza, come i Vene-
ziani e i Fiamminghi, è voce buona e di
Crusca. Se poi colorista è uguale a co-
loriste., francese, la colpa è (io credo)
della simiglianza delle due favelle.
Colossale: « fr. colossal da colosso =r:
statua d'altezza e grossezza superiore alle
forme umane comuni, vale grande come
un colosso; onde ha del ciarlatanesco ri-
ferito a cose piccole, eccedenti la solita
misura, per es. a 7ìaso., il quale potrà
essere soltanto grande., grosso., maestoso
0 anche, dantescamente, maschio. — Lo
stesso va detto di piramidale. » Così il
dott. A. Allan nella sua Teorica di fran-
cesismi.! Milano, Trevisini, 1901. Certo
è uno degli infiniti esempi delle voci usate
iperbolicamente alla maniera francese. Ac-
cettare tale uso non vuol dire negare la
verità e la giustezza della osservazione
del purista.
Colpo di fuoco: fr. coup de feu: arsione
delle lamiere delle caldaie quando manca
l'acqua: voce de' meccanici.
Colpo di Stato: è il frane, coup d'État,
ma chi potrebbe respingere questo galli-
cismo? Colpo di Stato è nomo nuovo di
cosa antichissima, indica cioè il passag-
gio violento e per sorpresa dalla forma
popolare alla forma oligarchica od auto-
cratica: al quale spedionte, ad os., ricor-
sero il primo 0 il terzo Napoleone. Farsi
signore è il modo nostro, ovvero pigliarsi
la signoria, farsi tiranno, ma sono lo-
Col
— 104
Com
dizioni a cui non risponde un' idea con-
creta € nota come a colpo di Sfato. Di-
cosi' anche colpo di Stato di quell'espe-
diente estremo, quasi sempre violento, a
cui un governo ricorre quando i mezzi
legali gii sembrano insufficienti.
Colpo d'occhio: locuzione difesa dal
Gherardini che la fece derivare dal latino
ietti oculi, e dal Viani ; ripresa dal Fan-
fani ed Arila. Certo è locuzione dell'uso
e come tale rimane. Giustizia vuole però
che se ne riconosca la provenienza fran-
cese. Coup d'oeil risponde di fatto a quel-
l'attitudine del francese di rinforzare con
una locuzione incisiva e metaforica ciò
che noi esprimeremmo in modo più sem-
plice e piano. Lo stesso dicasi delle lo-
cuzioni colpo di testa, colpo di mano^
a colpo sicuro (coup de tète^ coup de
main, à coup sur) le quali sono si en-
trate nell'uso da non poterne fare a meno.
Il Eigutini suggerisce fatto ardito di guer-
ra, assalto improvviso^ atto testardo^ te-
stardaggine, alla sicura: ma sono modi
fiacchi, non immediati, non bene corrispon-
denti.
Colposo: voce dei legali: differisce da
colpevole in quanto che colposo esclude
r intenzione e la premeditazione. Dicesi
soltanto del delitto non dell'autore.
Coltellacci: ter. mar.; vele lunghe e
strette che si possono spiegare al di qua
0 al di là delle vele quadre, sopra pic-
coli pennoni che sporgono in fuori, detti
buttafuori.
Coma: voce medica, dal gr, coiviào ==
dormo. Stato morboso, determinato da un
assopimento profondo con perdita parziale
0 totale dell' intelligenza e della sensibi-
lità, pur conservando le funzioni del re-
spiro e della circolazione. Derivato co-
'ìn atoso.
Combattività: dal fr. comhativitè.
Cometa: voce regionale romagnola per
significare quell'ingegnoso e notissimo tra-
stullo che con più preciso e puro voca-
bolo toscano dicesi aquilone e con voce
tolta dal frane, cervo volante icerf -volani).
Comfort: voce inglese, entrata nell'uso
e tradotta spesso in conforti o conforto,
che per noi ha valore morale. Comfort in-
dica quel complesso di agiatezze, infor-
mate non tanto al fasto ed al bello quanto
alla pratica e all' uso, e sopratutto al-
l'igiene, traendo profitto di ogni progresso
meccanico e scientifico. Il comfort fa sì
che tutta la casa soggiaccia come una
docile macchina ai bisogni più raffinati
dell'uomo. Di questa scienza della casa
gii inglesi furono maestri e con essa pro-
venne il vocabolo. L'indole nostra ci por-
terebbe piuttosto alla pompa esteriore.
"^Comodo è la voce nostra che più diret-
tamente vi potrebbe rispondere, non agia-
texxa., delixia., delicatezza., addobbi co-
me consiglia il Fanfani, voci buone e
belle nell'uso letterario, ma inadatte nel-
l'uso pratico per cui si richiede un vo-
cabolo unico e nettamente inteso dall'u-
niversale. In tedesco v'è l'agg. gemilthlich,
che ha più tosto senso morale e si dice
di persona che si trova ad agio, di luogo
geniale, caro, ove ci si sta bene. Infine,
i francesi dicono che il comfort inglese
non è che una restituzione di un voca-
bolo loro.
Comitale: aggettivo di conte (latino
Comes., comitis = compagno, indi comi-
talis). Es. corona comitale^ palazzo co-
mitale.
Comitato i^Qv commissione., cioè consi-
glio di persone a cui è affidata l'autorità
di discutere, sorvegliare, dirigere, etc.^
checchessia, spiace ai puristi perchè neolo-
gismo tolto dal francese comité. I francesi
tolsero la parola dagli inglesi, commitee,
i quali alla lor volta la subirono dal la-
tino, deviandone alquanto il senso. In
latino, infatti, comitatus vuol dire schiera,
compagnia., e così dicasi di comitato nella
lingua italiana antica. I lessici registrano
il nuovo senso della parola. La diiferenza
tra commissione e comitato non è facile;
ma nell'uso si avvertono fra le due pa-
role certe sottili differenze per cui a volta
si adopera 1' uno o 1' altro vocabolo. Es.
comitato elettorale e commissione esa-
minatrice.
Comitissa: lat., contessa.
Comitragedia: tragedia da ridere o com-
media da piangere, e dicesi piuttosto ri-
ferendosi a fatti della vita ohe a rappre-
sentazioni teatrali.
Command: voce non letteraria usata
Coni
— 105
Con
dagli inglesi per indicare un reparto o
di visiono di milizie, speciali o coloniali.
Tali erano le divisioni tattiche delle eroi-
che genti Boero. Command: a body of
froops^ or any naval or military force
under the eonimand of a particolar of-
flcer.
Gomme il faut: a dovere^ a modo^ per
bene, etc. Locuzione francese antica e
così comune che quasi si può dire popo-
lare fra noi sin nella umile borghesia.
Commode per cassettone^ cantarale,
Cantarano è voce comune. Più comune
ancora e quasi esclusiva nell'uso, comò,
che non è in francese.
Commodoro: voce inglese {Commodore)
registrata anche nei dizionari francesi.
Ufficiale di marina, che, senza essere am-
miraglio, ha il comando indipendente di
una squadra navale. CoTnmodore. quasi
commandeur o, secondo altri, dallo spag.
comendador.
Commoner : ingl., membro della Ca-
mera dei Comuni, parlamentare diremmo
noi dei nostri.
Commonwealth: ingl. res publica: spe-
cialmente intondesi il governo che durò
in Inghilterra dalla morte di Carlo I, 1649,
alla abdicazione di Riccardo Cromwell,
1659. Republica^ federaxionerepublicana.
Comò: dal francese commode. V. que^
sta parola.
Compagnia della Lesina: V. La Com-
p a (fili a., etc.
Compagno: nome che fra di loro si
danno gli inscritti al partito socialista.
Per gli avversari compagno è voce spesso
u«ata con senso spregiativo e sarcastico.
Così i carbonari, cosi gli inscritti alla
Giovane Italia si denominavano fra di
loi'o col nomo di fratelli.
Compagnonaggio : fr. compaynonnage:
associazione tra operai della stossa arte
allo s(^oi)o di prestarsi sussidio e conforto.
Compendio: nel gergo forense significa
risultante e dicesi in alcune locuzioni,
come ad os. due anelli di compendio del
furto.
Compound: {composita) voce inglese,
(lotta sp(!oialmenté di motrici a vapore a
più cilindri, nei quali il vapore passa
succossivainento compiendovi a gradi la
sua espansione totale. Si adopera anche
per certe dinamo elettriche. La parola
equivalente composita non è accettata dai
pratici. Minor fortuna ancora ha avuto
l'espressione: macchina a doppia espan-
sione.
Complottare: fr. comploter. V. Com-
plotto.
Complotto: e parola tolta di sana pianta
dal francese complot. A noi non mancano
secondo i casi le parole: trama., cospi-
razione., congiura.^ intrigo., tuttavia la
la voce francese è assai dell'uso. « Sconcio
gallicismo » la dice il Rigutini. È il so-
lito caso: l'italiano ha dei sinonimi di non
facile uso; il francese ha la voce unica
e facile.
Compteur: così francesemente si chiama
quella specie di orologio o contatore che
serve a misurare il consumo del gas. In
Italia (o meglio a Milano) pronunciano
conteur che vuol dire novellatore.
Comptoir: voce francese, dal lat. com-
putatoriiini. Indica il banco sul quale il
mercante conta e custodisce il denaro ed
espone la merce. Voce usata promiscua-
mente in vece di banco.
Compulsare: per consultare., ricercare,
è il fr. compulser: voce non rara fra i
nostri studiosi ed eruditi. Nel senso an-
tico curiale di citare (dal lat. cum e peì-
lere) è verbo registrato dalla Crusca.
Concertstiick: voce tedesca del linguag-
I gio musicale. SìgnifÌGa, pe^ixo da concerto.
j Concertista: chi suona o canta da solo
1 in un concerto. Intendesi di artista di
i molta perizia e che ben sa rendere i grandi
autori nella loro vera espressione.
> Conoierge: è proprio il portinaio., voce
derivata molto probabilmente da un con-
servtus nella bassa latinità. Ma negli al-
berghi di gran lusso, il ])ortinaio porta
scritto sopra l'aureo gallone del berretto
che gli nobilita il capo, concierge o non
portinaio. Ecco: la ragione ohe negli al-
berghi si adotti la lingua più in uso pei-
necessità di commercio, non mi soddista
compiutamente. Ragione più vera è (que-
sta, che ricorroià molto volto nel corso
di questo lavoro, che cioè di duo voci
uguali, <iuella straniera ha seuvso nobil(\
la nostrana senso vile. Per chi tuttavia
Con
— 106
Con
volesse obbiettare che portinaio equivale
a p.ortier che è meno dignitoso di con-
cierge, rispondiamo che ciò può valere a
Parigi non in Italia. V. Suisse.
Conci : più comune che al singolare con-
cio : è termine architettonico ; significa i
letti 0 facce delle pietre lavorate con
qualche finezza onde facciano buona com-
mettitura. La Crusca e il Petrocchi no-
tano questa fra le voci fuor d'uso. Certo
è dell'uso, se non comune, tecnico.
Concio: per concime, letame^ stabbio^
benché notata nei Lessici e nella Crusca,
parmi oggi, nelF uso, voce specialmente
regionale toscana al modo stesso di sugo
e sughi.
Conclusionale: parola del gergo forense
italiano: è quella scrittura definitiva che
laccoglie la storia della causa, riassume
i motivi che sorreggono le ragioni di una
parte e si chiude con le conclusioni, cioè
con le domande specifiche mosse da una
delle parti al giudice.
Condor : specie di grande avvoltoio del-
l'America meridionale (Ande) dal volo al-
tissimo: il maschio ha sul vertice una
cresta carnosa {Sarcorhamphus gryph).
Conferenza: voce antica che indica una
nuova forma letterai'ia di cui pare 1' età
nostra goda ed abbisogni. Consiste, come
è noto, nel ti'attare piacevolmente (se si
può) di svariati argomenti, artistici, scien-
tifici, filosofici, ecc. Modo facile e mon-
dano di acquistare nozioni e coltura. Der.
conferenziere. \ Conferenza.^ nel linguag-
gio forense significa il conferire di un av-
vocato col cliente intorno ad un determi-
nato affare : usasi specialmente nel Veneto:
in altre regioni d' Italia dicesi congresso.
Se di più persone e alquanto prolungata
dicesi sessione., e se lieve o occasionale
intervista. La conferenza preludia al con-
snlto 0 consultazione., cioè parere legale.
Conferenza dell'Aia: a cui intervennero
(1899) i rappresentanti, diplomatici e fi-
losofi, di vent̀|uattro governi del mondo,
compresa la Cina : il progi'amma di questa
conferenza fu di studiare e seguire la
proposta dello Tzar di Eussia, discutendo
sui modi onde effettuare il disarmo e la
pace tra le nazioni. Conseguenza del con-
gresso fu la Corte permanente d'arbi-
trato internazionale che risiede all'Aia.
V. Pascoli, Poemetti, Il pastore dell'Arar.
Confessionale: dicesi di opinioni o isti-
tuzioni che abbiano attinenza con alcuna
fede 0 confessione religiosa: dal fr. eon-
fessioìial. Neol. dell'uso, non accolto né
pur dal Petrocchi.
Confezionare: V. Confezione.
Confezione : voce registi-ata dal Petroc-
chi nel Diz. universale come popolare per
dire fattura d'abiti o d'altro. È il fran-
cese confection. In tale uso comune sta
appunto il gallicismo. La parola in sé è
italiana od ottima (lat. confectionem da
cum e facerè) ma in altro senso; cioè
nel senso antico di conserva^ giulebbe,
composizione medicinale. Es. « Il ciocco-
latto è una mistura o confezione fatta di
vari ingredienti, tra i quali tengon il
maggior luogo il cacao abbronzato ed il
zucchero » (Vedi Annot. Ditir). Insomma
ha perduto l'antico senso italiano, ed ac-
quistato il nuovo francese. « Sconcio gal-
licismo » lo chiama il Eigutini e così di-
casi del YQvho confezionare. Vero è che
il determinare i gradi di sconcezza delle
parole e delle locuzioni straniere che in sì
gran numero entrano nella nostra favella,
mi pare infelice e disperata impresa.
Confidente: eufemismo del linguaggio
poliziesco per indicare la sjìia.
Confìteor: lat. confesso., nome di pre-
ghiera che si recita al principio della
messa : dire o recitare il confiteor vale
familiarmente pentirsi, incolpare sé di
malo avvenuto.
Conflagrazione: neologismo dal latino
conflagratio che significa incendio. Nel
senso figurato di scontro., scoppio di osti-
lità fra nazioni e popoli, certo a noi pro-
venne dal francese conflagration.
Confusionismo: uno de' tanti neologi-
smi ed astratti in ismo., che include mal
senso di eccesso.
Congiuntivo: § 1 usato in vece del con-
dizionale. In alcuni dialetti e in alcune
prose letterarie talora è usato il congiun-
tivo in vece del condizionale e ciò, forse,
per effetto di antico idiotismo toscano.
Non mancano esempi classici e di autori
eccellenti. « Chi sa che tu pure inasprito
dall'avversa fortuna non ti fossi lasciato
Con
107 —
Con
andare ad eccessi ancor peggiori dei pri-
mi? » (V. Monti). « Non v' è anima viva
che per esser chiamato Gino Capponi non
si accomodasse a brancolar come lui. »
(G. Giusti). «E pensavano che se il po-
tessero uccidere la cosa fosse spenta. »
(Cavalca). « Se io avessi trovato i fuoru-
sciti di quell'animo e di quella prontezza
che ei dovevano essere, nessuno negherà
che la cosa non fosse successa appunto
coni' io m'ero immaginato. » (Lorenzino
de' Medici, Apologia). « Se il Leopardi
avesse progredito a studiar la questione,
non è improbabile che fosse arrivato an-
che lui all'unica conclusione logica e pos-
sibile » nella prefazione di L. Morandi
premessa all'opera del Bonghi: Perchè la
leti, ital.., ecc. Talora avviene di usare il
condizionale per il congiuntivo. Es. Man-
zoni, P. S. al cap. Ili, seconda ediz.,
« M'ha detto che cercassi di affrettar le
nozze il più che potessi »; mentre diceva
nella prima edizione « il più che potrei. »
§ 2. Riguardo al congiuntivo noteremo
come i dialetti, specie quelli dell'Italia
meridionale, non usino di solito il con-
giuntivo. Così i Napoletani, anche colti,
nel formare la protasi del periodo ipote-
tico, usano l'imperfetto indicativo invece
dell' imperfetto e più che perfetto con-
giuntivo : Es. se io sapeva., per se io sa-
pessi. § 3. Yuolsi inoltre avvertire come
dopo le particelle se, ove., come, quando^
etc, le quali reggono sempre una propo-
sizione dipendente, sia bene usare l' indi-
cativo quando si affermi o nieghi asso-
lutamente, e il congiuntivo ove abbiasi
ad esprimere un giudizio non positivo,
una cognizione soltanto probabile o dub-
biosa; di che un bellissimo esempio offre
Bante nelle parole : Io no?i so ehi tu sii.,
né per che modo venuto se' quagyiii;
dove sii è congiuntivo, perchè ohi parla
ignora assolutamente la persona che gli
sta innanzi: se", indicativo, perchè, seb-
bene ignori la circostanza del come, gli
è noto però il i)iù, che la persona a cui
volge (|uello. parole è quivi discesa.
Congresso carnale: V. Appendice.
Connotati : da con e notati, in voce di
coìitrassc-yiti, faite7,xe [alle futtexxe conte
dico Dante) è voce registrata e d<?iruso,
specie per indicare que' contrassegni fisici
che nei passaporti servono a determinare
una data persona. La Crusca ha fatto be-
nissimo a registrare, pur senza esempi,
tale parola. Ma a mio avviso ha torto
il Rigutini a dar torto al Fanfani che tal
voce riprende.
Come per acque limpide e tranquille,
non si profonde che i fondi sian persi
tornan de' nostri visi le postille,
Dante, Par. III.
Molte volte è un senso estetico delle pa-
role e dei suoni che fa sì che un dato
vocabolo ci stuoni in nobile prosa.
Console: come termine architettonico è
d'uso ancora la nostra parola mensola,
ma per esprimere quel mobile elegante
sul quale si posano vasi, bronzi, etc,
essa cede il posto alla voce console, che
è anche nei diz. inglesi. La etimologia di
console è incerta.
Consommé: V. Consume.
Consumazione: per indicare generica-
mente ciò che si consuma in un caffè,
cioè una bibita, è parola più che buona
come origine e come forma, soltanto che
la nuova estensione alla parola consuma-
xione non la demmo noi, ma la subimmo
dai francesi : consommation. Solito caso.
Consumè: (fr. Consommé, participio
passato del verbo consommer, latino con-
sumere) risponde a quello che da noi si
dice « brodo ristretto o brodo consumato »
come scrive lo Scappi, illustre cuoco del
'500. A ragione osserva il Rigutini non
essere improbabile che i francesi abbiano
tolto il vocabolo dall' italiano. Di consu-
mato non mancano ottimi esempi, citati
dalla Crusca. Vero è che consumato è
vocabolo fuor dell'uso, mentre usatissimo
è consommé o la forma ibrida consumè,
specie nelle trattorie per indicai-e sempli-
cemente il « brodo », spesso tutt' altro cln^
ristretto per l'ebollizione.
Constatare: nella lingua comune è verbo
di grande uso, a cui si dà il senso di
jìrovare con certezza o documento. Sembra
più efiicaco e preciso dei sinonimi stabi-
lire, appurare, verificare, notare, etc.
Ricorda il francese constater = établìr la
verité d'un fait, latino constare. I dizio-
nari in g(Mu>r(^ non lo n^gistrano.
Con
— 108 —
Con
Constatazione: V^. Constatare (fr. con-
Matation). Voce usatissima.
Contabile: per computista^ ragioniere
è neologismo derivato dal francese comp-
table = qui est ehargé des eomptes. Lo
stesso dicasi di contabilità {comptabi-
lité) per computisteria.
Contàgg: letteralmente contagio ed è
esclamazione del dialetto piemontese, ed
appartiene al novero di quelle poche pa-
role che dair antico esercito piemontese
si sono poi estese nell'uso della milizia
italiana.
Contare SU di uno: per fidarsi^ fare as-
segnamento, ricorda il francese compier
sur quelqu'un. Così i puristi chiamano
gallicismo il verbo contare per ho in
mente, mi propongo, disegno. Certo è
che a volere togliere tutti i modi di pro-
venienza vera o supposta francese non si
saprebbe più come parlare.
Contatto : nel senso non materiale ma
morale di mcinanxa.^ relazione, amicizia^
rapporti., etc, è riprovato dai puristi
come gallicismo. Lo registra la Crusca.
Contemplare: nel linguaggio avvocatesco
e degli uffici questo verbo è usato nel
senso di indicare., determinare^ conside-
rare., stabilire, designare, prevedere^ com-
prendere. Por es. il codice contempla il
caso etc, questa spesa non è contem-
plata. L'uso di tale verbo in questo senso
è riprovato dai puristi. Lo registra la
Crusca. « Caso serio, figliuolo, caso con-
templato! » dice il dottor Azzeccagarbugli
a Renzo.
Contempo: per nel tempo stesso, frat-
tanto^ è detta dal Eigutini « voce ridi-
cola ». Il Petrocchi nel Diz. scolastico non
la registra, benché dell'uso. Certo è però
che lo spiegare in che cosa consiste il
ridicolo di una parola non è cosa facile.
Contenance : voce fr., abusivamente
usata in certo linguaggio elegante e mon-
dano in vece di contegno.
Conto corrente: se fra due persone v' è
rapporto di dare e di avere, esiste un
conto; ma se questi rapporti sono molti
e reciproci, allora dicesi conto corrente.
Conto aperto dicesi quando si aggiungono
sempre nuove partite di debito e credito:
diccsi anche in senso figurato e morale.
Conto reso : come saggio della servilo
imitazione del francese, ricordo la parola,
già usata, conto reso invece di resoconto
0 rendiconto {compie rendu). La stoltezza
di certe parole è tanta che esse cadono
da se.
Contralbero: (meccanica) albero casse
che ricevo il moto da un secondo per tra-
smetterlo ad un terzo.
Contraria contrari is curentur: prin-
cipio della medicina allopatica (Y. Allo-
patia), come similia similibus curentur
è canone della medicina omeopatica. Dot-
trina già enunciata da Ippocrate nel Trat-
tato IleQl TÒ7T0JV r(x)v uarà àvdQOjrov.
da Tomm. Erastus {Disputai, et epist.
medicae^ Tiguri, 1595); da Samuele
Hahnemann (1755-1843) Organon der
Heilkunt.
Centra vìm mortis non est medicamen
in hortis: sentenza della scuola medica
salernitana : « contro la forza della morte
non v'è rimedio negli orti».
Contribuire: (lat. cum e iribuere =
dare) nel senso di giovare., conferire., coo-
perare è riprovato come gallicismo {con-
iribuer). Contribuire dovrebbesi usare
solo detto del denaro e simili. Sia pure :
ma si tratta di uno di quei tanti galli-
cismi così penetrati nell'uso che. oramai
pili non si avvertono ne meno dai gram-
matici. Si noti infine che con la parola
contribuire in senso morale, non sem})re
si intende di una cooperazione benefica,
e allora come vi starebbero conferire e
giovar e"^
Contributo: nella locuzione mettere a
contributo.^ in luogo di mettere a profìtto
secondo i puristi è il francese — meitre
à contribution. Così dicasi di contributo
nel senso astratto di incremento., giova-
mento., uiile. V. ciò che è detto al vo-
cabolo precedente.
Controcorrente: corrente elettrica di
senso contrario ad un'altra, percorrente
il medesimo circuito.
Controllare, controllo e controllore:
evidentemente sono neologismi derivati
dal francese controler., controle., contrò-
leur., e come tali li riprendono i puristi.
Le nostre voci sono verificare^ riscon-
trare., sindacare., revisione^ riscontro., ve-
( "oh
109
Cop
n'/leatore, secondo i casi; ma il vero è
che cotesti neologismi sono così entrati
noli' uso da non potersi più espellere,
si)ecio nel linguaggio tecnico e degli uf-
lici. È il solito caso della voce unica più
agevole dei sinonimi.
Contro natura (vizi): V. Appendice.
Contr'ora o controra: voce comune nel-
ritalia meridionale, dal tocco alle ore
([uattro pomeridiane in cui si chiuderò
alcuni negozi e si va a riposare =::: siesta.
Quieseendo et sedendo anima effleitur
sìapiens : risposta che Belacqua fa a Dante
o par tuttora saviezza italica. V. Bolce
far niente. Leggi anche i proemi ammi-
revoli delle Giornate del Decameron ove
descrivesi il molle costume de' giovani e
delle donzelle di riposare dopo il pasto del
mezzodì.
Controranda: piccola vela triangolare
la quale, quando e buon tempo e vento
propizio, si alza sopra la randa alla estre-
mità dell'albero, specialmente di certe na-
vicelle veloci usate comunemente per ge-
niali diporti marinareschi.
Controruota: nel ling. mar., pezzo di
costruzione messo a rinforzo di ciascuna
ruota di poppa e di prora.
Controtorpediniera: = cacciatorpedi-
niera. V. Destroyer.
Controvapore (dare il...): azione del va-
pore contrario airazione normale, onde
contrasta il moto avviato fungendo da freno
ed an-estando il movimento. Si adopera,
ad esempio, nei treni per fermarli sul
posto. Dicesi anche in senso traslato e
lìiorale.
Contumaciale: si dice di una lite de-
cisa in contumacia del convenuto., e anche
dell'a^/ore; cioè di una delle parti. Più
frequente è la contumacia del convenuto,
e si verifica quando colui che è chiamato
in giudizio non comparisce nò si fa rap-
presentare.
Convegno : per ritrovo dai puristi è voce
riprovata perchè deriva dallo spagnuolo
convenio (lat. cum e venire r:: venire in-
sieme). La registra la Crusca. Convegno
sembra avere in so alcun scmso di gra-
vità 0 solennità.
Convenuto: termine forense; è la per-
sona chiamata diiWattore con citazione in
giudizio. I vecchi giuristi dicevano reo
convenuto.
Converter: voce inglese che vuol dire
convertitore., ed è vocabolo generico di
tutti gli apparecchi il cui ufficio è di con-
vei-tire, nella maggior parte dei casi, una
energia dà una forma in un'altra. Voce
usata specialmente dagli elettro-tecnic
per apparecchi che convertono due energie
elettriche l'una nell'altra.
Convogliare: brutta parola usata spesso
in idraulica invece avviare le acque., in-
canalare.
Coolle : facchino, servo., portatore ci-
nese.
Copèck 0 Kopèck: nome di moneta russa
del valore di circa due centesimi e mezzo,
cioè la centesima parte del rublo.
Coperto : fr. couvert. « Pranxo di cin-
quanta coperti. Stando al valore che qui
ha il francese — couvert — , noi dovremmo
dire tovagliolo., perchè con esso copresi
il piatto, la posata, ecc., nell'apparecchio
della tavola. Ma se non piacesse il dire
Pranzo di cinquanta tovaglioli^ potremmo
dire di cinquanta posate o alla men trista
di cinquanta coperte: ma non mai co-
perto. » Così il Eigatini, il cui ragiona-
mento fila benissimo, ma non toglierà per
questo alla lingua italiana l'uso della pa-
rola coperto., ancor che né bello né buono.
Del resto v'è posata o servito^ voce dal
Petrocchi registrata nella lingua fuori del-
l'uso, detta di pietanza, che si potrebbe
adattare a questo significato. I tedeschi
usano questa voce francese couvert tra-
ducendola nella lor lingua in gedeck i^
coperto.
Copiglia : dal francese goupille (lat. ck-
picula., dim. di cuspis z=z punta?) bietta
0 spina a due zanche divergenti per ac-
coppiare.
Copione: nel linguaggio teatrale la copia
del di'amma in cui sono le vario parti-
zioni.
Coppa di Francia, o Coupé de Franco :
nome di premio delle gare nautiche (yach-
ting)., proposto da alcuni amatori francesi
nel 1890. La prima coppa fu eseguita con
la somma di L. (3000 ed offerta da un
Kothschild.
Coppo : voce regionale romagnola por
€op
110
Cor
tegola : in Toscana coppo è il vaso oliare
di cj'eta, ove l'iponesi l'olio, che in Ro-
magna, appunto, si dice latinamente olla.
Copricapo: questo neologismo inelegante,
non registrato nei lessici, è usatissimo in
vece della parola generica cappello. Deve
provenire dal couvre-chef francese.
Coprire: le locuzioni coprire un ìif~
fido., una cattedra., coprire le spese etc,
invece di tenere una cattedra, rifarsi
delle spese etc, sono modi cori-enti, ri-
provati dai puristi. Coprire nel linguaggio
delle corse ha il senso di percorrere.
Es. : furono coperti cinquanta chilometri
in un'ora: dicendo percorsi.^ o percorsi
di volo ti daresti a conoscere per ine-
sperto di tali nobili giuochi.
Coprirsi : nel linguaggio parlamentare
indica l'atto con cui il Presidente della Ca-
mera pigliando proprio cappello e insieme
il cappello toglie la seduta della Camera,
quando più non regge a dominare l'assem-
blea : cosa che in Italia avviene spesso e
spesso ri devolm ente. Questo neologismo del
linguaggio politico ci proviene probabil-
mente dal francese se couvrir, mettersi
il cappello 0 coprirsi come diciamo più
di sovente. Es. Si copra.
Coque (uova à la): cioè cotte nel loro
guscio, così da sorbirle. Uova da bere
scrive lo Scappi, cuoco benemerito dello
stomaco di sua Santità Pio V e uova da
bere si dice da molti nell'uso volgare.
Predominante però, specie negli alberghi,
è sempre la locuzione uova à la coque.,
che è diventata d'uso popolare e che può
spingersi anche a uova alla coca. La mo-
glie del cuoco non ci ha però nulla a ve-
dere col nome coque., che si riannoda in-
vece al greco uày^r], cfr. conchiglia., cioè
guscio.
Coqueluclie : parola francese , talora
usata nel ceto mondano, per dire ciò che
noi denominiamo tosse canina o ferina.,
malattia epidemica, contagiosa specie fra
i bambini, che si manifesta con accessi
di tosse convulsa, divisi da respirazione
lunga, penosa e come a sibilo. Coqueluche
deriva da coqueluchon., cappuccio con cui
si coprivano gli infermi. •
Coquet, coquette, coquetterie: voci fran-
cesi (radice coq =: gallo) per civettuolo,
galante., galanteria, non ci sono ignote.
Il Fanfani, condannando la parola cochet-
teria, ci fa capire che tale brutto neol. ò
usato anche in Toscana.
Coramella : striscia di cuoio usata dai
barbieri per afhlare i rasoi.
Corazzata: agg. sost. detto di nave da
guerra fornita di corazza. Le prime navi
corazzate apparvero al tempo della guerra
di Crimea, 1855, dove fecero così meravi-
gliosa prova resistendo ai colpi dello bat-
terie russe (17 ottobre 1855) che da quel
tempo si estesero dalla mai-ina francese a
tutte le altre marine. Data da quel tempo
la lotta tra il cannone e la corazza.
Corbeille: in francese vuol dire né più
né meno che cesto, paniere e letteral-
mente corbello; ma tu offrendo ad una
cantante o ad una ballerina de' fiori sciolti
0 con arte disposti entro un paniere,
dirai una coì'beille di fiori. Corbello sem-
brerebbe leziosamente toscano, Paniere
avrebbe del villereccio, Cestello e cesio
dello spedizioniere. E vero? Corbeille è
detto anche di quel paniere soppannato
di seta o raso ove si pongono i doni nu-
ziali. Ora questa mondana garbata voce
francese viene proprio direttamente dal
latino corbicula, corbula, corbis [cfr.
cui'vus] : Corbis proprie est vas e vimine,
ad usus rusticos praesertitn eolligendo-
rum fructuum. In altri termini è voce
sorella della milanese scorba, nella quale
di solito pongonsi tutt' altro che fiori. La
parola italiana è rimasta Cenerentola.
Cor oordium : « cuor dei cuori » motto
latino impresso sull'urna del grande poeta
inglese Peicy Bysshe Shelley, sepolto nel
cimitero protestante di Roma.
Corda fratres =^lat. cuori fratelli: nome
di un'associazione di studenti, di carat-
tere internazionale, i-ecentemente fondata,
a scopo di sussidio, materiale e morale.
Cordite: nome di nuovo esplodente in-
glese, analogo alla balistite. Il nome de-
riva dalla forma, essendo fabbricata in fili
simili alle minugia.
Cordon bleu : fr., nastro azzurro largo
e marezzato che cadeva sul petto in punta
{en sautoir) ed a cui era attaccata la croce
dell'ordine del Santo Spirito. I cavalieri
di quest'ordine eran detti semplicemente
Cor
— Ili
Cor
cordons bleu. Per celia poi si chiama
corilon bleu un cuoco di gran merito.
Corea: gr. coreìa =: danza; ter. med.
(lato a eerte malattie nervose, caratteriz-
zate specialmente da contrazioni toniche
dei muscoli, involontarie, anche nel sonno.
Volgarmente dicesi Ballo di San Vito, in
francese Danse de Saint- Ouy. E una ma-
lattia della seconda infanzia e non ben
nota neHa sua origine.
Coriza: dal greco uÓQv^a^ nome me-
dico che significa l' infiammazione acuta
<i cronica della mucosa del naso. Il ter-
mine volgare è raffreddore.
Cornetti : così per le punte onde ter-
minano le silique, con voce dialettale,
passata nell'uso della lingua parlata, sono,
nell'Italia settentrionale, chiamati i fa-
giolini freschi. In milanese eornitt.
Cornichon : voce fr., abusivamente usata
nel linguaggio culinario invece di cetrioli.
Corniera: dal francese cornière^ termine
Tecnico che indica una lamina di ferro
piegata in forma di squadra.
Corona: (ted. krone) moneta d'argento
austriaca cosi detta dalla corona che vi
è impressa. È press' a poco come la no-
stra lira e vale un po' più di essa (1,10
circa, secondo il corso del mercato mo-
netario). È la metà del fiorino.
Corona d'Italia: ordine creato da Vit-
torio Emanuele II con decreto del 20 gen-
naio 1868, per le nozze di Umberto e di
Margherita, pei meriti civili e militari.
L'ordine è diviso in cinque classi : cava-
lieri, ufficiali, commendatori, grandi uf-
ficiali, gran cordoni. Nastro rosso con zona
bianca in mezzo.
Corona veneris: termine medico: in
francese Couronne de Venus : cerchio di
macchie l'osse formato attorno alla fronte
dalla sifilide secondaria.
Coroner: voce e istituto inglese, che in-
dica un ufficiale della Corona — onde il
nome — il cui incarico principale è di
appurare con altri 12 giurati i casi di
morte improvvisa.
Corpo 0 ente morale : dicesi di istituto
civile riconosciuto dalle leggi avente per-
sonalità giuridica e che perciò gode dei
diritti secondo le leggi e gli usi osservati
come diritto publico. Giui'idioameute la
sua esistenza è indipendente da quella
delle persone che lo compongono.
Corpus: latino rorpo., ma nel senso di
raccolta, co^nplesso., volume., i dotti usano
spesso la voce antica latina : corpus iuris
civilis., corpus di papiri, corpus di me-
daglie, corpus di avori medioevali, etc,
cioè raccolti in un solo corpo.
Corrente: nella locuzione così comune
essere al corrente ricorda il francese ètre
au courant: il modo nostio è a giorno.
Es. : « io non sto a giorno della politica ».
Ma chi l'usa? Ben pochi. Così dicasi delle
locuzioni mettere., tenere al corrente che
spiacciono ai puristi. Ma io dubito che ai
puristi stessi isfuggano tali modi e paiano
pili efficaci di conoscere, far conoscer e^
far sapere., tenere informato. Certo è
però che il popolo indotto non usa locu-
zioni con questa voce corrente.
Correntista: colui che presso un ban-
chiere ha aperto un conto corrente. Vedi
Conto corrente.
Correr la cavallina: scapricciarsi in
1 gioventù., darsi alla vita libera e avven-
turosa. Metafora tolta dallo sghiribiz-
zare della polledra non doma. Locuzione
specialmente toscana estesa ad altre re-
gioni.
Corretto: per costumato., castigato, vir-
tuoso., etc, è voce ottima. Ma l'uso co-
munissimo di corretto per significare il
modo esteriore di comportarsi, ritiene della
maniera inglese di tale vocabolo : es. modi
corretti, abito corretto, gesto corretto.,
quel signore è sempre corretto., etc. Inu-
tile dire quanti belli ed acconci vocaboli
vadano in disuso per la sostituzione del-
l'unico e comodo corretto.
Corrigendo : lat. corrigendus = che
deve essere corretto: uno dei non pochi
neologismi tolti dal gerundivo latino come
instituendo., contemnendo. etc. Dicesi cor-
rigendo di que' giovani di mal costume
e di prava natura ohe sono chiusi in spe-
ciali istituti per essere ridati alla società
corretti. Cosa assai diflìcile giacché l'al-
chimia di mutale il metallo dell'umana
natura è tuttavia ignota. Corrigendo è
voce eufemistica e pedantesca invoce di
birichino., dìscolo.
Corrida: e compiutamente corrida de
Cor
112 -
Cos
toìos = corsa de" tori : il noto spetta-
colo nazionale e classico degli spagnuoli,
che consiste nell' aizzare e dar morto, entro
circhi 0 anfiteatri, a tori furenti e ga-
gliardi.
Corruptio optimi pessima: nota sentenza
latina: pessima è la corruzione di chi
prima era huono^ giacche vi aggiungo
scienza e deliberata coscienza del male.
Corsage: appunto come in italiano =
corsetto; la parte cioè superiore dell'a-
bito muliebre, ma nell'uso mondano pre-
vale la voce francese. La etimologia è
dal lat. corpus^ fr. eorps, corselet corsa-
letto, corsetto.
Corset: fra gli oggetti di moda o d'i-
giene, trovo sovente questa parola fran-
cese invece delle due voci nostre : busto^
fascetta.
Corsetière : bustaia. Nel ceto signorile e
mondano la voce francese non è infrequente.
Corsi e ricorsi : il ripetersi in date cir-
costanze di dati fenomeni storici secondo
la filosofia di G. B. Vico (1668-1743) Prin-
cipii di una scien%,a nuova.
Cortes : nome dato alle assemblee na-
zionali legislative di Spagna e di Porto-
gallo. Dallo spagnuolo corte.
Corte suprema: V. Cassazione.
Corto circùito: (elettrotecnica) collega-
mento diretto, o mediante condutture di
resistenza praticamente nulla, di due punti
di un circuito elettrico in cui siano in
azione un generatore di corrente od un
sistema di generatori.
Corvée : voce francese comunemente
usata in italiano. Storicamente per corvée
intende vasi, nell'ordinamento feudale, il
servizio che il villano doveva al signore,
come pulir le fosse del castello, mantener
le vie, far lavori campestri, giornate di
opere, dare prestazioni di carri e gio-
gatici. Luigi XYI, su proposte del mini-
stro Turgot, con legge del 27, YI, 1787,
abolì molte di queste servitii : l'Assem-
blea Costituente (18, III, 1790) e quindi
la Convenzione (17, VII, 1792) ne scan-
cellarono ogni traccia. Non è però morta
la parola ed è passata ad altro senso.
Corvée oggi indica il servizio militare
fatto a vicenda : infine lepidamente dicesi
di ogni lavoro o commissione o ufficio.
faticoso ed ingrato. Per il francese poi,
seguendo la sua natura iperbolica, una
visita, un ricevimento, l'accompagnare la
moglie a spasso, possono essere una corvée.,
e in tal senso noi l'usiamo: in questo sta
la servile imitazione nostra. Es.: « Ci tele-
grafano da Poma, 8 novembre, notte: Sta-
mane durante il ricevimento dei ministii,
l'on. X*** ha pregato il Re di posare per
il ritratto-tipo da distribuirsi agli uffici
pubblici e alle scuole. La proposta è stata
accolta con un sorriso che rivelava la
rassegnata per quanto non entusiastica
disposizione del Re a questa corvée! » Por
la etimologia, ella è voce evidentemente
latina : Corvata., da corrogata [cuni e ro-
gare] quindi convocazione., dimanda., nel
modo stesso che nell'antico francese, da
rogare latino si ottenne rover., enterver ;
da Bagacuni., Bavay. Avverti che nella
bassa latinità corrogata e corvata hanno
lo stesso senso : operae quas subditi ac
rustici dominis suis praestare ex lege
tenentur. V. Du Cange, Glossarium m.
et inf. latinitatis.
Cosa: in vece di che o che cosa nelle
forme interrogative e dubitative, è modo
familiare e dialettale delle regioni del-
l'Alta Italia in ispecie e che ottenne onore
ed autorità letteraria dall'esempio del Man-
zoni. Che la voce cosa usata con parsi-
monia e garbo, adattandola al tuono del
discorso, riesca efficace è un conto : che
proprio il modo sia eletto ma da sfug-
girsi però unicamente perchè non piace
ai pedaliti, come scrivono i signori Mo-
randi e Cappuccini nella loro grammatica,
è un altro. Non è solo che 7io7i piaccia
ai pedanti., ma è anche che non si trova
gran conforto di esempi classici e in al-
cuni dialetti dell'Italia centrale dicesi co-
stantemente che.
Cosciale : di una locomotiva, di un carro,
indica uno dei lati longitudinali del telaio
(meccanica).
Cose che capitano ai vivi: cioè le di-
sgrazie; bella perifrasi di filosofia popolare.
Cosi tanto: per così è modo pleona-
stico conforme alla maniera dialettale lom-
barda insci tant.
Così va il mondo, bimba mia!: titolo
di una commediola del poeta dialettale
- 113 —
Cou
voneziaiu) (iiaciiito Gallina,! quale titolo
felice acquistò valore di intercalare.
Cosmòpoli : neol. città mondiale.
Costui : (dal latino èccum-iste-hic) nelle
grammatiche è notato come pronome di
persona vicina alla persona cui si rivolge
il discorso zzz cotesto. Ma non si accenna
a un certo senso spregiativo che è rac-
chiuso in costui. Tale senso però ve lo
annette il popolo e giustamente lo notano
alcuni lessicografi. Se non propriamente
spregiativo, certo noi talora diciamo co-
stui per evitare di nominare persona di
cui ci spiace dire il nome, o altrimenti uma-
namente indicarlo. I demoni del Ca?ito Vili
dell' Inferìio^ indicando Dante, dicono:
Chi è costui che senza morte
Vion por lo regno della morta gente?
Costume : « per foggia, maniera parti-
colare di vesti, seguita da un particolar
ordine di persone o da un dato popolo, ov-
vero in una determinata età, è voce ita-
lianissima, usata da ottimi scrittori. Dove
incomincia il gallicismo è quando si tras-
ferisce dalla foggia o maniera di vestire
alle vesti istesse, come: Indossava un
bel costume, V'erano al ballo costumi
ricchissimi: oppure quando si adopera
senza alcuno aggiunto che lo determini,
dicendosi : Ballo in costume; Scuola del
costume^ come dicono oggi i pittori: Vi
andò in costume., Non si ammettono i
costumi e simili ». Così il Rigutini e assai
bene e chiaramente detto. Coutume nome
fem. fr. deriva dall' italiano costume (da
consueiunne, consuetudine) o meglio co-
stuma come diceasi in antico.
Consummatum est: è finito/ (il sacri-
(icio doli' uomo Dio) Vangelo di S. Gio-
vanni, XX. Dicesi spesso por celia.
Cote: voce fr. rispondente a quota., cioè
parte, lat. quotus zjz quanto volte o parti,
ondo co^er = numerare, quotare e quotiz-
zare (fr. cotiser) determinare la parte di
ciascuno. N(!l linguaggio delle corso sono
• lotte cotes le probabilità di ciascun corri-
dore. Tableau des bookmakers.
Coteletta: invoco cos^o/(?^^fl^ è manifesto
ed inutile francesismo, usato anche dal
popolo. Proviene dal francese cótelette di-
minutivo di còte -—. costola.
A. Fanzini, Supplemento ai Diximinri italiani ,
Coterie: per l'etimologia della parola
V*. lo Scheler. Oggi questa parola fran-
cese usasi per indicare una compagnia,
una congrega di persone che strologano
intorno ad un comune interesse, consor-
teria., cricca; ed anche nel senso di per-
sone che vivono fra di loro in dimesti-
chezza e diletto con esclusione di altri.
V. Camarilla.
Cotica: voce comunemente usata in
vece della toscana cotenna: lat. cuticula.,
diminutivo di cìitis. Parlando di terra,
vale strato superiore., piota (G. Gherar-
dini, op. cit.).
Cotillon: nota specie di danza figurata,
con giuochi, doni e sorprese che si balla
con molto diletto in fine di una festa. Ap-
partiene al genere dei balli che i francesi
dicono branles = dondolamento; da cotte
e cotillon = sottana, gonnella di conta-
dina, tedesco kutte., inglese coat, italiano
cotta. Il rapporto tra cotillon gonna, e
cotillon ballo mi è sfuggito. Probabilmente
si deve riferire a qualche costumanza di
esso ballo. Secondo il Littré converrebbe
scrivere cottillon.
Cotognata: specie di melata o di dolce
candito, solido, fatto con la confezione delle
mele cotogne. Il Petrocchi porta cotognato
= conserva e gelatina delle mele cotogne;
il che significa che in Firenze così si dice:
ciò non toglie che non si possa dire anche
cotognata. Codognata(mì\sinG^e codognada)
fu pur usata dal Bembo, il quale, pur
non essendo fiorentino, scriveva con eletta
ed esemplare italianità; lo stesso inter-
venne al Castiglione, lombardo; al Tasso,
altro non toscano ; all'Ariosto, emiliano o
lombardo che dir si voglia.
Cottage : capanna, villetta, rustica ad
arte. Termine inglese, entrato in Francia
e quivi pronunciato alla francese.
Couoliette: fr. cuccetta, tettuccio.
Coulisse: in francese è l'incastro in cui
si muove un telaio, quindi il telaio stesso,
e perciò coulisse significa quinta., nel
linguaggio teatrale ; e per maggior esten-
sione tutta quella parte del palcoscenico
ohe non è in vista del publico. Questa
parola coulisse è nota da noi nel senso
figurato, cioè por indicare il retroscena di
un affare. Es. Voilà ce qu'on dit en pit-
8
Con
114 -
Con
blie : mais dans la coulisse... che è per
raj)punto il nostro dietro le quinte. Per
l'etimologia, coulisse è un femminile de-
rivato da coulis^ qui coule.^ qui glisse.
Coulisse è altresì termine francese del
linguaggio di Borsa, che significa luogo
ed ufficio di detta Borsa, non ricono-
sciuto dalla legge, ove i sensali senza
averne legale autorità, trattano gli affari
quali propri e l'iconosciuti agenti di cambio.
Ho inteso anche dire « porta à coulisse » ,
laddove noi potremmo dire « con saraci-
nesca » .
Coulisse: o glifo .^ chiamano in mecca-
nica corti meccanismi di inversione nel
moto delle locomotive e simili, detti anche
settori. I Corsoio o scorritoio., chiamano
il pezzo prismatico che scorre nella fen-
ditura del glifo : in fr. coulisseau.
Coulissier: termine della Borsa fran-
cese. Così sono chiamati quei sensali non
riconosciuti legalmente che trattano gli
affari à la coulisse., cioè fuor del luogo
a ciò destinato e riconosciuto. V, Cou-
lisse.
Couloir : colatoio e corridoio., forse una
corruzione di un possibile couroir, (cfr, l'i-
taliano corritoio).^ con lo scambio dell' r
iìgWI. Nel senso di botro o horrato (altre
due parole precise, semispente) si legge
non di rado, come esempio dimostra : « I
ragazzi allontanatisi dal direttore si mi-
sero per un couloir pericolosissimo».
Coulomb: nome di grande fisico fran-
cese (1736-1806). In omaggio agli studi
di lui su l'elettricità venne dato il nome
di coulomb all'unità pratica di misura
della quantità di elettricità, nel sistema
di misure elettromagnetiche. Un coulomb.,
secondo la definizione data dalla Camera
dei Delegati dei Governi riunita in Chi-
cago nel J893, la quale aggiunse al nome
di coulomb l'appellativo di internazio-
nale., è la quantità di elettricità che si
trasmette durante un minuto secondo in
un circuito percorso da una corrente uguale
ad un ampère internazionale.
Coupage : è parola francese cui risponde
identicamente la nostra voce taglio ( ( ou-
page., action de couper, c'est-à-dire d'at-
ténuer une liqueur forte par une moin
forte. Littréj. Eppure in uno dei piìi re-
putati giornali ho letto così : « Detto vino
si è fabbricato finora con un così detto
coupage di vini della Francia meridionale
e di Spagna, addizionati di alcool indu-
striale, e in commercio portano il nome
di mn viné ». Si risponderà: il giorna-
lista 0 è ignorante od ha fretta e quindi
traduce come vien viene. Non è buona
e persuasiva ragione. La ragione buona
è che noi andiamo lentamente obliando
le parole precise della lingua nostra. Esse
non soccorrono più pronte e facili alla no-
stra memoria. L'autore, scrivendo questo
dizionario, ebbe, per sua soddisfazione,
di mira la dimostrazione di questa inu-
tile melanconia letteraria.
Coupé: specie di vettura signorile, chiusa
e riparata, a quattro ruote, press' a poco
come il brum., e ad un solo sedile. Coupé
è anche detto degli scompartimenti nei
carrozzoni ferroviari, specie di quelli ri-
servati 0 che essendo dimezzati, hanno
un solo sedile. Il Eigutini a questa pa-
rola nota : « è^tanto tempo che si cerca un
equivalente, e • non si è ancora trovato :
onde, come voce necessaria, la registrai
nel mio Vocabolario ». Coupé., dicesi anche
la parte anteriore delle diligenze.
Couplet: questa viva parola francese
risponde letteralmente alla nostra parola
morta cobbola o in provenzale cobla., dal
latino copula = coppia: cioè una serie
di versi accoppiati insieme per una rima,
come le serie o lasse monoritmiche delle
canzoni di gesta (strofa). Questa parola è
d'uso fra noi per indicare la sti'ofetta mu-
sicale a riprese e a ritornello, comune
specialmente nell'operetta.
Coupon : (da co«<^er tagliare) cosi è chia-
mata la cédola (da caedere tagliare, cfr. ce-
soie) 0 il tagliando, come anche si dice,
con brutto e inutile vocabolo; la quale si
distacca dalle cartelle di rendita per ri-
scuoterne i frutti, 0 da altri titoli di cre-
dito. La parola è spesso tradotta in cu-
pone il cui brutto suono offende ogni
orecchio educato, sì che, per mio conto,
a questo italiano bastardo, dai periodi
sconnessi, grevi, difficili; dai vocaboli
sesqui|)edali ed irti di inarmonici suoni,
sembra preferibile la sorella lingua fran-
cese nella sua agilità e nella grazia con
115
Ora
<ui tronca, o sfuma Io suo parole. Infìiio
trovo coupon usato anche per indicare
i'iò che in italiano dicesi scampolo.
Coupon d'hotel: cedola d'albergo. Specie
di tessera hospitalis., ma che si acquista
u contanti presso un'agenzia, e serve al-
l'alloggio e al vitto ne' vari alberghi per
<'iii si passa, senza avere altra briga.
Courante: specie di ballo francese: l'aria
musicale con cui la courante si balla.
Cour des miracles: nome che in Pa-
rigi nell'otà di mezzo si dava a diverse
vie chiuse e quadrivi abitati da cenciosi,
mendicanti, gente di mal' affare, etc. Vit-
tore Hugo nel suo romanzo Nostra Si-
gnora di Parigi fa rivivere una di co-
deste Corti de' miracoli. Talvolta questa
locuzione è usata oggi in senso traslato.
Courtier: voce francese: in italiano
sensale.
Coute que coute: ad ogni costo. Almeno
gli italiani pronunciassero bene il modo
francese che è come è qui scritto, e non
<-ome i più dicono coute qui colite!
Coutil: tessuto serrato e forte, di lino
ed oggi più spesso di cotone usato special-
mente per busti, traverse, tende, uosa, etc.
Un tempo i più bei coutils si fabbricavano
a Bruxelles, oggi a Mulhouse, Lille, etc.
e anche in Italia. La parola coutil deriva
dall'antico francese couette., in lat. culcita
^ nuUerasso. Traliccio.
Couturier: così è chiamato in Parigi^
con voce antica cui fu dato nuovo senso,
il sarto da donna, l'artista degli abbiglia-
menti muliebri, l' interprete della bellezza,
il mago che trasmuta la donna nell'idolo.
L'inglese Worth, stabilitosi a Parigi sotto
il secondo impero, e per l'appunto il 1858,
fu il primo e più celebrato della serie. |
Couturier etimologicamente — cucitore.^
dal verbo coudre = cucire, dal latino con-
snere.
Cow-boy: voce inglese formata da coiv
< vacca) e boy (giovane). Così sono chia-
mati i pastori degli sterminati armenti
<;}io ])ascolano all'aperto nelle praterie del-
l'America Settentrionale. Nel domare i ca-
valli, nella resistenza allo corso disperate,
iioir armeggiare e in ogni altra impresa della
vita libera o selvaggia hanno gran nome.
Cozza: nomo volgare, dato nell'Italia
meridionale ad un ben noto e gustoso
mollusco bivalve {Mytilus edulis) di con-
chiglia bruna, liscia, quasi triangolare.
Si attacca alle rocce e ai corpi sottoma-
rini mediante un bisso. A Venezia, jjeoci;
in Pomagna, pidocchi di mare.
Craohat: dicesi volgarmente in fran-
cese di quella specie di croci, decora-
zioni, placche o altri segni distintivi dei
gradi cavallereschi che si fermano sul-
l'abito. Propriamente crachat è da cracker,
latino screare = purgarsi tossendo, onde
sputo. Come si vede, il primo senso
ondo fu esteso il vocabolo, ancorché effi-
cace, non è de' più graziosi. Pai-mi vo-
cabolo alquanto in disuso oggidì fra di
noi, e questa è la sorte di non poche pa-
role straniere che, dopo breve parabola,
muoiono di morte naturale, non certo per
effetto di reazione di italianità da parte
degli italiani!
Crack : voce inglese, in francese crac,
in tedesco krach., etc. La parola è eviden-
temente onomatopeica ed indica il cadere
fragoroso e improveduto dei solidi. Figu-
ratamente dicesi : « un crack bancario, il
crack della casa X***, etc. ». Crollo e
tracollo son pur voci italiane, e io le ho
intose popolarmente usare in senso di
mina., disastro., inatteso e rumoroso. Del
resto anche Dante dice:
Non avria pur dairorlo fatto cricch.
Cràne: letteralmente cranio., icQàviov;
nel linguaggio popolare francese i:r ardito,
spavaldo^ litigioso; onde le locuzioni
avoir l'air cràne., c'est un cràne, etc.
Anche questa parola è talora usata da
certi nostri scrittori quando si vuole dare
speciale garbo al discorso.
Erano belli questi bravi figliuoli gare{?nianti coi
soldati sotto le anni, più ft'iovani o più allenati di
loro, non rimanendo indietro mai nelle manovre, e
sfilanti con aria marziale e cràne davanti ai loro
generali.
Crapaudine: chi direbbe che un polla-
stri no 0 un picciono su la gratella sia lo
stesso ohe à la crapaudine? Eppure è la
stessa cosa. L'origine della parola non ò
la j)iù indicata a stuzzicare l'appetito. Cra-
paud vuol diro rospo : i rospi camminano
con lo coscio divaricato : i polli su la gra-
ticola si mettono con lo coscio stoso e slo-
Ora
116
Gre
gate, e da ciò la locuzione francese, del-
l'uso nel linguaggio della cucina.
Cravache: frusta corta con manico ele-
gante e staffile di cuoio raddoppiato ; usato
dai cavallerizzi e nel linguaggio dello Sport.
Dicesi che quel cavallo « è alla cravache »,
il quale, essendo presso alla meta, richiede
quest'ultimo sforzo a sferzate {étre à la
cravache^ locazione del gergo francese che
vale figuratamente étre presse^ activé).
Creazione: è l'atto del creare; ma nel
linguaggio della moda, seguendo l'uso di
Francia, leggesi ne' negozi e chiamasi
creazione l'abito, il cappello, etc. di nova
forma, l'ultima espressione di quell'arte
dell'eleganza muliebre di cui Parigi tiene
il primato del mondo tuttavia.
Credat Judaeus Apella: « lo creda il
(superstizioso) ^f-mrfeo Apella^ non io perchè
so che gli Dei menano vita beata, e se
la Natura fa qualche portento talora, non
sono gli Dei corrucciati a mandare giù i
miracoli dal cielo ». Orazio, Satire^ I, V,
40 e segg.
Credito fondiario : istituto sancito dalla
legge 14 giugno 1866 ed esercitato da al-
cuni Banchi (di Napoli, Cassa di Risparmio
di Milano, di Bologna, etc.) che ha per
oggetto di prestare, per prima ipoteca so-
pra beni immobili e sino alla metà del
loro valore, somme rimborsabili con amor-
tamento. V. la parola fondiario.
Credo : dicesi per professione di fede.
Es. credo naturalista. Ebbene anche que-
sta estensione del Oredo (Simbolo degli
Apostoli, professione di fede Cristiana) è
tolta dal francese : credo == profession de
foi^ aveu.
Credo quia absurdum : credo perchè è
inverosimile.^ cioè perchè contrario a ra-
gione. Sublime paradosso di S. Agostino
in sostegno della fede, la quale non ha
né può aver base razionale.
Cremare, cremazione, crematorio : sono
neologismi formati dal latino cremare =
bruciare., ardere., detto specialmente dei
cadaveri, opposto di inumare^ seppellire.
Se non ci fosse l'omonimia spiacevole io
non troverei di che condannare come fa
il Fanfani questi neologismi: del resto
l'uso sancisce e i diz. li registrano.
Crémaillère : voce francese d'origine,
pare, germanica. Crémaillère significa
una speciale via ferrata, per le fortissime
salite, e consiste in una terza rotaia in
cui calettano i denti di una ruota inter-
media del treno. Il Fanfani propone strada
ferrata dentata o a denti e dentiera o
seghetta la rotaia munita di denti. Si può
in fatto di lingua proporre i più bei vo-
caboli (non è il caso del Fanfani!) e in
pari tempo far l'opera più inutile. Anche
Platone ha scritto il libro della Repu-
blica, e Campanella la Città del Sole!
Crémaillère fu tradotta in cremagliera e
ne' manifesti ferroviari si legge ad ingra-
naggio^ che .è voce più semplice, più fa-
cilmente intesa e meno anfibologica di
quelle del Fanfani. Ancora: da crémaillère,
che propriamente significa la catena del
camino, è formata la frase « appendere
la crémaillère » per dire festeggiare la
casa nova. Locuzione della nostra gente
fine e mondana.
Crème: crema (lat. cremor, liquore
denso). Questa parola è usata talora fran-
cesemente in vece di rosolio, come crème
di rosa, di albicocche, di prugne. Crèm,e
dicesi di preparati per le mondizie della
pelle, dei denti, etc. Crème inoltre signi-
fica il fior fiore., la parte eletta {V eletta).,
con speciale riguardo all'eleganza e alla
mondanità, e traducesi anche goffamente
in crema che in buona lingua significa
il piatto dolce di uova latte e zucchero
rappresi a fuoco lento. In codesto signi-
ficato molte altre voci straniere adopransi
che sono a loro luogo notate, come élite.,
fìne-fleur., high-life., pschutt., etc. Il Ri-
j gutini difende la voce crema nel senso
di fior fiore della cittadinanza. E nes-
suno vieta cotesta difesa. Solo si nota
che il traslato familiare di crema = fior
del latte, al nuovo senso è tolto dal fran-
cese, tanto è vero che si pronuncia alla
francese.
Creosoto : liquido oleoso incolore, che
si ottiene dalla distillazione del catrame
del legno di faggio : ha efficacia caustica
ed antisettica. (La parola è formata dal
greco kréas --= carne e sózein = conser-
vare).
Crepapelle : parola usata nella locuzione
familiare: ridere a crepapelle.
Ciò
117
Cro
Crepe, Crépon, Crèpe de Chine: crespo,
rt^suto iiiio di seta o di lana che servo
specialmente por abiti muliebri ed ha per
caratteristica la superficie non liscia o ra-
j sata, ma mossa e crespa. | Crepe, usato
' assolutamente, significa in francese il lutto,
la fascia del lutto al braccio o al cap-
pello. I Crèpe, latino crispus, it. crespo.
Crescit eundo : cresce coli' avanzare,
motto latino che si dice per lo più in mal
senso, di coso che ingrandiscono col loro
avanzare. Manifesta corruzione del vir-
giliano (Eneide, IV, 175) (Fama) vire-
sque acqufrit eundo.
Crespìn: nel dialetto meneghino, ven-
taglio.
Cretonne: e non creton come molti scri-
vono. Cosi è chiamata una tela di cotone,
stampata o bianca, usata specialmente
per camicie. È detta così dal nome del-
l'inventore, e il più celebre luogo di fab-
brica fu Lisieux in Normandia.
Crever les yeux: locuzione francese che
significa essere una cosa evidente, che la
vedrebbe un cieco, che salta agli occhi.
Crever è dal latino crepare, éclater.
Crevette : voce del gergo familiare fran-
cese: donna galalite; letteralmente gran-
rhiolino.
Cria: nome volgare che si dà all'ul-
timo nato degli uccelli di nido, ed in ge-
nerale a tutti gli uccelletti nidiaci. |
Cria è altresì buona voce nostra che lar-
gamente significa la generazione nascente
e piccina degli animali ; così io intesi
dire da un pescatore che certa specie di
pesca guasta la cria minuta dei pesci.
Il Petrocchi nota cria -~ piccola angailla,
( in toscano ceca, cecolina) fra le voci morte.
Hon. strana teoria che certe belle voci e
vive, volgari e dialettali, debbano essere
dichiarate morte perchè non appartengono
alla parlata fiorentina!
Criant: part. fr. del verbo crier, gri-
dare, bandire (cfr. grida : - bando). Questa
voce è usata metaforicamente, anche presso
di noi, in luogo di stridente, urtante, che
fa ai pugni, etc.
Cribbi : (lett, cribro, vaglio) esclama-
zione volgare lombai'da incui[)errovoronza
è storj)iato 0 occultato il nome di Cristo;
<' similmente dicesi cisto! cristiani.'
Cricket : con questa parola inglese noi
chiamiamo l'antichissimo giuoco italiano
del trucco : voce semi-morta. In questo
giuoco le palle si gettano mediante un
bastone o maglio ricurvo in fine e ter-
minante con un piccolo anello con cui si
raccoglie e scaglia la palla. La quale deve
passare in un cerchio di ferro jnobile, in-
fisso nel centro del campo. Per le altre
norme particolari, vedi J. Gelli, op. cit.
Criminale: da aggettivo divenendo so-
stantivo, è neologismo (fr. criminel)? Come
sost. ha esempi lampanti del Boccaccio.
Significa non solo chi è convinto reo, ma
chi ha disposizione atavica e fisica al de-
litto: derivato criminaloide col suffisso
oide (gr. eidos, forma, specie) tolto dal
linguaggio fisico, che ne attenua e mo-
difica il senso. V. Oide.
Criminaloide : Y. Criminale.
Criseoelefantina o criselefantina: detto
di statua, antica (ellenica) fatta d'oro le
vesti e d'avorio le carni : èu yQvoov uaì
eXécpavrog. Tale fu Giove Olimpico di Fidia .
Crispino : familiarmente e per celia di-
cesi per calzolaio. Crispino e Crispiniano,
venerati martiri, 25 ottobre, anno 287,
erano di professione calzolai. Da crispus.
lat., cioè da' capelli ricciuti o crespi.
Criterium : così nel linguaggio delle
corse sono chiamate le gare de' poliedri
e de' corridori giovani, le quali servono
di pronostico per l'avvenire o a giudicai'o
del loro valore. | Criterium, così scritto
è parola francese dalla forma latina, in
italiano criterio (dal greco crino =: di-
stinguo, giudico).
Critica : detta dell'età della donna, vedi
Età critica.
Critico : nel senso di dubbio, pericoloso,
grave, riferito a condizioni, stato morale,
politico, ricorda ai puristi pel suo valore
estensivo il francese critique, voce pro-
pria del linguaggio medico. Conviene es-
sere puristi molto esporti per avvedersene.
I Critico nel dialetto milanese {critegh)
vale pedante, sofistico, stitico, di diffi-
cile contentatura.
Croc-en-jambe (donner un): vi coni-
sponde sì noi senso proprio come nel fi-
gurato il modo italiano dare il gambetto.
Crocevia: è parola dell'uso per indi-
Cro
118 —
Gru
care l'incontro di pi'' yìo: bivio^ trivio,
quadrivio., cioè crocìcchio.
Crochet: uncinetto. Eppure dicesi più
frequentemente « un lavoro a crochet » ,
che non la voce nostrana.
Crocket: è il nome inglese di un no-
bile e antico giuoco di palla italiano, detto
palla al maglio: voce semispenta. Il
giuoco della palla al maglio è affine a
quello del trucco. Il campo è diviso da
porte ed archetti per cui deve passare la
palla, la quale è mossa da una specie di
maglio, 0 lungo bastone terminante in un
martello di legno.
Crociera: nel linguaggio marinaresco
significa una navigazione fatta per un de-
terminato tratto di mare, incrociando per
ogni verso. Si usa per guardia, per sor-
prendere navi nemiche, pirati, merci di
contrabbando, etc. .
Cronistoria: la serie degli avvenimenti,
cioè la storia narrata nella fredda ed og-
gettiva successione del tempo. (Molti libri
di storia, dettati da storici presuntuosi
col semplice, gretto e rigido metodo odierno,
detto storico, sono semplici cronistorie,
non istorie: nella qual parola v'è, come
dice pure il nome, il concetto di nesso,
trama, da cui arte, umanità, filosofìa non
possono stare disgiunte.
Crookes (tubi di): nome del fisico Gu-
glielmo Crookes {cruk) di Londra (n. 1832)
il quale inventò il radiometro e costruì
dei tubi che da lui ebbero nome per istu-
diare gli effetti delle scariche elettriche
attraverso dei gas molto rarefatti. Dal ca-
todo di un tubo di Crookes partono quei
raggi, scoperti dal Eoentgen (detti raggi X)
che permettono la fotografia dello sche-
letro e di cose occulte. (V. Radiografia).
Croquette : con questo nome nella cu-
cina francese chiamasi quella frittura di
piccola forma rotonda ed oblunga, che
suol essere di riso, di carni, di legumi i
quali si passano al setaccio, poi nell'uovo
sbattuto, si impanano e friggono. La pa-
rola polpetta., polpettina non vi corrisponde
esattamente, queste essendo di carne e
per lo più in umido, quelle di farinacei,
fritte e croccanti, onde il nome, giacché
croquette è diminutivo di croquet da cro-
qiier i~ croccare.
Croquis: è il nostro schizzo: ma un
noto letterato scrive : « Alcuni croquis
di Grévin gli rivelarono l'avvenire ». E
costoro passano per sostenitori ufficiali
dell' italianità !
C rosse (la): così è francesemente chia-
mato un gagliardo giuoco della palla af-
fine per l'impeto e la violenza al giuoco
del calcio (foot-ball). Giuocasi con un ba-
stone a foggia di pastorale, munito di
rete (in francese crosse., dal basso latino
crocia = pastorale) col quale si spinge e
getta la palla). Per le speciali norme V. J.
Gelli, op. cit.
Croupier: noi giuoco d'azzardo o di
ventura con questa voce francese si in-
dica non colui che tiene banco, ma l'ac-
colito che gli fa da spalla, lo avverte
delle carte che passano, sorveglia il giuoco
e via via. Nel nobile ritrovo di Monte-
carlo sono appunto così chiamati gli im-
piegati che fanno il giuoco per conto della
bisca. Il nome deriva da croupe, groppa.
La frase étre assis en croupe derriere
quelqu'un ha dato origine a questa voce.
Croup: termine volgare e scientifico nel
tempo stesso, passato dalla Scozia in tutte
le lingue per indicare quella nota specie
di laringite, quasi sempre difterica, carat-
terizzata da false membrane o placche su la
mucosa. Malattia mortale specie nei bam-
bini, prima della cura del siero specifico
contro tale male. Così in Edimburgo la
denominò Francis Home nel suo Trattato
del croup., 1765. La parola evidentemente
si connette al gotico kropjan., = all'inglese
croah r= gridare, gracidare, gorgogliare.
Croùte : = crosta. Nel linguaggio della
pittura croide in francese significa il quadro
vecchio, annerito che par abbia la crosta.
Groide è pure il quadretto di poco va-
lore, ahbox'xo^ schizzo. Anche questa voce
bisogna sapere se si vogliono intendere i
fogli italiani. Es.: « egli si arrischiò bensì
ad esporre diverse sue croùtes al Salone :
nessuno lo prese mai sul serio » .
Cru : parola francese non frequente, ma
pur usata. Gru (letteralmente cresciuta)
è il terreno fertile ove cresco qualche pro-
dotto, dal verbo croitre = crescere : onde
le locuzioni : Des vins de divers criis.,
un vin d'un bon cru.
Crii
119
Cur
Crucif ìge, crucif ige eum : Vangelo di
S. Giovanni, XIX, V, 6, crocifiggilo,
crocifìggilo! grido dogli Ebrei chiedenti
a Pilato la morto di Cristo. Usasi come
u'rido di persecuzione e vendetta.
Crumiri : V. Krumiri.
Cuagga : {Equus quagga o Hippotigris
(/nagga). È un equino affino alla Zebra,
ma striato solo nella parte anteriore e me-
diana del corpo e cogli arti privi di stria-
ture. Vive nella parte orientale dell' A-
t'rica meridionale.
Cubia (occhi di): l'apertura o, meglio,
r insieme delle due aperture circolari di
|)rora da cui escono le catene o le gó-
mene per le ancore. Lat. excubiae?
Cubicolo : dal latino cubiculum, ca-
mera da letto presso i Romani, dal verbo
cubare = giacere, dormire. La parola cu-
bicolo si incontra talvolta in libri che
trattano di argomento romano.
Cubilot: tipo di alto forno per la fu-
sione della ghisa.
Cuccetta : dim. di cuccia, indica il letto
minuscolo, spesso sovrapposto l'uno al-
l'altro, che è nelle cabine de' bastimenti.
Cucuzzielie : voce dialettale napoletana:
le xucchettine. Cfr. cocuzzolo.
Cugino : nello stile di Corte cugino non
è solo grado di parentela ma segno gra-
zioso di dimestichezza ed affetto dei so-
vrani fra loro o verso altrui. I Re di
Francia chiamavano nelle loro lettere cou-
sins non solo i principi del sangue, ma
i pari, i duchi, i cardinali, etc. Presso
la Monarchia Sabauda coloro che sono in-
signiti del collare dell'Annunziata hanno
onorato nome di cugini del Re.
Cui bono?: lat. a che giova? fr, à quoi
ben?
Cui prodest scelus, is ieaW : commise
il delitto quegli cui il delitto fu utile.
Seneca, Medea, 500. Sentenza usata nel lin-
guaggio giuridico : vera il più delle volte !
Cul-de-lampe: sgarbata locuzione fran-
cese, usata dai librai por indicare che nella
fine di alcuni capitoli del libro descritto
lo righe della stampa sono in tal modo
disposto da formare un Piede, una Base
di lampada. \ Cui di lampada qvìì anche
detta la, parte posteriore dogli antichi can-
noni ad avaìicari(5a.
Cui de sac: via senxa uscita, via cieca.
Oggi meglio si dice impasse. V. questa
voce. I nostri dizionari registrano la pa-
rola ronco, strada senza uscita, quasi ri-
torta e chiusa come una roncola, e la lo-
cuzione metaforica esser nel ronco per
dire « trovarsi in un ginepraio, in un la-
birinto ». Via del Ronco è altresì il nome
di una strada chiusa in Firenze. Ma il vero
è che questa buona parola italiana, sug-
gerita pur dai puristi, non ha onore di
grande diffusione. La parola cui de sac
non è molto bella ma, osserva il Vol-
taire, la populace les a nommées culs,
et les reines ont été obligées de les noìn-
mer ainsi. La locuzione francese leggesi
anche tradotta in cui di sacco, e non
solo è brutta, ma anche impropria che
del sacco dicesi fondo.
Cum grano salis : con un grano di sale,
cioè « con un pizzico di buon senso »
(Plinio il vecchio, Hist. nat., 28, 8).
Cumquibus o conquibus : motto latino
familiare per indicare quei mezzi coi quali
(= eum quibus) si fa tutto, anche far ri-
montare i fiumi alla natia sorgente, cioè
coi danari. Quibus = argent. Voce del
gergo francese.
Cunctator: indugiatore, temporeggia-
tore, voce latina spesso usata in buon
senso, 0 in senso ironico, per significare
chi sa con prudenza destreggiarsi. | Cun-
ctator fu sopra nome dato a Q. F. Mas-
simo che, col temporeggiare, tenne a bada
Annibale (Livio 30, 26, 9).
Cuòco : è colui che fa di cucina, non il pre-
sente del verbo cuocereGhe scrivesi cuòcio,
noi cociamo, voi cocete, essi cuòciono.
Pass, rem., cossi. Cong. pres., che io cuo-
cia, che noi cociamo, cociate, cuòcìano.
Cura9ao : rosolio preparato con la scorza
d'uno speciale arancio {citrus vulgaris)^
ed è così detto dall'isola di Cura^ao nelle
Antille ove codesta pianta lìorisce copiosa.
Voce olandese.
Cura Kneipp: dal nome dell'abate Se-
bastiano Kneipp, parroco dì Woorishofen
(Baviera) n. 1821, m. 1897, che ne fu ri-
gido od instancabile propagatore. Consisto
in una energica cura idroterapica ed igie-
nica >secondo i dettami della fisiologia.
Questa (jura, se non è il ìova'ìx sana di
Olir
120
Cza
utte le infermità, certo è efficace nelle
affezioni nervose, nelle malattie del ricam-
bio'(polisarcia, diabete, artrite, gotta, etc.)
nella alterata crasi sanguigna, e la ragione
del beneficio si intende di leggieri ove si
])ensi che si tratta nulla più che di una
dieta naturale e moderatrice degli abusi,
confortata dalla scienza. Certe nordiche
esagerazioni di questa cura hanno molto
contribuita a formarne la rinomanza. Vi
sono stabilimenti idroterapici ove si pra-
tica la detta cura.
Curare : veleno vegetale potentissimo,
usato dai selvaggi per attossicare le loro
frecce.
Curatela : dal francese curatelle (rad.
eura) significa nel linguaggio legale l'uf-
ficio del curatore ; al modo istesso che da
tutore dicesi tutela.
Cu rèe : (rad. lat. cor., cuore) in termine
di caccia è lo sventramento della selvag-
gina che si dà in parte ai cani, in ita-
liano carneficina., e dalla rabbia dei cani
per la preda passò per traslato agli uo-
mini e fu usata in senso figurato. Lo Zola
ne fece il titolo d'un suo romanzo. Questa
voce francese è talora in uso presso di
noi. Es. «La curée era inaugurata; la
caccia al Cinese incominciava ».
Curia Romana non petit oves sine lana:
Dantes exaudit, non dantibus ostia olaudit:
antico motto formatosi in odio alla Curia
romana: la curia romana non chiede gli
agnelli senxa dimandare anche la lana :
chi dà è esaudito., a chi non dà chiude
la porta. Questi due versi sono attribuiti
a S. Brigida, secolo XIV. È anche un'an-
tica pasquinata.
Curiosare : voce familiare nostra che
significa andare qua e là osservando per
vedere o scoprire qualcosa.
Cursum consummavi, fìdem servavi :
compii la vita ; serbai la fede. S. Paolo,
Epist., II, ad Timoth.., cap. IV, 7. Motto
sublimo ed eroico!
Cutter : (coire) dal verbo inglese to cut
che vuol dir tagliare. La chiglia a col-
tello sì da reggere bene al mare, e l'al-
beratura [porta un solo albero a crocetta,
qualche vela quadra volante, i flocchi e
una gran randa] distinguono tale nave
dalle altre navi ; non la grandezza, giacché
può essere mercantile e da diporto. Suo
carattere è là velocità. Un lessicografo
propone la voce Tagliatore, ma chi in-
tenderebbe ? Si trova e si ode la versione
in coltro 0 catterò. La parola cutter è
anche nei dizionari francesi.
Cuvette : diminutivo da cz<2?e, francese;
cfr. cupa in latino, coppa e l'aggettivo
cupo in italiano : aggettivo bello di suono
e di senso, ma un pochino fuor d'uso.
Non è senza ragion l'andare al cupo.
Dante, Inferno.
Cuvette vuol dire bacino^ tinozza, semi-
cupio., bagnarola come si dice familiar-
mente. Cfr. Tub.
Cymbalìs : V. in cymbalis.
Czar 0 Tzar o Zar : titolo dell'auto-
crate Eusso. L'imperatore AlessioComneno
ne avrebbe insignito il principe russo Vla-
dimiro II nel 1115. Il primo ad assumere
questo titolo fu Ivano IV nel 1547 dopo
che fu scosso il giogo dei Tartari dalla
Eussia. La etimologia di questa parola è,
verosimilmente, da Caesar., V, Kaiser.
Czar evie, figlio e CxaQ-evna figlia dello
Czar, dai due suffissi slavi evie ed evna.,
indicanti i rapporti di nato e di nata.
Delle tre varie scritture più esatta sarebbe
Tzar come più vicina alla grafia russa.
ID
Da: oltre che moto da luogo, significa
attitudine, fine ad alcuna cosa, non dipen-
denza, e perciò i grammatici riprendono
le locuzioni comuni festa da ballo, bi-
glietto da visita^ messa da requiem, in-
vece di festa di ballo, biglietto di... etc.
Dactilografia: (dal gr. dàetilon zzi à\io
<• .^rra/ia = scrittura) neologismo invalso
in questi ultimi tempi per indicare la scrit-
tura a macchina, molto diifusa oggidì ne-
gli uffici e per comporre e per trarre co-
pia da mss. Le prime macchine furono,
se non erro, introdotte fra noi dopo il 1883.
Dada: è voce francese infantile come
dice il suono istesso delle due sillabe
uguali, ed esprime il primo saggio del
carminare [to daddle a child è pur espres-
sione inglese], poi il cavalluccio di legno.
La parola dada ricorre da noi nel senso
traslato francese di idea prediletta., desi-
derio di persona o cosa a cui il pensiero
ritorna. Dada è pur voce volgare nostra
con cui i bimbi chiamano la donna che
li mena attorno.
Dado : dicono i meccanici nel senso di
testa mobile madrevitata, di forma pri-
smatica qualsiasi.
Dai: e così pure fai^ stai scrivono e
dicono all'imperativo, seconda persona,
alcuni che vogliono seguir da vicino la
|)ronuncia toscana. Il Rigutini, toscano e
accademico, e i)ur uomo pieno di gran
rettitudine lettc^raria, annota « ò miglioro
ortografia scrivere da' che da o dai alla
fiorentina ».
Daltonismo: malattia della vista por la
([uah^ non si distinguono bene alcuni co-
lori, specialmente il rosso ed il verde.
Questa informità ebbe nome dal fisico in-
glese G. Dalton (1766-1844) che la de-
scrisse su di sé stesso. È chiamata anche
acromatopsia. Dicesi anche daltonismo
in senso morale.
D'altronde: fr. d'ailleurs., ^qv per altro.,
del resto., d'altra parte., o, come preferisce
il popolo, 'poi. In it. d'altronde sarebbe
un avverbio di luogo e indicherebbe da
altra parte; ma è oramai fuori d'uso.
Ora, se sta per morire in senso proprio,
perchè mantenerlo in vita in senso me-
taforico non suo? Così i puristi. Se non
che il Rigutini giustamente osserva : « È
poi veramente errore? Se io posso dire in
senso avversativo d'altra parte '^ altronde
e d'altronde che è il suo equivalente,
perchè non lo potrò usare con lo stesso
significato ? » . Questo — aggiungo io —
è il problema che si presenta in molti
casi di veri o supposti francesismi. JiW
risposta non è dubbia.
Dama dei biscottino: locuzione lom-
barda di molta e caustica efficacia, ma
che tendo ad andare in disuso (V. Porta) :
indica })roj)riamente la nobildonna che do-
vendo 0 volendo adempiere ai procotti di
Cristo, crede di soddisfarli portando il bi-
scottino al lotto dogli informi dell'ospi-
tale. Troppo lieve fatica per con(iuistar(>
il cielo! Usasi tale locuzione si)rogiativa-
mente per indicare lo signore doH'aristo-
crazia nera: lo damo ascritto a società
eattolicho.
Dancing on tiie barn : o, più brevomonto,
dancing^ specie di ballo ohe dovette os-
Dan
122 -
Dau
sere di origine popolare, come dice il nome
inglese, e poi elevato a dignità di ballo
signorile: è un ballo figurato di quatti'o
passi di polacca (polka) per mano, quattro
di valzer, quindi i danzatori si abbracciano
e riprendono.
Dandy : parola inglese, passata in Fran-
cia, press' a poco come fashionable (vedi
questa voce) e si dice di persona che, non
solo ostenta la religione dell'eleganza, ma
ne crea talvolta le stranezze e la moda :
oggi in disuso. V. Lion.
Danseuse : a questa parola francese bal-
lerina^ danzatrice non bene corrispondono,
almeno nell'uso, per la stessa ragione
che chanteuse non è proprio cantante. \
Danseuse dicesi con special riguardo di
colei che eseguisce strane e lascive danze,
come il can-ean^ la danza serpentina, il
ballo del ventre, etc.
Dante (pelle di): spesso si ode dalla no-
stra gente ignorante domandare de' guanti
di pelle di dante. E la versione fonica di
peau de daim^ di damma o daino con cui
si fabbricano guanti, gambali, calzoni.
Danzante : come part. aggiunto di festa,
veglia, è la versione del francese, ma-
tinée^ soirée dansante^ modo ti-aslato con-
forme all'indole della lingua francese, dif-
forme al modo italiano di concepire. Come
locuzione fatta, è senza dubbio felice.
Da pigliarsi con le molle: dicesi di
grossi errori, e anche di persone sprege-
voli che non si possono accostare né toc-
care.
Dar del filo da torcere: locuzione fa-
iniliare ; vale : dare altrui materia di lavoro
paziente, assiduo, irto di spine per rag-
giungere un intento, superare una diffi-
coltà. Spesso la locuzione contiene senso
ostile. Es. « Ricordati che ti darò del filo
da torcerei ».
Dare evasione : per rispondere^ dare
corso ^ è termine non bello degli uffici.
V. Evasione.
Dare il la: nel senso traslato, detto
di persona che dà l'intonazione, il carat-
tere, la tinta, l'espressione cui gli altri
s'accordano, è modo dell'uso. Nel lin-
guaggio musicale dare il la significa dare
l'accordo. Il senso traslato ci provenne
dal francese donner le la ?
Dar la fuga: locuzione dialettale ro-
magnola che vuol dire schernire, beffare,
quasi da costringere alla fuga.
Dar lo sbruffo: modo popolare toscano,
cojnune ad altre regioni : significa : dar da-
naro 0 roba di nascosto per ottenere fa-
vore e privilegio contro giustizia.
D'Artagnan : noto personaggio del fa-
moso e popolare romanzo di A. Dumas,
1 tre moschettieri : audace, spavaldo, ca-
valleresco, generoso, rotto ad ogni im-
presa, tipo guascone e francese : divenne
presso che proverbiale e antonomastico.
Darwinismo : la teoria del grande natu-
ralista e filosofo inglese Carlo Darwin
(1809-1882), secondo la quale il mondo
dei viventi quale oggi è, proviene da lenta
e graduale trasformazione e perfezione
mercè la selezione e la lotta per l'esi-
stenza : due vocaboli usati ed abusati.
Y. Della origine delle specie per natu-
rale selezione^ 1859, opera di lui capitale.
Da Scilla a Cariddi: o latinamente:
Incidit in Scyllam., cupiens vitare Gha-
rybdim^YGrso di Gualtier de Lille, Alexan-
dreis^ V. 301, poeta del sec. XIV, rinno-
vato da un adagio greco che leggesi in
Apostoli 0, XVI, 49 (Parcennogr. Oraeci^
ed. Leutsch. II, 672). Cfr. altresì Omero,
Odissea, XII. Dicesi di chi volendo evi-
tare un pericolo, cade in un altro. Cariddi
era un vortice nello stretto di Messina,
Scilla una rupe di fronte a Cariddi. Ma
il tempo placa e diminuisce vortici e scogli.
Das Ewig-Weibliche: V. Eterno fem-
minino.
Datare da : per cominciare da ricorda
ai puristi il verbo francese dater^ commen-
cer à compier d'une certaine epoque.
Dataria : ufficio prelatizio in Roma pel
conferimento di grazie e dispense : così è
detto dalla data delle suppliche segnate.
Dato : come sostantivo vale tiozìone.,
fatto supposto 0 ammesso nella ricerca
di una verità ed è voce usata nel lin-
guaggio delle scienze. Indi significò nel-
l'uso comune ciò che è offerto dai fatti,
fatto vero e accertato da cui si deduce e
si argomenta. Spiace ai puristi.
Daumont: vetture alla Daumont sono
chiamati certi traini signorili a quattro
ruote, pesanti, scoperti, in cui i signori
Diiv
123
Dee
siedono su l' alto di superbi sedili. Il
uomo preciso è alla D'Aumont, da Luigi,
duca d' Aumont, gran signore di Francia e,
prima della rivoluzione, arbitro della moda
e delle eleganze. Egli era celebre per lo
sue scuderie e die voga a tale foima di
cocchi.
Davus sum, non Oedipus: io sono Davo
[m\ servo), non Edipo (il sapiente che
spiegò l'enigma della Sfinge). Terenzio,
Andria. atto I, 3, 194.
Dazio : per 'porteti barriera è locuzione
milanese molto comune per indicare la
porta della città ove solevano essere i do-
ganieri. L'uso rimane anche dopo che il
dazio alle porte è stato tolto. Idiotismo
destinato a scomparire.
Dead-heat {ded-hit) : parola inglese del
linguaggio delle corse e significa prova
nulla per /' arrivo simultaneo di due
cavalli, ciclisti e simili istrumenti di ra-
pidità. Come tutte le voci dello sport
essa è pure nel gergo francese.
De auditu : lat. per sentita dire.
Débàcle: nel primo senso disgelo., in-
nondaxione e propriamente significa lo
spezzarsi della superficie compatta e con-
gelata di un fiume, i cui lastroni preci-
pitano per la corrente con pericolo de'
ponti e de' battelli. Es. la débàcle de la
Lnire. Passò poi nel senso politico e so-
ciale per indicare la mutata fortuna, lo
scomporsi e il precipitare irresistibile di
una istituzione, di una forma di governo,
etc. In tale senso la voce francese è usata
da noi. Vi risponderebbero le parole sfa-
celo., sbaraglio.
Débauché : parola francese che indica
r eccesso del bere e del mangiare e poi
s regolatezza de' costumi. Derivato dé-
bauché. Per l'etimologia V. lo Scheler.
TI Sig. Petrocchi nel suo dizionario uni-
versale fa posto all'aggettivo debosciato.
Oh, perchè allora non metto anche debo-
scia'^ Questo «sconcissimo gallicismo»
(Rigutini) mi pare alquanto fuor dell' uso,
0 almeno panni fra i gallicismi uno de'
più evitati ed evitabili, forse in grazia
del pessimo suono.
Debito publioo: è il complesso di tutto
le obbligazioni di denaro dello Stato verso
])rivnti. Con l(^gg(^ 10 luglio 18(31 venne
j istituito il Oran libro del debito del if'e-
1 gno d'Italia.
Debordare: per venir fuori, sporger
fuori dal suo posto o orbita, è il Ir. dé-
border. Y. Bordo.
Debosciato e Deboscia: Y. Débauclie.
Debutto e debuttare: i dizionari di so-
lito non registrano queste due parole che
sono di valore quasi tecnico nel linguaggio
teatrale. « Gallicismi sguaiati » {début e
débuter) li chiama il Fanfani e propone
esordiente ed esordire.^ principiante e
principiare., ma chi usa queste parole
in tale' senso? Il Rigutini annota che
« anche la gente di teatro e i gazzettieii
cominciano a vergognarsene » ; ma non
mi pare davvero!
Decadente: neol. non registrato e tolto
dal neologismo francese décadent, per iìi-
dicare quella scuola poetica la quale sus-
seguendo ad un'età gloriosa e piena, segnò
un periodo di decadenza come nerbo di
pensiero, compensata però da alcuna in-
novazione nella forma e nei suoni. Furono
detti codesti poeti anche Parnassiani dal
ParnassG contemporain, edito dal Le-
merre (1866, in-8°) con la collaborazione
della più parte di cotesti poeti, fra i quali
Arsene Houssage, Th. Gautier. Carlo
Baudelaire., F. Goppée., Sully Frudhom-
me, etc. Codesta scuola fu espressione di
forze giovani e ribelli che fusero, per cosi
dire, nella nuova arte l'elemento roman-
tico della passione e la raffinatezza clas-
sica della cesellatura e del suono. In questo
amore della raffinatezza sta la ragione del
nome. E sta altresì nel fatto che, come
esiste l'alba, il meriggio e il tramonro,
così esistono varie tendenze del pensiero
artistico e letterario e ciascuna, secondo
la sua ragione, può aveio particolari bel-
lezze e fascini. Carlo Baudelaire, parago-
nando l'accademismo classico ad una « ma-
trona rustica, ripugnante di salute e di
virtù, senza contegno e senza espressione »,
dice che la letteratura di Decadenza è
come « una di quelle imperiose bellezze
che dominano la memoria, che congiun-
gono al profondo fascino naturalo tutta
l'oloquonza del vestire : signora do' suoi
movimenti, cosciente e di sé stessa ri>-
gina ; voce armoniosa come ben temprato
T)oc
124 -
Dee
.strumento; sguardi densi di pensiei-o che
hanno virtù di far intendere quel solo che
vogliono ». Il paragone elegante è anche
vero. Se non che la dama elegante a lungo
andare perdette son charme profond et
originai e tutta Véloquence restò limitata
aUa toilette. In altri termini l'eccesso del-
l'estetica diventò manifesto vizio; l'ar-
monia de' suoni, bamboleggiamento. Tale
scuola si ripercosse dovunque con qualche
lode come ogni cosa che vien di Parigi
e specialmente influì sull'arte poetica ita-
liana della fino del secolo XIX con un
numero inverosimile di poeti imitatori e
stillanti melassa e spargenti luccicori di
lumaca da per tutto. Fra questa bassa
folla di decadenti e di esteti in mala copia,
mascheranti co' suoni il povero pensiero,
titano solitario, G. Carducci sta custode
del genio italico. | Decadente vale anche,
nel gergo elegante e gìornaìistÌGO. l'affinato.
Decampare: neologismo e metafora nel
tempo stesso assai comune. Décamper in
francese = levare il campo, sloggiare.
Es. Armée ohligée de décamper, e fami-
liarmente = s'enfuir. Ma non ha, che io
sappia, il senso metaforico in cui noi l'u-
siamo di recedere dalle proprie opinioni.
Décavè : voce usata nel linguaggio del
giuoco. Cave, lat. cavus^ vuol dire in fran-
cese, oltre che cantina, anche la posta
del giuoco, cioè quanto ciascun giocatore
si propone di arrischiare. Décavé è colui
che ha perduto la sua cave. Quindi in
francese le frasi : décaver itn joueur^ étre
décavé.^ perdre tonte sa cave. Sbancare
e sbancato vi rispondono, ma solo in
parte giacché si riferiscono a chi tiene
banco : e anche qui il francese ha la for-
tuna della unica parola nota ed efficace.
Trovo anche il neol. astratto décavage.
Deceduto : per morto., fr. decedè.
Decesso : per morte ricorda il francese
déoès., dal verbo deceder {Ì3itìno decèdere
zzz andarsene) = mourir de mort natu-
rale. Voce dell' uso, specie negli uffici.
« Latinismo inutile » lo dice il Eigutini,
cioè latinismo, gallicismo e voce burocra-
tica insieme, il che è di non poche parole.
Decidere e decisione: V. Deciso.
Decisamente: nel senso di certamente
con inclusa l' idea di risolutezza e con-
clusione, risponde, secondo i puristi, al
décidément dei francesi.
Deciso : per risoluto., fermo., pronto.,
non può usarsi secondo il Tommaseo, il
Panfani ed il Rigutini giacché la cosa
non la persona è decisa. Vero é che noi
usiamo deciso alla maniera francese : dé-
cide = ferme, invariable., résolu. Anche
decidersi per risolversi., determinarsi.
spiace ai puristi e por la l'agione etimo-
logica (rfe-c«c?erei=: tagliare, onde ben detto
decidere una lite, quasi tagliarla) e perché
conforme al francese décider : lo stesso
dicasi di decisione per risoluzione. Voci
d'uso presso che popolari.
Declinare : letteralmente vuol dire vol-
gere in basso ed è verbo usato dai fran-
cesi in più ampio senso che non in ita-
liano. In francese si dice appunto décliner
un honneicr., décliner son nom. Tanto
l'una come l'altra locuzione sono in molto
uso presso di noi e sono da' puristi ri-
prese. Avvertasi tuttavia che declinare
ebbe nell'uso antico valore di scansare
onde la locuzione declinare un onore, un
ufficio potrebbe, volendo, trovar buona
difesa. Ma il declinare (dire) il nome è di
quei gallicismi che non vanno più. Credo
lo avvertano anche nelle scuole.
Décolletage : astratto di décolleté. Vedi
questa parola.
Décolleté : abito décolleté, una signora
tutta décolleiée, etc, è voce prevalente
alla nostra che vi corrisponde, lo scollato.
La quale vedasi come ben suona in questo
classico esempio : « L'abito di queste donne
era di raso, a superbi e lascivi ricami
d^oro, con ornamento, intorno al loro scol-
lato., d'oro e ricco di gioie». E così di-
cesi anche scollatura: «Mostrava il can-
dido petto, del quale, mercé del vestimento
cortese nella sua scollatura., gran parte
se ne apriva a' riguardanti » . Ma ormai
la voce francese è di assoluto dominio e
le parole italiane non trovano accoglienza
che negli scritti letterari.
Decorativo : dicesi talora con intenzione
arguta e satirica di persona che, pur va-
lendo poco, ha molta prestanza, dignità e
parvenza così che, per il fatto che l'es-
sere è vinto dal parere, dà decoro all'uf-
ficio 0 alla parte che deve sostenere.
De
— 125
!)(-•
Decorazione : (lat. deeus = decoro) per
ordine cavalleresco ricorda ai puristi l'uso
tViinceso : La dccoration de la Legion
d'honneur, Cha marre de decorai ions^ eie.
È il solito, frequentissimo caso di quei
gallicismi che si possono chiamare tali
solo perchè l'uso o il costrutto è tolto dal
francese, non perchè siano difformi dall'i-
taliano 0 mal convengano alle leggi eti-
mologiche.
Decozione: dal lat. de e coquere =; cuo-
cere : in farmaceutica significa il far bol-
lire un liquido contenente sostanze medi-
camentoso, così da estrarne i principi attivi.
Decubito: dal lat. de e cubare = gia-
cere. Dicesi in termino medico l'attitudine
del corpo steso sul letto; o sul dorso, o
sul ventre, o sui fianchi. Col nomo di de-
cubito 0 di decubitus acutus e chronicus
() di piaghe da decubito vengono puro
designate quelle escare e successive piaghe,
che si formano nelle regioni del corpo,
sottoposte per la prolungata posizione oriz-
zontale, a prolungata pressione.
De cuius: letteralmente del quale: ter-
mine legale, tolto dal Diritto romano, per
indicare una persona da cui proviene una
eredità, quindi II de cuius vale il te-
statore. De cuius haereditate agitur.
Dedica: è ritenuta dai puristi forma
mono buona di dedicatória., per indicare
il breve scritto con cui si rivolge o de-
dica un libro ad alcuno. Il vero è che
dedicatória è molto fuori dell'uso.
Dedicarsi : è detto benissimo nel senso
di attendere ad un culto, ad una religione,
ed anche nel senso di farsi ligio, devoto
ad alcuno. Dedicarsi deriva dal latino
de-dica/i'e =: consacrarsi. Molti però ado-
perano dedicarsi in vece del semplice
darsi., attendere. Es. dedicarsi alla me-
dicina.^ agli impieghi., e questo modo ha
sapore pei puristi di esagerazione e ricorda
l'uso del verbo dédier de' francesi. In tale
ultimo senso è accolto dalla Crusca su la
manifesta autorità dell'uso.
Defatigare: latinismo che nel linguaggio
de' legali dicesi per stancare., protrarre
a lungo. Es. defatigare una causa.
Defatigatorio: voce del gorgo forense,
da defatigare. Es. eccoziono, incidente,
l)rocedura defatiga iorìa.
Defensionale : termine legale invece che
a difesa. Es. prove defensionali. Neolo-
gismo tolto dalla voce defensione., latino
defensionem .
Defervescenza: da de privativo e fer-
vere ribollire : chiamano i medici lo stato
e il periodo in cui la temperatura si ab-
bassa verso il normale, nelle malattie di
carattere febbrile.
Defezionare: V. defezione. Tale verbo
non è dedotto dal francese, ma formato
da noi per analogia.
Defezione: è parola di pura origine la-
tina, defectionem . Ma è certo che l'uso
che noi facciamo di defezione e del verbo
defezionare per dire abbandonare il par-
tito a cui si appartiene, cioè per diserzione
e disertare., ricorda la parola francese :
défection -- action d'abandonner le parti
auquel on est lié : di fatto noi usiamo
la parola defezione specialmente in senso
politico e riserbiamo diserzione al senso
militare. V. ciò che è detto alla parola
decorazione. Cfr. del resto il modo latino
deficere ab aliquo = abbandonare il par-
tito di alcuno.
Deficiente: cioè manchevole, lat. defi-
ciens : eufemismo che talora, specie par-
lando di fanciulli, equivale a frenastenico.
V. questa voce. | Deficiente è pur voce
del linguaggio scolastico e significa quel-
l'alunno che non ha la preparazione e la
maturità necessaria alla promozione.
Deficit: persona 3" del pres. ind. del
verbo latino defìcere., dunque manca. Così,
parlando specialmente dell'Erario, si in-
tende la differenza che intercede tra le
entrate e le spese, quando queste supe-
rano quelle. I puristi suggeriscono manco.
Défilé: termine militare francese più di
frequento usato che non la parola sfilata.
Indica il passare che nelle riviste le vario
milizie fanno davanti al generale od al
capo dolio Stato.
Defunto: nella locuzione rendersi de-
funto = morire., è giustamente ripreso
come modo improprio e ridicolo giacché
il rendersi defunto suppone volontà e in-
tenzione della cosa, il che solitamente non
avviene.
Degenerato: part. agg. del verbo de-
generare ^^ perdere le (|nalità buono, pio-
Deg
126
Del
prio del genere. Di questa voce oggi molto
«i usa ed abusa per indicare coloro i quali
per' abitudini, gusti, qualità morali e fi-
siche, ereditarie o acquisite, si allontanano
dallo stato normale fisiologico, sano, e
tondone a forme squilibrate, pervertite e
anormali del vivere individuale e sociale.
Degenerazione: nel linguaggio medico
significa l'alterazione organica di un tes-
suto 0 di un organo, la quale ha per ef-
fetto di impedire la normale funzione del
detto organo. In senso antropologico in-
dica quel complesso di caratteri che fanno
deviare l'individuo dal suo tipo normale.
Usasi spesso, come la voce precedente, in
senso morale ; e M. Nordau con tale pa-
rola intitolò un suo acuto e paradossale
libro ove sono passate in rassegna le ano-
malie e i pervertimenti dell'Arte e degli
scrittori.
Degente : (dal latino dègere da de e ago
= passare il suo tempo, vivere) è voce
usata dai medici e negli uffici per indi-
care specialmente coloro che sono negli
ospedali.
Degradante: V. degradazione e Y. an-
che il participio avviliente.
Degradare: Y. Degradazione.
Degradazione : curioso vocabolo, spe-
ciale del linguaggio della caserma e di-
cesi di sfregio o rottura o guasto fatto ad
un oggetto. Es. panca degradata per dire
'panca rotta. Avendo un ufficiale rotto un
vetro della caserma, ebbe il conto della
spesa che diceva : « Per degradazione ai
vetri centesimi 30 » . La provenienza di
questo vocabolo deve certamente essere
dal verbo francese dégrader = se dété-
riorer.^ endommager. Es. dégrader une
^liaison., dégrader un mur. A questo pro-
posito notiamo come le voci degradare.,
degradante., degradato nel senso di avvi-
tire., rendere abbietto siano riprovate dai
puristi per la loro provenienza francese,
benché la nuova Crusca le registri per
autorità dell'uso. Uso però della lingua
corrente, non del popolo: questo, per es.,
dirà : « io non mi sporco a fare la tal cosa »
e non dirà: « non mi degrado » . Nel senso
di diminuire di grado, di intensità, detto
delle tinte, sarebbe preferibile scrivere di-
gradare., digradazione.
Dégringolade: parola frequente: deriva
dal verbo dégringoler che nel senso pro-
prio vuol dire scendere a precipizio e
contro voglia a romjncoUo. Nel senso
figurato è frequente presso di noi.
Degustare: Y. Degustazione.
Degustazione e cosi il verbo degustare
non sono, come scrivo il Fanfani, « due
latinismi sguaiati da lasciarsi ai pedanti
fradici » ma bensì due francesismi dégu-
station e déguster = gustare d'un liquoi'e
per conoscerne le qualità, il sapore. Certo
le voci francesi provengono alla lor Volta
dal latino degustare e degustatio {gustus),
ma noi le togliemmo direttamente dal
francese. Le nostre buone parole sono as-
saggio., assaggiare.
Dehors : voce francese, contrario di dc-
dans : fuori, dentro. In un bellissimo ma-
nifesto italiano, si intende ! di non so quale
stabilimento di bagni o di acque termali,
trovo magnificati ai forestieri i « dehors
ombrosi » .
Déjeuner: cosi è chiamata sovente la
colazione del mattino che toglie dal di-
giuno; déjeuner., dal latino de ieiunare
cioè sdigiunare. Yi corrisponde, oltre a
colazione, la nostra buona e bella parola
asciolvere che per etimologia è pari a
déjeuner, cioè solvere jejunium, rompere
il digiuno., ma va cadendo o almeno ben
pochi la adoperano nella lingua dell'uso.
Uno studio su le belle parole italiane che
son moriture riuscirebbe piacevolissimo.
De l'audace, encore de l'audace, tou-
jours de l'audace (et la Franco est sauvée):
motto celebre di Danton, ministro di Giu-
stizia, all'Assemblea Nazionale, il 2 set-
tembre 1792. Eicorda la risposta del mare-
sciallo G. Trivulzio (1448-1518) a Luigi XII
che lo richiedeva quali elementi fossero
necessari per una sicura vittoria: Trois
choses sont absolument nécessaires : pre-
mièrement de l'argent., secondement de
l'argent., troisiérement de l'argent.
Delenda Carthago: Y. Geterum censeo
Cart/i(iginem esse delendam.
Delimitazione: per segnare i confini.,
ricorda ai puristi la voce francese déli-
mitation. Se gallicismo lo si vuol rite-
nere, parmi da ritenere altresì fra i gal-
licismi necessari.
^, Del
127 —
Dem
Deliquescenza: (dal latino deliquesco =
mi sciolgo) lo sciogliersi di corti sali por
l'assorbire che essi fanno dell'acqua sotto
forma naturale di vapore. Fr. délique-
scence.
Delirio di persecuzione : V. Persecu-
Delirium tremens: delirio tremulo ov-
vero delirio de' beoni, delirium tremens
potatorum. Esso ò caratterizzato da tem-
poraneo perturbamento della ragione, da
agitazione e tremolio delle membra e degli
organi della favella. Può assumere forma
maniaca e melanconica. Anche in francese
dicesi delìriimi tremens.
Delucidazione: questa parola non ele-
gante è usata spesso nelle scuole, per
spiegazione.! schiarirìiento., chiosa.
Demanio : dal fr. domaine = dominio,
basso lat. domanium : il complesso dei beni
stabili dello Stato, posseduto come patri-
monio proprio ; dicesi anche demanio per
indicare l'autorità e l'amministrazione a
cui sono detti beni affidati.
Demarcare : (fr. démarquer). Verbo u-
sato per lifnitare, separare. Così demar-
caxione (fr. démarcation) per Limitazione,
confine. Es. Linea di demarcazione. Il
Rigutini li chiama « sconci gallicismi ».
Certo sono parole superflue e di suono non
bello. V. demarcazione.
Demarcazione : fr. {démarcation). In ita-
liano è parola registrata soltanto dal Tra-
mater. Deiiva dal verbo marcare che pro-
viene dalla voce tedesca mark = confine,
onde la Marca i— regione.^ Marchese, si-
gnore della Marca. | Marcare è buon verbo
nel senso di apporre il marchio {mark.,
fr. marque.^ spag. marca., iugl. mark)
Onde al segno ch'io marco
va sti-idendo lo strale
da la cocca fatale.
Pauini, L' Educaxione.
r. di confinare., che oggi più non usa. Nel
cnso di notare., segnare è riprovato: così
dicasi di rimarcare., rimarchevole per no-
tevole., iiii^ignc., otc. Fr. rcmarquable.
Démarche : voce francese che significa
Itropriamonto modo di camminare., e nel
senso morale condotta, contegno, pratica.
Démarrage : termino marinaresco fran-
cese, da de e amarrer (cfr. il lat. marra):
l'atto dello sciogliere gli ormeggi delle
navi : questa parola è usata con valore
tecnico dai meccanici in vece di avvia-
mento., spunto., mossa dei veicoli, mac-
chine, automobili, etc. (In inglese Star-
ting., da cui Starter., voce usata, oltre
che negli ippodromi, anche in meccanica
e per designare certe disposizioni d'av-
viamento).
D'emblée: modo francese, quasi popo-
lare per indicare il compiersi di un'azione,
subito, con fortuna, senza fatica e pre-
parazione. Y. Emblée,
Déménagement: fr. sgombero.
Demi-mondaine: come la lingua greca
rigermoglia dalla sua morte per creare
nuove voci di nuove cose scientifiche, così
il francese ha il segreto di quegli eufe-
mismi che sono un indizio del mutato
senso morale. Demi-mondaine è la me-
retrice? la cortigiana? oibò! La demi-
mondaine è, per così diro, una profes-
sionista: vive delle sue grazie e delle
altrui, dà incremento alle mode e inse-
gna il buon gusto, favorisce l' importa-
zione delle ostriche e dello champagne:
è letterata: legge d'Annunzio e Prevost:
coi denari altrui antepone 1' acquisto dei
brillanti veri ai chimici. Frequenta le
stazioni climatiche, i bagni, etc. Un
gentiluomo può ben esserle cavaliere;
le dame le siedono senza sdegno accanto
ai concerti e alle prime rappresentazioni :
spesso ne copiano le eleganze supreme.
Cocotte, femme au trottoir indicano gradi
inferiori nel reggimento di Citerà. 11 nome
proviene da Demi-monde, titolo di una no-
tissima commedia di A. Dumas, rappre-
sentata al Ginnasio {au Gymnase) il 20
di marzo 1855. In essa con fine arte sono
rappresentate cotesto donne dalla parvenza
onesta, decorose, invece bacate noli' in-
terno, come talora avviene per le frutta.
Società equivoca, donna della, soeieiù
equivoca fu tradotto. Il vero è che a noi
manca tale voce precisa. Si noti ancora
che il senso della parola che secondo il
Dumas si riferiva solo allo donno che
hanno fatto uno o più scappucci ma ohe
tengono ancora alla apparenza dell'onestà
ufficiale, si esteso poi per significare lo
cortigiano di alto grado.
Doni
128 —
Den
Demi-monde: V. Demi-mondaine.
De minimis non curat praetor: mas-
sima del diritto romano ed è frase viva
tuttora per significare genericamente che
alle piccolezze non bisogna dare troppa
importanza. Dicesi anche solo de minimis.^
« delle cose piccolissime il Pretore non
tiene calcolo » .
Deminutio capitis: secondo il concetto
di Eoma antica caput., capo, indicava
l'insieme dei diritti di libertà, cittadi-
nanza e famiglia. Privare alcuno di questi
tre diritti o di uno. di essi era una demi-
nutio capitis^ m^axima., media., m,inima
secondo i casi. Dicesi oggi comunemente
deminutio capitis per significare perdita
di autorità, di prestigio e simili.
Demivierge: così al numero del piii M.
Prevost, scrittore francese oggi di molta
voga, intitolò un suo romanzo, narrando
le gesta di quelle mondane giovani donne
che conservano solo la verginità fisiolo-
gica. Il titolo elegantemente salace ha
fatto fortuna e la parola corre, anche
fra noi.
Democratizzare: fr. démocratiser cioè
convertila alle idee., alle istituzioni de-
mocratiche.
Democristiani o democristi : neol. re-
cente, detto dei cattolici con tendenza so-
cialista, ma deliberatamente ossequenti
alla volontà del Pontefice.
Démodé : fr. passato di moda. Non sarà
inutile l'avvertire come il popolo nostro
abbia una quantità grande di locuzioni e
voci vivaci e incisive per significare co-
tale concetto, specie ragionando di vesti-
menta.
Demografia: dal greco demos =- popolo
e grafo =^ scrivo, descrivo. Studio o scienza
sul movimento, numero, carattere, etc,
delle varie popolazioni. Di queste stati-
stiche molto si avvantaggia quella nuova
scienza (?) che si chiama sociologia.
Demolire, demolito, demolizione: sono
vocaboli molto usati nel senso figurato di
diffamare, screditare. Questi traslati tolti
dal francese demolir , démolition^ spiac-
ciono ai puristi. « Una delle più goffe e
delle più sguaiate metafore francesi » li
dice il Eigutini. Eppure...!
Demonografia e demonologìa: scienza
che tratta della natura e dell' influsso
de' demoni. Nell'evo-medio tale studio ri-
vestiva ufficio di somma importanza, at-
tribuendosi ai demoni un'azione grande
sui fatti e sull'umana natura. Forza della
vita, quasi misterioso microbio.
Demonògrafo o demonòlogo: colui che
tratta o fa studi su la natura e storia de'
demoni.
Demonolatrìa: l'adorazione del principio
del male, cioè del demonio, di che erano
incolpati gli antichi stregoni : follia o al-
lucinazione di chi crede adorare i demoni.
Demono manìa: delirio di carattere reli-
gioso che si manifesta col terrore del de-
monio e dell' inferno. Chi ne è affetto
crede di essere posseduto dal diavolo o
di essere votato al suo culto.
Demoralizzare : e così demoi-aliz^a-
%io?ie^ sono parole riprovate dai puristi
in quanto che ci provengono dal francese :
démoraliser, démoralisation. In quella
vece vi sono i verbi italiani corrompere.,
depravare, guastare e perdersi d'animo^
scoraggirsi., avvilirsi. Ma certo il verbo
demoralixxare ha più largo significato, e
parlando di eserciti in cui il senso morale
della disciplina e del dovere si è infranto,
sembra avere oramai valore di voce fissa
e precisa.
De nihilo nìhilum, in nihilum nil posse
reverti : nulla nasce dal nulla., nulla può
tornare in nulla. Persio (Satire., Ili, V,
83). Cfr. altresì Lucrezio (I, 206) ove è
confermato questo principio fisico della
eterna e indistruttibile materia. Yerò è
che il motto de nihilo nihilum si ripete
per cose anche di minor conto.
Densìmetro : istrumonto che serve a
misurare la densità dei liquidi.
Denteile: è in francese il nostro mer-
letto, e come questo deriva da merlo (di
mura) così quello da dent (dente). .
Dentifricio : da dente e f ricare., lat. =:
fregare, strofinare. Nome dato ad ogni
polvere, crema o preparato per pulire i
denti.
Denunziare: nel linguaggio della poli-
tica e del giornalismo significa disdire.
Es. « denunziare un trattato, un armisti-
zio » etc. Ai puristi ricorda il verbo dé-
noncer francese, usato in tal senso.
129
Der
Deo gratias: ultima frase della messa,
usata corno saluto ed entrando nelle case.
Ricorda Fra Galdino de' Promessi Sposi.
Oggi è motto conservato talora dai reli-
giosi, specie da' frati, questuanti, otc.
De omnibus rebus et quìbusdam aliis:
(/i tutte le cose e di altre ancora., cori-u-
zione, popolarmente lepida, del motto de
omni re scibili et de quibusdam aliis.
Del quale la prima parte è il titolo ine-
satto, riportato dal Voltaire della XI delle
novecento tesi sostenute in Roma nel 1486
da Pico della Mirandola: Ad omnis sci-
bilis investigationeìii et intellectionetn.
La seconda parte è un' aggiunta ironica
dello stesso Voltaire.
Deperimento: V. Deperire.
Deperire : secondo etimologia vorrebbe
per noi dire perire del tutto = de-pereo.,
latino. Noi invece usiamo la parola in
forza di cominciare a perire, tanto in
senso morale che fisico. Secondo i pu-
risti tale senso è tolto dal francese depe-
rir = pencher vers sa fin, ètre en voie
de destruction^ detto dell'organismo, delia
salute, degli stabili, delle cose. Così di-
casi della parola deperimento, fr. dépé-
rissement. Certo non mancano verbi no-
stri, peggiorare., andar a male., guastarsi^
scadere., etc. Ma siamo al solito caso della
parola unica, chiara, precisa.
Depilatòrio: fr. dépilatoire: preparati
farmaceutici contenenti sostanze caustiche,
usati per determinare la caduta di quei
peli, specie del volto muliebre e delle
mani che tolgono bellezza, essendo ove
esser non devono. Dai latini, osservatori
di tali mundizie, era detto psilothruìn.^ gr.
'FìÀod^iov : dagli obi-ei, merdocco.
Deplorabile: V. Deplorare.
Deplorato : V. Deplorare.
Deplorare: verbo latino che vuol diro
piangere^ dolersi grandemente. Questo
verbo oggi è molto usato con valore nuovo
e racchiude un curioso senso di eufemismo
0 attenuazione o di compatimento per le
umano miserie, così che spesso è usato
in voce di biasimare, condannare., verbi
troppo recisi e crudi. Così ad es. alcuni
deputati che furono impegolati in alcuno
losche operazioni di una già Banca Ro-
mana, sono semplicomonto dei deplorati.
A. Fanzini, Supiìlcmmto ni Dixioihari italiani
Insomma ciò che si condanna in un uomo
di condiziono comune, in un personaggio
qualificato e ragguardevole si deplora. La
cosa non è molto democratica, ma è umana.
Usato è pure l'aggettivo deplorabile per
biasimevole, brutto., sconcio, mentre per
noi deplorabile significa luttuoso, degno
di pietà., di pianto. È manifesto l'influsso
del déplorable francese in cui talvolta il
concetto del rincrescimento si congiunge
al biasimo.
Deportare : esilio perpetuo con perdita
di diritti civili, fuori del territorio conti-
nentale di Francia, onde le frasi: subir
la déportation; Étre condamné a la dé-
portation., etc. Ciò secondo il codice di
Francia, onde le parole déporter., dépor-
tation, déporté^ parole di origine latina
(de-portare) ma che in questo speciale
senso noi togliemmo dalla lingua francese.
All' Italia mancava anche la cosa : cioè
non la materia prima meritevole di de-
portazione che anzi abbondava né oggi
sarebbe manchevole, ma territori extra-
continentali, colonie, etc, codici e leggi
nostre, non essendo nazione, relegare.
Deportato: V. Deportare.
Deportazione: V. Deportare.
Depravazione: dal lat. de e pravus =
pravo, malvagio : nel linguaggio medico
indica quello stato anormale nel quale i
desideri dei sensi sono pervertiti. Es. de-
pravazione del gusto., dell'olfatto^ etc.
De Profundis: prime parole del salmo
CXXIX, che è il sesto dei sette salmi dell'i
penitenza, e si canta negli uffici funebri :
« Dal profondo ho gridato a te. Signoro,
Signore, odi la mia voce! ».
Depurativo: dicesi in medicina di quo'
farmaci che si reputano adatti a liberare
gli umori del corpo umano da' loro ele-
menti maligni e patogeni. La medicina
odierna non nutre, come l'antica, troppa
fiducia in simili curo.
Deragliamento : V. Deragliare.
Deragliare: verbo assai comune in vece
di fuorviare., uscire dalle rotaie. Rail è
voce inglese e significa sbarra., rotaia.,
onde rail-way r. la ferrata. Ma a noi il
verbo più probabilmente provenne dal dè-
railler o, meglio, dérailer francese. Ben-
ché vocabolo assai usato, esso entra nel
Dér
130
Dos
novero di quei gallicismi racilmente av-
vertiti e talvolta, per senso di pudore,
evitati. Nessun dizionario l'onora di regi-
strazione, e questa sorte che par giii co-
tanto, forse gli provenne dal bisticcio tra
esso verbo e ragliare.
Dérapage: neol. del linguaggio degli
automobilisti : dicesi quando la vettura
non sente più il freno: voce derivata dal
verbo déraper^ termine di marina, detto
dell' àncora quando non tiene e lascia an-
dar la nave alla deriva.
Derby: Lord Derby fondò nel 1780 ad
Epsom, contea di Surrey presso Londra,
questa corsa famosa, che ha carattere na-
zionale in Inghilterra ove corrosi annual-
mente, e di lì il nome e la cosa passò in
Europa. Il nome ufficiale è: The Derby
Stakes^ cioè iscrizioni del Derby ^ le quali
costituiscono il premio : corrono poliedri
di anni tre: la distanza è di un miglio e
mezzo inglesi, m. 2400. Il defunto re Um-
berto I fondò il Derby italiano, col premio
di L. 24,000 : si corre nel maggio a Eoma:
iscrizione lire 800. Quanto sia importante
tale corsa e quale fama possa ad es. ac-
quistarsi un cavallo, lo prova questo di-
spaccio :
La morte di « Bendar »
Londra, 10 gennaio, notte.
Il cavallo «Bendor » , vincitore del Derby,
0 morto stamane (Stefani).
NB. Molti valent' uomini si hanno a fa-
tica un cenno biografico ne' giornali! Ag-
giungi ancora, come segno dei tempi, che
un cavallo vincitore del Derby, acquista
un valore venale contro cui male reggono
gli sperperi lussuriosi di antiche età le
quali — a onor del vero — non aspira-
vano come la nostra a perfezione di ci-
viltà. Tolgo dalla cronaca: « Seeptre »
comperato per 625^000 lire: Ci telefo-
nano da Parigi, 1 aprile, mattina: Tele-
grafano da Londra al Neiv York Herald.,
edizione di Parigi, che il famoso cavallo
Seeptre venne comperato dal signor Bass,
il notissimo e ricchissimo fabbricante di
birra inglese, per la somma di 625,000 fr.
Questo prezzo di acquisto di un cavallo
non venne mai sorpassato, fuorché due
I volte dal duca di Westminster e dal si-
gnor Edmondo Blanc! »
Deriva: termine mar.: trasporto della
nave fuor della propria rotta per effetto
di opposta corrente : laddove scarròccio e
scarrocciare è l'andar sottovento per ef-
fetto del vento e del mare in direzione
obliqua alla chiglia.
Derma: voce medica, dal greco derma
r= pelle, cioè lo strato che insieme all'e-
pidermide, forma la pelle ocute: è formato
da tessuto connettivo e da fibre elastiche.
Di cesi anche corion ., dal gr. Xóqiov, cuoio.
Nella scienza medica dalla voce derma
derivano molte parole.
Dermatite: infiammazione o malattia
della pelle., e con questa voce generica si
sogliono indicare le variatissime affezioni
della pelle, le quali poi prendono speciali
nomi secondo i casi. Onde la voce der-
matologìa per indicare quella branchia
della patologia che ha per suo istudio le
malattie cutanee.
Dermatologia: Y. Dermatite.
Dernier cri : l'ultimo grido, la suprema
espressione^ etc. Modo di dire francese,
venuto sino a noi ed usato talora in ispe-
ciali significati. Es. « La tal foggia di ve-
stire è il dernier cri della moda ».
Derno : V, In derno.
Déroute: uguale anzi ugualissimo dirotta
cioè sconfitta, dal latino de-ruptus. Ma
come tutte le voci francesi sembra, in un
certo nostro ceto e linguaggio giornalistico,
che inchiuda in sé pili vivace senso. Es.
« La seduta antimeridiana aperta da... con
una cinquantina di deputati, segnò una
nuova déroute per... etc. ».
Dervis : vocabolo che significa in per-
siano povero. Ordine religioso, secondo
la fede di Maometto. | I partigiani del
Mahdi nel Sudan orientale.
Desèrre : V. Dessert.
Deshabillé: abito da casa o da camera,
e dicesi solo della donna: Deshabillé de
nuit, deshabillé du niatin, joU deshabillé.
Essere in deshabillé; locuzione francese
che noi usiamo e di cui non sembra pos-
sibile far senza. Come saggio però del
tempo quando la lingua italiana aveva
virtù organiche più salde che ora, ricordo
il Tasso wqW Aminta ove parla di Silvia:
Do
131 -
Des
od incolia si vide e si coiupiacciue
perchè bella si vide aucorcliò incolia:
10 me no avvidi e tacqui.
E altrove, pure il Tasso :
Nò te, benché negleita, in manto adorna
tiiovinetta beltv vince e pareggia.
Corto la lingua italiana non ha la parola
dall' impronta fissa come il francese, ma
la parola e la frase sono piiì liberamente
plasmate dal genio dello scrittore.
Desiderata : pi. neutro latino che vuol
dire le cose desiderate^ ed è parola usata
tspecie nel linguaggio dei bibliofili e de'
librai per indicare quelle opere che sono
ricercate perchè rare e poco note : deside-
rata si disse eziandio delle nozioni scien-
tifiche che sono manchevoli: da questo
latinismo antico e comune derivò verosi-
milmente il neol. seguente.
Desideratum : parola neologica del gergo
francese, usata anche in italiano per in-
dicare in ispcciale senso cosa che manca
e che è desiderata. La paix est le desi-
deratum du progrès. Questa parola è oggi
molto frequente nel linguaggio politico :
i\ì pi., tanto desiderata alla maniera fran-
€(!se, come desiderati.
Desinit in piscem : termina in pesce.
E interamente: «Donna bella nel volto
e nel petto, finisce sconciamente in figura
di mostro ! » così Orazio finissimamente
nel principio della sua epistola ai Pisoni.
ove dà i noti e perfetti ammaestramenti
.sull'arte : e in questo caso accenna allo
-sconcio della disarmonia delle parti, ai
libri senza capo né coda. | Desinit in pi-
.Hcem dicesi poi liberamente di opero belle
in principio, brutte in fine.
Desolante: è voce verbale del verbo de-
solare — devastare.^ e poi nel senso mo-
rale di affliggere^ sconfortare. Voce, dun-
que, più che buona, ma l'abuso che se
no fa invece di doloroso, affliggente., scon-
solante., pietoso., etc. ricorda ai puristi
troppo da vicino il modo uguale francese :
désolant.
Dessert: non si riscontra questa parola
nella lingua francese che dopo il XVI se-
colo. Vuol diro l'ultimo servizio del pranzo,
<3omo formaggio, frutta, dolci, vini fini,
liquori. Oramai questa parola è entrata
nell'uso e fu tradotta in deserre, e a Lucca,
assicura il Fanfani, in desertaV.y Noi po-
tremmo usare semplicemente frutta 0 se
si tratta di un maggiore apparecchio, po-
tremmo rinnovare la bella voce antica
seconde ìnense. Ma la forza di richia-
mare in vigore buone locuzioni o di crearne
di nuove, acconce e nostrane, difetta al-
l' italiano odierno. Nel citato libro dello
Scappi, dove sono registrati gli inverosi-
mili servizi alle mense pontificali, un unico
vocabolo, cioè « servizio di credenza » serve
ad indicare tanto Vhors d'oeuvre come il
dessert. Per l'etimologia questa parola pro-
viene da dessermr., dunque alla lettera
« servito » che è parola altrettanto clas-
sica in questo senso come semispenta.
Dessert è oramai parola conquistata dal-
l'uso tra noi. Giardinetto non è propr.
il dessert^ né si presterebbe alle locuzioni
d'uso, come ad es. essere al dessert.
Dessous: sost. masch. francese e vuol
dire il di sotto cioè la parte nascosta di
una cosa. Anche questa parola é usata :
Es. « Ha il torto massimo di dire, di stam-
pare e di firmare quello che pensa, abbat-
tendo fame usurpate, rivelando i dessotts
finanziari di certe compagnie». Significa
anche dessous le sottovesti delle donne.
Les filLes aux gorges provocantes et aux
dessous parfumés. Ma è voce del gergo.
Destinatario: indica in commercio, negli
uffici di spedizione la persona a cui è di-
retta una merce. Ai puristi ricorda la pa-
rola francese destinataire : ma il Rigutiiìi
ammette che « difficilmente si potrebbe
sostituire con una sola parola. Kinianga
dunque ai mercanti ». Ma il secolo oggi
è mercante e tutti l'usano, anche i non
mercanti di professione.
Destituzione: l'atto col quale un uffi-
cialo 0 funzionario dello Stato viene, per
gravissime causo, privato dell' impiego e
della carica. È la maggior pena che il
Potere esecutivo possa infiiggero ad uìi
funzionario, né va confusa con la licenza,
nò col collocan\onto a riposo.
Destra: nel noto senso politico è voe-e
notata nei roconti lessici: corto di pro-
venienza francese : la droite - ensemble
des députcs ou des scnateurs qui s^iègent
à la droite da président de rassctithlée.
Des
— 132
Det
Cesi le parti des sfationnaires^ et des
rétrogrades.
Destroyer : nomo inglese di cui facil-
mente si scopro il significato : distruggi-
tore. Esso è dato a quelle navi da guerra
di l'occnte invenzione il cui scopo preci-
puo è quello di distruggere le torpediniere.
Torretta e ponto corazzato, cannoni a tiro
rapidissimo, velocità massima caratteriz-
zano i destroyers. La voce nostra equi-
valente, usata in marina promiscuamente,
è cacciatorpediniei-a.
Detective: voce inglese, dal latino de-
tegere = scoprire. Dicesi dell' abile ed
astuto agente di polizia segreta, il cui
ufficio è di seguire o scoprire le tracce
d'un delitto.
Detector: scopritore^ dal latino de e
tegere = scoprire : voce inglese con la
quale, nella telegrafia Marconi, si intende
queir apparecchio che serve a scoprire la
speciale origine dei telegrammi.
Determinismo: nome nuovo di cosa an-
tica: indica quella filosofia positiva, ma-
terialista, fatalista che è contraria al con-
cetto cristiano del libero arbitrio, della
grazia, della provvidenza, della redenzione
per opera di una forza superiore. Chiunque
pone lo spirito in assoluta dipendenza della
materia e fa della psicologia una conse-
guenza della fisiologia, non vede insomma
nel pensiero che un effetto del moto ce-
rebrale, è costretto dalla logica ad accet-
tare cotesta dottrina che nega F influsso
della volontà, o, per dir meglio, considera
gli atti della volontà come determinati da
tutta altra causa che non la volontà in
se. E se questa spiegazione può spiacere
ad un determinista, diamone una seconda
informata ai principi del determinismo;
né ciò paia scetticismo di me, autore. Il
vero è che il mondo e l'uomo, determi-
nismo 0 divina provvidenza che sia, non
muteranno. Ecco intanto la spiegazione :
In filosofia si dà il nome di determinismo
a quella dottrina che fa dipendere i nostri
atti non da una volontà assoluta, come
insegna la religione cattolica, ma da mille
cause dentro e fuori di noi che li deter-
minano. Con ciò non è detto che la nostra
ragione non eserciti alcun influsso sui no-
stri atti, anzi essa può in date circostanze
influire grandemente su la nostra decisione
cioè su la conversione in atto delle cause
che servono come di base ai nostri ragio-
namenti e li determinano. Questa dottrina
è la logica conseguenza del postulato che
l'universo è sottoposto alla legge impre-
scindibile di causa ed effetto, ed è vera-
mente anormale la cocciutaggine di certi
filosofi che vogliono porre le forze intel-
lettuali e vitali dell' uomo fuori dell' in-
fluenza universale, e quindi fuori dell'u-
niverso. L'universo essendo infinito, non
e' è nulla fuori dell'universo, e tutto ciò
che ne sappiamo di sicuro essendoci ve-
nuto pervia naturale indagando la natura,
è più logico credere che l' incomprensibile
per noi si possa spiegare per via naturale
che col tirare in ballo forze sopranaturali
di cui non sappiamo niente e che non ci
arrecano nessuna maggior luce nella grande
incognita dell'universo. Dopo le quali gravi
cose, ricordo come la parola determinismo^
è tolta, come importazione diretta, dal fran-
cese déterminisme^ che, nel senso anzi
detto, si trova solo ne' lessici recenti.
Determinista: seguace del Determini-
smo. V. questa voce. Dal fr. déter^niniste.
Detestabile : « fr.détestable [da detestare
= altere in orrore, in odio] significa in
it. abbominevole., che desta orrore; non si
dice quindi che delle cose più gravi. —
Es. Parricidio., delitto detestabile. Per
cattivo^ pessimo è uso enfatico, che ha
riscontro nell'uso consimile di abbomine-
vole. — Es. : « In questa bettola noi ab-
biamo bevuto del vino detestabile per del
vino 'pessimo^ del vino scellerato., del vi-
naccio » (Allan, op. cit.).
Détresse: lat. districtio, qimsi' stretta ^
cioè bisogno., gran pericolo. Noi per in-
dicare la mancanza di danaro abbiamo,
oimè ! un' infinità di espressioni, sì pro-
prie come metaforiche, sì letterarie che
dialettali, che è inutile ricordare. Il ri-
correre anche per questo alla buona lin-
gua sorella è una vera pietà. Es. : « 11
lavoro piacque a... che mandò a chiamare
l'autore e questi si presentò subito alle-
grissimo perchè si trovava in un momento
di détresse » .
Detritus : voce latina da de e tèrere =
consumare, usata in quasi tutte le lingue
Det
183
Dia
por significare i residui di una sostanza
0 di un corpo distrutto e ridotto in fram-
menti per processo di disorganizzazione o
di necrobiosi, o per effetto di reazioni chi-
miche.
Dettagliare: V. Dettaglio.
Dettagliatamente: «non ha un esatto
corrispondente in francese, ma è foggiato
su en détail per minutamente, in tutti i
particolari., al minuto, a ritaglio » (Al-
la n, op. eit.).
Dettaglio : per particolare^ circostanza
è voce che vince nell'uso e proviene dal
francese détail, così dicasi dei derivati
dettagliare per circostanziare^ dire mi-
nutamente, per filo e per segno.
Deus ex machina: il dio dal mecca-
nismo. Noi teatri antichi i numi appari-
vano sorretti da alcun meccanismo e spesso
la loro venuta valeva a sciogliere il nodo
dell'azione : del qua! mezzo, troppo facile,
esorta Orazio nella sua Arte Poetica di
non usare. Dicesi oggi deus ex machina
non solo in senso drammatico, ma per
significare l' intervento di qualcuno che
scioglie, decide una questione ; specie in-
tendesi di operatore occulto e potente.
Deus nobis haec otia fecit: un dio ci
procurò questo riposo^ così Titiro, bifolco,
a Meliboo nella 1^ Egloga di Vergilio, al-
ludendo alla munificenza di Augusto im-
peratore.
Deveine: nei termini del giuoco signi-
lica in francese il contrario di vena, quindi
disdetta. V. Ouigne: Voce del gergo.
De visu : lat. di veduta e si dice di cosa
vista, non sentita.
De visu et de auditu: chiamano i le-
gali quei testimoni che riferiscono coso
personalmente vedute ed udite.
Di : « se devesi scrivere come si parla,
l'uso parlato non lascia mai la preposi-
zione di innanzi al nome del mese o del-
l'anno. Ondo non mai si direbbe Verrò
il 25 agosto ma di agosto. Pure, scri-
vendo, è uso oramai comunissimo il tra-
lasciarlo por una ellissi, ohe credo avesse
origino dai mercanti. — Si erra poi stra-
namente usando lo ju'oposizioni articolato
del^ dello., della, (?tc. in luogo della sem-
plice di., quando diciamo, per es. « La
tal(^ hii dcltr braccia bellissimo » ]>or si-
gnificare che ha braccia o le biaccia bel-
lissime: e dicendo così, si fraintende l'uso
toscano che dice : « Ha di gran belle brac-
j eia ». La di., usata a quel modo, è fran-
] ceso ». Così il Rigutini, A queste sottili
! osservazioni di carattere grammaticale a
, me piace aggiungere questa altra nota,
cioè la tendenza odierna a sopprimere il
: segnacaso c?«, e questo o per amore di
brevità, specie nelle scritte commerciali,
j 0 per effetto di altre lingue, o per incuria.
j Es. Scarpe tela -vela caffè., Esposizione
I Milano., etc. Così il rapporto di materia
I che solca esprimersi col di., ad imitazione
! del francese, oggi si esprime con V in e
I col di senza alcuna stabile norma. Es. :
Scarpette in raso., Abito in seta., etc.
V. In.
Diabète : (gr. diabàino =z passo attra-
verso) voce medica generica con la quale
si designano molte malattie, distinte da
! alcuni caratteri comuni : eccesso della sete
■ 0 della fame, gran copia di urina, corrotta
I nella sua composizione chimica, caches-
i sia consuntiva che conduce a lenta fine.
I Spesso col nome diabete si suole indicare
! quella forma più comune che è il diabete
1 zuccherino.
Diaforèsi : termino medico derivato dal
i greco, òiacpoQécù = passo attraverso., quin-
di traspirazione, sudore.
Diaforetico: = sudorifero. Termino me-
dico per significare quo' medicinali o quelle
curo che servono a promuoverò il sudore.
I Diagramma: curva rappresentativa della
i legge di un fenomeno fisico, meccanico,
matematico.
Diapason : (fr. diapason) dal greco dia
-= por 0 pasòn — tutto (Io note) : indica
l'estensione dei suoni che una voce o un
i strumento può percorrere, dai più gravi
ai più acuti. Usasi anche in senso figu-
rato. I Diapason è detta anche quel, a
specie di forchetta d'acciaio a duo branche
che, vil)rando, dà il tono e servo ad ac-
cordare gli istrumenti. Italianamente co-
rista.
Diaspis pentàgona: nomo di un insotto
esiziale ai gelsi, ond(» intristiscono: ò una
specie di nuova cocciniglia, importata,
|)ar(\ dal (ìiappono (1880),
Diatesi : gr. diàthesis cost.ituzion<\
Die
— 134
Dig
Con questa parola sogliono i medici si-
gnificare la disposizione intima di un
corpo, diversa da un individuo ad un altro.
sì nello stato di malattia che di sanità.
A questa disposizione venivano attribuite
le malattie, come supposte di identica
natura ancorché varie per sintomi clinici
e sede anatomica. Il nuovo studio su hi
natura infettiva e parassitaria di molte
malattie ha fatto perdere a diatesi l'esteso
significato.
Dichiaramento: nel gergo della camorra
napoletana dichiaramento è il nome dato
alla sfida a duello fra gli affigliati. Esso
si eseguisce di solito a colpi di rivoltella :
tirasi air impazzata e spesso rimangono
feriti 0 morti passanti e curiosi. — La
voce è spagnuola e dopo tanto tempo da
quel dominio in Napoli, si mantiene viva
e uguale la parola e la cosa, tranne lo
modificazioni arrecate dal progresso e dalle
armi. — Contro questi duelli di più per-
sone, oltre alle attuali leggi, esistono i
bandi antichi spagnuoli ; ma pare che
questi avessero la medesima efficacia delle
gride che Don Fernandez Gonsalvo de Cor-
dova bandiva in Lombardia verso quel
torno di tempo.
Dicitore : questo bel vocabolo antico
che significava parlatoo-e, oratore ele-
gante, e che il Petrocchi colloca fra le pa-
role fuor dell'uso, sembrami dalle odierno
tendenze estetiche e letterarie essere ri-
chiamato all'onor dell'uso.
Dlcitur : lat. si dice : usasi per raffor-
zare talora ironicamente un concetto di
congettura e di dubbio.
Dì comodo : ovvero di favore si dico
in gergo commerciale di quella firma che
si appone ad una cambiale affinchè essa
abbia la garanzia sufficiente per essere
ammessa allo sconto, cioè commutata in
danaro presso una Banca. In altri ter-
mini non rappresenta un affare, ma un fa-
vore chiesto e concesso da un terzo ; di
cui talvolta si usa e si abusa. Distin-
guonsi tre specie di cambiali, finanziarie,
di affari, di comodo. Questa ultima specie
di firma dicesi anche francesemente :
Avallo. V. questa parola.
Dicrotismo: (ó/^, due volte e ngóvog.
suono) termine medico che significa doppia
pulsazione del polso, la quale è avvertita
dalle dita in certi stati patologici.
Didimi: V. Appendice.
I Diem perdidì : ho perduto un giorno.
[ Motto attribuito in Svetonio all' impera-
I toro romano Tito. Cosa curiosa! queste
due grandi massime romane del risparmio
del tempo e del rispetto alle leggi {legunt
servi sumiis ut liberi esse possìmus) sono
nate in Italia, il paese del perditempo e
del disprezzo o, per essere più precisi,
della noncuranza delle leggi!
Dies irae: il giorno deirira., cioè il
giorno della vendetta, della resa dei conti,
del redde rationem.^ e propriamente e nel
primo senso, al Signore Iddio. E il prin-
cipio del noto e bellissimo canto liturgico :
Dies irae, dies illa
solvet saeclum in favilla
teste David cum Sibylla.
Dietro : le locuzioni dietro pagamento,
dietro istanza., dietro domanda, etc, in
vece di per istanza, confor7ne alla do-
manda, etc. sono riprovate dai puristi
come ineleganti e curialesche. | La locu-
zione esser dietro a fare una cosa, in-
vece di star facendo o attendere ad una
cosa e simili, se può scusarsi nel discorso
familiare, disdirebbe, certo, ad una nobile
scrittura.
Dieu et mon droit: Dio e il mio di-
ritto : motto della casa reale inglese.
Difesa personale: è quella che si op-
pone ad ingiusta ed inopinata aggressione,
tale che il danno non possa essere ovviato
se non opponendo violenza a violenza,
arma ad arma. Il Codice penale dispone
non esservi reato quando le ferite sono
arrecate per legittima difesa.
Differenziazione : altra delle parole se-
squipedali in zione : fr. differentiation.
Digestione (visita di) : così familiar-
mente, ma non solo per celia, in Milano
è detta quella visita di cortesia che si co-
stuma fare dopo alcun invito a pranzo.
Locuzione recente, che deve aver avuto
origine dal motto arguto della persona
che prima l'usò.
Digitale: (digitalis purpurea, L.) pianta
cosi chiamata dalla corolla a forma di di-
tale. Se ne toglie uno de' più pregevoli
medicamenti, usato e noto specialmente
135
coinè moderatore dello pulsazioni car-
diache.
Di gran mattino: invece che di buon
mattino è conforme al francese de grand
matin. « Al giorno ancora acerbo », così
poeticamente il Poliziano nelle sue Stanze.
Dilatazione di stomaco: aumento della
capacità dello stomaco, il « tristo sacco »
come dice Dante, dovuta, sia ad una causa
meccanica (stenosi del piloro o lesione
delle tuniche muscolari) sia ad una sem-
plice rilassatezza delle pareti dell'organo.
La stasi o sosta degli alimenti e il loro
fermentare é cagiono di gravi turbamenti
e di auto-intossicazione cronica.
Dilazionare: V. Dilnxione.
Dilazione e dilazionare: sono neolo-
gismi del linguaggio commerciale e degli
uffici. 1 À. dilazionare ìoiraiiioà^i un nome
verbale, si può benissimo sostituire il verbo
differire: ma è certo che il nome dila-
zione non trova una parola equivalente
e comoda. Si dirà, è vero : comprare un
oggetto a tempo o a respiro e nel lin-
guaggio familiare si dirà : mi concede una
proroga; mi dia un po' di respiro: ma
certo è che dilazione ha preso carattere
tecnico e preciso. Anche il Petrocchi la
registra. Per curiosità noto come il Rigu-
tini, condannando il verbo dilazionare^
dica : « E una di quelle superfetazioni
che nascono dal verbale di un altro verbo ».
E superfetazione è una parola bella in
bocca a un purista? o non piii tosto
un brutto traslato francese? Ciò prova
quanto sia difficile sfuggire al genio del
proprio tempo e come sia necessario su-
bire il genio etnico altrui quando il pro-
prio difetta.
Dilettantismo: è in arte il maggior ne-
mico dell'arte vera. Dilettantismo è, per
intenderci, la passione che certo anime
privo di « mente arguta e cuor gentile »
hanno nella loro giovinezza di stampare
un romanzo o un volume di versi. Vanità
ed ozio fomentano il dilettantismo^ come
severità e pazi(uiza confortano l'arte.
Dimissionario: Ir. démissionaire, dicosi
dell' ufficialo pubi ice che ha dato le sue
dimissioni. Vocabolo più frequente o del-
l'uso che rinunziatario.
Dinamismo : tiu'm. fisiol., \)(sy contrasto.
equilibrio delle forze è dal fr. dynaniisme
(gr. dynamis =: forza].
Dinamitardo: neologismo da dinamite
{dynatìiis = forza). Cosi sono chiamati
quei rivoluzionari che intendono adoprare
questo perfetto mezzo esplosivo a vendetta
0 a miglioramento del mondo, o dell'una
e dell'altra cosa insieme, giacche non è
facile penetrare noli' intenzione di costoro.
Dal fr. dynamitard rs: dynamiteur.
Dinamitare: far saltare con la dina-
mite. Verbo caro al linguaggio dei rivo-
luzionari. Mezzo semplice e sicuro di ri-
forma sociale. Dal fr. dynamiter, neol.
Dìnamo: (dal greco dynamis = forza)
nome femminile in o con il plurale uguale
al singolare. (Avviso ai grammatici che
mano ha una sorella). Motore elettrico
a corrente continua in- cui il campo ma-
gnetico è determinato da un elettro ma-
gnete: e, per dare più chiara spiegazione,
apparecchio destinato a trasformare l'e-
nergia di una corrente continua in lavoro
meccanico e viceversa : questa macchina
si compone di un elettro magnete fìsso,
le cui espansioni polari circondano un
tamburo rotante, sul quale è avvolto in
successive spirali il filo ove circola la
corrente elettrica. In francese dynamo.
Dinamometro : termine generico per in-
dicare un misuratore di forza o di lavoro.
Dinastia : con nuovo senso e uso fami-
liare, spesso ironico, si designano col
nome di dinastie certe famiglie in cui un
potere cittadino è mantenuto per brighe
e clientele proprie, debolezza e mancanza
di senso civile nella cittadinanza.
Dindo : in cambio della voce tacchino., di-
cesi specialmente nell'Alta Italia; fr. dinde,
n. f. abbreviazione di poule d'Inde. È
voce non buona, registrata nei dizionari
recenti. | Per indicare questo gallinaceo,
sacro alle agapi umane, le voci, comprese
quelle dialettali, sono parecchie corno av-
viene por qualche altro oggetto o animalo,
il ohe è gran pena por quo' grammatici
che si studiano di ridurre ad unità il lin-
guaggio italiano: tacchino., dindo, dindio.,
gallinaccio, pollo d'India, poUn, pit., plif.
Dine : (gr. dynamis forza) nomo scolto
nei congressi internazionali dì lìsica por
indicare l'unità dì forza: è la forza no-
Din
— 136
Di^
cessarla ad imprimerò alla massa di un
grammo l'accelerazione di un centimetro,
al minuto secondo.
Dining room: è in inglese quello che
in Milano dicesi francesemente salle à
manger e che gli italiani dicono ancora
sala 0 stanza da pranzo o tinello.
Dinosauri: specie di rettili fossili, si-
mili ad enormi lucertole.
Dinoterio: nome di formazione scienti-
fica per indicare una specie estinta di
mammiferi giganteschi, simili agli ele-
fanti.
Diorite : roccia cristallina, composta di
amfìbolo e di feldspato oligoclasio.
Diplopìa: dal greco, e vuol dire doppia
vista. Così in medicina è chiamata quella
infermità della vista, prodotta da uno spo-
stamento nel parallelismo dei due assi
visuali, per la quale un oggetto produce
due sensazioni distinte e sembra quasi
doptpio.
Di poema degnissima e d'istoria: verso
talora ripetuto lepidamente a modo di in-
tercalare {Gerusalemme liberata ^ILN ^^"02)^
e il Tasso lo tolse dal Petrarca:
degna
di poema chiarissimo e d'istoria.
{Trionfo della Morte, I, 35, 36).
Dipsòmane: (dal gr. òlym, sete e juavia)
termine medico ; e dicesi di colui il quale
abitualmente o per malo uso o per alcun
difetto organico sente il bisogno di ingur-
gitare grandi quantità di liquido, vino,
bibite, acqua, etc. L' astratto è Dipso-
manìa^ ma specialmente intendesi del-
l'impulso che alcuni degenerati hanno per
lo bevande alcooliche.
Diramare : nel noto senso degli uffici, di
mandare.^ spargere un ordine o un re-
scritto, è dai puristi giudicato « modo
barbaro », ma se anche esso è tale, l'uso
lo rende civile. Lo registra il Petrocchi
ed altri.
Direttissima: V. Per citazione.
Dirigibile: agg. sost., nave aerea ca-
pace di esser diretta. Neol.
Diritti dell'uomo: l'Assemblea Costi-
tuente francese nel 1789 publicò i diritti
dell' uomo {Déclaraiion des Droits de
l'homme) che divenne il primo capitolo
della Costituzione del 1791, e restò il
fondamento del diritto publico sì in Fran-
cia come presso quelle nazioni che si ri-
sentirono dell'effetto della rivoluzione fran-
cese. E il caso di recare testualmente ciò
che tutti citano ma pochi sanno precisa-
mente : « La nature a fait les hommes
libres et égaux; les distinctions néces-
saires à l'ordre social ne sont fondées
que sur l'utilité generale. Tout homme
nait avec des droits inaliénables et im-
prescriptibles : tels sont la liberto de toutes
ses opinions, le soin de son bonheur et
de sa vie, le droit de propriété, la dispo-
sition entière de sa personne, de son in-
dustrie, de toutes ses facultés, la com-
munication de ses pensées par tous les
moyens possibles, la recherche du bien
étre et la résistence à l'oppression. L'exer-
cice des droits naturels n'a de bornes quo
celles qui en assurent la jouissance aux
autres membres de la socióté. Nul homme
ne peut étre soumis qu'à des lois con-
senties par lui ou ses réprésentants ».
Diritto canonico : diritto ecclesiastico,
fondato sui cànoni della Chiesa, le Sacre
Scritture, i decreti de' vari concilii, le
costituzioni de' papi, gii usi e le autorità
dei fatti avvenuti. Ha per obbietto di re-
golare la gerarchia ecclesiastica, ma spe-
cialmente i rapporti della Chiesa con le
diverse Podestà temporali.
Diritto divino : diritto che si considera
come voluto da Dio. Comprende le regole
che le Sante Scritture rivelano agli uo-
mini. Per un abuso del vocabolo si chiamò
diritto divino un fittizio diritto pel quale
i principi avrebbero la loro autorità da
Dio e non dalla volontà dei popoli, onde
la distinzione delle monarchie di diritto
divino e le monarchie costituzionali o rap-
presentative.
Dis : lat. dis., gr. òvg^ prefisso insepa-
rabile (in greco opposto ad ev = bene) si-
gnifica interruzione, dispersione, divisione:
distrugge il senso positivo o buono della
parola cui si prefigge; es. disperdere^ dif-
fìcile., distogliere^ disonesto^ etc.
Disappunto: per contrarietà., aspetta-
zione delusa, cosa che non cade al suo
punto, è ripreso dai puristi come galli-
cismo désappointement.
\)[i
— 137
Dis
Disarmare: termine marinaresco. Vedi
Armare.
Disarmare: per placare (letterario), cal-
mare, vincere, rabbonire^ etc. è verbo
comune oramai : i puristi lo riprendono
rome francesismo : désarmer., fig. = cal-
ììier, apaiser, flechir. Es. cherchex à
désarmer vos ennemis plutót qu' à les
raincre.
Disavanzo: Teccedenza del passivo su
Fattivo in un bilancio.
Disbrigo: detto della spedtxiotte degli
a/fari è voce su cui i puristi non si ac-
cordano : si accorda l'uso che sancisce tale
vocabolo, buono o cattivo che osso sia.
Discente : voce pedantesca, latinismo
inelegante, usato talora nelle scuole per
alunno, scolaro, etc.
Discentrare : (da dis dispersivo e nega-
tivo, e centro) togliere alle amministra-
zioni centrali dello Stato molte delle sue
attribuzioni per concederle ai comuni, alle
Provincie, insomma ad autorità autonome.
Contrario di acceìitrare. E così i due nomi
discentramento e accentramento.
Discorsa: termine spregiativo per indi-
care, in modo assai familiare, un discorso
lungo od insulso.
Discrasìa: (gr. c?*s, negativo e krasis
'sz temperamento) nel linguaggio medico
significa cattiva costituzione dell' orga-
nismo.
Discrezionale (potere): nella nostra legge
])enale si dice discrezionale quel potere
di cui è investito il Presidente della Corte
d'Assise, in virtù del quale potere, durante
il corso di un dibattimento e in tutto ciò
<he la legge non proscrive e non vieta
sotto pena di nullità, può faro quanto
«'gli stima utile per iscopriro la verità.
iiOcuziono tolta dal francoso potwoir di-
scrétionnaire.
Diseuse : la nostra lingua italiana ha
la voce classica dicitore })or oratore, ar-
ringatore^ dicitore in rima; ma invano
cercheremmo la voce femminile dicitrico:
torse ])erchò la donna ciarla ma rara-
mente dice? Bisogna (srodero che gli an-
tichi avessero (juesta opinione così in
contrasto con le idee femministe dell'oggi.
Certo ò che il vocabolo manca o non è
usato, e l'unico es»Mìi|)io che roca il Tni-
mater è assai poco chiaro. Per il senso
in cui noi usiamo la parola francese di-
seuse, V. Chanteuse.
Disfare: al presente fa io disfo, e dis-
faccio, all' imperfetto disfaceva o non dis-
fava e così dicasi degli altri composti di
fare. Avvertimento non del tutto superfluo.
Disguido: voce comune per significare
un errore di spedizione.
Disidratare: togliere completamente l'ac-
qua allo sostanze che si vogliono essic-
care: vocabolo del linguaggio de' chimici.
Disiecti membra poetae : dicesi con
speciale senso di luoghi o parti spiccio-
late dell'opera di un autore, e letteral-
mente : membra dello sparso poeta : emi-
stichio di Orazio (Sat. I. 4, 62).
Disimpegnare: (da dis e impegno) nel
senso di esercitare bene, adempiere, so-
stenere un ufficio è appuntato dai puristi.
Suo vero senso è levare d'impegno, scio-
gliere, 0, nella forma neutra passiva, scio-
gliersi da un obbligo, da un assunto. A
dir vero il passaggio dall' uno all' altro
senso non mi pare difficile e strano.
Disincagliare: in marina vuol dire to-
gliere il bastimento dal luogo ove è in-
cagliato e rimetterlo a galla.
Dislivello: usasi tidora per slivello, dif-
ferenza di livello.
Dislocamento : in marina significa il vo-
lume e il peso dell'acqua spostata dalla
carena.
Disobbligare : verbo derivato dalle forme
latino dis-ob-ligare zn slegare, sciogliere
dall' obbligo ; il contrario di obbligare ■s:z
gratificarsi uno, cattivarsene la benevo-
lenza, etc. : quindi disobbligare ~s. fare
atto scortese, alienare da sé. Tale verbo
noi togliemmo dal francese désobligcr: lo
stesso dicasi di disobbligante, accettato a
vero dire dalla nuova Crusca nel senso
di scortese, poco gentile, etc.
Disorganizzare: V". Organizzare.
Dispensario: (lat. dispensare :: distri-
buirci, fr. dispensaire) istituto, di solito
di fondazione ospitaliora, ove si danno
consulti 0 modiciiu» senza accogliore in-
formi.
Dispepsia: dal gr(>co peplo o pepso =
ammollire, maconir(>, maturare, cuocere,
digerire, e dis pn'flsso negativo, dunque
188
Div
(3iò' che volgarmente dicesi indigestione, i
Dispepsìa chiamano i medici con voce
generica quei disturbi passeggeri, localiz-
zati allo stomaco, per eifetto di alterazioni
chimiche dei succhi gastrici o per cause
anatomiche.
Dispiaciuto: ^^qv dispiacente : formati-
pica 0 brutta del dialetto napoletano.
Dispitto: per dispetto, sdegno: voce an-
tiquata ohe vive nella locuzione « in di-
spitto » per effetto della divulgata popo-
larità del Canto X doìV Inferno dantesco :
come avesse V inferno in gran dispitto.
Dispnèa : (gr. dis che ha senso avver-
sativo, e pQièo = respiro) in medicina si-
gnifica la difficoltà di tirar su il fiato, la
(juale si accompagna a molte malattie.
Disponibilità: (fr. disponibilité., officier
en disponibilité) dicesi degli ufficiali dello
Stato, dispensati dal prestar servizio per
soppressione d'ufficio o per riduzione de'
ruoli organici.
Distaccamento : termine militare tolto
dal francese (détachement) . Indica quella
squadra o compagnia o drappello che presta
il suo ufficio lungi dal corpo e dalla sede
principale. Tale senso ha pure il verbo
distaccare. I puristi hanno torto a ripren-
dere queste voci, giacche esse non sola-
mente sono parole organate nella lingua
dell'uso, ma conviene anche pensare che
r Italia, soggetta per secoli al dominio
politico di altre nazioni, non ebbe eser-
citi suoi e perciò quando potè instituirne
uno, dovette ricorrere alle voci presenti e
dell'uso militare, e specie alle parole di
Francia, su le cui istituzioni in molte cose
il governo della terza Italia si modellò.
Avvertasi in fine che distaccamento è ac-
colto dalla Nuova Crusca e così il verbo
distaccare con un esempio del Monte-
cuccoli.
Distinguersi: per segnalarsi., farsi
strada^ nome., è dal Fanfani ripreso per
gallicismo: se distinguer. Là logica in-
duce il Fanfani a condannare anche i de
rivati distinto e distinzione a cui sup-
pliscono le parole nostre reputato, segna-
lato., ragguardevole., ammodo, garbato etc.
e riguardo, stima., riverenza., dignità etc.
A mio avviso essi sono, come tanti altri,
francesismi di difficile distinzione, tanto
pili che non mancano esempi classici. Certo
anch' io penso che il frequentissimo uso
che di queste parole si fa, specie distin-
zione e distinto, proceda da influsso fran-
cese. Comunque si pensi, il vero è che
son parole che vanno facili per le bocche
di tutti mentre le nostre occorrono piìì
specialmente nell'uso letterario.... o del
popolo umile.
Distinto: V. Distinguersi.
Distinzione : V. Distinguersi.
Dito di Dio : metafora tolta dalla Bibbia
e usata popolarmente per significare la
visibile punizione di Dio. Ntimeri Vili,
17 ; Vangelo di S. Luca XI, 20.
Ditta : questa parola che vale Compa-
gnia 0 Società di commercio spesso è at-
tribuita, con intenzione di ingiuria ad isti-
tuti 0 compagnie il cui carattere è o do-
vrebbe essere morale anzi tutto, non com-
merciale 0 venale. Es. : « Povera Chiesa !
Una volta almeno contava al suo attivo
delle conversioni notevoli che rialzavano
il prestigio della ditta nei momenti dif-
fìcili, richiamando su lei l'ammirazione
degli imbecilli... ».
Dittico: (dal gr. diptykos = pieghevole
in due) quadro diviso in due tavole di
legno, da aprirsi e chiudersi a piacere,
per lo più in arco o a sesto acuto, detto
anche ancóna.
Diuresi : termine medico formato dal
greco e significa abbondante secrezione
di urina.
Diuretico: attributo di que' medicamenti
e di quelle sostanze che hanno facoltà di
aumentai'e la secrezione dell'urina.
Divano: parola con la quale si indicano
in Oriente le assemblee nelle quali i so-
vrani e i loro ministri tengono consiglio
e danno udienza. Piii specialmente si in-
tende del ministero ottomano e della Can-
celleria della Sublime Porta.
Divaricare : allargare, aprire, verbo
spesso usato nel linguaggio medico.
Divergenza: contrario di convergenza,
ed è voce usata in senso traslato per in-
dicare disparità., differenza di opinioni,
quasi che tendano a punti opposti.
Diversivo: agg. sost., usato talora in
senso traslato per deviazione., passaggio
opportuno ad altro argomento o cosa.
Div
Div
Divette : le avfisto di ctiffè-conccrto non
sono dive, ma semplicemente diveMcs cioè
divinità di ordino inferiore. Traducesi an-
che in divetta. V. divo e V. ehantem^e.
Divide et impera : divìdi e regna! motto
latino attribuito a molti potenti; da Fi-
lippo di Macedonia che, dividendo e cor-
rompendo, cioè impedendo il fascio delle
forze comuni, domò la Grecia, a Luigi XI
di Francia che fondò la forza monarchica
sul vinto feudalismo. Se non motto, con-
siglio e pratica costante di Casa d'Austria:
E quest'odio che mai non awiciiia
Il popolo lombardo all'alemaniio,
Giova a chi regna dividendo e teme
Popoli avversi affratellati insieirio.
Dividere: idee, gioie^ dolori., etc. è dal
Fanfani e dal Rigutini ripreso come goffa
imitazione del verbo partager de' francesi.
La lunga dissertazione del Fanfani è per-
suasiva senza dubbio ; ma sta il fatto che
questa locuzione è entrata nell' uso e a
stento si distingue dalle buone: io par-
tecipo^ prendo parte al tuo dolore^ io
sono della tua opinione., etc.
Divisione delle parole : una consonante
fra due vocali fa sillaba con la seconda,
come o-no-re; eccetto le parole composto
che si dividono nelle loro componenti,
come mal-agevole., dis-inganno, tras-met-
tere. Di due consonanti eguali l'una fa sil-
laba con la precedente vocale, l'altra con la
seguente, come ac-cet-tò. F e qualunque
consonante muta, trovandosi innanzi a li-
quida, si unisce alla vocale seguente, come
ca-fro., a-cre., ve-tro, de-gno., etc. : in ogni
altro caso due consonanti diverse si scom-
pagnano e si fa ven-to., al-to, er-to^ ae-
qua, etc. Non sembra lecito disgiungere
una consonante apostrofata dalla vocale
seguente benché su tale quistione una
riforma sarebbe desiderata. A questo pro-
posito mi piace anzi riferire l'opinione di
F. d'Ovidio in un'avvertenza })reposta al
suo recente volume Hicordied Affetti: «Non
operò un error tipografico, o ad ogni modo
non è iminitabilo alla tipografia, l'uso di
parole apostrofato in fin di riga. Ho voluto
l)roprio romperla con una norma ortograiìcu
così arbitraria e gretta, sposso dannosa alio
stile e finaiKìO alla grammatica. Il bel fon-
damento che i grammatici le diedtvro è
che in fin di riga la parola apostrofata
resta impronunziabile di per sé stessa, e
costringe il lettore a guardare anticipa-
tamente il principio della riga seguente.
Non badarono cho ciò avviene del pari
quando si spezza got-ta., goc-cia, ap-poire
e così via; e che un rimedio ben peg-
giore è il costringersi a scrivere all' oc-
correnza : Di altro lato, una mano lava
la altra., metter barriere tra la Italia e
l'Italia, in quattro e qtiattro otto., di
amore e d'accordo o d'amore e di ac-
cordo, e simili altre goffaggini. Sarebbe
tempo di smetterla ; e, in cambio di tante
innovazioni o rievocazioni ortografiche (V.
ciò che è detto a pag. 32-33) tutt' altro
che lodevoli, spazzar via certe norme ])p-
dantesche che non hanno né babbo uè
mamma, o meglio, han per babbo un so-
fisma, per mamma la cieca abitudine, e
per balia la paura di parer ignoranti tra-
sgredendole ». Non si pensi del resto cho
ciò sia una novità : il Bodoni, stampatore
sommo, con la maggior libertà termina
le righe con le preposizioni articolate all' ,
de' , dell\ anche dove avrebbe potuto farne
a meno. Se la riga è lunga, si cerchi di
dividere la parola in modo che resti una
vocale sola in principio o in fine, come
a-nello., pendì-o. La s si unisce per re-
gola generale alla sillaba che segue. Non
si dividono i dittonghi, i trittonghi, etc. ;
ma si deve scrivere ruo-lo, fi-gliuo-lo. etc.
Non si dividono i numeri.
Diva: V. Divo.
Divo : lat. divus (deus)., divino. Ma di-
cesi talora con certo senso di ironica fa-
cezia di persona notoria o celebre la quale,
all'aspetto, al contegno e alle parole di-
mostri essere conscio di troppo del suo
valore e della sua notorietà. | Diva poi di-
cesi, e non sempre per ischerzo, di can-
tatrice'colebre. j Dira è anche in francese:
« mot ompruntó de V italion oìi il signifie
divine et dont on se sort quelquofois eu
parlant dox excollontes ountatrioos ». 1
francesi poi ne hanno fatto dirette, voct»
del gergo. Vedi questa parola.
Divorante: per eccessivo. Es.: « un'at-
tività divoraìite », ricorda l'uso traslato
del francese dévorant.
Divorzista: dicosi di jìcrsona favon^voU^
Div
L40 -
Dol
al divorzio Una delle tante parole di
conio arbitrario e di vita effìmera.
Divulsione: in medicina significa dila-
tazione forzata. Yoce formata dal latino
clip, che indica separazione, e veliere zzz
strappare (piloro, retto, collo dell'utero).
Dixit latro ad latronem : disse il ladro
al ladrone : motto latino tolto dalle antiche
favole per significare lo scambievole accor-
do, i reciproci patti fra gente di mal affare.
Doccia 0 doccia fredda: per traslato
dall'azione terapeutica calmante, dicesi
familiarmente di notizia o di osservazione,
la quale abbia virtù di calmare fieri pro-
positi, esaltazione di idee, spesso deviando
il pensiero in opposta parte. Aver bisogno
d'una doccia: fr., avoir besoin d'une
douche, detto di chi non intende ragione
e si esalta oltre misura.
Docente: semplicemente per maestro,
insegnante^ ha del pedantesco e l'orecchio
mal si abitua a questo latinismo. | Libero
docente è chiamato colui il quale per al-
cuna sua riconosciuta perizia e dottrina
ottiene facoltà di insegnare negli istituti
superiori una disciplina o scienza affine e
di coiTcdo a quella che è nei programmi
di una data facoltà. La libera docenza,
<;osa ottima in sé, nella pratica talora è
un accorto mezzo per far molta strada
con poca fatica.
Docenza: voce usata insieme all'agget-
gettivo libera. V. Docente.
Dock : dal celtico dekken := chiudere.,
contenere: indica una serie di bacini fian-
cheggiati da magazzini a più piani : il
tutto abilmente disposto per il pronto e
sicuro carico e scarico delle navi. Famosi
quelli di Londra sul Tamigi. | Il Gugliel-
motti propone, anzi registra, l'antica voce
dicco; e va bene: bisogna poi trovare chi
l'adoperi ed intenda. Alcuni traducono
dock con calate. A Genova dicesi calata. \
Doctor in utroque: dottore nell'imo e
nell'altro diritto, cioè nel diritto civile e
noi diritto canonico.
Tibi quoque tibi quoque
è concessa facoltà
di potere in jwre utroqne
gingillar l'umanità.
Giusti, Gingillino.
Documentazione: invece di prora, do-
cumento, non la trovo in nessun lessico.
Però la si legge : Es. « Sarebbe una do-
cumentaxione di vergogna e nessuno vuol
darla pel proprio paese ». È una delle non
poche voci abusive fatto non so se per
influsso del francese (docu7nenfation) ov-
vero del suffisso %,ione che sembra por-
gere più efficace F idea della cosa in atto
piuttosto che in fatto.
Documento umano: questa locuzione
abusata è di E. Zola: document humain.
V. le Roman experÌ7n,ental {Gharpentier,
1880) e più particolarmente un capitolo
del trattato" Std Romanzo (Du Roman)
intitolato : Les documents humains. Se-
condo lo Zola il naturalismo si estende (e
ne fu iniziatore il Balzac) su la lettera-
tura : un romanzo può ridursi ad una
semplice monografia, a una pagina di vita,
à une tranche de vie. | Quanto alla verità
vera ed eterna della teoria zoliana, vedi
Dante, quanto alla formula o al recipe.
vedi gli infiniti romanzi di ambiente e di
monografìe germogliati in cosi stucchevole
copia attorno alla fìera pianta dell' arto
dello Zola!
Dogo : Y. Bull-dog.
Dolce far niente : frase italiana, tipica,
antica, melodiosa, direi quasi estetica :
caratteristica della razza, conosciutissima
all'estero. Risponde forse a quel fìne senso
fìlosofìco per cui Belacqua dice a Dante :
« quiescendo et sedendo anima efficitur
sapiens ». | Cfr. per l'origine storica dol
motto, Plinio il giovane {Epist. VIIL 8) :
illud jucundum nil agere, e Cicerone
(De Oratore, 111, 24) nil agere delectat.
Vero è che il tempo e le necessità hanno
modifìcato tale dolce ozio : ad ogni modo
è questo motto intinto di alcuna calunnia,
avendo l' italiano alcuna sua speciale, ge-
niale intensità nel lavoro, quando vuole.
Dolcetto: eccellente vino da pasto pie-
montese (Dogliani, Cortemiglia, Mondovi)
color rosso rubino, leggermente abbocato.
di gradevole sapidità. È vino che si con-
suma nell'annata: barberàto e barolàto
dicesi a seconda che al mosto del dolcetto
si fa compiere la fermentazione su le vi-
nacce del Barbèra o dol Baròlo.
Dolicocèfalo: neologismo scientifìco dol
linguaggio medico, dal greco dolicos zz::
Dol
141
Don
lungo e kcfalè — testa. Dicesi come agg.
di cranio ovaio. Questo nome fu dato da
Retzius ai crani umani formati in guisa
che veduti dalla parte superiore sono ovali
con il diametro longitudinale superiore
d'un quarto circa al diametro trasversale.
V. Indice cefalico.
Dolio: (lat. dòliimì) grande vaso di creta
presso i romani ove si teneva il vino nel
periodo della fermentazione, prima di tra-
vasarlo nello anfore. Più tardi fu fatto di
doghe come le nostre botti.
Dolman: come voce della moda indica
un mantello per signora, ampio, senza
maniche, spesso con cappuccio. La voce
completa è doliman, abito dei turchi, ta-
lare, di seta a fini tessuti vistosi, con
pelliccia. Gli Ungheresi venendo al ser-
vizio di Luigi XIV, portarono in Francia
questa foggia di sopra vesta di parata che
essi tolsero dai Turchi. A noi certo venne
por via della Francia.
Dolmen : voce celtica o gallica che dir
si voglia ; significa lastrone. \ I dolmen
sono antichissimi monumenti, sull' uso e
su la natura dei quali gli archeologi, come
al solito, non s'accordano. Probabilmente
tombe. Consistono di una informe lastra
di marmo che posa su due altre minori
e verticali. Gran numero se ne trovò nella
Gran Britannia e nella terra Armoricana.
Furono creduti anche appartenere al culto
druidico.
Domesticato : V. la locuzione Socialisti
addomesticati.
Domicilio coatto: locuzione neologica
(coactus = costretto, forzato) accolta dalla
Crusca, cui risponde l'antica voce confine.
Facoltà data per leggi al Ministero del-
l' Interno, per gravi motivi di sicurezza
e di ordine publico, di designare por un
termino da 6 mesi a 2 anni a' recidivi
e malviventi un luogo di residenza. Isti-
tuto adatto a fomentare più i vizi antichi
e apprenderne di nuovi che ad emenda-
mento. Dicesi per estensione familiare do-
micìlio coatto di residenza ingrata o for-
zata.
Domi mansit, lanam fecit: rimase in
casa, filò la lana: ([uattro parole epigra-
fiche che rendono e (!om|)rondono l' ideah»
dell'antica ma^er/aw//m.v presso i romani.
A questo proposito oggi si è corso anche
di troppo! V. Femminismo.
Dòmino : nome in antico dato al ca-
mauro de' preti col cappuccio per difesa
dal freddo, dunque letteralmente = al si-
gnore, pel signore. Così per simiglianza
al detto camauro venne nel secolo XVIII
in Francia chiamata quella nota specie
di cappa che nei balli mascherati si in-
dossa per occultare volto e figura. L'ac-
cento sull'o è indice della provenienza
francese. Il Petrocchi ha ambedue le grafie
dòmino e dominò. Per estensione poi do-
mino indica la persona stessa che ne è
vestita.
Don: (lat. dominus, don7io z=z signore)
usasi nel dialetto napoletano dinanzi al
nome come titolo di cortesia. Nell'aristo-
crazia e segnatamente in quella lombarda.
don e donna sono assai comuni come pre-
fissi ai nomi di chi è insignito di titolo
nobilesco. Don Lisander (Alessandro Man-
zoni). Notevole questo uso del don nelle
regioni dove la Spagna ebbe più lungo e
diretto dominio.
Donare: (fr. donner) vale dare in dono.
ed è oggi francesismo usarlo per dare. —
Salvini, Discorsi: « Il castigo che ai de-
linquenti si dona », così il signor Allan,
op. cit.. ma parmi poco dell'uso o af-
fettato.
Don Cliisciotte : dell'eroico e mirabil
mente folle eroe del Cervantes il popolo
intendendo solo il lato spavaldo e caval-
leresco, dice per beffa don Chisciotte di
persona che assuma o inutile o spropoi-
zionata difesa altrui con vana iattanza.
Tale senso estensivo è pure in fr. Don
Quichotte, Don Quichottisme.
Donchisciottesco: aggettivo formato dal
nome del noto eroe del Cervantes, Don
Chisciotte. Dicosi di persona o aziono che
abbia alcun che di spavaldo, petuhnite.
coraggioso, ingenuo talora ; ma per (jue-
stioni che non no valgono il conto.
Don Clcillo : felice espressione dialettale
napoletana ohe rendo nel suono istesso la
])orsona che vuol signifìcai*e, cioè il gio-
vane elegante, manierato, cho corteggia
lo donne, che att'etta signorilità e ricchezza.
Ti])0 cho si incontra dovuiiquo, e con spe-
(iiali caratteri in Napoli. | Registro questa
Don
42 —
Do])
l)arola locale perche dimostra come il
popolo sappia creare i propri vocaboli
senza ricorrere a voci straniere. Don Cl-
eiUo zz: presso a poco a lion, gommeux etc.
Don Giovanni: dicesi familiarmente di
audace, fortunato e spregiudicato conqui-
statore di donne : dalla nota leggenda spa-
gnuola del 14*^ sec. dello scapestrato Don
Juan Tenorio, immortalata da scrittori e
musici.
Donna allegra : o ragax.r„a allegra^ e
più frequentemente al diminutivo, don-
nina^ dicesi di femmina di facili e liberi
costumi, 0 tale per elezione di vita.
Donna Fabia (Fabron de' Fabrian) : è
il tipo stupendo della vecchia stupida dama
aristocratica, comicamente immortalata
nella Preghiera di Carlo Porta, il grande
poeta meneghino. Donna Fabia così rin-
grazia il buon Gesù :
]\Iio caro e buon Gesù, che per decreto
Deir in fallibil vostra volontà
M'avete fatta nascere nel ceto
Distinto della prima nobiltà,
Mentre poteva, a un minim cenno vostro
Nascer plebea, un verme vile, un mostro,
Io vi ringrazio che d'un sì gran bene
Abbia ricolma l'umil mia persona.
Secondo il Barbiera nel suo libro « La
l)rincipessa Belgiojoso », il Porta avrebbe
tolto il modello di cotesta dama da una
marchesa di casa Trivulzio, di nome donna
Margherita, la quale viveva appunto in
quel tempo del Porta. « Signora marchesa,
infine tutti siamo vermi », le diceva il
curato della chiesa di S. Alessandro per
temperare la albagìa di lei ; cui ella ri-
spondeva : « Sì, sono un verme, ma Tri-
vulzio ! ». 11 nome, almeno in Milano, ha
valore estensivo e però qui è citato.
Donnée : voce francese, ed indica l'ar-
gomento, il soggetto e con precisa parola
latina la favola di un dramma, di un ro-
manzo, etc. La gente di mondo usa spesso
quella parola.
Doni: gen. invariabile del pronome re-
lativo francese, dal latino deunde^ italiano
donde^ di cui. Nel linguaggio di Borsa
significa il premio che si deve pagare al
venditore quando non si creda più oppor-
tuno eseguire un contratto antecedente-
mente stipulato [di cui è premio, etcì.
Dopo tutto: è proprio Vaprès tout fran-
cese : i modi nostri sono : in fine, alla
fin fine., alla, fin dei conti, -po' poi, in
conclusione, da ultimo, ioisomma, etc.
Il Tommaseo e il Eigutini hanno ragione
da vendere quando condannano dopo tutto:
i buoni scrittori lo evitano e dopo tutto
questa locuzione appartiene al numero di
quei modi di dire che si sono radicati nel-
l'uso e toglierli vorrebbe dire non saper
più come parlare, o far come i bimbi
quando stabiliscono il giuoco di pronun-
ciar parole con la esclusione di determi-
nate lettere.
Doppiare: in marina significa passare
a breve distanza, descrivendo un mezzo
giro, dall'una all'altra parte di un capo,
di una punta o di un' isola. Quando si
passa in linea retta dicesi montare. Questo
senso del verbo doppiare ci deve essere
provenuto dal fr. doubler = passer outre,
laisser de l'arrière. Doubler un cap, un
rocker.
Doppietta : fucile a duo canne, schioppa.
Doppione: da doppio: due opere usuali
di una stessa edizione formano un dop-
pione. Doppione, con uso recente, diconsi
due parole che non variano se non per
(jualche particolarità grafica, non per il
senso, indicando la cosa istessa. Es. in-
civilire e civili%,7iare. La lingua italiana
oltre che di sinonimi difficili a bene usare,
è ricchissima di doppioni, in molti casi
appunto perchè la parola straniera tendo
a prevalere su la uguale parola buona ita-
liana. Della natura del doppione così ret-
tamente ragiona l'abate Romanelli, op. cit.
« talvolta questi doppioni sono grafìe di-
verse, 0 allotropie, cioè varianti fonetiche
e morfologiche leggiere; che alcune, ormai
stantìe e dialettali, vanno scomparendo
ogni giorno, e quindi soltanto possono riu-
scire incomode ai dilettanti ; e che^ final-
mente, ci son degli oggetti della natura
e dell'arte, particolari e locali, che pos-
sono essere anche un po' diversi nella
materia e nella forma, i quali non sono
fìssi né si posson fissare nella nostra, come
forse in nessuna lingua viva. Eccone una
lista: Abbadia, badia; brace, brage^ bra-
gia; briciolo, briciola; ciarpame, ciar-
purne; codesto, cotesto; danari, denari;
Dui-
- 143
Dov
dimani^ domani; famigliare^ familiare;
frutte 0 fruita; geste e gesta; giovane^
giovine; gocciola^ gocciolo; grembiale^
grembiule; guattero. sguattero; guscia^
guscio; lacrima^ lagrima; laxxaretto^
lax,%eretto ; maraviglia^ meraviglia; ma-
cine^ macina; occhialrtto, occhialino;
romore^ rumore; scandalo e scandolo ;
secreto^ segreto; soggezione^ suggexione;
mottola^ viottolo. E ne' verbi : arrossare
<^ arrossire; ammansare e ammansire;
assordare e assordire ; impazzare e im-
pazzire; indurare e indurire, e simili.
Or tale ricchezza di doppioni di questa
specie, che è maggiore nello lingue che
lian più lunga storia (e basterebbe dare
un'occhiata al greco e al latino), non è
male avvertire che arreca pure qualche
vantaggio: di poter evitare ripetizioni mo-
notone, scontri molesti di suoni, allitte-
razioni 0 rime, assonanze e consonanze».
Dorée : in Jeunesse dorée è locuzione
comune presso di noi. Y . Jeunesse.
Dormeuse: poltrona grande, elastica e
profonda ove ci si sdraia come in un letto.
Va certo che il francese nel creare certi
vocaboli significativi è felicissimo. Cfr. del
resto la nostra voce poltrona da poltrire.
Doublé face: fr., detto delle stoffe, a
(lue dritti.
Dormir con la serva: modo popolare
toscano, esteso ad altre regioni, che vuol
significare esser semplice., ignorante come
un fanciullo. Così detto dall'uso di far
dormire i bimbi con la serva?
Dormir tra due guanciali: dicesi di chi
non ha veruna cagione di sospetto o ti-
more.
In ilio tempoi'e, quando i mortali
se la dormivano tra due guanciali...
Giusti, Preterito più che perfetto.
Dorsay : fr., così chiamano i sarti l'a-
bito maschile a falde.
Dos-à-dos: dosso contro dosso., figura
di ballo in cui i danzatori si volgono lo
spalle. Coi balli di Francia vennero ne-
cessariamente i nomi che noi accettammo
s(Miza modificarli, ma aocontontandoci solo
di storpiarli nella pronuncia.
Dossier: (radice rfos, dosso) usatissimo
in Francia nel senso di pratica, incarta-
mento riguardante persona, affare, tonde
a penetrare nel nostro linguaggio.
Dottora: femminile di dottore e meno
comune di dottoressa. Ora le donne ad-
dottorate in qualche disciplina, così fiere
come esse oggi sono della loro dignità,
come chiamarle? a dottora non ci si ausa
e dottoressa sa di saccente, e pare con-
tenere in sé alcuna parte di scherno o al-
meno di estraneo all' ideale femminista :
onde è che le donne che hanno diploma
di laurea, scrivono spesso sul biglietto
dottore, quasi nome partecipante. La gram-
matica del Morandi e Cappuccini (§ 138)
approva questo nuovo uso femminile di
dottore. Così in fr., fe^nme docteur.
Dottrina di Monroe: propr. è la dichia-
razione di Giacomo Monroe {Mennro) 1759,
1831, presidente degli Stati Uniti d'Ame-
rica, che l'Unione non tollererebbe l'in-
gerenza di nessuna potenza d'Europa nella
lotta d'indipendenza dell'America meridio-
nale. V. Monroe.
Doublé (oro): la parola italiana press'a
poco consimile è similoro. Doublé fran-
cese significa foderato., coperto cioè di
lieve lamina d' oro o d' argento. Dicono
anche plaqué che da noi si legge tradotto
in placcato e, per l'amore alla libert.à,
ancììG placato. Doublé usasi anche in senso
morale: Un giurista doublé di filosofo
scrive un nostro elegante letterato.
Doubier: fr. letteralmente doppiare,
spesso da noi è usato in vece di foderare ;
e così doublure in vece di fodera. L'ita-
liano ha anche la parola soppannare usatfi
un tempo, oggi quasi caduta dall'uso.
Douloureuse: nel gergo francese vale
il conto., (la carte d payer).
Do ut des: do, affinchè tu dia., espres-
sione latina, più della tristo necessità che
rogge la vita che di freddo egoismo. Di-
cesi molte volte come scherzoso interca-
lare quando uno, favorendo altrui, dojnanda
ili ricambio alcun beneficio.
Doventare: per diventare « è forma gnìs-
solana e da evitarsi in polita scrittura »,
così il Rigutini : infatti è piuttosto una
allotro|)ia di vocabolo comune in Toscana,
e dal («insti accarezzata di troppo.
Dovere : « fr. devoir^ è por noi ciò che
l'uomo è obbligato di fare dalla ragione.
Drf
U4 -
Dui
dalla morale^ dalle leggio dalla sua cun-^
dizione^ dalla civiltà. È quindi impro-
prio per ogni leggiera convenienza. Di-
cono alcuni, nota il Tommaseo (Sin. 2456),
« Fo il mio dovere^ e faranno un inchino.
I miei doveri a casa, e questo significa
i miei saluti. E gente che così parla è
la più noncurante spesso de' veri doveri ».
Manz. X: «La voce era corsa; e i pa-
renti e gli amici venivano a fare il loro
dovere ». La stessa enfasi si sente in do-
vere per compito assegnato dal maestro,
lavoro di scuola. Comune nel dialetto lom-
bardo e piemontese. » Così il sig. Allan,
up. cit. Vero è che esso è uno di quei
gallicismi sanciti dall'uso.
Draga: parola comune con la quale si
indica quell' istrumento meccanico fatto
di cucchiai e di gran bracci a leva, ado-
perato specialmente per togliere ai porti,
fiumi, canali, il deposito di fango che to-
glie il passaggio alle navi. Draga ci pro-
venne dal francese drague. La nostra pa-
rola è cava-fango. Oggi la meccanica
costruisce cava-fanghi a vapore podero-
sissisimi (Y. Pirodraga) che rendono
navigabili alle maggiori navi porti e ca-
nali che altrimenti sarebbero in breve
interrati. Drague., dall' ingi. drag^ trarre.
Dragomanno: nome dato in Oriente a
corti ufficiali che si prestano come inter-
preti fra gli indigeni e gli stranieri nei
processi, le udienze, le cerimonie, etc.
Draisienne: istrumento inventato nel
secolo XVIII da certo Barone Drais di
Sanerbonn, simile presso a poco ai nostri
primi cicli di legno, a due ruote uguali
ma senza pedali, e che si poneva in moto
puntando i piedi in terra. La do'aisienne
rappresenterebbe il tipo primo e imper-
fetto, rimasto per lungo tempo immobile,
della famiglia gloriosa della bicicletta.
Dramatis personae: nelle antiche stampe
dei drammi antichi leggonsi queste parole
latine che vogliono dire le maschere (giac-
che nel dramma greco solevano gli attori
magnificare il volto con speciali mascherej
ovverosia i personaggi del dramma. Per
estetica ricercatezza di frase il modo antico
è talora rinnovato dai moderni, oppure
così si dice con intendimento faceto per in-
dicare ffli autori di un dato avvenimento.
Drap: tessuto di lana in cui trama od
ordito sono coperte da lieve peluria ; voce
di incerta origine. In italiano v'è drappo^
ma nel linguaggio della moda vince la
pronuncia e la voce francese.
Drawing Frame : locuzione inglese che
non esce dal linguaggio de' filatori di co-
tone ; in italiano stiratoio e letteralmente
intelaiatura della macchina da stirare.
Drenaggio: voce internazionale: francese
drainage, tolta dall' inglese draining =
bonifica, prosciugamento di terra. Voce
oramai invalsa per indicare lo scolo o
spurgo dei terreni aquitrinosi o palustri
mediante opere e canali sotterranei. I pu-
risti giustamente consigliano la voce fo-
gnatura., se non che nell'uso per fogna-
tura parmi che si intenda specialmente lo
scolo delle cloache nelle città. | Drenag-
gio., in medicina significa quella cura che
consiste nell' aiutare lo scolo de' liquidi
interni dell'organismo mantenendo aperto
l'orificio con un tubo (drain) o con filacce.
Drizza: nel ling. mar. vuol dire ghia
0 pao'anco, con cui si alzano antenne,
picchi e vele.
Drop : voce inglese che significa gocciola
e così in commercio si chiamano talvolta
quelle caramelle sferiche di vari sapori e
colori che l' Inghilterra ha messo di moda.
Dublè: V. Doublé.
Dulcamara: per ciarlatano. DalV Elisir
d'Amore del Donizetti. | Dulcamara pro-
priamente è una pianta sarmentosa della
famiglia delle Solanacee usata in medi-
cina come diuretica e depurativa. Il nome
le proviene dalla sensazione prima dolce
poi amara che dà a chi la assaggia.
Dulce et decorum est prò patria mori :
antica massima sublime, da Orazio {Odi
III, 2, 13) così armoniosamente espressa.
Dolce e flebile cosa è moo'ir per la patria.
Orazio, a vero dire, preferì gettar lo scudo,
vantarsene a iattanza di viltà, e vivere
bene finché gli fu concesso. La massima,
ripetuta nei secoli, va oggimai perdendo
il suo valore intimo a cagione dei mutati
sensi e delle mutate condizioni della nuova
civiltà : conserva tuttavia il suo stupendo
valore storico.
Dulcinèa: scherzosamente per amante,
amorosa. Dulcinèa del Toboso. l'amante
Dui
145
Duv
iiiiaginaria del meraviglioso Don Chisciotte,
la cagione occulta delle immortali scioc-
chezze del pallido e squallido Cavalier
dalla Triste figura. DulGÌnée pur nel gergo
tv. vaio ironicamente, amante, maitresse.
Dulcis in fundo: l'opposto di: in cauda
venenum: il dolce in fine^ riferito alle
cose che hanno lieto fine o alle notizie
buono messe in fino por maggior conforto
e compenso.
Dum Romae consulitur, Saguntum ex-
pugnatur: la città di Sagunto nel 218
av. C. dopo avere chiesto soccorso a Roma,
si arrendeva ad Annibale. Cfr. Livio, li-
bro XXI, 7. Mentre a Roma si delibera,
Sagunto è presa. Motto divenuto prover-
biale per chi in gran frangente indugia a
risolvere.
Dura, Durra, Durrha: è il nome arabo
del Sorghum vulgare., pianta graminacea
che si coltiva anche in Europa, e in Italia
chiamasi Sorgo, Saggina, Melica, nonché
delle sue varietà dette Sorghum Durra
e Sorghum eernuum, coltivate in Egitto,
nell'Abissinia e nell'Africa centrale. Voce
assai nota al tempo delle guerre d'Abis-
sinia.
Dura madre: lat. dura ìnater, meninx
fibo'osa, fr. dure-mère, è la membrana
esterna del cervello e del midollo spinale,
fatta di tessuto connettivo con fibre ela-
stiche, aderente alla superficie interna del
cranio. Essa è una delle tre membrane
dette con sola voce meninge, avvolgente
l'apparecchio cerebro-spinale e spesso dura
ìiiadre = meninge, onde meningite col
solito suifisso in ite, significa infiamma-
zione della meninge.
Duvet: la peluria sottostante alle penne
di alcuni palmipedi, oche, cigni, etc. ;
se ne fanno cuscini e imbo
talvolta la parola francese.
A. PaìN/ini, Supplemento ai Dixionari italiani.
10
Ebanite: nome della gomma elastica
{caoutchouc) indurita con sostanze mi-
nerali onde si ottiene una materia dura
e lucida, simile all'osso o all'ebano: Serve
per fabbricare istrumenti dell'uso. Scrit-
tura pili frequente è ebanite.
Écarté: giuoco di carte francese, co-
munemente in due, così detto dalla fa-
coltà di scartare, éearter. E un misto di
tresette e di briscola, e chiamasi da noi
con la parola francese.
Eccedenza: per avanxo^ il di 'più ^ par-
lando di quantità conteggiata, secondo i
puristi è voce riprovata giacché eccedere
ha il significato di trascendere^ superare^
non di rimanere^ avanzare. I francesi
hanno la parola excédant ed excédent =:
qui est en plus., une soìnme., une quan-
tité. Ora eccedenza sarebbe parola coniata
su la francese. •
Ecce homo: ecco l'uomo! così in la-
tino per indicare l'effigie di Cristo, smorta
e cinta di spine. Propriamente sono le pa-
role di Pilato agli Ebrei quando loro con-
cesse Cristo perchè fosse dato ai martìri.
Evangelo di S. Giovanni., XIX, 5. Dicesi
popolarmente per indicare persona disfatta
e sparuta. Il motto è anche in francese.
Eccentrico : per bizzarro., stravagante
ricorda il fr. excentrique., Es. G'est un
homnie excentrique., Avoir des manières
excentriques^ etc. Vocabolo dal linguaggio
de' meccanici e de' geometri {ex centro =:
fuor di centro, cioè che non ha lo stesso
centro, opposto a concentrico) trasportato
al senso morale nel linguaggio familiare
dagli inglesi ed ai francesi, e da noi imitato.
Eccepire: nel linguaggio de' legali signi-
fica allegare., dare eccezione, derivato ec-
cepibile., contrario di ineccepibile.^ il quale
vocabolo è usato anche in senso morale.
Eccezionale : da eccezione = lat. excep-
tionem., caso cioè che non entra nella
regola ; voce dunque buona e classica per
la sua origine ; se non che l'uso che se
ne fa invece di straordinario , raro ,
speciale., singolare., prezioso e modi si-
mili etc, ricorda ai puristi il francese ex-
ception7iel, exceptionnellenient ; il che è
vero, come è vero che tale parola è così
penetrata nell'uso che dai più si farebbe
fatica a dire altrimenti : Es. « Prezzi ec-
cezionali, Uomo eccezionale., Leggi ecce-
zionali., etc. ».
Eccezionalmente: Y. Eccezionale.
E .... che: esempi : « E nei pericoli che
si conosce l'uomo », invece che dire:
« L'uomo si conosce nei pericoli » ; « È
a lui che si deve la nostra salvezza » ,
invece di : « A lui si deve etc. » ; E a
voi che io parlo » ; invece di : « Io parlo
a voi etc. » è un modo riprovato dai pu-
risti come neologismo tolto dal francese.
Certo è che oggi è usatissimo come più.
logicamente efficace, e anche dai buoni
e purgati scrittori non è evitato. In G.
Negri, ad esempio, uno dei più lucidi se
non dei più puri prosatori italiani, è quasi
costante ; ma, a dire il vero, la ripetizione
continua di simile costrutto non produce
un piacevole effetto ; si sente che è in
esso qualche cosa di poco conforme al-
l'indole della favella italiana. Il sig. Allan,
op. cit. fa a tale proposito le seguenti
Eco
147 —
Ecl
noto: Chi dice che questo scioglimento
analitico non è da evitare, perchè forma
non solo francese, ma propria delle lingue
moderne essenzialmente analitiche, pensi
al tedesco che, come deve far l'italiano,
vi supplisce con l' inversione. Es. « G'est
à lui que je confierais mon secret ». Ted.
« Ihm wurde ich mein Geheimniss an-
tiertrauen (a lui io il mio segreto confi-
derei) ». — « Cesi en vain qu' ì\ espère
de se relè ver». Ted. « Er hofft umsonst
sich wieder zu erheben (egli spera invano
sé di nuovo di levare) ». — La detta
lingua non ricorre al detto costrutto, anche
se si voglia porre in rilievo un soggetto :
« G'est nous qui l'avons fait, Siam noi
che l'abbiam fatto » dicono il fr. e l'it.;
ma il ted. « Wir haben es gethan ». (Noi
abbiamo ciò fatto). Non è francese il detto
costrutto quando serve a rinforzare un
nome che indichi il tempo, come : giorno.,
settimana., mese., anno., giacché in tal
caso il verbo essere non è un semplice
rinforzamento ma corrisponde ad esse in
senso di esser passato., esser trascorso.,
e il che ha il valore temporale di quum.
— Manzoni, III, « Eh ! padre, son anni
e anni che non la mi vuol far noci ».
Ecchimosi : (gr. ex = fuori e xviliós =:
umore fluido), in medicina è ciò che co-
munemente si dice livido o pesto., cioè lo
spandimento del sangue nel tessuto con-
nettivo sottocutaneo per effetto di contu-
sione 0 per diatesi.
Ecco: usato enfaticamente, ricorda ai
puristi l'uso del voilà francese. Es. « Le
socialisme, voilà l'avenir, le nouvel in-
strument de règne. Il socialismo, ecco l'av-
venire, il nuovo strumento per regnare ».
Ma, girando altrimenti la frase, si do-
vrebbe diro : « L'avvenire è riposto nel
socialismo, che è il nuovo strumento per
regnare». — Manz., XIV: «Giustizia!
pano ! ah ! ecco le parole giuste ! ( Justico !
pain ! ah ! voilà dos mots raisonnables!) ».
Noi: «Giustizia! pano! queste sì sono
])arolo giusto». Così il signor AUan, op. cit.
Ma mi sombrano sottigliezze e minuzie
— sia puro ingegnose — che non var-
rebbe il conto di raccogliere so il presento
libro non dovesse anche supplire ai Les-
sici della corrotta italianità.
Ecco fatto II becco all'oca: locuzione
familiare, scherzosa per dire, è fatto., è
compiuto il negoxio che si ha fra mano :
fa el becch a' l'occa., è la forma milanese
di questa locuzione italiana e comune, cui
non mancano esempi classici alla maniera
bernesca. Per l'origine V. Pico Luri da
Tassano, op. cit.
Echinococco : voce medica che in greco
significherebbe ba^ca spinosa. È una tenia
che vive nell'intestino del cane e di cui
l'uovo ingerito dall'uomo produce un em-
brione: esso, traforata la parete dell'inte-
stino, si fissa in un organo, di solito il
fegato, dove sviluppandosi produce una
cisti acquosa: l'echinococco è rispetto alla
tenia ciò che il cisticerco è rispetto alla
tenia solium (verme solitario).
Eclampsia puerperale: affezione deter-
minata da una serie di convulsioni toni-
che indi cloniche con sosta dell'intelligenza
e dei sensi, simile ad accesso epilettico.
È dovuta, pare, ad una intossicazione della
madre per i prodotti secreti dal feto. L'al-
buminuria, cioè l'urina albuminosa, è se-
gno di questa intossicazione. L'eclampsia
nei bambini è anche fenomeno riflesso
della dentizione e dei vermi: può altresì
essere sintomo di mielite (infiammazione
del midollo spinale) o paralisi infantile,
la quale sorprende, con forme convulsive e
febbrili, il bambino nel piìi completo be-
nessere, dal sesto mese al quarto anno di
vita all' incirca. Cessati tali disturbi, appare
la paralisi di qualche arto : paralisi che ta-
lora a poco a poco scompare, talora per-
mane e toglie lo sviluppo della parte ove
il male si manifesta, braccio, gamba. Il
nome deriva dal greco eklampo zzz ri-
splendo, baleno, forse così detto per la
repentinità e convulsione del male. Nelle
Marche tale infermità è detta infanti-
nole., quasi male doW infante.
Éclatant : da éclat., le quali parole fran-
cesi si congiungono allo voci italiane schiat-
tare^ schiantare e verosimilmente pro-
vengono da nna parola dell'antico tedesco.
(V. lo Scholor). Éelat è lo schianto por
improvvisa rottura, scheggia, scoppio: o
(luosto significato, come spesso avviene,
dal senso dell'udito fu trasportato al scuso
visivo. Quindi è vooe dai moltissimi si-
Ecl
— US —
Edu
gnifìcati, come sa e può il francese e so-
stituisce queste ed altre parole nostre :
chiassoso^ sgargiante, splendido, rumo-
roso, sfacciato, fragoroso, etc.
Eclat de rire : scoppio di risa o, con
una sola parola, risata.
Eclissarsi : per andarsene furtivamente,
scomparire : fr. s'éclipser.
Eco: per pettegolezzo, strascico etc, è
voce non rara nel linguaggio giornalistico
e deve essere un influsso del fr. écho in
tal senso.
Economie fino all'osso: frase di Quin-
tino Sella, ministro, pronunciata alla Ca-
mera (15 dicembre 1869): divenuta del-
l'uso e familiare.
Economiser (economaiser ; : voce inglese
= economizzatore. Nelle caldaie a vapore
è così anglicamente detto un apparecchio
fatto da una serie di tubi che riscaldano
l'acqua: una specie cioè di termo-sifone
dove l'acqua, circolando prima di giun-
gere nella caldaia, si riscalda a spese del
calore dei gas che vanno al camino ac-
cessorio della caldaia. La parola nostra
corrispondente, economizzatore, (Y. eco-
nomizzare) non ha fra i tecnici grande
uso e fortuna.
Economizzare: i puristi notano che ac-
cettando economia per risparmio, non ne
consegue che si debba accogliere anche eco-
nomizzare perchè è dal fr. economiser. La
Crusca infatti non lo registra. Certo è un
doppione con risparmiare. Ma volendo
usare questo rigido criterio, quante altre pa-
role converrebbe scancellare dai dizionari !
Ecraser: Y. Schiacciare.
Ecraseur, fr. schiacciatore: nome di
strumento chirurgico (Chassaignac) per
estirpazioni interne. Consiste di una catena
che, manovrata dall'esterno, prende e
strozza: serranodi.
Ecru : greggio e, letteralmente, crudo,
detto di stoffa naturale, non preparata,
che ha il suo proprio colore. Una volta
si diceva, ad es. seta cruda = soie écrue;
oggi prevale senz'altro la parola francese.
Écru = cru. L'è è rafforzativa.
Eczema : (gr. eu-^éco =z brulico) lesione
cutanea caratterizzata da rossore, indi da
bollicine ed essudato sieroso^, infine dalla
squamazione della pelle. L'ecsema non
corrisponde ad alcuna malattia, designa
soltanto un' infermità che può esssere ca-
gionata da cause diverse e quindi può
avere variabile decorso.
Edamus, etc. : Y. Manducemus etc.
Edeiweis : voce tedesca che alla lettera
vuol dire bianco gentile. Tale nome è co-
munemente dato alla bianca e carnosa
stella alpina o bianco di roccia {gna-
phalium leontopodium), noto fiore che
cresce su gli alti monti.
Edema : (gr. olòrj/ua = gonfiezza). È
l'infiltrazione sierosa nel tessuto connet-
tivo sottocutaneo, che si rivela con una
tumefazione senza rossore, indolente, senza
tensione che cede alla pressione : der. ede-
matoso. L'edema è di solito fenomeno se-
condario di stasi cardiopatica.
Edison: Tommaso Alva Edison (1847...)
americano (New-York) inventore celeber-
rimo per geniali ed importanti applicazioni
delle forze fìsiche e spec. elettriche: il suo
nome proprio si fonde come attributo di
dette invenzioni: Lampade E..., Fono-
grafo E....
Editoriale : per editrice, agg. fem. di
editore, è vocabolo usato talvolta. Tale
parola superflua è dedotta verosimilmente
dsdV inglese editoì'ial ::^pertainingto, pro-
ceeding from, or ivritten by an editor,
col solito influsso del suffisso ale. Non
c'è in francese.
Edonismo : voce filosofica dal greco
edonh = piacere; e significa quella dot-
trina eterna (messa in pratica special-
mente da chi non è filosofo speculativo)
che pone per fondamento della morale il
piacere. Questa dottrina, come ogni altra
divisione e ordinamento dell' idea e del
pensiero, fu studiata primamente nella
Grecia antica per opera di Aristippo, detto
il giovine, e di Epicuro.
Edotto : latinismo per informato, ayn-
maestrato.
Edredon : fr. piuma, cuscino di piuma,
fatto con le sottili e lievi penne di un'a-
nitra speciale detta somateria moltissima
che nidifica lungo le coste settentrionali
d'Europa e da cui traggonsi queste leg-
gerissime penne, messe in commercio con
tale nome : in tedesco Eiderdunen.
Educandato : istituto, collegio di edu-
Edu
149
Esci
caxione ; in;ì dicesi specialmente di gio-
vinetto : derivato molto probabilmente da
educanda. Ai puristi sembra « neologismo
sgraziato », ma il perchè non è detto.
Propongono educatorio a simiglianza di
oratorio^ reclusorio, ma chi usa questa
voce? Il popolo dico convento per indicare
i collegi delle giovanotte, perchè in gran
parto, anche oggi, tenuti da suore.
Educando : voce pedantesca e brutta,
benché di buona formazione latina, usata
talora nel linguaggio delle scuole invece
di alunno., scolaro ; forse per similitudine
del fem. educanda che nell'uso ha di-
verso significato e significa giovanotta che
è allevata ed istruita in un monastero o
convento.
Edule: agg., dal latino erfo = mangio:
dicesi scientificamente dei prodotti della
terra o del mare, buoni a mangiarsi.
Efèlidi : termine modico per significare
ciò che comunemente diciamo lentiggini.,
le quali maggiormente appaiono por ef-
fetto della viva luce del sole, onde il
nome greco, da epì = a cagione ed èlios =
sole. Col nome di efelidi si indica qua-
lunque macchia cutanea anche di varia
natura i)atologica.
EfFe-efFe : abbreviazione delle parole di
ufficio faciente funzione. Dicesi effe effe
talvolta per celia, come ad indicare colui
che tiono il posto d'altri, che ne fa lo veci.
Effendi: parola turca che si vuol far
derivare da una voce greca del basso im-
poro avd£VTì]g = signoro. Si pospone al
nome ])roi)rio ed equivale al sir inglese,
al moiisieur francese, all'antico messere
e signore in nostra lingua. Dicosi di por-
soiio qualificato e di grado, come rappre-
sentanti della logge, letterati, funzionari
imblici, etc.
Effervescenza: dal linguaggio della chi-
mica usasi por ardore, bollore., commo-
xione.^ agitaxione. Secondo i puristi questo
neologismo è d'imitazione francese.
Effetti : per oggetti minuti, roba, bian-
cheria, capi di vestiario, è fi'ancesisnio del-
l'uso, effets z-^ meubles., vétements. knaìw
effetto cariihiario poi* scritta di cambio.,
è ritenuto gallicismo, di fatto in francese
effet z billet à ordre. Così dicasi di ef-
fetti publici ])er indicare generalmente»
titoli di rendita, garantiti dallo Stato : ef-
fet s publics — rentes sur l'Etat. \ Ef-
fetti nel senso di sostante., averi., beni
mobili e immobili è ritenuta voce ottima
e come tale registrata dalla Crusca, an-
corché non molto usata in tal senso. E
allora perchè non sarebbe a noi lecito
trasportarla al primo senso? solo perchè
così fecero i francesi? Vedasi come esile
e non sempre sicura sia la teoria dei
francesismi. Le locuzioni in effetto (fr. en
effet) a questo effetto (fr, à cet effet) al-
l'effetto di (fr. à V effet de) sono del pari
reputati gallicismi.
Effetti di oommeroio: i titoli dello ob-
bligazioni commerciali, negoziabili per via
di girata, cioè cambiali, biglietti all'or-
dine : pili italianamente recapiti.
Effettivamente: « fr. {effectivcment) por
veramente, in realtà., proprio. Es. È ef-
fettivamente vero, per: E proprio vero.
Por noi, secondo etimologia, vale : effet-
tualmente., con effetto. — Es. La cosa si
è effettivamente compiuta ; la promessa è
stata effettivamente mantenuta ». Allan,
op. cit. Qui il purista per troppa sotti-
gliezza cade in errore. V. Nuova Crusca.
Effettivo : voce neologica nel linguaggio
militare per indicare il numero vero e
reale de' soldati che compongono un eser-
cito, un reggimento o una compagnia, e
non di quelli che dovrebbero essere o sono
solamente nei ruoli. Tale sostantivo è ri-
preso come dedotto dal francese: L'effectif
de l'armée. Si approva invece effettivo
con forza di aggettivo = vivo., vero., reale.
e in tale senso ha esempi classici nel lin-
guaggio militare, es. « cento uomini ef-
fettivi » ; 0 allora perchè condannare il
facile e naturalo passaggio dell'aggettivo
al sostantivo soltanto perchè così è in
francese? | Effettivo è dai puristi ripreso
nel senso di sostanza., infero., ammontare.
Effettuazione: per esectixione, compi-
mento., etc, è voce riprovata dai jìuristi,
come neologismo tolto dal fr. eff'ectuafion.
Effrazione: per scasso., rottura è voc(^
comun(> 11(^1 linguaggio forense : dotta dal
Kigutini «inutili^ latinismo» (e frango -~-
rom])o) usato i)er eflotto del francoso ef-
fraction.
Egitto: spesso ribathMido sgarbatamente
Eo-i
150
Eie
scuse 0 affermazioni altrui, si ripete l'al-
trui parola con l'aggiunta d'Egitto^ che
nega e riprova. Modo familiare.
Egittòlogo : aggiunto di persona dotta
nella storia e nei monumenti dell'Antico
Egitto.
Ego te intus et in cute novi: ti co-
nobbi dentro e fuori della pelle. Persio,
Satire., Ili, 30. Più comunemente intus
et in cute.
Egotismo: o meglio egoteismo ; la ve-
nerazione^ V adorazione di se stesso. Ter-
mine filosofico, e alquanto diverso da
egoismo.
Egrisée: n. f. la polvere del diamante.
Ègriser: voce dei lapidari che signi-
fica il togliere ai diamanti le impurità e
faccettarli.
Egrotante : latinismo brutto ed inutile
(da aegròto = sono ammalato) che alcuni
medici pretensiosi adoperano in vece di
ammalato.
Eiaculazione: lat. eiaculatio; dicesi
specialmente del movimento riflesso per
cui viene emesso il « succo orchidee ».
Eiusdem farinae: lat. della stessa fa-
rina., cioè dello stesso valore, della stessa
razza, e dicesi familiarmente in mal senso
di persone che si equivalgono.
Elaborato: voce pedantesca usata in
forza di sostantivo come in apparenza più
eletta in vece di compito. Es. « gli ela-
borati di italiano ». Dal latino elaborare
=: lavorare molto e intensamente.
Elasticità: questo vocabolo spesso è
usato al modo francese in senso traslato
e morale.
Elaterio: gr. elatérios := che spinge:
in fisica significa la proprietà delle mi-
nime particelle dei corpi per la quale cia-
scuna ritorna allo stato primiero, ove ne
sia tolto r impedimento che altrimenti le
gravava. Dicesi talora in significato morale.
El difeto xe nel manego : il difetto è
nel manico., cioè nella parte sostanziale.
Locuzione acuta ed ambigua del dialetto
veneziano, divenuta assai comune dopo
che il Favretto ne fece argomento di un
vivace quadretto in cui un vecchio grave
ombrellaio così risponde ad una svelta
popolana che gli ha dato l'ombrello da ac-
comodare.
Eldorado: voce spagnuola che vuol dire
paese dell'oro. Usasi per indicare luogo
di delizie, felicità, fortuna. Al tempo
delle feroci conquiste spagnuole dell'Ame-
rica meridionale nel cinquecento, correva
la leggenda dei tesori favolosi ed enormi
dei re degli Incas. El dorado = il do-
rato, era il titolo dato dagli Spagnuoli
a quei re, ricoperti, secondo il grido, di
oro e di polvere aurea. Questa pare l'ori-
gine prima della parola.
Electric chair: ingl., la sedia elettrica,
cioè per cui passa la corrente elettrica:
mezzo di barbarie moderna per dare la
pena di morte legale (Stati Uniti). Il pa-
ziente è avvinto a questa sedia fatale.
Electrique : elettrico., detto del colore
di stoffe azzurre cangianti. V. Bleu.
Elefantiasi (da èÀécpag elefante). Ga-
leno fu primo ad applicare tale parola ad
uno stato morboso avente rapporto con
la lebbra, la psora, il cancro. L'elefai;i-
tiasi consiste in un aumento ipertrofico
del tessuto connettivo sottocutaneo, sì che
la pelle si fa bruna, squamosa, simile a
quella dell'elefante. Attacca di solito gli
arti inferiori ed è malattia speciale del-
l'Oriente.
Elegantiae arbiter : giudice, arbitro
della eleganza. Appellativo di Tito Pe-
tronio Arbitro, dovizioso, fine e mondano
cavaliere, confidente ed amico dell'impe-
ratore Nerone. Il troppo famoso romanzo
Quo Vadis ? rinverdì l'uso di queste an-
tiche parole latine.
Elemi : sostanza resinosa di varie sorta.
Quella adoperata in medicina per la pre-
parazione di certi balsami, è detta ele7?ii
del Brasile, e deriva da una terebintacea,
la Idea icicariba, e ha l'odore del fi-
nocchio. Altra si ricava da un albero del-
l'Abissini a, V Arnyris elemifera, che è
pure una terebintacea.
Elettricista : neologismo usato per in-
dicare l'operaio ovvero il tecnico addetto
ai lavori delle macchine e delle condot-
ture elettriche.
Elettrizzare : nel senso morale di com-
muovere, scuotere, avvivare, eccitare e
simili è uno di quei neologismi tolti dal-
l'estensione del linguaggio scientifico (svi-
luppare in un corpo la forza elettrica)
VAe
151
Eli
(ho conviene oramai accettare. Però que-
sto traslato non deve essere di nostro conio
ma di provenienza francese : électriser m
anìmeì\ enthousiasmer. A proposito di
questo verbo, annota il Pascoli nel suo
bel libro Fior da Fiore: « Mi elettrizzo:
è un neologismo. Già, si capisce. 0 che
si deve noi de' nostri tempi rinunziare a
ciò che gli uomini hanno sempre fatto, a
ricavare immagini dallo cose che vediamo
e proviamo? E l'elettricità è così mirabil
cosa, che gli antichi e i vecchi, se l'a-
vessero conosciuta, ne avrebbero ricavato
un vocabolario intero di parole e di modi
di dire! ».
Elettrochimica: ramo della chimica che
studia i fenomeni di combinazione, di de-
composizione e di trasformazione che le
sostanze subiscono per effetto dell'elet-
tricità.
Elettrocuzione : brutto neologismo per
indicare la pena di morte mediante la
corrente elettrica. Questo progresso nella
barbarie è speciale degli Stati Uniti. Fr.
électrocution.
Elettrodo : estremità iniziale di un con-
duttore elettrico. Molti pronunciano anche
elèttrodo^ tanto per amore di varietà, de-
lizia d'Italia: fr. éleetrode.
Elettrolisi : voce composta da elettro
e Àvco = sciolgo. Così chiamasi il feno-
meno della decomposizione dei corpi com-
posti, operata dalla corrente elettrica.
Elettrolito: dicesi quel corpo su cui si
esercita l'azione decompositrice della cor-
rente elettrica.
Elettromotore: voce di elettrologia e di
elettrotecnica, generatore di elettricità ;
e comunemente si dà questo nome a quegli
idroelettrici, o pile come soglionsi chiamare
comunemente. Indica altresì un motore
elettrico, ossia tale a cui la potenza viene
fornita sotto forma di corrente elettrica.
Elettrotecnica : termino generico che
indica lo studio delle molteplici applica-
zioni dell'elettricità. L'elettrotecnica è
considoratii comò un ramo dell'ingegneria.
Elettroterapia : nuovo termine medico
per indicare g(!nericamente le varie specie
di curo che si possono fare mediante l'a-
zione dell'elettricità sull'organistno. Bai
greco terapevo r-: curo.
Elfo : più spesso al plurale elfi^ dal te-
desco Elfen: nome dato nella mitologia
germanica ai geni animatori della materia,
press' a poco come le ninfe, i Pan, i
Fauni, etc. nella mitologia classica. Fi-
guransi, nelle leggende, or belli or de-
formi, or malevoli, ora benigni.
Dal Reno il canto degli elfi per la bruna
notte va
Carducci, Su i campi di Marengo.
Elice ed èlica : il noto propulsore delle
navi a vapore, onde i plurali elici ed
Eliminare : per rimuovere^ scartare^ to-
gliere è parola di nuovo uso, e a mio av-
viso, efficace. Nel senso letterale latino
significa portar fuori dalla easa^ elimi-
nare da limen = soglia. Nel senso tras-
lato i puristi la riprovano. Accettasi nel-
l'uso delle matematiche e della filosofia.
NB. Eliminare., eliminaxione (=: sele-
zione negativa) sono voci universali della
scienza.
Elioterapia: (rìÀiog., sole e deQajteìa^
cura) metodo di cura che consiste nell'e-
sporre ai raggi solari le parti inferme.
Nome nuovo di cosa antica ed empirica.
Eliotropio: nome di profumo, V. Hélio-
irope.
Elite : a questa parola francese, viva,
risponde la nostra bella parola morta
eletta. Fiore o fior flore si potrebbe pur
dire ma non prevalgono di molto, almeno
nell'uso del linguaggio signorile.
Eran Veletta e il fior d'ogni gagliardo
Ariosto, Oliando Fwioso.
Elixir : più comune è la grafia fran-
cese che l'italiana elisir o elisire. Parola
araba: al-iksir , quintessenza. Termine
chimico farmaceutico divenuto poi popo-
lare per indicare la sostanza più pura, la
quintessenza, l'estratto di corto materie
che, disciolte nell'alcole, servono a far
liquori 0 farmachi.
Elle a vecu ce que vivent les roses,
l'espace d'un matin : Verso di Malhorbo,
che si ripeto press' a poco noi lo stesso
senso del verso petrarchesco :
Cosa bella o mortai passa o non dum.
Elleno : plurale di ella ò alquanto di-
susato, più di eglino., corrispondente ma-
Elm
152 —
Emi)
sebi] e : disusato anche nella prosa pura-
mente letteraria; laddove al singolare ella,
in vece di quel borghese /e^, sopravvive
a dispetto di chi non lo vorrebbe ; so-
pravvive anche in Lombardia, la terra
classica del lui e del lei. Se vi fosse fra
scrittori accordo noli' usare elleno o e//e,
questo bel pronome potrebbe essere richia-
mato in onore.
Elmo (fuochi di S.) : baleni e trecce
luminose che per effetto della elettricità
si producono in su le estremità delle navi,
vele, pennoni, etc, onde traevano gli an-
tichi e traggono tuttora i naviganti loro
presagi. Elmo è evidente corruzione po-
polare di S. Ermo.
Ma diede si^eme lor d'aria serena
La disiata luco di santo Ermo.
Ariosto, Furioso, XIX, 50.
Cfr. tuttavia il buono e classico dizio-
nario di voci marinaresche del Gugliel-
motti che a lungo ne ragiona.
Elzevir: {Elxsvier) nome di una celebre
famiglia di stampatori olandesi del se-
colo XVI. I caratteri di speciale foggia
antica di quelle preziose stampe essendo
venuti di moda or fa qualche decennio e
al carattere convenendo uno speciale for-
mato elegante, così si disse un elzevir
ed anche un elzeviro per significare un
volume stampato a quel modo.
Elzeviriano: aggiunto di caratteri tipo-
grafici che imitano il tipo Elzevir.
Emarginare: è voce curialesca e degli
uffici che vuol dire segnare al margine.
Non è bella ne propria parola giacche
logicamente, come osserva il Fanfani, sa-
rebbe immarginare. Deriva dal francese
émarger. Part. emarginato.
Ematopoietici : voce composta greca,
propria del linguaggio modico e dicesi
degli organi generatori del sangue (glo-
buli rossi), cioè la milza, il fegato ed il
midollo rosso delle ossa.
Embarcadero: termine spagnuoloiin fran-
cese embarcadère, cala o gettata, coperta
0 no, che serve all'imbarco e allo sbarco:
vocabolo usatissimo a mia nozione nei
paesi lungo i laghi lombardi per signifi-
care il luogo d'approdo dei piroscafi.
Emblée (d'): modo francese comunis-
simo. Nel giuoco delle carte, poniamo al
macao, quando il giocatore fa novo di
prima mano o secco, si dice alla francese :
d'emblée. Dicesi anche di chi ottiene
qualche beneficio, di primo acchito. Di-
cono talora i medici: Diagnosi d'emblée
cioè a prima vista. 'Emblée deriva dal-
l'antico verbo francese <?m6/er = rubare,
rapire :
Le bien d'autrui tu n'embleras
Ni retiendras à escients.
Ve rapporto etimologico con l'antico
nostro verbo imbolare (involare) =: l'u-
bare, portar via (lat. vola., palma dì mano;.
Embolìa: da è/ufioÀov = cuneo, sbarra:
nome dato dal Virchow all'otturamento
dei vasi, prodotto dagli èmboli e quindi
all'insieme per cui gli èmboli si formano
e vengono trasportati nella corrente san-
guigna. Non si confonda Vembolìa con la
emorragia cerebrale, benché l'effetto sia
lo stesso. Y. Emiplegia.
Èmbolo : corpo estraneo onde è deter-
minata la embolia., cioè l' intoppo di un
vaso sanguigno.
Embonpoint: letteralmente in francese
vuol dire in buono stato., e dicesi di chi
è in prospera salute e nell'aspetto este-
riore tale che non appaiano le prominenze
ossee : quindi oltre che floridezza., vuole
indicare altresì lieve grassezza., tendenza
diW adiposità.
Embrasse: cordoni per le tende. In un
elegante negozio d'Italia ho letto questa
scritta: embrasse per rido guipure. C"è
da domandare: che sta a farci quell'in-
felice italiano per? Ma scrivasi tutto in
francese e con rispetto all' ortografia di
quella lingua!
Embrici alla marsigliese: tavolette di
terra cotta, rettangolari con scanalature
su la faccia superiore per agevolare lo
scolo delle acque. Sono munite di inca-
stri a maschio e femmina. Se ne fanno
tetti più leggeri e gradevoli alla vista
che quelli di antica foggia.
Embriogenià: (dal greco émbrion =
feto e ghennào = generare, partorire):
termine della scienza anatomica, la quale
studia le fasi prime dei singoli organi
dell'animale, entro l'utero materno. Come
è noto per scienza, il feto, nei primi mesi
della vita uterina, passa per le varie fasi
Emb
153
Emp
doiressero animale, dalle forme meno per-
fette, alla più perfetta che è l'umana.
Sintetizza cioè la secolare evoluzione della
specie.
Embriologia: (Y. Embriogenìà) è più
l)ropriamoiito lo studio degli organi, già
differenziati nel feto, o seguiti sino alla
loro trasformazione ultima.
Embrocazione: fr. cmbrocation: brutta
voce, nota a chi attendo ad esercizi fisici
egiuochi, come ciclismo, palla al calcio, etc;
indica una specie di unguento col quale
si fanno le frizioni ai muscoli delle gambe
e delle cosce, prima e dopo una corsa,
per dar loro maggior elasticità e mag-
gior forza: èj[(fÌQo^y, irrigazione.
Eminentemente: avverbio più che ita-
liano, ma certo Fuso iperbolico che se
ne fa, in vece di molto, assai, etc, ri-
corda Véminemììient francese.
Eminenza Grìgia: fu chiamato contalo
sopra nome il confidente ed amico del gran
ministro francese Richeliea, certo padre
Giuseppe, cappuccino, al secolo Francesco
Ledere Da Tremblay n. a Parigi nel 1577.
Dicesi Enihtenxa Grigia di consigliere
occulto e potente.
Emiplegia: paralisi di tutta una metà
del corpo o di uno solo fra due organi
pari : termine medico, derivato dal greco :
emì ■== metà e plesso = colpisco: effetto
dell'embolia o dell'emorragia cerebrale.
Volg. colpo^ accidente.
Emìttero : voce scientifica che indica
una specie di insetto a metamorfosi in-
completa {emìttero in greco zzi mezza ala),
con la bocca munita di rostro articolato,
atto a suggere umori dagli animali o dalle
l)iante {cimici, cicale^ afìdi^ fillossera).
Emofilia: torm. med., dal gr. aìfia, san-
gue e (piÀia, simpatia: stato patologico,
determinato da una disposiziono dei vasi,
congenita, ereditaria allo emorragie gravi,
sia spontanee, sia cagionato da lievi ferite.
Emoglobina: sostanza organica che co-
stituisco la parte essenziale dei globuli
rossi d(^l sangue. V. Olobuli rossi.
Emorroide: {alfia, sangue e ^Séo, scorro)
tumore varicoso formato dalla dilatazione
delle vene dell'ano o del rotto.
Emostasi: dal gr. aima = sangue o
stasis = sosta, fermata. Così in medicina,
si designa l'operazione di frenare lo scolo
del sangue. Derivato emostatico., detto di
sostanze come il tannino, il percloruro di
ferro, etc, o dei mezzi meccanici che
hanno virtù di stagnaro il sangue.
Emostatico: V, la voce precedente.
Emotività: fr. émotivité; parola usata
spesso nel linguaggio dei medici e dei
psicologi per significare la facilità che
taluno ha di commuoversi, press' a poco
come impressionabilità^ sensibilità^ an-
nettendovi, come ajipare, il concetto di
eccesso e di poca normale forza nervosa
in questa tendenza al commuoversi. Voce
neologica anche in francese.
Emottisi: dal gr. aima = sangue e
ptisis zrz sputo: sputo sanguigno, prove-
niente dalle vie della respirazione. Questo
sangue ha per origine sia un' emorragia
dell' ap])arecchio respiratorio, sia un'emor-
ragia d'un organo vicino che si è rotto
nell'albei'o respiratorio. Emoptoe.
Emozionare, emozionante : neologismi
di manifesta provenienza francese, émo-
tionner = causer de l' émotion. Cominuo-
vere e commovente indicano una sensa-
zione più profonda e nobile e perciò si
spiega l'uso di tale neologismo, benché
non manchino locuzioni molte e varie in
nostra lingua per rendere la parola émo-
tionner.
Empìècement: negli abiti muliebri così
è talora fiuncesemente chiamata quella
diversa stoffa o velo che compie, ornando,
il corsetto su le spalle e sul collo. In ita-
liano, sprone.
Empire : style empire., neologismo fran-
cese per significare quello speciale stilo
che era in onore al tempo di Napoleone 1
(primo impero). Anche quando noi fac-
ciamo italiano il modo francese, levianuì
il segnacaso di e diciamo stile impero,
che non è modo nostro.
Empirismo: ottima parola che in an-
tico significa la pratica medica fatta con
l'espiM-ienza, opposta al dogmatismo. Oggi
è sinonimo di ciarlatanoria o significa la
cura medica di persone mal dotte, gui-
date dalla semplice analogia. Non si di-
montichi però elio rompirismo è l'origine
della soionza o dolio scoperto. Esso, come
dico l'origine del nome (dal greco en
Emù
154 -
Enc
in e'peira = prova, esperienza, oh! che
saltò in mente al Petrocchi di sottoporre
empiricamente alla rubrica empireo, da
671 e pyr i^ fuoco ?) è la osservazione
prima fondata sul fatto.
Emù : {Dromaeus novae Hollandiae) è
uno struzzo australiano vivente, con piedi
a tre dita.
Emulsionare: preparare un'emulsione:
0 detto di sostanza preparata a modo di
un'emulsione. Y. la voce seguente.
Emulsione: dal lat. emulcere^=. addol-
cire : liquido di apparenza lattiginosa che
tiene sospeso corpi grassi finamente di-
visi. Der. emulsionare. Le emulsioni sono
sostanze oleose sospese mediante una mu-
cilaggine nell'acqua : il latte, il sangue
sono emulsioni naturali ; emulsioni artifi-
ciali quelle preparate ne' laboratori.
En abregé: V. Abregé.
En amateur: dicesi in fr. amateur =:
amatore, amadore (bella voce classica, rin-
novata dal Boccaccio su la forma latina
amatorem) con speciale senso di chi at-
tende alle arti belle, non per professione,
ma per amore e diletto, quindi diletia^ite^
come dilettante] e nel linguaggio familiare
dicesi en amateur con più. esteso senso che
riferito alle arti. Notiamo qui come la voce
nostra dilettante^ dilettanti sia accolta in
francese, ma riferita specialmente alla mu-
sica. Vocabolo, dunque, che è frutto di arte
e di forza nostra, almeno per il passato!
En beauté (étre): letteralmente essere
in bellezza^ detto specialmente delle donne,
che non vuol dire proprio come essere
bella., aver bella cera., ma quello speciale
stato per cui in certe occasioni e certi
momenti il volto è più attraente del so-
lito. In italiano, anche in questo caso, non
corrisponde una locuzione unica ma lo
scrittore può rendere il concetto in vaghi
e vari modi che qui è inutile trattare.
liucevan gli occhi suoi più che la stella:
E cominciommi a dir soave e piana,
Con angelica voce in sua favella.
Inf. IL
Io fui nel mondo vergine sorella;
E se la mente tua ben mi riguarda,
Non mi ti celerà Tesser più bella.
Par. III.
En belle vue : si dice così nel linguaggio
di cucina delle vivande preparate con arte
in modo da accontentare anche la vista,
come « insalata russa en belle vue ». In
italiano la voce bella c'è, perchè v'era
la cosa : in addobbo o accomodata. Ma la
cucina francese, di uso mondiale, ha im-
posto anche le sue voci.
En cachette : fr. di nascosto.
Enoanailler: V. Incanagliarsi.
Encausto: lat. encaustum^ gr. enkau-
ston : sorta di pittura antica nella quale i
colori erano stemperati con cera liquefatta,
per dare ai medesimi lustro e preservarli
dall'azione atmosferica.
Enchanté: letteralmente incaìitato,msi
l'aggettivo francese usasi con frequenza,
specie nel ceto mondano, per esprimere
la meraviglia e il piacere elevati con la
consueta iperbole al grado di incanto.
Enciclica : voce greca che vale circo-
lare; cioè quella lettera che il papa invia
ai vescovi della Cristianità ed ai fedeli
per far loro conoscere la sua opinione su
di un punto del dogma, della morale, della
disciplina. Più specialmente hanno tale
nome quelle esortazioni pastorali che trat-
tano di questioni presenti. Le encicliche
hanno un titolo, si datano e finiscono come
le bolle. V. Bolla.
Enclisi : termine grammaticale che si-
gnifica l'appoggiarsi di alcune particelle
alla parola precedente con cui si fondono
e di cui acquistano l'accento. « Una delle
particolarità, e forse più spiccata, per cui
lo scrivere accademico, pretenzioso, af-
fettato si distingue dal nativo e svelto e
moderno (diciamo Manzoniano) è l'appic-
care le enclitiche alle forme di verbo le
quali non le comportano. Le forme di
verbo che prendono dopo sé tali pronomi
e particelle attive sono l'imperativo (se-
conda persona), il gerundio, il participio
e l'infinito : ditegli, dicendomi, dicen-
temi e dettogli., dirti. Le altre no : le
hanno avanti: gli dico., gli dica., gli
direi». Così il Pascoli, Fior da fiore.,
Antologia. Meglio, forse, intendere ciò come
consiglio che come legge assoluta.
Encloure : lett. in francese inchioda-
tura., cioè ferita fatta al piede di una be-
stia per ferrarla. Ho inteso dire dal popolo
inchiodare, cavallo inchiodato, quando il
maniscalco nel ferrare, ha ferito il cavallo.
155 -
Ent
En daube : dal verbo dauher^ battere :
;■ così chiamasi una cottura delle carni,
^ specie so dure, come galline vecchie,
oche, etc. (Penosi lardo e prosciutto in
una teglia, caroto, garofani, erbe: sopra
il pezzo di carne o il gallinaccio che si
vuol cuocere, una gran fetta di lardo e
ranto brodo da coprire il tutto. Cuocesi
a fuoco lentissimo e con coperchio). Vero-
similmente dicesi daube perchè la carne,
prima d'esser messa in concia, è battuta.
La parola nostra, rispondente alla fran-
cese, è stufato.
En deshabillé: V. Deshabillé.
Enfant gate : locuzione francese dal fe-
lice traslato che risponde un po', e se-
condo i casi, ai nostri modi di dire : ra-
ga%xo mxiato^ beniaìnino^ cocco di ....
gallo della Checca.
Enfant prodige: lett. bambino prodigio.,
locuzione francese felice per indicare que'
bambini che dimostrano un'intelligenza
straordinaria e superiore alle età loro. Fu
attributo di alcuni uomini geniali.
Enfant terrible: frase enfatica ed iper-
bolica francese, dovuta, come pare, ad un
dramma comico del Gavarni, e divenuta
comune fra noi per indicare que' bambini
che nell'ingenua osservazione e sincerità
infantile dicono cose che non devono
essere dette : Es. « la zia si pulisce be-
nissimo i denti, essa se li toglie ogni
sera » .
Enfisema: termine medico che significa
infiltrazione gassosa, diffusa nel tessuto
cellulare. Enfisema -polmonare., lesione
consistente nella dilatazione esagerata e
permanente degli alveoli polmonari. Da èv
deiiti-o e (pvoa^ soffio, vento.
Engouement: fr. nel senso traslato del
suo primo valore, da engouer = ingox-
xarsi, è voce usata fra di noi per signi-
ficai l'amore cieco di chi si è fatta una
opinione esagerata di persone o cose : fa-
natismo. Voce del gergo signorilo e del
giornalismo.
Enne enne: pronuncia dell'abbreviatura
N. N. 1 non nominato. Ondo dicosi, ta-
lora facetamente^, enne enne por significar
persona di ninna importanza o della quahi
chiunque può far lo voci,
En passant : modo avverbiale francese,
cui equivalgono i nostri : di sfuggita.,
tanto per dire., incidentalmente e simili.
Enrichissez vous: motto del ministro
Guizot, riferito da Giulio Simon all'Ac-
cademia di Francia, che ne commemo-
rava la memoria: Arricchitemi motto e
stemma della borghesia e del rinnova-
mento sociale che essa arrecò nel se-
colo XIX con nuova e inusitata produ-
zione di ricchezza.
Entente cordiale: neologismo politico
che vuol dire letteralmente in francese
interpretazione benevola., e si riferisce a
quelle prove di equità e di buon volere
che scambiano fra loro i capi di due Stati
nel risolvere una data questione politica.
Vi risponderebbe le nostra frase : buone
disposixioni. Talvolta quando c'è Ven-
iente cordiale non è improbabile il caso
della guerra; ma di codesto la filologia
non ha colpa. Questa locuzione neologica
si legge nel discorso pronunciato il 17 di-
cembre 1843 da Luigi Filippo di Francia
all'apertura del Parlamento : « La sincère
amitié qui m'unit à la reine de la Grande-
Bretagne et la cordiale entente qui existe
entro mon gouvernement et le sien, etc. ».
Enterite : (dal greco ènteron = inte-
stino, minugie) è voce medica per signi-
ficare r infiammazione , specie cronica,
della mucosa intestinale.
Enteroclisma: {èvtevov, intestino e kxù-
^(ù, lavo) noto e ingegnoso apparecchio
dovuto al nostro Cantani : esso — per la
nota legge dell'equilibrio dei liquidi —
permette la lavatura di tutto l' intestino
crasso (colon). Aumenta la pressione
quanto piii si eleva il serbatoio dell'acqua.
Entità: dal lat. ens, entis., participio
post-classico del verbo esse = essere, gr.
TÒ òv ■-— ciò che è. Come termino scola-
stico per esprimerò l'idea astratta di ciò
che è, viene accolto dai puristi ; nel senso
di valore., pregio (Es. cose di molta en-
tità) è ripreso come gallicismo.
Entourage: voce francese usatissima
j)or indicare la compagnia, la clientela.,
il seguito di un dato personaggio.
En touriste: V. la parola touriste.
En tous cas: fr. in ogni caso, om-
brollino adatto per la pioggia e pel solo.
Entr'acte: vuol diro proprio ciò che si-
Ent
— 15(3 —
Epa
gnifica la nostra bella parola inter7iie%xo.
Ma per indicare l'intervallo tra atto ed
atto usasi non di rado la parola francese,
specie nel linguaggio degli eleganti.
Entrain: voce francese che indica il
calore e la vivacità del dire e del fare.
Dicono i francesi : Cette personne a de
l'entrain^ Cette comédie a de L'entrain.
Bisogna proprio esser leziosi per usare
noi questa voce, mentre abbiamo le bel-
lissime: brio., gaiexTia^ vivacità.^ spiglia-
texxa. Entrain deriva dal verbo entrainer
= en (lat. inde) e trainer (lat. trahere.,
trainare, traino, treno). V. la voce train.
Entraineur: celuiqui entraine^ qui pre-
pare Ics chevaux pour la course. In ita-
liano, sGozxone =: colui che avvezza i pul-
ledri alla sella o alla carrozza. Ma siamo
al solito caso, che la parola nostra sa di
plebeo, la parola francese di signorile ed
elegante.
Entre-cóte: è in francese ciò che di-
cesi costata., fiorentina in Romagna, cioè
costoletta. La parola francese è comune
nel linguaggio culinario.
Entrée: entrata., portata. Codesta pa-
rola indica francesemente i piatti con cui
si comincia il pranzo, dopo l'antipasto e
dopo la minestra. Il cerimoniale francese
nell'arte della cucina e della tavola è
stato introdotto pure da noi e, con quello,
le parole.
Entrefìlet: neologismo francese, lette-
ralmente tra le linee., tra le maglie.^ da
entre e filet., diminutivo di fil = filo. Si
intende per tale parola un breve articolo
di giornale, inserito fra articoli di mag-
gior importanza, col quale di solito siri-
chiama l'attenzione del publico su di an
fatto noto, si corregge, si rinnova un giu-
dizio: insomma sarebbe una specie di
« notabene », non di rado caustico, j^ tra-
dotto in trafiletto che al plurale è anche
di più goffo suono che al singolare.
Entre la poire et le fromage: efficace
modo francese : fra le pere e il formaggio:
cioè entro due termini fra i quali lo spi-
rito si trova naturalmente disposto e quasi
costretto ad udire benevolmente ciò che
di importante e nuovo altrui piace dire,
quindi a tempo buono., a tempo oppor-
tuno. Né si dimentichi che le pere legano
benissimo col formaggio e formano un
post prandium gustosissimo che dispone
alla benevolenza.
Entremets: così i francesi chiamano
quelle vivande che vengono servite dopo
l'arrosto e prima delle frutta: vi si com-
prendono verdui-e, torte, e varie specie
di pasticcerie. Nei grandi pranzi o ban-
chetti rappresentano una specie di sosta
0 di pausa, fatta di cibi più delicati e
soavi che non siano le carni. Il signor
P. Artusi, romagnolo e toscano, il quale
per suo diletto publicò un pregevolissimo
ed accurato manuale di scienza culinaria
tanto poco noto quanto meritevolissimo
di essere noto (Firenze, S. Laudi, 1891)
traduce la voce francese con tramesso.
cioè posto in mezzo alle vivande del
pranzo.
Entre-80l : è in francese ciò che in ita-
liano si dice me%%anino., cioè l'apparta-
mento tra il pian terreno (rc%.-rfe ehaussée)
e il primo piano.
Entusiasmare : è verbo non accolto dai
puristi né dalla Crusca perchè troppo af-
fine slV enthousiasmer francese che vale
spesso s'engouer de quelqu'un ou de
quelque chose., non escluse le ballerine e
i tartufi. Accolgonsi invece entusiasmo
Olà. entusiasta nel nobile senso etimologico,
èvdovoiaofjiós == inspirazione, sacro fu-
rore. Non è molto persuasiva la esclu-
sione del verbo, tanto più che esso è anche
in greco, èvdovoià^(ù\ tutt'al più si può
osservare che noi seguiamo 1' iperbole
fi-ancese, la quale consiste non solo nel
dar grande senso alle parole che sono
segno di cose piccole, ma altresì nel con-
trario, cioè neir usare voci di nobilissimo
significato per determinare cose di poco
conto.
Enveioppe: voce francese, rispondente
all'italiano inviluppo, dal latino in o vol-
vere = volgere. Nel Lessico del Fanfani
ed Arlia è scritto che i cartolai fiorentini
diceano inviluppo: oggi prevale la voce
nostra busta., e la parola francese benché
tuttora frequente, quasi popolare, tende
a cadere.
Epatant : part. del verbo francese épa-
ier. Con questa parola si suole in quella
lingua esprimere il più alto grado del-
Ep
- 157
Epa
l'ammirazione: far traseGolare, strabi-
liare. Il est vraiment epatant ! Epater
deriva da e, ex e patte.^ cioè privare dei
'piedi., come épater un verre. Figurata-
mente far cader uno su le quattro zampe
per la sorpresa e la meraviglia.
Épater le bourgeois: parola del gergo
(V. Epatant) e vuol dire stordire., inti-
morire il borghese, l'onesto borghese. Il
motto francese da noi si ripete nel lin-
guaggio giornalistico e politico quando,
disegnando con colori foschi e terribili
l'avvenire quale (in teoria) ce lo faranno
i ribelli della legge odierna, si intende,
smuovere., spaventare il cittadino, di so-
lito indiU'erente a tutto ciò che non ri-
guardi i suoi affari e il suo interesse im-
mediato. Dicesi di tutto ciò che ad arto
artificiosa è fatto per provocare nel buon
popolo, stupore, ammirazione, quindi lode
e ciò che segue alla lode. Locuzione effi-
mera e bella come belli sono tutti i modi
di dire che traggono origine dalla viva
vita di un nobile popolo.
Epicentro: il centro sotterraneo della
superficie di un campo di terremoto.
Epiiettoide: neol. scientifico per indi-
care chi in tenue misura è affetto da epi-
lessia. V. il suffisso Oide.
Episodio: gr. èn-eiO-òÒLOv = breve
azione intrecciata ai canti del coro nel-
l'antica tragedia greca. Ora questa pa-
rola nel senso di azione subordinata alla
principale azione di un romanzo, di un
dramma, di un poema, va bene, ma nel
senso di fatto., avvenitnento della vita
privata non piace ai puristi perchè questa
estensione di significato è di maniera fran-
cese : dunque per caso., avventura., vi-
cenda è un inutile gallicismo. Ma l'uso
ha oramai accolto r« inutile gallicismo ».
Epispadia: V. Appendice.
Epistassi : termino medico, volgarmente
sangue dal naso: dal gr. epì = sopra e
staxo :zz sgoccio.
Epistola non erubesoit: la lettera non
arrossisco, così, aggiungendo un emm,
scrivo Cicerone nelle suo Lettere Ai fa-
miliari., libro V, episi. 12, in principio.
La locuzione, vivissima tuttora, è da sup-
porsi di procedente formazione poi)olaro.
Essa vuol significare che la lettera con-
J cede di espi'imere cose che il pudore, la
! vergogna, il riguardo vieterebbero di dire
j a voce e di presenza.
Epiteliòma: tumore maligno, formato dal
tessuto dell'epitelio, e presentante nume-
rose varietà secondo il tipo d'epitelio ri-
prodotto. Dal gj-eco èirì sopra, deÀi) mam-
mella e il suffisso orna (greco ...o/na)
adoperato in medicina per significare i tu-
mori neoplastici Gome sarcoma, carcinoma.
V. Neoplasma.
Epizòtico 0 epizootico : agg. neol. da
epixoox'ìa: nome generico di speciali ma-
lattie contagiose che infieriscono fra ani-
mali : dal greco epì -- soyìra e xoon =
animale.
Epoca : « fr. epoque., da èjroxrj ziz punto
di fermata, vale propriamente punto fisso
nella storia, segnalato da qualche avve-
nimento memorabile, da cui si comincia a
contareuna serie d'anni, cuna delle grandi
parti in che si divide la storia stessa. —
Es. La storia romana si divide in tre
grandi epoche., in quella dei Re, della
Eepublica e dell' Impero. — Ma in Fi-
renze — dice il Tommaseo — non dal
popolo che chiamano basso, ma da quelli
che bazzicano coi signori, sentesi: « da
quell'epoca in poi », per dire « d'u?i tempo
qualunque » che nulla abbia di memora-
bile 0 di rilevante ». Così il sig. AUan, op.
cit.., e «sconcio gallicismo» lo dice il
Rigutini. Anche qui l'uso, valendosi del
suo diritto sovrano, dà la sua sanzione
ed accoglie lo « sconcio gallicismo ». Cfr.
per il valore proprio della parola la lo-
cuzione comune far epoca., detta anche
di cose minime, ma che fanno punto, fer-
mata della memoria nella uguaglianza del
tempo, Es. quel vestito ha fatto epoca.
Epurare: V. Epurazione.
Epurazione: per cerna, scarto., specie
in senso morale è parola non citata nella
più parto dei lessici. Il Fanfani la ri-
prende come gallicismo. Ma come forma-
zione di voce, essa è buona e, quel che
più, è dell'uso. La provenienza sarà dal
francese èpuration od épurement., ma di
molti ragionevoli gallicismi sarebbe op-
portuno non più discutere, uè anche fra'
grammatici por le ragioni dotto nella pro-
fazione. Lo stesso dicasi del verbo (^ii-
Eqii
158 —
Ere
rare (fr. épurer^ es. « épurer un corps,
une compagnie, une administration » to-
glierne cioè le persone indegne e sospette).
Il Eigutini propone in tale senso purifi-
care e sbacare^ ma il primo verbo ha
elettissimo senso morale e sacro, il se-
condo panni troppo regionale e toscano.
E qui comìncian le dolenti note : cor-
ruzione popolare del verso dantesco: ora
comineian le dolenti note (Inf. V, 25)
stravolto ad altro senso : per lo più dicesi
facetamente quando si viene a parlare di
cose 0 di conti che non piace udire, ma
che pur udire conviene.
Equilibrato: « ingegno^ mente^ natura
bene equilibrata, dicesi oggi d'ingegno,
natura, nella quale tutte le facoltà dello
spirito umano sieno tra loro ben composte,
sicché l'una non predomini sull'altra. La
maniera è presa dal francese e noi po-
tremmo dire ben temperato ». Così il Ri-
gutini, ma l'uso di equilibrato è oggi
tanto comune che mi par vano riprendere
tale parola. Testa quadra.
Equilibrio europeo : espressione fre-
quente nel linguaggio diplomatico : esso
consiste nella conservazione dei possessi
territoriali quali furono limitati dai trat-
tati e dal mutuo accordo che vincolano i
vari Stati a obbligazioni comuni e soli-
dali. La parola equilibrio in tale senso
forse ci provenne dal firancese che a mol-
tissimi sensi estende la voce équilibre.
(dal lat. aequus := giusto e libra = bi-
lancia). Il Guicciardini parlando de' vari
Stati italiani prima della venuta di
Carlo YIII (1494), scrive di Lorenzo il
Magnifico che « procurava con ogni studio
che le cose d'Italia in modo bilaìiciale
si mantenessero che piii in una che in
altra parte non pendessero, il che senza
la conservazione della pace, e senza veg-
ghiare con somma diligenza in ogni ac-
cidente benché minimo, succedere non
poteva». Così allora por l'Italia, come
oggi per l'Europa.
Equipaggio: per ciurma della nave e
servigio di vettura signorile a cavalli è
voce dal Fanfani e dai puristi ripresa
come gallicismo {équipage). E per questo
dobbiamo farne a meno? Se ne fa tanto
a meno che la stessa Crusca la ha ac-
colta. Ciurma.^ parlando di navi, sa di an-
tico e forse, usata, avrebbe senso di
spregio. Equipaggio ed equipaggiamento
sono secondo i puristi bene usati in senso
di arredi., forniìnenti^ bagagli., etc, onde,
poi, il verbo equipaggiare = fornir di
equipaggio, uomini e cose necessarie ad
un viaggio, ad un'impresa. Equipaggio
ed equipaggiare sono voci tecniche nel
linguaggio marinaresco. Y. Guglielmotti,
op. cit.
Equivocare: prendere abbaglio., equi-
voco., sbagliare., ha esempi antichi e clas-
sici, ciò non toglie che sia brutto verbo
(fr. équivoquer)'. certo in nobil dettato è
voce sfuggita.
Erariale (avvocato): è l'avvocato che
in una lite sostiene le ragioni dell'erario
cioè dello Stato, cioè di uno dei Mini-
steri. Esistono a tal fine nelle principali
città uffici regolarmente costituiti con re-
lative gerarchie che hanno nome di Av-
vocatura erariale.
Erbette (le): nel dialetto marchigiano è
così chiamato ì\ preT^xemolo : in milanese
erborimi.
Erbioni : in Lombardia e nell'Alta Emilia
così si dice popolarmente in vece di pi-
selli. Milanese erbiòn.
Erborinato: voce dialettale lombarda,
aggiunta a stracchino, il più celebre e il
più diffuso formaggio da tavola, quando
esso è venato di quelle verdi muffe che
gli sono caratteristiche : da erborinna,
pi. erborinn = prezzemolo.
Erculeo: da Ercole, l'eroe fortissimo:
dicesi con quella tendenza all'eufemismo
0 all'esagerazione, secondo i casi, che oggi
è molto in onore, anche di sforxi non
propriamente erculei.
Eredità d'affetti: bella locuzione del Fo-
scolo [Sepolcri) divenuta popolare e, pel
troppo abuso, frase fatta.
Ereditiera: per fanciulla erede di ricca
dote, ricorda ai puristi il fr. héritière. «A
noi basta erede » dice il Eigutini, ma alla
lingua corrente non par che basti.
Eretismo: non da eretto ma dal greco
erethixo = irrito; é voce del linguaggio
medico per indicare accrescimento pato-
logico della attività di un organo. Dicesi
anche per traslato in senso morale.
Erj
— 159
Esa
Ergastolano : inquilino abitatore del-
Yergùstolo. I diz. portano quest'ultima
parola (del gr. ergaxomai zzz lavoro, lat.
ergàstuliim) non la prima, frequente nelle
Ricordanxe del Settembrini.
Ergo : lat. adunque.
Èrgon: e più com. erg; termine tolto
dal greco èrgon == opera, e scelto nei con-
gressi internazionali di fìsica per indicare
l'unità di lavoro: è il lavoro che compie
una dine (V. questa parola) lungo lo spa-
zio di un centimetro percorso nella sua
direzione: esso è circa la 98 1 00000 parte
di un kilogrammetro, ossia del lavoro che
si eseguisce elevando un chilogrammo al-
l'altezza di 1 metro.
Erigersi a : per darsi il tono^ Varia
di...^ Mettersi a..., Farla da... ^ etc, ri-
corda ai puristi il modo francese s'eriger
= s'attribuer une auciorité^ un droit.,
une qualité qu'on n'a pas., ou qui ne
convient pas. S'eriger en savant, en cri-
tique., etc.
Or tu chi se', che vuoi sedere a scranna
Per giudicar da lungi mille miglia
Con la veduta corta d'una spanna?
Dante, Par., XIX.
Ermafroditismo: Y. Appendice.
Eroe : dal greco héros : nel senso an-
tico l'eroe era l'uomo in alcun modo con-
giunto con gli Dei: Ercole, Teseo, etc.
Nel senso moderno fìlosofico, chiunque
operò cose meravigliose con facoltà crea-
tive, conservative, rivoluzionarie, fuori del
comune: Cristo, Maometto, Dante, Gari-
baldi, Mazzini, etc. Oggi il vocabolo eroe
è prodigato con una generosità singolare
e por simiglianza di idee mi ricorda la
parola cavaliere che generalmente è data
a persone che sarebbero alionissime dal
cavallo da cui la parola proviene. Uno
che salva a nuoto un suo simile ; un pom-
piere che spegne un incendio; un vigile
che arrosta un malfattore possono facil-
mente essere proclamati eroi. Così dicasi
dell'aggettivo eroico.
Erogazione ed erogare : (lat. ex e rogare,
chiedere) dare danaio a scopo determinato
di publico vantaggio o benefìcenza. Voce
buona o registrata, ma di forte sapore cu-
rialesco e dogli uffici.
Erotòmane: V. Erotomania.
Erotomania: (gr. erosm amore e mania
= pazzia) alienazione mentale cagionata
da preoccupazione sessuale : derivato ero-
tòmane.
Errata : neutro latino := cose errate :
dicesi la Tavola degli errori corsi riella
stampa di un libro con la loro correzione
di contro; onde la si suole anche diman-
dare Errata Corrige^ correggi gli errori.,
cosa che ninno fa. L' Errata- Corrige^ a
giudizio dei periti dell'arte, non ha valore
pratico, se non nei libri di prezxi cor-
renti., cataloghi., formule., dove l'errore
può essere veramente dannoso. Negli altri
casi, quando non si può rifare la pagina
stampata, meglio affidarsi al buon senso
e alla scusa del lettore.
Errare iiumanum est, perseverare dia-
bolicum: sbagliare è cosa umana., perse-
verar nell'errore è cosa diabolica. Adagio
scolastico, formatosi in antico da varie e
consimili sentenze, e proverbiale tuttora.
Error comunis facit jus: l'errore di
molti costituisce una legge., sentenza giu-
ridica e umana, vera quanto altre mai.
Trovasi nella legge 3^ del Digesto al ti-
tolo De supellectile legata.
Erunt duo in carne una: saranno due
in una sola carne., così nelle sacre carte
è spiegato il vincolo del matrimonio. Sa-
ranno...., il che indica l'idealità finale non
la realtà.
Es: prefisso di alcune voci, e vuol dire
sei., dal greco é'<^ (cfr. il latino seic) come
in esametro^ esagono., esarca., etc.
Esaltare : propriamente vuol dire sol-
levare in alto., lat. extollere. Cfr. il motto
evangelico : « chi si esalta sarà umiliato » .
Nel senso di entusiasmare., appassionare
(es. « i romanzi esaltano la testa ») è ri-
preso da alcuni puristi come gallicismo.
Così dicasi di esaltato per fanatico, testa
calda e di esaltazione. Ma anche qui l'uso
approva tali neologismi.
Esantema : (gr. exanthein = fiorire) si-
gnifica in medicina quel rossore cutaneo
più 0 meno vivo, senza papule o ve-
sciche, che si riscontra in gran numero
di malattie.
Esauriente : part. pros. con valore di
agg., dal v(nbo esaurire = iìnire, dotto
sovente e spocificatamento di libro, trat-
Esa
160
Eso
tato^ discorso, etc. che tratti di un dato
argomento in modo che tutto ciò che se
ne poteva dire, sia detto. Questo neolo-
gismo è ripreso dai puristi. Un libro esau-
riente « vorrebbe dire che esaurisce le
for^e dello scrittore o del lettore o di tutti
e due insieme » G. Romanelli, op. cit.
Ma è lepidezza che non persuade. Cfr.
però l'uso del fr. epuiser.
Esautoramento: V. Esautorare.
Esautorare : (dal latino ex-auetorare ■=.
licenziare, cassare) dicesi specialmente di
persona cui è designato alcun comando,
la quale per suo mancamento o per cause
estrinseche abbia perduto parte della sua
autorità, stima, credito, reputazione. Usato
è specialmente il participio esautoralo.
Escalope : braciolina di vitello per so-
lito, con varia arte cucinata: voce fran-
cese entrata nell' uso in scaloppa., sca-
loppina.
Escamotage : (da escamote la palla che
i giocolieri nascondono ad arte, è parola
francese usata talvolta in senso figurato
in vece di modi nostri consimili, come
mutar le carte in mano., far il giuoco
dei bussolotti^ etc.
Escamoteur : chi fa il giuoco dei bus-
solotti. 1 vari nostri dialetti hanno dovizia
di locuzioni per esprimere ciò che figura-
tamente esprime la voce francese, ma le
vive nostre voci di popolo difficilmente
sono ricevute nel salotto d(
l'uso borghese, o corrente.
Escomio: licenza, disdetta^ nel ferra-
rese: lat. exoomiare.
Escroquerie : noi abbiamo la voce ita-
liana scroccheria., uguale per senso e per
etimologia, eppure un nostro letterato
non dubita di scrivere : « Insomma tra
articoli e trafiletti il Petit Journal seppe
tirar fuori, dalla famosa escroquerie del
Panama, la bella somma di 360 mila
franchi ».
Escursione : per gita è ripreso come
gallicismo, excursion. Savia a tale pro-
posito è la seguente osservazione del Ei-
gutini : « I latini ebbero excursio tanto
nel senso approvato di scorreria., quanto
in senso di gita, maggio. Il francese li
riprese tutt'e due; l'italiano soltanto il
primo. Pure chi volesse adoperare anche
il secondo non direbbe una bestemmia.
Dove è il suggello della gallicità è nel
traslato, come : Fare un'escursione nella
storia, nella filosofia, etc. ».
Escursionista : neol. detto di chi compie
brevi viaggi o gite per diletto o salute.
Fr. exrursionniste.
Escussione : Y. Escutere.
Escutere : (participio escusso) invece
di esaminare., provare., ricercare minu-
tamente. Es. « escutere i testimoni ». È un
latinismo del linguaggio giudiziario {excu-
tio :— ex e quatio =r scuoto fortemente,
e poi, guardo addosso, esamino, provo).
« Escutere un debitore », fare gli atti
contro di lui.
Esèdra : lat. exhedra, gr. è^éòga, in
architettura indica un sedile semicircolare,
di costruzione leggera e a traforo che si
fa nei giardini e nei parchi per riposo e
per ornamento.
Esentuare : voce non corretta che si
usa in alcune regioni in vece di dispen-
sare., eseìitare, esimere. Frequente par-
lando di scolari, esentuati dagli osami.
Esenziazione: \òqv esenzione. Cito questa
parola come esempio del punto a cui si
può arrivare con l'influsso del suffisso
%ione. Io non credo che in altre lingue
avvenga quello che avviene nella nostra,
cioè di creare voci abusive, non neees-
sarie, mal formate, senza alcun giusto
motivo che le giustifichi. L' ignoranza e
la fretta giornalistica.,.. Bah! è una
pessima ragione.
Esercente : voce ripresa dai puristi come
participio sostantivato di un verbo che
c'è in latino exercère e c'è in francese
exercer., ma non in italiano dove c'è solo
esercitare. Verissimo^ ma esercente si usa
come termine generico di mercante, ne-
goziante., fabbricante., commerciante. A
Milano c'è persino il Giornale degli eser-
centi. Il Petrocchi accetta esercente. In
fr. boutiquier., débitant.
Esercire: ^qv condurre., amministrare.,
ma?idare avanti, dicesi talvolta de' ne-
gozi e delle aziende (latino exercère). Vedi
esercito. Voce non bella.
Esercito : per ammAnistrato, condotto,
ti-attandosi di aziende, negozi, non è nei
diz. dell'uso; e non è bel neologismo.
h]^(.
161
Esp
Esercito della Salvezza: V. Salvation
Army.
Esercizio : por azienda è ripreso corno
uallicismo (Y. Rigutini). Ripreso del pari
ò noi scuso di riscossione, uso delle ven-
dite publiche, bilancio annuale dello Stato.
Exercice = perception de l'Ì7npdf^ emploi
du revenu public. Neologismo non regi-
strato, ma usatissimo.
Esèrgo : = ex opera, fuori dell'opera, e
ìiclla terminologia monetaria indica quel
piccolo spazio al disotto dell'impronta nel
rovescio, nel quale è posta l'iniziale o
inarca di zecca.
Esibizione : per esposizione^ mostra^ è
dal francese exhibition, dove pure in quella
lingua, in tal senso, è neologismo tolto dal-
l'inglese. I Esibizione., in italiano, l'atto
di esibire = offrire. Ma non solo in un
certo linguaggio è usato il neologismo
inutile, ma non mancano esempi anche di
noti scrittori. Es. « Questa esibizione dei
costumi giannizzeri interessò in particolar
modo ».
Esigente : è dai puristi parola ripresa
lior gallicismo, exigeant., lat. exigere. Voce
necessaria e sancita dall'uso e, al pari
di esigenza = necessità., appartiene a quei
francesismi su cui molto vi sarebbe a di-
scutere se tali siano veramente, ancorché
lo speciale uso che se ne fa provenga dal
francese.. Senso accolto dalla Crusca.
Esito : nella locuzione in esito, in luogo
<li in risposta., è voce del linguaggio bu-
rocratico.
Es ist eine alte Geschichte: èunavcc-
'-hia storia eppur rimane sempre nuova,
e quando essa avviene, il cuore si in-
frange! co^ì Arrigo Heine parlando dei
tormenti d'Amore, in quel gioiello immor-
talo di liriche, che si intitola Lyrisches
Intermezzo {Ein Jungling liebt ein Mad-
clien).
Esistere: lat. existerc, vale essere in
atto, perciò usato, come oggi è usatissimo,
por il semplice essere, è ritenuto galli-
'ismo. Es. « Il negozio che qui esisteva,
Esistono ragioni por credoi'e, » oto. Ancho
esistenza per vita ò ripreso dai più rigo-
i(»si ])urÌKti come gallicismo.
Èsodo : gr. exodos — uscita, storicamouto
l'uscita degli Ebrei dalla schiavitù d'Egitto
A. Fanzini, Supplemento ai Dixionari iialiani
(Bibbia) : familiarmente, partenza in gran
numero e in gran frotta, quasi per accordo
preso. Es. l'esodo dei forastieri, dei ba-
gnanti etc.
Esonerare : (dal latino ex-onerare =
sgravare, alleggerire) è neologismo che
ricorda il francere exonérer = liberar da
un onere, francare, esimere. Dal verbo eso-
nerare si formò il vocabolo esonero. Es.
« V esonero dagli esami », voce « non bella»
dice il Tommaseo. La Crusca però non la
registra. Meglio esenzione, dispensa.
Esoftalmia: [è^co, fuori e òfpdaXfiós,
occhio) termine medico: lo sporgere del
globo dell'occhio fuori dell'orbita: der.
esoftahnico.
Esonero: V. Esonerare.
Espada: voce spagnuola (dal latino
spatha) 1= spada, e poi il torero che nelle
corse dei tori (corrida) fa professione di
uccidere i tori con la spada, ultimo e più
difficile atto del sanguinoso dramma cosi
caro a quel popolo.
Espandersi, espansione, espansivo: dal
lat. ex e pando = stendo, dicesi special-
mente dei corpi ed equivale a dilatarsi.
I francesi hanno trasportato le due voci
expansion ed expansif al senso morale :
qui est porte à dire ses sentiments, ses
pensées, e noi tale uso accogliemmo con
riprovazione dei puristi. La Crusca però
accoglie il senso figurato di queste parole
ne il Tommaseo apertamente lo rigetta,
pur dicendo che non è del popolo.
Espansionismo: neologismo che signi-
fica la teoria di coloro cho sono favore-
voli allo conquiste coloniali e militari.
Esperanto: come il volapiik, nome di
lingua artificiale o universale proposta
verso il 1887 : così detto dal psoudoninìo
di chi lo propose.
Esperire: lat. experìri per provare, ten-
tare, esperimentare e quindi compiere,
così che si giunga ad esaurire la prova :
è voce usata nel linguaggio dogli uffici
e dei tribunali. Participio esperito.
Espiare la pena: è notato dal Rigutini
corno «sfarfallone» giacche si espia (purga)
il delitto e si patisco e soffro la pena. Vero
è cho queste trasposizioni d'un vocabolo
da un senso in un altro sono comuni.
Espletare od espletato: por compiere, fì-
IL
Es])
162
7iire, condurre a termine, sono voci degli
uffici (\i\ì. explère?) che possono aspirare
al premio della goffaggine fra le conso-
relle del gergo.
Esploatare od espiotare: giacche è, a
mio avviso, la difficoltà nell' accogliere
Voa francese che ne allontana l'uso di
tale neologismo e fa sì che pochi lo ado-
perino e usandolo, ne sentano il vizio:
proviene dal francese exploiter. Verbo dal
larghissimo significato che va dall'indu-
stria alla frode, dall'esercizio onesto allo
sfruttamento illecito; comprende il pa-
ziente lavoro, il tentativo audace, la prova
pericolosa : sfruttare^ trar partito^ smun-
gere^ sono i verbi che più vi si accostano.
Derivati in francese exploitation ed exploi-
teur. La etimologia più probabile di questo
verbo è dal latino explicitarc^ frequentati vo
di explieare == sbrogliare, sbrigare. « Peto
a te, ut eius negotia explices et expedias »
Cic, Fmn., 13, 26. Spagn. explotar.
Esplosione : per scoppio di gioia di
pianto, etc, ricorda ai puristi l'uso de\-
V explosion francese =: manifestation bru-
sque et 'violente d'un sentiìnent^ d'une
passion. L' explosion de la haine^ de la
colere.
Espressione geografica (detta dell'Italia):
Italien^ ein geographischer Begriff., fa-
mosa frase del principe di Metternich, del
cui valore non è qui il caso di ragionare.
La passione politica nel periodo del Ei-
sorgimento la considerò come ingiuria :
oggi potrebbesi giudicare diversamente e
più serenamente. In una lettera al conte
Prokcsch-Osten, 19 nov. 1849, il Metter-
nich scrive: «Io ho lasciato cadere du-
rante la mia contesa con Lord Palmerston
riguardo alle domande italiane dell'estate
1847, l'espressione che il concetto nazio-
nale « Italia » sia geografico, e il mio
detto V Italia è un nome geografico che
fece tanto stizzire Lord Palmerston, si è
acquistato il diritto di cittadinanza ». Per
bene intendere, ricordiamo che il Metter-
nich usò in quell'occasione tale frase an-
che per la Germania.
Espresso: V. Express.
Essere : neologismo dal fr. nel senso di
spettare. Es. La parola è al ministro.
Essere: in vece di persona, uomo.^ è
neologismo notato dai puristi. Es. « Giulio
è un essere spregevole ». Pedanterie che
sciupano una causa buona e degna, quale è
quella dei puristi ! Essere^ accennando al
fatto di vivere, senza ricordar la qualità
d'uomo, suona, di per sé, sprezzo. Essere,
esserino^ per creaturina debole o infelice,
è parola pur efficace, se bene usata.
Essere a cavallo : essere al fine di una
impresa riuscita a bene, trovarsi a gioco,
ad agio. Locuzione popolare e metaforica
tolta, manifestamente, dalla fatica del porsi
bene in sella e dal vantaggio nei movi-
menti e nell'opera che indi se ne trae.
Essere a spasso: familiarmente, non aver
lavoro., quindi oziare per necessità.
Essere a uscio e bottega: esser vicini,
a due passi.
Essere al verde: essere all'estremo di
danari. Questa locuzione pare che si ori-
gini dall' antico costume di tingere di
verde l'estremità delle candele nelle aste
pubbliche. {Essere al verde = essere al fine
dell'asta).
Essere aux petits soins: (fr. étre aux
petits soins auprès de) colmar di riguardi,
prevenendo e servendo persona amata.
Esser di buona bocca: familiarmente,
mangiar di tutto.
Essere estraneo a una cosa..., Essere
all'ordine del giorno..., Essere al cor-
rente di.
Essere al fatto di...: sono
modi così noti e comuni che non è il caso
di registrare se non per dire che ai pu-
risti dispiacciono perchè tolti dal francese.
Certo non mancano modi nostri ; e certo
è pure che il dialetto, o meglio i dialetti,
ne fanno a meno adoperando forme na-
zionali e ugualmente efficaci. Ma la lingua
italiana dell'uso, o ufficiale, oramai non
può far a meno di queste frasi.
Essere fra color che son sospesi : cioè
incerti della propria sorte (Dante, Li-
ferno^ II, 52). Solito senso faceto!
Essere giù: dicesi familiarmente per
essere in cattive condizioni fisiche e mo-
rali.
Essere il gallo della Checca: aggiungi
che tutto vuole e tutto becca/ Dicesi po-
polarmente di chi ottiene segnalate grazie,
dalle donne in ispecie ; il beniamino in
genere.
163
Est
Essere in libertà: vaio familiarmente
esser licenziato dal proprio ufficio, non
aver lavoro. Es. lei è in libertà^ cioè la
mando via dal servirÀo.
Essere la quinta ruota del carro: vess
la quinta roeuda del carr^ oppure vess
l'ultcma roeuda del carr, locuzione effi-
cace lombarda, usata anche nel parlare
civile e buono, per dire, essere persona
ultima per autorità^ importaiixa, etc,
traslato tolto dal fatto che il carro non
saprebbe che farsene d'una quinta ruota.
Essere largo di bocca: familiarmente
vale, esser sboecato, parlar grasso.
Essere o non essere : V. To be^ or noi
to be (Afuleto, atto III). V. Appendice.
Essere pane e cacio : locuzione toscana
che vuol dire essere in gran dimestichezza
con alcuno : locuzione tolta dal fatto che
il pane si combina benissimo col formaggio;
dicesi anche toscanamente essere due anime
in un nocciolo. Il dialetto milanese ha
un'imagine crudamente realistica: essere
cotne il e... e la camicia. Frase usata
anche in altre regioni.
Essere o ridursi al lumicino: locuzione
toscana che vuol dire morire., dal lumi-
cino 0 candela che si accende nella stanza
dei morenti. Vuol dire anche come essere
al verde^ quasi di colui che non ha più se
non il moccolo della candela, ovvero per
l'affinità fra la miseria e la morte, di-
rebbe un lepido spirito.
Essere su la breccia : è proprio del
guerriero che pugna nel punto più peri-
glioso : con senso estensivo familiare, di-
cesi di chi ancora, a dispetto dell'età e
delle avversità, sostiene la sua battaglia
e il suo ufficio, prende parte attiva alla
vita sociale, ne si ritrae dal mondo e dalle
vanità, vinto o stanco.
Essere sul chi vive: stare all'erta. In
fr. étre sur le qui vive.
Essere un pesce fuor d'acqua: locu-
zione nostra fainiliani, e non solo in To-
scana, che vuol diro trovarsi a disagio
in un dato luogo e fra date persone por non
conformità di indolo, di vita e di pensieri.
Essere verde : dicosi talora ramiliannento
sottintendendo dalla bile., dalla rabbia.
Essudato: vocabolo del linguaggio me-
dico (da ex -~ fuori e sudare) : sostanza
organica ora sierosa, ora mucosa, ora pu-
rulenta che geme e trapela al livello di
una parte infiammata.
Est-est-est: letteralmente c'è, c'è. Nome
dato ad un celebre vino moscato di Mon-
tefiascone. La leggenda, tutt' altro che in-
verosimile, narra di un certo canonico
tedesco, Giovanni Fugger di Augusta, il
quale si facea precedere come furiere da
un suo servo perchè notasse per contras-
segno est., su le osterie dove era il buon
vino : Est bonurn vinum. Il servo come
ebbe assaggiato cotesto moscato, al colmo
dell'entusiasmo, scrisse tre volte est., e il
tedesco, sopraggiungendo, tanto approvò
e bevve che ne morì. Bere come un te-
desco, è modo proverbiale nostro e credo
di altre parti. Il fedel servo fece allora
incidere la scritta :
Est est est, propter nimium est Joannes De Fuggor,
dominus meus, mortuus est.
Epigrafe che sa di epigramma. Altri al-
trimenti ragiona dell' origine del nome
est est. Vedi il Giornale di Erudixione^
Firenze, 15 gennaio 1886, Y Archivio per
lo studio delle tradizioni popolari, vo-
lume VIII, 1889, pag. 299-300 e l'opu-
scolo del Maineri, Est., est., est / e il Ve-
scovo beone., Roma, 1888.
Està : nelle provincie meridionali, forma
quasi costante invece di estate. Non sarà
inutile avvertii-e che estate è nome fem-
minile, ancorché nell'uso spesso si con-
sideri come maschile.
Estaminet: fr. piccolo caffè.
Estancia : lett. stanza., e nello spa-
glinolo dell'America meridionale r=: Ha-
cienda de campo, cioè fattoria.
Est deus in nobis: un Dio è in noi che
ne agita ed infiamma. Così felicemente
Ovidio, Fasti. VI, 5, parlando della na-
tura dei poeti. Il Dio agitatore, secondo
il materiale concetto mitologico, è Apollo,
dio del pensiero profetico e poetico — due
concotti uniti per gli antichi — e preside
delle Muse.
Estensibile : così si dice nel linguaggio
foronso in luogo di estendibile., (dal lat.
extendere), ed è voce di provenienza fran-
cese extensible. Es. « La i)ena è esten-
sibile., ote. I miei saluti estensìbili alla
famiglia». Modo assai brutto.
Est
164 -
Età
Esternare, esternarsi : per manifestare,
palesare, aprii'si è neologismo che non
piace ai puristi : infatti è del tutto su-
perfluo, per lo meno.
Esteta: l'artista, specialmente scrittore,
critico, poeta, che al concetto etico an-
tepone il concetto estetico nell' arte, e
quello non solo subordina a questo, ma
ne tien conto come di cosa non attinente
l'arte. Teoria pericolosissima ove ecceda
e germogli in cervelli rachitici, giacché
l'arte, come tutte le cose grandi, tende
per moto naturale e fatale, ad un àya-
dòv rt, cioè ad alcun che di bene, anche
senza farne espressa teoria. Molte volte
l'esteta non è un artista ma un semplice
e convinto imbecille che si distingue a
certe preziosità del vestire, del parlare e
del comportarsi. Distinguesi altresì per
l'ostentazione di sprezzo verso la comune
morale, por certo bizzarro squilibrio per
cui accogliendo molti dogmi del determi-
nismo scientifico e delle nuove idee so-
ciali, ne trascura la severità dei doveri
e le conseguenze logiche inerenti. La pa-
rola esteta è neologica e, per noi, di prove-
nienza francese esthète, dove pure è nuova.
{alodrjvrjc;, sensibile). V. Superuomo.
Est modus in rebus : -vi dev'essere mi-
sura nelle cose; vi sono determinati con-
fini al di qua e al di là de' quali non
ci può essere la verità, così compiuta-
mente la sentenza, la quale è di quell'a-
cuto e pratico ingegno sereno che fu
Orazio, Satire, lib. I, I.
Estradare: l'atto della estradizione:
V. questa parola: neologismo del lin-
guaggio diplomatico e giudiziario tolto
dal francese extrader.
Estradizione: fr. (extraditioìi) dal la-
tino exstra e tradere, consegnare. E l'atto
col quale uno Stato lascia un colpevole
di delitti commessi fuori del suo territorio
ad altro Stato che lo reclama perchè sia
sottoposto a giudizio, onde le locuzioni
chiedere ed offrire l'estradizione. L'estra-
dizione risulta da accordi diplomatici e da
convenzioni internazionali. Il codice penale
italiano stabilisce che l'estradizione dello
straniero non sia ammessa per i delitti
politici né per i reati che a questi sono
connessi.
Estradosso : (fr. extrados) superfìcie su-
periore esterna di un arco o di una volta.
Estrema unzione: nel gergo della bisca
di Montecarlo è così chiamato il sussidio
di danaro che si dà ai giocatori falliti af-
finchè se ne possano partire. Voce del gergo
fr. extrhne-onction.
Estrinsecare: verbo usato in speciali
sensi in vece di manifestare, palesare
in modo evidente e minuto (dal latino
extrinsecus = che viene dal di fuori).
Estudiantina: in origine, compagnia di
studenti che vanno suonando vari stru-
menti per le vie delle città, o di luogo
in luogo, sia per diletto, sia per trarne
lucro. Nome e costume spagnuolo.
Esulare : nel gergo degli avvocati questo
verbo spesso è usato in vece di fuorviare,
uscire (dal seminato). Es. V argomento
esula dalla questione.
Esumare: dal latino ex =; fuori ed hu-
mus terra, exhumare i= disseppellire. Que-
sto verbo oggidì è spesso adoperato in
senso figurato per indicare l'atto del pro-
durre alla luce e all'onore del giorno cose
morte, disusate, non conosciute, obliate
e spesso non meritevoli di nuova vita. |
Esumare in tale senso è di provenienza
francese, exhumer = fair e revivre les
écrits d'un auteur mori et dejà oubliè,
e così dicasi della parola esumazione.
Esumazione: V. Esumare. Nei vecchi
dizionari questa parola è riportata come
termine di legge per indicare il disotter-
ramento dei cadaveri per ragioni proces-
suali. V. la voce precedente.
Et ab hoc et ab hac : in francese con-
fusamentCi
Età critica: è detta delle donne l'età
fra i 45 ed i 50 anni nei nostri climi,
determinata dalla cessazione dei flussi
mensili {menopausa). In fr. àge critique.
Età sinodale, cioè stabilita come non pe-
rigliosa dal Sinodo (Concilio di Ecclesia-
stici).
Étagère: voce comune per indicare quel
mobile elegante a staggi (étage) o ripiani,
ove si collocano carte, gingilli e simili.
Diremmo scansia ? Ma la scansia è chiusa
e di maggior mole. Scaffale forse è pre-
feribile, ma esso è detto comunemente dei
libri. Cantoniera si dice in molti luoghi
165
Eti
di provincia per indicare a punto un mo-
bile a ripiani che riempie gli angoli. Ma
cantoniera ha anche altri sensi, cioè la
casa del cantoniere, e antic, meretriee.
Più precisa sarebbe la parola scarabat-
tola^ ma è poco comune e poco elegante.
Fra tanto parole si usa la voce francese.
Etalage : = mostra^ sfoggio, voci del
pari eflicaci che la parola francese, ep-
pure (juesta è di largo uso, specie nel
ceto mondano.
Etèra : bella parola greca, rimasta viva
sino a noi ; letteralmente vuol dir com-
pagna^ amica ; e in Atene così si chia-
mavano lo belle donne, libere da vincolo
matrimoniale, ministre geniali del pia-
cere. Aspasia, amante di Pericle, Frine,
Diotima a cui Socrate chiedea notizie fi-
losofiche su la natura d'amore, erano etere.
Xome da vero più geniale che la volgare
voce cocotte (di gran consumo in Italia,
almeno finche la Francia non ce ne avrà
suggerita un'altra) pur non essendo gran
divario nella sostanza della cosa.
Etere: questo nome è dato aduncom-
])Osto che si ottiene per azione dell'acido
solforico sull'alcole : lo stesso nome è dato
:i molto sostanze di costituzione analoga.
È un liquido incolore, mobilissimo, di odore
grato, speciale; leggero, volatile al sommo,
infiammabile con fiamma viva e non fu-
ligginosa. Usatissimo in chimica perchè
scioglie gran numero di sostanze e così
pure nelle industrie: in medicina, come
anestetico.
Eterizzazione: processo anestetico che
consisto nel respirare una miscela d'aria
e di etere; ovvero nel rendere alquanto
insensibile e fredda una parte del corpo
mercè la polverizzazione dell'etere.
Eternizzare: dal francese e/ermser ; in
italiano eternare.
In la mente m'ò fitta, ed or m'accora,
La cara e buona immagine paterna
Di voi, {[uando noi mondo atl ora ad ora
.M'inso-^navato come l'uom s'eterna.
Dante, Inferno.
Eterno femminino: (jiiesto motto ed a-
stratto felice: loggosi in (lootho, Fausto,
scena ultima della seconda parto :
Das K\vÌR-\Voiblifho
Ziolit uns liiiimi.
Esso diventò universale: V.A.Dumas,
figlio, V Bomme-Femme^ 1872, pag. 17;
V. G. Carducci, ^terwo Femmifiino Regale.
Etiam periere ruinae: emistichio di Lu-
cano, Farsalia, IX, 968, riferito a Troia
(di cui le ruine vennero rimesse alla luce
or non è gran tempo dello Schliemann)
ed è ripetuto con forza di intercalare :
anche le ruine sono 'perite., cioè non
rimane più nulla.
Etichetta: « cerimoniale di Corte o della
nobiltà ; e per estensione applicasi a tutte
quelle cerimonie e convenienze che si
usano nel conversare tra persone di qua-
lità. Merita che si legga quello che ne
scriveva il Magalotti : Lettere Scientifiche,
238. « Al mio ritorno in Italia cominciai
a dire ancor io, in italiano, etichetta^ né
io solo, ma le mie camerate ancora, credo
per parer, come fanno i giovani, di aver
portato qualche cosa di Spagna. Ne tornò
il marchese di Castiglione,... ne sono tor-
nati dopo degli altri, etichetta quegli, eti-
chetta quell'altro, può essere che si sia
fatto male a profanare la lingua Toscana
con questo spagnolismo di più : il fatto
però si è che in oggi io sento dire eti-
chetta anche a di quelli che non sono
mai stati a Madrid ». Dalle quali parole
si apprende che la voce è di origine spa-
gnola, almeno per rispetto a noi, e che
questo spagnolismo aveva preso piede fin
dai tempi del Magalotti, cioè dal sec. XVII.
Noi potremo dire cerimoniale con parola
nostra. Ma non potendosi oramai riget-
tare la voce etichetta., devesi però restrin-
gere nel senso notato di sopra e lasciarlo
ai Francesi nel senso di CarteUiìio v. Così
il Rigutini. Vero è che anche nel senso
di cartellino è sancita dell'uso. Vale anche
marca di fabbrica. L'etim. è dal ted.
steclcen, ficcare, non da est hie quaestio.
La Crusca accoglie soltanto il senso primo
di cerimonia.
E tiene ancor del monte e del macigno:
verso dantesco passato in forza di locu-
zione per indicare rozzezza e rudezza di
costume (Dante, Tnf. XV, 63) ma, parnii.
senza il concetto d'oltraggio con cui il Poeta
fa da brunetto I^atini così designare i fio-
rentini, laxxi sorbi discosi da Fiesole.
Ètimo: ^ dal greco elio vuol d\v puro.
Etl
166 —
Ex
vero^ eerto. Dicesi nel linguaggio dei gram-
matici, specialmente al plurale, e con
forza di sostantivo, per indicare la prima
origine della parola. Cfr. Etimologia.
Et l'on revient toujours à ses premiers
amours : V. On revient, etc.
Et nunc erudimini: lat. ed ora siete
eruditi^ ammaestrati^ pigliate esempio^
formula e clausola, spesso di sapore cau-
stico, con cui solitamente si chiude una
dimostrazione in contrario.
Ettowatt: misura di potenza elettrica:
equivalente a 100 watt.
Etto-watt-ora: V. Watt-ora.
Et vera Incessu patuit dea: e vera dea
apparve all'incedere., così N QYg\\ìo[Eneide^
I, 409), mirabilmente descrive Venere che
appare ad Enea. Dicesi talora di bella e
maestosa donna.
Et voilà tout: V. Voilà tout.
Eucalipto : (Eucaliptus) albero scoperto
nel 1 792 da Labillardière su le coste della
Tasmania ed ora frequentemente coltivato
nelle regioni meridionali d'Europa. Ap-
partiene alla famiglia delle mirtacee. Dalle
foglie traggonsi olii essenziali, noti in te-
rapeutica. Gli Australiani ne usano, da
tempo, come febbrifugo.
Eureka : perfetto del verbo greco eu-
risco = trovo, dunque: ho trovato/ ed
è attribuito come manifestazione di gioia
ad Archimede (287-212 av. C.) quando
trovò la legge fìsica del peso specifico
dei corpi. Cfr. Vitriwio^ IX.
Euthanàsia : parola risultante di due voci
greche {eu = bene e thanatos .-=; morte)
la buona., la placida morte mercè l'opera
medica che con farmachi toglie la pena
dell'agonia. Usasi talora, con ispeciale
senso filosofico, per indicare la morte dello
stoico e del savio.
Evacuare: da vacuus i= vacuo, vuoto,
è propriamente l'atto dell'andar di corpo.
Ora nel senso di sgomberare., vuotare^
detto di luoghi, è per lo meno voce assai
poco estetica. Évacuer, in francese, oltre
al primo senso anzi detto, significa ap-
punto sortir d'une place par évacuation
ed è termine di guerra, spesso da noi usato
e con copia di buoni esempi, accolti dalla
Crusca: il che non toglie a questo lati-
nismo di essere brutto.
Evacuazione: V. Evacuare.
Evadere e cosi dare evasione : sono
voci degli uffici, cui in buona lingua ri-
spondono sbrigare., trattare., rispondere.
In fr. répondre è, donner suite à.
Evasione: in buon italiano significa lo
scampare, lo sfuggire ad un pericolo: lat.
evàdere., uscire, schivare, etc. Nel senso
di risposta e nella locuzione in evasione
è brutto modo degli uffici. Es. lettera
evasa. Non c'è in francese.
Evenienza: neologismo riprovato dai pu-
risti in vece di occorrenza, occasione,
avvenimento., caso.
Eventi V. Great-event.
Evasivamente: V. Evasivo.
Evasivo: per elusivo come aggiunta spe-
cialmente di risposta che sfugge (lat. eva-
dere =; scappare) che elude alla dimanda,
ricorda ai puristi l'aggettivo francese eva-
si f., e così dicasi dell'avverbio evasiva-
mente, fr. évasivement. Vero è che oramai
le due parole sono conquistate dall'uso.
Evening-dress: = abito della sera:
così con inglese elezione di voci chia-
masi dai gentili uomini talvolta e dai
giornali V abito nero che è di prammatica
alla sera, ne' ritrovi mondani. V. Frac.
Evidenza: V. Mettersi in evidenza.
Evocare : trovo frequentemente nei re-
soconti teatrali: « l'autore, gli attori, etc,
furono evocati alla ribalta, etc. ». Perchè
non chiamati? In italiano ez?ocare signi-
fica scongiurare., e dicesi delle ombre e
dei morti, delle grandi memorie e fatti
illustri, richiamati alla memoria.
Evoluzione : lat. evolutio da e e volvo
= rivolgo, muovo, tanto nel senso mili-
tare di esercizi, come nel senso filosofico
e biologico del naturale procedere, inte-
grandosi, della Vita, secondo certe leggi
della discendenza (opposto a Creazione
speciale), è neologismo che, se anche pro-
venga da altre lingue, non è lecito neanche
ai puristi di ricusare. Voce universale.
(V. Spencer, Primi principi).
Ex: è una particella latina che vuol
dii'e fuori., via. I puristi vorrebbero so-
stituirla con es, come più conforme all'or-
tografia italiana. Ma ex è, ed ex rimarrà
che le parole es-re., es-console non sa-
rebbero così facilmente intese come ex-
Kx-a
167 —
Ex-o
re, otc. Nella lingua francese questo ex
cominciò a preponderare al tempo della
rivoluzione per esprimere insieme l'antico
o il nuovo stato delle persone, ondo ex-
prètre^ ex-préfet^ ex-consul^ etc. L'abuso
di questo ex non è improbabile che ci
sia provenuto per la solita via di Francia,
0 si suole scrivere per maggior chiarezza,
staccato dal nome.
Ex-abrupto: modo avverbiale latino, al-
l' improvviso : dicesi specialmente di allo-
cuzioni, discorsi senza prefazione o proemio.
Ex abundantia cordis os loquitur: (San
Matteo XII, 34) come il vaso pieno tra-
bocca ; così il cuore gonfio di passione,
rigurgita con le parole. Stupenda locuzione
evangelica !
Ex aequo: lat. con ugual merito.
Ex cathedra: lett. dall'alto della cat-
tedra : i)arlare ex cathedra., cioè in modo
dogmatico e cattedratico.
Excèlsior: questo comparativo maschile
latino che vuol dire piii in alto^ ha acqui-
stato valore di intercalare esortativo dopo
che una lirica dell'americano Longfellow,
intitolata JE'a;ce/s^or, divenne comune presso
di noi. Accenna il poeta all'ascensione sim-
bolica di un giovanetto. Con valore av-
verbiale più esattamente si sarebbe dovuto
usare il neutro : excelsius. Lo Zanella nella
sua Conchiglia fossile espresse, meno en-
faticamente, ma assai più profondamente
e liricamente, lo stesso concetto:
Eccelsa, segreta
nel bujo degli anni,
Dio pose la meta
de' nobili affanni.
Con brando e con fiaccola
sull'erta fatale
ascendi, mortale!
Il Longfellow difeso il suo errore di-
cendo che q}iQ\V excèlsior maschile si ri-
feriva al giovane simbolico : ma è spie-
gazione poco plausibile. Comunque, ex-
cèlsior diventò motto comune. Ora paro
che tenda a cessare tale entusiasmo per
<|uesto abusato excèlsior.
Excusatio non petìta, aocusatio mani-
festa: lat. scusa non chiesta, accusa ma-
nifesta., locuzione comune, nota special-
mente nel ceto scolastico ; in italiano,
fiimiliarmente, la prima gallina che canta.,
ha fallo l'uovo.
Excusez du peu : motto francese vul-
gato fra noi e di sapore ironico, dovuto a
G. Kossini che lo scrisse sul manoscritto
di un suo inno che doveva essere can-
tato e suonato all'arrivo del corteo impe-
riale (distribuendosi i premi dell' Esposi-
zione universale del 1867) da più che
1200 musici e dovea terminare con fragor
di campane e cannoni.
Exécuter : fr. eseguire (una condanna
di morte) e per estensione nel giornalismo
talora questo verbo è usato in vece di
condannare^ giudicare., spacciare., finire.
Es. il ministero è exécuté.
Exequàtur: terza per. del con. pres. del
verbo latino exequi., con forza di impe-
rativo, si eseguisca. Era, nell'antica pro-
cedura, la formula scritta in fondo ad una
sentenza di tribunale, in virtù della quale
acquistava valore esecutivo. Secondo il
diritto canonico, exequàtur indica il per-
messo del Sovrano di porre in esecuzione
no' suoi Stati le Bolle della Corte di Roma.
In diritto publico è l'atto che conferisce
ad un console, il diritto di esercitare le
sue funzioni.
Exhibition: V. Esibizione.
Ex-libris: lett. dai libri^ motto latino
con cui è chiamato quel cartellino che si
incollava ai libri e valeva ad indicarne la
proprietà : da prima a penna, indi a stampa
con bellissimi fregi, disegni, motti. Tale
antico costume tende a rifiorire fra i bi-
bliofili. V. per maggiori notizie: Dottor
Achille Bertarelli, Oli ex Libris italiani.
Hoepli, 1902.
Ex magna coena sthomaco fit maxima
poena : da copiosa cena deriva allo sto-
maco gran pena., saggia sentenza della
Scuola Salernitana, consimile all'altra:
ut sis nocte levis sit libi coena brevis.
Ex novo: di nuovo.
Ex ore tuo te judico: lat. ti giudico
dalle tue parole, cioè //' condanni da te.
Ex ossibus ultor: emistichio del fa-
moso verso latino: exoriare aliquis nostris
ex ossibus ultor. — Sorgi, qual ohe tu
sia, vendicatore dallo nostro ossa (Ycr-
gilio, Eneide, IV, 625). Motto di 0. i^.
Strozzi, detto Filip])o S. il Giovano (148S-
1538) nemico ai Medici, prima di darsi
la morto.
Exp
168
E/À
Experto crede Roberto: V. Experto ere-
dite.
Experto credite : credete a ehi è esperto^
emistichio di Vergilio, Eneide^ XI, 283,
che da antichissimo tempo prese questa
goffa forma : quani subito^ quam certo,
experto crede Roberto ; almeno così è le-
cito supporre data la straordinaria vulga-
rità di Vergilio nell' Evo-Medio.
Exploiter : V. Esploatare.
Exprès: avverbio francese, usato in certi
casi da persone incolte invece di a posta.
Es. « Un pranzo. Un piatto exprès ».
Express : voce che i francesi tolsero
dalla lingua inglese per indicare un treno
rapido, o diretto come noi preferiamo dire.
Usasi con valore per lo più di sostantivo.
L'etimologia della voce è dal latino ex-
primere., ex-pressus = espresso, distinto,
formale.
Un'altra volta, se mi fia concesso,
racconterovvi il tutto per espresso.
Così il Boiardo nella fine dell' Orlando
Innamorato. Noi usiamo spesso la parola
espresso nella locuzione mandar per
espresso o per uìi espresso e, come voce
dell'uso, essa è registrata e approvata.
Ma ad alcuni puristi non piace. 0 che
s'ha a dire per fante proprio come vuole
il Fanfani'? Se sì, accanto di fante ci vuole
l'interprete che spieghi la frase. Il guaio
piuttosto è che invece della parola esjoresso,
pare a molti più efficace, più rapido, più
anglicameiite svelto dire express.
Ex professo: con piena conoscenza.
Dicesi con tale locuzione avverbiale la-
tina di chi tratta argomenti, per lo più
dottrinali, con padronanza e conoscenza
completa.
Extra: è avverbio latino che significa
fuori. In francese è voce usata familiar-
mente per significare ciò che si toglie
dalle norme. Tale locuzione è imitata in
italiano : squisito, raro., non comune., in-
solito^ e anche vale fuori del conto.
Extragiudiziale : voce del linguaggio
curiale che più corrottamente si pronuncia
e scrive siragiudiziale. Si dice di un fatto
avvenuto fuori del giudizio, il quale cioè,
non essendo debitamente portato in causa
dalle parti, non pesa su le bilance del
giudice. I procuratori delle parti sogliono
dire: Non voglio valermi di dichiarazioni
stragiudiziali per, etc. Oppure : Una cir-
costanza stragiudixiale non autorizza a,
etc. Il giudice si affretterebbe a soggiun-
gere : È vero ; quod non est in actis non
est de hoc wundol risposta faceta e giu-
ridicamente esatta nel tempo stesso.
Extraterritorialità : fr. exterritorialit(' ,
in diplomazia significa l'insieme delle im-
munità di cui usufruiscono fuori del loro
paese i rappresentanti di una potenza
straniera, e specialmente il privilegio in
virtù del quale costoro si considerano
come non avessero lasciato il loro paese,
allo scopo di sfuggire alla giurisdizione
del luogo ove si trovano per essere sot-
tomessi alle leggi della loro nazione. Di
tale privilegio godono i Sovrani, gii agenti
diplomatici, i capi di eserciti e di armate.
Extremis (in) : locuzione avverbiale tolta
dal latino, ed usata in giurisprudenza e
nel comune linguaggio per indicare negli
ultimi momenti della vita. Es. « Un ma-
trimonio in extremis ». Dicesi anche in
senso traslato.
Ex ungue leonem : dall'unghia (si co-
nosce) il leone., e in italiano V unghia del
leone^ cioè un breve saggio dimostra e
palesa il buon artefice (dicesi specialmente
di cose d'arte).
Eziologia: neol. universale scientifico
(filosofìa, medicina), formato da alria,
causa e Xóyog discorso, dunque studio
delle eause, origine delle malattie.
Fabbisogno: neologismo inelegante usa-
tissimo nel linguaggio amministrativo per
indicare la somma necessaria,' il danaro
occorrente per soddisfare a determinati im-
pegni, provenienti da spese cuidevesi prov-
vedere in un periodo di gestione.
Fabbrica dell'appetito {la)\ locuzione
nostra popolare ed arguta per indicare il
bisogno fisiologico della fame, 'mangiare.
Es. Lavorare 'per la fabbrica dell'appetito.
Fabbricerìa: o eoiisiglio di Fabbrica.,
è il corpo degli amministratori delle ren-
dite 0 proventi di varia natura di spet-
tanza di una gran Chiesa o Convento, e
por le spese del culto e pel vantaggio della
<'hiesa stessa. Fabbriciere è detto il con-
sigliere àaW^ fabbriceria.
Faberestsuae quisque fortunae: ognuno
('■ artefice della propria fortuna., motto
latino attribuito ad Appio Claudio il Cieco
su la fedo di Sallustio in De republica or-
Ainanda., I, 1.
Facanàpa: nome di maschera plebea,
di origino veronese, venuta assai dopo le
sue nobili consorelle del '500. Naso da
|/appagallo, occhiali verdi come Tartaglia,
cappello a larghe falde, cravatta rossa,
giubbone bianco a gran falda. Sua sapienza :
«Scarpa larga e goto pion, e tor el mondo
come ol vion».
Faccia : trovo sovente questa locuzione
iKiologica su la faccia degli avvenimenti
|tor divo in presetixa., al cospetto. Ricorda
la locuzione francese A la face de = en
pi'ósence de. Ma anche senza ossone pu-
risti e por ([uanto sia sincero l'iiitonto di
accoglierci (;on equo animo vo(!Ì o locu-
zioni straniere, il vero è che certi co-
strutti offendono il gusto ed il sentimento.
Faccia ipocratica: V. Hipocratica.
Faciamus experimentum in anima vili:
V. In corpore vili.
Faciente funzione: V. Funzionare.
Facit indignatio versus : Giovenale, Sai.
I, 79: lo sdegno ha creato il verso. Mi-
rabile e sintetica espressione che spiega
il perchè molte anime nobili attesero alla
missione delle lettere e della poesia.
Facoglione o faminchione: termine molto
volgare e dialettale di alcune regioni del-
l' Italia, e significa, assai efficacemente.
imbroglione., che cerca cioè di far con
frode minchione altrui, traendo vantaggio
della buona fede e della onestà del pros-
simo. Ma si intende di piccole e misere
frodi. '
Facoltizzare: \)^\: concedere, permettere
è chiamato dal Rigutini verbo «sconcis
simo ». Certo è voce coniata nell'aere non
puro dogli uffici, e così dicasi dell'abu-
siva parola facoltixxaxione.^ in vece di //-
cen'za.^ assenso., permesso., facoltà, coti-
cessione., beneplacito etc. Si osservi come
il popolo eviti l'uso di questo parole an-
tiestetiche e baroccho.
Facoltizzazione: V. Facoltixxare.
Facoltativo: detto di leggo o diritto in
arbitrio di uno, è voce nuova « che non
])uò rifiutarsi » così il Rigutini. Es. Tretio
facoltativo. Corto pei'ò ha sapore di vo('i>
non })opolare, ma curialesca e nel linguag-
gio letterario il buon gusto avverte di prt»-
leriro lo locuzioni: in potere., in facoltà,
ad arbitrio etc.
170 -
Fai
Fa90n : speso di lavorazione e trasfor-
mazione della materia prima nell'industria
specialmente del vestire : sarte, modiste.
In italiano fattura. In francese la faQon
d'un hahit., la fattura di un vestito. Sans
faQon, alla buona. V. questa locuzione.
Facon : per moda^ uso., è frequente (V.
Fashion), specie quale eufemismo per na-
scondere la parola falso., come è prova
([uesto annunzio : « CoUiers con carré fa^on
Lontra guarnito Lepre Chinchillas fode-
rato in seta ». CKe lingua è cotesta? do-
manderà il lettore. Lingua italiana dei
cataloghi del commercio italiano.
Fac-simiie: dal latino /«cere = fare e
sÌ7}tile =:: cosa simile. Dicesi di imitazione
0 copia esatta, impressa o incisa, di un
breve scritto, o di un pezzo di scrittura,
di una firma di alcuno, e specialmente di
riputato scrittore. Dicesi anche con più
largo senso di cosa o di persona simile.
Facsimile è anche in francese. La forma
più italiana fassimile non sembra molto
attechire.
Factotum: parola foggiata « barbara-
mente », nota il Tommaseo, da due a^'ocì
latine fac =: f a e totum = tutto. Dicesi
comunemente di chi in qualche azienda
ha 0 si è arrogato il diritto di fare e di-
sfare. Factotum è pure nei dizionari fran-
cesi = Sorte d'intendant qui a la con-
fiance d'un maitre de maison. Le carac-
tére du factotum est de se donner une
importance qu'il ne peut avoir nattirel-
lement. Non è improbabile che la prio-
rità di questa parola sgarbata sia della
Francia.
Faetòn : neologismo tolto dal francese
Phaéton., per indicare una specie di vet-
tura signorile, a due ruote, leggera e
scoperta. Il nome è un accorciativo di
Fetonte, cioè vettura simile a quella nella
quale è figurato il mitologico Iddio nel
condurre i cavalli del Sole.
Fai : imperativo seconda persona del
verbo fare, V. Dai.
Faible: (lat. flehilis) è aggettivo so-
stantivato che risponde alla nostra parola
debole, debole^cza cioè peiichant, tendresse
particulière et soiwent injuste — dans
l'argot des hourgeois., così definisce il diz.
De la Langue Verte di A. Delvan.
Faida: voce storica, di etimologia te-
desca che indicò il diritto di vendetta pri-
vata presso i Longobardi (Y. Muratori,
Diss. I, 311; Antiq. Ital. I, pag. 282).
Faiences : vedasi mala sorte ! Le terre
smaltate, piatti, coppe, vasi, a vaghi di-
segni e perfette tinte, gloria italiana che
dall'evo medio va progredendo sino a tutto
il '500 e che più specialmente eccelse
nelle fabbriche di Faenza (Umbria, Marche,
Romagna), portano generalmente il loro
nome in francese e questo in Italia e da
italiani ai quali la voce straniera sembra
più garbata della nostrana faentine. Il
nome francese si formò in Francia dove
la fabbrica delle faentine fu istituita, con-
servando però il nome della città italiana.
Faille: stoffa di seta pesante, a grossa
trama : questa parola francese è volgariz-
zata talora in faglia.
Fainéant: voce francese di non raro uso
nelle terre subalpine e v' è l'esatto cor-
rispondente in italiano: fanullone (pigrac-
cio^ svogliataccio). Anzi di sinonimi ve ne
ha di molti e così di frasi : dal « dolce far
niente » di classica e italica memoria, ad
una viva espressione che udii in Roma-
gna, e fu così: in un bel giorno d'agosto
nel rigoglio esuberante della campagna
incolta, vidi lungo una siepe di marruche
sdraiati nella polvere, una schiera di gio-
vani contadini, donne, ragazzi ravvolti in
cenci : corpi sani ed atletici. Pure v' era
dell' abbacinato nelle loro pupille. Chiesi
che avessero e non risposero. Rinnovai la
domanda : allora uno finalmente rispose con
un sorriso ebete : « Abbiamo il mal della
volpe! » cioè, non abbiamo voglia di far
nulla.
Faire bonne mine a mauvais jeu: locu-
zione francese che si ode frequente, a cui
rispondono in parte le nostre : « far di ne-
cessità virtù, mangiar amaro e sputar
dolce » etc. : ma questo, come molti altri
motti francesi, sembra aver sapore di più
fine eleganza.
Faire mi nette: locuzione del gergo fran-
cese. V. Appendice.
Faire vite: è proprio il far presto ita-
liano, eppure vedi esempio: «Bisognava,
come al passo della Cattolica, faire rite:
se no Napoleone non avrebbe avuto modo
Fai
171
Fam
di lui- osservare il principio del non in-
tervento di cui Cavour si serviva con così
fortunata audacia » . Cito la locuzione fran-
cese non perchè sia usata comunemente,
ina come saggio della incuria nostra nello
scrivere la nostra lingua g comprova di
ciò che altre volte fu detto: cioè che la
frase straniera sembra esercitare lo strano
fascino di cosa più. viva e animatrice, al-
meno ne' nostri scrittori comuni.
Fair trade : in gì, libero commerbio o
libero scambio.
Faiseuse d'ange: neologismo del gergo
francese por dire una levatrice pratica
negli aborti. La locuzione lugubramente
umoristica (fabbricatrice d'angioletti) pro-
viene dalla comune credenza che i pargo-
letti, morti nel parto, siano di già angioli.
La levatrice che esercita tale reo mestiere,
aumenta dunque gli ospiti innocenti del
Paradiso. Dicesi anche di donne che as-
sumendo l'ufficio di allattare e allevare
bambini, procurano loro la morte in modo
che abbia parvenza di cosa naturale, con-
senzienti le madri. Tale delittuosa opera
ha la sua prima radice nel mutato costume,
per cui la prole, secondo modernità, è im-
pedimento al benessere ed al piacere. La
antica gentilezza ed umanità italica rifugge
da tale costume. Parigi e Londra pur tut-
tavia fanno scuola anche nel Bel Paese.
Falaise: voce francese che vuol dire
scogliera a perpendicolo sul mare, senza
spiaggia. Falaise proviene dall'antico fran-
cese falise^ faloise, nel basso latino fa-
lesia, dall'antico tedesco felisa = roccia.
Falanstero : specie di vastissimo conven-
to, por comunità, non religiose, ma sociali,
ideato e nominato da Carlo Fourier, so-
cialista di Besan(;on (n. 1722, m. 1837).
Dal francese phalanstère, da phalange -z
falange.
Falbalà : V. Falpalà.
Falcìdia: voce usata per tara., sottra-
xione., defalco. Falcidia è termine legale
ed antico e trae origino dal nome di un
tribuno romano della gente Falcìdia, il cui
l)ersonaggio più noto ebbe nomo Caio o
visse al tempo di Cicerone. Costui stabilì
una logge che sottraeva il quarto dei le-
gati a favore dell'erede, quando f|uosti
legati su])orassoro i tre quarti dell'asso
ereditario: legge detta Falcìdia. Questo
il senso storico della parola, il senso mo-
derno è quello detto sopra. Il Eigutini giu-
stamente osserva che essendo accolto nel
linguaggio legale e degli uffici il vocabolo
falcidia = tara, nulla vieta di far buon
viso al verbo falcidiare = diminuire, ri-
durre. Certo questo verbo non è usato nel
buon linguaggio letterario e agli indotti
porge, e non a torto, la brutta imagine
della falce che taglia, non di C. Falcidio.
Falcidiare : per diminuire., ridurre. Y.
Falcidia.
Faldistorio: termine liturgico: specie
di sedia pieghevole usata da vescovi e gran
prelati nelle loro funzioni. Basso latino
faldistorium., dall'antico alto tedesco fal-
distol.
Falpalà 0 Falbalà: striscia di stoffa pie-
ghettata per ornamento di gonne, tende, otc.
La voce nostra è balxa o balzana. Fal-
balà è voce francese di etimologia incerta:
il Genin la trae da falda., ma non è pro-
babile, più probabile dall'inglese furbelow
= fodera o guarnizione in basso.
Falstaff: personaggio grottesco di due
drammi dello Shakspeare, divenuto popo-
lare in Italia dopo che G. Verdi ne fece
soggetto di una sua ultima opera. Certa
foggia di colletto, alto e rovesciato, con cui
si abbiglia questo personaggio, diventò di
moda fra gii eleganti in questi anni e si
dice alla Falstaff.
Fama crescit eundo: corruzione dell' e-
mistichio di Vergilio, Aen IV, 175, fama...
vircs... acquirit eundo., la fama acquista
vigore con l'espandersi. Dicesi anche fama
volai e non di rado con senso satirico.
Fambros: V. Fambroise.
Famedio: voce foggiata dal latino che
vuol significare la casa della fama: nomo,
dato ad una parte del cimitero monumen-
tale di Milano, edificato su lo scorcio del
secolo passato. «La sepoltura dei citta-
dini noU'osorcizio delle primo dignità e
magistrature, nella carriera militare, nello
cariche civili e nel coltivare lo scienze o
le aiti » doveva trovar luogo nella chiesa
del Foppone convertita in Pantheon Ita-
liano (Decreto del Principe Eugenio, Vi-
ceré d' Italia). Del resto a Milano germo-
gliano assai bone parole dì conio arbitrario
Fam
172
Fan
corno teonomasio , orfeonica^ calxaturi-
ficio^ inteQ- stagionale ^ etc.
Famigliare : per familiare nella moderna
ortografìa è ritenuta forma meno buona.
Fanaticus error: pazzia^ e dicesi talora
della ostinata pazzia che alcuni, non es-
sendo veri poeti, hanno di poetare : « che
se l'infelice è davvero invasato dal fana-
ticus error dei versi, se per congenito
cretinismo la sua animalità si è ostinata
a quel noioso giuoco di pazienza che è
l'accasellare un dato numero di parole in
un dato spazio di linea...» Carducci, Levia
Gravia. Fanaticus error leggesi in Orazio
de Arte Poetica^ 454, ove si accenna a
codesta manìa del poetare, male antico
come ognuno vede.
Fanatismo: V. Fanatizzare.
Fanatizzare: neologismo tolto dal fran-
cese fanatiser, che a sua volta proviene
dal latino fanaticus (da fanum = tempio)
« inspirato da una divinità, estatico, far-
netico, spiritato, ossesso ». Ora, così in
queste come in molte parole, la lingua
italiana non ha la forza estensiva ed iper-
bolica della francese, che a questa voce,
oltre all'antico senso, dà anche quello di
esaltare^ eccitare, promuovere all'ammi-
razione e all' applauso inconsulto ed ec-
cessivo. Lo stesso dicasi per la voce fa-
natismo che in buon italiano ha solo senso
di esaltazione religiosa. La Crusca ac-
coglie il nuovo senso di fanatico e fana-
tismo^ non del verbo.
Fandango : aria e ballo spagnuolo a tre
tempi, elegante e voluttuoso, ma meno
vivace del bolero. Si balla in coppia al
suono della chitarra e delle nacchere, con
le quali e col tacco i danzatori si eccitano
e segnano il tempo. Voce accolta nelle
varie lingue.
Fané: letteralmente appassito., dal verbo
faner (antico francese fener = convertire
in fieno ^ da foenum, latino). Es. « La tal
signora è un po' fanée », invece che dire
sfiorita, sbattuta, sciupata nel volto., ap-
passita^ pallida. Così mirabilmeiite A.
Manzoni descrive la monaca di Monza:
« 11 suo aspetto, che poteva dimostrare
venticinque anni, faceva a prima vista
un'impressione di bellezza, ma d'una bel-
lezza sbattuta, sfiorita e direi quasi scom-
posta». Chi legge, sostituisca a queste
parole la voce fanée e sentirà la voce stra-
niera stridere, come caustica, distruggendo
l'armonica composizione della frase, nella
quale armonia consiste il segreto fascino
di ogni particolare linguaggio.
Fanfaronata: V. Fanfarone.
Fanfarone: (fr. fanfaron)^ spaccone,
smargiasso. Fanfaron in francese dicesi
nel suo primo e proprio senso di chi, vo-
lendo giostrare, entrava in lizza con pif-
feri e trombe: radice /an/are = fanfara.
Dicesi anche fanfaronata (fr. fanfaronade
= rodomoìitade). Sono due voci tolte dal
francese e comunissimo fra noi.
Fango che sale : locuzione del Carducci
nel sonetto XXXITI in Rime Nuove., Dietro
un ritratto :
sopra il fango che sale or non mi resta
che gittare il mio sdegno in vane carte
e dal palco mortale un dì la testa.
I quali versi hanno la lor chiosa mani-
festa in questa nota che il Carducci ap-
pose alla nobile polemica Per la pira del
general Garibaldi : « Oh, quando gli eroi
non contano nulla e li gnomi possono tutto,
e la retorica caccia a pedate di periodi
epilettici la epopea, e una nazione non sa
altro fare che del chiasso per un giorno
0 due, oh allora
che importa vivere,
che giova amar? »
Locuzione che solo al Carducci e a pochi
altri elettissimi è lecita!
Fanfreluche : apriamo un dizionario fran-
cese: accanto a questa parola troviamo
detto che essa deriva dall'italiano fanfa-
luca. Eppure ecco usata la parola fran-
cese : « Quei piccoli nonnulla, quelle fan-
freluches sociali che costituiscono la ci-
vetteria e la distrazione muliebre, non
turbano l'attenzione, la serietà che occor-
rono, mettiamo, per le missioni del me-
dico e del patrocinatore? » Questo citare
voci francesi, usate, forse, per incidenza
0 per incuria, potrà sembrare deliberato
proposito; ma non è senza significato in
quest'opera, come altra volta fu detto.
(Fanfaluca it. è dal gr. jTOju<póÀv§ ^::z bolla
d'aria, nel basso latino famf aluca).
Fantasia: corsa e giuoco degli Arabi e
popoli d'Oriente in occasioni di gioia o
Far
173
Far
por faro onore altrui : lanciano i cavalli e
ritornano con grida e spari de' lunghi fu-
cili. Il nome pare di origino italiana, fan-
tasia^ e i rapi)orti di un tempo fra l'Italia
e l'Oriento, l'essere la lingua nostra stata
comune e parlata in terra di Levante,
spiega comò probabile tale etimologia. Fan-
tasia in tale senso è nei dizionari fran-
cesi: non nei diz. italiani. Abito fantasia^
stoffe fantasia^ cioè che hanno tinte e
disegni vivaci. I diz. registrano tale lo-
''uzione col segna caso di^ ma i sarti lo
-opprimono senza riguardo, ancorché in
iVancese si dica une robe de fantaisie^ un
objet de fantaisie.
Farad: nome che, in omaggio al grande
fisico inglese Faraday (1791-1867) venne
dato all'unità pratica di capacità elettro-
statica : è la capacità di un condensatore
che viene caricato alla differenza di po-
tenziale di un volta mediante la quantità
di elettricità di un coulomb.
Faradizzazione: da Faraday fisico in-
ulese: fr. faradisation : metodo di cura
medica, consistente nell'applicazione delle
correnti indotte o faradiche, quali, ad es.,
dai consueti rocchetti di Euhmkorff.
Far andare: invece di far cuocere^ detto
delle vivande e del modo con cui si am-
maniscono, è brutta maniera dialettale lom-
1 tarda, penetrata nel linguaggio dall'uso.
Farandole: nome di un ballo proven-
zale, vivo e chiassoso, che può eseguirsi
in gran numero di danzatori, alternati uo-
lìiini e donne. Tradotto in farandola.
Faraona: appellativo di una specie di
gallina, proveniente dall'Egitto: numida
Tueleagi'is.
Faraone: giuoco d'azzardo simile alla
bassotta. 8i punta su le dieci carte e chi
tiene banco spilla le carte: una è favo-
revole al banco, l'altra ai puntatori. Fran-
cese, pharaon.
Far cappello o far cuffia: torni, mar.
'•he significa il capovolgersi della nave ])or
elTettù do] vento.
Far carte false per alcuno: modo fu-
iniliaro nostro che vuol diro l'ar lo cose
più rischioso o pericolose pur di gradirò
ad alcuno. E noto cho l'ossero scoperto
11(^1 faro le carte false non è talora senza
pericolo.
Farcino: V. Morva.
Fard: fr. belletto. Cfr. l'antica voce ita-
liana farda: ambedue paiono derivate da
una parola tedesca da cui farbe = colore.
Così fardée^ in un certo linguaggio, pare
più dicevole che imbellettata.
Far da comparsa : comparse nel linguag-
gio teatrale sono dette quelle persone che
compaiono sul palcoscenico senza parlare
ma sei-vono solo al decoro ed al compi-
mento della azione scenica, onde far da
comparsa in alcun ritrovo o assemblea,
vale come far una parte poco dignitosa in
quanto che si serve d' ornamento altrui
senza potervi avere alcun valore, parte,
preponderanza. Comparsa chiamano i le-
gali quei libelli o scritte in difesa o in
sostegno di una data causa civile che si
presentano al giudice, ondo la locuzione
fare una o più comparse.
Far da cuscinetto: familiarmente o
spesso, ironicamente detto di persona che
si frappone e si presta ad attutire urti o
contrasti tra individui o partiti.
Far danno : è locuzione dialettale assai
efficace, detta di vasi, botti, recipienti in
genere che non sono stagnati o son fessi
sì che il liquido ne gema.
Far della camorra o far la camorra:
(V. Camorra) dicesi per frodare, ingan-
nare, imbrogliare., accordarsi con arte di
frode a danno di alcuno ; per la qual cosa
non si richiede di essere camorristi di pro-
fessione. Dicesi talora anche di innocui
scherzi.
Far due partì in commedia: dicesi di
chi 0 por insipienza, o per viltà, o per
utile sostiene due opposti partiti, dà ra-
giono a chi prima dava torto e viceversa.
Fare acqua: V. Acqua.
Fare a farsela: locuzione nostra Glittica
ciie vale fare a gara a chi può sover-
chiarsi nei detti e nei fatti.
Fare a mosca cieca: locazione nostra
cho vale procedere a tentoni negli all'ari
come avviene nel giuoco do' bambini dotto
a mosca cieca.
Fare appello: faccio appello al vostro
buon cuore, ai vostro giudizio, etc, è frase
comune. V. Appello. Nei dizionari italiani
troviamo questo voci, mi rivolgo, mi rar-
oomando al suo buon cuore, mi rimetto
Fa
174 —
Far
al suo giudizio, otc. Ma anclie qui è no-
tevole la tendenza di lasciar nell'incuria
i sinonimi nostri il cui uso richiede un
certo studio e discernimento, e adoperare
invece la frase unica, più facile e meglio
acconcia in una specie di linguaggio mec-
canico.
11 giovinetto si rivolse a' prieghi
e disse : « Cavalier, per lo tuo Dio,
non esser sì crudel che tu mi nieghi
ch'io sepelisca il corpo del re mio ».
Ariosto, Furioso, XIX, 11.
Fare il becco all'oca: Y. Ecco fatto^ etc.
Fare il giuoco di uno: operare m modo
da aiutare l'opera di un altro, facilitargli
la via, specie dicesi parlando di opere
vsubdole. Locuzione tolta dal giuoco in
quattro in cui il compagno deve cercar
di conoscere le carte del compagno per
poterlo aiutare, fare il suo giuoco.
Fare il passetto: nel gergo dei gioca-
tori a tresette ed a calabresella (terzilio)
così si dice quando il giocatore, avendo
un tre e supponendo che l'avversario abbia
un due accompagnato da carta dello stesso
seme, passa una carta bassa per far così
l'ultima mano. Avanzare altrui con astuzia
0 frode.
Fare i suoi passi : far le pratiche., usar
le cure., adopei^arsi per ottener qualche
cosa 0 per far valere i propri diritti e le
proprie ragioni.
Fare una figura barbina: locuzione no-
stra familiare che vuol dire fare una fi-
gura., misera., infelice, ridicola.
Fare una punta: locuzione tolta dal
francese e d' uso nel linguaggio militare
per spingersi., avanzare sino ad un dato
punto : usasi anche in altro senso, come
fare una punta in un argomento., per
toccare.
Fare un bacio: brutta forma dialettale
lombarda più frequente che il verbo ba-
ciare, 0 dare un bacio., passata scorret-
tamente nella lingua, almeno in queste
regioni.
Farewell!: in inglese addio! e lette-
ralmente bene da lungi. Es. « Ultimo Nan-
sen dalla scaletta già staccata dal para-
petto, saltò agile nella lancia gridando
l'ultimo Farewell! » Si tratta di una di
quelle parole, dette rarissime volte e,
nell'esempio citato, con intenzione di ri-
produrre il vero suono della persona, ma
pur tuttavia rientra nel numero di quelle
voci straniere che sono usate come se
avessero più acuto senso che le nostrane.
Y. Adieu!
Far fagotto : modo familiare, comune si
al dialetto lombardo [fa su el fagott) che
al toscano, e vuol dire partirsi., andar-
sene., ma si intende di persona costretta
dalle circostanze e alla svelta o per suo
meglio. Yale anche morire.
Far fiasco : modo familiare che signi-
fica non riuscire e vi si contiene lieve
senso di scherno. La spiegazione di tale
locuzione sarebbe questa: Domenico Bian-
colelli, celebre arlecchino bolognese del
secolo XYII, costumava comparire su la
scena con un lungo e lepido monologo che
variava ogni sera su di un dato oggetto
che recava in mano ; ora cioè una par-
rucca, ora una lettera, ora un cavastivali
e simili. Una volta venne fuori con un
fiasco, ma o fosse il monologo meno ar-
guto del solito 0 non fosse l'attore in vena,
il publico non rise come di consueto. Al-
lora il Biancolelli si rivolge al fiasco, di-
cendo : « È colpa tua se questa sera sono
una bestia! » e se lo gettò dietro le spalle.
Da quella sera quando ad un attore toc-
cava una simile sorte, si diceva : E il fiasco
di Arlecchino! — poi semplicemente un
fiasco., indi far fiasco. Tolgo questa s]) le-
gazione da G. Bianchini, op. cit. Dicesi
anche fiasco con forza esclamativa. La lo-
cuzione far fiasco la trovo anche regi-
strata nel supplemento del Littró, faire
fiasco e ne è data una seconda spiega-
zione, tolta dall'arte de' nostri vetrai; né
è ignota alla lingua tedesca, Fiasko ma-
chen nz far fiasco. Ecco il caso di una lo-
cuzione che può vantarsi di non aver fatto
fiasco.
Far flanella: Y. Flanella in Appendice.
Far fuoco e fiamme: modo familiare
nostro usato in Eomagna e credo anche
in Toscana — grande è l'affinità dei due
idioma — per indicare l'adoperarsi ira-
condo, aperto, ostinato di taluno per otte-
nere un dato fine ovvero opporsi che al-
cuna cosa avvenga.
Farina lattea: fr. farine laciée., nome
— ìli
rojunuuciaic dato ad un uliinento per bam-
liiui che si prepara (o si dovrebbe preparare)
mescolando latte condensato con zucchero
0 con farina di cereali, trattati preceden-
temente in modo da renderli più facilmente
assimilabili.
Faringite: infiammazione della mucosa
della faringe, cioè di quella cavità a forma
di imbuto che è situata dietro la cavità
della bocca e che si restringe per conti-
nuarsi con l'esofago.
Far la bocca brincia: modo volgare
nostro che significa quell'incurvamento in
giù e quel tremito che fanno le labbra,
specie dei bimbi, nelF atto del piangere.
Farla cascar dall'alto: modo dittico
nostro che vale esporre alcuna cosa^ in
modo che appaia di maggior importanza
che essa non sia di fatto. Dicesi anche di
concessioni fatte con arte in modo che chi
concede sembra aver largito maggior fa-
vore e vinto maggior difficoltà che non
sia realmente. Arte non rara in chi vuol
farsi valere o far apprezzare e ricordare
alcun favore o benefìcio.
Far la civetta: locuzione nostra fami-
liare, detta delle donne che, per vanità o
capriccio- più che per amore, si studiano
con le loro lusinghe e moine di sedurre,
acchiappare i merli^ nel modo stesso che
la civetta chiama al paretaio gli uccelli.
Far la festa ad uno: locuzione nostra
volgare e familiare che vale uccidere^ e
anche giustixiare. Al qual proposito il
Salvini {Ann. Tan. Buon., p. 573) an-
nota : « far la festa a uno., perchè quando
si fa giustizia, è come si facesse una festa
0 '1 popolo viene come a una solennità ».
Ma è spiegazione che poco mi persuade.
Farla franca: familiarmente vuol dire
non essere colto in flagrante, riuscire in
impresa di astuzia o di frode.
Far la frittata: locuzione familiare no-
stra che signifìca conciare malamente al-
cuna cosa., sbagliare., guastare, mal riu-
scire.
Far la piazza: nel linguaggio dei viag-
giatori di commercio signifìca sfruttare la
piazza, cioè recarsi presso i vari clienti
ohe sono in una data città, sollecitando,
procacciando all'ari e commissioni.
Far l'asino : dioosi molto volgarmente
e con intendimento di ridicolo di chi co-
mincia a spasimare, ammirare, seguire
alcuna donna.
Far la spìa : curiosa locuzione popolare
nostra, indice del costume e della storia !
Nelle Marche e nella Romagna, forse an-
che altrove, il rispondere all'Autorità giu-
diziaria ciò che essa ha diritto di chiedere
intorno ad un dato fatto al cittadino, e
che il cittadino cui soccorra senso civile
ha dovere di palesare affìnchè la giustizia
abbia il suo corso, si chiama dal basso
popolo semplicemente far la spia!
Far la vita : nel dialetto milanese equi-
vale a far la bella vita., del gaudente; e
detto poi delle donne di male affare, significa
esercitare il mestiere della lor mala vita.
Far le cose en grand seìgneur : da gran
signore^ alla grande., cioè magnificamente,
senza badare a spese e si dice, di solito,
parlando di feste, ricevimenti, disimpegno
di uffici ospitali. Il modo italiano vale il
francese, ma dirlo alla francese pare più
signorile. Solito caso!
Far l'indiano, far le orecchie del mer-
cante e toscanamente fare il nesci, far
lo gnorri : sono locuzioni che valgono
fingere di non sapere o capire o ricor-
dare cosa che si sa etc. Es. « Che fa il
nesci Eccellenza?» Giusti, S. Ambrogio.
« Questo per corrispondere alla celia... ri-
spose: eh, io fo V orecchio del mercante »
P. Sposi, Capo IV. «Era costui uno
sgherro d'Egidio; era stato, facendo l'in-
diano., su la porta del padrone per ve-
der quando Lucia usciva dal monastero >.
P. Sposi., Cap. XX.
Far l'occhio di triglia o l'occhio di
pesce morto: espressione nostra che si-
gnifica guardare in modo languido, amo-
roso, seduttore, mostrando il bianco dogli
occhi senza direttamente fissare. Si dice
quando si vuol beffare il guardo amoroso
e muto che spesso usano le donne.
Farm: voce inglese che significa po-
dere., fattoria., piantagione., onde farìuer,
fattore, fittaiuolo.
Far mangiar la polvere: chi è più ve-
loce corridore fa mangiar polvere a chi
viene dietro, onde familiarmente la frase
vale pas.sare avanti, tener la testa, aran-
xare vincendo.
Far
176
Fan
Far marrone: caratteristica locuzione
volgare lombarda, usata quando nel fare
qualche marachella o tessere qualche frode,
si viene scoperti.
Far navette: V. Navette.
Farne più di Bertoldo: locuzione elit-
tica popolare che vale la seguente.
Farne più di Carlo in Francia: modo
nostro popolare che il volgo, dalle gesta
di Carlo Magno, ritorce ad imprese meno
eroiche, specialmente di libertinaggio e
di male e ingannevoli arti. Talvolta a
Carlo udii sostituire Garibaldi.
Far nomi : per notninare; far della mu-
sica per suonare e cantare; farsi un do-
vere., un onore per recarsi a dovere ad
onore; far caldo., far freddo per è caldo.,
e freddo; a far tempo da per incomin-
ciando da, sono dal Rigutini notati per
francesismi: ma se anche si vogliono rite-
nere tali l'uso lungo e continuo li assol-
verebbe.
Far parlare: interrogare uno con arte
affinchè riveli ciò che sa. Dicesi anche
far cantare.
Far ridere i polli: modo nostrano e di-
cesi di argomenti, di parole destituite di
ogni valore ; tali che fanno ridere.
Farsi le parti del leone: fare -per se
con ingiustizia., frode., violenta., in una
divisione di cose., la parte maggiore ; al-
lusione alla nota favola (Fedro, I, 5) del
leone che essendo andato a caccia con
l'agnello, con la vacca e con la capretta
e fatta preda di un bel cervo, si tolse tutte
le parti per il motivo che egli si chia-
mava il leone: nominor quoniam leo.
Far tappezzeria: motto volgare ed ef-
ficace di probabile provenienza francese,
faire tapisserie. Dicesi, nelle feste, di
quelle dame le quali per la poco loro av-
venenza 0 per altra cagione non sono mai
invitate al ballo dai danzatori, onde con-
venendo loro sedere, sembrano far da or-
namento 0 da tappezzeria' alla sala, e più
generalmente di chi assiste ad una ceri-
monia senza prendervi parte. In dialetto
di Romagna intesi dire nel primo senso far
la calza^ e altri modi realistici che è inu-
tile riferire.
Far un buco nell'acqua: no7i riuscire
in alcuna intrapresa.
Far un viaggio e due servizi: con la
stessa operazione condurre a termine due
negozi: locuzione toscana e di altre regioni.
Far veder la luna nel pozzo: contar
frottole., vender lucciole per lanterne e
simili. Rammentisi per confronto la nota
favola della volpe, del lupo e della luna
che entro il pozzo pareva un gran cacio.
Un soir il aper^;ut
La lune au fond d'un puits : l'oibiculaire imnge
Lui pariit un ampie fromage. (t^ Fontainr)
Far vela : locuzione tolta dal linguaggio
marinaresco per partire^ ma dicesi con
speciale significato.
Far vendetta: familiarmente dicesi per
vendere alla dispei'ata. Frase lombarda
che deve trarre origine dal bisticcio e dal-
l'assonanza delle parole vendita e vendetta.
Far vigilia: mangiar di magro.
Far west: il lontano occidente., ameri-
canismo trasportato nell'inglese. Nel tempo
passato l'immensa estensione di territorio
all'ovest del fiume Mississipì era cono-
sciuta con questo nome. Questa regione
è ancora chiamata l'Ovest, ma la loco-
motiva l'ha privata del suo speciale ap-
pellativo. Era anche chiamata « il sel-
vaggio occidente », ma anche questo nome
ora ha perduto del suo valore.
Fasciame: ter. mar., rivestimento esterno
od interno di tavole o lamiere inchiodate
alle ossature dei bastimenti.
Fase: gr. phàsis propriamente, l'aspetto
dei pianeti : ma seguendo l' uso estensivo
dei francesi, si usa la parola fase per vi-
cenda., mutazione., periodo. Es.: «Le fasi
di un affare, di una questione ».
Fashion: parola inglese (pron. fds'sion)
la quale etimologicamente risponde alla
voce francese fa^on., press' a poco usata
nello stesso senso, all'italiano fazione., dal
verbo latino facere^ fare. Essa è anche
recentemente introdotta in Francia e ri-
corre altresì presso di noi. Vuol dÀYQ moda:
cioè il prevalere di una data forma e di
un dato stile, mutevoli nella comune pra-
tica dei costumi, e specie degli abiti e
degli ornamenti, al che si attiene la gente
mondana. Meìi dress their children' s
minds as they do their bodies., in the
prevailing fashion. [Si abbigliano i cer-
velli dei ragazzi come le persone , cioè
Fjb
177
Fav
secondo la moda in vogaj Spencer, Edu-
cazione, Cap. I. Fashion indica altresì il
complesso della gente mondana, magisira
elegaìitiarum. Ad es. La fashion pari-
sienne. In città la fashion preferisce re-
carsi al Municipio di sera [E. Nevers,
Galateo della borghesia^ pag. 102]. Deri-
vato è fashionahle = alla moda, elegante.
Fashionable: V. Fashion.
Fastidio : i)er svenimento., sincope, sfi-
nimento è da molti ripreso come impro-
prio e idiotismo lombardo (vegnì fastidi).
Il Petrocchi nel suo diz. italo-fiorentino
non registra tale senso e giustamente, il
che non toglie che il vocabolo sia, in tale
uso, comune anche fuori di Lombardia.
Fata viam invenient: i fati troveranno
la via (cioè le cose si compiranno per
loro forza) Vergilio, Aen., Ili, 395.
Fatto : la locuzione mettere al fatto per
informare, è dai puristi ritenuta non
buona.
Fattrice : voce del linguaggio zootecnico
e dell'industria dell'allevamento del be-
stiame, quasi per significare la materia-
lità fisiologica del fare, cui madre e ge-
nitrice disdirebbero come voci proprie
deir uomo. Voce dello Sport.
Fattura: in napoletano vale maleficio,
malia., stregoneria. Cfr. fattucchiera. La-
tino factura, sortilegiuni, maleficium.
Faubourg: parlando di Parigi sembra
doveroso por noi nominare le sue vie fran-
cesamente : dicesi dunque faubourg e non
borgo o sobborgo., come pur si chiamano
molte strade in Italia che pur non sono
borghi propriamente, come via Borgo
Nuovo a Milano , Borgo S. Stefano a
Bologna. In origine erano in fatti vie
fuori del borgo e il nome rimase anche
quando la via fu compresa nella città.
Per r etimologia, o da faux-bourg o da
for-foris, francese hors (bourg).
Fault: sbaglio o più esattamente, trat-
tandosi di giuoco, fallo. Ma nel giuoco
italico 0 antico della Pali acorda (V. Lawn-
Tennis) si costuma dalla gente mondana
usare i termini inglesi, e perciò si dice
fault al battitore che lancia la palla fuori
dal campo. V. Baddoloy: 11 lawn-tennis.
Manuale Hoopli.
Fausse oouohe: falso parto o aborto.
A. Fanzini, Supplemento ai Dixionari italiani.
Eppure la perifrasi francese sembra più
gentile e cauta a pronunciarsi da una
dama che non la voce italiana.
Fausse maigre: dicesi francesamente in
certo linguaggio, di quella donna, che,
essendo di ossatura fine, abbia più. tosto
l'elegante apparenza della magrezza che
la vera magrezza. Questa falsa magrezza
è ritenuta pregio di beltà : infatti il pan-
nicolo adiposo, ove non ecceda, piace
nella donna come la musculatura nel-
l'uomo.
Faute de mieux: fr. in mancanza di
meglio.
Fauteuil: in francese vuol dire pol-
trona. Ma una persona di vita mondana
anteporrà dire : « Ho preso un fauteuil
per questa sera alla Scala » e non una
poltrona o una poltroncina. La parola
fauteuil proviene dal basso latino faldi-
storium., che a sua volta è di origine te-
desca.
Fauve : è in francese ciò che in italiano
dicesi fulvo, colore rossiccio ardente. Ma
oramai i colori delle stoffe nel linguaggio
delle mode sono espressi in francese.
Faux-col : letteralmente in fr. falso collo
cioè colletto.
Faux-ménage: locuzione inconvertibile
in italiano : falsa famiglia ? famiglia po-
sticcia? Evvia ! la voce vi sarebbe, cioè
concubinaggio : ma anche in tal caso que-
sta nostra lingua plebea nel nomo inchiude
un senso di biasimo. Invece il faux-mé-
nage non implica nulla e serve assai bene
per indicare la convivenza in due, come
fossero marito e moglie, senza gli impacci
e le conseguenze delle leggi che regolano
il matrimonio. V. Collage e Demi monde
in principio.
Fave dei morti : e altrove ossa dei morti,
specie di piccoli dolci fatti con pasta di
mandorle in forma di favo che costumano
nell'occasione della festa dei Morti.
Faveto linguis : letteralmente favo-
rite con le lingue, cioè tacete: locuzione
di Orazio {Ode I, lib. III).
Favo: (lat. favus) in medicina significa
una dermatite parassitaria, caratterizzata
da tumefazione forte che, maturando, si
palesa in foggia di cellule o favi : devesi a
un fungo parassitario doli' uomo o degli
12
Fav
178 —
Fel
animali, Vachorion Schcenleinii. Più co-
munemente e detto antrace benigno o fo-
runcolosi per distinguerlo dall' antrace
maligno o carbonchio.
Favoriti: dal francese /az^oW; è per tal
modo chiamata quella pelurie o barba che
alcuni si lascian crescere dall'orecchio al
mento. In italiano fedine. A proposito di
favoriti ricordo che in un ritrovo in villa,
un dotto straniero non ignaro della lingua
italiana, avendo trovato in un romanzo
del Farina la locuzione accarezzandosi i
favoriti.^ non la comprendea. I dizionari
alla parola favorito-a^ dando mal senso
erotico si pensava che qualche sconcia
locuzione volgare rispondesse alla detta
frase. Ne richiese prudentemente, avendo
prima cura che le signore fossero lontane.
Favoritismo: dal francese favoritismi^
che indicò l'abitudine da parte dei prin-
cipi di affidare la direzione delle cose pu-
bliche ad un favorito; poi 'parzialità, pro-
tezione.
Fazenda : voce spagnuola con cui si de-
signano le grandi tenute agricole del Bra-
sile.
Febbre gialla: malattia infettiva ende-
mica ed epidemica, originaria del golfo
del Messico : caratterizzata da febbre con
speciale decorso, vomiti biliosi e sanguigni,
itterizia forte, onde il nome, e fenomeni
nervosi per cui è impedito il moto delle
membra. Dicesi anche vomito nero.
Febbricitante : che ha febbre : dicesi an-
che per traslato in senso morale di chi è
in istato di ansia e di tormentosa aspet-
tazione.
Febbrile: nelle locuzioni attività, la-
voro febbrile.^ etc, è comune voce, ma
certo forma una metafora poco esatta,
giacche nello stato febbrile l'attività non
è possibile. Ma forse per quest'aggettivo
si vuol significare quell'eccesso di forza,
quella specie di febbre (lat. ferveo = ardo)
morale che arde o agita chi è preso da
alcuna operosa passione. Se tale estensione
di senso è tolta dal francese ovvero di
formazione spontanea, non è facile deci-
dere; e ciò si può dire di molti francesismi,
data r affinità di lingua e di pensiero tra
le due nazioni.
Federalismo: quella scuola politica la
quale movendo dalle ragioni dell'etno-
grafìa, dalla storia, dall'economia, etc.,
intende fondare l'unità mercè la federa-
zione delle varie parti di una nazione.
Massimo sostenitore di questa teoria in
Italia, per quel che riguarda la storia
contemporanea, fu C. Cattaneo.
Feeders : in inglese = alimentatori.^ e
nell'industria elettrica così si dice per in-
dicare i caz;* principali di una rete di di-
stribuzione di corrente elettrica.
Feerie : dicesi per indicare uno spetta-
colo, specie teatrale, che paia quasi opera
di fata. Feerie è l'arte della fata f/eé, dal
lat. fatum, da /aW, che dice, predice).
In italiano sarebbe incanto^ fantasma-
goria., che risalgono press' a poco allo
stesso concetto etimologico della parola
francese.
Felce maschia: Polypodium fllix Tnas
L., è una felce che si trova sparsa do-
vunque, il cui rizoma si adopera in medi-
cina come potente vermifugo.
Feld-maresciallo : maresciallo di campo.
In Austria, Germania, Inghilterra gi'ado
supremo della gerarchia militare.
Felicitare: nel senso di congratularsi,
rallegrarsi è tolto dal francese fèliciter
= complimenter sur un bonheur ^ un
avantage., un succes. Felicitare in buon
italiano vale render felice. Il Petrocchi
spiega felicitare nel senso di portare au-
guri di felicità, e così felicitazione per
congratulazione., mi rallegro.
Felino : attributo di squisitissimi salami,
da Felino, borgo nel comune di Parma.
Felix culpa: {quae talem ac tantum
meruit habere redemptorem). Oh, colpa
fortunata (del peccato originale) che me-
ritò di avere un così grande Salvatore
(Cristo) ! Sant'Agostino.
Felix qui potuit rerum cognoscere
causas: felice chi potè conoscere la ca-
gione delle cose! così con una specie di
divino anelito nei suoni scrisse Yergilio
nelle Georgiche., II, 490. Sentenza tanto
vera come è vera la sentenza contraria
della Bibbia, « chi aggiunge conoscenza,
aggiunge dolore ».
Fellah: in arabo, contadino.
Feluca: barca a due alberi latini e po-
laccone, propria della penisola sorrentina:
Fol
— 179
Fer
voce di origino araba. Il cappello militare
a due punte è detto feluca per simiglianza
alla barca?
Felze : parola del dialetto veneziano per
indicare quella specie di tenda che adorna
lo gondole. Fehe pare essersi formata dal
medio alto tedesco mlx^ tedesco moderno
fiìx, = feltro, forse perchè tale in origine
la copertura della gondola.
Femme de chambre : cameriera.
Femmes savantes: V. Bau bleu in fine.
Femminismo: fr. féminisme., neologismo
astratto che vale ad indicare il complesso
delle teorie e delle azioni che tendono a
stabilire l'eguaglianza giuridica, sociale
ed intellettuale della donna rispetto al-
l'uomo. Alcuni anzi ne sostengono la su-
periorità in senso assoluto; ed a quelli
<;he presentano i fatti reali e le conside-
razioni basate su la fisiologia, rispondono
essere o, meglio, parere la donna inferiore
per effetto di atavismo, di mancata evo-
luzione e per secolare tirannia del maschio.
Femminista: il sostenitore di tale opinione.
La forza vera di queste nuove teorie non
è tanto in sé quanto nel carattere di ri-
vendicazione di un diritto reale o pre-
sunto: la qual cosa in fondo è il carat-
tere dei movimenti e dei perturbamenti
della società contemporanea.
Femminista: V. femminismo: dal fr.
féministe.
Fenacetina: combinazione dell'etere eti-
lico col paramidofenolo : è una sostanza
usata da qualche tempo come antipiretico.
Ha l'aspetto di polvere bianca, cristallina,
inodora, insipida.
Fenesta ca lucive e mo non luce ! primo
e felice verso di un' antica, nota e bel-
lissima canzone romantica napoletana, che
si ripete quasi con valore d' intercalare,
por indicare un bone che non è più. V.
ciò che ne scrisse il Di Giacomo in Ce-
lebrità napoletane, Trani, 1896.
Feniani : lett. in antico irlandese, guer-
rieri. Partito politico che nella seconda
metà del secolo scorso inteso a liberare
rirlandji dalla soggezione dt^U'lnghiltorra.
Fenomeno e fenomenale : dicesi pro-
priamente di ogni apparizione naturale
(gr. fainomai — iX^^diXo) \ nel senso di
-cosa fuor del comune : « un ragazzo fe-
nomenale ; un naso fenomenale > etc.
risente della maniera familiare francese
tout ce qui est rare et nouveau., surpre-
nant, étonnant., detto anche per piacevo-
lezza, conforme all' indole iperbolica di
quell'idioma. Ma oramai tale senso è san-
cito dall'uso presso di noi, e da gran
tempo.
Fenomeno riflesso: V. Riflesso.
Fermare : per chiudere è francesismo,
il quale genera altresì anfibologia giacche
fermar la porta in italiano vuol dire per
noi puntellarla., assicurarla. Ma non mi
pare che questo francesismo sia molto
dell'uso e qui è riportato solo perchè il
Fanfani ed il Viani a lungo ne discutono
e così altri puristi.
Fermo: sequestro di contrabbando.
Fernet: nome di un noto liquore sto-
matico, specialità dei fratelli Branca di
Milano. Dell' origine del nome nulla mi
riuscì di scoprire, anzi interrogandone quei
mercanti, la mia curiosità filologica nei
loro volti si rifletteva non so se come
ozio 0 stravaganza di letterato. Fra i li-
quori di questo genere va ricordato, come
eccellente, il Vlahov.
Ferro: piccola ancora: V. Grappino.
Ferri (ai): per graticola., V. Origlia.
Ferro et igni : lat. co7i la spada e col
fuoco.
Ferrovia: voce notata come non buona
dai puristi per il difetto della lingua ita-
liana di foggiare una parola con varie
parole, come fa il tedesco e l'inglese che
in tal caso dicono, eisenbahn., raikvay.
Chi volesse potrebbe usare la parola fer-
rata (strada ferrata)., che è anche nel
popolo.
Ferroviere: neologismo reconte. Il Melzi
registra « soldato del gonio, incaricato in
tempo di guerra del servizio delle feiTO-
vie ». Oggi ferrome?'e dicesi comprensi-
vamente di tutti gli addetti allo ferrovie,
conduttori, macchinisti, fochisti, etc. Così
dicasi della parola nuova traìtivìere.
Ferro zincato o galvanizzato : è il fono,
lamina o filo, ricoperto da sottilissimo
strato di zinco che lo preserva dalla rug-
gine. S(*rvo a molteplici usi, come tettoie,
reti per difesa, iili telegralìci, tubi, etc.
Fert: motto della casa di Savoia, che
Fer
— 180 -
Fet
significherebbe : fortitudo eius Rìiodum
tenuit. Si allude ad una spedizione in
Oriente di Amedeo V, conte di Savoia,
il quale col suo valore conservò Eodi a
quei cavalieri. Mal sicuro però è il motto.
Y. Fumagalli, Chi l'ha detto?^ op. eit.
Ferru minatore: cannello col quale si
avviva e si dirige la fiamma per saldare
a fuoco e per fonder metalli.
Ferry-boot: voce inglese usata frequen-
temente, che significa alla lettera nave
da traghetto^ cioè chiatta^ espressamente
fabbricata, con doppia elica a prua ed a
poppa, per trasportare carri, carrozze del
treno, mercanzie, passeggeri tra rive vi-
cine. Ferry-boat è da alcuni tradotto per
pontone^ ma questa è la parola francese
'ponton.
Fervei opus: ferve il lavoro. Emisti-
chio di Yergilio {Georgiche, IV, 169) ove
si descrive il lavoro delle api : fervei opus
redolentque thymo fragrantia snella.
Fesa: è voce milanese che vuol dire
spicchio. Così chiamasi il taglio del cu-
laccio nel vitello, la polpa.
Fesserìa: Y. Fesso.
Fessìpede: detto dei bovini, suini, ovini
che hanno l'unghia divisa. La parola ita-
liana è bisulco. Fessipede non è parola
ch'io trovi in alcun lessico: è quindi ra-
gionevole supporre che sia voce di for-
mazione abusiva per eifetto della dimen-
ticanza della parola buona : caso più che
frequente.
Fesso r (dal part. del verbo latino fèti-
dere = spaccare, onde fesso = spaccato)
termine napoletano che significa stupido.,
sciocco., di buona fede e peggio. La voce
fesserìa per dabbenaggine., sciocchezza.,
sbaglio^ etc. è nota ed usata oltre i con-
fini di quel dialetto. Sono due voci ela-
stiche che i napoletani sanno usare con
infinita varietà di sensi e di cui vanno
giustamente gloriosi.
Festa danzante : brutta e impropria lo-
cuzione invece di ballo., la quale non è
tolta dal francese come molti credono. In
francese dicesi bai; bensì è foggiata a so-
miglianza di soii'ée^ mattinée daìisante.
Festa degli alberi: Y. Arbor's day.
Festaiuolo: che si compiace, si diletta
delle feste.
Feste farina e forca: i tre f di cui,
al tempo de' Borboni, fu detto abbiso-
gnare la plebe napoletana: motto che ri-
corda con più turpe cinismo di arte di
governo il panem et circenses de' Romani
(Giovenale, Sat., X, Si).
Festina lente: motto della sapienza la-
tina e significa affrettati adagio. In Sve-
tonio, ragionando di Augusto, cap. 25, è
riferito come quell'imperatore nihil mi-
nus in perfecto duce., quam> festinationem
temeritatemque convenire arbitrabatur ,
e però spesso diceva in greco (che era
la lingua mondana di allora) Ujtevòe
^Qaòécùg., a cui aggiungeva : sat celeriter
fieri., quidquid fiat satis bene. Probabil-
mente il festina lente è traduzione di
InevÒE ^Qaòécùg. « Ya adagio perchè ho
fretta », come dicevano i Gesuiti. Del resto
l'antica sentenza non è che l'arguto ri-
flesso di un fatto psicologico che tutti
avranno avvertito : quando la calma e la
presenza della ragione non presiedono ad
un dato lavoro, occorre maggior tempo,
v' ha enorme spreco di forza nervosa, né
l'opera riesce bene.
Festival : vocabolo pressoché universale,
usato anche in inglese e in tedesco: di-
cesi di festa musicale con danza, all'aria
aperta e gran concorso di gente : di ca-
rattere popolare. Il Fanfani propone mu-
sicone{?\) Festival in francese era prima
aggettivo; lat. festivalis.
Fetente: che ha fetore: termine fiera-
mente ingiurioso e spregiativo nel dia-
letto napoletano.
Feticcio: voce portoghese, /et^^po (lat.
factura? Y. Fattura) e significa propria-
mente r idolo orrido e maliardo dei negri
dell'Africa: prima forma ed espressione del
sentimento religioso. Questa voce passò
di recente, in tale senso, presso ogni lin-
guaggio. Usasi anche per indicare l'oggetto
di un culto fanatico, cieco senza riguardo
ai vizi ed ai difetti: onde feticismo tale
specie di adorazione e feticista l'adoratore.
Feticismo: nei casi di psicopatia ses-
suale chiamano così i medici -alienisti
(Lombroso, Binet) la persona, o parte del-
la persona, o l'oggetto che ajDpartiene alla
persona, il quale eccita le morbose sen-
sibilità del senso.
Fot
181 —
Fia
Feticista: Y. Feticcio.
Fettuccine: diminutivo del diminutivo
di fetta (dal lat. viltà i= nastro'?). Così
chiamasi a Roma una ben nota specie di
pasta in forma di tagliatelle fatta in casa
con farina ed uova, che si condisce con
sugo di carne, di pomodoro e cacio pic-
cante di capra. Classica minestra italiana.
Corrisponde press' a poco alle squisite ta-
gliatelle bolognesi, se non che queste sono
alquanto diversamente condite.
Feuilleton: questa parola francese, di-
minutivo di feuillet = foglio, non ha at-
tecchito, come in tedesco, nella lingua
italiana per significare lo scritto di vario
argomento letterario o critico o il romanzo
che è in fondo al giornale. Da noi vale
la parola appendice (lat. appendix == ag-
giunta) cui fu dato questo nuovo senso.
Ciò non vuol dire che qualche volta non
ricorra la voce francese feuilleton. Ad
ogni modo se non il nome, la cosa è di
provenienza francese. Le prime appendici
(ricordo le francesi perchè più direttamen-
te influirono su noi) datano dalla fine
del secolo XVIII, J. L. Geoffroy iniziò
nei Débats V appendice drammatica ; A.
Adam fu uno dei piìi celebri redattori di
appendici musicali, etc. Ma le più popo-
lari fra le appendici sono quelle de' ro-
manzi e sono pure le più recenti. Fra i
più celebri scrittori d'appendice ricordiamo
A. Dumas il vecchio, Eugenio Sue, Pon-
son du Terrail, Emilio Zola, etc. giacché
in Francia non è disdicevole per uno scrit-
tore valente saggiare il giudizio del pu-
blico con r appendice. Non che in Francia
non si stampino delle goffe assurdità nelle
appendici de' giornali, ma sono assurdità
loro, scritte nella loro lingua e riflettenti,
sia pure in modo esagerato, la vita mul-
tiforme della loro capitale ; e quel che è
più, quelle loro romantiche costruzioni
fondate sull' inverosimile, sono sorgente di
lucro e di rinomanza in un dato genere
letterario. I più solidi compratori siamo
noi italiani, dove la mutua aziono corrut-
trice della lingua, del buon gusto, del
buon senso tra |)ublico e giornale è degna
di ossero ancora una volta notata, ancor-
ché qui non sia il luogo. Un giornale ita-
liano non stamperà di solito so non ap-
pendici forastiere. Un mio nobile amico
che fu sincero e fine scrittore (pace, o
Emilio De Marchi), diceva che l'ingegno
italiano non potendosi esercitare in sì fatta
forma di letteratura facile e amena, doveva
per forza riuscire inferiore agli stranieri,
e ciò non per sua colpa.
Fez : nomo del noto berretto rosso, con
nappa nera, e forma di breve ditale, che
é nazionale dei turchi e dei levantini,
anche quando vestano all'europea. Così é
detto dalla città di Fez nel Marocco, ma
penso che dette calotte si fabbrichino non
solo quivi, ma anche in Italia, onde è
grande esportazione. Diconsi anche Tar-
bouch.
Fiacre: voce da assai tempo tradotta
in fiacchere = vettura da piazza ; e il
Fanfani, che la, riprova, intitolò un suo
racconto il Fiaccheraio. Oh, Padre Zap-
pata!... Per chi desiderasse saperlo, l'ori-
gine del vocabolo è questa : un certo Sau-
vage, verso il 1640, stabilì le prime vet-
ture a nolo in via S. Martino in Parigi,
in una gran casa detta l'Albergo di San
Fiacre., dall' imagine del santo che vi pen-
deva. Dall'albergo il nome passò alle vet-
ture. E per chi dubitasse, sappia che
esiste realmente un Fiacrius, eremita
francese, il quale ottenne così ignota ri-
nomanza. V. Acta Sanctorum., VI, 598,
Parigi, Vit. Palmo. La parola fiacre è
viva tuttora e si usa in vece di altre
voci regionali: cioè a Milano brum., ca-
leche^ se é vettura scoperta, a Napoli car-
rozx>ella., a Roma botte., e, se non basta,
vi è anche cittadinaì
Fiamma : per fuoco d'amore è bella e
illustre voce nostra antica.
L'innamorata donna iva col cielo
le suo flamme sfogando ad una ad una.
(Tasso, Cìer. Lii). VI, 103)
Talvolta però si suole dare questo nomo
a quelle tipiche forme di simpatia o di
passione amorosa che alimenta la fantasia
giovanile, specie no' collegi e tra persone
dello stosso sesso. Non contiene senso
turpe. E l'amore in istato di nebulosa
nella prima giovinezza. Fiamma., la per-
sona stessa por cui si nutre passione.
Fiamma: in marina vuol significare una
lunghissima striscia a foggia di bandiera.
Fia
182
Fid
dai colori nazionali, che si alza all'albero
maestro delle navi da guerra.
Fiappo: floscio^ cascante: voce dei dia-
letti dell'alta Italia, flap. Pare di origine
tedesca.
Fiasco : (V. Far fiasco) risponde in
forma familiare e talora con intenzione di
scherno alla parola riprovata, insuccesso.
Fiat justìtìa, pereat mundus: si faccia
la giustix,ia anche se il mondo abbia a
perire: motto di concisione latina e di
senso austeramente biblico: è attribuito
all'Imperatore Ferdinando I (1559-1564).
NB. Se è per questo stia ognuno certo che
il mondo non perirà!
Fiat lux: sia fatta la luce! « Disse il
Signore : sia fatta la luce. E la luce fu
fatta ». Genesi, cap. I, 3.
Fibròma: tumore formato soltanto dal
tessuto fibroso.
Fìbula: voce latina {fìbula., contrazione
di figìbula, da fì,go = figgere, inchiodare)
usata in più elevato linguaggio, specie della
archeologia, in vece di fìbbia., fermaglio.
Ficcanaso : voce familiare, spesso usata
in forza di sostantivo; e dicesi di chi
vuol ingerirsi^ inframmettersi nelle fac-
cende altrui e che non lo riguardano.
Ficelle: fr. cordicella, e avendo in
mente i fili che sostengono i burattini
{moA'ionnettes)^ ficelle., al plurale, è voce
spesso usata per indicare il meccanismo,
il ripiego non più segreto, anzi troppo
palese per imperizia artistica, per cui av-
viene una data azione e il suo sciogli-
mento : il che in arte è grave difetto.
Ficelles = les procédès epuisés et les
conventions classiques nel gergo degli
scrittori, così il diz. de la Langue Verte
di Alfredo Delvan.
Fiche de consoiation : fiche è il get-
tone 0 piastra di avorio che si usa nel
giuoco delle carte e tien le veci del da-
naro. Fiche de consoiation dicono i fran-
cesi con locuzione familiare (e noi ripe-
tiamo) per indicare risarcimento, com-
penso a qualche danno sofi'erto: dédom-
magement d'une perle., adoucissement à
quelque disgrdce.
Ficher: ficcare., e nel linguaggio fami-
liare francese se ficher de quelq' un =
beffarsi, ridersi, gabbarsi. In questo senso
il verbo francese è talora usato presso di
noi. Es. « quando io ho mangiato e be-
vuto,/e m'en fiche ». Il popolo nostro dice
in tal caso, me ne infischio, me ne frego.
Ma questi e diversi altri modi nostri sem-
brano alla gente elegante soverchiamente
rozzi e plebei, laddove il modo francese
- caso già osservato - sembra contenere
alcun mondano decoro.
Fichi secchi : cose di poco valore, senza
succo, senza fibra né umore. Voce talora
usata nel gergo dei letterati parlando di
opere, poesie, etc. a cui manca la scin-
tilla geniale, creatrice.
Fichu : scialletto di forma triangolare,
di velo, di trine, di merletto che posa
su le spalle e si incrocia largo sul petto;
di moda, originariamente, nel sec. XVIII.
{Fichu à la Marie Antoinette) e in uso
tuttora. iScialletto o Punta col nome della
stoffa di cui esso è fatto, sono le voci più
usate italianamente in luogo del fichu
francese. « Fichu è un derivato da ficher,
gettare a dosso. negligentemente? È pro-
babile » così lo Scheler.
Fidarsi : nel dialetto napoletano questo
verbo, specialmente nella locuzione no7i
tni fido, acquista tutta una gradazione
di significati : ìion ho voglia, non ho genio,
non mi arrischio, non ardisco, non ho
cuore, non me la sento, non sono da
tanto, ho soggezione, non ci riesco, sto
poco bene, son fiacco, mi sento male,
non posso.
Fidibus : nel gergo francese vuol dire
allumette de papier, pezzetti di carta per
accendere, e tale voce non ci è ignota.
La spiegazione che è data da G. Dele-
salle {Dictionnaire Argot-Fran^ais, Pa-
rigi, Ollendorff) è la seguente: «De fi-
delibus, nom que l' on donnait aux étu-
diants allemands, ceux-ci alluni ant leurs
pipes avec ces tubes de papier, formós le
plus souvent des feuillets où étaient les
discours à eux adressés par le professeurs » .
Fido: s. m. credito commerciale.
Fidus Achates: con tal nome Vergilio
neìV Eneide chiama il fido compagno di
Enea, Acato {Fidus quae tela gerebat
Achates, lib. I, 188). Spesso così si dice
in tuono satirico per indicare il compagno
inseparabile di alcuno.
Fio
183 -
Fil
Fiero : spesso questo aggettivo è usato
alla nianiora francese, ficr :=r eontent dc^
qui tire vanite de... Es. « io sono fiero
di voi ». È modo ripreso dai puristi.
Figaro : personaggio di commedia astuto,
spregiudicato, intrigante, creato dal Beau-
marchais nel Barbiere di Siviglia., di
professione barbiere, e fatto celebre dalla
musica del Rossini. Da esso si intitola
uno dei più mondani ed eleganti giornali
di Francia, diffusissimo anche all'estero.
Dicesi anche scherzosamente figaro per
barbiere, sì in Francia che presso di noi.
Figaro o Figarette: giacchettina alla
spaguuoln, con o senza maniche, senza
bottoniera, attillata e corta sino alla vita
sì che traspaiono tra esso e la gonna gli
sbuffi 0 la cinta della camicetta. Se ne
fanno di elegantissimi con rabeschi e gale
e sono di gran voga. Nel volubile lin-
guaggio della moda dicesi anche bolero.
Figlio d'arte: comico nato da comico.
Figlio della serva: locuzione milanese
{el fiocu de la serva) detta anche in ita-
liano, che vuol significare esser tenuto in
7iessun conto., essere immeritamente ne-
gletto e maltrattato.
Figliuol prodigo: dalla sublime para-
bola dell' e vangelo (S. Luca, XV), è tolta
questa locuzione per indicare, talvolta in
maniera faceta, persona sviata (la pecorella
che ritorna all'ovile).
Figurante: fr. figurante voce riprovata
essendovi la nostra equivalente, comparsa.^
Figurare : nel senso di comparire è af-
fino al francese figwer = briller^ se faire
remarquer par son luxe, par sa de-
pense., etc. « Più gallica ancora, nota il
Kigutini, è nel senso di esistere, essere
registrato, apparire. Es. « Il mio nome
non figura nella lista ». Certo è che sono
modi dell'uso, e penso che pur gli stu-
diosi faticherebbero ad evitarli.
Filare: indica nel linguaggio marina-
resco l'andare più o meno veloce delle
navi. Es. « Filavamo dieci nodi all'ora ».|
Fila/ì'e = lasciar scorroj-e piano una gó-
mena 0 una catena: filar permana. \ Fila!
ordino di comando marinaresco. | Filare
ò altresì termine volgare che signifi(;a va-
gheggiare, amoreggiare., i\mm\ tesserci il
filo. Il dialetto bolognese ha la parola /?-
larino, por amoroso, vagheggino. | Fi-
lare il perfetto amore, un amore senti-
mentale, e si dice per celia : ricorda il
modo francese : filer le parfait amour. \
Fila/ì'e dicesi del vino che si è guastato,
cioè che fila nella maniera in che suole
filar r olio, e così pure si dice in fran-
cese. I Filare volgarmente dicesi per an-
darsene, fila = vattene ! e deve essere
modo di origine francese , filer i— s'en
aller, se retirer.
Filatelica nome e agg. o Filatelia, :
neologismo che significa un'arte ed una
industria recente, dovuta alla passione,
0 mania che si voglia chiamare, di rac-
cogliere in albi i francobolli, giudicare del
valore e rarità loro. I francobolli sono in-
venzione inglese, dovuta a Sir Rowland
Hill: furono usati per la prima volta in
Inghilterra nel 1840. In francese v'è phi-
latélie, pkilatélique, philatéliste, parole
foggiate dal greco. I francobolli rarissimi
raggiungono somme inverosimili. Un bollo
dell' isola Mauritius, del 1847, fu ven-
duto per L. 75000. Almeno così leggo.
Filiale : nel linguaggio commerciale le
Case madri generano le Case figlie o fi-
liali : più proprio succursale.
Filibustiere: vocabolo di formazione ger-
manica, ma che in italiano probabilmente
si formò dal francese flibustier. In inglese
è freebooter, in tedesco freibeuter, com-
posto cioè di frei r=: libero e beuter = che
fa bottino, dunque libero corsaro, libero
predatore, saccomanno: nome storico dato
ad avventurieri di vario nazioni che nei
secoli XVn e XVIII arditamente preda-
vano i mari delle Indie orientali a danno
della Spagna. G. Garibaldi fu onorato di
questo nome nello storico anno 1860.
Filière -: fr., trafila.
Filisteo: V. Pkilister.
Fillossera : [phylloxera) nome di un
nuovo pidocchio delle radici dello viti :
piccolissimo insetto come tutti gli altri
pidocchi consimili, ma di esiziale effetto
su la più nobile delle pianto : derivato
fillosserato , filosserico , anti-fìlosserìco.
Codesto insetto è di provenienza ameri-
cana e venne imi)ortato dal Laliman di
Bordeaux verso il '66, il quale introdusse
molto di queste viti americane. In Italia
Fil
— 184
Fin
fu scoperto la prima volta a Valmadrera
presso Lecco nel 1879. Il nome all' in-
setto fu dato da Planchon, philloxera va-
statrix, benché da noi, più che su le
foglie, si appalesi su le radici. Per la
malignità di questo insetto, dicesi talora
fillossera in senso traslato per indicare
persona o cosa che reca lenta e irrepara-
bile distruzione e ruina.
Film : voce inglese che vuol dire pellico-
la^ membrana^ ed è usata nel linguaggio
fotografico : serve di sopporto alla sostanza
sensibile invece dei vetro e della carta.
Filo e fìlìa : voci greche, usate in molte
composizioni di voci, specialmente scien-
tifiche {(pì^og = amico, propenso, aman-
te, ecc.).
Filo d'Arianna: guida^ bussola^ ban-
dolo per trovar l'uscita o la via in que-
stione intricata; sciogliere un intreccio
astruso: dal noto filo che Arianna diede
a Teseo* per uscire dal Labirinto.
Filogènesi : studio della lenta evoluzione
del mondo animale e vegetale sino dalle
origini.
Filter-presse: con questa parola stra-
niera è presso di noi chiamato un filtro
a celle multiple nelle quali il liquido viene
spremuto o aspirato. Voce usata nelle in-
dustrie chimiche. I francesi dicono filtre-
presse : noi, sempre in omaggio alla li-
bertà del dire e dello scriirere come più
talenta, in ambedue i modi.
Finanza: per indicare le entrate o i
redditi dello Stato è voce francese, finanee^
sin dal '500 (Guicciardini, Sfor.^ I, 13:
« Preposto all' amministrazione delle en-
trate regie, che in Francia dicono le fi-
nanze ») introdotta in Italia, e della quale
nessun purista oserebbe dir male. Ma l'ag-
gettivo finanziario è accolto invece sol-
tanto perchè necessario : « voce non bella,
ma ce n' è delle più brutte » scrive il
Tommaseo, « e lo stesso dicasi del suo av-
verbio » aggiunge il Rigutini. Io qui ag-
giungerò fi,nanziere^ che dicesi tanto della
guardia di finanza come di colui che è
esperto nell'amministrazione delle finanze,
financier = celui qui manie les deniers
de r Etat. Nel linguaggio poi dell' arte
culinaria francese, dicesi à la financière,
e noi ripetiamo alla finanziera^ di certe
salse speciali e di certi speciali processi
di cucinatura delle vivande.
Finanziera falla): V. Finanza.
Finanziere: V. Finanza.
Finca: ciascuna delle colonne o colon-
nine verticali ed orizzontali in cui nei
publici uffici si suole dividere un foglio.
Voce riprovata dai puristi, speciale del-
l'Alta Italia e che «pronunciata in tutto
il resto della Penisola, desta le risa » (?)
Rigutini.
Fin de siede: motto fortunato, ;^7ze di
secolo^ il quale spesso fu usato a modo di
aggettivo e a cui il rapido sopraggiungere
del secolo XX tolse ragione di essere. Tutto
ciò che era anormale, paradossale, nuovo,
audace, eccentrico, grottesco, etc. e sem-
plicemente fuor del comune, Parigi deno-
minò vivacemente fin de siede., cioè spe-
ciale segno della fine di quel secolo che
vide così gran mutamento e rinnovamento
in tutto : una moglie, una scommessa,
nn viaggio, un abito, un matrimonio, un
astuccio fin de siede. Noi accogliemmo la
voce e il senso con quella supina ten-
denza scimmiottesca che è peggiore di
ogni peggior barbarismo. Il motto vuoisi
far derivare dal titolo di una commedia
Fin de siede., dei sigg. Micard e De Tou-
venot, rappresentata al Chdteau-d' Eaii il
17 aprile 1888.
Fine fleur: il fior fiore .,\ . Creme. Uno
dei molti modi francesi per significare il
ceto elegante e mondano.
Fines herbes: questa parola francese si
può trovare scritta nelle liste dei nostri
alberghi in modo così sbagliato e strava-
gante da non conoscersi più, e così dicasi
di molti altri termini culinari. Per fines
herbes intendono i francesi alcune verdure,
che vendonsi a mazzetti, come cipolline,
porri, pimpinella etc. che si tritano e danno
aroma alle vivande. Es. Omelette aux fines
herbes. In un buon libro di culinaria fran-
cese trovo la seguente serie di erbe buone:
ciboule, ciboulette, cive^ divette, pimpre-
nelle^ roquette., estragon., cerfetiil etc: in
italiano erbucce.
Finire: nella locuzione comunissima ^
nire per., ricorda il modo equivalente fran-
cese. Italianamente dicesi : finire con. Es.
Fini col cedere.
Fin
— 185
Fi«
Finish : voce inglese, che certo deve
<'ssoro di rigore tecnico visto che fine o
chiusa non la sostituiscono. Così leggo :
Di magnifico effetto riuscì il finisch Paper.
Finis coronat opus: la fme corona il
lavoro, motto latino, ripotuto in buono e
cattivo senso per indicare lo stretto rap-
porto che è tra causa ed effetto, principio
e lino.
Finocchio : « volg. spreg. pederasta »,
così il Petrocchi. Ecco uno dei non pochi
casi in cui le voci speciali del gergo fio-
rentino sono notate dal lessicografo toscano
come voce italiana. Giustamente G. Ri-
gutini, benché toscano, non registra tale
senso nel suo diz. della Lingua Parlata,
né la Crusca né il Novo Dizionario^ di-
retto dal Broglio, hanno tale senso, né il
Tommaseo né altri. Io credo che si possa
assai bene riconoscere al linguaggio fio-
rentino r afficio di regolatore della lingua
italiana senza il bisogno di rivendere come
merce buona tutti i rifiuti del mercato
di Firenze. 0 se pur così piace, fate av-
vertito chi legge del valore e dell'esten-
sione d'uso della parola.
Fiocca (la): nel dialetto lombardo, ef-
ficacissimo per neve ; detto specialmente
della nove quando cade; dal verbo lette-
rario fioccare. V. Appendice.
Fiocca: per simiglianza della neve di-
cesi delle chiare d'uova montato.
Fiomba: voce ìombMàdL \ì(ìy paravento.
Fiordo : V. Fjord.
Fiorentina: chiamano in Romagna ed
in Bologna la bistecca alla fiorentina., la
quale non altro é che una braciuola col
suo osso, grossa come un dito, tagliata
nella lombata. [Deve essere cotta naturale
a fuoco vivo su la gratella affinché ta-
gliandola getti sugo sul piatto. Non deve
essere salata prima perché il fuoco la ri-
secchisce, e so la condito con olio od altro
avanti di cuocerla, saprà di moccolaia e
sarà nauseante]. Chi usa voci straniere,
dico in tal caso entre-cóte.
Fioretta o fiori del vino : é una malattia
del vino che consisto in uno strato bianco
alla superficie, prodotto da un fungo mi-
croscopico che vive a spese del vino o ne
fa diminuire la fragranza e l'alcole.
Fiori bianchi: o leucorrèa (dal greco
leucòs '-— bianco e reo =r. scorro) scolo mu-
coso 0 purolento vaginale dovuto all' au-
mento patologico delle secrezioni normali
dell'apparato genitale della donna. Fleurs
blanches è altresì in lingua francese, nella
qual lingua fleurs (lat. flores) o flueurs
(=: flussi^ lat. flùere =: scorrere) signifi-
cano i mestrui detti fiori dal color rosso.
Erroneamente da alcuni lessicografi si
pensò che fleurs sia una corruzione di
flueurs., ma il Bescherelle altrimenti opina
e ne dà questa spiegazione veramente ca-
valleresca : on appelle ainsi les menstrues
ou régles des femmes., qui joar une mé-
tapkore ingénieuse et assex, juste., ont été
eomparées aux fleurs des végétaux qui
annoncent des fruits. Che fleurs non sia
etimologicamente =: flueurs., lo prova il
basso latino flores^ fiori, in questo senso.
Firmano: nome dato agli editti ed ai
decreti del Sultano o de' suoi ministri:
dal persiano fermàn = ordine : voce ac-
colta ne' dizionari delle varie lingue.
Fiscale (avvocato) : si usa ora, più co-
munemente e quasi unicamente per indi-
care l'avvocato che sostiene l'accusa presso
i Tribunali militari.
Fisciù: Y. Fichu.
Fisico : per significare l'esteriore di una
persona, la figura, la complessione, il
temperamento, ricordala maniera francese:
Cet homme a un trés-beau physique. Phy-
sique du róle, V. a questa parola. Dicosi
anche familiarmente fisico per forza fisica.
FÌ8Ì0cratÌC0:fr. physiocratique., termine
storico e filosofico (dal gr. fisis =z natura
e kràtos =: forza) dato ai seguaci di una
scuola di economisti e di filosofi di cui il
capo fu il Quesnay nel soc. XVIII, i quali
consideravjino, la natura e specialmente l'a-
gricoltura, come sorgente di ogni ricchezza.
G. B. Say fu primo ad usare nel 1829 tale
parola per indicare i piìi notevoli seguaci
di questa scuola. Il nomo, più comune-
mente usato al plurale, è fisiocrati.
Fissaggio : fr. fixage., termino del lin-
guaggio dei fotografi, o significa la se-
guente operazione : quando la lastra foto-
grafica è sviluppata, è necessario immer-
gerla in un bagno di iposolfito sodico por
sciogliere il salo d'argento ohe non sentì
l'azione d(»lla luce (bagno di fissaggio).
— 186 —
Fla
Fissare : per fermare. Es. fissare un
colore, un oggetto; fissare un punto, un
principio, per fermare (E là dove io fermai
codesto punto, Dante, Purg.)\ fissare ipev
determÌ7iare, accordarsi^ stabilire^ es.
« abbiamo fissato di trovarci al caffè » ;
fissare nella comune locuzione, fissare il
domicilio ; fissare per prendere., accappar-
rare^ es. « ho fissato due posti al teatro » ;
fissarsi per incaponirsi, intestarsi., es.
« quando s'è fissato un'idea non c'è modo
di smuoverlo », sono modi che i puristi
annotano come tolti dal francese fixer^
che appunto è usato in simili vari costrutti.
Ma, giustamente osservali Rigutini «questi
usi oggi comunissimi e sostenuti anche da
esempi di scrittori, non possono non accet-
tarsi comprese anche ì\ fissare una persona
0 una cosa per guardarla fissamente ».
Fissativo : che serve a fissare, dal fr.
fixatif: liquido che si spruzza sui disegni
a pastello per conservare i colori.
Fittavolo: voce del dialetto lombardo
che indica V affittuario, cioè colui che
conduce i fondi altrui in affitto per un
dato canone: il che è costume nelle te-
nute di Lombardia. La voce toscana è fit-
taiuolo.
Fìttile: di terra cotta., d'argilla., lat.
fictilis da fingo := foggio, formo, riduco.
Five o' clock : o compiutamente five o'
clock thea^ cioè il tè delle cinque., costu-
manza signorile inglese di prendere questa
bevanda a quell' ora, ed è occasione di
ritrovo e di gentili conversari. Il clima
nordico e la necessità de' molti pasti fa
quivi naturale tale uso : presso di noi ha
piuttosto carattere imitativo. Notisi a questo
proposito come 1' aristocrazia, o del da-
naro 0 del blasone, riveste certi caratteri
tipicamente internazionali. Onde si può
osservare che l'internazionalismo non è
per intero un' invenzione di Carlo Marx.
Fjord : voce scandinava, fatta italiana in
fiordo., più comunemente al plurale : sono
profonde e strette spaccature del litorale,
mercè le quali il mare penetra nel con-
tinente. I principali di essi si trovano in
Norvegia e in Groelandia : si presentano
in generale come golfi con numerosissime
diramazioni cosi da rendere sette od otto
volte maggiore lo sviluppo del litorale.
Flacon: V. Flacone.
Flacone: anche questo è il caso non
raro di parola di origine latina, traspor-
tata in Italia nella forma francese: al-
meno così è, se buona, come pare, è la
etimologia di flacon dal latino vasciilum
— vasetto, che nell'Evo medio passò in
tutte le lingue d'Europa: presso di noi
divenne fiasco e .fiala, presso i francesi
flacon. E dai francesi noi la togliemmo
per indicare quella bottiglietta di vetro o
di porcellana, col tappo della stessa ma-
teria a smeriglio, fatta per medicinali o
profumi. E anche per questa parola la
forma francese ha senso di eleganza e fi-
nezza. Noi potremmo usare la voce fiala^
vero è che nel linguaggio commerciale e
tecnico non sarebbe intesa: dim. flaeon-
cino. Flacon aspersoir: èia fiala con la
peretta di gomma per ispruzzare, quindi,
sprux^atoio.
Flagranti (in): modo avverbiale latino,
usato dai legali, a cui risponde il modo
popolare sul fatto. Veramente è usato
anche nel linguaggio familiare e comune
riferendosi non a delitti ma a comuni
mancanze. In flagranti delieto : letteral-
mente vuol dire, nel delitto quando an-
cora arde ed avvampa., che non si è raf-
freddato., da flagrare^ latino =: ardere.
Dicono i legali altresì flagranza del de-
litto., delitto flagrants, che sono pur modi
francesi, la flagrance du délit, flagrant
délit.
Flagranza: V. Flagranti.
Flair: fr. fiuto., buon naso. Es. «molti
hanno lodato il mio flair giornalistico».
Una delle tante voci francesi usate per
vizio.
Flan : pasticcio o meglio, torta di crema,
uova, farina e simili ingredienti : si fa
anche di verdure e di legumi e di carni
passate e cotte in istampo e a bagnomaria.
La voce è francese ed è una contrazione
dell'antico flaon., che gli è appunto l'ita-
liano fiadone., dal basso latino flado. (An-
tico alto tedesco flado - focaccia). Simili
torte sono chiamate fiadoncelli nella ci-
tata opera di M. Bartolomeo Scappi, cuoco
segreto di Pio V. Altro esempio di parole
italiche, morte!
Flangia: nel linguaggio de' meccanici
FI;
187
Fio
così è chiamato il doppio disco che si
salda 0 avvita por ottenere la congiun-
zione di due tubi metallici. Voce deri-
vata dall'inglese to flange. Se ne fa an-
che il verbo flangiare. In francese hride^
eollet.
Flanella (far) : V. Appendice.
Flaneur: colui che ozia, osservando e
curiosando. Onde, probabilmente, la lo-
cuzione volgare e ben nota far flanella.
Flatteur: fr. adulatore, lusingare: e così
flatté -" lusingato, participio del verbo
flatter^ preferito talora alle voci nostre,
specie nel linguaggio mondano.
Flatulenza: lat. /Za^M5 = soffio; nel lin-
guaggio de' medici significa una produ-
zione di gas gastro-intestinale che genera
gonfiezze più o meno grandi dello stomaco
e dell'intestino e s'accompagna ad emis-
sioni di gas per la bocca e talora per
r apertura opposita : ventosità.
Flectere si nequeo superos, Acheronta
movebo: (Verg. Aen, VII, 312), se non
potrò piegare gli Dei del cielo, muoverò
quelli dell'inferno. Eicorrerò al Diavolo
se Dio non mi aiuta.
Flint : voce inglese reg. anche nei diz.
francesi e vuol dir selce. E una specie di
cristallo che ha grande potere rinfrangente
e serve a fare le lenti acromatiche dei
microscopi e degli obbiettivi.
Flirt: parola inglese entrata nelle varie
lingue d'Europa per significare con nuovo
nome una cosa antica in sé ma nuova
come costume. Flirt significa l'amoreg-
giare, ma piìi per arte e desiderio di pia-
cere che per amore ; senza cioè dichiararsi
apertamente. Indica il dilettantismo della
e con la passione : ed è forma nuova di
vizio elegante in quanto è lecito ed ado-
nestato dal costumo, cioè: scherzar col
fuoco senza bruciare. Civettare, frascheg-
giare son voci press' a poco corrispondenti.
Ma una dama si offenderà del verbo ci-
vettare, e non troverà nulla a ridire del
verbo flirtare. (3osì una sposa troverà
svago innocente il flirtare, e, redarguita,
potrà sempre dire che è un onesto flirt il
suo. 0 divina retorica eterna, e noi inor-
ridiamo al Cicisbeismo del secolo XVIII!
Ma prescindendo da, vane (luorimonie fi-
losofiche, notiamo conica tale verbo in
francese fu accolto con le voci flirt, flirter,
flirtation e flirtage. In italiano si è fog-
giato il verbo flirtare che, del resto, non
mi pare abbia forza di attecchire di molto.
La etimologia di questa voce flirt non è
delle pi^' certe: o dall' anglo-sassone fleur-
djan =3 motteggiare, o dal ted. flirren —
barbagliare, o da to flirt = al francese
fleureter, conter fleurettes. cioè dire paro-
line dolci, far complimenti.
Flirtare: V. Flirt.
Flocco : vela triangolare che si adatta
davanti al bastimento fra 1' albero di
trinchetto ed il bompresso, il quale è l'al-
bero che sporge da prua quasi orizzontale.
Dicesi anche flocco.
Floreale : aggiunto delle foglie che na-
scono presso del fiore : agg. da Flora, dea
dei fiori: ad es. «festa floreale». Tale
il senso della parola floreale in nostra
lingua. Ma come attributo di un nuovo
stile è parola di importazione inglese!
Stile floreale o Liberty (vedi questa voce)
0 Aestetich style vogliono dire press' a
poco nell'interpretazione popolare la stessa
cosa : cioè significano una forma nuova (?)
di stile, di provenienza inglese, il cui prin-
cipale apostolo fu G. Ruskin, oggi am-
piamente diffuso e noto in Italia. Esso è
applicato specialmente alle stoffe, ai mo-
bili, agli oggetti dell' uso, alle decorazioni,
alle pitture parietali. Il fondamento di
questa arte, detta anche stile del nuovo
secolo (oh, iperbole eterna!) ha per fon-
damento ed ispirazione le forme vegetali
e specialmente il fiore stilizzato nell' ar-
monia delle tinte e delle fogge, secondo
la genialità dell'artefice.
Flottante : goffa versione fonica del fran-
cese flottant = fluttuante, oscillante, detto
di debiti o di capitali di una amministra-
zione, i quali per loi'o natura, come cam-
biali, mutui, otc, sono incerti, soggetti
cioè ad aumento o diminuzione. Questo
barbarismo flottante che i lessici della cor-
rotta italianità appuntano, è scaduto dal-
l'uso: più comune la traduzione flut-
tuante.
Flou: fr., dal lat. fluidus: vooo usata
dai fotografi o talora dai pittori por ìndi-
caro il contorno sfumato, incorto delle linee.
lntend(\si in pittura come difetto.
Fob
— 188 —
Fol
Fobìa : dal greco fobos zzz spavento, ter-
rore. Neologismo scientifico, usato più.
spesso in composizione di altre voci de-
terminanti l'indole della paura, come fo-
tofobia^ claustrofobia^ sitofobia^ tafo-
fohia. etc, per significare una incoercibile
repulsione e terrore per qualche cosa ; si
sottointende sempre in questa avversione
qualcosa di patologico cioè di alterazione
della perfetta saluto.
Focone : da fuoco, il pertugio per cui
si dava fuoco nelle veccMe armi e nel
cannone. Nel linguaggio marinaresco in-
dica quella specie di focolare che è nelle
barche e serve da cucina.
Foglia di carciofo : V. Politica della, etc.
Foglianti : fr. feuillants, nome storico
dei componenti un circolo politico di opi-
nioni temperate al tempo della grande ri-
voluzione francese, così detti perchè te-
nevano le loro adunanze in una abbazia
di monaci cistercensi, riformati, di tale
nome. Notre-Dame de Feuillans, abbazia
presso Tolosa, nel 1575 casa madre dei
Cistercensi; in latino Beata Maria fu-
liensis, fulium dieta a nemore cogno-
■mine, Littré.
Foglio di via: così è detto un docu-
mento col quale V Autorità di Publica
Sicurezza sorveglia ed indirizza per mo-
tivi d' ordine publico un individuo ad
un' altra Autorità, obbligandolo a deter-
minato itinerario. V è anche il foglio di
ma di favore per chi deve rimpatriare.
Fognare : usano i grammatici, come piii
prezioso vocabolo, questo verbo fognare
invece di elidere, intendendo delle lettere
che si tralasciano talora nelle parole. La
notarono come non buona parola, il Tom-
maseo e « puzzolente » il Fanfani. E re-
gistrata tuttavia dalla Nuova Crusca e
ne' vecchi dizionari. Fognare indica far
fogne, derivare acqua. Fognare dicesi
delle misure che il venditore dà piene in
apparenza, ma con molto vuoto nelF in-
terno. Es. « Quale il quartuccio le bru-
ciate fogna » (Malmantile). Per simili-
tudine così si disse delle lettere, ma non
è certo bella voce.
Fohn : nome di vento speciale ed acci-
dentale delle Alpi (Svizzera), spira da Sud
a Nord ed è vento molesto, arido e caldo
insieme: scioglie le nevi ed aumenta anor-
malmente la temperatura. Specie di sci-
rocco.
Foie d'oie gras : fegato d' oca grassa.
peculiarità della cucina francese che noi
francesemente denominiamo, e consiste
nel fegato tumefatto delle povere oche,
artificialmente ingrassate. Se ne fanno
manicaretti e pasticci: Paté de foies gras.
Foiòlo : in milanese foioeu, in italiano
centopelle, cioè il terzo scompartimento
dello stomaco dei ruminanti. « La trippa
delle bestie vaccine che si dà a' gatti ■» ,
così il Petrocchi, toscano, alla parola cen-
topelle, e notisi che in Toscana la trippa
uguaglia in onore i fagiuoli: ma come
appare dalla citata definizione, si vede
che sino al centopelle colà non si arriva,
ma dassi a' gatti e cani. I milanesi in-
vece ne sono ghiottissimi, e ne fanno
umidi eccellenti, onorati senza distinzioni
sociali, al pari della classica busecca.
Folàtre: in fr. è diminutivo di fol,
quindi pazzerello, sventato, stordito : ma
folàtre sembra a un certo ceto di gente
termine più elegante, più gentile; sembra
quasi racchiudere nello sfumato suono una
specie di benevolo compatimento per la
graziosa spensieratezza giovanile e signo-
rile.
Folk-lore : parola inglese che signifi-
ca erudizione, studio del popolo. Con
tale voce si indica quel ramo della let-
teratura che tratta della peculiarità di un
dato popolo: tradizioni, proverbi, leggende,
poesia, usi, linguaggio, costumi, etc. o
più sinteticamente, l'inventario e il con-
fronto di quanto sopra vive nel tempo
moderno dei costumi e dell' anima del
tempo passato. La parola è anche in fran-
cese folkore, voce dunque universale.
Essa fu coniata da W. I. Thoms (1846)
da folk e lore.
Follaiuòlo : vocabolo effìmero, creato a
Milano, poiché un giornalista, P. Valera,
publicò un opuscoletto rosso settimanale,
intitolato La Folla, il quale nel nome
dice la cosa. (1900).
Follia (alla) : per pazzamente, appas-
sionatamente , ferventemente , perduta-
mente, senza misura, dicesi spesso, ed è
versione del modo iperbolico francese à
Fol
189
Fon
la folle, specie in unione col verbo amare.
Boccaccio, Nov. II, g. VI : « Senza mi-
sura della reina s' innamorò * . Volendo
conservare materialmente la locuzione, più
corrotto sarebbe : sino alla follia.
Follia morale: V. Pazzia inorale.
Polpo : così, mercè contrazione e cor-
ruzione popolare, a Venezia e su le rive
occidentali dell' Adriatico , chiamansi i
polipi, specie di pesci (celenterati atti-
nozoi ) dal corpo a sacco e con tentacoli ;
che. cotti, acquistavano un color rosso
perso : cibo popolare, rozzo e saporito.
Foncé : part. del verbo francese foncer,
dal latino fimdus = fondo : è usatissimo
come aggettivo de' colori, in luogo delle
voci nostre, scuro , cupo.
Fondamenta: fem. pL, nome dato da
antico, 0 tuttora rimasto a quelle vie di
Venezia che corrono lungo un canale.
Fondant : così sono chiamati alla fran-
cese certi notissimi dolci assai fini, di
composizione simile ai confetti, se non
che le sostanze che li compongono sono
molli e la loro proprietà consisto nello
sciogliersi da se, fondendosi (da ciò il
nome) al calore della bocca.
Fondeur: fonditore, ma nelle officine
è spesso dell'uso la voce francese.
Fondiaria: V. Fondo.
Fondi di capanne: nel linguaggio degli
archeologi così si chiamano certe cavità
nel terreno, sparse di carboni spenti, selci
lavorate, ossami ed altri avanzi di anti-
chissima umana industria: vennero rico-
nosciuti come fondi o pavimenti di rozze
capanne edificate dall' uomo nelle anti-
chissime età. Così li nominò G. Chierici
di Reggio Emilia; e i francesi facendo
nelle loro terre la stessa scoperta usarono
la, stessa frase: fond de eahane.
Fondi segreti: le sommo stanziate nei
bilanci dolio Stato per quei servizi che
non debbono nò possono essere di publica
ragione; che, se così fosse, sarebbero nulli.
La voce acquistò cattivo senso per il mal
uso che ne fecero i ministri (compera di
<;oscienze, di stampa, elezioni, sussidi agli
amici, etc). V. Fondo dei rettili.
Fondo : più spesso al plurale per va-
lori, assegnaìnento, stanxiamento , etc,
è vocabolo ripi-oso dai puristi perchè tale
significato derivò dalla lingua fi-ancese.
Lo stesso dicasi della locuzione Fo?idi
publioi (fr. fonds publics) per indicare
tutti i valori dello Stato e specialmente
i titoli che rappresentano il capitale del
debito publico. Da fonds lat. fundus =:
podere, fondo, i francesi hanno formato
l'aggettivo fonder che noi traducemmo
in fondiario, onde i nuovi modi: Pro-
prietà fondiaria. Tassa fondiaria, La
Fondiaria, etc. che più italianamente si
direbbe Proprietà territoriale. Tassa pre-
diale come tuttora nobilmente dice il po-
polo in jnolte parti d'Italia.
Fondo: « (fr. à fond), usasi per con im-
peto , vivamente , gagliardamente , pro-
fondamente, addentro, appieno, perfetta-
mente, appuntino. Talora meglio sosti-
tuire un aggettivo, onde per carica a
fondo (charge à fond) diremo carica im-
petuosa, viva, gagliarda; per guerra a
fondo (guerre à fond), guerra accanita,
sanguinosa, guerra fino allo sterminio.
Volendo attenersi materialmente alla lo-
cuzione, meglio : sino al fondo » . Così il
sig. AUan, op. cit. Ma oramai il modo è
entrato nel torrente della lingua viva.
Fondo dei rettili: locuzione creata da
Bismarck in un suo discorso e usata nel
gergo politico e giornalistico per indicare
i fondi segreti nel loro peggior senso. Cfr.
del resto la voce del gergo francese, lìep-
tile: journaliste, payè sur les fonds du
gouvernement {prussien). Il lance son
venin comme la vipere.
Fondo perduto : dar danaro per una pu-
blica impresa a fondo perduto oppure
acquistare o sottoscrivere azioni a fondo
perduto, significa dare, acquistare o sot-
toscrivere senza pretesa di ricupero del
capitale sborsato, o, a dir meglio, senza
pretendere che chi ha ricevuto il danaro
si obblighi alla restituzione del capitale.
Fondùa: specie di frittata piemontese,
fatta con speciale formaggio dolce e tar-
tufi. La parola fondita ò trascrizione let-
terale del francese fondile (rad. fondre-
latino fundere) - entremets au fromage et
aux oeiifs brouillés.
Fonografo : dal greco fonos == suono e
grafo - : scirivo, che scrive il suono, nomt^
dato dal geniale elettricista amorioano
Fon
190
Foo
Edison ad un suo istrumento che riceve
l'impronta di una serie di suoni musicali
0 di voci 0 rumori, e può riprodurli. Il
fonografo ha creato una nuova industria
per cantanti e fabbricatori e forma la de-
lizia del publico, che molto si diletta
nel sentire riprodotte meccanicamente arie
e motivi noti, per nulla offeso da quel
non so che di nasale che è anche nei mi-
gliori apparecchi.
Fontina: (Piemonte, Novalesa) qualità
di formaggio dolce, in grandi forme.
Foot-ball: noi adoperiamo comunemente
questa denominazione inglese per indicare
un antichissimo giuoco italiano che si
chiamava Giuoco del Calcio. Pietro di
Lorenzo Bini nel 1687 publicò in Firenze
un trattato dal titolo. Memorie del Calcio
fiorentino. Era giuoco usatissimo e no-
bilissimo. Ho inoltre trovato nell'Ambro-
siana un Codice, C. 35 Sup. del sec. XV,
cosi intitolato : « Qui comincia la palla al
calcio di Giovanni Frescobaldi, e i primi
versi sono:
Volendo seguitare il mio disegno
quasi ismarrito avea la fantasia
e la memoria e T intelletto e lo ingegno.
Durante la Signoria de' Medici furono
giocati dei Calci riccamente preparati,
ed è fra tutti rimasto celebre quello del
19 Aprile 1584 allorché venne in Firenze
il Principe Gonzaga di Mantova con la
sua consorte Donna Eleonora di Toscana.
Fra i più illustri calcianti si ricordano:
Lorenzo duca d'Urbino, Alessandro duca
di Firenze, Cosimo I granduca di Toscana,
Lorenzo e Francesco figli del granduca
Ferdinando I, Enrico principe di Condè,
Giulio de' Medici, che fu poi Clemente XII,
Alessandro de' Medici, che fu Leone XI,
e Maffeo Barberini, che fu Urbano YIII.
Come questo giuoco italiano — di cui gli
entusiasti ammiratori potrebbero cercare
le origini più remote sino in Omero ove
si rappresenta la reginella Nausicae che
giuoca alla palla presso la riva del mare
— sia venuto obliandosi presso di noi,
dall'America sia passato in Inghilterra,
di qui in Europa, dove col Tennis (Palla-
corda) gareggia di popolarità, non è qui
il caso di ricordare. Qui ricorderemo sol-
tanto come nella patria del Calcio e della
Pallacorda si giochino ambedue i detti
giuochi con denominazioni inglesi ed i
maestri insegnino in inglese, e i vecchi
nomi italiani siano obliati. Dicono gli in-
tenditori che il nuovo foot-ball non cor-
risponde all'antico e perciò i nuovi nomi
hanno giusta ragione di essere. Distin-
guono il omgly e V association, due modi
di giocare ai calcio, questo più costu-
mato e civile, l'altro fiero e violento nella
gara di vietare l'accesso al pallone. Mi-
surasi il campo a yards., i giocatori si
chiamano foot-ballers., la prima fila dicesi
dei forivards^ goal la porta per cui gli
uni sforzansi di far passare la palla, gli
altri di respingerla. Le pene sono dette
penality., il guardiano della porta è detto
gool-keeper^ il giudice del campo referer,
il calcio è pronunciato kicJc, gli alfieri
sono detti forwards., bar l'asta trasver-
sale della porta, full-baeks i difensori
della porta o terzini e così via. Pensando
che questi giuochi geniali di gagliardia
sono giocati da giovani e i giovani sono
per la più parte scolari, non sarebbe con-
sigliabile che ad evitare cotesto abuso di
voci straniere intervenisse l' autorevole
voce di un ministro della P. I V Ma
via, non diciamo ingenuità fuor di luogo
e notiamo senz' altra chiosa il fatto. I
Francesi oltre che con la voce inglese, lo
denominano con voce propria, ballon au
pied. Per chi ama le povere contraddi-
zioni umane, ecco un bel saggio : un gior-
nale, dalla immensa diffusione, stampa:
« Scesero prima in campo le prime squa-
dre del Milan Club e del Genoa Club,
ottenendo punti pari. Scendono quindi in
campo le due seconde squadre, e vincono
i milanesi con tre goals contro uno. Que-
sto giuoco va facendosi sempre più dif-
fuso a Milano, così da diventar persino
popolare, malgrado si voglia mantenere
un nome barbaramente esotico, ad onta
della sua origine prettamente e schietta-
mente italiana ». NB. Pochi giornali su-
perano questo per copia di voci straniere.
Foot-baller: giocatore al Calcio. V.
Foot-ball.
Foot-fault: fallo di piede., cosi si dice
nel giuoco della Pallacorda (V. Tennis)
quando il battitore non sta con i piedi
For
191 —
For
nella posiziono rogolamontaro : ossia con la
punta del piede sinistro su la riga di base.
Forcaiuolo : da forca : voce probabil-
mente di breve vita, divenuta popolare
dopo i moti nelle città italiane del 1898.
Questa terribile parola vorrebbe indicare
al pubblico disprezzo coloro fra gli ita-
liani che si suppongono avere fede solo
nella sentenza ricorrente nel Congresso
dei Birri di G. Giusti:
Questa è la massima spedita e vera,
galera e boia, boia e galera,
cioè che reputano la forca il più efficace
istrumento di governare i popoli. Mera e
innocua calunnia ! Nel fatto forcaiuolo vuol
indicare il monarchico borghese conser-
vatore, che viene rimorchiato dal partito
progressista, che senza molto contribuirvi
per iniziativa individuale, vagheggerebbe
in astratto un governo forte, risoluto che
non si lasciasse dominare dalla folla e
dalla piazza. Forcaiuoli sono altresì co-
loro che non si sentono tratti ad amoreg-
giare con le teorie socialiste ne subiscono
le affascinanti seduzioni della popolarità
ottenuta con l'accarezzare le moltitudini.
Le persone fatte bersaglio a così fiera pa-
rola, la hanno accolta con sufficiente di-
sinvoltura: oggi ha perduto molto del-
l'antica virulenza. La lepida parola ha
partorito anche le altre : ultra-foreaiuolo^
forcaiolissimo^ forcaiolismo ^ etc. Crea-
tore della parola fu il giornalista Bertelli
(Vamba) : fu onorata da M. E. Imbriani,
apostrofando in Parlamento gli avversari
di parte moderata. (V. Avventure di un
forcaiuolo di Luca Beltrami).
Forche Caudine: storicamente sono le
famose strette di Arpaia a settentrione di
Nola, dove i Romani (321 a. C.) vinti dai
Sanniti, furono fatti passare sotto il giogo:
dicesi per trasluto di strettoia morale,
luogo arduo per cui si è costretti passare.
Forchetta: la frase : colazione alla for-
chetta e talora à la fourchette^ è tolta
dal francese ed oramai è comune e da assai
tcìmpo. Palliare in punta di forchetta, V.
Parlare, etc.
Fòrcipe: (lat. forceps -—: tenaglia) nomo
dato ad istrumoiiti ostetrici in forma di cuc-
chiai foggiati di tenaglia, destinati a prende-
re il foto ed estrarlo nei parti lenti o difficili.
Foreign Office: così è chiamato in In-
ghilterra quel dicastero che noi diciamo
degli Esteri. Nel giornalismo nostro si
trascrive di solito la parola inglese quale è.
Foresto : voce dialettale veneta per fo-
restiero.
For ever ! è locuzione inglese, registrata
anche in francese e penetrata anche fra
noi: Per sempre/ eternamente/ La Sua
forza sta noli' essere, specie nelle lotte
politiche, motto di fedeltà e devozione per
un dato personaggio, al cui nome il motto
si accompagna.
Forfait (a): nel linguaggio commercialo
è voce comunissima : vendere e compe-
rare a forfait, trattare a /br/a^7. (Gottiìno
non è forfait; questo è aleatorio, quello no).
In italiano si dice a rischio e pericolo.
Vero è che nell'uso prevale il modo fran-
cese. L' etimologia che ne dà il Littré è
fort-fait = qui a été fait fort de.... s'en-
gager a.... Altra spiegazione etimologica
che trovo nello Scheler è forfait --- à prix
fait : questo for = prix è il forum =: mer-
cato, che nel medio evo significava pre-
tium, rerum venaliu'm.
Forfeit: pena, ammenda: così con voce
inglese chiamasi nel linguaggio delle corse,
la penalità pei cavalli inscritti e poi ri-
tiratisi dalla corsa. Questa parola forfeit
ha altra etimologia che forfait, francese,
= eottimo ; bensì risponde all' altra pa-
rola francese, uguale di suono ma diversa
di senso, forfait, che vuol dire delitto,
dal basso latino forisfaetum, fatto fuor
della legge, nell'antica lingua nostra for-
fatto = misfatto.
Forge, forger e forgeur : i due primi
vocaboli tradotti in forgia e forgiare per
fucina e fucinare ed usatissimi nel lin-
guaggio de' meccanici. Fucina è la pa-
rola buona e deriva da focus (non da of-
ficina in latino officicina --^ opifìcino) od
è il luogo dove si fondono e splasmano
i metalli.
0 s'egli stanchi gli altri a muta a muta
in Mongibello alia fueina iiogva
gridando: Buon Vulcano, aiuta, aiutai
1).<NTB, /«/., XIV.
Forgia e forgiare: V. Forge.
Forgone: dal kanoQHO fourgon —. espì'ce
de ciiarrvtle courerte à quatre rottes. doni
For
192
Fon
on se seri dans les arniées: uno dunque
dei' tanti termini militari francesi, passati
nella lingua italiana al tempo de' Fran-
cesi. Oggi significa qualunque carro chiuso
per trasporto di mercanzie: diminutivo
forgoncino. Brutto neologismo, ancorché
necessario e dell'uso.
Formalizzarsi : « meravigliarsi di cose
che ci appaiono ])0C0 belle », così il Pe-
trocchi, e proviene dal francese se for-
TYialiser -= s'offenser d'une action^ d'un
propos mal interponete; trouver à redire ;
se piquer. Del resto non è solo il Petroc-
chi a registrare tale verbo ; il quale benché
usato, non é né del linguaggio del po-
polo né della lingua letteraria. Scanda-
lixxarsi è il verbo nostro buono in tale
senso benché altri potebbe osservare che
formalizzarsi indica la cosa stessa ma
in minor grado.
Formicolio: {à.^^. formica) senso transi-
torio e particolare di torpore che si prova
talvolta in alcun arto, specie dopo di es-
sere stati a lungo fermi, simile al pas-
saggio di una schiera di formiche sui te-
gumenti.
Forno : nel gergo teatrale far forno si-
gnifica rappresentare a teatro vuoto.
Forsan et haeo olim meminisse juvabit:
forse un tempo gioverà ricordare queste
cose! Vorg., Eneide^ I, 2 o 3. Emistichio
glorioso perché pronunciato da Eleonora
Pimentel, eroina e martire della Kepu-
blica partenopea.
Fortes fortuna adiuvat : la fortuna
aiuta i forti^ Terenzio, Phormio^ atto I,
4, 20 ; proverbio anche allora antico, come
attesta Cicerone nelle TuscuLane^ II, 4, 11,
e di cui più nota è la variante Audaces
fortuna iwvat, che leggesi in Vergilio,
(Aen.^ X, 284) mutato però V audaces in
audentes, a cui il popolo aggiunse timido-
sque repellit, e respinge i pusilli.
Fortiter in re, suaviter in modo: ener-
gicamente nella sostanza^ soavemente nei
modi^ motto della Compagnia di Gesù,
che ha sua origine nelle parole del ge-
nerale dell'ordine, Claudio Acquaviva, il
quale nell'opera Industriae ad curandos
animae morbos^ Yenezia, 1606, dice :
fortes in fine assequendo et suaves hi
modo assequendi simus. Cfr. Bibbia, Il
libro della Sapienza^ Vili, 1 :
ergo a fine usque ad finem fortiter et
disponit omnia suaviter. Fortiter et sua-
viter è altresì motto gentilizio.
Fortunale: fortuna o tempesta di mare.
Il Petrocchi pone a torto questa voce viva
nella lingua fuori d'uso.
Forza irresistibile: V. Impulsivo.
Forza maggiore: ogni forza alla quale
non si può resistere né in diritto né in
fatto, tale cioè che l'umana industria non
può prevenirla né rimuoverla. Provenga
dalla natura o dall'uomo, essa vieta ogni
ricorso pei danni subiti, fr. force majeure.
Foschìa: term. mar. astratto di fosco:
atmosfera caliginosa, caligo come dice
una cara voce veneta.
Fosforo : familiarmente per cervello^
forza di cervello. Es. Aver del fosforo.,
consumare del fosforo.
Fotofobìa: neol. del linguaggio medico :
gr. /bs-=:luce e /c6osi=paura, avversione
alla luce. È un sintomo proprio di varie
affezioni nervose e sopratutto delle infiam-
mazioni dell'occhio.
Fototerapìa: dal gr. fos = luce e the-
rapèia = cura (fr. photothérapie) : voce
medica che indica uno speciale sistema di
cura mercé l'azione dei raggi luminosi.
Fotte re : V. Appendice.
Fotta: nei dialetti dell'Italia centrale è
parola volgare e plebea, usata in questi
vari sensi: fallo, sbaglio., es. «fare una
fotta » : fanfaluca., favola^ es. « queste
S0710 fotte » : stizza., rabbia, es. « aver
le fotte » .
Fouet: frusta; eppure molti usano la
voce francese o ne fanno un fuetto o fuetta.
Piemontese, foet.
Foulard: nome francese dato ad un tes-
suto leggerissimo di seta o di seta e co-
tone, originario dalle Indie. Se .ne fanno
fazzoletti, cravatte, abiti. Da noi questa
parola é comunemente usata per indicare
eziandio il fazzoletto di seta per il su-
dore; da fouler., schiacciare.
Four in band {stage) : Ietterai, in inglese:
quattro in mano; vettura a foggia di
berlina tratta da quattro cavalli accop-
piati e le cui briglie sono tenute da un
sol guidatore. Tale anglicismo è registrato
in francese solo nei diz. d'Argot.
Fox
— 193
Fra
Fox: ingl. ìwlpe. Usasi talora per si-
gnificare il nostro -volpino (canis-vulpis)^
nota, specie di piccolo cane, dal muso sot-
tile, le orecchie dritte, la coda bella e
pelosa, simile cioè alla volpo. Ma chi
parla elegantemente dice fox^ il popolo
volpino. Es. « I bei trabaccoli dell'Adria-
tico col loro volpino fedele che la la
guardia e annusa il vento del mare ! ».
Foyer: letteralmente il focolare e, come
termine architettonico, in francese indica
(luelhi sala, annessa ad un edificio ove si
conviene per riscaldarsi e con versare duran-
te l'inverno: dicesi specialmente de' teatri e
in tal senso noi l'adoperiamo, dove ci soc-
correrebbe la buona parola ridotto: chia-
mano inoltre a Milano foyer o carpette quei
gran tappeti che si pongono davanti ai
divani, mentre in francese foyer indica la
pietra del pavimento davanti al foco-
laro.
Frac : questa parola cui è lecito scrivere
con la più ampia libertà, procede a noi
dal francese frac. Il Littré la trae dal te-
desco moderno Frack, usato in Germania
dalla metà del secolo XVIII. Questo Frack.,
secondo i piìi, insieme alla cosa sarebbe
venuto dall'inglese frock. Quale del resto
no sia la vera origine, certo è che questo
abito caratteristico della borghesia è cosa
propria del secolo XIX: pareggia il gen-
tiluomo eJ il cameriere. In italiano è va-
l'iamente denominato: giubba lunga^ giubba
falda, marsina^ abito a coda di rondine^
si che fra tanta ricchezza la voce frac è
la più. usata. In Inghilterra, patria oramai
delle eleganze maschili, l'abito da ceri-
monia è detto evening coat. Anche in
Francia codesto frac è poco usato : dicesi
kabit noir.
Fracco: voce volgare (fràcch) dei dia-
li tti dell'Italia superiore e centrale, fatta
in tal modo italiana ed usata specie nella
locuzione, dare un fracco di botte. Da
fracà :: fraccarc, lat. frangere^ rompere.
Frailty, thy name is v/omain\: fragilità,
il tuo nome è tZo«?ia (Shakespeare, Amleto
1, 2).
Frambolse : lampone, voce francese en-
trata con metatesi nel dialetto lombardo,
fambros : specie di rovo [ruhus idaeus)^
spontaneo in montagna, coltivato noi giar-
A. Fanzini, Supplemento ai Dixionari italiani.
dini per i suoi noti frutti aciduli e pro-
fumati del color del rubino.
Frammassone o massone: parola oramai
conquistata dall'uso, ma avvertasi che è
la brutta versione fonetica di franc-maco^i
= libero muratore, così chiamati perchè
gli attrezzi dell'arte muraria sono i sim-
boli di questa Società segreta, diffusa e
potente in tutto il mondo. Io credo che
l'uso di frammassone sia provenuto per-
chè da esso si potè fare frammassoneria.
mentre da libero muratore bisognava far
la fatica di creare l'astratto, che non pree-
sisteva come già franc-tna^.onnerie. La
voce Libera Muratorìa è poco usata. La
massoneria moderna rappresentò il prin-
cipio liberale della coscienza e del go-
verno : si identificò spesso col principio
nazionale come fu per noi in Italia nel
periodo del Eisorgimento : si oppose alle
tirannie teocratiche e di casta : fu in altri
termini vitale e benefica quando valido
era il principio opposto. Oggi pur sussiste
prosperosissima, ma è deviata dal primo
principio e spesso si palesa come coali-
zione di interessi e di mutuo soccorso tra
i fratelli, cui stringe segreto e ^potente
vincolo.
Franca (lingua;: specie di dialetto for-
mato di provenzale, italiano, spagnuolo,
greco, arabo che parlasi su gli scali di
Levante, formatosi probabilmente al tempo
delle crociate e dei commerci con le città
marinare d'Italia.
Franchi: nome generico che i Turchi e
gli Orientali danno agli Europei ed agli
Occidentali, qualunque sia la loro nazio-
nalità. Questa denominazione data dal
tempo delle Crociate, manifestamente per
la preponderanza che quel popolo ebbe
nella nobile antica gesta. Anche il Tasso
chiama Franchi i Crociati.
Franc-tireur : libero cacciatore., vooo
francese tolta probabilmente dal tedesco
frei-schiitx. ; e dallo terre oltre Reno tolta
fu pure per i francesi anche l'istituzione,
cioè di milizie volontarie esercitato noi
bersaglio ma non compreso noi quadri mi-
litari e nella così dotta landwehr (milizia
territoriale). I Franchi Tiratori fui-ono in-
stituiti in Francia, nella terra dei Vosgi,
per difendere con guerra di imboscate o
Fra
— 194
Fro
di improvvise fazioni la Francia quando
questa fu invasa, cioè nel 1792 prima,
indi nel 1815 e infine nel 1870 contro i
Prussiani.
Frangente : term. mar. V. Bompente.
Franklin: nota specie di caminetto o
stufa alla Franklin (dal nome dell'inven-
tore, il celebre Beniamino Franklin di
Boston, 1706-1790) costruita con larghi
tambelloni di cotto in maniera che il fumo
ridiscenda e scaldi prima di sfuggire per
il cammino. Per ohi ama vedere la fiamma
questa foggia di stufe a legna è ancora
delle più igieniche e semplici. Seri vosi
anche franclin^ franelino e si pronuncia
anche francolino ; tutto con quella libertà
quam petimus damusque vicissim^ in
Italia.
Frappa: per lembo ^ frastaglio^ non è
voce morta, come nota il Petrocchi, ma
viva nei dialetti. Per l'etim. V. Frappé.
Frappé: participio del verbo frapper
colpire, ed è sovente detto delle bevande
come Champagne frappé.^ quasi colpito
dal gelo. Per l'etim. di frapper., cfr. le
parole nostre frappare e frappa., viva
tuttora nel dialetto per frangia., lembo
di stoffa: pare dal basso tedesco flappen.,
ingl. flap, battere (tagliare) : noi potrem-
mo dire Ì7i gelo.
Frapper l'imagination: anche questa
frase francese non è infrequente: noi pos-
siamo dire: «impressiona, colpisce, ferisce
la fantasia, etc. ». Ma il nodo della que-
stione è sempre questo: la frase ha la
sua forza in quel suo immutabile suggello
formale ripetuto sempre.
Fratasso e fratassare: voci lombarde
dell'arte muraria {fratàx-^ efrata%%à) spia-
nare la malta gettata, con lo spianatoio.
Frase fatta: così si chiamano, talora
con lieve senso di spregio, alcune locu-
zioni, di carattere sentenzioso per la più
parte, le quali si ripetono e si sono ripe-
tute tante volte che più all'orecchio ed
all'animo non inducono commozione e per-
suasione. Dicesi,- anche obbiettando, frase
fatta quando ad arte si vuol togliere forza
alle espressioni del discorso di alcuno.
Fratelli Siamesi: così fu denominato
quel mostro umano (xifopagio) formato da
due individui distinti, ma uniti insieme
da saldature ossee e membranacee. I fi-a-
telli Siamesi morirono nel 1874. Radica
e Dedica nate nel 1889, sorelle indiane,
operate, cioè divise in Parigi nel 1902,
formarono un altro di sì fatti celebri mo-
stri. J)ÌQ,QBÌ fratelli Siamesi facetamente
per indicare due persone fra di loro stret-
tamente congiunte.
Fraternizzare: neologismo tolto dal
francese fraterniser. In italiano affratel-
larsi.
Fràulein : voce tedesca la quale, come
m^■ss inglese, vuol ^ìy signorina. Così chia-
masi di solito l'istitutrice delle nobili o ric-
che giovinette se ella è di origine tedesca.
Freatiche: appellativo che i tecnici danno
alle acque che naturalmente sgorgano dal
sottosuolo. La parola deriva dal greco
frear, che significa pozzo.
Freccia del Parto: i Parti, popolo di
origine Scita, dimorante a mezzodì del
mar Caspio, erano famosi arcieri e cava-
lieri ; e una loro tattica nella guerra con-
sisteva nel fuggire davanti al nemico per
indi assalirlo con gran numero di frecce,
onde la locuzione che suona come colpo
ultimo, dato a tradimento.
Fregare : nel senso di accoccarla, farla
ad uno., il Petrocchi registra questa voce
fra le antiche e disusate. Vero è che è
voce vivissima, se non che dialettale. Es.
« Se la morte non ci frega ! Tu credi di
fregarmi., ma ti frego io! » La forma ri-
flessiva fregarsene poi è comunissima,
specie nei dialetti meridionali per signi-
ficare ciò che i francesi esprimono col verbo
se ficher: voce intraducibile, a cui non
va disgiunto talora dispetto, villania e
disdegno.
Fregna: V. Appendice.
Freisa: vinodel Piemonte (Torino, Chieri,
Moncalieri) alquanto ruvido e ricco di
tannino ; di lenta maturazione. Ben pre-
parato e fermentato senza graspi, è più
fine, e poiché invecchiando migliora, cosi
giunge all'onore della bottiglia come il
Barolo, al quale allora per delicatezza e
profumo assomiglia.
Frei-schiitz: V. Franc-tireur.
Frenastenico: neol. scientifico, derivato
dal greco ; significa senza forza di me?i(e^
cioè gli idioti, i cretini, etc.
Fre
195
Fro
Frenello: torni, mar. dim. di freno (cfr.
frènulo nel linguaggio anatomico) indica
quell'apparecchio a paranchi di cavo o di
catone por manovrare il timone.
Freniatria: voce medica, (dal greco fren
= mente, spirito, e iatreia := cura, me-
dicina) che indica la cura delle malattie
montali.
Frenocomio: ospedale per le malattie
montali (dal greco frenzrz mente ekomeion
= ospedale), termine dai medici preferito
come più proprio che manicomio.
Frenòsi : gr. /ren := mente; e il suffisso
osi, indicante affezione cronica : sinonimo
di psicosi. Vocabolo proposto dal Verga per
indicare le diverse forme di pazzia croniche.
Frènulo: lett. piccolo freno, latinismo
adoperato in anatomia per indicare una
piega membranosa che serve come di freno:
frenulo della lingua, dello labbra etc, co-
munemente filetto.
Frequentazione: in francese c'è fréquen-
tation, dal latino frequentano \ i dizionari
italiani finora hanno soltanto frequenza e
non frequentazione, voce abusiva d'in-
flusso francese.
Fresa: voce ueata dai meccanici. Indica
una macchina la eguale mette in azione
più scalpelli ed è di forma circolare : que-
sta macchina, rotando, agisce o come pialla
o come tornio. Fresa, è propriamente lo
scalpello che si adatta alla ruota, fresa-
trice, la intera macchina, fresare e fo'e-
satura l'atto di tale operazione. È uten-
sile principe nella lavorazione di macchino
e strumenti meccanici. La voce è brutta
sì che spiace, chi il direbbe? ai meccanici
stessi. Fresa deriva dal francese fraiser =
percer du metal ou du bois à l'aide de
l'instrument appelé fraide. Fraiser, dal
lat. fresus (frendere \ rompere).
Frescante: dotto di pittore che dipinge
a fresco.
Freschi o fresco: chiamasi da' Vene-
ziani l'unione di molto gondole, battelli
e barchette elegantemente addobbato, che
concorrono poi Canal Grande e vanno avanti
indietro come le carrozze in un corso; ed ò
una specie di spettacolo che si fa in onoro
di principi o in occasiono di qualche festa.
Fresco: in marina si chiama il vento
ben toso, in;i non ancor forte, ondo i verbi
affrescare e rinfrescare quando il vento
comincia a soffiare con maggior forza.
Fricandeau : pezzo di vitello lardellato
e disossato. Deriva da fricasser che vuol
dire friggere in padella {casse, antica voce
francese uguale a poèle, padella).
Frignare : il piangere uggioso del bam-
bino.
Frinire: il cantare della cicala: verbo
rogisti'ato dal Gherardini, op. cit.; il Pe-
trocchi lo pone a torto fra le voci fuori
dell'uso.
Frlsch, fromm, frohiich, frei: fresco,
pio, ilare, libero; i famosi quattro effe;
motto della « scuola patriotta de' tede-
schissimi », nella prima metà del secolo
XIX, contro cui A.. Heine satireggiò spe-
cialmente con l'orso immortale ^q\V Atta
Troll. Oggi è rimasto motto di società
ginnastiche germaniche.
Frisè : fr. arricciato. V. Frisore.
Frisore : dal francese friseur, parruc-
chiere, barbiere. « Ma è voce che oggi,
almeno in Toscana, si vergognano di ado-
perarla gli stessi parrucchieri ». Così il
Rigutini. Vero è che la vergogna fu tanta
che vi hanno sostituito, nelle scritte dei
negozi, l'altra parola francese coiffeur; la
quale di per se porge o sembra porgere
idea di più eleganza e finezza che non la
voce nostra. Solito caso! Usata pure èia
voce fr. frisé, part. del verbo friser, per
arricciato, dotto della barba e dei capelli.
Fritz : diminutivo del nome tedesco
Friedrich (ricco di pace) Federigo e oggi
Federico.
Frobeliano : aggiunto di metodo, scuol;:,
giardino, da Federico Frobel (1782-1852)
di Oberweissbach il quale ideò cotesto me-
todo pedagogico che consisto noli' istruirò
i bambini dilettandoli con giuochi con-
formi all'età.
Froldo: voce dell'idraulica padana: la
tratta di argino costantomonto lambita od
erosa dalla corr(>nte.
Frondeur: dal fr. fronde, anticamente
fonde, dal latino funda : la fionda, isti'u-
mento od arma ])or isoagliar sassi e non
ignoto ai moderni, specie agli scolaretti
ed agli uccelli dei giardini publici. Ma
non si tratta di ciò. Fronde è il uomo
del partito che insorse in Francia contro
Fro
— 196 —
Fui
Mazzarino al tempo della minorità di
Luigi XIV (1648-1652). L' origine della
parola si vuole sia stata questa : v'era in
Parigi il mal vezzo che i ragazzi avevano
di battersi con la fionda in Parigi, sui
bastioni e pei fossati; ora discutendo in
Parlamento, avvenne che un consigliere
dicesse che egli fronderaii a sua volta
l'opinione dell'avversario che era favore-
vole alla Corte, cioè a Mazzarino, allu-
dendo così al detto giuoco della fionda. La
voce piacque : frondeurs furon poi detti
quelli che erano contro la Corte e fronde
il partito. La voce è viva tuttavia in
francese e serve ad indicare l'abitudine
alla critica ed alla censura, l'opposizione
sistematica, specie in cose di politica e
di amministrazione, che sì vale dell'ingi-
gantire gli errori necessari e naturali degli
avversari, dello scherno, della superiorità
scettica e saputa. La voce è usata anche
presso dì noi, e 1' ho intesa tradotta nel
linguaggio familiare in frondista.
Frondista: Y. Frondeur.
Frontindietro: noto comando militare
che ordina il volgersi rapido, risoluto,
concorde di un drappello o compagnia di
soldati. Dicesi per celia e beffa, e nel
linguaggio molto familiare, per indicare
r azione di chi recede dal primo proposito
per alcuna prudente cagione.
Frontista : il proprietario di case o di
terreni di fronte a strade, fiumi, passaggi.
Frotteur : celui qui frotte les parquets ;
lustratore.
Fruges consumerò nati : nati a consu-
mare le biade., detto stupendamente degli
uomini che passano la vita senza valore.
(Orazio, Epistole^ I, 2, 27).
Frusta letteraria : giornale di fiera cri-
tica letteraria, edito da G. Baretti, sotto
il pseudonimo di Aristarco Scannabue, a
Venezia prima indi nel 1765 ad Ancona
con la falsa data di Trento. Il titolo fe-
lice ha acquistato un certo valore antono-
mastico ed estensivo, e perciò qui è notato.
Frutticultura: quella parte della scienza
agricola che tratta razionalmente della
coltivazione dei frutti.
Fruttidoro: fr. fructidor, il 12^ mese
nel calendario della Eepublica Francese ,
dal 18 agosto al 16 di settembre: il mese
che porge i frutti. Certo un senso di este-
tica naturale presiedette alla formazione
di questi nuovi nomi dei mesi : oggi me-
moria storica.
Ftiriasì : lat. phthiriasis, da qy^eÌQ =
pidocchio, sin. Malattia pedieulare., da
pediculus ^z pidocchio. Con questo nome
si designa quello stato morboso determi-
nato da un gran numero di pidocchi su la
superficie cutanea delle bestie, (non escluso
l'uomo).
Fuchsia: (dedicata al botanico bavarese
Leon. Fuchs) è un genere di piante che
conta parecchie specie, ciascuna con nu-
merose varietà, quasi tutte coi fiori pen-
denti e bellissimi, piccoli o grandi, sem-
plici 0 doppii, frequentemente a due co-
lori, per es. il calice rosso e la corolla
violetto scuro, oppure il calice rosso e la
corolla bianca. | Le Fuchsie non sono erbe
ma frutici che si coltivano dittusamente
in vasi su le finestre. I loro fiori si chia-
mavano in Istria, e ancora talvolta si chia-
mano dalle donne e dai ragazzi, lacrime
d'Italia^ alludendosi alla schiavitìi delle
terre italiane. Le fuchsie sono piante però
originarie in buona parte del Chili e del
Messico ed appartengono alle famiglie delle
Onagrariacee.
Fuero: (dal latino forum = tribunale)
voce spagnuola che significa legge., sta-
tuto., privilegio di una città o di una re-
gione. Voce storica.
Fugato : agg. da fuga., termine musi-
cale che significa uq componimento a due,
a tre, a quattro ed anche a un numero
maggiore di voci, nel quale V una voce
insegue l'altra ripetendo ciò che fu pre-
cedentemente cantato. Una delle poche
voci italiane del linguaggio musicale che
mi sorprende veder resistere e vivere nei
dizionari stranieri.
Fugit irreparabile tempus : (Verg.,
Georg., IH, 284): fugge l'irreparabile
tempo: la forma intera è: fugit interea,
fugit irreparabile tempus.
Fu il vincer sempre mai laudabil cosa,
Vincasi per fortuna o per ingegno: versi
popolari dell' Ariosto, Orlando Furioso,
e. XV, cui forse non è aliena una sfu-
matura di quell'umorismo che del grande
poeta era proprio.
— 197 —
Fui-
Fuimus Troes: così dice il sacerdote
P*anto, ove Enea narra della ruina di
Troia [Aen.^ II, 325); fummo Troiani^
ora cioè non lo siamo più, non abbiamo
patria, nulla più siamo ! Eipetesi il motto
dolorosamente riferendosi ad uno stato di
cose che più non è ne potrà essere.
Fujo : voce della lingua nostra fuori
d'uso e vale ladro^ lat. /wr, cfr. furto^
furare; e fuja nel senso di meretrice:
Messo di Dio, aiiciderà la fuja
e quel gigante che con lei delinque.
D.*NTE, Purg., XXXin, 44, 45.
Fujo vale anche nella lingua nostra
antica per aureo^ latino furvus. NB. Si
registra questa parola perchè non la trovo
registrata ove dovrebbe essere, cioè nella
Nuova Crusca.
Fumetto : nome dato in Toscana ad un
liquore consimile al mistrà.
Fumista: termine volgare del dialetto
milanese che significa il fabbricatore e
l'operaio di stufe, camini e simili. Dal
francese fumiste.
Fumiste: voce del gergo francese che
significa trompeur^ mystifècateur: mot a
mot: homme qui fait fumer les gens^
e secondo altri : homme doni les aetes
ne soni que de vaines fumées. Dunque
in italiano ciurmadore^ bindolo.^ imbro-
glione : in verità i termini sono tanti che
credo ogni regione italiana abbia il suo
speciale vocabolo. Eppui-e fumiste occorre
non raro, specie nel linguaggio dei gior-
nali. Voce, del resto, effimera come tante
altre parole del gergo francese di cui si
compiace talora o di cui per ignoranza e
fretta subisce l' influsso il giornalismo ita-
liano. Singolare tuttavia è la forza di espan-
sione e di diffusione che hanno queste pa-
role àoììV Argot.
Fumoir : in francese indica lo stanzino
0 la sala dove è permesso fumare e v' è
l'occorrente. Non vi corrisponde voce ita-
liana, perchè da noi più semplice il co-
stumo e certo complicate i-affinatezzo del
vivere — su cui il giudizio dell'uomo
savio non può essere incerto — ci vennero
da altri ])aosi.
Funambolismo: astratto di funambolo.
V. pel senso Acrobatismo.
Funzionamento: neol. per l'atto del.
fungere, la funxdoni., dal fr. fonction-
nement.
Funzionare: neologismo oggi prevalente
nella lingua dell'uso in luogo di altri verbi
come fare, agire, esercitare., lavorare:
uomini e macchine parimente funzionano.
Manifestamente la parola si formò non
per forza estensiva della voce funzione.,
da fungere, ma su lo stampo della equi-
valente voce francese fonctionner, e così
dicasi del nome funzionario, fr. fonction-
naire., con il quale nome si intende un
ufficiale publico, ma rivestito di alcuna
autorità superiore e alto grado; e cosi
pure non bello né nostro è il faciente
funzione di sindaco invece di prosin-
daco 0 vice-sindaco.
Funzionario: V. Funzionare.
Fuociii di S. Elmo: Y. Elmo.
Fuoco sacro o fuoco di S. Antonio : in
medicina è sinonimo éX erisipela carbon-
chiosa, forma di carbonchio particolare
ai suini.
Fuor d'opera (un): fr. hors-d'oeuvre:
nel senso di inutile, superfluo, è locu-
zione comune. Es. « Dell' on. X*** è un
fuor d'opera tessere la biografia » .
Fuoribanda : lato esterno del bastimento.
Fuoribordo : parte esterna del basti-
mento dai duo lati.
Fuori i barbari : grido di guerra attri-
buito a Papa Giulio II della Rovere che
pontificò fra gli anni 1503 e 1513. Motto
divenuto proverbiale.
Fuorviare: per sviare, traviare, è dal
Rigutini notata per voce « nuova e sgar-
bata»: ò pur ripresa dal Fanfani, ne in-
vero appare necessaria, come è il caso di
molti nostri neologismi, abusivi e non ri-
chiesti.
Furgone: V. Forgone.
Furia francese : locuzione formatasi cer-
tamente in Italia e che i francesi ripe-
tono sì in forma italiana che in francese,
furie franQaise, per significare F impoto
bollico di quel popolo bellicoso, specie nel
primo impoto. 0. Cesare nel suo De hello
Gallico vi accenna, ma l' espressione ca-
ratteristica si d(n'e esser formata nel '500
al tempo delle mirabili battaglie di cui
l'Italia fu teatro: Fornovo, Marignano,
Tur
198
Fus
Kavenua. Altri pensa nata la locuzione
al tempo della battaglia di Fornovo, a pro-
posito della quale G. Giorgio Aliene, asti-
giano e partigiano di Francia, scrisse
questi versi che dovevano essere ripetuti
qualche secolo dopo, se non nel suono,
nel senso :
« Ja ne soit il usance à vous itaulx
quen champs mortaulx on vous saiche attrapper».
Furlana: specie di danza usata nel Friuli
ed è pure aggettivo dialettale por friulana.
Furor teutonicus : l' impeto belligero
dogli antichi Germani, leggesi nella Phar-
salia, I, 256, di Lucano. Anche il Pe-
trarca nella sua famosa canzone ai Si-
gnori d'Italia ricorda il furore tedesco :
che il furor di lassù, gente ritrosa,
vincerne d'intelletto
peccato è nostro e non naturai cosa.
Ma ha altro senso.
Furori uterini: termine volgare nostro
per indicare ciò che piìi scientificamente
dicesi ninfomania. V. questa parola in
Appendice.
Furtivo : nel linguaggio dei legali que-
st'aggettivo è in uso invece di rubato.,
dal latino furtivus onde anche refurtiva
= la cosa rubata. Nel linguaggio comune
furtivo significa soltanto clandestino., oc-
culto.
Fuso orario : uno dei ventiquattro fusi
uguali nei quali fu convenuto di imma-
ginare divisa, mediante meridiani, la su-
perficie del globo terracqueo per quello
che riguarda 1' assegnazione dell' istante
in cui in un dato luogo deve aver prin-
cipio il giorno civile. Sono detti fusi per
l'analogia che la superficie esterna di
questi ventiquattro spicchi avrebbe col
fuso ove fosse sviluppata su di un piano.
C3-
Gabbia: ter. mar., vela quadra, la se-
conda in grandezza che si spiega al di-
sopra del trevo la quale è la maggiore e
più bassa delle vele quadrate. Gabbia è
specialmente quella centrale, Parroehetto
la prodiera, Contramexxana la poppiera
(in una nave a tre alberi).
Gabbiano: V. Coeal.
Gabbiere: term. mar., marinarlo scelto,
deputato a qualunque manovra degli alberi.
Gabeliotto: voce siciliana gabillotu^ ap-
paltatore di gabèlle. Quegli che tiene le
altrui possessioni a fitto, fittajuolo.
Gabinetto: la voce fr. caème^ = stan-
zino, ha dato all'italiano molti gabinetti.
Dal tempo dell' Algarotti in su si sono ve-
nuti estendendo per tal modo nell'uso che
tentar di espellerli sarebbe opera vana,
anche per un purista. Passiamoli in rasse-
gna: Gabinetto di lettura {cabinet de
leeture)., Gabinetto di storia naturale, di
Fisica^ otc. (cabinet d^ histoire ìiaturelle^
de physique), Gabinetto d'anatomia (ca-
binet d' anatomie) , Gabinetto di toilette
{cabinet de toilette)., Gabinetto partico-
lare (cabinet particulier) stanzi na appar-
tata ne' caffè e nei pubiici ritrovi ; o anche
la stanza segreta, scrittoio o studio, del
Monarca ove convengono i ministri per
trattare gli affari dello Stato. Ed estenden-
do quest'ultimo significato, gabinetto valse
governo, specialmente nei rapporti fra
Stato e Stato; indi consiglio dei Mini-
atri., indi le locuzioni affari di gabinetto,
questioni di gabinetto. Infine gabinetto
dicesi per cesso o privato., IV. cabinet
d'aisance^ o semplicemente cabinet. An-
che in tedesco kabinett ha i significati sopra
detti. La parola cabinet e così la voce
cabine, inglese cabin, hanno la stessa
origine etimologica della parola nostra
capanna (fr. cabane, spag. cabana) cioè,
come pare da una voce celtica caban, di-
minutivo di cab, voce inglese, che vale
vettura (V. Cab). Isidoro menzionando la
voce capanna, spiega : hanc rustici ca-
pannam vocant quod unum tantum ca-
piat, ma non è ritenuta buona etimologia.
Gabinetto di decenza: V. Luogo, etc.
Gabinetto nero: ufficio segreto ne' dica-
steri od altrove ove si esercita una se-
greta sorvegiianzadi polizia, specie aprendo
0 intercettando lettere e dispacci. Fr. ca-
binet noir: come nome e istituto politico
risale al tempo di Luigi XIV. V. la voce
precedente. NB. La denominazione non è
ufficiale.
Gaffe : V. Bevue. Nel linguaggio mon-
dano alla voce bevue si alterna oggi, al-
meno così mi si accerta, la voce del gergo
familiare francese gaffe per significare un
granchio, uno sbaglio, una topica. Es.
«Guardi quella balena inacqua». «Scusi,
signoro, è mia moglie ».
Gagliardetto: term. mar., bandiera bi-
forcuta usata come distintivo o come ban-
diera per segnali.
Gagnant : mn giuochi delle corse {sport)
invece di vincitore, si dice talvolta fran-
cesement(^ gagnant.
Gala scienza: fr. gaie soienoe: nome
storico dato in antico alla poesia trova-
dorica e allo ([uostioiii erotiche di cui era
inatcM'ia nello Corti d'Amoi'O.
Gal
200 —
Gum
Gala: dicesi in marina gran gaia quando,
oltre alla bandiera nazionale ed ai distin-
tivi speciali inalberati, si stendono da
prua a poppa le bandieruole de' segnali.
Y. Pavese. La piccola gala consiste nel-
l'innalzare sugli alberi le sole bandiere
nazionali.
Galantina: noto piatto rifreddo di com-
plicata arte culinaria, solitamente fatto
di capponi disossati e farciti : servesi con
gelatina. Nome e cosa verosimilmente di
provenienza francese: galantine: la pa-
rola galani però non ci ha che vedere.
Galantine^ secondo che ne spiega il Littré^
proviene da una radice tedesca gal., onde
g allevi =1 gelatina.
Galantuomo: nei paesi dell'Italia meri-
dionale questo vocabolo ha un ben curioso
significato: indica cioè colui il quale ve-
ste civilmente, da signore. (Il galaniuomo
nel senso morale è colui che porta il grave
peso della coscienza, quindi è destinato a
far poca strada nella vita).
Galatea: dal greco gala., latte, quindi
bianca come il latte: nome di mirabile
e ridente Nereide, celebrata da Teocrito
e per imitazione da Vergilio {Egloghe) e
dal Poliziano {Stanxe). Suona antonoma-
sticamente.
Galaverna (da un caligo hibema?):
così chiamano con voce dialettale in Eo-
magna il nevischio gelato e minuto, quello
che i francesi dicono verglas : e significa
altresì la brina.
Quando la brina in su la terra assempra
l'imagine di sua sorella bianca,
ma poco dura alla sua penna tempra.
Dante, Inf. XXIV.
Galeone: accrescitivo di galèa 0 galera
ed è nome di antica nave, di alto bordo,
rilevata a prua e a poppa, con portelli per
i cannoni. Andava a vela con quattro al-
beri, due quadri e due latini. Serviva
per guerra e per mercanzia.
Galeotto: ha antico valore di me%%ano
di amori., ed è traduzione del nome
Galtehaut., il quale fu gentil cavaliere e
fa pietoso intermediario fra la regina Gi-
nevra e Lancilotto dal Lago, come si legge
nella bellissima istoria di questo nome
Galeotto fa il libro e chi lo scrisse
Dante, Inf. V. 137.
e il Decameron fu da alcun lettore an-
tico cognominato il prencipe Galeotto per
indicare le pericolose lusinghe che vi si
contengono.
Galletta: voce lombarda, estesa anche
in altre regioni dell' Italia centrale per
indicare il bozzolo del baco da seta: da
galla., gallozza., gallòzzola., lat. galla.
Gallicanismo: nome dato al sentimento
di indipendenza da Roma che ebbe il clero
cattolico francese fino dall' Evo Medio
(Gallia., lat. = Francia). Es. Chiesa Gal-
licana.
Gallina faraona: V. Faraona.
Galoche : così sono chiamate quelle so-
prascarpe di gomma che di verno special-
mente servono a preservare i piedi dal-
l'umidità. La parola è francese, e dicesi
anche claqiie: in italiano v' è galoscia 0
caloscia 0 gallozza., voce classica e antica.
Ma chi la usa? Appartiene al novero delle
parole semi morte. Etimologia più sem-
plice di galoche è da gallica^ scarpa gal-
lica 0 francese, 0 galoehia nel basso latino.
Il Mussafia propende per calones = zoc-
coli. Lo Scheler per calopodia — zoccoli.
Galope 0 galop: nome di nota danza
vivace, di origine francese, vraiment na-
tionale! nota un lessicografo francese.
Galoppante: attributo di tisi ulcerosa
a rapido decorso: fr. phtisie galopante.,
quasi che brulé les étapes.
Galvanizzare : tm cadavere., ima mum-
mia., etc, è locuzione comune che vale
animare., voler dar vita a persone, isti-
tuii cose che non hanno più forza vitale.
Se i francesi estesero primi a tale senso
figurato e forte il verbo igalvaniser = don-
ner une vie factiee et momentanee) e noi
imitammo, sarà gallicismo condannabile?
Y. Elettrizzare. {Galvanizzare., dal nome
del nostro grande Galvani).
Gamba di Vladimiro (la) : è rimasta ce-
lebre per alcun tempo negli annali del
Parlamento italiano. Essa fu la cagione
della caduta del primo ministero, G. Ni-
cotera, 1877. Aveva egli un certo suo uf-
ficio altrettanto segreto quanto illecito
{Gabinetto nero) nel quale si faceva lo
spoglio delle lettere e dei dispacci privati.
Gliene capitò uno che parlava di una fe-
rita alla gamba di Yladimiro. Si era al
Oam
201
(hiv
tempo della guerra turco-russa. Il Nico-
tora, pronto, mandò le sue condoglianze
ed auguri a non so quale gi-anduca Vla-
dimiro, congiunto dello Tzar, Trattavasi
invece di un semplice privato. Onde il
ridicolo e la caduta del Ministro. Se non
così, press' a poco.
Gambrinus: nome leggendario di un re
di Fiandra (presunta contrazione di Jan
Primus) cui è attribuita l'invenzione
della birra. Sta il fatto che la birra col
nome di vino d' orxo (oinos krithinos)
è ricordata persino t\q\V Anabasi di Se-
nofonte. Oambrinus o Oambrino, com-
preso il diminutivo Oamhrinetto^ è nome
dato a molto birrerie in Italia. Il flavo
e barbuto re teutonico, a cavalcione di
un fusto di birra in su l'insegna, par sor-
ridere dal piacere con cui seppe con la
sua squallida cervogia conquistare il mer-
cato del paese del vino (Enotria).
Gamma: vale scala musicale, nome da-
tole da Guido d'Arezzo, nostro, che ag-
giunse questa lettera greca (F = g) alla
serie delle note : In 'primis ponitur F
graecum, a modernis adiunctum, come
scrisse egli stesso. Ma come termine let-
terario e pittorico, cioè per indicare gra-
dazioni, è un senso estensivo che noi to-
gliemmo dai francesi: Es. « La ganiìna
dei colori. La gamma del riso, etc. » .
Garage: voce francese che significa l'a-
ziono del garer^ guardare, mettere in ista-
zione (gare)^ al riparo nave, convoglio,
carro. Rimessa.
Garante, garanzia, garantire: sono voci
oramai accolte dalla Crusca: spiacciono
tuttavia ai puristi perchè venuteci dal
francese garant, garantie, garantir^ de-
rivate dal latino medievale ivarendare e
icarens, dall'antico alto tedesco werén (al-
meno secondo il Kluge, op. cit.) --= prestar
malleveria. Le parole nostre sono malleva-
dore, malleveria o mallevadoria e malle-
vare. Hanno però il torto di essere alquanto
letterarie. Viva tuttavia è nel popolo la
buona voce sicurtà per garanxia. Anche
in tod. Qarantie, voce usata dalla 2"^ metà
del sec. XVIL
Garbino: (dal arabo //arò/ rr: occiden-
tale) vento di liheccio. (Questa antica no-
stra voce, poco usata, oivimai in altro re-
gioni d' Italia, è vivissima sul nostro lito-
rale Adriatico. E altresì in francese (grar6«w.
Garbo: tei-m. mar., modello di sottili
tavole di abete, che indica la forma di
un pezzo di costruzione di un naviglio.
Garpon: fr. garzone, in vece di came-
riere o, più popolarmente, bottega, è no-
tato nel Lessico del Fanfani. Ma non mi
pare molto dell'uso al dì nostro, o almeno
sa molto di affettato e altezzoso.
Garconnière: appartamento da scapolo
(gar^on). Oarponnière dicesi altresì di
una ragazza che corre e giucca co' maschi :
termine familiare francese e non senza
senso di biasimo.
Garcons de la noce: les jeunes gens
chargés de faire les honneurs de la noce
(Littré).
Garde enfant o porte enfant: sono pa-
role che la gente mondana usa per indi-
care la trapuntina elegante ove si collo-
cano, rinserrando, i neonati. Ma non le
trovo in francese. V. Voltaire, Notes, etc.
Garden-party: locuzione e costumanza
inglese in molto onore presso la nostra
gente mondana, la quale, come è noto,
riveste un carattere internazionale. Si-
gnifica un ritrovo di signori e di damo
in giardino o altro luogo aperto, per sol-
lazzi, giuochi, spettacoli o altre forme di
svaghi signorili. Garden paoiy , c<ymQ à.Q\.
resto quasi tutte queste locuzioni inglesi,
appartiene pure al numero delle voci neo-
logiche francesi.
Garder une poire pour la soif: modo
familiare francese, tradotto da noi spesso
letteralmente, per dire serbare qualcosa,
pel bisogno. Locuzione, presso di noi. del
linguaggio mondano.
Gare: fr. staxione, da garder: cfr. l'ita-
liano guardia; dal tedesco warte. Voce
francese non del tutto fuor d'uso nò ignota
anche al popolo : es. i vetturini" dello
grandi città.
Garganello: in mWimoi^e garganell, spe-
cie di niorgo o smergo, uccello acquatico.
Gargantua: dicesi, con senso tolto dal
francese, di mangiatore famosissimo: vero
è che (rargantua, nome proprio e titolo
del (japolavoro di Francc^sco Rabelais, fu
oltr(> che gran mangiatore, gigante genia-
lissinio le cui imin-ese (^d i cui detti sono
Gar
202
Gat
anche oggi degni della più grande consi-
derazione. Oargantua par derivato dal
vocabolo provenzale gargante —-- gozzo, e
non dalla lepidezza con cui il padre di
Gargantua salutò il figlio, vedendogli spa-
lancar la bocca : Que grand tu as !
Gargotta: V. Qargote.
Gargote: voce francese: bettola^ osteria
d'infima specie: leggesi tradotta anche in
gargotta. Voce di incerta etimologia. V.
Zambaldi, op. cit.; Soheler, op. cit.
Garibaldino: glorioso nome storico dato
al soldato volontario di Garibaldi.
Gami : V. Hotel gami.
Garrotta : dallo spagnuolo garrote : sup-
plizio legale usato tuttora in Ispagna per
dar morte, strangolando senza sospensione.
Consiste in un anello cui il carnefice con
vite 0 manovella chiude, troncando il collo
intromesso del paziente. La parola è re-
gistrata anche nei diz. francesi: garrotte.
Gas: 0 gaz come è scritto in francese:
ogni fluido aeriforme che rimane tale alla
pressione e alla temperatura ordinaria, ha
tale nome. Voce ani versale, creata verso
il '600 da van Helmotit^ chimico olan-
dese, e che pare formata dalla voce geest
= spirito, tedesco geist. Secondo lo Scheler
meglio dal verbo gclschen., = schiumare,
fermentare. La forma gasse^ non è molto
dell'uso se non in Toscana. Sarebbe desi-
derabile che delle due grafie gaz e gas
questa fosse preferita, sì per ragione di
etimologia, come per effetto dei composti,
in cui prevale Vs.
Gas-povero: neol.; è un gas così detto
povero perchè ha un piccolo potere calo-
rifero (ossia sviluppa poche calorie nella
sua combustione). Si adopera con i motori
a gas per sviluppo di forza. Si ritrae dal
carbone nei gasogeni, quale prodotto di
combustione incompleta.
Gasthaus: in tedesco significa albergo e
locanda., ma vi si annette l'idea di luogo
di minor importanza e più alla buona che
non sia V hotel.
Gastro-enterite: voce medica, dal gr.
gastèr = ventre ed ènteron — intestino.
Infiammazione della mucosa intestinale.
Castro entero stomia : (yaoTyg, svtegov
== ventre, otó/na ::i: bocca) operazione chi-
rurgica che consiste nel mettere in comu-
nicazione lo stomaco con un' ansa inte-
stinale.
Gateau : italianizzato talvolta in gaio.,
mentre vi risponde la parola dolee : voce
generica per indicare dolci di pasta frolla,
di lievito 0 di pasta sfogliata, ma di una
certa dimensione e che prendono nomi
speciali secondo le regioni e gli ingredienti
di cui sono fatti. Questa parola francese
in alcune nostre regioni è assai familiare.
Gatò : V. Gateau.
Gattinàra: vino del Piemonte (Novara).
Nella categoria dei vini di lusso occupa
uno dei migliori posti. Eosso granato, bril-
lante, di lunga durata. Invecchiando,
prende un color rosso ranciato ed un pro-
fumo suo particolare. Domanda quattro
anni di età circa.
Gatta ci cova ! locuzione nostra lami-
liare e scherzosa che vale c'è sotto qual-
che inganno, frode., malizia., e dicesi
quando non si nutre sospetto in qualche
operazione o questione, « giacche quando»
il gatto è lì in agguato, che par che faccia
la cova, macchina certo a qualche sorcio
0 pezzo di lardo le insidie sue » Pico Luri
da Vassano op. cit. Se questo fosse un
libro di curiosità delle parole, sarebbe
piacevole il raccogliere le molte locuzioni
e comparazioni che dal nome gatto si sono
formate: Innamorata come una gatta.,
per dire innamorata cotta, e in milanese
ves pesg d'ona gatta soriana, esser donna
facile a innamorarsi; attaccar lite col
gatto, detto di chi porta graffiature sul
volto ; essere svelto o nuotare come un
gatto di piombo., esser tardo, non saper
nuotare; andare a comperare il lardo
dal gatto., aver che fare con uomo tac-
cagno; i figli dei gatti raspano., squisita
frase popolare per significare la forza del-
l' ereditarietà; precidersi una gatta da
pelare., assumersi impegni fastidiosi con
poca probabilità di riuscita; non c'è un
gatto., non c'è nessuno; esser quattro gatti,
per dire essere in pochi, ma in senso fa-
ceto di sprezzo ; in milanese v' è la cu-
riosa locuzione, vessegh su el gatt, esservi
il gatto sopra, per dire che una cosa non
si può fare, etc, senza notare i notissimi
modi come essere amici come cani e gatti;
non vender la gatta nel sacco^ etc.
(JilU
203
Geii
Gattamorta: voce familiare nostra, dotta
di pri'soiia cho iìnge di esser semplice e
non ò, come appunto fa il gatto che si-
mula talora il sonno quando sta por ru-
bare.
Gaudium est miseris socios habuisse
poenarum: V^, Solamen miseris^ etc.
Gaucho: cho si pronuncia //awc/o; nome
dato ai mandriani o pastori delle Pampas,
abilissimi cavalcatori, allevatori e caccia-
tori di cavalli.
Gattoni : voce antica e classica, ristretta
•oramai all'uso di toscana e vuol dire ciò
che il popolo chiama orecchioni e i me-
dici parotite ; ma il Petrocchi la registra
come parola italiana, cioè comune alle
varie regioni. Gattoni da gotoni^ accre-
scitivo di gota.
Gauche: parola francese, talora usata
nel senso di 'malpratico., maldestro, inetto.
Es. « Disgraziatamente egli è onesto, e
([uindi timido e gauche». E si noti che
tolgo l'esempio da un letterato che va per
la maggiore I Proprio codesto di usare
inutilmente voci straniere, pili che vezzo,
è vizio. Pensando però che si tratta di
vizio assai antico, può, se taluno si duolo,
consolarsi. Da quell'onesto e acuto libro
che è Lingua e dialetti del Romanelli,
tolgo, a mia conferma, questo passo:
« Ricordo di aver letto, non so dove, che
a G. B. Niccolini pareva che al verbo
regretter in italiano non ci sia verbo che
esattamente gli corrisponda ; ed era il
Niccolini ! T. Grossi, il 7 giugno del 1847,
scriveva al Giusti : « La marchesi na d'A-
zeglio mi ha fatto leggere duo tue lettere,
tanto amene, tanto briccone e pazze, tanto
condite di quel tuo sale, di quella tua...
vorrei diro malixia.^ ma il termine non
mi corrispondo all'idea: dirò dunque in
francese ìnaiice». E perchèV per dir la
cosa in «S5, piuttosto che in ixia? ». Pare
una facezia e non è: appunto a queU'^ss
invece di ma, per effetto del lungo uso, si
Hiinett(! una sfumatura di senso.
Gaufrette: nome dato a corta specie di
dolci 0 biscotti, fatti con uno stampo: così
detti dal verl)0 rraucese gaufrer :: ntum-
l)are (d(ìtto delle stoffe).
Gavitello : è dotto ([uol galleggiante ohe
legato a lungo con l'ancora, servo a mo-
strare il luogo dove essa è profondata in
m.are. Il Guglielmotti lo fa derivare da
gabbiano (lat. gavia) uccello acquatico
che posa lievemente, talora, su le onde.
Etimologia ingegnosa. Altri da capitellum.
Gavotte: (da Qavots, abitanti del paese
di Oap) ballo famoso del secolo XA^III ; e
fu una variazione successa al minuetto,
ballo esso puro francese, grave ed ele-
gante, ad inchini, movenze e passi leg-
giadrissimi, che ben convenivano con le
mode del vestire e le cavalleresche usanze
dei tempi passati. Il minuetto (da menu,
ballo dai passi minuti; era un ballo a duo
che regnò in Francia dal tempo di Luigi
XIV per tutto il settecento, ed oltre. La
gavotte è a due tempi, composti di due
riprese, ciascuna di quattro ed otto mi-
sure. La voce è stata tradotta in gavotta..
ma più spesso si pronuncia alla francese.
Geisha o guecha: nome di danzatrice
e attrice Giapponese: etèra.
Gelo: per gelone., è idiotismo del dia-
letto lombardo, gel.
Gelée : voce francese uguale alla nostra
gelatina, succo di carne o d'altra sostanza
che si rapprende pel freddo. Ma nel lin-
guaggio dei grandi cuochi (chefs) vale
spesso la voce francese. V. Glassare.
Gemiitlich: V. Comfort.
Gena: voce dialettale piemontese : vale
soggezione., dal fr. gène, derivato da gé-
henne., geenna, voce ebraica, g'éhinnon,
detta di valle presso Gerusalemme, e ricor-
rente nelle Sacre carte per inferno, luogo
di pena. Il francese attenuò tal senso di
martirio, pena, sino al semplice incoìiiodo.
V. Sans gène.
Generalità: è ripresa dai puristi, si
come voce curialesca per diro il nome,
cognome., età., etc, sì come astratto in
vece di in generale, generalmente.
Generazione spontanea: dottrina cho af-
ferma potere in taluni casi esseri viventi
nascere da materia morta: dottrina oggi
in discredito, giacché è stata formamonto
determinata la legge della continuità d(»lla
vita, logge già espressa nell'antico afo-
risma omne vivum ex vivo.
Geniale: dotto di persona jorncew^e, gaia^
c1h5 va a genio, è bellissima voci» ehts so
l)ur trascurata in tale senso nella lingua
Gen
— 204 —
Gen
uflìciale, scolastica e dell'uso, vive tut-
tavia nel popolo, delle regioni dell'Italia
Centrale in ispecie. (V. Oenio). Sostitui-
sco il troppo abusato simpatico. Geniale.,
vale anche, neoL, che ha qualità affini
al genio: grado inferiore al genio.
Genio: lat, ^remz^s = propriamente se-
condo etimologia produttore della vita;
quindi nume benefico.^ secondo gli antichi,
che operava nella generazione e nella na-
scita dell'uomo e lo accompagnava come
Angelo tutelare, per tutta l'esistenza. Onde
buon genio ^ cattivo genio, come ad es.,
il fantasma che apparve a Bruto prima
della battaglia di Filippi e disse : « Sono,
o Bruto, il tuo mal genio e mi rivedrai
appresso Filippi » ; onde la bella voce
nostra geniale -— festivo, lieto, piacente,
etc. Genio nel senso di alto ingegno., crea-
tore., operatore, inspiratore., è gallicismo
indispensabile oramai e infiltratosi nella
lingua sino dal secolo XVII, onde noi
traemmo r aggettivo ^'ema/e, detto di opera
che ritiene del genio, e genialità le forze
e le attitudini del genio. La scuola an-
tropologica italiana con a capo il Lom-
broso ed i suoi seguaci, Sergi, Patrizi,
Cognetti, De Martiis ecc., rinnovando e
ampliando le dottrine di Moreau de Tours
(La Psychologie morbide dans ses rap-
ports avec la Psychologie et V Histoire)
considera il genio corno psicosi, crede cioè
che il genio sia una varietà epilettiforme
di umana degenerazione e si fonda su di
alcuni caratteri (stigmate) degli uomini
geniali. Le più nobili creature, come
S. Francesco, il Leopardi, l'Alfieri, il
Manzoni, il Tasso, il Donizetti, etc, ser-
virono come vile materia subieeta a questi
studi, molte volte svisando o tacendo i
fatti per libidine di dimostrazione, quan-
tunque, finora i genii più poderosi come
Galileo, Leonardo, Colombo, Darwin, Mi-
chelangelo, Tiziano, Goethe e Machiavelli,
per citarne alcuni, risultarono integri e
saldi, anzi immuni d'ogni stigmata dege-
nerativa. Vedi nobili parole del D'Ancona
in Ricordi ed Affetti (Treves, 1902) contro
le esagerazioni malevoli del Patrizi sul Leo-
pardi. Il Max Nordau, avidissimo di ori-
ginalità, applicò questa teoria lombrosiana
come metodo di critica letteraria in De-
generazio7ie., e quando colpì gli esteti
pieni di vento e vestito da genio, non è
a dire che non abbia colpito giusto e bene.
Contro le esagerate deduzioni della scuola
del Lombroso insorsero fra noi il Morselli,
il Venturi, il Bovio, etc, sostenendo es-
sere il genio fenomeno fisiologico e non
patologico, 0, come scrive il sig. A. Pa-
dovan che mólto intese a tali studi, uno
stato fisiologico di squisita eccexionale
sensibilità nervosa; ma più insorso la
storia, la verità e la realtà. Con tutto questo
la parte vera e positiva degli studi e delle •
ricerche del maestro, Lombroso, è desti-
nata a rimanere e costituisce una gloria
della scienza italiana. | Oenio civile è
versione accettata oramai dal francese ge-
nie civil = l'art de construire les ponts.,
les routes, e così dicasi di genio mili-
tare., e degli altri geiti consimili. Ma av-
verti che questo secondo genio è diverso
dal primo ; e secondo una acuta distin-
zione, sarebbe diverso anche per etimo-
logia, giacche tale genie francese prover-
rebbe da parola uguale al nostro ingegno,
lat. ingenium, (da in e gigno) = natura,
proprietà innata ; e più precisamente ^eme,
nell'antico francese engieng, engien (ita-
liano ingegno, in geniuTn) = spirito inven-
tivo, poi astuzia., istrumento di guerra
o di caccia. E tale senso ebbe pure per
il passato la parola ingegno = a congegno,
macchina, istrumento ingegnoso. Genio
vale anche carattere, indole di un popolo.
Genio civile, genio militare: V. Genio.
Genio incompreso: V. Incompreso.
Gens de lettres o al singolare homme
de lettres dicono i francesi per ìndicaFe
coloro i quali fanno professione o mestiere
di lettere e possono anche non essere ne
letterati, ne poeti, né grandi scrittori,
ne eruditi. In italiano letterato include
un certo senso di austerità e di dottrina.
Gente di lettere o uomini di lettere presso
di noi non usa dire ; ma il giornale, tra-
ducendo senza coltura o ponderazione dal
francese, spesso è veicolo di parole e lo-
cuzioni barbariche, ch^, cosa notevole!
subito fanno presa nel publico.
Gentile : questo bel aggettivo usato nel-
l'antico senso di nobile, detto di piante
di buon seme e di frutta che richiedono
Geli
205 -
Ges
coltura, apposto cioè a selvatico^ è vivo
nel popolo (Komagna).
Gentilhomerie : fr., la qualità del gen-
tiluomo, (quindi geìitilexx,a^ cortesia^ gar-
batexxa^ umanità^ etc. Una delle tanto
voci francesi usate per vizio.
Gentleman : homme hien élevé, bonne
de eoni'pagnie. Cosi in francese nel gergo
familiare, e noi imitando, talora anche per
colia, usiamo la parola inglese. Es. Il tale
è un VQVO gentleman. Fem.. Qentlewoman.
Gentleman-driver: V. Gentlemen-rider.
Gentleman farmer: -:ì gentiluomo col-
iivatore: diconsi in Inghilterra quei si-
gnori che attendono con studio ed amore
alla nobilissima e savissima fra le arti,
che è l'Agricoltura : la qual cosa nell'alma
parens., nella ex-patria dei Cicero., dei
Fabi., si desidera vivamente. Y. il bel li-
bro del Caccianiga Vita campestre., ed.
Treves. Non solo, ma in Italia questo no-
liilissimo e socialmente utile ceto di ^^ew-
tiluomini campagnuoii invece che formar-
si, tende por varie ragioni a dissQlversi.
Gentleman-rider: letteralmente gentil-
uomo cavalcatore., cioè cavaliere. Essi si
distinguono dai fantini di professione
(Jockey) perchè corrono separati da essi,
ben inteso, e di solito, corse ad ostacoli
o per mero diletto. Gentleìnen-driver., di-
cesi de' gentiluomini che guidano i cavalli
al trotto; non del guidatore di mestiere.
Inutile avvertire che questo anglicismo è
anche in francese: Gentleman rider ;:=
homme du monde qui monte dans Ics
courses.
Genus irritabile vatum: razza irrita-
bile dei poeti. Cosi con frase scultoria
che acquistò valore di motto, Orazio, poeta,
(P]pist. II, 2-102j definì la naturale su-
s(;ettibilit{i dei poeti ohe può essere estesa,
MI largo senso, a tutti gli artisti più o
mono aini(M a Minerv;i.
George Dandin, tu Tas voulu: motto
che si deduce dal monologo del Molière
nella sua commedia George Dandin., in
<;ui il protagonista di tal nomo rimprovera
sé con lo parole: Vous favex voulu., vous
favex voulu., George Dandin^ vous l'avez
voulu. Era Giorgio Dandin un ricco con-
tadino che, per aver voluto menare in
moglie una nobile donna, andò incontro
a gran numero di guai, il che può acca-
dere anche col semplice prender moglie.
Germanizzare: rendere tedesco o ger-
manico. Fr. germaniser.
Germinai: nel calendario republicano
francese è nome di mese, dal 21 marzo al
19 aprile, così artisticamente detto perchè
cade nel tempo che ì germi, affidati alla
terra, si svolgono e germogliano. Però con
traslato sociale, lo Zola ne fece titolo ad
uno dei suoi migliori romanzi. In italiano.
germìle.
Gesangverein: voce tedesca che signi-
fica compagnia o società corale. Codeste
società sono quasi in ogni città di Ger-
mania ed hanno per fine di coltivare il
canto e dilettarsi nello stesso tempo. Per
il passato codeste compagnie avevano
eziandio un certo carattere politico, va-
lendo quelle canzoni e quei cori a tener
desto il sentimento patriottico, specie nel
tempo che i popoli della Germania non
erano, come ora, in unità politica con-
giunti.
Gesta Dei per Francos: opere di Dio
per mezzo dei Francesi. Eaccolta di opere
di storici diversi che narrano le imprese
in Oriente al tempo delle Crociate e le
vicende del regno che i Franchi stabili-
rono in Gerusalemme. Questo titolo ri-
sponde ad un orgoglioso concetto filosofico
della storia che i Francesi ebbero a ca-
gione delle gloriose imprese compiute e
del sangue eroicamente e generosamente
sparso da quel popolo belligero. Onde fu
anche detto: il fait du peuple frane a
V istrument de la Providence. Il motto
gesta Dei per Francos vive ancora, seb-
bene attenuata la fede in Dio e nella
Provvidenza.
Gesto : e più spesso, bel gesto. A questa
parola è dato oggi speciale significato di
aziono in cui rifulga non so quale tea-
tralità icastica o talora istrionica, audacia
congiunta a felicità di trovata così da cat-
tivarsi l'ammirazione e la benevolenza del
publico. Tale senso ci deve essere pro-
venuto dal francese, intatti nei dizionari
del gergo di quella lingua trOYO geste sz
fait., action., exploit.
Gesuitismo: metodo o sistema dei Ge-
suiti, società mondiale della Chiosa Ho-
Get
206 -
Ghi
mana Cattolica, detta anche Coìnpagnia di
Oesù^ istituita in difesa della fede Romana
e famosa per la perfezione, disciplina, de-
vozione, intelligenza dei suoi fedeli al fine
della Compagnia.
La Compagnia di Gesù fu fondata nel
1540 da Ignazio di Loiola con l'espresso
fine di difendere il Cattolicismo contro la
irrompente Eiforma Luterana. E combattè
mirabilmente allo scopo e per più di un
secolo fu il più poderoso istrumento della
propaganda cattolica. 0 a ragione o a torto
— non è qui il luogo di indagini — cadde
la Compagnia in sospetto di ambizioni
smodate e di corrotto costume : certo per
la vasta impresa fu costretta ad usare e
jid abusare dei miserabili mezzi terreni.
Certo è che nella opinione popolare Ge-
suitismo diveime sinonimo di falsa e ce-
devole coscienza secondo le necessità, di
subdola arte di governo, di ipocrisia pro-
fonda e malvagia. Onde gesuita o seguace
di Loiola suona ipocrita^ anche per i
credenti.
NB. Nel corso della mia vita ebbi oc-
casione di notare che queste turpi qualità
«ono anche di chi è nemico dei gesuiti.
(Questi si onorano di portare le insegne
esteriori del loro essere ne si occultano.
Gettare o buttare a mare: togliere ad
alcuno la frotexione antica^ o per deme-
riti suoi 0 per opportunità o necessità di
cose: locuzione fam., tolta dal linguaggio
marinaresco, cioè dal buttare a mare la
mercanzia, quando è pericolo.
Gettare il manico dietro la scure: per
disperazione o dispetto lasciar andare a
male tutto, appigliarsi al peggior partito :
locuzione familiare.
Gettar le mani avanti: V. Metter le
mani avanti.
Gettata: terni, mar., lo stesso che sco-
gliera 0 diga.
Gèttito : il provento che deriva da una
fonte di reddito : così pure è usato il verbo
gittare in tale senso. Es. « le ferrovie te-
desche gittavano 723 milioni».
Getto continuo (a) : continuamente.^
senza interruzione. Es. la pochade è
ricca di bons m,ots a getto continuo ». Che
bella lingua, veroV
Gettone : ò chiamato quel pezzetto di
rame o d'avorio dal valore convenzionale
usato nel giuoco in cambio del denaro
(dal francese yeifoTO, lat. iactus = gettato) :
voce francese da gran tempo entrata nella
lingua italiana e registrata. La parola an-
tica toscana equivalente è quarteruolo :
in molte regioni dell'Italia centrale tali
segni di giuoco diconsi puglie.
Gettone o medaglia di presenza: gli am-
ministratori delle società anonime riceve-
vano da prima una medaglia come com-
penso dell'ufficio prestato intervenendo
alle sedute o adunanze. Essa poi fu so-
stituita da una determinata somma di de-
naro, al quale fu conservato il nome di
medaglia di presenza : transazione di
compenso dall'onore alla pecunia. In fran-
cese è appunto la locuzione jeton de pré-
sence.
Geyserite: silice idrata. Scrivesi ita-
lianizzando gaiserite.
Geysir : voce islandese {geiser in fran-
cese) cha denomina certe sorgenti con
getto di acque bollenti, ricche di minerali,
speciali dell'Islanda. Scrivesi anche gaiser.
Ghemme : vino da pasto rosso del Pie-
monte (Novara).
Gherlino : term. mar., cavo forticcio che
s'usa per ormeggiare l'ancorotto, per ton-
neggio e per rimorchio.
Ghetta: parola di incerta etimologia, a
noi venuta dal francese guétre; specie di
gambiera di cuoio o di stoffa che, per
eleganza o per comodo del camminare,
stringe il polpaccio e si adatta su la to-
maia, talora con istaffa nel vano fra il
calcagno e la suola. Altri vi sostituisce
uosa., dall'ant. ted. ^osa —: scarpa. Voci
riprovate entrambe dai puristi ma regi-
strate nei dizionari dell'uso e da questo
sancite : certo non saprei con quali altre
sostituirle, volendo indicare chiaramente
la cosa.
Ghindare: term. mar., tirar su col cavo
buono gli alberi di gabbia e gli alberetti :
fr. guinder.^ dal ted. winden. Ghindare
è verbo registrato anche nei vecchi di-
zionari. Il Tommaseo annota: «voce su-
perflua ma molto usata in vece di is-
sare ».
Ghinèa: moneta d'oro inglese del valore
di 25 lire che re Carlo II fece battere con
Ohi
207 —
Gig
l'oro della Guinea. Tale moneta fu in
corso sino al 1816.
Ghiozzo: piccolo pesce d'acqua dolce
ton lini lische, e capo grosso : lat. gohius,
greco ìiOìfiiós.
Gipsy: V. Oypsy.
Giacimento: la particolare disposizione
dei minorali nel seno della terra.
Già : per la desinenza al plurale dei nomi
che al singolare escono in già come
bragia, spiaggia^ etc. V. eia e già.
Giacobino: noto nome storico dato ai
republicani francesi dal nome dell'antico
convento do' frati Domenicani (detti in
Francia Jacohins dalla via di Saint Ja-
cques in Parigi) ove si adunavano. Fu-
rono i Giacobini, per la loro feroce e di-
sperata intransigenza, massimo istrumento
di quella Rivoluzione e di quelle eroiche
guerre. Oggi si dice giacobino di chi
professa idee liberali o republicane, hia
in modo fazioso, dogmativo, dottrinario,
e suona spregio. Derivato giacobinismo
{h\ jacobinisme).
Giacobinismo: Y. Giacobino.
Giambone: con tale nome non armonioso
(fr. jamboìi, da jambé) in alcune città di
Tjombardia si chiama esclusivamente, an-
che da persone colte e che si rispettano,
il prosciutto, specie poi volendo signifi-
care il prosciutto cotto. Avvertasi che
giambòn è vecchia parola del dialetto mi-
lanese. I Poco tempo addietro le donne
usavano certe maniche esageratamente ri-
gonfie in su la spalla e strette al polso e
lo denominavano maniche à jambon.
Gianduiotto: nome di maschera torinese
dato in commercio ai noti cioccolattini di
pasta molle, ravvolti in carta d'argento.
Giannizzeri : milizia tui-Ga, {icki-tckerizz::
nuovi guerrieri) privilegiata, fedele e ter-
libile ai Sultani, instituita nel sec. XIV.
Forte della sua oltrepotenza, divenuta in
seguito a mo'dei pretoriani di Roma an-
tica, faziosa (!d indomita, fu con frodo v,
.sangue abolita e distrutta nel 1820. Nel
linguaggio, specie politico, dicesi gian-
nixxero, con Henso di spregio, chi è od
è voluto far credere faziosamente fedele
a qualche istituto o personaggio di ten-
denza e caratteri illiberali.
Giardino inglese o cinese: contrM|)posto
a giardino classico o italiano : nel giar-
dino inglese, oltre ai fiori, si coltivano
piante arboree in forma di boschetti e
macchie, divisi da maestosi viali, laghetti,
pescherie, praterie, terreno vario e ondu-
lato, in modo in somma da somigliare ad
un naturalo, ricco paesaggio. Perchè detti
giardini non siano ridicoli occon-e che
r insieme sia grande tanto che meglio
loro convenga il nome di Parco.
Giardiniera: con voce tolta dalla cu-
cina francese chiamasi giardiniera (fr,
jardinière) quel piatto allestito di varie
verdure e cibarie tagliuzzate e condite
(carote, sedani, patate, piselli) e serve di
contorno.
Giarettiera: V. Jarreiière.
Giaurro: voce turca che vale infedele^
detto per ispregio de' Cristiani.
Gibigiana: è la voce dialettale lom-
barda gibigiànna., cioè il riverbero del
sole, che molte volte si fa per giuoco con
lo specchio.
Come quando dall'acqua o dallo specchio
salta lo raggio in Topposita parte.
Dante, Pnrg. XY, 16.
Cosa che ha vario nome nelle varie re-
gioni : illuminello, solino., barbaglio., etc.
Gibus: cosi detto dal nome dell'inven-
tore : cappello a staio che si piega cosi da
occupare poco spazio. V. Ghapeau claque.
La parola ci proviene dal francese, gibus:
chapeau mécanique. Du nom de l' in-
venteur.
Gigione: appellativo volgare dell'arti-
sta (?) lirico (tenori, baritoni, etc), sfiatato
di scarso valore e di minor fortuna, ma va-
nitoso, bonaccione, soddisfatto di se: to-
scaneggia secondo il gergo de' cantanti e
ambula sotto la galloria di Milano — dove
questo nome è stato creato.
Gigolette: voce del gorgo fra licose, ^r/-
sette. faùbourienne eourant les bah pn-
blics, da gigue gamba e giguer sgam-
bottare.
Gigot: voce francese, che por l'appunto
è il nostro coscotto di capro giovane o di
castrato, che nel citato libro di M. Bar-
tolomeo Scappi, ò chiamato mexxo ca-
pretto di dietro. Gigot ò da gigle, it. giga,
antico tedesco gige., struniento a cordo,
violoncello : cosi ò dotta la coscia por si-
Uil
208
<,tÌO
miglianza coni'istrumento. V. lo Scheler.
Vocabolo a ragione ripreso come abusivo
dai puristi.
Gilet : voce francese di dubbia origine :
la più probabile è da Gille {Aegidius)^
personaggio comico del teatro popolare
francese, che portava una veste senza
maniche come appunto la sottoveste. Al-
tri spiega da un Oille^ nome del primo
fabbricatore, ma è poco probabile. Benché
talora si trovi scritto sottoveste^ tuttavia
gilet è la parola prevalente nell'uso, scritta
anche gilè. Il vocabolo panciotto sembra
poco elegante e però non è molto usato.
In tedesco tale voce francese è poco co-
mune, per nulla anzi comune nella G-er-
mania settentrionale in cui dicesi weste.
NB. Nel contado di Cesena dicesi cor-
petto: documento fra gli altri come nella
insita forza del popolo stia molto della
salvezza della favella natia.
Gin : gineprina, liquore inglese estratto
dalle bacche del ginepro, onde il nome.
La parola gin è notata nei diz. fran-
cesi.
Ginecologìa: (neoL, dal greco ghinè.,
ghinaikòs :r^ donna e il solito suffisso
logia = trattato) quella parte della scienza
medica che studia specialmente le funzioni
dogli organi muliebri e le loro malattie.
Ginecòlogo.^ il medico specialista di tali
malattie.
Ginnoto: gymnotus., anguilla elettrica
dell'America, come nei nostri mari la
torpedine., lat. torpedinem := che dà tor-
pore, con la sua scossa, onde i nomi ai
terribili ordigni esplodenti del mare.
Giocare a scarica barile: palleggiarsi
le responsahilità per opportunità di quieto
vivere, difetto di carattere e di coraggio
insieme. Forte e caustica locuzione fami-
liare, tolta dal giuoco dei fanciulli che,
molti sul dosso e intrecciando le braccia,
si sollevano a vicenda.
Giocattolo: dal fr. jouet. «E voce non
toscana per balocco », così il Tommaseo.
« Pure è penetrata anche fra noi, parendo
ai venditori di quei gingilli che abbia mi-
glior suono e maggior importanza la voce
francese», così il Rigatini. Comunque sia
della sua origine, è parola dell'uso della
lingua comune, salvo al popolo di adope-
rare care voci proprie: umile forza con-
servatrice del linguaggio !
Giochetto: diminutivo di giuoco^ vale
con speciale uso e senso come imbroglio.,
frode fatta con arte come un giuoco di pre-
stigio. Es. Si ripetè il solito giochetto.
G legati co : nei dizionari è spiegato «mer-
cede al contadino che co' propri buoi ara
il terreno altrui». Ora in Romagna se-
condo il sistema colonico della mezzadria,
giogatico è il tributo in natura (sacchi o
stala di grano) che il mezzadro paga al
padrone giacché questi somministra il ca-
pitale del bestiame onde se ne avvan-
taggia per metà il colono. (Le agitazioni
agrarie del 1002 negavano questo antico
diritto consuetudinario).
Gioppìno: [Giopì) maschera e burattino
bergamasco, con tre gozzi: tipo del villico
di quel contado.
Giornalaio: neologismo fiorentino che
ha preso piede anche altrove per indicare
il venditore dei giornali e distinguerlo da
giornalista., scrittore di giornale. Dicesi
anche strillone., dallo strillare o gridare
che si fa del giornale. Voce notata senza
esempio dalla Nuova Crusca; ommessa
dal Petrocchi, Rigutini, etc.
Giornalismo: neol. italiano, tolto alla
sua volta dal neologismo francese jour-
nalisme : indica la professione del giorna-
lista e per l'influsso de' giornali su la
publica opinione, il complesso de' gior-
nali e delle opinioni de' giornali e simili.
Talora, come avvenne per molti nomi col
suffisso in ismo, vi si annette idea di
eccesso e di soverchiante. Parola che è
inutile né meno discutere, benché non tutti
i diz. moderni la registrino. Non parliamo
poi di giornalista (fr. journaliste) che é
« necessario accettare per colui che suole
scrivere ne' giornali », cosi il Rigutini. La
Nuova Crusca non accoglie giornalismo.
mentre stGcettn giornalista., perchè poi...?
Giorno (essere a, mettere a) : per essere
informato., essere al fatto ^ informare :
tenersi al giorno di una cosa., per stare
0 tenersi al corrente., sono locuzioni fran-
cesi penetrate da tempo nell'uso e ripro-
vate dai puristi.
Giostra: antica voce usata neol. per
indicare quel noto sollazzo da fiera, che
201)
Giù
consiste in un api)arccchio girevole con
navicelle o sfingi o cavallucci sospesi.
Giovane antico: curiosa locuzione di
popolo (Riminose) per indi-care il vecchio
celibe: x'óvne antigh. Dicesi anche di xi-
(cllona.
Giovani turchi : nome dato al partito
progressista turco il quale vuole la fu-
rono della coltura e della civiltà occi-
iontale con l'islamismo. Nel gergo politico
/ giovani deputati monarchico-liberali.
Giuda: il nome di Giuda Iscariote che
die Cristo per trenta sicli d'argento suona
])opolarmente in vece di traditore^ sper-
giuro, mancator di fede.
Giullare : talora dicesi per buffone^ ma
-1 intende non di quelli che fanno II me-
■<riere per le piazze, bensì di chi non ha
senso di dignità e di coscienza. Come voce
storica giullare significò il cantore o me-
nestrello {fr.jongleur^ dal latino joculator.
da jocus = giuoco) che si accompagnava
cantando al trovatore. Indi perdette del
suo primo buon significato e in francese
e presso di noi significò salti?nbanco , gio-
coliere^ buffone. Perchè poi il Petrocchi
pose questa voce fra le parole fuor d'uso?
Gipsotèca : (dal latino gypsum = gesso
e theca = fodera, involucro) raccolta di
gessi riproducenti, per ragione di studio
e di coltura artistica, i migliori e più ce-
lebrati lavori dell'arte scultoria, specie
classica. Neologismo non bello.
Giretto: voce lombarda, girett (cfr. ga-
retto., e per l'etim. V. jarretière). Indica
([uella pai-te della bestia macellata che
dalla polpa della gamba va al calcagno.
Serve specialmente per gli ossi buchi.
Giro: dicosi familiarmente, e con largo
uso dialettale, invece di raggiro., affare
poco chiaro, imbroglio : giro familiarmente
an<!he si dice di donna licenziosamente
libera o di professione sospetta. È una
del giro., è un giretto: donna di giro è
anche in toscano. Prendere in giro r. -
beffare, farsi giuoco. Milanese, toeu in gir.
Girondino e Gironda: noto nome storico
dei deputati della Gii'onda al tempo della
gran rivoluzione di Francia. I Girondini
formarono il glorioso partito d(*' primi
tempi della Assemblea legislativa e della
Convenzione : amatori puri della libertà e
A. Pan/ini. Supplnmnto ni Dixionari italiani.
del popolo, ma senza violenza ne ingiu-
stizia : rappresentavano il fiore della intel-
ligenza e del valore della rinata Francia.
Avversi alla tirannide regia e feudale, cad-
dero per opera della tirannide giacobina
nelle giornate del 31 maggio e del 2 giu-
gno 1793. Arrestati, giudicati, furono con-
dannati a morte il 31 ottobre 1793. Pec-
carono di troppa idealità e di ignoranza
della tenibile logica che regge le umane
passioni e la umana malvagia natura.
Oironda fu detto il loro partito {Oironde
e girondini in francese). Queste parole si
rinnovano talvolta nell'uso. Così il Car-
ducci, accennando all'amor suo e di Al-
berto Mario per la libertà e per la giu-
stizia, idealmente e nobilmente intese,
chiude esclamando: « La Oironda è finita,
per sempre finita » . Per Alberto Mario in
Confessioni e Battaglie.
Gironzolare: per gironsare., girellaì-e.
girondolare o girandolare, gir otto lare non
piace ad alcuni puristi ; certo è verbo che
aumenta senza richiesta un numero anche
troppo grande di fratelli.
Girovagare: neol. da girovago.
Gitano: voce spagnuola che vale xiv-
garo^ da egipciano, nome di gente randagia
e senza fissa dimora, la quale si crede di-
scendere dagli Egiziani. V. Oypsy.
Gittare: V. Gettito.
Giunca: piccolo bastimento cinese ed
indiano, a fondo piatto, con prua e poppa
rialzate. Porta tre alberi con vele di stuoja.
Gius 0 giure: latinismo in vece ó.i di-
ritto, da Jus (radice come in jubeo —
comando) ordine^ decreto e., propriamente,
diritto^ inteso come il complesso delle
leggi e delle consuetudini che determinano
il lecito e r illecito.
Giunònico: Giunone (in greco, Hera) fu
sposa e sorella di Giove, figlia di Saturno
e di Ci belo, Dea del Cielo, dell'Aria, delle
Nozze, delle Gravidanze, dei Parti. Ella
era inoltre una specie di terribile Zan-
tippe celeste, ma, dalla descrizione che co
no lasciarono gli antichissimi poeti, risulta
che ella era formosissima donna. Boiòms.,
cioè dallo grandi pupillo umido e nero
come quelle del bue e ÀevKioÀei'Og., cioè
dalle bianche braccia, è ricordata da Omero,
il <!ho fa credere che tutto il roste fosso
14
Gin
210
(;i!
conforme. Ondo ne derivò V aggettÌYO giu-
nonico^ detto di donna formosa, o attri-
buto di membra di donna in cui la bel-
lezza non sia disgiunta da prestanza ed
opimo sviluppo.
Giuri: o, secondo l'origine inglese della
parola, Jury: voce internaz. accettata nel
diz. italiano. Dicesi anche giurìa^ l'as-
semblea 0 consesso de' giurati. Oiuri è
altresì nome di commissioni incaricate di
esaminare e di giudicare su speciali que-
stioni. Oiuri d'onore quello che decide
di questioni cavalleresche, cioè a dire se
vi sia 0 no motivo di duello. La parola,
probabilmente, a noi provenne per via
della Francia ove quella voce insieme al-
l' istituto passò al tempo della Rivoluzione
(1791). In francese sono accolte le due
forme juri e jm^y.
Giury: V. Oiuri.
Glabro: francese glabre in luogo di
liscio è aggettivo non infrequente: lat.
glaber =r liscio, calvo.
Glaciale : da latino glacies = ghiaccio,
vale gelato; è quindi un'esagerazione ap-
plicarlo ad acGoglienxay aspetto e simili
in luogo di fredda. Invece è conforme alla
natura della lingua francese tale esage-
razione, onde glacial = insensible., ruorne^
iìidifférent . Aecueil glaciale mine glaciale,
abord glacial.
Gladio: latinismo: gladÌ2is =^ apadvi.
Glande: V. Appendice.
Glandola tiroide: glandola sottostante
a quella cartilagine della laringe la quale
in taluno sporge all' infuori ed è chiamata
volgarmente il Pomo d'Adamo. L'ufficio
di questa glandola, nella economia dell'or-
ganismo non è ancora ben noto. L'etimo-
logia della voce tiroide non è delle più
certe : la più probabile sarebbe questa da
^vQEÓg scudo ed slòos forma, cioè sew-
ti forine.^ detto propriamente al Pomo d'A-
damo, indi esteso alla glandola sottostante.
Glassa: Y. O lassare.
Glassare: versione fonica del francese
giacer = gelare : verbo usatissimo nel lin-
guaggio culinario e significa, per quel
largo senso estensivo che hanno i vocaboli
francesi, couvrir de gelée, cioè cospargere
dolci 0 carni di una specie di gelatina
che li rende più vistosi : quindi bue glas-
sato., coppa glassata, etc. Il signor P.
Artusi nel citato manuale di Culinaria,
scritto con grazia nostrana e purezza di
lingua da far arrossire molti testi scola-
stici, (voglio dire i loro autori) propone
in tale senso le voci crosta e crostare. Ma
forse non gli soccorse l'antica nostra pa-
rola biuta che il Petrocchi s'affretta a
collocare nelle voci morte, e che udii viva
nel popolo in bùida.
FyavKa EÌg Adijvag: leggesi negli Uccel-
li di Aristofane Y. 301. Tlg yXavu Adi^va^''
i'iyays. Portar nottole ad Atene e vasi a,
Samo., cioè far cosa superflua.
Gli : è di solito dai grammatici ristretto
al solo dativo sing. maschile = a lui: nel-
l'uso toscano e di tutta l'Italia media,
ove prende suono di je, vale anche fami-
liarmente a lei, le. Si usa anche — pur
in Toscana — in cambio della forma let-
teraria, ma greve e lunga, loro, a loro.
Yero è che il gli in tale senso non esco
dal dialetto e dal parlar familiare. Non
mancano però esempi letterari : « Chi si
cura di costoro a Milano ? Chi gli darebbe
retta? {Pr. Sposi., Cap. XI), benché si po-
trebbe spiegare come usato con forza di
collettivo. Y. ci. Oli usasi anche per H
= loro. Es. Oli ho visti io.
Gli affari sono il danaro degli altri:
motto felice e vero nella sua lepidezza
iperbolica che leggesi in un romanzo fran-
cese della signora Girardin, Marguerite
aux deux Amours, Bruxelles, pag. 104, e
che fu rinnovata da A. Dumas in un suo
dramma La question d'argent (Les af-
faires., e' est bien simple., e' est l'argent
des autres). Cfr. il motto comune alla
civiltà mercantile : gli affari sono gli
affari. Y. Positivismo.
Gli dei se ne vanno: Y. Les Dieux
s'en vont.
Glissons, n'appuyons pas: il verbo ^/*5ser
francese, risponde ai nostri n(ìx\A sorvolar e.,
passar sopra e simili, passer légèreìnent
sur un sujet., sur une matiére, sur un
toH., sur un reproche^ etc. La locuzione
su riferita ci è assai comune ed è tolta
da un antico e noto verso francese : glis-
sex, mortels., n'appuyez pas:
Sur un mince cristal l'hiver conduit leurs pas :
le précipice est sous la giace.
(ilo
— 211
Gog
Tolle est do vos i)hii.siis la légèro surface:
fllissex, mortels, u'appuyoz pas.
< oncctto della vfta assai vero, senonchè
sposso è ritorto nel senso che per andar
d'accordo col prossimo e forse con la pro-
j>ria coscienza (quando e' è) è bene sor-
volare, non insistere. E anche questo è
co^R vera se non ottima.
Globe trotter: è locuzione inglese rela-
tivamente recente per indicare quelle per-
sone le quali trottano il mondo, come
sarebbe letteralmente, cioè che viaggiano
tutto l'anno, specialmente per la pas.sione
di viaggiare: passione che ha preso spe-
cialmente gli anglo-sassoni, e si compren-
de: sono ricchi, due terzi del mondo sono
sotto la loro giurisdizione, la loro lingua
' nota dovunque. Che cosa di più piace-
vole che viaggiare? Spesso col nome di
globe trotters noi chiamiamo certi stra-
vaganti che rendono più diffìcile il loro
viaggio adempiendo una bizzarra scom-
messa.
Globuli rossi : elemento del sangue con-
tenente l'emoglobina, che è una sostanza
albuminoide in cui è del ferro solubile nel-
l'acqua; ed è avidissima di ossigeno cui
trae dal polmone per l'atto della respira-
zione. 11 color rosso è dato dalla massa
dei globuli. Yale v'igore, forza vitale.
Glossite: (yÀcjooa^ lingua.) Nome gene-
vìco dato a tutto le infiammazioni e le-
sioni della lingua, superficiali o profonde,
acute 0 croniche.
Gneiss: parola di origine sassone, usata
j)uro in francese: indica una roccia com-
posta di feldspato, quarzo e mica, a strut-
tura schistosa. Termine equivalente lom-
bardo, bèola.
rì>(7)di aeavTÒv: parole scritte sul tem-
pio di Apollo Delfico e reputate divine:
conoscile stesso^ sintesi del concetto della
coscienza. Secondo quanto leggesi nel Pro-
tagora di Platone, il mirabile motto fu
scritto in lettere d'oro dai Sotte Sapienti.
Socrate che trasse dal cielo la filosofia
su la terra^ cioè che primo trattò della fi-
losofia come scienza della vita, fece il
motto fondamento della sua dottrina.
E cacio deacendit yviTìdl Oeavtóv
fìiovp.NALK, Satire, XF, 27.
Goal : meta, voce inglese che nel giuoco
della Palla al Calcio ove è di pramma-
tica la lingua inglese, indica una specie
di porta rappresentata da due aste verti-
cali alte due metri e mezzo (goal-post)
unite alla loro sommità da un'altra oriz-
zontale, detta ò«r, della lunghezza di sette
metri. Es. « la squadra milanese ottenne
la vittoria con tre goals contro uno, fatto
dai genovesi ». Y. Foot-ball.
Goal-keeper: ingl. custode della meta:
dicesi nel linguaggio della Palla al Calcio
per indicare il giocatore che sta a guardia
della porta ed impedisce che la palla vi
passi, e può valersi anche delle mani. Y.
Foot-ball.
Goal-post: meta e compiutamente co-
lonna di meta nel giuoco della Palla al
Calcio. Così, con voce inglese, si chia-
mano le due aste verticali alte due metri
e mezzo che determinano la porta che è la
meta del giuoco. Y. Foot-ball.
Gobelin : nome che i francesi danno agli
arazzi e alle tappezzerie, e deriva dalla
voce propria, Gilles Gobelin che, al tempo
di Francesco I, fondò in Parigi una fab-
brica assai rinomata per finezza di lavoro
e per l'arte di tingere le lane.
Goccetta o goccia militare : (fr. goutte
niilitaire) è chiamata la blennorragia cro-
nica.
Goccia militare: Y. Goccetta.
Goddam: Dio danni! esclamazione e
intercalare attribuito agli inglesi {Qod
damn).
God save the King: e quando c'era la
regina, God save the Queen, principio
dell'inno popolare inglese: Dio salvi il
re. Y. John Bull.
Goffetto : giuoco di ventura o d'azzardo,
simile alla primiera, diminutivo di goffo
0 goffi.^ voce registrata ne' buoni lessici
e con esempi classici: un proverbio an-
tico dicea: « Chi fa a* goflì e non sa faro,
perde i quattrini e goffo rimane».
Gogò: voce del gorgo francese : vale im-
bécile., crèdule^ dnpe. Es. «Como roman-
ziere regala alla letteratura antimilitarista
un libro «feroce». I suoi ufficiali sono
dei ^ro^o."?, i sottouffìciali dei poco di buono,
i soldati dogli automi ». In milanese gogò
vale lo stesso, cioè baggeo.
Gol
:12
Gol-
Goldone: V. Appendice.
Golena: voce speciale dell'idraulica del
Po che indica la porzione di letto, re-
litto del fiume., invaso dalle acque sol-
tanto nelle grandi piene : generalmente
è coltivato, e si intende sempre come
esterno agli argini.
Goletta: dal francese goelette: nave leg-
gera e rapida, dalle trenta alle cento ton-
nellate, con due alberi a vela aurica (randa) e
bompresso. La voce francese go'èlette par
che derivi da go'èlette^ rondine di mare:
questa parola alla sua volta da una voce
bretone gwela = piangere, da cui il nome
go'èlette dato alla rondinella del mare pel
suo canto lamentevole.
Golf: nome di un giuoco, anglo-scozzese
di origine, moderno e assai in onore ; del
genere del foot-ball., del cricket etc. che
ha per iscopo il diletto e l'esercizio fisico.
V. Encycl. britannica., Volume XXIX,
1902, che ne tratta più che ampiamente.
Goliardo : Goliardi o Vaganti o Cle-
rici errantes., è nome dato a' rimatori
medioevali in lingua latina: ma in un
latino vivace che si accostava nella lingua
e nella forma ritmica alla maniera popo-
lare della nuova poesia. Il canto goliardico
ha vivo il senso della natura e dell'amore
e contiene balde allegorie, satire, acerbe
parole contro il misticismo e la chiesa.
La parola si crede derivata da Golia., e
fègli di Golia sono chiamati i Goliardi.
Altra più popolare etimologia è per l'in-
flusso della voce gula (gulosos). Alcune
canzoni goliardiche sono tenute in onore
anche al dì d'oggi, specie dagli studenti
germanici. Questa antica voce è viva tut-
tora con vario e nuovo senso dedotto dal-
l'antico. « Egli era il più goliardo della
compagnia » Carducci, Le risorse di S. Mi-
niato al Tedesco. Un altro avrebbe scritto :
il più bohemien. Cappelli goliardici =: i
berretti degli studenti.
Golpe: vale volpe., carie. È una ma-
lattia del frumento che ne attacca le ca-
riossidi, trasformando in un ammasso di
sostanza nerastra e puzzolente il loro con-
tenuto. Il male è dovuto ad una critto-
gama, la Tilletia caries. La si combatte
coir incalcinatura o coli' immersione in so-
luzione di solfato di rame delle granella
destinate alla sementa. Golpe è ottima
voce usata specialmente dai contadini to-
scani. Nel linguaggio tecnico-agrario sono
adoperate di preferenza le altre due voci.
Gomma: in medicina indica una pro-
duzione patologica che appare come una
tumefazione, ed è così chiamata, sia per
la consistenza, sia per l'umore che ne
geme. Di solito questo nome è dato alla
gomma sifilitica^ o sifiloma che appare
nel periodo avanzato e grave (terziario)
della sifilide: può apparire sopra ogni tes-
suto, distruggendolo ed eliminandolo.
Gonfiatura: (da gonfiare, lat. Gonfiare)
termine volgare e familiare che significa
alcun fatto, ad arte esagerato, magnificato,
diffuso. Dicesi anche montatura (esage-
razione).
Gong : nome di campana cinese.
Gonorrea: per il senso vale blennorragia
(V. questa parob) come, per l'etimologia,
è da yóvog = seme e qecù = scorro, per ef-
fetto dell'antica opinione che lo scolo ure-
trale fosse scolo di seme.
Gordiano (nodo): voce usata nella lo-
cuzione tagliare o sciogliere il nodo Gor-
diano., e vale risolvere in modo risoluto
una questione non semplice. Come è nota
istoria, l'inestricabile nodo di Gordio, cui
si connetteva la leggenda del dominio
dell'Asia, fu da Alessandro il Grande
sciolto con la spada che lo recise.
Gorgerette: a questa viva voce fran-
cese risponde la voce nostra, poco usata,
gorgiera : collaretto di bisso o d'altra tela
molto fine che, per essere increspata quasi
a foggia di lattuga, fu detto da noi anche
lattughe.
Gòrgia: «forte strascico e aspirazione
di consonanti, specialmente dell'r » così il
Petrocchi. Questa voce mi sembra invece
più usata per indicare la speciale maniera
di proferire, o cantilena, secondo i dia-
letti, i linguaggi, le regioni. Milanese
gorga., romagnolo gòrgia. Tale ad esempio
è il significato che il Leopardi, in una
lettera da Eoma al fratello Carlo, dà alla
parola gorgia parlando di certi francesi i
quali discorrevano con così spiccata loro
cadenza che non li potè bene intendere
(anzi su questo documento un rappresen-
tante della nuova critica antropologica si
213 —
Gra
Itasa per negare al grande lirico nostro, ol-
tre a tante altre qualità, persino il « senso
auditivo». Quam parva sapientia! (V.
D'Ancona, Ricordi edaffetti^TvQYG^^ 1903,
,..42).
Gorilla: e così chimpan%è o seimpanxè
dicesi familiarmente di uomo brutto e
antipatico. Il gorilla è il più grosso e ro-
busto dei scimiotti (antropomorfi) : faccia
orrida, pelo nero, senza coda, braccia fino
ni ginocchio, ritto, uguaglia l'uomo.
Gotica: come aggiunto di figura dicesi
familiarmente di quelle persone che vanno
all'antica e che mancano di linee eleganti;
male, anzi ridicolmente sagomate. Figure
gotiche sono propriamente quelle figure a
rilievi marmorei, rigide, angolose, sim-
metriche, senza prospettiva o scorcio che
adornano le chiese medioevali.
Gotha: V. Almanacco di Gotha.
Gourmand : parola francese, tanto nel
senso di ghiotto, goloso., ingordo., man-
gione come neir altro senso di gastro-
nomo^ buongustaio. In questo senso più
dell'uso è la voce gourmet, che propria-
mente è il conoscitore del vino. Per l'e-
tim. Cfr. lo Scheler.
Gourmet: V. Oourmand.
Gourmette : in francese è il barbazzale.
Ma la gente elegante, almeno da noi e
per quel che intesi e lessi nei cataloghi,
estende questa voce per significare una
specie di braccialetto o catenella, serrata
a maglia come un barbazzale.
Governo: chiamano così gli enologi un
processo di seconda fermentazione assai
l)raticato in Toscana. Esso consiste nel-
r aggiungere al vino, già travasato, ordì-,
nariamente nel novembre, una certa quan-
tità (dal tre al dieci per cento) di mosto
con vinacce e senza graspi, ottenuto da
uva scolta o ben conservata. Cotesto go-
verno conferisce al vino, oltre che limpi-
dezza e profumo, quel frizzante naturalo
olle è proprio dei vini di Toscana, e che
dai mercanti ò imitato con processi che
non hanno nulla a che faro con la pianta
sacra al dio Libero.
Governo ladro: è compiutamente, piove,
governo ladro/ locuzione dei bei tempi
del giornale il Fanfulla^ dotta in origino
|)or forte dileggio di coloro die tutto at-
tendono, tutto fan derivare dal governo,
come è costume: frase divenuta comune,
(e detta anche sul serio, senza \\ piove).
Governo negazione di Dio: frase storica
per la prima volta dallo statista inglese
W. E. Gladstone foggiata a proposito del
governo borbonico di Napoli, nel 1851:
This is the negation of Ood erected into
a system of Government: è la nega-
zione di Dio eretta a sistema di governo.
La frase autorevole ed incisiva nocque
al governo di Ferdinando II più di una
sommossa o di una congiura.
Governo turco ! : e più spesso giustizia
turca! per pessimo., burocratico governo,
venale o lenta giustizia: antonomasia a
cui la Turchia potrebbe fare qualche salsa
osservazione, e dire che non è essa sola
a godere tale privativa.
Graeca per Ausoniae fìnes sine lege
vagantur: i nomi greci in Italia si pro-
nunciano come si vuole {vagano senza
legge) ed è sentenza antica della Regia
Parnassi; oggi spesso rivolta ad altri
sensi. Yero è che non solo in Italia v'è
libertà di accento per i nomi greci ma
altresì per i nomi italici. V. Accento.
Graeca sunt, non leguntur ovvero grae-
cum est, non legitur: è greco non si legge.
Così dicevasi e scrivevasi sul serio nel-
l'Evo Medio quando il greco era lingua
mal nota. Oggi il motto vive e si ripete
con lepida intenzione di appuntare la al-
trui inettitudine a comprendere cosa al-
cuna.
Graeculus: latinismo, diminutivo àìgrae-
cus. Con senso di spregio erano chiamati
graeeuli in Eoma imperiale i retori e fi-
losofi greci, che della gran patria ellenica,
ormai vinta e spenta, avevano traspor-
tato nel Lazio soltanto celio spirito gretto,
fastidioso, pedante, degenere. Questa an-
tica voce non è del tutto morta nella lingua
odierna.
Graffito: dal gr. yfjitgHor- incìdo: ge-
nere di pittura ornamentalo e parietale,
semplice ed elegante, ottenuto incidendo
con speciale procosso di segni odi disegni
l'intonaco proparato all'uopo: usatissimo
nell'arte nostra della Rinascita; nel quale
tempo non vi fu forse città italiana la
quale non avesse avuto case o palazzi de-
(ira
114
Ora
corati di graffito, ne vi fu artista che
sdegnasse di far le sue prove di capriccio,
emulando gii altri nelle invenzioni e nelle
forme di questo grazioso genere. Il graf-
ito regge alle intemperie e il suo chia-
roscuro su le case spoglie d' ogni orna-
mento, fa buon effetto e grato pel carat-
tere suo alquanto cupo e bizzarro.
Grafòfono: è il fonografo di Edison,
perfezionato.
Grafologia: (dalgr. yQà<poj =: scrivo e
Àóyog = trattato) arte che studia la scrit-
tura (il segno grafico) come indice del
sentimento o del carattere dello scrivente.
Benché la grafologia abbia fondamento più
ciarlatanesco che scientifico, è certo che
non mancano acuti elementi di giudizio;
certo in alcuni casi di idiotismo, isteri-
smo, lipemania, delinquenza, la scrittura
può presentare ben più interessanti e si-
cure alterazioni che nei casi normali.
Grafomane: V. Grafomania.
Grafomania : dal greco yQdq)co = scrivo
e jiiavla = matita (di scrivere)., giacché fra
le manie che affliggono l'umana esistenza,
esiste veramente anche cotesta. Bisogna
però distinguere le forme tipicamente paz-
zesche che hanno caratteri determinati,
come sarebbero formule costanti, quasi
sacramentali, poscritti che sorpassano lo
scritto, prolissità e difetto di logica, etc.
e le forme comuni di grafomania. Diffi-
cilmente le porte del manicomio si aprono
al comune grafomane, e difficilmente anche
si riesce a distinguere ove cessi il furore
creativo e fecondo dello scrittore e co-
minci la mania di colui a cui basta riem-
pir di scrittura molta carta e possibil-
mente tramutarla in istampa. La man-
canza di correzione e di lima sono i
difetti più salienti del grafomane : la va-
cuità e la prolissità non sono vizi speci-
fici del grafomane soltanto. Derivato gra-
foìiiane^ che talora si dice per ispregio
di scrittore prolisso, non artista e che
troppo produce.
Granatina: siroppo ottenuto col succo
della mela granata.
Gran bestia (la) : definizione di sapore
biblico e di ricordo Nietzschiano, anzi frase
del Nietzsche, data dal D' Annunzio alla
folla, per significare spregiativamente l'a-
nima collettiva, dalle esplosioni incoscienti
e brutali e dal facile dominio. Questa lo-
cuzione ebbe fortuna di divulgazione come
ogni cosa del D'Annunzio, Cfr. La bestia
trioìi fante di (j. Bruno, la belua multo-
rum capitum, di Orazio, la vii maggio-
ranza del Carducci. Eppure quanto deve
il D'Annunzio alla Gran bestia!
Gran collare: il distintivo del più alto
grado di alcuni ordini cavallereschi : la
persona stessa ohe ne é insignita: femm.
gran coUaressa.
Gran completo (al): fr. au grand com-
piei. V. questa locuzione.
Grande di Spagna : titolo della più alta
nobiltà castigiiana, con speciali privilegi
e di carattere feudale : ciò in antico. Oggi
semplice grado di nobiltà di Corte.
Grande isterismo: V. Isterismo.
Grande Oriente : cosi é chiamato il con-
siglio 0 dignitario supremo di tutte le co-
munità [Logge) massoniche di una nazione,
e per estensione lo stesso Gran Maestro.
V. Massone.
Grand hotel: V. Hotel e avverto che
questo grand non è un semplice aggct-
gettivo ornativo, ma serve proprio a di-
stinguere l'albergo di gran lusso e di gran
trattamento dai comuni. Tale distinzione
è avvertita pur nelle Guide.
Grandinifugo: aggettivo aggiunto di
speciali cannoni, forniti di grandi trombe
che portano il suono del loro scoppio, do-
vuto a polvere pirica o ad acetilene: re-
centemente perfezionati, hanno per iscopo
di impedire la formazione della grandine.
(Almeno così si dice giacché é questione
ancora sub judice).
Grand prix: intendesi nel linguaggio
ippico il gran premio di Parigi, fondato
dal Duca di Morny nel '62 e inaugurato
a Longchamps nel '63. Queste corse al
galoppo ebbero il premio di lire 100.000
sino al 1891: quindi fu accresciuto del
doppio e vi possono concorrere cavalli di
ogni paese. Grand prix si legge oggi in
luogo di onorificenxa., premio, etc, spe-
cie se il premio fu ottenuto in Parigi.
Abuso di voce straniera, il quale è pur
indice notevole di servitù di pensiero !
Gran guardia: forte nucleo di milizie
agli avamposti, sì per dare il cambio ai
(ira
215
Gru
l)iccOii posti, sì per opporsi ad un primo
impeto del nemico.
Gran libro: V. Debito Publico.
Gran mondo : locuzione francese {grand
monde) assai dell'uso per indicare il ceto
di coloro che per ricchezza, agi, dignità
hanno speciale distinzione. V. alla voce
.} fondo.
Gran vitess (a) : per presto^ in fretta, è
volgare gallicismo milanese (grande vi-
tesse).
Gran-vizir: il primo ministro dell'im-
pfTO ottomano. Vix>ir o visir dall'arabo
wexir, letteralmente facchino, che porta
il peso del governo, ministro: nome dato
ai principali ufficiali del Sultano. È press' a
poco lo stesso processo che avvenne per
la parola ministro^ latino minister, da
minus = meno ('come magister da ìnagis
:;:più) e significò in origine servo ^ fa-
miglio, domestico.
Minister vetuli puer Falorui
inger mi calices auiaiiores.
Catullo.
Grappa: nome di acquavite, che per
essere genuina e buona, dev' essere pro-
dotta dalla distillazione dei graspi del-
l'uva; esso è liquore usatissimo nell'Alta
Italia, specie in Lombardia ; nel Veneto
dicesi graspa, cioè da graspo, come ap-
punto grappa vuol dire in milanese, cioè
graspo dell'uva. Grappa zzz ferro uncinato,
<jndo grappino, fr. grappin, onde anche
raspo etc, proviene dal tedesco krapfen
= rampino (antico alto tedesco kràpfo).
Uguale etimologia ha la parola grappo
(grappolo, graspo) = ramicello a cui sono
attaccati i chicchi.
Grappino: il bicchierino della grappa.
Voce usata in Lombardia e nota in molte
altre regioni. Di solito il popolo milanese
invece di grappino usa altre e simboliche
voci. In piemontese, bibi. In marina ^rap-
pino indica una specie di ancoretta a
quattro marre e senza ceppo, detta anche
ferro.
Grassatore o grassazione : latinismi
usati nel linguaggio forense ed altresì nel
linguaggio comune in luogo di ladro, la-
dro da strada. Il grasso in questa pa-
rola non c'entra per nulla, sì bene c'eiitia
la voce grassor, pari a gradior (cfr. in
italiano ingresso, aggredire etc.) che si^
gnifica : vado in fretta, vado girovagando,
onde grassator, vagabondo, ladro. Tale la-
tinismo spiace ai puristi.
Grassetto o grassino : termine tipogra-
fico, detto di tipo 0 carattere alquanto
grasso, inframesso agli altri caratteri co-
muni quando si vuole specialmente chia-
mare l'attenzione su di alcune frasi o pa-
role.
Grasso cadaverico o adipocera: so-
stanza grassa e mollo proveniente da una
alterazione dei tessuti de' cadaveri ove
siano in ispeciali condizioni (terreni assai
umidi od acqua) si che in vece di distrug-
gersi, si trasformano in una massa somi-
gliante ad un grasso.
Gratin : voce della cucina francese, ed
indica una speciale maniera di cuocere
carni, verdure, pesce etc: si intridono con
salsa bianca, parmigiano, burro, etc, indi
si mettono al forno così che fanno la cro-
sta sopra e sotto. Gratin vuol dire in-
fatti crosta dei cibi, che si togl^ grat-
tando : deriva dalla parola tedesca kratxcn,
da cui grattare, grattugia. Es. Sole au
gratin.
Gratis: modo latino, rimasto vivo nel
linguaggio del popolo, a cui la formula
cristiana et amore Dei talora aggiungesi
per lepidezza e rinforzo.
Grattate il Russo e troverete il Co-
sacco : il motto è francese : grattez le Busse,
vous trouvere% le Gosaque ed è attribuito
a Napoleone I.
G ratto! r: voce francese per raschietto,
raschino, in milanese sgarxin, specie di
coltellotto che si usa per raschiar gli er-
rori incorsi nelle scritture. Questo fran-
cesismo, notato dai puristi, non mi pai(^
più molto dell'uso.
Gratuitamente: por senxa motivo pro-
cede secondo i più rigidi puristi dal fr.
gratuìtement, e così dicasi di gratuito.
Es. « questa è un'offesa gratuita ». Il Ki-
gutiiii con esempi del "()00 (> biblici (odio
habuerunt me gratis) difende tale osten-
sione pur ammettendo che è dal francese.
Il vero è che questo duo voci, come cau-
stiche ed efficaci, si difondono troppo bone
})er se stesso.
Gratuito patrocinio: (luando una per-
Gv'à
'21(3
sona intenda sostenere una lite e non abbia
danaro sufficiente per far fronte alle spese
relative, si rivolge ad una commissione
apposita istituita presso ogni tribunale,
denominata Commissioyie del Gratuito
Patrocinio ; espone il fatto, presenta un
certificato del Sindaco ove ha il suo do-
inicilio, da cui appaia la relativa misera-
bilità, un certificato dell'agente delle im-
poste da cui risulti che nulla o quasi
nulla possiede e chiede dì essere ammesso
al benefleio del gratuito patrocinio per
la causa che vuole instituire. La com-
missione (composta di un giudice presi-
dente, del procuratore del Ee e del Pre-
sidente del Consiglio dell' Ordine degli
avvocati o d' un suo incaricato) esamina
il Ricorso, sente l'altra parte (pur troppo
non sempre) e se trova: a) che la causa
è soffusa dal cosi detto fumus boni iuris
(probabilità di vittoria), e che b) la mi-
serabilità assoluta o relativa è provata,
ammette il ricorrente al benefìcio del gra-
tuito patrocinio, gli nomina un patroci-
natore così detto ufficioso affinchè lo di-
fenda. In caso diverso, respinge il ricorso.
Presso le Corti d'Appello è pure instituita
una Commissione del gratuito Patrocinio
la quale rivede le bucce, in seguito a
reclamo d'una delle parti, ai decreti delle
commissioni istituite davanti ai Tribunali.
(^)aesta istituzione sostituisce l'antico av-
vocato dei poveri.
Great: ing., grande.
Great attractìon: locuzione inglese abu-
sivamente e talora lepidamente usata per
indicare uno spettacolo straordinario., che
offra grande attrattiva. Tale anglicismo è
alti'osi fra i neologismi francesi.
Great-event o anche event : avveni-
mento^ dicesi inglesemente nel linguaggio
dello Sport per indicare una corsa nota
ed importante. Doublé, triple event., altra
locuzione inglese delle corse per indicare
la vittoria di due o tre cavalli della istessa
scuderia.
Grecale o grecalata: vento fresco di
greco, intermedio tra tramontana e le-
vante (nord-est).
Gregari: dicevano i latini e da noi si
dice di soldato non graduato, contrapposto
ad ufficiale {gregarii^ da grex = gregge.
dunque del gregge). Ora gregari si dice
talora di quelli che si raggruppano at-
torno ad un personaggio principale né
hanno gran valore per sé, ma pel numero:
voce non rara nel linguaggio giornalistico
e della politica.
Grelot : fr., campanello metallico in for-
ma di palla : probabilmente dal lat. cro-
talum, gr. uQÓtaÀov^ nacchera (Diez).
Grenadine: nome francese di una specie
di stoffa leggera a trafori come un mer-
letto, usata per gli abiti muliebri, solita-
mente di colore nero.
Greppia: voce a tutti ben nota (dal-
l'ant. ted. krippa) che il popolo con au-
dace traslato usa spregiativamente per in-
dicare r impiego, e specialmente quello
del governo, che dà, come la greppia, si-
curo se non lauto alimento a patto però
di stare ad essa legato, onde la locuzione
volgare mangiare alla greppia^ o alla
greppia dello Stato per dire essere uffi-
ciale dello Stato. Eppure si noti come la
servitù dell' impiego in questa nazione
nostra così ribelle (almeno nelle espres-
sioni) rappresenti il più comune degli
ideali. Tale locuzione non manca al te-
desco, Staatskrippe.
Grès: voce francese, derivata dall'ant.
alto ted. grie%^ ted. moderno griesx,^ basso
lat. gresum.^ it. greto (secondo il Flechia
greto è sincope dii ghiareto). È nome di
una speciale roccia formata di grani di
sabbia agglomerata, da calcare, silice o
altro materiale, dura e friabile nel tempo
stesso. La parola nostra è Arenaria., dal
suo principale componente. In milanese :
molerà. Dicesi oggi grès per indicare un
impasto, specie di porcellana ordinaria,
per opere ceramiche, tubazioni etc. ; e in
tale senso la voce francese è assai del-
l'uso presso di noi.
Grigio: nella locuzione ora grigia., vale
periodo di tristezza., scoraggiamento, di-
savventura. V. Zone grigie.
Griglia: fr. grille (dal lat. craticula --=z
grata) per ingraticolato o inferriata o
gratella « usasi sconciamente » così il Ri-
gutini. E deve essere veramente sconcio
« questo gallicismo » perché ne' lessici non
lo trovo registrato. Le carni, i pesci, in-
fatti si cuociono su la gratella o graticola
(in
217
Ciri
e non su la griglia^ ma quando una voce
non buona va fortemente radicandosi nel-
r uso, è assai facile sbagliare anche da
persone provette. Nell'uso però mi sembra
che occorra più frequente la parola ferri
(braciola ai ferri) ^ che alla griglia. An-
che questo ferri per graticola è neo-
logismo che spiace ai puristi. Y. Grille.
I Ma comunissimo è l'uso di griglia per
persiana., cioè quella difesa esterna delle
lìuestre, formata da due telai in cui ca-
lettano obliquamente delle stagge. Ge-
losie {h'.j a lousie := persiana) poi sono dette
le due parti basse della persiana che si
imperniano nel telaio maggiore e servono,
non solo a regolare la luce, ma a vedere
senza esser visti. | In alcuni luoghi dicesi
senz'altro gelosia per persiana. Gelosia,
benché di manifesta provenienza francese,
è parola accolta anche dai puristi.
Grignolino: buon vino da pasto piemon-
tese (Alessandria), di color granato chiaro.
È nome altresì del vitigno.
Grillare: traduz. abusiva del francese
griller., cioè cuocere su la graticola. V.
^Grille.
Grill : nella lingua francese ; grille in
tedesco; grill in inglese significano la
graticola o gratella su la quale sino dai
tempi più remoti si costuma da noi di
far cuocere a fuoco vivo le costate, le
braciuole, il pesce, etc. L' etimologia è
unica: dal latino craticula. Questo sem-
plice, sano e squisito modo di cucinare
oggi è in molto onore anche nei grandi
alberghi e la gente elegante ordina le bra-
cciolo alla grille! \ Grill-room : si legge
poi am])ollosamento in molti alberghi, bir-
rerie, trattorie di lusso per far capire che
([uivi v'ò uno speciale fornello per cuci-
nare le carni su la graticola. V. la pa-
rola Griglia.
Grill-room: V. Grille.
Grìmpeur : Ir. da grimper = arrampi-
carsi con l'aiuto dolio mani e dei piedi,
dicesi degli alpinisti arrampicatori .^ abili
(•ioè nello scalare e arrampicarsi su le più
alto vette. Passione ed esagerazione dei
tempi nostri.
Gringo: voce ispano-ai'gentina,data per
dispnìgio agli italiani della Kei)ublica Ar-
gentina. Gringo paro essere corruzione di
griego --zi greco, onde la frase spagnuola
hablar en gringo, parlar in modo incom-
prensibile. V. e confronta Welsch.
Grippe: dal tedesco greifen = prendere,
colpire. V. Influenza. Grippe come voce
medica universale è accolta ne' dizionari
recenti. Malattia infettiva epidemica, con-
tagiosa, caratterizzata da un attacco del
male, solitamente improvviso, con prostra-
zione generale e sintomi variabili, ma più
comunemente colpisce l'apparecchio respi-
ratorio, con catarro e congestioni bronco-
polmonari. È dovuto ad un particolare mi-
crobio 0 bacillo, detto di Pfeiffer.
Gris: e, se fosse signora, ^Ws^, dicono
garbatamente in Francia, ma con uso
familiare, e da noi ripetono le persone
mondane, di individuo che è brillo, un
po' di qua e un po' di là, un po' stordito.
come appunto il grigio {gris) che non è nò
bianco né nero.
Grisette: yeM?2e fille de mediocre con-
dition., et plus ordinaire?nent jeune ou-
vriere coquette et galante. A Paris cette
qualification se prend toujours en mau-
vaise pari. Così da un vecchio libro : in
italiano, sartina., sartorella (V. mada-
mina). La parola deriva da una specie di
veste semplice detta grisette., cioè, véte-
ment d'étoffe grise de peu de valeur : in
piemontese griseta = drappo di color bigio.
Grisette è una delle voci francesi che ven-
nero di moda fra noi dal tempo della Mo-
narchia di luglio ed ha attecchito così
bene che anche oggi si ode non raramente.
V. Midinette.
Grisou : nome del gaz idrogeno proto -
carbonato che si svolge dallo miniere di
carbone fossile. Voce francese : grisou i-
grec, cioè feu grégeois., voce vallona zzi
fuoco greco. Il Littró pensa che possa de-
rivare invece da gris., pel colore che que-
sto gas dà alla luce. Il nomo scientilico è
metano.
Gris-perle: nel determinare i (iolori dello
stoffe e delle parti del vestito, il linguaggio
comune della moda usa oramai voci fran-
cesi. Ora i franciosi distinguono il color
grigio nelle sue gradazioni ponendogli ac-
canto nomi di colori ben noti, onde gri.y
hleu., gris noir., gris perle., etc.
Grissini: voce dialettale o locale, che
Gri
-^ 218
(mi
indica una specialità di pane torinese, squi-
sitissimo, croccante, fatto a foggia di ba-
stoncelli lunghissimi, non più grossi di
un dito mignolo. La eccellenza e la dif-
fusione di questo pane ha fatto sì che il
suo nome abbia avuto non solo onore di
versi, ma altresì di essere notato nei di-
zionari dell'uso e di essere accolto anche
in fr., grissin.
Grizzly (ingl. grigio)', nome dell'orso
grigio d'America settentrionale: TJrsus
cinereus ferox. Y. Baribal.
Grog: parola inglese, usata pure in Fran-
cia, ed indica una bevanda di un terzo
di acquavite o altro liquore, e due terzi
di acqua con aroma di zucchero e limone ;
specie di ponce. Quanto all'origine del no-
me si narra che l'ammiraglio Vernon aven-
do proibito ai marinai di bere del rhum
puro, costoro per dispetto, chiamarono il
rhum annacquato col sopranome di old-
(jrog che era dato al detto ammiraglio, da
grog'ram = grossa grana, detto della sua tu-
nica. V. l'enciclopedia di Chalmers.,6. 113.
Grognard: parola francese che vuol dire
brontolone. Es. « Un magnifico teatro ieri
sera per la seconda rappresentazione del
Tristano. Poco meno di seimila lire d'in-
casso. Tutte le signore nei loro palchetti,
tutti gli abbonati nelle loro poltrone, non
esclusi i più temuti grognards ». Gro-
gnard proviene da grogner, antico francese
groigner.^ rispondente all'italiano^rz^^rmre,
lat. grunnire.
Groom : (pronuncia groiìm) voce inglese,
passata al francese, e probabilmente per
questa via- air italiano. Palafreniere., staf-
fiere^ valletto, paggetto, sono belle voci
nostre e proprie che potremmo usare in
sostituzione della parola straniera. (Il Lit-
tle rivendica groom al francese gromet =
domestico, garzone del vinaio).
Gros: voce francese; tessuto di seta di
grossa trama, come dice la voce.
Gros bonnet : locuzione francese, molto
felice, dedotta verosimilmente dal gallone
alto che i graduati portano sul berretto,
per indicare i pex,%,i grossi di qualche am-
ministrazione. E voce comune da noi, e
vi si connette spesso un senso di spregio.
Noto come curiosità, almeno per me si-
gnificante, che G. Garibaldi, in una sua
lettera, esumata nei giorni in cui caddero
per la fiumana dei primi mesi del nuovo
Eegno di V. E. IH, i muraglioni del Te-
vere in Eoma, ben prevedendo sin da
allora tale mina per la mal progettata e
mal compiuta opera, ne dà colpa ai pezxi
grossi del Ministero dei L. P., cui chiama
con l'epiteto nuovo di cardinali. Molto
facilmente un altro avrebbe usato gros
bomiets. G. Garibaldi, non letterato, ma
italiano, creò in vece un neologismo felice
ed italiano. Documento minimo, ma che
contribuisce alla mia paziente dimostra-
zione: essere il sentimento, non le leggi,
non le scuole, la principale causa della
conservazione di un linguaggio.
Grossier: voce francese; risponde esat-
tamente alla nostra viva parola grosso-
lano^ {triviale., sgarbato., rozzo). Ma nel
linguaggio mondano si spende la prima
voce più volentieri che la seconda. Solita
caso !
Grossista: neologismo del linguaggio
mercantile, detto di colui che commercia
a grandi partite e non al minuto.
Grosso: nome di antica misura di peso,,
lombardo gròss., usato ancora presso i ta-
baccai. Vale 10 grammi.
Grotta: per cantina \ìye nei volgari di
Romagna e del Piemonte e così nel mi-
lanese, facendo, con la tendenza di questo
dialetto, maschile la parola in grotto, erot-
to, croi ; ma sempre intendesi di stanza
sotterranea.
Grottesca: in arte indica propriamente
le decorazioni parietali (secolo XV e XVI)
ad imitazione di quelle dell'epoca romana,
rinvenute per gli scavi che si fecero in
Roma nel 500 allo scopo di trovare statue
0 anticaglie. Siccome queste decorazioni
non venivano liberate dalla terra in cui
erano nascoste, e per studiarle conveniva
scendere in sotterranei o grotte, così grot-
tesche furono dette le nuove decorazioni
stesse. Di qui il senso derivato di biz-
zarro, capriccioso, etc.
Grotto: V. Grotta.
Gruera o Gruyère: nome di un noto
formaggio svizzero con occhi o buchi oleosi,
imitato bene anche in Italia, che trae il
suo nome dalla città svizzera di Gruyère,
nel cantone di Friburgo.
lira
219
(ine
Grumello: vino di Valtellina. Vedi Sas-
sèlla.
Guaglione : voce napoletana, ragaxxo,
i/ìovanotto. Al plurale Ouagliune.
Guanti di Parigi: V. Preservativi in
Appendice.
Guappo: altero., superbo., bello., voce
comune a vari idiomi e pare di origine
germanica. Vive nel dialetto napoletano
anche nel senso di spavaldo, bravaccio.
Guardare il letto : lezioso e falso modo
usato talora ad imitazione del francese
garder le Ut zzz. se tenir dans son Ut pour
cause de quelque indisposition. Noto la
locuzione perchè fieramente ripresa dai
puristi, vero è che non mi pare molto
dell'uso, almeno al dì d'oggi.
Guardiamarina: primo grado di ufficiale
nella E. Marina Italiana.
Guardina: «guardinna., quella stanza
di custodia o di guardia che è come l'an-
ticamera della prigione». Così il diz. del
Cherubini. Nel comune parlare, a Milano,
guardina è detta la prigione temporanea
nell'ufficio della Questura.
Guascone: (fr. gascon) in vece delle
nostre parole spaccone, smargiasso^ etc.
è voce francese usata anche da noi. La
tradizione, i proverbi, alcuni romanzi po-
polari come 1 Tre Moschettieri di A. Du-
mas, hanno fatto in Francia dell' abita-
tore della Guascogna il tipo del ciarlone
vanitoso e millantatore, che esagera ogni
cosa per deliberato proposito e per sua
insita natura. Derivato gasconnade.
Guastar le uova nel paniere: locuzione
nostra familiare e faceta che vale, sven-
tare le altrui macchinaxioni^ trame., pro-
getti.
Guazzo (pittura a): sorte di pittura e
coloritura che si fa con tinte stemperate
noli' acqua cui si aggiunge talora poca
gomma o colla o altra materia viscosa.
Dalla tecnica del guazzo derivò quella
dell' acquerello., che è })ittura di molto
superiore por effetto e bellezza, e in cui
specialmente si segnalarono gli inglesi
(water-colour).
Guelfa: voce storica, aggiunta di mer-
latura di edifici, torri, castella di cui la
testa è piana, laddove la merlatura ghi-
bellina ha forma di V.
Guelfo: con senso tolto dal valore storico
antico, dicesi di chi sostiene l'autorità e
l'egemonia del Pontefice e della religione
su l'Italia, benché di un partito costi-
tuito non si possa parlare, come fu del
partito politico neoguelfo prima del 1848.
In Germania v'è proprio un partito po-
litico, Welfenpartei^ ma con altro intento
che il religioso, come potrebbe essere presso
di noi.
Guéridon: voce francese che indica una
tavola tonda, elegante, ad un solo piede.
Per l'etimologia Cfr. il Littré, Appendice.
Guerrafondaio: neologismo manifesta-
mente effimero, dovuto al caustico e lieto
ingegno del Vamba o del Gandolin, gior-
nalisti in Roma; almeno così mi pare. La
voce suona dileggio per coloro i quali o
per ingenua baldanza o per fini non con-
fessabili vogliono la guerra a fondo. La
voce ebbe fortuna al tempo delle guerre
d'Africa e dopo la sconfitta di Adua, e
anche in circostanze posteriori venne usata,
specie nel linguaggio do' giornali, per av-
versare i fautori di conquiste coloniali e
di espansioni territoriali. I^a forza comica
che è nella parola guerrafondaio sta però
un tantino anche in ciò che è generale
la coscienza, ancorché non confessata, della
poca attitudine nostra belligera « I Ro-
mani... ! » « Sì, quelli di Mario e di Scipio,
ma sono morti, or è gran tempo».
Guerra in tempo di pace: traduzione
del tedesco, Krieg in Frieden., nota e gra-
ziosa commedia di G. von Moser e Fr.
von Schonthan. Il detto titolo acquistò
valore fraseologico.
Guerriglia : voce spagnola, guerrìUa :
dicesi di schiere di insorti, operanti per
conto proprio e libere nell'azione. La Spa-
gna, nello antiche lotte contro i Mori, nelle
recenti contro l'invasione nai)oleonica, ebbe
questa forma caratteristica di tattica di
guerra, conforme alla natura del suolo o
del popolo, 0 così universalmente la no-
minò.
Guet-apens: voce francese (lotteralmento
agguato pensato) e vale tranello, trappola.,
insidia., imboscata.
Gueux: voce storica usata in vece di
pcxxenti 0 straccioni por significane i
gentiluomini dei Paesi Passi, i (|uali noi
(lui
— 220 —
^•fyp
secolo XVI insorsero fieramente contro il
domiìiio spagnuolo, gloriandosi del titolo
spregiativo, dato loro dai superbi conqui-
statori. Oueux è voce fr. di malcerta eti-
mologia e storia. Cfr. Scheler e Littré.
Guidone: term. mar., bandiera a trian-
golo equilatero od isoscele, usata come
distintivo e come segnale nei navigli.
Guigne: voce del gergo parigino, e si-
gnifica déveine^ fnauvaise chance. In ita-
liano non mancano parole come disdetta,
iettatura^ arlia^ nel dialetto, ed altre an-
cora. Ebbene no, anche guigne! Es. « Que-
sta si chiama davvero guigne della peggior
qualità ! »
Guindolo : per arcolaio è parola ristretta
all'uso toscano benché sia registrata nei
lessici, tanto è vero che il Pascoli sente
bisogno di dichiararla in nota delle sue
rime {Canti di Gastehecchio) « tra le pa-
rolette che mal s'intendono». Ora guin-
dolo è altresì voce dell'alta Emilia e Lom-
barda. Così anta per imposta è voce lom-
barda e toscana ; e vi sarebbe da spigolare !
Guipure: merletto di pregio, senza fondo,
lavorato pazientemente con l'ago e filo di
refe o di seta seguendo un disegno stabilito
su di una grossa tela, le cui varie parti
sono congiunte da cordoncini, detti passi.
Questa parola deriva dal verbo guiper.^
termine tecnico di simile industria, che
vuol dire frangiare ed è vocabolo di ori-
gine germanica. Xssomigììix ì\ guipure ad
un merletto fatto sul tombolo co' fusetti.
Guitto: voce del gergo teatrale: indica
un attore comico di infimo ordine e di vita
misera e randagia. Guitto è antica nostra
voce e vale sordido^ abbietto^ sporco. Voce
di mal sicura etimologia. Cfr. Zambaldi,
op. cit.
Gulasch: nome di un piatto nazionale
ungherese, entrato specie nella nostra cu-
cina d'albergo, e consiste in una sorte di
umido, fatto di spezzatino di bue, forte-
mente drogato e condito di peperoni e ci-
polle, e vuol essere rinfrescata con molta
birra. Deriva da gulyasch che in unghe-
rase vuol dire pastore, quindi carne pre-
parata al modo dei pastori di quelle re-
gioni (Puszta).
Gulf stream : così inglesemente talora è
denominata la nota corrente del Golfo
(del Messico) che quasi fiumana oceanica,
da quel golfo partendosi, si volge tepida,
benefica, costante alle terre settentrionali
d'America e d'Europa. Aggiungendo al-
l'abuso della voce inglese l'eiTore, alcuni
dicono : « la corrente del gulf stream ».
Gutta cavat lapìdem : la goccia scava la
pietra, così Ovidio [Epist. ex Ponto IV.
10. 5), ma è supponibile che il motto fosse
anteriore nell'uso. E il Poeta prosegue:
« l'anello si consuma con l'uso, e l'adunco
vomere si assottiglia con 1' attrito della
terra ». Per questa come per altre sentenze
classiche, il popolo nell'evo medio, fece
delle aggiunte o varianti, o traduzioni
maccheroniche e ridicole : a questa aggiun-
se : non vi., sed saepe cadendo = non
con la forza ma col cadere frequente.
Nel Candelaio del nostro Giordano Bruno,
III, 6, leggesi : Gutta cavat lapidem.,
non bis sed saepe cadendo., Sic homo fit
sapiens, bis non sed saepe legendo.
Gymkana: parola di formazione anglo-
indiana, da qualche anno venuta ed usata
in Italia. Jii una specie di «corsa cotillon>-> ,
fatta all' aperto o in un ippodromo, con
tutto il concorso dell'ippica e dell'equita-
zione nonché di una grande destrezza nel-
r eseguire speciali e bizzarri giuochi.
Gypsy: é miglior grafia inglese che
gipsy =zr zingaro. La parola é corruzione
di Egyptian, egiziano, per la supposizione
che questo popolo errante nelle terre oc-
cidentali d'Europafosse originario d'Egitto,
mentre è di orìgine indiana. Cfr. gitano.
(Zingaro, bohemien^ Zigeuner).
Habeas corpus: latino, abbi il tuo corpo:
formula di ordinanza inglese per la quale
è assicurata la sollecita scarcerazione di
cKiunque fu illegalmente imprigionato. Un
simile rimedio era applicato dal pretore
romano dell'antica Roma con l'interdetto
de homine libero exihendo. L' atto &q\-
V Habeas corpus inglese è il fondamento
degli Statuti in simile materia sì negli
Stati Uniti come in altri Stati. Tale leggo
risale al 1679, cioè al tempo di Carlo li
e valse come rimedio agli arresti arbi-
trari. Alcuna volta fu temporaneamente
revocata o per ragioni di Stato o di si-
curezza publica.
Habemus confitentem reum: abbiamo
il reo confesso. Locuzione ciceroniana,
spesso usata nel linguaggio giudiziario. Di-
cesi anche in modo familiare e faceto per
significare che la tal persona ha confes-
sato il suo fallo.
Habemus pontificem: abbiamo il pon-
tefice, parte della formula rituale con cui
il cardinale a ciò deputato annuncia al
popolo dopo il Conclave, 1' elezione del
naovo pontelìce eletto : Nuntio vobis gau-
dium magnum., habemus pontificem., qui
sibi imposuit nomen^ etc. Dicesi faceta-
mente di nomine o di elezioni.
Habent sua fata libelli: emistichio di
un verso di Tercnziano Mauro {Carmen
heroicum^ 218) = hanno i libri la loro
fortuna. Il verso intero ò : Pro eaptu
leetoris habent sua fata libelli., cioè se-
condo V intelligenxa del publico i libri
hanno la loro fortuna, ed è proprio vero
anche ora, ed è assai più line e giu-
sto significato che non il comune ha-
bent, etc.
Habitué : parola francese usatissima. ,
quasi popolare in taluni luoghi, per in-
dicare l'assiduo., il frequentatore di un
dato ritrovo ; caffè, teatro, etc.
Hachich ovvero haschisch: grafia fran-
cese di voce araba che significa erba secca.,
detto per antonomasia della canapa in-
diana. In italiano si dovrebbe scrivere
asciss. È un estratto della canapa fatto
bollire con burro e meschiato con zuc-
chero. Se ne fanno pasticche che si ma-
sticano 0 fumano, sole o miste all'oppio.
Produce una deliziosa estasi o sonno:
forma di ebbrezza assai diversa da quella,
delle bevande spiritose ; ma il fine è unico :
alleviare o dimenticare la dolorosa esi-
stenza. I popoli dell'Oriente ne fanno uso
ed abuso con gran danno delle facoltà psi-
chiche e rapida distruzione organica.
Hacienda : voce spagnuola che letterol-
mente vuol dire azienda = tenuta, fattoria.
Hagard: aggettivo francese che vuol
dire feroce., selvaggio., e si dice special-
mente degli occhi e della fisonomia. Pro-
priamente hagard è attributo del falco.
Halali: suono onomatopeico dell' an-
tico grido francese di guerra e di caccia.
È anche la fanfara che annunciava la
presa del cervo. « Halali^ grido di caccia
nella lingua francese, oggi accolto, credo,
anche nello nobili cacce italiano, o può
accogliersi, panni, perchè in fino non è
altro che un composto dì interiezioni e
avverbi comuni alle duo lingue». Così il
Carducci in una nota allo sue lìriche.
Hai
— 222
Hel
Half : term. ingl. = mezza (forza). Gli
appa-recchi, a forma di quadrante, tra-
smettitori degli ordini nei piroscafi tra il
ponto del comando e la macchina, essendo
per la più parte costruiti in Inghilterra,
portano le voci in inglese ; onde astern r=
in dietro (a poppa), ahead zzi avanti (a
prua), stop = ferma, slow = adagio, full
=: a tutta forza, stand hy zzz finito. Ora
però questo abuso delle parole inglesi va
scomparendo, e i comandi sono scritti e
dati — comunemente — in italiano.
Halfa: nome arabo di graminacea tena-
cissima che cresce spontanea nei paesi
caldi (Africa settentrionale, Algeria, Ma-
rocco) e si macera per farne carta, o serve
per intessere stuoie, canestri, etc. bene
n ciò prestandosi le foglie in forma di
giunco : scrivesi anche halefa e con grafia
italiana alfa : stipa tenacissima è il nome
scientifico. L'attribuzione dello stesso nome
all'altra graminacea, il Lygeiwi Spartum
dell'Italia meridionale, Spagna, Creta,
Zante e Africa settentrionale, benché ado-
perata per gli stessi usi (per i fusti però,
non per le foglie)^ sarebbe un errore di
qualche botanico.
Halle: in francese vuol dire piazza
publica^ ordinariamente coperta, in cui
si tiene il mercato, in inglese hall^ in
tedesco halle zzz gran sala, delle case e de'
ritrovi publici, come bagni, alberghi etc.
Es. markthalle = il mercato coperto. In
quest'ultimo significato spesso è usata da
noi. Sarebbe poi desiderabile che chi usa
presso di noi tale parola si attenesse
all'una o all'altra grafia, e non sciivesse,
come sovente, haal. In italiano antico v'è
«alla». Questa alla deriverebbe, al pari
del fr. halle dall'antico tedesco halle =
avancorpo di un edificio sostenuto da co-
lonne.
Hàmaca: voce spagnuola, usata nei vari
linguaggi e significa una nota specie di
letto pensile, usato specialmente nelle
Indie e nell'America meridionale. Ai no-
stri diz. questa voce solitamente manca
mentre nell'uso prevale la grafia straniera
hamae o hamaca. E fatta derivare dal
ted. hangematte^ se pure non è voce in-
ma de' Caraibi.
Handicap : vocabolo inglese del lin-
guaggio dello Sport: indica una corsa
proporzionale fra corridori di dispari forza
e merito, agguagliati mediante abbuono
di spazio. Se trattasi di galoppo, il rag-
guaglio è dato da pesi. Handicapper (da
cui poi hanno formato la arbitraria pa-
rola an-di-cap-pa-to-re) è colui che è ar-
bitro de' ragguagli. Queste parole sono
anche nel francese moderno. [Handicap è
dato come probabile contrazione di hand
in the eap).
Hand's shake : (ingl.) ricorre talora per
indicare la stretta di mano all' inglese,
cioè un colpo secco, rapido, come nell'in-
tenzione di slogare il polso. Ciò è ritenuto
molto elegante e mondano ; ma come pra-
ticità, noi si antepone la stretta di mano
all'italiana.
H anni bai ante portas: Annibale da-
vanti alle porte (di Eoma), fu il grido
di terrore in Roma dopo la gran disfatta
di Canne, per cui si temeva che il gran
condottiero ponesse 1' assedio alla città.
Eipetesi talora il motto antico per signi-
ficare un imminente pericolo.
Harem : scrittura francese di parola a-
raba che significa luogo inviolabile, sacro,
edifizio, cioè, o porzione dell' edifizio dove
i turchi, e gli orientali in genere, tengono
le loro donne, serraglio^ o arem. L'arem dei
grandi e facoltosi è sovente magnifico e
sontuoso, specialmente all'interno, e sfar-
zosamente addobbato. Questo vocabolo è
da noi usato in senso esteso, il quale è
agevole intendere.
Harmonium: V. Armonimn.
Haute (la) : letteralmente e antonoma-
sticamente l'alta, una delle tante pa-
role per indicare la società ricca o no-
bile. Es. « Avendo il piede in due mondi,
aveva una infinità di amici, dalla Corte
alla tribuna della stampa, dalla haute alla
boheme». Haute è parola familiare nel
francese i= High-li fé.
Héliotrope: l'estratto dei fiori di questa
soavissima pianta (Heliotropium peru-
vianum, L.) dal gradito profumo di va-
niglia e di mandorle amare : si pronuncia,
in certo linguaggio mondano e galante,
di solito alla francese.
Hellum : nome di un nuovo corpo sem-
plice: è un gas che viene secondo dopo
Hii
r idrogeno por leggerezza. Sino dal 1868
si sapeva che v'era nel sole un elemento
<ho dava uno spettro speciale e caratte-
ristico, non ancora riscontrato su la terra
per nessun corpo, onde ebbe il nome dal
solo (gr. ^Ato^ = sole). Nel 1882 il Pal-
mieri, a Napoli, ottenne lo stesso spettro
studiando una materia di eruzione del
Vesuvio. Riconosciuto in sostanze terrestri,
(juesto gas fu studiato meglio chimica-
mente e fisicamente dal Rayleigh e dal
Ranisay, ondo il nome straniero; in ita-
liano elio: il quale è pure un'emanazione
del prezioso Badio.
Henry: nuovo termine di elettrotecnica,
usato per indicare l'unità adottata per la
misura del coefficente d'induzione: dal
nome del fisico elettricista americano, Giu-
seppe Henry (1797-1878) cui gli ameri-
cani attribuiscono l'invenzione del motore
lettrico.
Hidalgo: voce spagnuola che significa
nobile^ per ragione di lignaggio e di
sangue; non mescolato cioè da sangue
moresco o giudeo : ingenuus^ generosus
come avrebbero detto i Latini. La etimo-
logia della voce è hijo da algo = figlio
di qualcuno. I dizionari francesi registrano
tale voce che ha — come spiega l'etimo-
logia — un certo valore storico.
Hic et nunc : lat. qui ed ora. Dicesi
quando si vuole che alcuna cosa si faccia
lì e subito.
Hic manebìmus optime : qui resteremo
ottimamente: motto augurale del Centu-
rione romano (Livio, libro V, cap. 55)
quando al tempo dell' incendio di Roma
per opera dei Galli (anno 390 a. C.) si
trattò di mutare Roma con Vejo. Acquistò
forza di intercalare e fu solennemente detto
da Quintino Sella nel 1870, quando la capi-
tale del Regno d'Italia fu portata in Roma.
Hic murus aeneus esto, | Nil con-
scire sibi, nulla pallescere culpa: questo
sia per te come un muro di bronzo : es-
sere., cioè., cosciente di non aver pec-
cato., quindi non temere di alcuna colpa
(Orazio, Epistole^ I, 1, 60, 61). È il me-
desimo concetto espresso da Dante con la
famosa terzina, Inf. XXVIIl, 115.
Se non elio coiiscioiizin m'assicum,
La buona compagnia cho l'iioni francheggia
Sotto l'usbergo del sentirsi pura.
Hic Rhodus, hic salta: dicesi quando
si vuol mettere taluno alla prova. In una
favola Esopiana (la 203'^ nella edizione
Halm) un millantatore si vanta d' aver
fatto in Rodi un grandissimo salto ; onde
un incredulo ascoltatore gli dice : fa confo
che qui sia Rodi e qui fa il salto. Il
testo greco dice : ìòov ifFoòog, iòov ual
TÒ Jì:i]òr]jiia.
Highlanders: — - montanari., cioè abi-
tanti dell'alta terra {High = alto e land =^
terra) come fu detta la parte settentrio-
nale della Scozia. Divisi dagli altri po-
poli e sicuri negli inaccessibili monti,
traevano vita semplice e patriarcale (V.
Clan). Fedeli alla causa degli Stuardi, ne
sostennero i tentativi di regno. Domati
dagli Inglesi nella prima metà del se-
colo XVin, furono di mano in mano tolti
alla loro pace e attratti nell'orbita della
civiltà e della vita nazionale, pur conser-
vando — sapienza britannica — molti usi
e costumi antichi. Questo nome è dato ad
una celebrata milizia inglese, la quale con-
serva le pittoresche assise degli Scozzesi.
Higll life: ecco un nome inglese che si
pronuncia assai ben dolcemente, hai-laif;
e vuol dire, alta vita., gran vita., cioè
quel complesso di persone, di usi, di modi
che costituiscono un'esistenza divisa e di-
versa dalla restante e comune. Le parole
aristocrazia e nobiltà., suggerite dal Fan-
fani, non vi corrispondono che in parte.
Si può appartenere all' high-life e non
aver diploma di nobiltà. La parola è
anche entrata nel vocabolario francese.
High-life: mot à mot: haute vie, est equi-
valent de nos expressions haute sociétè.
grand monde., bonne compagnie., c'est-à-
dire que nous avons au moins trois ma-
nières d'exprimer en bon fran^ais ce que
communement nous nous efforcons de
dire en mauvais anglais. (Loredan Lar-
chey. Dict. d'Argot). High-life è locu-
zione da tempo usata in italiano e comune
anche presso chi non sa di vita mondana:
dicosi più di sovente con intenzione di eolia
0 per magnificare con intenzione ironica.
Hinterland : lottoralmente in tedesco,
dietro il paese., ed è voce usata per in-
dicare il territorio intorno di una colonia
su cui si es(M'('itn inflnon/,a od (>giMii(>nia.
Hip
22 i
llom
Hippocratica (facies): volto profonda-
mente alterato dei morenti : così chiamata
da Ippocrate che ne diede una descrizione.
Hoc erat in votis: questo era nei voti ^
cioè questo solo io desideravo ; così Orazio,
con parole che acquistarono forza di in-
tercalare, comincia la sesta satira del libro
secondo, e prosegue :
Modus agri non ita magnus, | hortus ubi, e tecto
vicinus jugis acquae fons, | et paulum silvae super
bis foret.
Hoch: in alto! esclamazione tedesca,
rispondente al nostro Evviva! Ne' re-
soconti di feste e cerimonie germaniche,
si riporta pure questa parola ; sarà bene
però aver riguardo di non inscrivere hoc
che è pronome neutro latino. Es. « Quando
il treno giunse in stazione venne salutato
da fragorosi battimani e da alte grida di
hoc ! hoc ! dei tedeschi colà riuniti » .
{Hoch: antico alto tedesco, hòh^ gotico
hauhs^ cfr. l'inglese high.)
Hoc opus, hic labor: questa è l'opera^
questa la fatica (Vergilio, Aen, VI, 129)
emistichio a mo' di proverbio per signi-
ficare in che consistano le difficoltà di un
dato lavoro, e la necessità di attendervi.
Hoc volo, sic jubeo, sit prò ratione vo-
luntas : questo voglio^ cosi comando^ la
volontà sta in vece di ragione, famoso
verso di Giovenale {Satira VI, 223), ri-
petuto da principi o signori che ebbero
forza 0 fortuna di farne il proprio motto.
Hodle mihi cras tibi : oggi a me, do-
mani a te. Motto tolto dalla Bibbia {Mihi
heri et tibi hodie. Ecclesiastico., capitolo
XXXVIII, 23j e che compendia in forma
di sentenza la cognizione delle reciproche
sventure umane e la necessaria rasse-
gnazione. Ma più spesso si ripete tale
motto per cose di lieve conto e in senso
faceto di conforto, per la ragione nota
che solamen miseris socios habuisse ma-
lorum.
Home: voce inglese, domus^ la casa pa-
terna, il focolare domestico: questo caro
senso in cui le genti britanne adoperano
la voce home non ci è ignoto e ricorre
nelle scritture. Uno può avere una casa
e non avere Vhome^ giacché questo è co-
stituito dagli elementi morali e dalle per-
sone piuttosto che dalla materia. Home.,
voce di origine tedesca. Cfr. il ted. Heim.
Si abusa di home in certo linguaggio mon-
dano come di ménage.
Home-made : ingl. fatto in casa : for-
mula commercialo dei manufatti nazionali
inglesi. In Italia invoce non è raro il caso
di vedere i prodotti delle nostre industrio
pur così fiorenti, male nobilitarsi di nomo
straniero!
Home mie: ingl., la patria imperi:
il programma politico del partito nazio-
nale e separatista in Irlanda, successo alla
setta dei Feniani.
Home-ruler: il sostenitore dell'autono-
mia [home-rule] per l'Irlanda.
Homme à femme: locuzione del gergo
francese : vale amateur de femmes.
Homme de lettres: V. Oens de lettres.
Homme de paille : nel gergo francese
vale prète-noni, persona — cioè — re-
sponsabile di un affare o di un' azienda,
diretta da altri : vi risponde la nostra voce
di gergo, testa di legno. Per le affinità
dei linguaggi, cfr. trippòn che in romagnolo
vale uccello impagliato o imbalsamato,
e per estensione traslata, prestanome.
Homme sandwich : voce del gergo fran-
cese, e vale a nominare quelle schiere di
miserabili, che coperti e chiusi da due
gran manifesti fissati su telai, girano per
oggetto di richiamo le vie delle grandi
città. Y.ZSandwich.
Homo bonus semper tiro est: mirabile
e terribile sentenza nella sua semplicità
vera: Vuomo buono è sempre un prin-
cipiante. È un epigramma di Marziale,
libro XII, LI, che letteralmente suona
cosi « 0 Aulo, tu ti meravigli che il nostro
Fa bulli no così spesso sia frodato ? semper
homo bonus tiro est ».
Homo homini lupus : espressione scul-
toriamente pessimista e motto riassuntivo
di molta filosofia : l'uomo è lupo per l'uomo.,
passata in proverbio. Leggesi in forma
alquanto diversa in Plauto {Asinaria, II,
4, 88) e corrisponde in parte al senso del
terribile versetto Maledictus homo qui con-
fldit in homine.
Homo novus : lat. uomo nuovo, cioè
senza tradizioni e passato.
Homo sapiens: l'uomo sapiente., defi-
nizione che l'uomo nella biologia e nella
llom
- 225 -
Jlor
storia naturale chiodo a sé stesso: dofi-
niziono abbastanza lusinghiera o vera se
([ucl sapiens si intende por intelligente,
quasi r organismo intellettuale per ecccl-
lonza, tanto più che sopra di noi non ne
conosciamo altri. Jj homo sapiens^ secondo
la teoria darwiniana dell' evoluzione, sa-
rebbe provenuto da uno scomparso tipo
antropoide (scimmia) da cui la scienza
dice di possedere il passaggio (cranio di
Xoanderthal, cranio di Spy, calotta cra-
nica del Pitecantropo).
Homo sum! Il motto intero è: homo
sum; humani nihil a me alienum puto
1 Terenzio) Heaut^ I, 25: = So7io uomo, e
nulla di ciò che è umano stimo alieno
da me, cioè il bene e il male sono ine-
renti alla mia natura. Motto sapiente,
-])esso usato e abusato però per adone-
stare ciò che non è degno dell'uomo.
Nonni soit qui mal y pefnse: che let-
teralmente vuol dire : ontoso^ 'vilipeso^
sia chi mal pensa, (dall' antico verbo
honnir, nell'italiano antico onire, svergo-
gnare, fare ingiuria) famoso e vulgato
motto anche da noi, che è la divisa in-
scritta nel nastro prezioso e azzurro che
portano alla gamba sinistra gli insigniti
dell'ordine della Giarettiera. Quest'ordine
fu instituito da Edoardo IV d'Inghilterra
circa il 1350, ed è di incerta origine : al-
i-uni lo riferiscono in onore al legaccio
che la contessa di Salisbury lasciò ca-
dere in una danza e il Re raccolse : altri
in memoria della vittoria di Crécy, in cui
il Re in segno di raccolta si dico spie-
gasse la sua giarettiera. Questo ordine
venne poi modificato e riformato da En-
rico VIII nel 1522. Quanto all'origine del
motto oltre al Fournier {Esprit dans l'hi-
stoire cap. XIII) vedasi quanto seguo che
tolgo da una recente stampa: «L'ordino
della Giarettiera, che è l'ordine cavalle-
l'osco più insigne della Gran Brettagna,
fu istituito dal re Edoardo III nel 1349.
Secondo un racconto, messo fuori non si
sa da chi, quel sovrano avrebbe creato
(juel supremo Ordine equestre in onoro
di una sua amante, cioè delia contessa di
Salisbury, alla quale, secondo la tradi-
zione cadde, mentre ballava, il legaccio
di una calza. Il re raccolse quel legaccio
A. Pan/ini. Supplemento ai JJixkmari italiaui.
(0 giarettiera che dir si voglia), e volgen-
dosi ai cortigiani, che ridevano di quel-
l'atto un po' strano, pronunziò queste
parole: lionni soit qui mal y penso.
Cenasi tutti gli storici inglesi, fra i quali
il Hume, il Lingard, il Knight, il Mark-
ham, il James ecc., ecc., negano affatto
che il re Edoardo III abbia raccolto il
legaccio della contessa di Salisbury, per
crearne un ordine cavalleresco, che oggi
è uno dei più illustri d'Europa. E alloia
quale fu l'origine di esso? Eccola in po-
che parole. Il 26 agosto del 1346 fu com-
battuta la celebre battaglia di Crécy, nella
quale i Francesi, comandati dal loro re
Filippo VI, furono pienamente sconfitti
dagl'Inglesi, capitanati da re Edoardo.
Durante la pugna, il re diede per parola
d'ordine la parola garter, che in inglese
significa giarettiera. Nel 1349, ricorrendo
il terzo anniversario della vittoria di
Crécy, Edoardo istituì l'ordine suddetto
che fu. intitolato da quella stessa parobi
d'ordine, che egli aveva dato alle sue mi-
lizie. E poi per dimostrare che la contessa
di Salisbury non entra per nulla in questa
faccenda, basti il sapere che, all'epoca in
cui fu creato V ordine della Giarettiera,
costei aveva un' età abbastanza rispetta-
bile, sorpassando di parecchi anni il suo
reale amante il quale non si sarebbe certo
curato di raccogliere il legaccio caduto
dalla calza di una vecchia, eternandolo
come emblema di un Ordine eccelso, am-
bito perfino dai più potenti sovrani del
mondo » .
Honorem (ad): lat. a titolo d'onore.
Honores mutant mores : gli onori mu-
tano il costume., motto latino ripetuto per
chi, salito in alto grado, oblia le usanze
e gli amici dell'umile fortuna.
Honos habet onus: lat. l'onore ha il
suo peso, cioè ogni alta dignità trae seco
i suoi incomodi.
Hopa ruit: lat. precipita l'ora. G. Car-
ducci {liuit ìtora) ne intitolò una delle sue
Odi barbare:
E jrrecipita l'ora. 0 bocca rosea,
scliiuditi, 0 lior do l'anima,
0 llor dol dosidorio, apri i tuoi calici :
0 caro braccia, apritevi.
Dove essere versione dell' emistichio di
15
Hor
226 —
Huin
Saffo èQx^t' coQQ. In Persio, Sat. V. 153:
Fu'git hor a.
Horizontale: vogo del gergo francese:
Tale donna galante o mondana. V. OrÌ9i^-
zontale.
Hortus conclusus : lat. giardino chiuso.,
titolo simbolico e prezioso ciato dal d'An-
nunzio ad un ciclo di liriche {Poema Pa-
radisiaco). La locuzione si è divulgata e
ricorre talora quasi ad indicare il giar-
dino segreto ove fioriscono i preziosi fiori ed
aromi del pensiero o del desio intatti altrui.
Horresco réferens: inorridisco nelrac-.
contare. Emistichio deW Eneide ove Enea
narra a Bidone l'eccidio e l'incendio di
Troia. Dicesi talora in senso faceto e per
cose di lieve conto.
Horribiie dictu: lat. cosa orribile a dirsi.
Hors d'oeuvre : voce francese usata per
vizio giacche v'è la nostra corrispondente
antipasto. La voce francese ha come
tante altre consorelle quella certa magnifi-
cenza enfatica che seduce: il pranzo è
quasi per antonomasia l'opera, l'oeuvre,
quindi il fiwr d'opera., a cui petto an-
tipasto è voce modesta di troppo. JJhors
d'oeuvre è destinato più ad eccitare che
a soddisfare l'appetito dei convitati. Nel
senso proprio Vhors d'oeuvre è composto
di salati, pesci in conserva, legumi sotto
aceto, sedani, verdura fresca, etc. Più
tardi questo nome fu dato ad una infinità
di cibi tale che è possibile con essi soli
comporre un pranzo. V. Zakuska. Y. per
altro senso Fuor d'opera.
Hors ligne: letteralmente fuor di linea
{ex-grege = egregiamente) e si dice con
frequenza abusiva per indicare oggetto o
anche fatto eccezionale. Es. «Uno spet-
tacolo hors ligne., Mobili antichi non ne
acquisto se pur non sono hors ligne».
Hotel: vi risponde l'antico gallicismo
ostello che vuol dire letteralmente luogo
ospitale., voce usata da Dante al Carducci.
(V. Ostello.) Un albergo che si rispetti,
pianta in alto la sua scritta con tanto
di Hotel. Ragione però vuole che si dica
come hotel sia vocabolo oramai comune
ad ogni linguaggio. L' attributo grand
congiunto ad hotel suppone le maggiori
raffinatezze del vivere e un prezzo più che
corrispondente, e questa distinzione è no-
tata anche nelle guide per norma di chi
viaggia.
Hotel gami : o maison gamie o meublée
0 anche gami (guarnito) senz'altro, ri-
sponde in francese al nostro camere ammo-
bigliate., ma più specialmente dicesi di un
albergo adibito al solo alloggio (o a faro
«ciò che in camera si puote»).
Houle: nome femminile francese. Yi
corrisponde la locuzione marinaresca no-
stra mare lungo; cioè l'onda grande e
fonda che di solito precede o segue la
tempesta, ma senza che essa rompa in
ispumc.
Hucho: è il Salmo hucho^ nome scienti-
fico del Salm,one del Danubio., da non
confondere col vero Salmone., che è il
Salmo salar, il quale dal mare del Nord
e dal Baltico risale i fiumi.
Humour: è parola inglese di provenienza
latina {ìiumor =: liquido): Humor in te-
desco, in francese humeur, in italiano
umore, benché presso di noi prevalga
l'uso della forma inglese. La definizione
di questa voce è molto difiìcile benché
molte siano le definizioni date, alcune as-
sai eleganti e sottili, ma forse troppo ri-
strette secondo che il definitore ebbe in
mente l'uno o l'altro umorista. Lasciamo
le goffe definizioni che danno alcuni di-
zionari, come spirito bizzarro, sommo del
comico etc, e vediamo di rendere meglio
il vero. L'umore é la speciale disposiziono
che un'alta intelligenza (per lo più arti-
stica) ha nel penetrare facilmente, sottil-
mente i usino al fondo occulto delle cose,
vedere le frondi e le radici, la scena e
il retro-scena: quivi le cose umane ap-
paiono ben diverse e ben diversamente
congiunte che non siano nell'apparenza:
ciò che alla superficie é comico, al fondo
può essere tragico, e viceversa. Ma questo
al buon publico non si può dire giacché,
0 resterebbe offeso dalla verità o non
crederebbe. Ne deriva quindi da parte
dell'umorista una speciale maniera di espri-
mere il vero ; una maniera velata, bona-
ria, semplice e solitamente comica, giac-
ché il contrasto tra la realtà, la verità
ideale e le operazioni umane é tale che
il più forte sentimento é quello del riso :
questo riso può tuttavia svolgersi per una
lini
227
Hur
^radaziuiR' aiuplissima, secondo 1' indole
dello scrittore : sorriso melanconico, im-
porcettibilo, caustico, beffardo, diabolico.
Il pessimismo sta di solito corno substrato
di questo riso, ed è naturale : la misera-
bile contraddizione umana non è compo-
nibile in modo alcuno. Questa aristocra-
tica disposizione dello spirito fu coltivata
come forma d'arte specialmente dagli in-
glesi, dei quali la letteratura ben risente
di tale spirituale tendenza. La letteratura
tedesca ha pure umoristi ammirevoli e
profondi. I francesi sono piuttosto arguti,
lepidi, che umoristi. In Italia tracce di
umorismo possiamo trovare finissime pres-
.•^o alcuni latini, in parecchi trecentisti,
in Dante, e umorista vero è l'Ariosto (il
più semplice — infatti — tra i pomposi
umanisti del suo secolo, semplice pur
nella vita privata). Senonchè amore della
verità" vuole poi che si dica come il po-
polo italiano tenda specialmente a gustare
i generi letterari ampollosi, artifiziosi, re-
torici, fucati, alieni cioè dalla semplicità
ohe è la condizione prima, il substrato,
per così esprimermi, dell' umorismo. Di
ciò molte prove si potrebbe addurre di
cui qui non è il caso ragionare, basti l'ac-
cennare al fatto che / Promessi Sposi
sono più specialmente popolari ed in onore
per la loro sapienza evangelica e bellezza
morale che per il loro sottile umorismo;
e un altro libro, ricco di vero umorismo,
è mal noto al publico grosso: Le co7i-
fessioni di un ottuagenario del Nievo.
Il Leopardi ed il Carducci non sono cer-
tamente assai conosciuti per il loro umo-
rismo. Da umore presso di noi si formò
l'aggettivo umoristico a cui il popolo diede
un senso che proprio non ha nulla a che ve-
<lore con V umore. Dicesi volgarmente gior-
nale umoristico., poesia umoristica etc,
dove si contiene alcuna facezia, libera e
grossolana, spesso sconcia: proprio il con-
trario del vero e proprio umorismo. La
<|ual cosa, volendo esser sottili critici,
|)uò dimostrare appunto che il nostro po-
polo italiano non intende V humour: non
ne ha la voce e, avutala, la torce ad altro
senso (se puro a tale significato popolare
non influì il nostro, umore., bell'umore.,
buon umore; ma non mi pare). Quando
volle ridere, creò un genere suo proprio,
nazionale, cioè il burlesco (bernesco). Fra
gli scrittori, godettero di vera popolarità
in Italia quelli che, per temperamento
ampolloso erano del tutto alieni dall'u-
morismo, ad es. il Marino nel seicento, e,
ai dì nostri, il D'Annunzio.
Humus: in latino significa terra^ la parte
cioè più fertile della terra, formata di
materia organica che ricopre il suolo ed
è assai acconcia alla vegetazione; e più
chiaramente humus designa presso gli
agricoltori la parte organica della terra e
la distingue dalla parte minerale. La pa-
rola humus è anche in francese e in te-
desco.
! Hunter: ingl. cane da caccia.
I Hunting-bag: inglese carniere., e così
hunting-coat zzz abito da caccia; hunting-
match = partita di caccia ; hunting-horse
== cavallo da caccia, etc. Voci dello Sport.
Hurrah : è propriamente il grido di guerra
dei cosacchi, dallo slavo gu-raj =r al pa-
radiso., detto secondo la fed-e che, morendo
per la patria e per Cesare, si apra il
cielo. In tedesco hurrah., in ingl. hurrah.,
in francese hourra! La nostra parola
bella e gentile Evviva! vi risponde solo
in parte, e hurrah è assai usato nella
nostra lingua ove si scrive un po' come
pare, sempre per quel benedetto amore di
libertà, e non solo è usato come grido di
guerra ma anche dove domina la paco e
l'amore. Così, ad esempio, il resoconto di
un simposio artistico termina: «Il poeta
con la sua limpida parola ha tessuto un
vero inno alla giovinezza che col suo im-
peto conquista di colpo le alte cime del-
l'arte, così dure e faticose per chi dal-
l'esperienza ha appreso le difficoltà della
via. Mentre S*** muto e commosso ab-
braccia 0 bacia G*"*, scoppiano gli ap-
plausi, (! tutti in piedi gl'intervenuti gri-
dano un triplico hurrah/» Ciò è ridicolo!
ii-T-j-i : i nomi terminanti in io (ben
inteso quando raccento non cada sulF i)
si trovano scritti al plurale in questi
quattro diversi modi : studiti studt^ studj^
studi. La grafìa odierna, però, tende a
scartare i primi tre modi, usati special-
mente dagli antichi, ed accetta l'ultimo
{studi) come il più semplice. Vero è che
non tutte le grammatiche moderne ne tutti
gli scrittori si accordano. Alcuni gram-
matici vorrebbero conservato l' uso del j
in quei plurali ove può sorgere confusione.
Es. tu aiiguri e gli augùrj.^ tu principi
e i principj. L'obbiezione che il senso da
se solo serve a distinguere, potrebbe es-
sere validamente oppugnata; tuttavia per
amore di semplicità parmi opportuno at-
tenersi alla prima norma, cioè scrivere
col semplice i.
lacintino o giacintino o jacinteo : del
colore del giacinto : antico agg. rinnovato
dalla odierna scuola estetica (lat. hyacìn-
thinus).
Ialino : vàÀivog =: vitreo : voce usata
dagli scienziati specialmente per indicare
que' corpi che hanno la trasparenza del
vetro.
Ibis: più comunemente che ibi è chia-
mata una specie di uccelli della famiglia
de' trampolieri, simile alla cicogna : l^ig
e ibis in latino, i^oto specialmente è Vibis
per il culto che ne avevano gli antichi
Egizi, ibis sacro : culto che si congiunge
verosimilmente ai benefici che questo uc-
cello arrecava all'agricoltura come distrug-
gitore di animali, serpi, ramarri, ad essa
nocivi.
Ibis, redibis : letteralmente a?*rfra/, ri-
tornerai'^ dicesi familiarmente per indi-
care una risposta ad arte ambigua, in
cui non è chiaro né il sì ne il no: corno
è misera astuzia usata dagli uomini che
non si vogliono compromettere. Il motto
trae origine dalla risposta data dall' ora-
colo a quel cittadino romano che volea
sapere se egli, sarebbe vissuto o perito in
guerra, e la risposta fu ibis redibis non
morieris in bello ^ andrai ritornerai non
morirai in guerra : nella quale risposta ii
senso muta secondo che la pausa o vir-
gola si colloca dopo o prima del non.
Ibi vel ubi: quivi oppure altrove : go^ì
taluni costumano scrivere nei recapiti,
quando essi non sono sicuri.
Icaro (voli d'): dicesi di impresa vana
0 di ardimento orgoglioso senza giusta ca-
gione, 0 di caduta nel vuoto dopo grande
proemio e troppo elevarsi; locuzione an-
tica e savia tolta dal volo che secondo il
mito ellenico Icaro imprese con ali di cera
I seguendo il padre Dedalo : questi, sapiente
rase la terra e fu salvo, quegli presun-
tuoso volle aòcostarsi al sole e ne ebbe
sciolta la cera onde cadde e perì nel mare
che (ia lui fu detto icario : parte del maro
Egeo intorno all'isola d'Icaro oggi Nicaria.
Iceberg : [monte di ghiaccio) termine
inglese di valore tecnico e geografico per
indicare gli enormi ammassi di gelo nuo-
tanti nei mari iperborei. Voce registrata
nei diz. francesi.
IcefìeId: cioè field of ice = campo di
ghiaccio., termine inglese per indicare i
banchi di ghiaccio che si incontrano nei
Ico
— 229
Idi
mari iperborei: voce registrata nei dizio-
nari francesi.
I confronti sono odiosi: locuzione fre-
luento che vuoisi di formazione inglese:
romparìsons are odious (V. Adams, Dici,
of. Engl. Literat).
Icóre : Ix^oq il sangue degli Dei che
presso i greci avca speciale nome, come
speciale nome avea la bevanda, nettare;
speciale nome il cibo, ambrosia. Poi in-
dicò il siero, la parte acquosa del sangue.
Oggi in medicina è sinonimo di pus di
maligna natura. Mutabile fortuna anche
delle parole!
Ictus: conservasi questo nome latino
{ictus =; colpo, percossa) per significare
nella metrica antica la battuta del verso
che segnava il tempo o misura e si faceva
percotendo della mano o del piede : pedum
digitorumque ictu^ Quint. Ictus dicesi
ancora nel linguaggio musicale ; dove non
ò da confondersi con la thesis : questa
>" applica a tutti gli accenti forti di un
ritmo; quello s'applica solamente al primo
e all'ultimo tempo forte di un verso mu-
sicale, sui quali esso è, per così dire, ap-
poggiato 0 come sospeso.
Idalgo : V. Hidalgo.
Idea : un'idea di qualche cosa per dire
/ni poco si dice familiarmente, e così pure
.-i dice in gorgo francese U7ie idée =: un
peu. un rien. Une idée d' absinthe avec
beaucoup d'anisette.
Idea fissa: o incoercibile o coatta.^ chia-
mano i medici l'insistenza di pensieri mo-
lesti, talora assurdi, che insorgono auto-
maticamente disturbando e limitando il
corso normale dello idee : sono riconosciuti
abnormi dal paziento stesso, ma non può
liberarsene onde con molta angoscia no
<" come ossesso. L'idea fìssa è frequente
negli stati degenerativi e nella nevrastenia
<(M-el)ralo. V. Fara?toia.
Ideale: osservano i puristi non doversi
questa parola riferire a cosa di poco conto,
nò usare al plurale in vece di desideri,
affpiraX'ione, tendenza, otc.
Idealità: astratto di idea: indica la fa-
<oltù di ideare o concepire concetti supe-
riori che astraggano dal fatto o dalle ne-
<(*ssitù presenti provodendo o provvedendo
«iltamonto e nobil intuito. Eccone un ciliare
esempio: «A questa nazione (l'Italia) gio-
vine di ieri e vecchia di trenta secoli, manca
del tutto V idealità : la religione cioè dello
tradizioni patrie e la serena non timida
coscienza della missione propria neUa storia
e nella civiltà, religione e coscienza che
sole affidano un popolo d'avvenire» Car-
ducci, (7a ira. Neol. necessario, accolto
dalla Crusca.
Ideatore: neologismo da ideare, colui
che trova l'idea di alcuna cosa.
Idem velie atque idem nolle ea demum
firma amicitia est: classica definizione
dell'amicizia: leggesi in Sallustio {Ga-
til. XX. 4) volere e non volere le cose
istesse è ciò che costituisce la salda ami-
cizia.
Identificare e identificazione': dal lin-
guaggio filosofico (cioè di due esseri che
si fondono insieme o del comprendere duo
0 più enti sotto la stessa idea) passarono
nell'uso comune ad indicare semplicemente
riconoscere, riconoscimento, provare cioè
la medesimezza, il vero essere di cosa o
persona mal nota o falsamente nota. Spiac-
ciono ai puristi come voci abusive e di
provenienza francese : le sancisce 1' uso.
Identità, Identico, Identicità, Identica-
mente : dal basso latino identitas (idem = il
medesimo) sono voci che dal linguaggio
scientifico e filosofico sono passate al lin-
guaggio comune in vece di medesimezxa,
medesimo, stesso, medesimamente. Spiac-
ciono ai puristi: le sancisce l'uso.
Idest: lat. cioè.
Idillio: familiarmente e talora con senso
d'ironia: colloquio d'amore.
Idiosincrasia: lòiog proprio o ovyKQdoig,
costituzione; disposizione particolare or-
ganica per la quale ognuno risente in par-
ticolar modo l'influsso degli agenti diversi
che impressionano i suoi organi, e più
specialmente idiosincrasia è termine usato
dai medici per indicare una repugnanza
organica ad un dato medicamento o anche
alimento sul quale il medico non può con-
tare. Por OS. la morfina è un ipnotico:
ebbene, molti non la sopportano e produce
l'effetto opposto. La voce poi dai profani
è spesso usata con ostensione che si po-
trel)be ritenero abusiva so il trasportare
al lignaggio comune lo voci dolio vario
Idi
- 230 —
llb
scienze non fosse un carattere delle lingue
moderne.
Idiotismo: da ìòiog = privato, e il solito
suffisso in ismo: diminuzione considerevole
e mancanza della intelligenza, di origine
congenita, coincidente quasi sempre con
uno sviluppo incompleto del cervello. (Vedi
Imbecillità). Idiotismo nei nostri dizionari
indica parola o frase particolare in una
lingua e non traducibile in un'altra, sem-
pre però da tóto^ sforma particolare. Come
astratto per indicare la condizione di idiota
i dizionari hanno idiotaggine. Idiotismo ci
deve essere provenuto da idiotisme fran-
cese, e conviene accettarlo.
Idrante: (gr. ìjócj^ =: acqua) sono così
dette le bocche d'acqua degli acquedotti,
praticate a varie distanze, e servono per
annaffiare o spegnere incendi.
Idrico: acqueo: dal prefisso ^c?r oio^ro,
gr. i)ÒQ = vòcùQ acqua, cfr. il lat. udus
= umido, e onda. Termine della fisica.
Idroelettrico: attributo di quelle nuove
opere meccaniche che trasformano la ener-
gia delle acque in forza elettrica. Ead.
vòcoQ., acqua.
Iemale: piace agli esteti (ai quali in-
gemmando di voci peregrine il loro dettato
sembra senz'altro di scrivere in perfettis-
sima maniera) questo aggettivo antico in
vece di invernale: latino hiemalis. Ma è
lecito supporre che a dar nuovo corso a
questa parola trecentistica abbia più di-
rettamente contribuito il francese hiémal.,
con quel grazioso suffisso ale come in
mattinale., liliale., lacuale^ medicale., etc.
(Iemale è pur voce usata in meteorologia,
in idraulica e pratica agraria).
Ieratico : dal greco leQog = sacro, dun-
que sacerdotale; ma a questo aggettivo
ì seguaci delle tendenze estetiche annet-
tono l'idea di adorno, composto, disposto
secondo una linea di stile; riflesso este-
riore di un'interna sacra solennità. Una
femmina ad es. di costumi tutt' altro che
sacerdotali, sarà detta in attitudine *era^*ca
se alquanto artifiziosamente composta. Ma
anche questa moda delle preziose parole
passerà... per dar luogo ad un'altra.
lottatore : « chi segnatamente in quel
di Napoli è creduto portare con la presenza
e lo parole disgrazia ed impaccio : specie
di stregone innocente e passivo. lottatore
si nasce come poeta» così il Tommaseo.
Spesso la malignità o l'ignoranza umana
indica alcuni innocenti come iettatori e
li espone ad una forma crudele di per-
secuzione.
I fratelli hanno ucciso i fratelli: emi-
stichio del noto coro del Manzoni nel Conte
di Carmagnola, atto II, che accenna alle
lotte fratricide fra italiani e italiani nel-
l'evo medio. La gaia e scettica indole del
popolo italiano spesso rivolge a sensi fa-
ceti il tragico annunzio : sorto quasi comune
delle più gravi e terribili sentenze.
I giardini di Armida: locuzione antono-
mastica per indicare luogo di voluttà e di
piacere. I giardini della maga Armida,
mirabilmente e voluttuosamente sono de-
scritti dal Tasso nel XY e XVI della Ge-
rusalemme :
questo è il porto del mondo, e qui il ristora
delle sue noie e quel piacer si sente
che già sentì ne' secoli dell'oro
l'antica e senza fren libera gente.
Ignis ardens: lat. fuoco ardente, deno-
minazione data al successore del papa
Leone XIII, secondo la celebre profezia
di S. Malachia, vescovo irlandese del se-
colo XII.
Ignoti ladri : non paia stranezza, ma
certo è che questi duo vocaboli sono così
spesso fra di loro congiunti da acquistar
forza di locuzione. La quale non derivò
dal fatto che i ladri non hanno costume
di lasciare il loro biglietto con su il nome
(che sarebbe domandare di troppo), ma
dalla impunità di cui sogliono di solito
godere nelle loro imprese : sono anche
chiamati nel linguaggio giornalista i so-
liti ignoti. Questa locuzione fa il paio con
l'altra: severa o rigorosa inchiesta, su
cui un futuro Manzoni potrebbe forse fare
sfoggio di umore come già il grande Lom-
bardo fece su le Gride spagnuole contro
i Bravi {Promessi Sposi, cap. I).
Il bello è lo splendore del vero: locu-
zione attribuita a Platone senza alcun fon-
damento di testi, manifestamente dedotta
dalle idee platoniche della medesimezza
del Vero e del Bello. Frase fatta.
Il ben dell'intelletto: emistichio dante-
sco (Inf. Ili, 16) stravolto, come al solito,
231
111
ad alti'O senso. Dante ragiona dei dannati
che hanno perduto Dio (il ben dell'intel-
letto); il popolo intendo la ragione^ il
senno. Solita sorto dei versi danteschi di-
venuti popolari !
Il bruno il bel non toglie: leggesi nella
Gerusalemme liberata XII, 21, od è una
reminiscenza del motto biblico Nigra sum
sed foniiosa. {Cantico dei cantici, I, 4).
Il calcio dell'asino: è quello che l'asino
diede al leone morente per vendetta, onde
il leone disse : fortes indigne tuli miki
insultare: te naturae dedecus, quod ferre
cogor^ certe bis vidcor mori. F'edro, Fa-
vole^ I, 20. Dicesi di offesa o assalto, an-
che giusto, ma a persona la quale non è
più in grado di offendere o di farsi temere :
perciò solo è atto vile.
Il colto e l'inclita: modo abbreviato che
vuole indicare il colto publico e l'inclita
guarnigione ed era ed è locuzione del
linguaggio, de' comici, de' saltimbanchi
etc. Dicesi s|)esso per celia.
Il di cui, il di lui, il di lei, il di loro:
locuzioni come le seguenti : la di lei let-
tera : per la sua lettera ; Dante le di cui
opere, per : Danto le cui opere, hanno fatto
sciupare parole molte e vane a puristi e
grammatici. La questione può essere sem-
plificata in questi termini : tale costrutto
— cioè di porro un compimento pronomi-
nale tra l'articolo ed il nome, è in origine
di formazione letterai'ia, una ricercatezza
del dire, un'eleganza che in poesia e in
certi casi diffìcili a defìnirsi può anche
oggi piacere ; (quindi non mancano esempi
classici ed antichi : esempi però che ri-
sentono di un certo giro elegante e molle
dato alla locuzione. Ma questa locuzione
trasportata, cojne molti fanno, nel lin-
guaggio familiare e commerciale non regge
più, 0 per lo meno stuona appunto perchè
v'è l'altra espressione più semplice e na-
turalo che ricorre all' orecchio ''di chi ha
buon gusto. Lo Grammatiche, al solito non
recano questo criterio estetico che a me
par degno di nota. Sta il fatto che i nostri
migliori autori odierni non usano la locu-
zione il di cui., la di lei etc.
Il est avec le elei des accommodements:
scettica (! mondana siMitcìi/a IVaiun^se tolta
(come par(0 dal Tartufo dei Molière, atto
IV, 5, ove è propriamente scritto : Le del
défend., de vrai., certains contentements :
Mais il est., avec lui, des acconimodc-
ments. V. Accomodamento.
Il faut que jeunesse se passe: bolla
locuzione francese, piena di amabile filo-
sofìa, non ignota fra noi: bisogna chela
giovinexxa j)assi, cioè conviene avere in-
dulgenza per gli eiTori che la inesperienza
e la naturale vivacità fanno commettere
ai giovani.
Il fine giustificai mezzi: locuzione va-
riamento attribuita al Macchiavelli ed ai
Gesuiti: e in questi e in quello leggesi
qualcosa di simile come concetto,, non però
nella forma sentenziosa, popolare, qui ri-
ferita. Cfr. il Principe Cap. XA^III, P. Vii-
lari, N. Macchiavelli e i suoi tempi Voi.
Ili, pag. 370-382. Cfr. pure lo seguenti
sentenze che si leggono in vaii trattati di
casistica moi'alo: cum finis est licitus.
etiam media sunt licita. Cui concessus
est finis, concessa etiam sunt media ad
flnem ordinata, etc.
Il gran Pan è morto: V. Les Dieux s'en
vont.
Il gran rifiuto: locuzione tolta e torta
spesso in senso faceto dal noto verso in
cui Dante incolpa Celestino V (?) d'aver
rinunziato al Papato
l'ombra di colui
che fece per viltate il gran rifiuto.
Tnf. lir.
Iliacos intra muros peccatur et extra :
acuto verso d'Orazio (Epist. I, 2, 16) e
pieno di verità: si pecca dentro e fuori
le mura di llion^ son colpevoli gli uni,
e gli altri non son puri.
Illico et immediate: due avverbi latini:
il primo vuol dire //, sul luogo, [in loco),
e r altro subito. Dicesi avverbialmento
quando si vuole che una cosa sia sulùto
fatta.
Illune: senxa luna, neologismo, caro al
linguaggio poetico e allo stilo estetico de"
nostri giorni.
<.>h, (lolliv iiotlt» illune
placido inciintomoiito ;
solo, ivlijiiido, il volito
lìomo tra timo e t\ino
A. (ÌRAK. [ nnri(jt%iiii.
Nuova Antologia, 11 Febbrai»' l'.uii).
Ili
232
illusionista: nool., dal fr. illusionniste
invece di prestigiatore^ giocoliere.
Illustrazione: dicesi con aperto galli-
cismo [illustration) di persone degne e
illustri, che fanno onore ad un' arte, ad
una scienza, ad una regione : spiace ai
jjuristi, come un astratto difforme dall'in-
dole nostra della favella, Cfr. Dante :
0 tu che onori ogni scienza ed arte.
Spiaco pure ai più stitici fra i puristi
iUvMraxione nel senso di periodico adorno
di disegni, e illusiraio come attributo di
libro ornato di figuro dichiarative. Mala
moda di intercalare figure nel testo per
abbellimento e chiosa ci provenne dalla
Francia, e, con la cosa, il nome, lllii-
sir anione nel primo senso appartiene a
quei molti gallicismi i quali, come non
entrano nella corrente del linguaggio po-
polare, così sono senza sforzo sfuggiti in
nobile prosa. Appartengono tuttavia alla
lingua dell' uso.
Illustre e illustrissimo: vedasi curioso
effetto dell' abuso che toglie valore alla
logica grammaticale! Il superlativo vale
più del positivo, ma nel caso di questo
aggettivo la cosa è diversa, giacché illu-
strissimo si dice di ognuno, specialmente
non illustre ; illustre invece è solo di per-
sone veramente chiaro per notorietà e va-
lore. Vero ò che anche dell'aggettivo il-
lustre che sembra contenere un granello
di incenso e di gloria, oggi si comincia
a far uso generoso oltre misura.
Illustre sconosciuto: locuzione lepida
ed ironica dei tempi nostri che è indizio
del costumo : vale cioè a significare certe
persone nulle e ignote sino a ieri, cui la
civiltà democratica offre opportunità di ac-
quistare di colpo autorità e stato sì da dettar
legge, trinciar giudizi, montare in bigoncia
o sul })iedostallo. Suona ironia o spregio.
Il nuovo non è bello, e il bello non è
nuovo: dicesi di opere prive di invenzione
e di perfezione. L'acuta frase si fa deri-
vare del Lessing {Briefen die N euste Li-
teratur hetreffeìid) onde trasse ispirazione
Arrigo Voss per questo epigramma :
Anf mehrere Biicher.
Xach Lessing.
JJein rodseliges Buch mancherlei Neues und Wahres,
\A';!ro das Wahr nur neu, ware das l^eno nur wahr !
Ilota: greco EUdjrrjs, latino Hilòta^
nome dello popolazioni Achee ridotte in
istato servile, non come individuo ma
come casta, dai Dori od Eraclidi al tempo
di Sparta. Yoce usata oggidì per esprimere
con forza di esagerazione lo stato di di-
pendenza economica o morale.
Il Paradiso di Maometto: è quello che
nel Corano è promesso ai buoni: più di-
vertente certo di quello di Cristo, ma non
così ricco di sensuali piaceri come la tra-
dizione ed i commenti hanno insegnato.
Maometto promette lo uri, esenti da ogni
bruttura, le vergini modeste, le care spose,
tutti beni che in terra non si riscontrano
di frequente.
Il quarto d'ora di Rabelais: fr. le quart
d'heure de Rabelais., dicesi, con molta li-
bertà e con largo riferimento per signifi-
care un momento di incertezza e di im-
paccio, in cui conviene risolversi. Si allude
per tale motto ad un brutto quarto d'ora
che passò Francesco Rabelais, il grande au-
tore di Oargantua, quando al ritorno da
Roma si trovò a Lione senza soldi per
continuare la via. Per ciò si valse di que-
sta astuzia: fatti chiamare i medici della
città e fatto giurare il segreto, loro disse
che i Romani gli avevano dato un veleno
per uccidere il re. Fu allora denunciato,
preso e condotto sotto buona scorta a Parigi
dove egli tutto narrò al re facendosi beffa
della semplicità de' Lionesi. Aneddoto an-
tico ma poco attendibile, né d'altra parte
persuade la spiegazione che un fatto cosi
comune come la mancanza di denari abbia
potuto dar vita ad una locuzione così co-
mune e nella quale par si contenga un
senso speciale e recondito.
Il regalo che fece Marzo alla Nora:
locuzione toscana e vale, regalo meschino
come quello che fece tal Marzo a una tal
Nora di tre noci e una nocciola. « A})-
pena vedmi l'involto dirai : ecco il primo
regalo che foce Marzo alla Nora» (Giusti,
Lettere).
Il re regna ma non governa: formula
della monarchia costituzionale, già espressa
dal Thiers nel 1830: le roi règne et ne
gouverne pas. Rex regnai sed non guber-
nat fu pure il monito dei Polacchi a Si-
gismondo III loro re.
233
Iinm
Il s'écoute : lotte ralmento si ascolta^ cioè
■parla ascoltando il suono della sua voce :
s'ccouter 'parler r=: mettre de la prétension
et une reckerche affectée dans sa manière
de parler.
Il sol di ImqIìo: locuzione usata nella
frase farsi bello del sol di luglio, cioè
vantarsi di cosa di cui non si ha merito.
Il sole d'Austerlitz: il raggio di sole
che npi)arvo o illuminò la vittoria di Na-
poleone nella gran battaglia di Austerlitz,
in Moravia, nel 1805, detta anche la bat-
taglia dei tre imperatori. Sole altre volte
ricordato : Voilà le soleil d'' Austerlitz/
Il tempo è moneta: versione del motto
inglese tiine is money. V, a questo motto.
Il ventisette del mese: il giorno in cui
il Governo italiano paga i suoi impiegati
e ufficiali, divenuto sinonimo di stipendio,
paga, Es. « Per molti il ventisette del
mese è il solo ideale. »
Il vicin mìo grande: V. Carducci, Rime
Nuovo, Giustizia di Poeta.
Imano: voce araba che \i\\g capo, pre-
sidente^ cui i mussulmani danno molte-
plici significati. Alcuni capi indipendenti
in Arabia in cui risiede il potere politico
e religioso, son detti Imani. Imani furon
detti i califfi ed il sultano, imani i preti
maomettani celebranti nelle moschee.
Imbarazzo, imbarazzare, imbarazzante :
sono gallicismi (radice celtica bar -^ asta,
barra) fatti italiani sino dal '500, prima
nel senso materiale di impedimento., poi
in quello morale di impiccio. Ma per quanto
queste voci « siano entrate nella consue-
tudine del popolo toscano, che hanno per-
duto oramai ogni impronta di gallicità »
(Rigutini), certo in nobile dottato curerei
di evitarle.
Imbarcadero: spagnuolismo, embarca-
^/^/•o, dicendosi in italiano imbarcatoio (V.
questa parola): ma forso a noi provenne
più direttamente dal fj-anceso embarcadère.
Sono ponti allungati nel mare o nei laghi
sino a trovar gran fondale così che la nave
possa accostarsi por lo scarico o carico
senz'altro intermedio.
Imbarcare: imbarcarsi in un affare --
prendere assunto di cosa difficile e lunga.
Imbarcare imo s.:-. licenziarlo, mandarlo
via: modo faniiliaro.
Imbarcatolo: per ponte d'imbarco è pa-
rola che manca a molti dizionari : « ne-
cessaria e ben acconcia » la dice il Gu-
glielmotti, op. cit., se non che molti usano
imbarcadero. V. questa parola.
Imbarcazione: dicesi in marina di qua-
lunque palischermo grande o piccolo : spia-
ce ai puristi perchè deriva dal fr. emba?--
cation. «Tu se ami tuo paese e linguaggio,
userai, per vocabolo generico palischermo,
e per collettivo barchereccio ». Così il Gu-
glielmotti, op. cit. Eh, padre maestro, ci
vuol altro ormai !
Imbecillità: come termine medico e dei
psichiatri indica il primo e più lieve grado
deW idiotismo. La graduazione di questa
demenza congenita sarebbe idiotismo,
semidiotismo, iìnbecillità. L' imbecillità
appare nella seconda infanzia : lentezza e
incertezza nel computo, nell' ortografia,
nella sintassi ; credulità : più tardi, senti-
menti morali appresi dogmaticamente ; di-
fetto di critica del bene e del male : ninna
originalità: non conoscono la baldanza della
giovinezza : presto si fanno maturi. Pos-
sono riuscire benissimo nella vita. Anzi!...
Imborghesirsi: ned. diventare borghese,
acquistare modi, vita di borghese.
Imbottar la nebbia: bella locuzione fa-
miliare toscana che vale far cosa vana
come colui il quale chiudesse entro botte
la nebbia.
Imbotte: V. Intradosso.
Imbrogliare: term. mar., avviluppare
una vela cogl' imbrogli per sottrai'la in gran
parte all'azione del vento.
Imbutita: chiamano i meccanici una
lamiera la quale sia foggiata a cupola o
altrimenti : dal fr. emboiier = rendre
une jjlaquG de metal convexe d'un coté
et concave de V autre, radico, boUe. In
italiano si dovrebbe dire stozzata, cioè
foggiata su lo stozzo.
Immagazzinare: neologismo tolto dal
francosci emmagasiner, e usato nel lin-
guaggio scientifi(!o e tecnico nel senso di
concentrare in bj-ove si)azio gran quantità
di energia. Dicesi altresì, per ostensione,
in senso morale.
Immancabilmente: \)ov sicuramente, cer-
to, sen\a dubbio, è ripresa dai puristi come
voce usata alla maniera francese.
Inim
234 —
Imp
Immobiliare: trovasi usata questa pa-
rola,' versione del fr. ìmmobilier^ come
attributo generico di operazioni riguar-
danti i beni ìmvL\o\)\\\ {bona immobilia) ^
cioè case e terreni. Es. Ch'edito ituTìio-
biliare.
Immobilizzare : per rendere immobile ri-
durre in istato da non potersi muovere,
operare, esercitare alcuna azione, ricorda
il francese immobiliser, in italiano, meglio
immobilitare, ma questo verbo mi pare
alquanto disusato.
Immondo : parola più che italiana (non
mondo, immundus, non pulito, impuro) :
ma pan'à soverchio acume il dire che
questa parola è spesso usata da noi con
la frequenza e il senso del fr. immonde ?
Immortali : erano gii Dei presso gli an-
tichi, contrapposti ai mortali, cioè agli
uomini. Ma i francesi nella geniale loro
enfasi (geniale, a chi piace!] chiamano
familiarmente immortel l'accademico della
loro Accademia. Les quarante immortels.
Immortalizzare: per immortalare è
brutto doppione ed inutile, derivato dal
fr. immortaliser ; e così dicasi di eter-
ni%x,are (fr. éterniser) per eternare.
Immunità: (dal lat. in e munas ^=: sev-
vizio, immunis) in medicina indica la
resistenza organica alle sostanze tossiche,
ai contagi, allo sviluppo degli agenti pa-
togeni. L'immunità può essere innata o
acquistata, come ad es. col vaccino contro
il vainolo.
Impagabile : nel senso iperbolico di cosa
che non ha prezzo, inestimabile, special-
mente detto in senso faceto o di scherno,
ò il francese impayable = extraordinaire,
bizarre, plaisant. In italiano, vai tant'oro
quanto pesa, e infiniti altri modi di cui
ò ricca la favella del popolo.
Impaperarsi : papera (propr. la femmina
del papero) è lo sbaglio nel parlare e nel
pronunciare, nel gergo teatrale anzi è ^oce
tecnica : dicesi familiarmente impaperarsi
per confondersi nel parlare, prendere delle
])apere. Y. Papera. \ Impappinarsi, è al-
quanto diverso e vale perdere il filo, iìn-
hrogliarsi.
Impasse: roneo. ma cieca, via senza
uscita ( J. Cui de sae) e deriva da un in
negativo e passe cioè via per cui non si
passa. Parola francese non infrequento
fra noi. Es. « un temperamento che desse
modo al Governo di uscire senza disonore
daìV impasse in cui si è cecamente cac-
ciato » . E chi scrive così è un professore
di Università italiana!!
Impavesate: ter. mar., cassoni che cor-
rono da prua a poppa sul capo di banda
delle navi da guerra, coperte di incerate,
nei quali ripongonsi le brande dei marinai
durante il giorno.
Impeccabile: letteralmente che non ])uò
j peccare. Questo aggettivo riferito con spe-
ciale significato al contegno, al vestito,
al decoro etc, ricorda V irreprochable fran-
cese. Es. «egli è d'una squisita cortesia
e d'una notevole amabilità, modesto, im-
peccabile nel suo portamento » .
j Impedenza: Y. Induttanza.
Impedimenta: e talora in italiano m-
pedimenti, voce tecnica del linguaggio
militare de' Romani per indicare i bagagli,
i carriaggi, i somieri, le provvigioni che
accompagnano un esercito in moto e ne
ritardano o impediscono lo spedito andare :
voce così espressiva che non è caduta
dall' uso. Expediti invece erano detti i
soldati quando non erano impediti dai
bagagli .
Impegnarsi a fondo : dicesi quando uno
neir intraprendere alcuna azione opera in
modo risolutivo così da non potersi ritrarre
più per ricominciare. Dal linguaggio delle
armi e della milizia passò la locuzione al
linguaggio politico specialmente. Delle va-
rie questioni che i puristi fanno sul verbo
impegnare, Y. il Eigutini, op. cit., che
ampiamente ne ragiona.
Imperativo categorico: (Kategorischer
Iinporativ) frase usata da E. Kant nella
sua opera filosofica Grundlegung der Me-
taphysik der Sitten, per indicare la legge
morale che comanda o proibisce, all' infuori
di ogni considerazione di utile o di piacere.
« Opera unicamente secondo quella mas-
sima per la quale tu puoi nello stesso
tempo volere che essa divenga legge uni-
versale». Dicesi talora nell'uso comune
e fuori di ogni senso metafisico, impera-
tivo categorico per ordine assoluto, con-
dizione che non si può tralasciare.
Imperialismo: (fr. im.pénalisme, ingl.
lni|)
— 235
Jmi
imperialism) sistcniu di governo impe-
riale, ambizione di costituire un impero.
Questo neologismo è usato per indicare la
tendenza di alcuni pros})erosi popoli, ricchi
e forti, da costituirsi in forma di impero,
sì per le vaste egemonie e domini diretti,
sì per r intento di bastare a sé né aver
bisogno del concorso delle altre nazioni:
(juesta tendenza, nel quarto d'ora che passa,
e fortissima nei popoli di razza anglo-sas-
sone e germanica. La Pace ne lagrima,
gì' immortali principi dell' '89 ne soffrono,
ma la realtà procede del suo passo logico
e fatale.
Impetiggine: dal latino imp etere ^^ at-
taccarsi : dermatite caratterizzata dalla
formazione di pustule onde geme ma-
teria che si concreta in croste gialla-
stre. È autoinoculabile e dovuta all'ino-
culazione di microbi generatori speciali
della suppurazione (streptococchi, stafilo-
cocchi).
Impianto: così chiamano i tecnici ed i
meccanici un insieme di macchine orga-
nicamente disposte e concorrenti ad un
dato scopo tecnico.
Impiegato : per ufficiale spiace ad alcuni
severi puristi perchè loro ricorda il fr. em-
ployé. Giustamente osserva il Rigutini
esser più facile levar di mezzo la cosa che
la parola. Voce accolta dalla Crusca.
Impiegomania: neologismo del linguaggio
familiare o detto talora in senso faceto
per indicare la generale tendenza odierna
di procacciarsi la vita diventando ordigni
delle grandi macchine burocratiche piut-
tosto che liberamente svolgere le proprie
forze.
Impiparsi: verbo usato nel linguaggio
familiare e plebeo : vale infèschiarsene,
ridersi di checchessia. « Faccia di me ne
impipo/» Voce usata specialmente nei
dialetti dell'Alta Italia; non ignota per
altro al dialetto toscano.
Impolitezza: per scor^ma, sgarbo, fran-
cese iìupolitesse., è notato dai puristi con
giusto orrore. Ma si usaV Oggi non mi
pare. Trattasi, io credo, di uno dei non
pochi barbarismi effìmeri : si trapiantano,
ma non metton radici.
Impolìtico : esteso oltre al senso della
politica, nel senso cioè di imprudente
spiace ai puristi, perchè forse tale esten-
sione é tolta dal francese.
Imponente : per grande, maestoso, for-
midabile eie. ricorda ai puristi l'uso della
parola fr. imposant. V. Imposant., e perciò
la riprendono. Dicono infatti i francesi:
[ figure imposante; cérémonie imposante ;
j forces imposantes etc, e così noi. Come
I ognuno vede, imponente è parola italiana,
ma l'uso che se ne fa è straniero. Solito caso !
Imporre: usato da solo in modo asso-
luto, es. uomo che impone, aspetto che
impone, spiace ai puristi, E in fatti modo
francese, e così ne scrive V Académie: ab-
sol. iviposer, inspirer du respect. Se non
che cotesto imposer non indica solo ri-
spetto ma suggestione, timidezza e simili,
anzi molte volte il rispetto non e' entra
come in questo esempio tolto dal Voltaire
ove Cesare parla di Bruto. Sa fermeté
m'impose, etje l'excuse mhne de condam-
ner en tuoi l'autorité suprème. Così pure
é usatissima la forma riflessiv-a imporsi
che vuol dire non tanto sopraffare o pre-
dominare quanto rendersi necessario, au-
torevole e autoritario più per audacia ed
arte che per giusto valore. Come abolire
0 condannare tali vociV Questioni che si
impongono per, necessarie., urgenti^ è lo-
cuzione ripresa, ma, buona o cattiva che
sia, essa si im^pone nell'uso, ed anche i ben
parlanti non saprebbero farne a meno.
Importanza: nella locuzione annettere
importanza spiace ai puristi ricordando
r anne.rer o attacher importance de" fran-
cesi. In buon italiano dare importanza.
V'è però fra i due modi alcuna lieve dif-
ferenza di senso.
Importo: per costo, valuta di una data
cosa è ripreso dai puristi come deriva-
zione abusiva del verbo importare. liO
accoglie la Crusca con esempio del Cua-
dagnoli .
Impossibilitare od impossibilitato: sono
voci di Crusca con esemi»i fin del 'UGO:
Sogneri, Magalotti, Muratori, Botta: non
scrittori artisti, a mio vedere. Sia pur
dunque parola buona, certo è greve, e
sa di uliìci ; tanto più evitata da buoni
scrittori in quanto so(H!Orrono altre voci
e modi più t'acuii o snelli.
Impossible n'est pas un mot franpais;
Imi
236 —
Imp
« iìnpossibile » non è parola francese;
motto attribuito a Napoleone I.
Impressionabile e ImpreSiSionabilità: neo-
logismi necessari e caratteristici per indi-
care specialmente la disposizione morale
atta a ricevere le impressioni del mondo
esterno con più violenza e turbamento che
— forse — una natura sana non comporti.
Il popolo, dice il Eigutini, servesi all'oc-
casione di altre maniere. Vero. Vero è
e ile al popolo è pur poco nota 1' impres-
sionabilità. Del resto accogliendo, come
la Crusca accoglie, il verbo impressionare^
sia pure con esempi di dubbia autorità,
potrebbero i puristi accoglierne anche i
derivati.
Impressionismo: V. Impressionista.
Impressionista: chi lavora in arte se-
condo la impressione cercando di ripro-
durre la realtà impressionante^ e si suole
dire tanto dello scrittore come del pit-
tore. Per ciò che riguarda l'arte del det-
tato, impressionista è colui che usa una
speciale tecnica o maniera di scrivere e
descrivere, cioè a tratti, periodi brevi,
staccati, tinte forti, crude, rudi, sinistre etc.
Maniera che vuol sembrar vera e sem-
plice, quasi rendendo con immediatezza
la prima impressione : spesso abusandone,
è maniera artificiosa, ove non soccorra
arte e vera commozione estetica. Più spe-
cialmente impressionista dicesi de' pit-
tori i quali difendendo questa loro ma-
niera, dicono : « Non si cerchi più in là
nei nostri quadri ; noi stessi, dopo il mo-
mento febbrile e intenso dell'esecuzione,
non osiamo, non dobbiamo toccarli ; sa-
rebbe un profanarli : così vedemmo, così
era la nostra impressione e prima che ci
sfuggisse 0 si modificasse nella natura
ed in noi, la rendemmo così come la ve-
dete » . Di qui r esagerazione di un con-
cetto giusto, per se. Poiché ogni vero ar-
tista è, e deve per forza essere impres-
sionista^i ma non questo solo e sempre
giacche l'arte è qualcosa di più che sem-
plice impressione. È necessario, ma non
sutfioiente che il pittore sappia cogliere
la natura all'istante, nel lampeggiare di
una luce o di una tinta, che se si dilun-
gasse in minuzie, gli sfuggirebbe, e la
visiono si modificherebbe, ma ciò non è
tutta r arte. Or dunque : gli impressio-
nisti hanno un modo speciale (ed è il
modo detto) di vedere e di rendere la na-
tura e se ne sono fatti un cànone. Dal
detto modo speciale, di impressione, pro-
venne una tecnica speciale, per masse,
per macchie più o meno chiare e giusti-
ficate. Ed eccoci, quasi derivazione par-
ticolare di costoro, ai macchiaiuoli. (V.
questa voce). Quanto alla ragione etimo-
logica della parola, impressioniste è voce
del gergo francese: qui fait de la pein-
ture ultra réaliste, benché questo ultra
realista noii pare esatto ; per il realista
tutta la natura obbiettiva è degna di ri-
produzione, per l'impressionista quella spe-
cialmente che eccita la commozione esteti-
ca. Derivato, impressionismo. Forse non
solo la voce ma l'esagerazione della cosa ele-
vata a sistema d'arte, provenne di Francia.
Impreteribile e Impreteribilmente: voci
pedantesche, dice il Rigutini, ma non gal-
licismi ; dal latino in-praeter-ire, che non
può 0 non devesi tralasciare, omettere.
Accolte dalla Crusca : certo non sono
gemme di parole!
Impulsivo: agg., talora sostantivo, da
impulso, lat. impellere, spingere. Nel
linguaggio dei fisiologi e filosofi è attri-
buto di quegli individui e di quei tempe-
ramenti che sofi'rono di un difetto nel
freno della volontà, cioè che passano dal
pensiero all'azione in modo subitaneo e
irriflessivo. L'impulso grave anormale è
segno di degenerazione e di stato patolo-
gico, come l'impulso dell'omicida, del sui-
cida, dell' epilettico, di chi è portato a
distruggere. Gli individui così infelice-
mente da natura temprati benché abbiano
coscienza de' loro atti sono indotti a com-
pierli in modo irresistibile. L'impulsività
si accompagna ad un senso di angoscia
che cessa con la soddisfazione dell' atto.
A codesta impulsività o forza irresistibile
molti delitti sono attribuiti. La qual cosa
è pur vera. Vero è del pari che ra-
gioni di interesse, di passione o di par-
tito portano troppo spesso a coprire e
adonestare, con 1' autorità della scienza,
azioni delittuose le quali sono dovute a
deliberato proposito di male, non all'in-
domabile forza dell'impulso anormale.
23^
In: sin dove si arrivi con Fuso di que-
sta proposizione usata alla francese in-
vece dell'italiano di non è facile stabi-
lire. Corto è preponderante sempre di più,
come da esempi : Mantello in seta, pan-
tofole in pelle, letto in ferro, bastimento
in acciaio etc. L'uso buono nostro vuole
che si adoperi di per indicare la materia
di qualche lavoro. Dunque letto di e non
in ferro. Dicesi comunemente delle stoffe
in bianco^ in celeste^ in rerde^ etc, come
compimento del verbo vestire, e non è
modo conforme all' indole della nostra
lingua. Ora senza far questione di pu-
rismo e di grammatica, anche i nostri
pili ardenti sostenitori del parlare e scri-
vere come vien viene, devono ammettere
che questo doppio uso delle preposizioni,
(giacché, esse sono come i perni del di-
scorso) è, non un pregio ma un difetto gran-
de in qualsiasi linguaggio. Un maestro di
scuola insegnerà secondo Fuso o secondo
grammatica V Questa grave domanda può
altrui sembrare ingenua, e con triste argu-
zia si può rispondere : « ne in un modo
ne nell'altro!» Potrei ribattere: «molti
in verità così fanno ». | Le locuzioni in al-
lora^ in riguardo, in ajjpresso, etc. sono
riprovate, bastando gli stessi avverbi senza
bisogno deìViìi.
Inalazione: dal latino «"«/za/are = sof-
fiare. Dicesi in medicina delFassorbimento
mercè la respirazione di gas, vapori o li-
quidi polverizzati.
In alto luogo: ovvero un altissimo
personaggio^ perifrasi neologica della po-
litica per non nominare il re o la corte.
In alto mare : dicesi metaforicamente
che una questione è ancora in alto mare^
quando è ancora insoluta e tarderà molto
a venire a riva, cioè a risolversi.
Inanizione: termine scientifico usato dai
medici specialmente per inedia, sfini-
mento, estenuatone: dal basso latino
inanitio e per via diretta, dal fr. inani-
tion. Lo accoglie la Crusca con esempio
del Botta.
Inattaccabile: detto di persona, repu-
tazion<!, condotta pura, integra, che non
può essere riprosa, incensurabile, ricorda
ai puristi il fr. inattaquahle. Lo accoglie
la Crusca. li (;rit(U'io di cui si valgono
gli Accademici della Crusca nelFaccogliere
0 nel respingere parole di provenienza fran-
cese 0 estensione di senso dedotto da altre
lingue, non è dei più facili a comprendere.
Ma conviene ammettere che la cosa è molto
difficile e il giudizio dei più incerti. V. la
Prefazione.
in base a o del...: locuzione comune
specie del linguaggio degli uffici, repu-
tata viziosa dai puristi, invece delle ma-
niere buone, in conformità^ sul fonda-
mento etc. Es. In base al verdetto dei
giurati l'accusato fu assolto.
In camera caritatis : dicesi di avver-
timento 0 rimproveri dati in segreto, come
preavviso cortese, senza che altri lo sappia.
Incanagliarsi : è versione del francese
s'encanailler = se lier avec de la ca-
naille. Il verbo buono e toscano è inga-
glioffarsi del quale un bell'esempio è nel
Machiavelli nella nota lettera a Fran-
cesco Vettori : « mangiato che io ho, ri-
torno all'osteria: quivi è Foste, per l'or-
dinario un beccaio, un mugnaio, due for-
naciai! Con questi m ingaglioffo per tutto
dì giocando a cricca, a tric-trac, etc. ».
Notevole e miserevole fortuna delle nostre
parole, il Petrocchi registra fra le voci
fuor dell' uso ingaglioffare e fra le voci
dell'uso incanagliare! La Crusca non ac-
coglie questa voce.
Incanalare : per istradare, avviare.^ met-
tere su la buona strada, è neol. assai
brutto.
Incartamento: «dicasi coi toscani in-
serto » ammonisce il Rigutini (cioè il fa-
scicolo che contiene una data pratica ri-
guardante un dato affare). Dicasi purel
se non che mi par che molti invece che
dir coi toscani inserto, dicano coi fran-
cesi dossier. V. questa parola. La Crusca
ha accolto incartamento.
Incastellatura: chiamano così i mecca-
nici lo scheletro od ossatura dolio macchine
fìsse, a guisa di castello. V. Baiy, voce
inglese, che è pure in francese fatta bàli.
In cauda venenum: nella coda il ve-
leno, cioè nelle ultimo parole si occulta
la puntura, il colpo. Locuzione latina,
tolta probabilmente dalFoi)inìono che nella
coda di al(!uni animali, s<!orpioni, serpi, etc,
stessi» la violenza del veleno.
Ino
lacerti del mestiere: locazione antica
a cui è data significazione antifrastica,
lepida e filosofica per accennare alle di-
sgrazie ed ai pericoli cui si va incontro
nell'adempimento del proprio ufficio o do-
vere. Ebbe molta divulgazione perchè fu
usata dal povero re Umberto quando subi
r attentato dell' Acciarito, significando la
regalità non come ufficio divino, ma pa-
reggiandola agii altri impieghi. Dicesi an-
che incerto professionale. In un recente
processo per diffamazione tenuto a Roma,
essondo gli avvocati venuti a guerra di
calamai, uno degli avvocati ne ebbe rotto
un dente e, ribattute le ingiurie, concluse
testualmente : « Io non presenterò querela,
considererò l'incidente come incerto pro-
fessionale e andrò dal dentista a farmi
riparare il dente ».
In ciiiesa coi santi, etc: locuzione e
sentenza popolare di grande saviezza che
vuole che F uomo sappia vivere confor-
mandosi alle persone con cui fortuna o
necessità lo accomuna: sentenza fissata
da Dante nel canto XXII dell' /?2/(snio.-
Ma nella chiesa
co' santi e in taverna co' ghiottoni.
Inchiesta: per investigazione (lat. in-
quisitio) è nota voce del linguaggio tec-
nico amministrativo, che pure essendo
tolta dal fr. enquete, apparteneva già da
antico all'italiano (cfr. il verbo inchie-
dere ----- fare inquisizione) : caso non raro di
antiche parole che casualmente risorgono
per l'affinità delle due lingue neo-latine.
V. Ignoti ladri.
Incidente : secondo i puristi anche que-
sta è voce tolta dal francese per significare
cosa 0 fatto o avventura che accade nel
corso di un negozio. Similmente ritienesi
gallicismo nel senso di questione acces-
soria. Voce di Crusca in tale senso.
Incidit in Scyllam, cupiens vitare Clia-
rybdim : cade in Scilla (scoglio su le co-
ste d' Italia) volendo sfuggire Gariddi
(vortice anticamente famoso nello stretto
di Messina). Dicesi di chi volendo sfug-
gire un male, cade in un altro. Il motto
è di un poeta neo-latino del sec. XIV.
Oualtier de Lille, Alexandreis^ lib. V,
vs. 301 : parafrasi tuttavia di un antico
adagio greco.
Incipit Vita Nova: comincia la vita
nuova : così con solenne ed occulto par-
lare l'Alighieri comincia l'opera sua La
Vita Nova, dove per queste parole si
vuole intendere o la giovinezza (che tale
è il senso dato dagli antichi nostri a miovo
e novello) oppure ima nuova vita rige-
nerata da Amore. Come molti versi o emi-
stichi danteschi, anche questo motto di-
ventò popolare e si usa per significare
una vita migliore, un mutamento di male
in bene nelle operazioni e nelle finalità
dell'esistenza.
Incognito : parola italiana usata frequente
nella diplomazia: è voce internazionale.
Dicesi di principi o sovrani che viaggiano
e dimorano in terra straniera e non vo-
lendo essere conosciuti o trattati secondo
il loro grado, non portano segni e seguito
conforme, e spesso assumono altro nome.
Questo segreto convenzionale di raro è
ignorato, ma lo si rispetta nelle apparenze.
Pur viaggiando in incognito il sovrano
gode del diritto di extraterritorialità. Se
però noi demmo questa voce alle lingue
straniere (francese, inglese, tedesco), que-
ste ne fecero un sostantivo avverbiale.
Incognito spiace ai puristi, che consi-
gliano, da privato^ privatamente.
Incollatura : (fr. encolure) nel linguaggio
delle corse vale a dire la differenza di
un collo fra cavallo e cavallo. Es. il tal
cavallo vinse per un'incollatura.
Incolonnare : nel linguaggio militare di-
cesi di milizie che dalla disposizione di
linea spiegata passano a quella di co-
lonna.
Incoloro: per sema colore ricorda ai
puristi la voce francese incolore, lat. in-
color, ed è usato specie dagli scienziati
per determinare le qualità dei corpi, in-
sieme a inodoro fr. inodore., lat. inodo-
rus e insaporo .1 la quale ultima è fog-
giata per analogia, e vale insipido. La
Crusca non accoglie la nuova parola.
Incombente: lo registra il Tramater
come voce dell'uso, ma con valore di ag-
gettivo per soprastante., premente^ latino
incumbens, e va bene. Voce pedantesca,
talora usata nel linguaggio burocratico per
significare il dovere d'ufficio. Es. «Soltanto
alle due dopo mezzanotte comparve un
- 289
Ino
deloguto di P. S. por gi' incoili benti di
leggo ». Lo accoglie il Molzi in tal senso
conio forma noologica, Corto è assai brutta.
Incombenzare : voce nuova da ineom-
henxa, non solo registrata ma « il popolo
toscano la ripete tutti i giorni » dice il Ri-
gutini difendendola. Alla sua volta il Tom-
maseo, registrando il verbo, ìinnota : « Il
l»opolo proprio non lo dice: ma la gente
che vuol parer saputa. È parola pesante ».
La Crusca non la nota. Mi par da vero
pesante, anche se di uso toscano.
Income-tax: locuzione inglese che si-
unillca tassa sul reddito^ cioè un tanto
|)er sterlina su le rendite, emolumenti,
profitti, etc, però quando il reddito superi
una certa somma. Ineome-tax è anche nei
diz. francesi.
Incompatibilità di carattere: più spesso
<he di uomini, si dice di uomo e donna,
0 specialmente quando uomo e donna sono
avvinti dal vincolo coniugale : sia la di-
versa natura maschile e femminile, sia
diversità di educazione, abito morale, in-
telligenza ; sia effetto dell'essere astretti
alla medesima catena per tutta la vita
che rende più acerbi gli animi ed ulce-
ranti le piaghe, il vero è che questa in-
compatibilità di carattere, questa impos-
sibilità del convivere insieme realmente
sussiste e spesso, cosa notevole, in uomo
e donna che, singolarmente presi, sono
buoni e da bene. ) Incom'patibilità, per
ostacolo^ impedimento^ etc, è voce ripresa
dai puristi.
Incompetente: V. Incompetenza.
Incompetenza: giuridicamente si dicedi
un giudice che non ha, per giurisdizione,
<) territorio, o valore della causa potere di
riconoscere una contestazione. Talora dicesi
incompetente per non diro incapace^ igno-
rante.
Incompreso o genio incompreso: più che
nel senso proprio, cioè di intelligenza no-
bile ed alta la quale o non è intesa dal
publico, 0 non vi trova corrispondenza,
0 per sua infelicità o difetto non sa met-
tere in comunicazione l'anima sua con
r anima delle moltitudini, si dice por
i scherno di chi molto presume^ di se, ma
non dà saggio del suo valore.
In confronto: terni, giuridico = contro.
Inconoscibile : ciò che non è e non può
essere conosciuto perchè trascende l'u-
mana natura. Yale conK; agnosticismo^
cioè la teoria di quei filosofi (Kant, Spencoi-)
i quali ammettono osservi al di là del fe-
nomeno e del relativo, un assoluto il quale
è di tal natura che non si lascia intaccare
dal sapere e dalla logica umana. Vero è
che per il positivista questa realtà assoluta
considerata come inconoscibile, è cosa in-
differente né forma parte necessaria del
suo sistema.
Incontinenza : nel linguaggio medico in-
dica emissione involontaria di materia fe-
cale 0 di urina : dal latino in negativo e
continère.
In corpore vili : e compiutamente : fa-
ciamus experimentum in anima (o cor-
pore vili)^ facciamo la prova in corpo o
in anima di uomo vile, cioè che niun
conto è che muoia. Così la leggenda fa
parlare i modici al letto di M. Antonio
Mureto, umanista del '500, il quale fug-
giasco e male in arnese, non era sospet-
tato né si credea che potesse intendere il
linguaggio della scienza. A cui Mureto
rispose: «Chiami tu vile l'anima per cui
non disdegnò G. Cristo di morire?» Altri
altramente racconta. Comunque, il motto
oggi si ripete, o sul serio o più spesso
per facezia, quando si accenna a cose nuove
di cui si fa esperimento.
Incrociar le braccia: locuzione icastica,
di probabile provenienza francese e vale
rÌTìianere inerte^ non operare: locuzione
che ricorro talora parlando di scioperi :
indica il concorde e fermo rifiuto al la-
voro da parte della mano d'opera.
Incrociatore: nave da guerra, parzial-
mente difesa da corazza, di grande velo-
cità e potenza, atta a tener dovunque
lunga crociera.
Incroyable: V. Moscardino,
Incubazione: dal latino in e cubare,
giacere. Nel linguaggio medico indica il
tempo che passa tra il momento del con-
tagio e r apparire dei ])rimi sintomi dì
una malattia.
incubi 0 sùccubi: dal hit. in, sub e
cubare zzz dormire: secondo la scienza mu-
gica e le credenze po})olari erano ritenuti
demoni, maschi i primi, lemmine i so-
Ino
240
condi, che si accompagnavano nel sonno
voluttuosamente. Oltre a questo senso
erotico (e il vocabolo è comune a' vari
linguaggi), vuol indicare allucinazione j
terrifica che si prova nel sonno. I fran-
cesi dicono in questo secondo significato,
Cauchmar .
Incunàbolo: nel linguaggio dei librai e
dei bibliofili indica un libro o un opuscolo
edito nei primi tempi della stampa, quando
l'arte era ancora nella cuna. Tal voce è
latina, incunahula^ fasce in cui si avvol-
gono i bambini. Vuoisi avvertire che gli
incunabuli sono le stampe impresse con
caratteri mobili, là dove quelle impresse
con caratteri fissi, cioè incisi sopra tavo-
lette, sono libri 0 fogli silograflci.
In cymbalis: locuzione latina, fatta ita-
liana in : in cimberli^ coi verbi essere o
andare^ detto di chi è allegro per baldoria
e libazioni : letteralmente essere fra suoni
di cÌ7nbali, i strumento usato nelle feste
dette Baccanali. Nel dialetto milanese è
comune questa locuzione, essere in cim-
balis 0 in cimbalis bene soìiantibus per
dire, essere ubbriaco.
Inde irae et lacrymae: da ciò Vira e il
pianto.^ leggesi in Giovenale, bat. I, 568.
Indelicato : eufemismo neologico che
spesso vale truffatore.^ ladro. Es. Una
serva indelicata. L'eufemismo è in grande
onore ai nostri dì, onde lavoratori della
mensa son detti i camerieri, deplorati i
ladri del publico denaro, etc. In occasione
di un famoso delitto, invece che dire che
il Tal dei Tali andava dietro alle servotte,
si scovarono persino gli amori ancillari!
Indennità di guerra: è il pagamento di
una determinata somma che ne' prelimi-
nari delia pace il vincitore impone al
vinto affinchè siano sospese le armi e reso
in tutto 0 in parte il territorio occupato.
E codesto pagamento richiedendo assai
tempo, l'occupazione militare suole pro-
lungarsi per modo che i territori occupati
valgano come di sicurtà o malleveria. V.
la voce seguente.
Indennizzare e indennizzo: per risarcire
rifare i danni e le spese., ammenda., etc.
ricorda ai puristi le voci francesi indem-
niser e indemnité. Ma è tanto tempo che
vivono in Italia che oramai si sono accli-
mato in tutti i dizionari, comprosa la
Crusca.
In derno: term. mar., dicesi della ban-
diera nazionale, annodata in mezzo, che
lascia uno svolazzo di coda. Si alza come
segnale di pericolo.
Indice cefalico: i medici, gli antropo-
logi, i filosofi distinguono i crani umani
in due specie principali, quelli allungati
(dolicocefali) e quelli tondi (brachicefali),
senza tener conto delle divisioni inter-
medie. Ora il più sicuro criterio per
determinare il tipo cranico, è dato dal-
l' indice cefalico (o cranico se lo si ot-
tiene su lo scheletro). Esso si trova cosi:
si misura la larghezza trasversale del cra-
nio, e moltiplicatala per 100, la si divide
per la misura di lunghezza o diametro
antere-posteriore. Il numero che risulta
da questo rapporto è 1' indice. Quando
l'indice è 75 o meno, il cranio è dolicoce-
falo, quando è 83 ed oltre, brachicefalo.
Indice (mettere all') : i7idice dei libri
proibiti è l'elenco dei libri che la Chiesa
Romana proibisce di leggere perchè con-
tenenti dottrine erronee: da ciò la frase
mettere all' indice per dire, mettere al
bando., considerare come pessimo e ri-
provevole.
In diebus illis : lat. in quei giorni..
una voltai
Indietro di scrittura : locuzione dialet-
tale lombarda [indree de scrittura) e vale
scarso di mente., poco perspicace, e anche
essere allo scuro di qualche cosa.
Indigete: ìdiimì^mo.indìges-getisziz na-
tivo del paese : attributo di Enea e degli
Eneidi, progenitori, secondo la leggenda,
dei Romani, e furono adorati come divi-
nità: poi indigete valse ad indicare il
nume tutelare e del luogo.
Ma tu placavi, Indigete comune,
Italo nume, i vincitori e i vinti.
Carducci, Alle fonti del Clitiimno.
Indirizzo : per recapito, ricorda ai più
severi puristi la voce francese adresse.
Ma avvertesi che lo stesso Tommaseo è
incerto se si debba chiamare francesismo
« giacché il suono e il senso sono italiani ».
E ritenuta invece meno buona questa pa-
rola — né r accoglie la Crusca — con
valore di domanda., dimostrazione, pe-
l.id
— 241 —
Ind
iixione^ cho si rivolgo da molti ad un
dato personaggio o assemblea : infatti è
voce del linguaggio parlamentare e poli-
tico francese.
Individualismo : oltre che eccessivo o
esclusivo amore di sé stesso, significa
quella dottrina sociale, politica e filosofica
insieme la quale considera 1' azione del-
l'individuo e la sua iniziativa necessaria
alla civiltà ed al progresso umano: per-
ciò non solamente non deve essere impe-
dito che in minima parte, ma le fun-
zioni dell'Ente sociale (Stato) devono es-
sere ridotte alle più piccole proporzioni
appunto per non inceppare 1' opera del-
l'individuo. L'opposta dottrina è il Socia-
lismo. Sono i due termini di lotta della
civiltà presente ; e se mai la verità fu
nel mezzo, questo è il caso. Indimdua-
lismo è voce internazionale, ted. Indivi-
dualismus, ingl. indimdualism, etc. In-
dividualista^ il sostenitore di questo con-
cetto.
Individualità: riferito a persona, è brutta
astrazione di conio francese, ove pure è
neologismo : ripreso dai puristi : certo to-
glie freschezza ed uso a tanti bei modi
nostrani per indicare persona che eccelle
sugli altri. Individualità è termine filo-
sofico che significa ciò che distingue un
individuo sì che esso abbia un'esistenza
sua propria. Il Petrocchi accoglie senza
chiosa i due sensi.
Individualizzare: neologismo tolto dal
IVanceso individualiser ; rendere indivi-
duale, distinto da ogni entità simile : le
voci nostre sono specificare^ individuare^
(d'uso letterario). Questo verbo né il
Tommaseo né altri registrano : è ac-
colto dalla Crusca con esempio del Gio-
berti.
Indiziàrio: dicesi nel linguaggio forense
come attributo di processo in cui man-
cano dati positivi di fatto per accertare
la prova, ma da cui risultano presunzioni
(indizi) più 0 meno sicure.
Indocti discant et ament meminisse pe-
riti : sentenza cho obb(i gran fortuna o vuol
dire: gli ignoranti imparino e i dotti
siano invogliati a ricordarsi. L'Hónault
la pose come e})igrafo al suo Compendio
cronologico della Storia di Francia o
A. I'anzini. Sìipplemcnto ai Diximinri italiani.
disse averne avuta l' ispirazione da due
versi del Pope nel Saggio sopra la cri-
tica (740, 741).
Indomani (F): per domani o dimani è
una fra le molte voci onde i puristi guer-
reggiarono come i greci per le armi d'A-
chille. Difeso dal Viani, Gherardini, Nan-
nucci, respinto dal Fanfani, Rigutini, etc,
ha però trovato rifugio in qualche diz.
recente, non però nella Crusca : però non
molto nell'uso, giacché mi pare che più
frequente si dica il giorno dopo che V in-
domani. Certo é francesismo (lendemain)^
venutoci nel '700; certo ancora non sarai
tu, povero indomani, a spiantar la lin-
gua italiana!
Indomenicato: è il fr. endimanché., ve-
stito da festa o della domenica: neol.
assai goffo, a cui però non manca qual-
che buon esempio di scrittore. Più fre-
quente, forse, endiìnanché.
In domo Retri: familiarmente vale, in
prigione. E si aggiunge : dove son le
finestre seriza vetri.^ cioè le inferriate
(dalla prigionia di S. Pietro).
Indovinare: per trovare^ pensare^ ese-
guire bene con gusto^ con arte^ riuscire.,
ricorda troppo il deviner de' francesi e
come tale è da molti riprovato. Però è
voce usatissima. Es. U7i abito ^ una festa
indovinata.
In dubiis àbstine : motto della saggezza
latina : ìiell' inceo^texza sospendi ogni de-
liberaxione^ astieniti dal fare.
Induttanza: termine di fisica. Quando
un. circuito percorso da corrente elettrica
variabile (alternata od intermittente) com-
prende delle spiro avvolte su di un nucleo
di materiale magnetico (ferro o ghisa), la
resistenza cho detto circuito oppone al
passaggio della corrente è maggiore di
quella che opporrebbe se non esistesse il
nucleo — e so il circuito anziché avvolto
a spira fosse a filo diritto. In tal caso la
resistenza prende il nomo di induttanza
0 impedenza o resistenza apparente.
Induzione : termino di fìsica. Induzione
magnetica: l'aziono per la quale un pozzo
di forre si magnetizza quando é posto in
un campo magnetico. | Induzione elet-
trostatica: il presentarsi delle duo cari-
(iho elettriche opposto in un conduttore
Ine
242
Ini'
per la presenza di un altro corpo elettriz-
zato che si trovi elettricamente isolato
dal primo. Induzione elettro-magnetica:
il suscitarsi di una corrente elettrica in
un conduttore quando varii, in qualun-
que modo, il campo magnetico in cui esso
si trova, sia il campo dovuto a calamite
0 a correnti. | Induzione elettro-dinamica :
si chiama più propriamente così la sud-
detta induzione, quando essa è dovuta al
moto di conduttori percorsi da corrente,
0 al variare dell' intensità di questa.
Ineffabile : vuol dire latinamente indi-
cibile, da in negativo ed effabilis = di-
cibile : quindi gioia o dolore ineffabile.
Spesso però questa parola è usata lepida-
mente per significare persona che per le
sue non coramendevoli qualità e opera-
5;ioni non è degna di essere nominata.
In erba: propriamente dicesi del grano
0 dei cereali che non sono ancora maturi,
ma soltanto in erba, senza spiga o frutto,
onde le locuzioni vendere o comperare in
erba per dire vendere o comperare il rac-
oolto sul campo prima che sia maturo.
Per traslato familiare, spesso faceto, di-
cesi di persona inesperta, non giunta a
compiutezza dell'ufficio a cui aspira o a
cui pretende : dottore in erba., giornalista
in erba.
In esito: Y. Esito.
In extenso : lat. per esteso.
In extremis: V. Extremis. ì^el linguag-
gio politico dicesi U7ia nomiìia o promo-
zione in extremis di quelle che sogliono
fare abusivamente i ministri o altre au-
torità negli ultimi giorni della loro carica
allo scopo di favorire, ricompensare, etc.
In faccia a Dio: nelle locuzioni fami-
liari e facete, come ad es. gran bevitore
in faccia a Dio., gran cacciatore., etc,
ricorda il biblico Come Nemrod cac-
ciatore robusto in faccia a Dio. {Ge-
nesi., X).
Infallantemente: per infallibilmente ha
esempi del Segneri, del Eedi, del Maga-
lotti, del Filicaia. Infallanter ., in latino
barbaro, lo usa il Machiavelli {Leggi e
Gomm. I, 436) « L'imperatore voleva pas-
sare infallanter e presto » e un'altra volta
usa infallantemente : esempio citato dalla
Crusca. Perchè dunque il Fanfani ri-
prende tale voce? Certo è che ha in se
alcun vizio di suono.
in famiglia: nella locuzione: «fare una
cosa in famiglia., » la detta parola passa
ad acquistare talora un senso non lusin-
ghiero e non bello: dalla idea, cioè, di
intimità e di segretezza, come avviene
in famiglia, viene a significare astuzia,
frode, ingiustizia per cui un dato affare
si tratta e compie segretamente fra i coin-
teressati e loro amici con danno e pre-
giudizio degli altri. Dicesi anche taglie-
rini in famiglia., che è propriamente la
minestra fatta in casa con la sfoglia.
Infanta e infante: (dal lat. infans-àntis
z=z infante, propriamente i= che non parla
ancora) in ispagnuolo sono due voci, usate
anche presso di noi, specie nell'uso de'
giornali, per indicare la figlia ed il figlio
del re.
Infantare: verbo letterario e disusato
zi: generare. Lo adoperò il Carducci in un
suo nobile scritto Mosche cocchiere e vi
aggiunse questa parentesi : « certi france-
sismi del Trecento mi piacciono ».
Infarto: in fr. infarctus, dal latino Ì7i-
farcire = riempire : nome dato ad un ter-
ritorio vascolare ove cessa la circolazione
quando la regione così colpita dì morte
non è la sede di fenomeni di putrefazione.
Così dicesi perchè al livello dell'infarto i
tessuti sembrano infiltrati e gonfi.
Infedele: chi abusa della fede in lui
riposta 0 per frodare e portar via o per
altra illecita azione. Un cassiere che fugge
con il portafoglio, è un impiegato infe-
dele; una domestica che saccheggia la
casa, è semplicemente infedele. Questo
significato eufemistico è appunto in fran-
cese: commis., agent infidèle; gardien,
domestique infidèle, etc. Del resto la ten-
denza agli eufemismi è così grande oggidì,
come altra volta fu detto, che si è in-
certi se questo nuovo senso sia di schietta
provenienza francese. V. Indelicato.
Inferi: lat. gli dei del mondo sotter-
raneo., contrapposto a superi gli dei del
cielo. Andare agli Inferi = morire.
Inferire: par. inferto: latinismo usato
nel linguaggio dei tribunali invece di dare.,
vibrare. Es. inferire una coltellata. Nel
linguaggio marinaresco inferire vale al-
inf
243
Ini
lacciare l'anteiinale delle vele ai pennoni,
agli alberi o allo draglie, ed anche intro-
durre il filo di un paranco nei rispettivi
bozzelli, e così di una drizza, di un braccio,
di un lavoro ecc.
Infeudare: nel senso figurato di ren-
dersi signore e donno delle azioni di altri,
dirigerle a suo grado per proprio vantag-
gio, con tirannia, quasi, di antico feuda-
tario, è un traslato della lingua francese.
Spiace ai puristi come « locuzione da gaz-
zettieri», e consigliano sottomettere^ fare
a se ligio^ devoto^ servo ^ etc. E sta bene.
Ma nessuno negherà che il traslato non
sia felice ed efficace, e tanto dell'uso che
il toglierlo è impossibile. Sono casi di na-
turale evoluzione del linguaggio e sotto-
missione di una favella più evoluta ad
un' altra, alla quale conviene sottostaro.
Infìbulazione : V. Appendice.
In fieri: lat. nel diventare^ e dicesi di
cosa che non è ancora nell'atto, ma solo
nell'intenzione di chi la cosa vuole.
Infirmare: Yale confutare, o-ibattcre^ ren-
dere men saldo {ìn-firmus) e dicesi rife-
rendosi ad argomenti, prove, ragiona-
menti etc, poi annullare^ distruggere: è
neologismo tolto dal fr. inflrmer^ derivato
a sua volta dal latino infirmare. Il Ri-
gatini difende questo neologismo. Difen-
derli 0 no, molti di questi neologismi,
tolti dal francese, valgono ad esprimere
con precisione netta una data idea in un
particolare linguaggio e in ciò sta la loro
ragione d'essere.
Influenza: è creduto comunemente nome
nuovo (di conio fiorentino) di malattia
nuova ; nome che ottenne larga citta-
dinanza all'estero. Vero è che Influenza,
in tal senso, fu usato anche nel '700 e
la malattia è nuova solo perchè oggi
assai diffusa o ben nota nella sua natura.
Ebbe, nel passato, molti e vari nomi
(V. Grippe).
Influenzare, e influenza, influire e in-
fluente: (dal ìiiiìWQ in-Jluo -_- s(;orro dentro,
insinuarsi, fluire. Fortuna influens, cioè
propizia, loggesi in Seneca) sono voci che
dal senso astrologico antico (crodevasi,
come è noto, all' influsso degli astri sui
corpi e su lo azioni terrestri) passarono
al senso nostro e comune di potere, aver
credito, autorità, conferire, dominare qìg.
Certo il nuovo senso estensivo provenne
a noi dal valore che diedero i francesi
alle voci corrispondenti: influencer, in-
flueneCj influer, influent. Però « se ora-
mai non si può più dare lo sfratto ad in-
fluire, influente ed influenza, darei però
lo sfratto al più brutto e più francese, in-
fluenzare •» così il Rigutini. In nobile
dettato i buoni scrittori preferiscono dire
influsso in vece di influenza.
In folio: lat., usato nel linguaggio dei
librai e de' tipografi, vale del maggior
formato, senza cioè ripiegare il foglio.
Infornata : propriamente quel tanto di
pane che può in una volta capire il forno.
Per traslato dicesi di nomine tutte in una
volta ad un dato ufficio. Es. la infor-
nata à.QÌ senatori. Non è da vero voce
lusinghiera, ma per compenso è il fran-
cese familiare fournée in tale senso.
Ingaggiare ed ingaggio: in luogo di
arrotare, assoldare, arrotamento sono gal-
licismi entrati nell'uso anche del popolo
e registrati nei dizionari. Anche la locu-
zione ingaggiar battaglia per appiccare,
impegnare, attaccare, è gallicismo, ma an-
tico e difeso da molti e autorevoli esempi.
Del resto si noti che la voce nostra gaggio
è uguale per etimologia e senso al gage
francese, ma è fuor d' uso, e significava
pegno, stipendio, ricompensa.
Ingavonarsi: ter. mar,, l'abboccarsi di
una nave por effetto di gran vento sino
a mettere le murate (fianchi) e talora i
boccaporti in mare.
Ingranaggio: francesismo (engrenage),
entrato nell'uso e registrato ne' dizionari.
Vi risponde la parola dentatura (cfr. ruota
dentata) ma chi l'intenderebbe? Dicesi
ingranaggio in senso traslato.
In herba: V. Jn erba.
In hoc signo vinces: in questo segno
vincerai! sogno apparso in cielo presso
la Croco di Cristo a Costantino che mo-
veva in oste contro Massenzio. Così la
leggenda cristiana. Volgesi il motto ad
altri sensi e segui. . .
Initium sapientlae timor Domini :?7prm-
cipio della sapienza è il timor di Dio
{Ecclesiastico , VI, 16) il che può anche
intendersi come presumere umilmente di
Ini
— 244 —
Inq
sé, 0 avrebbe gran senso, anche per chi
non segue il vessillo di Cristo!
Iniziativa: voce riprovata dai puristi
come quella che deriva dal francese ini-
iiative:=:iV aito di colui che inizia, pro-
muove con acuto ardimento. Ma chi po-
trebbe fare a meno di questa voce così
comoda ed efficace? Chi direbbe uomo
sen%a intrapresa invece di uomo senza
iniziativa? Certo è però che lo scrittore
artista sa trovare nel libero giro della
frase italiana l' espressione conforme al
genio della favella e che significa la stessa
cosa; e così pure il popolo.
In jure utroque: Y. Boctor^ etc.
In massa: Y. Massa in fine.
In medio stat virtus: la virtù sta nel
mezzo, antica sentenza latina : vera e
falsa secondo che essa è intesa, giacché
se è esatto che la virtù è lungi dalle esa-
gerazioni, più spesso avviene ciò che
acutamente notava il Manzoni {Promessi
Sposi ^ cap. XXII) a proposito dei pre-
cettori di Federigo Borromeo : « o fossero
di quei prudenti che s'adombrano delle
virtù come de' vizi, predicano sempre
che la perfezione sta nel mezzo, e . il
mezzo lo fissano giusto in quel punto
dov' essi sono arrivati, e ci stanno co-
modi I » Cfr. Juste milieu, Cfr. il verso
d'Orazio [Satire^ I, 2, 24):
dutri vitant stalli vitia, in contraria currunt.
Ineccepibile: Y. Eccepire.
Innesco: il cannello fulminante che in-
tromettesi nel focone dei cannoni.
Inno: nel linguaggio musicale indica
una composizione generalmente patriot-
tica, per canto e strumenti. Celebre fra
tutti gli inni è la Marsigliese di Rouget
de risle (1792); il God Save, the Queen
di Carey, l' inno spagnuolo di Huerta,
detto di Riego. Il Garibaldino, di Mercan-
tini e Olivieri, il Fratelli d'Italia., di Ma-
meli e Novaro, sono inni a tutti noti.
L'inno è anche un pezzo a strofe nel canto
cattolico.
Inoculazione : nellinguaggio medico vuol
dire introduzione nell'organismo attraverso
lesione della pelle di sostanze contenenti
germi di una malattia (microbi patogeni
0 virus). Dicesi anche inoculazione in
senso morale e traslato. Dal lat. in-occu-
lare^ nasconder dentro, indi innestare:
cfr. occulto.
In odio: termine rituale giuridico, spe-
cialmente negli atti esecutivi : vale contro.
I nodi vengono al pettine: bella locu-
zione nostra, tolta dal linguaggio dei tes-
sitori, manifestamente: e vuol dire che
ad un certo. punto gli errori o le colpe
maturano, non passano senza effetto, ma
se ne coglie necessariamente l'amaro frutto.
Inodoro : Y. Incoloro.
Inoltrare : brutta voce burocratica e
assai comune, invece di trasmettere^ man-
dare. Es. inoltrare un'istanza, una sup-
plica, un atto.
In ordine: per ciò che riguarda, con-
cerne., rispetto., conforme., etc. :' modo
brutto del linguaggio degli uffici.
In partibus: locuzione elittica a cui si
sottintende : episcopus in partibus infide-
lium., vescovo nelle terre degli infedeli,
cioè vescovo titolare, la cui diocesi non
esiste.
In pectore: latinismo in petto., cioè nel
segreto, internamente senza proclamarlo,
caro al proprio cuore, e di cesi parlando
di nomine, di elezioni, candidature etc. Es.
candidato in pectore., etc. La locuzione in
petto è delle poche nostre entrate da antico
nella lingua francese.
In più spirabii aere: verso del Man-
zoni, Cinque maggio., divenuto popolare
per dire, mezzo .^ ambiente., argomento
migliore., più lieto., quasi dove ci si re-
spira meglio.
In prima linea: locuzione familiare, e
di cesi di cose di molta importanza o che
debbono essere fatte prima di ogni altra:
locuzione che sembra tolta o dal linguag-
gio militare o forse anche dal modo con
cui i treni entrano in istazione, cioè in
prima, in seconda, in terza linea o binario
secondo che sono diretti, o misti, o merci.
Es. la tal cosa passa o va in seconda
linea ^ in prima linea etc.
Inquadrarsi : dicesi neol. per estensione
in senso morale di cosa che dentro altra
cosa armonicamente conviene e s'adatta
come entro quadro.
Inqualificabile: per turpe., indegno^ abo-
7ninevole, spregevole è neologismo usatis-
Inq
245 —
IllS
Simo, tolto dal francese inqualifèable =
qui ne petit se qualifier. Se prend sur-
toìit en mauvaise parte. Conduite inqua-
lifiable. Eiprovasi dai puristi.
Inquietante : « il male assunse delle
proporzioni inquietanti. Ecco un dis-
corso tutto quanto improntato di francese
eppure o assumere e proporzione e in-
quietante e l'articolo del sono parole ita-
liane, italianissime, ma la forma di questo
parlare è tutta gallica», così il Rigutini,
il quale a confenna riporta questo giudizio
di G. B. Niccolini : « quando leggo certi
scritti, novantanove su cento le parole
sono italiane, ma tutto il discorso è alla
francese. E questo è il gallicismo più dan-
noso alla lingua nostra». Il ragionamento
è calzante, ma la realtà è piii forte ancora.
E che vale condannare queste forme, sia
pure barbariche, quando sono già pene-
trate e l'organismo della lingua non ha
forza di espellerle? V. la Prefazione.
Insalutato hospìte : ablativo assoluto la-
tino che letteralmente significa, essendo
l'ospite non salutato. Ha valore di inter-
calare e dicesi di chi se ne va senza com-
miato 0 senza farsi vedere.
Insaporo: V. Incoloro.
Insaputa: nella locuzione aW insaputa
ricorda ai puristi il fr. à l'insu.
in se ipsa : lat., in sé, nella cosa stessa.
In seno a.... : es. Ì7i seno alla com-
missione invece che dire semplicemente :
nella commissione. E metafora comune
e burocratica, ma tutt' altro che graziosa !
Inserzione: l'atto dell'inserire (lat. in-
sèrere = innestare) detto specialmente nel
linguaggio giornalistico di scritti, o avvisi,
0 comunicazioni messo nei- giornali.
Insieme: avvertono i puristi, si costrui-
sce con la preposizione con e non con a.
Insieme., fatto sostantivo, per la somma.,
il tutto insieme^ a' più rigorosi puristi
ricorda V ensemble de' francesi.
Insignificante : come attributo di cosa
di nessun conto o valore, ricorda ai pu-
risti il fr. insigni flafit. Ma so insignifi-
eante si accetta nel senso di cosa ohe non
dice nulla come gesto, volto, atto, perchè
condaimare un lieve e naturale traslato V
forse perchè osso è in francese V Anche
questa teoria dei gallicismi ognuno vodo
quanto sia pericolosa ed incerta. Y. la
Prefazione.
Insinuante: V. Insinuaxione.
Insinuazione: ffr. insinuation) da sé
non vale che un insinuare^ un infondere;
.perchè significhi un insinuar di soppiatto
nell'animo degli altri, un'accusa indiretta
e maligna a carico di taluno, vuole ap-
punto l'aggiunto di maligna. — Tale il
troppo sottile ragionamento dei puristi
nel condannare l'uso assoluto di tale vo-
cabolo. Anche insinuante per lusinghiero
spiace ai puristi perchè di uso francese.
Il Rigutini vorrebbe un insinuantesi per
maggior proprietà, ma chi l'userebbe?
Insolazione : nome dato ad un complesso
di fenomeni, talora mortali, cagionati sia
dalla irradiazione solare (insolazione) sia
dall'eccessivo calore: manifestasi con una
cefalalgia intensa, tendenza al sonno, sosta
delle secrezioni, vomito, allucinazione, de-
lirio, perdita della coscienza.
Insolvibile: detto di debitore che non
può pagare, e insolvibilità l'astratto, sono
due parole notate dai puristi come im-
proprie e fuori di ogni buona regola. De-
vesi dire insolvente e insolvenza. Ma il
vero è che la regola dell'uso ha stabilito
diversamente.
Insondabile: brutta versione letterale
del francese insondable: qui ne petit ètrc
sonde. Evidente caso di oblio della parola
nostra inesplorabile e, nel tempo stesso,
influsso della parola fr. sonde. Però mi
pare barbarismo assai raro.
In sottordine: per subordinatamente^
è il fr. en sous ordre.
Inspirarsi: fr. s'inspirer: non è detto
del poeta o dell'artista soltanto, ma anche
del sarto e della saita la quale reoasi a
Parigi 0 a Londra ad inspirarsi su lo
ultime creazioni della moda. L'uso di tale
verbo in tale senso proviene dalla solita
inclinazione iperbolica che è tendenza na-
turale nella lingua francese, dove l'italiano
si attiene a maggior semplicità.
Installarsi: por insediarsi., mettei'si,
accomodarsi, prender posto., collocarsi,
etc, è la versione assai brutta del fran-
cese installer. Es. io mi sono installato
nel mio appartamento. I pom])ieri si sono
installati nella loro casorm;i.
Ins
— 246
Int
Installazione: «non comune per inse-
diamento». Così il Petrocchi. Vero è che
nel senso di impianto di macchine e or-
digni con iscopo industriale o scientifico,
è voce non rara: dal fr. installation.
Instauratio faclenda ab imis funda-
mentis: V. Ah imis.
Instltuendo: vale da instituirsi., che
deve essere instituito : neologismo formato
a modo del participio latino di necessità
con il suffisso in dus-da-dum^ il quale
significa che una data cosa deve essere
fatta, participio che manca alla nostra
lingua 0 che acquistò semplice valore di
aggettivo, come onorando. Si potrebbe
tuttavia notare ai dì nostri una certa ten-
denza a rinnovare questo comodo parti-
cipio. Vero è che essendo difforme dal-
l'uso, sa di greve e di pedantesco.
Insuccesso: neologismo molto comodo
ed usato, ed indica il contrario di successo.
Es. la commedia di ier sera fu un insuc-
cesso. È voce di provenienza francese,
insuccès^ contrario a succès. I puristi lo
condannano, ma l'uso vi appone la sua
sanzione sovrana.
Insufficienza valvolare: nel linguaggio
medico vuol dire difetto delle valvole d'un
orifizio cardiaco, che ha per effetto il ri-
flusso 0 rigurgito d'una parte del sangue
nella cavità del cuore (insufficienza mi-
trale, aortica, tricuspidale).
Insurrezionale: agg. da insurrezione^
spiace ai puristi perchè tolto dal francese
insurrectionnel. Ma se vi sono le parole
insorgere e Ì7isurr exione ^ non si com-
prende perchè debba essere condannato
l'aggettivo per la sola ragione che è della
lingua francese.
Intangibile: lett. che non può essere
toccata^ attributo neologico di Roma, ca-
pitale d'Italia; evidente e troppo spesso
enfaticamente ripetuta allusione all'antico
potere dei Pontefici che non sarà mai
restaurato ! Fu detto in un reale dispaccio
di risposta alle congratulazioni del muni-
cipio di Roma : « intangibile conquista »
(20 settembre, 1886, XVI anniversario
della storica data della breccia di Porta
Pia).
Integrale : per intero^ benché sia voce
nostra antica, tuttavia il recente uso si
può supporre derivato dal francese inte-
grai = total., entier. Es. pane integrale.,
in cui hanno parte tutti gli elementi co-
stitutivi del grano.
Integrazione: voce generale del lin-
guaggio matematico e filosofico, dal latino
integer=:mÌQYO.i completo: indica quel pro-
cesso 0 atto per cui le parti si coordinano
fra loro organandosi in un tutto. JJinte-
graxione della materia (cioè il concentrarsi,
aggregarsi) è uno dei più importanti fat-
tori di quel fenomeno dell'essere e della
vita che va sotto il nome di Evoluzione
(V. Spencer, Primi prioicipi, § 97).
Intelletto d'amore: altro emistichio di
Dante divenuto frase fatta, e torto in altro
senso. In Dante :
Donne che avete intelletto d'amore
(Vita Nova., canzone I) vuol dire che in-
tendete amore per effetto della vostra gen-
tile natura. Neil' uso invece si intende
come, intelligenza e buon volere., ed ha
fatto nido questa abusatissima locuzione
specialmente nel gergo pedagogico : Libro
fatto con intelletto d' amore., Maestro che
insegna con intelletto d' amore., etc. È
spesso il sommo del complimento laudativo
di chi non sa come ben lodare.
Intellettuale: parola antica a cui è dato
oggi un nuovo senso, questo forse di pro-
venienza francese, intellectuel = colto: in-
dica cioè coloro che socialmente vanno
distinti per uso e raffinatezza di coltura e
di conoscenza: non si esclude talora un
lieve senso ironico e spregiativo, quasi
che queste facoltà intellettuali sviluppando
oltremodo il senso critico e cosciente,
troppo valgano a dividere gli uomini eletti
dalla comunità e dall' uguaglianza a cui
tende il moto sociale. Così intellettuali
sono chiamati quei socialisti che si stac-
cano per alcuna aristocrazia di ingegno
e di studio dal semplicismo delle molti-
tudini e dalla grossolanità tribunizia dei
colleghi. Molte volte però V intellettuale è
un semplice ostentatore di virtù intellet-
tuali che non possiede : giuoco antico e
che sempre riesce bene. Vecchia storia:
quanto meno l'uomo ha di dentro, tanto
più cerca di esporre di fuori. Intellettuale
suona talora press' a poco come esteta, su-
Illt
247
Int
peruomo, individuo cioè che conscio del
suo ingegno straordinario si permette il
lusso di una morale per conto suo, diversa
da quella dei poveri diavoli.
Intelligenti pauca: locuzione latina a
chi può intendere (occorrono) poche parole.
Spesso dicosi con intenzione di minaccia
0 di avvertimento.
Intendami chi può, eh' i m'intend' io: lo-
cuzione comune. Leggesi nella Canzone
del Petrarca : Mai non vo^ più cantar
cotti' io coleva, e nell' Orlando Furioso
XLIII, 5.
Intendente: il magistrato che soprain-
tende alla amministrazione delle finanze
in una provincia. La parola ci venne con
le amministrazioni piemontesi imposte con
non intendente uguaglianza a tutte le re-
gioni d'Italia, ed e voce in tale senso fran-
cese, intendente dove, secondo i puristi,
avrebbesi dovuto dire soprintendente^ giac-
che non si dice intendere ma soprinten-
dere ad una cosa. Vano ragionamento con-
tro il fatto e l'uso. Intendente e Inten-
denxa sono accolti in tal senso dalla Crusca.
Intendenza V. Intendente.
Intensificare: per rendere intenso^ raf-
forzare è neol. tolto dal neol. francese
intensifier.
In tenui labor, at tennis non gloria: si
cita di solito il primo emistichio: anche
un umile lavoro costa fatica (Verg. Georg.
IV, 6).
Intenzionato: che ha intenzione^ per i
puristi è il fr. intentionnè : onde le locu-
zioni bene o male intenzionato. Voce del-
l'uso, specie negli uffici, ma non elegante,
sì che raro si incontra nell'uso letterario
né del popolo. È accolta dalla Crusca.
Interdicere acqua et igni : locuzione la-
tina viva sino ai dì nostri, che letteral-
mente vuol dire interdire ad alcuno l'ac-
qua e il fuoco^ cioè esiliare., bandire., con-
siderare come fuori del consorzio civile.
Interessato: chiamasi volgarmente colui
che hu un interesse qualsiasi in un' im-
presa, compagnia, fabbrica o spedizione,
0 in qualsivoglia altro affare, a meno che
non si tratti di società per azioni nel qual
caso chiamasi ax^ionista.
Interesse, interessante, interessare:
sono fuor di dubbio voci derivati^ da
assai tempo dal francese intérèt, intéres-
sant^ intéresser ; ma sono così usate e*
pronte che è vano condannarle non che
discuterle. È, del resto, il solito caso di
una voce unica e pronta che rende non
dirò inutili, ma toglie vita e moto a molti,
belli ed espressivi sinonimi nostri : pia-
cevole., commovente, attraente., gentile.,
grazioso^ amabile., importante, piacente^
melanconico., etc, ed a gran numero di
locuzioni . Interessante per importante pare
al Rigutini voce « insopportabile » e « in-
sopportabile eufemismo ■» in istato interes-
sante., detto di donna incinta.
Interfecto: latinismo (interfecfus) del
gergo forense invece di ucciso.
Interferenza : dal lat. inter e ferre =
portare, e non da ferire: è voce del lin-
guaggio dei fisici (fr. inter fér enee., ted. in-
terferenz., ingl. interference) per indicare
il fenomeno per cui due onde luminose
0 sonore etc. possono elidersi a vicenda:
produrre cioè o l'oscurità o il silenzio.
Il vocabolo è usato per analogia ad in-
dicare lo scambievole distruggersi in un
processo fisiologico o psicologico.
Interferire: il prodursi dell' interfe-
renza.
interim: avverbio latino che significa
frattanto. Dicesi, sostantivando, interiyn
r incarico provvisorio di reggere alcuni
uffici, specialmente trattandosi di alti uf-
fici politici. Dall' uso francese dato ad
interim.
Interino : da interim (V. questa parola)
si sono da noi foggiato le seguenti voci
interino o interinale, interinato e inte-
rinalmente., detto di chi regge provviso-
riamente un ufficio, ma più speciale è
l'uso trattandosi di nK^dici che reggono una
condotta nell'assenza del titolare. Voci
riprese dai puristi; accolte dalla Crusca.
Internare : nel senso di chiudere^ rin-
serrare, come ad es. internare uno in un
manicomio, è neologismo formato sull'uso
del verbo fr. interner .=: enfermei\
Internazionale (diritto) : complesso di
consuetudini comunomento osservato dai
Governi civili noi reciproci rapporti, sì
dei Governi fra di loro come de' loro sud-
diti. Tale fu presso i Koniani il^^^s fctìale
che stabiliva, (ierto nonno da osservarsi
Illt
248
Int
prima di dichiarare la guerra: nella età
nostra codesto diritto formò materia degli
studi del celebre statista Grozio o Grotius
(1583-1645).
internazionale e internazionalismo: ter-
mine storico dato alle associazioni dei la-
voratori delle varie nazioni con intento
socialista rivoluzionario. Inspiratore ne fu
Carlo Marx (V. Marxisti) in Londra nel
1864. I Inteimazionalisti fu il nome che
da prima ebbero presso di noi i socialisti:^
oggi pili non si usa in tale senso. | Questa
nuova idea dell'internazionale o socialismo
che doveva in cosi breve tempo così po-
tentemente divulgarsi sino a farsi ricono-
scere come partito giusto e legale, si dif-
fuse in Italia proprio ne] tempo in cui la
pianta della nazionalità, con tanta cura
di serra coltivata, pareva metter radice.
Avvenne alle due idee ciò che avviene in
natura di due piante vicine : la più rigo-
gliosa visse a scapito della più gracile. |
Internazionale si dice come attributo di
scuola in cui principale insegnamento è
quello delle lingue straniere.
Inter nos: fra noi^ senza che nessuno
ci senta, in confidenza^ a quattr'occhi;
latinismo di uso popolare.
Internunzio : si designano con tale nome
i ministri del Pontefice di seconda classe
che lo rappresentano negli altri Stati e
tengono le veci del nunzio (lat. nuntius)
0 ambasciatore.
Interpellanza: nel linguaggio parlamen-
tare è l'atto con cui un deputato domanda
ad un ministro, rappresentante il potere
esecutivo, risposta o spiegazione su aifari
che dipendono direttamente dal Governo.
L'interpellanza può dar luogo a gravi que-
stioni così che i ministri ne sono avver-
titi e d'accordo è stabilito il giorno per
isvolgere dette interpellanze, affinchè possa
esser data giusta risposta. Per l'etimologia
della voce notiamo che inteoyellanza ci
provenne dal francese interpellatiun^ dal
latino interpellare = incalzare alcuno con
domande, interrompere alcuno con oppo-
sizioni. E se gli istituti politici, militari
e amministrativi togliemmo di Francia,
qual meraviglia che ne abbiamo anche
le voci?
Inter pòoula o in pooula: locuzione la-
tina, letteralmente, fra i bicchieri cioè
col bicchiere alla mano.
Interpungere: neoL, mettere lo interpun-
zioni, 0 punteggiatura.
Intertrigine: dal latino, inter e tero =
sfrego, consumo: eritema intertrigo : in-
fiammazione delle pieghe della pelle, specie
in quelle persone grasse che molto sudano
e sono poco pulite.
Intervento: il fatto per cui uno Stato
interviene diplomaticamente o militar-
mente nelle faccende interne di un altro
Stato. Tale diritto di intervenire nelle cose
d'Italia si arrogò l'Austria nella storia del
Eisorgimento politico della Penisola.
Interview e Interviewer: voci inglesi
introdotte nel dizionario francese. Y. In-
tervista.
Intervista e Intervistare: sono due neo-
logismi che hanno preso così profonda ra-
dice fra noi. da divenire dell'uso comune e
quasi naturali nel linguaggio, sì che spesso
intervista sostituisce le parole nostre con-
ferenza., abboccamento, colloquio etc. Sono
due parole inglesi, ma di origine latina,
accolte in francese : interview e intervie-
wer. Nel senso giornalistico — che tale
è il suo primo significato — V intervista
è la forma determinata di un dato col-
loquio a scopo d'informazione publica. Fu
una trovata recente di M. Callough, di-
rettore del Globe democrat di Saint-Louis.
Al di qua e al di là dell'Atlartico, l'in-
tervista è diventata oramai lo strumento
indispensabile della cronaca quotidiana.
Normalmente e onestamente ecco come av-
viene l'intervista : Il giornalista — quantità
in se trascurabile — in nome del proprio
giornale e dei suoi lettori — quantità e
potenza rispettata e temuta anche dai re
di corona — forza più o meno la consegna
in casa di X***, o realmente celebre, o che
ha il suo quarto d'ora di celebrità, certo
tale che su di esso è fissa T attenzione del
publico. Il giornalista lo prega di cantare.
L'individuo X***, anche se ha deliberato
di tacere, canta, il più delle volte mosso
da quella mirabile forza che fece aprire
il becco al corvo che teneva il formaggio.
0 qui tuarum, corvè, pennarum est nitor
quantum decoris corpore et vultii gens
si vocem haberes, nulla prior ales foret.
Int
249 -
Iiiv
La cantata si stampa poi anche per te-
legrafo 0 por telefono. Il publico, sovrano
che inghiotte tutto, anche i serpenti —
compra, legge, crede. Tale costumanza
giornalistica è, come ho detto, di origine
straniera, e se è indizio e prova del pro-
gresso nell'arte del fare il giornale, non
è certamente indizio del trionfo della mo-
destia e della semplicità : le quali, a onor
del vero, furono doti di cui andarono a-
dorni i nostri italiani, veramente celebri
e grandi. Anche per questa ragione Vin-
tervietv non potea esser d'origine italiana.
Ovvio poi è r intendere come col mezzo
dell'intervista possa farsi apparire celebre
qualunque imbecille. Anche in questo caso
il publico sovrano beve. Graziadio Ascoli,
sommo fra i filologi viventi, in una let-
tera inserita nella prefazione di un libro
intitolato Interviste^ nega con dotte ragioni
che uno scrittore di pura lingua possa
usare questa parola. Ecco il succo del suo
ragionamento: «L'Inghilterra ebbe anti-
camente dalla Francia l' entrevue (inter-
vieiv) nel senso generale di abboccamento
(a cui r America inglese diede il nuovo
significato). La Francia odierna, alla sua
volta, adottò senza difficoltà questo nuovo
uso di un vocabolo che era, in effetto,
cosa sua propria. Nel vocabolario italiano,
all'incontro, V intervista sarebbe una crea-
tura manifestamente intrusa e priva di
ogni legittima progenie. La ragione della
barbarie è dunque ben chiara » . (C. Pala-
dini, Interviste^ Bemporad , Firenze 1903).
Intimidire: che propriamente significa
rendere timido^ ha uno speciale senso neo-
logico di minacciare o, con arte di co-
perta prepotenza, impedire la giusta azione
altrui. Derivato: intimidaxione : voci che
hanno mal senso ; comunissimo nel lin-
guaggio dei legali.
Intimo colloquio: locuzione cauta ed
arguta, si)esso usata per indicare velata-
mente ciò che none propriamente un col-
loquio. Es. la signora venne sorpresa in
intimo colloquio col signor...
Intradosso: superficie interna di una
volta, arco, ponto, etc. La parola è tecnica
ma la provenienza è francese, intrados,
opposto di extrados. La voce nostra buona
è imbòtte.
introitare: neologismo formato da in-
tròito (lat. intròitus —-- ingresso) nel senso
di incassare^ riscuotere: spiace ai puristi
e in verità è voce non di. bel suono e
non mi pare necessaria.
Intus et in cute: lat., dentro e dentro
la pelle., locuzione usata col verbo cono-
scere., esaminare, per significare che se
ne sa o se ne vuol sapere addentro di una
persona. Se non erro, mi pare che questo
conoscere accenni piuttosto a qualità meno
buone e degno. Cfr. Persio, Sat. Ili, 30.
In utroque iure : cioè nel diritto co-
mune e nel diritto canonico od ecclesia-
stico. Formula giuridica oggi disusata.
Tibi quoque libi quoque
è concessa facoltà
di potere in iure utroque
gingillar l'umanità.
Giusti {Gingillino).
Invasatura: term. mar., quella specie
di grossa slitta su cui si appoggia e con
cui si vara la nave. Y. Vasi.
In verità vi dico, etc: dicesi quando si
voglia affermare con solennità cosa di cui
grande è il convincimento e il bisogno di
convincere altrui. E la formula di Cristo
negli Evangeli : J.me7z dico vobis., etc.
Inverso: termine dialettale lombardo
(invers) e vale torbido., paturnioso., di
mal umore^ con la luna.
Investitura: voce milanese usata invece
di contratto di locazione o d' affitto, o
scritta.
In vino vèritas:lat. la verità si trova
ìlei vino:, cioè chi ha bevuto spesso è
costretto a manifestare ciò che vuole tenere
occulto. Sentenza antichissima e volgare,
ricordata da molti autori fra i quali Teo-
crito, che tolse da Alceo : Oìvog, co (piXe
nal, Àéyerai )^ai àÀàòea ( Tdilli, XXIX, 1),
e Plinio {Hist. nat. XIV, 28). E dai Te-
deschi fu dotto: Si latet in vino veri-
tas^ ut proverbia dicunt, invenit venim
Tento., vel inveniet (Sincorus Junior, Me-
dulia facetiarum^ Stuttgart 18(53, pa-
gina 267).
In vista : dioesi che una persona ò in
vista (juaiido il suo nomo corro vivo e
noto per ora gentimu : so a questa rino-
manza non corrispondo il reale valore ciò
modiooremonto im])orta: basta che il va-
Inv
250 —
Ipe
lore attribuito dall'opinione publica possa
mutarsi in valore commerciale.
Invita Minerva: dal noto verso d'Orazio
ncìV Arte Poetica: v. 385 : Tu nihil in-
vita dices faeiesve Minerva : a dispetto
di Minerva^ cioè senza la buona indole,
senza le doti natwali^ non riuscirai a
nulla: Minerva, figlia di Giove, dea della
intelligenza e dell'arte.
Invitare: ^ev comandare più o meno gen-
tilmente, è neologismo di cui forse troppo
si usa, e specie nel gergo scolastico. Per-
chè dire : si invitano gli scolari alla la-
vagna, quando possiamo piii brevemente
dire : si fanno venire; la invito ad uscire,
quando si tratta di un vero ordine? E il
verbo esortare? «E infine, poi che ami-
cizia mi protestate, io vi esorto ad ab-
bandonare il presente ufficio di carnefice,
non di giudice». P. Colletta, Storia del
Reame di Napoli, libro V. Oggi si sa-
rebbe scritto da scrittore dozzinale, vi in-
vito.
Involuzione : dal lat. in e volvere. vol-
gere in dietro, quasi opposto a volgere
in fuori^ quindi muoversi rinserrandosi^
chiudendosi: questa parola è stata di re-
cente tolta dal linguaggio dell'algebra e
trasportata nel linguaggio filosofico e an-
tropologico per indicare un processo na-
turale, opposto ad evoluzione., cioè pro-
gredire, ma non integrandosi e miglio-
rando, ma decadendo e invecchiando.
(Cfr. Spencer, Primi Principi).
Involuzione senile: locuz. della scienza
medica per indicare quel complesso di
modificazioni regressive che subisce l'or-
ganismo per effetto della vecchiezza.
lolla: Y. Jolla.
Ioni : termine di fisica. Sono i gruppi
atomici carichi di elettricità in cui si scom-
pongono le molecole dei liquidi sottoposti
all'azione elettrolitica della corrente elet-
trica continua fatta passare attraverso ad
essi. Ed in particolare, gli ioni che sotto
detta azione si sviluppano al polo positivo
(anodo) diconsi anioni e quelli che si
svolgono al negativo (catodo) diconsi cat-
ioni. Nome dato dal Faraday ; dal gr. lòv.,
part. di levai == andare : àvà = in su,
uarà =: in giù. Si hanno anche ioni com-
posti, cioè formati da più elementi, p. es.
i prodotti della dissociazione elettrolitica
dell'acido solforico (H, SO^) sono costituiti
da duo cationi di idrogeno (H,) che vanno
al catodo e da un anione (bivalente) SO^,
che si porta all'anodo. La carica elettro-
negativa dell'anione SO^ corrisponde al
doppio della carica positiva di 1 catione
d'idrogeno. Ogni ione monovalente ha una
carica elettrica di 96540 coulomb. Un ione
monovalente, dunque, è la quantità di
una sostanza qualsiasi che ha una carica
elettrica (negativa o positiva, ma libera,
cioè non neutralizzata dalla carica opposta)
di 96540 coulomb. Gli ioni a più valenze
hanno cariche multiple degli ioni mono-
valenti. Questa quantità costante di energia
elettrica costituita a sua volta da elettroni
(cioè dalle quantità elementari di energia
elettrica di una specie di atomi elettrici
liberi e indivisibili) è quella che accom-
pagna la materia neutra e la ti-asporta al
polo positivo 0 negativo a seconda che
forma l'anione o il catione. In un liquido
0 in una soluzione, la corrente elettrica
non passa attraverso se non vi è una dis-
sociazione, anche minima, delle molecole
nei corrispondenti ioni. Questi sono i vei-
coli pel passaggio della corrente attraverso
ad un liquido (Molinari).
lo triumphe : esclamazione di gioia e
di evviva dei soldati romani, accompa-
gnanti il carro del capitano cui era dal
senato decretato il trionfo. Cfr. Orazio,
carm. 4, 2, 49 ; epod. 9, 21 e 23.
Iper: suffisso usato nel linguaggio scien-
tifico e in ispecie in quello dei medici,
e serve a formare un numero grande di
parole in cui si voglia indicare eccesso^
quantità fuor del normale etc. (greca
vjzéq). Es. iperacusia., eccesso anormale
della facoltà uditrice per cui il suono dà.
sensazione dolorosa ovvero anche essendo
minimo, è avvertito lo stesso ; iperemia.,
eccesso di flusso sanguigno in un organo
0 in parte di esso; iperestesia, eccesso
ed esagerazione dei diversi modi onde si
manifesta la sensibilità; ipertrofia, ec-
cesso anormale di nutrizione di un or-
gano etc. ipercritico, che nello studio cri-
tico degli autori vuol di troppo approfon-
dire l'esame così che spesso fa dire agii
autori cose che mai non si pensarono di dire.
Ipo
251
Ili-
Iperacusia: V. lyer.
Ipercritico: V. Iper.
Iperemia: V. Iper.
Iperestesia: V. Iper.
I placidi tramonti : intendesi della Mo-
narchia.^ cioè il finire del reggimento mo-
narchico nella terza Italia, non per rivo-
luzione, ma per forza naturale di evo-
luzione storica e politica. Frase e concetto
di Alberto Mario, republicano federalista.
Ipnotismo: (fjTrvo^ = sonno), stato psi-
chico particolare, suscettibile di essere
prodotto; il quale mette in attività ov-
vero esalta a diversi gradi la facoltà della
suggestione, cioè l'attitudine ad essere
dominato da un'idea altrui e ad eseguirla.
Ipodermico : gr. vnò = sotto e òÉQjua
= cute. Y. Berma.
Ipodermoclisi: (gr. vttó, sotto, k/.v^^co^
bagno, lavo e òég/ua., pelle) immissione
sottocutanea di acqua con entro sciolto
del sale (cloruro di sodio) : uno dei più
razionali trovati della terapia moderna,
allo scopo di supplire alla mancanza di
liquido in speciali casi di grave emor-
ragia, uremia, coma diabetico.
Ipparion : dal gr. r7r:7ro^ = cavallo : ge-
nere di mammifero fossile progenitore del
cavallo (epoca terziaria).
Ippocampo: hippocampus o cavalluccio
marino, singolare pesce del gruppo dei
lofobranchi., che si usa disseccare con-
servando anche in tale stato per la du-
rezza de' suoi tegumenti, la bizz-an-a forma
di una testa di cavallo da scacchi, fina-
mente lavorata. Animaletti dalla vita vi-
vace e gioconda, specie al tempo de' loro
amori. Fornirono all' arte il motivo del
cavallo marino a gran coda di pesce.
Ippogrifo: da tTurog., cavallo e yQvy>^
grifone. Quadrupede fantastico biforme,
metà cavallo, metà grifone, usato talvolta
negli antichi fregi. Simbolo di Apollo.
Nei romanzi cavalleroschi è il cavallo di
alcuni eroi. V. Ariosto, Orlando Furioso^
!V. 18.
Ipse dixit: egli cosi disse. V. lurare
in verha ìnagistri.
Ipse sua melior fama: V. Ich Un hes-
ser als mein lliif.
Ipso facto: modo avverbiale latino,
nello stesso fatto., subito.
Iradè : voce araba che significa iwlerc.
e così si chiamano i decreti od ordini del
gran Sultano.
Ira furor brevis est: (Orazio Epist. I.
2, 63) ira è breve furore (Petrarca, Son.
CXCVI, ed. Mestica).
Irascimini et nolite peccare: (Salmo,
IV, V. 4) e S. Paolo (lettera agli Efesini,
Gap. IV, 26) riportando il motto, v' ag-
giunge : sol non òceidat super iracun-
diam vestram., così il senso è manifesto,
cioè: adiratevi., ma non al punto da
commetter peccato: il sole non tramonti
su la vostra ira. Sia dunque ira breve,
non tale che degeneri in odio. Spesso udii
riportare il motto nel senso di invocazione
di quel nobile affetto cho è lo sdegno.
Iridescente: neologismo tolto dal fran-
cese iridescent. In buon italiano, iridato.
Cosa curiosa: il Petrocchi registra l'agg.
iridescente omettendo iridato con valore
di aggettivo; ma solo nota iridare.
Là nella stoppia dove singhiozzando
va la tacchina con l'altrui covata,
là dagli stagni lustieggianti, quando
lenta vi guazza l'anitra iridata
Pascoli, Romagna.
Ironista: da qualche tempo appare que-
sta parola che è manifesta versione let-
terale della voce del gergo francese iro-
7iiste = gouailleur., moqueur., persifleur.
railleur. La nostra parola ironico, fatta
sostantivo, risponde ^ÌVironiste francese.
Irredentismo: nome del partito politico
che tendeva ad annettere alla patria Italia
le Provincie nostre non riscattate (non re-
dente) specie intendendo delle terre sog-
gette all'Austria (Tirolo, Venezia Giulia,
ed anche la Dalmazia). Questo partito ebbe
una certa vitalità in Italia anni addietro
quando era più vigilo il senso nazionale
per opera specialmente e fedo di M. R. Im-
briani e di altri amatori della patria.
Irreggimentare : neologismo, che lette-
ralmente vorrebbe dire inscrivere in un
reggimento., ed è usato nel senso di di-
sciplinare in compattezza ubbidiente forze
sparso 0 disordinate: usasi talora nel senso
di imporre un comando o una disciplina
che toglie l'autonomia e la libertà i)or-
sonnle.
Irresponsabile: per estensione del noto
Isa
252
Ist
significato {che non 'può essere tenuto res-
ponsabile)^ vale anche i?icosciente. Irres-
ponsabile è pure attributo del potere
regio, giacché secondo la costituzione, res-
ponsabili sono i ministri del re, non il
re. Ora avviene che talora si dica, potere
irresponsabile, fondendo con maligna in-
tenzione i due sensi.
Isabella: detto di un noto colore giallo
fulvo, ma chiaro, specie parlando del pe-
lame 0 mantello de' cavalli. Il nome, al-
meno come si legge, provenne da Isabella
d'Austria, figlia di Filippo II, re di Spagna
e sposa ad Alberto, figlio di Massimiliano II.
Avendo seguito il marito nella guerra
contro gli Olandesi, giurò di non mutarsi
di biancheria sino alla presa di Ostenda.
Ma questa città avendo resistito tre anni,
costrinse la regina a tenersi indosso per
tanto tempo la stessa camicia: la quale,
tolta, die nome al colore che aveva, ri-
cordando ai posteri la pertinacia muliebre
e la sudiceria insieme di questa dama.
Più probabile leggenda è che si tratta di
Isabella di Castiglia, assediata dai Mori,
la quale fece cotal voto (e fu dalle sue
dame imitata) finche non fu tolto l' assedio :
questo durò nove mesi e le illustri ma
sudicie camicie vennero appese con gran
pompa come ex voto alla vergine ! I dizio- ■
nari francesi registrano questo vocabolo
isabelle e probabilmente noi lo togliemmo
dal francese.
Isbà: voce russa, capanna coperta di
paglia, casa colonica.
Is feclt....: locuzione latina comune,
specie nel linguaggio forense quando si
ricerca l'autore di un'azione illecita e vie-
tata, e si sottintende cui prodest : ne fu
autore colui al quale la cosa era utile.
Criterio psicologicamente acutissimo se
non sempre vero nel fatto: leggesi in Se-
neca, Medea^ V, 500.
cui prodest scelus is fecit.
Ismo : noto suffisso di un numero gran-
dissimo di voci astratte in cui si contiene
di solito un concetto di assoluto e di ec-
cesso. Buon numero di questi astratti sono,
come è di volta in volta notato, di pro-
venienza inglese o francese, né tutti mi
paiono necessari : e per qu.anto la tendenza
ad astrarre sia carattere del tempo nostro,
tuttavia molte astrazioni sono arbitrarie o
create da velleità di distinguere secondo
più sottili distinzioni scientifiche. Questo
suffisso in ismo è specialmente malvisto
dai puristi.
Isobare : (gr. loog = uguale e fiagóg =
grave) voce usata dai geografi, ed indica
quelle linee le quali si tracciano su le
carte e congiungono con le loro curve i
paesi nei quali la media barometrica, ri-
dotta al livello del mare, è uguale.
Isolatore : (elettricità) sopporto che servo
ad isolare elettricamente dalla terra un
conduttore. Si fanno di varie sostanze,
come vetro, porcellana, osso, guttaperca,
ferro smaltato.
Isotermiche o isoterme: (gr. loog —
uguale e SeQ/Lióg l— calore) linee tracciate
su le carte geografiche per congiungerc e
segnare i paesi in cui è uguale la tempe-
ratura media annuale pur essendo diversa
la latitudine. Isochimène (gì*, ^^ijaóx =
inverno) sono le linee che segnano la
uguale temperatura media d'inverno nelle
varie regioni di varia latitudine.
Israele o La tribù di Israele o sempli-
cemente la tribù: (da Israele, sopra nome
di Giacobbe, rimasto ai discendenti) si
dice familiarmente con senso di spregio,
alludendo àgli Ebrei, alla fratellanza che
li lega, alla loro preponderanza economica.
Issa! comando marinaresco per levare
in alto la bandiera o checchesia. Oh, issa!
voce di eccitamento reciproco per unire
le forze di molti in un tempo solo. Suole
pronunciarsi in cadenza armonica, a bat-
tuta musicale. V. Issare.
Issare: voce comune a varie favelle,
in spagnuolo ix^ar^ in fr. hisser^ ed è a
quanto pare di origine germanica, hissen
conforme, secondo il Kluge, all'alto tedesco
hetxen = cacciare, spingere : è parola usata
specialmente nel linguaggio marinaresco
per indicare il levare, inalberando vele e
bandiere.
Istantanea : agg. diventato sostantivo
per indicare quella fotografia la quale è
fatta istantaneamente, senza posa, di cose
e persone in movimento. Il cogliere istan-
taneo è uno dei diletti signorili del tempo
nostro e tutta una industria si è creata
I>r
— 253 —
Ito
e un commercio di macchine acconce a tale
scopo. Per estensione, dicesi anche di cose
scritte.
Isterìa: per isterismo è voce che ta-
luno usa per ignoranza della parola no-
stra e ricordo della fr. hystérie o dell' ingl.
hysteria o del ted. hystérie. y . Isterismo.
Isterismo : dal gr. voréga = utero, ma-
trice, cioè letteralmente, ultimo organo.
Con questo nome è chiamato un complesso
di sintomi determinati da un'alterazione
di funzione del sistema nervoso, senza
che vi corrispondano manifeste lesioni.
Tali sintomi riguardano tanto gli organi
di senso che di moto e di psiche (anima)
e possono consistere tanto in un eccesso
come in un difetto di funzione. Con ri-
guardo alla sensibilità generale e ai sensi
specifici si può avere ipei'estesia (aumento
di sensibilità) e anestesia (perdita di sen-
sibilità) : riguardo agli organi di movi-
mento, si possono avere paresi, contra-
zioni, convulsioni. Per quanto si riferisce
alla psiche, si ha instabilità di carattere,
suggestionabilità, simulazione, ma sopra
tutto mancanza di volontà. Il Charcot,
famoso medico francese delle malattie ner-
vose (1825, 19) ha chiamato grande e
piccolo isterismo — secondo 1' intensità
dei fenomeni nervosi — un certo com-
plesso di sintomi (sindrome) isterici, specie
convulsivi, che si presentano transitoria-
mente, ad intervalli di tempo non sempre
regolari. L'isterismo è più frequente nelle
donne che nell'uomo. I medici possono
negli individui isterici rintracciare costanti
stigmate che sfuggono ai profani. Col
nome di isterismo si sogliono chiamare
volgarmente quelle disuguaglianze di umo-
re, quelle anomalie, quei pervertimenti
talvolta che sono frequenti nelle donne e
sembrano inerenti alla loro conformazione
fisiologica. Neil' intuito del popolo l'isteri-
smo è infatti mal di donna, mal di madre.
Istero - epi iessia : nome comunemente
dato dalla scienza medica a quei casi di
isterismo convulsivo che Charcot definì
grande isterismo [grande hystérie) ; e trae
detto nome origine dalla difficoltà di dis-
tinguere se l'origine dello convulsioni sia
dovuta all'isterismo ovvero all'epilessia.
Isteron-pròteron : gr. Dmegov TrgóteQov
cioè prima quel che è dopo: figura reto-
rica ohe consiste nel mettere prima il
concetto che nell'ordine logico, obbiettivo,
cronologico viene dopo. È altresì termine
filosofico.
Istologia : (gr. lorós — tessuto e Xóyog =
discorso) parte dell' anatomia (anatomia
microscopica) che studia i tessuti onde sono
informati gli esseri viventi. Der., istòlogo.
Istruzione publica: ne gettò le basi
fondamentali in Italia la legge del 1859,
detta legge Gasati dal nome del ministro.
Legge piemontese applicata a tutta la Pe-
nisola ! La istruzione publica in Italia si
divide in tre rami, al primo de' quali ap-
partiene l'istruzione superiore od univer-
sitaria; al secondo l'istruzione secondaria
classica, tecnica e normale o più italia-
ng,mente, magistrale ; al terzo la primaria,
0 più italianamente elementare.
Italianissimo : superlativo, oggi fuor
d'uso, e che valse ad indicare i fautori del-
l'italianità negli anni del Eisorgimento po-
litico nostro, quando la causa del diritto
italico aveva consenso di affetto e di aspi-
razione anche fuori della Penisola. Anche
il vestire esteriore rendeva segno di questi
nobili affetti. Quale cangiamento oggi in
così breve tempo ! « Oggi noi siamo troppo
francesi, troppo inglesi, troppo tedeschi,
troppo americani : siamo dottrinari, posi-
tivisti, evoluzionisti, eclettici, siamo in-
dividualisti, socialisti, autoritari, tutto
fuor che italiani». Cosi il Carducci già
dall' '81 Per Alberto Mario; e dal '81 ad
oggi, via, abbiamo progredito, non c'è che
dire ! Ad ogni modo V. la Prefazione ove
su questa materia è alcuna chiosa serena.
Italianità: astratto di italiano, voce neo-
logica usata per indicare il sentimento
nobilissimo della coscienza nazionale, ciò
che è conforme all'indole italica: così di-
cesi come si dice grecità, latinità^ etc.
Es. l'italianità di Trieste.
Ite : suffisso che nel linguaggio medico
designa le malattie di carattere infiamma-
torio. Es. hroìichite., polmonite^ tonsillite.
Ite ad vendentes : andate dai venditori.
{Evangelo di S. Matteo XXV. 9).
Item : avverbio latino (da i-s e il suffisso
tem) ugualmente, medesimamente., od era
in uso nelle enumerazioni e negli olonchi.
Iti-
254
Ivo
I tre giorni della Merla: V. Merla.
Itterizia: {tureQos^ giallo) sintomo con-
sistente in una colorazione gialla più o
meno intensa della pelle e delle mucose,
dovuta all'essersi i tessuti impregnati dai
pigmenti biliari, normali o modificati per
malattia: talora l'itterizia può essere cosa
grave perchè indizio di malattie del fegato.
lurare in verba magistri : giurare nelle
parole del maestro (Orazio, Epist. I, 1,14 ;
Seneca, Epist. 12. 9) locuzione che ricorda
Vlpse dixit^ àvTÒ£ è<pa^ Magister dixit^
degli antichi scolastici i quali si riferivano
specialmente all'autorità indiscussa di Ari-
stotele « il maestro di color che sanno ! » .
Oh, felici intelligenze di un tempo che
per due milioni riposarono sotto la guida
di Aristotele, unico e immobile ! Oggi di-
cesi jurare in verba magistri di coloro
che affermano non per propria esperienza
e coscienza ma secondo l'idea dominante
0 l'idea altrui. L'aristotelismo è spento,
le teorie filosofiche si succedono, ma il
iurare in verba magistri rimarrà eterno
come l'umana immutabile natura.
luta: Y. Juta.
l 'vo gridando: pace, pace, pace: così
chiude il Petrarca la gran canzone oratoria
e profetica Ai Grandi d'Italia. Il quale
verso diventò motto e sentenza.
Jabot: parola francese di dubbia etimo-
logia (secondo il Diez, da gibba = gobba)
e vuol dire^o;^^o. Questa voce è frequente
per indicare quel rigonfiamento formato
dalle lattughe della camicia, oppure da
quella pettorina di batista o di seta a pizzi,
ricami e sbuffi, la quale è di uso nelle
vesti muliebri e spesso ha la missione di
adombrare ciò che sotto non v'è.
Jack the ripper: voci inglesi che signi-
ficano Giovanni lo svenir atur e. Questo
nome ricorse ogni tanto nei giornali per
indicare uno squartatore di femmine. Il più
celebre di questi sventratori che die mo-
tivo al nome fu un ignoto assassino il
quale in Londra, l'anno 1888, nel quar-
tiere di Whitechapel fece strage di alcune
donne di mala vita. La leggenda e il ter-
rore aumentarono le proporzioni della realtà;
questo nomignolo diventò comune e fu
talora volto in senso faceto. Né è mera-
viglia che il fatto si ripeta giacche trattasi
di un caso patologico di perversione ses-
suale 0 sadismo, come altri dice, congiunto
ad istinti sanguinari e feroci.
Jacta àlea est: il dado è gettato. È il
motto attribuito a C. G. Cesare con allu-
sione all'incerto giuoco dei dadi, quando,
contro l'ordine del Sonato, passò a capo
del suo esercito il Rubicone, confine an-
tico d'Italia. Cfr. Svetonio, Cesare 32;
Plutarco, Vita di Cesare. Ripotesi il motto
por indicare risoluzione presa da cui più
non si rocodo.
Jacquerie o Jaquerie: voce storica, od
indica una sollevazione di contadini av-
venuta in Francia {lle-de-France) nel
1358 contro la nobiltà. Il nome deriva
da Jacques bonhomme^ appellativo di
scherno, dato dai nobili d'allora ai vil-
lani. Dicesi oggi di ogni sedizione vio-
lenta; e in questi tempi nostri di lotta
degli agricoltori contro il diritto dei pro-
prietari, la parola francese non è rara
anche fra noi.
Jager: ted. cacciatore: soldato di spe-
ciale milizia.
Jais : a questa parola viva francese ri-
sponde esattamente un vocabolo presso
che spento, cioè giaietto o giavazxo^ dal
greco yayàtrjg^ specie di lignite bitumi-
nosa che, mischiata con scaglie di ferro,
dà un bel nero lucido e duro di cui si
fanno monili per lutto e conterie per ador-
nare gli abiti muliebri. I tedeschi dicono
Flitter.
Jamais: talora o per facezia o per en-
fasi è usata questa negazione a cui la
Francia ci abituò, che tra gli alili jamais
fu celebre quello del ministro francese
Eugenio Rouher in un suo discorso in cui
affermava che Jamais la Francia avrebbe
permesso agli Italiani l'occupazione di
Roma : Jamms la France ne supporterà
une ielle violence faite à son honneur^
fatte à la catho licite.'
Jam proximus ardet Ucalegon: /^ casa
di Ucalcgonte oramai arde., così Enea
{Eneide., II, 311) narrando l'incendio di
Troia. L'emistichio latino usasi oggi fi-
guratamente per indi(*aro che l'incendio,
cioè il pericolo o il danno, tocca persona o
cosa vicina. Non di rado vi si annette
senso faceto.
Jaq
— 256 -
Joc
Jaquette: diminutivo dì jaque z=z giac-
chetta^ nota specie di abito: ma il lin-
guaggio elegante della moda muliebre usa
spesso la voce francese. Y. Manteau.
Jarda: misura inglese yard = tre piedi,
cioè m. 0,9144.
Jarretière: (dal hretone garr =z gamba.,
francese jarret da cui, verosimilmente, il
nostro garettó) indica quella segreta parte
dell'abbigliamento muliebre comunemente
chiamato legaccio e dalle signore giaret-
tiera che ferma la calza alla coscia. Il Ghe-
rardini, valendosi di un esempio di V. Bor-
ghini, consiglia la voce garettiera come
corretta. Ma chi l'userebbe'? E garetta non
è poi lo jarret francese per quanto che
ne dica il Tommaseo?
Jatte : etimologicamente è la nostra ga-
vetta^ gabata in ispagnuolo. Se non che
gavetta è confinata ad un significato assai
umile, indica cioè la ciotola de' soldati;
invece jatte è la scodella, elegante di fine
metallo o di porcellana, tutta d'un pezzo
e senza orlo che serve a riporre galan-
terie 0 per sopramobile. Fortuna delle
parole !
J'attends mon astre: motto antico della
casa sabauda come attesta la vecchia grafìa
j'atans mon astre., e pare fosse di Ame-
deo VI, il Conte Verde. Carlo Alberto lo
assunse come sua divisa.
Jean: Giovanni, e se si vuole un di-
minutivo, Gianni; parola che ha diploma
di nobiltà anche in Dante :
Quel folletto è Griaiini Schicchi.
Inf. XXX, 32.
Pur tuttavia anche questo nome, secondo
il vezzo aristocratico di modificare in in-
glese 0 in francese i nomi propri di uo-
mini e donne, è diventato Jean. All'orec-
chio dei signori le parole così modificate
acquistano non so quale leggerezza e spi-
ritualità, al mio orecchio suonano cosa
misera e deplorevole. V. più ampiamente
questa questione alla parola Marie.
Jehova: o italianamente Qeova., il Dio
del popolo Ebraico, il Dio biblico.
Je prends mon bien où je le trouve:
motto del Molière, vulgato fra noi, specie
per indicare uno scettico e mondano ec-
clettismo. Cfr. il motto del diritto: ubi
rem meam inverno., ibi vindico.
Jeune homme : nel ceto mondano pare
più elegante del nostro giovanotto. Av-
verto che jeune hornme in fr. non ha plu-
rale : des jeimies gens.
Jeunesse dorée: nota locuzione figurata
francese per indicare la gioventù ricca,
gaudente e mondana. Questa locuzione si
formò in Parigi verso la fine del 1794 per
indicare i giovani ricchi, sostenitori della
contro-rivoluzione del Termidoro.
Jingoista: dall'inglese Jin' go., nome re-
cente, detto di coloro che in Inghilterra
(guerra del Transvaal) e negli Stati Uniti
(guerra di Spagna) erano caldi e clamo-
rosi fautori della politica imperiale e di
conquista. Il vocabolo risale al tempo della
guerra russo-turca (1877-78) in cui una
fazione del partito conservatore sospin-
geva fieramente il governo sotto Beacon-
sfield (Disraeli) a sostenere i Turchi. De-
rivato : Jin' go — ism. La parola proviene
da Jin' go., esclamazione senza preciso si-
gnificato. Come avviene di simili voci, fu
prima detto per dispregio, quindi accolto
da coloro cui era diretto come epiteto ono-
revole. Questo vocabolo presso di noi vale
in tanto in quanto i giornali lo hanno di-
vulgato.
Jockey: italicamente /a^^i^mo. Come gli in-
I glesi allevarono con selezione cavalli e cani,
I così formarono il Jockey., individuo impor-
; tante perchè dopo ili trainer^ V allenatore^
è massimo coefficente di vittoria nelle corse.
Il jockey da lungi pare un ragazzo ; da
presso un vecchio: cade sovente da ca-
vallo, ma difficilmente si stronca il collo
giacché l'esalazione dei liquori di cui è
spesso imbevuto, forma cuscino. Per com-
penso il jockey mangia poco al fine di con-
servare il peso minimo, muore presto ed
ha l'onore d'averla licenza professionale
dal Jockey Club., circolo nobilissimo. Anche
in Italia fu nel 1881 istituito un Jockey
Club in Roma. Gli antichi vincitori dei
giuochi olimpici erano cantati da Pindaro
ed avevano l'onore di combattere a fianco
dei re. Il jockey moderno si accontenta
di guadagnare molto danaro, come da
esempio tolto da un giornale : « / gua-
dagni del faoitino Bigby : A proposito del
fantino Rigby, mi sembrano interessanti
queste notizie. Rigby due anni or sono
Job
257
Jus
vinse il Grand Prix di Parigi e l'anno
scorso arrivò terzo nel Derby inglese. Egli
non sarebbe venuto a Roma pel solo scopo
li vincere il forte premio del Derby, poiché
t'gliha provvigioni fisse di 50,000 lire per la
prima monta e di 25,000 per la seconda,
il che forma un fisso di 75,000 annue.
Rigby (aggiunti i regali per le corse vinte)
;::uadagna annualmente dalle 150,000 alle
200,000 lire. Egli arrivò ieri l'altro a Roma
col treno di lusso da Parigi, e ripartì ieri
sera stessa per montare nuovamente do-
mani a Parigi. Egli venendo a Roma non
ha voluto altro che aggiungere alla lunga
sua lista di trionfi anche quello del Derby
reale di Roma ». Segni dei tempi! (Jockey
è pure in francese, ed è diminutivo di Jaek^
nome proprio inglese ::= Giovanni).
Johannisberg: nomo del più famoso fra
i vini renani, cosi chiamato dal villaggio
omonimo nell'antico ducato di Nassau.
Quei preziosi vitigni appartennero prima
al vescovo di Fulda, alla cui smemora-
tezza nel dar l'ordine della vendemmia si
attribuisce che meglio maturarono le uve
onde la scoperta dell'eccellenza del vino ;
poi al principe d' Grange, al maresciallo
Kellermann, al principe di Metternich che
vi aggiunse nuova celebrità. Questo la-
sciar le uve su la vite quasi marcire di
« nobile putrefazione » produce speciali
eteri che danno a quel vino il suo pre-
zioso profumo. Processo consimile avviene
l)ei vini detti delli Castelli.
John Bull : sopranome, adoperato come
rappresentante collettivo del popolo inglese
e divenne popolare dopo che Giovanni Ar-
buthnot nel 1712 publicò una satira po-
litica intitolata History of John Bull^ il
(juale era un organista di corto e avrebbe
(del che è controversia) composto nel 1605
l'inno popolare Ood save the King (Dio
salvi il Re). Questo nome che letteralmente
vuol dire Giovanni il Toro (indicante cioè
forza., ostinazione) fa il paio con Jacques
Bonhomme in Francia, Jonathan in Ame-
rica e, perchè no? Pantalone in Italia.
Ek. Pantalone paga! V, linde Sani.
Jolla: specie di palischermo lungo e sot-
tile con prua e poppa acuto : saettìa o
schelmo. Inglese Yole.
Jonathan: (il fratello) appellativo con
A. I'a.nzini, Supplemento ai Dixionari italiani.
cui gii inglesi chiamano i loro fratelli di
razza (gli Americani degli Stati Uniti).
Jongleur: V. Giullare.
Jour (ài : fr. a giorno: locuzione accolta
dai moderni dizionari: brillante legato a
giorno., di cui si vedono le due facce, orlo
a giorno., cioè traforato e si fa togliendo,
nel punto in cui si vuole orlare, alcuni
fili alla stoffa. V. Riviere., e A giorno.
Jugo: come aggiunto a slavo.^ è voce
slava (jigo) che vale meridionale : « Lin-
gue, popoli jugo ziz slavi», cioè sloveni,
croati, serbi, bulgari.
Jujube : pasticche pettorali per la tosse,
preparate col succo della giuggiola (jujube).
Questa parola francese molti in Italia pro-
nunciano e scrivono, ju-ju.
Julienne (potage à la): zuppa di varie
verdure, porri, carote, cipolle, lattuga,
fave, piselli, finamente tagliate e rosolate
col burro, cui si aggiungono talora cro-
stini di pane, indi il brodo. Questo nome in
tale senso è di origine ignota. Il Richelet
nel suo dizionario del 1732 non registra
questa voce; dunque è cosa posteriore.
Jungla: voce indiana, jangaL ingl. e
fr. jungle : vale propriamente, deserto, fo-
resta., ed è usata per indicare estesi ter-
ritori selvaggi nell'India.
Junior: comparativo latino usato in in-
glese (e noi riportiamo) per indicare il più
giovane (d'un altro) che presso di noi con
bella voce già si diceva novello. Es. Plinio
novello.
Jumper: cavallo da ostacoli, abile al
salto ; dal verbo inglese tojump zn saltare.
Junker: giovane nobile., nella vecchia
Prussia così sono chiamati i seguaci del
partito conservatore, con carattere feudale:
voce equivalente press' a poco alla parola
Agrarien. V. Agrari.
Junkerpartei: il partito germanico della
nobiltà feudale. V. Junker.
Jupe : sottana., gonnella., ma il linguaggio
fine della moda predilige la voce francese.
Jupon è poi la sottana di sotto. Anche
qui a chi sottilmente nota, lo voci italiano
hanno sapore quasi volgare: caso fr(M|uento
e spiacente.
Jury: V. Giurì.
Jus: voce francese, usata talora por
vizio invoco di sugo (lat. jus r brodo).
Jus
258
Jvs
Jus primae noctis: diì^ìtto della prima
notte: antico diritto feudale di saggiare
ciò che uno de' dieci comandamenti non
concede né pur di desiderare. Usasi la
locuzione in vario senso, spesso faceto.
NB. Questo jus primae noctis da molti
è negato come di diritto, il che non to-
glie che in alcuni luoghi e tempi potè
esistere come fatto. Certo v' era una
tassa che il vassallo doveva pagare al si-
gnore per ottenere il permesso di prender
moglie, e questa tassa dicevasi marita-
gium; e quasi fosse poco, si ragiona al-
tresì di un'altra tassa per la redenzione
del jus 'primae noctis ! V. A. Fertile,
Storia del Diritto Italiano^ Padova, Sai-
min 1872, Voi. IH, pag. 52, nota 75.
Juste milieu: locuzione frequente che ri-
sponde alla nostra, via di mexxo. Questa
locuzione trovasi nei Pensieri su la re-
ligione del Pascal (III, 3), ma di tale lo-
cuzione fece a sé norma politica il re di
Francia Luigi Filippo (1830-1848) dicendo:
il faut chercher à nous tenir dans un
juste milieu (V. Souvenir s de J. I^affitte,
in, 32).
Juta: è il nome del tessuto fatto colla
fibra del Corchorus olitorius ed anche
del Corchorus capsularis, due tiliacee
dell'Asia meridionale e orientale.
Jutifìcio : fabbrica di tela juta.
J'y suis et j'y reste: fr. ci sono e ci
rimango. Questo motto ricorre frequente
specie nel linguaggio giornalistico, e ot-
tenne celebrità come risposta del generale
MacMahon quando, nella guerra di Crimea,
settembre del 1855, dopo avere occupato
le trincee davanti a Malakoff, fu consi-
gliato di abbandonarle per non esporre i
suoi al fuoco della fortezza nemica.
1^
Kadosch o kadoche o cadoche: dall'e-
braico Kadasch = sacro, alto grado nella
Massoneria di rito scozzese,
Kaftan: abito nazionale del contadino
russo di colore azzurro cupo all'esterno,
internamente di color solferino, lungo oltre
il ginocchio con maniche ampie, riprese
al polso e larga cintura di seta.
Kaiser: voce tedesca imperatore, dal
latino Caesar. C. Giulio Cesare, alla nuo-
va podestà imperiale porse il proprio no-
me, e questo rimase continuo nella storia
e nelle varie favelle ancora dopo i secoli
e i fati, come eccitatore di gloria e di
vasto dominio su varie genti e nazioni.
Kakatoes : forma francese, invece della
forma italiana cacatù o cacatua: ge-
nere di uccelli rampicanti, distinti dagli
altri papagalli per una cresta di penne
sul capo che erigono a loro volontà. Certo
miglior grafia sarebbe cacatua perchè an-
che il nome scientifico si scrive così (ca-
catua banksi^ Cac. moluccensis , Gac.
leadbeateri^ Cac. tenuirostris^ ecc.).
Kake-walk: o piii di frequento cake-
ivalk =3 passeggiata della focaccia: nome
di ballo dei negri d'America, bizzarro e
goffo: ebbe tuttavia l'onoro in questi tempi
in cui scrivo di diventare ballo di moda
in Inghilterra, Francia, e... Italia. (Il no-
stro senso (estetico vi si dovrebbe rifiu-
tare).
Kaki : nome di frutto di origino giap-
ponese 0 cinese [Diospyros kaki).
Kan 0 Khan : signore. Titolo dato alla
autorità sovrana in Mongolia o in Tar-
taria. In Porsia è dato ai governatori dello
Provincie. Nella Russia Asiatica, nel Cau-
caso ai capi delle tribù. Con grafìa ita-
liana can. La bella Angelica dei nostri
romanzi cavallereschi è figlia del Oran
Can del Gatai.
Kanguroo o Cangurù : genere di mar-
supiali originari della Nuova Olanda,
Kategorischer Imperativ: V. hnpera-
tivo categorico^ frase spesso abusata nel
senso di comando assoluto.
Kedive: gran signore: dal 1867 titolo
ufficiale del viceré dell'Egitto (la grafìa
italiana Chedive non parmi attecchire).
Kefir: nome russo, dato al latte di ca-
valla 0 di vacca sottoposto a speciale
fermento : se ne forma un liquore acidulo,
gassoso, lievemente lassativo. Questa fab-
bricazione di latte spumante dalla steppa
passò ai nostri laboratori, essendosi tro-
vato efficace in alcune malattie di sto-
maco. La fermentazione è ottenuta a
spese dello zucchero del latte (lattosio^.
Kellerina: dal tedesco Kellerin che pro-
priamente vuol dire cantiniera (Keller can-
tina). Tale uso originariamente comune e
semplice in Germania ed in Isvizzera, ac-
quistò presso di noi e altrove senso di
mondanità indicando le lascivette came-
riere che servono di richiamò alla greve
e acquosa cervogia, con la (juale gli accorti
germanici conquistarono noi del paese del
vino. Kellerina poi si dice di qualunque
cameriera ch(ì servo nei caffè.
Kennel club: V. Che unii club.
Kennst du das Land, wo die Citronen
bliih'n?: verso d(ìl Goethe nella patetica
canzoni» d(>lla Mignon, ondo la perifrasi
Kep
260
Kno
il paese ove fiorisee l'arancio per indi-
care' l'Italia.
Képi: voce francese che significa una
specie di cappello militare, da prima adot-
tato da alcune milizie francesi in Algeria.
In italiano è stato tradotto in chepi^ ed
indica il cappello da parata della fanteria.
Képi^ fr. è probabilmente trasformazione
del tedesco Kappe: della stessa etimologia
da cui cappa, cappello, cappuccio, etc.
Kermes: grafia che si alterna con l'altra
chermes. V. Alchermes.
Kermesse : parola adoperata ne' Paesi
Bassi e nel Settentrione della Francia, per
indicare la festa annuale della parrocchia.
Pare una corruzione dìKerk-misse= messa
della chiesa. Alla funzione religiosa si
univa ogni specie di baldorie, spari, balli,
mascherate, conviti, mercato, etc. con
tanta licenza da essere la festa infrenata
dall'autorità dei governi. Kermesse poi
indicò senz'altro una fiera, e con que-
sto senso venne fra noi. Se il lettore però
ha osservato l'uso che da noi si fa di
questa parola, non gli sarà sfuggito il so-
lito fenomeno, cioè che si dice fiera se
si tratta di un villaggio, oppure la fiera
di Porta Genova a Milano, la fiera di Se-
nigallia; e invece si dirà una kermesse
di beneficenza al Pincio con intervento
della Regina; l'esposizione di Parigi è una
kermesse^ e simili : insomma la parola
straniera, per il solo fatto che è tale, in-
chiude un senso di nobiltà.
Khaki: tessuto spigato color terra che
serve alle divise militari pei soldati in-
glesi nelle colonie. Per chi ne vuol saper
di più , ecco più minute notizie : la guerra
del Transvaal dimostrò agl'inglesi che la
tanica rossa dei loro soldati era un ec-
cellente bersaglio alle carabine dei boeri,
e han dovuto ricorrere al khaki. Questa
strana parola (chi sa dire donde venga?)
non significa una stoffa speciale, ma una
composizione di tinte, molto usata dagli
indigeni dell'Indie, dove prima l'hanno
adottata gl'inglesi ; è un colore che ricorda
quello di un canerino incrociato, tra il
giallo e il verde. Questa tinta giova a
meglio dissimulare i soldati ; e oltreché
le loro uniformi, in khaki furono colorati
tutti gli equipaggiamenti della campa-
gna, i carri, le ruote dei cannoni, le
tende, ecc.
Kimono : nome dell'abito nazionale delle
donne giapponesi.
Kinesiterapia: {KÌvrjoig = moto e dega-
jTEÌa 1= cura) nuova parola con la quale
si designano quelle cure che agiscono sul-
l'organismo, imprimendogli movimenti sia
attivi che passivi: cura elettrica, mas-
saggio, ginnastica. In fr. è kinésithérapie.
Kinetoscopio: apparecchio inventato da
Edison, nel quale il passaggio rapido, da-
vanti agli occhi, di una serie di fotografie
stereoscopiche, riproducenti le diverse po-
sizioni che uno o più corpi in movimento
hanno ad intervalli di minime frazioni
di minuto secondo, offre all'osservatore
l'illusione che il movimento sia ripetuto
sotto i suoi occhi. Differisce dal kinema-
tografo (dei fratelli Lumière di Lione)
perchè quivi le proiezioni delle fotografie
passano davanti uno schermo, mentre nel
kinetoscopio si osservano mediante lenti.
La grafia di queste parole con la lettera e
prevale nei libri, ma in commercio tende
a conservarsi la scrittura straniera.
King : così chiamansi i libri sacri dei
Cinesi, contenenti la dottrina e la morale
di Confucio. Es. i cinque Kings.
Kirsch-wasser: letteralmente in tede-
sco acqua di ciliege o maraschino. Li-
quore forte preparato (almeno dovrebbe
esserlo) con la distillazione della ciliegia
agra, detta marasca. Ha un lieve profumo
di mandorla amara, e le migliori qualità
provengono dalla Selva nera e dai Yosgi.
La parola tedesca è anche in francese.
Kneipe: propr. bettola, e nel linguaggio
degli studenti bevuta., simposio., lat. com-
potatio. Voce tedesca recente (Y. Kluge
op. cit.), e non ignota fra noi.
Kneipp: V. Cura Kneipp.
Knicicer-bocicer : nota foggia di abito
da alpinista, ciclista: propr., le grosse
calze 0 gambali di lana. Y. Vestito.
Knout : nome del terribile staffile russo,
fatto di più. nervi di bue strettamente in-
trecciati e terminanti con punte di ferro
ritorto. Al tempo della servitù della gleba
era strumento di punizione legale ; al dì
d'oggi assicurano che serve soltanto come
semplice frusta. Leggesi talvolta governo
261 —
Km
dello knout por indicare spregiativamente
il governo assoluto della Russia.
Koch: V. Bacilli di Koch.
Kodak: nome commerciale di una so-
cietà auìoricana, estesissima, fabbricatrice
di camere fotografiche e di ogni più raro
e nuovo apparecchio ottico. Kodak chia-
mano senz'altro la stessa macchina foto-
grafica.
Kokoschnik : voce russa; indica il dia-
dema che, secondo il costume nazionale,
portano le donne russe.
Kola (noci di): sono i semi della Ster-
culia aeuminata^ della famiglia delle mal-
vacee, che cresce vicino alla costa occi-
dentale deir Africa equatoriale. In Europa
queste noci si usano come medicina e to-
nico, come surrogato di caffè, e per pre-
parare delle bevande amaro-stomatiche :
Elixi)\ liquore di Kola.
Kolbach e colback: in francese; in ita-
liano colbac ovvero colbak, alla francese.
È voce turca ed indica un cappello mi-
litare ricoperto di pelo a forma di cono
rovesciato, in uso in Turchia dai drago-
manni, dagli Armeni, etc. I cacciatori
francesi a cavallo ne fecero uso la prima
volta in Francia al ritorno dalla spedi-
zione d'Egitto nel 1799. Tale forma di
cappello con qualche modificazione e ri-
coperto di pelle di foca è stato adottato
dalla nostra cavalleria leggiera.
Konak: la reggia presso i Serbi.
Kopek: moneta russa del valore di
quattro centesimi. Cento di queste monete
formano il rublo. Copek o Kopek è scrit-
tura francese ; in russo, Kopejka.
Krach o Krack: voce neologica, proba-
bilmente onomatopeica (Cfr. Dante: non
avria pur dell'orlo fatto cric) usata nelle
lingue straniere e trasportata nella nostra
per indicare una crisi bancaria, un im-
provviso disastro di caso di commercio,
di grandi aziende. Tale nome fu per la
prima volta usato da noi negli anni 1873,
'74 quando avvenne lo sfacelo dello Borse
di Commercio. (V. Nuova Antologia^ vo-
lume XXV, pag. 417). Il diz. olandese
francese d'Abraham, Bluyo (1811) regi-
stra questa parola in tale senso di mina.
Krapfen: in tedesco, e nel linguaggio
di cucina, indicia una spociio di frittella
di pasta alzata con lievito di birra ed
entro uno strato di conserva : dolce noto
e comune anche da noi, specie nelle città
grandi e d'inverno in cui si costuma re-
carsi nelle pasticcerie a mangiarne, te-
nute come sono in caldo in apposite cre-
denzine.
Kraus : vocabolo aperto, della moda ma-
schile : indica l'abito a falde. V. Vestito.
Kremlin: oppure -ffrew/, tradotto in Crem-
lino : fortezza di Mosca, antica sede degli
Imperatori di Russia, specialmente noto
alla storia d'occidente per essere stata ef-
fimera e fatale stanza di Napoleone I.
Kren : è la Gochlearia armoracia^ ori-
ginaria dell'Europa orientale temperata.
Essa è voce slava, introdotta pur anche
in tedesco. Da essa è derivato pure il
cran, cranson francese e più comune-
mente, raifort. Nomi volgari italiani, ol-
tre quello di barbaforte., sono : ar mora-
eia., erba forte., rafano rusticano.^ rafano
tedesco. Questa radice, grattugiata, serve
di condimento e salsa alle carni.
Kreuzer: da kreux lat., crux = croce;
moneta divisionale che in Austria sarebbe
la 100''^ parte del fiorino (Oulden). Vero
è che in Austria si conteggia per corono
e centesimi (Krone e Heller).
Krug: boccale^ così con voce tedesca
nelle birrerie si chiama talora quel reci-
piente di coccio, elegante, di foggia ci-
lindrica, con manico e coperchio lavorato
di metallo, della capacità di circa mezzo
litro entro il quale ottimamente si con-
serva la birra nel tempo che si beve. La
capacità di mezzo litro non è obbligatoria
ai bevitori tedeschi.
Kronprinz : voce tedesca e significa prin-
cipe ereditao'io della corona., ed è for-
mata da iTro^ie corona e Prm.^ = prin-
cipe. Parlandosi del delfino di Germania,
questa parola ricorre frequentissima.
Krumiro: nomo di tribù bèrbero anti-
chissime, erranti tra il Marocco e la Tri-
politania (V. Sallustio, Oìugurtina). La
grafìa nostra Crumiro non è dell'uso.
Questa parola ha avuto una ben curiosa
fortuna: da principio indicò qu(»sto tribù,
lo quali con la loro rib(^llione diodoro [ire-
tosto alla H^'rancia di occupare la Tunisia.
Fu usata in Francia in occasiono di scio-
Krii
— 262 —
Kuv
pero come termine ingiurioso, di lì passò
a noi ed è usatissima per indicare quegli
operai i quali rompono la legge dello scio-
pero, ed accettando di lavorare secondo i
patti rifiutati dagli altri operai, contri-
buiscono a rendere meno efficace la grande
ed aspra lotta che il Lavoro manuale muove
al Capitale. Questo neologismo si mostra
pili resistente di quello che si potesse pen-
sare. Anche quando gli studenti proclamano
lo sciopero (cosa tanto inutile come ridi-
cola) gli scolari che frequentano lo lezioni
sono chiamati krumiri. I giornali hanno
foggiato anche l'astratto Krumiraggio.
Krumiraggio : V. Krumiri.
Krupp: attributo di cannone dal nome
di Alfredo Krupp (1812-1887) di Essen,
grande industriale e creatore di una fra le
più grandi e celebri fonderie di metalli
del mondo. All'antico cannone di bronzo
egli sostituì r acciaio fuso con scienza ed
esperienza, perfetta ed ingegnosissima, in
modo che la terribile arma possa reggere
a pressioni di gas molto superiori di quelle
che erano possibili con altri cannoni dello
stesso spessore. Il cannone Krupp fece le sue
grandi prove nella guerra franco-prussiana
del 1870. Da quel tempo il cannone d'ac-
ciaio, a retrocarica, fece il giro del mondo
armato, e cominciò quel rapido sviluppo
che doveva condurlo alla potenza ed alla
perfezione attuale, sempre però su le stesse
basi fondamentali. Misere glorie dell'umano
ingegno !
Kugeihupfen : nome tedesco di dolce di
lievito, press' a poco come il Panettone.
Kulm: parola tedesca che significa cz-
ììia.^ vetta. Diceasi specialmente di alcuni
monti come ad es. di quel celebrato e bel-
lissimo monte della Svizzera che è il Ei-
ghi. Per analogia, credo, si disse kulm
altresì della cima di altri monti, frequen-
tati e forniti di sontuosi alberghi. Così
trovo scritto « Brunate kulm », detto della
cima di quel grazioso poggio che è sopra
Como.
Kulturkampf: voce tedesca, e significa
lotta per la civiltà, ma con speciale
senso evolutivo della filosofia e della po-
litica in Germania contro il Clericalismo
0 partito ultramontano, come quivi è detto.
Questa voce fu creata dal Virchow, il ce-
lebre medico da poco morto, in un pro-
gramma elettorale del partito progressista
da lui redatto nel 1873.
Kiimmel : nota specie di rosolio forte
preparato col frutto di una pianta ombrel-
lifera, Carum Carvi., che i Tedeschi chia-
mano appunto Kiimmel., e in italiano Cu-
mino 0 Cornino tedesco., appunto perchè
i tedeschi usano detti frutti per porli sul
pane, nei cavoli acidi e anche come anima
in certi piccoli confetti.
Kuraro : questa è la grafìa con cui ge-
neralmente presso di noi trovo scritto
questo potentissimo veleno. I tedeschi ed
i francesi recano scritto Curare., il Vil-
lavecchia pure nel suo recento Bìtì. di
merceologia scrive curare, e così infatti
io riportai (V. a questa parola). Mi sem-
brerebbe preferibile curaro. Questo veleno
vegetale dell'America meridionale si trae
dalla corteccia di una specie di strychnos
(onde si ottiene la stricnina). Esiste anche
un curaro animale, tolto dalla secrezione
cutanea di uno speciale batracio.
Làbaro : questo nome di etimologia in-
certa (lat. labarum^ gr. Àufìagov) fu dato
allo stendardo cristiano di Costantino dopo
la sua vittoria su Massenzio : era un qua-
drato di stoffa preziosa col simbolo di
Cristo, appeso ad un pennoncello sorretto
alla sua volta dall'asta. Fu dunque simbolo
di fede, (rammenta la visione in hoc signo
vinces) e perciò si dice tuttora « labaro »
di insegne di fede, filosofica e civile. Voce
in tal senso spesso usata enfaticamente.
La biscia morde il ciarlatano: bella e
acuta locuzione nostra, non troppo facile
però a spiegarsi laddove è facile inten-
dersi. Include scherno e mal senso come
ben dichiararono le parole biseia e ciar-
latano. « L'effetto di operazioni impru-
denti 0 maligne ricade prima di tutto
sul loro autore ». Es. I nuovi pastori,
blanditori, dichiaratori della bontà, bel-
lezza, intelligenza, virtù, diritti del po-
polo, spesso dal popolo sono o abbando-
nati 0 accusati di tradimento. Dicono allora
gli avversari di questi pastori : La 6«scm
morde il ciao'latano !
Labor omnia vincit | improbus: la fa-
tica aspra vince ogni cosa. Emistichio
di Vergilio {Georg. 1, 145, 146) vivo nel-
l'uso, h' improbus .^ che puro è richiesto
dal senso, spesso è tralasciato.
Labor 's party: ingl., il partito del
lavoro.^ cioè il partito operaio., solitamente
con carattere politico e di classe.
La calunnia è un venticello: ottonario
felice, divenuto poi)oliire come la jniisica
che lo riveste : Barbiere dì Siviglia., pa-
La capitale morale: bolla frase, con
cui Milano si incoronò da sé, come Na-
poleone, quando risorse a libertà, e no-
verava nella sua « cerchia antica » uomini
di grande valore. Poi fu così detta per
la fiorente sua amministrazione ed istituti
finanziari e di beneficenza; poi in oppo-
sizione a Eoma etc, ed anche ironica-
mente. La paternità della frase non riuscii
a trovare.
La carità del natio loco: [carità nel
senso latino di amore) emistichio di Dante,
passato con largo abuso nel linguaggio
comune, senz' essere però stravolto nel
senso come avvenne di altri versi ed emi-
stichi danteschi, (Inf. XIV, 1).
La carrozza di tutti : titolo perifrastico
di un libro di E. De Amicis, per dire il
tranvai. Locuzione effimera, ma che gode
tuttora di una certa popolarità.
Laccetto: diminutivo, fatto italiano,
del lombardo lacc = latte : indica quella
glandola bianca e carnosa che è nel petto
•del bovino giovane e che scompare nel-
l'adulto: e se no fanno squisite fritture:
timo è la voce scientifica ; animella in
toscano e in italiano. Ora in Romagna
questa glandola chiamano il latte. Altro
notevole esempio di somiglianza dei dia-
letti. Lacectt, in lombardo, è pure il latte
magro che geme dal burro.
Lacchè : dal fr. laqiiais, domestico o val-
letto, s[)ocialinonte da anticamera o da car-
rozza : voce da gran tcMnpo fatta italiana.
Lacerator di ben costrutti orecchi: verso
del Giorno del Parini [Mattino., 109) vivo
nell'uso.
Lac
264
Laf
La compagnia della Lesina: lesioia vale
anclie avarixia grande, sordidezxa (cfr.
il verbo lesinare) e tale senso figurato
sembra essere derivato da un noto e cu-
rioso libro di certo Vi alardi « Della fa-
mosissima compagnia della lesina^ Dia-
loghi, capitoli^ ragionamenti^ etc. Ve-
nezia, Baglioni, 1664 ». È una raccolta
di facezie su tutte le possibili spilorcerie :
genere di libro burlesco di cui è copia
nella nostra letteratura e in cui fiorisce
l'ingegno italiano (V. Humour): fra le
altre taccagnerie, v'era quella di accomo-
darsi di per se scarpe e pianelle, la qual
cosa non si poteva fare senza il più im-
portante istrumento dell'arte di S. Cri-
spino, cioè la lesina, onde, probabilmente,
il senso figurato. Anche il francese de-
rivò dall' italiano questa estensione di
senso: lésine =i épargne sordide. Nel
citato libro, fra gli istrumenti necessari
a que' spilorci, vi fu anche la lente del-
l'avaro. Eivive nel linguaggio politico
questa locuzione della Compagnia della
lesina per indicare quegli uomini politici
che sono fautori di rigide economie nel-
l'azienda dello Stato. Di essersi costituito
egli e i suoi nella famosa compagnia della
Lesina si vantò per celia il marchese A.
di Eudinì in Milano tenendo al teatro
della Scala un suo discorso politico: egli
era allora Presidente del Consiglio (9 no-
vembre 1891). V. Piede di casa.
La corsa alla morte: neol. giornalistico,
dedotto dal linguaggio delle corse, per
indicare la mania suicida.
Lacrima Christi: nome di un preliba-
tissimo vino di lusso della regione ve-
suviana. Si spreme dall' uva aromatica,
appassita, detta Qreco o Greca della
Torre. Dopo tre o quattro anni si ottiene
un vino ambrato, dolce, con profumo ca-
ratteristico e gradevole : si esporta in bot-
tiglie.
Lacuale: per lacustre; aggettivo fog-
giato arbitrariamente per l'influsso del so-
lito suffisso ale.
Ladino: agg. da latino: nome dato ai
dialetti romani o romanzi di alcune po-
polazioni dell' Engadina, Canton de' Gri-
gioni, Tirolo. L'Ascoli aggiunge il Ladino
alle altre lingue romanze o neo-latine.
Ladino: (cioè latino) voce meneghina,
non ignota forse ad altri dialetti : facile,
scorrevole., pronto.
Res-'iatt, cospetton, de man ladinna
C. Porta, La gverra dì jn-et.
Cfr. Dante, Par. Ili, 63:
Sì che raffigurar m'è più latino.
Cfr. per l'uso della parola e per l'affinità
dei dialetti italici, questo passo del Varchi
(Ercol): «Questi tali maldicenti si chia-
mano a Firenze male lingue, linguacce,
etc. e con meno infame vocabolo, sbocca-
ti, linguacciuti, mordaci, latÌ7ii di bocca : »
ne mancano esempi di prosa classica di
latino in senso di facile., piano, etc.
La discordia è nel campo d'Agramante:
locuzione ironica, viva nell'uso e derivata
dall'Ariosto {Furioso^ XIV). Vuol dire la
discordia è nel campo nemico; e solita-
mente si intende di nemici politici: si ac-
capigliano fra di loro.
Ladri in guanti gialli : il ladro classico
che assaltava alle vie certo non è scom-
parso, ma l'evoluzione della civiltà lo va
trasformando nel ladro moderno, elegante,
in guanti : il quale si intromette e si con-
fonde nella società e vi esercita il furto
in moltissimi ed ingegnosissimi modi. La
felice locuzione è nostra : in francese gants
jaunes è sopra nome dato agli eleganti.
Lady : in inglese vale sigìiora ed è nome
che si dà alle donne che appartengono
alla nobiltà. Lady si adopera quando è se-
guito da nome. Mylady nel vocativo. La
signora non nobile è mìstress, che si trova
scritto abbreviato in mrs.
La femme (cherchez): motto francese
dovuto al lepore di A. Dumas {Les Mohi-
cans de Paris., atto III. V. 7) e divenuto
comunissimo fra noi per significare la
cagione prima ed occulta dei fatti umani,
specie delittuosi. V. Fumagalli, Chi l'ha
detto ?
La fiera della vanità: Vanity Fair:
felice titolo di un romanzo dell'umorista
inglese Thackeray. Acquistò valore di lo-
cuzione.
La fine fleur du panier, ovvero le des-
sou du panier: uno dei tanti modi fran-
cesi per indicare Veletta della società. Me-
tafora elegante tolta dalla costumanza che
Laf
265 -
Lam
lianno i commercianti di accomodare il
meglio della merce al sommo del cesto.
La fodera mangia il dritto: locuzione
familiare che significa: il mezzo per rag-
giungere un dato scopo costa più dello
scopo raggiunto.
La foglia di fico: i velami e le cautele
del pudore. Più spesso in senso ironico.
Y. Appendice.
La gran bestia: V. Gran Bestia.
Lagrime di cocodrillo: lagrime false,
ipocrite di colui il quale finge dolersi di
sventure che egli stesso volle, o studiasi
col pianto di trarre altrui in inganno.
Questa espressione allude alla credenza
che il cocodrillo deplori e pianga le sue
vittime 0 con gemiti si studi di attrarle.
In fr. parimenti si dice larmes de croeo-
dile, e in tedesco lirokodilsthrdnen.
Laicizzazione: (fr. laicisation) l'atto del
rendere laico, cioè non confessionale : uno
dei nuovi e molti astratti entrati nell'uso:
da laico =: non appartenente ad ordine
ecclesiastico.
Laisser ailer: è in fr. il nostro : lasciar
correre.
Lai 0 lais : nomo di antico componi-
mento lirico francese, di brevi versi e di
argomento grave e lamentevole. Cfr. la
nostra voce poetica lai:
Nell'ora che comincia i tristi lai
la rondinella presso alla mattina.
Dante, Purg. IX, 13, 14.
Là là : interiezione familiare francese,
detta tanto per tranquillare, come per re-
primerò altrui. E registrata dal Petrocchi.
La lettera uccide, etc. V. Lettera^ etc.
La legge del minimo mezzo: V. Uomo
economico.
La lotta per la vita o per l'esistenza:
è la versione della nota locuzione inglese
struygle for existence o for life (vedi
Strugr/le., etc.) la quale, dal concetto bio-
logico intravvisto e spiegato dal Darwin,
l)assò nel linguaggio comune per indicare
la necessità del combattere, aprirsi una
strada, farsi largo fra gli uomini tanto por
la conquista del pane... come del compa-
natico.
Lama: nome dato ai preti della reli-
gione buddista nel Tibet (^ nella Mongolia.
Il gran Lama o dalai-lama^ sacerdote
supremo, gode di venerazione quasi di-
vina, ne per rito sapendosi del suo mo-
! rire e della nuova elezione, è da quelle
genti reputato immortalo.
La mano sinistra non sappia quel che
fa la sua destra: sublime massima di
Cristo che insegna il modo di beneficai'e
altrui. {Evangelo di S. Matteo, VI, 3).
Lambrequins: voce fi-ancese talvolta da
noi usata per vizio ad indicare le frange
delle tappezzerie.
Lambris: voce francese, usata talora,
per vizio, ad indicare le tavole di legno,
semplici 0 ad intarsi, che rivestono un
tratto di parete di una sala: in italiano,
pannello.
Lambrusco: nome del più pregiato fra
i vini emiliani (Modena), specie del terri-
torio di Sorbara: rosso, di un caratteri-
stico frizzante, e spumante. Vino naviga-
bile e universalmente noto. La parola de-
riva dal lat. labrusca o lambrusca.^ nome
di vite selvatica. La Crusca registra lam-
brusca (uva) e non lambrusco (vino).
Lamiera: ciascuna di quelle piastre me-
talliche di poco spessore, adoperate nella
costruzione delle macchine e per fasciame
nella costruzione dei bastimenti a scafo
metallico.
Laminoir: parola francese, usata non
nel senso di laminatoio : =: macchina per
laminare metalli, ma nella industria tes-
sile per stiratoio: macchina per tendere
e fare i fili.
La moglie di Cesare: non deve essere
ne meno sospettata^ e con le parole di
Plutarco [Vita di O. Cesare, X) perchè
io non volevo non che altro che venisse
in sospetto : così G. Cesare quando ripudiò
la moglie Pompea perchè P. Clodio tra-
vestito da senatrice erasi introdotto in casa
di lei celebrandosi le feste della Dea Bona,
ancorché contro di Clodio per nulla si que-
relasse, nulla simulando di sapere. Eipe-
tesi il motto con forza di traslato ad isti-
tuzioni, a coso su cui pur il sospetto non
deve cadere.
La monarchia ci unisce, la republica
ci dividerebbe: opinione di F. Crisj)!. di-
venuta famosa e iVeciuente.
Lampas: stolVn di seta, già originaria
Lam
— 266 —
Lan
della Cina, a gran disegni e di colori di-
versi dal fondo; usasi specialmente per
tappezzeria e per mobili.
Lampista: fr. lampiste da lampe = lam-
pada. « Volendo formare in simile modo il
vocabolo ci converrà dire lampadista da
lampada » : questo è il giusto ragionamento
del Eigutini, ma converrà trovare poi chi
usi questa parola! Il vecchio vocabolo to-
scano è lumaio.
Lampisteria: luogo dove si tengono e
accomodano i lumi : dal fr. lampisterie.
Lampo : così sono chiamati da noi, con
neologismo metaforico, quei treni a gran
percorso, con carrozze di lusso e comu-
nicanti fra loro, i quali hanno una velo-
cità superiore e meno fermate dei consueti
diretti.
La natura lia orrore del vuoto: V. Na-
tura abhorret vaeuum.
La navicella del mio ingegno: locuzione
metaforica non infrequente, tolta dalla fa-
mosa allegoria dantesca con cui si dà
proemio al Purgatorio.
Per correr migliori acque alza le vele
ornai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele.
Lanca: dicesi di terreno, o bassura, in
generale invasa dalle acque, e relitto di
letto di fiume.
Lanciare : detto di cosa o persona che
si mette in mercato e si fa audacemente
e accortamente conoscere al publico, è
verbo usato in modo neologico e assai co-
mune. Es. lanciare un libro., un giornale.,
un articolo di commercio., una balle-
rina. (?!) Verbo di manifesta provenienza
francese: lancer quelqii'un = farlo cono-
scere.
Lancieri (Quadriglia di): noto ballo fi-
gurato, di origine inglese, introdotto in
Francia verso il 1868 ; la sua tipica mu-
sica e la grazia delle figure resero il ballo
popolare si in Francia che presso di noi.
(Quadrine des Lanciers).
Lancinante : come attributo di speciale
sensazione di dolore fisico, quasi che una
lancia vi penetrasse, è termine medico
dell'uso, notato dalla Crusca; ma dal Pe-
trocchi confinato tra le voci fuori d'uso.
More solito!
Landau: voce tedesca, landau, che i
francesi pronunciano secondo l'indole della
loro lingua, lapidò., e noi di solito alla fran-
cese. La scrittura landò ^ accolta dal Pe-
trocchi, mi pare poco usata. Nota foggia
di vettura signorile a quattro ruote con
due mantici che si chiudono a piacere.
Il nome deriva dalla città di Landau in
Baviera ove primamente tali legni furono
fabbricati.
Landau lette : diminutivo francese di lan-
dau., nota specie di vettura.
Landiord: in inglese: Signore di terre.,
latifondista, in opposizione a tenant zzi af-
fittaiuolo.
Landsturm : voce tedesca che nel senso
vale come leva in 7nassa. Oltre l'esercito
permanente, la riserva e la landwehr, la
Germania ha la landsturm^ chiamata alle
armi di tutti i cittadini nei momenti di
supremo pericolo : comprendo tanto coloro
che per varia ragione non prestarono ser-
vizio militare, come i soldati che per ra-
gione di età passarono dalla Landivehr
aUa detta Landsturm. La Landsturm
venne chiamata per decreto di Federico
Guglielmo III di Prussia nel 1813 nella
epica guerra contro Napoleone. Quel de-
creto contiene le norme che regolano que-
sto supremo istituto di difesa.
Landwehr: milizia per la difesa del
paese ; istituto militare germanico per cui
è fatta leva di popolo già esercitato alle
armi, cioè che appartennero al servizio
attivo, in caso di bisogno di aiuto alle
prime linee dei combattenti. Da Land.,
paese e Wehr, difesa.
Langue de chat: nome dato francese-
mente ad una foggia di pasta o di cioc-
colata, simile alla lingua del gatto.
Langue verte: locuzione francese per
indicare le parole neologiche e del gergo,
non ancora accolte nei lessici letterari.
Laniero : agg. neologico di lana, usato
come aggiunto di industria ; formato forse
a somiglianza di cotoniera, da cotone.
Lansquenet: V. Lanzichenecco.
Lanterna! (alla): traduzione, divenuta
comune, del grido francese à la lanterne.,
mettre à la lanterne o lanterner (come
dicevasi allora). Durante la rivoluzione
francese era una specie di supplizio che
la plebaglia furente infliggeva a quelli cui
Laii
— 267
Lap
sospettava corno aristoGratici : consisteva
noli' impiccare alle cordo dei lampioni.
Alla lanterna vale a morte. N. B. Se a
quei tempi ci fossero state le micidiali
condotturo elettriche per la illuminazione
0 la trazione!
La nuit tous les chats sont gris : pro-
verbio francese che vuol dire che di notte
tanto ò facile ingannarsi intorno alle
persone e alle cose che si incontrano,
come non è facile distinguere le persone
belle dalle brutte. De Brieux nelle sue
Origines de quelques costumes anciens^
così spiega togliendo da un motto greco:
Hdoa yvvì'j toO àùx^ov àQÙévrog^ fj avvi)
ènri^ spenta la candela ogni donna è
uguale. Questa sentenza è pur viva nel
nostro popolo, ma dubito forte che tutti
gli uomini in essa concordino.
Lanzichenecco : (dal ted. Land., paese
e Knecht, servitore) questi pittoreschi non
meno che ribaldi armigeri tedeschi, pre-
toriani famosi e infami nella storia d'Italia
gentile del '500 — più comunemente ri-
cordati col nome di Lanzi — introdussero
da noi il giuoco d'azzardo di tal nome,
che si fa con le carte e per le cui regole
rimando al Gelli, op. cit. Noto questo nome
perchè spesso l'udii pronunciare quasi più
elegantemente alla francese, lansquenet.
(«Oggi zecchinetta» avverte il D'Azeglio
in Nicolò de' Lapi^ cap. IIj. Dicesi anche
lanzichenecco nel mal senso di gianniz-
^ero.^ pretoriano.^ cioè di chi si vende in
sostegno dell'altrui violenza.
La parole a été donnèe à rhomme pour
déguiser sa pensée: la parola fa data
idi' uomo per mascherare il suo pensiero^
motto più francesemente arguto e para-
dossale che fine. Ne fu data la paternità
■A vari, fra gli altri al Talleyrand, un
.t'ro parafulmine di motti cinici, ed al
V^oltaire. Del resto non è improbabile che
lo spirito francese, avido di formule argute,
siasi in diverso persone improntato di tale
pensiero comune, indipendentemente lo
une dalle altre. Assai più (ino Arrigo Heine
nello suo Confessioni: « iddio ci ha dato
la parola perchè ci diciamo alcun che di
gentile ! »
Laparotomìa: da ÀarniQ)}, fianco e té/uveo.^
taglio : atto operatorio che consiste nol-
r incidere la parete addominale e il peri-
toneo allo scopo di esplorare gli organi
addominali e praticarvi alcuna operazione.
Lapazza o Lampazza: ter. mar., pezzo
di legno incavato a foggia di gorna, il
quale si applica ad un albero o ad un
pennóne avariato per fortificarlo, fissan-
do velo con solide legature.
Lapin: in francese vuol dir coniglio,
ma è certo che il pellicciaio elegante vi
dirà che il tale manicotto, la tal collarina
è di lapin e non di coniglio : ciò avviene
un po' anche per la ragione per cui Fra
Cristoforo, dicendo omnia munda mundis,
chiuse la bocca a Fra Fazio, che non sa-
pea di latino.
La politica delle mani nette: fu ingenuo
vanto del ministro Benedetto Cairoli dopo
il trattato di Berlino: ripetesi per dileggio,
né a torto, giacché politica e nettezza,
cioè rettitudine, radamente possono con-
cordare per loro natura. La frase del Cai-
roli ripete altra consimile del ministro
prussiano von Sohleinitz nel 1859 : die
Politk der freien Hand.
L'appétit vient en mangeant: motto
francese non ignoto a noi, anche alla
gente volgare. Leggesi in Eabelais, Gar-
gantua^ I, 5 : L' appetii ment en mangeant.,
disoit Angeston., mais la soif s'en va en
beuvant. Secondo altri il motto è pur at-
tribuito a Giacomo Amyot (1518-1593)
rettore dell' Abazia di Bellozane a Re
Carlo IX, che si meravigliava come egli
richiedesse altresì il vescovado d'Auxerre.
L'appétit vieni en mangeant^ avrebbe ri-
sposto r Amyot. Cfr. infine Ovidio. Mei.
VII 7 : cibis omnis in ilio eausa cibi est.
La propriété c'est le voi : sentenza del
socialista francese Froudhon nella sua
opera Qu'esi-ce que la propriété^ Il motto
è più sposso ripetuto in francese che in
italiano.
Lapsus càlami : lott. sbaglio o scorsa
della penna: locuzione talvolta eufemi-
stica con cui si scusa l'orrore della monto
nel dettare : affino a lapsus verbi.
Lapsus linguae : V. Lapsus calami.
La pudica d'altrui sposa, a te cara: stu-
pendo verso d(4 Farini {Il (MÌorno) nella
cui ricercata e voluta contorsione si svol-
gono le spire serpentino della satira.
Lar
— 268
T.at
Larga scala: V. Su Larga scala.
Laringòlogo : medico specialista delle
malattie della laringe.
Laringoscopio: ÀàQvy^, laringe e ouo-
jTElv^ esaminare. Istrumento composto di
un piccolo specchio montato su di un
lungo gambo onde si illumina ed' esa-
mina la cavità della laringe.
Laringotomìa: voce neol. del linguag-
gio medico, formata da laringe {À,àQvy§) e
TÉjifvcù taglio : operazione che consiste ncl-
r incidere in su la linea media la laringe
ad un altezza piìi o meno grande.
L'aritmetica non è un'opinione: frase
arguta che spesso si ripete a proposito di
fatti che conviene accettare per quello che
sono. II. Fumagalli, op. cìt.^ ne dà la pa-
ternità al sen. Filippo Marietti. Vero è
che anche l'aritmetica è sovente un'opi-
nione 0 almeno è facile ad un buon stra-
tega far manovrare le cifre secondo che
più talenta o secondo la credulità altrui.
L'arte per l'arte: cioè l'arte fine a se
stessa: sentenza attribuita al Cousin e in-
finitamente e oziosamente ripetuta e- di-
scussa. Sentenza vera, ma che è portata
sino alla esagerazione dagli esteti. L'altra
sentenza o definizione è l'arte per la vita,
cioè l'arte con azione morale e sociale:
vera anch'essa, se rettamente intesa.
Larva: il primo stadio dell'insetto dopo
la sua uscita dall'uovo.
Lasciare a desiderare o lasciar molto
a desiderare: per valer poco, essere sca-
dente, fiacco, etc. locuzione con figura di
attenuazione; frequente in ispecie nella
burocrazia scolastica : fr. laisser beau-
coup à désirer.
Lasciare le briglie o le redini sul
collo : locuzione traslata dall'atto di colui
che abbandona le briglie sul collo del ca-
vallo così che esso può andare e fare ciò
che più gli talenta. « E quel DonEodrigo...
ora fa il diavolo affatto, a quel che vedo,
fin che Dio gli lascia la briglia sul collo. »
Manzoni, P, S. cap. XVII. La stessa lo-
cuzione è in francese : laisser la bride
sur le con à quelqu'un.
Lasciar nella penna: familiarmente di-
menticare di scrivere.
Lasco: term. mar., dicesi di un cavo o
di una, manovra che non è tesa.
La spada di Damocle : il tiranno Dionigi
di Siracusa che viveva tra continue paure
di morte, per far capire proprio bene al
suo cortigiano Damocle che la sua van-
tata felicità era alquanto discutibile, ebbe
la geniale idea di offrirgli un paragone
sensibile : lo fece sedere infatti a splendida
e voluttuosa mensa, ma sul più bello,
volgendo gli occhi in su, Damocle si ac-
corse che dal palco della stanza pende-
vagli sul capo una ignuda spada, legata
appena ad una setola di cavallo. Damocle
impallidì e si guastò la digestione : pregò
il troppo acuto spiegatore di lasciarlo an-
dar via quod iam beatus nollet esse. Onde
si dice tuttora per indicare un pericolo
sospeso, continuo, una minaccia di male
incessante. Cfr. Cicerone, Tusc. Disp.
Y. 21.
Lassa : francese laisse, nome dato alle
serie monoritmiche dei poemi in lingua di
oil e de' poemi provenzali : diconsi anche
francesemente couplets. La lirica italiana
manca di tali strofe epiche e perciò non
ha nemmeno il vocabolo che toglie dal
francese. Il D'Annunzio, in un suo ten-
tativo epico su Garibaldi, La notte di
Caprera, volle innovare questa forma an-
tica della lassa.
Lassativo: purgante leggiero.
Lasso di tempo: è riprovato dai pu-
risti come francesismo {laps de temps).
In italiano spazio, corso. Laps è dal lat.
lapsus, « ma noi non ne abbiamo biso-
gno », cosi il Rigutini, ed è vero; ed ap-
punto in questa ingombrante copia di pa-
role sì nostrane come di importazione
straniera, ma significanti tutte la cosa
stessa, che consiste uno dei maggiori
danni al linguaggio.
Last, not least : ultimo non infimo.
(Shakespeare, Oiulio Cesare, I;.
Latere (a): V. Legato.
Latest style: ingl., ultima moda locu-
zione talora usata per vizio.
Latet anguis in herba: si occulta il
serpente entro l'erba. Yergilio, Ecloga
III, 93.
La tetta o il latte dei vecchi : perifrasi
popolare nostra per dire il vino.
Laticlavio: (lat. latus clavus) orna-
mento di larga striscia di porpora che
Lat
— 269
Lau
ornava la tunica portata dai senatori al
tempo di Roma antica (Impero). Rivive
questa parola talora nel linguaggio gior-
nalistico por indicare la dignità e la no-
mina a senatore.
Latifundia Italiani perdldère: i latifondi
(grandi possessi agricoli) rovinarono l'I-
talia^ nota e, per allusione al presente,
ripetuta sentenza di Plinio: rovinarono,
sì per l'accentramento del capitale in
mano di pochi, come per il prevalere degli
schiavi in vece dei liberi agricoltori ; onde
ne conseguì che alla coltura intensiva si
sostituisse quella estensiva ed a pascolo
come più facile e più rimunerativa alla
grande proprietà, con danno però dell'in-
tera nazione. Inutilmente contro i lati-
fondi insorsero le leggi dei Gracchi.
Latin sangue gentile: stupenda e me-
lodiosa associazione di tre parole in cui
è un grande vero storico e filosofico, e se
avrai in mente il verso seguente :
Sgombra da te queste gravose some,
lioò la soggezione morale degli stranieri,
apparirà improntata di non so quale pro-
fetica tristezza. Leggesi, come è noto,
nella canzone del Petrarca a' grandi di
Italia, e si avverta di dare a gentile il
senso antico e che tuttora usa il popolo
di nobile (geìierosus, ingenuus). Latin
sangue gentile è però settenario esclama-
tivo così abusato da potersi considerare
altresì come frase fatta.
Latitanza : (dal latino latère = nascon-
dersi) l'imputato di un delitto che si na-
sconde allo ricerche della giustizia è detto
latitante: il fatto del nascondersi, latitanza.
Latitudine : parola del linguaggio fisico
e geografico (lat. latitudinern)., usata nel
linguaggio giudiziario in voce di esten-
sione. Es. la latitudine della pena. La-
titudine usasi anche in altri sensi tra-
slati che hanno manifestamente provo-
rii(rriza francese.
Latte alla crème : locuzione milanese
per indicare un bodino o dolco di croma,
e coniata con l'idea di avvicinarsi ad un
probabile modo francese : vero è che in
francese si dico: mufs au lait^ oeufs à
la crème., crème à la vanille^ cròme au
chocolat. etc.
Latte di gallina: rosso di uovo con
latte, brodo o acqua zuccherata : in fr.
lait de poule.
Lattivendolo : invoce del toscano lattaio.
non piace ad alcuni puristi, e cosi dicasi
di fruttivendolo, pollivendolo., erbivendolo
in vece di fruttaiuolo^ pollaiuolo., er-
baiuolo; ma sono sottigliezze e lievi dif-
ferenze da regione a regione, delle quali
se uno dovesse tener conto sarebbe co-
stretto ad osservare il più pitagorico fra
i silenzi.
Lattone o latta: «colpo dato sul cap-
pello a mano aperta». Cosili Petrocchi.
Ma questa è voce che non credo esca di
Toscana!
Lattoniere : per stagnino è riprovato
dal Fanfani e manca nei dizionari. Ma
accettata come è la parola latta (dal te-
desco latte) in vece di ferro bianco^ mi
pare che convenga accogliere anche il
nome che ne deriva. Certo che si ven-
gono ad avere così due voci uguali, la
qual cosa non è sempre un pregio per un
linguaggio.
Lattosio: lo zucchero che è contenuto
nel latte.
Lauda o laude o loda: nome di com-
ponimento poetico in lode de' Santi e spe-
cialmente di Maria Vergine, comune e
popolare nel finire dell'Evo Medio e nel
Cinquecento nostro. La scuola estetica
odierna si compiace di rinnovare questa
voce nella sua forma più speciosa di lauda.
• Lauda post finem : lat. loda dopo la
fine., cioè attendi a lodare quando tu ab-
bia conosciuto l'esito dell'impresa.
Laudari a laudato viro: lat. esser lo-
dato da uomo lodato è — si intende —
pura e vera lode. Leggesi in Cicerone
(ad Famil. V. 12. 7).
Laudator temporis aoti : così Orazio, nel-
V Epistola ai Fisoni., tratteggiando le varie
età dell'uomo e cogliendo il lato tipico
di ciascuna, definisce con stupendo senso
psicologico e fisiologico il vecchio por lo-
datore del tempo passato . Tale definizione
ha valore tuttora di modo di dire, quasi
brontolone., misoneista. Il passo oraziano
si completa aggiungendo a laudator tem-
poris aoti lo due ])arolo se puero ~z (quan-
d'egli era itnuiiullo, quindi aspro e av-
Lat
270 —
Lav
verso al presente: fenomeno eterno, do-
vuto al fatto che gli anni giovani e primi
della vita hanno maggior peso e valore,
e che in quell'età essendo minore l'espe-
rienza e l'osservazione, più degno e mi-
gliore sembra l'uomo, e logica la ragione
della vita.
Latinorum : voce popolare e spregiativa
per indicare il latino e le dottorali, in-
comprensibili formule latine. Il Manzoni
fa appunto dire a Eenzo : « che vuol che
io faccia del suo latinorum, ? » P. S. cap. I.
Latinucci : le prime traduzioni ed eser-
cizi latini , che si sogliono far nelle
scuole.
Laughing gas : voce inglese che vuol dire
gas l'idente : in italiano gas esilarante o
del paradiso. E un protossido di azoto
che esercita un'azione anestetica, breve
e locale, quindi adatto per l'estrazione
dei denti. Probabilmente il nome inglese
ci venne con 1' invasione dei dentisti
americani.
Lavabo : questa voce nei dizionari no-
stri è registrata nel senso di acquaio
delle sacrestie : luogo dove ci si può la-
vare. L'arnese che serve a quello scopo.,
aggiunge con spiegazione indeterminata
il Petrocchi. Ora lavabo è usato appunto
per quel meublé de toilette., souvent en
forme de ti-épièd, qui porte un pot à
l'eaii et sa euvette. Dunque lavamano.
Ma un lavamano molto elegante è spesso
detto lavabo. Senso eletto , moltissime
volte notato, che hanno fra noi le parole
francesi. In milanese lavabo è voce del-
l'uso. NB. Questa parola è stata accolta
senza esempi dalla Crusca per indicare
« una fontanella o piccola vasca adossata
ad un muro, anche fuori di recinto sacro,
per uso di lavarsi più specialmente le
mani =; lavamano » . In vero non mi pare
facile comprendere i criteri con cui gli
accademici della Crusca accolgono i neo-
logismi.
Lavaggio: voce nuova, tolta dal fran-
cese, lavage = action de laver. Come ter-
mine di metallurgia, di chimica, etc. è
voce tecnica invece di lavatura: indica
l'operazione del separare i metalli mercè
l'azione dell'acqua.
Lavandino: voce lombarda, lavandin.,
che significa la pila o vaschetta ove si
lavano e riforniscono le stoviglie ed i
piatti : acquaio in Toscana. In Romagna
e nel Veneto dicesi scafa.
Lavar la testa all'asino: modo nostro
familiare che significa far opera vana.,
ma dicesi con special senso di chi intende
emendare o correggere altrui senza pro-
fitto.
Lavarsene le mani : non volere aver
brighe o affare con taluno o per alcuna
cosa 0 questione, ma si dice solitamente
di affari che non appaiono gran che si-
curi 0 netti 0 che volgono al male. Lo-
cuzione familiare e comune, derivata dagli
Evangeli, S. Matteo XXII.
Lavativo: nei dialetti e nel parlar fa-
miliare dell' Alta Italia dicesi lavativo
— traslato altrettanto efficace quanto vol-
gare — di persona uggiosa, che è sempre
fra i piedi, o che non risponde alle più
esatte norme della consuetudine e della
delicatezza.
Lavatura dello stomaco: V. Stomaco
(lavatura dello).
La verità è in marcia : frase di E. Zola
a proposito del processo Dreyfus (Y. af-
faire)., del quale il grande romanziere
francese si fece sostenitore audace e ge-
neroso. La frase francesemente enfatica
parve acquistar valore di intercalare. Del
resto la Verità è camminatrice pessima.
Dicono che faccia lunghe soste in fondo
al pozzo.
Lavico : da lava., nel linguaggio dei
geologi, attributo delle rocce eruttive in
fusione, cioè della varia natura delle lave.
In fr. lavique : manifesta provenienza.
Lavorare (uno): in senso un po' furfan-
tesco dicesi lavorare uno per indurlo.,
ridurlo^ come si farebbe di docile mate-
ria, renderlo maneggevole., in modo che
esso acconsenta spontaneamente a fare
ciò che noi desideriamo.
Lavoratori della terra: perifrasi neolo-
gica ed eufemistica, apparsa con deter-
minato senso nel linguaggio politico, forse
per evitare la parola antica e che deve
saper di servile o di volgare : contadino.
Per la stessa ragione si è formata l'altra
perifrasi di lavoratori della mensa per
dire i camerieri, lavoratori del libro per
271 —
Lee
dire i tipografi, legatori, etc. Locuzioni
probabilmente effimere.
Lavoratori del libro: gli operai tipo-
urafi, legatori, etc. i quali operano in-
sieme alla formazione del libro. Perifrasi
eufemistica recente. V. Lavoratori della
terra. E l'autore del libro perchè opera
con l'ingegno è escluso dai lavoratori?
Lawn-Tennis: anche questo signorile
giuoco di nome inglese, è di origine ita-
liana (V. Foot-ball). Il Lawn- Tennis è lo
antichissimo giuoco della Palla-corda, del
quale fu scritto un trattato sino dal 1555.
V. Scaino, Trattato del giuoco della palla ^
in Venezia.. Ma chi fra i nobili signori
italiani adopera la parola palla-corda?
Voce semi-spenta ! Per le regole che reg-
gono questo giuoco la cui mondanità ga-
reggia e forse vince Futilità fisica, Y.
Baddeley. Il Lawn-tennis etc. Hoepli,
Milano. Si giucca usando parole inglesi.
Le modificazioni introdotte in Inghilterra
in detto giuoco, l'influsso grande deUa
moda britannica, il carattere internazio-
nale delle classi ricche, etc. ed altre cause
che si possono aggiungere non sono suf-
ficienti a spiegare questo abuso e questo
compiacimento di termini forastieri —
anche dove non sono richiesti dalla ne-
cessità — che si nota in Italia. Conver-
rebbe cercare più sottili ragioni che qui
non hanno loro luogo. Il lawn-tennis è
una varietà di tennis^ come dice la pa-
rola lawn = pianura, prato (etimologi-
camente lawn = landa). Tennis poi sa-
rebbe una corruzione del verbo latino
tenere; quasi tenete o tieni ^ detto dal
giuocatore nell' atto di lanciare la palla.
Ma non ò etimologia sicura.
Lazagnes : noto questa parola per biz-
zarria : però non è di mia invenzione.
Nella lista di un grande ristorante le no-
stre lasagne erano state travestite in la-
xagnes^ voce incomprensibile in ogni lin-
gua, ma che dimostrava nell'estensore
della lista la volontà deliberata di volere
con vesto francese nobilitare la plebea
voce italiana. Ciò fa il paio con quest'al-
tra: In una gran vetrina c'era la foto-
grafia di una villa da vendere. Tropjjo
giusto ohe la scritta fosso in francese, e
il commesso scrisse, Ville à vendre. Ma
l'infelice nel nobile zelo di far francese
la parola nostra, aveva scordato che villa
è parola pur usata in Francia e che ville
vuol dire città. Onde gli convenne, mal
suo grado, scrivere ancora in italiano.
Sciocchezze indegne di un lessico ! dirà
alcuno, iti vero. Ma queste sciocchezze
sono in così grande numero, questa igno-
ranza e questo idioma bastardo sono così
trionfali nella nostra italica indifferenza,
che hanno valore di sintomo non trascu-
rabile.
Lazzarone: o làz'x^aro., uomo dell'in-
fima plebe napoletana. Parola e cosa del
tempo del vicereame di Spagna : « voce
tolta dalla lingua dei superbi dominatori,
i quali prodotta la nostra povertà e scher-
nita, ne eternarono la memoria per il
nome » P. Colletta. Storia del Reame di
Napoli^ voi. I. Il quale nobilissimo sto-
rico nostro tratta diffusamente dei lazzari
e loro opere al tempo della republica
Partenopea. Dicesi lazzarone anche fuori
di Napoli di persona oziosa e di abbietto
animo. In milanese, laz7Mròn := scam-
pafatiche, con buona dose di malizia.
Leader : dal verbo inglese to lead -zrz gui-
dare, dunque capo^ guida^ duce. Nel lin-
guaggio politico la parola leader occorre
per indicare quel personaggio il quale per
forza di idee, carattere, energia di azione,
riesce a guidare un partito e ne è l'ora-
tore ed assertore più valido. Vocabolo del
linguaggio politico inglese, trasportato nel
nostro senza assoluta necessità : usasi al-
tresì in francese.
Lebbra: (ÀéjTQa = scaglia) sinonimo, ele-
fantiasi dei Oreci. Malattia dovuta ad
uno speciale bacillo detto .di Hansen. E
caratterizzata da bernoccoli e noduli sotto
cutanei, come da eruzione e turbamenti
nervosi. Malattia contagiosa a corso lento
e letale, notissima dalla più remota an-
tichità.
Leccapiedi: si dico volgarmente di vile
e interessato adulatore. In fr. Icche cui
-~ vii flatteur.
Le colonne d'Ercole: dicosi por signi-
ficare u!i limito morale non sorpassabilo,
e per Io più si dice ironicamente giacché
oggi non è ammesso più confino al pen-
siero. AllusioM(> all(> coloiiiK» cln» Ercole
Led
272
Leg
alzò in Calpe e Abila, oltre alle quali a
ninno era co?icesso andar oltre (Pin-
daro).
Ov'Ercole segnò li suoi riguardi,
Acciò che l'uom più oltre non si metta.
Dante, Inf. XXVI, 108, 109.
Le dernier cri de la mode: nuova e abu-
sata locuzione per indicare l'ultima no-
vità. L'italiano direbbe, nel caso, espres-
sione; la lingua francese seguendo l'at-
titudine sua di esagerare iperbolicamente,
adopera la voce grido che per noi non
Ila senso adatto. Questo dernier cri ri-
corre abusivamente nel linguaggio de'
giornali con senso esteso e vario.
Le fatiche d'Ercole: locuzione mitolo-
gica, per lo più ironicamente usata o per
ischerno. Ercole, figlio di Alcmena e di
Giove, è il classico lavoratore, civilizza-
tore del mito ellenico. Per comando di
Giove, ed ai servigi di Euristeo, re di
Micene, compì da vero globe-trotter^ le
dodici simboliche imprese o fatiche. Fu
però compensato del suo lavoro, che ebbe
in premio il seggio degli Dei in Olimpo,
e gli fu data in isposa Ebe, celeste, per
compenso, forse, della terrestre Deianira.
Lega: nome dato alle associazioni ope-
raie, specialmente delle campagne, or-
ganate rapidamente in questi anni con
schietto carattere socialista. La lega, come
dice il nome, tende per ora al fascio ed
alla unione delle forze per la resistenza
contro il capitale ed il miglioramento
economico della classe. S'è formato per-
sino l'agg. leghista^ l'operaio ascritto e
militante nella lega, contrapposto all'o-
peraio autonomo che accorre tradendo la
causa di classe, all'appello del capitale.
y. Krumiro.
Legalitario: nel linguaggio politico si
dice di que' liberali che, pur appartenendo
teoricamente ai partiti di carattere rivo-
luzionario e avendo tradizioni sospette,
accettano lealmente ma condizionatamente
la Monarchia Sabauda e l'attuale costitu-
zione del Eegno. In senso più largo, le-
galitario dicesi di qualunque riformatore,
anche se non faccia dichiarazioni di fe-
deltà monarchica. Questa nuova parola
deve essersi foggiata sul légalitaire fran-
Legar l'asino dove vuole il padrone :
locuzione nostra popolare, riflesso della
stolta prepotenza di chi comanda e della
abbiezione di chi deve ubbidire : vale far
l'altrui volontà senza discutere, sia che
ne provenga bene o male, pur di vivere
in pace. Usasi spesso tale locuzione nel
modo imperativo.
Dove vuole il padron lega il somaro.
Così la sapienza di Bertoldo (canto IV,
stanza 76) nel poema giocoso Bertoldo^
Bertoldino e Cacasenno.
Legar la vigna con le salsicce: nuo-
tare in ogni abbondanza tanto da usar
le salsicce come vimini. Locuzione viva
tuttora ed usata in speciali casi e più
spesso in senso ironico: certo di forma-
zione popolare. Confronta il Boccaccio,
Decameron, giornata VII, novella III,
ove Maso descrive a Calandrino, credulo
e semplice, il paese di Bengodi.
Legarsela al dito: dicesi popolarmente
di chi, ricevuta un'offesa, un torto, non
lo dimentica più, come avviene di chi per
ricordarsi di alcuna cosa si avvolge e lega
un filo attorno al dito.
Legato: lat. legatus = ambasciatore. In
tale senso dicesi oggi solo dei vicari del
Pontefice esercitanti la sua giurisdizione
in suo nome. Sono detti a latere quasi
staccati dal fianco del Pontefice, per in-
viarli in missione. Legati nelle antiche
Provincie italiane soggette al dominio della
Chiesa, erano detti i prelati mandati a
governarle. Onde il nome di legazioni a
quelle provincie (Ferrara, Bologna, Forlì,
Ravenna).
Legatura: termine musicale: linea ri-
curva che abbraccia due note per formare
di entrambe un'unica durata. Posta al
disopra di un gruppo di note diverse, o
di un inciso musicale, essa indica doversi
eseguire i singoli suoni senza staccarli,
ma congiunti il più possibile gli uni
agli altri, d'un sol fiato, o con un'unica
arcata, negli strumenti a corde, o senza
rinnovare il colpo di lingua, se trattasi
di strumenti a fiato. (A. GaUi, op. cit.).
Legazioni: Y. Legato.
Leggenda drammatica: è così denomi-
nato un lavoro vocale e strumentale in
— 273 -
Lea
cui vi ha azione, ma non sono necessari
nò l'apparato scenico né i vestiari (ad
es. la Dannazione di Faust del Berlioz).
Leggere: nel linguaggio commercialo ri-
corre spesso questa locuzione viziosa al
piacere di leggervi cioè di avere risposta^
leggero i vostri caratteri; oppure ho il
piacere di leggervi^ per dire che si è
avuta risposta: modo tolto dal fr., au
plaisir de vous lire.
Legge Salica: cioè la legge dedotta
dalla giurisdizione barbarica degli anti-
chi Franchi Salici (secolo V) che esclude
lo donne dal diritto di successione al trono:
logge conservata nella secolare Monarchia
francese ; trasportata nella Monarchia Sa-
bauda (Y. Statuto, 2). Dai Franchi Salici
{salien., da Saale., fiume di cui in origine
abitavano le rive) tribù della Franconia,
entrati in Gallia al tempo di quelle inva-
sioni barbariche, provennero i primi re di
Francia della dinastia de' Merovingi.
Leonardesco: Y. Raffaellesco.
Leghista : nool. giornalistico, probabil-
mente effimero, ed è attributo di colui
(;he appartiene ad una lega così detta di
resistenza fra gli operai e lavoratori : isti-
tuto politico di carattere socialista. I le-
ghisti sarebbero opposti ai cosi detti km-
miri. Y. questa parola.
Legittimista: furono detti in Francia
(légitimiste) i partigiani dei legittimi prin-
cipi (Borboni), cioè di quei principi che
regnarono per diritto tradizionale, in op-
posizione ai principi che ottennero il po-
tere 0 per tirannide (colpo di Stato) come
i Napoleonidi, o per rivoluzione, come gli
< )rléans.
Legum omnes servi sumus, ut liberi
esse possimus: tutti siamo servi delle
leggi per poter esser Uberi: mirabile senso
romano della legge, ridotto in questa for-
mula scultoria da Cicerone {Pro Cluent.,
LUI, 146).
Leitmotiv: voce tedesca che vuol diro,
motiro guida: od è quel ritornello che,
specie nelle opero del Wagner, si ripeto
0 spunta ogni tanto, sotto diversa foi'ma,
annettendo l'autore a quel suono uno spe-
ciale senso esplicativo del concetto filo-
sofico dell'opera. La locuzione è usata
anche in senso estraneo alla musica per
A. Fanzini. Suppletnrnto ai Dixionari italiani.
indicare il pensiero dominante, il solito
ritornello, l'argomento che torna a galla etc.
Le leggi son, ma chi pon mano ad esse? :
verso dantesco divenuto popolare (Purg.
XYI, 97j. È il concetto del Quis custodiet
custodem e del niun valore delle leggi
senza i buoni costumi.
Lemming : nome di grosso topo migra-
tore delle regioni artiche (Myodes lernmus
0 Lemmus norvegicus).
L'empire c'est la paìx: parole di Luigi
Napoleone, presidente della Republica,
pronunciate a Bordeaux il 9 ottobre 1852:
preludio dell'Impero e del Colpo di Stato.
Lente dell'avaro: Y. La compagnia
della lesina.
Lentiggine: (Y. Efelidi) macchie pig-
mentarie della pelle che appaiono su le
mani, sul collo e specie sul volto, più vi-
sibili di estate che di inverno : frequenti
nelle persone di carnagione rossa. Si ma-
nifestano al tempo della seconda infanzia.
Leprosario : ospedale pei lebbrosi.
Les affaires sont les affaires: cinica
sentenza francese che vuol dire: ogni con-
siderazione di carattere morale non aver
peso negli affari : sentenza cinica ma vera,
e non solo in Francia. Il motto è ripe-
tuto sì in francese che in italiano.
Les affaires, c'est l'argent des autres:
Y. Oli affari.^ etc.
Les amis de nos amis sont nos amis:
modo francese, talora ripetuto fra di noi :
gli amici dei nostri amici sono amici
nostri.
Lesbio 0 lesbico: attributo di perver-
tito senso d'amore fra donne, così detta
dall'isola di Lesbo. Y. Appendice e Y.
Omosessualità.
Les Chassepot (nos fusils Chassepot)
ont fait merveille!: (V. Chassepot) parole
storicamoiite famoso e infami con cui il
generale De Failly annunciava (9 novem-
bre 1867) alla Francia la vittoria di Men-
tana 0 le buone provo dei nuovi fucili a
retrocarica, fatte per la prima volta su
bersagli umani.
Les dieux s'en vont: dicosi sul serio o
por colia (juando (jualcosa di storioamento
grande declina nella sua parabola storica,
0 dicosi anche di persone di cui decado
la rinomanza. Questo motto si leggo in
Les
274
Let
Chateaubriand. {Martiri^ libro XXIV) a
proposito della fine dei numi Pagani ; ma
è una reminiscenza di un passo di Giu-
seppe'Flavio, de Bello judaico^ VI, 5, 31,
in cui è raccontato come, celebrandosi la
festa della Pentecoste, fu udito nel tempio
un gran rumore, indi una gran voce che
diceva : allontaniamoci di qui {/usTa^al-
vcjjuev èvreOdev. In Plutarco (De oraeu-
lorum defeetu) è pur riportata la voce
fatidica: // gran Pan è morto!
Lesèna o parasta : termine architetto-
nico ; pilastro che aggetta dal muro. In
origine non era fascia decorativa, ma avea
funzione organica costruttiva. Talvolta
però si tratta di un semplice motivo di
decorazione, adoperato allo scopo di inter-
rompere la monotonia delle facciate.
Les Italiens ne se battent pas: espres-
sione ingiuriosa, variamente attribuita.
Là paternità più accreditata è quella del
generale La Moricière. Essa espressione
non sintetizza del resto che una serie di
ingiurie consimili, una specie di opinione
publica e assai antica che gli stranieri
avevano dello spirito bellico degli italiani.
Inutile riportare saggi ed esempi: tuttavia
eccone due tolti a caso, l'uno di G. Giorgio
Allione, astigiano, poeta del secolo XVI,
il quale, a proposito della battaglia di
Forno vo o del Taro, scriveva :
Ja ne soit il usance a voui itaulx
quen champs niortaulx on vous saiche attraper,
l'altro del generale Marbot {Mémoires du
general Bon de Marbot, voi. Il, pag. 53,
Paris, libraire Plon, 1892) il quale con
la pili grande disinvoltura e naturalezza
scrive : Lorsque VEmpereur (Napoleone I)
apprit le désastre de Baylen^ sa colere
fut d'autant plus terrible^ que jusque-là
il avait considéré les Espagnols comme
aussi làches que les Italiens.
Les morts vont vite : versione francese
del verso tedesco: Z)*e Todten reiten schnell.^
i morti cavalcano svelti, che è il ritor-
nello della ballata romantica, famosissima,
del Biirger, intitolata « Leonora » ove è de-
scritta la fuga macabra della fanciulla al-
lacciata allo spettro dell'amante sul cor-
ridore. Il primo senso, quello che vi diede
il Biirger, è perduto, e con felice errore
si dà al motto il significato che i morti
si allontanano da noi in fretta, che la
morte rapidamente distrugge la memoria
degli estinti.
Le stalle d'Augìa: V. Stalle d'Augìa.
Lestofante: ciurmadore^ imbroglione.
Letargo : gr. Xr}dr}^ oblio e à^yià pigrizia,
quiete. Nel linguaggio medico indica un
sonno profondo e continuo nel quale l'in-
fermo parla quando lo si sveglia ma non
sa ciò che ha detto, indi ricade nel pri-
miero stato.
L'Etat c'est moi: la leggenda racconta
che Luigi XIV, diciasettenne ancora, en-
trando in Parlamento (che allora signifi-
cava ben altra cosa che adesso) in abito
da caccia e frustino, così rispondesse al
presidente che gli parlava degli affari dello
Stato. Vero o falso sia il motto, esso rende
assai bene il concetto dell'autorità monar-
chica di Francia, accentrata in Luigi XIV
più che in ogni altro re di Francia.
Leotio brevis: lat. lezione breve., non se-
condo le norme e l'orario consueto, ma alla
spiccia. Locuzione del gergo scolastico.
Lettera anonima: o lettera cieca., cioè
senza firma, e dettata in modo che non
riesca possibile accertarne la provenienza.
La lettera anoniìtia non sempre contiene
notizie false ancorché il suo intento sia
raramente quello di illuminare la giustizia
a fine di bene; ma bensì di nuocere al-
trui soddisfacendo così alla propria ven-
detta, in modo tanto più caro in quanto
che l'impunità è presso che assoluta. Sa-
rebbe interessante studiare l'influsso che
esercitò la lettera anonima nella storia di
tutti i tempi ; e non meno interessante
sarebbe studiare il processo di malignità
e di viltà nell'infinito numero di autori di
lettere anonime. Ne l'una ne l'altra cosa
è possibile. Molte volte la lettera anonima
forma un vero sfogo e svago alla invin-
cibile perfidia umana. Lo stesso stile delle
lettere anonime è una rivelazione di mal-
vagità lieta e sicura. Che più? La mac-
china per iscrivere facilita anzi oggidì una
pratica che un tempo richiedeva almeno
dell'arte e dell'astuzia.
Lettera aperta : chiamano lettera aperta
quello scritto di giornale, di carattere so-
litamente polemico, rivolto per artifìcio in
forma epistolare a qualche personaggio, il
Let
— 275 —
Lev
quulo della questione che si tratta ha re-
sponsabilità 0 parte.
Lettera di cachet: V. Cachet.
Lettera di credito: in diplomazia è cosi
detto quel documento che accredita l'am-
basciatore presso un altro governo, do-
manda cioè che si presti intera fede su
ciò che potrà dire del suo Stato. In fr.
lettre decréance, cioè « credenziale ». Let-
tera di credito è detto pure nel linguag-
gio commerciale per lettera che serve ad
accreditare.
Lettere patenti : fr. lettres patentes., dal
latino patere = essere manifesto. Si dice
di corti atti firmati dal Capo dello Stato
e ufiìcialmente fatti conoscere al popolo,
come i proclami.
Letto di giustizia: fr. Ut de justice:
termine storico che indicò il trono ove
sedeva il re di Francia nelle sedute so-
lenni del Parlamento ; indi la seduta stessa.
Si intende prima della rivoluzione fran-
cese deir89; e valendo allora l'autorità
regia come assoluta, cosi si dice oggi letto
di giustima per significare una delibe-
razione autoritaria in cui il piace a me
e basta è il più forte argomento.
Letto di Procuste: locuzione dell'uso
per indicare qualcosa di meschino, di in-
tollerando e di tirannico insieme {Ut de
Procuste^ anche in francese). Il quale
Procuste, ucciso dal mitico Eroe Teseo,
aveva costume di stendere i viandanti in
un letto assai corto e ciò che ne sorpas-
sava delle membra, tagliava.
Leucemìa: dal gr. ÀevKÓg.^ bianco e aijua,
sangue: nome di malattia studiata pri-
mieramente dal Virchow e caratterizzata
da un'alterazione del sangue, consistente
in un aumento considerevole e duraturo
dei globuli bianchi con ipertrofia degli
organi formati da tessuto linfoido (milza,
gangli linfatici, etc). Qualche volta si
hanno pure alterazioni del midollo delie
ossa. A seconda dell' oi'gano interessato,
si distinguono le forme seguenti che alle
volto passano l'una nell'altra: Leucemia
linfatica^ quando v' è inspessimento dei
gangli linfatici; leucemia mielogena., se Vi
sono alterazioni del midollo dello ossa; leu-
cemia splenica^ sii vi ò qualche tumore
di milza.
Leucociti : ter. med. da Aei^KÒ^ =: bianco
e uvrog zzz capacità, cellula : globuli bian-
ehi., uno degli elementi del sangue.
Leucòma: {kevKÓs '—- bianco e il suf-
fisso orna) macchia bianca che succede
ad una piaga o ad una ulcerazione della
cornea.
Leucorrea: gr. A^evuóg = bianco e Qéo)
:=. scorro. Y. Fiori bianchi.
L'Europa sarà republicana o cosacca:
motto attribuito a Napoleone I, ma ve-
ramente in più miti termini da lui espresso.
Passando in rassegna le probabilità di es-
sere ridato alla libertà, così si esprimeva
durante il suo esigilo a S. Elena a Las
Cases : Enfin une dernière chance., et ce
pourrait étre la plus probable., ce serait
le besoin qu'on aurait de moi contre les
Russes ; car dans l'état actuel des choses^
avant dix ans., tonte V Europe peut étre
cosaque., ou toute en république. {Memo-
riale di S. Elena., ediz. Lecointe, 1828,
III, pag. Ili).
Leva in massa: locuzione derivata dal
francese levée en masse (in tedesco Land-
sturm) chiamata alle armi da parte del
governo di tutti i cittadini atti a portar le
armi per opporsi ad invasione straniera,
e perciò considerati di diritto come belli-
geranti.
Levante o Scali di Levante: non indica
propriamente l'Oriente, ma in particolar
modo la costa occidentale dell'Asia, ba-
gnata dal Mediterraneo, l'Egitto, gli an-
tichi stati barbareschi di Tunisi e di Tri-
poli, Cipro, Creta, la Grecia.
Levar le penne maestre: letteralmente
è togliere agli uccelli le penne estreme,
in cui si librano e dirigonsi a volo. Mo-
ralmente, privare alcuno della sua mag-
gior forza.
Levata di scudi : per dimostrazione ostile
e clamorosa è versione del francese levée
de boucliers, che in origine ebbe vero senso
belligero.
Lever de rideau: letteralmente alxar
di sipario., locuzione francese usata an-
che presso di noi por indicare quella breve
rappresentazione, o nota, o di lieve argo-
mento, che precede il dramma principale,
quasi per lasciar tempo agli spettatori di
arrivare.
Lev
- 276 -
Lib
Leviathan: nome ricordato nel libro di
Giobbe, e che si riporta a qualche specie
di enorme mostro marino. Fu detto dagli
inglesi, per estensione, delle grandi navi.
Leviathan è il titolo della più celebre
opera di Tommaso Hobbes. La grafia ita-
liana lematàn mi pare poco dell'uso.
Levis 8it tibi terra: ti sia leggiera la
terra! motto augurale che soleva scol-
pirsi su le tombe romane. Cfr. Euripide
in Aleeste^ 462, Kov<pa ooi x^^v ènàvcùde
jtéooi.
L'exactitude est la poiitesse des rois :
massima di Luigi XYJIL Ripetesi come
motto.
Lex rei sitae : termine giuridico latino,
significante che, in materia di diritto in-
ternazionale privato, vale la legge del
luogo (Stato) ove sono i beni immobili.
L'hasard de la lorgnette (à): modo fran-
cese a cui risponde il nostro, a occhio e
croce.
LIas: è il nome di uno dei periodi della
lunghissima era geologica secondaria. Lia-
sÌGO^ appartenente al Lias.
Libare: term. mar., alleggerire\2in2i\Q
del carico; o per mare grosso, o per avaria.
Libecciata: vento impetuoso di libeccio
(da libitico., cioè della Libia), intermedio
tra mezzogiorno e ponente.
Libera Chiesa in libero Stato: parole
del Cavour morente, il quale nella libertà
e con la libertà vedeva la soluzione della
così detta Questione Romana. Cfr. Mas-
sari, Il conte di Cavour.^ ricordi bio-
grafici.
Liberaloide: Y. suffisso Oide.
Libera pratica: V. Pratica (libera).
Liberista : nel linguaggio politico e degli
economisti dicesi di chi è favorevole al
libero scambio fra nazione e nazione, senza
restrinzione ne accettazione di alcun da-
zio protettore di prodotti od industrie. I
liberisti puri sono altresì contrari ad ogni
intervento dello Stato tra capitale e la-
voro, e per questa ampia applicazione
della libertà stimano che si possa otte-
nere il massimo del benessere economico
e sociale. Liberista è voce nuova, la quale
probabilmente è stata tolta da voce con-
simile straniera.
Libero docente: V. Docente.
Libero-scambista: cosi si chiama il li-
berista (V. questa parola) in rapporto al
sistema degli scambi, specialmente inter-
nazionali. Libero-scambista è la versione
del francese libre échangiste.
Libertà di stampa: diritto conquistato
dalla civiltà occidentale di manifestare il
proprio pensiero per mezzo della stampa,
specialmente i giornali. Suppone come
fondamento la libertà del pensiero., in fr.
liberto de la presse. V. Quarto potere.
Libertario: neol. eufemistico della poli-
tica, invece della parola anarchico. Devo
essere dal francese. V. Socialista libertario.
Liberty : come aggiunto di stile, specie
nelle arti dette grafiche, è parola spesso
ricorrente e il publico grosso vi annette
l'idea di stile libero, sciolto dalle pastoie
accademiche e tradizionali. Vale nell'opi-
nione comune press' a poco come stile flo-
reale 0 stile nuovo o aesthetic style o ars
nova, secessionista. Liberty è il nome
del proprietario di uno stabilimento di
Londra che vende mobili di ogni stile,
ma specialmente informati a quell'arte
stilizzata che muove dall'Inghilterra ove
ebbe i suoi primi banditori in Giovanni
Ruskin e in Guglielmo Morris. Quest'arte
applicata all'industria, mobili, stoffe, pa-
rati, architettura, oggi è floridissima. Io
trovo quest'arte un artificio elegante e non
una forma sorta per naturale evoluzione;
è in ciò che ha di bello, una imitazione
dell'arte nostra quattrocentesca, del Ghi-
berti, del Botticelli, di Leonardo nostro
grande. Ma siccom.e ciò può spiacere alla
sovranità del publico, così dirò in altro
modo, cioè come attorno al Ruskin al
Morris e, più presso a noi, al Webb, ar-
chitetto, al Grane, ornatista, si formò tutta
una generazione di disegnatori, di illu-
stratori, di decoratori i quali, per l'ele-
ganza dei motivi, delle composizioni, degli
arabeschi, fanno veramente pensare ai
nostri maestri del rinascimento, al Bot-
ticelli, al Ghi berti, al Brunelleschi a Leo-
nardo. Ed invero il germe dall'arte loro
è qui ; ma essi non li copiano servilmente;
essi ne hanno solamente derivato l'amore
all'armonia, e il piacere del nuovo. Questa
arte nuova — sempre secondo l'opinione
dei suoi innumerevoli sostenitori — se
Lib
— 277
Lif
oggi si manifesta con esagerazioni, squi-
libri, pazzie, le quali sono dovute all'ine-
sperienza e ignoranza di parecchi apostoli
e seguaci, contiene tuttavia il germe di
un rinnovamento artistico. Essa arte, li-
berata dalle esagerazioni e dalle inespe-
rienze, seguaci e compagne di tutte le
cose nuove, potrà in processo di tempo
generare un'altra arte nuova, più armo-
niosa, geniale, libera, conforme alle nuove
idee ed ai nuovi bisogni. Affermano in-
tanto che per ciò che riguarda le stoffe,
le tappezzerie, i tessuti, le carte, i gioielli
etc. si sono ottenuti prodotti belli e piace-
voli. Ecco detta così la cosa in modo da
accontentare gli amatori del nuovo stile.
Diremo ancora come dall'Inghilterra e dal
Belgio, il moto si diffuse in Germania, in
Austria, in America e in Francia, ed è
ora entrato in Italia. Dall'Inghilterra il
movimento passò nel Belgio per opera
particolarmente degli architetti Horta e
Hankar, e d'un ebanista decoratore, Ser-
rurier-Lovy, che fondò la scuola di Liegi.
Libro: voce usata in ogni nazione, nel
linguaggio diplomatico, per indicare la
raccolta dei documenti che il governo fa
conoscere alle Camere legislative ed alla
nazione intorno ad un determinato affare,
specialmente di politica estera. Prende
nomo dal colore della legatura (V. hlue-
bookì.
Libro nero : a somiglianza dei libri di-
plomatici, detti dal loro colore secondo le
\arie nazioni, dicesi libro nero quello della
Questura, che contiene la triste cronaca
dei delitti e delle sventure. Per estensione
familiare, qualunque registro contenente
note di biasimo e simili.
Licantropia: dal gr. ÀvnoseàvdQCjjtos^ e
vuol dire uomo-lupo, forma di pazzia per
cui l'infermo si crede tramutato in lupo:
dev'essere ciò che in alcune regioni si
dice lupo mannaro, voce antica e vol-
gare, e di incerta etimologia {manuarius,
che cammina con le mani; humanarius,
0 lupo vianno, cioè lupo uomo, dal te-
desco Mann z:z uomoV) Jyupo mannaro si
dice di lupo imaginario, specie di spau-
racchio.
Licenziando: che deve o che sta per
ottenere la licenza: vocabolo pedantesco
delle scuole, foggiato sul participio latino
di necessità, uscente in dus-da-dum .
Licet: lat. è permesso, e siccome nelle
antiche scuole costumavano gli scolari,
levando il pollice, chiedere licei par an-
dare al cesso, così licet significò il cesso.
Voce alquanto fuor dell'uso.
Lied (e Lieder nel plurale): vocabolo
tedesco che vuol dire canzone, « usato ta-
lora nel nostro linguaggio musicale. Il Lied
e strofico quando la musica e ripetuta più
volte con cambiamento delle parole, ed è
libero quando la musica non si ripete mai
ma segue, dal principio alla fine, il va-
riare del testo letterario. E anche un vo-
cabolo generico che designa un canto o
una canzone popolare, una melodia con pa-
role, una sorta di romanza, ecc. Schu-
bert, Schumann, Roberto Franz, Brahms,
ecc., hanno Lieder famosi ». (A. Galli,
op. cit.)
Lieux d'aisances: ne più né meno in
francese del nostro luogo comodo, ma la
voce italiana disdice ai da poco (che sono
i più e i da più); la francese invece è
decente. Sventurata sorte della nostra fa-
vella! Curiosa è la versione puramente
fonetica che si è fatta di lieu d'aisances
in luogo di decenza. V. Retrait e Water
Closet e Luogo di decenza.
Lievito: dicesi generalmente di ogni
sostanza adatta ad eccitare la fermenta-
zione in un corpo. Figuratamente lievito
(o fermento) vale germe o residuo di vio-
lenta passione onde si svolge e determina
un sentimento o un'azione. Per lo più si
intende in mal senso. Questa estensione,
così comune nell'uso, è in fr., es., levain
de haine, de discorde : non mancano però
antichi nostri esempi : « Mangiano onore-
volmente, e non col lievito vecchio, né
con lievito di malizia, né di nequizia, ma
con azzimo di purità e di verità ».
Life-boat: (pronuncia Uf-bòt) voce in-
glese: in italiano battello di salvataggio {y)
con speciale arte costruito per resistere
alle onde e non essere capovolto nò som-
morso. È di lamiei-a o di legno a com-
partimenti stagni, quindi insommergibile
anche se riempito di acqua. Ha stabilità
massima e tiene il maro egregiamente.
Usasi in caso di naufragio o por salvare
Lif
- 278 -
Liu
l'equipaggio di un naviglio in pericolo.
V. Salvataggio.
Lift: voce inglese, equivalente alla fran-
cese ascenseuì'. V. questa parola.
Light weight: dicesi con voce inglese
nel gergo dello Sport quel cavallo che
nella corsa a ragguaglio {Handicap) porta
il minimo peso; top iveight., che porta il
maggior peso. Questi termini inglesi sono
usati anche per altri generi di giuochi
(Sport) come lotta, etc.
L igne : avoir la ligne = avoir un profil
pur dans ses contour s. Così i francesi e
così noi, talora, imitando.
Lllas: voce francese, fatta italiana in
/^7/a, frutice che fiorisce in primavera ed
ha fiori a ciuffi, (syringa vulgaris) onde
il nome del colore tra il bigio ed il rosso,
che in buona lingua direbbesi grisellino
e gridellino.
Liliale : del colore e della delicatezza
del giglio : fra le voci preziose, care agli
esteti, poche furono più abusate dell' agg.
liliale. Il concetto della purità e del pro-
fumo oltre che del colore bianchissimo,
deve pervadere gli esteti tanto si com-
piacciono di questa parola. Liliale è il
francese lilial., almeno così debbo arguire
dal fatto che lilial è ne' diz. francesi e
liliale non è ne' diz. italiani. Dai deca-
denti francesi deve essere provenuto ai
nostri decadenti per il tramite del d'An-
nunzio. Del resto nulla vieterebbe a noi
questo bel latinismo (lilium = giglio).
Male però credono gli esteti che quattro
pietre levigate formino un edifìcio, o una
bacheca da fioraio, un giardino. Voce
nostra antica è liliaceo.
Lillipuziano: per significare di minima
statura o levatura morale. Lillipuziani
sono gli abitanti di Lilliput., non più alti
di 5 0 6 pollici. In questo paese fanta-
stico ci trasporta il grande umorista e
pessimista inglese I. Swift nel suo ro-
manzo, Viaggi di Oulliver. Il nome biz-
zarro acquistò valore di attributo in quasi
ogni lingua eulta. Francese, lilliputien;
tedesco, lilliputaner .
Liman : si chiamano così certi bacini
di evaporazione naturali che si formano
durante l'estate in Bessarabia, a sud di
Odessa sul Mar Nero. Queste saline na-
turali, hanno un'estensione immensa e
producono una enorme quantità di sale.
Voce registrata nei diz. francesi.
Limèna : vino del Veneto (Padova) rosso,
tenue, acidulo, pregiato specialmente nella
regione ed a Venezia.
Limitarsi : V. Limitato.
Limitato: nel senso di ristretto., an-
gusto., detto di ingegno, intelligenza, etc.
è pei puristi il borné francese ; e così di
conio francese è il li?ni tarsi (se borner)
invece di contentarsi., bastare., restrin-
gersi.
Limited: voce inglese, /^m^7a/o, circo-
scritto. Nel linguaggio commerciale signi-
fica a responsabilità limitata — e come
da noi tale frase si usa per i soci acco-
mandanti di una società in accomandita
per azioni e per i soci di società anonime
— così la parola limited si usa per tutte
quelle società commerciali inglesi (anche
diverse dalle nostre sopracitate), in cui la
responsabilità di tutti o parte dei soci va
soltanto sino alla concorrenza di una som-
ma fissa, 0 di una quota del capitale, ov-
vero è limitata al numero delle azioni
possedute.
Linciaggio : fr. lynchage. V. Linciare.
Linciare: fr. lyncher, ìng.lynch{Lynch-
Law zzz legge di Lynch) cioè giustizia som-
maria, sotto forma di vendetta di popolo,
tuttora tollerata, o almeno non abbastanza
repressa negli Stati Uniti. Il verbo deriva
dal nome di Giovanni Lynch., colono
irlandese della Carolina meridionale, vis-
suto nel secolo XVII; il quale esercitò
in quello Stato gli uffici di capo supremo
della giustizia, e non bastando i tribunali
ordinari contro i ladroni e gli schiavi fug-
giaschi, instituì terribili giudizi sommari
così che in breve liberò la terra. Molti
altri Stati dell'Unione adottarono in se-
guito come legale questo provvedimento,
il quale sopra visse (istituzione obbrobriosa)
alle circostanze che poterono in certo modo
giustificare l'opera di G. Lynch. Ma le
leggi anche obbrobriose dei popoli fortu-
nati e potenti non hanno — purtroppo!
— virtù di eccitare molto lo sdegno.
Linea: per purezza di linee, figura.,
persona. V. Ligne.
Linea: nel linguaggio marinaresco in-
Lin
— 279 —
Lio
tendesi la linea equatoriale o equatore.
La voce linea è poi usata in molte locu-
zioni marinaresche: linea di galleggia-
mento 0 linea d'acqua^ linea di ormeg-
gio, linea di bolina^ linea di rotta etc.
Linea di condotta: ricorda ai puristi il
ir. ligne de conduite. Francese pure ri-
tienesi la locuzione in linea di. . . , invece
che a modo., per, come., etc, linea per
fanteria.
Liner: voce inglese usata per indicare
il piroscafo di grandissima velocità e re-
golarità che trasporta passeggieri, corri-
spondenza , merci preziose. Opposto di
eargo-boat.
Linfatismo : cioè temperamento linfa-
tico. Stato mal definito dell'organismo,
determinato da una predisposizione all'in-
gorgo rapido e facile delle glandolo lin-
fatiche, spontaneamente o sotto l' influsso
di lieve irritazione, donde la facilità a
contrarre la tubercolosi. In fr. è lympha-
tisme; in italiano si dovrebbe formare
l'astratto da linfatico^ onde linfatieismo^
ma non è dell'uso.
Llnge e lingerie: a questa parola fran-
cese tradotta nella brutta voce lingeria
(che non mi pare gran che dell'uso) rispon-
derebbe esattamente la nostra bella pa-
rola pannilino, giacche Unge proviene da
Unum =: lino ; ma il vocabolo italiano è
alquanto disusato. Toilettes lingerie sono
chiamati oggi quegli abiti muliebri di
pannilini per lo più bianchi o di colori
svaniti, in uso la state e che hanno par-
venza di economia e disimpegno: abiti
chiari.
Lingot: parola francese tradotta in lin-
gotto ed usata fra i termini della side-
rurgia. Indica un pezzo di metallo quale
è dopo la fusione. Il Littró dice proba-
bile l'etimologia dal latino lingua., a ca-
gione della forma.
Linfoma: tumore composto del tessuto
adenoide (varietà di tessuto connettivo,
ohe si trova essenzialmente nelle glandolo
linfatiche, nella milza, nelle tonsille) il
quale si sviluppa di solito nello glandolo
linfatiche. Da linfa, lat. lympha = acqua
e il suffisso orna. Dicesi anche linfade-
nòma.
Linoleum: voce straiii(!ra di formazione
commerciale, da Unum ed oleum. Il lino-
leum è una mescolanza di sostanze oleose,
ossidate, e di sughero macinato, onde si
spalma un tessuto di canapa o juta, otte-
nendo un preparato di maggior spessore e
più resistenza delle solite tele cerate: serve
per pavimenti, coperture e simili usi.
Linon : voce francese : specie di tela di
lino chiara e delicata.
Linotipista: l'operaio che lavora con
la Linotype., V. questa parola.
Linotype: nome americano di macchina
tipografica da comporre, la quale rappre-
senta uno dei più notevoli progressi della
meccanica applicata all'arte di Guttemberg.
Questa macchina a tastiera compone e
fonde la linea (ingl. line)^ onde il nome.
Guidata da una sola persona, la macchina
produce e raccoglie dello linotypes (linee
tipografiche) pronte per la stampa e per
la stereotipia con grandissima celerità.
Dagli Stati Uniti (1886) furono introdotte
nell'Inghilterra (1890) e di lì nelle princi-
pali tipografie e stamperie di giornali, alla
cui celere stampa si presta egregiamente.
Lion: per indicare il giovin signore.,
il quale non è solo del tempo del Parini,
ma è produzione umana sotto tutte le la-
titudini e in tutti i tempi, non si poteva
trovare più adatto paragone iperbolico che
confrontarlo al felis leo., il più nobile e
superbo animale della creazione : e il pa-
ragone è felice tanto preso sul serio come
per celia. Tanto è vero che fra i muta-
bili nomi creati dal popolo per indicare
questa classe previlegiata, la voce lion
è rimasta resistente, benché relativamente
antica, e da noi è altresì popolare. Non
così ottenne onore di popolarità il femmi-
nile di Lion^ Lionne, la quale è così defi-
nita da uno scrittore francese: e'étaient
des petits etres féminins, riehement ma-
riés., coquets., jolis., qui maniai^nt par-
faitement le pistolet et la cravache^ mon-
taient a cheval., prisatent la cigarette.
Parigi, la città della moda o della mon-
danità, l'alma mater elegantiarum^ nel
passato secolo no ha croata unii serie di
queste parole, indicanti press'a poco 1;»
stessa cosa, e ogni tanto sento il bisogno
di rinnovarle o appropriarsele da altra
lingua, se lo torna. Eccono alcuno: Mu-
Lio
— 280 —
Lit
scadin^ (V. moscardino); Incroyable^
(der tempo del Direttorio); Lion (dall'in-
glese?, del tempo della Monarchia di lu-
glio, 1830); Coeodès, (del II impero), e poi
Fashìonables^ Psehutt,' Oommeux^ Vian^
iSelect^ etc, etc. Anche in Italia abbiamo
le parole equivalenti, anzi ogni dialetto ha
le sue : il milanese, come il fiorentino, come
il napoletano, ne crea di felicissime, ma
non hanno forza estensiva oltre il dialetto ;
e la gente elegante toglie dal francese.
Lionne: V. Lion.
Liparite: roccia eruttiva, talvolta di
aspetto granitico, i cui principali compo-
nenti sono il quarzo e il sanidino o or-
tose vetroso.
Lipemania: da /.i'jt?; = dolore e juavla
= pazzia. É qualche cosa di più e di più
grave che nialincoìiia^ triste%x,a, misan-
tropia ; è una disposizione abituale dello
spirito a considerare le cose dolorose con
fissazione invincibile che può giungere
sino alla pazzia. Molte volte è assoluta
forma e manifestazione di demenza. De-
rivato lip emaniaco.
Li pernia: {àìjtos ^=. grasso e alina =
sangue : anormale quantità di materie
grasse nel sangue.
Lipoma: terni, med. (Àivos = grasso
e il suffisso orna. Sinonimo di adipoma.
Tumore formato di tessuto adiposo.
Lipotimla: terni, med. {àeìjteiv = la-
sciare, e Ovjnós = animo) primo stadio
della sincope (svenimento), cioè perdita
della coscienza e della conoscenza, conser-
vando però la respirazione e la circolazione.
Lippis et tonsoribus: si dice noto lip-
pis et toìisoribus per dire conosciuto da
tutti: letteralmente vuol dire ai cisposi
ed ai barbieri. 1 primi, perchè non ci ve-
dono bene, domandano a tutti di tutto, i
secondi, perchè, sino dai tempi antichi,
sono famosi per sapere bene la cronaca mi-
nuta. Le due parole sono tolte da un verso
di Orazio {Satire., I, 7, 3) : Omnibus et
lippis notum et toìisoribus esse.
Liquidare: dal noto senso commerciale
questo verbo spesso è usato familiarmente
nel senso di finire., rovinare., spacciare.
Es. liquidare uno., un uomo liquidato.
Non è dal francese. Liquidare ima que-
stioìie vale risorverla risolutamente.
Liquoroso: per spiritoso, ricorda il fran-
cese liquor eux.
Lirismo: fr. lirisme., entusiasmo lirico
(spesso con senso caustico, o di eccesso
vizioso e artificioso).
Lisi : nel linguaggio medico significa il
benefico e graduale risolversi di infermità,
specialmente acute e febbrili, per virtù
sopratutto del gran medico chiamato Na-
tura: dal greco /Ivot^ = soluzione.
Liso : in romagnolo vale logoro, e dicesi
specialmente delle stoffe.
Lissa: termine medico in vece di rab-
bia canina., ( Avoca = rabbia , furore,
rabbia canina, idrofobia) : lesione speciale
della bocca che appare nel periodo di in-
cubazione della rabbia. Consisterebbe se-
condo il Marochetti (1820) nella presenza
di tumori piccoli alla estremità dei canali
escretori delle glandolo sottomascellari e
sottolinguali.
Lissofobia: terrore o paura dell'infe-
zione rabbica. V. Lissa e V. Fobìa.
Lista Civile: negli Stati costituzionali è
così denominata la somma che le Camere
legislative votano per le spese annue del
Capo dello Stato. La locuzione ci venne
di Francia, liste civile.
Listò n 0 lista : voce oramai storica del
dialetto veneziano, che vuol significare
l'andana nel mezzo della mirabile piazza di
S. Marco in Venezia, per cui dame e cava-
lieri, pedoni e pedine sogliono passeggiare.
L' Italia degli Italiani : formula moderna
del diritto di autonomia nazionale, come
tante altre, quali 1' America degli Ame-
ricani (Y. Dottrina di Monroe) V Egitto
degli Egiziani etc. Y. Fumagalli, Chi
rUia detto? op. cit.
L'Italia è un'espressione geografica : Y.
Espressione geografica.
L'Italie est la terre des morts: storica
ingiui-ia, dedotta dal Dernier chant du
pélerinage d'Harold del Lamartine. In-
giuria vile e villana, giustamente rin-
tuzzata in vario modo, dal generale Pepe,
dal Giusti, da Marco Monnier ; . non man-
cante però di verità storica. Cfr. il sonetto
del Carducci a G. Mazzini, il quale vide
la terra Italia, e con le luci fiso
a lei trasse jìer mexxo un cimitero,
e un popol morto dietro a lui ?i mise.
Lit
281
Loc
L'Italia farà da sé: motto di re Carlo
Alberto noi proclama ai popoli della Lom-
bardin e della Venezia del 23 marzo 1848.
Cfr. E. Masi, Il segreto del Re Carlo Al-
berto^ Bologna, Zanichelli, pag. 181, 184.
Vano augurio dei maggiori italiani !
Litantrace: (greco ÀWog — pietra e j
oj'<!^ij«^ =1^ carbone) sinonimo di earbon-
f ossile.
Litterae non erubescunt: variazione di
epìstola enim non eruhescit. V. questo
motto.
Littera enim occidit, spiritus autem vi-
vifìcat: la lettera uccide, lo spirito vi-
vifica {Epistola di S. Paolo ai Corinti II,
3. 6) sentenza audace, vera e felice ! Essa
è penetrata persino nel linguaggio buro-
cratico con le due parole lettera e spirito^
l'una a significare l'interpretazione ma-
teriale, l'altra l'interpretazione del pen-
siero 0 dell'intendimento, e dicesi spe-
cialmente di leggi, deliberazioni, regola-
menti.
Lituuo : lat. lituus, il bastone curvo
degli auguri, usato ne' sacrifici {litare =
propiziare) indi per simiglianza di forma
la tromba di guerra, specialmente usata
dalla cavalleria. C. S. Bach chiama lituus
il corno.
Live stocic: locuzione inglese del com-
mercio : bestiame vivo.
Livellare: dal senso fisico dell'essere
allo stesso livello, passò al senso morale,
e per virtù di metafora pare più espres-
sivo e forte di pareggiare., eguagliare^
mettere alla pari. Così pure usatissima è
la locuzione al livello.^ sempre nel senso
morale, coi verbi essere e stare. Se anche
sono gallicismi, convien pur dire che sono
efficacissimi e costituiscono una metafora
non difforme dall'indole della lingua ita-
liana. Ma anche non fosse così, l'uso di
<|ueste parole è tanto volgato che ogni
riprensione di puristi è vana cosa. liO lo-
cuzioni nostre alla pari, allo stesso grado,
a petto., a fronte., certo soffrono por T in-
tromissione di questo prepotente al livello.,
ma che farci?
Livello: V. Livellare.
Livragare: curioso verbo che sta —
pallili — por iscomparire; formatosi dal
nome del tenente Livraghi, il ([ualo essendo
capo della polizia italiana in Africa (Co-
lonia Eritrea), adoperò senza scrupoli,
verso gli indigeni quei mezzi punitivi che
il sentimento e l'umanità condannano, ma
che la necessità può giustificare, special-
mente trattandosi di popoli malfidi e in-
sensibili alla clemenza. Grande fu lo scan-
dalo in Italia. Il sentimento politico pro-
testò : livragare divenne sinonimo di
sopprimere, ziccidere in silenzio.
Lobbia (cappello alla) : nota foggia di
cappello, alla maniera di quello usato da
Cristiano Lobbia (1832-1876).
Lo ben dell'intelletto: dicasi il e non
/o, come dice taluno forse per dar sapore
di frase antica all' emistichio dantesco.
V. Il ben dell'intelletto.
Locale : fr. locai., come sostantivo è
gallicismo, ritenuto necessario dal Rigu-
tini, invece di edifìcio, indicandosi per
locale « un luogo rispetto alla sua posizione
e all'essere accomodato a certi usi, a cui
serve o può servire ». La Crusca accoglie,
senza esempi, il nuovo sostantivo.
Località: fr. localitè, per luogo, po-
stura è dal Eigutini chiamato « putrido
francesismo », ma non solo l'uso e la vi-
vezza impediscono a tale parola di putre-
fare, ma i diz. recenti la registrano sen-
z'altro.
Localizzare: voce ripresa come galli-
cismo (localiser, da locai r= circoscritto
ad un luogo) dai puristi : certo si potrebbe
dire e si dice circoscrivere., se non che
questo verbo e l'astratto localixxaxione
essendo usati nei vari linguaggi con si-
gnificato scientifico, tale uso influisce su
la forza della parola.
Lòcch: voce milanese. V. Teppista.
Loch : nome inglese, notato anche in
fr. per indicare il solcometro a barchetta.,
istrumento usato in marina per conoscere
il corso della nave. V. Nodo.
Lock-out: in inglese, chiusura., od è pa-
rola dell'uso nello scienze politico-sociali
per indicare la sospensione parziale o ge-
neralo, da parte dei i)adroni o proprietari,
di una data industria, cagionata da man-
cato accordo o infrazione do' patti da parte
d(?gli operai, li contrario cioè dello scio-
pero, Q, in altri t(>rmini, lo sciopero del
capitalo. 1 giornali, ])arondo questa voce
Loc
282
L02:
forse poco chiara al publico, ne fecero la
traduzione con la parola serrata.
Loco citato : lat. nel luogo citato.
Locomobile: (fr. locomobile). Il Lessico
del Fanfani spiega : « addimandano la mac-
china che mossa dal vapore corre sulle
strade ferrate ». Questa è la locomotiva.
La locomobile è una macchina a vapore
fìssa quando lavora ; invece la locomotiva
muovesi quando lavora.
Locomotiva: «ih. locomotive). Così per
locomobile come per locomotiva il popolo
dice macchina. Ma ambedue le voci sono
oramai necessarie al linguaggio degli scien-
ziati, i quali non potrebbero contentarsi
di quel termine generico » (Rigutini). Lo
credo anch'io!
Loculo: lat. loculus = cassa, urna mor-
tuaria.
Locum: nome di dolce, comunissimo in
Turchia : consiste di una speciale crema
candita, di media consistenza, dolcissima:
v'è di color rosso e bianco.
Locus minoris resistentiae : locuzione
e sentenza antica del linguaggio medico:
«il luogo (dell'organismo) di minor re-
sistenza (cioè già indebolito e colpito) è
quello dove le infermità più facilmente si
palesano». Si dice anche estensivamente
di fenomeni morali, economici, politici.
Locus regit actum: termine latino giu-
ridico, usato specialmente in diritto com-
merciale : vuol dire che le formalità di un
atto devono seguire . le leggi del luogo
dove esso è stipulato.
Loden : vecchia voce tedesca che signi-
fica una specie di pannilano con ispeciale
preparazione in modo da essere impermea-
bile. Comune nel Tirolo, è venuto oggi di
gran voga fra noi ed è molto usato per
difesa dalle intemperie. Può ricordare l'or-
baecio de' Sardi.
Lodo: m. da lode : antica ed ottima voce
tuttora in uso. V. Arbitraggio. Il lodo è la
sentenza degli arbitri nel linguaggio le-
gale, ed ha valore di sentenza appena sia
dichiarata esecutiva dal magistrato.
Loffio: mencio., cascante, da poco. Voce
presso che spenta nella lingua dell'uso,
viva nel dialetto milanese (loffi) e nel
veneziano (slofìo). Voce di origine ger-
manica, venutaci forse coli' invasione lon-
gobarda. Antico tedesco slaf z=. allentato,
pigro.
Logismografìa: metodo speciale di re-
gistrazione in partita doppia, trovato dal-
l'italiano Cerboni {Brevi elementi di lo-
gismografìa).
Loggia: assemblea, riunione di franco-
muratori. Il luogo ove detta assemblea si
tiene. In questo particolare senso, ora ac-
colto dalla Crusca, la parola ci venne
dall'inglese lodge (V. Massone) benché,
come etimologia, loggia sia — almeno è
la più probabile opinione — di origine
tedesca [laubia = laube =; pergolato,
frascato). « Quello che i Liberi Muratori
chiamano loggia, essi (i Carbonari) ba-
racca chiamavano » Botta, Stor. Ital. 4.
252, e tale è appunto il senso massonica
di lodge.
Logistica: sost. fem., chiamasi nel lin-
guaggio dell'arte militare quella parte
della strategia che riguarda l'approvigio-
namento, l'accampamento, le sussistenze,
i trasporti — prevede e provvede insomma
al ben essere e a tutti i necessari bisogni
delle grandi masse di milizia in campo:
parte importantissima in cui spesso sta il
segreto della vittoria. Questo neologisma
ci proviene dal francese logistique (da
XoyiOTiKÒs := calcolatore). I nostri diz. non
registrano che il senso di tale parola nelle
matematiche.
Logomachia: leggesi in S. Vmlo {Epi-
stola prima a Timoteo., VI. 4) voo&v
jTEQi ZrjTrjOeig ual Àoyojuaxlag. Disputa.,
questione sull'uso e valore di parole e
frasi: termine teologico e filosofico^ Co-
munemente oggi dicesi per questione.,
diatriba vana e sofìstica.
Logorrea: {^òyog := discorso e géoy
= scorro) flusso di parole, bisogno infre-
nabile di parlare che provano talora certi
alienati. Dicesi talora di chi pur non es-
sendo demente, manca del buon freno della
ragione e dell' intelligenza e lascia quasi
sfuggirsi le parole in interminabili ed in-
sulsi discorsi.
Logos: gr. Àòyog = discorso., racconto.,
ragione., noxione., definizio?ieetG.^msigm-
fica parola che già nella lingua ellenica
— genitrice del pensiero — indicava le
molteplici manifestazioni dell' intelligenza
Jjom
— 283
Lor
0 della ragione. Passò in tutte le favelle
culto in combinazione {logia) di moltis-
sime voci, per significare i vari processi
dello studio e della scienza. Es. Teologia^
Sociologia, Antropologia.
Lombarda: attributo dell'arte che sorse
dalle tradizioni dell' architettura ed arto
romana, fuse con la bizantina e la roma-
nica francese. Si svolge nella valle del Po
durante i secoli Vili -XIV. Prospera spe-
cialmente per opera degli artisti e degli
architetti lombardi. Giova ricordare come
nell'Evo medio Lombardia era nome dato
a tutta la valle del Po. (In Lombardi o
Latini in fatti l'Alighieri distingue i per-
sonaggi italici nella sua Divina Gom-
media).
Longherina: voce marinaresca: ciascuna
di quelle due travi fissate ai lati dello
scalo di costruzione, per servir di guida
all'invasatura nell'atto del varo.
Longipenne: attributo di uccello appar-
tenente al gruppo dei Longipenni {Longi-
pennes)^ così chiamati per le ali lunghe
ed appuntite, oltrepassanti qualche volta
la coda. Ne sono esempi i gabbiani, le
starne, lo rondini di mare, i mignattini.
Longue-vue: V. Lorgnon.
L'ordine regna in Varsavia: motto sa-
tirico che ricorda la terribile o sarcastica
frase di Tacito che leggesi nella Vita di
Agricola^ capo XXX : auferre, trucidare^
rapere falsis nominibus itìiperium : atque
ubi solitudinem faciunt^^pacem appellant.
Il motto originario è francese: l'ordre regne
à Varsavie e trae motivo dalle parole di-
plomaticamente infelici la tranquillité ré-
gnait à Varsovie^ pronunciate alla ca-
mera dei Deputati di Francia il 16 set-
tembre 1831 dal ministro degli esteri,
conte Orazio Sebastiani : l'ordine, cioè, e
la tranquillità dopo l'eccidio russo della no-
bile città polacca, invano sollevata per la
libertà. Il motto è spesso ripetuto fra noi,
specie nel linguaggio dei giornali con senso
sarcastico.
Lord Mayor: è il titolo del sindaco di
Londra, rappresentante la monarchia nella
ca])itale. Recentomoiite furono (;osì deno-
minati anche i sindaci di Liverpool, Man-
chester od altre città importanti di Scozia
od Irlanda.
Lordosl : {koQÒòg = curvo) deviazione
della colonna vertebrale a convessità an-
teriore.
Lord : voce inglese, seguita dal nomo
proprio : è titolo che non appartiene di
diritto che ai nobili di nascita o di no-
mina, come i membri della Camera alta,
che è appunto detta dei Lords. È titolo
altresì portato da qualche nobile che ne
gode per diritto ereditario senza aver
seggio in detta Camera. Dicesi per cor-
tesia de' figli maggiori de' conti, duchi,
marchesi. Dicesi anche come aggiunta
onorifica di alcuni grandi ufficiali dello
Stato. Nel vocativo si dice mylord.
Lorette : la definizione di questa parola,
ora in disuso, è data garbatamente dal
Balzac : « parola decente per esprimere lo
stato d'una ragazza o la ragazza d'uno
stato difficile a dire, e che nel suo pudore
l'Accademia trascurò di definire, vista
l'età dei suoi 40 membri... » La lorette
aveva molte analogie con la grisette (Y.
questa voce). L'invenzione del nome Lo-
rette è ordinariamente attribuita a Nestore
Roqueplan, verso il 1846, il quale se ne
vanta come di una bella parola che ha
tolto di seggio molte brutte parole. Il nome
proviene da un insieme di vie ove codeste
ambulanti del marciapiede si aggiravano
presso la chiesa di N otre-Dame de Lau-
rette in Parigi. Lorette ha oramai ceduto
il campo ad altre parole. Avvertasi tut-
tavia la ricchezza, varietà e la felicità
della lingua francese nel determinare con
vari vocaboli la donna di questo stato
sociale.
Lorgnette: V. Lorgnon.
Lorgnon : lente concava per i miopi, con-
vessa per i presbiti, che di solito si tiene
in mano per un manico di metallo o di
tartaruga che fa parte del cerchio ondo ò
serrata la lente. Lorgnon e lorgnette de-
rivano dal verbo fr. lorgner — sbirciare.
Noi potremmo diro lente, ooohialino. ma
di solito prevalgono lo voci francesi ove
si tratti di quegli occhialini eleganti che
costumano lo donno, non solo per correg-
gere la vista, ma altresì ])er darsi con-
tegno. L'abuso delle voci francesi jwrta
ad usare ta volta longue-vue., quasi che
ooohiale o cannoeehìal(\ parole gloriose
L(;r
— 284 —
Lue
nella storia della scienza italica, fossero
in 'oblio.
Loro: è chiamato da noi, come vezzeg-
giativo, il pappagallo, questo stridente
animale che desta così facilmente la sensi-
bilità affettiva specie delle donne ! E voce
spagnuolo-argentina, loro^ lorito, lorita^
che vuol dir rosso ^ dal colore del fondo di
questi striduli pennuti.
Losanga: per rombo, parallelogrammo
ad angoli opposti uguali ma non rettangoli,
è gallicismo sfuggito ai lessici ed ai puristi
(losange). Losanga è in francese termine
araldico, anzi questo ne è il primo senso.
Da ciò lo Scheler trae l'arguta e inge-
gnosa etimologia da louange = lode. Cfr.
la parola nostra lusinga.
Losca: term. mar., apertura circolare
per dove passa la testa del timone.
Losco: per analogia allo sguardo non
diritto, guercio (luscus)^ si dice familiar-
mente di figura o per sofia di dubbia ret-
titudine morale, nelle cui operazioni non
ci si vede chiaro o si vede sporco.
Lo spavento del malvagio dev'essere
combinato con l'innocenza del colpevole:
goffa sentenza, resa popolare dal popolare
attore comico milanese E. Ferravilla, in
una commediola dialettale: riproduce ad
arte la sentenza di Gaetano Filangieri che
si legge sul frontone del Palazzo di giu-
stizia di Milano : lo spavento del malvagio
dev'essere combinato con la sicurezza
delV innocente. N.B. Udii 1' arguto e scet-
tico popolo nostro spesso parafrasare la
grave sentenza cosi: « lo spavento del-
l'innocente dev'essere combinato con la
sicurezza del malvagio».
Lo spirto è pronto, ma la carne è
stanca : verso del Petrarca che chiude il
sonetto Rapido fiume etc, ed è parafrasi
del motto biblico : spiritus quidem prom,-
ptus est, caro auieiìi infirma (S. Matteo
XXVI, 41j.
Lo stile è l'uomo: versione della famosa
sentenza del Buffon: le style est l'homme
méme\ cioè nelle opere d'arte si riflette
il temperamento dell'artista e il suo modo
di sentire. (Cfr. Recueil de V Acad. des
Sciences, 1753, pag. 337). Frase fatta ed
abusata.
Lotto: per parte, porzione (nelle aste.
nelle vendite) è gallicismo ripreso dai pu-
risti (fr. lot, dal tedesco). Accogliesi nel
senso noto di Giuoco, Augurabile che con
la cosa sparisca anche il nome! Lotto di
cavalli, nel gergo dello sport, di cesi abu-
sivamente por gruppo di cavalli.
Lotty : diminutivo inglese di Carlotta,
Carolina. Grandissimo è il numero dei
nomi femminili stranieri di cui si com-
piacciono le nostre donne. Ciò è creduto
aggiungere leggiadria, non è così? V.
Marie.
Louisette e Louison: parola del gergo
francese che significa la ghigliottina.
Loulou: voce vezzeggiativa del gergo
francese, fra amici ed amanti, non ignota
fra noi in certo gergo: lulù.
Loure: voce francese di dubbia etimo-
logia che significò cornamusa, poi il ballo
della cornamusa, ed indica una antica
danza campestre, di carattere grave, nella
misura tripla composta (74).
Loustic: anche questa rara voce ho tro-
vata in libri italiani ! !^Essa è di forma
francese, ma deriva dal tedesco lustig =
gaio, gioviale, 0 anche, il buffone della
compagnia.
Loyalisme: voce inglese del linguaggio
politico, tradotta in lealismo: indica la
fedeltà alla Corona.
Loyd : questo nome, oggi notissimo, fu
dato in Londra ad una compagnia che
venne a formare come una succursale
della Borsa, dove sì trattava di assicura-
zioni marittime, di spedizioni, armamento
di navi, etc. Questa compagnia marittima
ebbe il suo nome da un caffè, tenuto nel
secolo XVIII in via de' Lombardi {Lom-
bard Street) da un tale Lloyd, nel quale
caffè si univano i detti armatori, assicu-
ratori, sensali. A simiglianze di codesto
istituto di Londra, altri se ne formarono
poi nelle grandi città di commercio ma-
rittimo, conservando per analogia il nome.
Lucarino : è uno degli uccelli cantatori
dei nostri paesi, piuttosto piccolo, giallo-
verdastro e cenerino, con macchie nere
su la testa e alla gola. Il suo nome scien-
tifico è Ghrysomitris spinus. Altra grafia
è lucherino (dal lat. ligurinus).
Lucelina: nome volgare dato in Milano
al petrolio (il quale in alcune terre del"
Lue
285 —
Lup
l'Italia centrale è detto canfmo^ che pro-
priamente era un olio illuminante otte-
nuto dalla pece greca ed usato prima del
petrolio).
Lucido intervallo : sospensione tempo-
ranea nei pazzi dello idee deliranti : di-
cesi familiarmente per indicare im mo-
ìnento in cui il buon senso e V intelligenza
facciano lume nelle tenebre della coscienza
0 del cervello. Leggesi nell'Ariosto, Or-
lando Furioso^ XXIV, 3 :
or che di monte ho un lucido intervallo.
Lucus a non lucendo: etimologia a con-
trariis, ricordata con compiacenza dagli
antichi e tuttavia ripetuta come esempio
di assurda derivazione o — ironicamente
— di rapporto illogico tra causa ed ef-
fetto. Letteralmente vuol dire il bosco (lu-
cus) è chiamato cosi perchè non splende.
Questa etimologia assurda, ed esempio di
assurdo, è citata da Quintilliano (De Instit.
orai. I, 6) ed è attribuita ad un gram-
matico di nome Licomede. Fa il paio con
l'altra: canis a non canendo^ ed altre
se ne sogliono inventare.
Lubbione: per loggione è ned. recente,
formatosi sul piemontese e lombardo lobia
:= loggia. Lo accoglie il Petrocchi. Vero
è che mi pare parola sciatta ed evitata,
anche nel parlar familiare. Per l'etim.,
V. loggia.
Ludo : lat. ludus =z giuoco, esercizio,
scuola, spettacolo. Latinismo già usato in
grave senso, oggi talora per lepidezza o
in senso spregevole.
a la vecchiezza io questi ludi
invidiar non so.
Carducci, La Consulta Araldica.
•fr. altresì Dante, Inf. XXIl, 118.
0 tu che leggi, udirai nuovo hido.
Ludro: voce veneta e lombarda (luder)
e significa astuto e birbante nel tempo
stosso, cavalicr d'industria., e dicesi an-
che per celia. Dal tedesco luder.
Lue: dal lat. lues = contagio., peste.,
voce usata dai medici, specialmente in-
tendendo la lue sifilitica: fanno anche
l'agg. luetico.
Lunch e luncheon : voce inglese. Vuol diro
eolaxionc., ma (icco: i gran signori, la no-
l)ilo e ricca gente dopo alcun svago, caccia,
diporto, offre non un ristoro, ma un lunch,
il quale non potrà essere che splendido.
Così parlando di banchetti ufficiali, di
ricevimenti di carattere politico usasi di
solito questa voce inglese, la quale è
pure accolta nei dizionari recenti della
lingua francese.
Lunel: specie di vino bianco francese
di lusso e assai pregiato : dal nome della
città di Lunel nella Linguadoca.
L^unghla del leone: (lat. exungueleo-
?^em) cioè dall'unghiadistinguiamo il leone,
cioè da piccolo cenno o saggio appare l'im-
pronta dell'uomo geniale e forte.
Lunula: parte dell'unghia di forma se-
milunare, di colore bianchiccio o meno
colorata che il resto, presso la matrice
della detta unghia.
Luogo: aver luogo per accadere, avve-
nire, seguire come : in questo secolo hanno
avuto luogo molti politici rivolgimenti ; o
per farsi., compiersi., tenersi., come : Va-
dunan%,a avrà luogo nel prossimo mese.,
« è un francesismo de' più sfoggiati, e di-
ciamo anche de' più frequenti » (Rigutini).
Ed è oramai divenuto tanto comune che
chi l'usa avverte a fatica, anche se per-
sona colta, che è francesismo.
Luogo comune: press' a poco come frase
fatta, cioè espressione o locuzione d'ef-
fetto, in origine, ma che per il troppo
ripetersi e non sempre a proposito, ha sa-
pore di enfasi e di artificio retorico. .Dal
fr., lieux communs.
Luogo di decenza: curiosa e deforme
versione del francese lieux d' aisances.
V. questa locuzione.
L'uovo di Colombo: dicesi di cosa che
tutti sanno fare, e chi fosse vago di leg-
gero la storia di questa locuzione che è
divenuta popolare, può leggere ne La
Historia del Mondo Nuovo di M. Giro-
lamo Benzeni, milanese, stampata in Ve-
nezia nel 1565, lib. I, cap. V. Simile
facezia è dal Vasari attribuita al Brunel-
lesco, ma riferita sempre a Cristoforo Co-
lombo. I tedeschi hanno puro questa espres-
sione proverbiale, Das Ei des Columbus;
e così i Francesi.
Lupa: chiamano gli agricoltori con tal
nomo (V. Lupus) una malattia deirolivo
e del gelso, che corrode e infradicia l'in-
Liip
— 286
Lvd
terno del tronco. Yale carie. Si cura con
un'operazione che i toscani chiamano Seat-'
tivatura (asportazione di ciò che è cattivo,
guasto).
Lupa: occorre talora questo nome, specie
in poesia, per significare spregiativamente
la Curia Romana, Roma papale:
Dal Tebro fiutando la preda
la lupa vaticana s'abbatte su V Eridano.
Carducci, Alla Città di Ferrara.
Tale senso, come è noto, è tolto 3alla
interpretazione del simbolo Dantesco della
Lupa. Inf. Canto I.
Lupo mannaro: V. Licantropia.
Lupus: dal lat. lupus; allusione all'o-
pera corroditrice di questa malattia. Affe-
zione della pelle, di origine tubercolare,
con una tendenza ad invadere e distrug-
gere. La voce lupo parmi meno usata e,
in molti lessici, ommessa.
Lupus in fabula: antico proverbi?) latino,
usato quando sopragiunge colui di cui si
parla, e toglie a noi facoltà di ragionarne
ancora. L'origine del proverbio è da ciò
che il viso del lupo reputavasi pauroso a tal
punto da togliere altrui la favella. Cfr.
Eeloga X, 53; Ter. Adelph. 4, 1, 31, etc.
Lusingarsi : per il semplice sperare.,
credere etc. è neol. ripreso dai puristi
come gallicismo (se flatter)^ giacche a lu-
singa e lusingare si annette mal senso
di blandimento, allettamento e simili.
Troppo sottile ragionamento e troppo ri-
gore, tanto più che il passaggio ideolo-
gico alla illusione o lusinga della spe-
ranza è così naturale ; e poi la voce an-
tica classica lusinga, non è dal francese?
Lussazione : term. med. (lat. luxare =
lussare, slogare) spostamento permanente
di due superfici articolari che hanno più
0 meno perduto i rapporti che normalmente
avevano l'una verso l'altra.
Lussuoso : agg. di lusso, è assai fre-
quente. Noi potremmo rinnovare l'antico
senso all' agg. lussurioso o usare la pa-
rola sfarzoso o simili. Invece preferiamo
fare italiana la voce francese luxueux^
ben distinta nel senso da luxurieux.
Lustrare: nell'uso familiare di alcune
regioni dell' Italia settentrionale vale adu-
lare. Ma usasi in special senso e modo
che, come tutte le sfumature del linguaggio,
è difficile determinare.
Lutolento: aggettivo disusato, dal lat.
lutum = fango, melma e perciò fangoso.,
chiazzato di fango., color del fango: lo
rinnovò il Carducci nel (^a ira :
Su i colli de le Argoune alza il mattino
brumoso, accidioso e lutolento.
Lutreola: carnivoro del gruppo delle
martore, affine alla puzzola, ma che, per
i piedi palmati, viene anche chiamata
Lontra minore.^omì scientifici: Putorius
lutreola, Lutra minor.
L'uva non è matura: così diceva la
volpe che non poteva co' salti raggiun-
gere l'uva : nondum matura est., nolo acer-
bam sumere (Fedro), e cosi dicesi di
chi ad arte spregia beni che non può ot-
tenere.
Lyddite: nome inglese di esplodente a
base di acido picrico, così detto dal luogo
ove furono fatte le esperienze. I francesi
dicono melinite = melinite.
1^
Ma: nell'uso familiare questa congiun-
zione avversativa talora è usata con forza
di sostantivo, e vale obbiezione, impedi-
mento^ diffieoltà e simili. Es. vi sono pa-
recchi ma. Tale uso ha esempi classici e
antichi.
Macabro : attributo, un tempo, del nome
danza: serie di imagini e danze rappre-
sentanti la morte e il trionfo della morte,
in uso nell'Evo medio, con intento reli-
gioso e morale. Oggi dicesi di ogni nar-
razione 0 realistica rappresentazione o de-
scrizione che si compiaccia nel richiamo
della morte. Il Du Gange, lo Scheler fanno
derivare tale voce da chorea m^achabaeo-
rum, e lo Scheler avverte come nell'antico
francese del secolo XII si incontri macabre
zzz m,achabée. Altri dall'arabo mak bara =:
canto funerario. Anche lo Zambaldi fa de-
rivare macabro dalla danza de' Maccabei^
sette fratelli ebrei che insieme alla madre
e ad Eleasar patirono il martirio sotto An-
tioco Epiphanes, e probabilmente ebbero
parte nelle danze do' morti delle antiche
leggende.
Macadamizzare : cioè selciare le strade
se(;ondo il sisttuna ritrovato da Mac Adam,
ingegnere inglese, 1756-1836; e consiste
iu un selciato compresso artificialmente
con macchino a gi-andi ruote così che i
ciottoli formino un' amalgama fortissima.
Alcune nostro strade nazionali, specie del
Veneto, formano un Mac-Adam naturalo e
antichissimo. (Dal fr. macadamiser).
Macao : nome di noto o comune giuoco
d' azzardo : di origino ungherese.
Macaroni : nel gorgo francese vale iéa-
liano ; ciò non suona molto gentile alle
orecchie nostre, giacche maccherone vale
per noi baccellone^ scimunito. Vero è che
i francesi danno questo nome solo per al-
lusione al cibo nostro prediletto.
Maccheroni con io sbruffo : V. Sbruffo.
Macchiaiuolo : neologismo del linguag-
gio dei pittori, e come neologismo locale
fiorentino, registrato dal Petrocchi « che
schizza, fa alla macchia ». Diconsi mac-
chiaiuoli quegli artisti che fanno canone
precipuo dell'arte loro il vedere la natura
a macchie, il rendere codeste macchie,
senza tanti impicci di contorni, di con-
trasti, di luci. Giacché altro è il rendere
il chiaro-scuro, il contrasto delle luci e
delle ombre, e altro è la macchia : ma-
niera speciale che trascura tutto e non
rende la visione completa, bensì in un atto
transitorio, in quel momento cioè che
l'occhio comprende la natura allo stato di
masse, o — come appunto dicesi — di
macchie non definite, e che vanno di mano
in mano delineandosi e definendosi. Hanno
— come è naturale e come si capisce —
punti di affinità e di contatto cogli Im-
pressionisti. (V. questa parola). È da no-
tare però che il modo tutto speciale e ca-
ratteristico di visione e quindi anche di
esecuzione e di tecnica dei maechiaiuoli
è quasi esclusivo di una scuola, o, por
meglio diro, di un gruppo di artisti fio-
rentini, cui appunto, e quasi solo ad ossi,
si dà codesto appellativo. Sopranonio o
nomo non si sa bone so da loro stessi
adottato o so piuttosto a loro api)ioppato
por distintivo, o anche co!i intento di cri-
Mac
— 288 —
Mac
tica, del quale però vanno orgogliosi. Se
non loro caposcuola, certo portabandiera
(caporale della piccola schiera) fu Tele-
maco Signorini, morto sul finire del 1900.
Scrisse per alcuni anni il Oaxxettino com-
battendo l'Accademia, gli Accademici, i
vecchi cànoni dell'arte, e battendo i so-
stenitori di essi a dritto e a rovescio. Fu
certamente innovatore geniale e vivace ;
se non che il torto del suo gruppo fu di
esagerare (come sempre degli innovatori),
dando importanza eccessiva, unica a una
norma particolare dell' arte, che non è
però tutta l'arte. Di lui così dice il Pan-
zacchi nel Libro degli Artisti^ Cogliati,
1902, pag. 519, in nota: «Telemaco Si-
gnorini, fiorentino, morto vecchio di re-
cente, fu il più autorevole di quei pittori
detti macchiaiuoli^ che intorno al '60
cercarono di rinnovare con la sincerità
dell'impressione l'arte imbastardita dai
romantici e dagli ultimi avanzi dei neo-
classici. Fu un singolare artista i cui me-
riti vanno di giorno in giorno facendosi
più chiari » .
Macchietta: voce familiarmente usata
neir Alta Italia per significare persona
bizzarra, che pel costume o pel vestire è
ridicolmente e piacevolmente notevole.
Comune nel Veneto, non ignota, credo,
in Toscana.
Macchina: è detta talora antonomastica-
mente la bicicletta. Montare in macchina,
cioè inforcare la bicicletta. E infatti la
bicicletta, fra le macchine dell' industre
secolo XIX, una delle più geniali.
Macchina elettorale: locuzione anglo-
americana, usata nel linguaggio interna-
zionale giornalistico per indicare, tanto il
comitato elettorale, come il complesso dei
mezzi e delle forze messe in opera per
riuscire nelle elezioni. Presso di noi ha
mal senso.
Macchina infernale: ordigno esplodente
di distruzione, bomba : fr. machine in-
fernale.
Macchina utensile: i tecnici e gli in-
gegneri meccanici usano questa denomi-
nazione generica per indicare tutte quelle
varie macchine le quali fanno agire un
utensile (sega, pialla, trapano, tornio, etc.)
adempiendo in modo più complesso, po-
tente, perfetto, rapido il lavoro che com-
piva, 0 potrebbe compiere, la mano del-
l'uomo. Gli ingegneri milanesi dicono
invariabilmente utènsile, ed è accento
errato. (V. Accento) Cfr. il fr. machine-
outil., ted. Werkxeugmas chine.
Macchinario: il complesso delle mac-
chine necessarie per compiere una com-
plessa funzione meccanica od industriale.
Mac Parlane: specie di pastrano d'in-
verno. Voce inglese accolta anche in fran-
cese: pardessus sans manches avec pé-
lerine. Da un nome proprio scozzese. Per
questa complicata questione dei nomi degli
abiti maschili, V. Vestito.
Màchefer: fr., scoria che si estrae dalla
combustione del ferro : da mdcher =:
schiacciare e fer = ferro.
Machiavellismo: per arte fraudolenta e
violenta di governo è vocabolo consacrato
dall'uso, e in Italia e fuori. Machiavé-
lisme: — leggo in un autorevole testo
francese — système politique., qui se
trouve développé dans le livre de Ma-
chiavel « le Prince »: seri à designer toid
système de gouvernement et tonte poli-
tique ayant pour base le despotisme. le
pouvoir absolu sans frein., et pour moyens
d' action le mensonge^ l'hypocrisie et Ics
procédés les plus contraires à l'equité.
È una delle tante ingiustizie storiche, le
quali si possono correggere forse nell'opi-
nione, non nella parola. Essa ingiustizia
si formò per due cause: primamente per
avere sintetizzato nel grande statista fio-
rentino gli errori e le opinioni dei tempi,
secondo per essere stato il Machiavelli sin-
cero nella vita e negli, scritti. Il diritto
che egli insegna non discorda pur troppo
dalla realtà della vita e degli uomini, e
la sua politica, mutate le forme, è quella
che ancora impera nel mondo. Ora l'uma-
nità non fu ne è disposta a critica benevola
verso chi osò rivelarla ignuda. NB. Nic-
colò Machiavelli morì povero e i potenti
della terra lo lasciarono in abbandono.
Figli di Machiavelli si legge talora, ri-
ferito agli Italiani: perifrasi di cui troppo
lungo sarebbe il discutere : vale quasi
eredi della politica del Machiavelli (! '?)
Macis : rivestimento carnoso o arillo
della noce moscata (seme della Myristica
Ma
289 -
Mad
nioschata o fragraiis) che serve por aroma,
modicamouto, essenza.
Mackintosh: nome dell'inventore della
ommatura dei tessuti. Dicesi anche di
-pecio di impermeabile.
Macramè: frangia, passamano^ e por
«astensione si dice di certi lavori che si ese-
.uuiscono mediante nodi e intreccio di cor-
doncini 0 grossi fili ; e se ne fanno galloni,
reticelle, etc. In genovese, asciugaììiani.
Macro : prefisso greco, jun^oòg -- grande,
lungo, che si trova in composizione di
molte voci mediche e scientifiche : marro-
stomia, gran bocca; macropodia^ grandi
piedi; macroglossia^ grande lingua; nia-
rrouielia, grandi membra ; macropsia^
vista esagerata, che vede gli oggetti mag-
giori del vero; macrochiria^ grandi mani
ere. includendovi sempre il concetto di
anomalia e di mostruosità.
Macrocosmo (e microcosmo) : inaxQÒg^
grande e jlukqós^ piccolo + ;fóo/fo^, uni-
verso, termini filosofici : il gran mondo
(macrocosmo) detto dell'universo, in op-
posizione all'uomo (microcosmo o piccolo
tu ondo).
Macte animo o macte virtute: espres-
sione latina di esortazione e di augurio.
Madam: inglese, signora^ mylady. si
adopera soltanto nel vocativo.
Madama: fr. madame per signora è voce
notata dai puristi. Ma per signora di gran
paraggio e riferentesi a nobili e reali donne
di Francia, ha esempi della più pura clas-
sicità nostra ! Madama poi in senso le-
pido e faceto, è popolare. Certo potrà es-
sere difettoso il madama dei subalpini, ado-
perato invece di signora, ma è cattivo uso
regionale. Madamigella poi non mi pare
gran che dell'uso, o se si dice, dicosi
francesemente. Madaì il igeila^ come ma-
dama^ talora è parola adoperata in senso
hjpido. V. Madamina. Madame storica-
jncnto fu titolo dato in Francia alle fan-
ciullo reali, ancorché zitello, ma con l'ag-
giunta del nome. Parlando di regine e
imperatrici non dicesi madame la Beine.,
ma usasi madame come vocativo, par-
lando, scrivendo. In italiano bone vi ri-
spondo la bolla voce signora., e Signora
chiamò il Carducuù la regina Margherita
di iSavoia, del quale vocabolo gli fu fatto
A. I'anzini, Supplruipnfo ni Dixionari italiani
rimprovero come di plebea ignoranza, al
che il grande Poeta rispose : « e se io le
dissi Signora^ non è vero che mi correg-
gessi : volevo dire Maestà., non sono av-
vezzo a parlare con le regine. Cotesto è
un madrigale ignorante. Come al Ee nel
vocativo si dice Sio-e, così alla Maestà della
Regina d'Italia si dice Signora., come
Sefiora a quella di Spagna e Madame a
quella di Francia, quando ce n'era. Cor-
tigiani delle gazzette, imparate almeno le
prime creanze del servaggio ! » {Eterno
Femminino regale) .
Madamina: idiotismo lombardo che si-
gnifica la sartorclla, o la sartina, o la
crestaia. Le eleganze di questo tipo fem-
minile sono varie secondo il paese e le
abitudini, ma identica e caratteristica ne
è la psicologia ed il costume. V. Orisette^
Midinette. Per Madamina^ V. una gra-
ziosa descrizione de Le giovani di bottega.,
0 sia le Madamine. Corriere milanese
delle dame., 10 luglio 1819, pagina 227.
Madapolam : tela candida e fine per ca-
micie. Madapolam, oggi villaggio dell'India
meridionale, fu centro importante di com-
mercio del cotone durante il florido pe-
riodo della Compagnia delle Indie orien-
tali, e diede il nome a questo tessuto.
Made in Germany: e anche made in
Italy (fatto in Germania, etc.) è marca
commerciale che si suole apporre, come
richiesta, ai manufatti che hanno maggior
probabilità di spaccio nelle esportazioni
in Inghilterra e nelle colonie inglesi.
Mademoiselle: fr., per istitutrice., da-
migella di compagnia., specialmente se
francese. V. Miss., Frdulein.
Madiere o madiero: ciascuno di quei
principali pezzi di costruzione, che pian-
tati di traverso su la chiglia del basti-
mento, formano la prima baso e il primo
innesto di tutte le coste del medesimo (Gu-
glielmotti, op. cit.).
Madro: nel nostro gergo dei comici così
è chiamata con ironico e felice traslato al
genere maschile, la madre della giovine
attrice. Ella ne custodisce hi virtù pori-
colata come fosse una virtù pericolante.
Insomma, una apocio di allenatrioo natu-
rale alla vita del palcoscenico. Tipo co-
mico 0 antipatico nel tempo stosso.
19
Mae
— 290 -
Mag
Maestra: nel ling. mar., indica la mag-
gi-or vela del bastimento, così quadro come
latino, e insieme la più bassa e centrale.
Detto dell'albero della nave, V. Albero.
Màfia e non màffìa: associazione o con-
sorteria, con forte carattere di setta e di
violenza, fiorente — ancorché illegale — in
molte terre di Sicilia. (V. perle affinità di fi-
losofia storica, Manzoni, P. S. Gap. I.) «La
parola màfia viene dal gergo delle carceri
donde uscì solo nel 1860 per mezzo di una
commedia del signor Rizzotto, che descrisse
l'associazione ivi esistente. Fu allora ado-
perata per indicare un altro fatto sociale
che prima non aveva avuto un proprio
nome » . P. Villari, nota alle sue Lettere
meridionali. V. Allongi, La Mafia., Remo
Sandron, 1904. L'etimologia della parola
non è certa. Lo Zambaldi op. cit. dice:
forse dall'arabo.
Mafioso: o imitando il suono dialettale,
Tnafiuso., settario appartenente alla mafia;
0 dicesi genericamente di persona parti-
giana, come camorrista.
Magattèll : voce milanese vale burattino.,
cioè il fantoccio che si manovra dal di
sotto introducendovi la mano. Il Cheru-
bini spiega la parola come una corruzione
di un imagitelli^ lat. imaguncula = pic-
cola imagine.
Magazine: (pronuncia tnag-a-%èn) voce
inglese, usata per indicare quelle Riviste,
adorne di vignette che sono come un ma-
gazzino 0 miscellanea di vari scritti di
natura dilettevole, varia e pratica per la
coltura democratica e spicciola dei nostri
giorni. La prima stampa di tal genere in
Inghilterra fu il Oentleman' s magaxine
nel 1731. Molte riviste italiane si sono
informate a tale costume straniero, facendo
delle vignette e delle curiosità il princi-
pale loro pregio. E un progresso?
Magazzeno: per magazzino è versione
della equivalente parola francese, che si
pronuncia magasen. Appartiene al nu-
mero di quei gallicismi che, se anche non
sono evitati, sono generalmente ricono-
sciuti come difettosi.
Maggiostrìna: voce milanese acconcia-
mente e talora lepidamente detta per in-
dicare il cappello di paglia (la paglietta)
che si porta in sul venire della buona sta-
gione. Maggiostrinna inoltre è diminutivo
dialettale lombardo di magiòstra = fragola.
Avvertasi che maggiostra e magiòstra per
grossa fragola., è voce registrata anche
ne' diz. italiani (Scarabelli, Gherardini) e
dal Petrocchi fra le voci morte.
Maghetto : emiliano e romagnolo, ma-
cone umbro, indica il ventriglio dei polli,
dal tedesco magen. Voce press' a poco co-
mune nei vari dialetti italici, venuta forse
col dominio de' Longobardi. In milanese
magòn = stomaco dei bovini, e accora-
mento fverosimilmente dal riflesso doloroso
nell'epigastrio, quando si è afflitti).
In cà del pover omm gh'è sto magòn
tucc se lamenten e tucc han reson !
(Maggi, Fai. FU. I, 0).
Nel milanese volgare per indicare il ven-
triglio ne' polli dicesi perdée.
Magiòstra: per fragola è puramente dia-
lettale lombardo. Y. Maggiostrìna.
Maglieria: neol. nel significato di ne-
gozio di maglie ovvero di ogni genere di
maglie.
Magna Chàrta: è per gl'inglesi press'a
poco ciò che lo Statuto Albertino per gli
italiani. La Gran Caita data sin dal 1215,
e fu per domanda de' baroni d'Inghilterra
concessa da re Giovanni Senza Terra, e
poi confermata nel 1624 da suo figlio Ar-
rigo III. Questo Statuto che stabilisce il
diritto, la giustizia e la libei-tà del popolo
rivendicandolo da ogni illegalità e vio-
lenza, è sino ad oggi considerato come il
fondamento vivo e solenne delle franchigie
costituzionali dell'Inghilterra, e molto valse
ad educare quel popolo ai liberi ordina-
menti.
Magnalio: lega di magnesio ed alluminio
in proporzioni diverse secondo lo scopo
cui deve servire (90 7o di al. e 10 7o di
magn., oppure 80 7o di al. e 20 7o di
magn., od anche proporzioni differenti da
coteste).
Magnanimi lombi : = nobili ed illustri
progenitori (Parini, Mattino, 2) locuzione
fatta comune ed usata ironicamente, se-
condo il senso del Poeta.
Magna parens frugum: così Vergilio
chiama l'Italia gran genitrice di biade.
Salve, magna parens frugum., Saturnia
tellus. {Oeorgiche., II, 173). Saluto so-
Mai
291
Mai
lenne cui i tempi e i fati aggiunsero senso
sacro e profondo.
Magna pars: lat. gran parte: ricorre
questa locuzione, tolta da Vcrgilio, per
indicare che alcuno è operatore od autore
massimo in qualche cosa iquaeque ipse
ìniscrrima vidi \ et quorum pars magna
fui., che io stesso il vidi, ed io gran parte
fui, Eneide., II, 5, 6.)
Magnate: (dal lat. magnus z= grande)
titolo dato in Polonia e in Ungheria ai
membri dell'alta nobiltà. Oggi titolo ono-
rifico.
Magnis ìtinerìbus: propr. in latino a
grandi giornate, e dicesi delle milizie che
muovono a grandi tappe, cioè rapidamente:
per estensione : i?z riassunto., per sommi
capi.
Magone: voce dialettale lombarda. Y.
Ma-ghetto.
Magrone : chiamano gli agricoltori e gli
allevatori quei suini i quali sono bensì
sviluppati, ma non sono ancora stati sot-
toposti all'ingrassamento.
Mahdi : il Messia dei maomettani che
convertirà tutto il mondo all'islamismo e
compirà l'opera di Maometto. Celebre fi-a
cotesti presunti profeti, risorgenti ogni
tanto in Oriente, fu Achmed Suleiman che
destò enorme fanatismo fra' suoi seguaci
{Dervisci., V. questa voce) nel Sudan. Fu
signore del Cordofan, ruppe presso El Obeid
l'esercito egiziano, si impadronì di Cartum,
chiave dell'Egitto, nel 1885, invano eroi-
camente difesa dall'inglese Carlo Gordon
che vi incontrò la morte. Morte fieramente
vendicata e città ripresa in questi ultimi
tempi dagli inglesi, i quali non vogliono
onte su le loro bandiere. La grafìa madì
è poco seguita nell'uso.
Maidico: da mais gli scienziati, i tec-
nici, etc. hanno fatto questo aggettivo.
Es. malattie maidiche (la pellagra). Po-
vero Fanfani, anche por questa parola è
morto a tempo, che se l'avesse intesa. Dio
sa quanto no avrebbe sofferto! V, iMais.
Mail-coacii: (i)ronunciame/-cocc)o s^^e-
eoach o anche stage: è l'antica, grave o
gi'ande vettura postale a tiro a quattro.
Gli inglesi, che non buttan via niente,
l'hanno rinnovata, e con che lusso! per
le corse : sui sodili in alto stanno signori
e dame, dentro, i domestici. Li guida uno
de' signori e dietro stanno, di solito, due
tubatori, a diletto anch'essi delle, ahi, non
più docili plebi : docili tuttavia alla con-
templazione dell' ozio e della vanagloria
altrui. Mail coach è voce inglese accolta
altresì in francese.
Maillectiort: nome che danno i francesi
(e si usa fra noi) al metallo bianco, o
argentano, o alfenide, o packfong., secondo
la varia composizione del rame, dello zinco
e del nichelio.
Main gauciie: mariage de la main
gauche : matrimonio della mano sinistra
0 Morganatico [matrimonium. ad morga-
naticam o ad legem salicam)., propria-
mente è quel rito pel quale i principi
sposano in seconde nozze, solitamente,
donne inferiori di grado; ed offresi la
mano sinisti'a : i figli, benché legittimi,
non partecipano della eredità, né del nome,
né del grado. La costumanza è antica, di
origine germanica, a noi venuta coi Lon-
gobardi. Nell'uso comune si dice di per-
sona qualificata che sposi donna di im-
pari condizione, e prevale in tal caso la
espressione francese.
Maionese o maionesa: Y. Mayonnaise.
Maire: in Francia il primo ufficiale mu-
nicipale : sindaco, gonfaloniere., podestà
in nostra lingua. Maire., dal lat. m,ajor
-- maggiore.
Mais : grano turco, formentone, granone,
mèlica. La parola mais (di Haiti) passò
in Francia e quindi fra noi. È una delle
voci che fa veder rosso al Fanfani : usata
nei libri, ma non attecchita nel popolo.
Maitre d'iiotel: a questo prevalente vo-
cabolo francese risponde la nostra bella
maggiordomo : siniscalco, cioè maestro
di casa, e scalco dicevasi di colui che ta-
gliava lo vivando prima di porle su la
mensa e a questa presiedeva. Scalcare
l'arto del tagliar lo vivando: parole quasi
spente.
Maiuscola: si scrive in italiano con let-
tera maiuscola: a) la prima lettera del
periodo, del verso (oggi pel verso, col forte
esempio dol Carducci, la minuscola) e, se-
condo i più, la prima lettera dolio oita-
zioui 0 di un discorso diretto, cioè dopo
i due punti: ma non è legge; b) i nomi
Ma.)
292
Ma
propri 0 usati come tali come: Senato,
Parlamento, Camera; i sopranomi come
Griso, Azzeccagarbugli; i numerali opi-
nativi, proposti ad un nome proprio, es.
Carlo Terzo, Pio Settimo; i nomi dei
popoli, es. i Francesi, i Eussi ; il Noi e
il Nostro dei sovrani. Re e Dio a chi pare
e piace, secondo le opinioni, benché il se-
condo nome, come simbolo e segno della
maggiore delle idealità umane, dovrebbe
essere onorato della maiuscola ; e) i titoli
dei libri ; d) i nomi delle solennità. Pasqua,
Natale. Ma si vorrà accusarmi di esser
pedante e sottile critico se dico che og-
gidì, nel considerare come propri i nomi
comuni, si abusa e si imita un po' troppo
da vicino la maniera tedesca che scrive
con maiuscola ogni sostantivo ?
Major e longinquo reverentia: sentenza
latina (Tacito, Ann. I, 47j a cui risponde
l'adagio italiano: confidenza toglie rive-
renza,
Maki: nome dato a parecchie Proscim-
mie o Lemuri, ma specialmente al Lemur
Gatta del Madagascar.
Mala cosa nascer povero!: V. Pauper
uhique iacet.
Malandrinaggio : astratto di malandrino,
cioè la vita, e il costume di darsi a co-
tale genere di esistenza delittuosa.
Malapena fa): a fatica., a stento: lo-
cuzione dell'uso.
Malaria: e derivato malarico. Questo
infausto nome italiano (inala aria) è usato
anche fuori del confine del bel Paese : in
francese vale paludisme., o fièvres palu-
stres. La malaria è una malattia che si
manifesta per lo più. con parossismi feb-
brili e forme intermittenti, determinata,
secondo gli studi del Golgi, ed altri, dal
ciclo evolutivo che compirebbero nel sangue
umano speciali elementi cellulari, detti
sporozoi, innestati, come avrebbero dimo-
strato le recenti ricerche del Grassi, Ba-
stianelli etc. dalla zanzara con la sua pun-
tura. Sarebbe specialmente il genere Ano-
pheles che ospiterebbe il parassita mala-
rico onde l'uomo è infettato. V. Anofele.
Malarico : neol. V. Malaria.
Malattie professionali : sono chiamate
quelle infermità in cui specialmente si
incorre esercitando un dato mestiere.
Malattie segrete
Malattie vene-
Malattie veneree: sono chiamate quelle
infermità che si contraggono, solitamente,
per contatto sessuale con individui infetti.
Da Venus z=. Venere., dea dell'amore. Di-
consi anche malattie segrete perchè tali
morbi che vanno da forme lievi e passeg-
gere a forma gravissima, quale è la sifì-
lide [lue venerea o morbus gallicus)., at-
taccandosi per eifetto di disonesti amori,
suole chi ne è colpito tacerli e occultarli.
Vero è che si potrebbero chiamar segrete
anche per altra cagione che non è il caso
di spiegare.
Mala vita: nome dato, nell'Italia meri-
dionale, indi esteso ad altre regioni, ad
associazioni, come la camorra, la màfia,
che hanno per intento il mutuo concorso
e soccorso nell' operare fra adolentemente o
violentemente.
Mal della lupa: termine volgare di quella
forma di malattia che i medici chiamano
bulimia.
Mal du pays: z^ nostalgia. Non è lo-
cuzione comune, ma la gente mondana
usa talora questa locuzione francese per
indicare quel desiderio, simile ad uno
sconsolato male, che vince e annienta co-
loro che non resistono a vivere in terra
straniera. Il francese ha pure la parola
nostalgie {vóatog = ritorno e dÀyog =
dolore), ma l'usa specialmente nel linguag-
gio della medicina.
Male della montagna : turbamento pro-
fondo che colpisce talora nelle ascensioni
alpine : si manifesta come un principio di
asfissia, stanchezza e abbattimento grande,
disturbi di stomaco, respirazione spessa.
Proviene specialmente dalla rarefazione
dell'aria.
Maledictus homo qui confìdit in homine:
{Geremia., XVII, 3j maledetto l'uomo che
ripone la sua fede nell'uomo.
Malesuada Fames: fame consigliera di
male (Vergilio, Eneide., VI, 27(3), et tiir-
pis Egestas ., i due mostri che stanno
all'ingresso dell' Averne. Questo umano
pensiero fu già espresso da Euripide (E'/e^^ro^
376j: à?.Xèiei uóoov nevia. òiòàouei ò'àv-
òga Tf] XQ^f9' uauóv : la povertà è di per sé
una malattia, e insegna all'uomo il male
Mal
— 293 —
Mani
per mozzo della necessità. Cfr. il Pari ni,
// Bisogno.
Malgrado: « vale: pur non essendo o
andando a grado., pur non piacendo : e,
siccome piacere e dispiacere sono propri
soltanto dogli esseri animati, così quella
preposizione non può essere riferita, come
il fr. malgré, a nomi indicanti cose, e
usurpar quindi F ufficio di nonostante. —
Errarono quindi il Foscolo, Lettera : 7ni
scrive che, malgrado alcuni debiti (...mal-
gre quelques dettcsj... s'è ad ogni modo
concertato col Ministero della guerra.
Manz., XXXYIII: malgrado quest' aiuto
(malgré ce secours) le cose si rincam-
minarono. Il fr. malgrè., riferito a cose,
corrisponde dunque a: non ostante., rife-
rito a persone, corrisponde a : malgrado.
La lingua italiana è più varia ed etimo-
logica della francese ». Così il sig. AUan
op. cit.., ma dagli stessi esempi autore-
voli appare quanto sia forte ed antico l'uso
di questo malgrado pure in eccellenti
scrittori. Malgrado mio., tuo., suo., sono,
per le ragioni dette sopra, da ritenersi
modi italiani schiettamente, ne urge, come
vorrebbero alcuni scrupolosi di purità,
costituirli con a mal grado mio ovvero
mal mio grado. Tengasi a mente l'esempio
del Caro nella versione dell'Eneide, lib. I:
Ciente inimica a me, malgrado mio,
naviga il mar tiireno.
Maligno: in medicina dicesi di mali che
presentano un carattere grave od insidioso,
0 d'un tumore suscettibile a generalizzarsi
e addurre la morte dell'infermo.
Mal lei na: V. Morva.
Malo periculosam libertatem quamquie-
tum servitium : classico aforismo e formula
liberalo : antepongo una perigliosa li-
bertà ad una tranquilla servitù., cioè pre-
ferisco la libertà con tutti i suoi mali, al
governo tirannico con tutti i suoi benefici.
Malthusianismo ossia legge di Malthus:
tendenza della popolazione ad aumentare
in proporzione geometrica, mentre i mezzi
di sussistenza aumentano in proporziono
aritmetica, onde quella soverchiando su
questi, no consegue che in un dato jìunto
dell'avvenire gli alimenti più non baste-
ranno a sostentare l'umano genere. Ne-
cessaria cosa, quindi, prevenire questo
avvento col regolare e diminuire il fatale
aumento della popolazione {Essay on the
Principles of Population^ 1798). Molte
critiche vennero fatte alle due leggi del-
l'aumento della popolazione e dell'alimento.
Notevole però è il fatto che il principio
di Malthus confortò il Dai'win ed il Wallace
alla teoria della lotta per l'esistenza pel
mondo animale (òtruggle for Existence):
la quale lotta è fondamento della Selezione
naturale. Malthusiano è termine comune
e familiare per significare chi, ad arte, li-
mita la prole o non ne vuol sapere di fi-
gliolanza.
Malto: imalt) orzo tallito o germogliato,
cioè il prodotto intermedio che si ottiene
co' cereali nella fabbricazione della birra,
Maltusiano: V. Malthusianismo.
Malva : da questo noto nome di erba
emolliente e lassativa con cui si fanno ein-
piastri, sono chiamati con voce familiare
di gorgo e con senso spregiativo in molte
regioni d'Italia quelli che seguono le opi-
nioni temperate in politica: i cosi detti
moderati, V. questa parola. Col decadere
però dell'influsso e della potenza di questo
partito non ha più sua ragione d'essere la
parola di scherno: decade infatti dall'uso.
Malversazione e malversare: neologismo
tolto dal francese malverser e malversa-
tion. In buon italiano prevaricare, pre-
varicazione 0 peculato (latino peculatus)
truffa, baratteria; cioè il delitto del pu-
blico ufficiale che distrae o sottrae denaro
di cui abbia per ufficio l'amministrazione.
Maman: V. Mammà.
Mamellone: por estensione di mamellon,
capezzolo della mamella, chiamano i fran-
cesi il poggio 0 il colle staccato, ovvero
il sommo del monte che esce in tal forma,
e infine ogni protuberanza o tubercolo.
Questo mamellone e il mamellonato [ma-
mellonné) che ne deriva, si leggono tal-
volta presso di noi. Corti francesismi non
valgono più o mono degli altri, ma quando
non sono necessari, sono esteticamente
difformi, malamente formati, non i)Ossono
a meno di generare un senso di disgusto,
anche so si è italicamente indifierenti ad
ogni decoro del linguaggio.
Mammà e papà: non |)iac('ioiuì ad ni-
Mam
21)4
Man
cuni puristi e sono ritenuti per gallicismi,
mànian e papà. Certo maman fu voce
francese scritta da buoni autori nostri,
sul principio del secolo scorso, e può
darsi che l'imitazione di Francia abbia
rafforzato l'uso delle due parole in vece
di babbo e mamma., ma possono anche ri-
tenersi papà, viavià per voci naturali.
Giustamente il Pascoli in una sua nota
in Fior da fiore, pag. 89, scrive : « Papà:
si vuole che non sia italiano papà! Vorrà
dire che i bimbi coi loro labbruzzi fanno,
senza che nessuno abbia loro insegnato,
dei gallicismi/ E si dica altrettanto di
mammà. 0 bambini : dite papà e mammà
quanto vi pare e piace : sono parole della
lingua universale». Manifestamente il Pa-
scoli è sotto l'impressione delle belle mi'
nerbate che il troppo feroce e poco fine
P. Fanfani minaccia a chi usa papà e
mammà.
Mammana: per levatrice., antica voce,
viva nei dialetti dell'Italia centrale. Nel
Veneto, Comare.
Mammut: elefante fossile della Siberia,
i cui avanzi si rinvengono pure in quasi
tutti i paesi d'Europa, compresa l'Italia.
È V Elephas primigenius dei paleontologi.
L'avorio fossile della Siberia proviene ap-
punto dalle immense zanne di questo gi-
gantesco proboscidato quaternario, il quale
era provvisto di pelliccia e di criniera.
Managgia: esclamazione napoletana, e-
stesa a quasi tutta l'Italia meridionale e
centrale, =: male o malanno abbia., ma-
ledetto sia., malannaggia. Mannaggia
Vanema toja, e * muorte tuoje^ è l'in-
fame e tipica bestemmia napoletana.
Managgia La Rocca (generale): ma-
schera e macchietta romanesca, recente:
tipo di Eodo monte. Capitano Spaventa,
Ammazza sette e Stroppia quattordici, etc.
Eicorre talora nel linguaggio de' giornali.
Manchette : polsino. Coup de manchette
nel linguaggio della scherma indica il colpo
di taglio con cui si cerca di ferire l'av-
versario al polso della mano che tiene la
sciabola.
Manchon : in francese significa mani-
cotto., cioè quella nota specie di pelliccia
in cui le signore nascondono le mani, e
non polsini come dicono alcuni da noi
(Milano) storpiando il francese e l'italiano
insieme. Per significare i polsini., i francesi
dicono m.anchettes.
Mandarinismo: come è noto, mandarini
(parola sanscrita, mantrin = consigliere,
introdotta dai Portoghesi in Cina) sono
chiamati gli impiegati e gli ufficiali che
amministrano quell'Impero, famoso per la
sua immobilità conservatrice. Si tratta di
un vero esercito burocratico di impiegati,
reclutati e promossi per esame, spesso
ignoranti, concussionari, venali. Secondo
comune opinione, noi per mandarini in-
tendiamo gli alti ufficiali di questa buro-
crazia, e fondendo insieme i concetti su
espressi con quello di grande autorità in-
feudata in persona che si gode la sinecura
di un alto ufficio, creammo questo astratto
per indicare uno stato sociale, una ten-
denza morale che è non solamente nel-
l'impero giallo ma anche nel dolce nostro
Paese! Fra i neologismi ho trovato anche
questo, mandarinismo intellettuale per
indicare la bramosia di titoli, diplomi,
onori ufficiali, accademici, gradi che sono
più 0 meno segreto sogno de' nostri dotti,
letterati, scienziati, etc.
Mandrillo: scimmia della famiglia dei
cinocefali: dicesi, volgarmente, di uomo
lussurioso.
Mandrino : francese mandrin., voce usata
nel linguaggio dei meccanici ed indica la
parte del trapano o di qualsia perforatrice
a cui si adatta l'utensile che serve ad al-
largare fori già fatti : allargatolo dicono
pure i meccanici. In tedesco Dorn.
Manducemus et bibamus, cras enim
moriemur: filosofia della vita quale S. Paolo
{Epist. I ad Corinth., 15, 32) riferisce con
dispregio a Sardanapalo, l'antico re edo-
nista. La sapienza della dottrina del quale
re è altresì riferita nelle comuni parole
latine: edamus, bibamus., post niortem
nulla voluptas. Filosofia che è più facile
vilipendere, come fecero gli stoici e
cristiani, che combattere con valide ra-
gioni.
Maneggio : per cavallerixxa è riprovato
dal Fanfani : per raggiri., arti., intrighi
dal Eigutini. Neologismi derivati dal fr.
manège.
Maneggione : termine milanese maneg-
M:U1
295
Man
giòn _- faccendoiio, ministro maggiore di
osti, catfettiori e simili.
Mane Thecel Phares: parole fiammanti
di incerto senso, apparse al convito di
Baldassarre, re di Caldea, profetanti la ro-
vina di lui {Daniele^ cap. V, 25). Si ri-
petono per antonomasia quando si voglia
indicare avvertimento pauroso ed oscuro.
Mangiar il pan pentito: locuzione nostra
popolare che '&\^n\V\.Q,di pentirsi, quasi man-
giare il pane bagnato o condito dalle la-
grimo del pentimento, che sanno di sale
e di amaritudine più di ogni altra.
Mangiar la foglia: comprendere avolo
e a iempo^ ma senza farne mostra, e si
intende solitamente comprendere che altri
trama a nostro danno o con nostro sfrut-
tamento. Viva locuzione, dedotta probabil-
mente dall'osservazione di alcuni animali
che per l'istinto loro finissimo conoscono
il cibo velenoso o malefico al fiuto o al
primo assaggio. Il Tommaseo scrive: «forse
dai bachi ». Si potrebbe anche spiegare
cosi : il sapore della foglia, corno limone,
vite, pesco, basta a farci conoscere il frutto:
da ciò la locuzione.
Manglier: è il nome francese della Rhi-
xophora Mangle^ piccolo albero delle la-
gune e delle spiaggie marine dell'Ame-
rica intertropicale e del Malabar, la cui
corteccia astringente è adoperata come
gargarismo ed emostatico. Dal suo tronco
cola un succo, che disseccato riceve il
nomo di kino o chino della Colombia (Ca-
legari).
Manica: fu detto già per banda^ com-
pagnia di soldati : oggi dicesi familiar-
mente nelle locuzioni : manica di birbanti,
di farabutti, e simili. Di manica larga o
di manica stretta è traslato familiare per
dire persona facile o difficile a concedere,
e si intendo di chi è investito di alcuna
autorità morale, come, confessore, mae-
stro, etc.
Maniche a vento o trombe a vento: in
marineria sono cosi chiamati i ventilatori:
gran tubi metallici, oventualnKinte di tela,
emergenti in vari punti d(3lle soprastrut-
ture. Terminano a cuffia girevole sull'asso
verticale, in modo da prejidor aria fi-osca
e condurla ne' locali inferiori, specie delle
macchino.
Manicomiale: agg. neol. e arbitrario da
manicomio.
Maniero: ab itax,io ne nobile e forte fuori
della città. Questa parola il Petrocchi re-
gistra come voce fuor d'uso. Nel senso,
però, di castello antico mi pare voce viva.
Man mano: questa locuzione che spiace
ai puristi (V. il paragrafo A. in fine) ha
valore dall'uso, presso che comune. Il
Pascoli, scrittore di molta autorità in fatto
di lingua, non dubita di usarla:
Man mano intrecciavi i capelli
min mano allungavi le vesti.
Myrjcae fi due cugini).
Mannequin: dal neerlandose manneken
diminutivo di mann che in tedesco vuol
dire uomo, dunque piccolo uomo., ometto.
In italiano o si pronuncia alla francese,
0 si traduce per manichino che certo è
brutta voce. Mannequin è il modello di
legno snodato che serve ai pittori : indica
altresì quel fantoccio di vimini che serve
alle sarte per provarvi le vesti : e in questo
senso l'udii in Romagna chiamare la pupa.,
nel ferrarese la putta^xa (da putta). Di-
cesi anche di chi agisce non da sé, ma
per impulso altrui: fantoccio^ burattino.,
testa di legno., bamboccio. Non mancano
nomi in italiano. In tedesco Bilste, Glie-
derpuppe.
Mano : innumerevoli sono le locuzioni
formate con la parola mano^ e si trovano
in ogni lessico. Notiamone qualcuna : giu-
rare in mano di, etc. cioè in presenza
di chi è investito di una data autorità:
tnano regìa già si disse l'autorità civile
nelle cose ecclesiastiche. Dice in alcune
regioni il popolo mano regia per indicare
facoltà piena di fare: mano nera^ {mano
negra) nome di una setta anarchica spa-
gnuola (1878, 1883), dimostrata inven-
zione della polizia : di seconda mano.,
dicosi di notizie attinto non alla fonte o
al documento, ma copiando da altii, o
di merci acquistato non dai produttori, ma
dai rivenditori.
Mano morta: dioesi oggidì dei boni ina-
lienabili dolio istituzioni perpetuo, special-
mente^ di beneficenza, dei boni delle fab-
briche 0 l'abbricerio, onde la così dotta
tassa di mano morta, c^ho tiene lo veci
Man
Mai-
di quella di successione. I possessi delle
corporazioni religiose, cui la legge non
concede, non essendo soggetti a succes-
sione, sarebbero mani morte. Come ter-
mine storico dell'antico diritto feudale,
mano morta vale forxa morta^ stato cioè
di persona che, essendo vassalla, non po-
teva testare ne disporre de' suoi beni; i
quali naturalmente ritornavano al feuda-
tario. Diritto di mano m^orta era dunque,
il diritto da parte del signore feudale di
ereditare da coloro che dimoravano nel
feudo, essendo in i stato servile. La Eivo-
luzione di Francia abolì tale diritto.
Manovra : per esercizio militare, movi-
mento dei treni, etc. è riprovato dai pu-
risti come gallicismo, e cosi il verbo ma-
novrare: fr. ìnanoeuvre e manoetwrer.
Meglio possiamo dire che si tratta di uno
dei tantissimi neologismi, non creati da
noi, ma provenuti dal francese e oramai
indispensabili. Il Rigutini ammettendo la
necessità di tali voci, consiglia di non
usarle in senso figurato.
Manovra: nel ling. mar. così si chia-
mano complessivamente tutti i cavi e i
cordami dell'alberatura delle navi, e si
distinguono in manovra dormiente o fissa
e manovra volante o corrente.
Mansion House: V. City.
Manu militari : lat. con mano militare,
cioè usando, nell'esecuzione di leggi o de-
creti, il diritto della forza, quando la forza
del diritto pare insaffioiente.
Manustuprazione: Y. Onanismo in Ap-
pendice.
Manteau : francese : nel linguaggio della
moda occorre talvolta in vece di man-
tello. « Questi vocaboli, assolutamente non
necessari e che, usati, indicano inferio-
rità intellettuale, sono assolutamente da
combattersi, anche registrandoli nei vo-
cabolari. Nell'Alta Italia, specie in Lom-
bardia e in Piemonte, e' è poi una vera
mania di tutto infranciosare. Bisogna sen-
tire il linguaggio delle modiste ! Sono
analfabete, che usano tutte le voci scritte
come sono nei cataloghi o nelle corrispon-
denze che vengono da Parigi ! » Questo
sfogo d'indignazione non è mio. A che
vale sdegnarsi? Ma è del dotto prof. Ca-
legari, il quale ebbe occasione di rivedere
le bozze di quest'opera, e poiché così scrisse
in margine, non mi parve da scancellare
tale chiosa. Ma avvertasi: il prof. Cale-
gari è un italiano irredento.
Mantecare: questo verbo nel dialetto
milanese è usato in uno speciale senso
culinario: dare, cioè, il lucido e l'amal-
gama — rimestando e ingrassando come si
farebbe per una manteca — al classico
risotto (manteecà).
Marabout: dall'arabo marabath zi: de-
voto a Dio, nome dato ai seguaci di una
speciale setta della religione maomettana,
diffusa nell'Africa settentrionale. Le forme
marabut o marabutto^ registrate nei di-
zionari italiani, mi paiono meno frequenti
della grafia alla francese. Ve altresì una
specie di cicogna indiana o africana le cui
penne sono tenute in grande pregio (c^-
conia marabou) e scrivesi marabù, o, alla
francese, marabout.
Marais: voce francese che significa un
terreno incolto acquitrinoso, valle^ come
dicesi nel ferrarese. Pare che marais ri-
sponda esattamente all'antica, anzi morta
parola nostra marese = stagno ; voce cor-
rotta dal latino mare. (Secondo lo Zaccaria,
op. cit.., ìiiarais e marese sarebbero voci
di origine germanica).
Maramaldo: por «traditore, e vile si-
cario che infierisce sui deboli e sui vinti »
è voce usata. Fabrizio Maramaldo fu uc-
cisore di Francesco Ferrucci a Gavinana
(3 agosto 1530j, il quale gli buttò le terri-
bili parole : « tu ammazzi un uomo morto! » ,
che uccisero per eterna infamia il nome
di Maramaldo. Cfr. B. Varchi, Storia
Fiorentina^ lib. XI; Ed. Alvisi, Lo^ òa^-
taglia di Gavinana, Bologna, 1881.
Maraschino: noto rosolio, fatto con spe-
ciali ciliegie dette marasche (da amarasca
= amara). Celebre fra gli altri quello di
Zara, la nobile città italica, sola, di là
dal mare! Queste specie di marasche, col-
tivate a tal uopo in Dalmazia, sono colte
quando non sono ancora mature, pigiate,
fatte fermentare, indi distillate, dolcificate
e messe in commercio in bottiglie rive-
stite di trecce di paglia.
Marasma senile: termine medico, da
f.iaQaiv£lv = disseccare: processo l'egolare
di atrofia che colpisco la più parte dei
Mar
— 297 —
Mai-
tessuti quando si è vecchi onde il savio
motto degli antichi che « la vecchiaia è
morbo per se stessa ».
Marbré: voce dei salumai milanesi, fog-
giata con l'intento di accostarsi all'ideale
di una parola francese, che poi non c'è
in quella lingua in tale senso: marmo-
rixxafo: e si dice di carni di varie specie
che mosse e cucinate in istampo, imitano
lo venature del marmo. Cfr. Notes^ Vol-
taire^ Gompteur.
Marca (alta): fuor del comune, raro^
alla moda, appartenente all'aristocrazia
della cosa o del ceto di cui si tratta, è
brutta locuzione neologica provenutaci dal
fiancese: vin de marqiie^ personnage de
marque =: en vue^ à la mode^ che va
per la maggiore.
Marca di fabbrica: segno esteriore che
un fabbricante impone a' suoi prodotti per
distinguerli da quelli consimili di altri
fabbricanti. Fr. marque de fabrique. Dicesi
anche spesso in senso faceto, figuratamente,
per impronta, suggello, carattere. V. Eti-
chetta.
Marcare : per segnare o notare (con
segni), porre mente, dare riliet'o o scol-
pire (un suono), pi'oviene dal fr. marquer.,
e perciò è ripreso dai puristi. Mi pare
gallicismo comunemente evitato. V. Mar-
cato.
Marcato: per scolpito^ rilevato., spic-
cato è ti'aslato di conio francese, marque.
In buon italiano marcato vale soltanto
bollato., segnato cioè con la marca o mar-
chio. Così dicasi, di marcare e di marca-
mente.
Marchesana: questa signorile e antica
l)arola in luogo di marchesa^ titolo nobi-
lesco, è dal Petrocchi confinata tra le voci
morto. Piace ad alcuni moderni, specie
fra' seguaci della scuola estetica, richia-
niarl;i all'onore dell'uso.
0 quando ne lo sale
Io marchesane udiano Isotta o i fieri
^iovani Orlando.
Cauducci, Alla città di Ferrara.
Marchesa Travasa: press'a poco corno
Donna Fabia (V. (questa parola). La mar-
chesa Paola Travasa
Vilna di primin ihuiiii/z do Loniliardia,
è quella famosissima matrona che posse-
deva la non meno famosa cagna maltesa
tutta pòi, tutta goss, e tutta lard,
che in cà Travasa, dopo la Marchesa,
Teva la bestia de maggior riguard.
Essa, la marchesa con la sua cagna, vive
nell'immortale poesia sociale del Porta,
La nomina del capellan^ e qui a Milano
il nome ricorre con valore antonomastico.
Marchese: per mestruo, V. Appendice.
Marchese Colombi (il): V. Colombi. Qui
vuoisi aggiungere che la popolarità di
questo nome è specialmente dovuta alla
irresolutezza stupida di questo personaggio,
consegnata nel verso :
tra il si' e il no, son di parer contrario.
Marcia e marciare: per cammino e
camminare^ non si possono nemmeno più
chiamare neologismi, essendo da grandis-
simo tempo penetrati nella lingua italiana.
Marcia è alquanto posteriore. Voci accolte
anche da eccellenti scrittori. Così il Car-
ducci nel (Ja ira dice :
Marciate, della patria incliti figli.
Chi però volesse aver cura della purità
del linguaggio farebbe bene a non usare
queste voci se non in senso militare.
Marciapiede: parola francese, marche-
pied, che il Fanfani annota fra le voci
corrotte, ma sdegnosamente ammette avere
avuto da tempo cittadinanza italiana come
fisciù., canapé^ benché affermi doversi
usare dai ben parlanti il verbo andare
sostantivato, pi. andari = viottolo, sen-
tiero. Ma chi l'intenderebbe? Avvertasi
però che in fr. marchepied vale più spe-
cialmente predella., montatoio, sgabello,
e che per esprimere quella parte della
strada che è rialzata per maggior comodo
dei pedoni, dicesi trottoir, voce che spunta
talora anche da noi. Povero Pietro Fan-
fani! Dopo avere accolto marciapiede a
gran fatica, ecco apparo trottoir.
Marcio in Danimarca (c'è del): V. Pu-
trido.
Marcita: milanese marscida^ prato al-
lagato con un volo d'acqua per averne
l'erba più rigogliosa e a più tagli. Carat-
toristi(!a dol paesaggio e della campagna
della bassa TiOmbardia.
Mar
— 298 —
Mai-
Marconigramma: dispaccio ottenuto col
sistema Marconi : radiotelegramma. (Di
queste nuoTC parole fu discusso filologi-
camente nel ilfar;i.occo, giornale letterario,
8. 15 Febbraio 1903. V. Radiotelegrafìa).
Mareggiata : tcrm. mar. ; movimento
tempestoso del mare su le coste.
Maretta: piccola agitazione del mare,
con onde brevi, spesse, spumanti. Ter-
mine popolare e insieme del linguaggio
marinaresco.
Margarina : corpo cristallino che si trova
nel tessuto adiposo e da considerare come
una mescolanza di stearina e palmitina.
Forma in buona parte il burro. Chiamasi
collo stesso nome il burro artificiale.
Margaritas ante porcos: le gemme da-
vanti ai porci., 0 come si dice volgarmente
dar lo zucchero all'asino., cioè beneficare,
esser gentile con chi non è degno : dal-
l'Evangelo di S. Matteo, VII, 6: neque
niittatis margaritas vestras ante porcos.
Margine: per posto., luogo., spazio è
comunissimo specialmente nel linguaggio
degli uffici. Es. non c'è margine per la
tal spesa, largo m,argine. «Questi mar-
gini sono presi di netto dal francese
marge» (Rigutini). Ma per quanto galli-
cismo, la lingua dell'uso sembra che non
no possa fare a meno.
IWariage de la main gauche: V. Main
gauche.
Mariano : agg. di Maria. Es, Mese Ma-
riano.
Marianna: fr. Marianne: la repuhlica
francese democratico-sociale., nome con-
venzionale che si venne formando, se non
erro, negli ultimi tempi della monarchia
di Luigi Filippo d'Orleans e valse ad in-
dicare il nuovo ideale politico de' Fran-
cesi. Il nome dura tuttora fra noi in senso
lepido, specie nel linguaggio giornalistico.
La Marianna, personiflnation de la Ré-
publique. (G. Delessalle, Dict. Argot-
Franpais, Paris, Ollendorff, 1896).
Marie: così in francese, e talora in in-
glese, Mary, accade di sentire in certo
linguaggio e in certo ceto mutato il dolce
nome di Maria. Eleggo a caso questo
nome, consacrato dall'arte del Petrarca,
di Dante, del Manzoni e del Carducci,
per accennare al vezzo che le nostre donne
hanno di usare come più eleganti e ga-
lanti i nomi corrispondenti stranieri; ef-
fetto di mondanità, come un tempo in
Roma imperiale prevalevano i nomi greci:
aggiungivi alquanto di mancanza o, meglio,
di oblio di decoro nazionale ; per la quale
cosa avviene del pari che i nostri musi-
cisti eleggano argomenti e titoli strani e
barbarici alle loro opere, le nostre lette-
rate assumano nome straniero di battaglia,
etc. etc. Così, a proposito di nomi, in un
giornale letterario leggevo una relazione
di un romanzo francese, la cui eroina si
chiamava Jacqueline (Jacopa) e lo scrit-
torello nostro si smammolava e sospirava:
« Udite come suona leggiadro e muliebre
questo nome che è sì plebeo in italiano».
Anche qui è questione d' intenderci : i
suoni sono belli o bratti anche secondo
l'orecchio che ci si fa. Francesca, senza
fallo, ha meno agile suono di Franchie:
proviamo a sostituire in Dante:
Frandne, i tuoi martiri
A lagrimar mi fanno tristo e pio.
E una stonatura! Appunto perchè il se-
greto di un linguaggio consiste in una
speciale simpatia e luce che i suoni hanno
con sé, e non sono soltanto semplici desi-
gnazioni di oggetti. Per questo basterebbe
il volapfilk. Vi sono certi nomi che le
nostre gentili donne portavano un tempo
con tutta la completa magnificenza de'
suoni italici e cui oggi le signore evite-
rebbero di eleggersi a battesimo. Vedi ad
esempio i dolci e bei nomi delle gentili
donne nel Decameron., e cfr. il seguente
passo: «Ed aprendo la porta, quivi si era
Madonna Jacopa., nobilissima donna di
Roma, con due suoi figliuoli, senatori di
Roma e con grande compagnia di uomini
a cavallo » (Fioretti di S. Francesco. IV
Considerazione). Verità vuole tuttavia che
si ricordi come questo mal vezzo di dare
alle donne nome francese, inglese, etc.
trovi una qualche eccezione nell'aristo-
crazia storica: ma ciò avviene più per
rispetto alla tradizione che all'italianità.
Marieuse : celle qui aime à s'entre-
■mettre pour procurar des mariages.
Marina: neol. a cui i puristi consigliano
di sostituire la più eletta voce, marineria:.
Mar
299
Mar
significa tutto il servizio navale di uno
Stato. Es. la mar ina italiana^ francese etc.
Distinguesi in marina da guerra o militare,
0 in marina mercantile o di commercio.
Marina: oltre ai noti significati, questa
parola ò usata per indicare quella parte
del mare che è presso la spiaggia e dove
l'acqua è poco fonda. Così intesi dire sul
lido adriatico da' marinai, e tale senso
risponde eziandio ad un uso antico e clas-
sico della parola. Onde andare in marina^
detto delle navi, vale volgarmente are-
narci far naufragio sul lido.
Marinage : voce tecnica fr., tradotta
talora in marinaggio : indica il materiale
scavato nelle gallorie e l'operazione dello
scarico.
Marino per marinaio: è il fr. marin e
dicesi specialmente di marinaio provetto,
rotto alla vita del mare. Voce riprovata
dai puristi, né a torto.
Marionetta: voce venutaci di Francia
ed accettata da gran tempo. La mario-
netta, di solito, si muove coi fili dall'alto:
i burattini si fanno dal disotto, introdu-
cendo la mano entro il fantoccio. Mario-
netta, dunque è il fr. niarionnette^ altera-
zione di mariolette^ diminutivo di mariole.^
nome dato in antico a figurine rappresen-
tanti la Vergine Maria (Littré) o da Ma-
rion (Marie), nome di bambola o Mariole
= bambola, come dicesi nel dipartimento
della Marna (Scheler). La voce « mario-
netta» è tanto penetrata nell'uso che sa-
rebbe pedanteria non accoglierla.
A te, porgente su l'argenteo Silo
lo braccia a l'avo da l'opima cuna,
no la testante ilarità senile
parve la vita accorrere con una
Marionetta in mano.
Carducci (Carlo Goldoni, 1).
Maritarsi : vale prender marito e di-
cesi della donna, « e sebbene qualche e-
sempio non manchi por ammogliarsi, pure
non consiglierei di adoperarlo in questo
senso che sarebbe il se marier dei Fran-
cesi, i quali lo dicono tanto della donna
quanto dell'uomo ». Rìgutini.
Maritozzo : nomo di un dolce di lievito,
fatto con olio ed uva secca, che mangiasi
in Quaresima, comune nelle Marche e in
Eomagna.
Marmellata : è uno dei tanti vocaboli
derivati dal francese (ìnarmelade) e pe-
netrati nell'uso: del quale però non man-
cano antichi ed autorevoli esempi. In
puro italiano, conserva di fruita. La pa-
rola francese proviene alla sua volta dallo
spagnuolo mermelada, cioè la conserva
fatta di mele cotogne (membrillo e nel
portoghese marnielo lat. melimelum).
Marocca: dicesi in milanese della parte
più cattiva di checchessia, ogni rifiuto
di mercanzia. Forse è la stessa che la
parola disusata marame, detta probabil-
mente a somiglianza delle cose che sono
rifiutate dal mare.
Marquise : tenda, tendone^ tettoia., so-
prafenda: così detta parce qu' il protège
les marches oii degrés duperron: ovvero
de la marquise, grande darne., que l'on
garantii de l'inclevienee de l'air. (Littré).
Marron : per indicare il colore marrone,
nel linguaggio della moda prevale, per
vero abuso, la voce francese.
Marrone : nella locuzione veneta e lom-
barda, far marrone significa esser colto
in fallo, ma non di cose gravi; e come
modo efficace quale la piiì parte delle lo-
cuzioni nate dal genio del popolo, fu usata
dal Manzoni nella prima stampa de' Pro-
messi Sposi « sono io che ho fatto un
marrone. (V. Indice analitico metodico
dei P. S. del prof. Boraschi, ed. Brida.
Milano)» . Certo è che in altre parti d'Italia
non essendo intesa, produce pessimo ef-
fetto. Del resto marrone equivale nella
buona lingua a marachella. Marrone per
errore si vorrebbe far derivare da voce
tedesca. Cfr. E. Zaccaria, op. cit.
Marrons glacés : locuzione francese co-
munissima per significare i « marroni can-
diti ».
Marsala: il più famoso e il più uni-
versale fra i vini spiritosi ed igonìci
d'Italia: ricorda lo Xeres ed il Madèra:
ha sapore caratteristico, dovuto a speciale
fabbricazione. Fabbricasi in grandi stabi-
limenti detti, con voce regionale, Bagli,
in provincia di Trapani. L'industria del
Marsala é dovuta al sig. Giovanni Wood-
house di Liverpool, che uvea in animo di
imitare il Madera. B. Inghnnt e Vincenzo
Florio ne seguirono l' esempio, ondo i
Mar
— 300
Ma
nomi delle principali marche di fabbrica
di' tale vino-liquore.
Marsigliese : V. Allons enfants de la
patrie.
{Marsina : voce registrata dal Gherardini,
op. GÌt., per indicare « quel vestimento
che i Toscani chiamano gmbba^ i francesi
habit, i veneziani velada e i milanesi
marsina. Hanno ammesso i giustacori^
ribatexzato le marsine e le croate. Ma-
galotto. Var. Operet. 452 » in dialetto
milanese infatti abbiamo marsina., mar-
sinòn.^ marsinìn. Il Petrocchi pone tale
parola tra quelle fuor d'uso, mentre è
tuttora dell'uso per giubba o falda come
dicono in Toscana. V. Frac e per questa
complicata questione delle vesti maschili,
V. Vestito.
Marsupiali: (dal lat. marsupium r=:
borsa) mammiferi la cui prole nasce in
uno stato di imperfetto sviluppo, onde è
dalla madre accolta in una borsa addo-
minale dove si attacca alle mammelle e
ci sta per il tempo necessario. Tali i
Canguri, il Lupo Australe, le Sarighe ;
i due primi generi sono propri dell'Au-
stralia.
Marsupio: gruzzolo, pecunia., voce dia-
lettale lombarda marsuppi., lat. marsu-
pium rzz borsa.
Martin pescatore: fr. martin pecheur,
uno dei vari nomi dati all'alcione o Uc-
cello Santa Maria. V. Coccal. I diz. hanno
marin pescatore., voce malnota ai natu-
ralisti.
Martinitt: chiamano in Milano gli or-
fani dell'orfanotrofio, perchè in origine
ricoverati nel convento di S. Martino de'
Somaschi in Porta Nuova. Il nome de'
Martinitt ricorre anche nella storia delle
Cinque giornate (marzo J848) per la parte
notevole che vi esercitarono.
Martire a buon mercato: locuzione le-
pida e caustica, non rara, specie nel lin-
guaggio politico, per significare colui che
sfrutta e sconta alla banca del popolo al-
cuna sofferta persecuzione, per avere aiuto
a salire. Noto del resto è l'abuso che si
fa di questa solenne parola (gr. /uciqtvq
r= testimone della fede).
Marxismo : una delle più notevoli suddi-
visioni del partito socialista. Y. Marxista.
Marxista: socialista, seguace delle dot-
trine di C. Marx, di Treveri (1811-1883;:
il maggior apostolo ed assertore di quella
scuola che si suole chiamare del socia-
lisìno scientifico e della universale fra-
tellanza dei lavoratori manuali. Der. Mar-
xismo. Carlo Marx, ottenne popolare ri-
nomanza specialmente per un poderoso
lavoro di critica su la società borghese e
sul sistema capitalistico (// Capitale). Egli
fu organatore del socialismo sotto il primo
nome di Internazio?iale. Suo motto di-
venuto impresa e stemma: Lavoratori di
tutto il mondo, unitevi !
Mary : così, cioè anglicamente, e anche
non trattandosi di donne inglesi, si scrive
talvolta, e si pronuncia Meri., il dolce
nome di Maria, che il Petrarca, Dante,
il Manzoni, il Carducci con tale suono
celebrarono. Se codesta è una maniera
aristocratica per distinguere la dama e la
pedina che portano lo stesso nome, eli' è
distinzione davvero miserevole.
Salve beata! in quale età scortese
quel sì caro a ridir nome si tacque?
Domanda il Manzoni nell'inno II nome
di Maria. In senso profano si potrebbe
rispondere : Talora nella nostra ! V. Marie.
Maryland : nome di tabacco originario
del Maryland (Stati Uniti).
Maschera: talora è così denominato
l'inserviente ed usciere, il cui ufficio òdi
osservare chi entra e chi esce dal teatro.
Mascotte: voce del gergo francese fé-
tiche de joueur: il corno.
Mascula: latinismo, detto di donna che
abbia in sé alcun che di maschile.
Masochismo : voce scientifica derivata
dal nome di Leopoldo Sacher - Masoch,
romanziere tedesco, (1835-1895). Costui
nelle sue opere fu divulgatore e perciò
diede nome a quel pervertimento del
senso che consiste nella voluttà delle
obbrobriose sevìzie. Opposto di sadismo.
V. Appendice.
Massa: voce di primo ordine, univer-
sale, potente atta a vari sensi: risponde
al concetto della collettività di molte cose
0 persone, indicate nel loro complesso.
Essa pure è una di quelle parole fortu-
nate che balzano di seggio molte altre
Mas
301 —
Mas
voci, avendo ampio signiliuato. In questa
sua estensione è ripresa dai puristi. Però
Mitondiamoci : massa è voce più che an-
tica, gr. //d^a, lat. massa: come unità,
congerie di materia, di milizie, etc. ha
esempi classici nella nostra lingua. Ma
luso molteplice e speciale che se ne fa
oggi è cosa propria dell'età nostra. In
tnassa: fr. en masse.
Massacro e massacrare: sono parole
riprese dai puristi come non buone, avendo
noi trucidare., far strage., fare un ma-
cello; strage., eccidio., scenipio.
La strage e il grande .scempio
elle fece l'Arbia colorata in rosso.
Dantk, Inf. X.
« Massacro » è voce di origine teutonica
(basso tedesco mastken., onde il moderno
metxcln) accolta nel francese in massacra.,
massacrer ; e per questa via ci provenne
di recente. Voci usatissime.
Massaggio: V. Masseur.
Masseur e massage: questa parola fu
poi tradotta in massaggio., invece la prima,
e così il fem. masseuse., è pronunciata
alla francese. La parola è di etimologia
incerta, o da fnàoocù rzz impasto, o dal-
l'arabo mass — palpeggiare, e significa
la stropicciatura energica dopo il bagno
per provocare la riazione del sudore e
agire sui tessuti e sui muscoli così che
ne deriva un vero benessere e un aumento
di energia. Questo è antico uso orientale ;
più probabile, dunque, l'etimologia dal-
l'arabo. Per altro come forma di voluttà
non era ignoto ai Romani, pei quali i
bagni formavano un vero diletto sensuale.
Percurrit arjiU corpus arte tractatrix,
Marziale (IH, 82).
Clomo cura modica no' dolori articolari,
nell'ortopedia, per ridar vita ai tessuti
stanchi o malati, il massaggio è di in-
venzione relativamente reconto, e richiedo
una speciale perizia. Dovesi tale processo
curativo specialmente al medico Giovanni
Mezgor di Amsterdam (n. nel 1839j, e la
tecnica di tale operazione distinguesi ta-
lora con lo seguenti voci francesi, effeu-
rage^ friction., pétrissage., tapotement.
Masseuse: V. Masseur.
Massimario: neol. raccolta di massime
0 precetti su di un dato oggetto.
Masslnelli : al pari del Tecoppa, è crea-
zione felice e spontanea dell'attore mila-
nese Edoardo Ferra villa : ambedue rispec-
chiano un certo lato dell'anima popolare
milanese : Massinelli (La class di asen)
è il tipo del giovane pieno di idiota e lieta
bonarietà; Tecoppa del delinquente, ma
non brutale. Questi nomi hanno una certa
estensione, anche fuori di Milano, e spe-
cialmente il secondo ricorre nel gergo dei
giornali.
Massone: V. Frammassone. Nell'uso
però occorre spesso di udire o di leggere
termini simbolici di questa setta, e perciò
qui si dichiarano a un dipresso, senza pre-
tendere di dare, sia di essi che delle parole
massoneria e massone., una spiegazione
storica, enciclopedica o altro. Secondo i
Massoni, concetto fondamentale della Mas-
soneria è la ricostruzione morale della
Società, onde i simboli dell'arte muraria.
[La Massoneria, quale è modernamente,
ha origine dall'Inghilterra]. Compasso:
simbolo de' giusti limiti verso il suo si-
mile: linea di barriera contro l'errore.
Livello: difesa contro le seduzioni del-
l'orgoglio. Squadra e filo a piombo: le
azioni umane secondo equità e giustizia.
Cazzuola: è il simbolo che — mediante
il cemento della libertà, dell'eguaglianza,
della fratellanza, — serve a costruire il
grande edificio. Compasso e squadra in-
trecciati, rappresentano l'uno il ciclo, l'al-
tra la terra. Il Delta raggiante ( J) o Gloria,
è simbolo del G.*. A.*. D.'.U.*. (grande
architetto dell'universo) cioè Dio. 1 mae-
stri delle logge hanno costume, quando
si rivolgono ai fratelli, di mettere accanto
al nome questi tre punti simbolici del
Delta raggiante, onde Tre puntini vaio
popolarmente massone. Trentatrè: è il
Supremo grado della Massoneria di Rito
Scozzese. Trentatrè ò altresì il numero di
supremi consigli massonici, ondo trentatrè
vale popolarmente, massone. Qualun(|uo
sia il loro grado nella vita e i loro titoli
nella gerarchia della Setta, i massoni si
denominano fra loro fratelli. Chi è fuori
del Tempio della Massoneria, è un profano
zzz fuori del tempio, profanus. Loggia:
Mas
302
Mat
con questo nome è propriamente chiamato
il' laboratorio ove lavorano i massoni;
trad. della parola ing, lodge^ fr, loge. (Y.
Loggia). La città dove è unaloggia si chiama
Oriente., e ogni loggia ha un titolo. Ve-
nerabile: fr. venerable., trad. dell' in gì.
worshipful master., è detto il presidente
di una loggia. Gran loggia: nome dato
al potere centrale che regge le logge mas-
soniche di un paese o nazione: dicesi
anche Grande Oriente. Il capo di una
Grande loggia è detto il Gran Maestro.
Massoterapia: (fr. massothérapie). Da
massaggio e deQajieìa = cura : voce me-
dica che vuol dire uso terapeutico del
massaggio.
Master: comune voce inglese, uguale a
maestro, mastro in italiano. Ma dicesi
inglesemente e mondanamente master., il
direttore d'una partita di caccia o il pili
esperto in qualunque di tali nobili esercizi.
Mastite : termine medico, da juaoTÓgz^:
mammella e il solito suffisso in ite., nomò
generico di tutte le affezioni di carattere
infiammatorio della mammella.
Mastro Impicca: locuzione popolare: il
boia.
Matador: parola spagnuola, dal latino
mactator = uccisore. Nome dato al to-
reador cui spetta nella corrida di ucci-
dere il toro con la spada e a piede.
Matamoros : lett. uccisore di mori.,
personaggio comico della commedia spa-
gnuola, affine al nostro Capitan Fracassa,
discendente dall'immortale Pirgopolinice
plautino (Miles gloriosus). In fr. Mata-
more.
Match: voce inglese (pronuncia mete)
che vuol dire scommessa., partita nelle
corse di ciclisti, di cavalli, di corridori,
di automobili, etc. ; talvolta però dicesi
lepidamente anche in senso morale. Per
chi ama le curiosità linguistiche, eccone
una : « Machk (scommessa) di Lire 450.
Società ippica Riminese » (manifesto del
21 agosto 1900). Il non erudito estensore del
manifesto credette di mancare ad un suo
dovere non adottando la parola nuova: che
abbia sbagliato era troppo naturale; gra-
zioso invece è quella parola scommessa
fra parentesi. Essa vuol dire: « questo
machk voi non capirete, e anch' io non
so come ben scriverlo, però è parola che
io non posso ommettere. » Tratta vasi di
una cuccagna, vecchio diporto italiano !
Noto queste sciocchezze perchè a mio av-
viso hanno valore : documentano cioè il
fascino che su la nostra ignoranza hanno
le parole straniere, quasi recassero un
suggello di superiorità umana, e spiegano
una delle ragioni del decadere della favella
italiana.
Mate: {ilex paraguayensis) arbusto che
fornisce una specie di tè, usato nelF Ame-
rica meridionale. Mate è voce spagnuola.
Materiale : scolastico, ferroviario., scien-
tifico., di guerra in luogo di arredo è
voce riprovata dal Fanfani, ma consacrata
dall' uso. Certo è alla fi-ancese.
Materialismo storico: o determinismo
economico, è la dottrina che ricerca i
motivi dei fatti sociali, politici etc. deri-
vandoli specialmente dalla loro ragione
economica. N. B. Buona chiave moderna
senza dubbio è questa, ma da sola non
basta ad aprire e spiegare il segreto delle
umane azioni.
Materializzazione : neol. di « mostruosa
lunghezza » (Rigatini) foggiato sul neol.
fr. matérialisation.
Materia peccans: lat. materia pecca-
trice, voce generica e vaga, usata dagli
antichi medici per indicare gli agenti spe-
cifici delle infermità.
Matinée: fr. abito elegante di colori
vivaci, estivi che portasi al mattino (di
giorno). Sopraveste che le signore indossano
per far le loro mondizie e nel pettinarsi.
Matinée: voce francese, letteralmente
mattinata, cioè lo spazio di tempo dal-
l'alba sino al mezzodì; poi nell'uso delle
grandi città sino all' ora del pranzo; e
infine significò quegli spettacoli che si
danno in questo periodo diurno, onde una
matinée musicale, alle due o alle tre dopo
mezzodì, una matinée di fanciulli, etc.
Matricolino: (da matricola — ruolo) lo
studente universitario appena iscritto allo
Studio: gli studenti del primo anno; e
per estensione, inesperto.
Mattaccino: ballo giocondo del secolo
XYI. Il Doni lo dice dismesso sino dal suo
tempo, e cioè verso la metà del secolo
XYII. Erano detti ìnattaccini anche i sai-
Mat
303 —
Med
tatori e i pantomimi. Annibal Caro chiamò
con tal nomo certi suoi sonetti burleschi
contro il Castolvetro.
Mattanza: la grande uccisione dei tonni
che si fa in quella singolare pesca. Dallo
spagnolo ìnactama^ lat. mactare =: sa-
crificare, uccidere.
Mattatoio: macello publico.
Mattinale: per mattiniero è versione
del francese matinal. V. suffisso ale.
Mattinata: per spettacolo diurno è ver-
sione del francese matinée^ con la quale
parola indifferentemente si alterna. Matti-
nata neir italiano classico è la canzone
del mattino, come serenata la canzone della
sera, onde il bel verbo morto mattinare.
A mattinar lo Sposo percliè l"ami,
Dante, Par. X, 141.
Mattoide : che ha del matto, neol. scien-
tifico del Lombroso, divenuto popolare,
specie includendovi idea di alcuna genia-
lità. V. Oide.
Mauser: nome di uno speciale fucile a
retrocarica, dall'inventore Guglielmo Mau-
ser (1834-1882jdi Oberndorf.
Mauve: malva., ma nel linguaggio della
moda per varie ragioni, non esclusa quella
che si copia come vien viene dai giornali
stranieri, si antepone dire il colore di una
stofìa in francese: mauve, del, bleu^ etc.
sopprimendo la voce colore e il segnacaso.
Certa gente elegante che si riempie la
bocca con « un beli' abito mov»^ sapesse
almeno di aver detto semplicemente malva.
Mayonnaìse: la voce fr. s'alterna con
la traduzione 7naionesa o maionese., nome
di salsa per condire i pesci lessati e le
carni fredde. Si prepara così: si frullano
i tuorli d'uova (uno per persona è d'assai)
fin che sono diventati candidi e spumosi,
poi frullando sempre, vi si stilla olio fine
d'oliva quantum sufficit., succo di limone
e sale poi. Secondo alcuni lessicografi
maifonnaise è corruzione di bayonnaise.,
della città di Bayonno. Altri scrive ma-
honnaise^ dalla città di Mahon.
Max : Massimiliano : diminutivo tedesco
non infrequente. V. Jean e Marie.
Maximum: superlativo neutro latino,
venutoci dalla Francia por indicare il più
alto gi'ado a cui possa ossero portata una
cosa: nel computo dello pene, il limite
massimo a cui si possa arrivare : simil-
mente dicesi, in opposito senso della parola
minimum. 11 Petrocchi registra tali gal-
licismi. Il Rigutini non li nota né meno.
Al Fanfani la veste latina li fa parere
latinismi, e però li tratta con relativa be-
nevolenza.
Mazurica: noto ballo di origine e nome
polacco. Il tempo forte, cioè il primo dei
tre tempi, è segnato con fiero batter di
tallone, specie presso gli Austriaci e gli
Ungheresi. Divenne di moda a Parigi al
tempo del secondo Impero : presso di noi
ballo e nomi popolari. La forma it. di ma-
zurca mi pare meno comune.
Mazziniano: seguace delle idee del Maz-
zini. Talora intendesi per cotesta parola
il republicano rigido nelle antiche formule,
che poco si è evoluto nella modernità.
N.B. Non dimenticare, comunque sia, che
G. Mazzini, diede — più di ogni altro —
vita e coscienza nuove a questa antica
patria.
E un popol morto dietro lui si mise.
G. Carducci, Maxxini.
Mea culpa, mea maxima culpa: per
mia colpa., per mia somma^ colpa., lat.
della liturgia della messa, divenuto co-
mune.
Mechitarista: appartenente alla congre-
gazione dei mechitaristi., congregazione
monastica e letteraria degli Armeni, che ha
sua sede principale in Venezia, isoletta
di S. Lazzaro o degli Armeni. Ne fu fon-
datore Pietro Mechitar (1676, 1749) ed è
riconosciuta dal Pontefice.
Medaglia di presenza: Vedi Oettone.
Medaglia o medaglietta: la medaglia
d'oro, contrassegno dei deputati: usasi
familiarmente por la stessa deputazione,
ufficio, onore del deputato. «Es. aveva già
25 anni di medaglietta, quando por la
prima volta salì al seggio presidenziale ».
Medela: latinismo \)oi' medicina., rime-
dio.
Me de mi: mio di me. Sogliono talora
i milanesi ripetere, quando parlano il din-
letto, il concotto del possesso prima con
l'aggettivo, indi col genitivo possessivo.
Questo i)articolaro i\v\ linguaggio potrebbe
Med
304
Meg
essere argomento di studio se qui fosse il
luogo. Dice Giovannin Bongee : /' è la
famm de moa de tni.
Medianico : V. Medium.
Medianità: neol. e astratto di medium.^
V. questa parola.
Medicale: (Vedi suf. ale) medicai c'è
in inglese ed in francese, non in italiano:
evidente caso di oblio che in italiano me-
G?/co, oltre che nome, è altresì aggettivo,
cioè dicesi di cosa o di persona attendente
alla medicina.
Medico: detto di donna per medichessa.^
è neol. alla francese. Es. la donna-ìnedico^
fr. femme médecin. V. Professore e Dot-
tore.
Medice, cura te ipsum: medico cura
te stesso! proverbio riportato da G. Cristo,
nell'Evangelo di S. Luca IV, 23.
Medicina legale: ramo delle conoscenze
mediche che trattano della relazione della
medicina col diritto.
Medio-evo: dicesi familiarmente di isti-
tuti e costumanze che sembrano opposte
ed in contrasto con la modernità pratica,
attiva, scientifica. Ma in verità non sem-
pre si tratta di usi antiquati. Anche molte
costumanze modernissime potrebbero me-
ritare r epiteto spiegativo di medio-evo !
Mediocribus esse poetis, | Nonhomines,
non Dìi, non concessene columnae: oion
gli uomini., non gli Dei, non le vetrine
dei librai permettono ai spoeti di essere
mediocri. Acuta e vera sentenza di Orazio,
[De arte poetica, 371).
Medio tutissimus ibis: nel mexxo an-
drai sicurissimo (Ovidio, Met. II, 137),
sentenza aurea specialmente in senso mo-
rale, non però quanto alle strade; che se
per le strade era vero al tempo di Ovidio,
non è pili al tempo degli automobili e
delle biciclette.
Medium : voce universale, più comune di
medio: termine relativo al fenomeno del
magnetismo animale, dell' ipnotismo e
dello spiritismo; e si dice di persona che
parla ed opera in modo che si supponga
avere egli relazione con una forza estra-
nea 0 con uno spirito incorporeo. Molti
medium e spiritisti si vantano di operare
contro le comuni leggi fìsiche, altri di
essere mozzi di comunicazione {medium)
tra i vivi ed i morti. Che molti dei vanti
e delle potenze dei medium non siano
che vanterie od astuzia da giocoliere, è
stato provato ; ma in molti altri casi i
fenomeni devono essere considerati come
sinceri. Derivati medianico e medianità.
V. Spiritismo.
Meermoos: termine tedesco, che tradotto
letteralmente significa musco marino. So-
no chiamati cosi dai fiori cultori i sostegni
di certe colonie di minutissimi animali ma-
rini della classe dei Brioxoi, somiglianti
a muschi e tinti artificialmente in verde.
I Meet: (pronuncia mit)., ritrovo di eaccia.,
ì nel pili frequente uso della parola. E voce
inglese, dal verbo meet = incontrarsi. Cfr.
meeting.
Meeting: (pronuncia miting) comizio:
voce inglese, entrata anche nel dizionario
francese, ma che va, se non erro, scadendo
dall'uso presso di noi. Deriva dal verbo
meet = incontrarsi, dunque riunione, ac-
colta^ concione., parlamento, assemblea^
e alla lettera comixio., da cum e ire =
andare insieme. Mitingaio V oratore, il
frequentatore do' comizi, ma con senso
di spregio. Eloquenza mitingaia., cioè tri-
bunizia : di molto rimbombo e poco senso,
molta violenza e poco buon senso. Voce
condannata dai puristi.
Mega: gr. juéyag = grande., una delle
parole più frequenti, usata specie nel lin-
guaggio scientifico, come prefisso compo-
nente di moltissime parole. V. Logo.
Megadine: lett. dal greco ^= grande
forxa : termine nuovo di fisica : indica la
forza di un milione di dine. Una dine
1 gr.
(V. questa parola) è = Q7^'7^-, dunque una
megadine è circa un chilogrammo. Sistema
assoluto di unità di forza, adottato nella
fìsica.
Megaohm : (dal greco, lett. grande ohm)
nuovo termino di elettrotecnica : indica
la resistenza offerta da un conduttore alla
corrente elettrica, quando la resistenza
stessa è uguale ad un milione di ohm.
V. Ohm.
Megalòmane : V. Megalomania.
Megalomanìa: voce scientifìca univer-
sale, da/zé/a^ = grande e juavìa = follia,
dunque delirio di grandezza che è una
Mog
305 —
Men
delle forme più comuni di pazzia, e con-
sisto nel credersi re, imperatore, profeta,
v>roe, etc. A questa parola oggi è data
un'estensione di troppo maggiore, e in
([uesto senso passò dal linguaggio dei me-
dici al linguaggio comune, significando che
non sempre il megalomane è in manico-
mio né sempre la megalomania si accom-
pagna a demenza : spesso anzi si ac-
compagna all'ingegno pratico e attivo,
costituendone però un difetto, giacche il
megalomane nella sconfinata opinione di
sé, manca del senso critico dell'opera
propria, che è tutta bella, degna, perfetta.
Questa stessa fiducia e inconsapevolezza,
togliendo però dubbi ed esitazioni, costi-
tuisce una forza da cui l'ingegno trae
spesso straordinario vantaggio. Avvertasi
infine che il grosso publico, essendosi im-
padronito di questa come di altre parole
scientifiche, la usa e l'abusa con diletto
come i bambini fanno dei balocchi nuovi.
Derivato megalòmane.
Megatèrium e megatèrìo: specie di mam-
miferi fossili, dal greco itiéyag = grande
e dì'iQ := animale, mostro, fiera.
Mehr Licht!: }ìiù /««ce.' parole attribuite
a Volfango Goethe prima di morire. Mi
.Si oscura l'universo, disse Giovanni Bovio,
morente.
Melange: = mescolanza: nome di li-
quore, ed é voce creata in Milano, sempre
(;on l'intento di accostarsi all'ideale di
una parola francese ; la quale poi, in tale
senso, non e' è in quella lingua.
Melanzana: più coni, petonciano spiega
il Petrocchi o petrooiciano, noto frutto del
Solanum melongena L., solanacea colti-
vata nell'Europa meridionale.
Melinite: V. Lyddite.
Melior est canis vivus leone mortuo:
l'Jfclesiastc^ IX, 40. ondo, probabilmente,
il nostro adagio : meglio un asino vivo che
un dottore morto.
Melone: è nome di cucurbitacea e di
frutto notissimo e caro al dolco estato in
ogni regione d'Italia, fratello giallo della
rossa anguria: ma non si trova — di so-
lito — registrato noi diz. italiani perchè
quivi vince la voce toscana popone (Me-
lopcpo^ ciicumis melo).
Membro : por .tocio di Istituto o Acca-
demia, Corporazione, etc. non è « bellis-
simo » dice saviamente il Eigutini. Di
fatto è ridicolmente amfibologico. Ripro-
vevole pure è l'uso di membri per stanze
di una casa, ma non mi pare voce molto
usata in tale senso.
Memento mori : ricordati che devi mo-
rire, motto di mortificazione e di richiamo
dei Trappisti e degli asceti, dedotto dal
Memento novissimorum ( Ecclesiastico
XXXVIII, 21) e dal Memento homo quia
pulvis es et in pulverem reverieris (cfr.
Genesi, III. 19).
Meminisse iuvabit: V. Forsan et haee
olim meminisse iuvabit.
Memorandum : latinismo (da ricordarsi)
della lingua francese, usato per indicare
una nota diplomatica contenente l'esposi-
zione sommaria d'una questione, e degli
atti che un governo emanò in proposito.
Ménage: (dal basso latino masnaticum
0 ìnansionaticum., derivati dal verbo ma-
nere; quindi il luogo ove si sta, la dimoì'a,
confronta magione.^ maison) : ecco un bel-
l'esempio della differenza tra il francese
e l'italiano : quello adopera una sola voce
in vari sensi, mentre noi adoperiamo dei
sinonimi : ménage indica sì la famiglia
come il reggimento della famiglia, come
i suoi componenti, o la famiglia nel com-
plesso, come ciò che è necessario alla
casa, come l'unione dell'uomo e della
donna, e simili. Onde le frasi che si pos-
sono fare con un'unica voce e senso lucido:
Ménage de gart^on., entrer en ménage.,
ils font bon ménage, s'acheter 2in mé-
nage., il y a quatre ménages dans cette
maison., tout seri en ménage., mettrc une
fille en ìuénage., faiix ménage., etc.
Ménage a troie: cioè il marito, la
moglie e Vantante di costei in pieno ac-
cordo. Locuzione parigina, e cosa di questo
mondo. Cfr. il Parini:
Tja pudica d'altrui sposa, a te cara.
Menagère : voce francése, proferita nel
nostro ceto ricco e mondano alla buona
parola massaia. Menagère è una dolio
tanto voci fr. entrato anche in tedesco;
ma di tale servitù quel popolo tondo a
scuoterò oramai il giogo.
Ménagerie : in vece di serraglio^ ricorro
taìorji neiruso, corto non del popolo, bensì
A. Pan/ini. Sujiplemmto ai Dixionari italiani.
Men
306 --
Men
delle persone di mezza coltura o che vanno
per la maggiore. Ménagerie è da ménage
= recinto o chiuso per gli animali nelle
campagne, poi nel significato di serraglio
per belve e strani animali.
Menare a bere : colui che mena a bere,
specie in rapporto alle bestie che vivono
a torme, è più esperto degli altri, onde
così si dice familiarmente di persona che
la sa più lunga, ha più astuzie, lacciuoli,
esperienza, quindi trae altri ove vuole e
con sua utilità.
Menare il can per l'aia: locuzione nostra
familiare, tirarla alla lunga con scopo
determinato, specie per guadagnar tempo.
Menare uno per il naso : condurre altri
docilmente e stupidamente, far fare ad altri
•ciò che si vuole ; e spesso vi è inclusa la
idea del male operare. Locuzione familiare,
tolta probabilmente dal modo con cui si
guidano i buoi per le froge col mordacchie.
Meneghino: è pei milanesi ciò che è
Stenterello pe' Toscani, Pantalone pe' Ve-
neziani, etc, maschera arguta e di molto
buon senso, ancor che semplice e ville-
reccia. Sembra provenire da una sincope di
Domeneghin, (Domenico), o secondo altri
da Domenega^ ossia servo della domenica.
Questa seconda spiegazione sembra più
conforme al vero : solevano le dame avere
un servo pel dì della domenica perchè le
accompagnasse alla chiesa, tenesse il libro,
etc. « Una satirica descrizione del Mene-
ghin^i considerato come servitore della
domenica, ci ha lasciato Guido Ferrari
nel voi. VI, p. 240 e 241 delle sue opere
impresse in Milano nel 1791 » (Cherubini).
Come aggiunto di dialetto, oppure da solo,
meneghino è sinonimo di milanese. Par-
lar meneghino, cioè parlar milanese vol-
gare. Dirla in buon meneghino^ dirla
chiara.
Meneghino (dialetto): è propriamente il
linguaggio forte e storico dei sobborghi e
del volgo milanese, linguaggio dalla tra-
dizione letteraria antica e gloriosa, ultimi
il Tanzi, il Balestrieri, il Porta: distin-
guesi dal dialetto milanese odierno, par-
lato dalle classi medie, in quanto questo
è raggentilito e più facile ad essere inteso.
Meneur: nel senso di personne qui est
à la téte d'une intrigtie^ d'un mouve-
ment populaire, qui le dirige., etc, è voce
francese, usata per vizio, che talora si
incontra, specie nel linguaggio dei giornali.
Meningite: V. Dura madre.
Meno: è riprovato dai puristi e dai
grammatici nelle seguenti locuzioni: 1) A
meno che in vece di eccetto che. 2) Meno
per eccetto., fuor che, es. tutti meno io.
3) Quanto meno per almeno. 4) Meno
con senso negativo per wo, usato in pro-
posizioni disgiuntive : avvertimi se questa
cosa si può fare o meno. 5) Nella locu-
zione: non posso fare a meno di, etc.
più schietto: non posso fare che (Rigu-
tini). Quanto al più, schietto., sostituirei
più classico e puro. Certo fuor dell'uso
corrente.
Menopausa: da fjLfjv z=. mese e navoig
-z cessazione : termine medico che signi-
fica il cessare de' mestrui in sui cin-
quant'anni. Menopausa artificiale si dice
quando avviene in seguito ad operazione,
asportazione dell'utero o castrazione bila-
terale.
Mens sana in corpore sano: sentenza
latina, fin troppo nota, anzi frase fatta:
è un emistichio di Giovenale (Satira X.
356) : orandum est., ut sit mens sana in
corpore sano., conviene pregare che sia
la mente sana nel corpo sano.
Mentalità: stato intellettuale. Nuovo
astratto, dal fr. mentalité.
Mentolo : (C k, H jg OHj : canfora di
menta: è la parte concreta (steraoptene)
che si separa per raffreddamento dall'olio
essenziale di menta peperita. Si usa in
profumeria e specie in medicina pei* sali
odorosi, pastiglie, etc.
Mentore : nel mito di Odisseo, Mentore è
l'amico dell'errante re di Itaca, precettore
di Telemaco. Fénélon nel suo Telemaco
imagina che Minerva accompagni il giova-
netto sotto le spoglie di Mentore. Dicesi
Mentore in fr. e in it. di guida saggia e
paterna, di consigliere fidato : spesso in
senso ironico. Da fiévog = ardimento,
animo, volontà.
Menu : notissima voce, con cui si in-
dica la serie dei piatti e la qualità loro
negli alberghi, e ne' pranzi : si scrive in
eleganti cartoncini, posti avanti ai con-
vitati 0 in mezzo alla tavola. Lista è la
Moli
307 —
Mei-
parola che vi risponde precisamente ed
ha esempio antico in tale senso. Nel libro
citato dello Scappi, la lista delle vivande
(' detta servhto di cucina. Ma avessimo
anche mille parole, menu è la voce del-
l'uso, spesso alternata con la sua tradu-
zione, minuta. I germanici, pur essi as-
serviti a moltissimo voci francesi, dicono
parimente mente; ma come popolo forte
che ha senso del suo essere e volontà di
essere, e però onora il proprio linguaggio,
tonde a purificarlo in molte parole, e ad
OS. in questa. A menu sostituisce la pa-
rola, Speisenfokje. Le goffaggini poi di
termini culinari, appartenenti ad un lin-
guaggio che non è più di alcuna nazione,
ma che pompeggiano sicuramente anche
in banchetti solenni ed ufficiali, si pre-
sterebbero ad arguta trattazione, se qui
fosse il caso.
Menuisier: fr. falegname.
Menzogne convenzionali: titolo di un
acuto e bel libro paradossale e pur vero
di Max Nordau, divenuto locuzione co-
mune (Die konventioneUen Liigen der
Kultur menschheit) . Dicesi di quelle ipo-
crisie che tutti usano, riconoscono per
tali, dispregiano forse nel segreto della
coscienza — quando e' è — ma all'esterno
onorano e vogliono onorate. È spesso la
moneta spicciola del commercio della vita.
Mercante : voce usata in Lombardia e
nell'Emilia per indicare il merciaiuolo
(0 merciaìolo come vuole il Petrocchi)
cioè chi vende tutte le cose minute oc-
correnti ai sarti e alle donne per cucire.
Il dialetto lombardo fa largo uso della
voce mercante, seguita dal segnacaso di,
per determinare il genere in cui si merca,
in vece di un sol nome; sino a mercante
di vino^ in vece di oste.
Mercante di carne umana: come ter-
mine storico fu i)ropriamente il negriero
che vendeva gli schiavi d'Africa ai coloni
d'America: dicesi di chi sfrutta senza
umanità e pietà l'opera del suo simile,
0 più specialmente di chi incetta e mer-
canteggia donne per la ju'ostituzione. \ .
Schiave bianche.
Mercante d'ebano: il mercanto di schiavi.
Col nomo convenzionalo legno d'ebano
orano donoiìiinati i negri d'Africa di cui
si faceva grande tratta per le Americhe
nel secolo XVIII e principio del XIX.
Marchand de bois d'ébène.
Merci : voce viva francese cui rispondo
la nostra bolla e morta parola antica,
m>ercede e mercè. In vece di graxie^ o
per lezio o sul serio, dicesi talora merci.
Merda!: versione della storica escla-
mazione di Cambronne. V. Hugo ne' suoi
Miserabili (2^^ parte, lib. I, cap. XIV)
descrivendo la battaglia di Waterloo, dice:
« un generale inglese, Colville secondo
gli uni, Maitland secondo gli altri, gridò:
bravi francesi, arrendetevi!, e Cambronne
rispose: Merde!
Merdocco: V. Depilatorio.
Merenda: dicesi nel Veneto (marenda)
per colazione^ mentre il suo significato più
comune e conforme all' uso toscano, è il lieve
pasto tra il pranzo e la cena.
Meringa: specie di dolce leggero, ri-
pieno di crema o di lattemiele : fr. mé-
ringue, voce di dubbia etimologia, o
dallo spagnuolo melindre., radice mei =
miele, frittella di miele e farina, o da
Mehringen^ nome di villaggio tedesco.
Merinos: alla francese, ò grafia e pro-
nuncia forse più comune di merino.^ ita-
liano e spagnuolo: nome di fine tessuto,
proveniente dalla lana della pecora Me-
rino (ovis aries hispanicaj che per essere
molto produttiva, servì a migliorare molte
altre razze europee.
Meritare conferma: nel linguaggio gior-
nalistico è usata questa singolare locu-
zione per dire che una notizia è data sol-
tanto come probabile, quindi che deve
essere confermata.
Merla: i tre giorni della merla, locu-
zione lombarda (i trii dì de la merla)
che vuol indicare i tre giorni più freddi
dell'anno, cioè i tre ultimi di gennaio.
Di questa locuzione ho raccolto due leg-
gende : la prima di una merla che avendo
nidificato ansii tempo gli ultimi tre dì del
gennaio (che si dico avesse soltanto 2S
giorni), questo por punirla, chiose al feb-
braio (che aveva 31 giorni) tre dei suoi
più freddi giorni: l'altra di una giovano
sposa di nome Merla che nel traversare
il Po, gelato, fu inghiottita o tre dì ri-
mase nascosta, (^ questi tro giorni dalla
Mer
308 —
Met
Merla ebbero nome. L'antico e disusato
proverbio toscano: « La Merla ha passato
il Po », ha relazione con questa leggenda?
Merlano: (voce lombarda, dal francese
merlan) noto pesce dei nostri mari, della
famiglia dei gadidi (ordine dei malacot-
teri) ; della lunghezza media di dieci o
quindici cm., di facile digestione, specie
lessato, eccellente poi in tutte le salse e
forse è per codesto che non ci intendiamo
a chiamarlo. Il merlan francese, è il Mer-
langus vulgaris^ che sul nostro lido adria-
tico dicesi Merluxxo^ a Venezia è chia-
mato Lovo^ in Toscana Nasello^ in Istria
Molo^ in Lombardia, francesemente, Mer-
lan. luljornh^vàìdi ^qy merlu%xo si intende
il baccalà, che è il merluzzo grande (Oa-
dus Morrhua) dei mari del Nord e che
in commercio si trova essiccato ; e secondo
la preparazione, è detto baccalà o Stoc-
co fisso. (V. questa parola).
Merletta : in romagnuolo, saliscendi.
Merluzzo: V. Merlano.
Mésallianoe: fr. alleaQiza., matrimonio
con persona di condizione inferiore e bassa
per cui ne deriva danno e disdoro. Il pre-
fisso mese uguale all'italiano w^5 che tro-
viamo in misleale [sleale], miscredente, mi-
saventura, misfatto, etc, dal latino minus.
Mesmerismo: dottrina del Mesmer sul
magnetismo animale (Francesco Mesmer
di Iznang, lago di Costanza, 1734-1815).
Messagerie : fr. stazione ed ufficio onde
partono vetture o navi. La vettura o la
nave stessa.
Messaggio: fr. 7nessage.,mg\esemessage^
nel linguaggio diplomatico indica le co-
municazioni che il capo del potere ese-
cutivo rivolge al potere legislativo. Il Pe-
trocchi registra tale senso neologico, ma
a me pare che in italiano si dica discorso,
e che, se usiamo la voce messaggio^ è spe-
cialmente riferendoci a governi stranieri.
Messalina: (Yaleria) imperatrice roma-
na (15, 48 dell' era volgare) moglie del-
l'imperatore Claudio. Dicesi antonomasti-
camente di donna rotta ai piaceri e ses-
sualmente degenerata {et lassata viris.^
necdum satiata recessit. Così fu detto
di Messalina).
Messa nera : fr. messe noìre : parodia
audace e sacrilega della messa Cristiana
in onore di Satana - la forza naturale, mi-
steriosa e ribelle - celebrata dagli stregoni
e dalle streghe nell' Evo Medio. V. la
ricostruzione in Michelet, La Sorcière. Di-
cesi oggi messa nera di certe rituali orgie
con cui a' degenerati sessuali e sociali
sembra di adonestare il loro perverti-
mento.
Messianico: agg. da Messia., francese
messianique., inglese messianic. Storica-
mente è la speranza del popolo ebreo in
un Re, spirituale e temporale, che riu-
nendo e liberando Israele, riconducesse
l'età dell'oro su la terra. Questo è il nome
che ricorre nelle Sacre Carte (Vecchio
Testamento) Mashiach., da mashaìi un-
gere, voce ebraica, V unto del Signore.
Questa speranza in un Messia (Liberatore
Duce, cfr. il Veltro Dantesco) si incontra
anche nella tradizione di altri popoli, op-
pressi e divisi, e prende nome dalla più
famosa di questo tradizioni che è appunto
quella degli Ebrei.
Messianismo: fr. messianisme., credenza,
attesa di un messia.
Messidoro : da messis = messe e òcòqov
= dono : decimo mese del calendario re-
publicano francese (dal 18 giugno al 18
luglio).
Era un giugno maturo, era un bel giorno
del vital messidoro
Carducci, Rimemìyranxe di scitola.
Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba:
uno dei tanti versi danteschi (Paradiso
X, 25 ) divenuti popolari : questo entrato
specialmente a mo' di frase fatta nel gergo
delle scuole.
Mestruazione e mestrui : dal latino me?i-
strua mensile: fenomeno fisiologico con-
giunto al fenomeno della riproduzione, che
appare nella donna dal tempo della pu-
bertà alla menopausa, e consiste in uno
scolo sanguigno per le vie genitali, e si
riproduce ogni mese, fatta eccezione del
tempo della gravidanza e talora dell'allat-
tamento. Diconsi anche Regole e così in
fr., règles. V. Marchese.
Meta: parola che non esce dall'uso dia-
lettale milanese, usata dal Manzoni, P.S.,
cap. XII e dichiarata con le parole : « così
chiamano qui la tariffa in materia di com-
mestibili », calmiere.
Met
- 309 -
Met
Metà: familiarmente e borghesemente e
talora come celia si dice per moglie^ specie
nella locuzione la mia metà. Registrano
tale senso il Tommaseo, il Rigutini, etc.
Cosi pure in francese, ma moitié = ma
femme.
MexaPaìvojHEv evTEOdev: Y. Les Dieux
s'rn vont.
Metallo bianco o metallo Britanniao me-
tallo Inglese: lega il cui componente prin-
cipale è lo stagno e gli altri sono il piombo
l'antimonio, lo zinco, il rame in composi-
zione variabile secondo gli usi cui deve
servire. Ha colore bianco lucente ed ha,
come è noto, svariatissimi usi. Distinguesi
dal pahfong.
Metamorfosare: per trasformare^ spe-
cialmente nella forma riflessa, è neologismo
tolto dal fr. métamorphoser: gr. /lera/uoQ-
(pòcù zrz trasformo. Voce ripresa dai puristi,
certo non bella e non registrata comune-
mente.
Metempirico: termine filosofico neol.,
dovuto a Giorgio Enrico Lewes, e vale
meiafisieo^ trascendentale.^ riferito a ciò
che è do^po l'esperimento (/netà = dopo
ed è^imeigia = prova) ciò che non è ve-
rificabile entro i limiti di una possibile
esperienxa.
Metano: V. Grisou.
Meteorismo: termine medico: gonfiamento
dell'addome e anche dello stomaco per ef-
fetto dei gas quivi contenuti. Da jtierécjQog
= elevato, in alto, (onde poi meteore^
fieréoQa., i fenomeni atmosferici che av-
vengono in alto, nel cielo). Vale press' a
poco corno tiìiipanismo.
Metodo storico: chiamasi in letteratura
quel processo di critica obbiettiva e scien-
tifica che parte dal fatto e dal documento
sincerato e vero, quale appunto si preten-
de nella storia. Si contrapone, in certa
maniera, al metodo estetico di cui tanto
si abusò pel passato. Il metodo storico rap-
presenta negli studi di ricorca e di lette-
ratura quel positivismo che pervade og-
gidì r umano pensiero. Ma avvertasi che
in arte il documento di per so poco vale
quando non è vivificato dal sentimento e
illuminato dall' intelligenza, o che l'intui-
zione e r estetica hanno la loro ragione
d'essere, e sono cose positivo osso puro.
Dal Muratori al Bartoli, al Carducci, al
D'Ancona, il metodo storico ebbe pur fra
noi cultori insigni che rinovarono l'atmo-
sfei'a e gli studi letterari in Italia. Però
abusato talora nelle scuole nostre, non poco
contribuì a disamorare i giovani da quegli
studi che gli antichi dissero, anzi tutto
ed a ragione, belli ed umani.
Metraggio: 1' atto del misurare per me-
tri, metratura. Nel linguaggio comune
del commercio questa voce, tolta dal fran-
cese métrage^ col solito suffisso in aggio^
è prevalente.
Metrite : nome generico dato a tutte le
affezioni infiammatorie dell' utero. Da
jiirjTQa = utero, matrice.
Metropolitana: nome delle ferrovie che
servono al trasporto entro l'ambito delle
grandi città o metropoli, come Londra,
Vienna, Parigi: sono ferrovie talora aeree
0 sotterranee.
Mettendolo Turpino, anch'io l'ho messo:
così umoristicamente l'Ariosto {Orlando
Furioso., XXVIII, 2) chiede scusa del
bellissimo, ma troppo realistico racconto,
in cui l'Oste fa la psicologia dell'animo
muliebre ; ne riversa cioè la colpa su l'ar-
civescovo Turpino cui la leggenda attri-
buisce l'epica storia di Orlando. Ripetesi
talora il verso in senso analogo.
Metter dell'acqua nel suo vino: mode-
rarsi., temperarsi., diventar meno violento
e più cauto nelle proprie idee e nello pro-
prie azioni, e si dice talora ironicamente
quando ciò accade non tanto per sopragiun-
gere del senno prudente, quanto per neces-
sità e forza delle cose. Locuzione dedotta
dal francese: viettrc de l'eau dans sonvin.
Metter dentro alle segrete cose: V. Se-
grete cose.
Mettere a dormire: si dice familiarmente
che una questione, una pratica etc. è
me.ssa a dormire quando per deliberato,
e spesso tacito consenso, non se no fa
più parole, la si considera corno esaurita
e risolta, benché tale non sia.
Mettere agli archivi: gli archivi (lat.
archium., dal gr. àiì^afoi; — antico) sono
il luogo ove si mettono e custodiscono i
documenti e le scritturo i)ublicho o pri-
vato dopo che lo coso e operazioni a cui
esso servivano, vennero adempiuto. Spos-
Mot
310 -
Met
so però le carte si ripongono per sempre
senza risolvere la cosa di cui trattano.
Da ciò il modo di dire mettere agli archivi^
usato specie nel linguaggio politico, per
dire « non più trattare, seppellire una que-
stione » . Avvertasi che la locuzione mettere
agli archivi ricorda la fr. equivalente
mettre aux archi^es.
Mettere alla porta: licenziare in modo
brusco, scacciando : fr. mettre à la porte.
Mettere all'indice: V. Indice.
Mettere all'ordine del giorno: V. Ordine.
Mettere a posto : cioè far star a dovere.
includendo il concetto di azione personale
energica in sostegno del proprio diritto,
e di prepotenza o turbolenta usurpazione
od esorbitanza da parte altrui.
Mettersi a posto: trovare impiego, da
vivere, accasarsi^ farsi la posizione^ il
nido.^'il covo e simili. (Locuzione lombarda).
Mettere con le spalle al muro: ligura-
tamente vale, ridurre altrui al punto che
più non possa indietreggiare, cioè tergi-
versare, sfuggire; sia quindi obbligato a
da]' battaglia.
Mettere il cervello o la testa a partito :
dicesi, 0 come esortazione o come asser-
zione, di persona che fu innanzi incurante
de' fatti suoi, trascurato, dissipato etc.
Mettere il lucchetto: chiudere, e, figu-
ratamente, impedire di parlare. Alcun tem-
po fa era in uso, specie nel giornalismo,
la locuzione la cuffia del silenzio.
Mettere in libertà: licenziare da alcun
servizio.
Mettere in opera: locuzione dei mecca-
nici e degli industriali per indicare l'as-
setto di servizio e il buon funzionamento
di macchine, utensili, organi delle fab-
briche, etc. Questa messa in opera richie-
de aumento di responsabilità e quindi di
spesa. Brutto neol., dal francese.
Mettere in quarantena: detto di notizie,
vale ritenerle sospette, metterle quindi
sotto osservazione come si fa delle navi
che si ritengono infette.
Mettere in rilievo: V. Rilievo.
Mettere in tacere: non più trattare o
parlare di una data cosa, ovvero operare
abilmente in modo che di una questione
spesso incresciosa o pericolosa o per sé o
per amici, non più si abbia a rinnovare
parola. Se la giustizia ne soffre, altri ne
gode. L'arte del mettere in tacere è antica
quanto il mondo, spesso è buon spcdiente
politico: così i senatori romani, comperati
da Giugurta, avrebbero messo in tacere
assai volentieri lo scandalo d' Africa: omnis
invidia prolatandis comsultationihus di-
lapsa foret. (Sallustio, Oiiigurtina).
Mettere i punti sugli i: rompere il ri-
serbo, quindi dire le cose chiare e con
significazione, dichiarare i nomi delle per-
sone : in fr. v'è pure mettre les points sur
les i.
Mettere una nota gaia, triste etc: dicesi
tanto dei colori, come delle parole, dello
espressioni e anche di persone : locuzione
tolta dal linguaggio musicale : panni re-
cente e non certo di provenienza francese.
Mettere una pulce nell'orecchio: indur-
re in alcuna persona dubbio e sospetto.
Mettere una questione sul tappeto: met-
terla in discussione, proporla^ esami-
narla: è il fr. ìnettre une affaire., une
question sur le tapis (cioè sul tappeto che
ricopre il tavolo).
Metter la mano sul fuoco: affermare
in modo sicuro, mallevare. Locuzione
nostra familiare, tolta più che dal ricordo
liviano di Scevola, dalle prove del fuoco
in uso ne' tempi di mezzo : e vuol dire
« sono così certo della verità che porrei la
mano nel fuoco, sicuro di non ardere ».
Metter la museruola o mettere il ba-
vaglio: locuzione figurata che vuol dire
costringere altrui con violenza al silenzio
e alla sottomissione. Cfr. mettere il luc-
chetto.
Metter le cose a posto: figuratamente
vale stabilire la verità o F ordine delle
idee e de' fatti perben giudicare di alcuna
questione. Si suole così dire in opposizione
a chi, nel confondere o tacere ad arte i
fatti, si studia di svisare il vero aspetto
di una questione.
Metter le gambe sotto la tavola: met-
tersi a tavola, ma includendovi la buona
idea di godere tranquillamente della mensa,
senza altro curare.
Metter le mani avanti : chi sta per ca-
dere mette istintivamente le mani avanti
per difesa. Questa locuzione si trasporta
in senso morale riferendosi al premunirsi
Met
311
Mez
che uno fa contro un colpo dell' avversario,
una possibile obbiezione od attacco.
Metter nel sacco : locuzione usata fami-
liarniente \iq\- stravincere^ far di altri ciò
che si vuole. V. Manzoni P. S. cap. I. I
tedeschi dicono parimente den Andern in
den Sack stecken.
Mettersi in evidenza: mettersi in mo-
stra, operare in modo che il publico ap-
prenda il vostro nome e le vostre virtù
e ad esse ricorra onde voi ne abbiate lucro
ed onore. Locuzione foggiata su la fran-
cese se mettre en evidence = se montrer
aree l'intention de se faire remarquer.
Queste frasi fatte che contengono un pen-
siero e risparmiano al pensiero la fatica
di formare la frase, sono una peculiarità
della favella francese. L'uso nostro se ne
impadronì e non vale rimprovero di pu-
risti 0 di grammatici. Certo per chi ha
il gusto della italianità sono una stona-
tura .
Mettersi in libertà : locuzione fami-
liare nostra che vale, di solito, togliersi
il giacchetto e stare in maniche di camicia.
Talora la libertà si limita al colletto,
alla cravatta, etc. Nelle nostre famiglie
di modesta borghesia, di estate, si suole
invitare gli ospiti a mettersi in libertà:
invito che non sempre può considerarsi
come una gentilezza.
Mettersi nei panni (o anche nei piedi):
vale investirsi dell' altrui pa/rte^ posizione^
pericolo. « Credi pure, ch'io so mettermi
ne tuoi panni. » (Manzoni, P. S. VII).
Mettersi o infilarsi la giornea: vecchia
locuzione nostra che vale assumere tuono
disconve?iiente di sentenx,iosa autorità., e
dicesi per ispregio : da giornea., antico
nome di zimarra, aperta sul dinanzi, veste
oratoria o curiale.
Metuens magis quam metuendus: tiìtio-
roso piuttosto che tale da incutere paura.,
<;osi Sallustio (Giugurtina., XX) chiama
Aderbale : locuzione icasticamente la-
tina.
Mévente chiamano i francesi quello che
in Toscana dicesi benissimo rinvilio., cioè
il diminuire del valore e del credito di
una merce. Mévente., da me {minus -zr.
meno) e venie., = vendita.
Mezza calzetta: locuzione spregiativa,
milanese: dicesi in ispecie di donna che
vuol parere e valere più che non sia.
Mezzadria o mezzeria: sistema colonico
per cui il frutto del terreno è diviso in
parti uguali ed eque tra colono e padrone.
Tale sistema è molto antico, specie in
Toscana e in Romagna dove la proprietà
è, 0 meglio, era, assai divisa. Mezzadro
0 mezzaiuolo., il colono che coltiva il ter-
reno con tale patto.
Mezza figura: parlando di persone de-
stinate ad alti uffici di governo, chiamansi
mezze figure quegli individui che non
hanno ne un fiero ingegno, né una volontà
rigida, né una capacità di operare rinno-
vando 0 riformando, ma sono docili stru-
menti delle volontà altrui e si muovono
facili agli urti impressi dagli opposti par-
titi e interessi. Queste mezze figure sono
quelle che le democrazie odierne di solito
preferiscono ed eleggono, giacché dalle
volontà geniali facilmente potrebbero es-
sere dominate.
Mezzania : la parte di mezzo alla lun-
ghezza di ogni bastimento. Dividevasi
l'asse maggiore in tre quartieri : di prua,
di poppa e di mezzania. Sezione di mezzo.
Mezzanino : a questa parola è dato a
Milano un senso alquanto diverso che nel-
l'uso comune italiano (V. e correggi Am-
mezzato)., indica cioè le bassissime stanze
sotto il primo piano dei palazzi, abitate
dai familiari e da povera gente. Probabil-
mente sono detti mezzanini perché il
piano (si tratta di solito di antichi palazzi)
che per rispetto alla facciata appariva
unico, rispetto all'uso era diviso in due.
L'igiene odierna li condanna. Oggi questi
piani, pur alquanto occultati tra i piani
principali, sono detti ammezzati, e deb-
bono rispondere a certo leggi igeniche.
Mezzanotte : come punto geografico op-
posto a mezzogiorno., cioè t^qv settentrione
0 nord è ripresa dai puristi come voce
« discretamente ridicola » (Rigutini).
Mezzo: al pi. per av&ri^ sosfanxe, de-
nari., etc. è dai puristi ritenuta voce di
cui troppo si abusa. | Mezzo per fuodo.,
via. come tentai ogni mexxo., non pare
ai puristi di schietta italianità | Mezzi
vocali per voce è del pari locuzione ri-
presa I « Sconcissimo» ciiiama il Rigutini
Mez
— 312 —
Mie
il modo di dire a mexxo invece di per
'ìiié%X;0 Es. a me%x,o stampa. Che dire poi
della scrittura a 72 "•
Mezzo : quando è messo dopo altro nu-
merale, resta 0 dovrebbe restare invariato.
Es. sono le tre e mexxo.^ cinque lire e
mexxo.
Mica: (lat. w^^ca, bricciola) è particella
rafforzativa e riempitiva, non negazione
in se solamente (come quidem in latino).
Perciò è idiotismo lombardo usare mica
senza negazione. Es. io so ìiiica. Tanto
però è r uso di questo mica {minga e
mia) che fanno i lombardi che, nell' 0-
pinione erronea essere l' italiano molto
diverso dal loro dialetto, quasi altra fa-
vella, non pochi indotti temono di usare
mica anche dove è bene usata : es. io
non so mica. Bel resto litiga è forma
letteraria antica, viva in altri dialetti no-
stri, veneto^ romagnolo.
Mica male: per discreto^ abbastanza
bello^ buono^ è locuzione milanese che non
esce dal linguaggio familiare. Cfr. per ciò
che di elementi gallici ha il dialetto lom-
bardo, il fr. pas mal.
Micca: e diminutivo micchetta., nel dia-
letto milanese significa pane, panino:
deriva dal latino mica., bricciola, pizzico,
mica panis (Lo Zaccaria, op. cit. pro-
pone un'etimologia tedesca: in fr. miche
-- pagnotta). Micca è parola usata anche
in Romagna, e dicesi mecca = il pane di
farina gialla. Le affinità nei vari dialetti
italici ci si mostra sempre m.aggiore come
pili ci addentriamo negli studi di essi.
Appare, per così dire, unica la radice di
piante che sopra il suolo stanno divise e
lontane.
Micidiale: (da omicidiale) antica parola
nostra che con forza di sostantivo (omicida)
fa usata fin dal Boccaccio : « non volere
divenire micidiale di chi mai non t' of-
fese », {Decameron^ Giornata II, novella
IX). Questa antica voce rivive oggidì,
specie nel linguaggio degli antropologi,
per significare coloro i quali recano le
stimate degenerative del sanguinario.
Micro: vale piccolo., gr. /umoóg., ed en-
tra come prima parte in composizione di
moltissime parole, neologiche la più parte,
del linguaggio scientifico, per esprimere
il concetto di piccolezza, contrapposto a
quello di grandezza, che suole esprimersi
con macro {fiaugóg) 0 con mega, {/néyag)
grande.
Micròbio: pi. micròbi, devesi ritenere
miglior lezione di mìcrobo., almeno por
ragione etimologica (da //tK^ó^ = piccolo a
^/o^ = vita, cioè animali di piccola vita).
Probabilmente la forma mìcrobo 0 microbo
ci derivò dal fr. microbe. Il Petrocchi ne
dà una spiegazione che si può benevol-
mente chiamare ingenua : « animaletti mi-
croscopici scoperti dal prof. Pacini nei
corpi dei colerosi », e quelli che non sono
nei corpi dei colerosi? Microbio è nome
generico come l'altra parola microrga-
nismo., e comprende, oltre ai bacteri,
altre specie, come gli infusori, le muffe,
gli agenti della fermentazione, etc. (V.
protisti., bacteri e bacilli). Questa parola
microbio è diventata popolare ed è usata
anche in senso traslato.
Microcefalo: termine medico da jumQÒg
r= piccolo e uecpahj = testa. Sviluppo del
cranio e del cervello, inferiore al normale.
Si accompagna di solito all'idiotismo ed
al cretinismo. Anche questa parola della
scienza è entrata nell' uso ed abuso del
parlare comune e vale stupido., eretino etc.
Micrococco : nome dato a bacilli 0 bacteri
in forma di grani, da jLuuaós = piccolo,
e coccus = grano 0 bacca.
Microfarad : (gr. letteralmente piccolo
farad) Nome di capacità elettrostatica : e-
quivale ad un milionesimo di farad: viene
comunemente usato come unità di misura
per esprimere la capacità dei condensatori
elettrici e delle condutture elettriche, quali
sono i campi telegrafici subacquei, le linee
telegrafiche e telefoniche aeree e sotterra-
nee etc.
Micromania: neologismo foggiato ana-
logicamente di megalomania: dal greco
juiuQÓg =1 piccolo e jLiavia : tendenza dello
spirito a pensare e sentire bassamente di
sé : vi si annette sempre un significato
morboso e anormale. E l'opposto dell'abu-
sato vocabolo ììiegalomanìa., cioè il sentire
esageratamente di sé, onde i due nomi
megalòmane e micr ornane.
IVIicrorganismo: neol. scientifico dal gr.,
piccolo essere organÌ7i%ato. \ . Microbio.
Mid
- 313 -
Mil
Midinette: altro e nuovo nomo che l' i-
ncsauribilo genio del gergo parigino creò
l'cr indicare la sartorella (Y. grisette^ ma-
damina), così detta dalla refezione del
mezzodì (midi).
IMidriasi: (juvÒQÌaois^ da ajuvÒQÓs =
oscuro) dilatazione anormale della pupilla
con immobilità dell'iride: der. midriatico:
termino medico.
Mielite: A&. /uveXós = midolla: nome
dato alla più parte delle malattie intrin-
seche della midolla spinale.
Migliore della sua fama: locuzione pro-
babilmente dedotta da Ovidio, ipsa sua
fama melior {Ep. ex Ponto, I, 2, 143)
C'fr. il verso dello Schiller {Maria Stuar-
da. Ili, 4), Ich bin tesser als viein Ruf.
Miglioria: neologismo notato da Rigu-
tini come non buono: «se di terreni Ja
voce italiana è bonificamento^ se di ma-
lattia miglio'ì'amento ».
Mignardise: = delicatezza, damigìiard,
grazioso, delicato : voce francese da noi
usata per significare una specie fine di
merletto per guarnizione.
Mignon: vocabolo francese che vuol dire
gentile., favorito: nella nostra lingua so-
vente aggiunto di oggetti di forma piccina
e aggraziata. Deriva dall'alto tedesco
Minna Minnja. Nel tedesco medioevale
V ' è Minne = amore, che oggi è voce
poetica. Cfr. Minnesinger =1 poeta d' a-
more. Altri da mine = aria del volto,
ma non si ritiene buona etimologia. La
parola mignon fu tradotta già da antico
in mignone., e noto è l'esempio del Redi
(Ditirambo):
Qualclie nuovo smisurato
sterminato calicione
sarà somi)re il più mignono.
Migraine: in certo linguaggio mondano
la voce fr. pare più elegante della sorella
italiana emicrania. Solito caso ! Dal gr.
ìj/iiavs^ metà e uQavLov., cranio: sindrome
caratterizzato da accessi di cefalalgia inton-
sa, il più di sovente da un sol lato e avente
sede nella regione temporale od orbitale:
vi si accompagna un generale malessere,
con nausea 0 vomito. E il nomo della
malattia che più si pi'osta ad ossero usata
comò scusa, specialmente presso le damo.
Mikado: titolo dell'imperatore del Criap-
pone, lett. il Venerabile: capo spirituale
e temporale del Giappone. Prima dell'ul-
tima rivoluzione, la quale trasformò il
Giappone, modernizzandolo alla maniera
del nostro occidente, il Mikado era una spe-
cie di nume in terra, invisibile, intangibile,
sacro. La scrittura italiana micado è poco
dell'uso, 0 ciò avviene per molti termini
stranieri, che noi scriviamo, di solito, se-
condo la grafia francese od inglese.
Milady: forma italiana e francese del-
l'ingl. my lady _= mia signora., titolo che
si dà, conversando 0 scrivendo, a dama in-
glese, moglie di un lord 0 d' un barone.
Voce registrata noi diz. francesi.
Milàn e poeu pù: nota espressione di
campanilismo che fa il paio con altra non
meno orgogliosa, chi volta el cuu a Mila?i^
le volta al pan. Sono del resto espressioni
assai antiche e registrate dal Cherubini
(op. cit.J., il quale vi aggiunge questa :
Milan l'è el giardin de' l'Italia., savia-
mente però avvertendo che ciò si deve
intendere soltanto della floridezza econo-
mica ! Cfr. la più recente espressione Mi-
lano., capitale morale (V, La capitale etc.)
Del resto di questi orgogli cittadini altri
esempi abbondano. Es. Vedi Napoli e poi
mori., Roma è caput munni e Cifalii se-
cunni, etc.
Miles gloriosus: lat. soldato glorioso,
attributo di Pirgopolinice, V immortale
spaccone, 1' arcifanfano insuperabile di
Plauto, capostipite della numerosa fami-
glia dei Matamoros, Capitan Spaventa,
Capitan Fracassa. Nome usato tuttora per
significare m\\ millantatore^ un rodomonte.
W\\\2iTA2À0\dL2i miliardo (V. questa voce)
è parola non registrata nei diz. italiani. È
forse il caso di affermare che manca la pa-
rola perchè manca la cosa. I miliardai sono
solitamente di provenienza americana e co-
stituiscono i nuovi Re, dol ferro, dell'ac-
ciaio, del petrolio, della borsa, etc. V.
Re etc. Trovo anche usato miliardario.
Miliardo: è il francese mil Hard, che
cacciò di nido la voce italiana bilUone 0
bilione., somma di mille milioni.
Milieu: voce francese dal molteplice si-
gnificato: mex^o, centro, posto d'onore,
temperamento , ambiente { affetti, lela-
Mil
314
Min
zioni, Juogo) il fluido che ne circonda^
etc.
Militare in favore: locuzione neol. che
vale operare favorevolmente^ convergere
ad un dato fine^ tornar di lode^ testi-
moniare a vantaggio, etc. E locuzione
derivata dal fr. cela milite en sa faveur.
Militarismo : da un neol. fr. militari-
smc. Sarebbe propriamente non solo l'or-
dinamento militare, ma il preponderaie so-
verchiando e opprimendo della classe o
casta militare su gli altri ceti sociali. E
militarista dicosi chi è sostenitore di tale
istituto. Come tutti i suffissi in ismo con-
tiene r idea dell'eccesso della cosa.
Militarista: V. Militarismo.
Militarizzazione: ridurre a sistema mi-
litare. Questo neologismo non è, che io
mi sappia, in francese: certo è tolto dal
neol. militar iser = rendre militaire.
Military: corse al galoppo riservate ai
soli ufficiali in servizio con cavalli di ser-
vizio. Furono istituite dal Ministero della
guerra con apposite norme e premi ad
imitazione di altri paesi, come incitamento
agli ufficiali a provvedersi di buoni ca-
valli di servizio. Non potevasi dal Mini-
stero italiano trovare una parola italiana ?
Mille e una notte: racconti orientali
che si fingono narrati da Scheherazade al
sultano di Persia Schariar, il quale, tradito
dalla sultana e fattala uccidere, per evi-
tare il pericolo di nuovi tradimenti nelle
future spose, solo di un giorno le faceva
partecipi al talamo, indi le mandava a
morte. La bella Scheherazade, figlia mag-
giore del gran vizir, seppe col fascino di
meravigliosi racconti opportunamente in-
terrotti e continuati per mille e una notte,
rimuovere il Sultano dal feroce proposito.
Tale la favola. « Mille e una notte » dicesi
come termine di paragone e sinonimo di
tutto ciò che è meraviglioso, magico, così
in italiano come in ogni lingua eulta.
Millimetrista: fra le parole di forma-
zione abusiva, scioccamente bizzarre ed
inutili, noto anche questa, per indicare il
pedante che misura col millimetro e nulla
vede all' infuori dei particolari. Es. il mil-
limetrista non cerchi il pel nell'uovo.
Milodonte: (Mylodon) mammifero fossile
dell'ordine dei Maldentati o Sdentati., af-
fine al gigantesco Megaterio (Megathe-
rium).^ i cui resti trovansi pure nei ter-
reni d'alluvione dell'America meridionale.
Milord: forma francese e italiana della for-
ma inglese my lord =: mio signore. Voce
comune alle lingue europee. La forma ita-
liana milorde e milordo. quale è nei nostri
dizionari, non è la più frequente nell'uso,
se non del popolo. Frequento quivi pure
è il diminutivo milordino per galante.,
damerino.
Milordo: nel dialetto contadinesco di
alcune terre di Romagna, milordo e mi-
lorda (ing. my lordjyaìgonobello., elegante^
vestito a festa^ etc. Lo stesso in milanese
milord^ milordin^ fa el milordin., e così
in altri dialetti. Quale curiosa istoria di
questa parola si potrebbe fare !
Mimare: versione del fr. mimer = imi-
tare co' gesti, fare il mimo, così goffa che
si può notare solo come bizzaria di voce
abusiva.
Mimetismo: voce scientifica (dal gr.
ILdjur}Ois, imitazione) fr. mimétisme ingl.
mimicry: mezzo di difesa usato da certe
specie di animali, i quali imitano., cioè
prendono l'aspetto di altre specie ben di-
fese, cioè più adatte alla lotta per la vita.
Questo interessante fenomeno fu dal Dar-
win detto di analogia o di adattamento.
E nella vita degli uomini non avviene
forse un fenomeno consimile"? (Cfr. l'ode
del Parini a\V Impostura). Affine al mi-
metismo è V adattamento protettivo del
colore che riscontriamo in molti animali,
cioè di assumere il coloro del luogo cir-
costante: gli animali del deserto hanno
il color fulvo delle arene ; gli animali
delle nevose regioni artiche si vestono di
candore; i pesci, come le scorpene, i gran-
chi, le meduse, si occultano per l'aspetto
simile alle acque ed agli scogli.
Mina: francese mine = fisonomia, cera.
Parola non usata oltre le terre subalpine.
Minare: nel senso figurato di consu-
mare, distruggere., scahare., recar danno
di nascosto è modo neologico tolto dal fr.
miner : cette maladie le mine, le temps
mine tout^ etc,
Minente: voce romanesca: popolana di
transtevere, transtev crina.
Minestrone: è non solo accrescitivo di
Min
— 315 —
Mis
minestra, ma una specie di minestra assai
grossolana e comune in Lombardia, da cui
si estese poi alle altre cucine conservan-
done il nome: « propriamente quella mine-
stra in cui entrano a compagnia riso, fa-
giuoli. cavoli cappucci e spesso anche se-
dani, carote ed altro »; così nelle elette sue
spiegazioni il Cherubini, (op. cit.) e in
queir « altro » intendi cotenne, lardo, erbe
aromatiche.
Mi nette: V. Fair e minette^ nell'Ap-
pendice.
Mingere: lat. mingere talora usato, o
per colia o come termine più decoroso,
perchè meno compreso, invece di urinare.
Minimum: V. Maxiviu?n.
Minnesanger 0 Minnesinger: voce storica
tedesca, da Minne =: amore e Sdnger =
cantore, cioè trovatore, citharoedus, poeta
d'amore che componeva e andava can-
tando versi d' amore. Secoli XII e XIII.
Minuta: per lista delle vivande. V.
Menu.
Minuta : termine culinario milanese che
consiste in un piatto di carni prelibate,
come creste, fegatini, granelli, etc. cotti
nel burro con sale, pepe, farina, indi
funghi 0 tartufi. Si bagnano poi con brodo
0 vino bianco. Non si dimentichi che la
cucina milanese, ancorché un po' grosso-
lana e greve, ebbe un tempo meritata e
gran rinomanza. Cucina classica!
Mirabolano: spaccone, conta-frottole.
M i rabo I ante : per stupefacente, meravi-
glioso, ma con speciale senso lepido e di
scherno, è dal fr. myrabolant. V. lo Sche-
ler {op. cit.)
Miraggio: fr. mirage, fenomeno ottico
dovuto alla rifrazione della luce, per cui
appaiono nell'orizzonte false imagini di
paesaggio. In italiano dicesi con bella pa-
rola che ha sapore di romanzo, fata mor-
gana. I francesi traendo molti vocaboli
dal linguaggio scientifico e fisico, hanno
dato a tale voce il senso di illusione,
sogno, e hanno trovato in noi buoni imi-
tatori.
Mise: sost. fem. francese dal verbo met-
tre, lat. mittcre r: mettere. Voce usata da
noi per indicare il modo di vestire. Nel qual
senso è neologismo pure in francese, re-
gistrato dal Dizionario dell'Accademia solo
dall'edizione del 1834. Usata pure è nella
locuzione Mise en scène per indicare i
preparativi, le cure, l'allestimento d'uno
spettacolo scenico, la scena.
Mise en scène : oltre che nel linguaggio
teatrale (Y. mise), è locuzione talora usata
nel linguaggio giuridico per indicare il
complesso dei raggiri fraudolenti, atti ad
ingannare l'altrui buona fedo.
Misògino: dicesi di uomo che sente re-
pulsione patologica per la donna nei rap-
porti sessuali (dal gr. fiioelv =: odiare, e
yvvi^ ZZI donna). Dicesi anche di chi av-
versa la compagnia delle donne.
Misoneismo e Misoneista: voci neolo-
giche, usate ed abusate per indicare chi
è avverso delle cose nuove. Vi si connotte
nell'uso comune il senso d'anomalia e
difetto di giudizio in cotesta avversione,
quasi che l'accogliere tutti i prodotti della
civiltà e del costume sia un dovere nel-
l'uomo moderno, e grave colpa il contrario:
difetto come del gufo che rifugge dalla
luce. Dal greco jluosìv = odiare e veòg
= nuovo. Fr. misoneiste.
Miss: voce inglese vale « signorina tì>, pre-
feribilmente seguita dal nome proprio. Le
giovanotte italiane di ricca e nobile condi-
zione costumano aver seco una governante
0 precettrioe, la quale, se inglese, chia-
mano usualmente col nome loro di miss.
V. Fraiilein. N. B. La lingua italiana è
insegnata solitamente dalla balia.
Missione: «questa voce nel senso di
mandato, ufficio e sim. ha veramente
origine in quelle parole del Vangelo Ego
mitto vos, ecc. dette da Gesù Cristo a' suoi
discepoli. Onde bene si dirà: La missione
e l'apostolato della Chiesa, del sacerdozio
e sim., tenendosi sempre dentro ai confini
religiosi. Ma i Francesi prima di noi la
estesero a qualsivoglia mandato ed ufficio,
per piccolo o umile o inconcludente che
sia: tantoché noi, ripetendo quest'uso,
l'applichiamo indifferentemente tanto al-
l'ufficio dogli Apostoli, quanto a quello
dei pubblici spazzini». (Rigutini). Solito
caso di estensione di senso al modo francese.
Missiva: propr. la lettera che si n\anda
por prinia, in opposizione a responsirn.
Per lettera è dal fr. missive (lat. mittcre).
Mister o Mistress : in inglese significano
Mis
— 816 —
Mod
signore, signora^ innanzi al nome proprio,
parlando o scrivendo. Abbreviato, Mr. e
Mrs. Mistress è specialmente detto di si-
gnora che eserciti un' arte o una profes-
sione.
Mistero: nella comune locuzione far
mistero^ detto di cosa di poca importanza,
spiace e ricorda ai puristi la locuzione fr.
fair e mystère d'une chose.
Mistificare: verbo usatissimo nel senso
di abusare delValtrtti buona fede per
farsene giuoco o trarne vantaggio: pro-
viene dal francese ìnystifier neologismo,
del resto, anche in francese. V. il Littré
a questa voce. Noi abbiamo moltissime
voci : burlare , cannonare , ingannare ,
ciurmare^ etc. Eppure a mistificare si
annette un senso — come dire ? — di
modernità e di perizia nell'inganno, così
che tale voce predomina senza concor-
renti in certo suo speciale significato.
Non mi pare peraltro che il popolo la usi.
Mistificazione: V. Mistificare. (Il Pe-
trocchi registra il nome, non il verbo).
Mistrà: acquavite di anici o fumetto,
come si dice in Toscana. Mistrà è voce
ampiamente dialettale. (Veneto, Emilia,
etcj.
Mistral : parola francese, dall'antico pro-
venzale maestrale usata su le coste del
Mediterraneo : in italiano maestrale o ìiiae-
stro., vento tra la tramontana e il ponente.
Misura di carbone (a) : locuzione fami-
liare che significa ricambiare ad usura,
ma in mal senso, come ad es. di contu-
melie , di offese. Il motto deve trarre
origine dall'abitudine che dovevano un
tempo avere i carbonai di essere generosi
nel dare la loro merce, non badando troppo
per il sottile al peso.
Mitilo : {mytilus edulis) genere di mol-
luschi bivalvi, con conchiglia nero-azzur-
rognola, di forma triangolare : sono forniti
delle cosidette glandole del bisso, desti-
nate a produrre certi fili cornei, di cui
l'animale si vale per attaccarsi ai corpi
sottomarini, ai quali aderisce così salda-
mente, che anche la più violenta forza
delle onde non può strapparlo. Volendo
cangiar di sito, fila un nuovo bisso, e rompe
l'antico, e ripetendo questa operazione più
volte, procede lentamente innanzi. Sono
detti anche volgarmente peoci^ o pidocchi
di mare sul litorale adriatico, arselle sul
litorale tirreno, coxx,e nell'Italia meridio-
nale.
Mitingaio: dalla voce inglese meeting^
accolta pure in francese, e vale letteral-
mente comizio ^ si è formato l'aggettivo
mitingaio.^ spesso attributo di eloquenza.
V. Meeting.
Mobilio: è voce ripresa per ìnobilia,
che letteralmente in latino vuol dire le
cose mobili. Peggior scrittura, mobiglia.
Mobilium turba Quiritium: incostante
folla dei Quiriti (Romani) Orazio, Odi.,
I, 1, 7.
Mobilizzare : detto degli eserciti, è neo-
logismo di provenienza francese mobiliser.
In italiano c'è il verbo mobilitare, presso
che disusato.
Modalità: voce del linguaggio filosofico,
astratto di modale (ragione formale del
modo). Come neologismo, in senso con-
creto, per forìna, accessorio., accidente.,
es.: « non rimane che intenderci su di al-
cune modalità », riprendesi dai puristi
come estensione della parola, conforme
all'uso del fr. modalité.
Modanatura: terni, arch., nome generico
dato ai corpi più o meno sporgenti che
entrano nel comporre il profilo di una
cornice.
Moderato: nel noto senso politico ci
deve essere provenuto dal francese modéré.,
voce quivi usata sino dal tempo della Ri-
voluzione e del Direttorio. Moderato., voce
del resto più che ottima da moderare.,
temperare, frenare, regolare, è nome dato
presso di noi a coloro che nella politica ita-
liana seguono le idee monarchiche costi-
tuzionali, lì moderato, secondo etimologia,
sarebbe l'ideale degli uomini politici, se
non che vedi al paragrafo In medio stat
virtus una sentenza del Manzoni.
Moderatore: in meccanica, apparecchio
che serve a moderare, rallentare i mavi-
menti.
Modestia a parte: locuzione ironica o
lepida che dicesi come preavviso o a mo'
di parentesi, quando si vuole enunciare
un fatto 0 un'opinione che suona non il
semplice contrario di modestia, ma anzi
la più sfacciata opinione di se.
.Mod
— 317 —
Moni
Modista: neol. dal Ir. ìiiodiste^ voce
sancita dall'uso ancorché non assoluta-
mente necessaria, avendo Titalianola voce
crestaia^ da cresta, gala. « Modista, spiega
il Petrocchi, lo stesso che crestaia, ma
(jucsta ha più dell' ordinario e spregia-
tivo ». Così forse a Firenze, o per effetto
della voce « moda » che denota finitezza e
scienza della cosa, o perchè la voce fran-
cese ha, come di solito, senso nobile per
noi.
Modulo: con tale nome indicano i tec-
nici ed i meccanici un numero od una
grandezza di riferimento per determinare
altri numei-i od altre grandezze simili.
Modus est omnibus rebus: v'è misura
in tìitte le cose. Plauto, Poenul I. 229.
Modus vivendi: lat. modo di vivere,
K'cordo e concessione reciproca, pur di
vivere in pace, 'fra parti contendenti ed
opposte. Modus vivendi è pure termine
diplomatico per indicare il complesso delle
condizioni secondo le quali due o più Stati
determinano i loro reciproci rapporti con
cui intendono vivere, agire, negoziare.
Mofetta: fenomeno vulcanico consistente
neir emanazione di acido carbonico, e
che segna la fine delle eruzioni. (Grotta
del cane). Cfr. Mefite.
Mògano: Vedi Acagiù.
Moire: stoffa marezzata di seta o di
lana, così manufatta sotto l'azione dei
cilindri da ricevere un certo splendore o
lividore ad onde o chiazze di vago e can-
giante effetto. Oggi più specialmente in-
tendesi di stoffe di seta, e le prime fab-
briche furono in Francia, (Lione, Nimes,
Tours).
Molca: forma fr. più comune dell' ita-
liana ìiioca: usasi per indicare il caffè che
viene dalla Moka, città dell'Arabia, ed è
fra le specie più reputate, quando avviene
di trovarne in commercio. E forse per la
stessa acuta ragione che lucìis deriva a
non lucendo , .che i caffettieri gridano
moka/ alle loro bevande appunto per l'as-
senza completa del prezioso aroma. Moka
per caffè è puro voce del gergo francese.
Molazza: apparecchio di macinazione
(e talora di miscela) con una o due molo
ad asso orizzontalo, rotolanti sur un piatto
pure orizzontale, (per macinare terra, pula
di riso, ecc.) Voce comune in Lombardia
(dal lat. mola := macina).
Molerà: chiamano i milanesi (e credo
tutti i lombardi) le pietre arenarie.
Moietta: voce dialettale e familiare del-
l' alta Italia per arrotino (dal lat. mola
= mola, macina).
Molla, molla!: (V. Mollare) classico
grido delle nostre folle, caratteristicamente
usato per impedire agli agenti della forza
publica di trarre in arresto : si contrapone
all'altro non meno tipico grido dialettale
ciappa ciappa (acchiappa) che urlasi, spe-
cie contro ladruncoli, borsaiuoli. Molla.'
voce di comando marinaresco.
Mollare: allottare^ lasciare: voce spe-
ciale del linguaggio marinaresco; mollar
le vele = scioglierne i gerii e spiegarle ;
inoliar gli ormeggi = scioglierli a terra
e ricuperarli a bordo quando la nave si
disormeggia per salpare ; mollar le scotte
= allascaiie quando si poggia o si molla
in T^o^^di'. mollare in poppa = poggiare
fino ad avere il vento in poppa.
Moiietton: voce francese: mou (latino
mollis zzz molle): stoffa di lana o di co-
tone 0 anche di seta, pelosa da una o da
ambo i lati, dolce e calda: se ne fanno
coperte, camiciuole, sottovesti; serve per
imbottire e coprire. Più usato è il color
bianco. Milanese, mollettòn.
Moloch: voce fenicia = Re, Signore.
Deità mostruosa e feroce di forma umana
con testa taurina, adorata, un tempo, in
Oriente (Fenici, Cartaginesi) e onorata di
vittime umane. In tutte le letterature il
nome di Moloch è simbolo di ogni costume
0 istituzione disumana e violenta, che do-
manda sacrificio di bene.
Moltiplica: voce ripresa da' puristi in
vece di moltiplicaxione. Questa abbre-
viazione notasi anche in altre parole come
bonifica, qualifica, modifica^ notifica,
etc.
Momento psicologico: si dice per mo-
mento opportuno, favorevole per fare al-
cuna cosa. 11 motto è riferito come di ori-
gine francese e in tale caso avrebbe rap-
porto storico con 1' assedio di Parigi del
1871. Per bombardare Parigi con isporanza
di pronta rosa, attondevasi il inoììtcnto
psicologico in cui la città, divisa dal
Mon
318
Mon
mondo, stretta da un cerchio di ferro,
affamata, non isperando soccorso, avrebbe
giudicato inutile ogni ulteriore resistenza
e difesa.
Mona: voce veneziana, stupido^ sciocco
V. Appendice.
Monatto : nome storico dei lugubri e
truci becchini della poste di Milano, nome
salvato dall'oblio dalla mirabile narrazio-
ne che A, Manzoni fa della peste nel cap.
XXXII de' P. S. Quivi vedine pure l'e-
timologia probabile, cioè dal tedesco mo-
natlich^ quasi assunto di mese in mese.
Mondana: in fr. mondaine dicesi di
donna che ama la vita e i piaceri mon-
dani', nell'italiano classico — benché raro
ne fosse 1' uso — mondana o donna di
mondo vale meretrice. Nell'italiano del-
l'uso odierno ambedue i sensi hanno va-
lore. Certo prevale quello francese che
non ha mal senso. Però non oserei, come
fa il Petrocchi, collocare mondana del se-
condo senso tra le voci morte, giacche, o
per influsso dell'antico valore o piuttosto
per effetto del neol. fr. demi-mondaine
z^ f emme galante^ l'antico significato ri-
sorge per indicare cortigiana^ di alto
grado ^ etera.
Mondarisi: gli operai della campagna
(opera) che attendono alle mondature del
riso.
Mondo politico, letterario, artistico etc.
per il ce^o, o più semplicemente, gli ar-
tisti.^ i letterati.^ etc. è maniera iperbolica
alla francese, ripresa dai puristi. Accogliesi
mondo quando esprime totalità in senso
vero e grande, come il mondo Cristiano.
Monferrina: danza originaria del Mon-
ferrato (Piemonte) : è in sestupla di cro-
me a movimento vivace.
Monismo: dal gr. jnòvos = solo; voce
universale del linguaggio filosofico, e suole
applicarsi a quei sistemi ideologici i quali
considerano in tutto l'universo l'opera e
la manifestazione di un solo principio effi-
ciente. (Scuola Eleatica, Spinoza, Scho-
penhauer, Hegel, derivato ìnonista).
Monitor: da alcuni italianizzato in mo-
nitore. Bastimento a vapore, corazzato e
rostrato, senza alberatura, raso su l'acqua,
con pochi e grossi cannoni. D'uso per le
coste, laghi, fiumi. Fu inventato, deno-
minato e terribilmente sperimentato dagli
Americani nella guerra di secessione del
1864.
Mono: gr. juàvog^solo., unico., semplice.,
elemento costitutivo di moltissime parole
di carattere scientifico, in ogni culto lin-
guaggio.
Monoculus in terra caecorum {re.x est):
(è re colui che possiede) un sol occhio
in terra di ciechi: locuzione latina usata,
ironicamente, per esprimere la relatività
del valore, del sapere, dell'intelligenza.
Dev' essere motto di antica formazione
popolare. V. Beati monoculi, etc.
Monofìsiti : (da /nóvos = solo e q)vaig --
natura) nome di seguaci di setta cristiana
in oriente del V secolo, la quale pur am-
mettendo l'unione delle due nature in Cri-
sto, affermò che la natura umana fu come
assorbita da quella divina : opinione di-
chiarata eretica. La chiesa Armena è e-
rede di questa eresia.
Mongioia: Y. Mont-joie.
Monomanìa: gr. fiòvog = unico e //aWa
e secondo l'introduttore della parola che fu
l'Esquirol, questo /navia sarebbe da /<?}v?^
=z luna, onde maniaco dei greci z— lu-
natico dei latini. Questa parola, divenuta
universale, volle indicare in origine una
pazzia parziale o melanconia, per distin-
guerla dalle forme più gravi della demenza.
«Lesione parziale dell'intelligenza, degli
affetti 0 della volontà» (Esquirolj.
Monosillabi: per le regole su gli ac-
centi dei monosillabi, V. qui., qua.
Monotremi: nome dell'infimo ordine dei
mammiferi, formato dalle due specie au-
straliane Echidna e Ornitorinco., munite,
la prima, di una bocca tubolare cornea,
la seconda di un becco piatto, simile a
quello dell'anitra. I monotremi si propa-
gano per uova, ma si considerano come
mammiferi in quanto nutrono i loro pic-
coli con una specie di secrezione lattea.
Monsieur Alphonse: Y. Alphonse nel-
l'Appendice.
Monsieur de la Palice: Y. Palice.
Monsieur de Paris: nel gergo francese
vale il carnefice.
Monsignore: titolo che noi diamo spe-
cialmente ai vescovi. In Francia Monsei-
gneur era titolo altresì dei principi e del
Mon
— 3i9
Mop
Ko. Sotto Luigi XIV designò specialmente
il Doliino. Monsignore il re o lo re leg-
gesi nelle antiche nostro prose ove si
j)arla dei re di Francia.
Monstre : nel linguaggio popolare la
lingua francese seguendo l'indole sua iper-
bolica, chiama monstre tutto ciò che è
anormale, fuor del costume, assai grande,
(juindi un bouquet monstre^ un établisse-
ment monstre, etc. In tale senso da noi si
usa talora questa parola, e in ciò sta la ser-
vile imitazione. Monstre^ dal latino mon-
struni (qiiod ìnoneat voluntatem deorum).
Montagnardo: e così la voce montagna
nel noto senso politico, provengono dal fr.
montagnard e montagne. Al tempo della
Convenzione di Francia i più accesi Gia-
cobini sedevano a sinistra e in alto : da
ciò il nome tramandatosi ne' Parlamenti.
Montarsi la testa: V. Montatura.^
Montatura : nel linguaggio familiare
usasi per esageraX'ione, cosa artificial-
mente ad arte montata con un dato fine.
Così dicesi montarsi^ ìuontarsi la testa
por esaltarsi, scaldarsi la testa. V. au-
tosuggestione. Il fr. ha appunto monter
la lète. Talora montatura equivale a mac-
chinaxione.1 trama.
Monte (a): nel giuoco delle carte la
locuzione andare o mandare a monte per
annullar la partita, è locuzione tanto to-
scana come della più parte de' nostri dia-
letti. Dicesi anche di progetto, divisamente
mancato. A mo7ite zzi non se ne tenga
conto, non se ne parli più, (familiarmente
l>arlando).
Monte di Venere: Y. Appendice.
Monteur: cosi nel linguaggio dell'in-
dustria meccanica si chiama con voce
francese quell'operaio che monta e com-
pone nel loro luogo definitivo i vari pezzi
di una macchina.
Montìsta: nel dialetto lombardo, i loca-
tari del monte di Pietà.
Mont-joie (Saint-Denis): grido di guerra
de' Francesi nell' Evo Medio, dal monte
presso Parigi ove S. Dionigi ebbe la gioia
0 compenso del martirio : Montegioia^ o
Mongioia. « Mongioia cavalieri » è, ad
es., il grido dei signori francesi alla bat-
taglia di Benevento come racconta G. Vil-
liiiii nella sua Cronica, VII, S, 0. Sin-
golare la forza che aveva l'italiano nostro
antico di assimilare i nomi stranieri, an-
che i più difficili ! Hawkwood diventava
V Acuto ; Yalois, Valese, etc. e questa
assimilazione si compiva in modo naturale
e popolare. Oggi questo importante feno-
meno più non si avverte.
Monroe (dottrina di) : così sono chia-
mati certi principi di diritto internazio-
nale espressi da Giacomo Monroe, presi-
dente degli Stati Uniti dal 1817 al 1825,
in suo messaggio del 2 dicembre 1823.
Il concetto ne è quésto: il sistema colo-
niale europeo non può applicarsi alle nuove
condizioni dell'America però che tutto il
gran continente è formato di Stati che
hanno i medesimi diritti delle nazioni eu-
ropee per quel che riguarda la loro indi-
pendenza. Il fatto della prima occupazione
0 della esplorazione non costituisce un
diritto di sovranità per gii Europei su
quel continente, i cui possessi non possono
d'ora innanzi dipendere che da trattati o
da guerre. La dottrina di Monroe si venne
in questi tempi sempre più concretando
nel concetto dover essere l'America degli
Americani, (specialmente di quelli degli
Stati Uniti, vero imperialismo di razza!)
Montura : per divisa^ tini forme non è
voce « franciosa » come dice il Fanfani,
ma d'origine — credo — lombarda. Il Pe-
trocchi la fa derivare dal francese, ma
monture vuol dire altra cosa, cioè caval-
catura. Per dire montura nel senso di
assisa, in fr. si dice uniforme. Del resto
questa montura è voce dell'uso da tempo.
Monumenti Vespasiani : così sono detti
talora gii orinatoi publici in forma di edi-
cola e di torrette, dal nome dell'impera-
tore Vespasiano quod etiam nrinae rec-
tigal comtnentus esset (Svetonio, Vespa-
siano., XXIII). Ma tale nome a simiglianti
opere è di primo conio francese respa-
sienne zzz urinoirs publics sous forme de
petites guérites ou de colonnes.
Mops : noto e piccolo cane di lusso ;
assai bruttino e comico con c^uel suo muso
nero e rincagnato a mo' del molosso (bull-
dog) a cui rassomiglia: polo lucido e raso
color catto latte, orecchio corto che oggi
più non costuma cimare. Posa circa kg.
sei, ma ha il difetto dì facilmente impili-
Mor
— 320
Mor
giiare e allora è assai brutto. È di carat-
tere bizzarro e ineguale e non brilla per
molta intelligenza ed affetto. Pare di prove-
nienza dall'estremo oriente. Le tappe certe
di questa bestiola sono dal Capo di Buona
Speranza all'Olanda. Nel XVII secolo pas-
sò assai pregiato in Inghilterra e vi ebbe
il nome di Pug-dog. La Francia l'ac-
colse nel XVIII secolo, ed ebbe F onore
di vederselo presentato a corte da mada-
ma di Pompadour, e un gentiluomo per
quel suo muso nero lo chiamò Carlin^
ricordandogli la maschera nostra di Ar-
lecchino, e tal nome colà gli rimane. Noi
lo chiamiamo Mops^ voce tedesca, da una
radice mup=far boccacce, ghigno, rictus.
Cfr. Kluge, op. cit.^ In italiano Mtiffolo.
Morbido: in latino morbidus xaìe am-
malato infermiccio., da ìnorbus. In ita-
liano morbido ha il senso di molle, gentile.,
cedevole al tatto., non ha, che io sappia, il
senso di morboso o patologico mentre tale
senso ha appunto in francese morbide, in
inglese morbid.
Morbin : voce caratteristica veneziana
che significa la vivezza, la bizzarria rigo-
gliosa petulante, specie di chi è giovane ed
ha de' frulli pel capo : ruxxo.^ voglia di ri-
dere e di far ridere. Morbino è altresì voce
romagnola (V. Dix^. del Mattioli, Imola,
Galeati 1879) ne mancano esempi classici,
del Doni (Attav. p. 21) e di altri. Così
registrata è la frase : fare uscire il mor-
bino ad alcuno., cioè levare il ru%%o., far
star a cervello.
Morbus gallicus: V. Appendice.
More 0 more di rovo: noto frutice di
una specie di rovo spontaneo e comune
{Rubus fructicosus^ L). Mangiansi natu-
rali 0 se ne fanno pregiate conserve o
sapori e siroppi medicinali.
Moresca: una specie di danza delle
spade, già in voga in tutti i paesi dove
si conservava la tradizione delle guerre
dei Cristiani contro i Saraceni. Con essa si
rappresentavano le lotte contro gli Arabi.
More solito,: modo avverbiale latino,
secondo il solito (costume), e per lo più
si dice del ripetersi di fatto o di abitudine
riprovata.
Moretto: volgarmente e familiarmente
di cesi di quegli uomini politici di minor
conto, i quali seguono, sostengono, intri-
gano fanno il galoppino per altro uomo po-
litico di maggior conto o capo partito. I
moretti parlando di deputati, servono a for-
mare la maggioranza. Vi si annette spre-
gio e mal senso. Il significato dev'essere
tolto, per estensione, dall'uso di tenero
piccoli mori come paggetti e servitorelli.
Così costumavano anche i ciarlatani di
piazza. Voce di gergo politico, caduta
alquanto in disuso.
Morfinismo: (da morfina che è un al-
caloide dell' oppio) la malattia e 1' abuso
della morfina, la quale a\'endo un'azione
sul sistema psico-motore, induce un senso
di fittizio benessere che assomiglia alla
più perfetta, fisiologica sanità: lucidezza
mentale, forza di muscoli, vivace fantasia,
lietezza, etc, onde è che molti ne abusano
senza ragione medica, e il piacere è si forte
che il morfinomane soggiace sovente al-
l'uso del lento e delizioso veleno. Altro
anestetico inebriante à la cocaina., alca-
loide della coca. Agisce press' a poco come
la morfina e produce gli stessi sintomi, de-
generando talvolta in manifesta follia con
idee deliranti, esaltamento, allucinazioni.
Onde le voci cocainismo.^ cocainista.
Morganatico : V. Main gauche.
Morgue: voce francese che vuol dire
« cella mortuaria », ove si espongono i ca-
daveri degli sconosciuti per il riconosci-
mento. L' origine del vocabolo è dubbia.
Morgue = viso e però morgue il luogo
ove si riconosce il volto ? Veramente mor-
gue vuol dire viso fiero., 7ninaceioso ., e
morguer, guardar fissamente, minacciare.
Il passaggio da questo al primo senso non
è chiaro. Però dalla seguente spiegazione
dal Littré: Morgue: endroit à V entrée
dhme prison., où l'on tient quelque temps
ceux que l'on écrouè, afin que les gui-
chetiers puissent les regarder, les exami-
ner, pour les reconnaitre ensuite, si può
intendere il passaggio di morgue nel senso
di cella mortuaria pel riconoscimento. E.
Poe, il mirabile novelliere americano, ne
fa il nome di una via nel suo Assassinio
della Via Morgue. In milanese brugna^
V. Cherubini, op. cit.
Morituri te salutant: V. Ave. Gaesar,
etc.
Mor
S21 -
Mot
Mortadella: specie di salame cotto, di
gran molo e di t'orma ovoidale : speciale
di Bologna. Deriva da mirto ^ lat. myrta-
tum. I Mortadella, chiamano in vece in
Milano, oltre la moi-tadella bolognese, una
specie di salame di fegato (salam de fideg)
assai drogato e sapido.
Morte: detto specialmente di pesci, uc-
cellagione etc, significa volgarmente in
alcune regioni nostre il vero e proprio
modo di cucinare^ speciale ed adatto.
Es. l'anguilla su lo spiedo, i calamaretti
fritti, l'anitra arrosto, è la loro morte.
Morte dei conte Ugolino (far la): fami-
liarmente e facetamente vale morir di
fame., di inedia. Espressione faceta tolta
dal noto tragico canto dell'inferno Dan-
tesco.
Morte civile fr. morte civile : termine
giuridico: perdita cioè dei diritti civili e
politici in seguito a condanna, come de-
portazione, pena capitale, ergastolo a vita.
Distrugge il diritto di proprietà e i legami
civili del matrimonio. La morte civile fu
abolita in Francia per legge del 31 maggio
1855. Dicesi presso di noi morte civile
per significare 1' ostracismo e 1' anatema
che la società, indipendentemente dalla
legge, infligge a persona divenuta indegna
di appartenere all' umano consorzio.
Mortificare o necrotizzare: neol. del
linguaggio medico, colpire di cancrena
{mors=^ morte, veugóg ^ morte): fr. 7nor-
tification = cancrena, necrosi.
Morto un papa, se ne fa un altro ! : lo-
cuzione italiana se altra mai! Dicesi per
significare che è facile supplire persona
con altra persona. Vero è che gli uomini
si susseguono, non sempre si assomigliano.
Morva (corruzione di morbus) : nome
scientifico di una terribile malattia infet-
tiva, propria de' cavalli e degli asini, vol-
garmente dotta cimurro (scolo nasale). Essa
è dovuta ad un bacillo, speciale dei cavalli,
ma che può trasmettersi agli altri animali,
ed altresì all'uomo. Quando le fosso nasali
non sono intaccate, la malattia prende il
nomo di farcino. Malleina, è poi chia-
mato un mezzo diagnostico della morva,
0 consiste in un siero che si inietta nel-
l'animale sospetto, produco reaziono feb-
brile se l'animale è affetto da morva.
A. Panzini, Supplemento ai Dixionari italiani.
Moscardino : dal francese muscadin
così detto dal muschio (fr. muse) o da
altri profumi di cui facevano uso gli ele-
ganti. Museadins furono detti gli ele-
ganti al tempo del Direttorio, e sotto il no-
me di jeunesse dorée rappresentarono la
reazione monarchica, e specialmente la
reazione della mondanità, del lusso e delle
eleganze contro 1' ostentazione democra-
tica e plebea del tempo precedente, cioè
del governo detto del Terrore. Parlait-on
sans jurer, sans fair e des solecismes ? on
etait un muscardin. Les femmes étaient
aussì appellées ìnuscadines lorsqu' elles
ne sentaient pas Vail ou l'eau-de-vie. Ai
moscardini successero al tempo del Diret-
torio gli incroyables per la ridicola e fat-
turata eleganza, indi i dandys., i fashio-
nables^ i lions., etc. Moscardino è voce
divenuta persino dialettale (Romagna). V.
Lion.
Moscato: più comune di «moscado», dal
basso lat. muscatus^ che ha sapore di mus-
chio: aggettivo e sostantivo di note va-
rietà di vitigno e di vino, eccellente per
dolci e frutta (dessert). Il moscato di Mon-
tefiascone presso Bolsena, ha il leggendario
nome di Est^ Est. (Y. questa voce). Il mo-
scato di Siracusa per il vellutato e l'aroma
non teme confronto con nessun vino con-
simile. Si produce con 1' uva detta mo-
scatella. Gareggia con i famosi moscati
di Lunel, Frontignan, Setubal.
Móscio: vizxo., floscio, non fresco, non
eretto. Aggettivo usatissimo nell' Italia
centrale, quanto mal noto nelle province
settentrionali : registrato in ogni lessico.
Mosquito: è nome comune di alcune
zanzare, veri flagellatori dei luoghi pa-
ludosi in molti paesi tropicali. Per la
maggior parte appartengono al genere dei
Simulium. Mosquito, lat. musca., ò voce
spagnuola, accolta in inglese.
Mostacciuolo: termine lombardo de' pa-
sticcieri : significa una pasta con droghe e
zucchero, biscottata e in forma di spola.
Mot de la fin: locuzione francese regi-
strata nei diz. d'Argot., per indicare un
motto lepido, un frizzo, spesso in fino del
discorso: locuzione usatissima fra noi.
Motetto : « composizione in contrapunto
osservato, e con dotti artifici, destinata
21
Mot
— 322 —
Mue
alla chiesa. Vi ha pure un' altra forma
congenere, elaborata sul canto fermo con
fuga a due o a tre soggetti, svolti indi-
pendentemente l'uno dall'altro., pur rispet-
tando le leggi dell'armonia. È anche una
composizione affine alla cantata, ma più
severa di questa. Il vocabolo proviene dal
latino motetus^ quasi a significare piccolo
moto ». (A. Galli, op. cit.).
Motivare : voce del linguaggio forense,
ripresa dai puristi, derivata dal francese
motiver nel senso appunto di esporre i
motivi di una sentenza, e dicesi anche in
senso non giuridico per spiegare i motivi
di una dichiarazione qualsiasi. Ma i fran-
cesi non hanno l' astratto motivazione,
voce arbitraria che non di rado si incontra
presso di noi, specie nel linguaggio cu-
riale : aggiungivi anzi anche motivato,
nello stesso senso.
Motivazione e motivato: V. Motivare.
Motivo: sinonimo di sinfonia o canti-
lena : è il germe da cui si sviluppa ogni
composizione, consta talvolta di poche
note.
Motivo per cui: locuzione conclusiva
ripresa dai puristi ; certo troppo sciatta e
volgare in vece di onde, perciò, per questo,
tanto anzi è sciatta che talora dicesi le-
pidamente.
Motociclistico : agg. da motociclo.
Motociclo: la bicicletta fornita di mo-
tore. Diminutivo motocicletta. Evidente-
mente dal fr. motocycle.
Motu proprio: o proprio motu, lat., di
Tnoto proprio: dicesi più particolarmente
delle Bolle o altri atti del Pontefice per
indicare che la deliberazione contenuta
in tale documento fu presa di spontanea
volontà, non per influsso d'altri. Dicesi
anche dei sovrani temporali. | Motu pro-
prio dicesi comunemente di quelle ono-
rificenze che si vogliono far credere pro-
vengano proprio da deliberata elezione
del Capo dello Stato, il quale si accorge do-
versi onorare un dato cittadino ; e perciò
hanno maggior pregio solendo la maggior
parte delle onorificenze essere date per
proposta gerarchica o per diritto di grado
0 per altre non confessabili ragioni. Una
delle tante ipocrisie convenzionali !
Motus in fine velocior: lat., più veloce
è (ovvero sia) il moto verso la fine. Sen-
tenza di speciale sapore scolastico.
Mouflon : nome dato al montone selvag-
gio che bene alligna in Sardegna ed in Cor-
sica, e in italiano dicesi muflone o rnuf-
flone. Ma nel commercio e nell'uso prevale
la parola francese per indicare la pelliccia
di codesto animale, che è grigia, densa,
lanosa e dolce al tatto ; e serve per collari,
manicotti, etc. Per l'origine della parola,
cfr. il Du Cange, op. cit., alla voce
Musmo.
Mousseline : (da Mossul, città della
Turchia Asiatica) è il più fine e più leg-
gero dei tessuti di cotone. Originario del-
l'India e dell'oriente, oggi si fabbrica con
pari arte in Europa. Benché italianizzata
in « mussolina, » sovente è preferita la pa-
rola francese.
Movimentato : per agitato, mosso, vario,
vivace, animato (detto specialmente di
spettacoli e di azioni) è il francese mou-
vementé.
Mozione : nel linguaggio parlamentare
è parola frequente in vece di proposta,
ed è neologismo di origine francese, mo-
tion. In buon italiano mozione vuol dire
l'atto del muovere, come \di mozione à.QgYi
affetti. Ma nel notare i gallicismi bisogna
pur pensare che gli istituti amministrativi
politici, militari della terza Italia sono
presso che tutti di provenienza francese;
inutile quindi querelarci se « il linguag-
gio parlamentare attinge col bigonciuolo
alla cisterna francese » (Eigutini).
Mozzarella : voce napoletana (muzxa-
rellaj ; indica una specie di cacio (pro-
vatura) fresco : posto su la pizza come
condimento, chiamano mozzarella in car-
rozza.
Mr: inglese, abbreviazione di Mister,
Signore.
Ms: abbreviazione di manoscritto e mss.
al plurale.
Much ado about nothing : molto rumore
per nulla. Titolo d' una nota commedia
dello Shakespeare, passato in francese e
talora anche presso di noi.
Muezzin: voce araba che vuol dire ban-
ditore, il quale dall'alto de' minareti chia-
ma alla preghiera. Voce entrata nell'uso
delle lingue europee.
Miif
-^ 323 —
Mus
uftì : dottore della legge maomettana
investito di certi poteri religiosi e legis-
lativi. Oran Muftì = il gran pontefice
nella religione di Maometto; interprete
del Corano e gerarca: investe con la spada
il Sultano del suo potere assoluto. È an-
che nominato col titolo di Scheilc el Islam.
Mughetto : oltre che nome del noto
fiore gentile, è nome di una malattia
grave in se, e come sintomo, che coglie [
specialmente gli infanti, ed è così detta j
per il suo color bianco come il fior del
mughetto. Malattia parassitaria dovuta !
allo sviluppo su certo mucose (la mucosa
della bocca in ispecie) di un microrgani-
smo detto, oidium albicans.
Mujich 0 mujìck: forma alla francese
(moujik) di una parola russa di tale suono
che vale « contadino », già servo della
gleba, paziente, credente, devoto (fin che
dura!j. Tipo riccamente rappresentato nella
letteratura russa, di gran moda oggi nel
nostro occidente.
Mulier recte olet, ubi nihii olet: la doli-
na ha buon 'profuìuo quando non odora
di nulla. (Plauto Mosiellaria, I, 3, 141).
Della propensione della donna per i pro-
fumi — che, come pur da questo passo
appare, è antichissima — se ne occupò
r odierna scienza antropologica. Quanto
alla sentenza plautina molto vi sarebbe a
che dire.
Multa renascentur (voeabula) : ìnolti
vocaboli rinasceranno., e cadranno di
quelli che oggi sono in onore. Così Orazio
nella sua Arte Poetica razionando del
naturale evolversi del linguaggio. Multa
renascentur dicesi anche in senso esteso.
Multi sunt vocati, pauci vero eleoti:
molti sono i chiamati ma pochi gli eletti
'S. Matteo, XX, 16), parole che dal su-
blimo senso religioso sono torte nelF uso
ji comuni significati e riferimenti.
Mundus vult decipi: il mondo mwl es-
sere Ingannato, e talora si aggiungo ergo
decipiatur., e però lo si inganni. Tale
sentenza si legge in latino nei Paradoxa
di Seh. Franclcs., L553. tj ])ur attribuita
al Cardinale Carlo Caraffa, nipote di Paolo
IV (V''. Giac. Aug. de Thou, Historia sui
temporis., lib. XVII, 1556).
Municipalizzazione: intondosi porquesta
parola un istituto economico e sociale a
cui tendono i socialisti specialmente : esso
consiste nel togliere ai privati l'esercizio
di alcuni uffici e servigi cittadini per af-
fidarli invece al Municipio, cioè alla città
intera (la Comune o il Comune) in modo
che essa abbia ogni utilità e lucro. Se ne
è formato anche il verbo fnunicipali^-
zare.
Muor giovine colui ch'ai ciel è caro:
V^. "Ov 01 tìeol cpiÀovoiv., etc.
Mrs:in inglese abbreviazione di mzs/7-ess,
signora.
Muraglia della Cina: storicamente e
geograficamente è la nota muraglia, tur-
rita, costrutta dai Cinesi nel secolo III
a. Cr. contro le invasioni nordiche. Per
allusione al carattere stazionario della ci-
viltà cinese, dicesi talora gran muraglia
0 muraglia della Cina per indicare bar-
riera morale che impedisce o si oppone
ai moti progressivi ed evolutivi della ci-
viltà.
Murata: quella parte del fianco della
nave che va da prua a poppa al di sopra
della suola, o soglia, o friso. (Si danno
questi nomi ad una specie di robusto li-
stello rilevato fuori di bordo, che costi-
tuisce come un fregio delle navi).
Muschio: base preziosa di molti profumi:
è il prodotto di secrezioni di follicoli sotto
cutanei, raccolti in una borsa situata pres-
so l'ombelico, del maschio di una specie
di capriolo detto Portamuschio {Moschus
moschiferus., L.) speciale dell'Asia.
Musette: nome di un ballo campestre,
semplice e grazioso, così denominato dal-
l' istrumento musicale con cui si ballava,
che è detto dai francesi musette^ diminu-
tivo di muse., tibia otricularis dogli an-
tichi, cornamusa. V. Loure.
Musivo: a mosaico. (Cfr. l)u Gange,
op. cit.).
Musmè: voce giapponese, giovarle donna.
Mussare: questo verbo, traduzione fo-
nica del niousser., francese, l'ho intesa più
frequentemente in Toscana che altrove in
luogo della nostra parola spumare. Pi
fatto il Petrocchi, toscano, accanto a mus-
sare nota: di vino o d'altro liquore che
spumeggia. (Jiustamente il Fanfani nel
suo Lessico condanna questa juirola. Ciò
Mus
324
Myo
però non toglie che talora i toscani, con-
siderando la lingua italiana come una loro
privativa di cui fanno elargizione, trattino
come gemmo non solo i loro ribòboli e i
loro idiotismi, ma anche guardino con
molto compatimento certi errori che, se fos-
sero di altre regioni, rampognerebbero.
Mussulmano : aggiunto talora della pa-
rola indifferenxa o di altra voce di simile
senso, e vale a significare il sommo del-
l'apatia e della incuria; concetto tratto
dal fatalismo che la religione di Maometto
inspirò a suoi seguaci.
Mutato nomine de te fabula narra-
tur: «si allude a te, fatta eccezione pel
nome che è mutato» fOrazio, Sai. I, 1,
69, 70j.
Mutatis mutandis: specie di ab. ass.
latino che significa mutate le cose che
debbono essere mutate; se non che quel
mutandis si presta talora a un grossolano
doppio senso con mutande^ parte del ve-
stimento intimo.
Mutismo: neol. dal francese mutisme,
lo stato di chi è muto, ^nutolexza e mu-
texxa. Dicesi più specialmente per indicare
il silenzio deliberato ed ostinato. Il Fan-
fani, condannando questa voce, osserva
che essa confonde i due sensi distinti nella
nostra favella di mutexxa (vizio organico)
e di taciturnità^ silenzio, star zitto (pro-
posito, 0 abitudine di non parlare). Mu-
tismo è parola accolta nei diz. recenti.
Mutuo ammortizzabile: Y. Quota d'arn-
ìnortatnento .
Mutuo incensamento: locuzione satirica
che significa la lode dei consorti e delle
chiesuole letterarie o politiche. Locuzione,
come a me pare, tolta dallo scambievole,
cioè mutuo incensarsi dei sacerdoti nelle
cerimonie solenni della Chiesa. Tale modo
di dire non è certo francese, bensì nostrano
e relativamente recente. Dicesi anche «So-
cietà di mutuo incensamento»: tale nome
intesi essere stato dato alla gente che con-
veniva nel salotto della contessa Maffei.
Ma il Barbiera, autore del bel libro lì Sa-
lotto della Contessa Maffei^ rifiuta tale
paternità al motto, osservandomi anzi tutto
che la locuzione è più antica (della cosa
non parliamone!), inoltre che in casa
Maffei non si incensava alcuno, spesso
anzi avveniva l'opposto.
Myosotis: nome francese di un noto fio-
rellino azzurro e grazioso che cresce ne'
luoghi umidi e coltivasi per ornamento
{Myosotis palustris). Il nome deriva dal
greco juvodÓTT] = orecchio di topo, di fatti
in francese dicesi anche oreille de souris.
In tedesco Vergismeinnicht = non ti
scordar di me. La forma italiana e regi-
strata. Miosotide^ è poco usata.
3iT
N : questa lettera nei prefissi in^ con^
davanti alle consonanti labiali m^ è, j9, si
muta in m per ragione di affinità elet-
tiva: così in e mutabile^ fanno in com-
posizione immutabile; con e baciare fanno
combaciare'^ in e porre^ imporre. Dinanzi
ad l poi, si muta in / cioè si assimila,
dinanzi ad r si muta in r: il che mani-
festamente appare dalle parole illecito
collegare^ irragionevole,, correggere., com-
poste da in privativo e lecito,, etc. Si perde
di regola davanti ad s impura: istrumento
istanxa^ coscienza,, costituire etc. | N.
simbolo di ennesima (attributo di potenza),
Y. questa parola.
N. N : formula di persona ignota, è ini-
ziale del latino nescio nomen., non so il
nomo.
Nabab: grafia francese di nome arabo,
dato ai governatori e capi dell'India mao-
mettana. Per estensione Nabab dissero
in Francia dogli inglesi che dalle Indie
tornavano con grandi ricchezze. Parimenti
dicesi presso di noi Nabab (meno co-
mune nababbo)^ di persona ricchissima ma
con un lieve senso ironico all'ostentazione
della ricchezza.
Nacchere: «(castanuelas^ spagnuolo),
strumento originario di Spagna e noto già
sotto l'Impero romano. È formato di due
pezzi di legno concavi adattati l'uno sul-
l'altro nel modo dei gusci di ostriche, e
che si cozzano in modo da produrre un
rumore non antimusicale. Il suonatore ha
uno di questi strumenti nella mano destra
(è lo strumento i)iii piccolo o più acuto)
dotto hembra; noll>ltra mano tiene il })iii
grande, detto macho. Le nacchere anda-
luse si denominano patillos e pitos: sono
più piccole delle comuni e usate dalle
donne. Le più grandi sono le castagnetas
gallegas., proprie ai contadini della Ga-
lizia. » (A. Galli, op. cit.).
Nadir: noto termine astronomico, dal-
l'arabo nathir = di fronte, cioè il punto
che sovrasta il nostro capo (zenit).
Nankin: tela di cotone d'un color giallo
speciale, o bianco: da Nankin (solita scrit-
tura francese) città della Cina.
Napoletana o cricca: nel giuoco del
tresette dicesi, accusando, quando si pos-
siede r asso il due e il tre dello stesso
seme o colore, o, elitticamente: quella di
spade 0 fiori etc.
Narcòsi: sonno artificiale con sospen-
sione della sensibilità, dovuto all' azione
di ipnotici {ojjpio, morfina, cloroformio,
etc). Dal gr. vàQHcooig = torpore.
Nargliilè: nota specie di pipa turca o
persiana ad acqua. Voce persiana.
Nasello: V. Merlano,
Nata: por indicare la parentela di na-
scita di una signora che ha marito, ri-
corda il née de' francesi ; la qual voce
s' emploie pour indiquer le noni de fa-
mille que portait une femme avant du
mariage. L'uso nostro porterebbe a metterò
prima il cognome della famiglia propria,
poi quello assunto dal marito, preceduto
da Ì7i 0 da ne' .
Nativo: nel senso di indigeno^ selvaggio
no!i è il natif do' fi'ancosiV
Natura abliorret vaouum: la natura
abborrc dal ruoto: sentenza della anti-
Nat
— 326 —
Nav
chissima scuola peripatetica, ripetuta da
Cartesio.
Naturista: è il tedesco NaturmensGhen'^
Y. Vegetariano.
Naturàiia non sunt tùrpia : sentenza
latina alquanto verista ancorché vera,
spesso usata a giustificazione di atti in-
verecondi: le cose naturali., cioè che sono
in natura., non sono vergognose. La pa-
ternità del motto non riuscii a trovare :
probabilmente è di formazione popolare.
Naturalismo o naturalesimo: neol lat.
naiuralis., ingl. naturalismi fv. natura-
lisme^ ted. Naturai ismus. Termine filo-
sofico; indica la teoria che l'universo può
e deve essere compreso per mezzo delle
scienze fisiche (naturali), e più special-
mente che ogni processo mentale e psichico
può essere ricondotto nelle categorie delle
scienze naturali: esclude, cioè, ogni in-
framettenza di concetti metafisici e tra-
scendentali (quindi è sinonimo di Materia-
lismo 0 Positivismo., V. quest'ultima pa-
rola). In teologia il naturalismo esclude
il sopranaturale e considera i fatti della
religione, sia riferendoli a leggi naturali,
sia al concetto del «divino», ma identi-
ficato col naturale ordine dell' Universo.
(Il Carducci, ad es. spiegando il concetto
del suo Inno a Satana scrive « di avere
adombrato, come in una lirica potevasi, il
naturalismo panteistico, politeistico, arti-
stico, storico etc.»). In arte, è la dottrina
che considera il vero fine dell' arte nel
riprodurre e seguire la natura. Sinonimo
di realismo, se non che questo tende piut-
tosto alla riproduzione e copia minuta ed
accurata dei particolari veristi. Cfr. Emi-
lio Zola, Le Roman expérimental.
Naturalizzare e naturalizzazione: neoL:
dal fr. naturaliser ., naturalisation., con-
cedere ad uno straniero i diritti di nazio-
nalità e di cittadino.
Naturam expeiles fu rea, tamen usque
recurret: scaccerai la natura (cioè l'istin-
to naturale) con la forza (lett. con -la
forca)., ma essa ritornerà continuamente.
Orazio, Epistole^ I, 10, 24. E i francesi:
chassex, le naturel^ il revient au galop.
Natura non faoit saltus: la natura
non fa salti., cioè in natara si procede
per gradi. Motto spesso citato in sostegno
delle teorie evoluzioniste. Esso motto è
variamente attribuito, a Linneo {Philoso-
phìa botanica, cap. XXVII), a Leibniz
{Nouveaux essais, IV, 16). Il Fournier
{Esprit des autres., cap. VI) dice di a-
verlo trovato come citazione in un raro
libello da lui ristampato: Discours véri-
tables de la vie et mori du géant Theuto-
bocus, sotto la forma: natura in operatio-
nibus suis non facit saltum. Tolgo que-
ste preziosità erudite dal Fumagalli {Chi
Vha detto ?), ma credo vero autore del
motto sia la antica umana esperienza.
Nauto-podismo: fra le voci di formazio-
ne abusiva e verosimilmente effimera, ma
certo difforme, è nota questa, che significa
la perizia e l'esercizio nel nuotare e nel
camminare. Voce dello Sport.
Navaja: (lat. novacula) voce spagnuola
che significa una specie di gran coltello
à serramanico.
Navàscia: voce lombarda: recipiente
quadrilungo, a foggia di nave (onde il nome)
ove si raccolgono, trasportano e pigiano
le uve per indi versarle nel tino. Il Cheru-
bini (op. cit.) mette in raffronto dinavascia
la castellata de' Bolognesi.
Nave : genericamente vuol dire qualsiasi
bastimento grande a vela o a vapore: spe-
cificatamente, veliero a tre alberi quadri
e bompresso, j Nave a palo: con tre al-
beri quadri e un palo, albero cioè senza
pennoni e che porta solo la vela aurica.
Navette: (diminutivo di na«;/5) così per
similitudine chiamano i francesi la spola
de' tessitori, e pure traducendo il suono
v'è chi dice navetta., specie fra i tessitori.
Nel linguaggio mondano e de' giornali si
incontra non raro la locuzione francese,
tolta dalla similitudine della spola, fare
navette {faire la, navette) per dire andar
e venire, far il galoppino, andar su e giù.
Una scrittrice, italiana, di alcuna rino-
manza tanto per far italiana la frase, dice
far la spola. (!?)
Navigabile: attributo di vini che pos-
sono essere per le loro qualità alcooliche
e chimiche, trasportati oltremare, sensa
alterarsi o patire.
Navigare necesse est, vivere non est
necesse : navigare è cosa necessaria, vi-
vere non è necessario ^niÌQO motto (Ansa),
Nav
327
Nec
cui il d'Annunzio, ingegno fortemente
assimilatole, ridusse a verso in un volu-
me di liriche intitolato Laudi delle cose
create, e diede al detto motto valore di
si m Itolo, ricorrente e significante.
Naviglio: nome dato nell'alta Lombardia
ai canali navigabili per mezzo dei quali
« il Verbano, il Lario, l'Adda, il Ticino
hanno fra di loro non interrotta comu-
nanza di navigazione» così il Cherubini nel
suo diz. milanese. Tali canali risalgono
all'evo medio e in quel tempo in cui le vie
di comunicazione non erano come oggidì,
segnarono pei commerci e per gli scambi
un vero e grande progresso di civiltà.
Nazionalista: neologismo formato su di
un neologismo francese, nationalìste, esa-
gerato sostenitore della forza e del diritto
della nazione: oltre che in questo senso
la parola talora è usata, con velato intento
di scredito, in vece di amante della patria
0 patriotta. Per la storia o evoluzione di
un'idea (Patria) questa parola naziona-
lista ha notevole importanza. V. Patriot-
tardo. N.B. Non si dimentichi però che
spesso il sacro nome di Patria secondo la
morale utilitaria dei nostri tempi, fa sfrut-
tato come monopolio e per disonesto fine
da chi avrebbe dovuto onorarlo e non vi-
lipenderlo.
Nazionalizzazione: neologismo anche in
francese, nationalisation^ dal verbo na-
tionaliser^ na%ionali%%are: il quale verbo
come il derivato, non trovo che nel Tra-
mater. Nazioìialixzaxione nel nuovo sen-
so dato dai socialisti, indica 1' atto del
rendere collettiva, cioè della nazione, la
privata ricchezza. Quanto alla parola, che
a noi più importa, notiamo che certe voci
sesquipedali in izxazione variano dalle
corrispondenti francesi da cui sono tolte
per il fatto che il tronco e sfumato accento
francese dà snellezza, il che non è in ita-
liano. Non dico che non siano necessarie
se così vuole l' uso, (si volet usus), ma
certo sono deformanti .
Né apostati né ribelli : titolo di un
famoso scritto del Mazzini (1860) in cui
pi conciliano le duo necessità di serbar fede
all'idea ropublicana e, per amoro di unità,
di non opi)orsi al motto monarchico uni-
tario: Italia e Vittorio Emanuele. Ricorro,
con qualche modificazione del senso, nel
linguaggio politico.
Nebbiolo di barbaresco: vino rosso del
Piemonte, affine al Barolo, ma, a diffe-
renza di questo, di breve durata e di pro-
duzione ristretta: però gode meno fama,
né questa si spande mercè l'esportazione.
V'è altresì il nebbiolo spumante.
Nebulosa: termine astronomico, quasi
nèhule o nebbie del cielo. Per estensione
si dice di cosa incerta, di cui non si può
prevedere la fine essendo in via di forma-
zione.
Neccio: aferosi di castagnaccio, stiac-
ciata di farina di castagne cotte fra due
testi. Voce d'uso regionale, toscana.
Necessaire: così si chiama in Francia
e da noi quell'astuccio o cassettina o bor-
setta elegante, per lo più di cuoio, spesso
annessa alle valige, che contiene quanto
è necessario per la mundizia o per lavori
muliebri e ci si intende col dire senz'altro
necessaire. Cassettina^ astuccio., astiic-
cino^ necessario., saranno voci più che
buone, e molti lessicografi le consigliano,
ma hanno il grave torto di essere ambigue
non dell'uso e però poco intose.
Necesse est, ut eveniant scandala: è
necessario che scandali avvengano. (E-
vang. di S. Matteo, XVIII, 7).
Necessitare: con valore intransitivo è
modo neologico. Es. necessita che cosi si
faccia. Neil' uso classico, necessitare r=;
lat. cògere^ forzare fatalmente, e con va-
lore attivo.
Necrobiosi: veKQÓg —. morte e ^lóc: —
vita. Modificazione nella struttura di un
organo o di una parte di un organo a cui
venne a mancare la circolazione, ma che
si trova difeso dall'infezione.
Necrofilia: (dal greco vekqó^ = morto e
(piÀla -: amore, passione) termine medico
e legale per indicare quel pervertimento
del senso genitale che spinge ad atti car-
nali con cadaveri. Vampirismo, fr. rav?-
pirisme.
Necroforo: eufemismo nostro foggiato dal
greco {vf'HQO(pÒQog) per non usare le voci
popolari becchino o beccamorto. \ Necro-
foro è nome che i naturalisti danno a certi
coleotteri <;he costumano soppollìre piccoli
animaluzzi por doporvi lo uova.
Nec
328
Neo
Necròsi: termine medico, da vekqÓ£ =:
morto : mancanza di vita in un organo ;
dicesi specialmente per indicare la can-
crena delle ossa.
Necrotizzare: neol.med. V. Mortificare.
Né eletti né elettori: formula politica
del partito cattolico intransigente che vieta
a' suoi di partecipare alla vita politica
della Terza Italia. Fu suggerita da Don
Giacomo Margotti direttore dell' Unità
Cattolica di Torino, nel 1860.
Nec tecum vivere possum, nec sine te:
(Marziale, Epigr. XII, 47) ne con te^ né
senza di te io posso vivere: stupenda sin-
tesi dei patimenti e delle misteriose con-
tradizioni d'Amore! Mi pare che questa
sia la comune dicitura, ma in Marziale è:
nec possum tecum vivere^ nec sine te.
Cfr. Ovidio {Amores^ III, 11, 39): nec
sine te^ nec tecum vivere 'possum.
Nefrite: da ve(pQÒs = rene: voce ge-
nerica che vale a designare tutte le in-
fiammazioni acute 0 croniche dei reni.
Negativa: termine fotografico per indi-
care rimagine prodotta nella camera oscu-
ra, dove le parti in luce sono rappresen-
tate da macchie nere e viceversa.
Negativo: nelle locuzioni risposta ne-
gativa^ star su la negativa., e così l'av-
verbio negativa^nente^ spiace ai puristi
come maniera alla francese. Fosse anche,
sono di que' molti gallicismi dovuti al
maggior sviluppo della prosa francese su
la prosa italiana. Il Viani difende la voce.
Negligé: fr. dal verbo negliger^ latino
neglegere= trascurare. Indica propriamen-
te r abito da mattina (matinée) che può
essere graziosamente negletto. Così dicesi:
la tal signora sta meglio in negligé che
in toilette. Sciammanata., alla carlona^
alla buona come consiglia il Fanfani vi
corrispondono fino ad un certo punto. Ma
per una signora ricca ed elegante come
si direbbe alla carlona o sciamìnanata?
Voce affine a negligé per uso e per senso
è deshabillé e matinée.
Né te, benché negletta^ in manto adorna
Giovanotta beltà vince o pareggia
Tasso.
Negligeable: fr., come attributo di quan-
tità^ in luogo di trascurabile, è più che
frequente. Solito ingiustificato abuso.
Negriero: attributo di naviglio che at-
tende al turpe traffico dei negri: negriero
il capitano e l'equipaggio. Voce ormai sto-
rica. iV^egri'ero talora dicesi familiarmente
di padrone crudele ed esoso, incettatore
di lavoratori in condizione quasi servile.
Negus neghesti: voce amarica che si-
gnifica re dei re ed indica la somma au-
torità nell'Impero feudale di Etiopia. Nome
noto nei dì nefasti d' Italia.
Neh: presso i lombardi non è soltanto
particella interrogativa = n'è vero (trovasi
talora scritto anche nevvero) e come tale
usata e abusata anche dopo un' afferma-
zione di cui noi soli possiamo dire se sia
vera o falsa la cosa; ma ha anche il si-
gnificato di Ehi! Bada a me! sta attento
a quanto ho detto ! Secondo i puristi de-
vesi dire eh? o n'é., o è.
Nèmesi : presso i greci, Né/tieois = la
dea della Vendetta e della Giustizia pu-
nitrice : vale, pena vendicatrice.
Nemo ad impossibilia tenetur: latino
nessuno è tenuto a far l'impossibile.
Nemo potest duobus dominis servire:
nessuno può servire due padroni (S. Mat-
teo, VI, 24) massima di gran rettitudine,
che dicesi a proposito di chi vuol tenere
il piede in due staffe 'seguendo per oppor-
tunità due principi diversi.
Nemo propheta in patria: sentenza di
Cristo, divenuta popolare, che leggesi nei
Vangeli (S. Luca, IV, 24, S. Matteo XIII,
7, etc.) nessuno è profeta in patria., cioè
nessuno può esercitare fascino di autorità
e di miracolo dove tutte le sue coso, anche
minime e misere, di sé e de' suoi sono
note all'universale.
Nemrod: usasi per cacciatore appassio-
nati ssimo (robustus venator coram Domi-
no). Fu secondo la Genesi (X, 8) primo
re e fondatore di Babilonia.
Neo : prefisso formativo di gran numero
di parole, specialmente scientifiche : gr.
vèog = nuovo, recente.
Neo-criticismo o neo-Kantianismo: nome
universalmente dato alla filosofia di E.
Kant risorta nel sec. XIX.
Neolìtico: attributo di età o periodo,
da vEÓg = nuovo e /ddog z=z pietra. Voce
usata dagli archeologi por significare quel
periodo di antichissima vita umana, de-
Neo
329 —
Neu
termi liuto dall'uso dolln pietra o selce por
le opero dell' industria e della guerra.
Neolòtico è il periodo più vicino a noi,
cioè delle pietre, foggiate ad istrumenti,
levigate: archeolitico o paleolitico, delle
pietre appena scheggiato.
Neoplasma: term. medico, dal gr. véog
~ nuovo e ttàcloocò =^ formo. Usasi questa
voce per designare la produzione di tes-
suti morbosi, e in particolare dei tumori.
Neoplastico: V. Neoplasma.
Neo-platonlcismo : il risorgere e trasfor-
marsi della filosofia di Platone in Alessan-
dria, come principale centro, per l'influsso
del pensiero orientale e cristiano.
Nepotismo: propr., come termine storico,
indica la politica di alcuni Papi (special-
mente nei secoli XV e XVI) di giovare
e fare uno stato ai nepoti, sottoponendo
gli interessi della Chiesa a quelli fami-
liari. Così, ad es., ebbero stato i Farnesi
ed i Medici. Nepotisti dicesi dei Papi che
seguirono tale politica. L' arguto nostro
popolo creò la sentenza che i figli dei
preti si chiamavano nepoti. V. Zi' prevete.
Nepotista: V. Nepotismo.
Neque semper aroum j tendit Apollo:
non sempre Apollo tende il suo arco, cioè
Apollo non sempre ferisce. Orazio, Odi.,
II, 10, 19-20. (Cfr. Iliade, I, 59), ma il
motto è usato anche nel senso che con-
viene riposare e darsi svago per meglio
ritemprarsi al lavoro. Esopo, sorpreso a
giocare con dei ragazzi, rispose con lo
stupendo apologo dell'arco, cui conviene
rallentare se si vuole che abbia forza
quando è teso. Il motto ricorre anche in
più largo senso: cioè non sempre si può
e in tutte le parti dimostrare lo stesso va-
lore (riferendosi a cose d'arte).
Ne quid nimis: sentenza delfica: non
alcunché di troppo., cioè in tutto ci vuole
moderazione. V. Fumagalli Chi l'ha detto?
Nera: come attributo di aristocrazia.,
indica quella aristocrazia clericale, spe-
cialmente in Roma e negli antichi Stati
della Chiesa, la quale è tuttora rimasta
fedele al pajìa come sovrano politico, e
considera il nuovo governo come usurpa-
tore di legittima autorità : aristocrazia
bianca^ quella che partecipando, riconosce
il nuovo governo.
! Nesoit vox missa reverti: (Orazio, Arte
poetica^ 'ò^i)) parola detta non saritornare.
Voce dal seu fuggita
poi richiamar non vaio.
Mi'.TASTASio, Ipermestra, II, 1.
Ne sutor supra o ultra crepidam (lu-
di caret): che il calzolaio non giudicasse
oltre alle scarjje: è il motto di Apelle al
ciabattino, al quale avendo oppoi-tunamente
notato una menda de' sandali in una pit-
tura d' Apelle, presumeva poi di giudicare
coso di cui non poteva avere intendimento.
Questo motto ha valore di intercalare. Si
legge in Plinio XXXV, 36, 22, e in Va-
lerio Massimo, Vili, 123. Cfr. il motto
milanese: offellèe fa el to mestèe.
Net: parola inglese che significa rete,
usata anche da noi nel giuoco della Palla
corda (Lawn-Tennis) quando la palla pas-
sa nel campo avversario, ma lambendo
l'orlo della rete. (V. Lawn-Tennis).
Nettarsi la bocca: dover restar senza^
e indica delusione : modo familiare, spesso
usato per ischerno.
Neurastenìa o nevrastenia : vsogov =
nervo, a privativo, cioè = senza e cdévog
= forza: nome nuovo di malattia non nuo-
va ma in questi nostri tempi specialmente
diffusa e studiata. | Neur astenia.^ come
dice la etimologia, significa in generale
debolezza nervosa., e più specificatamente
si intende nel senso di un forte grado e
forma speciale di tale debolezza, con sin-
tomi tipici di carattere patologico. La pa-
rola « neurastenia» ci provenne dall'estero
da poco tempo : come vocabolo occorse
la prima volta nel Medicai Bictionary
del Duuglison, nel 1833. Caratteri fonda-
mentali di questa specie di neurosi sono:
la cefalalgia, la dispepsia gastro-intestinale,
l'insonnia, la sensazione di stanchezza, la
incapacità di fissare l'attenzione. A questi
sintomi si aggiungono altri turbamenti ed
incomodi soggettivi che costituiscono diffe-
renti aspetti di questa malattia, la quale
da forme lievi o passeggero può assurgerò
a formo gravissimo. Il rapporto tra la
neurastenia e le condizioni della vita o-
diorna, specialmente nello grandi città, è
così manifesto che non occorro spendervi
molto parole. La differenza tra questa vita
0 quella di un sessanta o cinquanta anni
Neu
— 330 -
Nih
fa è così grande che anzi meraviglia la
resistenza e la forza di adattamento che
l'uomo possiede! Ad ogni modo è certo
che l'eccesso del lavoro intellettuale odier-
no, il tormento dell'ambizione e del riu-
scire, le lotte e le emozioni delle imprese
commerciali, le cure della vita publica,
le eccessive pretese sociali, 1' avidità di
un sempre miglioro benessere del lusso, la
vita tumultuosa delle grandi città e altre
malsane influenze spiegano il diffondersi
di questa malattia. Come della parola iste-
rismo^ così si abusa della parola neuraste-
nia^ la quale è adoperata per indicare an-
che un passeggero esaurimento nervoso.
Neurastènico : chi soffre di neurastenia.
V. questa parola.
Neuropatia: da i'£0^ov = nervo e jràdog
*-'- affezione. Con questo nome i medici desi-
gnano uno stato di debolezza del sistema
nervoso centrale, considerato specialmente
sotto il rapporto delle funzioni psichiche.
La neurastenia, ad esempio. Der. neuro-
patico.
Neutralizzare: neologismo, dal fr. neu-
traliser^ (lat. neuter = ne l'uno ne l'altro):
dal linguaggio della chimica è passato
(solito trapasso) a quello politico e morale
ed è assai dell'uso. Spiace ai puristi che
consigliano rendere inefficace., distrugge-
re. V. Paralizzare.
Nevrastenia: V. Neurastenia.
Nevrosi : (gr. vevoov = nervo e il suf-
fisso osi, gr. oat^, indicante le malattie di
forma cronica), nome dato genericamente
ad un gruppo di affezioni i cui sintomi
dimostrano un turbamento delle funzioni
del sistema nervoso, senza che 1' esame
anatomico riveli alcuna manifesta lesione
degli elementi di detto sistema.
Nevvero: V. Neh!
Ni cet excès d'honneur, ni oette Indi-
gnité: dicesi frequentemente per indicare
l'esagerazione in bene o in male nel giu-
dicare cosa 0 persona. E un verso ales-
sandrino del Voltaire. Et je n ai inerite \
ni cet excès d'honneur, ni cette indignité.
Nichelino: le monete di nichelio da 20
cent. , messe in circolazione .in questi
tempi, sono spesso così chiamate. Voce di
conio popolare. Diconsi anche ventino.
Nickel: o nichel e italianamente ni-
chelio.^ nota specie di metallo bianco; dallo
svedese nickel.
Nictalopìa o nittalopia: term. med., in-
debolimento della vista per cui gli oggetti
sono meglio distinti con luce crepuscolare
(letteralmente del greco, vista notturna).
In fr. héméralopie.
Niente, buono per gli occhi: locuzione
nostra popolare (con forza ironica) che
trae origine dalla volgare opinione che le
infiammazioni degli occhi si guarissero da
sé, né richiedessero cura alcuna.
Nietzschenismo: le teorie del filosofo
poeta Federigo Nietzsche; massimo asser-
tore dell' individualismo filosoficamente
concetto e profeta di un' umanità supe-
riore alla presente, nella quale il super-
uomo starà all'uomo presente come il pi-
tecantropo sta all'uomo. Questa trascen-
dentale concezione aristocratica, lampeg-
gia tra bellissime fantasie e fulminee
intuizioni di verità audacissime (V. Su-
peruomo ed Esteta). F. Nietzsche ^1844,
1900) nato in Sassonia, fu educato per la
carriera ecclesiastica a Bona ed a Lipsia.
Eeietta questa carriera, fu professore di
filosofia a Basilea (1870). Entusiasta, indi
nemico di quel grande epico e filosofo della
musica che fu R. AVagner, ne risente il
fascino e l' influsso artistico. Abbandonò
nel 1880 l'ufficio di professore: visse di
ricche rendite : attività intellettuale inces-
sante. Fu nel 1889 colpito da inguaribile
insania, e si chiuse nel più spaventoso
stupore la mente che tanta luce geniale
aveva accolta. NB. Molti senza essere
indicati dal Nietzsche, si credettero e si
credono in dovere di rappresentare i fu-
rieri 0 precorritori di questa umanità
nuova, onde il tipo dell'Esteta e del Su-
peruomo, lagrimevoli nichilisti morali, ma
senza audacia, né ingegno, né convin-
zione; bell'esempio di quel fenomeno che
è detto con voce inglese snobismo.
Nigra sum sed formosa: son bruna ma
bella. {Cantico de' cantici I, 4).
NihiI de principe, parum de Deo: clas-
sica norma di quieto vivere per i sudditi
degli antichi governi assoluti o teocratici:
cioè l'autorità umana e divina non deve
essere discussa: meno se ne parla e me-
glio è. Questa formula é ricordata dal
Xih
— 381
Nip
(tìusIì nel Preferito pia che perfetto del
verbo pensare:
Quand'era canone
Di Galateo
Nihil de Principe,
Parum de Deo;
Oh età pacifiche,
Oh benedetto !
Non c'impestavano
Libri e" mazzetto:
Diccvasi anche: de Deo panca., de rege
ìnhil:, ed i Veneziani: di Dio si parli
poco, della Serenissima ne bene ne male.
Più precisa forse l'altra lezione: parum
de principe, nihil de Deo.
Nihil diffìcile amanti: niente è difficile
a chi av/a (Cicerone, Orat. X, 33).
Nihil ex nihilo: lat. mdla (si produce)
dal nulla. Termine scolastico della legge
della dipendenza delle cause. Gol niente
non si fa niente, è sentenza di popolo.
Nihil est in intellectu quod non prius non
fuerit in sensu : lat. nulla v'è nella mente
che pi-ima non sia, stato nei sensi. (Locke,
1632, 1704). Motto del sensismo, teoria
filosofica che ogni conoscenza abbia ori-
gine dalla sensazione, non escluso le idee
intuitive. Sentenza di uso ed abuso sco-
lastico, specie fra i pedagogisti.
Nihilismo: dal latino nihil =i nulla. La
parola fu usata la prima volta nel roman-
zo del Turghenieff, Padri e figli, il cui
protagonista è un uomo ateo, materialista,
negatore di tutto: poi fu usata da Katkoff
nella Gazzetta di Mosca per indicare i
nemici dell'ordine publico in Russia. Der,
nichilista. I nichilisti intendono abbattere
l'attuale reggimento assoluto nella loro
patria introducendovi le libertà dell'Euro-
pa occidentale. Questo movimento politico,
di carattere rivoluzionario, non si scom-
pagna dal movimento dell'ideale socialista,
che è, per così dire, il coloro dominante
del tempo nostro. | Nihilismo è altresì
termine universale filosofico per indicare
la credenza che nulla esiste e perciò nes-
suna scienza è possibile, ovvero che la fede
nella scienza e nella morale non hanno
base nella realtà. Le teorie sull'annien-
tamento della volontà e dell'essere (Nir-
vana, Behopenhauei", Leopardi) possono
considerarsi (!ome nihiliste.
Nihil sub sole novum o novi: niente di
nuovo sotto il sole. {Ecclesiaste., \, 10).
Verità millenaria che gli uomini fanno
bene ad obliare altrimenti molta tristezza
e molta inerzia graverebbe su di loro.
Nil admirari: non meravigliarsi di cosa,
alcuna. (Orazio Epist. I, 6, 1) è frutto di
saviezza, di esperienza ... e di scetticismo.
Ninfomania : dal gr. vvjnxprj =: ragazza,
sposa e juavia = pazzia, lat. nymphoma-
nia, voce comune alle lingue neolatine :
è quello che il popolo dice furore uterino
e che gli scienziati designano con molti
altri nomi come andromania^ tentiggine,
erotomania, etc. V. Appendice.
Ninco-Nanoo: sopranome di famosissimo
brigante, noto antonomasticamente come
il Passatore, Gasparone, Fra diavolo. Muso-
lino, etc. Ninco-Nanco fiori al tempo de'
Borboni ed era di Avigliano in Basilicata.
Ninfa Egeria: Egèria fu ninfa o camena
italica, cui la leggenda sacrò il bosco e
la fonte in una valle presso Aricia : fu
sposa di Numa Pompilio, secondo re di
Roma, e consigliera negli ordinamenti re-
ligiosi (consueto espediente, fondato su la
superstizione, di fare ratificare dagli Dei
le leggi umane!). Dicesi tuttora Ninfa
Egeria per significare inspiratore, consi-
gliere 0 consigliera occulta e sagace: più
spesso si dice in senso ironico. Es. il tale
è la sua Ninfa Egeria.
Niobe delle Nazioni: cosiilByron((7/#i/-
de-Harold's pilgrimage, canto IV) chia-
mò r Italia, dal nome della greca Niobe,
impietrita dal dolore per la morte de' suoi
figliuoli. «La Niobe delle nazioni ! essa vi
stende senza prole e senza corone nel suo
muto linguaggio un vaso vuoto tra lo
sue mani avvizzite: un vaso la cui santa
polvere fu sparsa molto tempo fa: la tom-
ba di Scipione non contiene più ceneri.
I mausolei non sono più dimora di eroi.
Trabocca, o vecchio Tevere ! vicino al
marmoreo desorto gonfia le tue onde gial-
lastre per inondare le afflizioni di Roma. »
NB. Da allora ad oggi, non c'è che dire,
della strada se no è fatta !
Nipotismo: V. Nepotismo.
Nipple: così chiamano i meccaniei od i
ciclisti quella madrevite, che nelle ruote
dello biciclette serve ad unire o tenderò il
raggio al cerchio. Ingl. nipple.
Nir
332
Nod
Nirvana: voce sanscrita = annientamen-
to, divenuta comune ad ogni linguaggio.
Nella religione Indiana il Nirvana è lo stato
della perfetta beatitudine dell'anima uma-
na dopo morte, che si fonde e confon-
de col Divino, F Eterno, l'Assoluto, poi
che ebbe fine il suo trasmigrare nelle for-
me dell'essere. Il Nirvana però può essere
raggiunto anche in vita. Esso è lo stato
dell'anima umana che ha distrutto in sé
il senso del desiderio di vivere. Il mondo
intero individuale includendo 1' idea di
morte, è illusione. Il Nirvana è la libertà
dall'illusione e nel tempo stesso termine e
fine della lotta per l'esistenza individuale,
e compenetrazione dell'anima con. l'ani-
ma benedetta di Brama. Lo Schopenhauer
nella sua filosofia rinnovò il concetto del
Nirvana. Questa voce dal bel suono e
dalla grande tristezza spesso ricorre con
senso vario e generico, per indicare l'ane-
lito alla pace suprema; l'amore alle belle
cose create, compendiate in Dio ; la fine
dell'aspra guerra della vita.
Nisi caste saltem caute: lat. se non
castamente ahneno prudentemente^ con-
siglio attribuito, non so con quanta verità,
ai gesuiti ed ai preti, specie per quel che
riguarda le manifestazioni del senso.
Nistagmo : oscillazione frequentissima
0 rotazione, involontaria, dei globi ocu-
lari con battito spasmodico delle palpebre,
simile a quello di persona che, oppressa
dal sonno, si sforza per restare sveglia.
Sono moti di natura congenita, ovvero
sintomo di lesione dei centri nervosi. Dal
greco vevorà^cù =z crollo, faccio ondeg-
giare.
Nitimur in vetitum semper, cupimusque
negata: sempre tendiamo a ciò che è
proibito e desideriamo le cose negate.
(Ovidio, Amores^ III, 4, 17).
Ni ve cadente, schola vacante: due abla-
tivi assoluti, cari agli scolari perchè for-
mano un aforismo e una legge non scritta
in alcun regolamento ma nota sin da
tempo e applicata talvolta: quando cade
la neve non si va a scuola. Cessa una
noia, la scuola; appare un piacere, la neve.
Nobiliare: agg. di nobile, appartenente
alla nobiltà, come titolo nobiliare.^ è il fr.
ìiobiiiaire. La nostra voce buona è nobi-
lesco^ ma essa sembra includere alcun
senso di spregio.
Nobis nomi.navit: lat. « ci nominò., cioè
nominò a noi, cioè il Capo dello Stato
francese nominò (propose) a noi., Ponte-
fice;» così è scritto nella formula delle san-
zioni papali dei vescovi di Francia. Giacché
secondo il concordato del 1801 tra Pio VII
e la republica francese (Consolato), si stabilì
che la nomina dei vescovi di Francia fosse
fatta dal capo dello Stato: a questa nomi-
na poi il Pontefice dà l'istituzione Canoni-
ca. Conventio inter summu7n Pontificem
Pium, VII et gubernum GalUcanum. Art.
IV. Consul primus Oallicanae reipubli-
cae archiepiscopos «nominabit». Sum-
mus Pontiflx institutionem. canonicam
dabit. Così negli atti concistoriali di no-
mine recenti si legge (era presidente della
Republica il Carnet) : « nominationem »
per illustris viri Francisci Mariae Sadi
Carnot, GalUcae Eeipublicae Praesidis.
Noblesse oblige: squisito e cavalleresco
motto francese da noi comunissimo, e si-
gnifica che l'aver titolo di nobiltà o bel
nome impone doveri che altri non ha in
pari grado. La sentenza è attribuita al
duca de Levis (Maximes et Réflexions).
Vedi anche Boezio (De consolai. Philo-
sophiae., Ili, 6) e in molti altri scrittori
si potrebbe trovare tale pensiero. Ma è la
struttura della frase che dà valore !
Noce : voce del gergo francese, vale bal-
doria (debauché): onde la locuzione faire
la noce. Il nostro modo andare a no^%e
ha altro senso.
Noctuas Athenas afferre : (Cicerone) por-
tar nottole ad Atene (e si aggiunge: vasi
a Samo, .... acqua al mare, .... legna ai
boschi; etc), locuzioni vive tuttora per
dire : far cosa di cui è gran copia, e per-
ciò inutile.
Nocumentum documentum : cioè quae
nocent., docent: motto latino efficace per
l'alliterazione; e si riferisce al concetto,
esser il dolore ottimo maestro (peccato che
lasci troppa traccia del suo insegnamento ! j
In greco nadéjiiaTa juadéjuara.
Nodo: term. marinaresco, indica ilmiglio
marino, così chiamato dai nodi del cor-
dino detto di loch; onde far tanti nodi al-
l'ora., significa che il bastimento percorro
— 333 -
Non
uuìtG mif^lia all' ora. Il miglio marino è
di m. 1851, 85.
Noisette : voce francese comunissima
nelle espressioni della moda: cappello noi^-
i<ette, giacca noisette, e simili : appartiene
al numero delle parole introdotte e usate
per semplice vizio : possiamo dire e dicia-
mo infatti nocciola^ che è la cosa mede-
sima.
Noli me tangere: non toccarmi! {Vang.
di S. Giovanni^ cap. XX, 17). Questa
locuzione fu usata dagli antichi medici
per significare certe ulceri cutanee, cui i
divei'si topici (medicamenti esterni) non
facevano che irritare: trattavasi di epite-
liomi 0 cancroidi. Dicesi anche della Bal-
samina, genero di piante.
Nomi femminili stranieri: V. Marie.
Nòmina sunt òmina: i nomi sono au-
gurio, sentenza latina che vale per quello
che vale, e cui dà forza 1' alliterazione.
Certo è però che nel nome è alcuna for-
tuna 0 significato, tanto è vero che alcuni
cui il proprio e naturale nome parve
avere umile suono o senso, se lo mutarono.
Nominativamente: fr. nominativement.,
« dirai nominatamente » (Rigutini). Dirai,
ma di solito non si dice.
Nominor quoniam leo: 'perchè mi chia-
mo leone. È il diritto per cui il Leone
alla giovenca, alla capra, ed all'agnello,
compagni nel lavoro della caccia, nega
facoltà di partecipale alla preda, ma tutta
per sé la si prende. (V. Fedro, favola V).
L'emistichio latino è spesso ripetuto per
significare il diritto della forza, eterno,
fatale, per quanto dalle varie civiltà coo-
nestato talora di belle parvenze.
Non : con le voci negative niente.^ nulla
nessuno sogliono i lombardi specialmente
ommettere il non es. io so nulla., vedo
niente. La costruzione è logica e confor-
me al latino nil scio., nil video: ma l'uso
toscano, accolto spontaneamente da tutti
gli scrittori italiani, vuole che si aggiunga
questa negativa pleonastica, non. L'esem-
pio di Dante l'anima semplicetta che sa
nulla si può considerare come un latini-
smo, ma non è sufficiente a giustificare
questo non grave idiotismo: il quale, del
roste, anche in Lombardia, tende a re-
stringersi alle persone non colte. | «Nello
locuzioni dubitative anziché non è meglio
scrivere 7io. » per es. dimmi se devo ve-
nire o no., cosi i puristi, ma non mi pare
che si usi molto, se non da taluno e per
affettazione.
Non bene oiet, qui semper bene olet:
non sempre sa di buono chi è sempre
profumato. (Marziale, Epigrammi., II,
12, 4).
Non c'è di ohe: « una frasuccia barba-
rica galante é questa. Quand'uno ci rin-
grazia, in vece di dire, rispondendo, se-
condo le circostanze e le persone : nulla,
niente, cosa di poco, non occorre, non
serve, non mette conto, ho fatto l'obbligo
mio, di che? di che cosa? non occorron
cerimonie; ripetono: non c'è di che. E
perché si preferisce dir così ? perchè le
frasi di casa a molti citrulli san di povero;
mentre le franche san più d'aristocratico.
Chi si contenta gode.» (G. Romanelli, op.
cit.).
Non compos sui, o non compos mentis:
termine latino per indicare quello stato
di turbamento mentale per cui l'uomo non
é padrone di sé, delle sue azioni e parole.
Tei'mine filosofico insieme e popolare.
Non dolet o Paete, non dolet: stoica
parola di Arri a, moglie di Cecina Peto,
che die col ferro" primo esempio al marito
del come darsr la morte che Claudio, im-
peratore, avea comandata. (V. Plinio il
giovane, Epistola, III, 16). Non dolet ha
valore di motto.
Non è la via dell'orto: la via dell'orto
é breve, facile, nota : onde si dice « non é
la via dell'orto» -per 'màÌGdiYQ viaggio lungo
e difficile., negoxio che richiede tempo t
periTiia. Bel modo familiare.
Non erat hio locus: non era quivi il
suo posto. Savio giudizio di Orazio {Arte
Poetica., 19) dotto a proposito delPoppor-
tunità e convenienza in materia di arte.
Non expedit: non è spedìente., non é
necessario, cioè é proibito. E il divieto
che la Curia i)apale tuttora impone ai
credenti di partecipare con voto alla vita
politica della Nazione italiana. | Non expe-
dit è formale rituale della Cancelleria apo-
stolica quando dovesi non concodero al-
cuna cosa richiesta. In questo caso del
voto politico, por meglio spiegare, a non
Non
- 334 —
Non
expedit il S. Ufficio, con decreto del giu-
gno 1886, aggiungeva prohibitionem im-
portai.
Non forse: formula interrogativa, pre-
ziosa, cara al d'Annunzio ed ai suoi se-
guaci in estetica.
Non fumum ex fulgore etc. : « dallo
splendore il poeta 7ion si pensa di derivare
il fumo; ma dal fumo si studia di derivare
la luce onde no tragga meravigliose cose».
Così Orazio neWArte Poetica^ rendendo
con bella comparazione il concetto che
nelle opere d'arte scritte non è il pomposo
e abbagliante proemio quello che importa,
ma il successivo, profondo, ordinato, logico
svolgersi dei fatti in cui si compie il tema
proposto. E insieme vuol dire che è «luce»
ciò che dall'opera d'arte deve derivare a
chi ode 0 legge.
Xoìi fumum ex fulgmr, sed ex fimio dare lucem
cogitai, ut speciosa dehinc miracula jyromat.
De Arte Poetica, 143, 144.
Non ignara mali, miseris sucourrere
disco: conoscendo che cosa è sventura^
so soccorrere agli sventurati. Cosi Bidone
ad Enea {Eneide. I, (330j, ed è il verso
che secondo G. Giacomo Rousseau conte-
neva più di ogni altro, umana sapienza !
Non in (e comunemente de) solo pane
vivit homo: sentenza e v an-gelica (S. Mat-
teo IV, 4) fatta popolare, nel senso che
oltre al pane materiale, l'uomo abbisogna
del pane dello spirito, di alcun conforto
morale, di alcuna letizia dell'anima, etc.
Non intervento: (fr. oion intervention)
sistema di politica internazionale che con-
siste nel non intervenire negli affari degli
altri Stati, quindi non permettere che altri
intervenga.
Non liquet: lat. non è chiaro.
Non multa, sed multum: sentenza latina
dedotta secondo alcuni da Plinio il gio-
vane (Epist. VII, 9), secondo altri da Quin-
tiliano (De instit. orat., X, 1, 59) e vuol
dire che nell' apprendere non giovano le
molte cose ma l'intensità in alcune poche.
N. B. Ciò che si acquista in estensione,
si perde in intensità.
Non olet: (il danaro) non ptix^xa : così
Vespasiano, imperatore, al figlio Tito che
lo rimproverava di avere imposto balzelli
suir orina, mostrando il danaro ricavato
dalla imposta. Motto ricavato popolarmen-
te da Svetonio ( Vita di Vespasiano., 23) e
da Dione Cassio {Hist. LXVI, 14)? V. Mo-
numenti Vespasiani.
Non omnia possumus omnes: non tutti
possiamo tutte le cose. (Vergilio, Egloghe.,
Vili, 63).
Non omnis moriar: no7t interamente io
ìYiorrò così Orazio [Odi., Ili, 30, 6) pre-
sentendo la immortalità. Quel vano let-
terato che fu r Algarotti adattò il motto
a sua epigrafe.
Non (o nec) plus ultra: non più in là.,
locuzione latina, comune anche al fran-
cese, per indicare un termine non sorpas-
sabile. Motto che si vuole da Ercole im-
presso su le colonne che da lui ebbero
nome e furono ritenute confine del mondo.
Non parlar di corda in casa dell'im-
piccato: non toccare argomenti che pos-
sano ricordare altrui cose tristi o vergo-
gnose: locuzione familiare.
Non possumus: ?io?^ ^^ossmmo. Risposta
di Pio IX a Napoleone III esortante il
pontefice a cedere le Romagne al re Vit-
torio Emanuele II. (Febbraio 1860). Non
possumus è del resto formula di rito, di
venuta popolare per quella occasione, ed
è ripetuta spesso per celia.
Non riuscita: ^qy mala o cattiva riu-
scita è maniera ripresa dai puristi, come
gallicismo : nooi réussite manque de rétcs-
site.
Nosco te ipsum: conosci te stesso V.
rv&di osaróv.
Non scholae sed vitae discimus (Seneca
il giovane, Epist. 106): non si impara
per la scuola ma per la vita. Sentenza
usata e abusata nelle scuole : frase fatta.
Non sens: V. Nonsenso.
Nonsenso o non senso: dal fr. no7i sens,
locuzione con valore di sostantivo che
i francesi tolsero alla lor volta dall'in-
glese : non sense. Es. questa frase è
un non senso. Non sens est un anglici-
sme fort usile., et que les dictiotmaires
ont très-bien fait d'admettre., ne fut-ce
que pour caractériser la moitié de leurs
définitions (Ch. Nodier).
Non tacebo: lat. non tacerò. Fu motto
eroico di T. Campanella.
Non
335 —
Not
Non (propriamonto nun) te ne incarica:
non incaricartene ! non occupartene /,
motto, intorcalaro, sentenza di filosofia
egoista, scettica, servilo del popolo napo-
letano: se il motto, come forma, è tipi-
camente napoletano, come trista norma
del quieto vivere è del mondo intero.
Non ti curar di lor, ma guarda e passa:
liorruzioue popolare del verso dantesco
non ragioniam di lor ^ ma guarda e passa ^
Inf. ni, 49. E passa via ! altri aggiungo
per più lepidezza.
Non uccellare a pispole: la 'pìspola è
un uccelletto da selva tutto piume e non
vale la spesa di prenderlo: onde la frase
di sapore toscano, vale figuratamente, nel
linguaggio familiare, tendere a qualcosa
di solido ed importante, avere nobile
meta davanti a sé.
Non voglio la morte del peccatore ma
che si converta e viva: (Ezechiele, XXXIII
14) ripetesi spesso in senso faceto.
Normale etc. : da norma., ottima voce
classica (cfr. lat. norma., da nosco) si sono
formate le seguenti voci neologiche nor-
7nale. normalità., normalista (e pop. nor-
malina., allieva di scuola normale), nor-
malmente. ed il contrario anormale etc.
Per i puristi queste voci sanno di pro-
venienza francese, là dove la parola buona
sarebbe regolare e suoi derivati, e, delle
scuole, magistrale., ma penso che agli
stessi puristi riesca difficile evitare que-
ste parole, tanto piìi che hanno valore
tecnico e scientifico. Y. Normale (Scuola) .
Normale (scuola): divisione di scuola
secondaria, destinata alla educazione ed
istruzione dei maestri e maestre elemen-
tari. È divisa in sei anni, tre comple-
mentari e tre propriamenti detti normali.
I puristi vorrebbero magistrale e non nor-
male. Evidente influsso, nel nomo e nel-
r istituto, del normal school., inglese e école
normale francese (In ted. Lehrerseniinar).
Normalista: e talora popolarmente tior-
maiiua., allieva di scuola normale.
No restraint: in inglese vale mancanza
di eostri r\ ione., ed ò termine medico quasi
universale per indicare 1' abolizione di
ogni mozzo violento e coercitivo, quale
in passato usavasi ne' manicomi.
Nosocomio: por ospedale., da vònoc; -
malattia e Hojuelv = curare. Neologismo
non bello e non necessario, venuto forse
al linguaggio de' medici per via della
Francia, nosocome.
Nòstras: dicono i medici di alcune for-
me di malattie che sono endemiche, cioè
del paese, come ad es. cholera nostras: dal
latino nostras-àtis = nostrano, del paese.
Nostro (il): voce convenzionale del lin-
guaggio letterario che si incontra in ta-
luni libri e specie nelle biografie e rasse-
gne e vuol dire V Autore o il Personaggio
di cui si ragiona. Ora questo Nostro
non solo è inelegante, ma panni anche
sgarbato {La Nostra non si dice!)
Nota ancor questa : locuzione di sapore
ironico o faceto. Dedotta, probabilmente,
dall'ode // Cinque Maggio del Manzoni :
Bella immortai ! benefica
fede, ai trionfi avvezza !
scrivi ancor questo, allegrati
chò pivi superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.
Notabilità: al pari di ^nediocrità., celcr-
brità, nullità., etc. sono astratti di pro-
venienza francese, usati nel linguaggio
comune in vece delle parole concrete cor-
rispondenti. Voci riprese dai puristi. Certo
il buon uso letterario si astiene, di solito,
da questi vocaboli.
Notes: plurale di note francese; voce
spesso usata in Lombardia nel senso di
librettino., taccuino. Questa parola che
non e' è in francese, ove si dice agenda
ovvero carnet^ si deve essere formata da
noi in questo modo, che, vedendo scritta
su que' taccuini di fabbrica francese la
parola notes., il popolo l'ha presa per il
nome proprio del libretto. Questo notes
accresce la serie delle parole francesi fatto
in Italia, e specialmente a Milano, corno
Voltaire, Marbré., Cendrier, etc.
Nottambulo: è voce non registrata noi
nostri dizionari, comunissima però nel-
l'uso, probabilmente tolta dal fr. noctant-
bule zz: celui qui passe les nuìts à se
promener ou à s'amuser. I nostri dizio-
nari registrano nottambulo conio sinonimo
di sonnambulo. Vero ò cho neiruso si dice
« nottambulo » di chi ha costumo di far dì
giorno notte e viifovorsa. « Ecco onesto
Not
— 336
Num
uomo che è divenuto andator di notte,
apritor di giardini ». (Boccaccio).
Nottata: V. Appendice.
Notte bianca: locuzione senza dubbio
efficace, tolta dal francese nuit bianche,
per indicare una notte nella quale non si
dorme, qual che ne sia la cagione.
Nottola: per civetta, dicesi oramai sol-
tanto nella locuzione portar nottole ad
Atene. Y. Noetims Athenas afferre.
Notturno : « componimento musicale in
forma di rondò, di canxone od anche di
sonata, e il cui carattere è un abbandono
dell'anima alla poesia, all'idealità serena,
dolce e contemplativa». (Galli, op. cit.)
Notus in Judaea: {Salmo LXXV, 1)
■Micosi di persona assai nota e non sempre
gloriosamente nota. Vale come il seguente.
Notus lippis et tonsoribus: Y. Lippis
et tonsoribus.
Nous: gr. vovg mente, ted. Nus, ingl.
nous: termine filosofico dovuto ad Anas-
sagora: vale ragione, pensiero, intelli-
genza, facoltà jyensante, considerata non
come subbiettiva o come entità psichica,
ma come obbiettiva ed astratta.
Nous arrivons toujours trop tard : di-
cono i carabinieri dell' Offenbach nel!' o-
peretta giocosa Les Brigands. Locuzione
caustica, talora usata nel linguaggio della
politica e del giornalismo.
Nozze d' argento: celebrazione delle
nozze dopo 25 anni di vita coniugale; noxx,e
d'oro, dopo 50 anni.
Nuance: voce francese di moltissimi
significati, troppo di frequente e per vizio
ripetuta da noi che abbiamo le voci cor-
rispondenti di sfutnatura, grada%,ione, sì
nel senso proprio come nel senso traslato.
Nubifragio: per acquazzone, rovescio,
scossone, è voce ripresa dai puristi. Cfr.
Fanfani ed Arlia, op. cit., Suppletnento.
Nucleo: lat. nucleus, in filosofia natu-
ralo (fisiologia) indica il centro attivo ed
organico della cellula (la quale è consi-
derata come l'elementare unità della vita,
e consta della membrana e del protopla-
sma, di cui il nucleo è parte).
Nugae: (pronunzia nuge) voce latina
che talora si incontra per significare cose
di poco conto, lievi difetti, bazzecole.
Nulla dies sine linea: nessun giorno
senza ima linea, motto che 1' antichità
attribuì ad Apelle (Plinio, Hist. Nat.
XXXY, 36) e si ripete con senso pedago-
gico per significare l'esercizio giornaliero.
Fu pure motto di E. Zola. Occorre anche
nel parlare familiare, nel linguaggio dei
giornali, in senso ironico, quasi per dire :
ogni giorno se ne ode una di tal genere,
se ne scoprono seìnpre di nuove.
Nullaggine: Y. Nullità.
Nullatenente: «voce nuova e mal for-
mata per proletario •>•> (Rigutini). Se ne è
fatto anche l'astratto nullatenenza. Yoci
di conio burocratico e proprio superflue.
Y. Fanfani ed Arlia, op. cit.
Nullità: detto di persona che non vale
nulla, inetto, è perfetto francesismo an-
corché comodissimo nell'uso. Get homme
est d'une parfaite nullité. Si è formata an-
che la voce nullaggine, ripresa dai puristi .
N. B. I dialetti nostri per esprimere questo
concetto di nullità, specialmente riferito
a persone cui la fortuna o la trafila dei
consorti eleva ad alti uftìci, hanno una
tale ricchezza di voci realistiche e crude,
secondo il genio della nostra favella,
che proprio questo astratto filosofico di
nullità può ritenersi superfluo, anche se
comodo nell'uso, come ho detto.
Nullum magum ingeniunm sine mixtura
dementiae est: nessun grande ingegno e
senza mescolanza di pazzia (Seneca, De
tranquillitate animi, XVII, 10). Come si
vede, la teoria Lombrosiana su la natui-a
del genio (Y. Genio) era già nella coscienza
del popolo, e ben da antico: si intende
in ciò che in essa teoria è di vero, cioè il
predominio di una virtìi del pensiero su
le altre, ed eccesso di sensibilità, e quindi
squilibrio e diversità dal tipo normale
dell'uomo: benché anche questo squilibrio
non sempre si riscontri negli uomini com-
piutamente geniali.
Numeno: [voovjuevov := ciò che è cono-
sciuto dalla vovg = mente) voce filosofica
(Platone, Kant) usata per indicare 1' og-
getto del puro pensiero o della intuizione
razionale, libero da ogni elemento del sen-
so. Ted. e ingl. noumenon, fr. noumène.
Numerario: per moneta metallica in
circolazione é dal fr. numeraire. Yoce
ripresa dai puristi, sancita dall'uso.
\ uni
337
Nut
Numerizzare: nool. \)ei' numerare. Que-
sto verbo frequentissimo si è formato abu-
sivamente e inutilmente, almeno a me
pare, per effetto del suffisso ixxare. Av-
vertasi che in francese non c'è nitméri-
scr., ma numéroter .
Numero: fr. numero (voce tolta dall'i-
taliano), è parola usata francesemente per
indicare qualità egregia \ le parti di uno
spettacolo di varietà. Come avvertimento
ortografico, i numeri componenti una data
0 una cifra, non si dividono. (V. Divisione
delle parole). Tuttavia mi sembra un or-
rore evitato dal semplice buon senso. V.
Fanfani ed Arlia, op. cit., Supplemento.
Numero cento (il): il eesso^ così detto
negli alberghi dal 100 che sovra è scritto
per evitare la parola determinata : fr. le
numero cent.
Numero Deus ìmpare gaudet: il Dio si
allieta del numero dispari (Verg. Eeloga
Vili, 75), allusione alle antiche opinioni
su le proprietà mistiche e simboliche dei
numeri, per cui 1, 3, 9, avevano speciale
valore di bene.
Numero unico: giornale che si publica
in determinate circostanze e per una sola
volta.
Numero uno!: vale bellissimo^ eccel-
lente.^ egregio., cioè che non ha secondo.
Lo nota il Tommaseo nel suo Dizionario
come «modo basso». Anche in fr. nu-
mero un= de premier ordre; forma, credo,
parallela. L'esempio del Petrarca:
Vergine saggia, o del bel numer' una,
delle beati vergini prudenti,
anzi la prima e più cara lampa,
non ha che vedere con la locuzione asso-
luta numero uno.
Numquam est fide! is cum potente so-
cietas : l'alleanza con un potente (e pre-
])otonte) 7ion inai è sicura. Sentenza di
Fedro, promessa alla favola Y del libro L,
ove narra di alcuni umili od imbelli ani-
mali che strinsero patto col leone, ma
cacciata una bella preda, quegli tutta per
sé la si tolse, per queste ragioni, cioè
che egli si chiamava leone, e poi perchè
era il più forte. V. Nominor quoniam
leo.
Nunc dimitte servum tuum: ora licenzia
il tuo servo, cioè or-a., o Signore., fammi
morire (accomiatami dalla vita) che muoio
lieto per aver risto il Messia. Così il
vecchio Simeone. Questo motto della chie-
sa ripetesì più spesso in senso profano.
Nun te ne incarica: V. Non te ne in-
carica.
Nuovi tormenti e nuovi tormentati :
noto verso dell'Inferno dantesco (VI, 4),
divenuto popolare.
Nurago, pi. nuraghi o nuraghe : con
voce sarda : è nome di certe speciali
costruzioni in forma solitamente di cono
tronco, in grande numero sparse per la
Sardegna: architettura primitiva di stile
I ciclopico, del cui ufficio non v'è fra gli
archeologi concorde sicurezza. Probabil-
! mente, tombe. «L'isola bella dei nuraghi»,
I perifrasi del Carducci (Mosche cocchiere)
per dir la Sardegna.
j Nurse: voce inglese (contrazione di ?^wr^ce
! = nutrice) che significa nutrice.^ cioè gorer-
1 nante., e dicesi della donna che bada i bimbi,
j e anche infermiera. Nursery., una stanza
! della casa, lasciata per libertà e giuoco dei
! bambini.
Nursery: \. Nurse.
Nutrimentum spiritus: nutrimento dello
spirito., motto che Federico il Grande di
Prussia fece apporre alla Biblioteca reale
di Berlino (1780), il quale ricorda l'altro
motto Medicina animi ( Tv^ììS 'lavQefov)
che secondo Diodoro Siculo stava sull'in-
gresso della biblioteca del re Osimandia
in Egitto.
A. Panzini, Supplnnento ai Dixionari iialiani.
t): per /^o, V. Avere ed Essere.
Obbligante : per gentile, cortese, è antico
gallicismo (obligeant) ., che ha esempi sino
dal 600. Vero è che oggi mi pare al-
quanto fuori dell' uso. Del pari i puristi
riprendono il verbo obbligare nel senso
morale di astringere con benefici. Obbli-
gare (lat. ab e ligare = legare) vale pro-
priamente imporre obbligo.^ costringere.^
onde nel senso morale bisognerebbe dire
almeno obbligare a sé. (Rigutini).
Obbligare: V. Obbligante.
Obesità: V. Polisarcia: le due voci si
equivalgono, se non che questa è più della
scienza medica, quella del comune lin-
guaggio: lat. obesus. Trattasi sempre di
una viziosa disposizione del tessuto adi-
poso, cagione di molti disturbi, della quale
cosa è mal fatto congratularsi come fanno
gli stolti.
Obice: nei giornali che danno notizie
della guerra che si combatte (1904) tra il
Giappone e la Eussia, accade sovente di
leggere obice nel senso di bomba., proiet-
tile. In un periodico trovo questa noterella,
cosa veramente preziosa, non per se, ma
per il fatto che si osi disputare dottrinal-
mente di parole in difesa dell' italianità
senza tema di parere o da poco o angusto
di mente. Riporto lo scritto : « Barbarismo
giornalistico. Accade spesse volte di leg-
gere, fra le notizie della guerra, che la
tal corazzata, giapponese p. es., ha lan-
ciato su di un incrociatore russo tanti
obici., che questi obici scoppiarono, ecc.
ed ancora giorni fa sul Corriere della
Sera si lesse che un soldato d'artiglieria.
in Francia, veduto in terra un obice privo
di miccia, ne accese la polvere con un
zolfanello, ecc. Questa parola obice., usata
in questo senso, è il più madornale spro-
posito che si possa scrivere, e che farà
sorridere tutti i militari, d' artiglieria spe-
cialmente, ammenoché, con molta maggior
ragione, non li faccia piangere sul bar-
barismo invadente della lingua giorna-
listica, prodotta in massima parte da sola
pigrizia di aprire un dizionario qualunque.
Obice, in italiano, non significa già un
proiettile, bomba o granata., come signi-
ficherebbe in francese la parola obiis^ di
cui è la negligente e pedestre traduzione,
ma bensì è il nome di quel cannone (che
credo ora disusato) che lanciava le bombe
0 granate, e che in francese si chiama
obusier. Ne viene da ciò che uno scrit-
tore francese, non militare, che dovesse
tradurre in francése le notizie su ram-
mentate, dovrebbe, in base al dizionario,
scrivere che, nella tale e tale altra batta-
glia, furono lanciati tanti obusiers^ cioè
tanti cannoni ; notizia che farebbe certa-
mente trasecolare quanti 1' avessero a leg-
gere, dato che lo scrittore avesse il me-
desimo coraggio degli italiani nello scri-
verla. Dovrebbe dunque rimanere in mente
a tutti che obtis si traduce per bomba.,
e che al contrario obice corrisponde non
già a obus., ma ad obusier., che è un pezzo
d' artiglieria, e non un projettile ». Cime!
a questi barbarismi siamo così abituati
da non avvedercene più ! Quanto ad obice.,
poi, pensi il lettore alla frase volgare e
di gergo, oh. che obice! in sostituzione
ohi
— 339 —
Odi
doiralti-a, oh, che e***! per dire che for-
tuna /, e comprenderà come obice debba
indiearo xx^^xmto cannone e non bomba!
Obloc : voce straniera, usata in marina
per indicare i finestrini rotondi ne' fianchi
de' piroscafi. Y. Port-hole.
Obsequium amicos, veritas odium parit:
l(t contpiacen^a produce gli amici, la ve-
rità produce Iodio. (Terenzio, Andria I,
l, 48). NB. Perciò forse la verità è co-
stretta a stare nel pozzo !
Obus: fr., V. Obice:
Oc: termine letterario: lingua dell'oc
(langue d'oc)^ nome del dialetto francese
che nell'evo medio si parlava e scriveva
a mezzodì della Loira. (Provenzale antico).
Lingua d'o'il, nome del dialetto francese
che poi prevalse dal tempo d'Ugo Cape'to
e d'onde derivò il francese odierno: si
parlava e si scriveva a settentrione della
Loira. Le due denominazioni provengono
dal diverso modo del pronunciare l'affer-
mazione (sì) oui. Cfr. Dante :
del bel paese là dove il .sì suona.
Per l'etimologia, oc deriva dal lat. hoc
= ciò, ciò appunto^ quindi sì: o'il, onde
poi oui, parimenti è dal latino, hoc + il-
lud 0 secondo altri hoc -\- ille.
Ocarina: strumento jnusicale di terra
cotta di forma e capacità ovoide, recen-
temente inventato da un tal Donati di
Budrio.
Occa: nome di peso, usato in Turchia
e nelle terre di Levante: varia fra i 1200
ed i 1300 grammi.
Occhietto: chiamano i tipografi la pa-
gina che precede il frontespizio, e nel
centro della quale è il solo titolo dell'o-
pera. Ne' libri antichi V occhietto spesso
tien luogo del frontespizio. Si vuole che
esso sia stato così detto, dacché intorno
al titolo si soleva fare un cerchio tondo,
e più spesso ovale a forma dell'occhio.
Occhio di bue: V. Oeil de boeuf.
Occhio pollino o di pernice: nome vol-
. garmento dato a nota speci<5 di calli (fr.
oeil de perdrix).
Occhio per occhio, dente per dente:
(Esodo, XXI, 21) cioè la pena del taglione,
jus talionis^ cr)ntra])asso, di rendere offesa
per offesa, la quale se non è più nelle leggi
civili, è più sposso nell'umana anima.
Occitanico: provenxale^ da oc o lingua
dell'oc, detto del provenzale antico. Y. Oc.
Occorrenza: vale bisogno, affare^ cosa
che occorre (familiarmente anche bisogno
corporale) : nel senso di caso, circostanza.,
spiace ad alcuni rigidissimi puristi. Y.
Fanfani, op. cit., Y. Gherardini, Appen-
dice alle Oraynmatiche^ pag. 491 e se-
guenti. I diz. registrano i due sensi.
Occultismo: nome dato a quelle pretese
conoscenze naturali che sono ottenute con
processi misteriosi ovvero con segreta e
magica arte. L'alchimia e l'astrologia nel
medio-evo; nel tempo nostro lo spiritismo,
la teosofia^ la chiromanzia contengono vari
elementi di occultismo. Queste dottrine
non entrano nell'orbita della scienza mo-
derna: almeno così oggi si deve dire.
Ochsenmaulsaiat: voce di vivanda te-
desca, che letteralmente vuol dire insa-
lata di muso di bue. Nervetti o muscoli
preparati con molta cura, sotto aceto.
Oclocrazia: gr. òx^o-KQaria = governo
di moltitudini (spesso nel senso di: co-
stituito da tirannide plebea).
0 con questo o su questo : versione dal
greco: motto attribuito alle madri spartane
neir atto che consegnavano lo scudo ai
figliuoli, cioè 0 con lo scudo (vincitori) o
su lo scudo (morti). Y. Plutarco, Lacae-
narum Apophthegmata., XY.
Oculos habent et non videbunt: hanno
gli occhi., ma non vedranno (Salmo CXIII,
e CXXXIY).
Oda: per ode {(bòi) — canto) è voce
fuor d' uso (Petrocchi). Piacque però al
Foscolo, piace alla odiei-na scuola estetica
(d'Annunzio). È il caso di dire con Orazio :
multa renascentur quae jam' cecidere...
vocabula etc.
Odeporico: grecismo alquanto disusato
(òòoiJioQiKÓs) : attinente a strada., riaggi.,
descrizione di itinerari.
Oderint dum metuant: //// odino, pur-
ché mi tonano. LVccius, Atrrus., in Cice-
rone, De officiis, I, 28, 97).
0 di Giotto: è il circolo perfetto, fatto
a mano libera e mandato per saggio della
sua perizia da Giotto a Benedetto IX. On-
do il modo antico di dire, esser più tondo
dell'o di Giotto.
Odi profanum vulgus et arceo: odio il
Odo
340
Oil
profano (indegno di essere ammesso nel
tempio) volgo e me ne scosto. Orazio, Ode
I, lib. III. Locuzione eretica agli orecchi
di taluno, se detta in senso politico, ma
che non cesserà di esser vera e ripetuta
in senso filosofico morale, come appunto
intese il gran poeta latino. Cfr. Vii niag-
gioranxa.
Odorare il vento infido: familiarmente
vale fiutare il 'pericolo e quindi cercare
fuga e scampo, e si dice di gente che ha
conti da rendere alla giustizia. Dicesi
anche per celia. Cfr. il Manzoni, P. S.
Gap. XI.
leva il muso, odorando il vento infido.
Oeil de boeuf: fr., occhio di bue., cioè
lìnestrina ovale (onde il nome storico del-
l'anticamera regia in Versaglia).
Offellèe fa el to mestèe: sentenza del
dialetto milanese, nota oltre i confini di
quel dialetto. Già C. M. Maggi si era si-
]nilmente espresso : / mestee i ha da fa
chi je sa fa. Cfr. Ne ultra crepidani.
Olfenbachiano: suona buffonesco., ridi-
colo : da Giacomo Offenbach (1819-1880;
di Colonia, ma francese di elezione e
di vita ; fecondissimo autore di operette
comiche.
Offrire il fianco: porgere in una que-
stione il lato pili debole o vulnerabile.
Oga Magòga: dicesi per beffa di paese
lontanissimo e incerto. Nella Bibbia Gog
è la personificazione del popolo nemico di
Israele, poi gog niagog passò a significare
paese straniero e lontano.
Ogiva: nervature che s'incontrano dia-
gonalmente nelle volte della architettura
gotica e vi.foi'manb scompartimenti ango-
lari. Der. ogivale. Etim. incerta. Y. Zam-
baldi, op. cit. Perchè poi il Petrocchi ponga
« ogiva » fra le voci antiquate, non so.
0 gran bontà de' cavalieri antiqui!:
(Ariosto, Orlando Furioso^ I, 22.) Dicesi
tuttora in vario senso e con intenzione
di ironia o di celia.
Ohm : questo è nome di matematico e fi-
sico tedesco insigne (Simone Ohm, 1789-
1854). Per deferenza ai suoi lavori venne
dato il nome di ohm all'unità pratica di
resistenza elettrica: resistenza offerta ad
una corrente costante da una colonna di
mercurio, alla temperatura del ghiaccio fon-
dente, della sezione di un millimetro qua-
drato e della lunghezza di 106 centimetri,
che è r ohm legale. L' ohifi internaxio-
nale poi è il valore, dell' ohm quale venne
definito dalla Conferenza tenuta a Chicago
nel 1893 dai delegati dei governi e, ri-
sponde al valore vero dell'unità pratica
di resistenza elettrica: è definito dagli
stessi elementi che definiscono Vohm le-
gale., salvo che la lunghezza della colonna
di mercurio deve -essere di cm. 106, 3.
Oide: suffisso in origine delle scienze
fisiche, indi frequente in molte voci, la
più parte neologiche, come mattoide.,
socialistoide., anarcoide etc. Su tale de-
sinenza mi piace riportare questa nota
fra seria e faceta che leggo in un gior-
nale : « Oide è una desinenza condiscen-
dente e compiacente che viene dalla parola
greca elòog, che vuol dire species., forma.,
statura., modus., status re*; cioè apparenza,
sembianza, imagine, visione, forma, sta-
tura, modo, stato di una cosa, a seconda
dei casi. Questa desinenza nelP appicci-
carsi al sostantivo italiano, perdette Vep-
silon greco davanti all'o con cui finivano
i primi sostantivi italiani, e così abbiamo
Yoide., e abbiamo la fabbrica di tutti i
sostantivi italiani in oide che ci abbiso-,
gnino ; come, per esempio, monarcoide,
clericaloide, republicanoide, liberaloide, e
via via, coniatene quanti ne volete, fino al
rompiscatoloide. QneWeidos., che diventa
poi oide., è dunque significatore ora di
apparenza, ora di forma, ora di statura,
ora di modo, ora di stato: ma non proprio
della sostanza della cosa : significa solo
quel che sembra una data cosa. Questa
sua facoltà rende Voide idoneo ad es-
sere adoperato come espediente per trarsi
d'imbroglio quando non si sa bene de-
finire un soggetto, una persona, un' opi-
nione, un modo di pensare, di agire. »
Vocabolo che è segno dei tempi!
Oidio: (da o)óv = uovo) genere di fun-
go parassitario: nefasta crittogama che si
manifesta in forma di bolle sui pampini
e impedisce il crescere e il maturare del
grappolo. In Romagna i villani la dicono
manna.
OVI: lingua d'oU. V. Oc.
Oini
341
Omn
0 imitatores, servum pecus: o imita-
tori^ servile gregge! (Orazio, Epistole, I,
li», 19ì.
Oleum, et operam perdidi: motto latino
di Plauto {Paenidus^ I, 2, 119;: ho per-
duto l'olio e la fatica^ cioè ho fatto fa-
tica vana. Cfr. il nostro motto perdere il
ranno ed il sapone.
Olièna: (dal nome del territorio di Olie-
na) vino sardo di molto commercio, sapido,
alcoolico, con aroma speciale. Buon vino
da arrosto.
Olim : av. lat., una volta, in quel tempo
(cfr. il pronome latino olliis z^ ille). Dicesi
talora in senso sarcastico per indicare il
mutato animo o partito o stato di una
persona.
Olimpo: nel gergo familiare talora è
usata questa parola per indicare il ceto
chiuso dell'aristocrazia, specie se dato a
vita mondana : cui l'ammirazione del vol-
go e l'invidia degli altri fanno da incen-
siere e cornice.
Olla-podrìda: si pronuncia oglia po-
drida, o vuol dire in ispagnuolo olla, pen-
tola putrefatta: cioè usando il contenente
pel contenuto, carni e verdure di ogni
svariata specie cotte insieme : cibreo. I
francesi tradussero la parola spagnuola in
potpourri. T. questa voce.
Olii essenziali: o eteri volatili, nome
dato a un gran numero di sostanze odorose,
dall'aspetto oleoso, che divengono volatili
per il calore, e sono prodotte da piante
mercè la distillazione.
Oltramontano: V. Ultramontano.
Oltre il rogo non vìve ira nemica: verso
di Vincenzo Monti (In morte di Ugo Bas-
ville, I, 49), rimasto popolare.
Oltremare: nome di colore azzurro pre-
zioso che sino alla metà del secolo scorso
si otteneva polverizzando e trattando il
lajìislazzuli naturale.
Orna: suffisso l-appresentante la finale
groc:i ...6>/<a, usato dai modici per indi-
care i tumori neo-plastici: sarcoma., car-
cinoma..^ epitelioma.
Omaggio: «(homage) da homo, perchè nel
medioevo un uomo era uomo dell'altr' uomo.
E non tanto dalla feudalità oltramontana,
non mai radicata molto [)rofondamonte in
Italia, quanto dalla servile imitazione dello
frasi francesi, venne questa voce, ignota al
popolo. Così le donne italiane ricevono
omaggio: così si sente dire: rendere omag-
gio al vero, come se questo fosse un uomo
a cui recare tributo. Meglio rendere onore.
E nelle conversazioni patrizie: io vi pre-
sento i miei omaggi per : vi presento i
miei ossequila i miei convenevoli. E non
è raro ricevere un libro con scritto sul
frontispizio: omaggio dell'autore', espres-
sione che rappresenta 1' autore in ginoc-
chio neir atto di offrire il suo volume.
Basta: dono dell'autore.» Così il signor
Allan, op. cit. ed è nel vero, ma l'uso ha
imposto ormai questa e tante altre parole
in cui rifulge 1' iperbole sgarbata e dif-
forme al genio della nostra favella.
Omaggio (In) : per in conformità.^ per
rispetto., conforme.! in onore, rendendo
onore, QÌG. es. in omaggio al vero, è
maniera dell'uso: ripresa dai puristi.
Omaggio dell'autore: V. Omaggio.
Omaro: nomo scientifico del gambero di
mare, homarus vulgaris., in fr. homard.
Omelette : parola francese, usata special-
mente nell'Alta Italia invece di frittata:
riprendesi a ragione dai puristi ancorché
i cuochi potrebbero fare qualche differenza
tra frittata e omelette. L' etimologia di
questa voce è incerta : da oeufs mèlés ?
! ovutn molle ? \ Omelette soufflée chiamano
I da noi una specie di frittata dolce : oine-
^ lette à la confiture una specie di frittata
dolce con ripieno di conservo e sapori.
0 mia anima profetica: locuzione dal-
l'inglese, 0 my prophetic soni! (Aìnleto).
I Omne ignotum prò magnifico est: stu-
I penda sentenza di Tacito {Agricola^ XXX),
ogni cosa di cui non si ha noxione. si
ritiene meravigliosa.
Omne trinum est perfectum: ogni com-
I plesso di tre (solitamente dicesi di persone
e spesso in senso caustico) è cosa perfetta.
Sentenza latina, dedotta verosimilmente
dalla scienza cabalistica che dà il tre per
perfetto numero. Cfr. il motto Tres fa-
cilini collegium., e Numero Deus, otc. e
ricorda il ti-e ricorrente in Dante.
Omne vivum ex ovo: ogni essere viro
proviene da uovo, a foriamo che vuoisi
dedotto da 0. Harvey (Kvereitationes de
generatione animalinm). se \)uvo non è
Omn
— 342 —
Onn
di Ibrniazioue popolare per significare il
fatto che la vita nasco dalla vita, cioè la
teoria della biogenesi (Redi, Spallanzani,
Pasteur, Tyndall, Roberts, Dallinger) Y.
Oeneraxione spontanea.
Omnia mea mecum porto : ho con ine
ogni mia ricehe'vxa, sentenza variamente
attribuita, cioè a Simonide od a Biante,
due dei sette savi del tempo antico (oh,
savio limitato numero!) V. Cicerone, Pa-
radoxa I, 1.
Omnia munda mundis: tutto è puro nei
puri! (S. Paolo a Tito, I, 15j. V. Man-
zoni, P. S. cap. Vili.
Omnia tempus habent: tutte le cose han-
no il loro tempo {Ecclesiaste^ III).
Omnia vinoit amor: amore vibice ogni
cosa. Verg. (Egloga X, 69). Cfr. Sofocle
neW Antigone (coro): Amore invincibile
nella battaglia^ etc.
Omertà: voce dialettale sicula: il sen-
timento cavalleresco individuale : indi il
punto d' onore degli appartenenti alla
màfia e quindi per estensione ad ogni
specie di mala vita. Per effetto della
omertà il ferito non rivelerà il nome del
feritore, il mafioso manterrà il segreto,
si atterrà a certe norme che costituiscono
una specie di onore e cavalleria furfante-
sca. Omertà da umiltà, simulata sotto-
missione di chi si acconcia all'offesa, me-
ditando vendetta? o dallo spagnuolo honibre
3= uomo, quasi virilità? Del i-esto V omertà
se più specialmepte designa il senso d'o-
nore fra i delinquenti volgari, soggetti alle
comuni leggi, come fenomeno di coesione
morale e di istintiva difesa reciproca si
riscontra fra tutti coloro che operano in
modo immorale o anti-sociale come oggi
si dice.
Omosessualismo od omosessualità: da
òjtiòs =^ simile, uguale e sexus = sesso.
Parola scientifica, usata in medicina ed
in medicina legale per indicare un per-
vertimento sessuale di individui i quali
hanno un'inversione dell'istinto, pur a-
vendo gli organi normalmente conformati.
Dicesi anche uranismo. V, Appendice.
Onanismo: da Onan personaggio biblico
(V. Genesi, 38, 9;: Bem detestalrileni !
V, Appendice.
Onde Sam : traduzione francese dal-
! Tingi. Uìicle Sam-, lo xio Sam: deno-
i minazione generica dell' americano degli
1 Stati Uniti. L'origino di questa locuzione
si dice sia stata la seguente : durante la
nota guerra di secessione (1861-1865), i
{ soldati erano avvezzi ad accogliere con
giubilo i carri delle provvigioni, che erano
segnati con la sigla U. S. (United States).
{ I soldati li chiamavano i carri dell' Uncle
I Sam. Cfr. John Bull, Pantalone, etc.
I Onde fare, onde addivenire etc. (cioè
; onde = per, o affinchè) : è modo usatis-
j Simo nel linguaggio comune, specie degli
I uffici, e del commercio. Senza sentirci
I rizzare i capelli come avveniva a quel ge-
! niale purista del marchese Basilio Puoti,
certo è locuzione tutt' altro che bella ed e-
letta e non confortata da esempi, e in fatto
coloro che appena hanno un po' di senso
estetico e riflessivo nello scrivere, la evi-
I tano, tanto più che può benissimo essere
I sostituita dal per. Onde vale da dove come
I donde., cioè è avverbio di moto da luogo.
Vale anche per di che., con che: Es.
!
j Onde le fiere tempie erano avvinte.
Dante, Inf. IX.
pur che abbia onde io possa vivere, ben-
ché mi sappia un poco di ricercato. Onde
ha pure senso causale = laonde,
onde al segno ch'io marco
va stridendo lo strale
dalla cocca fatale.
Pauini, Educazione.
Onde Hertziane (e non Herxiané) : sono
onde elettro-magnetiche, prodotte nell'etere
e nei mezzi ('?) dielettrici da scariche elet-
triche oscillanti, come, in certi casi, sono
le scariche delle bottiglie di Leida. Tali
onde si propagano con la velocità della
luce, si riflettono, si rinfrangono come le
onde luminose. Sono queste onde le mes-
saggere dei segnali nella telegrafia senza
fili del Marconi. Sono così chiam.ate dal-
l'illustre Enrico Hertz (1857-1894) che le
scoprì e studiò, ed il Marconi applicò.
Onesto lago ! : è la versione dell'inglese
the honest lago, che ricorre sovente nel-
r Otello, e nel senso proprio di onesto.
Oggi dicesi sarcasticamente di chi ha par-
venza di onestà, sotto la quale occultasi
frode e tradimento.
Onn
— 343 —
Opo
On ne peut contenter tout le monde et
son pére: arguta sontonza francese, infor-
mata al solito sonso di esagerazione che
è proprio di quella lingua: non è possì-
bile operare in modo da accontentare
tutti. V. Pascal, ottava delle Lettere Pro-
i)inciali, V. La Fontainc, Favole (Le
Menìiier et son fdsj.
On n'est trahi jamais que par les siens:
a questo modo francese, non infrequente,
corrisponde l'italiano: dagli amici ini
guardi Iddio che dai nemici mi guardo io.
"Oi^ ol ìieoì (piÀodoiv ànodvì}GKei véog :
famoso verso di Monandro, conservatoci
da Plutarco {fragni. 124, ed. Kock). Q)uem
dii diligunt adolesceìis moritur (Plauto,
Bacch. IV", 7, 8). Muor giovane colui
ch'ai ciol è caro, tradusse il Leopardi met-
tendolo a motto della lirica Amore e Morte.
Onor d'Imperatori e di Poeti: così il
Petrarca (Sonetto CCXXV, ed. Mestica)
chiama l'alloro (indicato anche coi fega-
tini nel loro omento). Verso fatto popolare.
On revient toujours | à ses premiers
amours: (Etienne, Joconde, musica di
Jsouard a. Ili, se. I) motto francese, di-
venuto proverbiale anche fra noi, special-
mente quando si vuole significare, con
modo faceto, il ritorno alle abitudini di
un tempo.
Onta: nella locuzione ad onta ^qy no-
nostante, malgrado., è modo ripreso, ap-
punto per il grave senso della parola onta
che mal si adatta a lieve senso di avver-
sione. Mal detto : «venne ad onta del cat-
tivo tempo», ben detto: «la virtù trionfa
ad onta dell'invidia». (ìiìB. Rarum f).
Ontogenìa od ontogénesi: voci univer-
sali, usate in biologia ed in filosofia: intro-
dotto dall' Haeckel e formate dal greco oìv-
òvrog == onte, e yévog z=z genere. Servono
queste parole ad indicare lo sviluppo del-
l'individuo in opposizione allo sviluppo
della specie (Filogenesi). In altri termini
l'ontogenesi è un compendio più o meno
ampio della evoluzione della specie. Così
ad esempio, l'uomo, nell'utero materno,
passa attraverso varie forme dell' essere
animale prima di giungere a quello stadio
ultimo che lo caratterizza (Rosmini).
Ontologia: iò>t> - oito^, ente e Aóyo^,
scienza) voce universale del linguaggio
filosofico: la dottrina o scienza di ciò che
in realtà esiste ed è conosciuto.
Opera: come termine del linguaggio mu-
sicale, indica un «lavoro artistico por eccel-
lenza, nel quale si associano un' azione
drammatica e la poesia alla musica, la danza
0 la mimica alla pittura: si distingue in
biblica., idillica, semiseria., buffa., roman-
tica., nella leggenda e. nell' operetta. Il
primo saggio si ebbe in Firenze colla
Dafne (1584), poesia di Rinuccini, mu-
sica di Jacopo Peri. Gli stessi diedero poi,^
nel 1600, la Euridice» (A. Galli, op. cit.).
Opera, adunque, parola di Creazione italia-
na in tale senso, si estese poi agli altri lin-
guaggi d'Europa con i suoi suoni italici. È
il dominio dell'idea e del pensiero che è
indicato dal dominio della parola.
Opere vive: (term. mar.) la carena, cioè
le parti della nave che stanno al disotto
del piano di galleggiamento, contraposto
ad opere morte, che son quelle che stanno
al di sopra dell'acqua: le prime sono vi-
tali alla stabilità della nave, le seconde
possono senza grave danno essere tolte;
onde i nomi.
Oplà: esclamazione onomatopeica nel-
l'atto del salto.
Oplite: gr. ÒTTÀltì^s-) da ònXov =z arma;
il soldato dell'antica Grecia, coperto di
greve armatura.
Opoponax: òjtojiàua^^ gomma resinosa
che si ottiene con incisioni alle radici della
I pianta chiamata Pastinaca Opopanax^
j originaria di Seria. Serve come medica-
mento ed è più nota come profumo. La
forma italiana oppoponaco, registrata nei
vecchi lessici, mi pare poco dell'uso. Pre-
vale la forma francese.
Oportet ut scandala eveniant: variante
di Necesse est., ut scandala eveniant. (V.
a queste pai-ole). Si dice nel senso : « è bene
che il bubbone morale scoppi ». NB. di
questi necessari beni la terza Italia ha
grande dovizia !
Oportet ut unus moriatur prò populo :
è utile che uno muoia per il popolo,
cioè una vittima è necessaria. Storica-
mente è il consiglio del sommo sacerdote
Caiafa che propone la morte di Cristo (S.
Giovanni, Evangelo, XVllI, 14). Caiafa
ciò diss(i nel senso che conveniva por tah»
Oi.o
344 —
Ore
morte o per tal sangue cein(3iitai-e la Si-
nagoga: i Cristiani l'interpretarono invece
nel senso del fatale olocausto dell'Uomo
Dio per l'uman genere.
Opossum: Didelphis virginiana^ specie
di sariga o didelfìde, particolare dell' A- j
merica. lu' Opossum è alquanto maggiore
dello scoiattolo; il suo pelo, rossastro, me-
schiato di giallo, serve per pelliccerie.
Opossum è voce data dagli anglo-ameri-
cani : notata in francese.
Opoterapìa: terni . med. , da òm')s=^ succo e
OsgaTTEia = cura (Landouzy), sinonimo di
organoterajjia. Cura consistente nell'uso di
estratti preparati con organi animali. Tale,
ad es., il metodo detto di Brown-Séquard.
Opportunismo : partigiano delle riforme
e delle modificazioni quali il progresso e
la necessità di mano in mano richiedono,
fr. opporhmisme, voce creata, dice G. De-
lesalle, op. cit., dal Gambetta. Voce che,
insieme al der. opportunista^ acquistò
mal senso, indicando la subordinazione
delle opere umane al concetto di utile e
di convenienza. Vocabolo divenuto comune,
tanto e bello specchio dei tempi!
Opportunista: V. Opportunisìno.
Optare : per scegliere tra duo parti od
uffici, è latinismo usato, specie nel lin-
gmìggio parlamentare. Così dicasi della
^Q.Yola. opxdoìie (dal latino optionem). Voci
non eleganti, le quali, scrive il Tomma-
seo « usavano alcuni in Italia, anche
prima di questa invasione di locuzioni
straniere » . La grafia italiana sarebbe ottare^
«ma avendo riportata tale voce in Italia
i Francesi, era naturale che si dovesse ac-
cetterò anche la loro grafìa». Rigutini.
Opzione: fr. option. V. Optare.
0 quam cito transit gloria mundi!: o
come presto trapassa la gloria del mondo:
leggesi in Tommaso e Kempis {De imitai.
Ghristi I, 3. 6). La formula rituale nelle
elezioni de' pontefici, e divenuta popolare,
è: sic transit gloria mundi. Cfr. Dante:
Xon è il mondan romore altro che un fiato
Di vento, Purg. XI, 100.
Ora (cavallo) : è il lavoro compiuto in
un'ora dalla potenza di un cavallo dina-
mico, 0, come si dice comunemente, ca-
vallo-vapore: è di 270000 (duecentoset-
tantamila) chilogrammetri.
Ora incominoian le dolenti note: Cfr.
E qui cominciane etc.
Orario: nella locuzione velocità oraria^
e simili cioè dell'ora^ è neologismo.
Oratorio: come vocabolo del linguaggio
musicale, indica un «componimento poetico
e musicale sviluppatosi dai salmi e cantici
dei confratelli della Congregazione dell' Ora-
torio ; questa era stata instituita in Eoma
da San Filippo Neri allo scopo di disto-
gliere il popolo dagli spettacoli mondani.
Poscia si drammatizzarono i racconti bi-
blici ponendo in versi le parabole del
Vangelo. Animuccia e Palestrina furono
i primi a scrivere laudi per l'oratorio. Le
azioni sacre si celebravano di solito in
una sala attigua alla chiesa dove proce-
devasi al servizio divino; e questa sala
chiamata oratorio, die il nome al componi-
mento di cui parliamo.» (A. Galli, op. cit.)
Tale genere musicale è rinnovato dal-
l'abate Porosi. (V. Ricreatorio).
Orazio sol contro Toscana tutta: Ario-
sto, Orlando Furioso, XVIII. 65 : verso
popolare spesso ripetuto per celia.
Orbacelo: voce sarda orbaci: panno
di grossa lana, dall'italiano albagio, voce
disusata per indicare una specie di panno,
solitamente bianco.
Orbetto: nel gergo dei giornali è detto
talora il puhlico. Quanta filosofia in que-
sta lepida denominazione !
Orchestra: (ÒQxrjOtQa) nel teatro greco,
fu lo spazio fra la scena e gli spettatori,
nel quale agiva il famoso coro antico.
Oggi per orchestra si intende la scelta e
riunione degli istrumenti più importanti
e caratteristici, imaginati e perfezionati,
dagli antichissimi tempi ai dì nostri. «Al-
l'India, ai Persiani, agli Arabi andiamo
debitori degli strumenti d'arco ; all'Egitto,
alla Palestina, alla Grecia devonsi gli
strumenti monoplettrici e a pizzico (la
cetra, l'arpa, gli antecessori dei liuti, dei
mandolini e dello • chitarre), il clarinetto
favÀóg)., gli ottoni (oàXjny§) nella loro
forma primitiva, i sistri, ì crotali; ai Se-
miti il rvjUJtavov a verghe metalliche,
percosso a mano (strumento cui si può
far risalire l'origine del pianoforte): agli
Egizi, dell'epoca Alessandrina. Vidraulos
(donde il nostro organo) ; infine, agli Eu-
iTd
345
Ori
ropoi i più ingegnosi porfozionamonti dei
diversi agenti sonori, che condussero ai
mirabili lavori di uno Stradivarius, di un
Erard, di un Bohm, di un Dennher, di
Sax, di Stozel, ecc., ecc. (Tutti questi
strumenti sono meravigliosamente imitati
e riuniti nel grande organo pneumatico
niuderno). » A. Galli, op. cit.
Ordinariato: grado nella gerarchia sco-
lastica universitaria : si dice di quei pro-
fessori che sono di nomina stabile, ordi-
nari (contraposto a straordinari).
Ordinativo di spesa: è l'atto prelimi-
nare, col quale. nell'Amministrazione fi-
nanziaria, si impegna una sposa.
Ordine (impiegato d'): si dice nel lin-
guaggio burocratico di quell'ufficiale al
quale non spetta se non la parte materiale
vd esecutiva. Impiegato di concetto^ in-
vece, è detto quell'ufficiale cui è affidata
facoltà di ideare, proporre, dettare. Antica
divisione.
Ordine del giorno: locuzione del lin-
guaggio parlamentare, tolta dal francese,
ed è forma elittica che vale ordine delle
cose da trattarsi nella giornata, cose da
trattarsi. Mettere all'ordine del giorno
vale mettere in discussione, o in consulta
come si dicea in antico. Passare all'or-
dine del giorno vale passar oltre. Dicesi
poi familiarmente essere all'ordine del
giorno per essere cosa abituale, comune,
ma si intende di cose non belle, solitamente.
Infine ordine, nella locuzione curialesca e
d'ufficio in ordine., usasi invece di: rispetto
rt, cii'ca a, conforme (modo riprovato).
Orecchioni: malattia infettiva, epide-
mica, contagiosa, caratterizzata dalla tu-
mefazione simultanea o successiva di certe
glandolo, specialmente delle glandolo sali-
vari. Il nomo scientifico è parotite epide-
iiiica. Il Petrocchi avverte che è voco
più comune gattoni (?j | Orecchioni pure
diconsi le parti sporgenti del cannone che
servono a tenerlo sospeso sul (-arru (affusto).
Orecchioniere: gli incavi nello così detto
«•osco del carro (affusto), ove posano gli
orecchioni del cainione.
Ore delle galline o dei polli (andare
a. letto alle)', vale, per nota e facile simi-
litudine, andare a letto prestissimo, quasi
prima che cali il sol(\
Oremus : voce latina della liturgia, pre-
ghiamo; dicesi familiarmente con esteso
senso profano ed ironico.
Ore piccole: le ore dopo la mezzanotte,
dotte manifestamente «piccole» dai pochi
suoni che bastano a batterle in confronto
ai molti che occorrono per le ore prima
di mezzanotte.
Organdi: parola francese: tessuto di co-
tone fine e leggiero, specie di mussolina
0 tarlatana : serve per tende, abiti bian-
chi da estate, otc.
Organico: voce del gergo amministra-
tivo, usata in vece di ruolo., ordinamento,
secondo i casi : ripresa dai puristi.
Organizzare: « ci viene dal fr. organi-
ser, ma non è forma barbarica, sì bene
su l'analogia di armonixxare e altri tali »
Tommaseo. Voce usatissima in senso tra-
slato. Più pura voce e più antica, usata
da qualche moderno, è organare.
Organo: per portavoce, interprete e le
locuzioni farsi od essere l'organo di etc,
si riprende dai puristi. Comuni nel lin-
guaggio giornalistico e della politica.
Orgoglio: per vanto, gloria^ onore,
detto di persona, sa pei puristi di galli-
cismo. « Per i francesi orgoglio è bella
alterezza, ma per noi, nelV orgoglio sen-
tiamo l'alterigia insolente ». (Rigutini).
Così dicasi di orgoglioso.
Orientarsi : in senso traslato di racca-
pcxxarsi, ritrovarsi, trovar la tramon-
tana., pei puristi è neologismo che sa di
francese. Ma è voce entrata pienamente
nell'uso e bene fece il Petrocchi ad acco-
glierla. Nello stesso senso fu da noi co-
niata la parola orixxontarsi. \ Nel lin-
guaggio marinaresco orientare significa
bracciare i pennoni o disporre le antenne
in guisa, che le vele facciano con hi dire-
zione del vento l'nngolo più favorevole al
cammino del bastimento. Par. orientato.
Origine della specie: teoria del modo
come nacquero lo diverse specie dogli
animali: lo due teorie -finora- sono: per
Creazione (Genesi) e ])er evoluzione {Ori-
gin ofSpecies hy Means of Naturai Sele-
ction - I)i\Y\xìn). La leggenda biblica dice
che Dio creò ciascuna specie, diretta-
mente e non mercè un pi'ogrosso evolu-
tivo. Lji ttun-ia darwiniann non inelude
Ori
346
Osili
(come può sembrare) la negazione della
Causa causante e non causata (Dio). Molti
filosofi si studiarono di conciliare la teoria
biblica con la teoria scientifica o darwi-
niana.
Orizzontale: traduzione neol. della voce
del gergo francese horixontale = femme
galante. V. Appendice.
Orizzonte: nelle locuzioni traslate come
gli orizzonti della scienza^ ? nuovi oriz-
zonti^ ingegno di vasti orizzonti (per
larga veduta) e simili, è ripreso dai pu-
risti come voce francese.
Orlo a giorno: V. A giorno.
Ornamentare e ornamentazione : invece
di ornare e ornamento^ voci usate nel
linguaggio delle arti, sono riprese dai pu-
risti perchè tolte dal fr. ornanienter, or-
namentation : certo sono superflue.
Oro falso : lega di rame con quantità
variabili di altri metalli (zinco, stagno,
etc.) serve per dorature false, nastri da
avvolgere su fili, passamani, etc. Dicesi
anche Similoro, Oro di Mannheim^ Prin-
cisbecco, Orpello, Oro canterino.
Orologio dei morti: così la superstizione
e l'uso chiamano quel tie-tio monotono
che si ode la notte e proviene dal rodere
che fanno ne' vecchi mobili alcuni piccoli
coleotteri (anobi) con le loro mandibole.
Orripilante e orripilazione: dal fr. hor-
ripilation e horripiler (neol. anche in
francese) : dal lat. horrere = drizzarsi, e
pihis =: pelo: brivido, pelle d'oca.
Or sì or no : questo modo avverbiale
ricori-e frequente nelle scritture letterarie
per, ogni tanto., ad intervalli., ed è, credo,
una reminiscenza del Carducci:
Or ni or no su rotte aure il lamento
vieii del mortorio, o?- si or no si vede
scender tra boschi il coro grave e lento.
Rime e Ritmi, f Esequie della GuidaJ.
Ortodossa (chiesa) : dicesi la chiesa cri-
stiana scismatica dell'Oriente.
Ortodossia: noto termine teologico (gr.
ÒQi&óg -^ diritto e óó^a = opinione) che si-
gnifica perfetta conformazione al dogma.
Dicesi, per estensione, delle opinioni mo-
rali e politiche, fide ed ossequenti alle
leggi che reggono alcun ordinamento.
Ortopedia : da ÒQdòs - : diritto e miig =
fanciullo, parola creata dall' Andry (1741),
il quale le diede questo senso : arte di
prevenire o di correggere nei fanciulli le
deformità del corpo. Oggi cotesta defini-
zione è estesa altresì agli adulti.
0 rus ! : lat., «Oh, campagna ! » Y. Bus.
0 sancta simplicitas! : esclamazione at-
tribuita a (jr. Huss sul punto di morte
vedendo un villano che nel suo ingenuo
fanatismo recava legna pel rogo. Dicesi
eufemisticamente in vece di imbecille.
Oscar lo sa, ma noi dirà: versetto del
Ballo in maschera; usasi talora con in-
tenzione di scherno o di giuoco.
Oscurantismo: ingi. obseurantism., ted.
ObsGurantisìuus., fr. obscuranti.^me^ dal
lat. obsGurare ^= ottenebrare: neol. usato
per indicare l'opposizione al progresso in-
tellettuale e alla luce della verità scien-
tifica, la quale opposizione proviene o
dalla ignoranza o dalla paura degli effetti
che tale luce produrrebbe su istituzioni
tradizionali o su la fede. Derivato,- oscw-
rantista. Tale voce spiace ai puristi : ci
basti regresso^ dice il Fanfani : vero è
che regresso non è proprio oscuranti smo.
Tenebrone., pure proposto dal Fanfani per
oscurantista, sarà voce toscana ma non è
dell'uso. Questi due neologismi mi pare
che fossero più usati una volta.
Osi (. . . càoig): suffisso che designa le
malattie di carattere cronico. Es. tuber-
colosi.
Osmaniè : nome di ordine cavalleresco
creato in Turchia nel 1861 dal Sultano
Abd-ul-Aziz-Khan.
Osmio: metallo raro, che si trova in
natura associato al platino e combinato
all'iridio.
Osmosi : (dal verbo greco (hdéco :=z spin-
gere, premere, precipitare) passaggio reci-
proco di due liquidi attraverso un mezzo
che li separa. Termine di fisica, di medi-
cina, e si dice altresì in senso morale.
Composte di osmosi sono le due voci en-
dosmosi ed esosmosi^ la prima usata per
indicare la corrente osmotica dal di fuori
al di dentro (évòov — entro), quindi la
corrente pili forte: la seconda per indicare
la corrente osmotica dal di dentro al di
fuori (è| := fuori), quindi la corrente più
debole. Derivato da osmosi è l'aggettivo
»>H11
— 347 -
Ost
'■iHiotieo, formatosi inanitbstainente sul
tVaiicose osmotique.
Osmotico: fr. osmotique. V. Osmosi.
Osservare : vi face io osservare o vi
osservo che in luogo di vi avverto., vi dico
<oii() n\oili che spiacciono ai puristi.
Ossessione: dal lat. ohsequm\ quindi
(|uasi «persecuzione»: nel linguaggio me-
dico vuol dire turbamento della volontà che
si osserva no' degenerati. Consiste in una
idea fissa, timore o impulso indomabile,
(he si impadronisce dell'infermo ancor che
«questi sappia por coscienza di questo do-
minio cui deve soggiacere: onde ne deriva
angoscia grande che solo cessa con l'ub-
bidire all'impulso. Familiarmente ha più
mite senso. Ossesso., in antico, valeva in-
demoniato.
Ossificazione : produzione casuale dì tes-
suto osseo a detrimento di un altro tes-
suto (fenomeno patologico).
Ossigenata (acqua): H- 0\ o perossido
d'idrogeno: fu scoperta da J. Thénard nel
1818. Ha azione analoga al cloro, decolo-
rante e disinfettante. Nota alle signore
per variare il colore dei capelli in tinte
auree.
Osso-buco: (milanese oss bus), nome di
vivanda in umido, fatta col garretto dei
vitelli giovanissimi. Piatto milanese, noto
altresì alle altre cucine d'Italia.
Ostacolare : per imjjedire è voce neo-
logica (anzi « vociaccia », Rigutini) degli
uffici e dei giornali. Non è in francese.
Per bizzarria, nel verso dantesco :
non imjìedir lo suo fatale andare
sostituisci ostacolare e udrai bel suono !
Ostello : per casa, albergo, palagio è
posto dal Petrocchi fra le voci fuor d'uso.
E va bene ! leggesiperò, sia pure in poesia,
nel Manzoni, Natale:
ad E f rata,
vaticinato ostello,
nel (Jai'ducci, forse con voluto francesismo,
trattando di cose di Francia, (^a Ira:
Su rOstel di Città stendardo nero,
ned Leopardi (A Silvia):
D'in sul verone del paterno ostello.
Ostello, (fr. hotel)., è una dello tante voci
alla francese che por la mescolanza delle
lingue romanze nel trecento e nel due-
cento, abbondano nella prosa classica an-
tica. V. Hotel.
Ostensibile : brutta voce degli uffici, dai
fr. ostensible (lat. ostèndere)., in it. visibile.
Osteo : gr. òoréov = osso, in medicina
è prefisso componente di un numero grande
di vocaboli di cui ecco alcuni (Cfr. ogni
buon dizionario medico) : osteologia =
parte dell'anatomia che tratta della ossa,
osteoide =: attributo di speciali tumori,
osteoma == tumore formato da tessuto
osseo, osteoclasia = metodo terapeutico
che consisto nel correggere corte defor-
mità delle ossa e dello articolazioni, sia
I con isforzo manuale, sia col sussidio di
\ speciali ìstrumentì, osteoblasti = cellule
che sì trovano nel midollo dell'osso e del
periostio ed elaborano la sostanza ossea
(da fiXaoràvcù zzi germoglio, pullulo, na-
sco), osteoper io stile = infiammazione a-
Guta 0 cronica del periostio e dell'osso
sottoposto, osteoporosi := rarefazione del
tessuto osseo, detta anche osteomalacia
senile, osteoìnalaeia zzz malattia assai rara
del sistema osseo, che appare talvolta nelle
donne dopo parecchi parti: caratteriz-
zata clinicamente da un rammollirsi delle
ossa, ed anatomicamente da un riassorbi-
mento dei salì calcarei della sostanza
ossea.
Osteriggio : terni, mar., specie di abbaino
con vetri, difeso da grate dì ottone, po-
sto in coperta, e serve a dar luce agii
alloggi sottostanti.
Ostile: (lat. hostis ir: nemico publico),
« dicesi di atto e parola non di persona ».
così il Tommaseo. Certo ostile, ostilità,
ostihnente sono dì que' latinismi perve-
nutici da assai tempo per via del francese
hostile., hostilité, hostilement e oramai en-
trati nell'uso. Ben nota però il Rigutini
dicendo che il popolo ignora tali voci.
Ostrega, ostregheta : nota esclamazione
veneziana che verosimilmente nasconde
quella così comune, ma blasfema di ostia.
Cfr. Bio, Oribbi, Madosca, otc.
Ostruzionismo: ingl. obsfrnctionism.
dal lat. ob-siruo, che letteralmente vuol
dire : fabbricare di rimpetto, chiudere,
sbarrare., ostruire. Metodo di lotta nei
Ote
848 —
Oiiv
parlamenti odierni per cui una minoranza
si vale di mezzi apparentemente legali
per impedire una data discussione. Ben
considerando, si tratta di una intricata
questione di diritto degli uni per impe-
dire il diritto degli altri, e anche in ciò
è applicabile l'arguta osservazione di A.
Manzoni che in questioni di diritto incerto
v'è « opportunità di fare una guerra ogni
volta che una testa dura s'abbatta in
un'altra della stessa tempra» (P. S. Gap.
IV). L'ostruzionismo fiorì presso di noi al
tempo del ministero Pelloux. La parola
ostruxionismo proviene dalla storia par-
lamentare inglese ; ebbe il caso più tipico
al tempo in cui si discusse l'autonomia
dell' L-landa (Home rule).
Otello: dicesi per estensione antonoma-
stica di amante o marito ridicolmente
0 terribilmente geloso. Così parimenti in
francese. Dal noto personaggio Shakespea-
riano che uccise la sposa Desdemona,
0 tempora, o mores : nota esclamazione
enfatica ciceroniana o teìnjn^ o costumi!
cioè 0 tempi e costumi corrotti^ divenuta
di comune cognizione, ma spesso ripetuta
per celia: se ne è fatta anzi dall'allegro
nostro popolo persino la versione macche-
ronica, 0 tempo delle more! Leggesi in
più passi del grande Latino: Gat. I, 1-2;
Pro rege Deiot. IX. 31; In Vcrremll, 45,.
ote-toi de là que je m'y mette : motto
fr. di Saint-Simon : a noi inutile, avendo
il consimile in nostra lingua:
E tutto si riduce, a parer mio,
(Come disse un poeta di Mugello)
A dire : Esci di II, ci vo' star io.
Giusti fSonettoj.
Tuttavia il modo francese ricorre, come
ad es. « tale è la politica parlamentare
in Italia, politica da corridoio, politica da
anticamera, che si riassume nella vecchia
sentenza : ote-toi de là que je m'y mette^
e si risolve in ultima analisi in un enorme
sciupio di tempo, di tutto il tempo dispo-
nibile » . Convengo nella cosa, ma non si
poteva dire in italiano?
Otite : da ovg^ cùróg = orecchio : nome
dato a tutte le infiammazioni acute e cro-
niche dell'orecchio. Da questa radice greca
ot derivano le molte voci della scienza
medica che trattano delle malattie e delle
cure dell'orecchio, come otorrea =: scolo
dall'orecchio, otoscopia = esame dell'o-
recchio, otalgia -~ dolore all'orecchio,
etc, come meglio può leggersi in un di-
zionario medico.
Oto rino-laringoiatra : voce della scienza
medica, certo non bella : vale medico
delle orecchie.^ del naso, della laringe.
Ottavino : « è un piccolo flauto le cui
note corrispondono un'ottava sopra quelle
del flauto propriamente detto. Noto ai
classici, lo vediamo impiegato da Gluck
nella sua Ifigenia in Tauride. Vi ha in
do e in re bemolle. » (A. Galli, op. cit.).
Ottobrata : chiamano a Roma le scam-
pagnate che si fanno in quel dolce mese
ai vicini castelli, ove il vino nuovo brilla
e scintilla.
Out: fuori: parola inglese, usata nel
giuoco della palla-corda {Lawn-Tennis ^ V.
questa parola) quando la palla cado fuori
delle linee esterne: in italiano, fallo.
Outillage: voce francese, usata dai te-
cnici e dai meccanici per indicare il for-
nimento e il complesso delle macchine e
degli utensili (outil, dal lat. uiilis) ne-
cessari ad un dato lavoro. Così è del pari
usato il verbo outiller = montare, for-
nire, guarnire.
Outsider: ingl. = esterno. Voce del
gergo delle corse. Così è chiamato quel
cavallo che non gode opinione di proba-
bilità di vittoria. Se vince, è un ignoto
che diventa illustre in un attimo. Molti
book-makers in tali occasioni scappano.
La parola è pure in francese. Outsider :
eheval que l'on considère comme n'ayant
pas de chaiice de gagner la eourse.
Ouverture: apertura, voce francese che
secondo i musici non può essere sostituita
da sinfonia, preludio, introdazione. 'L'ou-
verture è una composizione strumentale,
preposta al dramma e che riassume il
carattere dell'opera. G. B. Lulli, riforma-
tore musicale, lo Scarlatti e, più deter-
minatamente, il Rameau nella sua Nais.,
costituirono nella sua forma moderna la
ouverture. | Ouverture: in francese vale
anche confessione., confidenza, proposta
relativa ad un affare, né tale senso ci è
ignoto.
( >va
349
Ozo
Ovariotomia: asportazione delle ovaie,
specialmente di una cisti dello ovaie.
Over-coat: letteralmente soprabito^ voce
inglese, abusivamente usata. V. Vestito.
Ovo : « molto più comune di uovo. Ova
è più usato di ovi e più ancora di uova
e uovi. Ovino^ ovina e ovini. Ovueeio;
ofHicce e omccci». Così ì sigg. Morandi, Cap-
[)uccini, manzoniani della più pura acqua,
nella loro grammatica. Anche il Petrocchi,
ben si sa, abolisce il suono del dittongo
e avveiie che « uovo è meno comune di
ovo., e ovi meno comune di ova ». Dopo
tanta complicazione se le uova si rompono
• ' si fa una frittata, qual meraviglia? Non
era più semplice dire che uovo (giacché
questo dittongo si pronuncia in gran parte
d'ttalia e scrittori moderni e grammatici di
valore ne convengono) al pi. fa uova? Vedi
ciò che è detto al paragrafo uo. A proposito
di uova, ci fu quel mercante che scrisse
su la sua bottega Ovi cotti. Venne un
amico, che sapeva di grammatica, e disse:
juacchè ovi/ si dice ovai E il mercante
corresse : ova eotta. Ripassò il gram-
matico e disse ancora : macche cotta, si
dice cotte. E il mercante corresse: ove
cotte.
Oxford: specie di tessuto di cotone.
Ozena:da ò^£fv= puzzare, affezione della
mucosa nasale (pituitaria) di cui il prin-
cipale sintomo è un'esalazione dalle na-
rici simile a quella di cimice schiacciata.
Il senso dell'olfatto ne è diminuito. L'e-
same diretto dimostra l'atrofìa della mu-
cosa e la presenza di croste e di pus nelle
pareti delle fosse nasali.
Ozi di Capua: la leggenda storica at-
tribuisce alla dimora ed alle delizie della
città campana, Capua, l'affievolirsi della
forza e del genio di Annibale : la locuzione
passò in proverbio.
Ozono: è una modificazione polimera
dell'ossigeno per effetto dell' elettricità:
la sua molecola sembra formata di tre
atomi invece di due. Manifestasi con
speciale odore, onde il nome, dal gr.
ò^eiv = puzzare, odorare.
Pacchebotto : neologismo tolto dal fran-
cese paquebot^ tolto a sua volta dall'in-
glese pack 0 packet z= pacco, valigia, e
boat =1^ nave. Paeket-boat, è il battello
de' pacchetti postali che fa servizio rego-
lare tra porto e porto, dunque « postale » :
generalmente sono piroscafi piccoli e me-
diocri. Questa voce pacchebotto, assai
brutta, oggi va scomparendo. Le antiche
nostre città marinare avevano in tal senso
la voce feluca.
Pacchiana e diminutivo Pacchianelia:
voce del dialetto napoletano: pacchiano
è l'uomo del contado (cfr. il latino paga-
nus) onde il femminile vale, villanella
indi forosetta.
Pacchiare: verbo toscano e classico per
mangiare con ingordigia. Cfr. il mila-
nese paccià^ pacciada^ ma è in ambi casi
voce volgare e ristretta nell'uso.
Pace e gioia sia con voi: saluto del
conte di Almaviva, travestito da Don A-
lonso, a Don Bartolo, nel Barbier di Si-
viglia. Il verso del libretto è : Pace e gioia
il del vi dia. Ricorre talora la locuzione
in senso ironico e lepido.
Pacfong o Christofle: nome di una nota
lega metallica che somiglia all'argento:
in it., argentana o argentano.
Paole: nome dato alle grandi aree di
ghiaccio galleggiante nei mari polari. (Cfr.
per l'etimologia la parola pacco.)
Pacificazione: voce -nostra, dal lat. pa-
cificationeni ; se non che l'uso e l'abuso
che se ne fa oggidì nel senso politico di
concordia, ricorda piuttosto la parola fr.
pacification.
Pacifista: neol. assai brutto per indi-
care i sostenitori della Pace, cioè di quegli
istituti politici che tendono ad abolire* o,
per lo meno, a diminuire le guerre, rite-
nute mezzo barbarico di risolvere le con-
tese fra Stato e Stato, popolo e popolo.
Pacifista è traduzione di voce coniata in
Francia (cfr. il verbo pacifier).
Pacotigiia : dal fr. pacotille (voce della
stessa etimologia che le parole paquet,
pacco): merce di qualità scadente. Il Fan-
fani consiglia l'antica voce spurghi. Se
non erro, questa varrebbe più tosto ad in-
dicare fondi di magazzino. Familiar-
mente dicesi pacotigiia, in senso esteso e
morale.
Paddolc: voce inglese dello sport: re-
cinto, chiuso, pe' cavalli. Paddok è cor-
ruzione di parrok., cfr. jjarfc i= parco.
Padri coscritti: versione del Patres
conscripti (inscritti nella lista de' sena-
tori) : storicamente, i Senatori di Roma
antica, in cui risiedeva la forza e la sta-
bilità dell'impero: per celia o per vezzo
familiare si dice specialmente dei consi-
glieri del Comune.
Padusa: nome delle antiche acque sta-
gnanti tra il Po, il cordone litorale adria-
tico ed i piimi colli dell'Appennino. V.
Emilio Rosetti, La Romagna., ed. Hoepli,
pag. 507.
Perpetuo quindi un gemito vagava
su la tristezza di Padusa immot».
ne le fosche acque.
Carducci, Alla città di Ferrara.
Paesano: per contadino è idiotismo
lombardo, paisàn., fr. pai/san.
l'a:
351
Pai
Paesi bassi : V. Appendice. Similmente
nel ^ergo francese, pays bas.
Paesistico: agg. di formazione abusiva
e arbitraria, da paese. Es. « la mina di
certe bellezze artistiche e paesistiche è
inevitabile ». NB. Questi esempi sono
sempre tolti da quegli scrittori nostri che
vanno per la maggiore e sono vantati
come salute di quest'umile Italia.
Pagaia: specie di remo usato dagli in-
diani por vogar su le piroghe, fatto come
pala e adoperato senza scalmo od appoggio.
Pagaia doppia, cioè a doppia pala, come
usasi no' sandolini.
Paga Pantalone o Pantalon paga: motto
che paro in antico (sec. XV) volesse si-
gnificare la republica di Venezia farà le
spese per tutti. Secondo altri il motto è
più recente e si rapporta ad una satira
in cui Venezia a Campoformio fece le
spese per tutti. (V. Fumagalli, Chi l'ha
detto ?) Oggi Pantalone è il popolo ita-
liano, che nel pagare imposte e nel pro-
testare gode di un ben noto primato. Cfr.
Jacques Bonhoìnme in Francia ; John
Bull in Inghilterra ; TJncle Sam negli
Stati Uniti, etc.
Pagherò : V. Tratta.
Paglia: chiamano i tecnici certe incri-
nature che si generano durante la cottura
dei metalli : sono dette paglie dalla forma
che assumono.
Paglietta: nota voce spregiativa napo-
letana per avvocato., estesa, nell'uso fami-
liare, fuori della regione. Paglietta è pioiìi.
il cappello di jjaglia., e l'estensione del
nome dev'essere provenuta da antico uso
in Nai)oli di portare gli avvocati cappelli
neri di paglia.
Pagliuolo 0 pagliuolato: terni, mar.,
il tavolato che copre il fondo di un bat-
tello 0 di una nave. In origine pagliuolo
era la camera nella stiva, coperta di pa-
glia., ove si riponevano le provvisto e il
biscotto.
Pagnottista: voce neol. nostra, regi-
strata dal l'ctrocchi come termine spre-
giativo di chi serve (meglio di chi è im-
piegato) solo per la paga. Voce di forma-
zione e di uso plebeo.
Paguro: o granchio eremita; nomo di
un crostaceo fra i più ingegnosi (> curiosi.
il quale avendo il succolento addome privo
di difesa, suole occultarlo entro le con-
chiglie dei molluschi. Se però non trova
la conchiglia vuota, mangia il mollusco
e si impadronisce della sua casa. Stringe
poi lega offensiva e difensiva con le rose
di mare (attinie)., le quali co' loro organi
urticanti difendono il crostaceo dai ne-
mici: alla sua volta il paguro, moven-
dosi, offre all'attinia che ha sul dosso,
facoltà di meglio nutrirsi.
Pain d'épices: voce fr. usata abusiva-
mente per Pan .speziale. V. questa voce.
Paino : per ganimede, bellimbusto è voce
popolare del dialetto romanesco e dell'I-
talia centrale. AhbreYÌazìone dì pavoncÌ7io?
Palafitte: avanzi di pali che si ritro-
vano confìtti per lo più nel fondo dei laghi
e su le rive. Sono residui di antichissimi
villaggi lacustri che gli uomini primitivi
costruivano ed abitavano per averne di-
fesa contro uomini e fiere.
Palafitticoli: abitanti delle palafitte la-
custri.
Palamidone: nome dato da alcuni sarti
a quella specie di cappotto d'inverno che
segna la vita come una redingote. V.
alla voce Vestito. T^alamidone in antico
indicò, sciocco, spilungone, uomo insi-
pido ancorché di persona grande. (G.
Giolitti, uomo politico, diede voga a questa
foggia d'abito, onde fu lepidamente de-
nominato).
Palanca, palancone, palanchetta: vive
voci lombarde e venete per indicare le mo-
nete di rame. Palanca por soldo è voce
italiana, notata nei lessici. Certo un lom-
bardo od Un veneto eviterebbero di scri-
verla per timore di parer sciatti. V. ciò
che è detto alla parola Schiampa. Pa-
lanca ricorre nel senso di danaro., (fr. ar-
gent!) la gran molla dello umane azioni!
Palchettista: termine usato a Milano
per. indicare il proprietario od usufrut-
tuario di un palco al teatro.
Paletot: V. Paltò.
Pai Icaro: nome di soldato greco.
Palingenesi: voce univereale iìlosofìca
[jràkiv di nuovo e yFVFni<; = nascita):
dottrina secondo la (juale l'anima passa at-
traverso una successione di rinascite (me-
tenì|)sieosi). In teologia vale il rinnoNarsi
Pai
352
Pmn
del mondo dopo la sua distruzione. Fa-
miliarmente, specie nel linguaggio poli-
tico, talora è detto palingenesi il pre-
sentarsi a nuovo di alcun personaggio,
con nuovo aspetto, o programma, o ordine
di idee (consumate o fatta prova infelice
dello prime;, Yi si intende senso ironico.
Palinodìa: nei dizionari questa voce
greca è notata nel senso di ritrattaxione.
Ora nel linguaggio dei giornali questa
parola ricorre non per indicare una vera
e propria ritrattazione, ma quelle abili,
spesso sofistiche spiegazioni ed aggiunte
che coloriscono a nuovo ciò che fu detto,
senza propriamente disdirsi e riconoscere
l'errore.
Palinsesto: codice antico membranaceo,
su le cui pagine era già scritta un'opera,
che di poi cancellata, fu sostituita da
un'altra negli spazi, onde il nome, dal
gr. nàkiv = di nuovo e i^)à(ù := raschio.
Sono ricordevoli le scoperte del Mai nei
palinsesti delia Vaticana, specialmente
perchè ne originò la nota gran canzone
giovanile del Leopardi. Tal voce oggi u-
siaino facetamente per indicare qualche
scritto pieno di correzioni e cancellature.
Patisse 0 Palice (monsieur de La) :
fu prode cavaliere francese e morì alla
battaglia di Pavia, 1525. A lui, per una
delle tante bizzarrie della storia, vennero
attribuite molte sentenziose insulsaggini,
note sotto il nome di Vérités de M. de
La Patisse, onde il nome del buon guer-
riero suona come « sentenzioso imbecille ».
Palla del forzato: propriamente era la
palla di ferro legata al piede de' forzati:
dicesi in senso morale, press'apoco come
camicia di forxa^ camieia di Nesso.
Pallido: ipev confuso., lenite^ debole, non
determinato in senso figurato, è esten-
sione, verosimilmente dedotta dal francese
(pale = sans force). Es. una pallida idea.
Pàlmola: nel linguaggio dei meccanici
indica una sorta di eccentrico, destinato
a trasformare un moto continuo di rota-
zione in un movimento rettilineo inter-
mittente.
Palo: term. mar. V. Nave a palo.
Palpazione: nel linguaggio medico in-
dica un metodo di esplorazione che con-
siste neir applicare le dita o la mano nelle
parti esteriori del corpo e nelle cavità
accessibili, per conoscere col tatto le qua-
lità fìsiche del tessuto: elasticità, consi-
stenza, vibrazione, temperatura, sensibi-
lità dei diversi organi. Palpaxione., voce
classica e antica che rivive, parmi, per
effetto del fr. palpation.
Palpitante di attualità: (V. Attualità)
goffo e riconosciuto gallicismo senza dub-
bio, tuttavia assai diffuso, forse perchè
nell'uso vi si annette intenzione di lepore.
Questione., argomento palp itante per viva.,
ardente., del momento è locuzione ripresa.
Paltò e Paletot: V. Pardessus in fino
e più ampiamente, alla parola Vestito.
La etimologia di paletot è incerta. Il Lit-
tré sostiene la derivazione dall'olandese
paltsrok = abito da pellegrino. Il Diez e
10 Scheler da un palle-toque = mantello
con cappuccio.il Carena, op. eit.., propone
soprabitone e tunicone. Ma altro è il pro-
porre, altro l'usare.
Paltoniere : voce classica e antica, da
paltone = propr. chi va lemosinando.
Voce di incerta etimologia. V. Zambaldi :
Vocabolario Etim. It. Il Eigutini dice
che nell'uso parlato non c'è più; il Pe-
trocchi la pone fra le parole fuor d'uso.
11 vero è che si usa talvolta, non nel
senso di pitocco., ma di mascalzone.
Pamela : sorta di cappello di paglia, da
donna: a larga tesa e semplice : usato in
Toscana, nel contado: ma come foggia sem-
plice ed elegante è in onore anche nelle
città, specie da giovinette.
Pampa : (al plurale prevale la desinenza
straniera paìnpas) : nome delle pianure
steppose ad occidente del basso Paranà e
del Eio della Piata (America meridionale].
Pamplilet : voce francese, derivata dal-
l'inglese: vale opuscolo., breve scritto di
carattere polemico. Talvolta si usa^jam-
phlet nel senso di libello satirico o diffa-
matorio. Questa parola per le odierne con-
dizioni della stampa, non ha piìi le ragioni
d'essere e il valore che ebbe verso la metà
del secolo scorso. (V. Fanfani ed Arlia, op.
cit.). Pamphlétaire : autore di pamphlets.
Pampèro : nome di vento caldo che spira
di settentrione su le Pampe (di setten-
trione, essendo quelle steppe nell'emisfero
australe).
Tan
353 -
Pan: gr. Hdp = tutto, uomo di nota
divinità agi-osto presso i Greci. Pan o
Pane, ricorro come simbolo delle forze
che sono nelF universale natura; divinità
della materia, nume della Natura, ondo
panteismo^ panteistico otc. noti termini
filosofici.
Panache: fr. pennacchio. Nel linguag-
gio dello sport o de' cavallerizzi, dicesi
faire panache (locuzione di gergo francese),
quando nel salto il cavallo inciampa e si
capovolge con sotto il cavaliere. Passare
o filare per le orecchie^ quando il cavallo
s'arresta davanti all'ostacolo e il cavaliere,
per l'impulso ricevuto, salta al di là del
cavallo. Salto del montone dicesi quando
il cavallo sbarrando, cerca di balzar di
groppa il cavaliere.
Panadora: per credenza da cucina è
voce lombarda che non esce dall'uso dia-
lettale: spagnuolo, aparadora.
Panama: specie di cappello leggero a
larga tesa e cocuzzolo tondo, fatto con lo
stelo di una speciale palma americana.
Per la difficile e paziente lavorazione,
per il pregio intrinseco del cappello che
è pieghevole e soffice comò un guanto, e
più per effetto della moda, raggiunse prezzi
elevatissimi, presso che favolosi. La città
di Panama — onde il nome — è il contro
ove sono recati questi cappelli per l'espor-
tazione: essi si fabbricano in tutta l'Ame-
rica centrale e meridionale, specie nell'E-
quatore, nella Columbia e nel Guayaquil.
Panama: ed il grazioso diminutivo ?;a-
namino, e auGÌae panaviista, voci volgari,
specie del gergo giornalistico, per indicare
scandalo finanx^iario^ truffa publìca. E
cosi si dice per analogia al noto, anzi
clamorosissimo fallimento, con corruzione,
frode, fui-to, dell'Impresa o Società fran-
cese dell'istmo di Panama.
Panammo, panamista: V. Panama.
Voci di gergo e creazione giornalistica e
politica: probabilmente effimere.
Pan de mej : in milanese vale paìie di
miglio, dall'antico uso di unire il miglio
al pane.
Perchi"' a Milan si maii-jia pan di miglio':'
BURCHIRLLO.
Oggi per pan di miglio intendosi il pane
giallo 0 di formentone, e più comunemente
un dolce di pasta, assai lieve in cui alla
farina bianca è mescolata la gialla.
Pandemia : (da jtag = e òrjiuos = po-
polo) dicesi di malattia che colpisce qua^i
tutti gli abitanti di una regione (colera,
peste). Kiferito quest'aggettivo a Venere,
vale meretrice publica.
Pandora: inàvòcàga = la dotata da tutto)
la prima donna formata da Vulcano con
la creta e dotata da tutti gli Dei di tutte
le grazie: mandata da Giove in punizione
agli uomini con un vaso od urna conte-
nente tutti i mali, perchè Prometeo avea
rapito il fuoco dal Cielo. Antico mito che
ampiamente si legge in Esiodo, / giorni
e le opere. Confronta il mito di Eva nella
Genesi. Onde la nota locuzione il -vaso di
Pandora por indicare tutti i mali.
Pane di mistura: in milanese (pan de
mistura) è il pano mescolato di farina
bianca e di granturco, ovvero di segale,
miglio 0 saggina:
se ho sete, bevo dell'acqua pura :
Se Ilo fame, mangio pan di mistura,
nella nota poesia lo Spaxxacamino di I.
Cantù. Pa?i poss, pure in milanese vale
pane vecchio, secco, raffermo. Pan luster,
pane fine lucido con chiara d'uovo. Pan
de semola, V. Semola.
Panello: forme compresse, costituite da'
residui dell'estrazione di semi oleosi, che
servono per mangime o per concime.
Panem et circenses: (Giovenale, Sai.
X. 81) pane e giuochi del circo/ sintesi
delle aspirazioni della plebe romana al
tempo della decadenza dell'Impero. Dicesi
riferendosi a consimili sentimenti nei tempi
nostri, 0 per scherzevole satira.
Panerà: voce lombarda : joawwa, crema
del latte.
Paneròpoli : la città della panerà, dotto
lepidamente o causticamente di Milano.
La paternità della parola è attribuita ad
Ugo Foscolo, il quale con questo nomo
data parecchie sue lettere da Milano, e
contro Milano elevò no' Sepolcri — come
è noto — monumento di sdegnosa satira.
Così nelle noto dichiarativo dell' Yperca-
lipsis, spiega Asinus: Populus Medio-
lanus (Caput Quintum) o Babylo mi-
nima: Mediolanum. (Caput septimum,
A. Fanzini, Supplemento ai Dixioìiari italiani.
•23
Pan
354
Pan
deeimum). La locuzione Capitale 7)iorale,
detta di Milano, è attribuita al Bonghi
nella Perseveranza (V. Capitale morale).
Panettone: (da pane) classico e antico
dolce milanese, noto universalmente. Esso
è una variazione, difficile a prepararsi,
della comune specie dei dolci a base di
uova, farina e lievito.
Pangermanismo : (fr. pangermanisme)
0 p anger manesimo : (greco jràv = tutto),
movimento politico che tende a riunire
in unità potente tutti i popoli di razza
germanica. Vi si annette idea di egemo-
nia etnica. Il pangermanisìno^ come ten-
denza unitaria, è più proprio dai tedeschi
austriaci.
Pangioss (dottor) : nome che il Voltaire
nel suo Candido dà ad un filosofo otti-
mista di cui la formula, ironicamente
espressa, è la seguente, ben nota : tout va
le mieux du tnonde dans le meilleur des
mondes possibles. Il nome di Pangioss
acquistò valore estensivo, cioè ricorre per
significare, ironicamente, certi ottimisti o
troppo semplici o tali per opportunità.
Panificazione : per lavorazione per pane,
neol., manifestamente dal fr. imniflcation.
Panna: « voce antica e comunissima,
passata da noi alle altre nazioni, sincope
di capanna: indica quella disposizione di
velatura a capanna, cioè a doppio pendio
in contrasto col vento, perchè le forze
uguali e contrarie da una parte e dall'al-
tra restino elise, e il bastimento immobile,
quanto è possibile, in mare. Cosa diver-
sissima da Cappa^ quantunque gli idioti
confondano le due manovre » (Gugliel-
motti, op. cit.). Il Littré fa derivare tale
parola (fr. panne)^ da un fem. del lat.
pannus = stoffa, riferito alla vela. Nel
linguaggio degli automobilisti dicesi più
spesso alla francese panne^ intendendo
le fermate involontarie, per guasti.
Panne : fr., sosta o fermata. V. Panna.
Panneau : usasi da taluno questa voce
francese per indicare quei quadretti di-
pinti su legno 0 stoffe che, senza cornice,
si appendono per adornare le pareti.
Pannicelli caldi: sarebbero propriamente
i fomenti, che hanno un valore curativo
minimo, palliativi e nulla più. Nel lin-
guaggio della politica, specialmente, que-
sta locuzione si riferisce a quelle leggi,
a quelle riforme blande che tengono a
bada, piuttosto che avere atto efficace e
risolvere una questione.
Pannicolo o pannicolo adiposo: lat.
panniculus, da JJam^^^s := stoffa, nome
dato agli strati grassi sottocutanei.
Panoramico: agg. da panorama. Dal
fr., panoramique.
Panslavismo : (greco jràv = tutto) ten-
denza delle varietà etniche del popola
slavo a fondersi in unità politica. Impe-
rialismo di razza.
Pan speziale: chiamano a Bologna e
altrove certe larghe e vistose ciambelle,
condite con ispezie, miele e frutta candita.
In fr. jìciin d'épices. Corrisponde alle an-
tiche liba latine? Panmelato, inEomagna.
Pantagruelico: fr. pantagruélique^ se-
condo natura e costume di Pantagruel (per-
sonaggio del Rabelais) che fu un gran
bevitore e mangiatore ; indi dava alle cose
del mondo la giusta importanza, cioè ninna.
Pantalone: V. Paga Pantalone.
Pantaloni: « per calzoni è voce francese,
introdotta senza alcun bisogno nella lin-
gua italiana, per opera specialmente dei
sarti e per il solito brutto vezzo dell'imi-
tazione ». Rigutini. La voce fr. pantalon
pare che derivi dall'abito della nota ma-
schera veneziana Pantalone, cosa non im-
probabile, data la diffusione nel '600 e
nel '700 dello maschere italiane.
Pantesilea: {jrevdìplÀeia)., nelle leg-
gende eroiche dell'Eliade, fu regina delle
Amazzoni, alleata di Priamo, vinta da
Achille: dicesi, talora, di donna dagli
spiriti pugnaci, che assume attitudini
donch isciottesche .
Pantheon : voce greca che vale ad ogni
nume. Tale nome fu da Agrippa, genero di
Augusto, dato al tempio eretto in Roma
in onore di Giove e degli altri Dei dopo
la battaglia d'Azio. Il nuovo senso di
tempio consacrato alla memoria di uo-
mini illustri, fu dato dai francesi quando,
con decreto dell' Assemblea Nazionale,
1791, destinarono la chiesa di S. Geno-
veffa a sepoltura di uomini benemeriti ;
e secondo la tendenza classica del tempo,
il nome greco « Panthéon » sostituì quello
della Santa, con la scritta famosa Aux
Tali
855
Par
graiids hommes la patrie reconnaissante.
S. Croco in Firenze (V. Foscolo, Sepolcri)
è il nostro gran Panteon. A Londra, l'Ab-
bazia di Westminster. Il tempio Romano
di Agrippa o la Rotonda, accogliendo le
salme dei re sabaudi, da taluno considerasi
come Panteon, secondo il senso francese.
La grafìa Panteon parmi poco dell'uso.
Pantografo : da jtùv = tutto e ygcKpco
= scrivo : strumento che serve a copiare
meccanicamente i contorni di qualunque
disegno sia in grandezza naturale sia in
altra scala. Tale istrumento era già noto
in Roma nel 1631. Fu poi perfezionato in
Francia.
Papà: V. Marna. Bellissima per ironia
è la locuzione figlio dì papà per indicare
il titolo più. ragguardevole che taluni gio-
vani hanno per ottenere privilegi, uffici
ed onori, cioè l'essere figlio di un padre
illustre 0, meglio, potente. È il meno
giusto, anzi il più ingiusto dei diritti ere-
ditari, di cui tanto oggi si discute. La
nostra vita publica, a base di clientela e
di dinastie private, è ricchissima di questi
figli di papà, saliti come zucche in alto,
e senza fatica! Il Giraud, noto e mordace
commediografo, intitolò una sua commedia
Il figlio del signor Padre, ma la locu-
zione deve essere di formazione popolare.
Papa: nel gergo francese vale come
bonario, tranquillo popolano o borghefie.
Ricorre in papà nelle nostre traduzioni
da quella lingua.
Papabile : dicesi del cardinale che è in
predicato di divenire papa: fr. papable.
Papaina : (pepsina vegetalo, sangue ve-
getale) fermento che si ricava dal succo
della Carica papaya., L., grosso albero ori-
ginario delle Molucche. Usasi in medicina.
Come la pepsina animale scioglie l'albumina
o la fibrina, facilitando così la digestione.
Papa Nero : nel gorgo politico : il ge-
neralo dell'Ordine de' Gesuiti.
Papa rosso: voce del gergo politico por
HJgnificare il (irande Maestro, o capo su-
premo della Massoneria. V. Massone.
Papaveri (alti) : le persone di maggiore
autorità e potenza, che fanno il sereno e
la pioggia. Riferimento all'antica leggenda
romana di Ta^iuinio il Superbo, che al
figlio Sesto ins(>gnò, per un mosso, in ([ual
modo farsi tiranno di Gabio. Il messo troncò
nel giardino i più alti papaveri, simbolo
de' cittadini più cospicui che doveano
esser tolti di mezzo. Cfr. Erodoto e la ri-
sposta di Trasibulo a Periandro.
Papeliilo 0 papelito: voce spagnuola,
sigaretta.
Pàpera: lett. la « giovane oca: » nel lin-
guaggio teatrale è l'errore del comico
nel pronunciar le parole, specie con iscani-
bio ridicolo delle sillabe. Es. M felice.' Il
beveno celesti, per il veleno bevesti. Cfr.
l'altra nota e comune locuzione prendere
un granchio.
Paper-Hunt: voce ijiglese dello spoi't., che
vuol dire : caccia alla carta. È una caccia
finta, in cui un cavaliere facendo le veci
di volpe 0 di altro animale, parte prima e
lascia traccia di sé con lo spargere pezzi
di carta : gli altri inseguono.
Papeterie : voce francese abusivamente
usata per indicare la cartella oyq sta, l'oc-
corrente per iscrivere.
Papillote: voce fr., tradotta in papi-
gliotti, indica i diavoletti in cui le donne
arricciano i capelli. Deriva dal papillote
forma antica di j^^^piUon, latino papilio
= parpaglione (farfalla).
Pappa fatta: locuzione familiare specie
in unione ai verbi trovare, volere. Dicesi
di chi desidera i benefici senza sobbar-
carsi alla fatica necessaria per conseguirli.
Paprica : ted. Paprika, e il pepe rosso
di Caienna, fornito dai frutti del Gapsi-
cum fructescens , L., originario d'America
e, in commercio, da alcune S])ecie di pe-
peroni (Capsicum annuuin).
Papula: lat. papUla = bolla, pustola:
lesione semplice della pelle, determinata
da un'elevazione di forma e dimensioni
variabili, di colore solitamente roseo, for-
mata da una infiltrazione della superficie
della pelle. Scompare dopo alquanto tempo
senza lasciar cicatrice.
Para: fgr. migà r. fuori, al di là) pre-
fisso usato in patologia per indicare uno
stato contrario alla salute e alla norma :
es. parale.via, paralisi, paranoia, etc.
Para: è il nom(> dato alla miglior specie
di caucciii o gomma elastica. Proparasi
nella Colombia, spin-ialmente, ed è a sot-
tilissimi strati 0 fogli.
Par
356 —
Par
Paradello : nelle lagune di Comacchio
(valli) così è chiamata una lunga pertica
forcuta di cui si valgono quei pescatori
(fiociniìii) e marinai per ispingere i loro
navicelli piatti su quelle basse acque,
malo acconce alla manovra del remo.
Paraggio: ter. mar., tratto di mare nelle
vicinanze di una terra che resta determi-
nato dalla posizione di questa. Dicesi ;pa-
raggio per vicinanze e talora estensiva-
mente con senso morale. N. B. Eegistro
questa parola così comune perchè nel Pe-
trocchi è confinata tra le voci fuor d'uso.
Ma è una ossessione cotesta di far morire
le parole vive!
Paralalla : terni, med., turbamento della
favella con sostituzione nella pronuncia
d'un suono ad un altro.
Paralisi infantile: V. Eelampsia.
Paralisi progressiva: affezione caratte-
rizzata anatomicamente da lesioni dei cen-
tri nervosi e clinicamente dal progressivo
indebolirsi della mente, turbamenti soma-
tici, difficoltà di parlare, tremori, etc.
Paralizzare: una delle molte voci che
dal linguaggio scientifico e naturale, sono
trasportate con odierna tendenza figurata-
mente nel linguaggio morale : rendere vano, j
inefficace, inoperoso, distruggere, e usando i
un altro traslato neologico, neutralixxare.
Paralyser^ fig. = frapper d'inertie. Es.
paraìyser des efforts. Tale senso estensivo
è pur dato alla voce paralisi. V. Elet-
trizzare.
Paramano: nell'arte muraria è così
detto un mattone alquanto maggiore dei
comuni, preparato con terra più fine a
spigoli vivi e regolari, ed a facce perfet-
tamente piane : si usa per rivestimento
esterno di quelle murature che non ven-
gono intonacate al di fuori e che si chia-
mano murature con mattoni in vista.
Qualche volta si impiega, non già come j
semplice rivestimento esterno dei muri, !
ma per la loro costruzione anche all'in- |
terno, e ciò quando vogliasi avere una
muratura molto resistente.
Paramezzale : terni, mar., lungo pezzo
di costruzione o di lamiera, che va da
prua a poppa sopra i madieri delle coste,
quasi legamento longitudinale della nave.
Parananza: è nel volgare marchigiano
il largo grembiule o zinale (da zinna =
mammella): traversa nel Veneto: davan-
tale nel contado romagnolo: scossai., in
Lombardia.
Paranco: sistema composto di due boz-
zelli e di un cavo inferito nelle pulegge
di quelli: usato, in ispecie, nelle manovre
navali, V. Bozzello.
Paranòia: neol. universale, usato per
la prima volta dal Vogel (1772) ed esteso
dal Kahlbaum (1863) per indicare quella
forma di demenza che comunemente dicesi
monomania. Deriva da nagà e vovg =
mente. (V. Para). Definiscono con tal
nome i medici un sorgere lento di un si-
stema di idee deliranti, il quale dura lun-
gamente immutato e non conduce, in ge-
nerale, a demenza. Il paranoico rappresenta
la esagerazione estrema di ciò che fu chia-
mato sistema egocentrico. Il paranoico si
crede il punto a cui tutto converge ; tutti
si occupano di lui ; tutto accenna a lui;
tutto è fatto per lui. I medici distinguono
e suddividono la paranoia in isvarìatis-
sinio forme. Questa voce scientifica ebbe
grande diffusione ed è divenuta familiare
tanto da essere abusata o male usata al
punto da chiamare paranoia persino la
fissazione o mirabile monomania dell'uomo
geniale.
Paranòico : termine neol. del linguaggio
scientifico, entrato con uso ed abuso anche
nel linguaggio comune ; ed è agg. e sost.
da paranoia o paranèa. Y. questa voce.
Paranza: e dim. paranzella, vale come
tartana o bilancella; piccolo veliero da
pesca, con un solo albero latino e più
fiocchi. I Coltello in uso ne' duelli dalla
Mafia.
Parapioggia: per ombrello, è ritenuto
francesismo (parapluie). Quanto alla eti-
mologia di ombrello^ V ombra pare che
c'entri assai poco, bensì la parola latina
imber =: pioggia, gr. ò/ufigos. L'ombrello
da sole comunemente è detto parasole.
Parassitismo : astratto di parassita, in-
teso in senso sociale e politico. Come gli
animali e le piante hanno i loro parassiti,
così l'organismo sociale ha coloro i quali
vivono ed ingrassano succhiando il sangue
vivo della Nazione. E come l'individuo
sudicio e inèrte abbonda di parassiti quali
l'ar
357
Par
jiidocchi, pulci etc, così uno Stato mal
governato abbonda di individui sanguisu-
ghe (V. Succhione) o di ceti sociali che si
nutrono, imponendosi come necessari.
Paratìa : ter. mar., tramezzo di tavole o
di lamiere che divide gli alloggi o la stiva
in compartimenti separati : nelle odierne
grandi costruzioni di navi di ferro cotesto
paratie si fanno stagne, cioè in modo da
dividere la nave in tante sezioni sì che
se in una avviene una falla, l'acqua non
penetra nelle altre, quindi il naviglio non
cola a fondo.
Parcella: si dice così alla specifica del
procuratore e dell'avvocato. E la nota
delle spese o delle eompetenxe od onorari.
Si dice anche notula.
Pàrcere subiectis et debellare super-
bos: Verg., Eneide VI, 858: perdonare
ai vinti e debellare chi resiste. Sintesi
della romana sapienza politica, che con-
cilia in modo non illogico ne vile il fatale e
tristo diritto della forza con l'umana pietà.
Parce sepulto: sono le dolenti, tragiche
parole dello spirito di Polidoro ad Enea :
Quid miserum^ Aenea .^ laceras? jam
parce sepulto [Eneide III, 41): ma le gravi
parole, secondo l'indole nostra, sono volte
in senso lepido: quasi valgono: il morto
giace, il vivo si dà pace.
Parco d'artiglieria: locuzione del lin-
guaggio militare per indicare il luogo oc-
cupato dall'artiglieria e tutto ciò che oc-
corre all'aziono ed alla potenza di questa
arma. Similmente %\&\q(ì parco areostatico.
Pardessus o surtout: due voci che si
equivalgono nel senso, e noi bene rende-
remmo con soprabito. Vero è che la voce
soprabito non di rado genera confusione
giacché in molti luoghi per soprabito in-
tendono quel capo di vestiario a falde che
si sovrapone alla sottoveste o corpetto
fr/ilet), e che nel veneto dicono velada., a
Napoli sciassa, a M'ìhmo marsina, e i sarti
più sposso dicono o dorsaij o kraus con
altra voce della moda. Ora lo parole par-
dessus 0 surtout sono penetrato sin nel
dialetto por indicare nettamente quel ])a-
strano, leggero, di mezza stagiono con
maniche, bavaro, risvolti, una o duo bot-
toniero secondo la moda, lungo un po'
meno del paletot, che si sovrapone al
giacchetto o all'abito a falde. Tanto per
intenderci a Firenze e a Napoli lo dicono
chemise. Con ispeciale taglio dicesi ra^/rt?^.
Il Fanfani e l'Arlia, op. cit. propongono la
parola capjìa. Ma convorrebbe trovare an-
che le persone che accettino la ])arola in
questo senso. E non basta : codesto indu-
mento è chiamato da alcuni anche .^polve-
rino^ con la quale parola più esattamente e
comunemente si dovrebbe intendere quella
sopraveste leggera che molti portano di
state in viaggio e difende dalla polvere, jll
paletot voce tanto comune che il Petrocchi'
la accoglie sotto la forma paltò., paltòn.,
paltoncino, è più greve e da inverno,
pastrano. Il Cherubini ricorda il paletot
nel figurino francese del 10 luglio 1838.
Carrier delle dame, e la dice « foggia di
vestire allora derisa». In milanese dim.
paltorìn.
Pare aux cerfs : spieghiamo in francese:
nom d'un ancien quartier de Versailles,
bati sur l' emplacement d'un ancien pare
aux cerfs.... Louis XV y possedait une
petite maison et y a entrenu quelques
jeunes fllles.
Veniano i giovinetti e le donzelle
a inginocchiarsi con Tinfamia in man.
e del suo bruto sangue un volgo imbello
murò il parco de' cervi al re Cristian.
Cauducci, Versaglia in Giambi ed E]M>di.
Trovasi usato pare aux cerfs estensiva-
mente.
Pardon : non solo questa parola francese
è da antico radicata nell'italiano nel senso
di scusa., 0 del verbo scusare, ma spesso
si trova usata con valore avversativo,
lievemente caustico, di chi si corregge di
un errore od ommissioiie che vuol parere
involontaria mentre è ad arto.
Pareri di Perpetua (iì: nei Promessi
Sposi Perpetua consiglia il suo padrone
Don Abbondio, di ricorrerò all' autorità
del Cardinale Federico Borromeo, come a
sommo gerarca o superiore diretto contro
la prepotenza di Don Rodrigo. / pareri
di Perpetua! esclama poi il povero prete
quando il Cardinale gli chiedo conto della
sua opera e lo rimprovera perchè non si
rivolse a lui. Ondo si dico * pareri di
Perpetua per indicare il consiglio più
semplice v logico, o troppo semplice.
Par
358
Par
quindi senza valore. NB. Don Abbondio
non potendo indovinare che il cardinale
Borromeo costituiva un'eccezione umana,
aveva ragione da vendere quando scartò,
come troppo semplice, il consiglio della
sua serva-padrona.
Paresi : gr. nà^eoig = debolezza, re-
missione. Paralisi lieve, consistente nel-
l'indebolimento della contrattilità.
Pària: voce sanscrita che storicamente
vale uomo nato nell'ultima casta degli
Indiani che seguono la legge di Brama:
gente spregiata e avuta in niun conto.
Dicosi comunemente di persone che non
hanno valore sociale se non come capite
censi.
Pari-mutuel: espressione francese delle
corso, non di grande uso fra noi, e ri-
sponde alla parola ben nota totalizzatore,
cioè ufficio di ripartizione uguale su le
puntate di un cavallo vincitore.
Paris vaut bien une messe: motto at-
tribuito al buon Re Enrico IV di Navarra,
quando con l'abiura al partito degli Ugo-
notti fu re di Francia : primo ed ottimo
della dinastia de' Borboni. Il motto spesso
volgesi ad altro e vario senso per indi-
care una necessaria rinuncia ovvero tran-
sazione con la propria coscienza allo scopo
di ottenere un bene reale e maggiore.
Parlar grasso : cioè liberamente, sboc-
cato, specie di argomenti erotici e sensuali.
Parlare in difficile: locuzione volgare
milanese che vuol dire parlare in ita-
liano^ il quale ai lombardi pare tanto più
difficile in quanto in loro è viva la er-
ronea opinione, anche di persone colte,
che soltanto nel fiorentino stia la buona
italianità dei suoni.
Parlare in punta di forciietta: cioè
« con affettazione di sceltezza : imagine
tolta, 0 dal soverchio acume o dalla de-
licatezza che richiedesi a maneggiar cosa
che si regge sopra una punta»: (Tommaseo):
in altri termini è un traslato, dal modo
prezioso e schifiltoso che taluni hanno di
mangiare (portandosi a pena uno scelto
bricciolo di cibo alle labbra su la punta
della forchetta) al modo prezioso di par-
lare.
Parlour : inglese, parlatolo o sala di
conversazione.
I Parmigiano : è detto in cojnmercio il
\ formaggio lodigiano. La Camera di Com-
i mercio di Milano (6 feb. 1895) decise che
I per « consuetudine generale nelle contrat-
tazioni coir estero, ed anche in molti casi
per quelle all'interno, per formaggio Par-
migiano s'intende il formaggio di Milano
! e di Lodi, e per formaggio Reggiano si
I intende quello di Parma e di Roggio ».
Questa stranezza ha la sua spiegazione
nella popolarità e divulgazione della voce
parmigiano, fin da antico, come puoi ve-
I dere nella famosa novella del Boccaccio
; di Calandrino. In fr. parmesan.
Parnassiani : Y. Decadente.
Parola: per parola d'onore, forma elit-
tica.
Parole di colore oscuro: emistichio
1 dantesco (Inf. Ili, 10) che il popolo usa
1 facetamente per indicar cosa che non ca-
I pisce 0, meglio, non vuol capire, là dove
; in Dante i nove terribili versi posti su
I l'ingresso dell'Inferno, (Per me si va, etc.)
sono assai manifesti e sono detti oscuri
in altro senso.
Pàroli; nel linguaggio dei giocatori di
azzardo dicesi quando chi punta raddoppia
la posta. Dal fr. paroli. (Origine ignota,
I scrive il Littré).
Parone: (da padrone) il capitano o il
proprietario di una piccola nave pesche-
reccia 0 anche di commercio. Voce vol-
gare del litorale adriatico.
Parquet: voce fr., da noi comune, co-
stante in Lombardia, per indicare un pa-
vimento, a scompartimento, specie se di
legno. Parquet., da pare = parco, vuol
significare recinto., parehetto^ se dir si
potesse, ed indicò lo spazio ne' tribunali
riservato alla corte.
Parrocchetto (vela di): V. Gabbia.
Parte Civile: è il nome che prende una
persona che abbia interesse in una causa
penale quando vi comparisce, si fa rap-
presentare e spiega e sostiene l'esistenza
del reato e il proprio diritto a conseguire
il l'isarcimento d'un danno sia materiale,
sia morale.
Parterre: voce fr., abusivamente usata
nel ceto mondano per aiuola e per platea
de' teatri. Del resto questo parterre per
« luogo non grande con aiole, panche e
Far
— 359 -
Pas
alberi » come spiega il Petrocchi, ò da
assai tempo entrato nell'uso e registrato.
Come il solito, i gallicismi usati a Firenze
hanno onoro di registrazione, ma converrà
pronunciare proprio alla fiorentina par-
tèrre! Il buon Fanfani però protesta, «Sì
signori, in Firenze così addimandasi un
Publico (Giardino fuori di Porta San Gallo,
è per ciò che la voce non è francese? ».
Partibus (in): V, In partibus.
Participio di necessità: cosi chiamano
i grammatici quella forte e sintetica forma
verbale, propria della lingua latina, che
contiene il concetto della necessità : aman-
dus =-^^ che deve essere amato. Ora questa
forma va divenendo neologica in molte voci,
educando^ instituendo^ contennendo^ eri-
(jendo, Lìeenxiando etc. Sarà comoda, certo
non è estetica e si confondo col gerundio.
Partire in guerra: è la traduzione del-
l'idiotismo francese partir en guerre =
partir pour la guerre. Spesso tale locu-
zione si adopera in senso figurato e con
forza caustica, quasi di chi piglia lo slan-
cio per un goffo assalto. Nel linguaggio
giornalistico è molto comune. Locuzione
probabilmente effimera.
Partita d'onore: per duello, è locuzione
comunissima. Trae la sua origine dal fran-
cese partie d'honneur. Così dicasi di par-
tita di caccia, di piacere, per diverti-
mento., solazX'O, scampagnata. La lingua
italiana, nota il Rigutini, non conosce
altre partite che quelle del giuoco.
Partita doppia (giocare a): vale tenere
i piedi in due staffe., seguire occulta-
mente due partiti opposti, far due parti
in commedia.^ in modo che se la va male
per un verso, vada bone per l'altro. Que-
sta locuzione deve essere tolta dal lin-
guaggio di borsa, riferendosi a quei giuochi
di speculazione per cui perdendo in una
data partita, si guadagni dall'altra.
Partiti popolari : nuova denominazione
politica italiana, usata per indicare l'unione
di quei partiti (dal radicale al socialista)
i quali pur dis(!ordando nella finalità e
nei mezzi, concordano nel reggimento so-
vrano del popolo, nell'incremento di esso,
economico e morale, o nell'opposizione ai
partiti conservatori e di casta. Quanto
codesta divisione politica, che paro così
netta o sicura, risponda alla realtà ed al
fatto economico, non è qui il luogo di
esporre. La locuzione partiti popolari fu
specialmente usata e consacrata nello ele-
zioni politiche del 1900 allo scopo di re-
sistere in fascio al ministero Pelloux.
Parturient montes, nascetur ridiculus
mil8 : i monti avranno le doglie del parto,
ne verrà fuori un ridicolo topo, così Orazio
con acuta imagine nella sua Arte poetica
(vs. 139) parla di quelle opere il cui grande
e reboante proemio non corrisponde all'o-
pera, gracile e misera. In tal senso è ri-
petuta la frase latina e, piìi generalmente,
per significare che le premesse saranno
sproporzionate al mezzo ed al fine.
Parure: nome fem. dal verbo francese
parer (ì^imo parare) adornare. In italiano
v'è la parola finimento, che è composto
della collana e degli orecchini ; ma la pa-
rola parure prevale nel ceto mondano e
nel linguaggio delle mode.
Parva sapientia : lat. piccola sapienza!
dalla nota sentenza videbis, fili mi, quam
parva sapientia regitur mundus. Della
varia attribuzione di questa massima. V.
Fumagalli, Chi l'ha detto "^
Parvenu : lett. arrivato, cioè villan
rifatto, pidocchio rifatto, che sono le
voci nostre equivalenti. Ma in francese
non v'è quel grave senso di spregio che
v'è in italiano, e che certo non risponde
più bene ad un fatto sociale così comune
al dì d'oggi come l'arricchire rapidamente.
Cfr. il motto, enrichissez vous.
Pasciuti: è (o credo possa essere) la
scrittura italiana di Patchouli. V. questa
voce.
Pascere : bella voce antica e disusata :
primavera. Rivivo nel poetare degli esteti:
Ber^auio, nella prima primavera.
ti vidi al novel tempo del pascere.
G. n'Ax.NU.NZio.
Pas de zèle : A^. Surtout pas de xèle.
Pasquinata: satira, beffa di Pasquino.
Pasquino: (V. il lungo studio di Luigi
Morandi n{>lla prefazione alle opere del
Belli, Lapi, Cittcì di Castello^ 1889). La
celebrità dei motti satirici di l*asquino
risalo al principio del '500 e rappresenta
lo spirito satirico, scottioo, critico del po-
polo romano, in rapporto al dominio pn-
Pas
— 360
Pas
pale. È l'anima del popolo penetrata nel
tronco informe, marmoreo che venne sca-
vato e rizzato in via di Parione presso la
bottega di un sarto di nome Pasquino che
godea fama di uomo assai arguto e sati-
rico. Da esso l'informe busto prese nome.
La moderna libertà di stampa tolse va-
lore e forza alla satira di Pasquino. Pa-
squino diede nome ad un noto giornale
satirico, nel modo stesso che L'onim de
preia (l'Uomo di pietra) statua marmorea
che era in una casa della Corsia de' Servi
(ora Corso V. E.) in Milano, die titolo ad
un giornale satirico milanese.
Passabilmente: per discretamente^ me-
diocremente, così così, abbastanza^ es.
io sto passabilmente, ricorda ai puristi il
passablement de' francesi.
Passacaille: fr., dallo spagnuolo ^assa
calle., cioè a dire ballo per le vie. Nome
di ballo assai vivace e leggiadro, press' a
poco come la gavotta e il minuetto ; assai
in voga nel sec. XVII. Passacaille è tanto
il ballo come la musica. G. S. Bach elevò
a grande severità questo genere mondano.
La forma italiana passacaglia mi pare
poco usata.
Passaggio: per passo, squarcio, brano
di scrittura od autore, ricorda ai puristi
il fr. passage.
Passare all'ordine del giorno: V. Ordine.
Passare il Rubicone: vale acquistare
nuova coscienza, assumere attitudine ri-
soluta e chiara entrando in altro campo
di idee, seguendo altro più vero e miglior
partito: motto derivato dal varcare che
fece Cesare in armi il confine d'Italia (Ru-
bicone) contro il divieto del Senato. V.
Jacta alea est. Intesi anche dire passare
l'Acheronte.
Passare in giudicato: dicesi delle sen-
tenze che diventano definitive e non su-
scettibili di ricorso. Dicesi di questione
già decisa e finita.
Passata la festa, gabbato lo santo:
ottenuto il beneficio si dimentica il be-
nefattore e il santo che si pregò per la
grazia : dioesi anche nel senso : le cose
hanno valore secondo il tempo. Il motto
è di origine napoletana, probabilmente dai
voti fatti a S. Gennaro.
Passatella: voce romanesca. Y. Tocco.
Passeggiata militare: diccsi di impresa
di guerra facile a compiersi. È versione
del francese, Promenade militaire; mar-
che de quelques heures qu'on fait fair e
à un régim,ent autour du lieti de sa
residence., afin d'exercer les soldats. Fi-
gurato Cette expédition ne fut q'uiie pro-
menade.
Passe-partout: fr., così è detta la chiave
unica che apre tutte le serrature di una
casa 0 di uno stabilimento. Per amplia-
zione poi dicesi : l'oro è un passe-partout.,
(apre tutte le porte), questa lettera è un
passe-partout, etc. Così si chiamano inol-
tre certe cornicette di cartone.
Passe- pied: nome di antica danza vi-
vace, in tripla semplice : la parola fran-
cese trovasi anche tradotta in passa-piede.
Passerella: in marina indica quel ponte
posto nel senso longitudinale dei piroscafi
che mette in comunicazione il palco del
comando col cassero. Ponticello di sbarco.
Usasi anche ^qx cavalcavia. Dal fr. pas-
serelle.
Passerotto: per sproposito., ha esempi
classici del '500. V. Gherardini, op. cit.,
Dicevasi familiarmente di errore di stampa,
gambero giornalistico, etc. Da passerotto
(passero da nido), che facilmente si prende;
così facilmente si cade nell'errore.
Passibile: propriamente vale atto o dis-
posto a patire: nel gergo curiale per
indicare chi è condannato a patire una
pena, è pei puristi voce tolta dal fr. pas-
sible. Di cesi anche nel senso che può
sostenere (suscettibile) nel linguaggio am-
ministrativo. Es. la tassa sui fabbricati
è passibile di aumento. « Maniera sgua-
iata » fRigutini).
Passim: lat., da ogni parte, senz'ordine,
in ogni luogo. Dicesi spesso per accen-
nare ad una parola o frase o idea ripetuta
assai volte nel corso di un'opera.
Passionale: nei nostri diz. vale Libro
contenente , gli atti dei Santi Martiri,
Passionarium. Nel senso di appassionato
è neol. dal fr. passionel. Eppure v'è un
esempio del Carducci : « Una musica fan-
tastica attrasse le coppie entro un cerchio
magico e con le cadenze via via più pas-
sionali, le trascinò a turbine». Carducci,
versione di un passo dello Schurc, Histoire
Pas
361 —
Pat
du Lied. Ma forse si può trattare di un
effetto, non avvertito, nel tradurre dal
francese.
Passo di carica: Y. Caricare.
Passò quel tempo, Enea: (che Dido a
te pensò): verso metastasiano rimasto,
come altri di questo facile poeta, popolare.
(Didone abbandonata^ II, 4).
Tempo era, temijo fu,
quel ,che era non è più I
e spesso si dice in materia d'amore, in
cui è noto quanta importanza abbia il
fuggevole momento, come ben sa e av-
verte la psicologia muliebre.
Pastello (pittura a): si dicono pastelli
i dipinti eseguiti con matite di vario co-
lore : nei quali si impastano e digradano
le tinte con lo sfumino. Non pare che gli
antichi usassero tale genere di pittura.
Fiorì verso la metà del sec. XYIII.
Pastetta: voce napoletana: lett. farina
spenta nell'acqua e sbattuta con un po'
d'olio, la quale serve per far frittelle. In
senso traslato vale imbroglio, sotterfugio
elettorale. Voce la quale insieme alla cosa
è ben nota anche fuori di Napoli. A Na-
poli certe cose si fanno ancora con allegra
ingenuità !
Pastrocchio: voce volgare e familiare,
romagnola e veneta (coi suoi derivati): è
l'antica parola classica pastocchia (da
pasta) e vale intruglio, indi finzione,
imbroglio, cosa mal fatta. Cfr. il mila-
nese pastrùgn r:= intruglio, pastricgnòn
pasticcione e il verbo impastocchiare.
Patati-patata : voce del gergo frfincese
per esprimere un continuo chiacchierio.
Patatrac : suono onomatopeico che espri-
mo il rumore di un corpo che si sfascia
e cado ; familiarmente vale mina., sfacelo.
Fr., patatras.
Patchouli: olio essenziale, estratto dalla
distillazione degli steli e delle foglie di
una pianta tropicale Pogostemon patch-
ouly: uno dei profumi vegetali più forti
e graditi. V. Pasciull.
Pàté: rad. pàté = pasta; è il nostro
pasticcio; ma per indicare certi pasticci,
farciti di carni, la cucina francese ha dato
voga alla i)arola d(il pro])rio idioma. Ks.
PMé de foie.
Pàté d'ancien : por patina di iiìonu-
menti, quadri etc, è Jocuzione usata da
alcuni per leziosaggine, vizio, od oblio
della voce nostra.
Patente (lettera): termine più special-
mente storico per indicare le lettere col
regio sigillo, contenenti disposizioni di
legge 0 privilegi. Specie di motu proprio.
Queste lettere patenti si riferiscono di so-
lito al tempo dello antiche monarchie: fr.
lettres patentes, dal lat. patere :- essere
aperto, manifesto.
Paterno (il governo)', locuzione usata
per lo più ironicamente per significare i
governi italiani, specialmente quello del-
l'Austria dopo la Santa Alleanza, i quali
consideravano i sudditi come pupilli sotto
tutela, cui conveniva guidare, specialmente
dopo quella gran dissipazione del periodo
rivoluzionario e napoleonico. Il concetto
politico infatti della Santa Alleanza era
che i principi dovessero reggere i popoli
da buoni padri di famiglia. Dicesi oggidì
in mal senso di governi e reggitori quando
sembrino volersi di troppo inframettere
negli affari de' cittadini, recando offesa a
quel concetto di autogoverno e di libertà
che è 0 vorrebbe essere una conquista
della età presente.
Pathèmata mathèmata: antico motto
della sapienza greca: letteralmente vuol
dire i patimenti sono ammaestramenti,
cioè gran maestro è il dolore. Ricorda
l'esametro Vergiliano: non ignara inali.,
miseris sucurrere disco (Eneide, I, 630).
Si tratta, però, di un maestro che è bene
non invocare, tanto più che viene da se o
i suoi ammaestramenti non sono sein])ro
sicuri.
Pathos: V. Patos.
Patio: voce spagnuola, dal latino pà-
tukis z=. aporto, cortile, atrio, e anche
campo. Voce notata anche in francese.
Patoà: V. Patois.
Patois: dialetto, vernacolo, ed è voca-
bolo francese (comune fra noi, in alcuno re-
gioni. La etimologia eomunomonte accolta
dal buon Ménage, dal Littró, dallo Scholor,
è dal latino patrius o patriensis.
Patos : 0 più di frequente, seguendo lo
grafìe straniero, pathos (greco mtdoj;) i_
passione, ciò che uno soffre S(>nza sua vo-
lontiì. Tern\ino filosofìco, comune ai lin-
Pat
362 —
Pav
guaggj culti. Hegel usò questo termine
per significare la passione che muove le
umane operazioni. Patos dicesi anche per
sentimento, commozione estetica, artistica.
(Cfr. patetico).
Patria potèstas : lat. la potestà o di-
ritto del padre (o della madre) sui figli
minorenni, secondo le leggi: storicamente
patria potèstas indica il diritto assoluto
che in Roma antica il padre avea sui
figliuoli e su la famiglia.
Patrìotta: è voce relativamente recente,
come è noto, venutaci con la Rivoluzione
francese e con Napoleone, i quali dando
agli Italiani l'idea nazionale moderna, ci
diedero pure il vocabolo. Anzi in quei
tempi patriota (grafia più conforme al fr.
patriote) valse come giacobino., republi-
cano; e anche oggi il senso politico non
è disgiunto talora da tale parola; ed è
per ciò, forse, che patrio non è proprio
uguale a patriottico. Patrìotta., patriot-
tico., patriottismo sono appuntati dal Fan-
fani, ma certo la Nuova Crusca li do-
vrà accogliere come sono accolti e fatti
italiani nell'uso. Qui si notano soltanto
come storia della parola. I puristi con-
sigliano la grafia patriotto., la quale dal
Petrocchi è dichiarata più popolare. Parmi
invece fuor di Toscana più comune pa-
trìotta. Patrìotta è popolare per coìnpa-
triotta. Patriotta per liberale^ spesso in
senso caustico, è pur del popolo. Che bel
patrìotta!
Patrocinio gratuito: Y. Gratuito pa-
trocinio.
Patta: term. mar., ciascuno di quei
triangoli di ferro fucinato alle estremità
delle marre dell'ancora, che serve a far
presa nel fondo. Son dette anche Palme.
Voce antica.
Patte d'oie: lett. in francese zafnpa
d'oca., 0 zampa di gallina come noi si
dice, cioè quella ruga all'angolo dell'oc-
chio che si parte in tre solchi.
Pattes de mouche: fr., letteralmente
%ampe di ìnosca; detto di scrittura sot-
tile 0 minuta.
Pattinaggio: V. Pattino. Dal fr. patinage.
Pattinatore: fr. patineur. V. Pattino.
Pàttino: noto zoccolo di acciaio che si
adatta alla scarpa per isdrucciolare sul
ghiaccio: dal fr. patin^ rad. patte (cfr,
piede che ha la stessa etimologia). È pa-
rola ripresa dai più rigorosi puristi. Del
resto non mancano antichi esempi : zoccolo
da ghiaccio si potrebbe dire, ma non usa,
e così sdrucciolare sul ghiaccio è meno
comune, per chi attende a tali esercizi,
di pattinare; der. pattinaggio, pattina-
tore. Pattino è anche termine dei mec-
canici, e vale genoricamen,te anche testa
a croce, attacco, cioè, dell'asta dello stan-
tuffo con la biella (crosse de tige fr.,
Kreuzkopf, tod., cross-head, ingl.) Y.
Skating -ring.
Pauperismo: è woQQÌngl.., pauperism.,
notato come neol. in francese : è la miseria
considerata non negli individui singoli,
ma nel complesso. L'epidemia della po-
vertà., come disse il Fontenay.
Pauper ubique jacet: il povero dovun-
que giace. Così Ovidio {Fast I, 218). E
Perpetua a Renzo : « Mala cosa nascer
poveri, caro Renzo! » E Agnese al car-
dinal Borromeo : « I poveri, ci vuol poco
a farli comparir birboni ». Promessi Sposi.,
Gap. XXIY. Del resto questi pensieri di
vera sapienza puoi leggere anche nei mi-
rabili colloqui di Don Chisciotte con Sancio
Pancia. Ed è per questo che Cristo, non
potendo aprire ai poveri le porte della
terra, assicurò quelle del Cielo.
! Pavana: nome di antica danza di ori-
gine spagnuola, figurata, magnifica e so-
I lenne. Danzavasi con cappa e spada, e le
I dame con diadema e strascico. Il nome
j sembrerebbe derivare da padovana =:
danza del contado di Padova. Nel lin-
guaggio mondano tale parola ricorre più
spesso alla francese, pavane.
Pavesare: pavese denotò in antico una
specie di scudo (probabilmente da Pavia)
0 rotella ; e molti pavesi formando testu-
I dine eccellente per la loro quadratura e
dando bellissima vista per i loro vivaci
dipinti, ne venne pavesare = difendere con
pavesi e pavesata = difesa. Indi pavesare
si usò nel senso di ornare e pavese nel
senso di banderuola messa alla maniera
de' pavesi, massime sui navigli, in segno
di festa : dove, come la bandiera porta lo
scudo principale, così le banderuole portano
emblemi e colori bizzarri e svariati alla
i'ilV
363
Pel
injiiiiera })i(vosc. Questo senso traslato,
cioè pavoiser da pavois = stendere les
pavots lung'o i bordi delle galee o navi,
indi ornare, tu da prima usato dai fran-
cesi. ¥gv tappexxare^ ornare^ detto di sale,
stanze, spiace ai puristi : ma solitamente
si dice dell' ornar con bandiere, come av-
viene nelle navi.
Pavese: gala di bandiere su le navi:
ufficialmente anzi in marina dicesi gala.
V. Zuppa alla pavese.
Pavimentare: dicesi delle case, degli
edilìzi. Ma delle vie e delle piazze dicesi
lastricare. Secondo quanto ne ragiona
acutamente il Rigutini, op. eit. il pavi-
mentare., col suo derivato pavimentaxione.,
provenne dall' ignoranza o, meglio, oblio
della voce lastricare, o dall'imitazione del
verbo pavcr de' francesi.
Pazza gioia: parole usate nella locu-
zione familiare e di senso spesso ironico,
darsi alla pazza gioia, : godere eccessi-
vamente di alcun fatto senza pensare se
esso sia da vero cagione di gioia.
Pazzariello: nome dato in Napoli ad
una specie di banditore popolare, il quale
vestito con abiti chiassosi, con bastone in
mano e seguito di flauti e tamburi, tra
lazzi e motteggi di buffone, grida la
merce. Antichissima forma nostrana di
publicità.
Pazzia morale: pervertimento dei sen-
timenti naturali, impulsi, affetti, inclina-
zioni, abitudini senza che vi corrisponda
alcuna manifesta lesione dell'intelligenza
0 delle facoltà ragionative, senza illusioni
pazzesche ovvero allucinazioni come occor-
rono nei dementi. Come la pazzia morale è
difficile a riconoscere (quanto pochi, ohimè,
sono i sani morali!), così ebbe altro defini-
zioni : pazzia lucida., pazzia ragionante.,
imbecillità morale, etc.
Pazziare: voce napoletana, scherzare.,
dire 0 fare per celia., giocare.
Peohblende: voce tedesca, usata per
indicai'*' i minerali d'ìiranio.
Pecorella smarrita: locuzione^ iigurata
che ris(Mite alcun che delia nota parabola
evangelica, per indicare, con alcun senso
faceto, giovane donna la quale sia uscita
dal regolane sonti(>ro dellii virtù.
Peoten: hit., CdV. /^^//mr'), nomo scien-
tifico di una specie di molluschi bivalvi,
di cui la varietà più nota è il Pecten ja-
cobaeus : esso fu già negli antichi tempi
usato come ornamento de' cappelli e dei
mantelli dei pellegrini reduci da Terra-
santa e da S. Giacomo di Com])Ostella
(onde il nome). V. Cappa Santa, e cfr.
Pettine.
Pedalare: neol., detto del correre in
bicicletta: fr. pédaler.
Pedana: tavolato sul quale si fa la
scherma.
Pede poena claudo: lat. il ca.stigo (se-
gue) a pie' zoppo. (Orazio).
Pederastia: da jraig i_: fanciullo ed
ègàco _: amo: inversione sessuale del-
l'uomo. V. Appendice.
Pedicure-manicure: neologismo eufemi-
stico, quanto inelegante e goffo che talora
(fr. manicure e pedicure) si legge invece
di callista. Il personaggio che risponde
a cotesto nome sarebbe lo scienziato e
l'esteta delle mani e dei piedi.
Pedigree: voce inglese, n^q genealogia.,
e specialmente registro genealogico degli
animali di puro sangue.
Pedivella: chiamano il braccio di leva
del pedale della bicicletta.
Pedooomio: dal greco nal^ = fanciullo,
e uofAElv =3 curare : ospedale pei fanciulli.
Neologismo, non bello, del linguaggio
medico.
Peerage: ingl.. grado e condizione dei
Pari d'Inghilterra, la paria ed anche il
libro d'oro o almanacco dei pari e nobili
d'Inghilterra.
Pelandrone: nota voce piemontese, ji^rr-
lan., palandran, largamente diffusa fuor
della regione, e specie nelle caserme per
disutile., scansafatiche.
Pèle mele: alla rinfusa, parola fr. di
dubbia etimologia. Più probabile origine
è che la voce pèle sia di creazione fan-
tastica per assonanza con tm'le, da méler
-rr- mischiare. Peli-meli è anche in inglese.
Pellagra: voce di dubbia etimologia, pro-
babilmente vale come pelle agra, arsa, a-
sciutta., squamata. Lo prime notizie di tale
infermità vennero di Spagna verso il 1785.
Malattia di natura mal conosciuta: da al-
cuni autori attribuita al cattivo alimento
del formontoiu> guiistoe mal eotto. (V. Mai-
Pel
364 —
Fen
dico) da altri ad iusuffìconza alimentare.
Manifestasi clinicamente con turbamenti
generali fmag-rezza, cachessia, diarrea) eri-
temi pellagrosi nelle parti scoperte, mani,
collo: demenza.
Pelle di Dante: V. Dante.
Pelle d'oca: stato transitorio e speciale
della pelle, cagionato dall'erezione dei fol-
licoli pelosi. Ciò accade per freddo o per
paura. I francesi dicono ehair de poule^
per la simigiianza appunto con la pelle
del pollo 0 dell'oca.
Pelote: voce francese, dal lat. pila =:
palla; usata talora, in certo linguaggio,
in vece della nostra parola cuscinetto per
ispilli. I Pelote è pur nome di uno speciale
gioco di palla.
Pelottone : dal fr. peloion r- nota sud-
divisione di milizie: manipolo, squadra^
drappello. Peloton è da pelote col suffisso
on., e pelote -zz mucchio, dal lat. p'ila =
palla. Cfr. l'antica e disusata nostra pa-
rola pillotta = palla. Come appare, a noi
non mancano parole nostre per indicare
una piccola mano di milizie. Il Fanfani
giustamente si sdegna di questo brutto
vocabolo plotone o pelottone, più giusta-
mente ancora cita l'esempio del Manzoni:
e il lampo dei iiuvnipoli
e l'onda dei cavalli,
Ma che farci V Gli odierni istituti militari
ci vennero di Francia, e plotone ha valore
tecnico.
Peltasta: term. storico, jreÀTaOTi]^, sol-
dato dell'Eliade antica, armato della pelta
0 rotella (scudo leggiero).
Pelouse: voce francese, frequente nel
linguaggio delle corse: indica il prato o
il terreno coperto d'erba corta e spessa,
come una peluria. Dal lat, pihis =: pelo.
Peluche: tessuto greve di lana, di co-
tone 0 di seta, fabbricato come un velluto,
ma di cui i fili sono assai più lunghi.
Serve per guarnizioni di cappelli e di
abiti, per coprir mobili, etc. Da pilus,
pelo. In vece di questa voce francese molti
usano, specialmente fra il popolo, la pa-
rola buona felpa.
Pemmican : voce francese ed inglese, e
significa una speciale preparazione di carne
in poco volume e di grato sapore da ser-
vire per lunghi viaggi e spedizioni. L'eti-
mologia della parola è data come origi-
naria degli indigeni d'America.
Penale : come attributo di diritto, con-
traposto di cìmle, prevale su la voce an-
tica criminale, forse perchè nel codice
odierno la figura giuridica del crimine,
che era nel codice francese e sardo, è stata
abolita. Del resto criminalista è voce
equivalente a penalista. I puristi consi-
derano questo penale, si intende come
attributo di diritto, un gallicismo.
Penchant : fr. inclinazione, propen-
sione. Voce usata per vizio di mondanità
in cei-to linguaggio.
Pendant: riscontro, ma questa buona
parola nostra non ricorre più così pronta
per designare due oggetti simmetrici e
contraposti, e si usa il fr. pendant. Dicesi
anche di persone, in senso faceto per si-
gnificare che fanno il paio.
Penetrarsi: V. Penetrato.
Penetrato : per convinto, persuaso, com-
punto, compreso, e così penetrarsi =
sentire profondamente, investirsi, mettersi
ne' panni altrui, etc. è notato dal Rigu-
tini come « neologismo quasi irragione-
vole ». Fr. pénétrer e pénétré.
Pensarci su: sintesi della retorica o
arte del diro e dello scrivere del Manzoni.
Non risulta, che io sappia, da alcun scritto
manzoniano, ma dalla testimonianza del
Bonghi. « Ricordo ancora quando, poco
lontano da casa sua, andando l'un dinanzi
e l'altro dietro per la strettezza e mala
condizione del sentiero, e ragionando di
poetica, di Orazio, del Boileau, dei mo-
derni, egli mi concluse, che tutta la poe-
tica consisteva nel pensarci su » . Prefa-
zione dei Promessi Sposi nelle due edizioni
del 1840 e del 1825 in una lettera di
Ruggero Bonghi,M\lsLno, 1903. Cfr. Danto:
I' mi son un che, quando
amore spira, noto, ed a quel modo
che detta dentro vo significando.
Pensée: fr. viola del pensiero: detto,
talora, di color viola scuro.
Pensione : in buon italiano vale stipen-
dio, salario. Per retta, doxxina, è il
francese pension. Voce del resto sancita
dall'uso.
Pentesilea: V. Pantesìlea.
365
L'er
Pentimento: pur correx-ione è voce ri-
presa dai puristi.
Peocio: V. Coxxa.
Pepinière: radice pépin = semente:
pcpinus nel basso latino. Questa voce
francese è usata, specie in senso traslato,
invece della nostra semenzaio^ vivaio^
seminario. Alcuni dicono anche pepi-
niera. Ma, a vero dii*e, semenzaio ha
piuttosto cattivo senso, vivaio è delle
piante, e seminario Isemen) dei preti e
degli ecclesiastici. Capisco che si potrebbe
rinvigorire una di queste voci, ma per
rinvigorire ci vuole il vigore. Fortuna
delle parole!
Pepsina: nomo di medicinale: gr. néooco
{) jiéjivtò =: ammollire, cuocere: è una
materia azotata speciale, che si ricava dal
quarto scompartimento dello stomaco dei
ruminanti giovani : specie di fermento che
serve a trasformare e sciogliere le mate-
rie albuminoidi in peptoni, cioè le rende
digeribili. La pronuncia toscana pessina.,
mi pare poco dell'uso.
Peractis peragendis: ablativo assoluto
lat., eompiufo ciò che si doveva fare.
Per angusta ad augusta: motto di ec-
celsa virtù: per vie anguste., cioè faticose,
ad auguste, cioè a nobili, grandi cose.
Perca! e percale: fr., e non pereail:
nota specie di cotonina robusta e serrata :
la voce fr. si alterna con l'italiana per-
calle 0 percallo. È parola di origine per-
siana.
Percentuale : agg. formato da per cento:
registro questa parola perchè secondo i
puristi « nuova e stranamente formata »
e « chi vuol parlare un linguaggio umano,
non che italiano, dirà » per cento e non
percentuale: così il Eigutini. La ripro-
vata parola è tuttavia accolta nei diz.
dell'uso, e se ne è formato anche il sost.
La percentuale. Forza dell'uso!
Per citazione direttissima: chiamasi
secondo il nostro codice quella forma ra-
pida di procosso senza istruttoria preli-
minare, che in qualche caso di arresto (e
della opportunità di questa procedura è
arbitro il Pi'oouratoro del re) si fa davanti
al Pretore, specialmente, giacché trattasi
di cause som])lici e brevi.
Perder la sinderesi: V. Sinderesi.
Perder l'erre: dicesi di chi, per molto
bere essendoglisi enfiata la lingua, non
può pronunciar l'erre; essere ubbriaco,
esser cotto. Antica locuzione classica, viva
nel linguaggio familiare.
Pereat: lat. perisca., muoia., cioè ab-
basso: voce in uso, specie dagli studenti
tedeschi.
Per fas et nefas : lat. con mezzi leciti
ed illeciti., cioè con tutti i mezzi pur di
riuscire.
Perfettamente: \. Perfetto.
Perfetto: «per i francesi — scrive il
Eigutini — tutto è parfait e tutto sta
parfaitetnent., per una delle solite loro
iperboli » , onde noi dicendo ad es., perfetto
gentiluomo., perfetto cavaliere, usiamo di
un gallicismo, mentre dovremmo dire.
vero: e aggiunge: «sconcissimo l'usare
perfettamente con senso di affermazione
0 approvazione per sì, sì certo » . Con
tutte queste buone ragioni, esso è uno
dei gallicismi più comuni e quasi più non
ce ne avvediamo, forse perchè così alfine
al genio della nostra lingua da sembrar
modo nostro.
Pergamenata: dal fr. parcheìninée, detto
di carta che ha l'aspetto e la consistenza
della pergamena.
Pericolo giallo (il): timore di preponde-
ranza della razza mongolica (Cina, Giap-
pone). Tale frase, più -forse -di opportunità,
giustificazione di violenza, che di verità,
è dell'imperatore tedesco al tempo della
lega europea contro la Cina (1900): die
gelbe Gefahr.
Perkins: (riscaldamento alla): cioè a
termo-sifone^ (vapore, acqua) por appar-
tamenti: dal nome dell'inventore.
Periculum in mora: lat. neW indugio
sta il pericolo.
Perinde ac cadàver: lat., proprio come
un cadavere: formula ipiM'bolica della sot-
tomissione assoluta alla volontà dei pre-
posti. Leggosi nella Regola di S. Francesco
d'Assisi, ma ebbe rinomanza solo p(>r l'ap-
plicazione ohe ne fecero i gesuiti.
Periodica: parola del dialetto napolo-
tìino che significa festieoiuola., rìtroro
familiare, ogni corto periodo di giorni.
Periòstio: gr. jTei)(òort:ou., torni, anat.,
membra fibrosa che ricopre lo ossa e con-
Per
366
lYr
tribuisco al loro sviluppo e alla loro nu-
trizione. Periostite =: la malattia del
periòstio : nome generico dato a tutte le
infiammazioni acute o croniche del pe-
riostio.
Periostite: V. Periostio.
Periscòpio : che mele attorno, voce fog-
giata dal greco e detta di certi apparecchi
nelle navi sottomarine per dirigerne il
corso. Sono basati su la rifrazione dei
raggi.
Peritale: agg. del linguaggio forense
ed amministrativo ; che si riferisce a pe-
rizia, es. prove peritali.
Peritare: verbo neol., valutare, esti-
mare, far perizia.
Perititi ite : voce medica da nEql -=. at-
torno e TV(pÀós = cieco: infiammazione
del peritoneo che circonda 1' intestino
detto cieco.
Perizia: voto di persone pratiche, detti
periti, intorno ad una data arte o scienza
su cui ò controversia, o per accertare un
fatto, Deriv. neologici, periziare e peritare.
Perizia arbitrale: nomina di un perito
arbitro, la cui sentenza non si può impu-
gnare se non per manifesta iniquità.
Periziare: altro neoì. -pei- far perizia.
Perlziore: latinismo peritiorem z= più
perito, cioè perito arbitro o superiore ai
periti : tale il giudico. Voce curialesca.
Per la contradizìon che noi consente:
Dante, Inf XXVII, 120. Così dice il
Diavolo a S. Francesco portando all'in-
ferno l'anima di Guido feltresco, il quale
non potea operare il male e insieme pen-
tirsi, cioè salvarsi. Formula logica, ri-
masta popolare, almeno fra la gente di
media coltura.
Permè : voce milanese recente, non no-
tata nò nel Cherubini né nell'Angiolini ;
vale mezza porzione e, con grossolana
arguzia, dicono anche in senso figurato
in vece di saggio, campione. Altri scrive,
secondo etimologia, per me.
Per: nel frontespizio dei libri invece
di da è gallicismo brutto foggiato ^ulpar
francese : del resto si potrebbe difendere
come arcaismo (in latino il mezzo con per-
sona esprimesi con per) o sostenere come
elegante forma classica nostra. Tutto si può
difendere ; vero è che questo ^er sembra vo-
ler dive ez\2i\\à.ìo a vantaggio dell'autore:
anfibologico, dunque, senza contare che il
per classico ha altro uso e snellezza. Questo
goffo^ernon è oggidì più molto usato, anche
perchè si costuma mettere il nome dell'au-
tore in testa del frontespizio. | Il per in
corrispondenza di troppo è locuzione fran-
cese, anzi « puzzolente francesismo ».
(Fanfani). Es. È troppo astuto per essere
ingannato, deve dirsi : è tanto astuto da
non poter essere ingannato, oppure è cosi
astuto che è impossibile ingannarlo. Ma
l'uso ha virtù di togliere persino il puzzo.
Perpetua : nome di creazione geniale
come altri nomi do' Prom,essi Sposi:
Don Abbondio, Azzeccagarbugli, etc.
Perpetua è la serva-padrona di Don Ab-
bondio, ed è passata in proverbio per in-
dicare specialmente le domestiche, già
oltre alla età sinodale, de' sacerdoti. V.
Pareri di Perpetua (i).
Performance: vocabolo inglese, letteral-
mente =r rappresentazione. Da noi si usa
molto per indicare un fatto, un avveni-
mento, una prova di sport [come la corsa
di un corridore o di un ciclista, il galoppo
ottenuto da un cavallo etc, p. es. si dice:
« abbiamo assistito ieri a una bella per-
formance del tal corridore, che ha fatto
il tal percorso in tanti minuti .... » o
anche : « la sua performance (= risultato
ottenuto) è stata di tanti Km. alFora»].
Per quel che fa (o che dà) la piazza:
propriamente secondo il prezzo del mer-
cato : e per estensione, secondo le condi-
zioni di tempo, di luogo, di costume:
modo nostro familiare, vale come, cosi
cosi, non c'è male, o conviene conten-
tarsi.
Persecuzione (delirio di): tra le varie
forme di delirio, la più frequente e per-
sistente è quella per la quale il malato
attribuisce le sue pene, turbamenti, ter-
rori etc, all'opera di occulti nemici. Senza
però ricorrere ai casi tipici di pazzia da
manicomio, esiste se non il delirio, il
sospetto di persecuzioni in molte persone
che passano per normali e sane, e mi piace
aggiungere che non sempre la malattia è
cagione di tale sospetto.
Personale: agg. sost., per indicare tutti
coloro che sono addetti ad un publiro uf-
Pei-
367
Pet
ficio, è il personnel fraucose. Brutta voce
burocratica. La mia opinione personale,
per la mia' propria opinione è modo di
diro ripreso dai puristi come gallicismo.
Pertransiit benefaciendo : lat. passò
operando il bene: dotto primamente come
sintesi della vita di Gesù Cristo. Mirabile
locuzione, spesso ripetuta come frase fatta.
Perù : nella locuzione vale un Perii,
V. Eldorado. Valere un Perù dicesi di
solito ironicamente.
Per un punto Martin perse la cappa:
punto qui sta latinamente per punteggia-
tura. Allusione al noto verso scritto su
la porta della badia di cui era abate co-
desto Martino. Porta, patens esto, nulli
claudatur ìionesto, (porta, sta aperta, non
chiuderti ad alcun galantuomo) mettendo
invece la virgola dopo nulli, il verso
viene a dire : porta, non aprirti ad alcuno,
chiuditi ai galantuomini. Per tale errore,
volontario o fortuito, la leggenda narra
che Martino perde la dignità del suo
grado. V. Anecdotes historiques di Etienne
di Borbone, domenicano del sec. XIV.
Altra leggenda v'è pure in italiano. Y.
Fumagalli, op. cit.
Perversione: voce universale scientifica:
(lat. ^>»er«;ers«'o-= sconvolgimento) vale come
depravaxione o degenerazione o altera-
zione patologica degli istinti, dei senti-
menti, delle idee. La perversione del senso
morale si riscontra in molti casi di iste-
rismo e di pazzia, detta appunto « morale ».
Cosi le perversioni sessuali sono state
studiate come sintomo di malattie men-
tali. (Ahimè quanto pochi i veramente
sani!)
Pesage: fr., dicesi anche ì-eeinto del
peso. Nelle corse è come sarebbe la sa-
crestia nelle chiese, il saneta sanctorum.
Quivi, nel pesage, si pesano i fantini, si
contemplano i cavalli otc. ed è così ono-
revole luogo che chi vuol entrare paga
di molto, ma può imparare eziandio molte
cose (eccettuata la lingua italiana).
Pescagione e pescare : detto delle navi,
indica la misura dell'immersione dello
carene nell'acqua.
Pesce d'aprile: fr. poisson d'avril, in
tedesco Aprilscherx: noto scherzo di far
correr la gènte il di primo d'aprile con
falsa notizia. Da che proviene la locu-
zione? V'è chi spiega ptoisson d'avril
come una corruzione di passion d'a^'ril^
perchè Cristo passò da Erode a Pilato e
ciò avvenne in aprile : altri perchè il sole
entra nella costellazione dei Pesci, altri
dà spiegazioni che sembrano più inven-
tate per ispiegare che persuasive. Cfr.
Pico Luri da Vassano, op. eit.
Pesce grosso: è in natura quello che
mangia i piccini, onde il bellissimo nostro
motto il pesce grosso divora il piccolo :
per estensione metaforica si dice pesce
grosso di coloro che nella vita prendono
assai posto e per reputazione, autorità,
forza, potrebbe divorare e divorano infatti,
moralmente, i propri simili.
Pesce: nel gergo degli stampatori è il
salto fatto nella composizione, l'opposto
del doppione, che è la parola o la frase
stampata due volto.
Peseta: diminutivo di peso = moneta:
voce spagnuola che significa una moneta
d'argento del peso di cinque grammi e
del valore di quattro reali. Oggidì è la
unità monetaria della Spagna : press' a
poco la nostra lira.
Peso : per pesante, « più comune e po-
polare », avverte il Petrocchi. Così a Fi-
renze e nei volgari di alcune regioni : ma
comunemente si dice pesante.
Peste : lat. pestis =:i flagello. Nome in
antico dato a tutte le grandi epidemie.
Dicesi oggi specialmente della peste bub-
bonica : malattia infettiva, epidemica, con-
tagiosa, caratterizzata da acuta febbre,
bubboni, emorragie. È dovuta ad un mi-
crobo speciale, il bacillo di Yersin.
Petente: \ìqv richiedente «latinismo cru-
dissimo usato per colui che chiede alcun
che con istanza » (Rigutinij. Anzi tanto
crudo che non è digeribile. Ma non mi
paro molto dell'uso.
Pétillant : scoppiettante, crepitante, sfa-
villanie, lucente, vivace. Voce francese
abusivamente usata talora in certo lin-
guaggio.
Petit-bleu: nel gorgo francese familiare,
vale dispaccio (dal colore della carta).
Petite et dabitur vobis: chiedete e ri
sarà dato. Evangelo é\ S. Matteo, Vili, 7.
Petitio principi!: \. Petizione, ete.
Pet
- 368 -
Pia
Petit mattre: dicesi di giovane che af-
fetta gran sicurezza e pretensione : è una
di quelle felici parole francesi le quali si
sono da tempo imposte e sono accolte
anche da buoni scrittori, pur non man-
cando modi nostri equivalenti.
Petit sou : fr., soldino.
Petizione di principio : sofisma che con-
siste nel supporre come dimostrato ciò
che è da provarsi (lat. petitio principii;
dal greco rò è^ àg/Jig alTElgdai Aristotile).
Pettinatura alla Brutus: dicono i bar-
bieri francesemente quelle co' capelli a
spazzola. Tale denominazione classico-ro-
mana è del tempo della Eivoluzione fran-
cese, quando le code, i tuppè, i ricci, la
cipra furono aboliti e onorata invece, nei
nomi e nelle fogge, l'austerità republi-
cana dell'antica Eoma.
Pettine: Y. Peeten.^ ^eiio pettine \)Qv
la forma di una delle valve, festonata in
modo da aver sembianza di pettine. Gli altri
molluschi bivalvi che sono privi di questa
valva così formata e non hanno la spor-
genza ove è la cerniera, non sono detti
pettini; ma hanno nomi vernacoli, come
cappa. peverax^M o poverazza^ calciìiello,
sul litorale adriatico.
Pezza processuale: nel gergo forense
vale le pagine del processo penale. In-
flusso del nome fem, fr. pièce.
Pezze giustificative: fr. pièces justifi-
catives.^ documenti che servono a giusti-
ficare un fatto.
Pezzi grossi: termine nostro volgare
per indicare le persone di molta autorità
e potenza, quelle che fanno a loro talento
la pioggia e il bel tempo.
Pfennig : moneta minima divisionale ger-
manica : la centesima parte del marco,
cioè un quarto di piìi del nostro centesimo.
Pfui!: esclamazione di repulsione e di
spregio presso 1 tedeschi.
Phaéton : Y. Faetòn.
Philister: == filisteo: voce tedesca, usata
per significare il borghese pacifico, un po'
gretto, un po' rustego. misoneista, come
si direbbe oggi, cioè alieno e sospettoso del
movimento moderno. Per gli studenti ger-
manici, viventi in ispecié di corporazioni,
è dichiarato Philister., sia chi non appar-
tiene più al ceto studentesco, ovvero sia
chi è nemico degli svaghi e degli alletta-
menti giovanili. Dell'origine di questa pa-
rola Y. // dizionario della Conversazione
del Meyer. Tale uso del vocabolo risale
al 1785, e probabilmente si rapporta a
conteso studentesche contro popolani nella
città di Iena, ove i nemici agli studenti
ebbero per reminiscenza biblica il nome
spregiativo di Filistei.
Pliysique du ròle: locuzione francese
frequente, usata tanto sul serio come per
giuoco, per indicare che una tale o un
tale par nato, cioè ha l'aspetto adatto alla
parte (ròle) che deve rappresentare nella
commedia del palcoscenico o in quella
maggiore e tragica, talvolta, della vita.
Piace a me e basta: risposta di A. De-
pretis, ministro, rimasta viva talora nel-
l'uso e nei ricordi del Parlamento.
Piancito : voce regionale per pavimento.
Piada: specie di pane azimo in forma
di schiacciata o spianata sottile, cotta sul
testo : costuma nel contado riminese. La
ricorda il Pascoli leggiadramente ne' suoi
Poemetti, ove la lirica intitolata il Desi-
nare portava nella prima stampa il titolo
di Piada. Dal latino patena?
Pianger miseria: locuzione familiare
dolersi delle proprie strettezze e delle
molte necessità: ma solitamente si dice
di chi ad arte si infinge di essere biso-
gnoso.
Pianta: per ruolo. Yoce del gergo bu-
rocratico.
Piantar baracca e burattini: lasciar
che tutto vada in malora, abbandonare
all'incuria, o per malanimo o per dispetto.
Modo nostro volgare e comune.
Piantar carote: infilar bugie., dirle o
sballarle grosse.
Piantonare: Y. Piantone.
Piantone : per soldato di servizio, senza
armi è il fr. planton. Essere di piantone,
fr. ètre de planton. In italiano piantone
vale pollone. Il verbo piantottare per
guardare, sorvegliare impedendo, non è,
che io mi sappia, in francese.
Piarda : parola usata nell'idraulica pa-
dana per indicare la scarpata che sta tra
il pelo dell'acqua ed il ciglio del piano,
sommerso solo nelle piene.
Piattaforma: per caposaldo., base di
Pia
— 369
Pie
un programma politico, è neologismo che
dall'America derivò all'Inghilterra: plat-
form r= a declaration of principles^ po-
liticai, religious^ or otherivise.
Piattello: V. Pitocchetto.
Piatto; in fr. plat, figuratamente vale
inelegante^ volgare (cfr. Platitiide). Tanta
è la forza dell'influsso francese che trovo
scritto in un libro piatto realismo. A
questo punto si arriva!
Piatto forte: il piatto più sostanzioso
di un pasto : dicesi anche in senso esteso
e figurato, specie quando vi si vuole ag-
giungere del caustico. Piatto forte è quello
che i francesi dicono pièce de résistance.
Piazza (la): in certe locuzioni, come
comanda la piaxza^ far quello che vuole
la piaxxa^ vale il popolo^ ma inteso nel
mal senso di plebe, o rappresentanti di
plebe, con speciale significazione di spregio
alla ignoranza, volubilità, prepotenza delle
moltitudini, agitate dalle passioni.
Piazza: per j9os^o, es. letto a due piaxxe,
trovare una buona piazza^ e peggio an-
cora, far piaxxa per fare posto^ sono
locuzioni volgarissimo, entrate pur troppo
anche nell'uso del popolo, specie delle
grandi città. Dall'uso del francese j^/ace.
I I comici, i giocolieri etc, chiamano la
piaxxa, la città od il villaggio dove eser-
citano la loro arte.
Piazzare : voce dello sport. Con questo
barbarismo si stabilisce l'ordine con cui
cavalli 0 corridori passano il ti'aguardo
alla meta. Quelli che arrivano primi, ge-
neralmente non oltre il tre, si chiamano
pìaxxati.
Piazzare : per mettere in posixione^
collocare., brutto neol. dal fr. piacer.
Pìazzista: agente di commercio che fa
affari per conto di terzi nella città o cir-
condario.
Piccante: é considerato dai puristi come
gullicismu (piquant) non in sé, ma per
l'uso che se ne fa in vece di arguto., mor-
dace, bixxarro., curioso., frixxante etc.
Es. un^avventura piccante (contiene in sé
l'idea di fatto licenziosotto, gustoso; non ò
cosi?). Anche aria piccante (parmi raro)
salsa piccante.^ per dria frixxante., salsa
forte sono locuzioni riprose. Voce del-
l'uso.
A. I'anzini. Supplemento ai Dixionari italiani.
Piccarsi : per pretendere, ha esempi clas-
sici della fine del '500. Trovasi registrato
in ogni lessico, fr. se piquer = se vanter.,
avoir des prétentions à.
Piccato: fr. piqué: punto., offeso., indi-
spettito. Nel linguaggio della cucina al-
cune carni diconsi piccate in vece di
lardellate., isteccate., che è dal fr. piquer.
Francesismo già notato dal Cherubini nel
suo diz. milanese.
Picctietto: \>QV piolo., paletto^ cavicchio.,
è il fr. piquet. Lo accoglie il Petrocchi :
« quei legnetti che si piantano in terra
per tener salde le tende de' campi », di
fatto è voce specialmente militare, come
è del linguaggio militare picchetto per
piccola guardia o drappello di soldati;
uffixiale di picchetto., cioè ufficiale della
guardia., che così si dovrebbe dire, ma
non si dice sì perchè nessuno intende-
rebbe in tale senso, sì perchè quando si
ricevono istituti dall'estero, è necessario
far buon viso alle parole straniere, e noi
togliemmo i nostri istituti militari dalla
Francia, anzi la Francia, prima con Na-
poleone, formò un esercito nazionale ita-
liano. I Picchetto è pure una nota specie
di giuoco con le carte: sempre dal fran-
cese. (Y. piquet).
Piccioletti ladruncoli bastardi: così
chiude, fi'emendo, il Carducci il 2*^ sonetto
della collana (Heupudor !) in Oiainbi ed
Epòdi, e vuole indicare i moderni ladri
del publico erario o i la(h-i in guanti gialli,
da l'aurea lente all'occhio (caramella),
concussionari, barattieri. V. Deplorato.,
Salvataggio., Succhione., Oportet ut scan-
data eveniant.
Piccioletto verso: dicesi in vario senso,
e si logge nel Carducci, Idillio Marem-
mano:
che sudar dietro al piccioletto verso!
meglio oprando oljiiar, senza indagarlo
questo enorme mister do l'universo!
Picciotto: voce napoletana che significa
persona di grado inferiore nella Camorra.
V. questa voce. Noi dialetto siciliano pie-
ciottu vale ragaxxo, giovane.
Picco: nel linguaggio marinaresco è il
mozzo pennone che si appoggia all'albero
e serve ad inferire la randa. Andare a
picco :z:z affondare. Dicosi anche andare
21
Pie
370 —
Pie
'per occhio. «A picco, spiega il Gugliel-
motti, vale a piombo, vertioalmente^ che
le cose appiccate cadono a perpendicolo,
quindi profondarsi a piombo nel mare ».
Picco per punta di monte erta, difficile
ad ascendere, in forma di guglia è notato
dai puristi (fr. pie)., e così è notato il detto
modo avverbiale a picco per a perpendi-
colo (fr. à pie) : l'uso sancisce tale voce,
registrata del resto in ogni lessico mo-
derno.
Piccolo : così è chiamato negli alberghi
e ne' caffè dell'Alta Italia il garzoncello
che fa il suo tirocinio aiutando e servendo
il cameriere. Questo vocabolo piccolo., in
tale senso, è usato anche in Germania.
Piccolo circuito: meglio corto circuito
(elettrotecnica) : vuol dire interposizione di
un conduttore di poca resistenza fra due
reofori : ne consegue riscaldamento ed in-
cendio. Ciò può avvenire tanto per causa
involontaria come per imperizia. L'incen-
dio della preziosa biblioteca di Torino
(1904) fu dovuto a tale causa. V. Corto
circuito.
Piclc-frean : noto termine inglese di pa-
sticcei'ia; e sono così detti certi biscottini
bianchi, chiusi in lattoni, di varie forme
geometriche, abilissimamente preparati con
farina e latte, così da resistere per grande
tempo e reggere alla più grande esporta-
zione. Non piccola fonte di lucro per quel
popolo industre!
Piclc-poclcet: parola inglese che vuol
dire alla lettera becca-tasche., cioè il no-
stro borsaiuolo o tagliaborse. La parola
pick-pocket è registrata nei dizionari fran-
cesi, ed i tagliaborse di Londra hanno
nominanza di veri artisti del genere. Con-
siderando però che questa comoda indu-
stria è anche italiana, e come destrezza
anche da noi non si canzona, così la voce
inglese deve ritenersi superflua, se pure
non è detta con riguardo ai borsaiuoli
stranieri .
Pictoribus atque poetis : ai pittori ed
ai poeti semjjre fu concessa una ragio-
nevole facoltà di osare ciò che piii loro
piacesse. Così Orazio nella sua Arie poe-
tica concede agli artisti libertà piena di
concezione: ma entro i limiti del vero e
del ragionevole.
Pidria: voce antica e ampiamente dia-
lettale, non registrata: vale imbuto e più
specialmente quel largo imbuto di legno
che s'usa pel vino e che toscanamente si
dice pévera. Pidrioeu, in milanese, pe-
driolo in Eomagna.
Pièce: parola francese dai molteplici
significati che in senso generico vuol dire
parte di un tutto : in italiano, pezzo. La
etimologia è incerta e difficile. Pièce in
francese si dice di ogni oggetto che forma
parte di un insieme, così pièces son dette
le stanze di un appartamento; pièce., un'o-
pera drammatica, musicale etc.
Pied-à-terre: alloggio in città o* luogo
ove non si dimora abitualmente, ma di
passaggio. Es. ho un pied-à-terre a Mi-
lano. Per erronea significazione udii dire
a Wiìsixio pied-à-terre., -^qy umile ^pedestre ^
gretto., detto di persona. In francese è
terre à terre : alter terre à terre =: faire
peu de progrès., avoir des vues peu éle-
vées. (V. Notes, Gonteur etc).
Piede: come misura inglese (footj vale
m. 0.3048. Come è noto, gli inglesi non
hanno ancora aderito al sistema metrico de-
cimale e conservano le loro antiche misure.
Piede di casa: l'economia domestica,
il treno di casa. Il senatore Giuseppe
Colombo trasportò questa locuzione lom-
barda al senso politico (1889) per indi-
care una politica di economia nazionale
e di spese conformi alla potenzialità ed ai
reali bisogni della nazione. La politica
del piede di casa, per gli oppositori volle
indicare una politica gretta e inadeguata
all'avvenire di una grande nazione.
Pierreries: dice francesemente talora
la gente mondana ed elegante invece del-
l'italiano, pietre preziose.
Pierrot: nome fr. (diminutivo di Pierre
= Pietro) di nota maschera ; abito e volto
candido; anima candida e maltrattata.
Di origine italiana. Comune travestimento
di carnevale.
Piétiner sur place: locuzione del gergo
francese : ne pas avancer^ _^jerc?re son
temps à des riens; non concluder nulla.
Pieliner (da pied) vale calpestare., muo-
vere i piedi., dunque fare come i guer-
rieri del palco scenico col lovo partiam !
partiam! e sono sempre lì.
Pie
— 371
Pio
Pietra: molte locuzioni proprie e figu-
rato sono fatte con questa parola : 'pietra
angolare o fondamentale = prima pietra
di un edificio, e con senso mistico e fi-
gurato, hase^ fondamento^ cfr. il motto
evangelico: tu sei Pietro e sopra questa
pietra edificherò la mia chiesa. S. Matteo,
XVI. Pietra filosofale: preteso segreto
degli alchimisti di trasformare i metalli
in oro. Dicesi fig. di cosa rara e preziosa,
anzi introvabile. Pietra dello scandalo.,
espressione figurata tolta dall'Evangelo
che vale, cagione di scandalo. Pietra
miliare, che segua il progresso nella via ;
■e fig. fatto 0 persona che segna il pro-
gresso umano. Prima pietra, quella che
collocasi con grande solennità nel luogo
ove deve sorgere alcun monumento o no-
bile edificio. Formansi locuzioni molte,
come : portar la sua pietra ad un edificio
ZZI cooperare ad una data impresa: met-
tere una pietra sul passato = seppellire
la memoria di un fatto, specie di fatto
triste per cominciar vita nova : getta/)' la
prima pietra zz accusar per primo. Cfr.
S. Giovanni, 8: Qui sine peccato est ve-
strum., primus in illam lapidem mit-
tat^ etc. Locuzioni, del resto, notate in
ogni buon lessico.
Pigiama: voce straniera della moda
maschile (credo anglo-indiana) : indica una
specie di corpetto con brache da portarsi,
giacendo o dormendo, dagli uomini : lo
stesso indumento, ma unito, in uso dalle
donne inglesi invece della camicia da
notte, è detto combination.
Pigliar con le mode (da): si pigliano
con le molle le coso sudice, e moralmente
si dice di persona abbietta e spregevole il
cui contatto profanerebbe. Locuzione fa-
miliare : dicesi anche di errori grossolani.
Pigliare una gatta da pelare, o a pe-
lare una gatta: accingersi ad impresa
penosa e che riuscirà a danno (antica lo-
cuzione familiare). V. Gatto.
Pigliar la lepre col carro: locuzione
nostra familiare: usare gran circospe-
vione., andare adagio., con prudenza.
Pigotta: in milanese vaio bambola^
pupa. Pigotta de Pranza., nel '700 e oltre,
ora detto il Figurino della moda: nel
dialetto Veneziano, piavola de Franxa.
Pii desideri: desideri che non escono
dallo stato di voto. Si dice ironicamente.
V. Fumagalli, op. cit.., Pia desideria.
Pilaf: specie di risotto, comunissimo
in Turchia, cotto di solito nel brodo di
castrato, a volte con entro del pollo.
Pilotare: dal fr. piloter., ingl. to pilot.,
far da pilota, guidare temporaneamente
un naviglio per passi, canali, porti diffi-
cili. Brutto neologismo giornalistico, pro-
babilmente effimero. Pilottare per noi è
l'ungere l'arrosto.
Pilsen: nome di una birra leggera friz-
zante e bionda, assai comune oggi in
Italia : prende nome dalla città di Pilsen
in Boemia ove si fabbrica.
Pimento: è il pepe di Gaienna: e l'una
e l'altra parola occorrono in senso tra-
slato e morale per indicare « eccitamento,
allettamento, stimolo afrodisiaco » .
Pimpant : del provenzale pimpar., pipar
= render elegante ; altri da pompant for-
ma corrotta da poìnpe = pompa : termine
familiare francese, detto di persona vestita
in modo ricercato e vistoso.
Pimperimpara (polvere di) : motto dei
giocolieri, con valore magico, quando
fanno loro arti di prestigio. Dicesi fa-
miliarmente e per scherno di rimedio
buono a nulla. In fr. poudre de perii m-
pinpin.
Pince-nez: fr., occhiali (a molla).
Ping-Pong: (vocabolo ingl. onomatopeico)
indica una specie di gioco di società che
assomiglia al Tennis (Pallacorda), ma si
gioca sopra una tavola, con piccole palio
di celluloide e piccole racchette o spatole
di legno (dette in inglese bats). Per le
regole di questo giuoco V. il manuale:
Ping-pong., by Arnold Parker., London
T. Fisher Unwin., 1902. Dicesi anche
Table- Tennis.
Piombo (cappa di): dicosi di msopjoor-
tabile peso morale. Dev'essere remini-
scenza delle orrende cappe di piombo cho
Danto pone agli ipocriti.
Pioniere: fr. pionnier \àiipìon„ piéton.,
in italiano pedono) operaio, soldato cho
apro il cammino; gtcastatoro corno boa
suggerisce il Kaufani. Ma oggi «pioniere»
forse per similitudini dei coloni olio avan-
zavano incivilondo o riducondo a coltura
Pio
— 372
Pir
le vergini terre d'America, vuol dire più
nobile cosa, cioè colui che audacemente
avanza, aprendo la via delle idee. Pio-
niere della civiltà ! frase fatta, locuzione
abusata! In buon italiano araldo^ antesi-
gnano.
Piovere sul bagnato: bella locuzione
nostra popolare, e dicesi quando a disgra-
zia si aggiunge disgrazia; male cade su
male, e minore diviene la resistenza del
sopportare e consolarsi.
Piovorno : antica parola rinnovata dal
Carducci in Miraìnar^ (Odi Barbare) e vi
nota : « mi tengo di aver rinnovato un bel
aggettivo dantesco del verso 91 del XXV
Purg., se non che io in vece di piorno vor-
rei poter leggere e senza esitazione scrivo
piovorno che è la forma integra, come
parmi d'aver sentito dire alcuna volta in
contado non so più se di Toscana o di
Eomagna. Aer piovorno vale pieno di
nuvoli acquosi, altro, insomma, da pio-
voso ».
Piovra : dal fr. pieuvre ^- etim. a polipo.
■Animali molluschi cefalopodi che vivono
nel mare e raggiungono talora proporzioni
enormi: forniti di grandi tentacoli con
ventose, con questi istrumenti si procac-
ciano il cibo. DÌQQSÌ piovra per estensione
figurata per significare persona o istituto
che strugge e assorbe inesorabilmente al-
trui. Vittore Hugo estese a tale senso la
parola pieuvre. In senso più mite e tenue
noi diremmo sanguisuga.^ mignatta., se
non che queste due voci hanno piuttosto
inclusa l'idea della seccatura che del vero
e grande danno. V. Succhione. Ancora :
pieuvre =f emine galante qui vide la ho arse
e la cervelle de ses adorateurs. Così nel
gergo francese e così pure piovra talora
presso di noi.
Pipa: genere di anfibi anuri del Brasile
e della Guaiana, simili a grossissimi rospi.
Pipare o far la pipa: nel dialetto mar-
chigiano e romanesco vale boccheggiare,
e si dice degli animali in fin di vita:
locuzione volgare dedotta manifestamente
dalla simiglianza che il muovere delle
labbra di chi muore ha con l'atto di chi
tira il fumo della pipa.
Pipelet: voce del gergo parigino, in
vece di portier, concierge. Deriva dal
nome di un goffo portinaio ne' «I Misteri di
Parigi» di E. Sue. Ha senso ingiurioso^
almeno così dicono i dizionari del gergo
(d'Argot). Da noi si usa talvolta per celia
in vece di portinaio. V. Concierge e Suisse.
Pipi: V. Appendice. (Nel Giambo A
proposito del processo Fadda il Carducci
in vece del verso che si
qualcosellina al sole
aveva scritto originariamente 'pipi o pi-
spolino).
Piqué: dal verbo fr._p«^g^*er ^punteggiare
0 picchiettare, è nome di una nota stoffa,
di cotone, formata di due tessuti : il su-
periore tramato a rombi o quadratini con
filo fine, e forma il dritto, l'altro con
filo grosso, e forma come l'imbottitura.
Adoperasi per sottogonne d'inverno, ba-
vaglini, sottovesti etc. Da noi scrivesi
anche piquet che in francese ha diverso-
senso : ma la libertà nostra di scrivere le
parole come più talenta, è assai grande.
Pique-nique : «merenda, colazione o sol-
lazzo » in cui ognuno paga la sua parte o-
porta qualcosa da mangiare. Vocabolo di
introduzione recente nella lingua francese,
11 dizionario dell'Accademia non lo regi-
stra che nell'edizione del 1740. iScrivesi
anche pie nic. In inglese è pick-nick. Il
motto pare di origine inglese, almena
stando alle più probabili etimologie, per
le quali cfr. lo Scheler. In italiano si dice
fare alla romana., quando ognuno paga
il suo, in toscana dicono a testa e borsa^
Vero è che pique-nique indica anche-
pranxo., refezione., il che non è delle lo-
cuzioni nostre, e come tutte le voci fran-
cesi 0 inglesi, include idea di mondanità.
0 di eleganza. Pique-nique udii dire in
vece di pick frean, errore dovuto alla
somiglianza dei due suoni.
Piquet: giuoco francese assai compli-
cato: si fa con 32 carte, cioè scartando-
i 2 e i 4. Si va a 100 o a 150 punti,
perciò in molti luoghi è detto Cento o
Ceniocinquanta.
Piramidale : detto per grandissimo a
per lo più in senso faceto, ricorda la voce^
di gergo fr. pyramidal = enorme., colos-
sal. V. Colossale.
Pirctiio e pircio : avaro., tirchio. Voce^
Pir
— 373
Pit
antiquata, viva però nei dialetti dell'Italia
centralo.
Pirelli : voce effimera del gergo lom-
bardo per indicare l'imbottitura di gomma
che talvolta usano le donne (da G. B.
Pirelli, introduttore in Italia della indu-
stria e della, tecnica della gomma).
Pirgopolinìce : è l'immortale spaccone
plautino, protagonista della commedia Mi-
les Oloriosus. Y. questa parola. Qui ag-
giungerò come alcuni dotti negano che il
Capitan Fracassa della Commedia d'arte
del 500 nostro sia una derivazione del-
l'antico Miles Gloriosus. Cosa difficile ad
affermare o negare. Certo il Capitan Fra-
cassa contiene altresì elementi di satira
contro la spavalderia spagnolesca e diventa
il bravo, il guappo^ il camorrista^ il Ru-
gantino romanesco.
Pirlare: verbo dialettale lombardo (pir-
la): torcere, rotare. V. Plillare.
Pirodraga: V. Draga.
Piròsi: termine medico per indicare il
bruciore di stomaco., da jtvQÓco i= brucio:
senzazione di bruciore che parte dall'epi-
gastrio e risale sino alla gola, accompa-
gnandosi, talora, ad eruzione di liquido
acido e bruciante. Sintomo di dispepsia.
Pirossilina: uno dei tanti nomi del
cotone fulminante (noto esplodente).
. Pirouette: fi'., non è infrequente, pur
essendovi la parola nostra piroletta.
PÌ8 alter (au)'. locuzione francese che
pare più elegante, in certo linguaggio,
delle nostre per mal che la vada., alla
peggio dei conti., alla più disperata etc.
Piscinina: voce del dialetto milanese,
piccina; e come piccolo vuole indicare il
garzoncello dei camerieri negli alberghi
e nelle trattorie, così piscinina è la aiu-
tante delle sarte e crestaie, la bambina
che fa le commissioni, porta le scatole,
compra lo colazioni allo operaie e adempie
ad altri piccoli e non sempre leciti ser-
vizi. E, insomma, la futura sartorella o
madamina, la crisalide in zoccoli, grem-
biule e testa scoperta. In francese, trottin.
Pissenlit: enfant qui pisse au Ut; pi-
sciotto., marmocckio., ma, come al solito,
la parola francese pare più garbata, pur
significando lo stesso.
Pista: il terreno battuto, destinato allo
corse, specialmente ciclistiche : neologi-
smo formato su la traduzione fonetica dal
francese piste., la qual parola in italiano
è pesta. Vale anche traccia., es. seguir
la pista.
Pistolotto : corruzione di epistola. Di-
cesi con senso di spregio di lettere, arti-
coli, scritto alcuno, specie di carattere
polemico, cui si voglia togliere o che vera-
mente non abbia alcun valore e non con-
tenga alcun efficace ragionamento. Pisto-
lotto., definiscono alcuni lessici per breve
scritto.
Pistone: è in ogni lessico, detto di
istrumenti musicali e della tromba del-
l'acqua: riferito a macchina in vece di
stantuffo, deve essere dal fr. o dall' ingl.
piston (dal lixt.p insere = pestare, pigiare).
Pitecàntropo: voce formata dal greco
mdrjKOg = scimmia e àvdQonos = uomo,
uomo-scimmia. Si intende dai naturalisti
per tale vocabolo, non gli uomini viventi,
ma un tipo che sarebbe scomparso e segnò
il passaggio evolutivo (filogenesi) fra l'an-
tropomorfo e l'uomo. V. Homo Sapiens.
Pitèco : nome generico di scimmia.^ gr.
mdrjuog lat. pithècium. Dotto titolo spre-
giativo, riferito a persona.
Pitocohetto 0 piattello: giuoco italiano
di ventura o d'azzardo, che si giucca in
quattro. Distribuite nove carte a testa,
ne rimangono quattro coperte. Per aver
queste, si rinuncia, con iscarto, a quattro
delle proprie e si offre a gara una somma
oltre la posta. Se le carte così composte
danno punti 35, (altrove 37) dello stesso
seme, si vince la somma che è sul piat-
tello, altrimenti l'otìi'erta perduta aumenta
l'intera somma che è nel piattello; onde
il nome.
Pitone: genero di serpenti di gran mole,
affini al boa, propri delle regioni torride.
Pittima: ottima voce italiana e dicesi
specialmente nel parlar familiare di per-
sona fastidiosa, noiosa, cacadubbi. Noto
questa parola perchè osservai che molti
la reputavano voce dialettale, quasi in-
degna del linguaggio letterario. È infatti
voce del dialetto lombardo, del dialetto
bolognese, petma, etc. Pittima proprìa-
mento ò una specie dì cmpiastro ondo
dioosi, di persona fastidiosa, pittima , come
Più
— 374
Pia
familiarmente dicesi empiastro. Gr. ènl-
•drjiua = ciò che è sopraposto. V. ciò che
è detto alla voce Schiampa.
Più meglio: « basterebbe, certo, meglio;
ma il popolo in meglio non ci sente più
tanto il senso comparativo. Così è: le pa-
role si logorano come le monete ». In tal
modo annota il Pascoli in una postilla in
Fior di fiore. Credo abbia torto non nello
spiegare, ma nel giustificare l'errore.
Più vero e maggiore: locuzione perle
più usata in senso beffardo, formatasi dai
versi del Carducci nella - forse - inop-
portuna Ode Alla figlia di F. Crispi.
Quando novello Procida
e più vero e migliore, innanzi e indietro
arava ei l'onda Sicula.
Alla figlia di F. Crispi.
Per la storia del motto, tanto era in quel
tempo (1895) l'odio e la fazione contro il
Crispi che, cosa incredibile, molti italiani
si ricordarono della grammatica e accu-
sarono il Poeta di un più maggiore o
pili m^igliore che fosse: da ciò — forse
— la popolarità del motto.
Più chiare e maggiori,
dice Dante parlando delle stelle. Purg.
XXVII, 90.
Pivello: voce lombarda ed emiliana
« tra noi modernissima che pare tratta
dal Puellus de' Latini » (Cherubini) : di-
cesi di giovincello pretensioso per petu-
lanza ed eleganza. In dialetto romanesco,
pivello --= ragazzino.
Pizza: nome volgare di una vivanda
napoletana popolarissima. Consiste la pizza
in una specie di sfoglia o stiacciata di fa-
rina lievitata moltissimo. Cosparsa di pomi-
doro, formaggio fresco, alici, etc, a pia-
cimento del cliente, mettesi al forno dove
gonfia e cuoce lì per lì. Se ne fanno an-
che di dolci e finissime. Anche in altre
parti dell'Italia GQnirsLÌQ pixxa è sinonimo
di torta, ma non dolce.
Pizzardone : voce romanesca, la guar-
dia di città (da pizzarda =: beccaccino :
allusione alla feluca in punta. Cfr. in
milanese eapellon^ dalla tuba già usata
dalle guardie municipali; la Oondoleta^
a Venezia; La si decida a Firenze).
Pizzicato : « modo di suonare uno stru-
mento a corde: queste vengono fatte vi-
brare col polpastrello della parte superiore
del dito. Odiernamente il vocabolo, sostan-
tivato, esprime pure un pezzo di musica ».
(A. Galli, op. cit.).
Pizzioarolo: voce romanesca: in toscana
pizzicagnolo. V. Salsamentario.
Pizzico magnifico (pagare a) : pagare
a riprese, a volontà del debitore e senza
norma di quantità e di data. Nel Veneto
dicesi a, pizego magnifico.
Pizzighino: specie di tresette in due.
V. Terzilio.
Pizzutelio: nome volgare di un'ottima
uva da tavola, di buccia consistente, di
polpa carnosa con acini lunghi. Il Lazio
ne è il maggior centro di produzione.
Placard: fr., affisso, tabella.
Piacer: parola americana, trasportata
nell'inglese, giacimento aurifero.
Placet: (si prega di non pronunciare)
placet essendo voce latina e non francese
= piace). È la accettazione da parte della
autorità civile del disposito della autorità
ecclesiastica alla collazione di un deter-
minato benefìcio (minore). Questo placet
(o regio placet) ha per effetto l'immissione
in possesso dei beni materiali inerenti al
beneficio stesso, necessari all'esercizio di
detto ufficio. È in altri termini ciò che
è Vexequatur.^ se non che questo è pei
maggiori benefici.
Placidi tramonti: V. 1 placidi tramonti.
Plafond: V. Plafone.
Plafone: con tal brutto suono talora in
Milano fanno italiana la voce dialettale
plafon, dal fr. plafond., derivato a sua
volta da plat e fond. È il soffitto o sop-
palco 0 stoiato fatto di cannucce intona-
cate di calce, che nell'architettura citta-
dina ha sostituito il lacunare e gli stucchi
delle antiche architetture regali.
Plagas (dire) : locuzione familiare : vale
dir m,ale^ inveire.^ etc. Cfr. dire vaca e
V. Raca.
Plaintif: per lagrimoso, lamentevole., è
voce francese abusivamente usata.
Planche: fr. tavoletta.
Plancia: dal fr. planche., basso latino
planca., inispagnuoloj^/awc^a. È voce usata
nel linguaggio delle caserme per indicare
Fassa dove i soldati depongono i loro ar-
nesi. Nel linguaggio dei giornali trovo spesso
plancia nel senso di polite delle navi.
Pia
375 —
Più
Plaqué: V. Doublé.
Plaquette: voce fr., di gergo, abusiva-
mente usata per opuscolo (petite brochure).
Plastron: ingl. e fr., dal basso lat.
plnstrum, it. piastra: dicesi nel linguaggio
della moda di quella forma di cravatta a
nodo fatto che ricopre lo sparato della ca-
micia e si usa specie d'inverno. Dicesi
anche degli abiti muliebri.
Platea : nel senso di piano delle fonda-
ììienta ove posano le fabbriche è voce
classica che il Petrocchi si affretta, come
suo costume, a collocare fuori dell'uso. Il
fatto è che è invece dell'uso. Certo que-
st'uso deve essere ai nostri tecnici pro-
venuto dall'imitazione del fr. platee. Sa-
rebbe ad ogni modo non nuovo caso di
belle parole nostre, richiamate in vita per
effetto casuale della somiglianza tra le due
lingue neo-latine.
Plateau: <( un plateau d'argento, un bel
plateali in regalo », dicesi nel ceto mon-
dano. La voce nostra è vassoio., o piatto.,
0 guantiera., o coppa.
Platitude: termine francese usato nel
linguaggio aristocratico per indicare ce
qui est plat dans les sentiments., cioè
volgarità, semplicità, sciattezza. V. Piatto.
Platonico: come attributo di voto, de-
siderio., vale lieve, parvente., privo di ogni
sforzo e intenzione di raggiungere la realtà.
Senso esteso di platonico = ideale.
Plaudite, oives! lat., applaudite., o cit-
tadini: clausola dell'antica commedia la-
tina. Dicesi estensivamente, spesso per
ironia.
Plètora: voce medica, dal gr. nÀrjdÓQì]
= abbondanza di umori e di sangue. Nel
senso traslato e figurato è neologismo :
probabilmente dal francese.
Pliant: in fr. vale che è agevole a pie-
garsi; qui est aisé à plier. Siège pliant o
sostantivamente pliant., è chiamato quello
sgabello formato di duo telai incrociati o
fissi per lo mezzo con una vite e tesi ad
una estremità da un rettan goletto di tela
su cui si siedo: in uso in villa, al mare,
su le tolde de' bastimenti. Trespolo,
capretta., iccase., brandina ; ma prevale il
francese pliant.
Plinto: lat. plinthus gr. nUvdos :-
mattone : il ])iano inferiore dello colonne,
de' pilastri : dado, zoccolo di forma qua-
dra: fr. plinthe.
Plissé: parlando di stoffe dicesi talvolta
così francesemente in vece di pieghettato
0 increspato. V. Manteau.
Plongeur: nome francese derivato dal
verbo plonger., immergere. Il pescatore di
perle o di corallo che si tuffa e dura sot-
t'acqua è plongeur; e così dicesi l'acro-
bata che salta a capo fitto dall'alto, su di
una rete. L'italiano ha tuffarsi e atttcf-
farsi; attuffatore lo si trova in qualche
lessico, ma certo non è dell'uso.
Plotone: (V. Pelottone) è una parte
della compagnia, comandata da un subal-
terno.
Plum-calce: nomo inglese di dolce: let-
teralmente/bp<^ccm di prugne fplum., lat.
prunum^ col cangiamento dell'r in l).
Plumeau : voce francese : « pennacchio
per ispolverare ».
Plum pudding : letteralmente bodino di
prugne., classico dolce inglese, specialmente
in onore per le agapi di Natale. E una
specie di bodino cotto a bagno-maria con
molte sorti di uva passa. Le prugne danno
il nome al dolce, ma non c'entrano.
Plump: voce tedesca che vuol dire goffo;
sembra rendere col suono un po' della
pesantezza e della mancanza di disinvol-
tura, teutonica.
Plus 9a change, plus o'est la mème
ohose: tale motto felice e amabilmente
assurdo riconosce per padre Alfonso Karr,
e per essere più nel vero, vuol essere
preceduto da due paroline : cu politiqut.
Cfr. A. Karr, En fumante Paris, Levy,
1861 pag. 54.
Plus valore: è il mchr Werth A\ Carlo
Marx, da' francesi tradotto in plus-valeur
e in Italia divenuto plus-\dXove^ avver-
tendo che quel plus non è voce latina
ma francese : almeno cosi è probabile. La
parola è difficile a spiegare. Secondo Carlo
Marx anche il lavoro è una merce ohe
nella e per l'umana società devo ossero
scambiata con altra merce di ugual valore.
Ora il capitale comperando il lavoro, lo
ricompensa in modo sproporzionato, cioè
inferiore, giacché obbliga il lavoratore a
lavorare uu tempo superiore a quello ohe
gli è neoossario per produrre la sua forza
Più
376
Pok
di lavoro, cioè i mezzi di sussistenza:
la diiferenza non pagata, cioè una parte
del valore prodotta dal lavoro che il ca-
pitalista gode, ma non paga, è il j)lus
valore. Per tal modo si spiegano dal Marx
gli enormi profitti ^el capitale. La teoria
marxista del plus valore presuppone il
concetto che il capitale sia lavoro passato
e perciò non deva fruttare ; e altri pre-
supposti difficilmente accettabili pur bi-
sogna fare. Non si dimentichi però che
il Marx volle con cotesta sua metafisica
filosofia combattere la tirannide capitalista
della grande industria, e che se il dogma-
tismo può essere falso, ciò non implica che
tutta la teoria sia falsa.
Pluteo: term. arch. ^qW^Jì. pluteus =
riparo, parapetto, spalliera. Yitruvio chia-
ma pluteus una specie di balaustra che
si collocava attraverso gli intercolonni dei
templi e serviva come suggesto pei libri o
piedestallo. Pluteo dicesi ora in taluni
casi di scaffale di biblioteca.
Pneumatico: sost., il noto rivestimento
di gomma delle ruote delle biciclette : (fr.
jmeumaiique., e abbreviato pneu).
Pneumocooco : o mierococcus Pasteuri;
il microbio agente patologico della polmo-
nite. V. Baeteri. Da jtvsvjiACàv rr polmone
e coccus., KÓKKOg =: uocciolo, granellino,
che tale, press' a poco, appare la forma
di questi baeteri.
Pochade: (propr. schizzo.^ abbozzo) è
parola fr., divenutaci comune per indi-
care quella nota specie di commedia o
farsa in più atti, dalle trovate inverosimili
e dal fondo scurrile, scettico, elegante:
delizia delle platee e corruzione, dicono,
dell'Arte. Ve ne sono, fra le moltissime
sciatte e plebee, di assai fini e felici per
paradossali buffonerie. Spesso la pochade
è, forse involontariamente, satira e rive-
lazione della morale utilitaria, borghese.
Podismo e podistico: duo neologismi
usati per indicare quella branca de' giuo-
chi ginnastici (sport) che consiste nel
camminare e far gare a chi più resiste
camminando, (gr. tiovs noòòg =. piede).
Brutti neologismi di diretta importazione
francese, podisme.^ podiste.
Poetae nascuntur, oratores fìunt: lat.,
si nasce poeta e si diviene oratore : Yieta
sentenza scolastica attribuita a Cicerone
0 a Quintiliano.
Poignant: participio del verbo fr. poin-
dre^ pungere.^ dunque pungente ; cioè stra-
ziante., doloroso., acuto, lacerante.
Poigne: nella locuzione A poigne. V.
a questo motto. Locuzione effimera.
Point d'argent, point de Suisse: la più
probabile origine della locuzione è che
essa sia stata pronunciata dagli Svizzeri
stessi quando si accomiatarono, non pagati,
da re Francesco I di Francia (1521). Come
è noto, al tempo della Einascita e neirevo
moderno gli svizzeri andavano a stipendio
militare. Il motto si ripete non tanto per
significare la venalità di quel popolo,
quanto nel senso che senza quattrini l'orbo
non canta, cioè che nulla si fa senza
denaro.
Pointer: letteralmente in inglese vuol
dire che punta., quindi cane da fermo:
sarebbe una specie di bastardo originario
dal vecchio cane inglese, incrociato col
volpino (fox-hound) ., ma perfetto ed omo-
geneo ; anzi « un monumento artistico di
valore inestimabile ». per via di selezione.
Così il Vecchio, con goffa iperbole, nel
suo manuale 11 Cane (Hoepli), pag. 159.
Point tournant: fr., epoca., punto ove
la storia — quasi a dire — svolta e co-
mincia nuovo tempo: « secol si rinnova ».
Ad as. il 5 Maggio 1789, il 20 Settem-
bre 1870.
Pois : questa innocente parolina è stata
per qualche tempo persecutrice di un a-
mico mio, il quale non era molto pratico
di francese e trovava nelle liste degli al-
berghi sempre questi pois e spesso petits
pois. Lo giudicava un piatto di gran va-
lore e specie quel petit lo metteva sull'at-
tenti e però se ne asteneva. Quando co-
nobbe che i pois non erano che dei piselli
e dei pisellini ne fu assai lieto, molto pia-
cendogli tale legume. | A pois chiamansi
nel linguaggio della moda quelle stoffe
che sono stampate con disegni a bollicine.
Poivre et sei: fr., pepe e sale., detto di
color grigio.
Poicer : vocabolo inglese usato per indi-
care un giuoco di carte che assomiglia al
goffo., genovese, in grande uso presso gli
americani, come il wist in Inghilterra.
Poi
— 377
Poi
Polarizzarsi : in senso morale (politico-
sociologico) vale come orientarsi^ conver-
gere di anime e coscienze ad un dato
punto, (come il polo è guida alle navi).
Brutto neologismo. Polarix>xare^ detto della
luce «significa ordinare le vibrazioni delle
particelle di etere lungo un raggio lumi-
noso per modo che tali vibrazioni si fac-
ciano normalmente col raggio tutte nella
stessa direzione » (Murani). Questa parola
ricorre con altri significati in elettricità
od in matematica.
Polarizzazione: l'atto del polarixxare.
Polemica: dal gr. jióÀejttos = guerra,
dicesi (e qualche decennio fa il vocabolo
era di grande uso) di contese per le stam-
pe, specialmente di carattere letterario.
Onde le voci polemista^ polemi^xare.
Polena: terni, mar., statua o busto, re-
lativo al nome del bastimento, che sporge
dall'estremità del tagliamare ; ovvero ador-
namento di scoltura nel luogo istesso.
Poli : gr. jTOÀvg = molto, prefisso usato
in composizione di gran numero di parole,
specialmente scientifiche, per indicare il
concetto della complessità e moltipli-
cità.
Poliambulanza: recente istituto sanita-
rio, specie nelle grandi città, in cui si
curano e si dà consalto delle varie ma-
lattie {noÀvg =1 molto) ambulatoriamente.
V. Ambulatorio. Voce ripresa dai puristi,
ma confermata dall'uso.
Poliandra: gr. jioÀvavògog = ehe ha
(o richiede) inulti uomini, detto di donna.
y. Appendice.
Policlinico: da jtoÀvg = molto e kàìvt)
= letto. Stabilimento destinato alla cura
delle malattie od all'insegnamento pratico
della medicina.
Poliedrico : fr. polyédrique^ dai molte-
plici aspetti, come un poliedro.
Poliedro: questo noto termine geome-
trico spesso è adoperato neologicamente
in senso morale per significare i vari
aspetti 0 le molte facce di una questiono
o di un fatto.
Poligrafare: trarre copio col poligrafo.
Poligrafo : por autore, scrittore che
tratta di vari argomenti sarà di buona
italianità, corto non è bello e ricorda ri-
dicolmonto quell'apparecchio di i)asta di
colla di pesce e di glicerina che serve a
trarre copia.
Polìmero: (da noXvg rj= molto e juegóg
= parte, quindi multiplo, molteplice) di-
cesi di « una sostanza che contiene gli
stessi componenti di un'altra sostanza ma
in quantità multipla: p. es. il glucosio (o
zucchero d'uva) è costituito da carbonio,
ossigeno e idrogeno come l'acido acetico,
ma nella sua molecola vi è il triplo di
ogni costituente. Così se la molecola del-
l'acido acetico contiene 2 atomi di car-
bonio, 2 di ossigeno e 4 di idrogeno, la
molecola del glucosio contiene 6 atomi di
carbonio, 6 di ossigeno e 12 di idrogeno.
Queste due sostanze polimero hanno le
stesse qualità di componenti (non la stessa
quantità) ed hanno proprietà fisiche e
chimiche differenti » (Molinari).
Polisarcia: dal gr. noÀùg = molto
oàQ^ =z carne. Sinonimo di obesità, che
è un'ipertrofia generale del tessuto adi-
poso, cioè una malattia. Avviso a quei
semplici che, vedendo alcuno pingue, se
ne congratulano come di salute floridissima!
Politela: V. Thalweg.
Politica della foglia di carciofo: locu-
zione storica. Carlo Emanuele III re di
Sardegna, successo al padre Vittorio Ame-
deo II (1730), seguì nella guerra inter-
europea della successione al trono di Po-
lonia le parti di Francia con la promessa
che al finire della guerra gli sarebbe toc-
cato il milanese. (Era un far conto su
la pelle dell'Austria, alla quale pei trat-
tati del 1713-1714, di Utrecht e Rastadt,
era toccata la Lombardia). Alla sua volta
l'Austria avea oiferto patti anche più
grassi per trarre dalla sua quel re, ma
questi era solito dire che T Italia era come
un carciofo di cui bisognava mangiare lo
foglie a una per volta, cioè che per allora
s'accontentava della Lombardia: detto che
rimase memorabile e che « dimostra come
già da tempo pensasse Casa Savoia alla
unificazione d'Italia » : così i monarchici.
Vero è che i republicani torcono la frase ad
altro senso maligno, e riferendosi al recento
regno di Vittorio Emanuele I[, alludono al
modo corno tutta la penisola cadde sotto
il dominio dei Savoia, un poco por volta.
Politica sporca: così chiama offioace-
Poi
378
Pom
mente il popolo gli artifici, le arti, le vili
premure, fatte manifestamente per ingra-
ziarsi altrui a proprio beneficio.
Polizìa del costumi: i provvedimenti
amministrativi contro la prostituzione, la
stampa oscena e simili.
Polka: danza rapida, in dupla di semi-
minime; suo ritmo: una semicroma in
levare, tre crome in battere, l' ultima
delle quali col punto. Questa nota danza
e musica di origine polacca, come dice
il nome, fu introdotta in Francia nella
prima metà del sec. XIX. Di lì, verosi-
milmente, in Italia. La scrittura polca^
quale trovo nei dizionari moderni, parmi
assai poco usata.
Pollice verso: lat., col pollice rove-
sciato, segno con cui nel circo romano si
negava dal publico grazia o mercè al
gladiatore ferito. La locuzione vive tut-
tora per significare in certi casi riprova-
zione, persecuzione, condanna.
Pollino: voce milanese, pollin, per tac-
chino^ V. Dindo. Il Cherubini op. cit.,
scrive : « Il Pollin è da noi detto così
pel verso che ei fa, e perchè imitando tal
verso lo chiamiamo a noi gridando: Poi
poi poi polì 0 poli poli, polì come «polì »
fa il tacchino giovane. È però vero che
molti anni sono l'ironia trasfonde vasi dal
volgo nella consimile voce allorché la
usava per celia a indicare tutt' altro uc-
cellacelo che non sia il tacchino », cioè
l'aquila bicipite della Casa d'Austria. Ma
il Cherubini stampava il suo bel Vocabo-
lario nel 1841 e la prudenza nelle parole
non era mai troppa. L'etimologia del Che-
rubini è assai dubbia, mentre soccorre
l'altra più semplice, pullus = il nato
giovine di ogni animale. Pollino, in ita-
liano, è il pidocchio dei polli.
Polo: giuoco derivato dalle colonie in-
glesi dell'India, diifuso in InghilteiTa,
Germania, America del Nord. Consiste in
una gara tra due squadre di cavalieri che,
montando cavalli a ciò addestrati, si con-
tendono una piccola palla con lunghi ba-
stoni a punta ricurva.
Polo-bicicletta: giuoco del polo fatto
con la bicicletta.
Polònio: si crede un elemento o nuovo
corpo radio attivo, non ancora isolato.
Scoperto e nominato Polonium in onoro
alla sua patria (la Polonia) dalla signora
Sklodowska Curie. V. Badium.
Pomino: nome di vino toscano (non di
vitigno, ma di luogo).
Pomo di Paride: il cherchez la femme
(V. La femme) ha il più. classico docu-
mento nella storia di questo famoso Pomo:
senz'osso non sarebbe avvenuta la guerra
di Troia, non la morte di Ettore, non il
sacro romano impero, non avrebbe can-
tato Omero, non Vergilio avrebbe dettato
V Eneide. Mi si permetta tale facezia. Ma
come è noto dalle antiche leggende elle-
niche, fa questo fatai pomo la cagione di
tanto male e di tanto bene. L'antropo-
morfo Zeus (Giove), non volendo per sue
buone ragioni di pace in famiglia decidere
la questione della bellezza tra Giunone,
Minerva e Venere, le mandò a farsi giu-
dicare dal pastorello Paride che pasturava
agnello sul monte Ida. Paride era figlio
del buon re Priamo, signore di Ilio (Troia).
Ciascuna delle tre dee cercò di accapar-
rarsi il voto del giovanetto con vaghe
promesse: la possanza, il genio offrirono
Giunone ePallade. Venere invoce promise
Elena, la bellissima, la figlia di Leda e
di Tindaro, la moglie dell'infelice Mene-
lao. E Paride non resistette e die il pomo
della bellezza a Venere onde le implaca-
bili ire delle dee offese, il ratto di Elena,
l'impresa di Troia e quel che seguì.
Pompa e pompare: per tromba e trom-
bare sono gallicismi sanciti ormai dall'uso
e registrati. V. Pompiere.
Pompadour (abito alla): cioè secondo
lo stile e la moda di questa regina delle
eleganze e delle grazie in Francia al tempo
di Luigi XV di cui fu favorita (Giovanna
Antonietta Poisson da Parigi, marchesa
di Pompadour, 1721-1764). NB. Il nome
di molte persone illustri, o storicamente
celebri, rimase spesso consegnato a vesti,
vivande, masserizie, etc. Vanità della vital
Pompiere: voce ormai accolta e neces-
saria per indicare le guardie del fuoco o
vigili. « In tempo del cessato Pegno d'I-
talia, spiega il Cherubini, op, cit., il no-
stro Municipio istituì una compagnia mi-
litare di 100 giovani destinati a spegnere
gli incendi, i quali furono denominati
Poni
379 —
Por
mappatori pompieri, dai ferri e dalle
trombe {pompes^ fr.) che adoperarono a
tal uopo ». Così ne vennero pur le voci
nuove pompa e pompare (fr. pompe e
pomper) invece di tromba e trombare.
Pompierata: faeexia volgare o bisticcio:,
dal pseudonimo il Pompiere di uno dei col-
laboratori del Fanfulla antico (quando si
stampava a Firenze). Voce effìmera del
gergo dei giornali.
Pompieristico: da pompiere. Es. gara
pompieristica. Voce abusiva ed effìmera:
documento però, con altre consimili, della
deplorevole libertà con cui si trattano da
noi le parole.
Pompon : nappa, nappina; così di fatti
si chiama nell'esercito quella pallottola
di lana sul sommo del caschetto. Ma,
come ornamento muliebre, prevale la voce
francese pompon.
Poncho: pronunciasi pondo, ed è voce
dell'America meridionale che signifìca una
foggia speciale di mantello tutto di un pezzo
con un'apertura nel mezzo per la testa.
G. Garibaldi trasse d'America in Italia
tale costume di vestito, e sol per ciò die
valore alla parola, e i diz. la registrano,
Poncio: V. Poncho.
Poney: nome inglese [pronuncia poni]
di una razza di cavalli a lungo pelo, assai
docili e di piccolo corpo, atti ad esser
guidati da giovanetti e da donne. Sono
originari di Scozia e d'Irlanda,
Ponte dell'asino: si dice di difficoltà
grande che si incontra ad un certo punto,
ma per gli inesperti soltanto ed i princi-
pianti. Questo ponte dell'asino sarebbe il
noto teorema di Pitagora, primo passo
difficile nello studio della geometria e che
può porgere criterio su la capacità dello
scolaro a proseguire in questa disciplina.
Secondo altri pons asinorom è nome dato
nel medio evo ad un diagramma illustra-
tivo dei termini di un sillogismo. In fr.
poni aux (Ines ha lo stesso senso ohe in
italiano e dal Gonin ò fatto derivare da
un'antica farsa (Littré). In tedesco Esels-
brucken indica la traduzione lettei-alo de'
classici por facilità degli scolari (Inertiae
adiumenturn). V. Bigino.
Ponte: noi ling. mar., indica ciascuno di
quei piani orizzontali in cui è divisolo scafo.
Pontificare: familiarmente si dice di
quelle persone, dette intellettuali, che as-
sumono abitualmente contegno e parole di
somma e dogmatica autorità e dignità, a
modo di Pontefici, Vale anche dominare
nelle idee, nei consigli. (N. B. Il valore
intrinseco non è necessaria condizione per
pontificare, anzi!) Pontificare anzi è in
tale senso tolta dal gergo francese, pon-
tifier rz: se donner des aires importants^
poser pour essayer d'en imposer.
Pontile : chiamano in alcune regioni
nostre quel ponte di asse che si getta
dalla calata al bordo delle navi o piroscafi
che approdano. Serve per l'imbarco e lo
sbarco. E voce buona, ommessa in molti
lessici.
Pontone: barca di fondo piatto con la
quale si gettano i ponti militari fr. ponton.
Pontoniere: per soldato addetto alla co-
struzione dei ponti, è dal fr, pontonnier.
Pope : scrittura fr, di parola russa, pop:
vale curalo, prete, e si dice familiarmente,
cioè parlandone in terza persona.
Popola : nel dialetto milanese vale ra-
gazza, fanciulla; come popò vale bam-
bino : cfr. il romanesco pupo (putelo,
putela, in veneziano) dal lat. piqìus, pic-
pulus.
Popolari (i): i fautori o ascritti ai così
dettìpartitipopolari. Cfr. questalocuzione.
Popolarizzare : neologismo frequentis-
simo e registrato, tolto dal francese po-
pulariser. La regina Margherita di Savoia
nella pietosa sua preghiera per l'ucciso
Re scrive al vescovo Bonomelli di rolga-
rizxare e non popolarixxare detta pre-
ghiera.
Poppiere: marinai-o di poppa, e dioesi
in particolare del rematore che voga ai
banco di poppa. Poppiero: attenente alla
parte della poppa, così : Faccia poppiera
della vela o dell'albero, Sistema velico
poppiero, etc.
Populus Romanus..., moritur et ridet:
il popolo romano. ... muore e ride. Sal-
viano. De Oub. Dei, lib. VU, o aggiunge:
et ideo in omnibus fere partibus mundi
risus nostros laeltrgniae consequuntur :
ao venit eiiant in prae senti super nos
illud Domini dicium: rae robis qui ri-
detis.^ quoniam flebitis.
Por
— 380
Por
Porchetta: così chiamano con voce vol-
gare nell'Italia centrale una speciale ma-
niera di ammanire il porco giovane, e
consiste nel cuocerlo per intero infisso ad
un palo, entro il forno con molte droghe e
finocchio. Vendesi entro madie, spesso al-
l'aperto. Cibo greve e appetitoso. Deve ri-
salire a costumanze culinarie antichissime.
Eicordo nella Gambalunghiana di Rimini
questa curiosa monografia : Porcus Tro-
janus^ 0 sia la Porchetta^ Cicalata ne le
nozze di Messer Carlo Ridolft con Ma-
donna Rosa Spina, Don Luigi Nardi,
Arimino ^ 1813.
Pornografìa : per scritto o staìnpa oscena
(fr. pornografie)^ non è voce registrata tra
gli usuali di2. italiani e se notata, non è nel
senso qui detto, ma nel senso meno comune
di trattato intorno alla 'prostituzione o di
tendenza a idealizzare le oscenità. Dal
gr. jTÒQvog = cinedo e yQàcpcù = scrivo,
tratto. Der. pornografico.
Porro unum est necessari um: lat., or
d'una cosa solo fa bisogno (cioè amare
il Signore Iddio e il prossimo, per essere
salvi) così Cristo in S. Luca X, 42. Ei-
petesi il motto con altro senso, e il Porro
unum acquistò forza di sostantivo per
indicare condizione indispensabile.
Porta: aggiunto di scala aerea, che si
arma e si adatta meccanicamente, pezzo
per pezzo, su di un carro speciale: così
detta dal nome dell' inventore Carlo Porta,
operaio milanese (da non confondere col
poeta omonimo).
Porta (la) : o la Sublime Porta sono i
nomi con cui in di]3lomazia è designata
la corte ed il governo del Sultano. Cfr.
SvQa = porta, corte (cfr. Anabasi.^ I).
Portafogli : dal portafogli usato dai mi-
nistri, la lingua francese estese il senso,
come è sua natura, sino a significare
V ufficio .1 la funzione^ la carica del 7ni-
nistro. Tale estensione è pure presso di
noi, onde ministro senza portafogli (mi-
nistre sans portefeuillej colui che fa parte
di un ministero senza aver funzioni am-
ministrative. Portafoglio è ritenuta grafia
meno buona, certo è più dell'uso.
Portale: per ^jor^o?ze, detto specialmente
in architettura delle porte monumentali
de' templi, è il fr. portail.
Portare i calzoni : V. Calzoni.
Portare il cappello su le ventitré: cioè
inclinato, come appunto è il sole su le
ore 23, nel tempo in cui si contavano le
ore dall'una alle ventiquattro, cominciando
dal tramonto.
Portare: per condurre è « alquanto »
(Eigutini) abusivo, pure d'uso comune e
familiare, e panni pedanteria condannarlo
se non forse in nobile scrittura. | TjO locu-
zioni portare a credere (per conduce^ rfà,
induce) portare a cognizione (per notifi-
care., far noto) sono riprese dai puristi. |
Portare deputato^ designare, presentare
come deputato.
Portar su gli scudi : fr. élever sur le
pavois^ antico costume dei Franchi di
innalzare il re eletto su di uno scudo o
pavese e così fargli fare il giro del campo
perchè il popolo in armi vedesse ed ap-
provasse.
Porte-enfant: voce foggiata alla fran-
cese e così comune che trapassò al dia-
letto : indica quel trapuntino, più o meno
adorno, che si ripiega a mo' di busta e
serve a reggere i neonati. Borsa., borsa
da bambino dice ancora taluno del popolo.
V. Oarde enfant.
Porter: nome dato ad una specie di
birra inglese, assai scura e forte.
Porteur: per indicare il portatore che
insieme alle guide aiuta a compiere le
ascensioni degli alti monti, leggo e odo
frequentemente usata la parola francese
in cambio della italiana.
Port-hole : ingl., il finestrino tondo delle
cabine dei bastimenti.
Portière: portiera., tenda., posta di so-
lito davanti ad una porta, o per riparo
dall'aria o per bellezza. Voce francese
usata abusivamente.
Portina: voce dialettale milanese, vale
battente dell' uscio.
Portland: varietà di cemento naturale
inglese ; nome dato poi a cemento artifi-
ciale di uguale composizione.
Porto (vino di): 'vino di Op orto: nota
specie di vino di lusso portoghese, spe-
cialmente alcoolizzato per la esportazione.
Porto d'arme: fr. port d'arane: cioè la
facoltà del poter portar armi, che i magi-
strati concedono a chi ne fa debita ri-
Pos
381
Pot
chiesta: tale locuzione sarà calcata sul
port'arme, francese : vero è che di cotesto
porto ^er portatura, ì\ portare, che spiaco
al Pantani, non manca di ottimi esempi
classici.
Posa 0 posare: per aria^ darsi aria,
dell'aria sono voci riprese dai puristi
come gallicismi fposer figuratamente vale
se lenir dans une attitude trop étudiée) :
Posare una questione^ per proporla è
puro schietto modo francese.
Poseur: propr. colui che inette in posa
ed è parola francese per indicare persona
affettata nel parlare e nel comportarsi.
Positivismo: nome con nuovo senso
dato da Augusto Comte (17'j8-1856) alla
propria filosofia, la quale si fonda sul
metodo e sul risultato delle scienze posi-
tive e sperimentali, matematica, astrono-
mia, fisica, chimica, biologia, sociologia,
non tenendo conto delle speculazioni me-
tafisiche. Più largamente dicesi di ogni
filosofia la quale non ammette alcun prin-
cipio se non rigorosamente dimostrato e
fondato sui fatti. Nel senso popolare po-
sitivismo e positivista si dice di persona
che cura anzi tutto l'affare, e in ogni cal-
colo e ogni operazione ha per obbietto il
lucro, né si lascia indurre da idealità o
sentimenti. Uomo positivo per sodo^ as-
sennato, prudente, che sta al reale ed al
fatto, spiace ai puristi, ma è una logica
estensione del senso filosofico, e d'altronde
la parola è nostra ed antica: positivo,
da porre =. certo, reale, sicuro.
Posizione: nel linguaggio commerciale
vale inserto, pratica, fascicolo, incarta-
mento riguardante un affare od una per-
sona. V. Incartaìnento e Dossier. Voce
ripresa dai puristi.
Possibilista : nel linguaggio politico
suona come opposto ad utopista, e si dice
di chi si preoccupa sopratutto della pos-
sibilità di mettere in atto corte riforme.
Postaio: voce vernacola milanese (po-
stèe) : rivendugliolo di coso mangerecce.
Posteggiatore: suonatore ambulante di
mandolini, chitarre, tromboni, otc. Così
noi dialetto di Napoli, ove di cotesta
gente è copia più che grande e ove il
genio del canto e del suono è connaturato
nel popolo, tanto che esso valso più di
ogni altra gente italiana a persuadere
agli stranieri che italiano e cantarino
siano la cosa istessa.
Postergare : posporre, mettere dojm (dal
lat. post e tergum) nel linguaggio notarile
e degli uffici. Es. postergare tm' ipo-
teca.
Post factum lauda: lat. aspetta a lo-
dare, cioè : loda una cosa dopo averne
visti gli effetti.
Post factum nullum consilium: lat.,
« cosa fatta capo ha », cioè « compiuta
una cosa, è inutile tornarvi su : ciò
che è. è ».
Post fata resurgam: lat., «risorgerò
dopo i fati ». Uno dei molti motti della
Fenice.
Post hoc, ergo propter hoc : lat. dopo
ciò, dunque a cagione di ciò, noto so-
fisma, ripetuto spesso dagli antichi sco-
lastici per designare l'errore di coloro cho
considerano come causa un fatto che non
ha nessun rapporto causale, ma soltanto
di precedenza di tempo. Qualche volta
però si dice sul serio e non sempre il
sofisma è ragionamento fallace.
Post nùbila Phoebus: lat., dopo le
nubi (la pioggia), il sole. Dicesi figura-
tamente.
Post prandium stabis, post coenam am-
bulabis : aforismo della scuola medica
Salernitana: dopo il pranxo riposerai.,
dopo la cena passeggerai.
Posto di blocco: V. Blocco q Sistema
di blocco.
Post prandium: lat., dopo il pranxo.,
il tempo lieto che sussegue a lauto ban-
chetto.
Pot-au-feu: fr., nome di vivanda: lesso
con verdura e legumi.
Potage: il potage de' francesi, come
dice il nomo stesso (da potare, lat. beì'e).,
non risponde se non in parto alla nostra
minestra. Certo pei francesi il potage è
la base del pranzo come da noi la mine-
stra e senza di essa non sembrerebbe di
pranzare. La differenza sta in ciò che per
noi la minestra è abbondante, densa di
riso 0 di pasta con uova e di legumi:
può diventare anche minestrone, e per
molto famiglie il desinare è tutta mine-
stra. Nella cucina francese è un brodo
Pot
— 382 —
Pou
leggero, anche se consommé^ con varia
arte condito di carni e rare verdure. Lo
Scappi (op. cit.) in tal senso usa la voce
brodetto.
Potea, non volle, or che vorrla, non
puote : verso sentenzioso del Clasio, Fa-
vole., I due Susini., rimasto popolare.
Potenza (ennesima) : dicesi in modo
familiare e comune per grado filassimo.,
cosagrandissima. Es. elevare all'ennesima
potenza : locuzione tolta dalle matema-
tiche, nella quale scienza la lettera n è
usata per indicare un numero intero non
determinato.
Potenziale : « (sostantivo) : voce di elet-
trologia. Potenziale elettrico (o magnetico)
di un punto è l'espressione del lavoro
occorrente a trasportare, da quel punto,
a distanza infinita l'unità di quantità di
elettricità (o di magnetismo) vincendo la
resistenza delle forze elettriche o magne-
tiche. (Aggettivo) : voce di meccanica,
a) Lavoro potenmale o lavoro disponibile,
0 quantità di energia che può raccogliersi
per la condizione di un corpo quando
questo è soggetto di foize che tendono a
produrvi un dato effetto, mentre questo
viene impedito — come può dirsi di una
molla in istato di compi-essione, di un
peso impedito da una fune di cadere, del
vapore chiuso in una caldaia, h) Funzione
potenziale: nella teorica della gravita-
zione universale è, ammessa vera la legge
neutoniana, l'integrale, esteso ai limiti del
corpo attraente, del prodotto dell'elemento
della sua massa per l'inversa della di-
stanza di esso dal punto attratto. » (F.
Grassi).
Potere discrezionale : Y. Discrezionale.
Potere irresponsabile: Y. Irresponsa-
bile.
Potin : voce del gergo familiare e popo-
lare francese che vuol dire baccano., ca-
gnara., pettegolezzo.
Pot pourri: piatto di varie carni con-
dite e cotte, anzi sfatte (pourir) con vari
legumi, ed è versione dello spagnuolo
olla podrida. Figuratamente si dice di
ogni composizione, specie letteraria, senza
ordine, senza criterio di scelta, e senza
gusto. Musicalmente pot pourri v .de un
pezzo strumentale composto di motivi di
una 0 di parecchie opere, od anche di
temi di valzer., di marcie, di canzoni.,
etc. E una scelta di motivi favoriti.
Pouf: voce onomatopeica che indica il
rumore d'un corpo che cade. Questa pa-
rola francese ci è comune per indicare
un sedile in forma di cuscino, ovvero un
divano rotondo con una spalliera a ci-
lindro nel mezzo. Era usato il pouf per
indicare quella gabbietta di balena con
cui le signore ampliavano, secondo la moda
d'anni fa, certe parti più notevoli del loro
corpo; ed è tuttora in uso popolarmente
in qualche nostra regione nell'espressione
far puf^er dire andar via senza pagare.
Fair e pouf =^ quitter son logement sans
payer., locuzione di gergo.
Poule: così alla francese, più di sovente
che con la pai'ola italiana gara, si chiama
quel giuoco del domino o del biliardo in
cui ogni giocatore sborsa una quota sta-
bilita e la somma va al vincitore.
Pound : è la libbra inglese del peso
di 453 grammi. E detta pound anche la
sterlina = 20 scellini, L. 25 di nostra
moneta.
Pourboire : fr. mancia, e se vuoisi
un'altra voce esattissimamente uguale a
pourboire, ma non è dell'uso, abbiamo
propina che è di squisita fattura classica
[jrQomvco e in latino, propino]. NB. Forse
è per delicato riguardo a tale origine clas-
sica che questa voce è riserbata per indi-
care quelle prebende che si prelevano su
le tasse d'esame e si danno liberalmente
ai professori per le fatiche dell'esaminare.
Di solito, la propina serve non a bere,
secondo etimologia, ma a mangiare.
Pour cause : modo francese comune,
specie nel gergo dei giornali, a cui ri-^
sponde il nostro, c'è la sua buona ra-
gione, c'è il suo perchè. Es. « Non l'ho
fatto, e pour cause». Come in altri simili
casi il motto francese sembra avere spe-^
ciale e più spirituale senso.
Pour la bonne bouche: fr., letteral-
mente significa serbare per ultimo il boc-
cone migliore affinchè dia sapore alla
bocca, e per estensione, la cosa più bella
e gradita dirla per ultima : spesso il motto
è usato in senso ironico. Cfr. il motto
latino dulcis in fundo.
l*ou
383
Pre
Pour le roi de Prusse (lavorare) : cioè
per un ingrato, senza alcun lucro, per
la gloria. Per l'origine storica del motto,
V. Fumagalli (op. cit.) : Il a travaillé
poiir le roi de Prusse.
Pourparler: infinito sostantivato, dal-
l'antico verbo francese por parler (da pour
€i parler), nel senso di abboccamento, con-
ferei, a, preliminari, accordi, trattative.
Poutrelie : per trave, asta, sbarra, di
ferro (a doppio T solitamente), specie oggi
che le costruzioni murarie si fanno mercè
il ferro, è voce comunissima fra i tecnici.
E il francese poutrelie, diminutivo di pou-
ire, basso latino j9w/^e^r2*m == trave squa-
drata : leggesi tradotta in putrella.
Poverazza : o peveraz^ia, è il nome
dialettale della Venus Gallina, mollu-
sco bivalve col guscio di fuori ruvido e
cinero, entro bianco e lucido : il mollu-
sco quivi contenuto è di forte saper di
mare. Se ne fa gran pesca in inverno lun-
go il lido adriatico : cibo più greve e rozzo
dell'altro bivalve, tellina o calcinello. Il
Tommaseo spiega erroneamente poverazza,
specie di grossa chioccia. Il Mattioli nel
suo diz. romagnuolo, Imola, Galeali, 1879,
cita un esempio del Dati: « Un gonzo
essendo a un cojivito di magro dov'era
una minestra di telline e di poveracce.,
della qual non avea mai più mangiato,
ne prese egli in bocca una gran cucchia-
iata, né potendo ingoiarla né masticarla,
badava a quel che facevano li altri ». Y.
Pettine e Pecten.
Pozzo di S. Patrizio: cioè senza fondo,
dove tutto si inabissa e si perde : locu-
zione familiare e popolare, dedotta dalla
antica leggenda del secolo VI che rac-
conta come S. Patrizio per convincere gli
Irlandesi, aprì una miracolosa caverna o
pozzo che menava all'altro mondo. Leg-
genda dal Purgatorio di S. Patrizio.
Praesente cadavere: lat., presente il
cadavere, locuzione usata in vario senso
e dedotta dal rito dello successioni de'
Pontefici, nelle quali il cardinale Ca-
merlengo logge il testamento del Papa
defunto, praesente cadavere.
Praesumptio juris et de iure e juris
tantum: queste duo formulo vengono dal
diritto romano e si mantengono vive nel
linguaggio foiense. La praesumptio iuris
et de iure è quella che, data dalla legge,
si ritiene per sua natura incontrastabile
e non ammette prova in contrario. La
praesumptio juris tantum si deduce pa-
rimenti dalla legge, ma ammette prova
in contrario. La nostra legge definisce
così le presunzioni : le conseguenze che
la legge ed il giudice deducono da un
fatto noto per risalire ad un fatto ignoto.
Pràgnanter: V. Pregnante.
Praline: chiamano i francesi la man-
dorla tostata nello zucchero. La etimolo-
gia del nome sembra essere da cotal Pralin
0 Praslin, cantiniere del maresciallo Du-
plessis, che per primo preparò in tal modo
le mandorle. Così il Menage, accolto dal
Littré e dallo Scheler. Ho inteso a Milano
tradurre volgarmente la locuzione francese
con mandorle alla perlina (!).
Pratica: prender pratica o aver pra-
tica significa, nel linguaggio marinaresco,
prender od aver licenza dall'autorità ma-
rittima locale quando si giunge in porto,
di poter comunicare cogli abitanti del
luogo e con la terra, cioè di sbarcare, dopo
essersi però assoggettati alle visite sani-
tarie e doganali.
Praticare: per fare, ricorda ai puristi
il fr. pratiquer = faire: pratiquer un
trou, une ouverture.^ un cheynin. Eppure
(forza dell'uso Ij ecco un esempio di sti-
lista fin troppo insigne, e buon conoscitore
della lingua nostra, il d'Annunzio:
Quattro di bosso ei fecemi cannelle
ineguali, e assai bene le polì.
La più corta alla spalla m'inserì
e strinse con cerate funicelle.
In bocca tre l'artiere me Jie messe,
runa pivi lunga, l'altre due minori ;
nella più lunga numerosi fòri
praticò, cho diverso voci desse.
Preadamitico: lett., anteriore ad Adamo:
voce iperbolica per significare familiar-
mente cose non moderne : dicesi speciul-
mento di oggetti e arnesi meccanici.
Precedente : con forza di sostantivo por
vita 0 fatti precedenti o antefatti, è tolto
dal fr. précédent, ed è voce usata specie
in politica 0 nel linguaggio giudiziario.
Spiaco ai puristi : ma l'uso non ne sa-
prebbe faro a mono ancho nel linguaggio
comune.
Pre
384
Pie
Precisare : per determinare, esporre^
spiegarsi bene, è tal e quale il préciser
francese (Eigutini). Verbo sancito dall'uso
e registrato nei dizionari recenti.
Prefettizia: V. Redingote e Vestito.
Prefisso: V. Suffisso.
Pregiudiziale : si dice di eccezione che
procede il giudizio di merito o anche
d'ordine. Così nel linguaggio forense. Nel
linguaggio parlamentare si dice, analoga-
mente, di eccezione che precede la dis-
cussione del merito. Opporre la pre-
giudiziale significa appunto opporre ec-
cezioni tali che valgono a indurre il
magistrato o l'assemblea a non occuparsi
del merito, a rimandarne la trattazione
senza esame.
Pregnante: in retorica è voce tolta dal
tedesco (prdgnant), ancorché di origine
nostra (cfr. pregno). È aggettivo attribu-
tivo di frase., parola., e simili, quando
esse contengono oltre al loro proprio si-
gnificato, un secondo senso, dedotto dal
primo : non è estensione o derivazione di
senso, ma densità di significato, quasi pa-
rola pregna di più sensi.
Preludio: «prefazione str.umentale pre-
posta all'opera in musica, genere inau-
gurato verso la metà del secolo XIX.
Wagner ha quello del Tristano ed Isotta.,
che è di bellezza incomparabile. E la sin-
tesi psicologica dell'opera. Yi ha pure il
preludio classico, che è una introduzione
alle Fughe. » (A. Galli, op. cit).
Première: voce francese, la prima., quasi
esclusivamente usata per indicare la prima
recita di un dramma o d'un' opera. Cosi
dicesi : « Il tale non manca mai alle pre-
mières : c'èra gente come ad una pre-
onière ». In Italiano, prima rappresen-
tazione.
Prender cappello: V. Capello.
Prender due colombi ad una fava:
nota locuzione nostra che vale come fare
un viaggio e due servizi., raggiungere,
cioè, due intenti con una sola opera-
zione.
Prendere il toro per le corna: affron-
tare risolutamente una questione.
Prendere in giro: V. Qiro.
Prender posizione: (intendi, di com-
battimento) locuzione dal linguaggio mi-
litare estesa a quello politico : disporsi
alla lotta.
Prender un bagno: modo ripreso dai
puristi per fare un bagno., bagnarsi.
Locuzione conforme alle lingue straniere.
Prerafaellita o pre rafael lista: nome as-
sunto dei seguaci di quella sòuola pittorica
ed estetica fondata in Inghilterra (1847-49,
da Dante Gabriele Rossetti, Millais, Holman
Hunt, Pre-raphaeliteBrother, hood) con in-
tento di ritornare in pittura alla purità ed
alla semplicità dell'arte italiana prima di
Raffaello e così con rinnovata arte e tecnica
produrre moderne e profonde espressioni
di sentimento. La parola è inglese : prera-
phaelite e v' è anche l' astratto preraphae-
litisme. Questo movimento artistico si
estese alla poesia ed alla letteratura.
Presenza di spirito: gallicismo ripreso
da' puristi per presenza d'animo., ]jron-
tezza d'animo. Locuzione, però, confer-
mata dall'uso.
Presenziare: per essere presente., assi-
stere è « brutto neologismo » (Rigutini).
Non è però dal francese. Lo accoglie il
Petrocchi, notando non popolare.
Preservativi : Y. Appendice.
Pressa : per macchina che imprime è
dal fr. presse (da presser., latino pressare.
frequentativo di premere = premere,
calcarei. Estendendo, con l'elasticità che
ha quella lingua, ponesse poi indica la
stampa., il giornalismo etc. L'italiano
classico ha le voci pressa = calca, pres-
sare = incalzare {far la prescia o la
pressa., aver prescia., è modo vivo nel
popolo per far fretta) dalla stessa origine
latina. (Cfr. Dante, Purg.^ YI, 8: a
cui porge la man piii non fa pressa).
Bi potranno condannare come gallicismi
pressa — macchina, pressante = urgente?
Presse-papier: in ìtaììsino ferma carte.
Eppure è d'uso non raro la voce fran-
cese !
Pressione : nella locuzione far pres-
sione, è uno dei tanti neologismi traslati
dal senso fisico al senso morale per for-
zare^ violentare. E gallicismo come di-
cono i puristi? Se ne può dubitare con-
siderando la generale tendenza odierna del
volgere a senso morale le voci scienti-
fiche.
Pre
— 385
Pri
Prestazione: dicesi nel linguaggio bu-
rocratico dei commercianti di tutti quei
servigi personali che rivestono un carat-
tere intellettuale, non manuale.
Prestidigitatoree prestidigitazione: sem-
brano al volgo voci più . elette di presti-
giatore e giuochi di prestigio o giuoco
dei bussolotti: Dal fr. prestidigitateur e
prestidigifatioti.
Prestigio: vale in italiano il prestigio/re^
cioè fattucchieria^ fascino. Nel senso di
« forza, influenza abbagliante » come re-
gistra il Petrocchi, è voce neologica tolta
dai francesi è usata in ispeciali locuzioni
come il prestigio della autorità, togliere
ogni prestigio: voce ignobile, traslata a
senso nobile in modo diffoi-me all'indole
della nostra favella (Rigutini).
Prestinaio: V. Prestino.
Prestino: termine dialettale lombardo,
prestin = forno, di buona origine latina
pistrinum. Prestinaio = fornaio (pre-
stinèe). Prestin è voce ricordata dal
Manzoni ne' Promessi Sposi.
Pretaglia: spregiativo di preti, fr. pré-
traille.
Preterintenzionalità: dal lat. praeter
= al di là e l'astratto di inten%ione:
voce usata dai legali per indicare un ele-
ìuento morale per cui, solitamente, è di-
minuita la responsabilità del delitto (esso
sortì un effetto che non era nell'intenzione).
Pretestare: neol. addurre a pretesto^
come giustificazione o ragione. Dal fr,
prétexter.
Pretoriani : propriamente le milizie del
Pretorio, che formavano una speciale
guardia del corpo, istituita da Augusto :
divenne importantissima, violenta, faziosa,
talora arbitra dell'impero. Adoperasi oggi
questa voce storica in senso spregiativo
di «satellite, seguace, partigiano », presso
a poco come giannizzero.
Prevenire: por dare avviso, informare
« è scorrettissimo » (Rigutini). Prevenire
vale avvisare anticipatamente. Questo
prevenire per avvisare si dico con spe-
ciale significato di nimicizia o di minaccia.
Preventivare: voce del linguaggio am-
ministrativo, notata come non buona dai
puristi por sta?ixiare, stabilire., derivata
da «preventivo» : accolta noi diz. recenti.
A. Pan/ini, Supplemento ai Dixioìiari italiani.
Preventivo: sost., invece della voce
italiana bilancio o tavola di previsione
(quanto si stanzia o stabilisce di spesa)
è voce del linguaggio amministrativo, ve-
nutaci di Francia (préventif) al tempo
del Regno Italico. Spiace ai puristi e per
la provenienza e per il fatto illogico che
nulla previene. Ma la logica dell'uso e
della conquista è più forte di quella de'
grammatici. Del resto anche misure pre-
ventive^ carcere preventivo^ censura pre-
ventiva etc. sono del pari locuzioni fog-
giate sul modo francese.
Prevenuto: per accusato., imputato di
un delitto, è il fr. prévenu. « Sconcio gal-
licismo » (Rigutini).
Prevenzione: per preoccupazione., cioè
disposizione favorevole o contraria prima
del giudizio, spiace ai puristi, e così il
part. prevenuto. Fr. prévention, prévenu.
Ma non solo l'uso antico sancisce queste
parole, ma preoccupazione suole usarsi
in senso alquanto diverso.
Previo : lat. praévius da prae e via ==
che precede, che va innanzi, previo, ha
buoni esempi sin dal primo Seicento. Vero
è che oggi questo previo è usato più che
come agg., con valore assoluto, previo
esame., previo avviso, nel linguaggio de-
gli uffici in ispecie. « La natura di questa
voce non è tale, che possa permettere si
fatto uso » (Rigutini).
Priapismo: Y. Appendice.
Prillare: girare attorno .^ dare il giro.,
specialmente detto del filo o simili : antico
verbo, vivo nei vernacoli. In lombardo,
con metatesi, pirlarc (pirla).
Prima caritas incipit ab ego: lat. il
primo amore coìnincia da me., dicesi a
giusta spiegazione o affermazione di egoi-
smo, dove l'egoismo risulta dal deliberato
errore ab ego invece che a me.
Prima digestio fit in ore -.la prima dige-
stione si con/pie in bocca per azione
della saliva e dei denti. Si suolo dire con-
sigliando altrui a mangiare adagio e calmo.
Antico aforismo modico, altrettanto vero
secondo fisiologia (luanto poco mosso in
pratica.
Primario : nella locuzione scuole pri-
marie |)(u- scuole 0 istruzione elementare,
è locuzioiK^ tolta dal francese école e m-
26
Fri
386 —
Pro
struction ijrimaire. Per quanto l'uso san-
cisca sì fatta voce, non è men ragionevole
l'osservazione de' puristi che egli è uno
sconvolgere il senso nostro di 'primario
= eccelso, alto.
Primati: (lat. primus) ted. Primaten^
fr. e ingl. primates: il primo e più alto
ordine dei mammiferi, dalle scimmie al-
l'uomo incluso.
Primavera sacra: V. Ver sacrum.
Primipara: dal latino prima e parere
=: partorire : donna che partorisce per la
prima volta. Primaiola, sarà egregia voce
toscana, certo è meno dell'uso.
Primo avulso, non deficit alter : (Eneide^
VI. 143) : strappato il primo^ vien fuori
il secondo^ cioè ce n'è gran copia, e si
dice in mal senso figurato e con ironia.
Yergilio parla di vero ramo, sacro a
Proserpi na.
Primum vìvere deinde philosophari :
lat., prima vivere (cioè pensare alle ne-
cessità della vita) e poi filosofare (cioè
alla metafisica della vita).
Primus Inter pares: lat., pri^no fra gli
uguali: motto riferentesi a differenza di
grado, gerarchico, non di dignità o di
casta.
Principiis òbsta: opponiti ai principi^
cioè vedi di non cominciare^ perchè tardi
si appresta il rimedio quando i mali^
per lasciarli fare^ hanno preso forxa.
Bella sentenza di Ovidio {Bem. Amoris^
91, 92) divenuta, da antico, frase fatta negli
ammaestramenti morali e pedagogici.
Principio edonistico: V. Edonismo.
Qui si aggiunge che, secondo gli ultimi
e più raffinati coltivatori di questa filosofia,
essa sarebbe una specie di aroma estetico
che deve penetrare la vita e le operazioni
dell'uomo; perciò arte edonistica od ede-
nica è una sapiente disciplina per cui
cerchiamo di assaporare, il meglio ed il
più profondamente possibile, le gioie. Tipi
nell'arte, taluni eroi di romanzi francesi ;
presso di noi ad es. lo Sperelli nel ro-
manzo il Piacere del d'Annunzio. Il prin-
cipio edonistico è la norma per raggiun-
gere questo fine : per es. ritmo dei piaceri
affinchè nel periodo di tregua si riacquisti
energia per godere di nuovo. NB. Occor-
rono a tale fine cinquantamila lire, almeno,
di rendita, buon gusto e parecchio egoi-
smo. Filosofia che è specchio dei tempi:
ideale della civiltà borghese e scettica.
Privatista : scolaro che proviene dall'in-
segnamento paterno, che ha studiato pri-
vatamente.
Privazione: per disagio^ eure^ fatiche,
patimenti etc, senza il compimento della
cosa di cui uno si priva, è notato come
gallicismo. Voce consacrata dall'uso.
Pro: è notevole Fuso e l'abuso recente
di questa preposizione latina (in favore^
in difesa) ne' più svariati significati e
ad ogni occasione : prò patria^ prò monti-
bus^ prò deficienti^ prò scola ^ prò Ar-
menia etc. A quando |?ro lingua italiana^
Pro aris et focis: in difesa degli al-
tari e dei focolari (Cicerone, Pro Roscio
Amer.^ cap. V). Il motto ripetesi per le-
gittimare alcuna giusta e disperata guerra.
Probatorio: latinismo usato nel lin-
guaggio giuridico, da prohare^ provare :
attributo di tutto ciò che ha attinenze
con le prove in una data causa; quindi,
argomento^ sistema^ m,e%zo^ elemento pro-
batorio.
Probitas laudatur et alget: stupendo
motto, riferito all'umanista Flavio Biondo:
la onestà è lodata^ ma basisce dal freddo!
Cfr. Homo bonus semper tiro est.
Probiviri : sono una specie di amiche-
voli compositori, chiamati a dirimere spe-
cialmente le questioni fra capitale e lavoro.
Problematico: per incerto^ dubbio è
notato dai puristi, come gallicismo : j9ro-
blématique = douteux^ equivoque. Voce
confermata dall'uso.
Pro captu lectoris habent sua fata
libelli: V. Habent sua fata libelli.
Procedurale: attinente a procedura: fr.
procédural. Anche procedura, (fr. proce-
dure) per processo., procedimento.^ corso
della causa è voce che spiace ai puristi
ma è oramai conquistata dall'uso e ne-
cessaria. Dicesi anche processuale.
Procuratore del re: V. Publico Mi-
nistero.
Procureuse: leti, procuratrice: voce del
gergo francese cui rispondono le parole
nostre mex^zana, ruffiana.
Prodiero: term. mar., aggiunto di cosa
attinente alla prora.
Pro
— 887
Pro
Prodigare: significa dare^ genericamen-
te^ qualche cosa di gran pregio per una
grande causa. Es. prodigò le sostanze
e la vita in jyro della patria. — L'abuso
alla maniera francese consisto (solito caso)
nel pici^are questo vocabolo a cose o me-
diocri 0 di piccolo conto. Es. le prodigò
carexxe per le fece molte carezze., la cir-
condò di carezze.
Prodigioso: da prodigio nz cosa mo-
strata dagli Dei, cosa portentosa, mira-
colo: è iperbolicamente riferito a cose
minimo o indegne, e in tale caso ritiene
dell'uso del fr. prodigieux.
Prodursi: per presentarsi al publico,
comparire su la scena ^ etc. è neol. che
ricorda ai puristi il se produire = s'in-
troduire., se faire connaitre honorable-
ment, s'avancer. Yero è che a cotesto
prodursi, usato familiarmente, va con-
giunto un senso faceto.
Produzione: per dramma o commedia
0 tragedia è notata come voce inutile e
impropria dai puristi, e di conio francese.
Professional beauty: locuzione inglese ;
vale bellezza celebre. Es. « la C*** godeva
fama universale solo come canzonettista,
e più ancora come professional beauty.
lersera si è rivelata un'artista etc. » Noi
diremmo : bella donna di professione.
Professionale : detto di scuole che hanno
intento tecnico e pratico, è neologismo ri-
preso dai puristi, e foggiato sul francese
école professionelle =: om l'on prepare à
différeììts métiers. Io stesso, già tempo,
non comprendevo bene che volessero dire
queste scuole professionali^ perchè davo a
professione un alto senso. Ma trovando
questa locuzione negli autorevoli scritti
degli uomini che « siedono » su le cose
delhi Istruzione, accusavo la mia igno-
ranza. Credo che lo stesso fenomeno av-
venga nella mente del buon popolo, il
quale udendo su autorevoli labbra voci
ostrogote, questo ritiene nobili e degne, e
le proprio, paesane e natie, condanna, j
Rivalità professionali.^ meglio di profes-
sione 0, come dico il popolo, di mestiere.
Professo: il vero gesuita.
Professionali (malattie): quelle deri-
vanti dal niostiero esercitato.
Professore: d(5tto di donna, per ^jro/t\s-
soressa o professora è francesismo : le
feminin professeuse, bien que employé
par Voltaire, ne parait pas devoir réus-
sir. Aujourd'hui, on s' accoutùme à dire
professeur au feminin., comme on dit
une femtne auteur (Littré). V. Dottore,
e così trovo citata la voce autore per au-
trice.^ e uno scrittore odierno vi annota :
« L'Autore, dico; e lo dico per seguir la
moda, perchè con questo gallicismo di pre-
fisso mascolino al nome femminino pare di
onorar meglio una scrittrice, una dottoressa,
una pittrice, una poetessa. » Fenomeno di
snobismo! Per ciò che riguarda l'abuso di
questa parola, ecco quanto leggo nel dizio-
nario degli Americanismi (lohnS. Farmer,
AìnericanismsoldknetvQto,.)'. « Professor:
parola male usata in America, cioè data
senza eccezione a chiunque eserciti una
professione qualsiasi. Simile abuso sta
diventando di moda in Inghilterra. Un
lusti'ascarpe in Nuova Jork una volta
scrisse professore ». Noi sino a questo
punto non siamo ancora arrivati, però... !
Pro forma : lat. popolare, in apparenza,
per salvar le apparenze.
Progetto, progettare: per disegno^ di-
segnare, proporsi, ricordano ai puristi le
voci fr. projet e projeter. Più offende la
locuzione per progetto, detto di chi fa a
posta, per proposito. Yoci e locuzione
sancite dall'uso. Vero è che il popolo per
significare per progetto ha vivi ed efficaci
suoi modi e voci.
Prognatismo: voce della scienza antro-
pologica, da JTQÒ = innanzi e yvàdog —
mascella: dunque sporgenza delle man-
dibole., cioè: disposizione del volto in
modo che la linea dalla fronte al mento
si protenda in avanti. Questa caratteri-
stica è dato importante sì nella storia
della evoluzione della specie come nello
studio delle razze umano.
Programma minimo: dicono oggi, spe-
cialmente i socialisti per indicare quella
piccola parte del loro programma di rifor-
ma sociale od economico che ora yìossono
0 vogliono ridurre in effetto.
Progressione geometrica: si dico por
indicare uno sviluppo grandissimo o ra-
pido : la locuzione è tolta dalle matema-
tiche, nello (|umIì si dico geometrico quel
Pro
388
Pro
rapporto costante fra numero e numero
(ragione) che è superiore all'unità. Con la
ragione 2 la progressione è 1, 2,4,8, 16etc.,
con la ragione 3, la progressione è 1, 3,
9, 27 etc. Dicesi geometrica perchè occorre
più frequentemente in questa scienza. Su
questo principio numerico si fonda quel-
l'antico e noto racconto del premio chiesto
dall'inventore della scacchiera.
Prolasso: term. med., dal latino prò
= in avanti e labi i= cadere (part. lapsus).
Caduta o abbassamento di un organo o di
una parte di esso per effetto di rilassa-
mento degli organi di sostegno.
Proletariato: ^2i proletario^ lat. proleta-
rius. Antico vocabolo della costituzione di
Servio Tullio, che indicava il cittadino del-
l'ultima classe sociale, ricco di sola prole
(onde il nome), non di averi : serviva
la patria soltanto col far figliuoli : censiti
per testa (capite censi). Proletariato oggi
è sinonimo di pauperismo., indica cioè la
miseria considerata non nell'individuo ma
nella società.
Proletariato intellettuale: locuzione nuo-
va, indice de' nuovi tempi. Vale ad in-
dicare il numero grandissimo di coloro
che, datisi agli studi, alla carriera degli
uffici 0 insigniti di laurea, non trovano
uffici ovvero remunerazione o grado cor-
rispondente agli studi fatti (o indicati su
le vane patenti o lauree). Inetti a la-
vori manuali o ad intraprese audaci, for-
mano una pietosa zavorra sociale da cui
in gran parte si genera il malcontento
de' nostri tempi. Ma oltre a queste vittime,
per così dire, dell'alfabeto, della scuola e
della civiltà, si possono comprendere sotto
il nome di proletariato intellettuale i veri
lavoratori del pensiero, i plasmatori di
idee e di anime, gli amatori dell'arte e
dell'ideale, a cui la civiltà industriale e
positiva spesso è matrigna.
Proliferazione: voce scientifica univer-
sale (fuorché in tedesco in cui dicesi
Zellvermehrung)., dal lat. proles eferre:
indica il moltiplicarsi delle cellule perla
divisione delle precedenti cellule.
Promenoir: vocefr., abusivamente usata
per ballatoio^ terrazza, loggia.
Prometter Roma e toma : modo nostro,
cioè prometter mari e ìnonti. Questo toma
è probabile corruzione di et omnia r= e
ogni cosa. V. altresì Roma e toma.
Promissio boni viri est obbligatio:
lat.., la promessa deWuomo onesto è ob-
Promoveatur ut amoveatur: sia pro-
mosso affinché sia rimosso., allontanato.
Sentenza di curia : norma di governo che si
applica con quegli impiegati, che, ricono-
sciuti inetti all'ufficio, o sospetti, vengono
per effetto di protezione e di clientela de-
stinati a più elevato grado.
Pronta cassa: per pagamenti in con-
tanti., spiace a' puristi. « Pronta cassa per
dare o per ricevere ? » (G. Eomanelli, op.
cit.., pag. 59, nota). La facezia è forte, ma
l'uso è più forte : la locuzione commer-
ciale si deve essere formata sull'inglese
ready money. Dicesi anche a pronti =
a contanti.
Pronti (a): V. Pronta cassa.
Pronunciamento: ribellione militare dei
capi con intento politico. Voce e cosa
spagnuola (pronunciamiento).
Pronunciarsi : per decidersi., dichia-
rarsi^ è notato dal Rigutini come « uno
dei gallicismi più crudi », anzi « crudi,
crudi » secondo il Fanfani : infatti, se
prononcer = manifester son sentiment.
Voce dell'uso ancor che cruda e accolta
nei diz. recenti.
Propos (l'à-) : sostantivato, vale in fr.
opportunità.
Propre e propreté : parole francesi a cui
è abilmente connesso il doppio senso di
correttezza, di decoro e di pulizia : spesso
tradotte in proprio e proprietà.
Propter vitam vivendi perdere caussas :
stupendo emistichio di Giovenale {Satire.,
Vili, 84) rimasto popolare nelle regioni
colte : per amor della vita., perder la ra-
gion del vivere. Giovenale si riferisce a
chi trascura l'onore per conservare l'esi-
stenza.
Proravia e poppavia: tali espressioni
sono usate in marina in luogo di dire an-
teriormente., posteriormente., di qualsiasi
oggetto che è sulla nave, e siccome la
posizione di ciò che è a bordo è riferita
sempre rispetto alla prora e alla poppa,
i due termini proravia e poppavia esclu-
dono ogni dubbia interpretazione.
Pro
389
Pru
Prosit: cong. latino, vi faccia prò,
prosito: formula d'augurio, specie al finire
dello mense. I tedeschi usano dire prosit
nell'atto del bere, toccando le tazze per
propinare.
Protesi : da jtqó e ridrjjtu = pongo :
parte della chirurgia che si propone di
sostituire un organo o parte di esso con
un apparecchio artificiale, simile più o
meno, all'organo: es. protesi dentaria.
Protesi in grammatica è l'aggiunta di
una lettera o sillaba alle parole, come
istiidio : da non confondere con protasi^
che deriva da jr^ó e ràoooy = di-
spongo.
Protettore: nel linguaggio della galan-
teria dicesi di chi fa le spese a donna di
ventura : fr. protecteur = entreteneur.
Protezionismo: sistema economico che
vuol difendere le industrie nazionali, per
mezzo delle dogane, dalla concorrenza dei
prodotti forastieri : der. protezionista : fr.
protectionisnie e protectionniste. V. Li-
bero scambista.
Protezionista: V. Protezionismo.
Protista : dal gr. Ttgcótog = primo :
vocabolo strettamente scientifico, proposto
dall' Haeckel nella sua opera magistrale
Das Protistenreich (1878) per significare
i viventi più semplici, gli elementi pri-
mitivi della struttura organica (semplice
protoplasma senza nucleo).
Proto: gr. jcqòtos = primo; antica
voce, viva sul litorale nostro adriatico,
per dire il mastro d'ascia., capo della mae-
stranza: (dicesi comunemente delle mae-
stranze dogli stampatori tipografi).
Protocollare: brutto verbo neologico
formato da ijrotocoUo, dal basso latino
protocollum, dal greco nQÓrog zzz primo
e KÒ^Xa =:; colla : registro incollato ove
si riportano gli atti. Protocollo., in diplo-
mazia vale il resoconto o il processo ver-
bale delle conferenze tenute tra i ministri
de' vari Stati.
Protocollo : Y. Protocollare.
Protoplasma: da jTQÒrog = primo e
nkàofia :- formazione: è la parte vitale
della cellula la qualo è considerata corno
la più olomontare unità organica od ana-
tomica. Noi mozzo del protoplasma trovasi
il nucleo. Possiede sensibilità, moto e fa-
coltà di nutrirsi. La parola fu introdotta
da von Mohl, naturalista di Stuttgarda
(1805-1872).
Provando e riprovando: (Dante, Par.
Ili, 3), parole torte in altro senso quale
motto della gloriosa scuola sperimentale
del Cimento, (Accademia fiorentina del
Cimento, 1657), giacche in Dante ripro-
vando non vuol dire provar di nuovo.,
ma confutare^ rigettare.
Provinciale: nel senso di mal pratico
degli usi e delle eleganze cittadine, è il
fr. provincial; e ciò si comprende in
Francia, dove ciò che non è parigino è
provinciale ; ma per l'Italia dalle molte
città, la parola provinciale non ha che
valore di importazione. V. però ciò che
è detto alla locuzione Romano de Roma.
Provocatore (agente) : nel linguaggio
politico e giornalistico è dato questo nome
a colui che ad arte provoca disordini nelle
manifestazioni popolari allo scopo di dare
poi pretesto alle persecuzioni o repressioni
poliziesche, h' agente provocatore spesso
è un servizievole personaggio ideale che
aiuta a spiegare ciò che spiace di confes-
sare. Fr. agent provocateur.
Pròvola e provatura: nome di latticini
0 formaggi napoletani, in forma di grossa
pera.
Provvigione : il compenso dato a chi si
incarica della esecuzione di un affare per
conto nostro.
Provvisorio, provvisorietà, provvisoria-
mente : detto di cose fatte per provvedere
al momento « sono voci che non haniio
storia in Italia » ma che è necessario ac-
cettare dacché le voci transitorio., pas-
saggero, momentaneo., e sim. non espri-
merebbero l'intero concetto (Rigutini).
Proximus ardet Ucalegon : già brucia
la casa del vicino Ucalegonte^ così Enea,
narrando la distruzione di Troia. L'emi-
stichio Vergiliano è ripotuto sposso con
senso traslato per indicare un pericolo
che si appicca al vicino ; spesso dioosi in
suono faceto.
Prude: V. Pruderie.
Pruderie: non vuole indicare solo il
riserbo, la circospezione, la saggezza ; ma
l'eccesso ridicolo (il cho ò più frequento
nella donna) di questo virtù. I francesi
Psc
390
Pun
hanno prud' honime e prude femme^ o
semplicemente prude^ detto di donna che
ostenta repulsione per tutto ciò che non
è conforme alle norme, al decoro, alla
virtù di convenzione e di moda.
Pschutt: voce di gergo francese: vale
elegante^ sommo dell'eleganza. Y. Lion.
Pseudo: gr. yjevòrjg = fallace, non
vero, parvente. Prefisso comodo ed usa-
tissimo, specie nel linguaggio della scienza,
a formare gran numero di parole in cui
si voglia indicare il concetto di parvenza,
0 simiglianza, o falsità.
Pseudo membrana: essudato patologico
che si produce di solito alla superficie
delle mucose.
Psiche: per specchiera^ fr. psyché.
Psiche: ywxv ^^ greco vuol dire fiato^
respiro^ cioè il segno visibile e sensibile
del vivere, quindi forx^a vitale^ anima^
appunto come anmius e anim,a in latino
che vogliono dire nulla più che fiato,
spiro. (Cfr. àvEfiog = vento). Ma aniìtia
sembra ai moderni filosofi e fisiologi in-
cludere l'idea di spiritualità, cioè di forza
vitale fuori della materia: appunto ciò
che i credenti e i cristiani intendono per
la parola anima. Ora i filosofi volendo
semplicemente indicare le forze vitali che
cadono sotto il loro esame, dicono psiche.
Da psiche^ poi, si forma un numero gran-
dissimo di vocaboli, aventi attinenza con
le scienze naturali e con la filosofia. NB.
Non è però a credere che tutti quelli che
usano ed abusano di questa parola psiche
siano filosofi o fisiologi.
Psico : (dal gr. y)vxì] = anima) elemento
primo 0 prefisso di molte parole scientifiche
e filosofiche per indicare ciò che in varia
misura ha relazione con l'animo.
Psicofìsica: {xpvxr] = anima e (pyotuòg
=r naturale) sinonimo di psicologia spe-
rimentale 0 fisiologica : studio delle rela-
zioni tra gli stimoli e le impressioni fisiche
e la intensità delle sensazioni morali.
Psicopatìa: dal gr. yjv/j) = anima e
jiàdog -^ malattia : dunque malattia men-
tale., derivato psicopatico.
Psicòsi: dal gr. ywyj] = spirito, e il
suffisso osi che indica le forme di malattia
cronica : termine generico usato special-
mente in patologia, per indicare un anor-
male stato della mente con disordine delle
sensazioni, degli affetti, della coscienza.
Mania^ paranoia., pazzia morale, lipe-
mania: in latino vesania.
Psittacosi : dal gr. yurrauós — ~ papa-
gallo: malattia infettiva trasmessa all'uomo
dal papagallo infetto e dovuta ad uno
speciale bacillo (di Nocard). Manifestasi
con febbre, sconcerti intestinali e dell'ap-
parato respiratorio.
Psoriasi : da ymco =; gratto. Affezione
cutanea che si manifesta con isquame
secche, brillanti, che si tolgono col grat-
tare e lasciano sotto una superficie rossa,
lucente sanguinosa.
Ptomaine : da jTTcó^a = cadavere (Sel-
mi 1881), nome generico dato ai numerosi
alcaloidi (inoffensivi o tossici) che nascono
dai cadaveri in putrefazione.
Publicista: neol. usatissimo per scrit-
tore ne' giornali o per le riviste. Nel senso
di scrittore politico o di diritto publico.,
mi pare alquanto disusato. In ambo i casi,
dal fr. publiciste.
Publico Ministero: si scrive abitual-
mente P. M. È l'ufficio che sostiene l'ac-
cusa nelle liti penali. Ha speciali incarichi
e ingerenze anche nelle cause civili. Presso
le Cassazioni e presso le Corti d'Appello
vi sono i Procuratori Generali e i Sostituti
Procuratori Generali ; presso i Tribunali, i
Procuratori del re e i Sostituti Procura-
tori del re. Sono detti anche nel linguag-
gio forense: Rappresentanti il P. M., ov-
vero Rappresentanti la Legge.
Puddìng : voce inglese, accolta in fran-
cese in Pouding. In italiano più spesso
si dice hodino che pudding : ora questo
bodino sarà versione del fr. boudin., ma
indica torta dolce, come appunto in in-
glese pudding. Y. Bodino e V. Plum-
pudding.
Puffìno : (genere Pufflnus) uccelli d'alto
mare chiamati Berte.
Pugnetta : V. Appendice.
Punch: voce inglese: in fr. ponche:
deriva dal sanscritto panch = cinque,
cioè i cinque ingredienti di cui è formata
tale bevanda, spirito, acqua, limone, zuc-
chero, spezie. È ricordato sino dal 1609.
La parola è fatta italiana in ponce, pon-
cino, il che non toglie che molti pronun-
Tul
— 391
Pur
cino alla straniera. | Punch indica anche
una specie di pastrano senza maniche e
mantellina.
Pulcre, bene, recte : bello^ bene^ benis-
simo. Orazio, Arte Poetica, 428.
Puleggia: fr. poulie^ dall'ingl. pulley^
rad. pulì = tirare, è voce dei meccanici
più usata che le nostre caruceola e gi-
rella. Notata da antico ne' lessici nostri.
Pulì : nelle latrine ad acqua (water-clo-
set) dette dal popolo lombardo inglesi.,
sul manico della catenella per ismuovere
la pila dell'acqua, è scritto pulì in luogo
di tira., e sono fabbricate in Italia. « No-
tate anche codesto ? » altri può chiedere.
Certo sono inezie, ma come indice e sin-
tomo, servono anche le inezie.
Pullmann: nome dato a speciali vetture
ferroviarie, lunghissime, di gran lusso,
comunicanti fra di loro e così bene posate
su le ruote che lo scotimento o rullio del
treno vi è minimo. Il nome proviene dal-
l'inventore americano. Pullmann city è
nome di un sobborgo di Chicago (Stati
Uniti) ove sono lo officine di queste car-
rozze. V. Sleeping-car.
Pulvis es: sei polvere. V. Memento
mori e cfr. il motto d'Orazio, {Odi lY,
7, 16): Pulvis et umbra sumus.
Punica fides: lat., fede cartaginese.,
cioè mancanxa di fede. Antichissima lo-
cuzione sopravissuta sino al dì d'oggi.
Punta: nella locuzione fare una punta
per spingersi in armi sino ad un dato
punto estremo, è voce del linguaggio mi-
litare, tolta dal fr, faire une pointe. Dare
una scappata è altra cosa e non si dirà
certo di milizie.
Puntata: «è voce tutta nostra ed è,
pare a me, ben formata» (Rigutini). Usasi
per indicare un fascicolo di periodico o
di opere in corso, stampato a fascicoli;
cioè quel tanto di fogli che il legatore
ferma con un punto.
Punti neri: cioè segni furieri di sven-
tura: locuzione metaforica di probabile
provenienza francese, poifits noirs, attri-
buita a Napoleone III in un suo discorso
del 26 Agosto 1867 : Depuis quatorxe ans
beauGoup de nies espérance.i se sont réa-
lisées. Gependatd des poinis noirs sont
venus assombrir notre hori%on.
Punto: nelle note locuzioni punto di
vista., punto d'appoggio, punto cuhni-
nante., punto di partenza., punto d'onore.,
ricorda ai puristi i modi equivalenti fran-
cesi point de vue., point d'appui, point
eulminant., point departage., point d'hon-
neur (forma tipica di puntiglio al tempo
di Luigi XIV, fra gentiluomini, cagione
di infiniti duelli. « Senza sfide ! Senza
bastonate! Addio il punto d'onore ». Man-
zoni, Promessi Sposi., cap. V). E aggiungi:
punto critico =: momento tipico e difiì-
cile (point eritique)., punto morto (point
mort) sì in meccanica che in senso mo-
rale, punto interrogativo (un) = un'in-
cognita, il lato cioè di una questione pro-
posta come una domanda, ma su cui
sembra difiìcile arrischiare il giudizio.
Dicesi anche di persona. Tutti questi ;pww^*,
quale ne sia la loro origine, sono sanciti
dall'uso. I Punto: nel ling. mar., indica
il luogo occupato dal bastimento in mare :
onde la locuzione fare il punto = deter-
minare coi metodi della navigazione sti-
mata 0 dell'astronomia nautica l'incrocio
(punto) della longitudine e della latitudine.
I Punto nel linguaggio di Borsa indica la
unità di moneta legale (lira, marco, corona).
Es. la rendita è ribassata di un punto.
Punzonare e punzonatrice: didi punzone^
voci ristrette al linguaggio dei meccanici.
Pupa: per bambola., pupattola., e dal
puro latino pupa: dicesi in Romagna, nel
Lazio e in molti paesi dell'Italia centrale.
Dicesi anche di donna stupida ancorché
appariscente. Pigotta in milanese. Pupo
in dialetto romanesco significa anche bimbo
piccino, lattante.
Pupazzettare: disegnare pupi o pupazzi
0 pupazzetti, specie di caricature tirate
giù alla brava, ne' giornali. Il giornalismo
romano ebbe rinomanza per cotale genere
di vivaci satire, al tempo dei Ministen
Deprotis e Crispi specialmente.
Pupo: V. Pupa.
Pur che il reo non si salvi, il giusto
pera: verso sontenzioso del Tasso, Gerusa-
lemme Liberata., 11, 12, rimasto popolare.
Puree: voce di incorta etimologia tran-
cose: alcuni la vogliono derivata dal vtM-bo
purer, puriiìcare, e mi pare più probabile,
altri da porrcela, (ofr. porrum^ legume
Pur
— 392
Pur
con cui si fanno minestre) altri da 'pipe-
rata, (cfr. il lat. piper, pepe) perchè il
pepe è condimento di questa vivanda.
Puree : mseulum pisorum depuratum et
colatura. (Richelet). Noi potremmo benis-
simo dire crema di piselli, di patate, di
fagiuoli, e così si dice, oppure fagiuoli,
piselli passati (al setaccio). Nell'uso è
prevalente la parola pure. Il Rigutini sug-
gerisce il sost. passato^ ma chi l'usa? In
alcune regioni dell'Italia centrale, le pa-
tate schiacciate (specie ^ì puree) sono dette
mdchées (scritto un po' come si vuole),
e letteralmente vale masticate. Ma in fran-
cese non esiste tale parola in tal senso.
Puritanismo: ingl. puritanism.^ dal lat.
purus = puro : nome dato al movimento
politico e religioso che guidò la rivolu-
zione inglese e condusse alla Republica
sotto il Cromwell. Il puritanismo sorse
nel XYI secolo come reazione alla rilas-
satezza dei costumi del tempo ed alla
chiesa di Roma.
Puritano : seguace della setta evangelica
del puritanismo. V. questa parola. Per
estensione dicesi di persona che ostenti
grande severità ne' costumi e ne' prin-
cipi politici. Così pure in fr., puritain.
Purista: è parola già notata in ogni
dizionario : se non che mi pare necessario
fare una distinzione: come scuola lette-
raria, puristi furono detti quegli ingenui
esteti — cosi li chiamerei con nuova pa-
rola — i quali innamorati della pura e
semplice bellezza dell'aureo Trecento, a-
vrebbero a quella sacrificata persino la
naturale evoluzione del linguaggio (il Ce-
sari, il Puoti, il Ranalli ed altri, fra i
quali molti preti, specie in Romagna, come
ad es. il canonico Balsimelli, a cui no-
minare il Manzoni era un amareggiare la
vita). Puristi poi sono detti quei letterati
ed amatori della lingua italiana i quali,
neir accogliere nuove parole, domandano
che siano necessarie, conformi al genio
della nostra lingua, e di buona formazione,
e non — come spiega il Petrocchi —
« che non vogliono ammettere nella lingua
se non parole vidimate dai classici antichi»,
la qual cosa è assurda ed offensiva per
valentuomini come il Tommaseo, l'Ugo-
lini, il Fanfani, il Rigutini, etc. per non
citare se non i più noti. Evidentemente
il Petrocchi confonde il dogmatismo este-
tico della scuola del Cesari con le dottrine
di quei nostri letterati, i quali per quanto
possono, si argomentano di porre un ar-
gine all'invadere del forastierume, spesso
illogico e goffo, nella favella italiana. I
puristi, in questo secondo senso, hanno,
se mai, un solo torto, cioè di restringersi
troppo grettamente all'esame della parola
e non riconoscere il fatto fatale che alla
servitù delle idee segue la servitù del vo-
cabolo. Del resto la nobile schiera nella
universale indifferenza degli italiani, nel
diffondersi delle più barbare voci, vantate
come conquista di libertà, cede ormai, ed
era la sola sincera difesa. Derivato, Pu-
rismo.
Puro sangue: vale cavallo di ra%%a:
fr. pur sang.
Purus grammatious, purus asinus : sem-
plice grammatico., semplice asino, antica
sentenza latina che contiene altrettanta
verità quanto odio; detto di chi non sa
vedere più in là delle leggi formali della
grammatica, la quale saviamente intesa,
è pure il fondamento di ogni buon studio.
Pus: (lat. pus., ptcris., gr. Jtvog = mar-
cia, sanie) è voce del linguaggio medico,
estesa anche all'uso comune, per indicare
un noto essudato patologico di consistenza
fluida, d'aspetto cremoso, viscido, di color
giallo verdognolo o biancastro il quale tiene
sospese delle cellule, dette globuli del pus.
Pusterla: termine lombardo: «specie
di seconda porta che per lo passato si
usava quasi sempre tra la porta da via e
il cortile delle nostre caso, e in vece della
quale usa oggidì comunemente un cancello
di ferro 0 di legno » Cherubini. Posteria
0 jiostierla., in antico, piccola porta di
città, in opposizione alla porta principale.
La Pusterla de' Fabbri, recentemente e
inconsultamente abbattuta in Milano, ri-
cordava una di cotali antiche porte.
Pustza: campagna (per il pascolo dei
cavalli) in Ungheria.
Puta-caso : per ipotesi., per esempio.,
dal lat. pula = reputa, credi.
Puteale : lat. pùteal da puteus = pozzo,
bocca di pozzo : per lo più di marmo con
fregi come ne provano gli antichi avanzi.
Put
— 393
Put
Era anche ne' templi por le acque lustrali.
Cfr. la voce del dialetto veneziano vera
0 vera dei poxxi.
Putifarre : la moglie di Putifarre, mini-
stro del Faraone, tentò di sedurre il gio-
vane Giuseppe (V, Casto Giuseppe)^ il
quale resistendo alle avide brame, ne ebbe
strappato il mantello, che dalla rea fem-
mina fu mostrato come documento di ac-
cusa contro il troppo virtuoso giovane.
Questo noto e tipico racconto biblico diede
vita alla locuzione la moglie di Putifarre
con riferimento a casi consimili e con senso
caustico, che è tanto facile intendere come
inutile spiegare. La psicologia e la fisio-
logia muliebre vi sono assai bene adom-
brate. Nel gergo francese trovo putiphar-
der = violer^ prendre de force.
Putrella: V. Poutrelle.
Putrido {c'è del putrido in Danimarca):
nota locuzione per significare corruxione^
marcio, guasto organico. (Amleto I, 4).
Putrescat ut resurgat: iìnputridisca
per risorgere : legge della materia che si
rinnova, trasportata al senso morale. Sen-
tenza probabilmente dedotta da S. Paolo.
{Ai Corinti, Gap. XV, 53): Oportet enim
corruptibile hoc induere incorruptioneìn
(in q^el corpo stesso risorgeremo che
adesso portiamo).
Puttaniere: voce antica e classica, viva
e popolare oggidì, qui notata perchè in
molti lessici comuni è ommessa, o per
oblio 0 per ragione di inutile decoro. È
sinonimo alquanto spregiativo e plebeo
di donnaiuolo. « Acciò che io taccia, per
meno vergogna di voi, i ghiottoni, i ta-
vernieri, i puttanieri » Boccaccio, Lettera
messer Pino de' Bossi. Udii come eufe-
mismo, sottaniere.
Q
Quacchero: nome dato ai seguaci di
una e forse la più semplice e radicale
delle sette cristiane, successive alla ri-
forma luterana: Dio è nella coscienza;
escluso quindi ogni rito, ogni culto, ogni
gerarchia : semplicità di vita, pace ed a-
more fraterno. Tale setta fu fondata in
Inghilterra verso il 1550. Il nome deriva
dal verbo inglese to quake = tremare, agi-
tarsi per effetto della ispirazione divina nel
predicare. Noi si dice talora qitaeehero o
alla quacehera per significare alla buona^
demoeratiGamente, e spesso più che le
convenienze non consentano, esclusa ogni
idea religiosa. Cfr. Le memorie di Pisa
del Giusti.
Quadrato: ter. mar., sala comune degli
ufficiali sopra una nave da guerra.
Quadrato: ricorre spesso la locuzione
crescere o aumentare in proporzione o
ragione del quadrato. Questa frase è usata
per significare un modo complesso di
variazione tra due fenomeni : variazione
riconosciuta vera in numerosi fatti natu-
rali. Si dice crescere in ragione del qua-
drato quando un fenomeno crescendo con
una ragione che chiameremo m, l'altro
correlativo cresce in ragione àìmyC^m:
se il primo dunque è 2 il secondo è 4,
se il primo è 4, il secondo è 16 etc.
Quadratura del cìrcolo: cercare^ volere
la quadratura del circolo vale cercare^
volere una cosa illogica e impossibile. Que-
sta locuzione è tolta dal linguaggio della
geometria, per il fatto che la superficie
del cerchio non si può rappresentare con un
numero finito, qualunque unità si scelga.
Quad riciclo : velocipede a quattro ruote.
Quadriglia : fr. quadrille^ noto nome di
centra danza nazionale francese. Questo
senso alla parola (quadrille nel suo primo
senso = compagnia di cavalieri armati e
adorni per torneare e correre in giostra)
risale alla fine della prima metà del se-
colo scorso. La quadriglia è fra i nostri
baUi più comuni e si balla col comando
alla francese, storpiato poi come si sa e
può in Italia, ma francese, e ciò da assai
tempo, come puoi vedere in una ben nota
lettera del Giusti.
Quadriglia di lancieri : V. Lancieri.
Quadrilatero: nel linguaggio militare:
territorio difeso da quattro fortezze. Come
termine storico Quadrilatero fu detto in
Italia quello stabilito dall'Austria nel suo
dominio d'Italia fra l'Adige ed il Mincio,
con le città forti di Mantova, Verona,
Legnago e Peschiera ; questa città pur
ricordata da Dante come
bello e forte arnese
da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi.
Inf. XX, 70.
Quadruplette: fr., bicicletta a quattro
posti (oggi non più usata come per il pas-
sato;.
Quaerenda pecunia primum est, virtus
post nummos : prima bisogna cercare il
denaro, la virili dopo il danaro., (Orazio
Epist. I, 53, 54). Ciò dimostra che anche
ai tempi pagani la virtù ignuda, senza
abbigliamento, piaceva poco o pareva di-
fetto. Per codesto il mondo è rimasto
uguale. Cfr. la moderna parola affarismo:
Qua
— 395 —
Qua
mutano le parole, rimangono le cose e i
sentimenti umani.
Quaerens quem dèvoret: cercando chi
divorare: espressione, prima, delle sacre
carte per significare lo spirito del Male.
{Sobri estote et vigilate; quia adversa-
rius vester diabolus^ tanquam leo ru-
giens circuita quaerens quem devoret.
Lettera prima di S. Pietro, Gap. V ver-
setto 8).
Quai: argine^ diga lungo un fiume,
presso un porto, lungo una ferrata, fatta
di pietra da taglio per rendere più age-
vole il cammino e lo scarico delle merci.
Proviene dal celtico kae := recinto, bar-
riera. A questa voce francese, bene os-
serva il Fanfani, rispondono le seguenti
voci nostre : lungo se trattasi d'un fiume,
come lung'Arno^ lungo Po., lungo Tevere:
banchina se do' porti : andana o mar-
ciapiede (?) delle stazioni : e fondamenta^
aggiungo, sono dette a Venezia quelle
vie che fiancheggiano un canale o la la-
guna : meno bene giudica il Fanfani dove
osserva: « abbiamo a ricorrere ai nostri
vicini perchè ci facciano la carità del loro
quai'i del loro quai che si adatta a tre
cose distinte, dove che noi per ognuna
abbiamo la sua voce propria! », giacché
è appunto la nostra ricchezza di sinonimi
che nuoce tanto maggiormente quanto
minore ne è l'uso e lo studio; e allora
avviene che tutti questi sinonimi sono
abbandonati talvolta in cambio di un'unica
voce, sia pur essa straniera, anzi....!
Qualifica: per qualificaxione è una
abbreviazione nostra, ripresa dai puristi :
certo assai nell'uso come rettifica., ìnol-
tiplica^ bonifica, etc. Il Petrocchi la re-
gistra e, mi pare, a ragione.
Qualis artifex pereo ! : che artista muore
in me!: cosi dicendo, secondo Svetonio,
mori Nerone. Vere o no, queste parole
lumeggiano stupendamente quel celebrato
tiranno.
Qualis dominus talis et servus: lat.,
quale il padrone, tale il servo. (l*etro-
nio Arbitro, Saiyricon, 58j.
Qualis pater, talis filius: sentenza la-
tina, popolare, in cui è il senso e l'intuito
della ereditarietà della specie: i figli dei
gatti raspano. Intendesi di solito delle
eredità non buone. Cfr. il Rabelais nel
suo Pantayruel, lib. Ili, cap. 41 :
saepe solet similis filitis esse patri,
et sequitìir leviter filia matris iter.
Quand meme : quand'anche. Es. je réus-
sirai quand meme. Questo quand méme
leggesi come conclusione intercalare, in
vece di modi nostri, ad ogni costo, a
dispetto dei santi, etc. e pare caustica-
mente elegante. Solita fortuna dei modi
francesi !
Quando c'è la salute c'è tutto: locu-
zione lepida e caustica recente, usata in
vario senso. È dovuta a L. A. Vassallo
(Gandolin) nella sua commedia // Pro-
fessor Papotti.
Quandoque bonus dormitat Homerus:
talora sonnecchia anche il buon Omero,
poeta sovrano, avverte Orazio {Art. Poet.
359), cioè in arte anche il maestro non
sempre è pari a se stesso. Dicesi, comu-
nemente, come scusa di passi imperfetti
di insigne maestro.
Quanquan: V. Cancan.
Quantìté négligeabie: quantità trascu-
rabile, cosa da poco, inezia, locuzione
fr. usata per abuso.
Quantum mutatus ab \\\q \ quanto mu-
tato da quello (che era una volta) ! Dicesi
più sovente per celia, e sono le parole di
Enea, quando rivede in sogno il morto
e sanguinante Ettore. (Vergilio, Eneide,
II, 274).
Quantum satis: lat., quanto basta (an-
tica formula farmaceutica, spesso rivolta
a sensi lepidi e faceti).
Quarantena: propr. spazio di quaranta
giorni, durante i quali una nave, ritenuta
infetta, deve stare segregata al Lazzaretto.
Onde la locuzione figurata mettere in qua-
rantena, detta di notizie non certe.
Quarantottesco: cioè del 1848. Dicasi
oggi in senso ironico o beffardo di azioni e
parole che abbiano affinità coi sentimenti
di ardore bollico, di fedo nella patria, di
gentile baldanza, coso proprie di (juegli
anni 1848-1849, che furono tra i più vivaci
del patriottismo italiano. Contrastano o non
sembrano sinc^ore nel positivismo odierno.
Quarantotto: vive in Milano la locu-
zione familiare e popolai*e fare o essere un
Qua
396
Que
quarantotto^ cioè un subbuglio^ un tu-
multo^ una confusione : manifesto riGordo
delle Cinque giornate del marzo 1848.
Quartetto : « termine musicale: ogni com-
posizione per quattro voci o per quattro
strumenti ; ma classicamente intendesi una
forma musicale di solito per due violini,
viola e violoncello, analoga, quanto alla
condotta tonale ed ideologica, alla Sin-
/bm« in quattro tempi». (A. Galli, op.eit.)
Quartiere: nel ling. mar., intendesi
ciascun albero co' suoi attrezzi e con le
sue vele, onde si dice quartiere di prua^
quartiere di 'poppa.
Quartier latino: in Parigi quartier la-
tino è il boulevard Saint-Michel e le vie
adiacenti, abitate dagli scolari o studenti.
I romanzi, le istorie, le cronache hanno
reso popolari presso di noi certi nomi
delle vie di Parigi, e ciò da assai tempo.
Quartigliere: nel gergo della caserma è
così chiamato il soldato che è di guardia
e pulisce la camerata.
Quartiròlo: milanese quartiroeù, specie
di formaggio.
Quarto: nel linguaggio mar., è la du-
rata di quattro ore di guardia, rispondente
press' a poco alle vigiliae presso iEomani.
Quarto d'ora di Rabelais (il): il 7no-
mento di pagare. Y. // quarto d'ora di
Rabelais.
Quarto potere: cioè la stampa^ il gior-
nalismo. Secondo una divisione che noi
togliamo dai francesi, il primo è il potere
regio, il secondo il potere legislativo (de-
putati e senatori), il terzo è il potere giu-
diziario (magistratura). Forse ora sarebbe
più ragionevole invertire la numerazione.
Quarto stato (il): al tempo della rivo-
luzione di Francia, 1789, tre erano gli
stati 0 classi sociali. Clero, Nobiltà, Bor-
ghesia 0, come noi diremmo, cittadinanza.
La rivoluzione fu il trionfo della bor-
ghesia che dominò nel secolo XIX e nel
secolo nostro. Il quarto Stato, è detto oggi,
per analogia, il popolo dei lavoratori ma-
nuali, le plebi agricole, i proletari, ecc.,
che domandano la loro emancipazione
economica e il loro trionfo civile come
già ottenne la borghesia sui due Stati
privilegiati. {Si puedes., come diceva il
Ferrer ne' Promessi Sposi).
Quasimodo: nome di personaggio deforme
nel romanzo di Y. Hugo, Nostra Donna di
Parigi. Acquistò per il passato valore an-
tonomastico anche presso di noi.
Quattro noci in un sacco: locuzione
usata per indicare pochi, ma che fanno
baccano. Spesso fu cosi detto del partito
republicano nostro, in senso di spregio
pel numero scarso de' suoi aderenti ri-
spetto agli altri partiti. « Yoi spicciolati
in tante sette quante sono le formole se
non le idee, quante le vanità se non le
ambizioni sì che gli avversari possono
dire di voi — E' fanno di gran rumore,
ma sono quattro noci in un sacco I » Car-
ducci, Per la morte di O. Garibaldi.
Quattro occhi (a) : in eonfidenxa^ senxa
che altri ci senta: ma spesso si dice di
osservazione o nota la quale per oppor-
tunità 0 riguardo vuoisi fare in segreto.
Quelli della balia: cioè i mesi passati
a balia. Dicesi per ischerno di chi vuol
farsi più giovane che non sia. Così in
fr., oublier les mois de nourrice.
Quem Deus vult perdere dementat: lat.,
Dio^ 0 Giove toglie il senno a colui che
vuol perdere. Dicesi anche : Quos vult
perdere lupiter dementat prius. Per l'o-
rigine di questa profonda sentenza, cfr. il
Fumagalli, (op. cit.J
Questa o quella per me pari sono:
verso del Piave nel Eigoletto, divenuto
popolare e detto talora in senso faceto.
Questi: non di rado mi è avvenuto di
leggere il seguente errore : di questi, a
questi., etc, riferendosi al numero sin-
golare. L'errore deve provenire da una
reminiscenza di buona grammatica, la
quale avverte che al nominativo soggetto
e con forza di sostantivo si dice lettera-
riamente questi e quegli., ma non però
nei casi obliqui, ne' quali si deve sempre
dire di questo, a questo, questo, da questo.
Invero preziosa e degna di nota questa
reminiscenza grammaticale ! NB. Come è
noto, A. Manzoni nella seconda edizione
dei Promessi Sposi tolse tutti i questi
ed i quegli, tutti gli egli — se non al-
cuno rimasto per caso o riferito a Dio —
tolse del pari anche egli ed egli pure ed
il pronome ella. Se con ciò il grande
Lombardo rese un servizio alla lingua
One
— 397 —
Qui
italiana privandola di un'eleganza e di una
vera ricchezza, non e il caso di disputare.
Sta il fatto che queste voci essendo vitali,
vivono a dispetto di chi lo volle morte.
Cfr. FJlrno.
Questionario : raccolta di questioni^
neol. dal fr. questionnaire : voce accolta
dall'uso e dai lessici. V. Fanfani ed Arlia,
(op. cit.)
Questioni bizantine : V. Bizantinismo.
Queue : coda. Sovente in vece che dire
mettersi in fila o far la coda quando
c'è gran gente ad un passaggio, si pro-
nuncia alla francese: far la queue. Co-
munissima voce nei comandi delle danze.
Qui, qua: con l'accento, non è buona
scrittura. Scrivasi qui., qua. Gli altri
monosillabi che escono in dittongo rac-
colto hanno invece l'accento, come può,
pie., die., etc. I monosillabi semplici non
hanno accento, quindi si deve scrivere
do., fa, fo, fu., fra, me, no., prò., pre., sa,
so, SIC, sta, sto, te, tu, tra tre; qui, qua.
Ecco quei monosillabi che talora vanno
segnati da accento, o da apostrofe, se-
condo l'uso vario a cui si prestano nel
discorso : che (imperocché) : dà (verbo),
da (preposiz.), da' (dai): 6Z^ (giorno), di'
(imperativo del verbo dire), di (preposiz.):
fé' (per feo, voce poetica in luogo di fece),
fé (fede): là (avverbio), la (articolo o
pronome): ne (congiunzione, vale per lo
più e non), ne' (nei) : se' (sei, verbo), se
(congiunzione) : s^(per così o affermando),
Si (pronome) : 'vcq u' (in poesia per ove): vo
(vado), vo' (voglio). Le preposizioni tra' pe'
su' co' cantra' , si usano da taluno con
certo artificio di imitazione toscana, in
luogo di tra i, per i, su i, con i, contra i.
V. Colla.
Quia: lat., perchè, cioè la causa. Es.
ed eccoci al quia.
Qui amat periculum, in ilio peribit:
chi ama il pericolo perirà in esso. (Ec-
clesiastico, ili, 27).
Qui in altum mittit lapidem, super ca-
put eius cadet: chi getta in alto una
pietra, gli cadrà su la testa [Ecclesiaste,
XXVII, 28); bolla e gravo imagino sim-
bolica che allude al ricadere del malo
sull'autore stosso del male.
Quid: lat., alcuna cosa. Ricorro talora
questo neutro latino per indicare cosa
indeterminata o non facilmente definibile ;
es. un certo quid.
Quid agendum : lat., che fare? che ab-
bisogna? a quale rimedio appigliarsi?
Quidam: lat., un certo, un tale, pro-
nome usato per indicare indeterminatezza
qualitativa. Vive nell'uso: un gqtìo qui-
dam, un quidam qualsiasi e suona sprezzo.
Quid de jure?: locuzione degli avvo-
cati per significare che cosa risulta logi-
camente secondo la legge.
Quid est veritas: lat., che cosa è la
verità? Domanda cui, più si pensa, più
si sprofonda il pensiero. Ma certo Pilato
rispondendo a Cristo, non ci pensò tanto
{S. Giovanni, XVIII, 38) : « Io a questo
fine sono venuto nel mondo, di rendere
testimonianza alla verità: chiunque sta
per la verità, ascolta la mia voce. Dissegli
Pilato : che cosa è la verità ? E detto
questo di nuovo uscì ».
Quid non mortalia pectora cogis, auri
sacra fames?: V. Auri sacra fames.
Quid novi?: che c'è di nuovo? formola
latina, comune, con forza di intercalare.
Ricorda Aristotele, [Rist. Anim. , VIII, 28 1:
det cpÈQEi TL Ai^vT] uaivóv e Plinio: {Sto-
ria Nat. Vni, 17): semper Africa aliquid
novi affert.
Quidquid delirant reges, plectuntur Ar-
chivi : le follie dei re le scontano i po-
poli, cioè non v'è piii sicurexxa pei go-
vernati, quando i governanti perdono la
bussola (Orazio, Epistole, 1, 2, 14).
Quieta non movere: lat., noiimuovert
le cose tranquille, massima di vile pru-
denza 0 di conoscenza che l'edificio è così
marcio che, pur toccandolo, tutto cadrebbe.
Eppure molti istituti si reggono su tale
assioma ! Dicesi anche nel senso del noto
adagio : Non stuxxicare il can che dorme.
Qui giace TAretin poeta tosco | che
disse mal d'ognun fuor che di Cristo |
scusandosi col dir non lo conosco : noto
epigramma e sintesi della vita o doli' in-
gegno di Pietro Arotino, specie di gran
publicista vonalo del Cinquecento. Ripe-
tesi il caustico motto con ampio senso.
Il motto è attribuito comunomento al
Giovio.
Qui gladio ferit gladio perit : ohi ferisce
Qui
398
Quo
di spada di spada muore^ così Cristo a
Pietro che lo voleva con l'arme difendere.
Potente variante della legge mosaica non
uccidere I
Qui me délivrera des Grecs et des
Romains? verso fortunato e specioso, più
arguto che profondo, che leggesi in una
Elegia di un poeta francese di nome Ber-
choux (1765-1839). Ed. Michaud, 1829,
voi. IV, pag. 107. Secondo il Fournier,
L'Esprit des autres, il Berchoux avrebbe
tolto questo verso da un'epistola di Ber-
nardo Clément di Bigione, il quale avea
scritto : Qui nous délivrera des Grecs et
des Romains? lì difetto e la grettezza
delle nostre scuole, dette classiche, pos-
sono spiegare il favore dell'arguta e melo-
drammatica apostrofe francese.
Qui mi cascò l'asino: familiarmente e
lepidamente vale qui mi sono arenato^
non fui più capace d'andare avanti.
Quinci e sguinci (parlare in...): ossia m
punta di forchetta^ con vocaboli altisonanti,
pedanteschi, preziosi. Il granduca Ferdi-
nando II di Toscana, a tergo di una sup-
plica scritta in quinci e squinci, a pro-
posito di un ponte che voleasi rifatto a
spese dello Stato, scrisse : « Talor, qualor,
quinci, sovente e, guari, rifate il ponte
co' vostri denari ».
Quintetto: «qualunque componimento
musicale a cinque voci o a cinque stru-
menti. Quando è strumentale, la sua forma
ha analogia con quella della Sinfonia clas-
sica». (A. Galli, op. cit.)
Qui oblige s'oblige: chi obbliga altrui
obbliga se, motto di N. Roqueplan.
Qui prò quo: locuzione latina venutaci
dal fr. quiproquo^ parola formatasi dalla
facilità dello scambiare una lettera per
un'altra: vale familiarmente equivoco.^
malinteso, ma dicesi di cosa di poco
conto.
Quis custodiet custodes: chi custodirà
i custodi? motto acutissimo, proverbiale,
tolto da Giovenale {Sat. VI, 347). Sed quis
custodiet ipsos custodes? E Platone {De
Republica^ III, 13; « Certo sarebbe ridi-
colo che il custode avesse bisogno di cu-
stode ». Eppure! !
Qui se rassemble, s'assemble: motto
francese a cui risponde esattamente il
nostro, Dio li fu e j^oi li accompagna o
li appaia.
Qui si parrà la tua nobilitate: {Inf.
II, 6) noto verso dantesco, usato quando
si mette alcuno al paragone di qualche
prova.
Quitte: voce fr., letteralmente ^ qui-
tato, cioè chi ha pagato, che è libero de'
suoi debiti^ sbarazzato, che è pari., dal
latino qtiietus, onde quittance e quittancer.
In italiano vi corrispondono le forme clas-
siche quitare^ quitanxa e quitato, che il
Petrocchi nòta fra le voci morte. Quitan-
%are o quietanzare, quietanza o quitanza
sono le voci usate oggidì e su le quali
male concordano i puristi.
Qui-vive?: fr., chi va là? grido della
sentinella. Essere o stare sul chi vive
per stare attenti, all'erta, è il fr. étre
sur le qui-vive.
Qui vivrà verrà: locuzione francese tra-
dotta in : chi vivrà vedrà.^ e cui risponde
la nostra al bel veder ci manca j^oco, op-
pure se son rose., fioriranno.
Quod Deus avertat : che Dio ciò allon-
tani^ formula esclamativa di scongiuro, pro-
babilmente corrotta dal vergiliano [Eneide
II) quod Dii omen avertant.^ oppure. Di
talem terris avertile pestemf {Eneide,
III, 620).
Quod Deus coniunxit, homo non separet:
ciò che Dio congiunse l'uomo non divida^
è il famoso principio perentorio evangelico
(S. Alatteo) su cui il diritto canonico fonda
il dogma della indissolubilità del matri-
monio religioso.
Quod differtur non aufertur: motto la-
tino, ciò che si differisce non si toglie^
cioè rimandare una cosa non vuol dire
non farla. Intendesi con discrezione !
Quod erat demonstrandum : versione
della formula greca òjzeq èòsi òel^ai con
cui finisce la più parte dei teoremi di Eu-
clide. Usasi oggi in vario senso, spesso
ironico, per notare l'ommissione di un
fatto 0 di una idea logica senza cui la
conclusione non regge o sarebbe diversa.
Quod non fecerunt barbari, fecerunt
barbari ni : una delle più note e acute pa-
squinate, riferita ad Urbano Vili (Maffeo
Barberini! che tolse i mirabili bronzi
onde erano rivestite le travi del Pantheon
Quo
399 -
Quo
in Roma (Rotonda) per fonder cannoni e
il baldacchino di S. Pietro. Tale profana-
zione fu al principio del Seicento.
Quod scripsi, scripsi : Evang. di S. Gio-
vanni, XIX, 22 : ciò che scrissi, scrissi^
formola divenuta comune, detta per signi-
ficare la intenzione di nulla modificare
cosa stabilita e voluta.
Quod superest date pauperibus: ciò che
2'i avmixa date a chi non ha: nota for-
mola evangelica, più. forse di norma u-
mana e di fratellanza sociale che di ca-
rità. La sua indeterminatezza, a giudizio
di chi è savio, non toglie ma aggiunge
valore.
Quolibet: (dal lat. quod libet =: ciò che
piace, tutto ciò che viene in mente) voce
francese che in antico valse ad indicare
qualsiasi problema scolastico, più bizzarro
che utile; indi termine generico per si-
gnificare giuoco di parola^ bisticcio^ fred-
dura e simili, ma include senso di facezia
scurrile e volgare.
Quondam: lat., una volta^ untem/po.
Quorum pars magna fui: emistichio
vergiliano {Eneide^ II, 6) usato per signi-
ficare che chi racconta fu testimone o par-
tecipe del fatto, come appunto Enea, proe-
miando alla sua narrazione di Ilion di-
strutta.
Quos ego! i quali io...! e si sottin-
tende un punirò o voce consimile. Così
Nettuno, Dio del Mare, minaccia i venti
scatenati dall'ira di Griunon e, ^contro Enea.
(Vergilio, Eneide.^ I, 135). È uno dei più
celebri e noti esempi di quella figura re-
torica che i grammatici chiamano prete-
rixione. Usasi con forza di sostantivo in
senso di minaccia potente, e talora per celia.
Quotato: in borsa: dicesi di quei va-
lori che sono scritti, registrati, indicati
nei bollettini o listini della Borsa, e per-
ciò sono quivi commerciabili, giacché non
tutti i valori sono trattati presso le Borse.
Quotato alto si dice di quel valore che
ha un prezzo elevato rispetto al suo red-
dito; l'opposto è quotato basso. \ Quo-
tato, nel linguaggio delle corse vale va-
lutato., stimato. Un cavallo è detto quotato
alla pari quando il bookmaker., tenitore
delle scommesse, paga una lira per una
lira scommessa; quotato a tre., quando
per una lira scommessa ne paga tre; a
dieci., quando ne paga dieci ; a una metà.,
quando paga mezza lira, e questo valore
(V. cote) risulta dalle probabilità che ha
il corridore di vincere e dal numero delle
scommesse. Questo verbo quotare in tale
uso e senso è dal fr. coter. L'antico quo-
tare nostro voleva dive giudicare in quale
ordine la cosa .sia. Y. Quotizzare.
Quote d'ammortamento : quando si con-
trae un mutuo col patto di estinguere a
grado a grado capitale ed interesse, si dice
che si contrae un mutuo ammortizzabile.
Le rate di estinzione, comprendono due
partite, l'una serve a pagare gli interessi,
l'altra ad estinguere gradatamente il ca-
pitale, 0 vera sorte, come si dice comune-
mente in qualche luogo. Quest'ultima si
chiama quota d' ammorta^nento .
Quot homines, tot sententiae : lat., tanti
uomini^ altrettante opinioni. Terenzio
{Formione., II, 4, 14), e Cicerone, {De Fi-
nibus, I. 5). Cfr. l'adagio nostro comune:
"Vari sono degli uomini i cerveUi,
a chi piaccion le torte, a chi i tortelli.
Quotizzare: neol. -pev sottoscrivere, ob-
bligarsi, etc. è il fr. cotiser r= régler la
quote-part. Più frequente in tale senso è il
verbo quotare. I verbali quotizzazione
(fr. cotisation) e quotizzo notati dal Ri-
gutini come barbarismi, per ripartizione
di capitale o spesa tra più persone od
enti interessati, mi sembrano anche meno
usati del verbo.
Quot servi, tot hostes : lat. , quanti servi,
tanti nemici. Paolo Pesto, De verborum
significatione, ed. Mùller, pag. 261.
Quousque tandem abutère, Catilina, pa-
tientia nostra? famoso od enfatico prin-
cipio della prima Catilinaria di Cicerone,
divenuto popolare, (» passato a lepido senso.
E fino a quando, Gatilina, abuserai della
nostra pazienza?
12
Rabagas: titolo e personaggio principale
di una fra le più felici commedie di Vit-
toriano Sardou. Eabagas è un avvocato
republicano, feroce odiatore del suo prin-
cipe, amico del popolo e gran retore. Chia-
mato dal Principe a reggere lo Stato, trova
che la forca e la carcere sono ottimi, anzi
unici mezzi di cura per il popolo ribelle.
Nome antonomastico ed epiteto ingiurioso
per indicare un voltafaccia^ fedifrago^
imbroglione politico. In Romagna questa
parola francese ha avuto forse più fortuna
che altrove.
Rabat: nome francese del baverine, di-
viso in due bande e listato di bianco, che
portano i preti francesi. {Babai ^ da rabat-
tre., cioè chose rabattue).
Rabboso : vino del veneto (Treviso) co-
lor rubino vivo, profumo di marasca, aci-
dità notevolissima. Di molto consumo lo-
cale e ricercato.
Rabelesiano : dal fr. rabelaisien : agg.
da Rabelais, il nobile scrittore dal grande,
caustico riso e dal sicuro intelletto. (Fran-
cesco Rabelais^ 1495-155S, di Chinon,
autore della istoria o romanzo Gargantua
e Pantagruel). Rabelesiano, vale ridente
e schernevole.
Rabotare : V. Raboteuse.
Raboteuse : voce che non esce dal lin-
guaggio degli incolti nostri meccanici
dell'Alba Italia in vece di piallatrice. (In
Toscana spiana). Macchina-utensile che
serve a piallare : fr. rabot = pialla. Usato
è altresì il verbo rabotare = 2)i<^llci''>"e.
Raca: nella locuzione dire raca vale
come dire plagas., dir male : è locuzione
tolta dagli Evangeli (S. Matteo, VI, 22) :
qui autem dixerit fratri suo^ raca : reus
erit concilio. {Raca vale stolto).
Raccordo : neol., dal fr. raccord = col-
legamento : voce usata dai meccanici o in-
gegneri per indicare un passaggio graduale
0 curva, la quale congiunge due linee
riuscendo tangente ad entrambe (strade fer-
rate, strade, canali, macchine).
Race-horse: ingl., cavallo da corsa.
Racèmo : lat. racemus, grappolo.
Raddobbo: term. mar.; lavoro di ripa-
razione fatto al bastimento per sofferte
avarie, o per vetustà : raddobbare = ri-
parare.
Radiare : per cancellare., cassare, ripren-
desi dai puristi come gallicismo {radier).
Voce degli uffici e curiale.
Radicale: nel noto senso politico è il
liberale spinto, riformatore, proprio dalle
radici, almeno secondo etimologia. Neol.
dal francese radicai. Radicai è voce usata
pure dai tedeschi. Nei composti dicesi,
radico, etc, giacche questo partito assai
duttile a dispetto della tenace etimologia,
si presta a moltissime combinazioni.
Radicalismo : fr. radicalisme, ingl, ra-
dicalism. La dottrina politica liberale,
essenzialmente riformatrice ed innovatrice.
1 riietodi del partito radicale.
Radicitus: lat., dalle radici.
Radio : questo nuovo, mirabile corpo
semplice che rivela l'intima natura della
materia, e per le sue proprietà sembrò
avere insperate azioni curative, fu di re-
■ conte isolato dai coniugi Currie, chimici
francesi. E fu per l'appunto la signora
Wad
401 —
Rat'
Curio che, facondo delle ricerche su la
facoltà che hanno alcuni minerali di ura-
nio (Pechblende) di emanare raggi, non
luminosi, ma dotati di proprietà chimiche,
elettriche, fisiologiche, giunse per via di
processi di separazione ad isolare dal detto
minorale questa sostanza. Per la straor-
dinaria potenza dei raggi emanati, la deno-
minò antonomasticamento con la desinenza
neutra alla latina come sogliono dare i fran-
cesi a certe voci, radium: noi alterniamo
per ora la voce fr. con l'italiana radio.
(In latino è radius = raggio). V. Radio-
attività.
Radio-attività : facoltà che hanno alcuni
corpi di emanare dei raggi dotati di azioni
chimiche, elettriche, fisiologiche, onde ra-
dio-attivo è detto il corpo stesso che ha
questa virtù. Tali corpi sono, finora, l'ura-
nio, il polonio, il radio, il torio e l' attimo.
Radio-attivo: V. Radio-attività.
Radiografìa: lat. radivi = raggio e
yQà(pco =z; scrivo : è l'impressione ottenuta
per mezzo dei raggi X [V. Grookes {tubi
di)] su di una lastra sensibile, dinanzi
alla quale fa posto l'oggetto di cui si vuole
avere Timagine radiografica. Dicesi an-
che schiagrafia (da ouià = ombra, figura
apparente e yQà(pcù = scrivo, disegno), o
fotografia dell'invisibile.
Radiotelegrafare: V. Radiotelegrafia.
Radiotelegrafìa: da radius = raggio
TéÀog = fine e ygàcpoj i= scrivo. E il noto
nome dato alla telegrafia così detta senza
fili, che G. Marconi genialmente applicò
su la teoria delle onde hertziane. Ora
questa parola parve un tantino lunghetta,
specialmente col verbo radio-telegrafare.,
per una cosa tanto rapida, e i giornali
italiani che qualche volta si ricordano che
esiste una lingua italiana, ne discussero
(V. Marzocco, 8, 15 febbraio 1908). Si
propose di portar via quel tele e veniva
radiografia. Ma si confondeva con radio-
grafia — impressione coi raggi X o del
Roentgen ! Alloi-a se ne occuparono uomini
illustri, fra gli altri il filologo Comparetti
proponendo aetigrafia (greco àuxis r" rag-
gio solare) ed il D'Ovidio proponendo ac<«-
nografèa (che deriva lo stesso da àutig.,
senonchè toglie, come più proprio, dal tema
che ò àuxiv). Ribatte il Comparetti essere
actinografia parola già spesa nelle scienze
fisiche etc. etc. Come si vede i tornei ac-
cademici sono sempre quelli che più di-
lettano la nostra gente. (V. Reclame). Se
radiotelegrafare (ove occorra) è lungo, altri
- fuor dell'accademia, bene o male secondo
filologia - lo accorderà e noi lo subiremo !
Radium: V. Radio.
Radoteur : voce francese : è proprio
uguale al nostro rimbambito; ma così
non deve parere ad es. ad uno degli scrit-
tori nostri più in vista, il quale nella J7-
lustraxione Italiana del 20 gennaio 1902,
scrive: «Un vecchio giornalista, un po'
radoteur., un po' troppo etc. ». (V, Revolté).
Radunar le fronde sparse: locuzione o
frase fatta per raccogliere : dal noto passo
dantesco (« raunai le fronde sparte », Inf.
XIV, 2), se non che in Dante il senso non
è metaforico, ma ragionasi di vere fronde
che sono raccolte.
Raffaellesco: secondo l'arte di Raffaello
Santi (Sanzioj, il purissimo, elegantissimo,
il quale nella verità e nella tradizione,
assomma tutte le virtù dell'arte pittorica
del nostro Cinquecento. Per estensione vale
-puro. Es. volto raffaellesco = dai contorni
classicamente perfetti e soavi. E cosi altri
aggettivi sono formati da' nomi di sommi
artefici, come giottesco., fidiaco (purissi-
mo), leonardesco, donatellesco ., ti%ianesco.,
secondo l' arte e le linee di Giotto, Leonardo,
Donatello, Tiziano, etc. ; aggettivi assai
acconci a ben rendere con un paragone noto
i vari aspetti delle varie bellezze, così
difficili a determinare (specie di bellezze
e forme muliebri).
Ràffica: aumento improvviso e violento
del vento, ma di breve durata.
Raffinato: per delicato, squisito., fine
spiace ai puristi (fr. r affine). Vero è che
talora raffinato non sempre corrisponde a
queste voci. Es. uomo raffinato., può in-
dicare altresì la s(iuisi tozza o delicatezza
nel vizio, nel piacere, nella filosofia edo-
nistica, etc.
RafToler: verbo francese: andar paxxo,
amare., piacere esageratamente., etc. Es.
Gette mère raffole de son enfant. Il raf-
fole de la musìque., etc.
Ràfie : voce francese di gergo, usata per
vizio in voce di retata, repulisti.
A. Pa.nzini. Supplemento ai Diximiari italiani.
2G
Eai
— 402
Rai
Ràgade : term. medico, Qayùg = i-ott\xra,:
spaccature delle parti molle, alle mani,
alle labbra etc, prodotte per lo più da
agenti irritanti: (setola).
Ragazza allegra: Y. Donna allegra.
Raggia: specie di pesci, così detti dalla
loro forma raggiosa : lat. raja, fr. raje.
Raggiera: adornamento del capo delle
contadine della Brianza, formato da spa-
dino d' argento che formano attorno al
capo raggiera o corona di raggi.
Raggi X : o raggi di Roentgen che ne
fu lo scopritore. [F. Crookes {tubi di)].
Tali raggi non solo permettono la così
detta fotografia di ciò che è occulto e in-
visibile all'occhio (Y. Radiografìa)., ma
hanno speciale potere come i corpi radio-
attivi.
Raggi Roentgen: ovvero raggi X: Y.
questo paragrafo.
Ragion di Stato: considerazione' di in-
teresse publico a cui è subordinato il go-
verno dello Stato. (Ragione di Stato è il
titolo della maggior opera di G. B. Bo-
terò, 1540-1617, specie di codice delle
monarchie assolute che dominarono in
quei tempi).
Ragione sociale: è il nome che viene
assunto da un'azienda commerciale quando
si tratta di Società; per es. Ditta Rossi
& C. (fr. o^aison sociale).
Ragioniere: si suole dire anche di donna,
in vece di ragioniera^ da che si cominciò
a conferire alle donne tale diploma. Y.
Professore.
Raglan : nota specie di pastrano, con
alcune bizzarre od eleganti varietà di
taglio che lo distinguono dalla forma co-
mune di tali indumenti. Il nome deriva
da lord Raglan, generale inglese, morto
di colera all'assedio di Sebastopoli (1788-
1855) : in origine fu un impermeabile.
Yedi giuochi della storia : molti personaggi
lasciano il loro nome congiunto a nomi
di vesti 0 di vivande ! Y. alla parola
Vestito.
Ragnare : in romagnolo vuol dire leti-
care: nel vernacolo lucchese rugnare =
grugnire, e rugliare = urlare, sonar cupo.
Devono essere verbi della stessa radice
di grugnire = lat. grunnire.
Ragoùt: sost. verbale fr. di ragoiìter.,
che significa eccitare il gusto, l'appetito.
Non mi pare che risponda alla voce « stu-
fato » come è detto nel Lessico del Fanfani
ed Arlia. Nel Napoletano intesi di fre-
quente ricordare con la voce ragù., la
carne drogata e steccata di lardo il cui
sugo 0 brodo si versa sui maccheroni. In
altre parti d'Italia quella salsa di carne
che serve a condire il riso, la pasta,
i legumi si chiama concia., sugo, su-
ghillo, bagna. A Bologna, la patria oltre
che di Irnerio, di Iacopo della Lana,
del Guinizelli, anche delle auree taglia-
telle, diconsi tagliatelle pasticciate quelle
con sopra il pasticcio^ per l'appunto il
ragoiit., fatto di filetto, fegatini, tartufi,
lardo, droghe e simili finezze. Nel senso
di piattello stuzzicante, a ragoiit rispon-
derebbe il nostro intingolo., manicaretto.
Ragù: Y. Ragout.
Ralc 0 rach : scrittura francese di voce
araba che vale distillato. Nota specie di
liquore. Y. Arale.
Raid : ingl., vale incursione armata,
raxxia, e per estensione la parola è tra-
sportata nel linguaggio dello sport per
indicare una gara di corsa equestre tra
punti lontani.
Railway e Railway-company: per ria
ferrata., società delle etc, occorre ne'
giornali ricordando le ferrate inglesi. Yero
é che questo rail = rotaia, guida (voce
accolta nel francese moderno) è stato con-
segnato nel codice penale italiano, § 657.
E facile pensare con quanto amaro gusto
il Fanfani ha infilzato questo svarione dei
nostri mandarini burocratici ! A conforto
del Fanfani si può assicurare che rail
non si usa più, se non nel derivato de-
ragliare. Y. questa voce.
Rajaii: titolo dei principi indiani, oggi
tributari dell'Inghilterra. Maharajah i=
gran principe da cui dipendono altri rajah.
La grafia italiana raià parmi poco dell'uso.
Ralinga: o gratile., term. mar., cavo
catramato a tre legnuoli, o cavo di fili di
acciaio, poco torto, che si cuce ingiro alla
vela per rinforzarne i lati.
Rallié: da rallier = rilegare, racco-
gliere, nel linguaggio del giornalismo e
della politica francese sono così denomi-
nati quei deputati francesi della parte
l\am
— 403
Rap
clcttiT, di destra, i quali aderirono al go-
verno republicano (1893).
Ramadan : la Pasqua presso i Mussul-
mani.
Ramages (à) : a rame e a rame e fiori;
è detto di speciale stampo o tessuto nelle
stoffe muliebri : codesto oggi è disegno di
gran moda, anche per influsso dell'arte
nuova 0 floreale. Damascato^ come pro-
pone il Rigutini, non mi pare che corrispon-
da. Jìamage^ è antica voce fr. che vuol
dire ramo o rama. « Trinata a ramucelli
I d'alloro una sottana », esempio citato
dal Fan fa ni per sostituire r amaggio.
Ramassa : per scopa è voce dialettale
piemontese, non ignota fuor della regione,
specie nel linguaggio delle caserme; così
il verbo ramassare {ramasse).
Rambla: vocabolo spagnuolo di origine
araba (ramba) che vuol dire terreno sab-
bioso, ed è a noi termine noto per indi-
care le passeggiate o i giardini publici
di alcune principali città della Spagna.
Ramie : pianta tessile appartenente come
la canapa alla famiglia delle Orticacee,
detta anche Ortica della Cina (Bohe-
meria)., assai coltivata nell'estremo oriente
e da poco tempo introdotta in Italia. Pianta
perenne detta anche seta vegetale.
Rammollimento cerebrale: (eneefaloma-
lacia)., denominazione sotto la quale si
descrivono le lesioni del cervello, conse-
cutivo alla obliterazione delle arterie di
quest'organo (embolia, trombosi), e le
manifestazioni sintomatiche che ne risul-
tano. Si distingue una forma acuta, apo-
plettiforme, come avviene nell'emorragia
cerebrale, ed una forma cronica progres-
siva.
Rammollito : questo neologismo por im-
becille è tolto dal fr. ramoli = imbéeile.,
quasi affetto da ramìnollimento cerebrale.
Randa: vela aurica, di forma quadri-
latera che si distendo tra il picco (pen-
none superiore, appoggiato con la gola
all'albero) l'albero e la boma (pennone
inferiore). Nelle navi che hanno una randa
per albero, quella di poppa è detta anche
brigantina.
Ranella: V. Rosetta.
Ranetta: chiamano, traducendo dal fr.
reinette, o meglio rainette, una delle innu-
merevoli varietà del Pirus Malus^ ossia
Melo. Rainette dal francese raine (lat.
rana) : picchiettata o, forse, verdolina
come la rana.
Rangiarsi: V. Arrangiare. È fra le
voci più volgari ed è pure del dialetto
milanese (rangiàss e rangiàa) anche nel
senso di azximarsi, farsi bello.
Rango: voce francese rang., da assai
tempo fatta italiana, e specialmente usata
in alcune locuzioni come stare in rango,
ballerina di rango francese^ persona di
alto rango., etc. È ripresa dai puristi, ma
essa è una di quelle voci forastiere che
sono notate e sfuggite anche da scriventi
e parlatori mediocri. Vi suppliscono le
parole condizione^ grado^ ordine^ stato,
ceto. Pili dell'uso è questa parola nel lin-
guaggio militare, in vece di ordine^ or-
dinanza, fila, riga.
Ranz des vaches : nome francese di fa-
moso e antico canto pastorale dei monta-
nari svizzeri.
Rapè: part. del verbo fr. rdper = ra-
spare, costantemente congiunto a tabacco
0, senz'altro, rapè invece che dire « tabacco
grosso » da fiuto.
Rapide: così sono dette certe correnti
gorgoglianti e ondose de' fiumi per effetto
delle grandi pendenze. In ingl. rapid., fr.
rapide. Cotesto rapide essendo special-
mente ne' grandi fiumi d'Africa e Ame-
rica, è naturale che le denominasse altro
popolo che l'Italiano.
Rapière : nome di spada francese, lunga,
stretta, atta solo a colpire di punta, quindi
per duello: con gran coccia traforata. Di
moda nei secoli XVI e XVII. In italiano
striscia. Dicesi anche nel senso che noi
diciamo durlindana.
Rapinatore : antica voce nostra dal verbo
rapinare, che appare spesso ne' giornali
por in^iicaro i borsaiuoli, i tagliaborse, i
ladri da strada, i tagliaoantoni, etc.
Rapporti intimi: vale talora, por eufe-
mismo pudico, rapporti carnali. V. Rap-
porto.
Rapporto: por relazione tra persone,
OS. oss(>re in buon rapporti ; por rispetto,
quanto, circa, os. la terra è piccola viì\ì-
porto al sole: rapporto per punto, que-
stione., OS. « su (luosto rapporto non ho
Rar
404
Rat
difficoltà » è maniera ripresa dai puristi
come gallicismo. La sancisce l'uso. Rap-
porto è antica ed ottima voce per notifi-
cazione, ragguaglio^ avviso^ riferto^ de-
nunzia. Voce viva negli uffici.
Rara avis in terra: Giovenale, [Sat.,
VI, 5, 165), uGGello raro in terra: vale
nell'uso come mosca bianca.
Rari nantes in gurgite vasto: (Vergilio,
Eneide^ I, 118) rari naufraghi spersi
pel vasto gorgo. Il poeta descrive stupen-
damente la terribile tempesta, suscitata
contro Enea dall'ira di Giunone: Ricorre
tale emistichio in senso faceto : quattro
cappelletti nel brodo possono essere rari
nantes in gurgite vasto.
Ras: capo., governatore nell'impero feu-
dale d'Abissinia.
Rassegnare: usato riflessivamente nel
senso di firmarsi^ sottoscriversi è voce
dell'uso nelle corrispondenze ordinarie di
affari. Es. ko l'onor di rassegnarmi.
Deve essere un' eYOÌVizìone del rassegnare
nel senso di presentare., dichiararsi ser-
vitore., se non che in tale uso suole rice-
vere l'oggetto (e non è modo di pura
classicità). Es. le rassegno il mio ossequio.,
rassegnare le dimissioni (modo burocra-
tico). I francesi hanno signer., soussigner.,
e probabilmente questo rassegnarsi =
firmarsi deve essersi formato anche per
l'influsso del francese.
Rastaquouère e Rasta: voce di gergo
francese, pervenutaci col giornalismo : vale
avventuriero., cavaliere d'industria., per-
sonaggio cosmopolita che, sotto l'aspetto
di gran signore, non nasconde che un
abile imbroglione : rastaquoèrisme., gran
parvenza, gran tono, e sotto miseria e
delitto. Tipi e costumi che sono naturale
prodotto del tempo odierno e della gran
vita della civiltà industriale. La parola è
fatta derivare dalle due voci spagnuole,
r astar e euero. Secondo altri più sempli-
cemente sembra essersi formato tal nome :
cioè da suoni simili alla voce rastaquouère
che un attore francese, Brasseur, pronun-
ciava in suo esotico linguaggio nella parte
di un brasiliano furente e di grande par-
venza, in uno scherzo comico di Meilhac
e Halèvy, rappresentatosi in Parigi al
Palazzo Reale il 9 maggio 1863, intitolato
Il Brasiliano. Questa parola rastaquouère
ha fatto per qualche tempo pompa di se
nel giornalismo italiano che tanto toglie
e si compiace di parole francesi. Come la
più parte delle voci del gergo, effimera.
Ratafià: nome di noto liquore o acqua-
vite, ottenuta con la distillazione delle
susine (Svizzera, Francia, Austria, Friuli).
In francese ratafià., che secondo il Ménage
è parola di origine indiana : altri da rata
fiat conventio. dal bicchiere che si beve
nello stringere patti. Fantasia degli eti-
mologisti I il Littré nel Supplemento^ da
racle 0 arack = acquavite di riso + tafia,
acquavite di canna di zucchero : voci
orientali.
Rate: part. del verbo fr. rater = far
cilecca: disgraziato., fallito moralmente.
Es. « V'è un altro personaggio : an rate
che le delusioni hanno fatto filosofo ».
Ora rate in tale senso, è voce di gergo :
individu qui n'a pas réussi dans la car-
rière et qui ne réussit en rien. NB. È
uno dei fenomeni più singolari la facilità
con cui scrittori italiani, anche di una
certa rinomanza, abboccano a queste ef-
fimere voci di gergo francese, con le quali
pare che il loro dire e il loro dettato ac-
quisti quella snellezza che non sanno otte-
nere con l'uso sapiente della propria lingua.
Rateale: neol. invece che a rate.
Ratier : nome fr. di una specie di cani,
così chiamati dalla perizia loro nel pren-
dere i topi (rats). V. Terrier.
Ratifica : per ratificazione (conferyna,
lat. ratum habere) è un accorciamento
neologico nostro come verifica, moltiplica.,
bonifica., etc. Spiace ai puristi, lo sancisce
l'uso, specialmente trattando di cose co-
muni; nel linguaggio diplomatico prevale
ratifi.cazione^ voce classica invece di rati-
fica., forse per effetto del fr. ratification.
Ratificazione: nel linguaggio diploma-
tico è l'atto con cui il capo di uno Stato
approva conferma e dichiara di accettare
ciò che è stato convenuto e stipulato in
suo nome dall'agente diplomatico cui era
stato concesso pieno potere. La ratifica-
zione vale quindi l'esecuzione del trattato.
Rato: (lat. ratus = creduto, ratificato,
determinato: cfr. rata parte e rata). In
diritto canonico, matrimonio rato., usasi
Kav
405
Ree
per distinguerlo da matrimonio consumato.
Secondo la chiesa il matrimonio consumato
non può essere sciolto: quello rato^ sì,
quando cause di nullità esistevano prima
dell'atto matrimoniale.
Ravioli : V. Cappelletti.
Ravissant: part. pres. del verbo fran-
cese ravir., rapire : nell'uso mondano di-
cesi talora per hello, incantevole, attraente.,
la quale ultima parola risponde presso a
poco al medesimo concetto etimologico
del ravissant francese.
Ravvicinamento : nel senso di eoncilia-
xione., dev'essere il fr. rapprochement =
réconciliation .
Razionale: voce antica del linguaggio
filosofico : oggi usata e abusata come at-
tributo di azione o di cosa compiuta se-
condo i più rigorosi dettami della scienza,
dell'esperienza, dell'arte. Così dicasi del-
l'avverbio razionalmente. Un cappello,
un paio di scarpe, un colletto, possono
aver l'onore di essere chiamati razionali.
Razionalismo : voce comune a tutte
le lingue colte, dal lat. ratio ^ ragione.
Indica la teoria filosofica che la facoltà
la quale specialmente distingue l'uomo,
cioè la ragione {animale ragionevole è
detto l'uomo, anche familiarmente) è som-
ma e autonoma sorgente di conoscenza.
Razza (di): detto di animali, vale di
buona raxxa., di buon sangue^ e dicesi
specialmente di cavalli ; e talora per esten-
sione, come gentiluomo di ra%%a.^ cioè
che conserva la gentilezza avita. Dal
francese : cheval de race., noble de race.
Razza: nome di pesce di fondo, dal
corpo piatto e di forma romboidale, lat.
raja.
Razzia: (fare una razzia), voce araba,
accolta in francese e trasmessa a noi : a
mio avviso necessaria per indicare con
nomo propi-io quelle incursioni belligere
a scopo di preda che sogliono fare alcune
tribù e popoli semibarbari dell'Africa. E-
stosa ad altri sensi ed usi nostrani per
retata (senza contare le voci sinonimo
regionali), può essere evitata. L*erò non
mi pare frcfiuonte. Voce ripresa dai puristi.
Ready : parola inglese, pronto. Kicorro
ad cs. nel giuoco della pallacorda (V.
Lawn-Tennis).
Reali : per indicare il re e la regina
parmi neologismo. Reali e Reali d'Italia
ricorrono nell' Eterno femminino regale
del Carducci. Influsso del classico reali
= stirpe reali.
Realizzare: è neol. dal fr. réaliser. I
puristi contrapongono le seguenti parole
nostre : effettuare^ avverare., attuare., com-
piere (detto di speranze., disegni., e simili),
riscuotere (detto di crediti), ricavare., ri-
durre in danaro (detto di cose vendute).
Ma, come il solito, la forza della voce
unica dà valore alla parola. Similmente
dicasi di realizzazione (fr. réalisation)
la quale non mi sembra molto dell'uso.
Realizzazione: V. Realizzare.
Reattivo : termine di chimica, detto
di elementi che a contatto di altri ele-
menti comportano in modo loro caratteri-
stico (reazione), così da servire alla ri-
cognizione di questo. E vocabolo rela-
tivamente nuovo: equivale a reagente.,
^fr. réactif).
Reazione del Widal: V. Widal.
Rebours (à)\ non sarà cosa rara il leg-
gere 0 l'udire ad es. « La storia bisogna
insegnarla à rebours », etc. A rebours
in francese = à rebrousse-poil., di cou-
trapelo, cioè alla rovescia. Voce francese
usata per vizio.
Rebus: nota specie di indovinello, soli-
tamente con figure, enigma., Dicesi anche
in senso morale. Rebus è parola di prove-
nienza francese, e pare che derivi dal
latino rebus ^^ dalle cose.
Rebus sic stantibus: lat., così essendo
(stando) le cose; ablativo assoluto, usato
con forza causale.
Receiver: (ingl., ricevitore) il condotto
(0 recipiente) attraverso cui passa il va-
pore che ha lavorato nel cilindro ad alta
0 a media pressione per passare rispetti-
vamente nel cilindro a media o a bassa
pressione. Voce dei meccanici.
Recensione : lat. recensire : esame com-
parativo di qualche scrittura; e nell'uso
comune letterario chiamansi recensioni
lo critiche, solitamente laudative, ohe ap-
paiono su le colonne dei giornali o dei
})eriodici e servono — oltre che a far
conoscere un libro — a facilitami^ lo
spaccio. Spesso la recensione è una forma
Eec
— 406 —
Ree
di publicità. Se ne è fatto il verbo recen-
sire (fr. recenser)^ part. recensito. (V.
Reclame).
Recensire: V. Recensione.
Reception : parola francese ed inglese :
ricevimento^ accoglienza.
Rècere : (lat. reicere., da re e jacio =
butto via) usasi talora come voce più
decorosa perchè meno intesa, invece di
vomitare^ specie in senso morale di fare
schifo.
Recesso: nel linguaggio forense indica
il recedere^ cioè il ritirare di un atto,
di una causa.
Reciotto : vino veronese, di lusso, rosso,
dolcigno, spumante. Si produce con uve
mezzo appassite, ed è di consumo locale.
Rècipe: lat., prendi. Nelle ricette di
una volta, che erano scritte in latino, si
metteva in testa recipe., cioè prendi. Onde
recipe volle indicare ricetta. Ma in tale
senso è voce morta. Si dice invece recipe
per formula, lista di ingredienti o meglio
di elementi morali mercè i quali si ot-
tiene una data opera, o si addiviene adatti
a reggere un dato ufficio. Si dice fami-
liarmente ed ironicamente, cioè in mal
senso, giacché i componenti di un fatto
etico non sono classificabili e non hanno
dose.
Reclame : voce francese universalmente
usata ed intesa : lett. richiamo., la quale
è voce viva e di popolo, ma si intende
per lo più degli allettamenti usati in
caccia per chiamare uccelli (V. Dante,
Inf. Ili, 116): publicità sostituisce in
molti casi reclame; grido fu parola con
molta reclame proposta da un letterato
che va per la maggiore, in vece di re-
clame. (E per alcun tempo si assistette
al più comico spettacolo, cioè al nobile
sdegno dei giornali italiani per espellere
la impura voce, come se ci fosse stata
quella sola !) Strombazzata e Stamburata
proposte dai puristi, sono, è vero, voci di
popolo, ma non rispondono esattamente
a reclame., appunto perchè esprimono la
parte più brutta e meno dignitosa di ciò
che si intende per la parola reclame.
Noi avremmo potuto dar nuovo senso alla
parola richiamo; ma ciò è ufficio di popolo,
non di grammatici. Reclame è l'opuscolo
stesso che serve alla publicità. Nei giornali
vi sono gli avvisi-reclame che non rispon-
dono alla voce neol. soffietto^ la quale se-
condo il Rigutini sarebbe una garbata so-
stituzione di reclame. Inutile avvertire
come reclame sia voce penetrata nell'uso
del popolo, e intesi anche fatta maschile : il
reclàm. Quanto alla natura della reclame
noteremo che essa è oramai un'arte di
commercio che si vale di speciali e inge-
gnosissimi mezzi, non per ingannare, in
via assoluta, il publico, ma per dare ad
un prodotto commerciale quella rinomanza
che costituisce parte del suo valore e lo
rende più commerciabile di un altro pro-
dotto di ugual pregio. Lo studio della
reclame sta in questo, cioè obbligare la
gente ad avere in mente, ripetere un dato
nome di prodotto commerciale ; e ognuno
di leggieri intende quanto sia difficile, e
nel grande numero e nella indifferenza
del publico e nella vita intensa moderna,
fermare questa attenzione. Molte volte il
nome stesso del prodotto, breve, facile a
ritenersi, distinto dagli altri, è parte del
segreto della reclame. Non farà quindi me-
raviglia se la reclame si vale di ogni
mezzo per riuscire. La reclame è cinica
come l'età nostra industriale: si vale —
ripeto — di tutto: dei versi dei poeti, del
quadro dell'artista, del pensiero del filo-
sofo e del santo, delle più macabre tro-
vate pur di fermare l' attenzione. L'America
è la maestra di questa forma di progresso.
La reclame si esercita non soltanto in
commercio, ma serve in arte, in lettera-
tura, in politica, etc. Far della reclame
vale divulgare.^ far conoscere e simili.
La reclame pel filosofo libero può consi-
derarsi come una di quelle forme di ti-
rannidi cui conviene onorare se si desi-
dera aver valore nella vita. Essa è una
necessità della vita, fondata sull'eterna
dabbenaggine e buaggine del publico : ma-
teria eterna, inesauribile di sfruttamento;
e più forse che su la buaggine, sul fatto
che l'uomo manca di criterio cosciente,
pure apparendo il contrario, e perciò si
lascia imbevere e guidare da giudizi al-
trui. Confortiamoci tuttavia perchè si tratta
di cosa antichissima. Non fece Vergilio
la reclame alla casa Giulia ? E Achille se
Ret
407 —
Red
non avesse trovato in Omero talem prae-
eonem^ sarebbe stato cosi noto nei secoli'?
Vieti argomenti, del resto, cui già accen-
nava Sallustio nelle sue Storie. Certo l'au-
dacia, la spudoratezza della reclame è
cosa tipica della civiltà moderna, specie
di quella che io chiamerei intellettuale.
Recluta e reclutare: « sono il fr. reerue
e reeruter sciupati. Pure entrarono, con
altri termini della milizia, nella nostra
lingua sino dal Seicento» Rigutini. Forma
doppione con la parola coscritto^ benché
recluta è propr. la cerna (voce antica,
ricorrente ad es. ne Le ìnemorie di un
Ottuagenario del Nievo) e coscritto si
dice anche in senso esteso per inesperto^
semplice (lat. tiro^ tironis). Reclutare e
reclutamento sì per leva^ levare, come
estensivamente per raccogliere^ trovai'e
fautori, aderenti eto. spiace ai puristi, ma
l'uso sancisce tali voci. La pronuncia
buona è reelàta^ ma nell'uso mi pare che
prevalga l'altra di recluta.
Reclutamento : fr. recrutement. V. Re-
cluta.
Record : ingl., vale registro^ documento.,
testimone. Questa voce passò nel gergo
francese in senso di gara., concorso., spe-
cie nel linguaggio delle corse e dei giuochi;
indi per estensione tenere un record, sta-
bilire un record fdétenir un record., éta-
blir un record) significò essere proclamato
il più forte, il più abile, fare ciò che
in un dato genere non fu ancora fatto.
Un po' sul serio, un po' per lepidezza
questa parola con le sue locuzioni si è
fortemente radicata nell'uso italiano, ed in
senso morale! La locuzione per così dire
tecnica delle corse, sarebbe questa: « il
signor X*** ha battuto il record dell'ora
0 del chilometro, detenuto prima dal si-
gnor Y*** », cioè ha percorso il chilometro
nel minor tempo, ovvero ha fatto in un'ora
il maggior numero di chilometri, il quale
meritò prima spettava al signor Y***. Bi-
sogna convenire che come barbarie di
parole e di locuzione è un record inusi-
tato al tom])o del Tommaseo e del Puoti.
Recordman: voce inglese, passata al
francese moderno o che talora occorre nel
nostro linguiiggio dello sport: colui che
è vincitore di una gara.
Recto: V. Retto.
Reculade: voce francese. Per etimolo-
gia è la nostra parola rinculata o rin-
Giilo. (detto specialmente delle armi da
fuoco). Figuratamente, per fuga^ ritirata :
come il solito, la voce francese pare più
decorosa pur significando lo stesso.
Redatto : participio di redigere. Y. que-
sta parola, (compilato, steso ^ scritto).
Redde rationem : (dall'Evangelo) rendi
il conto., e leggesi nella locuzione chia-
mare al redde rationem., cioè a render
conto e ragione dell'opera propria: ha il
senso di redarguire., punire.
Re del ferro, della Borsa, dell'acciaio,
del petrolio, del cotone, delle carni sa-
late, etc. : la grande civiltà industriale e
democratic^a degli Stati Uniti ha creato
per alcuni audaci e fortunati accentratori
e sfruttatori di ricchezze, specie naturali,
questo titolo : il quale fra i molti valori
ha quello di spiegare la ragione storica
del nome re. Era in antico re il più forte,
colui cioè che più di ogni altro valeva a
regere., o per amore o per forza, i suoi
simili. NB. Nel modo stesso che una
forza governa la materia e la dispone
secondo certe leggi, così una ferrea legge
sembra stratificare in determinato modo
le classi sociali, secondo il loro potere.
Redigere, redazione, redattore e redat-
trice: sono voci neologiche, usate spe-
cialmente nel linguaggio giornalistico e
provenuteci dal fr. rediger., rédaction.,
rédacteur., rédactrice (lat. redigere =
ordinare). Anche i buoni scrittori non
saprebbero fare a meno di queste parole :
sono altresì voci della burocrazia per
compilare., stendere., scrivere. «Tale brutto
barbarismo è tra' più schifosi », (Fanfani),
ma proprio conviene accettarlo!
Redingote : nota specie di abito ma-
schile da cerimonia, detto talora stiffelius.,
doppio petto., finanxiera., prcfettixia: è
parola francese, tolta a sua volta dall'in-
glese riding ooat, che in origine significò
un giacchetto lungo, per cavalcare: i duo
solitari ed inutili bottoni alle reni ricor-
dano una lunzione che non ò più, cioè
di reggerci lo falde nell'atto del cavalcare.
(V. Vestito).
Redo e redame : redo parola morta o
Eee
408 —
Reg
notata fra le voci morte (erede^ figlio)^
vive nel linguaggio dei zootecnici, es.
vacca con redo (cioè col suo vitellino).
Redo per vitello oltre che voce del lin-
guaggio scientifico è altresì pura voce
toscana de' contadini.
ReeI : aspatoio^ voce inglese che è in
uso presso i tessitori. E una macchina
che serve a fare matasse, svolgendo il
filo dai fusi che provengono dalle mac-
chine da filare (ring o self actingì o da
ritorcere (doubling).
Referee : ingl., arbitrio^ giudice inap-
pellabili del campo ^ voce usata nel giuoco
del Foot-ball. Y. questa parola.
Referendum: lat., (per riferire) nome
di istituto politico svizzero di carattere
democratico che riporta — in taluni casi
0 dietro richiesta — ai cittadini stessi,
anziché a' suoi rappresentanti, il diritto
di votare, deliberando, intorno a leggi e
cose della amministrazione e del governo.
In tale senso è istituto recente (come è
detto alla frase ad referendum) data, cioè,
dal tempo della Rivoluzione Francese ed
è — sebbene giuridicamente diverso da
Cantone a Cantone — il tratto più carat-
teristico della moderna vita publica della
Svizzera. Vero è che la tradizione di com-
missari 0 deputati ad audiendum et re-
ferendum risale in Isvizzera alla fine
dell'Evo Medio. Referendum^ per voto^giu-
dizio popolare^ è detto frequentemente fra
noi anche trattando di questioni non poli-
tiche né amministrative. Vale interrogare
le persone competenti affinchè dicano il
loro giudizio intorno ad una data questione.
Refìlare : per dare^ plebea voce del gergo
(Milano). Nel diz. deìV Argot del Delesalle
(op. cit.) trovo: refiler zn rendre^ resti-
tuer^ donner : refiler des beignes = don-
ner des coups.
Refi le (dare un): cioè una strapazzata^
una tirata d'orecchi etc.^ è volgare locu-
zione milanese.
Refrain : voce fr., ritornello: xìqovyq nel
linguaggio musicale: « secondo l'opinione
di Gaston Paris, nelle antiche melodie la
voce arrestandosi per cantare di nuovo,
e passando istantaneamente da una ad
altra nota, si spezza (frangitur)^ e di qui
venne il vocabolo refrain. Tra gli antichi
Galli questi refrains erano non solo cantati
ma anche danzati. Oggi il refrain è una
sorta di periodo musicale ricorrente alla
fine di ogni strofa nelle canzoni» (A. Galli,
op. cit.).
Refrattario : è notato nei diz. nel senso
di disertore o di persona che si sottrae agli
ordini altrui (parola venutaci con la Rivo-
luzione). Nel senso fisico, refrattario dicesi
di un corpo che resiste all'azione chimica.
Ora spesso questo vocabolo è usato per
indicare persona non tanto ribelle, quanto
non modificabile dall'azione sociale e dal-
l'ambiente. Di solito tale voce ha senso
nobile e generoso. Lo scrittore francese
Giulio Vallés (1833-1885), dettò un geniale
libro 1 refrattari ove esalta questi spiriti
indocili e indomiti. L'opera e il titolo
influirono nel nuovo senso della parola?
Nel citato diz. del Delessalle, Réfrac-
taire = homme de ialent qui se neglige.
Refurtiva : latinismo del linguaggio dei
legali, invece che dire la cosa rubata
(res = cosa).
Refuso: nel gergo degli stampatori è
la lettera che nella composizione e nella
stampa ha preso posto di un'altra. I re-
fusi solitamente avvengono perchè la cas-
settina di una lettera contiene qualche
lettera che dovrebbe essere in altra cas-
setta. Il compositore, come si sa, non
guarda, ma prende alla cieca, onde avviene
che invece, ad es., di comporre- impie-
gato del demaglio., scriva del demonio.
Errori mostruosi e goffagini stupende si
devono al caso del refuso, alcuni sono
celebri. Es. ici le prétre Óte sa calotte.,
col refuso fu stampato : ici le prétre óte
sa Gulotte. Il refuso di solito avviene
quando lo scompositore non sta attento
ove getta le lettere.
Regàglie : frastagUe o frattaglie dei
polli cioè creste, bariglioni, granelli, fe-
gato, cuore. Ottima voce, che molti non
userebbero in polita scrittura per timore
di parer sciatti e vernacoli.
i^egesta: termine di storia de' tempi
di mezzo. Repertorio cronologico ove sono
registrati gli atti publici o privati in un
dato periodo di tempo. I diz. hanno re-
gesto. Farmi più comune la fonna latina
regesta = registro.
Iv'eg
— 409
Rei
Reggente: nel linguaggio della buro-^
i luzia scolastica è cosi detto il professore
di scuola secondaria, la cui nomina è
rinnovata ogni tre anni ; e si intende con-
fermato in ufficio anche senza il rinnova-
mento del decreto. Il decreto di nomina
è fatto dal Ministro. Titolare invece è
il professore che dopojl periodo di reg-
genza — il quale è illimitato — ottiene
stabilità d'ufficio e nomina dal capo dello
Stato : onde i due astratti reggenxa e tito-
larità. La titolarità si può avere anche
per nomina o concorso.
Regìa: per appalto ci è rimasta nella
locuzione regìa dei tabaechi. Dal fr. regie.,
rad. réger = reggere., amministrare. (Ad-
ministrations chargées de la perception de
certaines taxes indir ectes^ ou de eertains
Services publics : la regie des tabaesj.
Regia, crede mihi, res est succurrere
lapsis : è cosa — credi — degna di re,
soccorrere agli infelici fai caduti) Ovidio,
{Epistole., II, 9, 11). Stupendo verso, e
forse il dolore del triste esiglio glielo fece
dire!
Regime : « lat. inutile. Se in senso po-
litico, governo; se in senso medico dieta,
reggimento di vita » (Rigutini). Neol. di-
rettamente dal fr. régiTìie (lat. règim,en).,
tanto è vero che talora sì usa la schietta
voce francese, come nelle locuzioni ancien
regime =: il governo prima della Rivo-
luzione, opposto a nouveau regime ~, le
forme di governo sorte dalla rivoluzione :
(• in senso esteso, alla maniera antica.,
come usava una volta., etc. La pronuncia
regime è ripresa, benché nelFuso si al-
terni con quella di regime. Del resto re-
gime è accolto in tutti i lessici moderni,
nei due sensi anzi detti.
Regina Claudia: è il frutto rotondo,
solitamente verde, pruinoso, grosso, sa-
porito e dolce di una varietà del Prunus
domestica., ossia del susino. Il nome è dal
fr. Beine Claude^ la quale Regina di Fran-
cia che molto amava questo frutto, lasciò
tale memoria di sé.
Regina Madre : per indicare la madre
del re, comk; si suole chiamare Margherita
di Savoia dopo la morto di Umberto I, è
locuzione tolta dal francese : reìne mère.
Regis ad exemplum totus oomponitur
orbis : lett. tutto il mondo si compone
.<iecondo l'esempio del re., cioè, nell'uso,
i dipendenti vanno su le orme dei capi
e si intende in cose non buone. Questa
sentenza è in Glaudiano., De Quarto con-
sulatu Honorii., 299-301, ove leggesi:
componitur orbis \ regis ad exemplum.
Regnicolo : dal latino regnum e colere.,
parola nostra antica che diceasi specie
degli abitatori del Reame o Regno di
Napoli. Nel senso amministrativo e poli-
tico, cioè in opposizione a straniero, cioè
per indicare l'abitante naturale del paese,
che gode diritti che gli stranieri non han-
no, parmi sia dedotto dal fr. régnicole.
Regolamentare : per conforme alle leggi,
ai regolamenti., alle norme è neol. , dovuto
al fr. réglementaire .
Regolarizzare e regolarizzazione: per
regolare., regolarità (se la qualità) rego-
latezza (se l'abitudine), sono voci foggiate
su le fr., régulariser e régularisation.,
anche per il forte influsso del suffisso
zione^ che tende ad esprimere la cosa in
atto più tosto che in fatto.
Regressione : (lat. regressus = ritorno)
ingl. regression., fr. retour au type: in
biologia vale : ritorno di un tessuto o di
un organo ad una delle fasi anteriori alla
sua evoluzione. In sociologia regressione
talora è voce usata come equivalente di
regresso^ decadimento.
Regret e regretter: voci francesi non
rare in certo linguaggio in cambio di
rincrescimento^ rimpianto., dolersi.
Reichstag : noto nomo della dieta della
federazione Germanica.
Reis : (dal latino regius r:r regale) mo-
neta minima nominale del Portogallo e del
Brasile. Vale L. 0,006.
Reisebilder : imagini di viaggio: titolo
di una tra le più cospicu(5 e libero opero
del sommo lirico ed umorista tedesco, Ar-
rigo Heine, primieramente edita nel 182t),
« primo libero respiro in un'atmosfera
grave e affannosa» (Ristorazione del 1815).
Dicesi talora Reisebilder per significai^
vivaci e geniali descrizioni di viaggio.
Reludioata: termine lat. giuridico, rosa
giudicata, e si dice di sentenza passata
in giudicato, e familiarmente passare in
re iudicata si dico di questione gin decisa.
Rei
— 410
Ren
Relais: fr.. da re e laisser = lasciare,
cambio di posta. Nel linguaggio telegra-
fico è così chiamato anche da noi un ap-
parecchio il quale automaticamente serve
a rafforzare la corrente elettrica affinchè
questa possa compiere un dato percorso.
La parola italiana, da alcuni usata, è
soccorritore. I francesi non hanno buttata
via la loro antica parola, bensì l'hanno
adattata al nuovo senso.
Belata rèfero : riferisco ciò che si rac-
conta; motto latino, e si dice con intenzione,
0 di significare più che non si dica, o per
scagionarsi della responsabilità delle cose
dette. Cercarne remote origini parmi so-
verchio acume. V. per chi ne vuole sa-
pere di pili, Fumagalli. Chi l'ha detto ?
Relativamente : è termine opposto ad
assolutamente: ma in vece di rispetto.,
riguardo a, per^ in qitanto a etc, spiace
ai puristi come gallicismo. Ma per quanto
gallicismo e « lungo come un serpente »
(Tommaseo), vive nell'uso né manca di
buoni esempi. Eh, di parole lunghe come
veri serpenti quei valenti puristi ne tro-
verebbero sì al giorno d'oggi, che sono
così difficili che io le consiglio a chi abbia
bisogno di starnutire !
Relativo: nelle locuzioni così comuni
come le seguenti : le spese relative (occor-
renti), carrozza coi relativi cavalli., caffè
con relativo zucchero (qui il relativo è
inutile 0 si dice per grossa ostentazione
di lepore), ricerche relative a cioè con-
cernenti^ riguardanti, è aggettivo ripreso
dai puristi come gallicismo : confermato
dall'uso, specie degli uffici. Relativo è
opposto di assoluto.
Religione dell'umanità: locuzione abu-
sata che trae origine dal sistema di Au-
gusto Comte (1798-1857), filosofo francese
positivista, il quale considerò l'Umanità
come un ente supremo, degno di culto.
Relitto : (lat. relictus = abbandonato)
come termine dei periti vale piccolo ap-
pezzamento chiuso entro altre proprietà.
Relitto dei fiumi, terreno abbandonato
dalle acque (V. Golena)., relitti del mare,
terreni che il mare, ritraendosi, lasciò
asciutti.
Relitti : (lat. relictus) terni, mar., avanzi
di naufragio, venuti a galla o gettati su
la costa dal mare. Questa parola, non
notata, traduce la francese épave (basso
latino espavus, lat. expavidus^ pauroso.,
indi sperso).
Remington: specie di fucile a retroca-
rica, e macchina da scrivere : dal nome
dell'inventore (Philo Remington di Nuova
York).
Remontoir: voce fr. e, interamente,
montre à remontoir^ poi remontoir sol-
tanto, cioè l'orologio non a chiavetta, ma
che si carica dal centro del quadrante per
mezzo di due ruote dentate che in esso
sono e formano il remontoir. Orologio a
ripetizione o ripetizione senz'altro, chia-
mavano i nostri vecchi quell'orologio da
tasca che suonava, ripeteva le ore.
Renaissance: in certo linguaggio oc-
corre frequente di udire : stile renaissance ;
una casa, una stanza stile [senza in., ben
inteso] renaissance. In italiano v'è Rina-
scita. Degno di triste meditazione è il
fatto che nella nazione la quale prima,
nel XY secolo, irradiò il mondo con la
civiltà esplodente dall'anelito e dal con-
corso di molteplici elementi di pensiero
e di opere e denominò con voce propria
la cosa, si usi la forma francese della pa-
rola. Il dire che si allude alla rinascita
di Francia è artificio di ragionamento.
Renard : fr. volpe., ricorre nel linguaggio
letterario nominando il Roman du renard.,
noto romanzo allegorico francese dell' evo-
medio. I Ricorre nel linguaggio della moda.
Così nell'anno 1900 furono imposti dalla
Francia alle donne certi collari fatti di
pelli di volpi caudate ed unghiate, che esse
portavano con gran disinvoltura al collo,
dando sembianza di Ercole che è avvolto
nella pelle del leone Nemeo. Questi collari
erano semplicemente chiamati renard., se
fatti di volpe. V. Manteau.
Rendersi defunto: goffa locuzione, talora
usata per lepore. Y. Defunto.
Rendez-vous : ritrovo., appuntamento.
Yoce francese divenuta mondana, quindi
universale, e però fu accolta anche in te-
desco. Notevole però è il fatto che mentre
da noi molte parole tendono a cadere e
se ne sostituiscono senza discernimento
di straniere o di ibride, in Germania ap-
pare la tendenza a richiamare la lingua
lìoii
411
Res
alla sua purità. Così in cambio di rendez-
rour torna in onore la voce letteraria e
poetica Stelldiehein.
Rendiconto: per rendimento di conti è
neol. derivato dal fr. eompte-rendu (V.
Conto reso). Spiace ai puristi, ma nel
linguaggio amministrativo è voce tecnica.
Rendiconto^ per relazione^ rapporto mi
pare poco dell'uso : piuttosto si usa reso-
conto e se ne forma il derivato resocon-
fista: voci anch'esse riprese.
Rendimento: detto delle macchine, si-
gnifica il loro effetto utile. Tanto è mi-
gliore una macchina quanto pivi il rendi-
mento si approssima al consumo del com-
bustibile. Voce tecnica dei meccanici.
Dicesi anche in senso morale per indicare
il frutto proficuo del lavoro rispetto allo
sforzo compiuto nel lavoro stesso.
Rene mobile: è quella malattia nella
quale il rene ha perduto la sua stabilità
nella sede normale ed è suscettibile di
spostamenti più o meno notevoli. È più
frequente nelle donne, e riguarda in ispecie
il rene destro.
Renseignement : fr. informazione^ rag-
f/uaglio.
Rentier e petit rentier: fr., invece di
possidente^ benestante, possidentuccio è
voce non rara. Distinguono molti reìitier
^a possidente per questo senso, che il pos-
sidente ha beni stabili, il rentier invece
è colui che impiega i suoi capitali indi-
rettamente, cioè nella produzione della
ricchezza e perciò li investisce in rendita,
obbligazioni, azioni : ciò che i tedeschi di-
cono con intenzione Gouponsscheerer =
tagliatore di cedole.
Rentrée: faire une rentrée = revenir
en scène avec éclat. Così nel gergo fran-
(;ose e così presso di noi nel linguaggio
l)olitico e giornalistico, per indicare il riap-
parire clamoroso di qualche personaggio
in voga, sul palcoscenico del teatro e...
del teatro della vita. Voce effimera.
Reòforo: (gr. géa =: scorro e (pégo) =
porto) nomo dato ad istrumenti di varia
forma che si adattano alla estremità degli
elettrodi por condurre la corrente elet-
trica.
Reperto: latinismo del linguaggio cu-
riale: il trovato. Si dice reperto medico
nel linguaggio medico legale l'atto in
cui un medico accorso o chiamato a con-
statare un omicidio o un ferimento o una
lesione, rende conto di quanto ha visto e
presagisce la durata della malattia.
Reportage: (V. Reporter), il servizio
d'informazione in un giornale.
Reporter: ingl., relatore., informatore:
voce passata al francese ed a noi per
indicare il giornalista a cui è affidato
l'ufficio d'informazione dei fatti diversi e
della cronaca. Reportage e reporter sono
parole nuove pur nel francese.
Repoussoir: voce usata nel gergo fran-
cese : femme laide à coté d'une autre qui
estjolie (elle repousse les galants) : dunque
brutta donna posta per contrasto accanto
a bella donna. 0 vanità ! Repoussoir pro-
priamente è il ferro per cacciare i chiodi.
Reprimenda: per sgridata., rabbuffo è
voce ripresa dai puristi (fr. réprimande).
Ma si usa?
Reprimere e non prevenire: formula
liberale di governo, che ottenne una cei-ta
celebrità perchè usata e vantata da due
ministri, da G. Zanardelli, e anteceden-
temente da Bettino Ricasoli nel 1861 : Il
governo libero deve reprimere., prevenire
giammai.
Reprise : nel linguaggio teatrale in fran-
cese significa remise en scène au théatre.
La voce italiana ripresa (lat. reiteratio^
ripetizione) si alterna alla voce francese.
Reps: tessuto di seta o di cotone con
trama forte, a linee orizzontali o verticali.
Di seta, serve per abiti, di cotone anche
per sottovesti, ed è una specie di fustagno
(piqué). La parola, francese, è di incorta
etimologia.
Requisizione: domanda fatta dalla au-
torità (specialmente militare) di mettere
a sua disposizione, per publici servizi,
viveri, mezzi di trasporto, etc. Requisi-
zione è antica nostra parola che vaio ri-
chiesta., istanza. Rivivo in questo senso
per effetto della sua sorella francese ré-
quisition. La riprendo il Fanfani in questo
senso di contribuzione forzata.
Resa: nel gergo giornalistico ò voce
usata ])er indicare il numero delle copio
di giornale invendute e ((uindi, corno por
patto, restituito.
Re^
— 412 —
Ret
Respectable: questa voce inglese che
talora s'incontra in libri o giornali, è di
largo uso e consumo presso gli inglesi, e
vale ad indicare il decoro della elevazione
sociale al di sopra di un certo comune grado:
appellativo commerciale, quello che nel
gergo dei nostri commercianti è la parola
Spettabile. Y. questa parola.
Rèspice fìnem: lat., guarda tifine^
cioè riserva il giudizio alla conclusione
dei fatti, e si suol dire con intenzione.
Responsabile e responsabilità: sono
neologismi venuti con le leggi francesi,
résponsable^ e o'ésponsabilité (obbligo di
rispondere delle proprie o delle altrui
azioni): li sancisce pienamente l'uso e la
storia, e da tempo: Variante meno comune
è resptonsale. V. Fanfani, op. eit.
Responsale: è voce non bella che ta-
lora si legge e si ode in vece di respon-
sabile. V. questa parola.
Restaurant: vocabolo francese, tradotto
qualche volta in ristorante o anche in
ristoratore. ^q\V hotel si alloggia e si
pranza, nel restaurant si fanno solamente
i pasti. Yi corrisponderebbe la parola trat-
toria., ma un «esercizio di primo oi-dine»,
come si dice, crederebbe di scendere al
grado di un' esteri uccia se accogliesse il
vocabolo italiano. Il Rigutini propone come
minor male ristoratore. Il Lessico del Fan-
fani, propone osteria.^ voce a cui, come
ben nota il Rigutini, si connette nell'uso
un senso «troppo vile». Restaurant^ come
hotel, è parola conquistata dall'uso.
Restaurazione: ristabilimento di dina-
stie 0 governi, abbattuti: con speciale
intendimento storico dicesi delle dinastie
restaurate negli aviti domini dopo la Ri-
voluzione e Napoleone (1815).
Restrizione mentale: è una menzogna
ammantata o larvata o talora giustificata
con un sofisma, per modo che abbia par-
venza di verità. Es. «E in casa il tale? »
Risposta: « Qui non c'è! » e chi risponde
intende: «Qui, in questa stanza», il che
non contradice alla verità, benché nel fatto
sia una menzogna. Codeste restrinxioni
mentali sono attribuite alla ipocrisia gesui-
tica. Il vero è che non solo i seguaci di
Loiola fanno uso di tali sofismi. Osserva ciò
che avviene nella nostra vita politica ! La
restrin%ione mentale si può considerare
come un'estensione del distingue frequen-
ter degli scolastici antichi.
Résumé : fr., sunto., compendio., più fre-
quente nella locuzione en résu7né, in
breve., per sommi capi., recapitolando.
(Dal latino red e sumere). Yoce usata
per vizio.
Re Tentenna: Y. Re Travicello.
Retenzione: Y. Ritenzione.
Reticente: neologismo abbastanza strano
come formazione, per indicare persona
che tace, non palesa la verità. (Cfr. re-
ticenza).
Retrait: Y. Ritirata.
Retraite: fr., in certo ceto mondano
usasi per ritiro., oratorio e simili.
Retrattilità: term. med., facoltà che
posseggono certi tessuti di ritornare su
di sé stessi, accorciandosi.
Re Travicello : re da burla., da parata,
di carta pesta., che sta dove si mette.,
come il Re Travicello che Giove mandò
ai ranocchi. L'espressione è dovuta ap-
punto al Giusti che ne intitolò una delle
migliori sue satire (cfr. Fedro, Favole.,
I, 2: Ranae regem petentes). Dicesi con
intenzione oltraggiosa, dell'autorità regia
costituzionale. Non minore fortuna ebbe
l'altra locuzione Re Tentenna., che fu ti-
tolo di satira di D. Carbone (1847) allu-
siva ai tentennamenti di Carlo Alberto.
Retriever: voce inglese usata dai cino-
fili (che bella parola!) o cacciatori per
indicare il cane che riporta la selvaggina
uccisa col fucile.
Retroattività: Y. Retroattivo.
Retroattivo o retroattività: sono due
parole venuteci con la legislazione fran-
cese del tempo Napoleonico, rétroactif.,
rètroactivitè. Giustamente osserva il Ri-
gutini che tali voci « hanno preso tra noi
stabile dimora ». Dire che la legge non
guarda indietro sembrerebbe affettazione.
Retroattivo (lat. retro = indietro ed agere
=: operare), che opera sul passato, che
forza su fatti avvenuti antecedentemente
alla promulgazione della legge.
Retrocessione: atto per cui si cede al-
trui il diritto che questi prima ci aveva
dato : restituzione.
Retrocesso: neoL, diminuito di grado.
Ret
— 413 -
Eev
Retrodatare: voce del gergo ammini-
strativo: trasportare una data ad un
tem'po anteriore (retro).
Retroscena: propriamente ciò che si
trova od avviene, non sul palco scenico,
ma dietro la scena del teatro : quindi per
estensione figurata, il lato meno attraente
0 più attraente — secondo i casi — di
un dato affare: le segrete operazioni e
maneggi che spiegano il vero perchè di
un'azione. Retroscena è neol. comune,
tralasciato di solito dai dizionari e traduce
bene la parola francese coulisse . V. questa
voce.
Retroussé: detto di naso, è il nostro
naso all'insti. Ma la voce francese deve
alle orecchie della gente mondana aver
sapore di più finezza. « E per lunghe ore,
specialmente nelle mattinali, quanti bei
nasini retroussés^ quante pupille, azzurre
come il cielo su cui si disegna lo sfondo
delle vie Ludovisi, di porta Pinciana, etc.»
E sono sempre esempi di scrittori che
vanno por la maggiore !
Retrovia: voce del linguaggio militare,
usata per lo più al plurale per indicare
quelle operazioni, quelle difese, e quelle
comunicazioni per le qu^li l'esercito com-
battente si trova in contatto sicuro con
le basi di rifornimento e di azione.
Rettifica: ^per retti fleazione^ V. Revoca.
Retto: e più comunemente recto^ dicesi,
nel linguaggio dei librai e degli stampa-
tori, la carta del libro numerata da una
sola parte, e verso l'altra di dietro senza
numero.
Retto (intestino): ultima porzione del
condotto intestinale dal colon all'orificio
anale.
Rettorlca: per nota e facile estensione
di questa antica parola (PrjTOQiKrj rzi l'arte
del dire), essa vale non solo sfoggio inu-
tile di frasi adorne e sonanti.^ ma sem-
plicemente chiacchiere^ parole senza ap-
poggio nei fatti o nella logica.
Reucllniana: noto attributo dì pronun-
cia del greco (dal nome dell'umanista
Reuchlin, 1455-1522). L'altra pronuncia
è detta Erasmiana, da Erasmo : la prima
pecca di iotatismo^ la seconda di etacismo,
dal prevalere dei due suoni vocali * ed
e conforme alle duo ijronuncie; giacché con
quale suono i greci antichi pronunciassero
la meravigliosa loro favella, non è proprio
certo e conosciuto.
Revanche: V. Rivincita.
Revenant: parola francese, talora usata
per vizio in vece di spettro^ spirito^ fan-
tasma, detti revenants^ cioè ritornanti^
dalla supposizione volgare che ritornino
dall'altro mondo. Es. «Questa leggendaria
logorrea di morale, bandiera, sociali giu-
sti'zie, popolo, che non tocca una sola
delle cause dei mali presenti, è ben la
fioca voce di un revenant del 48, voce
che non ha in nulla l'accento, la vibrazione
dei tempi, delle cose, dei bisogni dell'og-
gi ». Così uno scrittore che passa per au-
torevole ed è, anche lui, salute d'Italia.
Si dirà : oggidì più non usa. E allora per-
chè abboccare con tanta facilità a voci
straniere, riconosciute inutili?
Réverie e réve: voci francesi, abusiva-
mente usate per sogno., fantasia., etc,
specie nel parlare signorile e mondano.
Revers: fr., nel linguaggio della moda,
i rivolti 0 mostre dell'abito.
Reversino: V. Reversis.
Reversione : o atavismo o sopravivema
(fr. ingl. ted. reversion, dal lat. re-ver-
tere) in biologia vale : ritorno dopo molte
generazioni ed incroci al tipo della specie
primitiva: in psicologia: apparizione, per
effetto della ereditarietà, di caratteri che
erano propri degli antenati o avi e che
normalmente sono a pena avvertiti. Di
questo fenomeno molto si vale la scuola
antropologica criminale italiana (Lombroso,
Ferri, Garofalo, etc.) .
Reversis o reversi : nome francese di
antico giuoco di carte. 11 nomo, tradotto
in reversino., dice in che osso consista,
cioè che si fa il contrario che negli altri
giuochi: chi fa meno punti, vince. V.
il Golii, op. cit.
Revlrement: è voce francese che vale
virata di bordo, cioè cambiamento di
mura della nave por l'azione delle vele
e del timone (V. Virare): nel senso iìgu-
rato, in fr., vale mutamento., voltafaccia,
e anche virar dì bordo., o virata di bordo,
in senso traslato. Ma revirement in corto
linguaggio giornalistico - mondano, puro
modo più bello. Solito caso !
Eev
— 414
Rie
Revisore : nel linguaggio degli stampa-
tori è colui il quale rivede letterariamente
e scientificamente, secondo il caso, le
stampe di un libro ; mentre il correttore
non attende se non alla parte tipografica.
Revoca : i puristi vogliono rivocazione^
cfr. qualifica, moltiplica^ rettifica^ ricu-
pero^ etc. Forme abbreviate, sancite dal-
l'uso.
Revolté : leggo in un articolo di fondo del
sig. F***: « Da quel poca, infatti, che si
è saputo dell'assassino del re, sembra
essere un orgoglioso e un revolté^ che le
vicende dell'emigrazione hanno, come Ca-
serio, come Angiolillo, come Luccheni,
sperduto a caso per il vasto mondo ». E
anche questo signore è uno dei molti numi
tutelari del dolce Paese! Non per altro
ho riportato questo revolté^ che certo non
è ne meno di uso ristretto in vece di ri-
belle^ se non per dimostrare con copia di
prove come neglettamente scrittori, rite-
nuti buoni, scrivano la loro lingua.
Revolver (tornio a) : meccanismo appli-
cato ad un tornio per cambiare automa-
ticamente gli iitensìli che debbono com-
piere il lavoro del tornire.
Revolver: voce inglese di nota arma
(dal verbo to revolve^ volgere, lat. vòlvere)
accolta in francese e fatta, talora, italiana
in ritioltella.
Revolverata: colpo di rivoltella.
Revulsione: term. med., (dal lat. re-
veliere) atto terapeutico che consiste nel
produrre un afflusso di sangue in un
punto più 0 meno lontano da un organo
malato allo scopo di liberare quest'organo
(ventose, salassi, cauteri, vescicanti, etc.)
Derivato, revulsivo.
Revulsivo : Y. Revulsione. Questa voce
ricorre anche in senso morale per rimedio^
sfogo e simili.
Rex regnat seti non gubernat: Y. lire
regna ^ etc.
Rez-de-ohaussée: voce francese da rez
(lat. 7'asus =r raso, resente), e chaussée
=r via (Y. questa voce), quindi apparta-
mento a pian terreno. [Re%,-de-chaussée^
chiamano i francesi quei noti capannoni^
che si usano per le officine o stabilimenti
industriali, e che presso di noi sono chia-
mati sovente col nome inglese di shed.
Rialzista: chi in Borsa fa operazioni
che agevolano il rialzo dei prezzi.
Riassorbimento : terni, med., sparizione
parziale o totale di un organo o di un
prodotto patologico, solido, liquido, gassoso
per effetto dell'essere i suoi elementi un
poco per volta stati ripresi dalla circola-
zione sanguigna e linfatica. | Febbre di
riassorbimento , elevazione termica dovuta
ad alterazione del sangue per riassorbi-
mento di materiali tossici o per effetto
di ferita settica ; e tale è in essenza anche
la febbre delle malattie interne, per alte-
razione del sangue, prodotta dai bactèri
(tossine).
Riazione: forma variante di reazione
(lat. re-àgere = operare in senso opposto),
noto termine di chimica, trasportato in
senso morale, e vale opposizione, quasi
naturale e spontanea forza che si oppone
ad altra forza, principio che si svolge per
effetto specialmente di violenza subita.
In questo senso filosofico e morale è voce
antica : « azione per cui il paziente agisce
vicendevolmente contro l' agente, per qua-
lità contraria a quella che dall'agente
riceve, e nella stessa parte per cui l'a-
gente agisce e allo stesso tempo ».
Ribassista : nel linguaggio di Borsa
colui che specula sul ribasso dei valori.
Ribes: in it. e in fr., da l'arabo ribas,
noto frutice dell'Europa media e setten-
trionale. Ribes rubrum^ L. Eccellente per
fare conserve, specialmente commisto con
lamponi.
Ribote : fr., gozzoviglia^ da cui ribotta^
voce notata da tempo ; ma parmi poco
dell'uso. Ribotta è pur notata nel Cheru-
bini (op. cit.)
Ricambio materiale : tutto il movimento
della vita, tutte le manifestazioni vitali
sono essenzialmente fondate su quel mo-
vimento continuo di entrata, di elabora-
zione e di uscita delle sostanze provenienti
dal mondo esterno, il qual movimento ha
luogo nell'organismo.
Ricevitore del Registro: detto anche
ufficiale del registro è l'impiegato che
dipende dal Ministero delle Finanze, ha
sede nelle città ove ha sede un Tribunale
ed anche talvolta una Pretura, ed ha per
specialissima missione quella di registrare
l\ÌC
415 -
Rif
gli atti e i contratti che gli vengono pre-
sentati, imprimendo cosi agli stossi la data
cei-ta. Dipende direttamente dall'Inten-
denza di Finanza. Esige la tassa degli
atti. Molti confondono le imposte con le
tasse. 11 ricevitore del registro esige le
tasse, Vagente delle imposte esige le im-
poste 0, per meglio dire, non le esige, ma
le impone. Chi le esige è l'Esattore Era-
riale, Provinciale o Comunale. NB. A
tale proposito l'Autore di questo dizionario
propenderebbe un tantino per 1' opinione
di padre Cristoforo, pur conoscendo che
sarebbe un volere « mandare il mondo
sottosopra ». {Promessi Sposi., cap. V).
È ben vero che Tacito {Storie^ lY) os-
serva : Neque quies gentium, sine armis;
neque arìna sine stipendiis^ neque sti-
pendia sine « tributa » haberi queunt.
Richiamo: nel linguaggio degli stam-
patori era la parola o sillaba che, posta
in pie di pagina, attaccava con quella
che cominciava la pagina appresso. Ora
non usa più di mettere il richiamo, se
non nelle imitazioni eleganti — oggi di
moda — delle stampe del Cinquecento.
Ricreatorio: istituto di ricreazione (gin-
nastica, etc.) per il popolo. (V. Oratorio).
Questo recente istituto di carattere demo-
cratico ha per iscopo di porger utile di-
letto e ritrovo ai giovinetti di bassa con-
dizione, togliendoli alla corruzione delle
strado e all'ozio delle bettole.
Rictus: (lat. rictus = apertura della
bocca) contrazione spasmodica dei muscoli
del volto sì da porgere l'aspetto del riso
forzato {rictus del tetano). Usasi anche
per ghigno., smorfia abituale.
Ricuperare: terni, mar., tirare a sé
l'imbando di una corda, manovra o catena
tino a metterla in forza.
Ricupero: per ricuperazione o rieupe-
r amento, V. Revoca.
Rideau: tenda., tendina (da rider =
increspare). Voce francese comunissima,
usata por abuso.
Ridentem dicere verum | quid vetat?:
che cosa vieta il dire la verità in forma
.^cherxosa ? (Orazio, Sat. I, V, 24). Eppure
la vesto del riso non parvo sufficiente ta-
lora e occorse la vesto dol simbolo, e non
bastò. Oimè, la verità ignuda non muta
dimora dal fondo del pozzo per mutar di
tempi ! Cfr. il motto della antica sapienza :
la verità procaccia odio^ e l'ossequio
gli amici. Confronta altresì la sapienza
dei versi omerici, là dove Calcante, in-
dovino e sacerdote e perciò uomo che sa
le leggi del mondo, prima di rivelare la
vera cagione dell'ira di Apolline, domanda
la protezione di Achille contro Agamen-
none, potente e prepotente. Iliade, lib. I,
74-83.
Ridicule : così è francesemente chiamata
quella tasca o borsetta dì seta o di raso,
a ricami e trine, di proporzioni più o
mono grandi, che le signore portano seco
sul braccio e dove ripongono le loro cian-
frusaglie, chiavi, fazzoletto, borsellino etc.
Ma è costume antico ; risale al tempo
del Direttorio. Allora quella borsetta si
chiamava rétieule : da reticula latino, di-
minutivo di rctes =: rete. Quindi per una
corruzione di suoni facilmente spiegabile,
rétieule diventò ridicule cioè la ridicola :
notata nei diz. d'Argot. Non ò voce co-
mune fra noi.
Ridosso: terni, mar., luogo riparato
dall'impeto del vento e del mare, come
il sottovento di un'isola, o di una punta,
0 di un capo, o di altro bastimento.
Riducibile: nel significato esteso di do-
mabile., deve essere dal fr. réductible. E
così è dell'uso irriducibile per indoma-
bile, dal fr. irréducUble.
Ridurre al silenzio: parlando di batterie
e di cannoni, dicesi per smantellare, ri-
durre in istato da non poter più rispon-
dere. Usasi estensivamente in senso mo-
rale.
Ridurre il piede di casa: mettersi in
econoììiia. V. Piede di casa.
Rien ne va plus: formula doi biscaz-
zieri di Montecarlo, quando tutte le poste
sono state messe e più non si punta per-
chè sta per cominciare il giuoco della
girella (roulette). Dicesi in senso estoso.
Rientrato: dicosi per scherno ed isprezzo
in certo linguaggio, specie dei giornali,
per andato a male, non avvenuto., non
riuscito come si sperava o voleva.
Rifare la verginità: locuzione di gergo
giornalistico e politico: vale rimettere a
nuovo, smacchiare, far comparire freschi
Eif
— 416 —
Rìm
e puri individui bacati e disonesti, me-
diante le note opere di salvataggio (V.
questa parola). La indifferenza smemorata
dell'ottimo Pantalone è il più grande sus-
sidio in codeste operazioni da consorti.
Riffa: parola che ricorre nella locuzione
ampiamente dialettale, e toscana, o di
riffa 0 di raffa = a tutti i costi. In mi-
lanese o de riff o de raff. Ma non esce
dal parlare familiare. Fr. colite que conte.
Biffa .^ per lotteria privata., è voce notata.
Rifilare : bassa voce di gergo (piemon-
tese), formata, forse, su la voce di gergo
francese refiler. Vale dare, restituire con
senso, spesso, furfantesco. V. Refilare.
Riflessi tendinei : sono contrazioni o
scosse più 0 meno complicate, più o meno
durature che si provocano eccitando mec-
canicamente i tendini. L'abolizione o l'e-
sagerazione di questi riflessi è indizio d'a-
normale eccitabilità del sistema nervoso.
Vi sono varie specie di riflessi tendinei
che prendono nome dai tendini su cui si
provocano; il riflesso tendineo più frequen-
temente studiato è quello del ginocchio.
Riflesso (fenomeno) : atti di movimento
0 di secrezione che succedono a fenomeni
di sensibilità senza coscienza : atti nei
quali l'impressione e la trasmissione hanno
luogo come in ogni altra circostanza, ma
la parte corrispondente alla percezione
manca. Moto o atto riflesso chiamasi quel
moto che si compie lienza il concorso della
volontà, come il serrar le pupille all'ap-
pressarsi di una punta, la deglutizione,
etc. L' eccitazione trasmessa dalle fibre
sensitive o centripete, è riflessa dalla cel-
lula nervosa centrale, indi inviata per
mezzo di una fibra centrifuga ad un or-
gano più 0 meno lontano (muscolo, glan-
dola).
Riflettore : apparecchio che riflette e
rimanda a distanza raggi luminosi. Es.
riflettore elettrico, (fr. réflecteur).
Rìfolo: term. mar. folata., buffo divento
istantaneo che si ripete ad intermittenza.
Se più violento, dicesi ràffica. Il Petrocchi
pone a torto il vocabolo rìfolo fra le pa-
role fuori d'uso. Voce vivissima su l'A-
driatico, anche a Zara, cara città ita-
liana !
Riformista: parola coniata per influsso del
fr. réformiste == partigiano delle riforme
(politica, religiosa, etc). Voce corrente.
In italiano converrebbe dire riformatore.
Solito doppione !
Rigàglie: V. Regàglie.
Rigente : latinismo poetico, rigens., fred-
do, intirizzito., duro pel freddo.
Rlght man in the rìght place: motto
inglese comune, variamente attribuito, e
vuol dire un uomo capace di un dato
lavoro., deve stare nel posto che gli com-
pete. Teoria naturalo, liberale, ottima e
j di eccellenti risultati. È, in fondo, la se-
! lezione dei migliori : cosa proprio contraria
I alla selezione dei meno adatti e dei più
protervi, contrarissima alla molto onorata
sentenza di governo promoveatur ut amo-
! veatur. Cfr. Dante, Par. Vili, in fine.
Rigidità cadaverica: fenomeno di indu-
1 rimento muscolare e perdita della ela-
[ sticità, che si manifesta nei cadaveri poco
j tempo dopo avvenuta la morte. Esso è do-
j vuto alla coagulazione della fibrina mu-
i scolare (miosina).
Rigollot: specie di carte senapate, forti;
dal nome dell'inventore.
Rigelo : voce del gergo francese, burle-
sco., buontempone.
Rigorismo e rigorista: termini comuni
del linguaggio filosofico, usati da E. Kant
con uno speciale significato, cioè per in-
dicare una concezione ascetica e anti-edo-
nistica della morale : morale austera. Poi
furono usati in più largo senso : metodi-
camente e deliberatamente severo.
Rilevare: V. Rilievo.
Rilievo: per osservazione, opposizione
è il fr. relief: rilievo = avanzi del pranzo
è pure il fr. relief ^iz restes d'u?t repas.
Mettere in rilievo., per dar risalto^ far
che alcuna cosa o idea spicchi, emerga
su le altre, come suole in architettura il
rilievo: rilevare per notare., sia in senso
di lode che di biasimo : per ribattere., ri-
spondere vivacemente., cogliendo il lato
manchevole od offensivo del discorso altrui:
per coìnprendere (poco usato), sono voci
e modi dedotti dal senso figurato del fr.
relever. Non è a dire se spiacciano ai pu-
risti, ma l'uso li va sempre più confer-
mando.
Rimaner nella tromba: V. Trombato.
417
Rin
Rimarcabile: per notevole^ importante
e così rimarcare per notare^ osservare^
appartengono a que' gallicismi {remar-
quable^remarquer) i quali, benché comuni,
non mi paiono molto fusi nella lingua
dell'uso, e però sono agevolmente sfug-
giti.
Rimarcare: per osservare^ notare « è
lirutto (5 inutile gallicismo come i suoi
verbali rimarcabile e rimarchevole » (Ri-
gatini). Non mancano però buoni esempi
di tale verbo. V, Rimarcabile e marca.
Rimarco: (dal fr. remarqué) nota, os-
serraxionp : solitamente si dice con in-
tenzione di biasimo. Brutta parola.
Rimedio eroico : rimedi eroici; in far-
maceutica sono detti quei rimedi che in
piccole dosi producono grandi effetti (al-
caloidi, veleni), e perchè si sogliono usare
in casi gravi, così rimedio eroico trapassò
nel linguaggio comune familiare per in-
dicare risoluzioni decisive, supreme, contro
mali morali.
Rimessa: di fondi o di effetti è voce
propria del linguaggio commerciale, e vale
invio di danari (fondi) o di cambiali.
Rimonta: per rifornimento di cavalli,
è voce del linguaggio militare : dal fr.
reììionte = achat de chevaux pour re-
monter un régiment. Nel senso di rifare,
rimettere a nuovo, detto di cappelli, scarpe,
(e così il verbo rimontare), è parola a
cui gli stessi puristi fanno per necessità
buon viso (dal fr. remonter = remettre à
nenf, remettre en ètat d'aller).
Rimpallo: nel giuoco del biliardo in-
dica il ritorno della palla avversaria su
la palla che l'ha colpita.
Rimpasto: voce usata nel linguaggio
della politica per significare una nuova
combinazione ne' consigli della città o
dello Stato con esclusione di antichi e am-
missione di nuovi personaggi. Voce che
occorre specialmente nella locuzione rm-
pasto ministeriale. « Maniera sgarbata »
e « metafora da fornai », la dico il Rigu-
tini, il quale propone modificaxione, par-
ziale nmtaxione del Ministero.
Rimpatrio : voce neologica, sancita dal-
l'uso. 1 puristi consigliano il rimpatriare
I ) rimpatriarnento .
Rimpiazzare: per surrogare, sostituire
è gallicismo ripreso giustamente dai pu-
risti {remplacer), ma non mi pare che esca
da un certo gergo burocratico o commer-
ciale ; meno usata ancora mi pare la « vo-
ciaccia » (Rigutinij rimpiazzo, per scam-
bio, sostituzione, surrogazione. Questo
rimpiazzo è per effetto del francese ; ma
non è francese in cui si dice remplace-
ment. Ri?npiazzare e rimpiazzo sono
parole notate nel Petrocchi (edizione mag-
giore). Evidentemente devono essere due
gallicismi nobilitati dall' uso fiorentino.
V, Mussare.
Rimpiazzo : V. Bùnpiazzare.
Rinascenza: voce dell'uso, foggiata, pro-
babilmente, sul francese renaissance. In
buon italiano rinascita o rinascimento.
V. queste parole.
Rinascita: meglio di rinascimento (V.
renaissance). E nomo dato al meraviglioso
fenomeno storico da cui procede tutta la
civiltà moderna. Si manifesta in Italia nei
secoli 15'^ e 16°, come risveglio di anime
dal letargo delle età di mezzo. Propa-
gasi poi a tutta r Europa civile. Uma-
nesimo , naturalesimo , ricerca , verità
insomma ed esperienza, progredienti, con-
traposte al misticismo, dogmatismo, im-
mobilismo, terrore del Medio Evo. Segno
suo più palese e parvente è il risorgere
dell'arte e delle lettere greche e romane.
In arte è lo studio della natura amorosa-
mente sentita, potentemente resa: Luca, Si-
gnorelli, il Carpaccio, Giorgione, il Dona-
tello, il Botticelli: in architettura, da prima
l'imitazione romana sostituita all'arte go-
tica, imitazione resa poi originale e gentile
e nostra con elementi molteplici, stupenda-
mente fusi in unità : in filosofia, la libertà
del pensiero : nella scienza, lo studio del
vero. (V. Risorgimento).
Rinfrescare: noi linguaggio marinaresco
si dice del vento quando aumenta dì in-
tensità e di forza.
Ring : in tedesco anello, indica per e-
stonsione, una speciale forma di trust o
sindacato, o monopolio (linguaggio com-
merciale). V. Cartel. \ Ring è puro voce
inglese del linguaggio dei tessitori : vaio
filatoio ad anelli: il nome proviene da
ciò che la torsioiui è fatta da un anellino
che gira velocissimo intorno al fuso. |
A. Pa.nzini, Supplemento ai Dixionari italiani
Ein
418 —
Ris
Ring^ è pur voce dello sport: vale chiuso^
recinto. Ring è pur voce inglese.
Ring Doubling Frame: voce ingl. del
linguaggio dei tessitori : più comunemente,
doubling; macchina che serve per accop-
piare per mezzo di torsione due o piìi fili
dei fusi provenienti dalle macchine da fi-
lare {rings o selfacfings).
Ring Spinning Frame: e più comune-
mente Ring: voci inglesi del linguaggio
dei tessitori : filatoio continuo ad anelli.
Serve per filare catena o trama : compie,
con metodo diverso, lo stesso ufficio del
selfacting.
Ringstrasse : nome di una strada di
Vienna, fra le più belle, detta appunto
via anulare o via circolare perchè co-
strutta air ingiro su gli abbattuti, anti-
chi bastioni. Ricorre questa voce estensi-
vamente.
Rinofonia: o rinolalia., nome dato in
medicina alle modificazioni del suono per
effetto della risonanza delle cavità nasali.
Ciò può avvenire tanto per mancanza della
permeabilità del naso come per esagera-
zione di questa permeabilità. Volgarmente :
voce nasale. Dal gr. Qig = naso, onde le
molte voci scientifiche rinite =z infiamma-
zione delle fosse nasali, rinologia, studio,
scienza del naso, rinoscopia, esame del
naso, rinorrea scolo dal naso, etc.
Rinvio : termine giuridico : l'atto di dif-
ferire, rimandare ad altro tempo giudizio
0 discussione davanti ad un tribunale o
ad una commissione : differimento., aggior-
namento. Spiace ai puristi come gallici-
smo (renvoi) e così dicasi del verbo rin-
viare. Ma sono voci ormai di carattere
tecnico.
Ripareila: V. Ranella.
Riporto : « Voce usata in Banca e in
Borsa. In Banca significa: vendere a
contanti per riacquistare contemporanea-
mente a termine titoli della stessa specie ;
in Borsa significa : rimettere ad una li-
quidazione successiva un contratto che
doveva avere esecuzione immediata »
(Prof. C. Bellini). Tale senso è tolto dal
francese repori.
Rira bien qui rira le dernier: riderà
bene chi riderà ultimo^ noto e comune
motto francese, cui si accosta il nostro
non dir quattro se non l'hai nel sacco,
(il quale adagio si riferisce volgarmente
a quel villano che toglieva i tordi dalla
rete, schiacciava la testa e li metteva nel
sacco. Tre vi entrarono, ma il quarto
scappò).
Risacca: terni, mar., ritorno dell'onda
quando è respinta da un ostacolo.
Risata omerica: V. Asbestos ghelos.
Riscaldamento alla Perlcins: V. Per-
kins.
Riscaldarsi a freddo: non è dal fran-
cese. Si dice però in francese: à froid
per dire sans étre échauffé., sans émotion,
sans emportement. Faire de l'enthousia-
sme., de la colere ù froid^ sans verve ni
passion réelle (Littré). Da ciò forse la
nostra locuzione.
Risconto: da riscontare, significa: ri-
vendere cambiali già prima scontate, cioè
comprate.
Riserva (senza) : per assolutamente^ sen-
za eccexione, è la locuzione francese, sans
réserve.
Riserva metallica: quel fondo di moneta
metallica che gli istituti di credito sono
obbligati a tenere nelle casse per garanzia
dei biglietti fiduciari a corso libero, auto-
rizzato dal Governo.
Riservista: soldato che forma parte della
Riserva : dal francese rèserviste.
Risi e bisi: riso e piselli., nome dialet-
tale di minestra che è speciale della cu-
cina veneziana. V. Risotto.
Riso in cagnóni : locuzione milanese
che non indica il classico risotto, ma il
riso cotto neir acqua, indi condito con
burro fritto e parmigiano o con acciughe,
funghi, ecc. Onde 1' antiestetica voce ca-
gnoni? Pare da can che in milanese vuol
dir baco, appunto perchè il riso bianco
per effetto dei puntini scuri del burro
fritto assomiglia a dei bachi. Almeno cosi
mi fu detto. V. Risotto.
Risorgimento: con questa parola più
specialmente si intende il risorgere ad
unità e a libertà della patria nostra (1796
ovvero 1814-1870). In senso letterario e
filosofico risorgimento talora si usa per
Rinascita (v. questa parola) o Rinasci-
mento. Sono questi i due grandi momenti
della storia e del pensiero d'Italia.
Kis
419
Ris
Risorsa : per iìiex,%,o^ s'pediente^ provento^
emolumento, guadagno., compenso, aiuto,
profitto, etc, etc, è dai puristi condan-
nata come parola francese, ressouree (da
source = sorgente). E voce ormai usatis-,
sima presso di noi e servì altresì al titolo
di un bellissimo scritto del Carducci, Le
risorse dì S. Miniato al Tedesco. Chi
[)iù ne vuol sapere legga ciò che piace-
voleggia il Rigutini facendo il processo
di detta parola nel principio dei suoi Neo-
logismi, etc. (op. cit.).
Risotto: il riso divide, come territorio
-astronomico, l'Italia superiore (Veneto
Lombardia) dall'Italia meridionale. Qui il
cibo quotidiano sono i maccheroni, cotti
con speciale arte, cioè in molta acqua e
al dente, e sono conditi semplicemente,
con copia di pomidoro e formaggio di Sar-
degna, assai piccante. Nell'alta Italia do-
mina il riso: esso forma il cibo presso
che quotidiano. Fra le maniere di prepa-
rare il riso, la più tipica è quella del ri-
sotto alla milanese, cioè con zafferano. È
bellissima nel suo studio di toscana eletta
purità la spiegazione del risotto quale dà
il Cherubini {op. cit.): « Soffritto che tu
abbia nel burro alquanto midollo di manzo
e una cipollina trita, vi metti il riso : uq
po' abrostito eh' ei sia, tu lo inondi di
buon brodo, indi lo regali di cervellata e
di cacio lodigiano grattato ; lo lasci così
cuocere e beversi tutto di brodo, dopo di
che lo ingialli con una preserella di zaffe-
rano ». Varietà prelibate del risotto sono:
con i funghi, coi tartufi, con la luganega
(salciccia), con code di gamberi (detto alla
• ei-tosina, cioè di magro). Quanto poi al
riso in brodo, oltre al minestrone, già qui
notato, sono da ricordare le seguenti mi-
nestre, buone specialmente per chi piace,"
giacche « fra noi — cito ancora le pure
espressioni del Cherubini — il riso in
zuppa si vuol maritare con erbaggi e le-
gumi e carnaggi di più specie », onde
riso e rape, riso e cavoli, riso e xucche,
riso e piselli (V. risi e bisi), riso e fava
riso e corata, etc. Il così dotto riso in
cagnoni è una varietà di risotto, cotto
cioè prima nell'acqua, colato, indi condito
lon burro, aglio, acciughe, cacio, funghi,
(te. (V. Riso in cagnoni). Hi questo com-
binazioni, molte sono comuni col Veneto.
A Venezia sono caratteristiche le minestre
di riso con alcuni pesci, come seppie, tel-
line, arselle (peoci). Nel Comacchiese si
preparano eccellenti risotti con le anguille.
L'Emilia e la Toscana segnano poi una
zona, per così dire, di separazione tra il
regno del riso e quello dei maccheroni.
In questa parte centrale d'Italia predo-
minano le minestre di pasta fatta in casa,
senza verdura se non quanto basta per
dare aroma al brodo. Oltre alle classiche
tagliatelle bolognesi, ricordiamo le mine-
stre di pasta, farcita o drogata, come i
passatelli, i cappelletti, i tortellini, sì in
brodo come asciutti, ed anche qui la varietà
è così grande nella unità che ad es. Parma
ammannisce e condisce diversamente da
Bologna, Bologna da Ravenna. V. a questo
oggetto il bel libro citato dell' Artusi. E
come per le vivande, così pel vino: bevesi
vino di Gragnano in Napoli, Canina e
Sangiovese in Romagna, Carmignaiio e
Chianti in Toscana, vino delli Castelli in
Roma. Sì mangiando risotto a Milano,
come spaghetti a Napoli, o fettuccine a
Roma, io mi sento italiano, e godo del-
l'italianità sì del Barolo a Torino come
del Sassella valtellinese : e mi parrebbe
peccato guastare questa stupenda varietà
gastronomica, né por questo mi sento meno
unitario. Per ciò che riguarda la lingua
italiana, vi sarebbe a diro qualcosa di si-
mile in opposizione a quei fanatici della
scuola e teorici che vorrebbero sotto la mec-
canica unità della parlata fiorentina ridurre
l'italiano. Curassero e difendessero costoro
altra cosa che le parole edj suoni ! curas-
sero l'italianità dell'idea e del pensiero!
piuttosto la logica grammaticale sintattica,
nostra! e quanto all'unità formale e ma-
teriale lasciassero la cura al tempo ed alla
legge storica naturale evolutiva ! V. Car-
ducci, Mosche Cocchiere, e mi scusi ohi
legge se questo paragrafo, mescolando
così vari ingredienti, e riuscito proprio
un risotto.
Risotto al salto : cosi chiamano a Milano
il classico risotto con lo zafferano il (jualo,
rimasto freddo o a mozza cottura, è poi
fatto saltare e rosolare in padella con
altro burro. Gli abili cuochi ne formano
Eis
— 420 -
Riv
certe lune sceme o mezze lune, fumanti
e appetitosissime.
Rispettabile: per bello^ buono^ consi-
derevole, come un capitale rispettabile^ è
modo ripreso dai puristi. Lo sancisce l'uso.
Rispondere per le rime : cioè a tuono,
a modo e forte, cioè con pari violenza ed
acredine. Questa locuzione trae origine
dal costume popolare delle proposte e ri-
sposte in rima, ed accademico di rispon-
dere ai sonetti con sonetti di uguali rime.
Di solito quei letterati non si scambiavano
frasi gentili 0 complimenti, ma acerbi motti:
dicevasi anche risposta alle consonanze.
Risponder picche: così si dice quando
si rimane delusi nella domanda : locuzione
familiare e faceta. Non è dal francese, e
verosimilmente deve essere dedotta dal
giuoco delle carte (picche, fiori, cuori,
quadri).
Rispondo che non rispondo: vecchia
locuzione del linguaggio parlamentare,
rimasta viva sino ad ora : fu pronunciata
nel Parlamento Subalpino dal Ministro
G. Filippo Galvagno.
Ristorante: Y. Restaurant.
Risùcchio: term. mar., movimento vor-
ticoso dell'acqua a guisa di spirale all'in-
giii, che tende ad affondare.
Risus abundat in ore stuitorum: il riso
abbonda su le labbra degli stolti : antico
motto latino, di formazione, credo, popo-
lare : di molto consumo nelle scuole. Cfr.
l'altro motto, il riso fa buon sangue. La
sapienza del popolo ha di solito proverbi
di opposto senso, cioè che si elidono,
come ad es. chi dorme non piglia pesci .^
e l'altro la forhina viene dormendo.
Ritardatario: detto di chi arriva in
ritardo, riprendesi come il fr. retardaire.
Ma chi usa più la voce indugiatore? chi
userebbe il tenebrone^ suggerito dal Fan-
fani?
Ritenere: per credere,' tenere., senten-
ziare, giudicare è neol. superfluo, ripreso
dai puristi.
Ritenzione : (lat. re-tinere = ritenere)
term. med. : dice esservi ritenzione quando
una sostanza liquida o solida, destinata
ad essere espulsa dall'organismo, resta
ne' serbatoi che la contengono e per il
suo accumularsi o per la sua presenza
diviene cagione di malattia (placenta, bile,
urina).
Ritirata: la parola fr. retrait (lat. re-
traheré) ha dato origine a questa assai
goffa parola ritirata^ nota per le stazioni
d'Italia. Non mancano parole nostre: cesso
(secesso., cioè luogo appartato)., licet^ luogo
comodo., latrina., lat. latrina da lavatrina^
(cacatoio)., ma hanno senso ed uso plebeo.
(V. Lieux d'aisanee). Il dialetto milanese
ha la buona voce camer., la lingua clas-
sica agiamento e privato (« Che dagli
uman privati parea mosso », Dante Inf.
XYIII), ma sono vocaboli caduti in disuso
e appartengono all'archivio storico della
lingua. Per indicare tale luogo decorosa-
mente v'è chi dice, pur usando un galli-
cismo, gabinetto: altri dice stanzino, o
con voce apertamente straniera retrait.,
water-closet ., do set.
Ritornare : ne] senso di restituire^ ri-
mandare riprendesi dai puristi come uso
conforme al retourner de' francesi. Ma
mi pare poco usato.
Riuscito : usato assolutamente per bello,
è neol. tolto, secondo i puristi, dal francese
réussi ^ beau., brillanta ed è notato in tale
senso nei diz. d'Argot.
Riva (a) : o arriva voce comune e no-
strana del linguaggio marinaresco, da riva
nel senso di luogo estremo, sommità. A
riva vale alla sommità degli alberi o dei
pennoni. A riva! voce di comando.
Rivalsa: da rivalere., è neologismo ( « inu-
tile » , nota il Rigutini) per risarcimento.,
rifacimento.
Rivelare : i puristi non hanno torto
quando notano che rivelare in italiano
ha senso grave e solenne, quasi togliere
il velo che ricopre cose misteriose o no-
bili : nel senso comune di mostrare., dar
a vedere., etc. è un'estensione conforme
al francese. Ma la forza dell'uso vale più
di ogni buona ragione.
Rivelazione: lat. revelare., manifestare:
in teologia significa manifestazione di
Dio per opera di agenti naturali od
umani., e più specialmente la comunica-
zione della volontà e del pensiero divino
per mezzo di uomini inspirati (profeti).
Ogni religione suppone una maniera di
rivelazione, la quale ha valore secondo
Riv
421
Roc
la fede ed i tempi. | Dicesi familiarmente
rivelaxione \)er > manifestazione non so-
spottatii del valore e dell'ingegno.
Rivetto : voce abusiva, usata da alcuni
meccanici ed in commercio (fr. rivet) per
indicare i chiodi a due teste.
Rivière: o rivière de diamants ^coWana,^
così detta per estensione di rivière = rivo,
riviera, come è spiegato da questo gra-
zioso bisticcio. — Oh/ la magnifique
rivière! D'oii lui vient-elle? — Parbleu!
d'oà viennent toutes les rivières : des pe-
tits riiisseaux! Questa voce francese non
è rara nel nostro ceto elegante.
Rivière: fr., specie di punto a giorno
formato cioè togliendo i fili dalle stoffe.
Rivincita: i puristi osservano che ri-
vincita in buon italiano vale vincer di
nuo'vo^ ma non vale la revanehe francese
che deriva da re e vanger, cioè ricatto^
vendetta. Il vero è che, o per influsso
del francese o per spontanea estensione
della parola, rivincita vale oramai tanto
l'una che l'altra cosa. Dirò ancora che i
francesi ci hanno, dal 1871 in poi, così
abituati alla loro voce revanehe che noi,
sia pure per celia, chiamiamo talora re-
vanehe la stessa 2^ partita del giuoco.
Rivoltante: per ributtante^ stomache-
vole è il fr. révoltant. Es. « eccezion fatta
degli sposi novelli le cui smancerie in
publico sono comiche e spesso rivoltanti ».
(Sempre esempi di scrittori che vanno
per la maggiore, mosche cocchiere e sa-
lute di quest'umile Italia!). Il dialetto
veneziano ha la incisiva voce stomeghexi
z:^ far stomaco., far venir su la cena di
Natale^ etc, etc. Corto bisogna volger la
frase italianamente, cioè pensare in italiano.
Rivoluzionare: dal fr. révolutionner^
verbo neologico usato e abusato, che non
vuol dire soltanto far insorgere^ ribellare.,
abbattere., sconvolgere per effetto di rivo-
luzione, ma contiene il concotto di rinno-
rare per effetto di nuovi istituti, scoperte,
invenzioni e simili. Il Rigutini osserva
con senso di biasimo: « i francesi che di
rivoluzioni si intendono molto, hanno fatto
il verbo révolutionner., etc. » e gli italiani
che regolarono i loro moti secondo i moti
di Francia V Evvia ! si può davvero ac-
cettare qualche vocabolo !
Rlvoluzionarfsmo: uno dei tanti ismi
di fabbrica italiana, foggiati per arbitrio,
e senza necessità.
Rizza: terni, mar., ciascuna di quelle
corde che servono a legare solidamente e
stabilmente.
Roast-beef: voce inglese e vuol dire
bue arrostilo., la quale conforme alla pro-
nuncia, si scrive in francese e in italiano
rosbif; in Toscana rosbiffe. A rigor di
termini ogni pezzo di bue arrosto è rosbif
ma nella cucina inglese sotto questo nome
si comprende tutto il controfiletto dell'a-
nimale. Si cuoce a vivo fuoco, e agli inglesi
sembrerebbe guastarlo aggiungendo altro
condimento che il pepe e il sale. Quando
è rosolato bene all'esterno, sanguinante
dentro, ritienesi di ottima cottura. Il sugo
servesi a parte in una salsiera e con forti
droghe. Passando in Francia il rosbif si
è raggentilito, con alcuna modificazione
nell'arte della cottura. Il rosbiffe con co-
desto travestimento toscano in iffe^ è
sfuggito alla severa caccia del Fanfani,
ed è voce accolta nel Petrocchi e nei diz.
moderni dell' uso.
Robe : voce fr. della moda : è il vestito
da donna, giacchetto e sottana. Cfr. la
nostra voce classica roba per veste : « Vii
tonaca t'ammanta e ti dismanta la roba
pomposa », Boccaccio, e robone., la veste
magnifica de' cavalieri, dottori, magistrati,
rimasta nel francese, che robe vale toga.,
abito dottorale., onde gens de robe, no-
blesse de robe.
Robinetto : per chiavetta è il fr. robinet.,
voce oramai di uso comune. Robinet è
detto da robin., sopranome del montone,
perchè i primi robinctti si facevano in
forma di testa del montone.
Robiola: dal milanese robÌQ'Ma: pani
0 forme di vallonea e di residui di pelle
che si usano per ardere : in fr. motte à
brùler. Verosimilmente dal nome di certi
piccoli formaggi a formetta schiacciata ;
toscanamente, raviggiuolo o reriggìuolo.
Rocaille: voce francese, e si dico talora
per indicare quei lavori artificiali (come
grotte, sodili, etc.) fatti di pietre, tufo,
conchiglie, che usano nei giardini. Gusto,
non fine corto, che risalo ai secoli XVII
e XVIII.
Eoe
422
Rom
Rocambole: nome che si pronuncia an-
che italianamente : è il protagonista di
una serie di romanzi, dettati dalla infa-
ticabile Ce perchè no?) geniale penna di
Ponson du Terrail (1829-1871): il quale
Rocambole su la gran scena di Parigi
compie le più inverosimili ed audaci im-
prese, di male prima e poi di bene, che
fantasia possa pensare. Il nome diventò
proverbiale per indicare un abile avven-
turiero.
Rocambolesco: si dice come attributo
di impresa furfantesca audace, dramma-
tica, inverosimile, secondo l'arte del fa-
moso Roeamhole (V. questa parola).
Ròccolo: voce ampiamente dialettale
che vale, press' a poco, ragna, sottilissima
rete, usata per uccellare. (V. il Che-
rubini, op. Git. che a lungo ne ragiona).
Voce usata popolarmente in Lombardia
in senso morale per trappola^ richiamo^
per invescare, irretire.
Rocking-chair : voce inglese a cui ri-
sponde esattamente la nostra: sedia a
dondolo.
Rococò 0 roccocò : nome che i francesi
diedero ad un noto loro stile architetto-
nico del tempo di Luigi XV (secolo XVIII)
e che è caratterizzato da bizzarre e stra-
vaganti esagerazioni e ridondanze. E una
derivazione del nostro barocco. Rococò
deriva da rocaille^ specie di pietra molto
usata in detto stile. Del quale stile i fran-
cesi incolpano il Bernini nostro, che a
lungo dimorò in Francia.
Rococò : = vieux., suranné^ ridicule, nel
linguaggio familiare francese ; e così presso
di noi, e familiarmente.
Rodin : noto personaggio àoiV Ebreo Er-
i-ante di E. Sue. Simboleggia il gesuita
nelle più spiccate manifestazioni difettive,
attribuite a questa setta religiosa. Il nome
ebbe, un tempo, un certo valore antono-
mastico.
Rogare: verbo dialettale della media
Italia (lat. rogare)., brontolare^ minac-
ciando e pretendendo., onde Rogantino
0 Rugantino, noto nome di nota ma-
schera romanesca, ultima discendente di
Pirgopolinice, Capitan Spavento, Mata-
moros, etc. | Rogare è pur verbo del dia-
letto romanesco. | Rugare in milanese vale
frugare., stuzzicare, tramestare, strofi-
nare., tanto in senso proprio come in senso
morale, ma ha altra origine = cioè a fru-
gare 0 frucare in italiano.
Rogatoria: antica voce del linguaggio
forense che vive nella frase assumere per
rogatoria un teste lontano ovvero un mi-
nistro del re : cioè delegare ad un giudice
di assumere la deposizione e spedirne il
processo verbale all'autorità delegante an-
z^ichè far comparire il teste lontano o il
ministro a deporre in giudizio.
Roggia: voce lombarda ant. ronsgia e
rosgia; fossa derivata da fiumi per irri-
gazione 0 per muovere mulini o gual-
chiere.
Rola: voce del dialetto romagnolo, vale
focolare (Metatesi di lares?).
Role: (lat. rotulus) per ufficio, jìarte.,
voce francese usata per vizio.
Roma locuta (est) causa finita (est) :
i?oma (come suprema autorità della Chiesa
ha dato la sua sentenza) ha parlato, e la
causa è finita. Il motto che si ripete
parlando di Autorità, o Tribunali, o per-
sone presso le quali risiede la facoltà del
giudicare e dirimere comunque le questioni,
deve essere di antica formazione popolare :
altri ne vuol trovare le origini in S. Ago-
stino, Serm. 131 , 10.
Roma 0 Morte: locuzione storica (1862-
1870): noto grido e programma logico
garibaldino e del così detto partito di
azione : soffocato ad Aspromonte ed a
Mentana, trasse la monarchia Sabauda
sul Campidoglio. Per l'origine del motto
cfr. il Guerzoni, Garibaldi, voi II, pag.
302-303.
Roma per toma (capire) : vale, fami-
liarmente, intendere una cosa per un'al-
tra, fare il sordo. Antica locuzione, notata
nel Cherubini. V. Prometter Roma e toma.
Romanesco : il dialetto parlato in Roma
e assurto a dignità di arte per opera di
G. Belli e ai dì nostri, del Pascarella.
Romanista : studioso delle lingue romane
0 romanze (neo-latine).
Romano de Roma: fiase tipica di cui
si serve il popolano, specialmente di Trans-
te vere, per distinguersi dai non romani,
dimoranti a Roma : traduzione libera del
civis romanus sum.
Kom
423 —
R08
Romanzatore : per romanxiere^ è antica
parola nostra dal Petrocchi, come al so-
lito, collocata fra le voci morto, ma che
vedo oggi rifiorire : manifesto influsso della
scuola estetica. È il caso di ripetere con
Orazio : inulta renaseentur vocabula !
Rompente: part. sostantivato di rom-
pere^ lo scoglio a fior d'acqua o la riva
ove l'onda si rompe e spumeggia, impe-
dita nel suo corso; l'onda stessa o caval-
lone. Dicesi anche frangente.
Rondeau : V. Rondò.
Rond de cuir: è la ciambella di cuoio
su cui l'impiegato sopra pone la parte più
sedentaria del proprio corpo, quindi l'im-
piegato stesso. Rond de cuir = employé
de boureaii. Voce del gergo familiare.
Rondine o rondinella di mare: elegan-
tissimo uccello; appartiene al genere ster-
na, molto affine al gabbiano. V. Cacai.
Rondinella pellegrina : Y. Solitaria
7irir oblio.
Rondò : « (fr. rondeau) sviluppo variato
della canzone. Consta di un periodo prin-
cipale e di due o più episodi in una to-
nalità diversa dalla prima e d'impianto
del pezzo. Caratterizza il rondò il ritorno
del motivo principale dopo ciascun episo-
dio. » (A. Galli op. cit.). «In tale senso
conviene tenercelo come ci teniamo ou-
verture, stiite ; ma per piazxaletto a capo
di un viale è da lasciarsi ai francesi »,
così il Rigutini. I Rondeau infine è nome
di un'antica forma di componimento poe-
tico francese.
Ronzinante: (spag. Rocinante) nome
famoso del cavallo di Don Chisciotte, pa-
ziente, intelligente e fedele compagno del-
l'Eroe dalla Triste Figura. Usasi in alcune
locuzioni con senso estensivo, come infor-
care il suo Ronzinante. (Cfr. il fr. roncin.,
o. il nostro ronzino).
Rasbiffe e rosbif: V. Roast-beef.
Rose, 0 anemoni di mare, o ortiche di
mare : come sono dotte a Napoli : voci
volgari àdW Attinia. (V. questa parola).
Roseola: (da rosii) terni, med., eruzione
di macchie rosee su la pelle, senza o con
lievissimo rialzamento: spariscono dopo
qualche giorno lasciando una tenue squa-
ma. È sindrome di alcuno malattie o stati
patologici : macchie lenticolari della febbre
tifoide, del vero tifo, della sifilide, etc. e
di alcune specie di avvelenamenti. Cosi
pur si dice roseola del noto fenomeno
vaso-motore, per effetto di emozione (pu-
dore).
Rosetta o Rondella : (traduzione del fr.
rondelle, o con voce dialettale milanese,
ranella) chiamano i meccanici quella ro-
tella 0 cerchietto di metallo, di cuoio o di
altra materia, forata per lo mezzo, che
serve per alcuni meccanismi (ingl. washer^
ted . IJntermutterscheibe) .
Rosière : è detta in Francia quella pul-
cella che ha ottenuto il premio della virtù,
fu cioè coronata di rose, il fiore della
Voluttà destinato in questo caso a lau-
reare la castità pudica. Costume ancor
vivo in certe terre di Francia, sostituito,
però, l'oro o la dote alle effimere rose. La
tradizione attribuisce cotesto costume a
S. Médard. Ma forse a quei tempi era più
facile trovare cotali pulcelle.
Rosminiano : dicesi non soltanto di que'
sacerdoti che appartengono all'ordine fon-
dato da A. Rosmini (1797-1855), ma equi-
vale altresì a prete liberale, dotto, evan-
gelico, non intransigente.
Rosso 0 scarlatto : dicesi familiarmente,
riferendosi alla bandiera rossa del partito
republicano, di persona che abbia in po-
litica opinione apertamente republicana,
rivoluzionaria : dicesi anche di giornali.
Rossòli: 0 ròssoli.^ dal colore rosso au-
rato, 0 barboni^ dalle due barbe o barbigli
mobili che hanno sotto la bocca, chiamasi
volgarmente sul litorale Adriatico la triglia
piccola (mullus). La triglia, quando è
grossa, è fra i pesci più pregiati, fin dai
tempi dei buongustai dell' antica Roma.
Rossumata : voce lombarda estesa oltre
al dialetto (rossumàda e ressumàda)^
deriva da rossumm^ mil., rosso d'uovo.,
quindi rosso d'uovo sbattuto con vino.
Rostbraten : se in qualche birreria od
albergo si vedrà su le note o si udrà dal
cameriere questa dura i)arola tedesca, non
v'è a credere che sia un piatto speoialo
e raro: vuol dire braginola nulla più
(auf deìn Roste braten :- cuocere in gra-
ticola), come pot-au-feu vuol dir lesso con
verdure cotte. È vero che gli uomini
mangiano anche con la fantasia, o ciò
Kos
— 424
Ruc
spiega in parte il perchè di molte bizzarre
od ostrogote parole nel linguaggio delle
trattorie.
Rosticiana : voce dialettale milanese
(rostiscianna) : carne per lo più di porco,
fatta saltare a fettine in padella con gran
copia di cipolla. E la nobile parola antica
arrostieciana^ braciuola di porco arrostita,
reg. dal Petrocchi fra le voci morte. Y.
ciò che è detto alla parola schiampa.
Rotabile: voce generica per veicolo^
ripresa dai puristi, poiché rotabile vale
©varrebbe ehe può essere rotato. Voce
degli uffici e dei giornali.
Rotacismo : {Qcjrauiojiiog = viziosa ri-
petizione delle erre) indi per estensione
scientifica, la difficoltà o l'impossibilità
di pronunciare questa lettera (fenomeno
che appare ne' bambini, indi dispare).
Rota 0 Ruota (Santa Ruota) : tribunale
stabilito in Roma verso il 1326 da papa
Giovanni XXII per giudicare le cause
importanti degli Stati della Chiesa e de'
paesi cattolici. Detto Ruota sia perchè
questi affari prima di essere giudicati fa-
cevano il giro (ruota) dei tre uffici in cui
i 12 giudici erano partiti, sia dalla dispo-
sizione dei seggi a modo di tavola rotonda
così da impedire ogni preminenza.
Rotlisohild: nome della più grande casa
bancaria del secolo XIX, fondata dall'ebreo
Anselmo R. (1743-1812) di Francoforte
sul Meno : nome divenuto sinonimo di
persona doviziosissima. Es. « il furto è
sempre un furto sia che lo commetta un
miserabile o un Rothsehild ».
Rotina: V. Routine.
Ròtolo : misura di peso napoletana, di
poco inferiore al chilo.
Rotta : dal fr. route.^ è voce del linguag-
gio marinaresco per indicare la risultante
della forza motrice del bastimento, onde
le frasi far rotta, dar la rotta (assegnare
ai timonieri la direzione), rotta corretta,
stimata, navigata. La registra il Tom-
maseo : manca in molti lessici dell' uso.
Yoce necQSsaria.
Rotti : spiceioli, frazione non solo di
unità, ma di decine e di centinaia.
Rottura: per principio di inimicizia,
discordia è voce classica. Cfr. tuttavia
il francese rupture = division entre per-
sonnes unies par traile, par amitié, etc.
Cfr. il modo nostro essere in rotta.
Ròtula: latinismo del linguaggio ana-
tomico, osso della gamba, di forma irre-
golare, situato davanti al ginocchio : co-
munemente, rotella.
Roulement: Y. Rullio.
Roulette: tradotta da alcuni in ridetta,
è diminutivo di roue, ruota. Questo giuoco
d'azzardo o di ventura dal nome francese,
che trionfa a Montecarlo ed altrove, vi-
ceversa poi è giuoco italiano, antichissimo,
come ce lo provano i bandi fiorentini che
lo proibivano « anche nelle case private
sotto pena a' cittadini di scudi dieci d'oro».
Come si chiamava V La girella o girello.
Altra voce nostra semi-morta.
Routler: neol. fr. per significare il ve-
locipedista viaggiatore, non corridore; su
strada, non su pista (Y. Pista): coureur
vélocipédiste qui court sur route.
Routine: dal fr. route = rotaia, car-
reggio, carreggiata, poi col traslato forte
e felice de' francesi, la pratica l'abitudine o
tradizione che fa ripetere automaticamente
la stessa cosa, anche se la ragione emenda
e rinnova. Dicesi specialmente degli uf-
fici. E come è difficile al somiere uscire
di carreggiata, cosi alle amministrazioni il
lasciare la vecchia pratica : onde il senso
di spregio alla voce routine, tradotta anche
in rotina. 1 fr. hanno anche routinier.
Es. « Perisca l'Italia e la monarchia, ma
si salvi la Routine! ».
Rovescio : per disgrazia è il fr. revers,
revers de fortune (senso figurato di revers,
lat. reversus).
Rowing Frame: ingl., banco a fusi.
Vocabolo che non esce dal linguaggio
dell' industria tessile. Serve per prepa-
rare le spole di stoppino da mettere su
le macchine da filare {rings o selfac-
tings).
Rublo : moneta russa d'argento, del va-
lore di circa lire 2,50 di nostra mo-
neta.
Ruche: fr. striscia di tela di lino o di
seta 0 di bisso o di merletto, pieghettata,
e che serve ad ornare i vari indumenti
muliebri. È cosi detta per simiglianza col
favo degli alveari, ruche propr. = arnia,
bugno.
Uud
4*J5 —
Euo
Rudement: nel gergo familiare francese,
r= beaucoup. très.
Rufina: nome di vino toscano di molto
pregio, simile al Chianti: più austero e
meno vellutato: dal nome del luogo, in
provincia di Firenze.
Ruga: voce milanese per ruta: erba
ruga volgarmente è detta in Milano la
grappa in cui è infusa questa nota erba
aromatica. | Ruga in bolognese vale bruco
e anche compagìiia di persone.
Rugantino: V. Rogare.
Rugare: V. Rogare.
Rugiadoso: per «gesuita, untuoso» pie-
tista, clericale è notato nel Petrocchi. Ma
è neologismo che non mi pare che esca
dal linguaggio giornalistico. Senso figurato,
quasi a dire per ironia « stillante della
rugiada dell'amore e del compatimento
cristiano ». Così almeno suppongo. Il Car-
ducci in Confessioni e Battaglie (Vale)
rinnova quest'aggettivo nel bel senso an-
tico di florido : « Quale egli entrò fiorente
di forza, rugiadoso d'ideale, nella prima-
vera sacra del 1848, tale egli esce da
questa ombra bizantina di trasformismo».
Ruit hora: V. hora ruit.
Rulare o rolare: voce deforme che ta-
lora si ode — specie nel linguaggio dei
cuochi — in vece di rotolare (fr. rouler).
Rule Britannia ! Britannia rules the
waves: impera.^ o Britanìiia! La Bri-
tannia è signora dei mari : sono le prime
parole dell'inno nazionale inglese, tolto
da un coro ^q\V Alfred di Giacomo Thom-
son, scritto nel 1740. Cfr. il Yergiliano:
Tu regere imperio populos^ Romane.^ me-
mento. Altri tempi : cfr. Barite : Parfl^o^^so
XVI, 73:
Se tu ri},^uardi Luni ed Urbisaglia
Come son ite, e come so ne vanno
Diretro ad esse Chiusi e Siniyaslia;
Udir come le schiatte si disfanno
Non ti parrà nuova cosa nò forte.
Rullio: oltre che dello navi, si dice
anche delle locomotive e delle carrozze
dei treni, indica cioè le oscillazioni intorno
all'asse longitudinale. È voce tecnica, ep-
pure tanta è la forza del servire al fran-
cese che trovo questo periodo in un au-
tore, che al solito, va per la maggiore :
« queste vetture hanno permessa una dol-
I cozza del cosi detto roulement che prima
j era sconosciuta ». Un poeta non potendo
in verso mettere roulement. e non ricor-
dando o non garbandogli rullio., adatta
la parola rullo che per noi ha altro senso,
i ed ha la fortuna di trovare un altro poeta
[ e professore di Università che lo difende:
: è il caso di riportare il passo: «L'autore
I non può essere né un adoratore né un
giocoliere della parola. Egli non ama e
non cerca la parola per sé stessa: ma
della parola ha il vero rispetto, che troppi
non hanno, considerandola nella vitale
sua connessione col sentimento e con l'idea.
Primo, se non unico, ufficio della parola,
è l'esprimere. Perciò egli non si sbigot-
tisce né di barbarismi, né di neologismi,
quando gli pajono espressivi ed acconci;
j e dirà liberamente nord., sud.^ rullo (nel
I senso francese di roulement)., pioniere, e,
: se occorre anche bereeaux., ecc. E se sente
I il bisogno di una parola che non c'è, non
esiterà a coniarla ; per esempio ynigra-
bondo » . Arturo Graf in Nuova Antologia.,
fase. 775 del V aprile 1904. NB. Quando
si dice nascere fortunati!
Rullo: V. Rullìo.
Rum : il vero rum è acquavite di canna
di zucchero : ing. ruTU., fr. rhum o, me-
glio, scrive il Littré, rum., toscanjimente
rumme : la parola e la cosa ci vennero in
origine dall'Inghilterra e pare fosse in ori-
gine voce di gergo e significasse btiono
(buona bevanda).
Rumores fuge: fuggi le ciarle o meglio
in senso filosofico, fuggi le umane contese.
(Dionisio Catone, Disticha de moribus.,
lib. I).
Run: ingl., correre. Nel gergo di Borsa
è così detto quel panico che fa sì che i
depositanti accorrano agli sportelli di una
Banca o cassa di Risparmio quando si
diffonde voce di fallimento e temono che
i depositi siano in pericolo.
Ruota del timone: quella ruota a ma-
nubri, situata a poppa o sul palco di co-
mando, con la quale si manovra il timone.
Ruota 0 Dritto di poppa : pezzo di co-
struzione piantato su la estremità posteriore
della chiglia per formare la poppa, sul
quale s'impernia il timone. Infd di ruota:
andatura di un veliero, quando naviga
Euò
— 426 —
Rut
col vento in direzione della ruota di
poppa.
, Ruòta di prua : pezzo di costruzione
dritto od alquanto ricurvo, ohe si pianta
su la estremità anteriore della chiglia per
formare la prua.
Bush : voce inglese (letteralmente, slan-
ciarsi^ precipitarsi) usata talora nelle
corse dei cavalli per indicare l'ultimo
sforzo per raggiungere la meta.
Rupia: ingl. rupee, (India) = L. 2,376.
E l'unità monetaria dell'India inglese: è
moneta d'argento.
Rus: 0 rus^ quando ego te aspieiam:
0 campagna^ quando io ti potrò rivedere^
e prosegue : « quando potrò godere l'oblio
della faticosa vita, ora nella lettura di
antichi autori, ora nel sonno e nella pace
del tempo, trascorso senza far nulla ? ».
Così felicemente Orazio nella satira VI
del libro II che comincia : Hoc erat in
votis; e vi si sente un anelito, che par
dell'oggi, per la libertà, la pace e la bel-
lezza della vita campestre, come la può
intendere un filosofo ed un poeta.
Ruse : francese, è proprio la nostra pa-
rola astuxia^ e rusé = astuto^ scaltrito^
senza contare i molti e arditi e bei modi
di popolo: eppure in certo linguaggio le due
voci francesi sono dell' uso ! Vera mi-
seria !
Rusticana (cavalleria) : noto titolo di
una novella del Verga cui aggiunse for-
tuna la fortuna del musicista P. Mascagni.
E, come è noto, la storia di un duello fra
contadini siciliani. Dicesi nel parlar fa-
miliare cavalleria rusticana per garba-
tezza da villano.
Rustica progenies semper villanafuit: la
razza dei villani fu sempre i^illana., antico
motto di sapore maccheronico e di uso popo-
lare. Contiene il pensiero dell'ereditarietà
del costume e dei modi, e talora, faceta-
mente, vale grossolano., rozzo., ineducato.
Rutilante: è antica voce nostra, dal
latino rutilare = rosseggiare, rifulgere,
scintillare. Ma l'uso, specie in senso tras-
lato che si fa talora di questa parola,
deve essere effetto del francese ruiilant =
Gom,e oro^ bellissimo., etc.
S: questa consonante, come è noto,
serve ad indicare il genitivo delle lingue
a tipo germanico e vale il nostro di. Non
so per quale vezzo, o per necessità di
commercio, talora ho visto nomi italiani
così scritti: Garloni's. Oinori's, etc.
Sabbie bollenti : chiamano i tecnici
(geologi) certe sabbie sommosse da acque
sorgive ; specie di fango, che pullula, non
bolle. I francesi dicono sables éboulants
che vuol dire scoscendenti. Mi sorge il
dubbio che questo bollenti possa essere
uno svarione. Non sarebbe il primo caso 1
Sabreur: voce del gergo francese (let-
teralmente, sciabolatore) militaire fanfa-
ron. Il tipo dell'ufficiale millantatore e
belligero è piuttosto francese che italiano ;
ad ogni modo in dispetto ed odio degli
istituti militari, la parola sabreur non è
rara, specie nel linguaggio giornalistico.
Dal plautino Pirgopolinice a Managgia la
Rocca, la lingua italiana ha copia di voci
indicanti, press' a poco, questo personaggio,
né dovrebbe parer necessario ricorrere al
francese.
Saccarina: prodotto derivato dal ca-
tramo, scoperto da Fahlberg e Remsen, e
dagli stessi preparato e messo in com-
mercio come dolcilìcante. È una polvere
bianca con leggero odore di mandorle
amare, ed ha una potenza dolcificante
500 volte superiore allo zucchero.
Saccarometro : specie di densimetro su
la cui scala si legge direttamente il tanto
per cento in zucchero delle soluzioni o sg-
roppi in cui viene immerso.
Sachet : il sacchettino ove si contengono
essenze e polveri profumate, il quale si
pone fra i pannolini : è usata di solito la
voce francese.
Sachet de noce : locuzione francese per
indicare il sacchetto ricamato ed adorno,
con cifra o, se si tratta di nobili, con
corona, il quale ripieno di confetti, la
sposa manda in dono alle sue conoscenze,
nell'occasione delle nozze.
Sacrebleu = sacredieu = sacrelotte =
sacristi : jurons qui se disent à propos
de tout et de rien. Modi blasfemi non
ignoti a noi, specie i due primi che sono
quasi popolari : regali della invasione na-
poleonica! V. Sacrenòn.
Sacrelotte: V. Sacrebleu.
Sacrenòn : esclamazione volgare che
(la nota il Cherubini, Voc. Milanese) ci
provenne dalla molto francesemente sonora
e scrosciante bestemmia, Sacre noni de
Dieu.
Sacrificare : propriamente si dice di cose
ed atti solenni (lat. sacra facere) : nel
senso di privarsi di qualche cosa (da
poco) a vantaggio altrui., è estensione
non bella che noi togliemmo dal francese
{sacrifier). Vero è che l'uso antico e to-
scano iu questo senso rende i puristi be-
nevoli verso tale gallicismo. Lo stosso si
dica di sacrificio per rinuncia di cosa
gradita ; privatone, seccatura.,pena,noia.
Sacrificio: V. Sacrificare.
Sacristi : esclamazione blasfema fran-
cese uguale a sacrebleu^ sacrelotte, oto.
A corta gente sacristi paro più corretta
e dicevole voce della nostra Cristo.' Vol-
gari tutte!
Sac
428
Sai
Sacro Romano Impero: nome dato al-
l'Impero d'occidente, ristabilito da Carlo
Magno nell'Ottocento, indi all'Impero di
Germania, che ne fa successore.
Sadismo: varietà di pervertimento ses-
suale (opposto a masochismo) per cui
l'uomo prova eccitamento e diletto nel
seviziare e martoriare la donna. Tale pa-
rola, non ignota alla scienza medica, de-
riva dal francese. ] Sadisme=form.e de dé-
pravation particulière et stupéfiante doni
était atteint le marquis de Sade (1740-
1814), autore di romanzi su la lussuria
sanguinaria; morto demente.
Sage femme: fi-., /e2'a^r*ce (mammana,
comare).
Saggio o tasso : sono voci che hanno
lo stesso valore, e vogliono significare la
misura percentuale dell'interesse e dello
sconto. Avvertasi che la voce tasso è dal
francese taux. In buon italiano, ragione.
Sago 0 sagù : fecola che si ricava dal
midollo di alcune palme e specialmente
dal Sagus Raphia. Il sago del commercio
è formato da granellini, duri, cornei, di
saper dolciastro. Gonfia nell'acqua calda
e serve per minestra (a chi piace).
Saignant : voce francese invece di san-
guinante^ detta delle carni ; il cui bello
è che, tagliandole, gettino abbondante
sugo nel piatto (come costolette, arrosti,
etc). È voce frequente, specie nel linguag-
gio dei cuochi e dei buongustai.
Saìnt-Barthélemy (la): tanto nel senso
storico della nota strage compiutasi in Pa-
rigi degli Ugonotti, per opera de' Cattolici
(24 agosto 1572), come in senso figurato ed
esteso, pare in certo ceto e in certe scrit-
ture più efiicace o elegante che la notte
di S. Bartoloììieo.
e a Dio chiede perdono
Della notte di San Bartolomeo.
Carducci^ P'a Ira.
Sainte-Nitouohe: V. Santarellina.
Sala di convegno: è detta la sala di ri-
trovo 0 di conversazione degli ufficiali.
Sai ama: la salama di Ferrara: tor-
nirne dialettale di specialità gastronomica
di quella città, «ome la mortadella di Bo-
logna, i cotechini di Cento, i salami di
Felino, etc. La salama è un farcito delle
pili fini carni suine, con marsala e droghe:
cuocesi con grande cura affinchè nel bol-
lore non si apra, e più è vecchia, più è
pregiata. È cibo di forte sapore.
Salamander: ted. salamandra., nome
dato dagli studenti germanici (Salaman-
derreiben) ad una loro cerimonia convivale
per onorare altrui, propinando. Consiste
nel levare ad ordinate riprese ed al co-
mando di un anziano le tazze dopo averle
strofinate e percosse : bevesi in un fiato.
Tale costumanza risale al principio del
secolo XIX. Il perchè del bizzarro nome
non risulta manifesto.
Salapuzio : latinismo rinnovato dal Car-
ducci. Salaputium è denominazione di
uomo piccolo, astioso, libidinosetto. (Ca-
tullo, 53, 5. Seneca, coiitr. 7, 4 (19), 7).
Salasso : il nome di questo antico atto
terapeutico, condannato dalla medicina
moderna (oggi però in alcune infermità
rimesso in onore), talora è usato per fa-
cile , familiare estensione, a significare
sborso^ spesa, diminuzione notevole e ne-
cessaria di quel sangue della vita sociale
che è il denaro.
Sale: per mare (lat. saZ, gr. fiA^), è
antica voce disusata e poetica {l'alto sale.,
Dante Par. II) che la odierna scuola degli
esteti ha rinnovato (d'Annunzio).
Saliente: spiace ai puristi questo neoL,
tanto nel senso materiale di sporgente.,
rilevato., come nel senso morale di grave.,
importante^ di gran rilievo^ essendo tra-
duzione del fr. saillant.
Salizàda: voce veneziana, selciata., cioè
strada lastricata. Tale voce vernacola, data
a talune vie di Venezia, ebbe origine da
qualche prima strada interna che fu la-
stricata, e da salixo = selciato, fu detta
salizàda. Cfr. per l'etimologia il francese
chaussée.
Salle-à-manger : questa locuzione fran-
cese per stanza da pranzo deve essere
da assai tempo nell'uso familiare milanese.
Sala a mansgè registra il Cherubini, tra-
ducendo poi in un salotto da pranzarvi.,
quasi che stanza da pranzo o tinello gli
paressero troppo poco toscani !
Salmis: voce francese di incerta etimo-
logia (V. lo Scheler), tradotta in salmi.
Con tale nome si chiama una maniera
speciale di cucinare in umido, specialmente
Sai
— 429 —
Sai
la selvaggina, cioè tenendola prima e per
lunghe ore in infusione con vino e spezie.
Salòlo : è un composto risultante dalla
combinazione dell'acido salicilico col fe-
nolo, che si usa in medicina come anti-
settico e come antipiretico (polvere bianca
cristallina, insipida).
Salon e salone : salone in italiano vuol
dire gran sala, nel senso di salotto è la
parola salon. francese. In alcuni paesi
la bottega da barbiere pir elegante della
città ha per antonomasia il titolo di Sa-
lone; nuova prova che ciò che è eccel-
lente ama la voce straniera, o in altri
termini, la voce straniera ha senso di ec-
cellenza. I Salon dicesi anche la galleria
ove si fa in Parigi l'esposizione periodica
di pittura, scoltura etc, quindi l'esposi-
zione stessa. In origine essa si faceva nel
grand salon del Louvre, onde il nome.
Salon (vettura) : V. Vettura Salon.
Salsamentario: ricorre nell'alta Italia:
si riprende come voce di non buona for-
mazione, ma parmi assai poco usata. Più
usato è il nuovo vocabolo salumiere in-
vece di salumaio e pizzicagnolo, toscano.
E così tende a prevalere la parola salu-
meria.
Salsapariglia: dallo spagnuolo zarza
= rovo (cfr. zarzuela) e Parillo, nome
di medico che prima l'usò. È la radice
di alcune specie di Smilax^ pianta ame-
ricana, a cui fu in passato attribuita gran
virtù come tonico alterante, antireumatico,
antisifilitico. Entra nella composizione di
molte specialità farmaceutiche.
Salso: dicono volgarmente a Milano
(sals) per erpete., eritema.
Saltamartino: voce volgare; vale grillo,
locusta, dicesi anche di bimbo che mai
non sta fermo, che ha l'argento vivo ad-
dosso. « Difficile però ò determinare con
precisione la specie cui viene attribuito,
variando a seconda dei luoghi. In gene-
rale però viene dato agli ortotteri salta-
tori, cioè all'una o all'altra specie di
Grillo 0 di Locusta » (Culegari).
Saltare agli ocelli : è dai puristi notato
come francesismo: sauter anxyeux: ita-
lianamente, dar nell'occhio. Ma dar nel-
l'occhio non è propriamente il saltar agli
occhi, 0 almeno sono due locuzioni usate
con senso diverso. Certo non si dirà un
vestito sfarzoso salta agli occhi e un
errore dà nell'occhio.
Saltarello: non è soltanto diminutivo
di salto, ma altresì nome di danza del-
l'Italia meridionale e di Roma, in misura
sestupla di crome (tripla composta) e in
movimento vivace.
Saitar la barra: locuzione delle caserme;
vale uscire dal quartiere in modo clande-
stino, saltando impedimenti ed eludendo
custodie ; la qua! cosa spesso fanno i sol-
dati di notte per attendere a gozzoviglia e
per svago.
Salto del montone: V. Panache.
Salto nel buio: per estensione figurata
vale impresa disennata, coatta, disperata
di cui non si possono prevedere le con-
seguenze. Locuzione familiare.
Saltuario, saltuariamente : per a pezzi,
a sbalzi, a pezzi e bocconi, senz'ordine.
« Voci sfarfallate » nota il Eigutini. (op.
cit.J .
Salus populi suprema lex esto: sinte-
tico principio e criterio dell'arte del go-
vernare, scultoriamente così espresso in
Cicerone {De legibus. III, 3) : la salvezza
del popolo sia legge suprema.
Salute, 0 genti umane affaticate: fa-
moso verso del Carducci nel Canto del-
l'Amore.
Salvagente : nota specie, di galleggiante,
per lo più anulare, di tela imbottita di
sughero, che si getta in mare per dare
temporaneo appoggio a' naufraghi, o caduti
in mare. E detto anche gavitello di sal-
vamento.
Salvaguardare: neol. foggiato sul verbo
fr. sauvegarder : « goffissimo » lo dice il
Rigutini : aggiungi « inutile » avendo tu
telare, proteggere, custodire, difendere.
Salvataggio: per salvamento spiace ai
puristi come tòlto dal fr. sauvefagr. Opere,
Compagnia, Battello di salvataggio (V.
Life boat) sono voci così dell'uso, che
niuno dice altrimenti. Con senso traslato
chiamasi salvataggio nel gergo dei gior-
nali e della politica l'arto e il segreto
concorso del partito, dei consorti oto. per
salvare uno dei loro (trattasi di poi-sonaggì
di nome e autorità), il quale nello sfrenato
arti odierno di concussione, baratteria
Sai
430
Bau
e di lapidazione del publico danaro fu
per avventura disgraziata sorpreso dal-
l'onesto Pantalone pagatore : se non si
può salvare, si confondono le cose per
modo che il detto Pantalone crede di aver
sbagliato nel vedere. V. Succhione.
Salvation Army : esercito delia salvezza:
istituto inglese evangelico con iscopo di
missione e di bene: diffonde cioè Te van-
gelo ed esercita una potente azione umana
e sociale (ed igenica: guerra ai liquori!)
in prò dei miseri e dei derelitti dalla so-
cietà e dalla legge. Questa istituzione è
diffusa in molte parti del mondo e spe-
cialmente nelle colonie inglesi. Togliendo
da S. Paolo, ha assunto per la sua orga-
nizzazione simboli e nomi belligeri ; cioè
è l'esercito combattente e vigile contro il
Male (Satana) : onde il nome di generale
al comandante supremo (che è il vecchio
Booth, fondatore di tale istituto), di alfieri,
alfieresse, capitani, capitanesse. Grido di
guerra (War Gry)^ il giornale di propa-
ganda che in molte nostre città si vende,
anche per i publici ritrovi, dalle giovi-
nette affigliate a questa religione e vestite
di nota e speciale assisa. Queste forme
stravaganti e simboliche , consone del
resto allo spirito anglo-sassone, mal reg-
gono al contatto dello spirito scettico
e sereno degli italiani. Questa società
ha il quartiere internazionale in Londra,
ha diffusione in 48 nazioni : in Italia ha
il quartier generale a Milano : dispone di
fortissimi redditi che investe in colonie
e stabilimenti per esercizio di bene. Si
adatta con tutte le religioni, senza legame
ad alcuna ; si adatta agli usi e alle leggi
delle varie nazioni, ma non si occupa di
politica. I Salutisti (sic!) ammettono e
dichiarano la possibilità di raggiungere
la perfezione secondo la parola e per la
grazia di Cristo. Questa -società data
dal 1865.
Salve : imperativo del verbo latino sal-
vère, formola di saluto ospitale, che, rin-
novando antica gentilezza, è scritta sul
limitare di molte case moderne.
Salvietta : per tovagliuolo^ è notato dai
più rigorosi puristi come gallicismo (ser-
viette^ da servir). « Non comune per to-
vagliuolo », nota il Petrocchi. Vero è che
fuor di Toscana è molto comune. Del r.esto
ha esempi sino dal Seicento.
Sambuco: battello leggero per canali,
lagune, stagni.
Samos : nome di vino bianco dolce, aro-
matico dovrebbe essere proveniente dal-
l'isola di Samo (Mare Egeo). In commercio
prevale la scrittura Samos .^ francese, alla
nostrana Saìno. Col nome di Samos si
importa in Italia dalla Grecia un liquido
fabbricato con fichi secchi e usato, pur
troppo, per preparare a Milano e altrove
del Marsala.
Samovar : voce universalmente accolta
per indicare la macchina per fare il tè :
varia di forma secondo che lo richiede la
mondana eleganza occidentale o la neces-
sità del rigido clima russo. Sainovar è
scrittura francese di voce russa, derivata
dal tartaro.
Sanatòria: disposizione con cui l'auto-
rità sancisce un atto non regolare. «Voce
nostrale che dovrebbe prendere il posto
nel linguaggio parlamentare della locuzione
inglese, bill d' indennità ^ . Rigutini, (op.
cit.).
Sanatorium: neologismo di foggia la-
tina, dal verbo saziare ; tolto dalle lingue
straniere. È nome dato a certi stabilimenti,
posti in condizioni determinate di clima
e destinati alla cura di malattie croniche
(come la tubercolosi polmonare, le affezioni
cardiache e nervose, etc.) con mezzi spe-
cialmente di igiene e di dieta. Si dice e
scrive anche sanatorio.
San Colombano o vino di Montevecchia:
nomi di due vini lombardi, notevoli non
solo perchè in provincia povera di viti
(Milano), ma perchè per la loro limpi-
dezza e il bel colore rubino hanno alcun
pregio. Vini, però, di consumo locale :
colline di S. Colombano al Lambro e di
Montevecchia (Brianza).
Sancta sanctorum : lat., la parte più
segreta del tempio ebraico, e, per esten-
sione familiare, spesso ironica, il luogo
ove pochi e privilegiati hanno accesso,
specie intendendo dei luoghi, dove « il
destin degli uomini si cova ».
Sanculotto: la voce non è bella ma
l'uso l'ha consacrata, ed è traduzione di
sans-culottes. cioè i senza brache o sbra-
San
431 —
San
cuti. Le eulottes^ cioè i calzoncini corti
sino al ginocchio, erano del vestire del
secolo XVIII. La Rivoluzione di Francia
rinnovò oltre al resto, anche i calzoni lun-
ghi ; però quelli che, in odio all'antico,
adottarono questo indumento, furon detti
sans-culottes^ ed erano del più forte lie^
Vito plebeo di Parigi, e les culottes ari-
stocratiche vennero inalberate come in
segno di spregio. Questa voce storica ta-
lora è usata per indicare quelli che dalla
democrazia tolgono il meno buono, cioè
r invidia, l'intransigenza settaria e feroce.
Sandolino: noto palischermo a fondo
piatto, con poppa e prua aguzze, capace
di una sola persona, o due al più, con
remo a pagaie. Parrebbe voce nuova:
vero è che sandalo per specie di nave è
antica nostra voce.
Sandwich : voce inglese, derivata da un
nome proprio (lohn Montagne, conte di
Sandwich, morto nel 1792, il quale usava
farsi recare tali serviti sul tavolo da giuoco:
ecco come si può conservare un nome!):
indica due fettine di pane con entro alcuna
fine vivanda. Vedi alla parola tartina.
Avete mai visto nelle grandi città certe
miserabili schiere di uomini, infagottati
in livree goffe e vistose, chiusi fra un
cartellone davanti e uno di dietro? Si chia-
mano, per similitudine dei panini, uomini-
sandwich. Servono di publicità ambulante.
Non solo i così detti immortali principi
deir89, ma la semplice dignità umana,
anteriore all' 89, si trova offesa da sì fatto
costume esotico, ma V arte del richiamo
ha buona bocca, inghiottisce questo ed al-
tro. In francese homme sandwich. V.
Reclame,
Sanfason: V. Sans fapon.
Sanfedista: da santa e fede: nome di
partito italiano che si oppose prima alle
idee della Rivoluzione poi al Carbonarismo:
sostenitore ad oltranza del più fiero asso-
lutismo e dei diritti del Trono o dell'Al-
tare.
Sangiacato: V. Vilayet.
Sangiovese: nome di vitigno e di vino
rosso, da pasto e da bottiglia, armonico
no' suoi componenti, di pronta beva, gra-
devolmente amarognolo. Nel Riminose ò
meno alcoolico o si presta come occolleut(^
vino da pasto. In Toscana prevale la voce
Sangioveto.
Sangue bleu o azzurro: di nobile schiatta,
detto per lo più facetamente di quella gente
che incoccia maledettamente
d'esser di carne come tutti siamo
e vorrebbe per babbo un altro Adamo.
Giusti.
Sangue di drago: resina prodotta dai
frutti del Galamus draco (Willd) pianta,
rampicante della famiglia delle palme (Su-
matra, Bornoo). Usavasi in medicina :
usasi nella fabbrica di vernici.
Sangue freddo : è il fr. sang-froid.
contenente un traslato efficace e bello, con-
forme a quell'idioma. In italiano, calma
con acconcio contributo, grande., terribile^
etc. rende bene il sang-froid. Vero è che
sangue freddo è oramai modo pronto e
dell'uso, pur familiare.
Sanitario: agg. che si riferisce alla
salute ; quindi detto di medico (ufficiale
sanitario)^ tende ad usarsi come sostan-
tivo : i sanitari per dire i medici. Spiace
ai puristi, anzi « inaccettabile » lo dice
il Rigutini. Non è dal francese.
San Miciiele: in Milano far San Michele
vale far San Martino.^ sgomberare.^ mu-
tare alloggio^ sì nel senso proprio come nel
senso figurato: dall'antica costumanza di
disdire gli appartamenti per il 29 Set-
tembre.
Sans adieux : è modo elegante e mon-
dano, insegnato dai francesi invece di ar-
rivederci.
Sans fa9on : fr., per alla buona^ alla
mano., in confidenza., sen%a cerimonie.,
alla carlona., è tanto frequente che da
chi è trascurato nel parlare si è foggiato
persino la parola sanfasson o sanfason e
sanfassona (alla) : ma intendesi special-
mente di vesti 0 maniera trasandata e
sciatta.
Sans-géne : locuzione familiare francese,
lett. senxa soggezione. I francesi usano
sans-gène come attributo, es. Madame
Sans-géne., che per noi è diflfìoilmente
traducibile se non girando la frase con
liberi e franchi modi nostrani. Gena e
genant sono due voci galliche del dialetto
piemontese, soggezione., fastidio^ fasti-
dioso. Por retimologia, V. Oena,
San
432
San
Sans rancune: locuzione fr., letteral-
mente senza risentimento e si dice talora
nel linguaggio mondano come clausola
finale, di solito dopo aver discusso con
taluno, senza benefìcio d'intesa. E amici
come prima diremmo noi.
Sans tambour ni trompette: locuzione
avverbiale fr., senza tamburo ne tromba^
cioè zitti e quieti, alla chetichella.
Santa Alleanza: nome della alleanza
firmata in Parigi il 26 settembre 1815
dopo la seconda abdicazione di Napoleone,
personalmente dai sovrani di Austria,
Prussia e Russia, cui convennero quasi
tutti i sovrani d'Europa. Fu detta Santa
dal sentimento religioso, mistico che la
informava. Aveva per iscopo di rafforzare
due edifìci morali, scossi dalla Rivoluzione,
l'autorità della religione e l'autorità dei
sovrani, fondata sul principio del diritto
divino.
Santa bottega: perifrasi oltraggiosa po-
polare per indicare la Chiesa : la quale
dantes exaudit, non dantibus ostia clau-
dit. Confronta
« la venal prece »
del Foscolo (I Sepolcri).
Santa canaglia: locuzione francese, tolta
da un verso di Augusto Barbier (La curée
in Giambi, I830j.
à travers la mitraìlle
et sous le sabre detesté,
La grande populace et la sainte canaille
Se ruaient a l'immortalité.
Santa canaglia ripetè il Carducci ne' suoi
Giambi ed Epodi. N. B. Fra epiteti di
lode da una parte e di vituperio dall'al-
tra al popolo, la risultante precisa quale
sarà'?
Santa carabina : locuzione di Garibaldi
in difesa dell'armamento nazionale, o «li-
bere armi » come diceva il Cattaneo, era
una delle idee cardinali dell'Eroe. « Finché
sulla terra ci saranno oppressori ed op-
pressi, avrò sempre un culto per te, santa
carabina ».
Santarellina: santarello e santarella
diceasi in antico di persona molto divota,
poi ironicamente di donna che sotto la
vereconda, innocente e pudica parvenza
altro nasconde : madonnina infilzata,
santificetur . In Santarellina fu tradotto
il titolo dell'operetta notissima Mam'-
zelle Nitouche. In francese Sainte-Nitou-
che dicesi di fanciulla innocente, schiva
di cose mondane, (elle n'y touche pas).
Santa Ruota: V. Ruota.
Sante: fr., vale salute. Sante: nella
nostra cucina, specie d'albergo, ricorre
sovente questa locuzione zuppa sante per
indicare una minestrina leggera con ver-
dure e crostini. È parola non francese,
in questo senso, ma della stessa famiglia
del vino brulé, del cendrier, del coute
qui GoUte, etc. etc. ; cioè parole franco-
subalpine e milanesi, create sotto la pro-
tezione della Madonnina del Duomo. In
francese sarebbe julienne avee croitton.
NB. Abbiamo anche la cioccolata «sante».
Santificetur: lett. in latino sia santi-
ficato. Voce familiare. V. Santarellina.
Santippe: fu il nome della moglie del
grande filosofo greco Socrate, la quale a
comune testimonianza degli storici, fu così
importuna e bisbetica, che Socrate prima
di disputare, avanti alla morte, della im-
mortalità dell'anima, come è scritto nel
sublime dialogo del Fedone, ricusò la vi-
j sita della moglie e la scacciò dal carcere.
In verità Socrate non fu molto cavaliere
verso una signora, ma se egli, pazientis-
simo e buonissimo, giunse a tal punto,
conviene dire che la misura era al colmo.
Dicesi Santippe di ogni moglie, o facente
le veci di moglie, noiosa, gretta, appic-
cicaticcia. sospettosa, vendicativa, lin-
guacciuta, gelosa, etc. come molte sono
tuttavia. Santippe (Xanthippe, Eavdinnr])
si presterebbe ad una assai lepida mono-
grafia ; notevole ad ogni modo è come la
Grecia antica, maestra di ogni modello,
non abbia dimenticato questo, notevole,
della moglie intolleranda. Santippe ri-
corre antonomasticamente. Così si dice
che Gemma di Manette Donati, moglie di
Dante fosse una Santippe, ma chi ne sa
nulla ? Nemmeno quelli che fanno profes-
sione di ermeneutica dantesca: così Ma-
netta Corsini, moglie del Macchiavelli
ebbe rinomanza di essere una Santippe,
ma pare a torto, e trovò più di un difen-
sore fra gli odierni studiosi (I. Giampietri,
il Tommasini, il Yillari). Sorte dei grandi
uomini ! Yero è che le mogli dei grandi
San
- 433 -
Sat
uomini potrebbero dire non essere costoro
i più adatti alla vita familiare.
Santo Uffizio : titolo della congregazione
dell' Inquisizione stabilita in Roma (Italia,
Spagna, Portogallo, Indie) allo scopo di
perseguire ed estirpare eretici, giudei,
infedeli. Rimonta al secolo XII e non fu
abolita definitivamente che nel 1820 in
Ispagna, il solo paese ove si era conser-
vata. Ne è vestigio La Congregazione
dell'Indice. I metodi terribili e feroci di
procedura (denunzia segreta, testimonianza
occulta, tortura, rogo) animati dal più
folle fanatismo religioso, hanno reso tri-
stamente celebre il Santo Uffizio, sì che
il nome sopra vive, con forza antonoma-
stica, alla cosa. Famosa, su le altre, fu
la Inquisizione di Spagna e il nome del
grande inquisitore della Castiglia, Torque-
mada, frate domenicano (1428, 1498) vive
popolarmente come sinonimo di martoria-
tore e di persecutore fanatico.
Sanzionare: non è da sanzione^ ma è
derivato dal fr. sanetionner. Spiace ai
puristi i quali ricordano aver noi il verbo
sancire e « se questo sembri oggi troppo
solenne, dicasi confermare., approvare »
(Rigutini).
Sapa: «termine letterario non comune»
spiega il Petrocchi.
A casa mia mi sa meglio una rapa
Ch'io cuoca, e cotta su'n stecco m'inforco,
E mondo, e spargo poi di aceto e sapa,
Ariosto. (Satira IV, 43-45).
Sapa 0 savore è il mosto cotto, tuttora
usato per condimento o salsa, nel contado.
Voce oggi ristretta ad alcuni vernacoli ;
di quelle belle voci che meriterebbero di
essere rinnovate e non si usano lettera-
riamente, anche da chi le sa, per timore
che siano volgari. Vedi ciò che è detto
alla parola Schiampa.
Sapèque: nome di moneta minima ci-
nese, secondo la scrittura francese. Come
è noto, le monete cinesi sono perforate
nel mozzo o si portano come de' rocchi.
Saper di forte agrume : locuzione tolta
da Dante, Paradiso^ XVII, 117:
a molti fla savor di forte agrume.
Vale spìaeere., essere sgradito, offendere.,
urtare, e generalmente si dice quando si
espongono opinioni e fatti informati di
verità e lealtà in contrasto con altri fatti
ed idee da altri sostenuti.
Sapevamcelo ! : esclamazione familiare
ironica quando avviene o è ammessa cosa
di facile previsione, da altri negata con
arte o frode.
Saputo : per intendente., dotto, savio è
alquanto fuori dell'uso, usato invece con
senso di canzonatura. Cfr. Saputello.
Sarabanda : « danza d' origine spagnuola,
nella misura tripla semplice e in movi-
mento grave. Incomincia in battere ed ha
nella prima misura il secondo tempo pro-
lungato col punto» (A. Galli, op. cit.).
Sarafan: abito nazionale delle donne
russe: sottana e bustina congiunte, di co-
lore rosso 0 turchino.
Sardigna : voce milanese, non registrata
nel Cherubini ne nell'Angiolini (op. cit.)
per indicare il carnaio, Sardigna era luogo
in Firenze sull'Arno fuor Porta S. Friano^
in cui si gettavano le bestie morte o ca-
rogne. Ha esempi classici del Macchia-
velli, del Pananti, del Redi: allusione
all'aria di Sardegna. V. Marziale IV, (50.
V. Gherardini op. cit.
Sargasso (Sargassum):a.\gsL detta «uva
di mare ». La specie sarg. bacciferiim si
trova negli Oceani Atlantico, Indiano e
Pacifico. Tra le Azorre e l'America forma
il mare dei sargassi.
Sassella : ottimo vino da bottiglia della
Valtellina : così detto dal luogo. Invec-
chiando diventa pregiatissimo e gode fama
anche all'estero. I vini valtellinesi (Sas-
sella, Inferno, Grumello) sembrano segnare
in quelle estreme parti la ragione geogra-
fica del confino d'Italia. Il Carducci ad
una bottiglia di Valtellina del 1848 dedicò
una splendida sua odo barbara:
E tu pendevi tralcio da i retici
balzi odorando florido al raurmure
do' fiumi da l'alpe volgenti
cernii in fuga spumo d'argento.
Satin : così si chiama un tessuto sem-
plice, liscio di cotone, che imita assai
bene, anche al tatto, la seta. Usasi di
solito per soppannare o foderare. Satin
deriva da seta, quindi sarebbe in italiano
setino. In voce si dico quasi costantemente
alla francese, satin.
A. Pan/ini, Supplemento ai Dixioiuiri italiani.
28
Sat
434
Sca
Satinare : fr. satiner^ dare il lucido
come del raso : carta satinata V. Satin.
Satiriasi : da làtvQog = satiro. Esa-
gerazione dei desideri sessuali dell'uomo.
Satiro: il nome di questa agresta e
lasciva divinità antica (làtvQog)^ è oggi
usato per indicare persona che commette
apertamente atti contrari al pudore ed
alle buone leggi di natura. Satiriasi in-
fatti è voce medica per indicare l'esage-
razione dei desideri sessuali nell'uomo.
Sauericraut: Y. Ghoucroute.
Saut-de-iit: voce di gergo francese, lett.
salto dal letto, cioè vestaglia^ veston de
appartement.
Sauté: fr., letteralmente saltato^ ed è
parola del linguaggio di cucina per indi-
care quella special cottura che si fa della
carne, ponendola senz'altro e per breve
tempo nella teglia con burro od olio.
Sauterie: fr., balletto, quattro salti in
famiglia.
Sauterne o Sauternes : dal villaggio di
questo nome (nel dipartimento della Gi-
ronda) trae nome un pregiato vino bianco,
prodotto in fortunati terreni, alquanto a
mezzodì di Bordeaux. La rinomanza di
questo vino è relativamente recente. Le
uve dei vitigni Sémillon e Sauvignon
sono colte a varie riprese e in avanzata
maturanza e la preparazione ne è per-
fetta. Esilarante, profumato, ambrato, ha
nel tipo detto Ghateau-Yquem la sua pili
aristocratica eccellenza. Se ne vendette
a prezzi favolosi. NB. Molti di questi vini
sono talvolta fabbricati con uve d' Italia
e di Spagna.
Sautoir: [es. catene sautoirs oro giallo].
Oggi le donne hanno di moda codeste
lunghe catene che girano il collo e cadono
in punta a mezza vita, e servono più per
vaghezze che per uso e ve ne sono anche
di conterie e di vii prezzo così da appa-
gare le vanità delle più povere. Il nome
proviene da questo che dicevasi e dicesi
portare un ordine cavalleresco en sautoir.,
quando il cordone che lo regge cade sul
petto in modo da formare i due bracci
superiori di una croce di S. Andrea. Cosi
il Toson d' Oro, così i prelati portano le
loro croci. Sarebbero dunque catene en
sautoir e non catene sautoir. La qual
voce per chi vuol andar più in là, pro-
viene dal basso latino saltatoria = staffe^
e ne' trofei ponevansi dietro lo scudo in
forma di croce di S. Andrea.
Savio: dicono i milanesi per buono.,
ubbidiente., docile., quieto (dei bambini).
Savoir-viyre e savoir-faire: due tipiche
locuzioni francesi, che si pronunciano più
di spesso così, ed indicano quell'abilità
naturale ed acquisita, che è propria di
coloro che sanno stare al mondo e sanno
specialmente l'arte di muovere gli altri a
loro tornaconto.
Sbalorditivo: agg. usato con forza e
senso iperbolico, invece di incredibile., non
comune e simili.
Sbarcar il lunario o la vita: vivere,
cioè risolvere il primo problema dell'esi-
stenza che è quello del mangiare, vestire,
alloggiare, quasi mettendo a proda tutti
i giorni del lunario senza troppa preoccu-
pazione né fatica, e parimenti senza troppa
gioia e fortuna.
Sbarrare: in alcuni dialetti significa
il trarre calci de' cavalli, etc. (dall'antico
senso del verbo).
Sbruffo (insalata., maccheroni con lo) :
nell'Alta e nella Media Italia talora si ode
codesta locuzione riferita a sconcissima
costumanza della plebe napoletana, e con-
sisterebbe nel condire cotali cibi spruz-
zandoli con condimenti da prima posti
e mescolati in bocca. Vuoisi avvertire che
tale uso è malevolmente fantastico e tale
locuzione è ignota al dialetto napoletano.
Sbruffo: =::: spruzzo: voce usata spe-
cialmente nella locuzione familiare ed an-
tica dar lo sbruffo., cioè dar di nascosto
roba 0 danari per ottener privilegio e fa-
vore, corrompendo altrui.
Scacchista: neoì., giocatore di scacchi.
Scadenza: nella locuzione a lunga., a
breve scadenza., vale tardi o presto : dallo
scadere delle cambiali.
Scala: nella locuzione su larga., su pic-
cola scala., V. Su larga scala.
Scalcinato: curioso vocabolo delle ca-
serme, detto di soldato, ufficiale, reggi-
mento, male in arnese, poco ordinato,
inelegante, impacciato.
Scaldarsi a freddo: V. Riscaldarsi a
freddo.
Se a
435
Sch
Scali di Levante: V. Levante.
Scaloppina: V. Escalope: questa parola
in francese antico vale guscio, conchiglia,
h' escalope forse fu così detta perchè la
fetta di carne è rotolata a modo di con-
chiglia (Littré).
Scamone: (scamòn) chiamano i ma-
cellai milanesi la groppa di culaccio de'
bovini.
Scandere: noto verbo dell'uso scolastico
e vale misurare i versi e anche far ben
sentire le sillabe., con intenzione. Il par-
ticipio, ove occorra, è scanso (lat. scando^
scandi, scansum^ scandere).
Scantinare: termine dialettale, volgare:
vale venir meno all'impegno., quasi sto-
nare ; da cantino (ultima corda del violino).
Scappamento: parola usata nello studio
0 teoria delle macchine a vapore e dei
motori a gas : indica lo scaricarsi del va-
pore 0 del gas dal cilindro dove ha lavorato.
Scaramanzia: termine volgare toscano,
ampiamente esteso; corrotto, forse., da chi-
romanzia. Il Petrocchi spiega disdetta
alle carte: piuttosto stregoneria per isfug-
gire alla disdetta, e dicesi solitamente per
celia.
Scaranto: voce regionale (Veneto) data
a delle concrezioni calcaree, di poco spes-
sore, che si trovano nei terreni alla pro-
fondità di 30 ovvero 40 cm.
Scarpa : specie di staffa di ferro in cui
viene fermata una delle ruote de' grevi
carriaggi per impedire che giri, e perciò
rallentare il corso nelle pericolose discese.
Senso classico e popolare della parola, non
sempre notato.
Scarico: nel linguaggio del commercio
vale uscita di merce o di denaro. A mio
scarico o a mio discarico., espressione
usata per significare: a sollievo della mia
responsabilità.
Scarlatto: in senso politico V. Rosso.
Scarpone: voce del gergo delle caserme :
ufficiale non elegante (ordinario, rozzo).
Scarroccio: V. Deriva.
Scartamento ridotto: nelle vie ferrate
(eccetto in Russia) la distanza fra le due
guido interne è di m. 1.445 {scartarnento
normale). Ma per ragioni di varia oppor-
tunità vi sono brevi lineo secondario in
cui la distanza è di molto minore e queste
strade diconsi a scartamento ridotto.
Questa locuzione è usata anche in senso
morale, spesso ironicamente per dire Ì9i
proporzioni minori del nortnale e del
giusto. Scartamento non piace ai puristi,
ma con loro pace scartamento rimane
nell'uso e carreggiata è il solco dei carri.
Scatola a stoppa: (meccanica) tradu-
zione del fr. botte à etoupes (ingl. stuf-
flng box)., più italianamente, scatola di
guarnizione o scatola di tenuta : è una
disposizione meccanica che concede all'a-
sta di uno stantuffo di uscire senza che
il vapore ne spanda.
Scavezzo : attributo di fucile, trombone,
pistola che abbia la cassa in due pezzi,
in modo che volendo il calcio si ripieghi
sul fusto e l'arme possa esser nascosta o
meglio portata. Erano proibite come armi
insidiose. Voce antica, vive ancora in
qualche dialetto.
Sceicco : parola araba che vuol dir
vecchio., ed è titolo dato ai capi delle tribù
arabe, perchè tale autorità di solito è con-
ferita agli anziani.
Scellino : ingl. schilling = 12 pence =
L. 1.26 di nostra moneta.
1 Scelotirbe: ter. med., vacillamento, tra-
scinamento delle gambe nel camminare,
dovuto a debolezza degli arti inferiori.
Scendere in piazza: in opposizione ai
rivoluzionari da salotto o teorici, si dice
scendere in piazza per agire in modo
rivoluzionario., in modo attivo (le vie e
specialmente le piazze sono il precipuo
campo di queste battaglie).
Scent: ingl., oc^ore.- appare talora questa
parola, trattandosi di nobili cacce, per in-
dicare la traccia della selvaggina, che i
cani seguono al fiuto.
Givan seguendo e' braccia il lungo odore.
Poliziano, Stanxc, I, 30.
Sceriffo: ingl. sheriff (shire-reeve)., go-
vernatore di una contea o provincia, capo
dell'amministrazione civile con moltissime
attribuzioni. Allo sceriffo negli Stati Uniti
spetta il fare eseguire lo sentenze delle
Corti di giustizia.
Sohako: nome fr. di ])esante cappello mi-
litare, vario di forma e di ornamenti se-
condo lo nazioni od i tempi. È voce un-
gherese, passata in molti linguaggi.
Sch
— 436
Sch
Schatulle: V. Chatulle.
Schedare : notare sopra una scheda il
titolo e le altre notizie di un libro, appo-
nendovi i numeri dello scaffale, del pal-
chetto, e quello del posto, che lo assegna
in libreria. Dal lat. scheda : neol. del lin-
guaggio dei bibliofili e dei librai.
Schedario: tutte le schede di una bi-
blioteca raccolte nelle cassette per ordine
alfabetico e sillabico.
Schemnitz: città dell'Ungheria, che dà
nome ad eccellenti pipe di terra (pipe di
Schemnitz).
Scherzare : usano a Milano questo verbo
transitivamente : scherzare uno^ nel senso
di farsi giuoco o beffe di qualcuno, min-
chionare^ canxonare^ e non solo nel dia-
letto, ma altresì nel linguaggio familiare :
idiotismo a cui non è facile sottrarsi ; co-
munissimo, ad es., nelle scuole.
Scherzo: nel linguaggio musicale, de-
nominazione, dato da Beethoven ad un
brano capriccioso, bizzarro, a piccole frasi :
ha movimento vivo, brioso, ritmico. Però
il nome di Scherzo^ come quello di Ca-
priccio^ era noto anteriormente, tanto nei
canti popolari quanto nella musica stru-
mentale (XVII secolo).
Schiacciante: V. Schiacciare.
Schiacciare: per ymcerefpreponderando,
annientando) è estensione tolta dal fr. écra-
ser^ specialmente nella forma del part.
schiacciante.! es. prove schiaccianti per
inofpugnahili. Inutile dire che è verbo
fieramente ripreso dai puristi. Ricordo tut-
tavia questo passo del Cardacci : «la storia
così viva non pur nei libri ma nelle me-
morie schiaccia al confronto ogni poetica
descrizione » . Qa Ira., pag. 239 in « Con-
fessioni e Battaglie », serie terza, ed. Som-
maruga. Io credo che il Carducci abbia,
senza aver punto subito l'influsso dell' é-
craser francese, dato naturalmente forza
di traslato al verbo schiacciare. In altri
termini, vi sono affinità di pensiero mo-
derno che conviene tener a mente prima
di condannare senz'altro con la parola
yaUicismo !
Schiampa o stiampa: forma romagnola
del toscano schiappa o stiappa. in mila-
nese, sceppa., scheggia di legno spaccato
per l'atto dello schiappare (milanese scejo-
pà, e sceppadura = fessura, screpolatura).
« I non toscani, per via dell'educazione
scolastica, ripudiano, sempre e in tutto,
il loro vernacolo, credendo ch'esso sia al
bando della letteratura. Io voglio mostrar
loro che possono, molto spesso, usare bel-
lamente e rettamente in italiano vocaboli
del loro, a torto ora prediletto ora spre-
giato, linguaggio materno ; sia perchè quei
vocaboli sono comuni al parlar toscano,
vivo e puro dei monti : sia perchè sono
necessari o almeno utili, pur non essendo
toscani. Cito ad esempio, per il primo ri-
spetto, la parola schiampa o stiampa.^
che un buon romagnolo si periterebbe di
usare, scrivendo o dicendo per il pablico ;
e per il secondo, il bellissimo vede svede.,
che un buon siciliano non oserebbe, credo,
tradurre così per gli altri italiani che pure
hanno bisogno di tanto breve e chiara
espressione». Nota del Pascoli alla 2"^ ediz.
dei Ganti di Gastelvecchio. NB. L'Autore
riporta questo passo per confermare con
una geniale autorità un pensiero più. volte
ripetuto nel corso di questo lavoro.
Schiappa : e dim. schiappino., milanese
sceppin., dicesi familiarmente di chiunque
mal conosca l'arte sua, specialmente di-
cesi in modo assai familiare di chi è ine-
sperto nel giuoco. Non è ailche toscano ?
Sì, certo. Cfr. schiampa e il napoletano
fesso.
Schiave bianche: nuova perifrasi ed
eufemismo : quasi « vittime sociali » come
una volta eraao gli « schiavi », o, meglio,
« schiave bianche », cioè di nostra razza,
avvilite all'obbrobrio di servitù come le
schiave di razza nera. Tale eufemismo ci
provenne dall'inglese, per indicare \q pro-
stitute e specialmente quelle donne che
sono tratte alla mala vita con ingannevoli
pretesti da incettatori, cosa pur troppo
vera e vero male sociale. Ma la odierna
pietà non esagera compassionandole di
troppo come fanciulle deboli e indifese'?
Non è fare della retorica umanitaria e del
comodo semplicismo addebitando tutta la
colpa del male alle contingenze sociali?
Così io aveva scritto, quando mi capitò
sotto mano un bello e franco libro della
signora Neera (Anna Radius) Le idee di
una donna (Milano, Libreria ed. Naxio-
Sch
437
Sci
naie, 1904), la quale a proposito di schiave
bianche, scrive a pag. 191 : « Ricordato
le infingarde che non amano il lavoro?
le vanerelle tutte prese dalla loro bellezza?
le squilibrate? le sciocche? le impudenti?
le insensibili? le irriducibili? E non avete
mai pensato che costoro erano altrettante
candidate.... alla « schiaviti! » ? Senza
dubbio la maggior parte aiutate da circo-
stanze favorevoli entrano nelle rotaie della
vita comune ; ma basta un urto, una pic-
cola occasione, un cattivo esempio, qual-
che disgrazia, perchè si buttino alla mala
vita. Sarà giusto dire che la colpa fu della
società, della miseria, della mancata edu-
cazione? E tutte quelle che resistettero?
Quante ne conobbi fra le tentazioni e la
miseria, le quali avrebbero veramente
avuto un attenuante al cadere, nate da
genitori abbietti ; cresciute alla ventura,
analfabete, eppure salvate dalla rettitudine
dei loro sentimenti ! Perchè non si vuole
tener conto di questo fattore altissimo in
una questione dove le ragioni psichiche
militano per lo meno alla pari colle cir-
costanze esterne ? Ah ! troppo comodo par-
tito è quello di gettare ogni responsabilità
sulle braccia vaghe della miseria e della
ignoranza ! ».
Schiavista: neol. dal fr, eselavagiste.
Schiavone : nome storico: dato agli Il-
lirici al servizio della Serenissima di Ve-
nezia. I Schiavo per slavo, dicesi tuttora
nel Friuli ed a Trieste. Si tratta di uno
scambio fonetico del gruppo iniziale si in
se, e ciò da antico, onde nel corrotto suono
parve avvalorarsi il concetto di inferiorità
di stirpe presso gli italici.
Schioccare: e toscanamente s^^'occare;
il colpo secco della frusta, e di suoni
simili.
Schloss : voce tedesca, castello.
Schnitt : taglio, in tedesco. Nel linguag-
gio dello birrerie così chiamano quel se-
condo servito che non riempie il bicchiere
se non a mezzo.
Schooner: voce inglese, da alcuni ma-
lamente italianizzata in scuna. È la nostra
(joletta; veliero a duo grandi alberi incli-
nati indietro o duo grandi rande. Schoo-
ner deriva da parola inglese che significa
andar via liscio, scivolare.
Schottisch: (scozzese) nome di danza
moderna in misura dupla,
Schwarz brod : tedesco, pane nero, pan
di segala.
Sciabica: (Oallinula chloroptis), detta
anche Gallinella d'acqua, è affine alla
vera fòlaga (Fulica atra).
Sciampagnino: bibita effervescente, al-
coolica, che vorrebbe imitare lo Sciam-
pagna.
Sciantiglioni o cintiglioni: voce poco
frequente, ma non del tutto scomparsa
dal linguaggio de' barbieri e parrucchieri,
con la quale si indicano quei peli che
molti lasciano crescere su le tempie e al
sommo delle gote. La voce è milanese,
sciantigliòn, e si deve essere formata
nella capitale delia Cisalpina alla venuta
de' Francesi, che allora tal foggia di barba
era di moda, e deve essere come una cor-
ruzione di échantillon, quasi campione
di barba. I francesi dicono favoris. Scian-
tigliòn è voce notata dal Cherubini, Voc.
Sciapo : per insipido, senza sale, in-
sulso, è voce del dialetto marchigiano e di
alcune terre di Toscana (non sapido).
Sciccheria: parola volgare per eleganza,
lusso, derivata popolarmente dalla voce
francese, così comune fi-a noi, chic. Y.
questa parola.
Scintoismo: culto religioso naturalista
dei Giapponesi, anteriore al Buddismo.
Sciocco: detto di vivande per insipido,
senza sale o condimento ha esempi clas-
sici : vero è che nell'uso è specialmente
toscano.
Sciopero generale: atto minaccioso di
solidarietà di tutte le classi operaie, le
quali, nella lotta contro il capitale, cre-
dono di aver diritto di sospendere ogni
moto della complessa vita odierna, ces-
sando dal lavoro. Questa specie di jus
talionis, spesso sostenuto in difesa di una
sola classo operaia in lotta coi suoi im-
prenditori, non ha dato finora risultati
persuasivi.
Sciopticon : specie di lanterna magica.
Da ciHià - - ombra.
Sciovinismo: V. Chaunnisme: parola
giustamente ri prosa dai puristi ma cui le
frasi nostre amore, idee di campanile,
Sci
438 —
Scu
rispondono solo in parte. Lo sciovinismo
più che come corruzione o degenerazione
dell'amor patrio, vale ad indicare quello
spiacente orgoglio cittadino, spesso istin-
tivo, che fa deviare dal retto giudizio.
Scine est reminisci : lat., sapere equi-
vale a ricordarsi. Cfr. Dante, Par. V,
41, 42:
che non fa scienza,
senza lo ritenere, avere inteso.
Sciupateste: parola felicemente compo-
sta: leggesi nel Oingillino del Giusti.
Gran sciupateste d'università,
e si suole dire specialmente di maestri
0 professori, con riferimento al difficile
magistero dell'insegnare, il quale quando
non è veramente ben e umanemente fatto,
è di dubbia utilità.
Scleròsi : (gr. okXìiqòs = duro) term.
med., indurimento patologico di un organo
0 di un tessuto per effetto di ipertrofia
del tessuto connettivo che entra nella sua
struttura.
Sclerotica: membrana dura, opaca, e-
sterna del globo dell'occhio, la superfice
del quale copre per circa quattro quinti.
Ha la forma d'una sfera, troncata sul da-
vanti .
Scocciare: tipico ed eloquente verbo
del dialetto napoletano, esteso ad altri
dialetti dell'Italia meridionale e anche
centrale, e vuol dire rompere: usasi anche
senza il facile e sottinteso oggetto, e si-
gnifica seccare.^ tormentare^ assillare^ im-
portunare. Derivati sono scocciatore e
scocciatura. La forza che quivi ha questa
parola è segno della forza e dell' esten-
sione che ha la cosa. Un arguto scrittore
di giornali nota : « Avviso ai filologi : scoc-
ciatura non è ancoi'a parola italiana ma
si ritiene che la Crusca finirà con l'ad-
dottarla ». Se non la Crusca, il Petrocchi
registra la locuzione: scocciare i cor-
belli.
Scoliòsi : {oKOÀLÒs =:= storto) deviazione
laterale dei rachitici; term. medico.
Sconfessare: nel nuovo senso di no?i
riconoscere.^ dividere la propria respon-
sabilità da quella di altri., non dichia-
rarsi solidale, etc. anzi disapprovare^ è
secondo i puristi voce foggiata sul conio del
dèsavouer., francese. Rinnegare, ri/provare
sono sinonimi, ma egli è pur vero che
nelle parole vi sono certe sottili sfumature
che è facile avvertire dall'uso, difficile il
determinare per definizioni.
Scoprire la corona: nel linguaggio po-
litico, secondo l'ordinamento costituzio-
nale monarchico, vale far cadere la re-
sponsabilità di alcun atto su quel potere
che, secondo i criteri di detta costituzione,
è chiamato irresponsabile, cioè il monarca.
Scoprir gli altarini : venir a conoscere
le magagne., ciò che avviene in segreto.
Locuzione familiare dedotta dal fatto, che
non sempre quello che s'asconde sotto il
candido velo dell'altare è del pari candido
e puro.
Scratch : voce ingl. dello sjport (vale
scancellare., raschiare). Scratch è la corsa
in cui i corridori {podisti., oh, bella pa-
rola!) ed i ciclisti partono alla medesima
distanza. In una corsa, poi, proporzionale
fra corridori di dispari forza (V. Handi-
cap)., è chiamato scratch quegli che parte
alla massima distanza, cioè che concede
degli « abbuoni » agli altri concorrenti.
(Oh, anima del marchese Basilio Puoti!).
Scripta manent, verba volant: lat., gli
scritti rimangono e le parole volano.
Motto latino popolare, vale l'altro: carta
canta e villan dorme.
Scrofola : (da scrofa., per analogia coi
tumori ganglionari del porco). Con tale
nome si designa uno speciale temperamento
di alcuni individui sui quali facilmente
attecchisce il bacillo della tubercolosi ed
altri germi di malattie. In Toscana dicesi
volgarmente gàngola corruzione di glan-
dola. Yoce notata dal Petrocchi come voce
italiana, ed è regionale.
Scrubber: voce inglese usata in mec-
canica : indica un apparecchio che serve
per lavare (purificare) il gas: lavatore.
Scuna: V. Schooner.
Scuola criminale positivista : locuzione
dei seguaci della scuola lombrosiana (Ferri,
Garofalo etc), la quale studia non il de-
litto in astratto, ma il delinquente: con-
cede alla umana società il diritto di difesa
contro i delinquenti, non di punizione,
giacché ritiene il delitto conseguenza delle
condizioni sociali e somatiche : escluso,
quindi , il libero arbitrio e il conscire
Scu
439
Seg
sibì. NB. Dove aia il vero lo dirà miglior
scienza.
Scuola internazionale: V. Int&rnaxio-
nale in fine.
Scuola Manohesteriana: V. Sistema M.
Scuola normale: V. Normale.
Scusar senza: per fare senza, fare
a meno , è tipica locuzione milanese
{scusa senza)^ che se evitata nelle scrit-
ture , ricorre nel parlar familiare della
regione.
Season: voce inglese, stagione, ma la
gente mondana adopera la voce inglese
con forza antonomastica, e il motivo è
questo : gli inglesi più che altri popoli
hanno costume e danari per dividere il
loro tempo ne' luoghi di maggior diletto
0 per bellezza di natura, per arte e per
moda. Ognuno di questi luoghi ha il suo
periodo fisso di maggior frequenza e que-
sto si chiama season (sison).
Season : ballo figurato : quattro passi
a mano, inchino e due giri di polca.
Secessionista: neol. usato in arte. La
esposizione dei pittori in Monaco di Ba-
viera prese per la prima volta il nome
di secessione^ ed essi si nominarono se-
cessionisti: « ma di fatto l'esempio era
già stato dato dal gruppo di artisti fran-
cesi, i quali, costituitisi in società, non
esposero più al Salon e impiantarono le
loro esposizioni al Ghamp de Mars : al-
lora la parola secessione non era ancor
stata inventata. Dunque : la secessione si
verifica di fatto e non ancora di nome a
Parigi ; poi di fatto e di nome a Monaco
di Baviera, indi successivamente a Vienna.
Due 0 tre anni or sono, per varie e svariate
cause si andava delineando una secessione
anche a Milano, per opera della Società
Leonardo da Vinci ; ma poi non ebbe se-
guito. In sostanza si tratta di questione
vecchia, verificatasi sempre nei centri di
arte vitale. È positivo che gli Enti uffi-
ciali che, coir aiuto dello Stato, fanno le
grandi esposizioni, di necessità sono con-
servatori e lenti nell'accettare le formole
nuove, lo manifestazioni nuovo non ancor
pervenuto a maturità. Gli artisti giovani,
che a tali manifestazioni nuove addiven-
gono, sono pioni di coraggio e di slancio,
veri novatori, non si piegano ma persi-
stono e vanno ad esporre altrove le loro
opere » (G. Garetti).
Secolo fai) : cioè nella vita mondana
in opposizione a vita religiosa e contem-
plativa, nella quale le cose del mondo
sono 0 devono essere obliate e neglette;
e però al secolo dicesi del nome e cognome
dei religiosi, i quali entrando in una reli-
gione, assumono semplice ed altro nome.
Es. Suor Teresa, al secolo Elisa Meli.
Seconda di cambio : propriamente è la
seconda tratta o cambiale che si manda
nel dubbio che la prima sia andata smar-
rita. Per estensione si dice, per lo più
con intenzione e senso ironico o faceto,
di fatto che si ripete.
S'écouter parler: V. Il s'ecoute.
Secretaire: per scrittoio, scrivania^
voce francese, usata per vizio.
Sedan: nome della famosa battaglia
(dalla città di Sedan) che nel 1870 ca-
gionò la caduta del secondo impero na-
poleonico. Usasi antonomasticamente per
« sconfitta grande , risolutiva di una
guerra ».
Sed nunc non erat hic locus: dicesi delle
cose anche buone ed oneste, ma che hanno
il difetto grave di essere fuori di posto.
Orazio {Arte Poetica, 19) col suo acuto
buon senso pone questa sentenza per quel
che riguarda certi ornamenti artistici ,
belli in sé, ma fuori di tema: pei quali
non era quivi il suo posto.
Se donner des allures: modo francese,
darsi l'aria, darsi del peso, dell'impor-
tanza e altri modi di cui è ricco il genio
del popolo.
Seducente: pev attraente, in senso buono
però, è voce ripresa dai puristi (fr. sé-
duisant).
Sedurre: per piacere (es. mi seduce
l'idea^ etc.) ricorda ai puristi il fr. sé-
duire =plaire, persuader.
Seduta: per tornata, adunanza, ricorda
ai puristi il fr. séanee.
Sega : V. Appendice.
Segala cornuta: o grano speronato; è
un prodotto anormale (fungo) che sì svi-
luppa su lo spighe di alcuni cereali, spe-
cialmente della segala. ITsasì per oocitaro
i moti dell'utero ed affrettare i parti.
Segavecchla: la Befana: termino ro-
Seg
440 —
Sem
magnolo volgare, segaveccia, specie di
fantoccio che si porta a torno di mezza
Quaresima, ripieno di frutta secca : si
rompe e i frutti si dispensano alla folla.
Segrete cose (metter dentro alle) : /ar
parteeipe altrui dei disegni^ dei riposti
consigli. Si dice per facezia o con inten-
zione. Dal noto verso dantesco {Inf. Ili),
stravolto ad altro senso, come è il caso
solito dei versi di Dante.
Segreto di Pulcinella: dicesi volgar-
mente per significare cosa che tutti sanno
e che è ridicolo tenere più occulta. La
loquacità e la melensaggine, scurrile e
lepida, della famosa maschera napoletana
spiega la locuzione.
Seguace di Loiola: Vale per ispregio
Gesuita V. Gesuitismo.
Sehnsucht: ted. tensione nervosa nel de-
siderio., desiderio ardente.
Seìches: si chiamano con questo nome
locale le oscillazioni della superficie dei
bacini lacustri, studiate con interesse spe-
cialmente sul lago di Ginevra. Pare che il
fenomeno abbia per causa le influenze
atmosferiche. Il vocabolo italiano corri-
spondente a « seiches » manca, se pure non
si vuole accogliere la versione fonetica
sesse^ che suole usarsi presso il lago di
Garda per indicare lo stesso fenomeno.
Selcino : l'operaio che selcia le strade,
il selciatore., o, meglio, selciaio. Y. Fan-
fani ed Avlìa. ^fop. cit.J.
Select : ~z choisi^ distingue. Le ìuonde
select =1 le grande monde. Voce nuova
francese, tolta dall'inglese, ne ignota fra
noi. V. Pschutt., Lion, High-life.
Selettivo :-C!/«e ha carattere di selezione
(fr. sélectif).
Selezionare e selezionato: neol. da se-
lezione. Y-, questa voce.
Selezione : termine scientifico comune
(lat. selectioneni., fr. sélection., ingl. sele-
ction) cioè scelta di progenitori (animali
e piante) meglio adatti a produrre per
via di evoluzione uno sviluppo nei nati
e nei prodotti di bellezza, grandezza, bontà
maggiore. Voce scientifica, e come molte
voci scientifiche, estesa oggidì ad ampio
senso ed uso. Der. selezionare.
Selfacting Mule: voce inglese dei mec-
canici e dei tessitori: filatoio automatico .
Selfacting Twiner: voce inglese dei tessi-
tori e dei meccanici: ritorcitoio automatico.
Selfgovernement: parola inglese che
vale, governo esercitato da sé, cioè governo
diretto per opera de' cittadini, come in
vera repubblica.
Self help : bello e fiero motto inglese,
titolo di un famoso libro di Samuele Smi- ,
les: Aiutati., o, come venne tradotto: Chi
si aiuta., Dio l'aiuta. Voce usata talora
abusivamente, es. « Il self help è proprio,
non soltanto degli individui, ma anche
degli Stati; e chi non sa aiutarsi da sé,
invano spera nella Divina Provvidenza,
etc. » (NB. Sono sempre passi di scrittori
autorevoli e che vanno per la maggiore !).
Selfìnduzione: anglicismo {self=z stesso),
usato abusivamente da alcuni scrittori ed
elettrotecnici, a cui non troppo soccorre
il senso dell'italianità. Autoinduzione è
la parola buona. (V. Auto e induzione).
Self-made man : tipica locuzione inglese
del sano individualismo democratico, uomo
fatto da sé, figlio delle proprie azioni,
giunto a prospero stato per suo valore.
Seitz (acqua di): nota acqua minerale
artificiale che prende nome dalle sorgenti
di Niederselters, villaggio della Prussia.
Semaforo: term. mar. È una stazione
di segnali da costa, la quale con un suo al-
bero semaforico a bracci o con altro sistema
di segnalazione può comunicare coi basti-
menti che passano nelle sue vicinanze e
con altri semafori in vista. — Dal gr.
Oì]juaivco = segno, indico e cpSQoy zr. porto.
Semeiotica: o sintomatologia., è voce
del linguaggio medico, derivata dal greco
i {07]jU£icoTiKr]) e significa studio o esame
I dei^segni o sintomi. Codesti segni mor-
bosi si raccolgono coli' ispezione, palpazio-
ne, percussione, ascoltazione dell'infermo,
esame chimico e microscopico dei prodotti
di secrezione e di escrezione, del sangue,
delle orine, del vomito, etc.
Seme! abbas, semper abbas: lat., una
volta abate si è sempre abati., cioè il ca-
rattere sacerdotale è indelebile : dicesi
anche in senso di spregio per indicare la
impronta ecclesiastica che rimane tuttavia
in chi fece abiura.
Semel in anno licet insanire: una volta
all'anno è lecito far pazzie^ antica e
Sem
441
Scn
popolare sentenza latina che vuoisi deri-
vata da un passo di Seneca, conservato
da S. Agostino nel libro De civitate Dei^
VI, 10 : huie tamen furori certum tem-
piis est. Tolerabile est semel anno insa-
nire. Si dice quando si condona o si scusa
alcuna colpa altrui, specie di lievi e gio-
vanili colpe, dovute all'esuberanza naturale
degli anni.
Se Messenia piange, I Sparta non ride:
se V uno si trova in cattiva condixione,
l'altro non gode. (V. Monti, Aristodemo^
II, 7). Ricorda il verso del Petrarca:
S' Affrica pianse^ Italia non ne rise
(Trionfo d'Amore, lY, 83).
Semi-ignoto: press'a poco nel senso di
Cameade. V. questa parola.
Semola : mentre in tutta Italia la semola
vuol dir crusca., cioè la buccia del grano
separata dal fiore con lo staccio, in Milano
significa il fior fiore., onde -pan di semola
il pane più fine. Perchè tale idiotismo in
cui cadono anche le persone colte ? Forse
dal tedesco Semmel che indica panino?
Semplicista e semplicismo: V. Sim-
pìiste.
Senatores boni viri, senatus autem
mala bestia: i senatori sono buoni uo-
mini (presi ad uno ad uno) ma il senato
(cioè la collettività) è una mala bestia :
la prima parte di questa sentenza è Cice-
roniana, la seconda di manifesta formazione
e intuizione popolare del formarsi, in certi
casi, di uno spirito collettivo negli indi-
vidui che costituiscono un'assemblea, una
scolaresca, un consesso, etc, spirito o
anima comune, ben diversa da quella
delle singole persone. Dicesi anche face-
tamontc boni viri per Senatori.
Senatoriale: voce abusiva per senato-
rio., cioè dell'ordine del senato: fr. séna-
torial.
S'endimancher: V^. Indomenicato.
Senectus ipsa est morbus: la vecchiaia
è di per sé sola un'infermità. (Terenzio
Phorm. IV, I, 9).
Senno di poi [il)', è quello di cui sono
pieno le fosso, quindi giudizio di nessun
valore perchè seguo al fatto.
Séno (in); invece che dire semplice-
mente Ì7i es. in seno alla commissione.,
è brutto traslato del linguaggio degli uf-
fici. Così si abusa di in seno per entro,
allegato., inchiuso.
Se no, no ! : periodo ipotetico, ridotto a
brevissima e laconica formula assoluta.
Il Fumagalli (op. cit.)., ne trova l'origine
nello spagnuolo sino., no. condizione di
sudditanza dell'Aragona ai re di Spagna
a patto che questi rispettassero gli antichi
statuti 0 privilegi (fueros) di quella terra.
Ma forse è un ricercar troppo lontano e
difficile di cosa semplice e vicina. Giu-
seppe Mazzini nella famosa sua lettera al
re Carlo Alberto vi prepone a motto: se
no., no.
Sensazionale : a sensazione., uno dei
pili crudi barbarismi e dei più radicati
nell'uso, specialmente per effetto del gior-
nalismo. Deve essere neologismo anche
in francese , sensationnel. Dall' inglese
sensational. (V. Fanfani ed Arlia op. cit.)
Il sensazionale sembra contenere sì l'idea
della commozione come quella dell'impres-
sione, del colpo, della meraviglia, non
esclusa l'iperbole. Es. Notizie sensazio-
nali., prezzi sensazionali.
Senso : nelle locuzioni : a senso dell'ar-
ticolo tale di legge., per secondo il tenore
0 secondo che è disjjosto; tn senso affer-
mativo per affermativamente; infine senso
per direzione., lato., parte., riprendesi dai
puristi .
Sensoriale: per sensitivo., sensibile., è
dal fr. sensorial. Ecco un esempio, tolto
da uno di quelli scrittori il cui giudizio
ha valore fra noi come moneta corrente :
« ecco, a più determinata conclusione, il
compiuto trionfo dell'arte di un sensoriale.,
sottile auditivo., straordinario visiro ».
Sensorio: voce usata dai medici per
indicare lo stato più o meno vigile dei
sensi. In fr. sensoriuìn., dal latino sensus
= senso, il complesso dei sensi, il cer-
vello, focolare e centro cui mettono capo
le senzazioni.
Senza cessa : per senza posa., (fr. sans
cesse) ò un orrore, raro, se si vuole, ma
riscontrato talora nei giornali, o prove-
niente da manifesta dimenticanza della
parola italiana, infiusso della parola Iran-
cese e, sopratutto, incuranza dello scrivere
italiano. NH. Incuranza, ben si sa, quando
si scrive in prosa, che quando gli italiani
Sen
- 442
Ses
si vestono del peplo poetico, allora pescano
le parole rare in fondo alla cassa.
Senza dir né can né bestia: locuzione
familiare: vale senza dir nulla e per lo
più s'accompagna col verbo andarsene^
cioè andarsene villanamente^ senx^a sa-
lutare. Trovo questa locuzione nel dialetto
romanesco. Belli, La ineurotiazxiotie de
Napujjone :
Eppoi, pe' giunta, jje vortò la sschina
Senza dijje nnè asino nnè bbestia.
Senza patria (i) : traduzione del fr. sans
patrie per significare spregiativamente i
socialisti, i quali non soltanto subordinano
il concetto di patria a quello dell'umana
solidarietà, ma talora negano (e in ciò sta
l'errore) il valore presente di questa pa-
rola. Ciò anzi è iattanza italiana special-
mente. Più acuto forse è il ricambio di
insulto che i socialisti fanno a certi pa-
triotti di valersi della patria come di un
banco e di ottima fede da sfruttare. V.
Patriottardo e Nazionalista.
Oh, buon principio,
a che vii fine convien che tu caschi !
Septicemìa: (da orjjiTmós = corrotto
e nljua = sangue), dunque sangue guasto^
corruzione del sangue. Termine medico
che indica in modo generico quelle ma-
lattie cagionate dalla introduzione nel
torrente della circolazione di microbi che
vi si sviluppano. Meno comune la forma
assimilata, setticemìa.
Serenella: chiamano con tal nome a
Milano e in altri luoghi della Lombardia
la Syringa vulgaris., arbusto dalle grandi
pannocchie di fiori odorosi, più comune-
mente gridellini, ma anche bianchi oppure
quasi porporini, coltivata in tutti i giar-
dini. In italiano Siringa. V. Sicomoro.
Serge: fr., in italiano sargia e saia
(dal lat. sarica., tunica o, meglio, da se-
rica., veste di seta) stoffa leggera di lana
e di seta di fine e liscio tessuto.
Sero venienti bus ossa: a chi tardi ar-
riva., le ossa, è motto latino rispondente
al nostro, chi tardi arriva male alloggia.
Serramanico: attributo di coltello la
cui lama si ripiega nel manico, come i
temperini : se non che il coltello a ser-
ramanico usasi di solito per altro ufficio
che per temperare, e però ha una forte
molla che assicura la lama affinchè non
si pieghi nell'atto del vibrare.
Serra : nel senso di stufa., stanza, te-
pidario^ è parola ripudiata dai puristi come
gallicismo {serre = luogo ove si riparano
le piante che temono il soverchio freddo).
V. il Fanfani ed il Rigutini {op. cit.): la
difende il Yiani, ma specialmente la di-
fende l'uso, che l'adopera anche in senso
traslato. Credo che gli stessi puristi deb-
bano pensarci per accorgersi della impu-
rità della parola.
Serrata: V. Lock-out. Come termine
storico Serrata del Gran Consiglio della
Eepublica di Venezia è detta quella legge
che Pietro Gradenigo stabilì nel 1296 (?),
per la quale era riconosciuta la ereditarietà
di quanti in quel tempo componevano quel
supremo Consiglio, con esclusione di nuove
future elezioni. Questa parola è usata
anche dagli economisti e giornalisti invece
di Lock-out: dunque non è vero che non
si può, ma è vero che non si vuole o non
si cura di usare voci nostre !
Serventese: V. Sirventese.
Servilismo: disposizione cortigianesca
ed abbietta di servire potenti, prepotenti
0 fortunati : è neologismo ripreso dai puristi
(fi-, servilisme)., invece di « servilità ».
Servo-motore : (meccanica), apparecchio
destinato a manovrare automaticamente il
regolatore di una macchina, usufruendo
di questa nei momenti di regime tur-
bato.
Servum peous: V. 0 imitatores, etc.
Sesquipedalia verba: parole lunghis-
sime (propriamente di un piede e mszzo);
così denominava Orazio alcune parole dif-
formi per la loro lunghezza Certo v'è
un'estetica delle parole secondo il genio
di un linguaggio, e certe voci sesquipedali
odierne, certi scioglilingua sono orribili I
Sesse : V. Seiches.
Sessennio: (lat. sexennium^ periodo di
anni seij, nelle leggi delle amministrazioni
italiane è l'aumento del decimo dello sti-
pendio per alcune categorie di impiegati
(professori) ogni sei anni. Un tempo il
sessennio correva parallelo alle promozioni:
oggi, per ragioni meramente fiscali, la
promozione annulla il sessennio.
Séssola: è voce usata nel littorale adda-
ses
443
m
tico dai marinai ad indica una specie di
cucchiaio di legno di corto manico con il
quale si vuota l'acqua entrata o filtrata
ne' battelli, o palischermi. Il Petrocchi
nota sessola fra le voci morte in vece di
rota\x,a, mescola^ conca. Le parole ita-
liane che non sono vive nel volgare fio-
rentino, sono sempre morte per i manzo-
niani, ciò si sa ! E v'è chi dà a costoro
ragione! Sessola chiamasi popolarmente la
conca di legno per pulir civaie od altri
usi (infilar perle, a Venezia).
Sesta giornata (eroe della): locuzione
storica, viva tuttora. Le giornate di Mi-
lano nel 1848, furono 5. Nel sesto giorno
quando gli austriaci ebbero lasciato la città,
apparvero in piazza, feroci e belligeri,
quelli che nei dì della battaglia si erano
occultati nelle cantine.
Set: voce ingl., vale partita. Dicesi nel
giuoco del Lawn-Tennis. V. Questa parola.
Sette dormienti (i): leggenda araba di
sette giovani che, fuggendo le persecu-
zioni contro i Cristiani, nell'isola d'Efeso
dormirono per 200 anni, dal 250 d. C.
all' anno 450 d. C. e , desti , predirono
mirabili cose, fra le altre la venuta di
Maometto. Dicesi estensivamente in senso
faceto.
Settembrista: fr. septembriseur^ ter-
mine storico, riferito a quei massacratori
fanatici che ebbero parte nelle stragi dei
prigionieri politici al tempo della Rivolu-
zione di Francia (settembre, 1792). | Ri-
corre talora questa parola estensivamente.
Setter : nome inglese di una nota e bella
varietà di cani da caccia, di pelo seta-
ceo. (V. Angelo Vecchio // Cane, Manuale
lioepli).
Sette sigilli: librum.... signatuìn si-
gillis septeni^ libro chiuso con sette si-
gilli, dice S. Giovanni della sua Apocalisse
(v. 1), e dicesi anche di altre opere scritte
il cui senso è occultato sotto simbolo, o
pretende a profonde significazioni.
Settico: (gr. OYinrmòs, da (3ì)jToy -
j)utrofaccio) : si dice degli accidenti cau-
sati dai micròbi, sia per essi stessi, sia
per effetto delle loro tossine. Es. Ferita
settica.^ non purgata da possibili agenti
patogeni, quindi infetta. Voce modica, da
non confondere con scettico!
Settimo, non rubare!: oioè settimo co-
mandamento è qicello che vieta il flirto^
e si dice come avvertimento, premessa,
condizione a molte cose (per lo pili in
senso ironico).
Settimo sacramento: nota perifrasi per
indicare il matrimonio.
Settlement: voce inglese che significa
stabilimento.^ colonia; ed è il nome dato
ai territori concessi agli stranieri nell'in-
terno delle città della Cina.
Settore: neol. per medico., operatore
(dal lat. secare = tagliare).
Seve : in fr. è la linfa delle piante, indi
umore vitale., vigore, essenza., nerbo in
senso esteso. E proprio necessaria tale
voce? non deve muovere a sdegno, o piut-
tosto far pena veder letterati usare tale
voce come se le parole italiane non ren-
dessero il pensiero? Es. «Un dì Giuseppe
Verdi, scrivendo alla contessa Maffei. a
proposito dei Promessi Spoiji., scopriva
con sicuro istinto l'intima seve dell'arte,
etc. ». NB. Inutile ripetere che questi
esempi sono sempre tolti da quegli scrit-
tori nostri che sono salute dell'umile Italia,
che quando scrivono in rima estetica, bi-
sogna vedere che belle parole pulite sca-
vano fuori! Pulite in verso, e in prosa
sudicie. Come i villani che si lavano bene
il giorno di Pasqua! È questione di di-
gnità e di logica, non di purismo!
Sfatare : per screditare., è buona e an-
tica voce. Es. opinioni sfatate.
Sfera: è da molti familiarmente chia-
mata la lancetta dell'orologio, scambiando
così il giro percorso in figura di sfera col
nome dell'indice che detto giro percorre.
Compatibile errore, cui dà forza l'uso. Le
locuzioni sfera d'axione., sfera d'attività
(per campo), persona di bassa sfera (per
condizione, estrazione), sono ripreso dai
puristi.
Sfintere: gr. (i(piyHTì)Q^ ^di. otpiyyeiv =
serrare, chiudere : sono cosi denominati
alcuni muscoli in forma d'anello ohe ser-
vono a chiuderò le aperture o condotti
naturali , così lo sfintere delle labbra,
delle palpebre. Sfintere dell'ano: hi» uno
tal nome due muscoli che circondano l'e-
stremità inferiore dell'intestino rotto. Uno
è interno, è foggiato ad anello, formato
Sfi
— 444
Sic
da fibre muscolari lisce come quelle degli
intestini, le quali per la loro natura sono
indipendenti dalla volontà ; questo sfintere
sta sempre contratto per trattenere le ma-
terie fecali che si accumulano nell'inte-
stino retto. L' altro è esterno, costituito
da due fasci muscolari foggiati come due
parentesi (), formati da fibre striate; è
sempre rilassato, non contraendosi che
subordinatamente alla volontà. In forma
esclamativa che sfintere! è voce volgare
per dire che fortuna! Simili plebee espres-
sioni sono che c***.^ che obice! V. Obice.
Sfioratore: (idraulica) bocca a stramaz-
zo, aperta nel ciglio di un serbatoio d'ac-
qua allo scopo di scaricare l'acqua ecce-
dente e conservare il livello ad un deter-
minato punto.
Sfociare: è verbo notato nel senso di
sgombrare^ spurgare la foce : nel senso di
metter foce.^ o più semplicemente sboccare
è brutto neologismo, caro ad alcuni geo-
grafi.
Sfoglia: nome volgare dell'Adriatico,
dato alla sògliola (Rhombus Solca). Non
manca chi per maggior eleganza usa no-
minare questo squisito pesce piatto col
nome francese: es. soles frites^ soles au
gratin : certo così accade di leggere scritto
nelle note d'albergo (V. Sfoglia).
Sfondar le porte aperte: locuzione fa-
miliare ironica, detta di chi si sforza a
dimostrare cosa evidente che non richiede
dimostrazione.
Sfottere: verbo di uso volgare, raffor-
zativo di fottere., nel senso di 'persegui-
tare., ridurre a male: non ignoto nel
gergo delle caserme.
Sfregio : nel dialetto napoletano indica
il colpo di rasoio, dato a tradimento sul
volto, solitamente a scopo di vendetta
amorosa.
Sfroso: voce milanese s/ros, da frode,
contrabando: indica sì l'azione come la
merce. Der. il verbo sfr osare., da frau-
dare.
Sgravio: lo sgravare., a questa antica
parola è stato dato nuovo valore di, alle-
gerimento^ diminuzione di imposte.
Shake liand: la stretta (propriamente
scossa) di mano all' inglese.
Shako: Y. Schako.
Shampooing: voce inglese: passata in
francese : lavage et friction de la lete., e
probabilmente ai nostri barbieri provenne
per via della Francia. Correggi la grafia
Ghampoing., a pag, 88.
Shed: V. Rex de-chaussée.
Sherry Brandy : Sherry è la traduzione
inglese di Xei'es, famoso vino di Spagna
e brandy vuol dire spirito, dunque spirito
0 liquore assai fino ottenuto con la di-
stillazione delle uve di Xeres, ciò che
per i francesi è il cognac.
Shirting : tela candida e fine per cami-
cie. Ingl. shirt =r camicia.
Shook : termine medico. Y. choc. Shock
è voce ingl. ted. e fr., talora usata anche
da noi (colpo). Cfr. to shake ■= Scuotere,
crollare.
Shocking : voce inglese, passata nel
gergo francese {c'est shocking ! zzz e' est
révoltant., choquant) e non ignota fra noi,
ma se si dice, è più per celia e per affet-
tazione dell'affettata pudicizia inglese, che
sul serio.
Shrapnel: nome di proiettile delle arti-
glierie, di cui è regolato lo scoppio (dal
nome dell' inventore).
Shunt (derivazione) : voce inglese, usata
dagli elettricisti. « È un conduttore di
nota resistenza elettrica posto in deriva-
zione su la corrente principale, allo scopo
di suddividere quest'ultima su due vie,
in guisa che solo una frazione conosciuta
di essa percorra il conduttore principale.
Si usa specialmente nella misura d'inten-
sità di corrente per mezzo del galvano-
metro, quando questo non sia capace di
portarla tutta » (Prof. Luigi Sartori).
Shylock: è il nome dell'ebreo avaro e
vendicativo nel noto dramma dello Sha-
kespeare, // Mercante di Venezia. Dicesi
per antonomasia di persona esosamente e
malignamente avara e speculatrice dell'o-
pera altrui.
Siam traditi, o Regina: (Metastasio,
Bidone abbandonata., I, 16) uno dei non
pochi esempi di versi metastasiani, rimasti
popolari ; se non che il popolo d'Italia, se-
guendo r indole sua lieta e scettica, lo
parafrasa in siam fritti., siam fottuti^ etc.
e vi annette senso di lepidezza.
Si caecus caecum ducit, ambo in fo-
Sic
445
Sii
veam cadunt: lat., se il cieco guida il
cieco^ ambedue cadono nella fossa. Sen-
tenza a forma di parabola per significare
che uno stolto è mala guida e consigliere.
Sic: lat., così., cioè cosi proprio., e po-
nesi fra parentesi citando testualmente
passi altrui di cui si vuol far notare con
intenzione malevola la stranezza o l'errore
di giudizio 0 di forma.
Sic itur ad astra: così si arriva alle
stelle! (Verg. En. IX. 641), cioè così si
eterna il proprio nome, si acquista gloria.
Ma quasi sempre il motto latino è ripetuto
in senso faceto od ironico.
Si charta cadit tota scientia vadit:
specie di verso dall'intonazione macche-
ronica, detto di chi non sa senza l'aiuto
del suggeritore o del manoscritto.
Sicomoro : benché il sicomoro sia tut-
t'altra cosa (Ficus Sycomorus dell'Egitto),
tuttavia nei paesi nostri la Siringa (Vedi
Serenella) è talvolta chiamata sicomoro e
propriq dalle persone piii istruite 1 (Calc-
gari).
Sic transit gloria mundi : parole rituali
nelle elezioni dei Pontefici, significante
r infinita vanità delle cose umane. V.
Fumagalli (op. cit.)^ e cfr. i\q)1' Imitazione
di Cristo (I, 3, 6) il motto : 0 quam cito
transit gloria mundi! Presso il popolo
è riferito a persone e cose mondane, e con
intenzione di filosofica indifferenza per il
loro decadere e scomparire.
Sicut erat In principio: o soltanto si-
Gut erat: locuzione liturgica: si dice fa-
miliarmente col verbo ritornare od essere.,
a modo di sostantivo. Es. siamo al sicut
erat., cioè come era prima. Cfr. Plus p<i
change., ctc.
Sic vos non vobis: così voi., non per
voi (cioè: così voi lavorate, ma il frutto
del lavoro non è vostro). Triste e popo-
lare legge di ingiustizia umana da Ver-
gilio ( Vita di V. di Donato) espressa coi
noti versi :
Sic vos non vobis nidiflcatis aves,
Sic vos non vobis veliera l'ertis oves,
Sic vos non vobis mellificatis apes,
Sic vos non vobis t'ertis aratra bovos.
E dalle bestie agli uomini:
non veste seta chi filò gli stanai.
Sicut mater, ita'etfilla eius: (Ezechiele,
XVI, 44) quale è la madre., tale è la figlia:
concetto dell'ereditarietà morale noto ed
espresso da' più remoti tempi. (V. Fuma-
galli op. cit.) Cfr. la novella di Griselda
in principio. {Decameron., giornata X,
novella X). Nel popolo spesso udii il motto
qualis pater ^ talis fìlius.
■ SI dice: locuzione usata a modo di so-
stantivo : I « si dice » , cioè le congetture.,
le dicerie., solitamente con senso malevolo.
Sledi e favella : così Bidone a larba
[Bidone abbandonata., atto I) : la gravità
melodrammatica metastasiana è volta in
beffa, e talora vi si aggiunge siedi favella
e taci., ovvero favella e taci!
Siero di Behring: specifico contro la di-
fterite. Mirabile trovato della terapia mo-
derala. V. Sieroterapia., V. Group.
Sieroterapia: (da serum lat., siero e
deQaneia = cura) neologismo del linguag-
gio medico che indica un recente metodo
di cura delle malattie infettive. Esso con-
siste nel trarre profitto delle proprietà
curative del siero di alcuni animali, vac-
cinati contro queste malattie. Questo siero
è solitamente usato per iniezioni sottocu-
tanee e talvolta intra venose.
Sifilicomio: ospedale ove si cura la si-
filide.
Sigaraio : non è solo 1' operaio che fa
i sigari, ma nell'uso indica il venditore
ambulante di sigari (caffè, stazioni).
Signora : per maestra., insegnante., pro-
fessoressa con l'aggiunto della disciplina
insegnata, è « idiotismo vizioso del gergo
scolastico milanese ». Così la Sig."" Rosa
Errerà (op. cit.)., perchè «vizioso»? Si
sottintende la signora maestra o profes-
soressa (anzi no, professore!). Cfr. il te-
desco Herr Professor^ Signor professore.,
la quale parola è da quel popolo sempre
detta con grande osservanza e rispetto.
Signora : per moglie è voce e uso della
nostra borghesia. Es. salutami la tua
signora. L'uso di tale parola, specie fra
persone amiche o di umile stato, mi ha
sapore d'affettazione o di ironia involon-
taria. In fr. è semplicemente femme, ov-
vero madame., seguito dal nomo del marito,
se molta non è la confidenza.
Sila: gran bosco di Calabria, rimasto
storicamente famoso per i suoi ricordi
Sii
— 446 —
Siili
briganteschi. Dicesi bosco della Sila e-
stensivamente per indicare luogo o accolta
di persone fra le quali non v'è sicurezza,
ma continuo sospetto di tradimento, spo-
liazione, 0 sorpresa.
Silaggio: (V. Silo) parola abusiva, dal
fr. silage. In italiano infossamento^ con-
serva di foraggio verde. Non è parola^
frequente.
Sileni leges inter arma: tacciono le
leggi fra le armi (Cicerone, Pro Milone.^
IV), cioè la forza del diritto cede al di-
ritto della forza.
Silhouette: fr., è propriamente il pro-
filo tracciato con l'ombra. Chiamavasi con
tal nome un certo signore vissuto nel se-
colo XVIII, che in un suo castello diletta-
vasi a tracciar sulle mura i profili secondo
l'ombra. Il nome rimase alla cosa. Ombra
0 profilo^ secondo il caso, sono le voci
che vi corrispondono. Che bella silhouette,
per bella figura, figurina (di donna), è
frequente. Il Melzi registra siluetta, ma
si usa?
Sillabarista: neol. non bello, usato dalla
r. commissione dei libri di testo, per in-
dicare un autore di sillabari.
Si loca: cosi a Napoli: a Roma, est
locanda {-z::! lat. è da affittare): nell'Alta
Italia, d'affittarsi; in Toscana, appigio-
nasi., è intitolata la scritta che ponesi su
le case da appigionare o affittare. i^Questo
verbo, secondo l'uso toscano, dicesi me-
glio dei fondi rustici, che delle case, bot-
teghe, etc).
Silo : nel linguaggio degli agricoltori
sono così chiamate le fosse di muratura
0 naturali ove si stratificano e chiudono
i vari foraggi verdi : i quali così compressi
e sottratti all'azione dell'aria e dopo tenue
e non dannosa fermentazione, si conser-
vano freschi e perciò formano ottimo man-
gime nelle stagioni successive. L'esempio
di tali fosse ci è dato dagli arabi dell'Africa
settentrionale per difendere i foraggi dal-
l'arsione del sole, dagli incendi, dai furti.
Dicesi anche per indicare le fosse da grano.
Silo è in fr. e in ingl., silos in spagnolo.
In latino sirus = cripta : Quidam, gra-
naria habent sub Terris speluncas quas
vocant oetQovg^ ut in Cappadocia^ etc.
Varrone, de r. r., 57.
Silografia: V. Xilografia.
Silurare: neol. abusivo e probabilmente
effimero : colpire di siluro o torpedine,
noti istrumenti di distruzione bellica in
mare. Si è fatto anche il verbo toi'pe-
dinare.
Siluro: nome dato dall' ammiraglio Saint-
Bon a quei noti sottomarini esplodenti che
si lanciano dalle navi contro le navi ne-
miche. Dal nome di noti pesci forniti di
organi elettrici.
Silvestro (notte di San): l'ultima notte
dell'anno che si suole in molti paesi ve-
gliare sino all'attesa del nuovo anno,
banchettando e bene propiziando.
S'il vous piaìt: è la formula urbana
francese, più tipicamente garbata del bitte
tedesco, del please inglese: risponde al
sodes latino, al di graxia italiano.
Simboli massonici : V. Massone. Qui
aggiungo la parola dormiente che a quel
paragrafo fu omessa, e si dice di quel
massone il quale pur non cessando d'esser
massone (cfr. il motto Semel abbas., sem-
per abbas)^ pur tuttavia non ha più parte
attiva e viva nei consigli e nelle opere
della setta.
Simbolismo: gr. ov/ufioÀov = segno
convenzionale: in arte è detto simbolismo
la tendenza estetica la quale si vale di
simboli (naturali, tradizionali, convenzio-
nali), per esprimere un dato contenuto
ideale o morale. Il simbolismo è cosa
propria dei popoli primitivi: modernamente
risorse per raffinatezza estetica e filosofica
di alcuni scrittori. Anche la moda di que-
sta scuola letteraria, come il verismo di
tipo zoliano, come la scuola dei decadenti
e degli esteti, ci venne di Francia. Le
symbolisme n'est qu'une exagération du
sensationnisme (école fac-similant exac-
tement la vision)., un terme ingénieux
inventé par le parti auquel apparati en-
core trop matérielle la vision subiective
et trop peu plastique l' idée (A. d'Esco-
railles. Le Décadent).
Similia (et) : lat. e cose simili o simili
persone., e dicesi spregiativamente.
Similia similibus curentur: afoiismo su
cui ha fondamento in medicina il tratta-
mento omeopatico. Y. Contraria contra-
riis curentur.
Sim
— 447
Sia
Simoun : scrittura francese di voce araba,
vento africano, secco, soffocante che spira
dal mezzodì : si risente nell" Italia meri-
dionale: siroceo.
Simpatia : gr. ovv = insieme e nàdog
=: affetto: affinità e propensione reciproca,
incluso il senso di somiglianza e attrazione
vicendevole. Dal senso fisiologico e natu-
rale questa parola è passata al senso mo-
rale, conforme air uso francese di sym-
pathie. Ciò spiace ai puristi; ma per
quanto possa giustificarsi tale avversione
alla detta parola, il vero è che simpatia
ed antipatia sono pur di comune uso po-
polare. Così dicasi degli agg. simpatico
ed antipatico. In nobile prosa mi paiono
voci evitate nel semplice senso di bello,
attraente^ geniale^ caro. Es. una città
simpatica^ certo non si direbbe.
Simpatizzare: neol. non bello, dal fr.
sìfmpatiser. Y. Simpatia. Vero è che in-
cludendovi il senso di affinità elettiva^
non mi dispiace, o almeno può giustificarsi.
Simpliste: termine filosofico usato dai
francesi per indicare chi per vizio di ragio-
namento, non considera che un solo aspetto
e il più semplice e facile di un fenomeno
0 di una questione : traducesi per sempli-
cista, voce che in italiano vale herbarius,
botanico^ cioè colui che conosce la virtù
delle erbe dette seTnplici, e le custodisce.
1 francesi hanno anche l'astratto simpli-
sme. Unilaterale e unilateralità non mi
pare che vi corrispondano a pieno.
Sindacato : (fr. syndicat) nome dato in
commercio all'unione o coalizione tempo-
ranea di un dato numero di capitalisti allo
scopo di compiere insieme certe opera-
zioni finanziarie. (V. Trust^ Cartel^ Ring).
Sinderesi (perder la): familiarmente vale
vagellare^ dar nel matto. Sinderesi (ovv-
rrjQrjOLs) è termino della filosofia scola-
stica, e significò il principio innato della
coscienza che è insito in ogni uomo, il
quale principio rivolge l'uomo al bene e
lo rimuove dal male.
Sindrome: termine medico, dal greco
oovÒQo/iìj = concorso. Riunione di un
gruppo di sintomi che si riproducono nello
stesso tempo e in un certo numero di ma-
lattie. Es. « È probabile che in costoro
(Napoleone, Tolstoi, Leopardi, Manzoni,
etc.) si troverebbe la sindroìne., della pa-
ranoia », Lombroso, Genio e Begenera-
xione.
Sinecura: ingl. sinecure., fr. sinecure,
(lat. sine = senza, e cura): dicesi di
ufficio di poca fatica e minore responsa-
bilità. Cfr. le vecchie parole beneficio,
canonicato.
Sine die : usasi nella locuzione « riman-
dare sine die » , cioè indefinitam,ente
(lett. in latino, senxa giorno).
Sine fine dicentes: locuzione tolta dalla
liturgia : sine fine dicentes Sanctus, San-
ctus, Sanctus.
Slcating = slcating ring : «recinto o luogo
per correre sui pattini»: neologismo pur
m francese, enceintepour lepatinage, dal-
l'ingl. skate =: patino e ring = circolo,
sala. Il Fanfani ed Arlia propongono Cir-
colo degli sdrucciolatori, e va bene, ma
chi l'userebbe ed intenderebbe?
Slcilied: ingl., dicesi dell'operaio pro-
retto, cui è necessario conoscere la sua
arte; diverso dal manuale, semplice mac-
china umana. Non sarà voce frequente,
ma si legge. Es. « Dopo che è stato nella
scuola industriale di Prato, che è fra le
migliori d'Italia, e ha avuto una educa-
zione buona, che ha potuto diventare an-
che in patria un operaio skilled fra i tes-
sitori di seta e ben pagato... ».
Sine Cerere et Libero friget Venus:
lett. senxa Cerere e senxa Bacco Ven&re
ha freddo, cioè Amore (cioè l'impeto ero-
tico) si accompagna a ben mangiare e ber
meglio. Verso di poeta (Terenzio, Eunuco,
IV, 5, 6) ed esperienza di popolo.
Sine ira et studio: lat. senxa odio né
amore, cioè spassionatamente.
Sine qua non : abbreviazione dell'antico
termine di logica conditio sine qua non,
per indicare la conUixione necessaria,
sufficiente.
Sinfonia: nel senso di prefazione stru-
mentale di un'opera fu nome dato dal
Cavalli nel suo Giasone (1(549).
Sinistra (la): nel noto senso politico è
parola di provenienza francese : la gauche
z=z ensemble dcs députés ou des sénateurs
qui siègent à la gauche du président de
l'assemblée; e' est le parti progressiste
et avance.
Sin
— 448
Sir
Sinite parvulos venire ad me: sublime
detto di Cristo (S. Marea, X, 14) : lasciate
che i fanciulli vengano a me. Inspirò
certo al Carducci la strofa :
SoiTidean da i celesti occhi profondi
I pargoletti al bel profeta umil ;
Ei lacrimando entro i lor ricci biondi
La mano ravvolgea pura e sottil.
Giambi ed Epodi fPer G. Monti e G. TognettiJ.
Sinodale (età): V. Età critica. « Sa-
peva (Perpetua) fargli a tempo tollerare
le proprie (fantasticaggini) che divenivan
di giorno in giorno più frequenti da che
avea passata l' età sinodale dei quaranta » .
Promessi Sposi. Cap. I.
Si non caste, saltem caute : variante di
nisi caste^ saltem caute. V. questo pa-
ragrafo.
Sintonismo: termine di fisica: si dice
di due corpi o sistemi materiali che hanno
lo stesso periodo di oscillazione. Si dice
anche delle oscillazioni elettro-magneti-
che. Dal gr. oòv = insieme; róvos =
tono, tensione, intensità e il suffisso ismo.
Sint ut sunt aut non sint: o siano
come sono o non siano, famosa risposta
attribuita al P. Lorenzo Ricci, generale
dei Gesuiti, a papa Clemente XIV che lo
sollecitava di una riforma dell'ordine.
Dicesi estensivamente per significare come
certi istituti non possano modificarsi senza
cambiare la loro essenziale natura.
Sionismo: da Sio7i, antico nome di Ge-
rusalemme, capitale e centro antico del
popolo Ebreo. Con questo nome si designa
da qualche tempo un movimento sociale
in tutta Europa diffuso fra gli Ebrei, il
quale intende di ricostituire un nuovo
Regno, il regno Giudaico, per il popolo di
Israele, come compenso e conforto a quelli
del loro popolo che soffrono povertà, per-
secuzione (Russia, Austria). Il primo con-
gresso dei Sionisti fu tenuto in Basilea,
l'anno 1897, ed ebbe questo intento: crea-
zione di un asilo nazionale in Palestina;
la suddivisione e la riunione di tutti gli
ebrei in ispeciali istituzioni locali e gene-
rali, adatte alle leggi dei vari paesi; rin-
vigorimento della consapevolezza del pro-
prio valore e della coscienza popolare ;
pratiche per ottenere le adesioni dei go-
verni, quando siano necessarie. Nell'ultimo
congresso di Basilea del 23 agosto (1903),
furono i russi che si mostrarono i più
incrollabili nel volere la Palestina come
patria. Dopo aver visto l'impossibilità di
stabilirsi nella penisola del Sinai, il go-
verno inglese propose loro di cedere l'U-
ganda, permettendo la formazione di uno
Stato ebraico sotto il protettorato inglese.
Da ciò nacquero le discordie, volendo
l'Herzl ed il Nordau nominare una com-
missione per istudiare il progetto, ed op-
ponendosi i russi che volevano o Gerusa-
lemme 0 niente. Questo movimento sociale
— di cui vario può essere il giudizio —
è avversato dagli ebrei milionari i quali
non hanno bisogno della Palestina, avendo
il mondo intero in loro balia. | Uhi num-
mus, ibi patria, variante del^^«è^ Petrus,
ibi Ecclesia, proposta da me. Autore, a
consumo della nuova civiltà.
Sionista: fautore del Sionismo. V. que-
sta parola.
Sior Todaro brontolon: titolo di una
fra le geniali commedie del Goldoni, di-
venuto antonomastico per indicare persona
malcontenta, bisbetica, brontolona. Si dice
comunemente per celia.
Si parva licet componere magnis: (Verg.
Georg. lY, 176) se e lecito jìaragonare
queste cose piccole con quelle sì grandi.
Il Poeta raffronta il lavorio delle api con
l'impresa dei Ciclopi. È questo fra i motti
latini uno dei più divulgati.
Sir: ingl., sire, latino senior, signore.
Posto davanti al nome, diventa titolo ono-
rifico di cavaliere o baronetto. Adoperato
senza nome come vocativo, vale signore.
Sirdar: titolo di capo militare in alcune
terre dell'Asia (Indostan) : fu pur dato a
generali inglesi in spedizioni d'oriente.
Sirena: apparecchio acustico per for-
mare una data nota musicale: specie di
tromba acustica potentissima, per segnali
(navi, opifici). Francese sirène.
Siringa di Pravatz: geniale invenzione
medica che permise l'introduzione di so-
stanze medicamentose nel torrente san-
guigno con punture sotto cutanee od in-
tra venose.
Sir Roger (de Goverley) : nome ingl. di
ballo,consimileallaquadrigliaedailancieri.
Sirventése (nome maschile o femminile;:
Sis
449
Siz
ò la canzono eroica provenzale (sirventes)
de' trovatori; entrata nella metrica nostra
del Trecento. Noto questa parola perchè
manca a molti dizionari moderni.
La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l'ondeggiar de i candidi capelli,
I^a favella toscana, cli'ò sì sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,
Canora discendea, co '1 mesto accento
De la Versilia che nel cuor mi sta.
Come da un sirventese del trecento,
Piena di forza e di soavità.
G. Carducci, Rime miove. Davanti San Guido.
Sismico: (gr. OEiOftòs (yfjsJ = scoti-
mento, terremoto), attinente a terremoto.
Si dice p. e., i 'periodi sismici^ per in-
dicare le varie fasi del fenomeno.
Si stava meglio quando si stava peggio:
questa sentenza comune anche oggidì, al-
lude al tempo quando l'Italia era poli-
ticamente soggetta ai passati governi e
divisa in molti Stati (si stava peggio per
ciò che riguarda il progresso e la dignità
nazionale), ma le condizioni del vivere
materiale, nonché altre, erano migliori.
Sistema di blocco: è la traduzione del-
l'inglese block system^ inventato dall'in-
glese Cooke. Esso consiste nel dividere
una linea ferroviaria in tanti tronchi in
modo che un treno non possa percorrere
uno dei detti tronchi se prima il treno
precedente non lo ha lasciato. Ciò avviene
per avvisi dati ai treni in vario modo,
di solito con apparecchi elettrici ovvero
automatici della macchina stessa. Serve
ad evitare nelle linee di gran percorso
che due treni si incrocino o che l'uno
raggiunga l'altro. Block in inglese vale
anche intoppo^ sbarramento.
Sistema manciiesteriano: è sinonimo di
libero scambio: tale nome provenne dalla
lega di Manchester (Inghilterra) in seguito
a deliberazione di questa città (1838) di so-
stenere la libertà del commercio. No fu-
rono capi il Cobden, il Bright, lo Smith.
Segnò la fine del sistema protettore, il
quale oggi è caldeggiato dal ministro in-
glese C ham boriai n.
Sistema o scuola edonistica: è l'antica
teoria filosolica edonistica, cioè del piacere
(V. Edonismo e Principio edonistico)^
trasportata nel campo dell'oconomia poli-
tica. Indica cioè quella dottrina ohe pone
in ragguaglio il desiderio e il bisogno
dell'uomo con lo sforzo che esso compie
per conquistare cose che gli sono neces-
sarie : dottrina del valore delle cose, non
valutate in se ma in rapporto al loro va-
lore subbiettivo. In questo calcolo l'uomo
{homo aeconomicus) per forza di istinto
non erra. (Edgeworth, Pareto, Pantaleoni).
Sitofobia: voce del linguaggio medico
(gr. olrov == cibo e (pòjios = terrore), ri-
fiuto assoluto a cibarsi : sintomo frequente
nei pazzi.
Sitting-room: lett., in inglese la stanza
dove si sta, salotiino da lavoro^ tinello.
Sit venia verbo: lat., domando scusa
della espressione .
Si vera sunt exposita: lat., se le cose
dette sono vere^ inciso condizionale che
suole mettersi dopo affermazioni mal si-
cure.
Si vis me fiere, dolendum est Primum
ipsi tibi : lat. se vuoi che io pianga
(cioè che mi commuova) bisogna che tu
prima ti sia commosso. Nota e profonda
norma di arte, la quale però conviene di-
scretamente intendere. (Orazio, Arte Poe-
tica, 102, 103). (NB. È ciò che manca al
d'Annunzio, il quale, per ciò solo, non
può raggiungere l'agognata eccellenza).
Si vis pacem para bellum: se vuoila
pace prepara la guerra : antica sentenza,
alla cui verità nuoce forse l'abuso e l'in-
tento politico con cui si ripete. La parola
pace sta forse per dar forza al contrasto
della frase ; per la verità sarebbe stato più
proprio dire sicurexxa. (Questo aforismo
probabilmente è dedotto da vario sentenze
classiche (Cfr. Vegezio. Epit. rei militar,
III, prologo, e vedi diffusamente iì%\Vop.
cit., del Fumagalli, Chi l'ha detto? Cfr.
eziandio la sentenza di Tacito riportata in
fine del paragrafo Ricevitore del Registro).
NB. In nessun tempo il motto è stato
applicato così bene come nel progressivo
nostro tempo che vede l'Europa, anzi il
mondo, mutati in caserma e arsenale!
Sizing machine: voce inglese, usata dai
tecnici 0 dai tessitori : macchina per im-
bozzimare l'ordito in siibbli. Questa mac-
china dà la bozzima (colla) alla catena, i
cui fili, disposti su un certo numero di
subbli, passano dapprima nella bozzima
A. Panzini, Supplemento ai Dixionari italiani.
Sku
450
Sno
bollente, vengono spremuti da appositi
cilindri, indi sono asciugati su cilindri
riscaldati a vapore, e finalmente avvolti
sul subbio che verrà indi messo sul telaio.
Skunk: nome della Moffetta variabile
0 fetente dell'America settentrionale (Me-
phitis varians)^ carnivoro affine al tasso:
serve per pelliccerie.
Skupcina: è il nome del parlamento
serbo, formato di una sola camera, tre
quarti dei quali sono elettivi, un quarto
di nomina sovrana.
Sky: voce nordica; specie di pattini di
legno, lunghissimi, che si adattano ai piedi,
por camminar su la neve. Trovo anche il
nome sìdatore.
Slanciato : per snello^ svelto^ ricorda ai
puristi il francese élancé. Anche slancio
per ardore^ anima^ passione ricorda ai
puristi il fr. élan. E ardita metafora, san-
cita dall'uso.
Sleeping car: fu la società franco belga,
costruttrice di tali perfetti e ben noti vei-
coli ferroviari, che corrono su le princi-
pali linee dirette, la quale diede tale nome
inglese alle carrozze PuUmann. (V. questa
parola). Sleeping car fu tradotto in vagone
a letto. (Pezo el tacon ch'el buso!).
Slivovitg : acquavite di prugne, che si
prepara per fermentazione e distillazione
delle prugne (specialmente della varietà
di color violetto e di forma allungata) in
Austria, Germania, Alsazia. Si prepara
come il Kirschwasser^ e la resa è di 8 a
16 litri d'acquavite a 51°, per 100 kg. di
prugne.
Sloop: voce inglese, indica un battel-
letto a un solo albero, gran randa e contro
randa, due o tre fiocchi, velocissimo. E,
insomma, un piccolo cutter., scialuppa.,
lancetta.
Slow : terni, mar. ingl. =i avanti a-
dagio. V. Half.
Slubbing Frame: voce ingi. dei tecnici
e dei tessitori ; banco a fusi in grosso.
È la macchina che avvolge in fusi, previo
stiramento e leggiera torsione, il nastro
che proviene dai laminatoi, formandone
uno stoppino soffice.
Smaltitoio: per orinatoio^ pisciatoio, è
voce registrata ed usata, specialmente nel
linguaggio degli uffici, come piij decorosa.
Smanare: nel dialetto romagnolo {smanè)
vale disordinare (Cfr. la voce amman-
nare = far fasci, e ammannire) e anche
svestirsi.
Smania: oltre che agitazione., vale
smanceria., leziosaggine., moine., carezze
in akuni dialetti (Marche, Romagna).
Smanioso : in alcuni dialetti (Marche,
Eomagna) vale smanceroso., schifiltoso.
Smart: ingl., arguto^ lepido., originale.
Smistamento: si à.\OQ staz,ione di smi-
stamento quella dove i convogli di merci
sono scomposti nei carri o carrozzoni de-
stinati alle varie direzioni. In fr. triage.
Nelle stazioni ove è grande arrivo di treni,
vi sono stazioni speciali a tale effetto.
S'mistamento è neol. di conio burocratico,
da misto (treno misto) e Vs privativo.
V. Fanfani {op. cit.)\ il quale, inutile dire,
riprende tale parola: la conferma l'uso.
Smistare: V. Smistamento.
Smoking: propriamente in inglese smo-
king-coat (abito da portare nelle sale ove
si fuma), indi, nota forma di giacchetto
nero elegante, di speciale foggia, che usasi
per disimpegno ne' ritrovi serali. Vedi
più ampiamente questa questione dei nomi
degli abiti alla parola Vestito.
Smoking-room: corrisponde in inglese
al fr. fumoir: saletta dove è permesso
fumare e v'è ogni apparecchio.
Smontare: voce di gergo familiare: quan-
do ad alcun oratore o conferenziere o di-
citore per effetto di interruzioni, risa, mal
animo o scarsezza dell'uditorio è fatta per-
dere la forza e il calore oratorio e persua-
sivo, né trova più la parola, si dice che
è smontato.
Snob: parola inglese, relativamente re-
cente, accolta nei linguaggi culti d'Eu-
ropa per indicare quella persona la quale
opera e parla in modo da parere diverso
da ciò che è in realtà (più elegante,
più ricco, più spregiudicato, più libero,
più intelligente, più moderno, più mon-
dano, più scettico, etc), cioè ohe per
smania di essere distinto, esagera senza
discernimento e convincimento una data
tendenza o costumanza : ovvero esagera
il contrario, se ciò accenna ad essere di
moda. È cosa mondana andare a teatro e
non badare allo spettacolo? Lo sìiob andrà
ISno
— 451
Soc
oltre sino a ciarlare, disturbare, far conto
d'essere in casa propria. Ve un autore
in voga ? Lo snob compra e loda il libro
senza capirlo e nemmeno sforzarsi di giu-
dicarlo, etc. L'abuso in Italia di dare, o
di imporsi, specie alle donne, nome stra-
niero, è ad es., fenomeno di snobismo.
Lo snob opera con convinzione e molte
volte è auto-suggestionato, nel modo stesso
che il goldoniano Lelio è convinto di non
mentire, ma dire spiritose invenzioni. Il
grande umorista inglese, Thackeray (1811-
1863) si compiacque molto dello studio di
questa vanità e miserabilità umana. E
certo filosoficamente studiando e insistendo,
questo mondo di snob tanto si allarga da
non aver più confine. Non si tratta di cosa
nuova, ma di una forma di vizio, con-
genito con la natura umana il quale in un
dato clima sociale prende speciale sviluppo
e contrasegni. Sono la ipocrisia e la va-
nità che contribuiscono a formare lo sno-
bismo per maggior difesa e maggior go-
dimento dell'individuo. Cfr. negli animali
il fenomeno curioso, detto mimetismo. La
moda e la reclame hanno nello snobismo
il loro massimo sussidio.
Snobismo: astratto di snob. V. questa
parola, in francese snobisìne.
Sobriquet : per nomignolo^ sopranome^
detto per celia, è una di quelle voci fran-
cesi, le quali, benché rare, non sono del
tutto inusitate fra noi, specie in certo lin-
guaggio giornalistico, mondano.
Soccorso di Pisa: V. Vettura del Negri.
Socialismo: questo vocabolo, di non
agevole definizione ma facilmente inteso
e universale (ted. Sozialt'smus^ ingl. so-
cialism), è di formazione relativamente
recente (1835). Il filosofo socialista fran-
cese, Pietro Leroux (1797-1871; ne vanta
la paternità come opposizione ed antitesi
ad individualismo. In questo concotto
infatti sta l'essenza filosofica del sociali-
smo. Vero è ohe tanto V individualismo
come il socialismo non sono due verità di-
stinte 0 due fedi assolute, ma piuttosto
due modi diversi di considerare le coso
umane, secondo il temperamento delle per-
sone, lo condizioni storiche ed economiche,
la suggestiono dei tempi.
Socialista libertario : sinonimo eufemi-
stico di anarchico: dottrina economica in
opposizione a quella dei socialisti collet-
tivisti e statolatri. Voce recente, coniata
probabilmente su esemplare francese.
Socialisti addomesticati : attributo neo-
logico del gergo politico per indicare quei
socialisti che, più o meno apertamente,
passando dalla teoria alla pratica, si ac-
costano all'ordine sociale e politico costi-
tuito, non con intendimento ostile, ma di
graduale riforma : fenomeno di adattamento
e di remissione che la forza delle cose
impone ad ogni partito, specie quando,
con l'aumento dell'estensione, diminuisce
l'impulso della violenza. Ciò non toglie
che queìV addomesticati, dato dai rivolu-
zionari ai moderati socialisti, con quella
imagine così ben tolta dalle belve ridotte
a mansuetudine, non abbia forte sapore
caustico. Locuzione effimera, qui segnata
come ricordo dei tempi presenti.
Socialistoide : dicesi di persona che
propende, amoreggia con le teorie de' so-
cialisti. È proprio il coloro del tempo! V.
il suffisso oide.
Socializzare: neol., vale rendere so-
ciale^ cioè di proprietà comune, e special-
mente si intende di quelle proprietà le
quali ottenendo incremento e frutto dal-
l'universale ed essendo di universale uti-
lità, si crede utile e civile che siano sot-
tratte al dominio privato.
Società : (lat. societas) per umano con-
sorzio^ richiederebbe un aggettivo come
umana., civile. Ma l'uso ne fa a meno e
sfida il francesismo, se pure è tale. I fran-
cesi, conforme la loro indole, estendono
società nel senso di mondo., conversaxione.,
vita elegante e mondana., e tale uso noi
accogliemmo, nello locuzioni, ad es., vi-
vere in società., andare in società., l'alta.,
la buona società., etc. I puristi hanno
ragione di condannare tali modi, ma chi li
usa non ha torto di usarli, trovandoli
pronti e sottomano. Sono poi comuni ad
altri linguaggi.
Società internazionale per la Pace:
istituto umanitario o politico che ha per
intonto di dirimere lo eauso dello guerre
e risolverlo por mezzo di arbitri. (V. Tri-
bunale dell'Aia). \a Unione lombarda per
l'Italia venne costituita in onte morale
SOG
— 452
Sol
con r. decreto del 15 febbraio 1891 : ha
por massimo assertore Teodoro Moneta.
Sociologia: questa comune parola di
ibrida formazione (dal lai. socius = com-
pagno e kòyog = trattato) è di creazione
relativamente recente. La usò da prima
il filosofo francese Augusto Comte (1789-
1857) come vocabolo acconcio per la divi-
sione del suo Cours de Philosophie positive
(1838). Nuova conferma ebbe il vocabolo
dallo Spencer, nel 1873, con l'opera Study
of Sociologie. Nel Comte l'intendimento
era di dimostrare come la iimana società
possa essere studiata con metodi positivi.
Sociologo: dotto di sociologia.
Sodale : per compagno., specie di studi
0 di intellettualità, è antico e vieto lati-
nismo (sodales) che, non so con quale
fortuna, appare talora come voce neolo-
gica. Cfr. sodalizio.
Soda-water: inglesemente, in vece di
acqua di soda., è scritta comune.
Sofferenza : crediti in sofferenza sono
quelli che, per le condizioni poco buone
del debitore, si sa già di non poter rea-
lizzare per intero, cioè al cento per cento.
Soffietto : nel gergo giornalistico vuol
indicare lo scritto, di solito preventiva-
mente accordato, a scopo di lode o di re-
clame.
Sofisticare : per falsificare è voce viva,
non fuori dell'uso come mette il Petrocchi.
Soigné : fr., in vece di accurato., ben
fatto., appuntino., sembra a taluno voce
di maggiore efficacia. Es. « un pranzetto
molto soigné ! » . Miserie !
Soirée : voce francese di vecchia data
fra noi: «meglio italianizzarla e dire se-
rata » (Rigutini). Vero è che si pronuncia
e scrive alla francese per indicare la ve-
glia elegante e mondana. La grafia soaré.
notata nei lessici della corrotta italianità,
mi pare poco frequente. Il popolo conserva
la voce veglia o conversazione.
Soirée dansante: V. Danzante.
Solàmen (est) miseris socios habuisse
malorum : è conforto pei miseri aver
compagni di sventura, antica e popolare
sentenza latina, variamente attribuita. V.
Fumagalli Chi l'ha detto?
Soldato del papa : nel gergo francese
soldat du pape = mauvais soldat. E così
si disse presso di noi, dal tempo che il
Papa aveva esercito proprio, tanto che
correva il motto che quattro soldati del
papa non erano capaci a levare una rapa.
Fra quelle milizie raccogliticce e merce-
narie ve n'erano pure di discrete, come ad
es. i carabinieri. Fra le milizie papali di
infausta memoria sono da ricordare i cen-
turioni, reclutati dopo i fatti del 1831.
Barbacani, caccialepri., etc, furono ei)i-
teti spregiativi dei militi papalini.
Sole dell'avvenire : è quel sole simbolico
che conforterà l'uman genere nella futura
civiltà socialista. Nell'attesa che nasca,
questo sole riscalda V Inno dei Lavora-
tori {spunta il Sol dell' Avvenir )^ versi
del socialista F. Turati.
Selenite : nome di nuovo esplodente.
La selenite è la polvere per il fucile da
guerra italiano, composta di nitroglicerina,
cotone, collodio e piccola quantità di olio
minerale : composizione analoga a quella
della balistite, se non che il tenore in
nitroglicerina è alquanto più basso. Ha
la forma di piccoli tubi; di qui il nome
(da ocùÀr]v = tubo).
Solenoide : termine di fisica : dal greco
(ocoÀfjv = condotto, tubo) e il suffisso
oide: si chiama con questo nome una
speciale disposizione di conduttore elet-
trico (reoforo): esso « ordinariamente è un
filo di rame : è avvolto ad elica ed a spire
isolate attorno ad un cilindro, con l'ul-
timo tratto disposto secondo l' asse del
cilindro per una lunghezza uguale a quella
del detto asse. Quando il solenoide è per-
corso dalla corrente elettrica, l'effetto che
ne risulta è di creare un campo magne-
tico, comportandosi come una calamita.
Se nell'interno di questo solenoide vi è
una sbarra di ferro dolce fnucleo), esso
pure si calamita appena il solenoide è
percorso dalla corrente elettrica ; ma perdo
ogni magnetismo al cessare della corrente
(calamita temporanea]» (prof. L. Sartori).
Questa virtù di acquistare e perdere d'un
tratto la virtù di essere calamita, fa sì
che si possa trasmettere un movimento a
distanza, onde è che il solenoide è usato
per il telegrafo, per gli orologi elettrici,
per far scoppiar mine, etc.
Solfara meglio che Zolfara: è il nomo
Sol
45.^
Sop
che si dà in Sicilia alle cave di zolfo.
Solfatara è il nome proprio di un cratere
spento a Pozzuoli, che dà pure solfo, e
questo nome venne esteso ad altri crateri
in condizioni analoghe.
Solfatara: V. Solfara.
Solfeggio: sistema di lettura musicale
a mezzo dei monosillabi Do., Re, Mi., Fa.,
Sol., La., Si, tolti (i primi seij dalle prime
sillabe di ciascun emistichio dell'inno a
San Giovanni, e adottati da Guido d'Arezzo
per imprimere nella memoria degli scolari
i tipi fonici degli elementi più comuni del
canto liturgico e delle note finali dei
?nodi del suo tempo ( Ut queant laxis —
i?esonare fìbris — I/ira gestorum — Fa-
muli tuorum — Solve polluti — Lahiì
roatum — iSancte /oannes:
«Affinchè possano risonare le fibre indebolite,
Guarda le azioni de' servi tuoi,
condona ai fallaci le colpe del labbro,
0 San Giovanni»).
Solfo 0 Zolfo: preferibile la prima scrit-
tura, sì por etimologia, sì perchè il sim-
bolo chimico di questo elemento e de' suoi
composti è S.
Solìtalre: .solitario; ma detto dei dia-
manti che sono legati soli, è comune la
voce francese.
Solitaria neiroblio : ottonario del Grossi
nella nota canzone Rondinella pellegrina,
contenuta nel capitolo XXVI del romanzo
Marco Visconti, il quale ottonario è po-
polare e si ripete con vario senso scher-
zoso, specie riferito a donna ; e così dicasi
dell' altro verso Rondinella pellegrina
(abbandonata dall'amante, in cerca di av-
venturo, etc).
Solitario : nel linguaggio politico ricorre
talora questa parola per indicare colui il
quale è indipendente, non ascritto ad al-
cun partito. La qual cosa in questa nostra
patria, classicamente consortesca, non è
lodo. Cfr. Danto :
A te Ila bollo
averti fatta parte per te stosso.
Par. XV ir, ()8, 6'.).
Solitudlnem faoiunt, pacem appellant:
fanno deserto (dosolaziono, distruzione),
e la chiamano pace. Tacito, Agricola.,
XXX. Cfr. L'ordine regna in Varsavia.
Solivo: = solatio, in alcune terre di
Toscana.
Solustro : (solustre) voce romagnola ó
marchigiana r= riverbera del sole.
Solvìbile : detto di persona che è in grado
0 che gode opinione di potere solvere, cioè
pagare un debito contratto. Astratto, sol-
vibilità. Fr. solvahle, solvabilité.
Solvibilità: fr. solvabilité. Cfr. solvibile,
Soma: misura di capacità de' liquidi,
specie del vino, equivalente a circa 76 li-
tri : usata nel contado Riminese.
Somàtico : corporale, fisico, dal greco
ocòfia = corpo, ed è agg. spesso usato
dai medici per significare qualità che si
riferiscono al corpo. Nelle malattie men-
tali dicesi somatico in opposizione a psi-
chico.
Somatologia: (gr. otòjua = corpo e Àóyog
= trattato) sinonimo di antropologia fì-
sica.
Sombrero: voce spagnuola, usata anche
in francese : indica un cappello a larghe
tese per ischermo dal sole. Dicesi talora
facetamente per cappello a larghe falde.
Da sombra, spagnuolo, lat. umbra, ombra.
Someggiabile: che può essere someg-
giato, portato a soma.
Sonda: fr. so?ide. Nell'uso medico di-
cesi sonda ogni strumento esploratore,
destinato a percorrere un canale qualun-
que: dicesi specillo una sonda fatta di
un'asticella metallica ad estremità rigonfie,
usata per verificare la profondità delle fe-
rite. Sonde piene sono le aste metalliche
0 d'altra materia per esplorare cavità,
donde sonde vescicali, uterine, etc ; sonde
cave, per evacuare o introdurre liquidi
nelle cavità {sonde o siringhe veseiealiy
esofagee, etc). Sonda e sondare sono gal-
licismi ripresi dai puristi : li va confor-
mando l'uso. Parlando del maro però si
si dice scandaglio o scandagliare. In
senso figurato in luogo di sondare (parmi
raro) vi sono i verbi : saggiare., provare,
scandagliare, specillare.
Sonzo: voce vernacola romagnola {sonx),
sndicio, unto (da sj*^;/« =i grasso?).
Soporìfero : die induce sopore: dotto di
scrittura, libro, opera d'arto, vale noiosa,
insulsa, che addormenta il Iettare. Voce
Sop
454 —
Sos
lepida, ma di acerba critica, forse la più
acerba !
Sopprimere: dal lat. suh e prèmere,
vale conculcare, calcare. Nel senso di
togliere^ levar via^ impedire che appaia,
annidlare (es. sopprimere una frase) è
conforme all'uso francese del verbo sup-
primer. Eicorre taloi'a questa parola nel
senso di ammazzare; e così dicasi della
voce soppressione.
Sopracciò : praefectus^ sopraintendente:
ma oggi non si dice che in senso di sprezzo,
e per lo più al plurale, di chi fa valere
con molta arroganza e con poco discer-
nimento e giustizia quella autorità di cui
le gerarchie burocratiche sogliono inve-
stire assai spesso i meno degni. Il Pe-
trocchi reca, « spreg. saccente ».
Sopraluogo: si dice in linguaggio fo-
rense del così detto « accesso sul luogo».
Quando il magistrato, o per impulso spon-
taneo 0 per iniziativa di una delle parti,
ritiene utile di recarsi sul luogo della
contestazione o del commesso reato per
attingere direttamente quelle nozioni di
fatto e di luogo che gli possono giovare
nel giudizio, ordina un sopraluogo^ e si
trasferisce, con le parti e col cancelliere,
sul luogo. Dicesi familiarmente in senso
esteso e faceto.
Sopravento: term. mar.; una terra, un
bastimento, un oggetto starà sopravento
al proprio bastimento N se rimane dalla
parte del vento relativamente alla per-
pendicolare NE abbassata dal centro di
gravità del bastimento N su la direzione
assoluta del vento ; e starà sottovento nel
caso opposto. Segue da ciò che un basti-
mento N' che cammini nelle acque di
un altro A", sta sottovento a questo della
quantità N' B., e per trovarsi egualmente
avventato, bisognerebbe che si trovasse
in B. Cfr. la frase prendere il sopravento.
Sopravivere a se stesso: comunemente
si dice di persona la cui vita dura ancora
mentre la gloria, o la rinomanza, o la
fortuna, o le opinioni già lodate ed accolte
— vita dell'anima — sono morte ovvero
obliate.
Sorbeltarsl : godersi come un sorbetto,
essere costretto a sorbire : si dice in vSenso
morale e ironico di condizioni e persone che
bisogna sopportare per forza di cose: ef-
ficace voce regionale.
Sordino: propr., strumento per ammor-
zare il suono : in romagnolo vale fischio
sordo, e anche peto., fatto con la bocca e
per dileggio.
Sordità verbale: terni, med., ò quella
alterazione per la quale, essendo intatto
l'udito, le parole altrui sono percepite
come suoni, ma non vengono trasformate
in idee. (Varietà di afasia).
Sornacchiare : ronfare., russare., verbo
d'uso ampiamente dialettale e toscano.
Sorridere: nel senso di piace., alletta.,
par bello, es. mi sorride l'idea etc. è
dai puristi ritenuto conforme all'uso esteso
del fr. sourire. Fosse anche gallicismo,
non mi pare estensione difforme all'indole
dell'italiano.
Sortie de bai : voce francese della moda
per indicare quelle pellicce o quei vistosi
manti con cui le signore, all'uscire dal
teatro o dalle feste, ravvolgono e difen-
dono dal freddo le già esposte o lievemente
coperte nudità.
Sortire e sortita: della differenza fra
sortire ed uscire è inutile parlare. E fra
le nozioni grammaticali più note. Sortire
vale eleggere in sorte., avere., cavare a
sorte e non andar fuori etc. Nelle sta-
zioni ferroviarie a sortita hanno sostituita
uscita e hanno fatto bene e il publico ci
si è abituato a forza di sentir gridare,
uscita! uscita da questa parte! Quando
verrà la volta della parola ritirata? Sca-
dono le convenzioni ferroviarie, e speriamo
bene ! Quanto poi al voler ritenere gal-
licismo questa parola invece di uscire,
io non oserei, pur ammettendo che la si
usò da taluno per influsso francese. E
voce non letteraria, ma popolare. « Sortire
per uscire è italiana, ma di bassa lega»,
così il Leopardi, sopra due voci italiane.
Sos
455 -
Sou
pag. 230, neìV Appendice nell'Epistolario,
ed. Barbera 1878, e deve esser nel vero.
Se poi è uguale al francese, ciò è per
l'affinità tra lo due lingue.
Sosie: fr., Sosia, nome di un perso-
naggio da commedia, dato per estensione
in Francia ad ogni persona che abbia con
altri molta rassomiglianza.
Sostra : voce milanese per negozio o
deposito di legna e carbone. Sostraio^ il
mercante di detto combustibile. Bracino.,
in Toscana è il venditore della carbonella.
Sotnia: voce russa =: centuria., cen-
tinaio. Es. una sotnia di cosacchi.
Sottaniere : V. Puttaniere.
Sotto: nelle locuzioni così frequenti
come sotto questo rapporto^ sotto questo
aspetto., etc, dai puristi riprendesi come
francesismo. « Dicasi in o per e ogni cosa
sarà a suo posto », Fanfani. Ma sia pur
francesismo, egli è che questo sotto viene
oramai così sotto mano e pronto che dire
in 0 per è oggetto di riflessione.
Sotto-eccellenza: così — con vocabolo
lepido — sono denominati nel linguaggio
familiare della politica i « sotto segretari
di Stato», poiché pure a costoro, sotto il
ministero Crispi, fu esteso l'onore di fre-
giarsi come i Ministri del titolo di Eccel-
lenxa. Essendo sotto segretari., sono anche
.sotto-eccellenze.
Sotto il velame delii versi strani: noto
verso di Dante {Inf. IX, 36) ripetuto per
significare sotto l'allegoria., o simili.
Sotto l'usbergo del sentirsi puro: su-
blime verso di Dante (Inf. XXVIII, 117),
ove pur si accenna alla coscienza, cui
basta la propria sanzione, ne ha bisogno
di testimonianza o approvazione umana :
divenuto luogo comune.
Sottomarino: agg. fatto sostantivo per
indicare quelle navi (si è tuttora nella
via degli esperimenti) le quali possono
navigare sommerse, e sono ideate e co-
strutte solitamente a scopi di guerra.
Sottomettersi o dimettersi: dilemma
non irifroquonto noi linguaggio politico:
osso primioramento fu usato dal Gambetta
in un discorso politico contro il Governo
del Maresciallo Mac-Mahon : Quand la
Francc aura fait entendre sa voix sou-
veraine., croyex-le bien^ messieurs., il
faudra se soumettre ou se déniettre {Jour-
nal des débats, 18 agosto 1877).
Sottovento: V. Sopravento.
Soubrette: voce francese di origine in-
certa: la servetta della commedia.
Soufflé: termine fr. di cucina, gonfio.,
montato; es. omelette., beignet soufflé.
Cfr. le nostre voci gonfietti o gonflotti,
pezzetti di pasta dolce che fi-itti, rigon-
fiano. V. Tortello.
Souffleur: voce francese, talora usata
abusivamente, pel solito vezzo, invece di
suggeritore (non del teatro). >Es. « E non
occorre dire che l' imperatore la rappre-
senta a perfezione [la parte] e assoluta-
mente senza bisogno di souffleur».
Souffre-douleur: dicesi di persona espo-
sta alle beffe o alle fatiche o agli stra-
pazzi. Es. Questo scolaro è il souffre-
douleur dei compagni ». Vittima., capro
espiatorio sono le voci nostre; mafra la gen-
te mondana la parola francese non è rara.
Soupe à la sante: nel linguaggio dei
nostri alberghi e trattorie occorrerà fre-
quento di sentirsi offrire una soupe à la
sante. È la solita minestra di ripiego, e,
quanto alla locuzione, è una frase fran-
cese di fabbrica — dirò così — nazionale,
come è spiegato alla parola Sante. In un
buon libro di cucina questa minestra è
chiamata brodo con erbucce.
Souplesse e souple: voci francese di
largo uso in un certo gergo mondano.
Con esse si possono recitare le esequie a
molte parole italiane, come agile., flessi-
bile^ molle^ elastico., scorrevole., soffice e
relativi nomi. Così udii dire: «Non ha la
souplesse nello scrivere. Le gommo delle
biciclette perdono la loro souplesse. Quella
signora ha la capigliatura molto souple »,
etc. Poi si finisce col trovare che l'ita-
liano non ha voci corrispondenti 1
Soutache: fr., treccia., spighettìna., cor-
doncino^ passamano, gallone per abiti.
Souteneur: voce del gorgo francese, non
ignota fra noi: celui qui vii auj' dépen-
ses des prosi ituées et quon appelle ainsi
par ce qu' il est censo /cs' soutenir quand
ellcs soni insultées... I dialetti nostri sono
ricchi di voci molto di tale senso, che
sombrano troppo plebeo por assurgerò al
linguaggio corrente o comune. Supplisce
Sou
— 456 —
Spe
il francese, la lingua dai garbati eufemi-
smi. Dante nella sua cruda barbarie di
espressioni (vero, o Saverio Bettinelli?)
chiamerebbe i souteneurs col loro proprio
nome :
Ruffian, baratti, e simile lordura.
La loro professione è quella eziandio eser-
citata da Venedico Caccianimico il quale
dice di sé:
I' fai colui che la Ghisolabella
condussi a far la voglia del iMarchese.
{Inf. XVIII)
il che prova che da che mondo è mondo,
corte cose e persone furono, sono e sa-
ranno. Notevole e nuova è invece la ten-
denza moderna ad eliminare quelle voci
che in sé contengono un vivo senso di
abbiezione.
Souvenir: fr., per ricordo^ detto di og-
getto, ricorre press' a poco come eadò^
anche fra il popolo. La lingua delle ele-
ganze e delle mondanità sembra dar va-
lore col suo suono sino agli oggetti che
hanno ugual nome!
Souvent femme varie : {fol est qui s'y
fie) motto, accolto da Vittore Hugo nel
dramma Le roi s'amuse (atto lY, scena 2),
parafrasato nel noto verso del Piave:
La donna e mobile, etc,
e variamente attribuito, V. Famagalli,
op. cit.
Sovracarico intellettuale: V. Surme-
nage.
Sovversivo: detto genericamente ed in
mal senso di dottrine o di persone che
hanno come precipuo intento il sovvertire^
cioè distruggerei' OYà.\n3iiTiQTiio sociale-po-
litico odierno, è neologismo comune, de-
dotto manifestamente dal fr. subversif.
Spada di Damocle (la): V. La Spada
di Damocle.
Spaghetto: nota specie di maccheroni
in forma di spago. Nel parlar familiare
dell'Alta Italia vale patirà^ es. « avere
un po' di spaghetto ». Spago per paura
è anche toscano. Y. il Petrocchi.
Spagnolino: specie di cane da fermo
a pelo lungo setaceo, di origine iberica,
come dice il nome : per le sue belle forme
fu oggetto di selezione e di incroci ne'
vari paesi. I cinofili usano anche la voce
francese épagneul.
Spagnolismo: con tale nome talora si
denomina quella tendenza nelle publiche
amministrazioni alle inutili e fastose for-
malità, al compiersi delle azioni per ge-
rarchie ; e nella vita sociale ad un com-
plesso di cerimonie, fasto, senso di casta,
etc : che furono le peggiori qualità eredi-
tate dal popolo spagnuolo, per tanto tempo
dominatore della Lombardia e del Reame.
Spahi : nome francese di cavaliere, ap-
partenente ad una milizia, la più parte in-
digena, dell'Algeria.
Spallone: da spalla; così volgarmente
sono chiamati i portatori delle merci di
contrabando.
Spaniel : (voce inglese) specie di cane
da caccia, inglese, assai pregiato per le
forme eleganti — dicono i cinofili, meglio
direi strane, essendo di bassa e speciale
forma — il pelo setaceo, l'agilità, l'ol-
fatto onde levano la sei vagina. Il Goelcer
Spaniel nero del paese di Galles è fra i
più stimati.
Sparafucile: propr., chi impaurisce spa-
rando il fucile, minacciando a vuoto, indi
scherano., bravaccio., in senso spregiativo
e figurato.
Sparar le ultime cartucce: locuzione
tolta dal linguaggio militare per dire
far gli ultimi sforxi., tentar le .ultime
prove., resistere ancora., intendendo come
non sia possibile resistere più oltre, ed è
cosa necessaria darsi per vinti.
Spartèa: pianta tessile, dalle cui fibre
si fabbricano quei cavi detti libani, in
uso dai pescatori. Y. Halfa.
Sparteina: alcaloide dello Spartium
Scoparium. Eccitante del cuore.
Spartiacque : termine geografico : il con-
fine tra due regioni fluviali, Y. versante.
Spasimante: per amatore., dicesi fami-
liarmente in alcune regioni nostre; ma
con lieve senso ironico dello sdilinquire
del corteggiatore.
Speaker: oratore. E il nome dato in
Inghilterra all'eletto dalla Camere dei Co-
muni, specie di Presidente della Camera
presso di noi. L'elezione dello Speaker
si compie con quella serie di cerimonie
antiche che presso di noi non sarebbero
Spe
— 457 —
Spe
possibili e farebbero sorridere, e pure, in
quell'ossequio alla tradizione, costituiscono
una delle più notevoli e nobili forze del
popolo inglese. Lo Speaker è circondato
da una specie di maestà. Egli incarna in
sé tutta l'autorità della Camera dei Co-
muni ; designa i relatori e gli oratori, di-
rige le discussioni, dà o toglie la parola,
richiama i deputati all'ordine ; infine è il
depositario esecutivo dei poteri discipli-
nari dell'assemblea.
Specchietto: (per le allodole), trappola
per i minchioni e per il publico.
Specchio : chiamano i meccanici la su-
perficie lavorata, piana o cilindrica, su
cui scorre il cassetto di distribuzione delle
motrici a vapore. Si precisa meglio di-
cendo specchio del cassetto di distribu-
zione e corrisponde esattamente al te-
desco Schieber-spiegel. I francesi per in-
dicare il cassetto di distribuzione dicono
tir air de distribution.
Specialista : chiunque — e specialmente
dicesi di studiosi, scienziati, fisici special-
mente, medici, etc. — abbia compiuta
conoscenza non solo di una data disciplina,
ma più specialmente di una branca o
parte di essa : la qual cosa con l'ampliarsi
mirabile delle discipline scientifiche, è og-
gidì cosa necessaria. Specializzarsi^ ac-
quistare questa speciale conoscenza. Sono
due parole tolte dal fr. spécialiste e spé-
cialiser di cui gli stessi puristi non po-
trebbero fare a meno. « Difficilmente si
troverebbe altro vocabolo» (Rigutini).
Specialità: ^^av prodotto speciale^ par-
ticolare, cosa eccellente nel suo genere,
uomo -valente in una data disciplina o
scienza, è un astratto ripreso dai puristi
e ritenuto gallicismo. Lo conferma l'uso.
Specializzarsi: V. Specialista.
Specifico: parlando di malattie si in-
tende determinare con tale aggettivo quelle
infermità che fonnano una specie a parte,
e di cui la causa è sempre la stessa: la
sifilide ad esempio. Spesso dicono i me-
dici specifico come termino convenzionale
por evitare nomi di malattie, gravi e noti.
Dicosi inoltre specifico di medicamenti
che hanno un infiusso speciale su qualche
processo morboso, ad os. il chinino su lo
febbri malariche.
Specimen: voce ingl. e fr., dal latino
specimen (da spedo = guardo), indica
saggio, modello, etc. Voce straniera, usata
per vizio.
Speculare, speculatore, speculazione:
dal noto senso filosofico queste parole sono
passate, in modo conforme all'estensione
del francese (spéculer, spéculateur, spé-
culation), al linguaggio del commercio e
della borsa : trafficare, commerciare, etc.
I puristi riprendono tale uso.
Spèculum : (in lat. =: specchio) è termine
medico di istrumento a forma tubulare o
a valve per dilatare e quindi a speculare,
cioè osservare lo stato interno di alcune
cavità naturali (vagina, ano, orecchie,
naso) direttamente o per mezzo di super-
fici riflettenti. Noi, credo, togliemmo tale
latinismo dal francese. La voce spècolo,
notata in qualche lessico, mi pare meno
usata di spèculum.
Spedare: term. mar., staccar l'ancora
dal fondo.
Spedizione : voce abusiva delle sarte a
Milano, per indicare le piccole spese ine-
renti alla fattura degli abiti.
Speech: voce inglese che vuol dire di-
scorso. Vi dev'essere qualcosa di reciso, di
penetrante, di persuasivo, in quello spicc
(così si pronuncia), giacché in taluni casi
lo si preferisce. Es. « Sorse allora Fon.
X*** e pronunciò uno splendido speech ».
Anche nel prendere questi anglicismi non
abbondiamo di originalità giacché sono
quasi tutti di derivazione francese : speech.,
in gergo francese vale appunto allocution,
discours.
Spelèo: attributo di orso (Ursus spe-
laeus), cioè delle spelonche, così detto
perchè questo grande e feroce orso fossile
viveva nello caverne (si dico anche orso
delle caverne) del periodo glaciale, durante
il quale deve aver dato del filo da torcere
ai nostri progenitori, che pure cercavano
rifugio nello caverne.
Spencer: così oggi chiamano i sarti
corti giacchetti posanti, usati specialmente
come sopravesto d' inverno dagli ufficiali,
adorni di polo d'Astrakan e di passamani.
II nomo ò dovuto ad un corto conto Spen-
cer, morto nel 184v^. V. Vestito.
Speranzoso : sarà vocabolo molto oo-
Spe
— 458 —
Spi
modo ed avrà, anzi ha, esempi classici
(Segneri), ma che proprio sia bello e da
ripetersi come oggi si ripete, io non oserei
di affermare.
Spernacchio: voce vernacola del veneto,
usata anche sul litorale romagnolo dai
marinai : vale aria ragna, a striscio come
di lana, indizio di pioggia. Cfr. Spar-
naxjxare. Cfr. il motto, cielo a pecorelle^
acqua a catinelle.
Spese improduttive: locuzione neologica
eufemistica, usata nel linguaggio della
politica e del giornalismo per significare
i due bilanci della guerra e della marina,
impo'oduttwi.^ cioè non profìcui, anzi per-
niciosi, alla umana società secondo i con-
cetti dei socialisti e dei sostenitori della
pace universale.
Spessore : per spessezza^ grossezza è
neol. dal fr. épaisseur : ripreso dai puristi.
Spettabile: aferesi di rispettabile^ è ag-
gettivo comunissimo del gergo commer-
ciale. Es. Spettabile ditta. Credo che
questa brutta parola sia per effetto del
respectable inglese. V. questa parola.
Ujrevòs ^Qaòéog : Y. Festina lente.
Spezzare una lancia (in favore di, etc.) :
è locuzione dell'antico linguaggio caval-
leresco, sopravissuta in senso morale, e
vale come farsi campione., difendere,
sostenere. Cfr. lancia spezzata.
Spia : pertugio circolare nelle porte delle
carceri e simili per ispiare il contegno
del prigioniero. Dicesi anche spiarola.
Spiana : V. Raboteuse.
Spianare le costure o le costole: ri-
batterle col ferro e si dice degli abiti, e
per estensione familiare, bastonare.
Spiccare: per spedire^ dare un ordine.,
un mandato è modo neol., ripreso dai
puristi.
Spigolistra o spigolistro: per bacchet-
tone., ipocrita., picchiapetto. Voce classica
e antica ohe par nuova perchè talora
usata, specie ne' giornali, e non intesa.
Spigolistro — spiegano i lessici — che
sta nascosto per gli spigoli o cantucci
delle chiese.
Spina di pesce (a) : « nelle costruzioni
lombarde del secolo IX e successivi tempi
si trovano murature a spina di pesce,
cioè colle pietre così disposte da assomi-
gliare alle spine di pesce. Es. ad Agliate
nella basilica di Ansperto. Altre volte, se
i muri sono di mattoni si trovan soltanto
ad intervalli dei corsi di pietre disposte
similmente a spina di pesce ; esempio :
nella facciata di S. Vincenzo in Prato in
Milano. I sistemi costruttivi, una volta
adottati, sono conservati a lungo, massime
nella campagna, fuori dei grandi centri,
cosicché non sempre la disposizione a
spina di pesce risale a tempi così lon-
tani » (G. Carotti). Si dice comunemente
dei pavimenti.
Spina ventosa : antico term. med., usato
così anche in francese: così detto dall'a-
spetto enfiato. Varietà di tubercolosi ossea
che si riscontra al livello delle falangi
delle mani e dei piedi.
Spincionare: il cantare del fringuello.
Che già spincionava il fringuello.
Pascoli, Myrieae, Alba.
Spingere le ricerche, le indagini: per
condurre., fare., o indagare^ ricorda ai
puristi il modo francese, pousser les re-
cherches.
Spinite: da spina (dorsale) ed il. suf-
fisso ite. Tabe dorsale, sinonimo di atassia
locomotrice. Affezione della midolla spi-
nale, caratterizzata dalla incoordinazione
dei movimenti, dall'abolizione dei moti
riflessi e da diversi turbamenti subbiet-
tivi ed obbiettivi della sensibilità.
Spinone: specie di ottimo cane da fer-
mo, simile per la struttura al bracco, co-
perto però di un pelo duro, folto, spinoso,
che gli dà aspetto brutto e selvaggio.
Colore roano -marrone, o bianco sporco
con macchie di color marrone. I cinofili
lo vantano italiano.
Spinster: parola inglese, zitella., zi-
tellona, parola specialmente usata per
indicare la donna del così detto « terzo
sesso, cioè non destinata alla procreazione
od al piacere, ma la donna del lavoro.
Spinster è dal verbo spin =: filare, « né,
a mio credere, a caso la lingua inglese,
tanto filosofica nelle sue più volgari espres-
sioni, adopera una stessa parola (spinster)
a significare zitella e filatrice., quasi ad
indicare ciò che probabilmente avveniva
di fatto nei tempi primi in cui l'idioma
Spi
— 459 —
Spo
venne formandosi e che ad ogni modo ri-
sponde ai dettami inviolabili della natura
che soltanto la donna nubile deve rivolgere
alla produzione l'opera sua». (Achille Loria
La Sociologia^ Verona, Drucker, 1901).
Spinte 0 sponte: modo avverbiale del
linguaggio familiare : joer amore o per
forxa. Sponte è latino, e vale spontanea-
mente^ e quello spinte è avverbio foggiato
alla latina, per analogia e per lepore.
Spionaggio : neol. dal fr. espionnage,
il mestiere della spia^ il far la spia.
Spione: accrescitivo di spia. Eppure
la prevalenza di questa parola nel lin-
guaggio de' giornali, mi fa pensare che
provenga per influsso del francese espion.
Spiritismo: se antichissima è la cre-
denza di miracoli operati da agenti incor-
porei, nel senso moderno la parola spiri-
tismo ricevette valore dalle esperienze
fatte nel 1848 nella famiglia del Sig. Fox
in Hydeville (Nuova York) e di lì ripetute
e diffuse per tutto il mondo civile e spe-
cialmente nei paesi anglo-sassoni. V. Me-
dium e Occultismo. Spiritismo « è la pa-
rola comunemente accettata per signifi-
care tutti quei fenomeni provocati dai
mediums per una forza X che ancora
non conosciamo » (A. Piippalardo, nella
prefazione del Manuale Hoepli , Spiri-
tismo).
Spirito: per opinione {spirito publico) ,
per brio., arguzia., lepore., lepidezza., ti-
more, per anima, cuore, mente., ricorda
ai puristi l'estensione francese della parola
esprit. Così sono riprese le locuzioni spi-
rito delle leggi (per .lignificato.^ ragione).,
spirito di parte., di corpo (per amore,
passione)., far dello spirito (dire delle
arguxie, dei frixzi). Le conferma l'uso.
Quanto a spirito., nella locuzione uomo
0 donna di spirito., e all'aggettivo spi-
ritoso., osserva il Tommaseo (Unità) « che
esso concerne non tanto la vivacità dei
modi quanto la prontezza dell'ingegno e
dell'animo : tiene insieme del tempera-
mento e dei progi intellettuali e morali ».
Con le quali parole si viene ad ammettere
che lo voci spirito e spiritoso malo si
tradurrebbero per brio o argutexxa, brioso
od arguto.
Spirito denaturato: spirito roso inetto
agli usi della nutrizione umana, e desti-
nato solamente per applicazioni industriali
0 per sviluppo di calore.
Spirito forte : è il fr. esprit fort^ detto
di chi ostenta superiorità alle opinioni
comuni, specialmente in materia di fede.
Spiritose invenzioni : così Lelio nel
Bugiardo goldoniano chiama le bugie, e
così talora si dice (Atto I, scena 4).
Spirituale : nel senso di grazioso, fine,
arguto, che denota ingegno e spirito, è
un'estensione conforme — se non vogliamo
dire tolta — al francese spirituel: es.
wi volto spirituale., una risposta spiri-
tuale, una signora spirituale.
Spiritualità : ingl. spirituality, fr. spi-
ritualité: disposizione ingenita della mente
nel lasciarsi influire dalle idee e dare alle
cose dello spirito grande importanza.
Spiritus, ubi vult, spirat: lat., lo spi-
rito spira ove vuole. Evang. di S. Gio-
vanni, III, 8. Spesso si dice in senso
profano, cioè vuol dire che il pensiero
dell'artista e del filosofo, quasi acceso e
mosso dal Dio, non conosce barriere e
confine. Dicesi anche ironicamente.
Spitze: ted. punta, cima, detto di alcune
sommità alpine.
Spleen: voce inglese, accolta in fran-
cese: non ignota fra noi: vuol dire milza,
lat. splen, OjrÀrjv. Questo nome è dato
ad una specie di melanconia {fiéXag = nera
e xoÀr) = hiìe), forma di psicosi che deprime
e domina con senso di pena chi ne è sog-
getto e che si attribuiva ad un umor
nero del quale la milza era pretesa sor-
gente. Gli inglesi sotto le brume del loro
clima par che ne soffrano, non raramente.
Allora il cielo d'Italia servo d'antidoto:
ed io nella mia dimora nella penisola di
Sorrento, li ricordo questi lunghi e medi-
tabondi anglosassoni contemplare la pic-
cola italiana che balla al suon del tam-
burello 0 il guaglione che fa il pulciuolla
sguaiato loro dinanzi. Allora le severe
labbra si spianano al sorriso ed è gettata
la moneta, avidainont(> raccolta. Patnrnr,
mattana, luna a tra r orso, pi'oposte dal
Fanfani, non vi corrispondono che in parte.
La scrittura splin, accolta in alcuni les-
sici, mi pare poco usata. .Aggettivi sple-
nioo e splenetico.
Spo
— 460
Squ
Splendido: questo aggettivo nostro, u-
sato alla maniera straniera, è dei più co-
muni. Voce elegante, a trentatrè contesi-
mi al pezzo. Tutto è o può essere splen-
dido : un motto arguto, una risposta pronta,
vivace, diventa spendida. « È splendida I »
per dire « È graziosa! », Dicesi con vero
abuso : « Una notte, i tartufi, un pranzo,
un risotto, una barba, la fanteria, l'arti-
glieria, la morte, la vita, un libro, un
abito è 0 sono splendidi ».
Spoglia: per sfoglia (falda di pasta) è
voce regionale, cui non mancano buoni
esempi. Y. Tommaseo Dizionario.
Sponda: termine molto familiare e po-
polare in molte nostre regioni per indicare
un protettore.^ un patrono che fa da sponda
contro i possibili urti, cioè o per avan-
zare piìi presto che per le vie regolari
0 per ammorzare i colpi che potrebbe dare
talora la Griustizia.
Spongata: specie di torta da credenza
ripiena di marzapane, specialità di Bre-
scello (Guastalla). Dolce natalizio.
Sporadico: (ojzeìqsiv^ disperdere), si dice
di malattia quando questa colpisca una
persona separatamente : è cioè l'opposto
di epidemico ed endemico, detto di quei
mali che attaccano contemporaneamente
una popolazione. La parola sporadico dal
linguaggio medico è trasportata al lin-
guaggio letterario e filosofico come attri-
buto di fenomeno o fatto isolato, che ap-
pare a rari intervalli.
Sporgere querela : per dare^ muovere
querela è neologismo del gergo curiale :
ripreso dai puristi.
Sport: voce inglese di origine latina.
Sport è abbreviazione di disport., desport
= diporto (da dis e portare = portar
fuori dal lavoro e dalle cure), dunque
svago, divertimento., giuoco. Questa voce
universale e tanto nota che è inutile
spiegare, si è imposta nell'uso ed è più
facile celiare amaramente con sporto e
sporta., come fa il buon Fanfani, che evi-
tarla. L'Inghilterra ha rinnovato nel tem-
po moderno l'importanza che gli antichi
— e specialmente quel mirabile popolo
che fu il greco — diedero agli esercizi
corporali, e congiunsero l'utile, il diporto
0 svago con l'eleganza e con la moda
senza di che questi molteplici giuochi ed
esercizi non avrebbero il favore che hanno :
con la cosa, imposero il nome : solita
legge ! Consoliamoci con l' origine latina
della parola. In verità l'antica Eoma non
cessa di dispensare consolazioni ai suoi
tardi nepoti ! Da sport si è fatto l'agget-
tivo sportivo. Si dice anche, talora, teìnpo
sportivo per indicare quel tempo grigio,
piovorno, che sembra più somigliante a
quello inglese : tempo adatto per le corse.
Miserie I
Sposar vacca e vitello: locuzione al-
trettanto felice quanto plebea e scher-
nevole : significa sposar donna inciìita di
altro uomo. Trovo questa locuzione pur
nel gergo in fj-ancese : épouser la vache
et le veau.
Spostato : per indicare persona che è
faori del suo posto sociale, il cui ufficio
nella vita è difforme alle attitudini ed
all'ingegno, aireducazione ricevuta etc,
sembra al Rigatini vocabolo « accettabi-
lissimo e necessario ». Lo credo anch'io !
È uno dei caratteri del tempo nostro !
Sprachverein; ìq^.^ società della lingua^
nome di sodalizio germanico, ampiamente
diffuso, che ha per iscopo lo studio e la
conservazione (purità) della lingua tedesca
nelle colonie stabilite all'estero. NB. Se la
nostra Dante Alighieri sottraesse parte
della sua attività, data alle conferenze
ed all'ermeneutica dantesca, e tutelasse
un pochino, non dirò la purità, ma il
decoro della favella italiana, in casa pro-
pria, non sarebbe una bella cosa?
Spratico: esercizio obbligato della scher-
ma (voce speciale dell'Italia meridionale).
Spumone: nota specie di dolce, di par-
venza come di spuma.
Spunto: nel linguaggio musicale così
sono chiamate le prime battute di un mo-
tivo musicale, onde dammi lo spunto
vale dimmi il principio di una data aria,
così che poi è facile ricordare ciò che se-
gue. Spunto è voce passata anche nel
gergo letterario per significare il principio
felice di un discorso, di uno scritto.
Spuzzetta: nel dialetto veneziano spux-
zetta vale vanerella., pretensiosa., fra-
schetta. Ricorre spesso questa voce nel
Goldoni. La registra il Cherubini, fop. cit.)
Squ
— 461
Sta
= « fumosetta », con esempio del Maga-
lotti {Fiore d'Arancio^ 242).
Squadracela : peggiorativo di squadra :
voce già usata in Romagna ove significò
certo faziose associazioni per le quali la
politica era pretesto a mal fare.
Squagliarsi: propr. s^n^^^ers^*. Familiar-
mente non farsi più vedere^ scomparire^
ma con speciale senso di chi va via per
non rispondere delle proprie azioni. Voce
romanesca in tale senso, estesa nel gior-
nalismo e nell'uso a tutta Italia.
Squalificare: verbo usato nel linguag-
gio delle corse (sport): vale eseludere un
corridore dal concorso e dal premio per
infrazione ai regolamenti: poi, in senso
esteso, ricorre talora per sereditare. Neol.
dedotto dal fr. disqualifier.
Square: giardinetto, per lo più cintato
che serve per adornare una piazza publica :
deriva dall'inglese square = piazza qua-
drata: c'è anche in francese.
Squero: (con Ve aperta) voce veneziana,
vale piccolo cantiere (in antico dicevasi
squadro).
Squilla : nome di crostaceo appartenente
al sottordine degli Stomatopodi. La Squilla
mantis è un animale piuttosto snello, che
ricorda quell'insetto che porta il nome di
Mantis religiosa. Sopratutto la forma e
la maniera di tenere i piedi-artigli, arti-
colati come lame di temperino, che essa
lancia su la preda, sono caratteri comuni
con la mantide. V. Cannocchia.
Stabbiarolo :V. Stabbio.
Stabbio: concio, concime, sughi., le-
tame (dal latino stabulimi = stalla), è
voce classica, viva nel dialetto di Roma-
gna e Toscana. Vedi ciò che è detto alla
parola Schiampa.
Varco allo Stabbio
che aduna a sera
i Birrocratici
di bassa sfora.
Giusti, Gingillino.
ondo stabbiarolo, lo spazzino. Voce re-
gionale.
Stabilimento: bene osserva il Rigutini
che « tutto in Francia è un ctablissement^
e tutto por conseguenza in Italia ò sta-
bilimento » o pei'ciò ([uesta voce ha tolto
di seggio molto parole proprio e parti-
colari. Ma ohe farci?
Stabilitura: voce lombarda dell'arte mu-
raria : è il fine intonacato superficiale o
scialbo che si sovrapone al rinzaffo.
Sta come torre ferma, che non crolla |
giammai la cima per soffiar de' venti :
noti versi di Dante (Piirg. V. 14, 15),
espressione della più alta individualità
eroica della coscienza, di se cosciente e
gaudente : divenuti così comuni da con-
siderai'si come frase fatta.
Staff: voce inglese che vale bastone.
E nome dato ad una antica forma di ap-
parecchio così detto di blocco (V. questa
voce) che ha per ufficio di regolare il mo-
vimento dei treni nelle linee ad un solo
binario ed impedire quindi ogni scontro.
Consiste in un bastone metallico di spe-
cial foggia, che il macchinista ricevo dal
capostazione o toglie da apposito apparec-
chio, senza il quale bastone non può far
partire il treno, giacché esso bastone co-
manda quel tratto di linea. Ora essendovi
in un tratto tra due stazioni un solo ba-
stone, è impossibile che due treni si in-
crocino. Così press'a poco. Tale sistema
inglese è stato adottato nella ferrovia
elettrica della Valtellina. (Lecco-Sondrio).
Staffa : chiamano volgarmente a Milano
un bicchier di vino di circa mezzo quinto,
propriamente il bicchier della staffa (el
biccer de la staffa) che si soleva offrire
al viandante, già montato in arcione. In
fr. le vin de Vétrier. Bicchiere della staffa
è del resto modo diffuso per indicare il
bicchiere del saluto, della partenza. A.
Scarlatti in un suo libro di cose curiose
e bizzarre {M ab hic et ab hoc, serio se-
conda, pag. 70) dà del motto una spie-
gazione storica : sarebbe stato il mare-
sciallo francese Francesco Bassompierre
che neir accomiatarsi dai deputati di al-
cuni cantoni della Svizzera — ove orasi
recato per assoldare mercenari — sostituì
ad un cratère che quegli gli offerivano,
uno de' suoi enormi stivaloni e riempitolo
di vino, propinò e fece propinare.
Stafilococco: nome di microrganismi
di forma tonda, granulare (coecus) olio si
raggruppano in forn\a di grappoli [nra-
(pvÀi'j). Spesso questi microbi sono giMie-
ratori del pus.
Stage-coach o coach: stage in inglese
•Sta
462
Sta
vale paleo (lat. staticum^ da stare) ^ ed
indica congiunto a eoach^ quella specie
di gran vettura signorile, chiusa, a quattro
ruote, che ha sedili in alto, su cui sie-
dono vistosamente dame e signori ; tratta
da una o più pariglie di cavalli, è in uso
ne' passeggi, nelle corse, nelle gite.
Staggi: chiamano in Eomagna i relitti
sabbiosi del mare (dal lat. stadia ìnaris).
Stagione morta: tempo in cui certe pro-
fessioni 0 certe aziende o stabilimenti so-
gliono naturalmente avere meno lavoro
0 spaccio che di consueto : fr. ìnorte-sai-
son.
Stagno: voce vernacola milanese (stagn):
vale sodo (detto specialmente delle carni).
Stalle d'Augìa (lej: sono le stalle del
re Augìa, non pulite da trenta anni e fetenti
a tal punto che Ercole vi fece passare
per lo mezzo i fiumi Alfeo e Peneo e così
in un giorno le ebbe nettate ; e questa
fu una delle sue dodici famose fatiche. Vive
la locuzione per indicare putredine morale,
più spesso che materiale, cui conviene
spazzare con mezzi energici come quelli
usati dal buon Eroe.
Stallone : cavallo da razza : usasi esten-
sivamente nel senso spregiativo di uomo
« atto solo a procreare ».
stallone ignobil della razza umana.
Parimi, Mattino, 308.
« Parola indecorosa » nota il Cantù sì,
ma molto efficace.
Stampa gialla (la): i giornali imperia-
listi, nazionalisti, belligeri d'America e
d'Inghilterra. Locuzione usata al tempo
della guerra tra la Spagna e gli Stati
Uniti, tra l'Inghilterra e le republiche
Africane.
Stampato: «sebbene traduca V imprimé
fr., pure non gli farei sempre mal viso,
perchè ci sono stampati pei quali sarebbe
troppo onorevole la voce staìnpe » . (Ri-
gutini, op. cit.).
Stampiglia: è voce usata da molti per
stampino. Riprendesi tale uso dai puristi.
Yedi il senso delle due parole in ogni di-
zionario.
Stand : voce tedesca da stehen -sz stare,
per indicare il campo del tiro o bersaglio.
Stand in inglese vale poi, fra i molti
sensi, anche tribuna delle corse e tale
parola « per anglomania » è trasportata
nel nuovo francese, e quindi fra noi.
Standard: {stendardo., modello., regola.,
norma., tipo) è voce inglese usata in
commercio, per indicare che la qualità
di una merce o di un prodotto dell' in-
dustria è quella tipica, normale (quindi
eletta). Si adopera specialmente nel com-
mercio dei metalli preziosi il cui prezzo
viene appunto riferito al titolo standard.
I Standard., riferito a cavallo nel gergo
dello sport., vale cavallo tipo., modello.
Standard ofiife: locuzione inglese che
vale norma., tenore di vita., tipo di vita
in una data cojidizione economica e so-
ciale. I Standard non solo significa ban-
diera., stendardo, ma la norma., il tipo.,
la regola accettata e ammessa dall' uso,
dall'opinione, dall'autorità o da tutte que-
ste forze insieme. Così si dii'à: liomer's
lliad is the standard of heroic poetry.
Stand by: term. mar. ingl. = finito.
V. Ralf.
Stante: in forza di preposizione z=z per.,
a cagione ha esempi classici del Seicento
(Dati, Galileo). Ciò però non vuol dire
che sia bello.
Stanza di compensazione: meglio che
camera di compensazione. Istituto di
commercio dove reciproci debiti e crediti
si compensano e vengono estinti sino alla
loro concorrenza. Servono a risparmiare
moneta, della quale non si fa uso che per
il pagamento della differenza dei debiti.
Sono istituti autonomi, spesso dipendenti
0 collegati a' Banchi, e ne usufruisce solo
chi vi è abbonato ed inscritto. Gli inglesi
dicono clearing-house. Al pari di molte
istituzioni di carattere commerciale, la
stanza di compensazione è cosa italiana e
assai antica. Eicorda la Stanza dei pu-
blici pagamenti in Livorno, e V. Eomeo
Bocchi, Anima e corpo delle monete. Le
stanze di compensazione vennero di nuovo
stabilite dopo l'abolizione del corso for-
zoso (1881).
Star: nome commerciale di speciale
rasoio americano, che permette di radersi
da sé, senza pericolo di ledere la pelle.
Star in inglese vale stella; suppongo
quindi che nella mente americana — per
st»
463
Sta
cui tutto ciò che è americano vince ogni
^pera umana — voglia diro stella dei rasoi.
Voce effimera, non cara ai barbieri.
Star del credere: voce del linguaggio
commerciale : dicesi anche semplicemente
del credere: è quel compenso che dal com-
mittente viene corrisposto al commissio-
nario, quando questi garantisce il buon
fine di un'operazione a credito. Perciò
l)uò dirsi una specie di premio di assi-
curazione contro i rischi del credito : onde
la frase : vendere con o senza lo star del
credere.
Stare alla finestra: per estensione figu-
rata vale: stare a vedere quel che suc-
cede; non pigliar parte attiva ad un'azione,
ma sorvegliarla. Si dice con speciale si-
gnificato, quasi non approvando o non
avendo fede in ciò che avviene e volendo
giudicare dagli effetti.
Stare o essere su grande piede : vale
vivere largamente (V. Piede di casa).
Questa locuzione è fatta derivare dalla
moda medioevale delle scarpe alla polena
{à la poulaine)., cioè con la gran punta
all' insù, introdotta nella moda da Gof-
fredo Plantageneto, conte d'Angiò per oc-
cultare un'escrescenza carnosa. E siccome
costui era arbitro delle eleganze a quei
tempi, così venne imitato a gara, e quelli
che più erano ricchi e potenti, più si
aiTOgavano il diritto di portar lunga la
punta.
Starosta : voce slava che vale anziano.,
cioè il capo o sindaco di un villaggio.
Nome storico, già dato ai dignitari polac-
chi, investiti con potere ereditario del
governo di una provincia.
Star sul chi vive: V. Qui vive?
Starter: voce inglese dello sport. In-
dica il giudico della partenza nello corse.
State contenti, umana gente, al quia:
verso di Dante (Purg. Ili, 37), nel quale
si accenna alla verità rivelata, oltre la
quale la ragione del credente non deve
andare. Talora così si dico per indicare
la sottomissione alle coso quali esse sono,
senza volere indagare la loro intima na-
tura, escluso ogni concetto metafisico.
Stateve buono! state bene, formula di
saluto e di commiato nel dialetto napo-
letano : detto anche estensivamente quando
si tronca discorso o questione senza be-
neficio d'intesa.
Statizzazione e statizzare, neologismi
abusivi del giornalismo; valgono come
socialìTiKaxione e socialixxare. Non sono
tolti, che io sappia, da altre lingue, ma
bene possono testificare la libidine del
creare voci arbitrarie.
Stato d'anima: formula nuova di cosa
antica, tolta dal neologismo francese état
d'dme. V. Paolo Bourget, Essais de psy-
chologie contemporaine.^ pag. 12. V. Le
disciple^ pag. 168.
Stato d'assedio: è propriamente il reg-
gimento politico a base di anormali, se-
vere e immediate leggi militari, quali
sogliono promulgarsi nelle città assediate:
sostituzione di leggi militari alle leggi civili
che un governo impone in circostanze anor-
mali. Dicesi anche, nel parlar familiare,
di transitorie disposizioni di custodia e sor-
veglianza. Dal francese, état de siege.
Stato di Milano: antica determinazione
storica, risorta al tempo dei tumulti del
1898, per significare una tendenza sepa-
ratista ed autonoma : indi fu ripetuto per
dileggio.
Stato interessante (in) : V. Interesse.
Statolatra : voce di ibrida formazione,
da Stato e Àargsia = culto, adorazione,
(Cfr. l'antica voce latria e idolatria)., dun-
que alla lettera vale adoratore dello Siato.
Questo neologismo è d'uso nel linguaggio
politico per indicare persona la quale
nutre somma opinione e fede nell'azione
diretta dell'ente Stato. Statolatra può es-
sere tanto il conservatore come il socialista,
ma più comunemente si dice di quei so-
cialisti che vedono salute di riforme sol-
tanto nell'azione del Governo. Socialisti di
Stato.
Statolder: {stadhouder) voce olandese
che vale capo., governatore dell'antica re-
publica d'Olanda.
Stato maggiore: corpo di utììciali che
prosiedo all'ordinamento e agli approvi-
gionamonti dell'esercito. Tanto il nome co-
me l'istituto militare sono di provenienza
francese (Etat major). Dicesi por ostou-
aiono stato maggiore por indicare * capi.,
i maggiorenti di un paitito; ma non si
direbbe senza intenzione di lieve ironia.
sta
464
Sti
Stati! quo: lat., lo stato^ cioè le condi-
zioni in cui sono (o erano) le cose : nota
locuzione usata specialmente nel linguag-
gio diplomatico. Es. conservare lo statu
quo^ i fautori dello statu quo.
Stayer: voce ingl. dello sport. Yale
resistente^ e si dice di quel corridore che
ha fatto prova di resistenza su lungo per-
corso. Noi diremmo di fondo.
Stazionare : neologismo « non bello »
(Rigatini) essere di stazione. Per essere.,
abitare., esser di presidio., non mi pare
che s'usi molto, come appuntano i puristi;
ma sì bene nel senso di restar ferino in
dato luogo per impegno od ufficio, o per
deliberato proposito (fr. stationner).
Stazionarietà: neologismo, V essere sta-
zionario., non andare ne avanti ne in-
dietro. Uno dei tanti astratti di cui usa
ed abusa l'italiano moderno.
Stazionario : fr. stationnaire., è detta
quella nave da guerra che, allo scopo di
pulizia 0 di protezione, è di stazione in
qualche porto straniero.
Stazione di salvataggio : term. mar.,
luogo di costa provveduto di barche di
salvamento e di opportuni attrezzi, da cui
si accorre per salvare naufraghi. V. Sal-
vataggio e Life-hoat.
Stazione di smistamento : V. Smistare,
Stazione di testa o di regresso : (dicono
anche di testata), si chiamano quelle sta-
zioni che non hanno prosecuzione, edi treni
devono tornare indietro. Tali stazioni,
come quella di Eoma ad esempio, per-
mettono ai treni di penetrare nell'interno
della città, il che non avviene con le sta-
zioni dette di passaggio.
Stazza: term. mar.: misura di capacità
interna dello scafo delle navi, riferita alla
tonnellata di stazza., la quale è un volume
di metri cubi 2.831685 pari a 100 piedi
cubi inglesi. Distinguesi stazza lorda da
stazza netta: stazza lorda indica l'in-
tera capacità della nave, stazza netta è
quella dedotta sottraendo quelle parti di
bordo clie, servendo ad altri uffici, non
possono essere usate per stivare merci.
Der. stazzare, stazzatura, stazzatore (pe-
rito). PerTetim., Gh\ stazzo., stanza:, stare.
Stazzare, stazzatura, stazzatore : V.
Stazza.
Steamer : voce inglese, accolta anche
nel francese moderno : nave a vapore^
(Ingl. steam == vapore).
Stearina: nome dato tanto all' acido
stearico (candele di stearina) come a quel
componente di ogni corpo grasso che è
l'etere glicerico dell'acido stearico.
Steatite: nota specie di minerale (sili-
cato idrato di magnesia), usato per segnare
le stoffe, scrivere su le lavagne, etc.
{oTearirrjs).
Steeple-chase : voce inglese dello sport;
indica una corsa con ostacoli artificiali,
su terreno piano. In origine era su terreno
libero, e serviva come esercizio a' cava-
lieri e cavalli per la caccia della volpe :
nominavasi con tale nome {eorsa al cam-
panile) perchè i cavalieri, designato un
campanile, quivi accorrevano da ogni parte,
affrontando gli impedimenti del suolo. In
certo nostro linguaggio giornalistico e
mondano dicesi steeplechase in senso figu-
rato per indicare gara con ostacoli., con-
corso., fare a chi arriva prima., etc.
Stellage: parola tedesca con desinenza
francese (Y. Kluge., op. cit.)., usata nel
linguaggio di Borsa: indica un contratto
col quale, mediante il pagamento di un
premio convenuto, si ha la facoltà di con-
segnare al contraente o di ritirare dallo
stesso ed ai medesimi prezzi una data
quantità di titoli. Più comunemente da noi
dicesi opzione.
Stelloncino: nel gergo giornalistico vale
press'a poco come trafiletto: questo, breve
scritto tra due linee ; quello, tra stelle o
asterischi.
Stenòsi: term. med., (orevó^, stretto)
restringimetito. Es. stenosi del piloro.
Stetoscòpio : nome di istrumento medico
usato nelle diagnosi per fare l'ascoltazione
diretta : inventato dal medico Eenato Laén-
nec (1781-1826), Lo stetoscopio è un tubo
di legno o di metallo, che si usa come
una tromba acustica, applicando su la re-
gione da ascoltare la parte foggiata a cono,
mentre su l'altra, appiattita (padiglione),
si adatta l'orecchio dell'esaminatore. (Dal
greco otfjdos = petto e okottelv =: esami-
nare). Si dice che questo istrumento sia
stato suggerito al Laènnec dalla riluttanza
di una dama a farsi porre l'orecchio sul
8te
465 — .
Sto
petto ; perciò valendosi di un cartoccio di
carta, notò che i suoni acquistavano rin-
forzo di tonalità.
Sterilizzazione : (fi", stérìlisation)^ ter-
mine di medicina e di fisica, vale rendere
sterile^ nel senso di privare un oggetto
qualsiasi dei germi che può contenere:
ciò si ottiene comunemente per calore
secco od umido o per antisepsi. Derivati:
sterilixxare, sterilizzatore .
Stiffelius : chiamano i sarti l'abito ma-
schilo chiuso od a vita, solitamente di
cerimonia, detto anche prefettizia. V. Re-
dingote. Più ampiamente vedi alla parola
Vestito. Questo effimero Stiffelius è no-
tato nel Petrocchi : deve essere da un nome
proprio.
Stigmatizzare: neologismo ripreso dai
puristi por censurare.^ biasiìnar e: dal fr.
stigmatiser ., figuratamente = imprimer
le cachet de la honte., du déshonneur.
Cfr. il nostro verbo bollare.
Stilare: per stendere, detto di scritture.,
è voce curiale, ripresa dai puristi.
Stilata: serie di colonne, solitamente
metalliche, che servono di sostegno ai
ponti (voce del linguaggio tecnico). Dal
greco arvÀog = colonna, pilastro.
Stile : nel linguaggio delle -corse, fa-
cendo nostra l'estensione che gli inglesi
diedero alla parola style (lat. stilus) in-
dica r amidatura, il garbo che hanno i
cavalli nel correre. « Il tal cavallo ha
vinto in buon stile!». Anima del mar-
chese Basilio Puoti come placarti?
Stilista: è notato nei diz. moderni e
vale chi sa maneggiare lo stile: vero è
che secondo le odierne tendenze estetiche,
stilista è detto specialmente quello scrit-
tore che tiene sommo conto dogli effetti dello
stile ; come appunto in francese, styliste.,
ingl. stylist; écrivain qui ne s'occupe que
de la forme. Lat. stilus = modus dicendi.,
et .'icribendi.
Stilistica: per retorica., insegnamento
{[(AV Arte del dire., è nool. ripreso dai pu-
risti (V. Fanfani, op. cit.). Voce frequente
pur nello scuole, anzi nelle scuole I In fran-
cese è 'A^\i\xiìio8tylistique.imìng\.styUstìc.
Stilistica è voce accolta dal Petrocchi.
Stinta: attributo dell'anacoreta siriaco
S. Simone (V soc.) ohe visse assai tempo
sopra una colonna (stilus, o stylus in la-
tino; orvÀog, in greco = colonna, pilastro).
Ricorre talora questa voce per indicare
« immobilità morale » o concetti simili.
Stilizzare: neol., si dice quando un
artista, una scuola artistica, prendendo
elementi dal vero, li trasforma in un tipo
armonico, elegante, concreto che viene
poi seguito e diventa norma.
Stilobate: termine architettonico (orv/lo
^àTì]s): piattaforma a gradinate che for-
mava la base ornativa degli edifici classici
(greci e romani).
Stimata: gr. orly/ua =. impronta, ingl.
e ted. Stigma, fr. stigmate, in medicina
vale impronta lasciata da qualche processo
morboso, ad es. stimate del vainolo ; sti-
mate degenerative, sono impronte che si
accompagnano talora ad alterazioni dei
processi psichici (perversione sessuale,
anomalia della voce, strabismo, infanti-
lismo, insensibilità, assimetria corporea,
ritardo nello sviluppo, etc).
Stipsi : variante di stitichezza, usata
dai medici.
Stiracalzoni : istrumento usato per te-
nere tesi i calzoni e togliere le pieghe.
Stivaggio: term. mar., l'arte e l'eser-
cizio dello stivare o stipare, cioè di col-
locare convenientemente nella stiva le
merci del carico o la zavorra.
Stivatore: term. mar., persona pratica
ed abile nello stivare bene un carico di
merci : ufficio importante per la buona
navigazione della nave !
Stoccata : è il colpo diritto nella scherma,
quindi nel parlar familiare, quasi il colpo
al portafogli, cioè richiesta importuna di
danaro, e si intende comunemente da
persona di poco credito e abituata ad im-
portunare in simile modo la gente. Anche
la locuzione parare una stoccata, per
ricusare di dar denaro, è tolta dal lin-
guaggio della scherma.
Stock : parola inglese del linguaggio
commerciale, usata anche in francese, ed
indica provvista, cioè la quantità di mer-
canzia 0 di denaro che si trova in un dato
mercato, in un negozio, in un magazzino,
pronta per lo scambio. Udii dire stock^ por
facezia o scherno, in scuso esteso o figu-
rato. [Stock propr. = ceppo).
A. Fanzini, Supplemento ai Dixionan italiani
80
sto
466 —
Str
Stock-fish : termine inglese, univer-
salmente noto in commercio, che vuol dire
pesce bastone; non è termine zoologico,
ma si riferisce alla forma che assume il
merluzzo (Y. Merlano) secco e salato, di
cui è gran pesca nei mari del Settentrione
e nei banchi di Terranova in ispecie, e
gran commercio: è il manzo dei poveri.
Lo stock-fish^ da noi è detto popolar-
mente stoccoflsso 0 stoccafisso^ «vocabolo
ridicolo », nota il Fanfani, pur essendo
costretto a fargli buon viso. Forza dell'uso !
Stomaco : al plurale fa stomachi e non
stomaci^ come accade di udire nell'Alta
Italia. Del resto la tendenza dialettale è
di far forte il plurale dei nomi che al sing.
escono in co e ^o. | Stomaco (stòmegh)
per seno^ mammelle^ usa talora anche
la gente non volgare a Milano ; e invero
quella ammirabile parte del corpo mulie-
bre chiamata col nome del triste sacco,
fa brutto effetto ad udire, specie per chi
non ci è usato.
Stomatite : dal gr. oròjua = bocca
ed il suffisso ite. Nome generico che i
medici danno alle infiammazioni della mu-
cosa della bocca.
Stop:'term. mar. inglese di comando
= ferma. V. Half. Lo registra anche il
Guglielmotti. Stop per halte (ferma), è
« anglomania » del nuovo francese, e per
questa via entrò anche da noi.
Store: nei cataloghi trovo frequente
questa parola francese, che vuol dire
stuoia., storino., dal latino storca. Vedi
quanto è detto alla parola manteau.
Storm-wave: letteralmente in inglese
tempesta di onde; in italiano, colpo di
mare.
Stornare e storno : « voci proprie del
linguaggio dei computisti. Stornare vuol
dire girare una partita da un conto ad
un altro, o più propriamente eliminare
una registrazione mediante un'altra regi-
strazione in senso inverso. Da ciò il so-
stantivo storno e la frase articolo o re-
gistrazione di storno. Stornare fondi in
materia finanziaria, significa erogare som-
me stanziate per un titolo a scopi diversi,
cioè per altro titolo». (C. Bellini).
Storiare : brutto idiotismo lombardo
{storta) invece di storcere.
Stradivàrio: agg. di violino ed anche
sost.; dal nome di Antonio Stradivari,
cremonese, celeberrimo liutaio, n. nel 1644,
m. nel 1736. Cfr. A. Mandelli, Nuove in-
dagini su A. S., Editore U. Hoepli, 1903.
Strafottente : voce volgare, mal tradu-
cibile : dicesi di chi sente e specialmente
ostenta dispregio per usi, convenienze,
persone etc. È un rafforzativo (extra) di
fottere.
Straglio o strallo: verbale di staggere.,
voce marinaresca: affinchè l'alberatura
delle navi resti salda al movimento del
mare ed allo sforzo che il vento eser-
cita sa le vele, fa mestieri che ogni
albero abbia almeno tre sostegni: uno
di prora cui si dà nome di straglio.,
e due laterali e poppieri che prendono
nome di sartie. Per estensione, ciascuna
delle vele auriche o triangolari che, alla
occorrenza, si attrezzano su lo straglio.
Vele di straglio.
Stramonio o noce spinosa (Datura Stra-
monium) : pianta solanacea (annua e co-
mune dei luoghi incolti) le cui foglie ed
i cui semi sono narcotici. Se ne fanno
sigarette per chi soffre di asma.
Straordinario: grado accademico nelle
Università. Secondo la legge fondamentale
della P. Istruzione del 1859, del Casati, il
professore straordinario era provvisorio
(Capo lY, Leggi e Eegolamenti sull'I.
S.) aumentando poi le cattedre, diventò
grado stabile, benché la nomina sia an-
nuale.
Straorzare: term. mar., venire repen-
tinamente all'orza, o per effetto del timone,
0 per effetto del vento, ma sopratutto del
mare. Straor%,ata., mossa repentina del
bastimento che volge la prua all'orza,
segnatamente quando corre a discrezione.
Si dice anche guizzata. Straorzare., da
stra (lat. extra) indicante eccesso, ed or-
zare. Dicesi anche intransitivamente, la
nave straorza.
Strappo : nel senso di infrazione., come
strappo al contratto., strappo ai regola-
menti, etc, è d'uso comune, non notato
nei dizionari.
Strato sociale: = ceto., casta sociale
(dal linguaggio dei geologi).
Stremi, stremii, stremizzi: per impaur-
Str
— 467 —
Str
rire^ impaurito, paura, rimescolamento^
spavento : voci dialettali milanesi. Cfr. le
voci toscane striminxire , strimixxire^
stremenxire =i rendere stentato.
Street: ingl., strada (lat. via strata^
da stèrnere). Cfr. il tedesco strasse.
Streptococco: (da orenTÓg = attorto
e KÓKKOS, coccus = bacca, grano), nome
generico dato ai bacilli di forma rotonda,
i cui elementi si raggruppano in figura
di catena. Ve ne sono di diverse varietà,
generatrici di mali (patogeni).
Strillone: il venditore che grida il
giornale per le vie.
Strofantina: V. Strofanto.
Strofanto : strophanthus ìiispida^ pian-
ta sarmentosa (liana) delle coste della
Guinea. Dai semi dello strofanto per mezzo
di tintura (estratto), si toglie un principio
attivo (strofantina)., usato in medicina
come eccitatore dei moti cardiaci.
Strollare: voce dell'arte muraria in
Lombardia, vale spruxxare. Operazione
che viene eseguita dall'imbianchino col
pennello per macchiare di punti una su-
perfìcie a tinta unita e darvi così l'appa-
renza di una pietra come il granito.
Stroma: (gr. orgcjjua = tappeto, giaci-
glio, strame): nome dato in istologia alla
trama di un tessuto : essa è formata ge-
neralmente di tessuto connettivo le cui
maglie sostengono le cellule e le forma-
zioni cellulari.
Stroncare: dicesi talora nel linguaggio
letterario di critica fredda e spietata così
da uccidere (obtruncare) un' opera nel
nascere.
Strozzare : nel giuoco della briscola,
dicesi quando con una carta maggiore si
supera quella dell'avversario.
Strozzinaggio : l'arte dello stroxzino^
volgarmente od efficacemente detto per
usuraio., quasi che stroxxa., avendo messo
la corda della sua legge al collo dell'in-
felice che dovette ricorrere a lui per
denaro. In dialetto romanesco lo stiozzino
è detto corvattaro., cioè fabbricatore di
cravatte. K la stessa metafora popolare.
Strudel : in tedesco = vortice., gorgo: è
da noi usato questo vocabolo per indicare
una specie di dolce tedesco, fatto di sfoglia
con latto 0 uova ; lievitata e cosparsa di
fette di mole, uva di Corinto, cannella,
cedro, burro, etc, indi avvolta su se
stessa in forma di budello o serpentaccio,
e cotto al forno.
Struggle for existence: famosa locu-
zione inglese, usata anche da noi e al-
ternata con la nostrana lotta per l'esi-
stenxa o per la vita e con l'altra inglese
— ma che non trovo in inglese, bensì
nel nuovo francese — struggle for life.
Questa locuzione ha due significati affini :
lotta per procacciarsi i mexxi di sussi-
stenxa fra gli animali, quando essi ec-
cedono per numero (Malthus) : sopravi-
venxa degli organismi più adatti alla
lotta per la vita a danno dei meno adatti
(Darwin). Questo secondo concetto nella
recente teoria dell'evoluzione per effetto
di selezione naturale è considerato come
massimo coefficente nel modificare la spe-
cie. Alla divina bontà ed alla purità di
cuore, in questa lotta quale ufficio è as-
segnato? Cristo le ha promesso, come
sicuro, il regno dei cieli. Certo
se Cristo ha burlato, oh povero me!
E. Praga, Notte dì Carnevale in Penombre.
Leggi e confronta questa bellissima para-
bola di Efraimo Lessino : « La pecora.
La pecora, angariata dagli altri animali,
venne a lagnarsene al trono di Dio, e a
pregarlo di sollevarla un po' dalla sua
miseria. Dio l'ascoltò benevolmente. «Ve-
do » le disse « povera creatura, che avrei
dovuto armare anche te; ma vediamo
se c'è ora qualche rimedio. Scegli. Vuoi
che guarnisca la tua bocca di zanne o i
tuoi piedi di grinfie ? » « Oh I no » disse
la pecora : « non voglio essere un animale
di rapina ». « Bene : vuoi che metta del
veleno nella tua saliva? » « Oh 1 no: es-
sere come una vipera? » « 0 allora? Darò
forza al tuo collo e porrò duo corna sulla
tua fronte ? » « Oh I no : ho paura che mi
metterei a cozzare ». « Però, se vuoi che
gli altri non ti nocciano, bisogna pur cho
tu sia in grado di nuocerò agli altri! ».
« Io, nuocere? E allora, padre, lasciami
come sono » disse la pecora con un so-
spiro: « potendo, tomo ohe vorrei. Ebbene,
è moglie patirlo il male, ohe farlo ». Dio
bonedì la pecora pacifica. E il figlio dì
Str
468
Sub
Dio la pose per esempio nelle sue para-
bole ». In fine, quanto alle lotte e alle
difese degli animali per la vita, rileggi
Tantica sapienza, quale ad esempio ri-
fulge nel Protagora di Platone. Gap. XI,
etc. Ma dopo tante osservazioni filosofiche
gioverà un'osservazione ancor più filoso-
fica, ed è che nell' uso si dice struggle
for life per indicare che non si bada a
mezX'i^ che è dritto passar su tutto pur
di riuscire. Tale senso è anche nel fran-
cese moderno.
Strusciare : voce vernacola romagnola,
sciupare., consumare., sperperare {stru-
scio in romanesco := spreco). Cfr. in mi-
lanese i verbi : strasà e strusa.
Stud-book (ingl., libro della razza e-
quina) : E il libro d'oro dei cavalli di puro
sangue. Il primo stud-book, come criterio
genealogico, risale al 1791. In Italia lo
Stud-book fu instituito per proposta del
comm. L. Gregori al Consiglio d' Agri-
coltura, e il primo volume fu edito dal
Ministero dell'Agricoltura nel 1880. NB.
Se il lettore di questo dizionario ha di-
sposizione per la filosofia comparata, non
mancherà certo di notare per conto pro-
prio questa bizzarra coincidenza, cioè che
quasi nel tempo stesso in cui per effetto
della rivoluzione di Francia si distrug-
geva il libro d'oro degli uomini, si istituiva
quello per le bestie.
Stultum est dicere «putabam»: lat.,
è cosa da stolto dire « io credeva ». Nel
giustificarsi di qualche errore il verbo
« credere » entra come massimo coefìi-
cente, o per diritto o a torto, ^onde il
motto, cioè «non è buona ragione » quindi
« è da stolto ». Locuzione già frequente
nelle scuole.
Stupefacente: nell'abuso che si fa di
questa parola, ricorda ai puristi il fr.
stupéfiant.
Suaviter in modo, fortiter in re : va-
riazione del motto : fortiter Ì7i re., suavi-
ter iìi modo. V. questo paragrafo.
Subingresso: voce del gergo giuridico
che vale sottentrare., succedere nei diritti
di un altro.
Subire: lat. sub ire = sottoporsi,
assoggettarsi di buona o mala voglia a
ciò che è prescritto. Presso i francesi
subire è usato in senso estensivo come
subire un ehangemeìit =: étre changé.,
modifié; subire un examen = le passer.,
etc. Tale estensione è accolta nell'italiano
dell'uso, invece di soffrire., patire^ fare.,
essere., etc. È riprovata dai puristi.
Sub iudice: vale, dubbio., incerto., in-
deciso e dicesi di questioni, opinioni, etc,
Yedi al motto Adhuc sub iudice lis est.
Sub Jove: lett. sotto Giove (Giove vale
etimologicamente il Cielo) quindi a del
sereno., à la belle étoile., come dicono i
francesi, ai quali non è ignota la locu-
zione latina.
Man et sub love frigido
Venator, tenerae coniugis immemor,
Orazio, Odi, lib. I, I, 25, 26.
Sublunare (mondo): dicesi facetamente
per indicare il nostro mondo., la Giostra
umana vita: limitazione dedotta dall'an-
tica opinione astronomica del cielo della
luna che comprende la terra.
Che tutto l'oro che è sotto la Luna.
Dante, Inf.
Subordinatamente: avv. in modo .su-
bordinato. L'uso di questo avverbio, spe-
cie nel linguaggio degli uffici, ricorda ai
puristi il subordonnément., francese. Modi
più agili e nostri sono: sempre che ella
approvi., accetti ; rifuettendomi al suo
giudizio., direi., etc. ; umilmente mi fo
a notare., etc. Ma una delle ragioni del-
l'uso de' modi alla francese è l'unità e
la facilità efficace dell'espressione, pur
andando contro le tenui leggi della grazia
e dell'estetica.
Subsannare: latinismo subsannare^ bef-
feggiare, quasi sanna irrideo., cioè scher-
nisco facendo boccacce: ridere mefisto-
felicamente. Questo antico verbo fu rin-
novato in questo ultimo senso dal Carducci
nella sua grande ode a La Chiesa di
Polenta., e dichiarato con nota:
di dietro al battistero un fulvo
picciol cornuto diavolo guardava
e subsannava.
Il Tommaseo registra sossannare.
Suburra: lat. Subura. Nome storico
di una strada dell' antica Roma (tra il
Celio e l'Esquilino. V. Livio, 3, 13, 2),
con mercato di ortaggi, taverne, postri-
boli : quartiere di mala fama: vive questa
Mie
— 469 —
Sug
antica voce per indicare in modo non
sconvenevole il quartiere o la via della
città ove sono i postriboli.
Successful-man: locuzione inglese che
vaio alla lettera : uomo pieno di buon suc-
cesso^ cioè in cui valore e specialmente
fortuna s'adoprano alla riuscita ed alla
conquista: tali - fra noi - il Marconi, il
d'Annunzio, il Mascagni.
Successo: usato da solo, cioè senza
determinazione di aggettivo (buono o cat-
tivo), è parola discussa a lungo e ripresa
dai puristi come senso ed uso di prove-
nienza francese. La sancisce l'uso. Vedi
Insuccesso.
Succhiare: V. Succhione.
Succhione : da succhiare., è propriamente
il ramo rimessiticcio ed ingordo che il
buon agricoltore recide a benefizio dell'al-
bero ; è detto anche hastardone o poppa-
ione. Con senso neologico ed esteso fu
usato il vocabolo succhione in una re-
cente relazione su la Marina dell' On.
Eandaccio : fu divulgata da E. Ferri, de-
putato socialista, sul giornale V Avanti
(1904) : vale come mignatta., vibrione,
sanciuisuga o parassita del publico san-
gue (denaro). Può benissimo in questo
senso balzar di seggio la parola francese
piovra. Cfr. Piccioletti ladruncoli ba-
stardi^ Salvataggio., Necesse est ut scan-
dala eveniant.^ Rifare la verginità., De-
plorato., etc, né si dimentichi di porre
mente alla ricchezza — sia pure effimera
— di queste voci. Filosofia delle parole!
Succubi: V. Incubi.
Suède : fr. Svezia. Nel linguaggio della
moda è voce non infrequente come attri-
buto di guanti. Es. guanti Suède., invece
che dire, di Svezia o svedesi. V, Man-
teau.
Suffìcenza: nel senso di albagia., boria,
sicumera., è il fr. suffisaìice; eppure parve
voce efficace al Carducci che l'usò : « Asper
con quella mutria con quella suffìcenxa
con quel sussiego che in Italia è di trop-
pi.... ». G. Carducci, Asprexxe e Barbie-
rie. Ricordo eziandio che il D'Azeglio
{Ettore Fieramosca^ XII), usando la pa-
rola sufflsant., osserva che a definire
questo concotto « gli Italiani mancano
forse di vocabolo adattato ».
Sufficit: lat., basta: quantum sufficit
0 quantum satis è termine dell'antica
farmacopea, quanto basta., e spesso si dice
per giuoco e in vario senso.
Suffìsance: V. Sufficienza.
Suffisso : dal lat. sub = sotto., dopo e
fixus = fisso., messo., infisso (e così pre-
fisso da po'ae prima., avanti). I prefissi
ed i suffissi sono brevi parolette le quali
messe prima e dopo voce radicale, e-
sprimente l'idea, il concetto, servono a
mettere in movimento, per così dire, que-
sta idea 0 concetto, lo plasmano, lo mo-
dificano, lo moltiplicano, lo adattano agli
infiniti bisogni del pensiero e del discorso,
formano, cioè, le molte parole che si di-
partono da un solo concetto, come le
branche e le rame da un solo tronco.
1 prefissi ed i suffissi non esprimono l'es-
sere, ma uno special modo di essere.
Es. ateismo; a prefisso greco (a) con va-
lore privativo e negativo, teo = dio {Tdeóg)
e ismo suffisso, esprimente un modo di
essere astratto. Alcuni suffissi raggrup-
pano, schierano sotto una data bandiera,
concetti differenti, e ciò specialmente ha
valore por le voci scientifiche e filoso-
fiche. Cfr. i suffissi oide., ite, l'usatissimo
ismo., il suffisso ina esprimente gli al-
caloidi, come Tnorfìna^ caffeina., etc. Con-
fronta del pari i suffissi come atito (gr.
avróg., ingl. self). Molti prefissi e suffissi
sono comuni ai vari linguaggi. Mirabile
meccanismo delle parole I
Suggestionabilità: attitudine ad essere
eccitato da un'idea altrui, accolta nel
cervello, e ad eseguirla.
Suggestione: dal lat. sub e gero =
porto : atto per cui un'idea è introdotta
nel cervello altrui ed accolta. Voce usata
in psicologia ed in filosofia e quindi nel
linguaggio comune, ^qv influsso., efficacia,
azione che persone e cose operano su noi
senza il concorso diretto del nostro volere
e del nostro pensiero.
Suggestivo: ò notevole la preponderanza
e l'abuso di questo aggettivo, tolto dal
significato scientifico di suggestione: una
passeggiata, un abito, la trasparenza di
un volo, un paio di stivaletti, l'ora, il
cielo, un libro, un discorso, etc. sono la-
oilmonte dotti suggestiri. K una delle
Sug
- 470 -
Surn
taDte voci, usate a proposito ed a spro-
posito, per effetto di snobismo.
Sughi: voce toscana: letame^ stabbio.
Sughino: dim. di sugo-^ voce roma-
nesca, divenuta comune. V. Ragout.
Suicidarsi: è il fr. se suieider., verbo
ripreso nel diz. dell'Accademia francese
come barbarismo illogico e da sfuggirsi.
Figurarsi i nostri puristi ! e a fil di logica
hanno ragione giacche suicidarsi ripete
due volte il pronome riflessivo. Ma l'uso
vale più della logica : le due voci suicida
e suicidio hanno — lo penso — dato
valore a suicidarsi in cui il pronome del
prefisso non è più avvertito. Certo uno
scrittore purgato dirà senza sforzo si uc-
cise^ meglio che si suicidò^ che è voce
anche di mal suono, e l'umile popolo dirà
in tali luttuosi casi : si è ammaxxato^ si
è tirato^ si è sparato^ si è buttato sotto
il treno, etc, ma l'uso comune della lingua
corrente si attiene al verbo suicidarsi. \
Suicidarsi moralmente., in senso iperbo-
lico esteso, vale anche rovinarsi., distrug-
gere la propria riputazione., credito, va-
lore umano. Y'è anche la locuzione « sui-
cidio morale ».
Suicidio morale: V. Suicidarsi in fine.
Sui generis: \dii. di propria peculiare.,
natura., singolare., unico : dicesi per in-
dicare un individuo o una cosa che è
unico saggio del suo genere. Vale quindi
bixxarro., originale.
Suisse: svixxero: voce francese, non
ignota anche presso di noi per indicare
il guardaportone di una gran casa, in
assisa solenne. Così dicesi, io penso,
dal costume che avevano gli svizzeri di
andare a mercede per cotali servizi e come
uomini d'arme, in Francia e in Italia
specialmente (Cfr. gli Svizzeri della Corte
papale). I francesi distinguono le tre voci
graduate concierge, portier (voce umile),
e suisse., le quali il Rigutini propose
di tradurre rispettivamente per portiere.,
portinaio, guardaportone a chi gli avea
proposto la bizzarra frase : Je ne suis
pas un portier., je ne veux pas qu'on
m'appelle suisse., et je me tiens à mon
titre de concierge. Y. Concierge e Pipelet.
Suite: voce francese del linguaggio
politico, seguito^ lat. cohors: les person-
nes employées pour le service de l'am-
bassade ou de la legation et les personnes
qui sont attachées au minisire (V. A
la Suite). Siccome poi chi è del seguito
sta dietro, così à la suite vuol dire venir
dopo., e il modo francese sembra a molti
più rappresentativo che le locuzioni nostre
equivalenti. | Suite., si dice pure abusi-
vamente nel giuoco nel senso di succes-
sione., fila., infilzata., es. una suite di bei
colpi. I Nel linguaggio musicale suite in-
dica una serie di pezzi musicali.
Su larga (o vasta o piccola) scala: è
una delle più abusate e frequenti locu-
zioni alla francese: travailler sur une
grande échelle. Estensione del linguaggio
dei disegnatori. « Nuova e goffa maniera »
dice il Eigutini, ma non per ciò gli ita-
liani avranno riguardo di usare tale lo-
cuzione : essa ricorre così pronta che molti
non saprebbero come esprimersi altrimenti
(in grande., in piccolo).
Su la via di Damasco: nota locuzione
per significare su la via del ravvedimento.,
verso la buona via del ricredersi. Saulo,
mentre recavasi in Damasco (46 d. C),
per isterminarvi i Cristiani, fu da una
visione indotto a farsi proselito della nuova
fede che predicò poi col nome di Paolo
con mirabili e accese parole.
Sulla: invece di su la, V. alla parola
colla.
Sulky : veicolo leggerissimo a due ruote,
dai 24 ai 30 kg., di provenienza ameri-
cana, usato nelle corse al trotto : fu intro-
dotto in Italia verso il 1881 ed ha sosti-
tuito l'antico nostro sediolo., dalle ruote
altissime e dalle forme eleganti ; ma avea
il difetto di pesar troppo e di non essere
così sicuro come è il sulky.
Sume superbiam quaesitam meritis:
prendi la dignità conquistata col tuo
valore (Orazio, II, 30, 14).
Summum jus, summa iniuria: famosa
sentenza latina (Cicerone, De off. I, X),
spesso usata per temperare la forza del-
l'altrui diritto, e vuol dire che l'asso-
luto esercizio del proprio diritto pur se-
condo legge costituisca massima ingiustizia.
Locuzione felice non solo per la concinnità
e la euritmia delle parole, ma per l'iper-
bole 0 esagerazione la quale pone in con-
Sum
471 -
Sup
trasto la inflessibile legge con le necessarie
accondiscendenze e transazioni, richieste
dall'umanità e dalla vita. Trattasi di sen-
tenza popolare, come dice Cicerone stesso
nel riferirla, e le sue parole e la ragione
per cui è riferita la sentenza, eccole :
« Spesso si offende la giustizia anche per
una cavillosa e troppo scaltra e maliziosa
interpretazione del diritto, onde il comune
proverbio: il sommo diritto è somma in-
giustizia ». Cfr. altresì Terenzio, Heau-
ton. IT, V, 45.
Summus moderator: moderator in la-
tino vale, in senso pregnante, reggitore^
governatore. Summus studiorum mode-
rator talora è chiamato il Ministro della
Publica Istruzione (non escluso un lieve
senso faceto od ironico). Così si denominò
il medico-latinista Guido Baccelli.
Sunt bona mixta malis: lat., le cose
buone sono 'mescolate alle cattive. Il bene
s'alterna col male.
Sunt laorimae rerum et mentem mor-
talia tangunt: famoso verso di Vergilio
{Eneide^ I, 462) v'è il dolore per le cose;
esso tocca l'animo dei mortali. Comune-
mente si dice soltanto stmt lacrimae re-
rum, e a quel genitivo rerum si suole
dare un senso soggettivo, quasi, animando
la materia, si volesse dire : le cose hanno
una loro tristezza. Errore di interpreta-
zione e pur felice errore, e se Vergilio
tornasse in vita loderebbe tale spirituale
interpretazione, chechè ne pensi qualche
gretto e pedante erudito. Confronta il si-
mile caso in Vis comica.
Suonata: dicesi volgarmente e con in-
tenzione di beffa 'prendere una suonata,
0 con forza esclamativa che suonata! per
indicare impresa fallita, andata a male,
per astuzia altrui, inettitudine o dabbe-
naggine propria, e per lo più dicesi di
affari, quindi con sborso e perdita di da-
nari. In questo senso si dice anche suo-
nato^ familiarmente e con senso lepido,
per battuto., sconfitto. Cfr. il verbo suo-
na/re nel senso di battere., come è detto
nel noto proverbio dei 'piff&rì di monta-
gna che vennero per suonare e furono
suonati (senso esteso dagli strumenti a
percussione).
Suonatori! (buona notte): vale faceta-
mente è finita., e si dice in vario senso
nel linguaggio familiare (dal commiato ai
suonatori dopo la festa).
Super aspidem et basiliscum: Salmo^
XC, 13: «camminerai sopra l'aspide ed
il basilisco e calpesterai il leone ed il
drago ». Tale scritta vale ad indicare la
protervia e la malvagità demoniaca o la
prepotenza, domate e vinte. Così antiche
scritture rappresentano il papa Alessan-
dro III che calca la potenza del Barba-
rossa.
Superbo : per bello., magnifico., ai più
sospettosi puristi pare conforme all'uso
del francese superbe. Certo superbo per
assai bello è antica voce, ma certo è del
pari che i puristi non hanno torto ove
questo « superbo » sia riferito ad umili cose :
una superba scatola^ un paio superbo
di scarpe^ etc.
Superfetazione : come termine medico
cioè nuova concezione nel corso di ima
gravidanza (super foetum)., la voce gia-
ceva da tempo nei nostri dizionari : ma
nel nuovo senso, oggi più che abusato,
di pleonasmo., superfluo., in di piti eie,
es. « questo capitolo non c'entra : è una
superfetazione », è un influsso della voce
super fétation., francese, oppure super fae-
ta'tion., inglese.
Superiore : senza termine di paragone,
cioè nel senso di grande., sommo., egregio.,
es. il tale e un ingegno superiore., è a
ragione pei puristi il fr. supérieur. \ Es-
sere superiore in vece di sdegnare., non
curare è modo ripreso, ma dell'uso.
Superuomo: è voce tradotta dal tede-
sco tfebermensch., neologismo in cui si
impernia la filosofia del grande ed infelice
Federico Nietzsche. (V. Nietzschenismo),
Il superuomo nel senso di quel pensatore
mirabile e folle, è l'uomo nascituro, che
starà alle generazioni presenti come que-
ste stanno al quadrumane. Leggi : Così
parlò Zaratustra e Al di là del bene e
del male. Questa voce, pur durando quel
che durerà, ha sùbito acquistato una corta
popolarità, ma in senso di celia e di scherno,
prima per designare i seguaci o ostenta-
tori della filosolìa del Nietzsche, quindi
qualunque persona che por sogni o parole
e abito ostenti di appartenere ad altra
Sup
472 —
Sut
più eletta umanità che la misera e comune.
Vantano « i superuomini » una morale
propria ed individualistica, un codice di
vita a proprio uso e consumo, etc. Y. an-
che alla parola esteta. È codesta una delle
meno simpatiche forme di aristocrazia in
questa età, detta democratica.
Su pi ì : nome dato a Eoma a certe squi-
site fritture di riso, ripiene di fegatini,
di forma tonda od oblunga : manifesta cor-
ruzione del fr. oublie., basso lat. ohlata.^ che
voleva dire il pane o-fferto nel sacrifiGÌo
della messa., indi si perdette il senso
sacro e significò una specie di dolce.
Supplizio di Tantalo: vedere^ sentire
alcun bene e non poterlo godere. Dal noto
mito del frigio Tantalo, cui nell'Ade (In-
ferno) si avvallavano le fresche onde e si
levavano le dolci poma.
Supreme: tradotto anche in suprema:
nome dato ad una delle tante salse, fatte
di sughi e ristretti di carne, di cui ab-
bonda la cucina francese : supreme di
pollo., pollo ammannite in questa salsa.
Surah: nome di nota stoffa di seta,
spigata, originaria dell'India. La grafia
surà mi pare poco usata. Solito caso di
queste parole straniere che non si assi-
milano.
Suranné: vecchio., fuor di moda., ran-
cido, voce fr., talora usata per vizio.
Surge et ambula: levati e cammina!
così Cristo al paralitico della piscina pro-
batica. Dicesi in vario senso morale per
dar vita, animare.
Surmenage : sostantivo maschile, dal
verbo francese sur-mener., che è il nostro
menare., di comune etimologia latina.
Indica l'eccesso della fatica. Così dicono
i francesi surmener un cheval., je suis
surmené. Con senso neologico, surmenage
= ex agération de travail intellectuel ou
m^ateriel. (Loredan Larchey, NouveoAi Sup-
plément du dictionaire d'Argot). Stra-
pazzo., strapazzare., molto si accostano a
surmenage; la qual voce, ora che le ma-
lattie nervose sono un po' di moda e un
po' male comune, odesi frequentemente,
stando lo strapazzo prolungato e mentale
a- dette malattie come causa ad effetto.
Ho trovato spesso la parola surmenage
tradotta in sovraearico intellettuale.
Surriscaldare: (termodinamica) riscal-
dare un vapore oltre la sua temperatura
di saturazione. Il vapore surriscaldato si
comporta press' a poco come un gas, e si
usa in alcune macchine a vapore allo
scopo di elevare il rendimento economico.
Sursum corda: in alto i cuori/ sublime
motto che sta nella liturgia della Messa,
al Praefatio (latino cor-cordis =: il cuore,
plurale corda).
S urto ut: Vedi Pardessus. Vedi anche
Vestito.
Surtout pas trop de zèle: questo è il
modo comune, che può tanto significare
il troppo stroppia, ne quid nimis, come
ritiene un po' del nun te ne incarica^
di napoletana e italiana memoria. Ma la
frase, quale è attribuita al Talleyrand, è
piii semplice e accorta: Surtout pas de
zèle^ cioè « ciò che è eccessivo è inutile,
spesso, anzi, dannoso ». « JEn 1815^ après
les Cent jours., M. de Talleyrand., nom-
mé ministre des Affaires étrangères., réput
la visite des employés de son adrìiini-
stration. Il est une chose., Messieurs —
leur dit-il — que je vous recommande
avant tout et par dessus tout., e' est de ne
pas avoir de zèle., je déteste le zèle ».
{Souvenir s del conte de Eéal).
Suscettibile: nel senso figurato di fa-
cile ad aversene a ìuale^ permaloso., ri-
corda ai puristi il fr. susceptible ; lo stesso
dicasi di suscettibilità.
Suspicione (legittima) : dicono i legali
quando un processo non può essere svolto
nella sua sede naturale senza che la giu-
stizia abbia a soffrirne : ciò avviene per
il giusto sospetto (lat. suspicionem,) che
le passioni cittadine abbiano ad influire
in favore o disfavore dell'imputato. La
suprema Corte di Cassazione è arbitra di
questo trasferire il dibattimento da una
ad altra sede.
Sustlne et abstine: motto della filosofia
stoica : sostienti., astienti (V. Manuale di
Epttteto., nella versione del Leopardi).
Sutor, ne ultra crepidam : V. Ne sutor
supra crepidam.
Sutura : lat. sutura = cucitura, ter-
mine medico, riunione per mezzo di fili
delle parti divise di una ferita. Sutura è
inoltre termine anatomico ed indica la
Suw
473
Syl
unione di due pezzi ossei mediante den-
tature ed infossamenti reciproci.
Suwaroff: nome di generale russo, a
noi specialmente noto nella storia per le
sue vittorie sui francesi nel 1799: lasciò
il suo nome a Milano per indicare una
specie di coturno o stivale elegante, quale
usano i cavallerizzi. Ma per quel che ne
dicono i calzolai, questa parola è stata
sostituita da altra : prova evidente della
vanità delle cose umane anche se fondate
su le scarpe che sono il fondamento del
vestire.
Suzeraineté: distinguono i francesi sm-
%eraineté da souveraineté^ sovranità. Que-
sto è il dominio diretto, quello un dominio
indiretto feudale, dopo aver ceduto al
vassallo il reggimento dello Stato. Così il
Sultano è suxerain del Bey di Tripoli
e degli Imani d'Arabia.
Sventramento : per demolizione^ è brutta
voce metaforica, messa in corso dal mi-
nistro Depretis quando si trattò di risa-
nare i quartieri popolari di Napoli dopo
il colera del 1884.
Sweating system: forte e tipica espres-
sione inglese che letteralmente vuol dire :
sistema del sudore, cioè dello sfrutta-
mento dell'operaio nella produzione del
capitale. Locuzione talora usata nel lin-
guaggio degli economisti.
Sviscerare: detto di argomento, sog-
getto per trattarne compiutamente è dai
puristi ritenuta metafora incomporta-
bile.
Syllabus: o Sillabo, voce latina, deri-
vata dal greco che vale indice, compen-
dio. Voce usata da Pio IX per indicare
una raccolta di errori, o ritenuti tali, con
cui la Chiesa Romana afferma la sua su-
premazia e lancia l'anatema contro quelli
che persistono nell'errore notato nel Sil-
labus {Syllabus complectes praecipuos
nostrae aetatis erroi^es, 1864).
Tabagismo: intossicazione cronica per
effetto del tabacco (fr. tabagisme).
Table à the: tavola apposita dove si
prepara il tè, e intorno alla quale si seg-
gono gl'invitati. Così con frase francese
nell'uso e nel linguaggio del nostro ceto
elegante.
Table d'hote: è la mensa de' grandi
alberghi, servita ad ore e prezzo fìsso, a
tavola comune o a tavole separate. Ta-
vola rotonda sarebbe la voce nostra, ma
non è molto dell'uso.
Table tournante : locuzione francese, a-
busivamente usata invece di tavolino par-
lante, (il più comune degli esperimenti di
spiritismo. Y. Tiptologia).
Tableau : dal latino tabula., in italiano
quadro. La voce francese è polisensa,
come molte sue consorelle. Ogni opera di
foggia quadrata è un tableau : in tale
senso è spesso usata da noi, come pure
con forza lepida ed esclamativa quando
si scopre qualcosa di inaspettato, e noi po-
tremmo dire e diciamo anche : spettacolo !
(Tableau ! voce del gergo, cui è sottinteso
quel tableau!).
Tablier: dal lat. i{aè^^Za.; voce francese
che, fra molti sensi, signifìca ^remòm/e;
ma per indicare certa speciale foggia degli
abiti da donna, usasi il vocabolo francese.
y. Manteau.
Tablò : Y. Tableau. Trovo tablò regi-
strato nel diz. del Tommaseo (?!)
Tabloide : voce del linguaggio farma-
ceutico, pasticca. Dall'inglese tabloid.,
diminutivo di tablet = tavoletta.
Taboggan : o come altrimenti si scriva.
è voce e cosa degli indigeni del Canada :
specie di slitta usata per traversare, ve-
locissimi, quelle gelate regioni. Passò,
modificandosi, a significare una specie di
sport di tal genere.
Tabouret: voce fr., sgabello., ma per
indicare quel sedile, di solito a forma di
tamburo, senza spalliera ne bracciuoli,
basso, imbottito, elegante che adorna i
nostri salotti prevale la parola francese.
Tabù : voce della Polinesia, vale sacro;
«divieto religioso di toccare o nominare
persone od oggetti » : se il tabù è speciale
del feticismo della Polinesia, noi ne pos-
siamo tuttavia rinvenire tracce nella storia
delle varie religioni. Si dice inoltre tabù,
in senso esteso di proibizione assoluta per
effetto di superstizione morale, filosofica
0 sociale. Tabù è voce universale.
Tabula rasa: lat. tavola vuota^ ra-
schiata; dove non c'è nulla., fu antico
termine filosofico, adoperato per signifi-
care l'anima nello stato anteriore alla
esperienza ed alla conoscenza : cera da
improntare imagini {ktjqivov èufiayelov.,
Platone, Theat. 191), foglio di carta ove
nulla è scritto ancora., sono comparazioni
metaforiche equivalenti. Da ciò il senso
della frase, quale è usata familiarmente :
essere tabula rasa., tamquam tabula rasa
= non aver nulla in testa, non capir
nulla, conservare la più ignorante vergi-
nità di impronte e di conoscenza. Far
tabula rasa per portar via tutto ^ è locu-
zione notata.
Tachicardìa: terni, med. (gr. raxvg =
veloce e uaQÒia = cuore ; Gerhardt, 1882)
Tao
— 475 —
Tai
acceleramento del ritmo nei battiti car-
diaci : sintomo che si manifesta in mol-
tissimi casi di affezione del sistema ner-
voso, delle vie respiratorie o digestive o
dell'apparecchio circolatorio: brachicardia
è il nome del fenomeno opposto.
Tàccola : per lo più al plurale : nome
regionale (Lombardia), dato ad una varietà
di piccoli piselli di cui si mangia anche
il tenero baccello. | Tàccola^ poi, vale cor-
nacchia (cor VHS monedula) .
Tacitare: pagare i danni, eliminare
una parte in causa con qualche compenso.
Voce ripresa dai puristi come « maniera
strana» (Rigutini) ^ex pagare, soddisfare.
Non esce dal gergo curiale e dei ragio-
nieri.
Tael : così scritto secondo la scrittura
francese che noi seguiamo nei nomi orien-
tali, è nome di moneta cinese. Sono pezzi
di puro argento, in forma di barca o di
cappello da prete, bollati dal governo, il
cui valore e volume variano dai cinque
ai seimila taels. Il valore di un tael è
circa L. 3.50 di nostra moneta.
TafFetas: il più. semplice tessuto di
seta, derivante dall'incrocio alternato dei
fili d'ordito con quelli di trama; perca-
micette, per fodere, per sottovesti oggi
usatissimo. In italiano v'è taffettà e taf-
fetà^ in ispagnuolo tafetan^ in inglese taf-
fety., etc, dal persiano taftah. Voce del
resto divenuta italiana e antica, qui regi-
strata solo perchè la moda, ripeto, porta a
pronunciare e scrivere alla francese: es. taf-
fetas changeant. Nel senso di seta spal-
mata di materia medicamentosa per ferite,
si dice anche in Firenze drappo inglese.
Tafofobia: (ràcpos = tomba e (pà^og
= paura) neol. del linguaggio medico:
terrore.^ ossessione: della sepoltura, d'es-
sere sepolto vivo. V. Fobia.
Tagliamare: term. mar., quel pezzo di
costruzione, posto davanti alla ruota di
prua. È il primo che fende lo acque.
Tagliando: (da tagliarsi) comunemente
al 1)1 aralo. Voce abusiva e brutta del
linguaggio commerciale e di Borsa, invece
di cedola. V. Participio di necessità e
Coupoìi.
Tagliare: noi gergo dei giocatori in Ro-
magna vale giocare alla bassetta., specie
di faraone (giuoco d'azzardo), e ciò per
l'uso del tagliare il mazzo delle carte in
vece di alzarle.
Tagliare i panni addosso: familiarmente
vale esercitare la maldicenza. I diz. re-
cano tagliare le legne^ le calxe^ la giubba.
Tagliar la testa al toro: risolvere la
questione con argomenti e mezzi deci-
sivi, che non ammettono riscossa o replica.
Tale colpo negli antichi tornei contro il
toro era definitivo, onde la locuzione.
Tagliata: antica e bella nostra voce:
movimento tradizionale della scherma ita-
liana, pel quale rasentando con la propria
la punta dell'arma nemica, si colpisce
l'avversario al petto in fuori. Questo colpo
oggi è detto francesemente coupé (fioretto
e spada).
Tagliatelle: plurale delle così chiamate,
celeberrime, tajadèl di Bologna : piatto
egregio e succulentissimo, che in Roma-
gna ha gran voga, ma solo in Bologna
raggiunge talora la perfetta eccellenza. È
una minestra asciutta, fatta con la sfoglia
di uova e farina, condita con un intingolo
di carne, fegatini e parmigiano : se ne
fanno di larghe e verdi col succo degli
spinaci 0 di altre verdure. Il nostro Fo-
lengo pur le celebra, se non erro, nel suo
Baldo. Cfr. il citato bel libro di cucina
dell'Artusi. Altrove, più toscanamente,
tagliatelli o tagliatini. V. Risotto.
Taglierini fatti in casa o in famiglia:
locuzione nostra familiare : « affari brigati
prima e combinati fra i cointeressati,
quindi fatti palesi al publico, come la cosa
più naturale, equa e spontanea del mondo. »
V. In famiglia.
Taglio (vini da): così sono chiamati
quei vini che hanno in esuberanza uno
0 tutti questi tre componenti: àlcole, e-
stratto secco e sostanze coloranti. Servono
a tagliare, cioè a correggere con opportune
norme, i vini detti leggieri. La Puglia
offre eccollonti vini da taglio che hanno
larghissima esportazione.
Taille: per «conformazione della vita,
della persona» è voce francese, usata ta-
lora per vizio giacché in italiano taglia
vale pross'a poco lo stesso, inoltro v'ò la
parola e'*7a, vitina che corrispondo al senso
del francese taille.
Tai
476
Tan
Tailleur: e voce francese di assai grave
significato presso di noi per indicare l'o-
peraio-sarto che è maestro nel taglio degli
abiti. Ora invece in francese tailleur di-
cesi specialmente del sarto, padrone di ne-
gozio. Cfr. notes^ sante, etc. ed altre parole
francesi di fabbrica italiana, qui ordinata-
mente notate. L'operaio che taglia, é detto
Goupeur. Abito tailleur^ detto di abito
da donna, indica quella foggia maschiliz-
zante oggi di moda, tanto per influsso delle
teorie femministe come per maggiore se-
duzione. È detto tailleur perchè fatto fare
dal sarto (=: tailleur) e non dalla sarta.
Tait 0 thait: V. Vestito.
Talis pater qualis (o talis) fìlìus: sen-
tenza latina corrotta popolarmente da Qua-
lis pater talis filius.^ in cui si rispecchia
il concetto della ereditarietà : tale è il pa-
dre quale è il figlio ^ i figli dei gatti ra-
spano.^ ehi di gallina nasce eonvien che
rà%%oli. Y. 8ÌGut mater^ ita et filia eius.
Talus: «inclinazione naturale dei massi
terrosi », scarpata^ pendio; vale anche
scarpa conoide di deiezione a pie dei
monti. Questa parola talus (dal latino ta-
lus ZZI tallone) è in inglese ed in fran-
cese, e ciò spiega, se non giustifica, l'a-
buso che alcuni nostri scienziati fanno
della parola straniera.
Tam-tam : « piastra circolare di metallo,
della quale i soli Chinesi posseggono il
segreto della fabbricazione. Si mette in
vibrazione percuotendola con una mazza
ricoperta di felpa. Il suo uso fu intro-
dotto in Occidente dopo la rivoluzione
francese, dapprima nei funerali, poi in
teatro nelle scene di terrore; oggi lo si
adopera per far del fragore ossessionale,
anche se trattasi di un dolce idillio d'a-
more! » (Galli, op. cit.). Tam-tam è nei
diz. francesi.
Tambour battant (à) : metafora francese,
tolta dal linguaggio militare, e da noi
molto usata, specie nella forma italiana
a tamburo battente. In italiano, su due
piedi^ a sproìi battuto. Es. « Fu uno sba-
glio indire le elezioni a tambour battant ».
Tammany Hall: (lett. Sala della Tam-
many) è un circolo politico (del partito
democratico) di Nuova York. Tammany è
il nome — dicono — di un capo indiano :
ha per emblema una tigre. A parte le
esagerazioni, è press'a poco ciò che sono
tanti circoli elettorali presso di noi, con
nome che maschera il loro vero essere.
Per il partito avverso (republicano con-
servatore) la Tammany Hall rappresen-
terebbe una specie di camorra elettorale.
Del resto è noto essere i due grandi par-
titi americani piuttosto di clientela che
di principi, di sotto-classi che di classi,
di interessi che di idee.
Tamponare : etimologicamente =i- tap-
pare., essendo la voce francese tampon
forma secondaria di tapon, voce di origine
tedesca. Come termino di chirurgia, cioè
« frenare le emorragie introducendo stuelli
0 batufoli, fortemente compressi nella ca-
vità onde sgorga la emorragia (fosse na-
sali, vagina, utero, piaghe; sì da compri-
mere i vasi», parmi voce tecnica: fr. tam-
ponner., tamponne'ìnent. La voce nostra
stuello parmi poco usata. Curiosa è la defi-
nizione che il Petrocchi dà al verbo stuel-
lare—impedire emorragia con stoppa. Con
stoppa? È evidente che il vocabolarista
non aveva a mente le norme dell'asepsi.
Tampone: V. Tamponare.
Tandem : velocipede ove si monta in
due, l'uno dietro l'altro. Il prof. L. Ora-
ziani, in un suo squisito poemetto latino,
Bicyclula (la bicicletta), premiato nel 1900
al concorso di Amsterdam; così descrive
il tandem:
dmn primo spargit sol aureus orbem
lumine; seu tacitas nullo comitante per umbras
longum carpìs iter, seu par aetate sodalis
aut simili aut tecum duplici super axe feratui\
quem nos barbarico vocitemus nomine tandem.
Questa macchina ciclistica, già in grande
uso, è decaduta di voga. Tandem in in-
glese ed in francese è anche il carrettino
a cui sono attaccati due o piii cavalli,
l'uno in fila all'altro. Tandem, in mec-
canica vale disposizione di due macchine,
posta l'una dopo l'altra, le quali lavorino
insieme. Questi diversi tandem devono pro-
venire dal latino tandem = finalmente.,
cioè alla lunga.
Tandemìsta: il ciclista che monta il
tandem: brutta voce del gergo ciclistico.
Tante cose: per tanti saluti., compli-
menti, è il fr. bien des choses.
Tan
— 477
Tas
Tanto nomini nullum par elogium: lat.,
a cosi gran nome nessuna lode è pari^
motto epigrafico enfatico, ma pur felice
sì che acquistò valore di intercalare : è
sculto sul monumento eretto al Macchia-
velli in Santa Croce nel 1787 : l'epigrafe
è dovuta al Ferroni. Si ripete il motto
antonomasticamente, talora per ironia.
Tanto tuonò ohe piovve : tanto si disse
e si fece che si raggiunse l'intento. E di
solito si intende, in quel dire e in quel
fare, ostinazione e volere maligno ad un
dato fine. Bella locuzione nostra, dedotta
dal rapporto del tuono alla pioggia come
di causa ad effetto. Si confronti questa
umoristica osservazione di Socrate : « San-
tippe avendo prima detto male di lui, e
poi ancora gettatogli dell'acqua adesso,
Non diceva io, ei disse, che Santippe poi
che ha ben tuonato, era per piovere ».
Diogene Laerzio, Delle vite e sentenze de'
filosofi illustri., libro II. Y. Santippe.
Tantum relligio potuit suadère malo-
rum : a cosi gran delitto indusse la re-
ligione. Così Lucrezio nel principio del
suo Poema parlando del sacrificio di Ifi-
genia. Si suole dire di tutto ciò che lega
l'uomo alla religione, superstiziosamente.
Tapis roulant: nome di un nuovo ap-
parecchio meccanico : consiste in un piano
mobile e saliente che trasporta i visita-
tori. Usato per facilità e per richiamo ne'
grandi magazzini di Parigi e dell'estero,
fu. di recente introdotto anche a Milano
e francesemente nominato. Ma il popolo
umile, più savio e più italiano, dice a
Milano, la scala che cammina.
Tappeto verde : il tappeto del tavolo da
giuoco che suole coprirsi di sargia verde,
il giuoco stesso (d'azzardo): fr, tapis vert.
Tappezzeria: V. Far tappexxeria.
Taquiner: fr., contradire per cose di
poco conto (gergo mondano).
Tarantass: nome di veicolo russo a
quattro ruoto, senza molle.
Tarbouch : V. Fex>. I levantini usano
la voce tarbouch.
Tarde venientibus ossa: variante di
sera venientibus ossa^ chi tardi arriva
male alloggia.
Tarlatana : specie di mussolina leg-
gerissima, di solito por abiti da ballo,
frane, tarlatane, voce indiana o da tar-
lata?
Tartarin : titolo di libro e personaggio
del geniale scrittore francese, Daudet : mil-
lantatore ed esageratore in buona fede. Il
nome di Tartarin ebbe certa voga in Italia
e fu usato antonomasticamente. Se ne fece
anche l'agg. tartarinesco : voci effimere.
Tartina: dal fr. tartine., e in francese
vuol dire cantuccio o crostino di pane con
sopra steso del burro o delle conserve. Da
noi tartina si dice in cambio della parola
nostra panino gravido., che in francese
invece è petit pain fourré. Il sandwich
per gli inglesi e francesi è fatto di due
panini divisi con entro una pasta o di
acciughe o di fegato d'oca o di carne,
etc, e se ne usa specialmente pel tè.
V. Sandwich. Tartine è da tarte^ basso
lat. torta.
Tartuferia: neol. effimero dei giornali,
tolto dal fr. moderno, tartuferie = men-
songe., fausseté, làcheté., hypocrisie. V.
Tartufo.
Tartufo : noto titolo del capolavoro del
Molière {Le Tartufe^ 1667) e personifica-
zione della fredda e perfida ipocrisia ge-
suitica. Questa felice e famosa denomina-
zione è ritenuta di origine italiana. Cfr.
questa ottava :
Quasi di viver Battistone stufo,
Egeno affronta con un punteruolo;
E perchè quei Tuccella come un gufo,
Salta ch'ei pare un galletto niarauolo:
E tanto fa, di' Egeno il mal tartufo
Manda cori un buffetto a far querciuolo:
E poi lo piglia, e in tasca se rimpiatta.
Per darlo per un topo ad una gatta.
LiPPi (1606-1664), Malmant. C^ X. st. 47.
Dico in nota : « Il mal tartitfo : vuol dire
uomicciòlo di cattivo animo, che i Latini
pure dicono homo fungini generis ». Non
si dimentichi che del '600 la coltura ita-
liana ora ancora coltura europea e il poema
del Lippi correva allora ms. in Francia.
V. Oénin, Recréat. t. I, p. 292.
Taso: per tartaro, gromma dello botti,
è ottima voce: ma molti si periterebbero
d'usarla per non parere d'usare voce ple-
bea. Vedi ciò che è dotto alla parola
sohiampa. Taso., secondo lo Zani baldi {op.
ùit.)., sarebbe della stessa etimologia di /a■^«f,
fr., -- mucchio, voce di origino todosoa.
Tas
478
Tea
Tasso: V. Saggio.
Tata: voce fanciullesca; in alcune no-
stre regioni vale addio. In romanesco,
babbo. Nel senso di fratello, sorella è
voce notata.
Tattersall : stabilimento di compra e
vendita publica de' cavalli. Da Londra
il nome e la cosa passò alle principali
città d' Europa conservando il nome, il
quale proviene da Riccardo Tattersall che
nel 1795 fondò in Londra tale istituto.
Tatuaggio: disegno scolpito nella pelle,
ordinariamente con polvere di carbone,
inchiostro, carminio o mattone polveriz-
zato. Nello studio del tatuaggio, carattere
antropologico importantissimo che spes-
seggia tra i criminali ed i pazzi delin-
quenti, vanno considerate sopratutto le
parti del corpo preferibilmente tatuate,
ed i segni raffigurati ; con ciò si può
quasi determinare il grado di perverti-
mento e di analgesia d'un individuo. Ta-
tuaggio^ dal Ir. tatouage (ago-puntura),
voce haitiana.
Tautologia: gr. ravró = lo stesso e
Àóyog = discorso : voce comune ai vari
linguaggi culti ; vale « inutile ripetizione
di parole esprimente la cosa istessa »,
ed è vizio. Intendesi anche come figura
retorica. Nelle scritture moderne anche di
quelle lodate (anzi!) è frequentissima una
speciale forma di scrivere che io chiame-
rei proprio tautologia, la quale consiste
nel ripetere la stessa cosa, spesso ripi-
gliando con la stessa parola, geminando
uno stesso concetto invece di tendere drit-
tamente al fine, amplificando, cioè, all'in-
finito ! Eppure piace ! La qual cosa dimo-
stra che ciò che noi chiamiamo in mal
senso retorica, cioè gli abusati artifìci
dello scrivere, è sempiterna. Spregiamo i
vizi e le retoriche di un' età passata, e
non ci avvediamo dei vizi e della reto-
rica dell'età nostra. Proprio come colui
che ha mala luce!
Tavola molino o molinello o filetto:
specie di giuoco di dama fatto su tavola
variamente lineata : è detto molino per-
chè alternando su e giù una pedina, cioè
facendo mulinello, si fanno tre punti su
due linee. Giuoco specialmente noto agli
scolaretti ed ai banchi scolastici.
Tavola reale: Y. Tric-trac.
Taverne: voce inglese, dal latino ta-
berna, indica quello che cabaret in fran-
cese : luogo publico ove si vendono vino
e commestibili. Nel secolo XVIII, prima
dell'istituzione dei caffè, erano luogo di
ritrovo anche per la gente a modo ed
elegante. Ne derivarono gli odierni clubs.
Tavoliere: o anche tavolato chiamano
i geografi un territorio livellato in alto
(altipiano, pianoro), e specificatamente que-
sto nome è dato alla pianura nella pro-
vincia di Foggia, tra l'Appennino ed il
monte Gargano. Tavoliere delle Puglie.
Tavolino 0 tavola parlante: V.T«/)^o%m.
Tavolo: per tavola «non si conosce in
Toscana » (Rigutini) e perciò riprendesi
come voce regionale. Tavolino è da ta-
vola, come seggiolino da seggiola e non
da seggiolo. « Sono figliuoli di madre
senza padre ».
Tazza : per bicchiere è d'uso poetico :
« tra le tazze e i coronati vini :... » Parini.
Il popolo milanese, usando sovente tazza,
per bicchiere, non si deve credere che ciò
faccia per forte impulso poetico, ma per
più semplice ragione, come io credo; è,
cioè, costume lombardo bere il vino in cio-
tole di terra o di maiolica (tazza), e di
questa usanza non solo il contado, ma al-
tresì qualche osteria di città può offrire
testimonianza. Da ciò l'estensione della
voce tazza per significare bicchiere.
Tè : questa è la grafia comunemente
accolta per indicare la nota bevanda per
infusione delle foglie del tè (Thea chi-
nensis). Non manca però chi scrive the
alla francese (the), ovvero tea, all'inglese.
Te: per tu: svenevolezza del parlare
toscano, a cui molti — non toscani —
abboccano come ad una eleganza peregrina.
Certo una persona colta di Toscana, se
anche lo dice, ncn lo scrive.
Tea : (o thea) attributo di speciali rose,
così nominate dal profumo del tè.
Tea-room : ingl., la stanza ove sipretide
il tè. Sotto questo titolo trovo in un au-
torevole giornale italiano la seguente no-
tizia di cronaca : « Tea-room. — E il
nome di una istituzione: una specie di club
femminile che distinte signore vogliono
effettuare, con seri intenti sociali e di be-
Tea
479
Tel
neflcenza, in una casa bella e in posizione
centrale. La Tea-room dovrebbe essere
aporta nelle ore pomeridiane d'ogni giorno
dell'inverno e della primavera, a guisa di
simpatico centro di nobili ed efficaci ini-
ziative a vantaggio di istituzioni benefiche
0 d'intraprese a scopo di lustro cittadino,
ed anche a comodità di forastieri di pas-
saggio. Tra le promotrici notiamo i nomi
più cospicui dell'alta società milanese, le
quali hanno aderito all'idea, sottoscriven-
dosi come socie fondatrici per lire 100».
Evidentemente queste nobili socie della
Tea-room non sono socie della Dante
Alighieri^ o almeno non conoscono questo
istituto se non come uditrici (è di gran
moda in questi anni) deUa ingegnosissima
ermeneutica dantesca che si suole fare o
da uomini di grido, o da uomini che de-
siderano salire in grido.
Teak: voce inglese, in francese tek o
teck^ voci straniere piii usate della nostra
teetona : Tectonia grandis^ albero delle In-
die orientali, che fornisce un legno duro,
ottimo per la costruzione di navi e di
edifici, venendo difficilmente intaccato
dagli insetti.
Teatro: per luogo ove succedono fatti
solenni, ha esempi dal Seicento. Questa
metafora spiace ai puristi ed è estensione
conforme al francese : theatre = lieu où
se passent des aetions remarquahles ^ es.
le theatre de la guerre. Certo la metafora
appare goffa se dirò : la casa fu il teatro
di un furto. In senso lepido od ironico
può invece riuscire efficace, es. Napoli
fu il teatro delle sue gesta. Insomma vi
sono sfumature nell'uso delle parole che
è difficile determinare. In milanese è un
teatro vale è cosa da ridere, scena buffa.,
e simili.
Teca : è voce greca (drjKr]) che si usa in
archeologia religiosa cristiana ; vale custo-
dia., cassetta.! reliquiario. Cfr. biblioteca.
Tecoppa: V. Massinelli.
Te deum: sono le prime parole dell'inno
attribuito a S. Ambrogio : te^ Deum^ lau-
damus zzz noi lodiamo te, o Signoro, e
cantasi altresì nell'occasione di publici,
fausti avvenimenti. Dicesi in modo fa-
miliare anche con forza esclamativa Te
deum! por dire, alla fine., finalmente !
! Tega: gr. réysog., per baccello di fava
0 di fagiuolo 0 di pisello, è data dal Pe-
trocchi come voce morta. Vive ampiamente
nei dialetti.
Teiera: vaso per l'infusione del tè; dal
francese théière.
Teint: fr., propr. tintura., colorito del
volto., cioè cera^ colore., carnagione. Que-
sta inutile voce francese è usata anche
in tedesco.
Tela juta: V. Juta.
Telefonìa: gr. réXag = lontananza., fine
e (póvog = suono. Voce di formazione dot-
trinale per indicare la trasmissione elet-
trica dei suoni articolati e musicali. I primi
tentativi sono dovuti al Eiess, la soluzione
completa del problema al Bell.
Telegraficamente: avverbio « buono,
buonissimo per far rima col verso:
precipitevolissimevolmente »
così, con ironia, il Fanfani. Ma accolto, e
come non accogliere? l'aggettivo telegra-
fico., anche l'avverbio, pure alquanto lun-
ghetto per cosa sì breve, si impone come
necessario. Sarebbe ozio il discuterne.
Telepatia: (gr. té^og = lontananza e
Tiàdog =: passione, affetto) trasmissione
del pensiero, comunicazione spirituale
tra persone loìitane senza alcun parvente
mezzo dei sensi. La parola « telepatia » fu
introdotta da F. W. H. Myers nel 1882.
Di questo ancora non chiaro fenomeno
dell'anima, Y. fra noi Morselli, I fenomeni
telepatici. Pappalardo, Telepatia., Manuale
Hoepli. Un notevole esempio di telepatia è
questo, raccontato da Garibaldi : « Solo una
volta - ho raccappriccio nel raccontai'lo -
sull'immenso Oceano Pacifico, tra il con-
tinente americano e l'asiatico, colla Carmen
ebbimo una specie di tifone., non formi-
dabile come quelli che si sperimentano
sulle coste della China, ma abbastanza
forte per farci stare parte della giornata,
19 marzo 1852, colle basse gabbie — o
dico tifone, perchè il vento fece tutto il
giro della bussola, segno oarattoristico del
tifone, e il mare si agitò torribilmonto
come suole in quel grande temporale. Io
ero ammalato di reumatismi, e mi trovavo
nel forto della tempesta addormentato noi
mio camerino sopra coperta. Nel sonno io
ero trasportato nella mia terra natale ; ma
Tel
— 480
Ten
in luogo di trovarla quell'aria di Paradiso
ch'ero assuefatto di trovare a Nizza, ove
tutto mi sorrideva, tutto mi sembrava te-
tro come un'atmosfera di cimitero; tra
una folla di donne ch'io scorgeva in lon-
tananza, in aria dimessa e mesta, mi sem-
brò di -scorgere una barca — e quelle
donne, quantunque movessero lentamente,
avanzavano però alla mia volta. Io con
un fatale presentimento feci uno sforzo
per avvicinarmi al convoglio funebre, e
non potei movermi, avevo una montagna
sullo stomaco. La comitiva però giunse
al lato del mio giaciglio, vi depose la bara
e dileguossi. Sudante di fatica, avevo inu-
tilmente cercato di sorreggermi sulle brac-
cia. Ero sotto la terribile influenza d'un
incubo — e quando principiai a muovermi,
a sentire accanto a me la fredda salma
d'un cadavere, ed a riconoscere il santo
volto di mia Madre, io ero desto; ma l'im-
pressione di una mano ghiacciata era ri-
masta sulla mia 'mano. Il cupo ruggito
della tempesta ed i lamenti della povera
Carmen spietatamente sbattuta contro ter-
ra, non poterono dileguare i terribili effetti
del mio sogno. In quel giorno ed in quel-
l'ora certamente io era rimasto privo della
mia genitrice, dell'ottima delle madri ».
Eammentiamoci infatti che il 19 marzo 1852
la signora Eosa non era più. Garibaldi
di Giuseppe Guerzoni, voi. I, pag. 398.
Telepatico : agg. di telepatia^ Y. questa
parola.
Telodinamico: aggettivo usato in mec-
canica come attributo di corda^ fune, la
quale, accavalcandosi a carrucole, trasporta
la forza impressa ad una di esse carru-
cole, a grande distanza : trasmissione te-
lodinamiea (da réÀ,os rz: termine, e óu-
vajuig = forza).
Telum (que) imbelle sine ictu: dardo im-
belle senza forza (Vergilio, Eneide, II,
544) dicesi sdegnosamente con senso di
spregio di colpo che non ferisce, o per
viltà e debolezza del feritore o superiorità
e forza di chi è preso di mira.
Tempesta in un bicchier d'acqua : dis-
sidio, diatriba di breve durata, di ninna
conseguenza, per causa futile.
Tempi borgiani: cioè da ricordare i mi-
sfatti della casa dei Borgia: frase disdegnosa
di G. Garibaldi (1869, scandali della Regia,
attentato Lobbia) che lo spirito italiano
volge, come al solito, in senso di beffa.
Tempista : detto del musico che ben sa
e tiene il tempo musicale.
Tempo va dintorno con le force (lo):
famoso verso dantesco ( Par. XVI , 9 )
spesso citato per significare l'opera di-
struggitrice del tempo (force = forbici).
Tempo sportivo: V. Sport.
Tenax propositi vir: uomo tenace di
proposito: espressione Oraziana {Justum
et tenacem propositi virum, Odi, IH, 3)
per indicare le virtù della volontà ad un
sicuro fine prefisso.
Tender: parola inglese, entrata anche
nel vocabolario francese : deriva dal verbo
inglese to tend per attend = attendere,
essere in servizio, servire: indica il carro
che è unito alla macchina, ove è la prov-
vista del carbone e dell'acqua. Provvedi-
tore, magazzino, serbatoio ed anche ten-
derò, proposti dai grammatici, sono ri-
masti nel serbatoio. I ferrovieri dicono
talvolta carro di scorta, e dicono bene,
almeno a me pare.
Tenenza: ufficio grado del tenente: es.
la tenenza dei carabinieri. Deve essere
dal francese lieutenance.
Tenere : nel dialetto napoletano è anche
più usuale del verbo avere, al quale si
sostituisce, come nella lingua spagnuola.
Dal dolor di capo o di denti alla febbre
e a qualunque malanno; dalla stanchezza,
noia, nausea, al vigore, al brio, al desi-
derio, alla speranza, agli anni dell'età e
a qualunque oggetto di proprietà o di pos-
sesso, tutto si tiene. Brutto idiotismo.
Tenere : le locuzioni tengo a dichiarare
per mi preme, voglio dire, etc. {ci tengo
a dichiarare è altra cosa); sapere a che
tenersi, per so che devo fare ; tenersi tran-
quillo, per star tranquillo, sono riprese
dai puristi perchè conformi a modi fran-
cesi. Ma non mi sembrano molto dell'uso.
Tener ancor del monte e del macigno :
locuzione frequente, tolta dal verso dan-
tesco {Inf. XV, 63) in cui il Poeta in-
veisce contro i fiorentini:
Ma queiringTato popolo maligno,
che discese di Fiesole ab antico,
e tiene ancor del monte e del macigno.
Ten
— 481
Tep
Qui la rudezza e fierezza della origine de'
Fiorentini sono notate in mal senso, quasi
opposte a gentile : nelle comuni locuzioni,
invece, in cui la frase è riportata, questa
natura di selce e di monte spesso ha buon
senso.
Tenere a stecchetto: dare troppo par-
simoniosamente il necessario e con ri-
gore eccessivo : antica e viva locuzione
nostra. Stecchetto quasi stecchito? o, come
spiega una nota al Mabnantile^ II, 22, è
forma corrotta di stocchetto da stoccheg-
giare = difendersi ? Ingegnosa è la spie-
gazione che mi propone il sig. Pietro Galli,
vice bibliotecario della Gambalunghiana
di Rimini : tenere a stecchetto^ locuzione
dedotta dal modo come si alimentano i
nidiaci, imboccandoli con uno stecchetto.
(Trovo questa spiegazione anche in Pico
Luri di Tassano, op. cit.^ pag. 207).
Tenere il cartello: nel linguaggio tea-
trale cosi si dice quando un dramma si
ripete con favore sì che il cartello o ma-
nifesto della recita non è mutato per pa-
recchie sere.
Tenere il coltello per il manico: in una
questione si dice che il tale tiene il col-
tello per il manico quando può risolverla
come vuole, trovandosi in condizioni spe-
ciali di forza e di fortuna.
Tenere i piedi in due staffe: chi tiene
i piedi nelle due staffe, meno facilmente
è balzato di sella : chi si appoggia su due
partiti opposti, chi si regola in modo che
mancando un sostegno, abbia l'appoggio
dell'altro, meno facilmente cade nel cam-
mino della vita. NB. Ciò non è eroico ne
onesto, ma comodo e prudente.
Tenere la smarra : nel linguaggio della
scherma vale dirigere gli assalti acca-
demici. In antico : spada di enarra zir
fioretto.
Tennis: forma abbreviata comune di
Lawn-Tennis. V. questa parola.
Tennista: giocatore di Laion-Tennis
(palla-corda). Leggo questa parola nel ma-
nuale di detto giuoco (Baddeloy, Iloepli,
1898).
Tentanda via est: bisogna tentar la
via.^ emistichio di Vorgilio {Georgiche., III,
8), divenuto motto.
Tentazioni di S. Antonio: intondesi
specialmente delle tentazioni e delle se-
duzioni carnali. Leggi il Cavalca, Vita
di S. Aìitonio^ Cap. YI: Della guerra
che 'l Diavolo gli mosse., e come vinse
lo spirito della fornicazione. Diede ispi-
razione al famoso quadro del Morelli, di
tal titolo.
Tenuta: per assisa., abito (militare), di-
visa è il fr. tenue., {grande tenue., tenue
d'hiver., d'été). Spiace ai puristi e i les-
sicografi evitano d'accogliere tale senso
di tenuta. V. tuttavia ciò che è detto alle
voci bivacco e distaccamento. \ Anche
la locuzione tenuta dei libri., per com-
putisteria è ripresa dai puristi (tenue des
livres) .
Teobroma: (Theobroma Cacao) lette-
ralmente dal greco, vale cibo degli Dei:
Albero dell'America tropicale, selvatico e
coltivato, dell'altezza media di 7 m., con
frutti lunghi circa 20 cm., larghi 10 e
semi lunghi 2 cm. larghi 1. Tali semi,
oltre a servire di eccellente nutrimento
agli indigeni, formano l'ingrediente prin-
cipale della cioccolatta.
Teoria : per processione., schiera., fila
è parola molto in onore presso gli esteti.
Trovo anche i pioppi in lunghe teorie.
Neologismo copiato dal nuovo francese,
thèorie., in tale senso {^ecjQia).
Teosofia: gr. deooo(pla r= sapienza
divina., noto ed antico termine filosofico,
rinnovato per indicare una forma di pen-
siero buddistico, il quale dal postulato di
un principio divino, deduce la fondamen-
tale legge delle cose; un movimento vi-
bratorio di evoluzione e di involuzione
che, applicandosi alla vita fisica, è cagione
di un processo di incarnazione perpetua.
Questa specie di misticismo importato
dall'oriente, ebbe in madama Blavatsky
un apostolo fervente e presso gli stranieri
(anglo-sassoni) ha numerosi seguaci. Ingl.
theosophy. Una dello non rare formo mi-
stiche che servono di surrogato all'idea
religiosa.
Teppa: V. Teppista.
Teppismo: astratto di teppa. V. Tep-
pista.
Teppista: questa parola milanese è stata
dal giornalismo, speoiulmonto, dilYusa ol-
tre la regione : vale faxioso^ prepotente.,
A. L'anzini. Sujrplemento ai Dixionari italiani.
Tep
— 482
Ter
camorrista^ mafioso e simili,
in Milano è il nome dato a persona ap-
partenente alla feccia sociale ; disoccu-
pati per mestiere, che attendono a distrug-
gere (vandalismo), violentare, mangiare e
bere senza pagar scotto, se non di busse,
e, all'occasione, a rubare. La teppa non ha
ordinamento come la camorra e la màfia.
È sopratutto sfogo di brutalità. Il nome
è relativamente recente. Nel Cherubini
{op. cit. ed. 1841) non è voce notata se non
nel senso di muschio., borraccina., che
tale è il senso di teppa. Il basso gergo
-odierno ha i sinonimi ligera^ fil de fer.
Di questa teppa., disdoro della capitale
(che si vanta del titolo di morale., datole
dal Bonghi), parla a lungo il Eovani ne'
suoi Cento Anni, libro XYIII, § 9, il
quale ne racconta le origini : « Tra gli
anni 1816 e 1817 non pochi di codesti
giovani, attratti da un'indole congenere,
si trovarono insieme e si confederarono ;
e non avendo un nemico propriamente
detto da combattere, si accinsero, per pas-
satempo e a sfogo di umori acri, a tribo-
lare il prossimo. Cominciarono da prin-
cipio con alcune risse, spontaneamente
offerte dall'occasione, di poi, l'esito pili
0 meno fortunato di quelli, li venne im-
pegnando grado a grado a un sistema di
offesa e di difesa; in seguito, acquistan-
dosi qualche fama per frequenti e chias-
sose vittorie, si diedero, come avevan fatto
un tempo i paladini e poscia i capitani
di ventura, a fiutare dappertutto dove vi
fosse da menar le mani, da metter la via
a rumore, da portare lo scompiglio in
qualche pubblico o privato convegno, da
disturbare qualche crocchio di persone.
Codeste loro imprese, al pari dei melo-
drammi, si dividevano in serie, semiserie
e buffe. In generale però, nella loro in-
tenzione, meno qualche caso di ven-
detta, non avevano mai fini ne seri, ne
colposi, bensì avveniva spesso che una
soperchieria fatta da essi per ridere e pas-
sare il tempo, producesse poi degli effetti
gravi, e qualche volta anche funesti ».
{La Compagnia della Teppa). 1 teppisti
ebbero tale nome dal luogo, coperto di
muschio 0 borraccina (teppa) dove avevano
quartier generale. Almeno cosi è probabile.
I Locch: vale stordito., intontito., (cfr. il
romanesco tonto)., e pare voce di origine
spagnuola, loco. Dicesi specialmente per
tnariuolo., barabba., gente da strada., specie
di teppista., ma è voce che non esce dal
dialetto.
Teratologìa: voce scientifica comune,
alle lingue eulte : (gr. réQag = mostro e
Àóyo£ =: trattato) : studio delle anomalie
e delle mostruosità degli esseri organiz-
zati.
Terebrante: detto di dolore, vale per-
forante (lat. terebrare = forare). Dal fran-
cese térébrant.
Terminale: agg. di termine., quindi^
naie. Voce antica e non comune; se ta-
lora la si riscontra, è — credo — per
effetto del francese terminal. Y. ciò che
è detto alla parola Platea.
Termine (mezzo) : per via di mezzo
{ripiego., pretesto)^ riprendesi dai puristi
come gallicismo : così riprendesi inezia
misura. Anche le locuzioni a termini di
legge (meglio, caso mai, ai termini della
legge) per secoìido., confarsne; essere in
buoni termini per essere in buon accordo,
in armonia, si riprendono dai puristi come
gallicismi .
Termochimica: quella parte della ter-
mologìa {deQjnr] = caldo) che si occupa
dello studio delle quantità di calore che
si svolgono nei fenomeni chimici. Il Ber-
thelot è uno dei fondatori di questo im-
portante ramo della scienza.
Termopili (le): noto e glorioso nome
storico del passaggio litorale che dalla
Tessaglia conduceva nella Grecia di mezzo,
difeso da Leonida contro i Persiani. Questa
paròla ricorre estensivamente per indicare
il punto strategico della difesa militare
di un dato territorio.
Terramara: neologismo del linguaggio
degli archeologi. Questa parola è corru-
zione di contadini emiliani di terra marna.
Essa fu accettata ed introdotta nell'uso
scientifico dagli illustri archeologi nostri,
Pigorini e Strobel : i quali pure formarono
il vocabolo terramaricoli por indicare gli
abitanti delle terremare, stazioni della
pura età del bronzo (prischi Latini). Sono
le prime città italiche.
Terramaricoli : abitatori (lat. colere =
Ter
— 483 —
Ter
abitare) delle terramare. Terramara è
nome dato a quelle palafitte (V. Palafitte)^
che si costruivano dagli antichissimi po-
poli in terra asciutta, ma recinte da ar-
gine e fossa. I terramaricoli sono i discen-
denti dei palafitticoli, i primi Latini. V.
Terramara.
Terranova : nome di una fra le più sti-
mate razze di cani da guardia, da di-
fesa e insieme di lusso : grosso, solitamente
nero, ricca coda, pelo lungo e liscio, testa
massiccia, muso espressivo. Il nome di
questo famoso cane da acqua proviene
dall' isola di Terranova (New-Foundland).,
ma non ne pare originario, bensì impor-
tato, quindi selezionato al tipo presente
dagli inglesi. « Il cane terranova è sotto
ogni rapporto uno dei migliori compagni
che l'uomo. può vantare di possedere»,
così scrive il Vecchio nel citato manuale
Il Cane.
Terre à terre : locuzione francese, vale
gretto., meschino., pedestre. Alter terre à
terre = star rasente al suolo, esser me-
schino di idee.
Terreno : nel senso figurato di soggetto.^
termine di un argomento o questione.,
spiace ai puristi. Modo sancito dall'uso
ancorché « metaforacce » (Rigutini). Così
dell'uso sono le locuzioni scendere sul ter-
reno =• venire a duello., guadagnar ter-
reno = avanzare in un affare, tastare il
terreno == conoscere l'intenzione altrui,
disputare il terreno (a palmo a palmo)
= difendersi accanitamente ; ma i puristi
lo ritengono di provenienza francese, ga-
gner du terrain., sonder le terrain., dispu-
ter le terrain.
Terribile : detto iperbolicamente per cosa
da poco, che terribile non è, risente della
maniera francese. Certo è molto dell'uso,
e vorrei dire acclimato fra noi. V. la lo-
cuzione enfant terrible.
Terrier: fr., specie di cane bassotto:
questo cane era, in origino, impiegato ad
inseguire volpi, conigli selvatichi ne' loro
nascondigli sotto terra, ondo il nome. Oggi
meglio si chiamorobbo ratier {rat., topo),
giacché oggi il terrier è cano speciale di
scuderia o di casa por dar la caccia a' topi,
al che ò abilissimo e coraggioso. Innu-
merevoli sono lo specie dei terriers. I ci-
nofili distinguono il foxterrier., usato nella
caccia alla volpe, dai terriers o ratiers,
cani da cortile {bullterrier., terrier inglese
e tedesco, boston terrier) e dai terriers
del Yorkshire., tutti coperti di mantello
setoso, e dal Skye-terrier., scozzese, tre
volte pili lungo che alto, setoso fin sopra
gli occhi, delizia e amore delle signore
del secolo XX, come la
vergine cuccia delle Grazie alunna
era delle dame incipriate del Settecento.
Prova della persistenza di certe degene-
razioni morali.
Terrificante : per terribile., orribile., or-
rendo., è il fr. terriflant. V. Terrificare.
Terrificare: per atterrire., far terrore.,
è neol. inutile, dal fr. terrifler. Usato
molto é il part. terrificante^ a cui per
ignoranza superflua si é aggiunto anche
terrorificante. Es. « Il fumo non cessava
di uscire dal cratere, e le detonazioni e-
rano accompagnate da spaventevoli ura-
gani con lampi senza interruzioni. I ba-
gliori erano terrorificanti » .
Terrore (il): noto termine storico, La
Terreur i= forma di governo che gravò
su la Francia dalla caduta dei Girondini
alla morte di Robespierre (1793-1794),
onde le voci, terrorisme tale metodo di
governo, terroriste = partigiano di tale
reggimento, terroriser =: tenere sotto un
governo di terrore. Se ne formarono in
italiano le voci terrorix%are^ terrorismo.,
terrorista., non belle certo, ma logiche e
necessarie, specialmente in senso storico.
Terrorificante: V. Terrificare.
Terrorizzare, terrorista: V. Terrore.
Tertoifel o Tartoifel : esclamazione le-
pida, che talora si ode ed è corruzione
dialettale del tedesco Der Teufel = per
il demonio! Esclamazione che é ricordo
di triste dominio.
Terza Italia: cioè l'Italia doi nostri
tempi.
Egli vide nel ciel crepuscolare
col cuor di Gracco ed il pensior di Dante
La terxa Italia.
G. Carducci, Soìittto a O. Maxxini.
Prima Italia, capo del mondo con Roma
antica ; seconda Italia, sodo della maestà
della chiosa di Roma; terza Italia la mo-
derna, unita in nazione, abolito il poterò
! politico dei Romani Pontefici. Teì'xa Italia
Ter
484 —
Tes
è locuzione frequente nelle opere del Maz-
zini, e probabilmente è sua: certo sua è
la concezione di una nuova Italia, nuova
luce del mondo.
Terzi (i) : cioè le terxe persone. Voce
del linguaggio giuridico : tutti coloro che
hanno diritti od obblighi verso (in con-
fronto) l'attore. Terxi^ nel linguaggio
amministrativo, sono i consegnatari ed i
corrispondenti di un'azienda., oppure i
soli corrispondenti., oppure tutti coloro
che hanno rapporti di qualsiasi specie
verso un'azienda.
Terziario: aggettivo usato in origine
dai geologi per significare la relativa età
dei monti (monti primari, le Alpi ; secon-
dari, gli Appennini ; colli terziari, le col-
line) : successivamente fu detto dei terreni
e delle rocce di un'epoca relativamente
a noi prossima.
Terzilio o tersilio: nell'Italia superiore
e media indica una specie di tresette in
tre, con voce toscana, calabresella : se in
quattro, è detto quartilio., ovvero voglio.,
ovvero misidìa (dal domandare la carta
che fa quegli che è di mano), ovvero quo/-
drigliato., secondo le regioni. Il tresette
in due è poi detto anche pizxighino dal
prendere, quasi pizzicare, le carte come
fanno a vicenda i due giocatori. Nei detti
giuochi il tre e il due son detti venticin-
que; il due e Vasse ventotto; il tre e l'asse,
ventinove, appunto perchè tale è la somma
del valore di queste carte nel giuoco di
scopa 0 primiera.
Terzo sesso: come nelle api c'è il ma-
schio (fuco), la femmina (regina), e le api
operaie, così per derisione si dicono del
terzo sesso quelle donne che si vogliono
maschilizzare, che vogliono essere operaie
della vita senza gli impacci della femmi-
nilità. Ciò va bene per le brutte, ma per
le belle è una gran difficile questione,
quando non la risolva il buon senso da
parte dei due sessi! NB. Certe rigidezze
teoriche e certi fantasmi bizzarri ci ven-
gono dall'estero, e con le cose, i nomi.
Noi italiani abbiamo il torto di abboccare
e scimmiottare, laddove la natura e la
storia offrono in noi esempio di libertà
per la manifestazione di ogni buona e
sincera forza di natura, compreso il fem-
minismo saviamente inteso; e ciò fin da
antico. Y. Spinster.
Terzo Stato: tiers Etat^ era detto in
Francia, prima della Eivoluzione, quel
ceto sociale che non apparteneva ne alla
nobiltà né al clero, borghesia., o con bella
voce nostra oramai perduta, cara al Cat-
taneo ed al Carducci, cittadinanza.
Tesata: voce dei meccanici per indi-
care la lunghezza o portata di una tra-
smissione.
Tesmofòro : gr. deoitiocpÒQos^ = legisla-
tore. (Fu epiteto di Demetra (Cerere) che
regolò il consorzio umano con le leggi del
matrimonio e dell' agricoltura).
Testa: nelle locuzioni, domandar., vo-
lere., offrire la testa di qualcuno, vale
domandare etc, il sacrificio ài dlcmio^ cioè
che uno faccia da vittima., o per espia-
zione 0 per soddisfazione di vendetta. La
frase è tolta dalla antica barbarie di offrire
al vincitore o dal volere egli il capo del
nemico. Erodiade chiese ad Erode Antipa,
suo sposo, la vita di Giovanni Battista e
gliene fu offerto il capo; Tolomeo credè
far grato dono a Cesare regalandogli il
capo di Pompeo, etc. È locuzione derivata
dal francese, demander la tete?
Testa a croce: Y. Pattino.
Testa busa : (busa = vuota. Cfr. la
voce vernacola buso = buco). Questa lo-
cuzione fu usata dal Manzoni nella prima
edizione dei Promessi Sposi., cap. XI,
pag. 214 delle due edizioni raffrontate.
Testa di, etc. : Y. Appendice.
Testa di legno: vale come uomo di
paglia., prestanome., in dato negozio od
uffizio.
Testa di Turco: nel gergo francese
téte de Ture = souffre — douleur : allu-
sione alle teste di Turco nelle fiere, su le
quali si percuote col pugno per fare saggio
di forza.
Testata: Y. Stazione di testa. Yoce
ripresa.
Teste : lat. testis., latinismo del linguag-
gio forense invece di testimonio o testi-
mòne., e non testimone come pronunciano
alcuni legali nell'Alta Italia. Teste spiace
ai puristi, come inutile latinismo.
Testimone: Y. Teste.
Testis unus, testis nullus: motto della
Tet
485
Tif
antica sapienza giuridica e vuol dire che
la testimonianza di un solo testimonio non
basta davanti ai tribunali a stabilire la
verità di un fatto.
Tete à tete : fr. , vale colloquio intimo^
segreto^ od è locuzione francese usata ta-
lora in vece delle nostre da solo a solo^
a tu pei' tu, a quattro occhi, da soli.
Tete a lète è tradotto anche in un assai
brutto testa a testa e v'è, fra gli altri,
un esempio del Manzoni nella prima edi-
zione dei Promessi Sposi, cap. X : Ri-
inasta poi «testa a testa», seconda ed. :
rimasta poi « sola » con ima giovane
contadina inesperta, non pensava più
tanto a contenersi.
Teterrimo : latinismo, superlativo di te-
ter = tetro, brutto, deforme, orrido, ver-
gognoso.
Tetti (gridare dai): cioè dall'alto, in
modo che tutti sentano e sappiano : dicesi
familiarmente di cosa fatta palese senza
più alcun riguardo.
Teuf-teuf: voce onomatopeica francese
per indicare l'automobile.
Thàlatta, thàlatta, | Sei mir gegriist,
du ewiges Meer: mare, o mare! salve,
mare eterno. Così comincia Arrigo Heine
una delle sue grandi liriche (Cannoniere)
e vi pone per motto il saluto dà^.arxa dà-
Àarra, con cui i greci di Senofonte salu-
tarono il Ponto (Anabasi IV, 7, 24). È
infatti il mare mirabile cosa, anche perchè
è deserto da uomini.
Tlialweg : voce tedesca vale fondo di
valle, asse della valle, linea di impluvio
0 impiumo. Voce usata dai tecnici e da
quei geografi pei quali l'uso di voci strano
e barbare sembra segno di maggior sa-
pienza. 0 non c'è un testo scolastico di
geografia in cui invece di governo è pre-
valentemente usato il vocabolo politeia
(gr. noXiTeLaY'i Poveri bimbi di prima
ginnasiale! NB. L'ortografia moderna te-
desca scrivo Taliveg.
Tliat Ì8 the question: (Amleto, atto III,
scena I) « Essere o non essere, ecco il
gran problema (that is the question)....
è più nobile cosa all'anima il patirò i
colpi dell'ingiusta fortuna, o ribellandosi
contro tanti mali, oi)porsi al torrente o
finirli? », così Amleto comincia il suo fa-
moso monologo, in cui parve che lo Sha-
kespeare aprisse nuove pieghe dell'im-
menso involucro dell'anima. Ma il popolo
che giustamente ama più di ridere che di
pensare, giacché nel ridere è la soluzione
pratica dei più ardui problemi dell'essere,
rivolse il that is the question a cose di
minore gravità, anche al modo di far co-
lazione, di pagar un debito, etc, e così
dicasi del to he or not to be.
Tlie right man in the right place: V.
Right man, etc.
Thonné : non è parola francese, che io
sappia. In una vecchia e reputata enci-
clopedia di cucina trovo una ricetta per
donner au veau V apparence et le gout
du thon marine. Vitello thonné è modo
di dire creato a Milano come la soupe à
la sante. V. Tonno .
Tic: voce fr., usata anche presso di
noi, dal tedesco tiken := toccare lieve-
mente. Indica un moto convulso, abituale
e cosciente, risultante dalla contrazione
involontaria di uno o più muscoli del
corpo, spesso riproducente, in modo in-
tem.pestivo, qualche gesto riflesso o auto-
matico della vita ordinaria. Congiunto ad
altri fenonemi, è sintomo di alcune forme
di degenerazione del sistema nervoso. | Tic
doloroso della faccia, varietà di nevralgia
facciale.
Ticlcet: per biglietto, tessera, è voce
inglese entrata nel gergo francese, quindi
nella nostra favella mondana e, specie,
nel gergo anglo-francese delle corse: ce
mot est anglais : nous dirions en fr. billct
ou carte (G. Delesalle, Dici. Argot).
Ti conosco, mascherina 1: familiarmente
vale : non m'ingamii, so il tuo giuoco.
Grazioso traslato, tolto dalle Donne cu-
riose, dello Zanardini, atto IV, scena IV.
Tiflite: terni, med., infiammazione del-
l'intestino cieco {rvqyÀós, cieco). Questa
voce medica perdette di valore poiché fu
dimostrato che la più parto delle tifliti
non sono che peritoniti localizzato attorno
all'intestino cieco ed alla sua appendice.
Tifóne: (gr. Tvquóg) particolare tempe-
sta, a tipo rotatorio e traslatorio insieme,
dell' oceano Indiano : comunemente detto
ciclone. Le trombe, i tornados, il simoun,
etc. sono venti teri-estri di tipo oiclonioo.
Tig
486
Tir
La regione dei veri cicloni è quella degli
alisei, e la traiettoria seguita è pressoché
quella della grande corrente equatoriale.
I diametri di questi turbini sono di pa-
recchie centinaia di chilometri e la velo-
cità di traslazione da 12 a 14 chilometri
all'ora.
Tigia: per asta^ stelo dello stantuffo, è
parola che talora ricorre da rozzi mecca-
nici in Lombardia, per effetto del fr. tige.
Tilbury : parola ingl., dal nome dell'in-
ventore : specie di elegante baroccino sco-
perto. Voce notata nei diz. francesi.
Timbro e timbrare: dal fr. timóre^ tim-
brerà in italiano bollo^ bollare. Timbre in
fr. {TVjUJtavov rad. tvjttcj = batto) vale
campana fìssa senza battaglio, bordoni
tesi per dar risonanza sotto la pelle del
tamburo, quindi metallo, pasta di voce o
di suono ; tuttavia la locuzione timbro di
voce {timbre de la voix) è sancita dall'uso.
Per indicare quel carattere che distingue
due suoni della stessa altezza quando sono
prodotti da due diversi istrumenti, i fi-
sici sogliono dire timbro.
Time Ì8 money : il tempo e danaro.^
ed è il famoso motto della dominatrice
razza anglo-sassone, nel quale forse è pili
opportunità e impronta dell'indole di quel
popolo che vera sapienza.
Che •"! perder tempo a chi più sa più spiace.
Così più saviamente Dante nostro {Purg.
in, 78). L'opinione del motto inglese è
fatta derivare da questa sentenza di Ba-
cone: Time is the measure of business.,
as money is of wares. Cfr. Teofrasto in
Diogene Laerzio (V. 2; n. 10, 40) che
avverte : jtoÀvTeÀèg àvàÀcojua elvai ròv
XQÒvov.
Timeo Danaos et dona ferentes: (Verg.
Eneide, II, 49). Dicesi di benefìci inte-
ressati e sospetti [Temo i Greci anche
quando arrecano doni — il famoso ca-
vallo di Troja).
Timòlo: sostanza contenuta nell'olio es-
senziale del timo o del serpillo. Usasi
come antisettico.
Timpanismo: lai. ty^npanum = tam-
buro : voce medica : turgore dell'addome
prodotto dai gas intestinali.
Tintinnabulo o tintinnabolo: più che
voce morta, come nota il Petrocchi, è
voce pedantesca (lat. tintinnabuluìn =
campanello), usata talora ad arte o per
celia.
Tinto retto : nel gergo familiare nostro
usato è talora questo sopranome del ce-
lebre pittore veneziano, Jacopo Eobusti
(1512-1594) come allusione a persona che
suole tingersi nel volto o ne' capelli.
Tintura: medicamento formato dalla
dissoluzione dei principi attivi d'una o
più sostanze medicinali in un liquido ac-
concio (acqua, alcole, eterej.
Tipo: 'per individuo, originale, curioso,
è voce familiare. Così in fr. type = in-
dividue, excentrique, originai. Un tipo, un
certo tipo si dice spregiativamente. In
fr. type zzl individue quelconque.
Tiptologia: (gr. tvizicù = batto e kòyog
^discorso) dottrina, ed interpretazione delle
percussioni del tavolino parlante per effetto
di spiritismo : fr. typtologie, ingl. typtology.
Tiragliatori : versione del fr. tirailleurs,
nome di milizia francese, instituita nel
1840, destinata a far faoco in ordine sparso
e a volontà precedendo il grosso dell'e-
sercito.
Tiramolla: detto delle funi, è voce no-
tata dal Tommaseo: familiarmente vale
tergiversazioni, indugi, star fra il sì ed
il no per acquistar tempo e consiglio. Cfr.
l'antica canzonetta:
Tiramolla, morettina.
Tirapiedi : parola specialmente lombarda
[tirapee) non priva di forte efficacia. Ti-
rapiedi era detto il garzone, l'aiutante del
boia, che tirava i piedi all'impiccato. Ti-
rapiedi, nota il Cherubini, è nel gergo il
religioso che conforta i morenti all'ospe-
dale. Tirapiedi si dice con isprezzo ed in
gergo familiare l'aiutante di qualcheduno,
che gli è pedissequo, adulatore e simili.
Tirare: nel linguaggio della scherma
vale battersi, ma non in duello, bensì per
esercizio. (V. anche V Appendice).
Tirare a palle infocate: muovere guerra
aspra e di fazione contro persona o isti-
tuzione : frase frequente nel linguaggio
della politica e dei giornali.
Tirar giù a campane doppie : dime dì
ogni sorte con impeto e rabbia, sfogarsi,
dir male, etc, locuzione familiare, tolta
dal suonare doppio delle campane che
Tir
— 487
Toa
l'una succede, rafforzando, nell'intervallo
dell'altra.
Tirar la carretta: locuzione nostra fa-
miliare, efficace se non eletta, tolta dal
somiere che si guadagna la vita trasci-
nando il carretto : vale vivere miseramente
dell'umile o mal ricompensato lavoro quo-
tidiano : include anche l'idea del lavoro
fatto per necessità della vita, senza en-
tusiasmo ne fede. In fr. trainer la charme.
Tirar l'acqua al suo mulino: operare
a proprio vantaggio.^ locuzione popolare
tolta dal mugnaio che sottrae acqua al-
trui per averne in maggior copia per sé :
non esclusa quindi l'idea di frode.
Tirar sassi in colombaia: far cosa con-
traria agli interessi propri e degli amici
e soci : locuzione familiare.
Tirar su : in dialetto bolognese adulare.^
lusingare.^ lustrare, dar delVolio.
Tirata o tiratina d'orecchi: lett., si-
stema di punizione assai comoda e natu-
rale coi bimbi riottosi, giacché é così facile
e vengono così bene sottomano, le orec-
chie : però è deformante, e poco gentile.
Per estensione vale rabbuffo., rimprovero.^
e talora si dice in senso quasi di atte-
nuazione come a dire « cose da fanciulli ! ».
Così il Carducci dopo aver con roventi
parole bollata la protervia di un certo gio-
vinetto che gli avea dedicata una lirica
barbara in tutti i sensi in lode delle Ghite
teutoniche e in oltraggio delle Lucrezio
italiane, pallide di sifilide, annota : « La-
sciando ristampare questa tirata d'orecchi.,
avverto per la terza o quarta volta i si-
gnori ragazzi italiani che io non rasso-
miglio a Gesù Cristo né meno nel Sinite
parvulos»^ etc. V. Protesta., in Confes-
sioni e Battaglie.
Tire à quatre épingles: espressiva lo-
cuzione francese, volgarizzata in « essere
tirato a quattro spilli v>, cioè essere così
bene e ricercatamente vestito, che non
c'è una piega fuori di posto.
Tiremm innanz: andiamo avanti (al
patibolojl fumosa risposta di Antonio Sciesa,
popolano milanese, martire dell'Indipen-
denza italiana (1851), al capitano auditore
che por indurlo a rivelare i complici, lo
fece sotfermaro dinanzi alla sua dimora,
promettendo salva la vita. Della autenti-
cità della frase umile e sublime disputano
gli spolveratori della Storia. Essa frase è
consacrata nella tradizione, come da e-
sempio: « noi ricordiamo Pasquale
Sottocorno lo sciancato che tra le scariche
va ad incendiare i ridotti tedeschi; noi
ricordiamo Carlo Zima che incendiato dai
Croati, si avvinghia alle bestie nemiche e
le incatena con sé ad una morte ; nói ri-
cordiamo il Tiremm innanx dello Sciesa.
E tirammo innanzi, col re che fulminò a
S. Martino, con Giuseppe Garibaldi mo-
narchico che ricacciò coi calci dei fucili
alle spalle gli imperiali austriaci da Va-
rese a Como, con Giuseppe Garibaldi re-
pubblicano che raccolse una tedesca ban-
diera lasciata sur un mucchio di morti
tedeschi dagli imperiali prussiani ». (Giosuè
Carducci, Confessioni ebattaglie .^Protesta).
Tiretto: voce dialettale e familiare mi-
lanese (tirett)., per eassetto e cassettino,
dal fr. tiroir. Eipresa dai puristi ; vero
è che è spontaneamente evitata, come
avviene di molti francesismi.
Titanico : come attributo di ingegno.,
sformo., opera e simili, vale poderoso,
forte ed audace come le imprese dei Ti-
tani, (i figli del Cielo e della Terra che
mossero guerra a Giove).
Tizianesco: si dice specialmente de'
capelli di donna, per indicare un bel co-
lore aureo e fulvo, quale è frequente nei
quadri del Tiziano. Aggettivo usato, fra
altri, dal Lanzi nella sua Storia della
pittura^ I giovani tizianeschi, dice il
Carducci nell'ode al Cadore. V. Raffael-
lesco.
Tizio, Caio, Sempronio: triade di nomi,
comune nelle esemplificazioni antiche, oggi
usata per designare facetamente tre per-
sone di cui è inutile fare il nome, e per
lo più in racconti giocosi. Titius, Cajus
et Sempronius^ così riuniti come designa-
zione schematica, ricorrono in Irnerio,
giurista bolognese (V. Gaudonzi, Storia
del cognome a Bologna nel sec. XIII.
Bull, dell' Ist. stor. ital.., n. 19, pag. 39.
Toast: voce ingl., accolta no' dizionari
francesi o da noi usata nel linguaggio si-
gnorilo 0 nello relazioni di banchetti di-
plomatici in voce di brìndisi. V. questa
parola. Toast vaio letteralmente tostato.,
Tob
488 -
Tok
cioè fetta di pane abbrustolito, che sole-
vasi inzujjpare nel bicchiere, propinando.
To be, or not to be: ingl., « essere o
non essere » filosoficamente è il dilemma
dell'esistenza, se essa è veramente o non
è illusione. Cfr. Cogito, ergo sum. Ma si
dice in più facili e miti sensi. Vedi That
is the question e vedi Essere o non essere.
Toccante : per commovente., è brutto
gallicismo {touehant). Ma non mi pare
molto dell'uso. (È vero che toccare vale
compungere., commuovere., ma si richiede
l'oggetto. Es. tocca il cuore. Vedi più
ampiamente il Eigutini {op. cit.\ p. 50.
Toccare (un porto): detto delle navi,
vale entrare e fermarsi per breve tempo
in detto porto o rada. Voce classica.
Toccasana : familiarmente vale, rimedio
pronto., 2Janacea di ogni male. Eicorre in
senso morale.
Toccio: voce del dialetto veneziano,
l'intingolo., il sugo delle vivande., in mi-
lanese pòccia., onde i due corrispettivi
verbi tocciàr e poccià = intingere : da un
probabile poculum latino? In fiorentino
volgare, poccia = mammella.
Tocco: giuoco plebeo dei bevitori nel
Napoletano e nell'Italia meridionale. Si
numera su le dita, e il preferito dalla
sorte nomina un padrone e un sotto pa-
drone di una certa quantità di vino (cor-
rispondente per lo più ad un bicchiere a
testa), i quali ne diventano arbitri e fanno
bere chi vogliono. Talora il giuoco fi-
nisce con delle risse e non manca il clas-
sico coltello. Nel Lazio dicesi passatella.
Toeletta: V. Toilette.
Togo: voce di gergo vale buono. Per
l'etimologia, V. lo Zaccaria {op. cit.).
Toilette: ecco materia a scrivere un
volumetto. Vediamo di riassumere: Me-
tastasio nelle Cinesi ha:
eccomi alla toeletta
ritoccando il tuppè.
Il Parini {Mattino, 482-483) dopo molto
emendare, lasciò scritto:
Ecco, te pure
la tavoletta attende.
Il Monti, nella Feroniade., Ili, la chiama :
sacra
alla beltade, inacessibil ara
che non hai nome in cielo e tra' mortali
da barbarico accento la traesti
cui le Muse abborrir.
Le voci proposte dai puristi sono abbi-
gliatoio., specchio., (V. Dante Par. XV),
spogliatoio., ma non sono concordi. E ac-
cogliendo una di queste voci, come for-
mare la frase fare toilette più facile a
condannare che a togliere? Il Rigutini
fondandosi sull'uso del popolo, accetta
toeletta: Ma a due condizioni, prima che
« si scriva e si pronunzi a questo modo,
toeletta », la seconda che « si rigetti per
abbigliamento di una signora, come si ri-
getti la maniera far toelette., per abbi-
gliarsi » perchè, se può accordarsi il pas-
saggio dalla tela che si stende sul tavolo
(toile) al mobile ed alla stanza ove ci si
veste, non regge il passaggio all'abito ed
all'acconciatura. Quanto alla prima con-
dizione la scrittura e la pronuncia sono
delle più incerte : toelette., teletta., toletta.,
toeletta., quanto alla seconda davvero non
meritava il conto di accogliere toelette e
poi non volere i sensi estosi e derivati in
cui sta il segreto e la forza del vocabolo,
anche se audaci. Quanto alla scrittura,
altri infine vorrebbe, e c'è chi usa., tavo-
letta. Ma chi dirà : la tal signora aveva
una bella tavoletta? Concludendo : la voce
è da antico fra noi e segna il dominio
della eleganza francese sino dal '700 : non
si è assimilata alla grafia italiana: pre-
vale anzi nell'uso la scrittura e il suono
francese toilette. Detto specialmente di
signorili, compiute e mondane vesti mu-
liebri e di ricercati abbigliamenti e mun-
dizie, la parola e la frase sono comuni
anche ad altri linguaggi.
Toilette : detta dei condannati alla ghi-
gliottina, consiste nel recidere i capelli
e tagliare il colletto della camicia al pa-
ziente affinchè la mannaia recida meglio.
Costume e locuzione francese. L'antica
umanità italica, più forte che le disqui-
sizioni dottrinali, ha abolita la pena di
morte legale fra noi.
Toilette lingerie: voce effimera della
moda. V. Linge.
Tolcay: Tokay, villaggio dell'alta Un-
gheria, da cui proviene il famoso vino di
questo nome.
L'unico al mondo imperiai Tokay
Alfieri.
Tol
— 489
Tor
l'ungarese
bottiglia, a cui di verdi ellere Bromio
concedette corona, e disse: Or siedi
de la mensa regina.
Parini, Il Mattino, 81.
Tole: voce fr., anticamente taule^ dal
latino tabula quindi lamiera^ ferro ri-
dotto in lamine. Il dialetto milanese ha
la voce tolla.^ derivata dal francese tole e
vale banda., latta (onde la locuzione faccia
de lolla = (siGcìa di lamiera, viso di bronzo,
faccia da schiaffi, impudente). Alcuni rozzi
scrittori di meccanica, trovando in fran-
cese Iole e ricordando il lolla milanese,
ingannati dal suono, credono di ben tra-
durre per lolla., invece di lamiera. In
francese quello che si dice in milanese
lolla (latta) è fer blanc.
lolla: voce milanese, V. Toh.
Tolstoismo : nome dato ad una tendenza
filosofica, propugnata con gli scritti e con
l'esempio dal romanziere russo Leone
Tolstoi. Difficile a definire: misticismo
cristiano, idealità socialista, rinunzia, ria-
zione alle nuove forme di individualismo
e di tirannide moderna, ne sono le basi.
Tornate : la voce è di origine spagnuola
tornata., e a sua volta gli spagnuoli la
debbono aver tolta dall'indiano essendo
questo noto frutto originario del Perù o
del Messico, terre primamente (sec. XYI)
occupate dagli Spagnuoli. I francesi oltre
che tornate dicono anche ^omme d'amour:
in italiano pomidoro. Ma nella Lombardia
e nell'alta Emilia è più in uso e volgare
la voce tornate. Non esce dal dialetto.
Tombino: in romagnolo vale ponticello
di piccolo arco. Tombin in milanese vale
chiavica. Tombon., basso archivolto in cui
sprofonda un canaio che immette in un
altro. Quello di S. Marco è tristamente
celebre pe' suicidi. Molti luoghi fra Marca
e Romagna hanno il comune nome di
tomba (luogo elevato).
Tommy: vuol dire semplicemente Tom-
maso ; ma noi ceto mondano paro talora pre-
feribile il nome ingl. V. Snob e V. Marie.
Tommy Aktins : nomignolo familiare del
soldato inglese.
Tonnè (vitello): Non è parola francese.
V. Thonné.
Tonneau {à)\ occorre nel linguaggio
dello s'port questa voce francese per in-
dicare gli automobili che, oltre ai due
posti dinanzi, hanno anche posti poste-
riori chiusi (quasi a botte) per altri pas-
seggeri.
Tontina: voce oramai fuor dell'uso,
giacche si dice assicurazione su la vita.
Tale nota forma di contratto prende nome
da Lorenzo Tonti, napoletano, che ne fu
trovatore e lo propose al Mazzarino (1653):
onde ebbe nome francese, tontine., tra-
dotto in tontina.
Tonto : intontito^ instupidito. Voce ro-
manesca.
Tony : in inglese vale semplicione. Ora
in molti circhi equestri il pagliaccio, che
fa lo stupido di mestiere, è chiamato Toìiy :
così è che questa parola è usata talvolta
popolarmente, in ispeciali locuzioni.
Topica: usano questa parola familiar-
mente a Milano per sbaglio., granchio.,
sbadataggine., ciò che i francesi dicono
bevue., gaffe. Topica è la nota voce dotta,
sformata a tale senso dal popolo : una delle
parole pedantesche dei Don Ferranti del
Seicento.
Toponomàstica: lett. dal greco, nome
dei luoghi: studio, cioè, sull'origine dei
nomi dei luoghi. Sinonimo, onomatolagia,
scienza recente. Cultori presso di noi, il
Flechia, l'Ascoli ed altri.
Top weight: Y. Light weight.
Toque : voce, pare, di origine celtica,
toc, già da antico passato in italiano in
tocco., e valse ad indicare il beretto pic-
cino e senza orlo de' giudici e de' let-
tori : uso e parola quasi in disuso. Ma si
dice oggi toque., in francese, per indicare
una forma di grazioso cappello muliebre,
tondo, piatto con lieve ala rivoltata.
Toracèntesi : termine medico, dal greco
idÓQa§ = petto e uevrelv = forare : atto
operatorio che consiste nel forare la pa-
rete toracica con un trequarti per estrarre
il liquido prodottosi nella pleura o nel
pericardio.
Toracotomìa : termine medico ; dal greco
dóga^ = potto e tofu) rr: taglio : opera-
zione chirurgica che consiste nell'apertura
del torace.
Torbido: per tumulto., soinmossa^ tur^
bamento., agitaxione politica^ prodromi
Tor
— 490 —
Tor
di una rivolta^ è voce ripresa dai puristi
come gallicismo (troubles).
Torchère : fr. da torche^ in italiano tor-
cia^ candelabro.
Torchietto di Tanlongo: locuzione effi-
mera popolare, vale macchina per batter
moneta falsa: dicesi lepidamente ed iro-
nicamente. La locuzione trae origine dalla
emissione di una serie duplicata di bi-
glietti da mille dalla liquidata Banca ro-
mana^ di cui era direttore certo proposto
a senatore, Bernardo Tanlongo : uno dei
tanti episodi sudici della gran vita eco-
nomico-politica d'Italia. L'oblio e il riso
italiano vi passano sopra.
Torchon: fr., strofinaccio^ canevaccio;
ma ricorre la voce francese per indicare
una specie di tessuto a grossa trama.
Toreador o Torero : voce spagnuola, ac-
colta nel diz. francese : termine generico
per indicare colui che prende parte alle
cacce del toro nei circhi {Corrida). To-
reador.^ da torear = combattere il toro.
Vocabolo popolare per effetto della Carmen
del Bizet.
Torista: la versione più accolta nell'uso
del francese touriste., è turista. V. questa
parola.
Tornichetto: V. Tourniquet.
Tormenta: tempesta di neve., e per lo
più si dice delle Alpi : dal fr. tourmente
(da tormentare o da un possibile turbi-
mentum della bassa latinità?). Cfr. turbo.,
turbine.
Tornados: Y. Ciclone.
Tornate a riveder li vostri liti: verso
della mirabile allegoria con cui comincia
il secondo canto del Paradiso dantesco :
vale la metafora popolare, tornate a casa.,
tornate indietro, detta con senso ironico
di chi si accinge o presume ad alta im-
presa con impari coscienza e conoscenza.
Tornatura: nome di antica misura a-
graria di superficie usata in Eomagna,
come la pertica in Lombardia, la biolca
nell'alta Emilia e in parte delle terre lom-
barde confinanti col Po. Le antiche mi-
sure italiche furono sostituite da quelle a
sistema metrico decimale per legge del
27 ottobre 1803, anno secondo della Ee-
publica italiana. Un quadrato di 100 metri
di lato costituiva la nuova tornatura., pari
dunque all'ettaro. Se non che nell'uso
prevalse e prevale la misura delle toma-
ture vecchie., varie alla lor volta da città
a città. Eagguagliate all'ettaro, variavano
da 0,2080 (Bologna) a 0,3417 (Eavenna),
cioè fra il terzo e il quarto dell'ettaro.
La tornatura si divideva in tavole.
Torniamo all'antico: sentenza di G. Ver-
di, non tanto in opposizione all'arte nuova
0 musica dell'avvenire, quanto in difesa
della severità degli studi. Questa frase,
che con largo riferimento all'arte in ge-
nere, godette di una certa notorietà, leg-
gesi nella forma tornate all'antico in una
lettera a T. Florimo, bibliotecario del
E. Collegio di musica a Napoli, con data
5 gennaio 1871.
Torototella: nome di menestrello lombar-
do (Bergamo, Brescia), un tempo frequente,
il quale suole fare allusione agli uditori
con rime improvvisate e stroppiate, e termi-
nanti col ritornello tor ototela torototà.
Torpedinare: si usa nel senso di col-
pire con torpedine: è verbo notato dal
Guglielmotti {op. cit.,) nel senso di metter
l'opera in lavori attinenti a torpedini
(fr. torpiller).
Torpèdine: terribile e gran proiettile,
caricato con materia esplodente, di lancio
subacqueo, da nave a nave. Manovra au-
dace e difficile 1 Dal nome del noto pesce
elettrico. Torpedine (lat. torpedo., pesce
che col contatto fa intorpidire, torpóre., le
membra). Questa macchina subdola e or-
renda — frutto del genio della età nostra
— fece le sue grandi assise nella guerra
russo-giapponese (1904). Torpedini dor-
mienti sono dette le mine subacquee.
Torpediniera: piccola nave da guerra,
a vapore, velocissima, assegnata a lan-
ciare torpedini contro le navi nemiche.
Torpediniera d'alto mare., atta a tenere
il mare per pili lungo tempo in modo
autonomo, cioè nave di rifornimento e
proporzioni maggiori, laddove la torpedi-
niera è di servizio costiero. Ariete-torpe-
diniera., specie di incrociatore, velocissimo,
munito di sprone e tubi di lancio.
Torquemada: nome del Grande Inqui-
sitore spagnuolo, divenuto antonomastico,
per martoriatore, persecutore., inquisitore
crudele e fanatico. V. Santo Ufficio.
Toi-
— 491
Tou
Torrenziale: come attributo di pioggia,
spiace ai puristi (fr. torrentiel)^ lo san-
cisce l'uso, e d'altronde lo locuzioni a
catinelle^ a orei^ a bigonci^ come Dio la
vianda^ a bocca di barile etc, scossone^
rovescio^ non vi corrispondono bene.
Torsade: fr., termine moderno di pet-
tinatura muliebre : specie di treccia lenta
fatta con due filze di capelli : intesi dire
anche tortillon. In tale senso cotesta pa-
rola è nota fra noi (propr. vale passa-
mano).
Tortello: Y. Cappelletti.
Tory: nome dato ai componenti di uno
dei due grandi partiti storici inglesi, Torys.^
conservatori, e Whigs., liberali. Il nome
che suonava dileggio, press' a poco come
la già usata parola malva., come forca-
iuolo, ovvero come brigante che in Ro-
magna si disse talora dei monarchici, fu
dato da prima ai partigiani del re d' In-
ghilterra, Carlo n Stuardo (1630-1685) fi-
glio del decapitato re Carlo I. In seguito,
come avviene in simili casi, la parola tory
perdette il senso spregiativo e gli stessi
sostenitori dei diritti della corona e del
clero se ne fregiarono.
Sir John Bull propagatore
delle macchine a vapore
manda i tory a rotoli.
(Giusti, Dies Trae).
Tosa: voce milanese che non esce dal
vernacolo, benché non manchino esempi
letterari, vale ragazxa, bimba (al plurale
nel dialetto, tosami, tosanett). «Intender
vollono alla melanese, che fosse meglio un
buon porco che una bella tosa », Boccac-
cio. Il Manzoni usò tosa una sol volta nella
prima edizione dei Promessi Sposi « po-
vera tosa », capitolo III. Tosa è voce del
basso latino, sorta sotto il dominio longo-
bardo, ma la ragione storica è controversa.
Da tonsa = tosata, secondo costume ser-
vile, imposto dai chiomati dominatori alle
donne italiche? da intonsa^ dotto delle don-
zelle pe' capelli lunghi rispetto alle ma-
ritato che portavano cuffia?
Tossina : voce del linguaggio della scien-
za medica: veleno solubile (cfr. tossico).,
secreto dai bacteri, sia nell'organismo sia
nelle colture artificiali. La nuova scienza
medica attribuisce alle tossine la più parte
dei sintomi delle malattie che hanno ori-
gine dai microbi.
Totalizzatore: dalfr. totalisateur, banco
delle scommesse alle corse, in cui il totale
delle somme scommesse è diviso in modo
proporzionale al numero delle puntate.
V. Pari mutue l.
Tòtano: è il nome toscano e registrato
del lo Ugo vulgaris, squisito mollusco di
mare, del gruppo dei cefalopòdi (cioè
aventi il capo coronato da tentacoli o
piedi), il quale sul litorale Adriatico è piij
noto col nome di calamaio o calamaretto.,
dal nero che secerne. Senonchè questo
è più piccino, ma più polputo e saporito
di quello. Ben lo sanno i buongustai, pei
quali un piatto di calam aretti fritti è di
gi'an pregio.
Totis viribus: lat,, con tutte le forze.
Toujours perdrix: letteralmente sempre
pernici, cioè sempre pernici stancano!
E pur la pernice è squisitissima caccia-
gione! Avvertasi, fra parentesi, che pe'
francesi è più esatto scrivere toujours des
perdrix. Toujours perdrix sarebbe un
italianismo da riprendersi, tenendo essi
molto alla proprietà della loro favella.
Questo fine motto francese ha paternità
incerta come avviene di molte arguzie.
Secondo alcuni si riferirebbe ad Enrico IV,
secondo altri a Luigi XIV : lo intesi anche
riferire a re Bomba, Ferdinando II. Co-
munque sia, il confessore rimproverava
al re le troppo frequenti divagazioni dal
talamo coniugale. Tacque il re, e il di
seguente cominciò ad imbandire al con-
fessore pernici, e il dì dopo pernici, e il
terzo giorno pernici, e così di seguito.
Disse il confessore: « Ma insomma? Tou-
jours des perdrix? » E il re : « Toujours
reine? ». Meno fine, ma di esatta rispon-
denza al motto francese è il nostro, di
origine schiettamente popolare: Il pan di
casa stufa!
Toujours trop tard: Y . Nous arrivons
toujours trop tard.
Toupet: è in fr. il nostro ciuffo. Si dice
figuratamente avere il toupet., por diro
aver l'ardirò, la sfrontatezza, la faccia tosta
di fare qualcosa. L'origino storica dolla lo-
cuzione, siccome spiega il Littró, non ci
Tou
492
Tou
farebbe molto onore: Avoir du toupet s'est
dit parce que les Bravi italiens laissaient
croUre un toupet qu'ils portaient sous
leur chapeau^ le ramenant sur leur vi-
sage^ le coup fait^ pour n'étre point re-
connus. E il Manzoni [P. S.^ Gap. Ili]:
« il ciuffo era quasi una parte dell'arma-
tura e un distintivo dei bravacci e degli
scapestrati, i quali poi da ciò vennero
chiamati ciuffi ».
Tour de cou : voce francese della moda,
collana.
Tour de force: letteralmente giro di
forxa^ sfor%o e dicesi o per celia o sul
serio di azione compiuta con abilità e pre-
stezza, fuori del consueto. E fra le locu-
zioni francesi più comuni presso di noi.
Touriste: V. Turista.
Tournée: è parola francese usitatissima
anche da noi per indicare quel giro che
0 gli attori in voga o i sonatori di grido
0 le compagnie drammatiche fanno all'e-
stero 0 per varie città. Anche in questo
caso la parola francese indica eccellenza.
La Duse, il Mascagni faranno una tournée.^
non mai un giro. Di una compagnia di
poveri guitti non si dirà una tournee.
Tournedos : voce della culinaria fran-
cese ed indica un piatto di filetti di bue;
essa è tradotta in italiano con la consueta
libertà con cui si rendono simili parole.
Tourniquet: fr., arganello.^ arnese fatto
di una croce di legno, girevole, posta o-
rizzontalmente su di un suggesto per far
passar le persone una ad una: costruito
con arte, serve a contare e far entrare la
gente ad uno ad uno nei luoghi publici a
pagamento : contatore. Tourniquets si di-
cono anche quelle strade a giravolta o a
nastro o a zig-zag clie servono a vincere
le fortissime pendenze in montagna. Le
parole italiane, usate o proposte, sono sca-
lone a serpe^ serpentina e anche torni-
chetto. Nell'Appennino tosco-romagnolo,
girata (zireda).
Toussaint: la gente di molto raffinata
mondanità invece del comune Ognisanti
(la festa istituita sino dal 731 da papa
Gregorio III in onore di tutti i santi) dice
talora la Toussaint^ alla francese.
Tous les genres sont bons, hors le genre
ennuyeux: acuta e arguta sentenza del
Voltaire a proposito di arte drammatica
e di commedie, e che si ripete oggi per
ogni forma dell'arte. Leggesi nella pre-
fazione de L'Enfant prodigue, commedia.
Tout à l'egout: {tutto alla fogna)^ lo-
cuzione francese usata per indicare le fo-
gnature a circolazione continua : a sistema
romano.
Tout-court : l'italiano ha senz'altro^ alle
corte^ alle spicce^ per farla corta^ etc.
Ma per molti è più sottomano e pare più
efficace il modo francese.
Tout de méme : locuzione comune ,
specialmente nelle terre subalpine, per
indicare una muta od un abito tutto di
una stoffa : non è, che io sappia, in fran-
cese. In fr. si dice hahillement compiei
0 neologicamente, compiei. Altro caso di
parole francesi coniate in Italia come no-
tes., Voltaire., vino brulé, etc. quasi che
quelle veramente francesi non bastassero.
Tout de suite: fr. subito.
Tout ou rien: al tout de suite appaio
quest'altro modo francese, o tutto o nulla.
Ma no! detto in francese è più efficaca:
ecco un esempio: «Per conto mio sono
un avversario irreconciliabile dell'oppor-
tunismo, ma non sono neppure un parti-
giano del Tout ou rien » . Chi scrive così
è un regio professore !
Toute la lyre: tutta la lira: titolo di
una raccolta postuma di liriche di Vittore
Hugo : locuzione accolta dal giornalismo
francese per indicare tutto ^ con entusiasmo.,
in amplissimo senso e spesso ironicamente.
Locuzione usata anche presso di noi.
Tout finit par des ohansons: verso del
Beaumarchais, {Mar iage de Figaro). Cfr.
il motto La France est un gouvernement
absolu, tempere par des chansons. [Gham-
fort^ Caractères et anecdotes. Opere scelte).
Tout le monde: modo iperbolico, come
è natura della lingua francese, invece di
tutti.
Tout Paris: voce del gergo francese:
la gente elegante, la gente nota o note-
vole, che non suole mancare nelle riu-
nioni intellettuali o mondane.
Tout passe, tout casse, tout lasse:
tutto passa., tutto si infrange^ tutto viene
a noia^ motto francese di un certo con-
sumo fra noi nella filosofìa spicciola e
Tou
493
Tra
facile della gente mondana. Come ag-
giunta lepida e scettica si aggiunge et tout
se remplace. Deve essere motto recente,
se non come origine, come diffusione.
Tout prix (à): locuzione francese abu-
siva, ad ogìii costo.
Tout seigneur tout honneur (à) : oppure
à tous seigneurs tous honneurs: motto
francese, usato per onorare altrui : a cia-
scuno secondo il suo grado.
Town: ingl., città.
Trabàocolo: piccolo bastimento dell'A-
driatico, con due alberi con vele così dette
al quarto., e fiocco.
Tra color ohe son sospesi : (Inf. n, 52):
cioè nel Limbo ; così dice Yergilio a
Dante : io era tra color., etc. L'emistichio
spesso si ripete in senso faceto per indi-
care coloro che sono incerti tra la sal-
vezza e la condanna, tra l'approvazione
ed il biasimo.
Tractant fabrilia fabri : (Orazio, Ep. II,
1, 116) i fabbri fanno opere da fabbro:
caso particolare che deve essere inteso
genericamente, cioè ognuno fa l'arte pro-
pria, nobile od umile che essa sia, e la
vera nobiltà sta nel modo con cui l'arte
è trattata.
Trade Union : letteralmente società o-
peraia^ ed è il nome di potenti associa-
zioni inglesi, formate da operai, provetti
(skilleds) in qualche arte o mestiere, con
l'intento di proteggere e promuovere i
comuni loro interessi : mutua associa-
zione, previdenza, cooperazione, contratto
collettivo, azione politica allo scopo di
promuovere una legislazione sul lavoro,
etc. Codeste società inglesi di cui sono
note le formidabili lotte di resistenza con-
tro il capitale, ebbero in origine forma ri-
voluzionaria di lotta di classe, indi si
svolsero con tendenze evoluzioniste e di
adattamento. Nei giornali e nel gergo degli
economisti si trova anche la parola tra-
dunionista.
Tradire: si dice che la parola tradisce
il pensiero quando l'espressione non cor-
rispondendo all'idea, induce altri a giu-
dizio che non vorremmo : spesso si dice
quando dalla foga del discorso siamo tratti
ad espressione troppo colorita e violenta;
spesso è locuzione comoda per non ritrat-
tarci della voce dal sen fuggita. Tradire
usato semplicemente per mostrare.^ es. la
veste tradisce le forme si riprende come
gallicismo.
Tradunionista: difforme parola del gergo
politico. Y. Trade Union.
Trafila: o anche filiera (fr. filière) pia-
stra di acciaio temprato, fornita di fori
di diametro determinato e disposti ordina-
tamente. Facendovi passare dei fili metal-
lici meno duri, si riducono a cilindri di
quel diametro che si vuole. Metaforica-
mente trafila si dice dei mezzi, special-
mente burocratici, persone, uffici etc. per
cui conviene passare per raggiungere un
dato fine.
Trafiletto: V. Entrefilet.
Tragediabile : detto di soggetto che può
essere buon argomento da scriverci una
tragedia, è voce creata dall'Alfieri : notata
già dal Tommaseo nel suo dizionario.
Tra il lusco e il brusco: locuzione
toscana che vale tra il fosco ed il chia/ro.
Il romagnolo dice lo stesso: tra e losch
e brosch. Cotesto brusco può considerarsi
come una coiTuzione della voce toscana
bruxxo. Y. questa voce.
Trahit sua quemque voluptas : ciascuno
è tratto dalla sua passione. Yergilio,
Egloga^ II, 65.
Train: voce ti., =: traino, treno (dal
latino trehere = trascinare), indi, figura-
tamente, maniera di vivere, lusso di Or-
biti, masserizie, servi, corteggio e simili.
Ora questa estensione di senso è anche in
italiano, e perciò parrebbe inutile dirla in
francese. Es. «S'è messo in gran treno,
Bisogna vedere con che treno stanno in
casa. Tu hai tanto treno, moglie, came-
riere, servitore» che son tutti esempi clas-
sici, e forse per ciò sono poco seguiti ! Il
Fanfani registra fra i modi non buoni la
frase : « Essere in trono di . . . » rispon-
dente aìVétre en train de. . . etc, in luogo
di « essere in vena, stare per fare, etc. »:
ma cotosta locuzione non mi paro molto
dell'uso.
Traine: (fem. la) voce francese, talora
usata dalle sarto por strasoioo, coda. Y.
Manteau.
Trainer : voce inglese, talora usata nello
sport, vale allenatore, cioè quel capo di
Tra
494
Tra
scuderia che ha T ufficio di preparare con
opportuni esercizi il cavallo per le corse.
Prevale, però, la parola allenatore. Nelle
corse ciclistiche allenatore è il ciclista o il
motociclista che precede il corridore fen-
dendo l'aria, ed incitando al corso. La
voce inglese talvolta si alterna con la
francese corrispondente, e?itraineur. V.
questa parola.
Traìneur de sabre: locuzione di gergo
francese per designare con caustico di-
sprezzo la oltracotanza militaresca: tra-
scinatore di sciabola. La locuzione è di
Armando Carrel. Y. Militarismo.
Trait d'union: V. Tratto d'unione.
Tram : nel gergo francese è abreviazione
di tramway^ e così da noi. Y. Tramway.
Tramagnino: nome dato ai figuranti co-
rifei, giocolieri negli spettacoli teatrali di
ballo. Tale parola proviene da un nome
proprio.
Tramviario: aggettivo da tramvia. Il
popolo dice ed i puristi confermano tran-
vai.^ e in questo caso l'aggettivo avrebbe
dovuto essere un tranvario o press' a poco.
Ma non si dice. Evidentemente i tecnici
0 chi per primo usò tramviario non era
un filologo ne un purista.
Tramviere: il conduttore e l'operaio
addetto ai servizi dei tranvai. Tramviere
come ferroviere sono neologismi nostri.
Tramway : « tranvai e non altrimenti
(cioè tranvia.^ tramvia o tramvai) secondo
che dice il popolo toscano, si dovrebbe
pronunziare e scrivere italianizzando la
voce inglese » così il Eigutini. 11 popolo,
infatti, anche fuor di Toscana, così dice,
cioè tranvai. Tuttavia molti ormai usano
la forma abbreviata tram^ che è del gergo
francese. Anche in Toscana intesi dire
tramine. La parola tram-road o dram-
road.^ ricorre in inglese sino dal 1794.
Questo tram non è abbreviazione di Ou-
tram., nome proprio, come in qualche li-
bro è detto : ma vale traino.^ veicolo; e
ivay zzz via.
Trancliant: voce francese, reciso^ spic-
cio^ brusco, che non ammette repliche.,
perentorio, etc. (dal lat. trans e scindere).
Yoce talora usata abusivamente.
Tranoia: dal fr. tranche (latino tran-
scindere = tagliare) : macchina utensile
formata da un coltello acconciamente fis-
sato, il quale taglia, porta via le bave,
etc. Trancia è altresì la macchina che
festona, profila, trafora : se però il foro è
rotondo, dicono punzonatrice. \ Trancia
per fetta è voce assai volgare usata in
Milano, es. una trancia di panettone, di
giambone {\). Ma una persona a modo non
userà certo tale goffo francesismo. Yoce
dei camerieri.
Trani: a Milano chiamano Tr ani i?^nìo
il vino della Puglia (fosse almeno genuino
vino pugliese!) quanto il negozio dove si
spaccia, sui quali è comune la scritta
Trani e Barletta.
Tranquillizzare: per tranquillare, star
tranquillo è gallicismo ripreso {tranquil-
liser) che sarebbe vano riprendere. È re-
gistrato dal Manuzzi, dal Tommaseo. Ha
esempi del Parini e del Manzoni.
Trans: prefisso che vale attraverso,
moto per: lat. trans. Es. ferrovia tran-
siberiana, cioè che attraversa la Siberia.
Transatlantico: agg. fatto sost., per
indicare specialmente i grandi piroscafi
che fanno il servizio attraverso l'Atlan-
tico, tra Europa ed America.
Transeat: S'^pers. cong. pres. del verbo
latino transire =: passare : dicesi familiar-
mente con forza concessiva, sia pure.
Transenna: voce usata nel linguaggio
architettonico per indicare una divisione,
0 parete divisoria: lat. transenna = grata,
rastello, dal verbo transire = passare, sia
perchè la vista passa attraverso, sia perchè
le aste si intrecciano passando {se trans-
eant mutuo).
Trànsfuga : lat. transfuga, disertore che
passa al nemico, fedifrago, traditore.
Trànsito e transitare: -pev passaggio e
passare, sono due neologismi usati spe-
cialmente nel linguaggio delle ferrovie
e provenutici dal francese transit e tran-
siter = pass er eìi transit (lat. transitus).
Stazione di transito è detta quella sta-
zione in cui, essendovi altre diramazioni
0 linee, è necessario per ragioni di ser-
vizio il passaggio d'uno in altro treno
delle merci e dei viaggiatori.
Transustanziazione: termine della teo-
logia cattolica : lat. transubstantiatio : il
cangiamento degli elementi nel Sacra-
Tra
495 —
Tra
mento dell' Eucaristia, per l' atto della
consacrazione, nel reale corpo e sangue
di Cristo.
Tran-tran : andaxxo ; es. il solito tran-
tran^ voce, panni, popolare e familiare.
Nel gergo francese, train-train. Alter son
train-train^ son petit train-train. Voce
onomatopeica.
Tranvai : V. Tramivay.
Trapanazione: term. med., operazione
che consiste nel fare un orifizio in un
osso, mercè trapano o altro strumento.
Trappa : severissimo ordine religioso il
cui capo luogo era alla Trappa {Trappe)
presso Moi-tagne (Normandia). Nome pro-
prio divenuto denominazione generale.
Questo Trappe^ francese, nulla ha che
vedere con trappe ^z trappola. Trappe nel
dialetto del Perche dove è Mortagne, vor-
rebbe dire scaglione.
Trappista: monaco dell'ordine della
Trappa. Si dice trappista come si dice
frate^ cioè di persona misantropa, che
fugge i rumori, i piaceri e la vanità del
mondo.
Trasalire: è verbo ripreso dai puristi
come gallicismo {tressallir). Vero è che
è più agevole riprenderlo che evitarlo.
Trasferta: neol. del linguaggio degli
uffici : indica il compenso pecuniario dato
ad ufficiali publici od agenti che per ra-
gione di servizio si recano fuori della
loro sede. « Vociaccia burocratica » la
dice il Rigutini. « Viatico, gita, accesso »
suggerisce il Fanfani, ma non sono dell'uso.
Trasformatore : (elettrotecnica) appa-
recchio nel quale si realizza una doppia
trasformazione di potenza elettrica a po-
tenza elettrica. Questi apparecchi hanno
acquistato oggidì una grande importanza
nella distribuzione dell'energia elettrica.
Il rocchetto di Rumkorff è il più antico
trasformatoro.
Trasformismo: oltre che la teoria bio-
logica del trasformarsi di una forma della
vita in altra forma (press' a poco come
evoluzione o selezione naturale).! dicesi
da noi trasformismo per indicare quella
politica che fu con special cura addot-
tata dal ministro Deprotis (1883-1887),
la quale tendeva a trasformare e fondere
i vari partiti, specialmente nella Camera:
una tinta sporca fatta di colori non belli,
né schietti, né chiari. Come tutto ciò che
è ambiguo, duttile, adattabile, sofistico,
spiacque tale politica ai migliori nostri:
« Quale egli (Alberto Mario) entrò fiorente
di forza . . . nella primavera sacra del 1848,
tale egli esce da questa ombra bizantina
di trasformismo ». G. Carducci. Vale., in
Confessioni e Battaglie.
Trasformista: il giocoliere che si tra-
sforma, col trucco, nel volto e nell'aspetto
di personaggi noti.
Trasloco e traslocare: per trasferi-
mento., trasferire sono parole dell'uso bu-
rocratico; invano riprese dai puristi.
Trasporto: per movimento dell'animo
trasportato dalla passione, è ritenuto dai
puristi, francesismo. Ma se anche tale, è
uno di quei tanti casi di traslato felice
che il condannare è più facile che l'evitare.
Tràstola: voce napoletana; vale trap-
pola, inganno.
Tratta: la cambiale comprende tanto
il pagherò come la tratta: il pagherò o
pagheremo è l'obbligazione di pagare da
parte di chi sottoscrive la cambiale, la
tratta è un ordine dato ad un terzo (il
quale accetta e verso il quale vi è cre-
dito) di pagare un'altra persona. Remit-
tente 0 beneficiario è colui a cui van-
taggio è fatta la tratta. Traente colui che
dà l'ordine della tratta. | Tratta: specie
di pesca usata sul litorale arenoso del-
l'Adriatico nostro, e consiste nel prendere
con lunghissima rete un largo spazio di
mare presso la riva: la qual rete, tratta
dai due lati alla riva a furia di braccia,
restringendosi e raschiando la rena, rac-
coglie tutto il pesce comproso in quello
specchio di acque. Poca pesca e grande
uccisione! Il Folengo ne ha una vivace
descrizione nel suo Baldo. | Tratta: nel
linguaggio ferroviario vale distanza tra
due punti fissi.
Trattativa: neologismo dei più comuni,
invece di negoziato^ pratica^ etc. E ri-
proso da puristi « come una di quelle
borraccine che si apprendono all'albore
della lingua e lo isteriliscono » (Rigutini).
Tratto d'unione: (fr. trait d'union), li-
neetta 0 stanghetta., è sogno ortografico
por unire duo parole lo quali esprimono
Tra
496
Tre
un concetto unico, ma non si sono in-
sieme fuse. Es. Monarchia Austro-Un-
garica. YiguTdiidimBntQtrait d'union «vale
legame, vincolo, anello di congiunzione »,
ed è di frequentissimo uso. « Uso scon-
ciamente gallico » lo dice il Eigutini. Di
solito si dice alla francese.
Tratture: nome dato alle vie naturali
che nel tavoliere delle Puglie si forma-
rono dal passaggio dei grandi armenti che
discendevano per pascolo dagli Abruzzi.
Ampie estensioni di proprietà demaniale :
nome e cosa assai antica.
Trauma: voce schiettamente greca (r^a-
viua = ferita) che i medici usano per si-
gnificare le lesioni prodotte all'organismo
da cause esterne sia contandenti, o ta-
glienti, 0 laceranti. Derivato : traumatico,
traumatismo.
Traumatismo: astratto di trauma; stato
generale, particolare per l'effetto di vio-
lenze esterne sul nostro organismo.
Travaso (delle idee) : per passaggio (in-
flusso) dei pensieri da una in altra mente
si dice talora per celia ; e il vocabolo tra-
vaso, che è proprio de' liquidi, acquistò
tale nuovo e ridicolo senso da un povero
onesto uomo, morto da poco in Eoma, il
quale aveva alcun splendore geniale fra
molte stranezze e pazzie, Tito Livio Cian-
chettini. Costui componeva, stampava e
vendeva un suo giornaletto intitolato II
Travaso d'idee. D primo numero vide la
luce in Pavia il 16 agosto 1869.
Trave armata: nell'arte muraria così è
detta una trave di legno o di metallo che
ha un tirante di ferro sotteso da un con-
trafìsso, destinati ad aumentarne la resi-
stenza. Si usa segnatamente nelle impal-
cature da solaio.
Traversina: appoggio diretto, trasver-
sale delle rotaie : può essere tanto di legno
come di ghisa.
Traversino : nel giuoco del bigliardo
vale tirare il raddoppio delle mattonelle
lunghe (far percorrere alla palla due volte
il bigliardo).
Travet: Y. Travetto.
Travetto: per impiegatuccio è parola
che ebbe gran voga e dura tuttora (dal
titolo della notissima commedia di Vittorio
Bersezio, piemontese, Le Tniserie d^ Monsil
Travet). Oggidì non le condizioni econo-
miche, ma le condizioni morali di dipen-
denza sono di molto mutate da quelle che
il Bersezio descrisse : vero è che la sele-
zione dei meno degni e capaci ai gradi
di comando, la quale non è rara presso
di noi, rende l'ubbidire sempre cosa gra-
vosa.
Travicello (re): V. Re Travicello.
Traversa : voce dialettale veneta, e del
contado romagnuolo, il grembiule. V. Zin-
nale.
Trazione: neoL, dal francese traction
(lat. tractio, da trahere ■=. trarre), azione
di una forza che trae un corpo mobile,
carro, veicolo : onde traxione animale
con la forza de' cavalli, buoi, etc. ; tra-
zione a vapore, con la macchina a va-
pore {doppia trazione a due macchine);
trazione elettrica, per mezzo della elet-
tricità (generatori fìssi ovvero mobili) u-
sata pei tran vai e per le ferrovie.
Tre alberi: (fr. trois màts)^ detto per
brevità di nave a tre alberi, escluso il
bompresso.
Trebbiano : ottima specie di vitigno che
dà un vino bianco, di colore paglierino
tendente all'opale. Il trebbiano concorre
in gran quantità a formare il famoso vino
bianco romano, detto delti Castelli.
Tréggia : da traho = traggo ; in Toscana
così chiamasi una specie di slitta o tronco
biforcato senza ruote, tratta solitamente
da' buoi, ed usata in montagna per tra-
sportare paglia, fìeno, derrate. Yoce an-
tica e classica.
Tregua di Dio: voce storica con cui la
Chiesa, per temprare la barbarie medioe-
vale, stabiliva alcuni determinati tempi
in cui le contese tra signore e signore,
feudo e feudo erano vietate in nome di
Dio. La locuzione è usata oggidì per in-
dicare sospensione di inimicizie, di lotte
politiche, ma si dice con speciale signi-
ficato.
Trema : i maestri di francese spesso così
dicono invece di dieresi: trema.^ fr., dal
greco XQfjfia = buco, punto. (Due punti
su di una vocale, indicanti suono diviso
dalla vocale vicina; es. naif).
Trembleur: fr., che trema, nome dato
dai tecnici alV interriùttore automatico nel
Tro
497 —
Tri
rocchetto di Rumkorff (così detto del con-
tinuo martellare).
Trèmolo: voce volgare veneta e del li-
torale romagnolo per indicare la torpedine^
torpedo marmorata (specie di pesce).
frenato : per allenato è brutto france-
sismo, entrarne: non mi pare molto fre-
quente.
Treno di piacere : treno speciale a prezzo
ridotto per determinato luogo, a scopo di
gite 0 di festeggiamenti. È detto treno di
piacere come Incus , dicesi a noti lu-
cendo, cioè per la mancanza di piacere,
se pure per piacere non si intende quello
di essere pigiati come acciughe in barile.
Vero è che l'enfatica locuzione è tolta
dalla Francia: train de plaisir.
Trentatrè: V. Massone.
Tre puntini: massone o capo della setta
masso7iica^ così detto in tuono familiare
e di spregio dall'emblema q^q. Y. Massone.
Trequarti : nome di istrumento chirur-
gico, usato per far punture (toracentesi,
paracentesi e in generale per dare esito a
liquidi patologici). Componesi di uno stelo
metallico contenuto in un cannello dal quale
esce solo la punta triangolare a facce ta-
glienti : fatta la puntura, il cannello ri-
mane nella ferita perchè si compia lo scolo
del liquido. Fr. trocart o trois-quarts .
Tres faoiunt collegium: tre persone
formano un collegio. Questa è una mas-
sima giuridica che il Digesto {De verbor.
signif.., 30, 16) attribuisce a Nerazio Pri-
sco, console e giureconsulto romano, vis-
suto verso l'anno 100 dopo Cristo : vuol
dire che una società per essere giuridi-
camente costituita, deve essere almeno
di tro individui : si usa molto a proposito
per le compagnie di tre individui che
sembrano più complete e più geniali di
quelle più numerose, e più spesso per
significare la validità di un' assemblea
<|uando si è in tre.
Tre volte buono: vale nel linguaggio
lamiliaro imbecille., buono fino ad esser
vittima 0 ximbello altrui. Locuz. già
registrata (Tommaseo).
Trial: voce inglese dello sport equestre,
e vale prova., saggio.
Trias : (dal greco r^m^-dóo^, triade, il
numero tre)., nomo dato dai geologi al
primo periodo dell'era secondaria, perchè
originariamente era diviso in tre epoche.
Triasioo o triassico: aggettivo di trias,
termine dei geologi.
Tribadismo : (gr. tqì^co = sfrego), forma
di inversione dell' istinto sessuale nella
donna. V. Omosessualità in Appendice.
Tribù : in certo linguaggio familiare e
con senso di ingiuria al fiero vincolo di
interesse e di sangue, vale la tribii d'I-
sraele., cioè gii Ebrei.
Tribunale dell'Aia: cioè con altra de-
nominazione : Corte permanente di arbi-
trato internazionale dell'Aia. Tribunale
di arbitrio instituito dalla Conferenza In-
ternazionale della Pace, raccolta in Aia
dal 1& maggio al 29 luglio 1899 per ini-
ziativa dello Tzar Nicola II. Specie em-
brionale del Consiglio Anfizionico ellenico.
In che cosa non ci ha preceduto la sacra
Eliade ? NB. per la filosofia della storia : nel
1904 questo Tzar provocava contro il ci-
vile Giappone una delle più feroci ed or-
ride guerre che si ricordino.
Tricheco : ordine dei pinnipedi (piedi
muniti di pinne), classe dei mammiferi.
Specie di grande foca delle regioni boreali,
ma fornita di canini superiori sporgenti, e
di baffi.
Triciclo: velocipede a tre ruote, fr.
tricycle.
Tricolore : per bandiera nazionale è
parola tolta dal fr. tricolore. Fu il La-
fayette a proporre nel 1789 i tre colori
come emblemi di concordia tra il re (bianco)
e la città di Parigi (rosso e azzurro). Gli
Italiani, grati per la libertà che loro pro-
mettevano i francesi, vollero imitarne le
fogge nella loro prima organizzazione mi-
litare, e perchè vi fosso qualche distin-
zióne, sostituirono al colore turchino il
verde, sino a che nella seduta del 9 gen-
naio 1797 del Congresso Cispadano in
Reggio, il tricolore così modificato, fu uf-
ficialmente proclamato emblema di sovra-
nità e da quel giorno data l'istituzione
della nostra bandiera nazionale. 11 pittore
Mauro Gaudolfi no diede il ])rimo disegno
con questo spiegazioni : «La bandiera por
la legione italiana sarà di stofa di seta
omuorro (moir) di tro colori, oioè il verde
por base, bianco e rosso. L'altezza sarà
A. I'anzini, Supplemento ai Dixionari italiani.
82
Tri
498
Tro
di piedi 6 V2 misura di Bologna e larga 5 Vs-
Nella fascia rossa vi sarà scritto a caratteri
d'oro, PMA Legione italiana^ abbreviando
la parola prima per avere il giusto comparto
nella sopra segnata proporzione. Nella fa-
scia bianca che sarà più larga, vi sarà di-
pinto il fascio consolare di colore d'aciarro,
il bonet rosso, i rami di quercia e le lettere
in oro. Nella terza fascia le parole Coor-
te etc. in oro. L'asta dipinta a tre colori
terminata con una piccba d'acciarro e suo
fiocco a tre colori. Salute e rispetto».
Tricot: voce francese usata per indi-
care un tessuto a maglia imitante l'intrec-
cio fatto coi ferri per le calze.
Tric-trac: giuoco di dama e di dadi.
Il getto dei dadi permette le mosse (V.
GeÙi, op. eit.). È giuoco antico ; il nome
deve essere onomatopeico e parrebbe di
origine francese {trirtrae). Dicesi anche
tavola reale. Il trie-trae è ricordato dal
Machiavelli nella nota e famosa lettera
a Francesco Vettori : « con questi io mi
ingaglioffo per tutto di giuocando a cricca,
a trich-traeh».
Triest: il nome di qaesta città istriana
va perdendo la desinenza italica ed acqui-
stando suono e scrittura straniera. Triest
per Trieste non solo leggesi nelle scritte
tedesche, il che è spiegabile dato l' in-
tento di rivolgere a nazionalità tedesca
quella città ; ma ciò che è pili notevole,
le stesse ferrovie italiane portano, almeno
io la vidi, questa scritta : Venexia- Triest.
Molti commercianti italiani spediscono a
TriestlQÌtQYQ in tedesco, etc. Piccole cose,
le quali tuttavia hanno un certo signifi-
cato e valore.
Trifase: (sistema trifasico, cioè di tre
fasi), voce di elettrotecnica. « E il si-
stema di tre correnti alternate dello stesso
periodo e della stessa intensità massima,
ma spostate di un terzo di periodo l'una
rispetto all'altra, così che la seconda
corrente comincia a prodursi con un ri-
tardo di un terzo, e la terza con un ri-
tardo di due terzi di periodo rispetto alla
prima. La scelta della corrente alternata
in luogo della continua dipende sopratutto,
e specialmente nel caso del trasporto del-
l'energia a grandi distanze, dal fattore e-
conomico. L'energia elettrica è misurata
infatti da due grandezze : dalla quantità
di elettricità e dalla caduta di livello (po-
tenziale) , precisamente come l' energia
idraulica dipende dalla quantità di acqua
e dal salto da cui cade. Nelle correnti
continue non si può, per motivi costrut-
tivi ed economici, alzar troppo questo dis-
livello elettrico (qualche centinaio di
volta), e però per una data quantità di
energia, si dovrà aumentare la quantità
di elettricità, per il cui passaggio occor-
reranno fili di rame, grossi, pesanti e però
costosi; nel caso delle correnti alternate,
invece, si possono raggiungere dislivelli
elettrici enormi (migliaia di volta) e in
corrispondenza si può diminuire l'intensità
della corrente al cui passaggio bastano fili
sottili, leggeri e però assai meno costosi».
Prof. Sartori. (Una corrente si dice alter-
nata quando la sua intensità cresce da zero
ad. un massimo, per decrescere con legge
simmetrica di nuovo a zero, risorgendo poi
in direzione contraria, sempre con il me-
desimo andamento fino ad un massimo
uguale al precedente, per ridiscendere an-
cora a zero e riprendere la primitiva di-
rezione. Sifatto andamento si può rap-
presentare con una linea ondulata).
Trinciaforaggi: macchina agraria per
trinciare i foraggi. I diz. registrano trin-
ciapaglia.
Trionfo da tavola: fruttiera^ alzata.,
eleganti coppe di cristallo 0 di metallo a
più ripiani per dolci e confetti.
Trinlcalle: voce tedesca, mescita. Nel
gergo francese = buvette.
Tripoteur: voce del gergo francese:
agioteur véreux qui fait des tripotages à
la Bourse. \ Tripoteur : fr. , da tripoter =
far intrugli., guazzabugli, indi imbro-
gliare., intrigare.
Trittico: in pittura oggi vale, soggetto
svolto in tre scompartimenti. Dittico.,
trittico., polittrico., dicesi di pittura e di
scoltura a basso od alto rilievo che sia
in due, tre 0 più parti divisa.
Trocantere : termine di anatomia dato
a due tuberosità del femore, poste alla
sua estremità superiore.
Troglodita: propr., popolo delle caverne
{TQoyyÀoòvT7]s) ; dicesi estensivamente per
significare somma barbarie e rozzezza.
Tro
— 499 -
Tro
TroYka : (voce russa che vuol dire tre).
Non è nome di carrozza speciale russa,
ma vuole semplicemente indicare tiro a
tre (cavalli), come quivi è costume.
Trolley: voce ingl., universalmente ac-
colta {to troll = andar qua e là), per in-
dicare la rotella che comunemente fìssa
ad un'asta al sommo dei carrozzoni elet-
trici, striscia sui fili aerei, conduttori
della corrente. In Milano il popolo usa
ancora (forza conservativa dei dialetti 1) la
voce perteghetta zz: lancia, pennoncello.
Tromba faloppiana: ovvero ovidutto o
più comunemente salpinge (gr. tromba),
canale per cui esce l'uovo nell'utero. Dal
Falloppio, celebre anatomico nostro.
Trombato : neol. nostro molto volgare
e dicesi dei candidati politici che non rie-
scono ad essere eletti, i quali cioè a guisa
di note mal suonate, non escono fuori,
ma si rimangono nella tromba ; questa
almeno mi sembra la più probabile spie-
gazione. Evvi anche il superlativo trom-
batissimo. Dicesi anche rivianer nella
tromba.
Trombone: voce dialettale veneta, vale
vanaglorioso., millantatore o con voce non
buona ma usatissima, fanfarone.
Trombone: arma da fuoco, corta, con
canna di ferro o di bronzo, nella metà
superiore foggiata a campana o a tromba,
onde il nome. Serviva per difesa a tiro
corto nelle fortezze {spaxxacampagna).
Era l'arme delle bande carliste nella Spa-
gna e dei briganti nel Eeame di Napoli :
caricavasi a veccioni o dadi. Oggi arma
da museo.
Trombòsi: (0^ó//ySo^ = grumo, coagulo,
e il suffisso osi) term. med., indica la
formazione di un grumo nell'interno di
un vaso sanguigno, in essere vivente.
Trompe-I' oell: fr., inganna occhio;
nome dato a certe prospettive finte" di
sfondo, 0 a quadri che imitano coso di
natura morta.
Troppa grazia, Sant'Antonio!: fra i
santi dispensatori di grazie, uno dei più
generosi è S. Antonio da Padova, onde
si dice familiarmente troppa graxia.^ etc,
sia quando il benefìcio col suo eccesso
nuoce, sia quando non è richiesto, sia
quando è sospetto: sempre in senso lepido.
Troppo e il vano (ilj: locuz. dantesca
di stupenda precisione {Par. VI), usata
per indicare ciò che eccedendo o ador-
nando in eccesso, offende il vero ed il
buono, e perciò deve essere tolto.
Trotter, e Trotting : part. ingl. trottan-
do, il trotto. Questo nome è dato all'ippo-
dromo, 0 campo per le corse al trotto, e
si è fatto anche l'agg. trottistico., buono
da fare il paio con podistico.
T rotti n : jeime fille qui fait les réas-
sortiments dans les maisons de mode.,
couture. C'est le gavroche femelle des ate-
lier s des modistes. Voce del gergo fran-
cese. La piscinina milanese è termine
dialettale corrispondente. Non so quanto
a grazia, ma quanto al resto ed alla mo-
nelleria può stare alla paii. Vanta al suo
attivo uno sciopero vittorioso.
Trottoir: fr., rialzamento ad arte lungo
le vie per comodo de' pedoni, affìnchè non
vi montino o passino i veicoli. V. Mar-
ciapiede. Femme de trottoir., nel gergo
francese, prostituée qui racole., « che batte
la frusta», in milanese.
Trou-d'homme: voce fr., usata da' mec-
canici : bocca di accesso in una caldaia.
Meno usata è la locuzione passo d'uomo.
Troupe: voce fr., non ignota in certo lin-
guaggio per compagnia draìnmatica.
Troupier: termine familiare francese e
vale soldato; ma dicesi spesso con un
certo senso di spregio, come per indicare
persona che non vede più in là del suo
ufficio di soldato. È derivato da troupe.
Cfr. Scarpone., voce corrispondente del
nostro gergo della caserma.
Trousse: fr., astuccio.
Trovadorioo: agg. riferito all'arte de'
trovatori {trobadours ■= i nobili rimatori
provenzali dell'evo medio).
Trovar pane per i suoi denti: dicesi
quando alcun violento, audace, protervo,
etc. s'imbatte in chi sa stargli a fronte.
Trovarsi in un letto di rose : frase u-
sata nogativamouto ; attenuazione ironica,
vale trovarsi a disagio, in diffioite al-
ternativa 0 contrasto.
Trovata: cioè un ripiego con cui uno
si toglie abilmonte e argutamente d'impic-
cio; improvvisato, trovato lì per lì. Voce
frequente, specie nel linguaggio teatrale.
Tru
500
Tue
Truc: voce del gergo francese, mali%ia^
giuoco^ frode^ cioè ruse^ tromperie^ ma-
nière : avoir ou connaUré le true^ la ma-
nière. I Trucco (fr. true) era detto nel se-
colo XYIII uno speciale bigliardo senza
buche in cui per giocarvi con buona for-
tuna conveniva conoscere il segreto. Da
ciò forse il senso derivato ? | Usasi tanto
la voce true come la forma italiana trueco;
e nel linguaggio teatrale truccarsi = mu-
tarsi di volto, cangiare abito e fìsonomia.
Trucco vale altresì travestimento., modo
di fare., astuzia per non farsi cotioscere.,
e simili, senza mal senso. Trucco è pa-
rola romanza e vale bastone. Per l'eti-
mologia, V. Zaccaria, op. cit.
Truccarsi : camuffarsi., ma special-
mente intendendo dell'uso teatrale.
Truccatura: voce dei comici: l'arte di
adattare, trasformando, la fìsonomia e la
persona alla necessità della parte nel
dramma. Y. Truc.
Trucco: Y. Truc.
Truck System: letteralmente vuol dire
in inglese sistema della pertnuta., e si
intende l'uso di pagare i lavoranti, le
opere, non col denaro ma in natura.
Trutfaldìno : Arlecchino, e per celia,
familiarmente, vale imbroglioncello ., pic-
colo gaglioffo (da truffa). Ha esempio del
Menzini, Satire., 3.
Truffe: fr. per guemito., coperto., far-
cito di tartufi., è participio del verbo
truffer : non raro nel linguaggio culinario
0 parlando di vivande (si intende nel gergo
dei cuochi e degli albergatori, o nel gran
ceto mondano, a cui le parole specifiche
italiane sanno di plebeo).
Trust: voce inglese equivalente press' a
poco al tedesco Ring., Cartel., al fr. sy?i-
dicat., ed esprime neologicamente una
specie di coalizione o lega di quei potenti
che esercitano le grandi industrie allo
scopo di accaparrare e monopolizzare un
dato commercio o una data produzione,
specie delle materie prime e delle cose o in-
dustrie necessarie. Altri disse: specie di so-
cialismo capitalista. Giudicate in bene o in
male, si possono tuttavia considerare come
un prodotto delle civiltà industriali del-
l'età nostra. Dall'America del Nord, che
rappresenta la più alta espressione di co-
testa civiltà industriale, provenne il nome
e la cosa. Trust vale propriamente prote-
zione., garanzia., fede. Cfr. il tedesco
treu =: vero, fedele. Y. Cartel.
Tse-tsè: {Glossina morsitans)., mosca
dell'Africa meridionale, le cui punture
sono esiziali a molti animali.
Tsung-ii-yamen : il ministero degli af-
fari esteri presso i Cinesi (secondo la grafia
francese, che di solito noi seguiamo per
certe voci orientali, Cina, Griappone, etc).
Tub: ingl., tubo, tinozza, bagno. Neo-
logismo introdottosi nel gergo francese, e
per via del giornalismo e del linguaggio
mondano apparso anche fra noi. Yoce ap-
parsa e scomparsa. Parole meteore.
Tubatura: per indicare il complesso dei
tubi per condurre liquidi e gas, è voce
comune, che si alterna con tubazione e
intubazione.
Tubercolo del Darwin: tubercolo situato
sull'orlo postero-superiore del padiglione
dell'orecchio, rudimento della punta del-
l'orecchio negli animali. Almeno secondo
la teoria dell'evoluzione.
Tubercolòsi : malattia contagiosa ed ino-
culabile, comune all'uomo ed agli animali,
dovuta ad uno speciale bacillo detto di
Koch, caratterizzata anatomicamente dalla
diffusione di questo bacillo in tutto o in
parte dell' organismo e dalla formazione
per opera di questi bacilli di un prodotto
infiammatorio che ha aspetto di tubercolo
(lat. tuberculum, da tuber, tubero, ber-
noccolo, tumore). Clinicamente ha diverso
aspetto e conseguenza secondo che invade
tutto il corpo 0 parte di esso (polmoni,
intestino, ossa, glandolo, cute). Per tu-
bercolosi genei-almente e volgarmente si
intende quella polmonare, o tisi, se non
che la tisi rappresenta lo stato avanzato del
processo tubercolare. La tubercolosi oggi è
guaribile, non così la tisi.
Tubercoloso: per affetto da tubercolòsi,
è ■ voce usata non solo dai medici, ma
oramai anche dalle persone ignare di
scienza. Y. Tubercolòsi.
Tubi di Crookes: (Y. Crookes^ etc).
Tue-I a : wcc^c?^7a.^ intendendo della donna
adultera e del diritto del marito offeso di
vendicarsi in tale modo. Questa abusata
espressione francese leggesi in Alessandro
Tuf
— 501 —
Tur
Dumas, il giovine, iioll'opuscolo L'homme-
femme; e nel suo dramma, la Femme de
Claude è sostenuta tale tesi. Y. più am-
piamente Fumagalli, Chi l'ha detto?
Tuffo : per fetore di cosa fradicia, stantìa,
è voce dialettale (Eomagna, Lombardia,
Marche, tuff).
Tuga: voce del linguaggio marinaresco:
cameretta di poppa, costrutta sul cassero
0 su la coperta, a garanzia della macchina
del timone o per stanza de' passeggeri.
È antica parola che manca a molti dizio-
nari recenti : vero è che nell'odierna ma-
rina è disusata.
Tulle: tessuto di seta o di cotone, fine,
trasparente, bucato, come un velo o un
merletto. Il perchè del nome non è chiaro,
giacche non pare che Tulle, città di Fran-
cia, abbia, come i più credono, dato il
nome a questo tessuto. Il Petrocchi re-
gistra tulle togliendo l'esempio dal Tom-
maseo : vero è che molti pronunciano alla
francese.
Tu Marceli US eris: motto augurale {Tu
sarai Marcello!) dedotto dal libro VI
dell' Eneide.
Tumore bianco : artrite tubercolare cro-
nica, cosi detta dal rigonfiarsi dei tessuti
e dalla mancanza del processo infiamma-
torio, donde il colore bianco della pelle
(fr. tumeur bianche).
Tumulto dei Ciompi: V. Ciompo.
Tunnel : voce inglese usata promiscua-
mente in sostituzione di traforo., galleria.,
benché vi siano delle sottili distinzioni
che si avvertono nell'uso e che troppo
lungo sarebbe determinare con esempi.
Noi siamo sotto il tunnel., Quegli operai
lavorano al traforo del Sempione.
Tu per tu (a): coi verbi venire., essere.,
trovarsi., vale di fronte., in attitudine di
combattimento e di disputa senza che più
alcun mezzo o riguardo sia frapposto :
modo antico e classico, vivo tuttora nella
parlata.
Tu quoque? lat., anche ttt? o si dico
per lepidezza. Storicamente sono le ultime
parole di Cosare morente, vedendo Bruto
fra gli uccisori : Tu quoque., Brute., fili
mi? (Svetonio, Vita di Cesare., 82).
Turbina: voce di meccanica, dal fr. tur-
bine., lat. turbo - turbino. I^u parola ci
viene di Francia appunto perchè tale mac-
china è di origine francese (Fourneyron,
Girard, Jonval). E una parola che anche la
Crusca dovrà - credo - registrare, quando
arriverà alla lettera T : «a) idraulica (T.)
Tipo di macchina mediante la quale, ap-
plicando il principio su cui è basato il
funzionamento dell'arganetto idraulico, si
ti-asfornia in energia di movimento, o ci-
netica, la potenziale dell'acqua scorrente
in un condotto; b) a vapore (T.) Tipo di
macchina, mediante la quale (od in modo
analogo a quello nel quale opera la tur-
bina idraulica o facendo che il vapore di
acqua, alla sua uscita dalla caldaia in cui
viene generato, agisca immediatamente su
piani girevoli) si ottiene senza organi in-
termediari, quali sono cilindri e stantuffi,
la trasformazione in cinetica della energia
potenziale del vapore » (F. Grassi). Tale
potente apparecchio meccanico si studia di
applicare alle navi, ottenendo per tal modo
grandissime velocità.
Turbo-alternatore: macchina formata
dall'accoppiamento di una turbina a va
pere con un alternatore (trasformatore di
energia meccanica in energia elettrica con
corrente alternata).
Turbo-motore: (V. Turbina) denota spe-
cialmente la turbina a vapore.
Turchetto: voce vernacola nostra di al-
cune regioni, quasi piccolo caffè turco. E
il caffè da un soldo, zucchero e liquore
compreso. A Milano Vendesi per le vie
nelle ore antilucane e domandasi dal modo
con cui è servito : caffè del ginocchio.
Turchi [i giovani]: V. 1 Giovani Turchi.
Turco (o arabo o anche tedesco): dicesi
familiarmente parlar turco per dire par-
lare in modo incomprensibile., e si suol
dire negativamente quando altri non ub-
bidisce quasi non intendendo. Es. Non
parlo mica turco!
Turcos: plurale di Turco., nomo dato
dai francesi ai fucilieri indigeni doU'esor-
cito d'Algeria. Questo nome fu loro im-
posto casualmente al tempo della guerra
di Crimea, che i Russi, vedendoli, al loro
vestire, gridavano Turcos! Il nome fu
accolto e rimase, rafforzandosi poi nel-
l'uso, al tempo della campagna d'Italia
(1850).
Tur
502 —
Tur
Sì, sì, portavo il sacco a gli zuavi
e battevo le mani
ieri a' Turcòs: oggi i miei bimbi gravi
si vestono da ulani.
Carducci, Canto dell'Italia che va in Campidoglio.
Turf : vale in inglese zolla erbosa., indi
campo delle corse. Voce dello sport., ac-
colta nel nuovo francese e... da noi.
Turista e turismo: neol. che, per quanto
spiacenti, i diz. dovranno accogliere. Ad
es. la fiorente istituzione milanese del
Touring (Tourmg-Club) ne ha diffuso po-
polarmente il nome e la scritta sino nelle
più remote borgate d'Italia. «Perchè tale
bella Istituzione che insegna e aiuta a
viaggiare congiungendo insieme diletto,
sapere, economia, non prese nome ita-
liano?» Questa vana domanda potrebbe
farsi l'ingenuo purista, non il savio che
conosce l'indole e la storia del popolo ita-
liano, e non si accontenta di vedere un
fatto singolo con la lente, ma i fatti sin-
goli coordina alle cause. Turista è il viag-
giatore per diletto : diletto che gli stranieri
insegnarono a noi, popolo sedentario e
poco amico della geografia, ben si intende
all'età nostra contemporanea, diletto cui
favorirono i mirabili mezzi moderni di
trasporto, individuali e collettivi: bici-
clette, automobili, treni di lusso, grandi
piroscafi, etc; diletto cui la passione per
lo sport diede il fascino della moda. La
voce è inglese, tourist^ accolta in Francia
in touriste : voce internazionale adunque
e germogliata sul ceppo greco-latino (cfr.
TÓQvog., tornus., tour., tornio., torre (?)).
Qualche purista propose giramondo., viag-
giatore alla pedona. Ma chi se ne vale?
e poi vi corrisponde? Il carattere tipico
del turista è reso assai bene in questo
grazioso quadretto veneziano di Ippolito
Nievo (schietta e nobilissima giovane a-
nima italica!) :
Il touriste.
Vien duro da Marsiglia
Colla sua guida in tasca
Ed in Piazzetta casca
Illustre oltramontan.
Fiuta San Marco, sbircia
La scala dei Griganti,
Compra un paio di guanti,
Si sdraia da Florian.
Carezza un po' la morbida
Rivista de' due Mondi,
Guarda il Corso dei fondi,
Paga il cigarro e il the.
Reduce a bordo, parte
Squartando una bistecca.
— Venezia dalla Mecca
Ei non distingue affé.
Dalle Lucciole.
NB. A Bologna ci fu nel maggio 1904
un'' Esposizione Turistica e fu inagurata
dal re, da un cardinale, da un sindaco
radico-repubblicano, da un poeta (0. Guer-
rini), etc. C'erano tutti. Non rimane che
la Crusca a sanzionare la parola, quando
arriverà alla lettera T. Se pure non ar-
riverà in questo frattempo qualche letterato
di grido a muovere guerra a turismo e tu-
rista come già capitò alla parola reclame.,
la quale, però, guarita del greve colpo,
volve sua spera e beata si gode.
Turistico: V. Turista.
Turlulù: voce viva familiarmente per
sciocco., baggeo. Cfr. il francese tourlou-
rou. Turlulù è voce antica, notata in
questo senso nei vecchi lessici.
Turlupinare: ^er raggirare., imbrogliare
etc. è voce nuova e comune: dal fr. tur-
lupiner che nel francese moderno vale
se moquer., taquiner. Tale verbo deriva
da Turlupina sopranome dell'attore comico
francese Leprand, del secolo XVI; onde
turlupin = mauvais plaisant. (Chiama-
vansi altresì Turlupins una specie di ere-
tici dei secoli XIII e XIY, diffusi in
Francia, Paesi Bassi, AUemagna, che a
modo di cinici sostenevano non doversi
aver pudore di checchessia, tutto essendo
naturale, cioè fattura di Dio).
1 Turno : per vicenda., volta, giro., toccare
{tocca a me), è il fr. tour. Arzigogolare su
la comune origine latina (cfr. tornio) —
cosa comune alla piii parte delle voci
francesi — non toglie che sia gallicismo,
ma di quei gallicismi cosi vivi ed usati
che è inutile riprendere. Nel modo pro-
verbiale chacun à son tour (= un po'
per uno non fa male a nessuno), riprende
la forma e il suono francese. Certo è però
che il popolo umile non dice turno., e un
purgato scrittore sfugge tale voce.
Turtle soup: voce inglese che vuol dire
Tilt
503
Tyr
zuppa di tartaruga benché la tartaruga
non c'entri. Questa minestra nazionale
degli inglesi è di gran dispendio, di stra-
ordinaria complicazione e varia cottura :
è una specie di minestra di carne, assai
greve con infinità di droghe e sapori.
Tutoyer: da tic e tot: dare^ darsi del
tu. Questo verbo francese l'ho letto tra-
dotto in tuteg giare (!).
Tutti (il Signor) : il piiblico^ il giudizio
del publico: locuzione familiare in cui è
determinato come individuo l'anonima ti-
rannia della opinione publica.
Tutti i nodi vengono al pettine: Y. I
nodi., etc.
Tutti i salmi finiscono in gloria: vale
a dire : la conclusione è sempre quella.,
e si dice per lo più con senso faceto od
ironico. (È noto che i Salmi dell'Uffizio
finiscono sempre con la parola gloria).
Tutti per uno, uno per tutti : motto ca-
techistico del partito socialista, includente
il concetto imperativo della solidarietà.
Tzar: Y. Czar.
Tze-tze : Y. Tse-tsè.
Tzigany : in russo, in inglese è il suono
della parola nostra zingaro. Nelle stam-
pe ricorre talora questa parola tzigany
per indicare la musica degli zingari, la
quale è assai caratteristica per le sincopi
e i cambiamenti di misura e di movi-
mento.
Tyre: nei pneumatici o gomme delle
biciclette di provenienza inglese, leggesi
la parola tyre: vuol dire cerchione, NB.
Degno di considerazione è l'uso di met-
tere ai manufatti italiani nome e scritta
inglese o francese. Spesso Londra e Pa-
rigi (London, Paris) nascondono nomi di
borghi e città italiane.
TT
Ubi bene, (o libertas) ibi patria: lat.,
dove si sta hene^ quivi è la patria. Sentenza
che si può dedurre da moltissimi passi di
autori antichi. NB. Inutile avvertire che
quasi tutti questi motti latini sono comuni
alle lingue eulte d'Europa, e qui si riportano
soltanto per necessario compimento dell'o-
pera.
Ubicazione: «dicono nel loro gergo i cu-
riali per determinazione del sito di una casa,
etc, ne fuori di essi alcuno se ne giova » ,
così il Eigutini ; vero è che questa voce pe-
dantesca (dell'avverbio ÌSitìnoubiz= dove)
si estende oltre il linguaggio dei legali.
Ubi consistam : lat., dove io mi ap-
poggi., cioè il fulcro o punto d'appoggio
della leva. Archimede ove gli fosse stato
dato un punto d'appoggio, ne deduceva
in astratto di poter con la leva smuovere
il mondo. Eicorre questa locuzione latina
per indicare fondamento ., base inorale.
Es. « Un mondo si sfascia intorno a noi
e invano cerchiamo Vubi consistam, per
edificarne uno nuovo ».
Ubi maior minor cessat: lat., dove è
il maggiore (di più autorità), quivi cessa
il potere del minore : dicesi per signifi-
care la legge della naturale gerarchia;
ovvero intendesi nel senso, il più com-
prende ed oscura il meno.
Ubi Petrus, ibi Ecclesia : dove è Pietro
(il Pontefice), quivi è la Chiesa., sentenza
attribuita a S. Ambrogio e ripetuta come
dogma per significare, in opposizione agli
scismi, che non esiste vera cristianità se
non congiunta al suo capo, cioè il Pon-
tefice. Cfr. Dante, Par., V, 76:
Avete il vecchio e il nuovo testamento,
E il pastoì- della Chiesa che vi gnida
e il motto evangelico : Tu es Petrus et
super hanc petram aedifìcabo Ecclestam
meam.
Uccel di bosco: dicesi per estensione
familiare di chi, commesso alcun crimine,
evita con la fuga o standosi occulto di
rendere conto delle sue opere e divenire
probabilmente uccel di gabbia.
Uccello: V. Appendice., e il Boccaccio,
Decameron., novella quarta della giornata
quinta : Ricciardo Manardi è trovato da
Messer Lizio da Valbona con la figliuola.,
etc. V. anche il Batacchi.
Uccello di malaugurio: antica locuzione,
viva tuttora e verosimilmente dedotta
dall'antica scienza augurale dei romani,
per la quale alcuni uccelli erano presagio
di bene, altri di male : profeta di sven-
tura. Cfr. Omero, Iliade., libro I, 106 :
MdvTi uaucùv, e lo scongiuro nostro, crepi
l'astrologo.
Uffici : nel linguaggio parlamentare sono
dette uffici certe commissioni di deputati,
eletti a sorte per ogni legislazione, i quali
studiano una questione prima che essa
sia sottoposta alla discussione dall'as-
semblea.
Ufficiare : per informare ufficialmente.,
sollecitare., ossequiare., pregare., etc, è
neologismo degli uffici, ripreso dai puristi,
sancito dall'uso.
Ufficio : nella locuzione burocratica d'uf-
ficio (es. gli ho scritto d'ufficio) per uf-
ficiahnente., per lettera d'ufficio., ripren-
desi dai puristi.
Uffi
505
Umo
Ufficioso: gìovnnle uffieioso^ notìz'm ■uf-
ficiosa si dice nel linguaggio della poli-
tica di notizia o di giornale che abbia at-
tinenza, relaziono con il Governo ; che ne
sia l'espressione, ne segua le idee e i cri-
tori, no abbia indiretta ispirazione e si-
mili : Ufficiale^ invece, che parte diretta-
mente dal governo. Es. Bollettino uffi-
ciale^ Notixia ufficiale.
Ukase : scrittura francese di parola russa,
che vale indicazione^ ordinanza. Editto
dello Txar. Presso di noi ogni decreto o
legge del Governo o di altra autorità, che
abbia carattere di subitaneità e un tantino
di violenza, si dice, e qualche volta an-
che un po' per celia, ukase.
Ulema: voce turca, vale dottore della
legge presso quel popolo.
Ulster: cappotto d'inverno, lungo, a
sacco, con cintura dietro, a due petti e
mantellina staccabile: specie di cappotto
militare : oggi alquanto disusato. Voce
della moda, francese e inglese. Tale pa-
strano è cosi detto perchè originariamente
di lana della provincia di Ulster in Ir-
landa.
Ulteriore ed ulteriormente: per altro^
secondo^ in appresso (es. avviso ulte-
riore)^ si riprendono dai puristi (fr. ulté-
rieur, ultérieurement) .
Ultima ratio: lat., Vultimo (e più va-
lido) argomento è quello della violenza,
cioè il diritto della forza. Spesso è peri-
frasi per indicare il cannone^ argomento
altrettanto eloquente e persuasivo quanto
inumano. Dell'origine del motto, ultima
raxon de Reyes, ultima ratio regurn^
scolpito sui cannoni di Luigi XIV e di
Federico di Prussia, V. Fumagalli {op.
cit.).
Ultima Tiiule: Thule chiamarono gli
antichi geografi un'isola — non ben nota —
a settentrione della Britannia: confine del
mondo. Ultima Thule ricorre in Seneca
{Medea) ed in Vorgilio {Oeorg. I, 30).
Dicosi oggi in senso morale : limito estremo
a cui si può giungere.
Ultimatum : (lat. ultimus), dichiarazione
perentoria linaio di condizioni irrevocabili,
che pone fino allo trattative o si notifica
alla parto interessata. Sinonimo di dichia-
razione di guerra.
Ultimo avanzo | d'una stirpe infelice:
così Edgardo parla di sé nella tragedia
lirica Lucia di Lammeo-moor, III, 7.
Dicesi talora e familiarmente per lepore :
l'ultima lira del borsellino, ad esempio.
Ultra: lat. ultra =z al di là, oltre. Pre-
fisso accolto nelle varie lingue eulte per
comporre molte voci che indicano eccesso^
fuor del comune. Es. ultra-realista., ul-
tra-ponente.
Ultramontano: fr. ultramontain^ nome
usato generalmente al plurale per indicare
il partito clericale, gesuita, intransigente,
ben diverso dal guelfismo nostro italico.
Il nome venne di moda in Francia al
tempo della monarchia di Luigi Filippo
d'Orléans per indicare coloro i quali ri-
conoscendo unica autorità assoluta quella
del Papa, non ubbidivano, non si unifor-
mavano che alla voce che veniva di là
dai monti, cioè da Roma, onde il nome.
Umanitario: dal fr. humanitaire^ detto
di filosofo od economista che si studia di
migliorare le umane sorti o che ha per
religione l'umanità. È parola ripresa dai
puristi anche pel senso, « come una di
quelle vesciche che paiono gravide di grandi
sensi e sono invece piene di vento». Lo
so, ma chi ignora che le vesciche ben gon-
fie tengono a galla la barcaccia della vita
sociale? È voce oramai necessaria, ed
umano ha altro senso.
Umanizzare: per rendere umano., con-
forme all'umana natura (es. latte u^na-
nixxato) è il fr. humaniser. È vero, c'è
il verbo nostro umanare, che si dice spe-
cialmente di Cristo che rivestì umana na-
tura, e si sarebbe potuto estendere questa
forma agli altri sensi. Invece è avvenuto
il solito caso: la voce nostra è rimasta
letteraria o, per l'uso, si chiamò in ser-
vizio la voce francese.
Umiliare una domanda: locuzione degli
uffici che contiene una « improprietà con
viltà » (Tommaseo) Presentare, rispetto-
samente 0, so si vuole, timilmente una
domanda mi pare che basti.
Umorista o umoristico: (V. Humour)
noi senso (iho dà il popolo nostro a (questa
parola, vale comico, per ridere., lepido.
Es. giornale utuoristico quello che con-
tiene motti e corbellerie da ridoro. Inutile
Una
506 —
Uns
osservare come tale senso non corrisponda
al valore storico e letterario della parola
(humour) se non in piccolissima parte e
nella parte parvente. Se ne potrebbe trarre
argomento di prova come nel popolo Ita-
liano non sia sviluppato il senso deU7n«-
mour.
Una salus victis nullam sperare salu-
tem : famoso verso di Vergilio (Eneide, II,
353) divenuto popolare: i vinti hanno
una sola via di salvexxa^ disperare di
ogni salvexza^ quindi combatttere sino
alla morte.
Uncle Sam : ingl., il cittadino degli Stati
Uniti : scherzosa spiegazione delle iniziali
U. S. Vedi Onde Sam.
Undici mila vergini (S. Orsola e le sue):
ricorre talora, e di solito in senso faceto,
questa locuzione la quale deve sembrare
ad ognuno iperbolica: essa è dovuta ad
un errore d'interpretazione. S. Orsola fu
uccisa in un convento presso Colonia con
sole undici compagne verso l'anno 453,
durante un'invasione di Unni. Se ne con-
servò il ricordo con l'iscrizione: Ursula
et XI ilf F {Orsola e undici martiri
vergini).^ i nomi delle quali sono registrati
nelle cronache di S. Trudone. Qualcuno
cominciò a leggere Orsola e le undici
mila vergini^ e l'assurdo diventò locu-
zione. (Almeno così si spiega, e la spie-
gazione ha sembianza di vero). In un epi-
gramma del Pananti si racconta di un
tale che giunse stracco ed affamato alla
cura di un prete. Il quale, per primo o-
spizio, lo condusse in chiesa e ad ogni
santo cominciò a recitare preghiere e tro-
vava i nomi dei santi più peregrini. Come
in fine, compiute le orazioni, l'ospite fu
in cucina, disse alla serva :
Che con le undici mila nominasse
Sani' Ch'sola, e che più non terminasse,
Ho avuto pur la gran paura, o Lena ;
Se accadea questo caso, addio la cena.
Unguibus et rostris: lat., con le un-
ghie e eoi rostri^ cioè con ogni mezzo.
Unicuique suum: a ciascuno il suo^
motto latino dedotto popolarmente dall'an-
tica sapienza. Justitia suum cuique di-
stribuii. Justitia est constans et perpetua
vohmtas ius suum cuique tribuens.
Un'idea al giorno: parole enfaticamente
francesi del giornalista Emilio De Girar-
din (29 feb. 1848) : une idée au jour. Si
suole dire per indicare il nuovo che è
necessario per attrarre il publico al gior-
nale. V. Fumagalli {op. cit.).
Unilaterale: termine giuridico, spesso
usato per indicare chi non comprende o
considera che un solo lato della questione
(lat. ^^n«^m =: unico e Za^z*s = lato, fianco).
Unità (le tre) : le tre famose unità aristo-
teliche (di tempo di luogo e d'azione) che
debbono essere osservate nel dramma, cioè
che una deve essere l'azione, una la scena,
uno il tempo, cioè un giorno. Le unità di
azione e di tempo sono in Aristotele {Poe-
tica, cap. Vili, IX, XVm e cap. V). La
unità di luogo fu dedotta dai francesi sul
modello della tragedia ellenica.
Unità: nel gergo militare vale unità tat-
tica., corpo autonomo ne' movimenti belli-
geri , quindi unità vale nave da guerra.
Unitarismo: astratto di unitario: in
fr. c'è unitarisme e unitarianisme., ingl.
unitarianismi termine filosofico equiva-
lente a monismo.^ nome di setta cristiana.
Università Popolare: noto istituto mo-
derno di cultura popolare, sorto da pochi
anni in Italia (la prima Università di tal
genere fu quella di Torino nel 1899) per
imitazione di scuole consimili inglesi e
francesi. Queste università, parte sono ag-
gregate alle Camere di Lavoro, parte a
società operaie, altre sono autonome. Della
improprietà del nome «università», del-
l'incertezza del come intendere questa pa-
rola « popolare», dell'abuso delle così dette
conferenze, non è qui il luogo di discor-
rere, trattandosi di istituti in via di for-
mazione e di esperimento.
Uno avulso non deficit alter: lat. strap-
pato il primo., non manca il secondo., e
si dice in vario senso, per lo più. lepido.
Emistichio Vergiliano, Eneide VI, 143.
Un piatto di buon viso o di buona ciera:
antica locuzione nostra: vale modesta
ospitalità., povera tavola., ma piena di
affetto e di cuore. V. Promessi Sposi.,
cap. XXIX. Devono scusare la mia povera
tavola alla buona: ci sarà un piatto di
buon viso.
Unsicilled : voce inglese : dicesi di ope-
raio che non ha bisogno di perizia tecnica
Unt
507
Uo
e di studio per esercitare il suo mestiere.
Es. un conduttore di tram^ un badilante,
opposto di skilled^ V. questa voce.
Untorello : questa parola per il Man-
zoni {Promessi Sposi) ha acquistato nuovo
ed arguto senso. Untori erano reputati
nel generale terrore della peste che in-
fieri in Milano nel 1628 coloro che per
maleficio spargevano veleni. Ora Renzo
come entra in Milano per trovare Lucia,
è preso per un untore : salvasi dal furore
del popolo su di un carro di appestati.
Ma i monatti del carro, i quali hanno più
esperienza del male, capiscono dall'aspetto
e dal contegno che Renzo da essi salvato,
è un pò ver' uomo e non ha stoffa per es-
sere untore, e quando egli si accomiata
ringraziando dell'aiuto, un monatto gli
dice con ispregio: «Va, va, povero unto-
rello, non sarai tu quello che spianti Mi-
lano». Gap. XXXIV, in fine. Dicesi, dun-
que, untorello per significare con ispregio
e ridicolo il poco valore e il nullo effetto
dell'opera di taluno che con molto appa-
rato e iattanza tende a qualche impresa
(di propaganda o di agitare la pubblica
opinione), insomma indica la sproporzione
tra l'impresa e l'uomo.
Untuosità: senso nuovo di antica pa-
rola ; vale maniera ipocritamente melli-
flua : da unzione, termine ascetico : « di-
sposizione a sapersi insinuare negli animi
e persuaderli al bene da chi predica la
sacra parola ».
Uo : (dittongo) vi sarebbe materia, per
chi si dilettasse di vane discussioni, di
che scrivere un trattatello. Ecco in breve :
i seguaci della scuola manzoniana, se-
guendo il suono toscano, tendono ad a-
bolire tale dittongo, detto mobile, e scri-
vono ; core, omo, scola, gioco, ovo, etc.
Anzi la più parte dei novi maestri usa
così nelle scole, anche non toscane. Tra i
dizionari informati a tale criterio, notiamo
quello che per modernità e meritata lodo
di accuratezza, corre maggiormente fra il
publico, cioè il Petrocchi. Senonchè il
Petrocchi non potendo, secondo teoria, abo-
lire del tutto Vuo nello parole, che cosa
fa? 0 rimanda alla vocale o {Uomo, V.
Omo), 0 aggiunge alla parola scritta col
dittongo la chiosa : meno comune (o8. Nova
e meno com. nuova) ; o fa le due grafie
uguali (es. core lo stesso di cuore)-, o
chiama la scrittura col solo o più popo-
lare (es. scuola e popolarmente scola).
Questo criterio che l'abolizione del dit-
tongo renda più popolare il vocabolo, an-
drà bene per Firenze e la Toscana, ma
altrove no. E se volessi scrivere non po-
polarmente e non comunemente, cioè con
stile adorno, in tal caso richiamerò in o-
nore il disgraziato dittongo? E i napo-
letani che fanno uso enorme del dittongo
uo, che ne penseranno di questo più
popolare senza dittongo? Veda ognuno
come si potrebbe sottilizzare comicamente!
Questa teoria ortografica prevalendo nelle
scuole, mi accadde di vedere notata come
improprietà la buona scrittura scuola,
uom^o, etc; e a Milano dove perdura l'er-
ronea antica opinione che apprendere l'i-
taliano sia press' a poco come apprendere
una lingua straniera, queste forme toscane
imposte nel magistero producono effetti io
non so se più comici o deplorevoli. Sen-
tire toscaneggiare da chi nacque sotto la
guglia del duomo, è lepidissima cosa I II
vero è che le norme della libertà e del
buon senso sono più difficili da seguire
che quelle del rigido e dogmatico imperio,
giacche occorre più meditazione e saviezza,
e ciò spiega perchè i maestri vadano oltre
alle intenzioni degli stessi innovatori. Fra le
grammatiche che seguono questa teoria,
noto quella dei sigg. Morandi e Cappuccini,
i quali (§ .509) scrivono : « Va però pre-
valendo l'uso, specialmente nel linguag-
gio familiare, di servirsi della vocale
semplice in tutta la coniugazione lo gioco.
Io copro, Io in' accoro. Io voto, etc; ne
ormai si conserva più il dittongo tw in
tutte le voci notare e votare (no' sensi
suddetti), per distinguere da notare {se-
gnare, indicare o simili), e votare {dare
il voto). Onde è meglio non scrìver mai:
Io nuotavo, Noi ruotiamo, etc. ». La di-
stinzione di forme grafiche tra linguaggio
familiare e letterario a mio avviso non
rogge 0 trovo anzi dannosa. E quel con-
tradditorio : meglio non scrivere mai non
rivola la incertezza ohe è nella mente
dogli stossi grammatici? I quali accennata
la regola del dittongo mobile, nv vertono
Uom
- 508 —
Use
non doversi scrivere muossi^ cuotto^ cuo-
pro^ qccuoro^ benché vi cada l'accento.
Ma ohi, anche di Napoli dove Vuo è co-
stante, scriverebbe così? Ma sono avver-
timenti inutili, che se un linguaggio deve
essere appreso a furia di regole, avverrà
una delle due cose, o che si imparerà a
scrivere a cinquant'anni, o, come avviene,
si considererà la grammatica, questa bel-
lissima e prima fra le discipline scolasti-
che, come nel Medio Evo facevasi del
greco: graecum non legitur. Gli scolari
fanno così e non credo che abbiano gran
torto. Di grammatiche di lingue morte
basta il latino, ed è di troppo. Occorre
inoltre avvertire che prtiovo^ truovo^ prie-
go^ etc. sono forme oramai fuor del-
l'uso per comune consenso? Contro tale
eccesso di toscanesimi notiamo : prima che
nelle altre provincie il dittongo uo è nella
pronuncia ; secondo che l'uso non solo
classico ma de' nostri migliori scrittori
contemporanei, pur toscani — valga per
tutti il Carducci — e le norme delle più
lodate grammatiche e lessici ritengono
questa norma : scrivesi uo quando sul
dittongo cade l'accento: uo si scempia in
0 quando nei derivati l'accento viene a
cadere su altra sillaba, onde cuore e co-
ràggio ; giuoco e giocava; scuòla e sco-
laro ; uòvo e ovino; cuòcere e cocèva^ etc.
Così dicasi del dittongo ie^ onde cielo e
celèste. Le eccezioni sancite dall'uso e
dagli esempi letterari per alcune speciali
voci non infirmano tale regola, ed è de-
plorevole che si creino nuove difficoltà ed
incertezze fittizie da aggiungere alle reali
incertezze della grafìa italiana.
Uomo economico: veramente gli econo-
misti usano questa formula in latino {Homo
oeconomicus) per significare l'uomo come
ente astratto il quale ha il concetto del
valore delle cose e quindi pensa in ogni sua
operazione di raggiungere il massimo ri-
sultato col minimo sforzo. Così, ad es. un
consumatore cercherà di acquistare la
merce che gli abbisogna dove potrà tro-
varla a miglior mercato, un produttore
di fabbricare i suoi prodotti coi mezzi
meno costosi, etc.
Uomo normale: (V. Normale): secondo
un concetto positivista, per normalità
dell'uomo si intende una specie di ambito
0 zona — mutabile secondo 1 tempi —
entro cui cadono le azioni ed i pensieri
della più parte degli uomini. La cogni-
zione di questa norma si ritiene da molti
come fondamento della responsabilità ri-
spetto alla legge. Per il filosofo e per
l'antropologo questo concetto di normalità
non si presenta però così facile come sem-
bra in apparenza.
Uova alla coque: V. Coque.
Uovo di Colombo: Y. L'uovo., etc.
Uranismo: termine di patologia ed in-
dica una forma di inversione sessuale con-
genita, variante di omosessualità. La pa-
rola uranismo., uranista (da Urano?) fu
creata da un famoso invertito. In francese,
uraniste^zhome-sexuel. Il vocabolo è pure
in inglese, credo anzi che ne provenga.
Urbanismo: dal lat. wrès = città e il
solito suffisso ismo ; indica la tendenza
moderna nelle popolazioni di accentrarsi
nelle città.
Urbe: latinismo che significa città e,
per antonomasia, Roma. Voce magnifica
e severa che sta a suo posto, poniamo,
in una poesia di G. Carducci, ma che,
intromessa nella chincaglieria di certi scrit-
tori, ofi'ende chi ha il senso della sem-
plicità e della naturalezza.
Urbi et orbi : lat., alla città (Eoma) ed
al mondo: parole delle benedizioni dei
Pontefici; familiarmente valgono dovun-
que., e si dice con special senso faceto.
Uremia: voce del linguaggio medico
(gr. Oì)Qov = urina ed al/ua =: sangue).
Con questo nome si designa un complesso
di accidenti tossici (cerebrali, respiratori,
gastro-intestinali) dovuti ad insufficenza
0 alla mancanza della funzione dei reni
(ritenzione, dunque, dei veleni che nor-
malmente sono eliminati con le urine).
Derivato, ur cìnico.
U mingo : termine di patologia : colui che
è affetto da inversione sessuale. Ingl. zir-
ning. V. Uranismo.
Urrà: V. Hurrah.
Uscire dall'equivoco: brutta locuzione
dei giornali e del linguaggio politico : vale
dichiararsi., manifestare la propria opi-
nione senza più tergiversare o tenere il
piede in due staffe.
Tsc
- 509
Uti
Uscirne o cavarsela pel rotto della
cuffia: locuzione familiare per, « cavar-
sela da un rischio, o da un'angustia, o
da una prova senza danno e spesa, for-
tunatamente, bene ». Questa locuzione
pare tolta dall'antico giuoco medioevale del
Saracino o della quintana. Il colpo rite-
nevasi buono dai giudici del campo ben-
ché il corridore fosse colpito nella cuffia.
Uscito fuor del pelago alla riva: verso
dantesco [Inf. , I) divenuto patrimonio del
linguaggio familiare, e per lo più usato con
senso faceto o per pericoli di lieve conto.
Usque ad finem: lat. fino alla fine;
usasi il motto per indicare ìnsisteMxa^
costanxa. pertinacia.
Ustionare: verbo neoL, da ustione^
scottare^ bruciare. Farmi voce superflua,
ove non la si voglia trovar necessaria per
il fatto che è meno comune e non vol-
garmente intesa; quindi pare voce più
adatta al linguaggio scientifico, il quale,
pure in questa felice età democratica, si
compiace di troppo di parole difficili e
perciò più venerande.
Usucapione: antica parola del diritto
romano, che indica il diritto di possesso
di una data cosa per effetto del lungo uso.
Da Msws = uso e ca^aere =: prendere, pren-
dere a cagione dell'uso. Familiarmente si
dice talora usucapione per indicare un
diritto a qualche bene per il fatto della
prima occupazione.
Usus magister est optimus: Cicerone,
Pro Rabirio Postumo, 4, e De Oratore.^
I, 4.
Usus te plura docebit: lat., Vuso ti
insegnerà molte cose. Si legge tale sen-
tenza, nell'antica Prosodia del Porrctti.
Ut desint vires tamen est laudanda
voluntas: lat., pur 7nancando le forxe^
tuttavia è da lodarsi il buon volere (Ovi-
dio, Epist. ex. Patito, HI, 4, 79).
Utensìle: e non utènsile, come intesi
diro da molti meccanici ed ingegneri di
Lomhardia, lat. utensìlia.
Utile dulcl: lat., l'utile congiunto al
bello., al dilettevole., e por lo più si dice
con riferimento all'opera d'arte in cui il
Mucotto etico si unisce all'estetico. Mas-
sima dedotta da Orazio, Arte Poetica,
343, 344:
Omne tulit punctum qui miscuit utile dulci,
lectorem delectando pariterque monendo.
Utilitarismo: fr. utilitarisme, ingl. uti-
litarianism : teoria etica (praticata prae-
sertini da chi non è filosofo) che riguarda
l'adattamento ad un fino utile come cri-
terio morale: der. utilitarista ed utili-
tario. Es. morale utilitaria. Parola-indice
della civiltà presente, nella quale parola
comunemente si intende l'esclusione di
ogni idealità lontana ed eroica. V. Positi-
vismo. Queste parole sono riprese dai pu-
risti, necessarie nell'uso. Quanto al con-
cetto filosofico esso è assai antico.
Utilizzazione: (fr. utilisation)\ utiliz-
zabile (fr. utilisable); utilitario (fr. ttti-
litaire) che segue il concetto filosofico
dell'Utile: utilitarismo (fr. utilitarisme),
sono tutte parole che, come appare dal
riscontro fra parentesi, ci provengono dal
francese : ai puristi, in maggior o minor
grado, dispiacciono, e i dizionari le re-
gistrano a spizzico : l'uso le consacra tutte.
Inoltre, accolto come è da tempo il verbo
utilizzare, è troppa pretesa non volere i
derivati, quando tornano facili ed acconci,
anche se di conio francese ( Utilitare ,
fuor d'uso, usare, sfruttare, far tesoro,
giovarsi, mettere a profìtto sono le pa-
role nostre sinonimo).
Ut impleatur scriptura: locuzione cu-
riale (?) talora usata familiarmente per
indicare il compimento delle formalità
prescritte.
Utìnam ! : esclamazione latina ; vale ,
voglia il cielo, ìnagari, include speranza
ed augurio, e si dice con speciale inten-
dimento, come da questo istruttivo pe-
riodo di Alessandro d'Ancona : « il Par-
lamento americano ebbe anni addietro a
porre un limite alla larghezza di doni o
lasciti in danaro che dai privati si face-
vano alle biblioteche, già esistenti o da
fondarsi; aggiungeva però che un tal or-
dino non aveva frenato la benefica usanza
e si era presto trovato il modo di eludere
la leggo. Fra noi, pur troppo, non si ve-
rifica il bisogno di una legge consimile!
Ma ci contontorommo so qui devo fiori-
scono gli aranci e s})irano gli zoffìri, lo
biblioteche non bruciassero, come a To-
rino, 0 non stessero in presente pericolo
Uti
510
Uva
di ardere, come altrove, né ci piovesse
dentro, come a Padova. Utinam!».
Uti possidetis: lat., coìiie voi possedete.
E termine generalmente usato nei trattati
dopo una guerra per significare che il ter-
ritorio conquistato deve restare al con-
quistatore, sia stabilmente, sia a tempo.
Uti possidetis è pure nome di legge ro-
mana {Digesto, XIIII, 17). Dicesi uti
possidetis con forza di sostantivo.
Utopia: gr. ov = non e TÓJtog = luogo,
dunque luogo che non esiste, così Tommaso
Moore (151 6ì intitolò un suo romanzo ove
descrive un'isola o stato in perfetto e fe-
lice governo. La parola trapassò in ogni
lingua eulta per indicare un processo di
pensiero più secondo fantasia e desiderio
che secondo logica ed esperimento.
Ut pictura poesis: nota sentenza d'Ora-
zio {Arte Poetica), per significare l'affi-
nità tia le due arti : la poesia è come la
pittura, cioè cadono sotto le stesse leggi.
NB. La conoscenza dell'affinità tra le
arti è cosa antica al pari dell'arte; l'in-
vasione di un'arte, nel campo di un'altra,
per cui la poesia vuol raggiungere effetti
musicali, la musica vuole precisare come
il verso, la pittura vuol essere filosofica
etc, è cosa particolare dell'età nostra,
che riesce di buon effetto nei grandi e
veri artisti, non in virtù della teoria, ma
dell'arte la quale quando è tale da vero,
fa buona prova con qualunque dogma.
Ut sis nocte levis, sit tibi coena bre-
vis: lat., se vuoi esser leggero (star bene)
di notte, ìnangia jjoco la sera. Noto verso
leonino della scuola Salernitana {Collectio
Salernitana, Napoli, 1852). Variante: si
vis esse levis, sit tua coena brevis.
Ut supra: lat. come sopra.
Uvaggìo : vino piemontese (Alessandria)
da pasto piuttosto ordinario : così detto
perchè si prepari con molte uve di di-
versa qualità.
■V
Vacca spagnuola: termine della locu-
zione volgare : parlare francese come una
vacca spagnuola. Questo assurdo è dovuto
ad una corruzione di frase francese, al-
meno così si dice, e la frase sarebbe
questa : Il parie fran^ais comme un ba-
sque Vespagnol. Essa fa il paio con l'altra,
pure comune, la bellexxa dell'asino per
dire la gioventù; frase assurda, che si
ritiene traduzione errata, pur dal francese,
la beante de l'dge.
Vaccata: familiarmente e volgarmente
porcheria.^ opera fatta male.
Vaccheria: stalla con vacche, aperta al
publico.
Vade mecum : fr. vade tnecum (dal la-
tino, lett. vieni con me) : significa ma-
nuale pratico.
Vade retro Satana : ( Vang. di S. Mat-
teo., IV, 10), dicesi per significare repul-
sione., abbominaxione., ma di solito si
dice in senso faceto.
Vae soli : famoso avvertimento biblico
{Ecclesiaste., IV, 10), guai a chi è solo,
ed è vero, ma è pur vero quello che dice
Giovanni Prati in un suo bel sonetto in
Psiche (opera a torto dimenticata come
tante cose, belle e buone, in Italia):
Vae noli! ci ammonisco il libro santo;
ma se coi molti ad imbrancar ti vai,
così bieca ò l'insidia e il rischio ò tanto
che star romito mi par meglio assai.
Inoltro va solingo il leone, l'aquila spiega
romito il suo volo : i forti del mondo stanno
soli, e il gregge va in branco por aver forza.
Vae victis: lat., guai ai vi/di {Livio.,
V, 48). Il motto ricorro per siguifìoaro
l'eterno diritto della forza. Certo chi è
vinto nella lotta della vita è fuggito dalla
stessa pietà, giacche essa richiamerebbe
coscienza.
Vagneriano : seguace delle teorie di R.
Wagner (1813-1883), uno dei più grandi
compositori, filosofi e innovatori dell'arte
musicale. Spesso si dice « vagneriano » in
opposizione ai seguaci della classica mu-
sica melodica italiana.
Vago: (term. med.) o nervo pneumoga-
strico, che si distribuisce al collo, al to-
race ed all'addome; presiede alla sensi-
bilità delle vie aeree e delle vie digestive,
ed è il nervo moderatore del cuore. È detto
vago per la sua vagante distribuzione.
Vagone : ingl. wagon (lat. vehere =
portare), voce internazionale e presso di
noi popolare, che si alterna promiscua-
mente con carrozza., carrozzone. Queste
anzi tendono a prevalere.
Vagone-salon : non credo che sia scrit-
tura tecnica, ma si dice per indicare quelle
carrozze ferroviarie a tipo Pullmann nei
treni di lusso, che servono specialmente
per ritrovo o por refezione.
Valalla: il paradiso di Odino secondo
la religione scandinava.
Valanga : neol. ripreso e discusso a
lungo dal Fanfani {op. cit.), dal fr. ava-
lanche. Giustamente osserva il Rigutini
che tale voce conviene oramai sancirò,
come la sancì l'uso, lo voci toscano li-
sciata e voluta « denotando un fatto che
sarebbe quasi la miniatura di quello o-
spresso dalla voco valanga» . Dicosi anche
in senso figurato, os. una tmlanga di carta.
Val
- 512 —
Vai-
Valchiria: più comunemente al plurale,
Valchirie : nome dato dagli antichi scan-
dinavi a divinità muliebri, messaggere di
Odino.
Bionde Valchirie, a voi diletta sferzar de' cavalli
sovra i nembi natando, l'erte criniere al cielo.
Carducci, Alle Valchirie.
Valencienne: fr., per lo più al plurale,
pizzo di Valenza.
Valgo 0 varo : termine medico, usato
come attributo di membro, o segmento di
membro, deviato all' infuori. Es. piede,
ginocchio varo. Dal latino valgus =: che
ha le gambe storte, e varus = declinante
dalla linea retta, piegato, volto in fuori,
sbilenco, strambo: cruravara.,cornuavara.
Vali: grande ufficiale dell'impero turco,
governatore generale d'una provincia {vi-
layet). Da lui dipendono i mutessarifs ., i
ka'imakans., e i mudirs (grafie francesi,
come il solito, accolte fra noi pei nomi
orientali).
Valle : a Comacchio e Eavenna così
sono chiamati gli specchi d'acqua salma-
stra, le lagune, e i fondi palustri di quella
regione.
Vallivo : aggettivo di valle (es. terreno
vallivo).^ usato nelle regioni del Ravennate
e del Ferrarese. V. Valle.
Valorem (ad) : i dazi doganali nel diritto
amministrativo si dividono in specifici se-
condo una misura (quantità, peso, e qua-
lità, cioè specie) e ad valorem. (latinismo),
cioè quei dazi che, non tenendo conto
della specie, si computano in base al va-
lore dichiarato. In questo caso lo Stato si
riserva il diritto d'acquisto sul prezzo di-
chiarato.
Valoroso : dovrebbe essere il guerriero :
invece ha osservato il lettore come questo
belligero aggettivo sia sovente dato a
gente che finora non fu punto belligera?
ai professori? Un insegnante è valoroso^
come un ufficiale è brillante. Epitheton
ornaìis !
Valpolicella: vino rosso da pasto, pre-
giatissimo del Veneto (Verona) : rosso ru-
bino, àlcole non molto, acidulità tendente
ad una freschezza e sapidità gradevole :
diffuso e ricercatissimo in commercio. Sotto
questo nome vanno i vari vini del Veronese.
Valvola di sicurezza: noto apparecchio,
dovuto al Papin, per impedire lo scoppio
delle caldaie. Dicesi in senso morale.
Valzer : è la scrittura che presso di noi
predomina ed è registrata: è voce tedesca,
Waltxer (danza tedesca moderna, in mi-
sura tripla e a movimento moderato). I
francesi, conforme alla loro lingua, scri-
vono valse.
Vandalismo : (da Vandalo^ popolo bar-
barico germanico che nel 455 saccheggiò
e distrusse Eoma); e comQ vandalo .^ vale
distruggitore bestiale, così vandalismo
dicesi l'atto dello sciupare e rovinare per
malvagità e stupidità : è dal fr. vanda-
lisme? Certo è voce nostra familiare e
manca a molti dizionari.
Vandea : ( Vendéé)^ regione della Francia
che fieramente sostenne in armi (1789-95)
il diritto regio dei Borboni e la religione
contro la Eivoluzione. Nel giornalismo e
nella politica questo nome talora è usato
per significare con ispregio e con enfasi
giacobina il partito conservatore, reazio-
nario, pronto ad agire per opporsi contro
le innovazioni e i procedimenti democra-
tici 0 demagogici — che non vuole, non
ama, non intende. Il concetto di fanatismo
e di ignoranza è incluso in questa parola
Vandea.
Vanella: voce napoletana, da vano:
cortiletto chiuso, divisorio fra case.
Vangelo: (lett., buona novella)., fa-
miliarmente vale verità sacrosanta., su
cui non cade dubbio. Es. questo è van-
gelo.
Vanitas vanitatum et omnia vanitas:
{Ecclesiaste., I, 2; XII, 8), motto ricorrente
tanto in senso religioso cristiano, come in
senso filosofico pessimista per significare
Vinflnitu vanità del tutto. E va bene!
Tuttavia a questa conclusione l'uomo de-
sidera di giungere dopo l'esperimento, cioè
dopo aver goduto e assaporato. Ciò è troppo
giusto I Se il motto è del sapientissimo
Salomone, egli potrebbe confermare tale
mia chiosa.
Vare, legiones redde!: Varo, rendimi
le ìnie legioni! (Svetonio, Augusto.^ 23),
le quali Arminio, germanico, sconfisse
nella selva di Teutoburgo (a. 9 dell'Era
volgare). Il famoso grido volgesi spesso
ad altri sensi.
Var
— 513 —
Vec
volgare). Il famoso grido volgesi spesso
ad altri sensi.
Varicella: malattia infettiva, contagiosa,
solitamente assai benigna, caratterizzata
dall'eruzione, a varie riprese, di bollicine,
che appassiscono e seccano dopo qualche
giorno. Infezione ben diversa dal vaiuolo.
Varietas deiectat: antica e viva sen-
tenza, di formazione — penso — popolare,
la varietà piace.
Varo: terni, med., dal lat. varus-a-U7n
= volto, storto. Dicesi di membro o parte
di membro piegato all'indentro (V. Valgo).
Va sans dire: locuzione francese usata
per vizio [s'inteìide, si capisce).
Vascello fantasma : leggenda allegorica
olandese di nave errante pei mari, che
apportava sventura alle altro navi che in
essa si imbattevano. Fornì argomento di
un romanzo del Marryat {The Phantom
Ship^ 1839), di opere musicali (Wagner),
di novella (E. Poe).
Vas electionis: fu detto S. Paolo (Cfr.
Atti, IX, 15; Dante, Inferno, II, 28).
Vaso d'elezione si dice talora in senso
ironico di persona priva di ogni cosa eletta.
Vasel d'ogni froda: j^ieno di ogni frau-
dolenza, locuzione dantesca, Inf. XXII,
82 (Cfr. Vas electionis). NB. Per vasel
non si intenda piccolo vaso.
Vasi : nel linguaggio marinaresco si de-
signano con tale nome due enormi tronchi
di quercia squadrati, che costituiscono la
base dell'invasatura (V. questa voce) su
cui scivola la nave che si deve varare.
Vasi sembra derivare dal latino vara =
traversa, cavalletto, voce usata da Vitru-
vio e nel linguaggio tecnico de' costruttori
latini. Onde il yerho varare? Il Gugliel-
motti, « per togliere equivoci », consiglia
vase e vasa.
Vaso delle Danaidi : locuzione tolta
dall'antico mito delle cinquanta figlie di
Danae, dannato nel Tartaro a riempire
anfore senza fondo in pena dell'uccisione
do' loro mariti : dicesi di cosa senza fondo,
che nulla conserva, tanto in senso mate-
riale che morale.
Vaso di Pandora: V. Pandora.
Vasomotore: in medicina od in fisiologia
attributo di nervi, centro, sistema: re-
gione cioè del midollo allungato (centro),
e filamenti (nervi) per cui è regolato e
coordinato il movimento dei vasi sanguigni.
Ingl. vaso-motor. fr. vasomoteur .
Vasomotoria (innervazione): quella che
presiede al movimento dei vasi sanguigni
donde deriva nella cute l'arrossamento o
impallidimento. La sua reazione fu trovata
frequentemente anormale nei criminali.
Vate!: nome del maggiordomo del gran
Condé, e la leggenda narra che si uccise
pel dolore di non aver potuto allestire del
pesce fresco ad un banchetto che il vin-
citore di Rocroi offriva a re Luigi XIV,
nella sua magnifica dimora di Chantilly.
Suona Vatel antonomasticamente eome
cuoco famoso, al pari del romano Apicio.
Vaticano : nome antico di colle di Roma,
dimora del Papa ; quindi il governo del
Papa, nel modo stesso che si dice la Porta
il governo del Sultano. / fulmini del va-
ticano = le scomuniche (a cui il pensiero
moderno ha fatto da parafulmine).
Vaudeville : nota specie di operetta : voce
francese, formata da un vai o vau de Vire
(in origine canzoni bacchiche « du vallon
de Vire », secolo XV).
Vecchia (la): dicono in alcune terre
dell'Emilia e della Romagna ed in Pie-
monte (?) il luminello (V. Gibigiana).
Vecchia destra (la) : la destra (noto
partito politico italiano, V. Destra) del
periodo rivoluzionario, anteriore al 1876,
anno della sua caduta. Si contrapone a
sinistra storica, detto della sinistra, an-
teriore al tempo stesso, cioè al suo av-
vento al potere ed al trasformismo (prime
Ministero Depretis).
Vecchia guardia: fu storicamente la
Guardia Imperiale Napoleonica, formata
di fidi e valorosi soldati, invecchiati in
quelle epiche battaglie. La guardia mum'e
ma non s'arrende (AVaterloo). La garde
meurt et ne se rend pas. La parola vi euri,
secondo alcuni, avrebbe dato origino al
discusso motto di Cambronne {merde.').
(V. / Miserabili di V. Hugo, tomo III,
lib. I, 2°). Si dice vecchia guardia per
indicare i primi fondatori o audaci asser-
tori di un partito.
Vecchio: ò anche termine familiare di
amicizia: nel diminuiti vo dioosi anche dai
bambini, ed è uso comune nei vernacoli
A. I'anzini, Supplemento ai Dixionari italiani.
lìH
Vec
— 514 —
Vei
dell'alta Italia. Così in fr. mon vieux =:
mot d'amitié qui se dit très bien a un
jeune homme (Cfr. le locuzioni nostre fa-
miliari : i miei vecchi per dire i miei ge-
nitori; la mia vecchia per dire la mia
moglie).
Vecchio Adamo (il) : vale il vecchio pec-
cato^ il difetto d'origine.
Vecchio della Montagna (il): storica-
mente fu così detto il capo della famosa
setta degli Assassini, stabilitasi su la fine
del secolo XI sui monti della Persia. Di-
fesi per indicare inspiratore occulto (iro-
nicamente).
Vecchio Stile: attributo del Calendario
Giuliano in opposizione al nostro, Grego-
riano. Cotesto calendario è seguito dai
popoli che seguono la religione greco-scis-
matica 0 ortodossa (Russi, Greci, etc.)
ed è in ritardo sul nostro calendario di
13 giorni.
Vedere : nella locuzione farne vedere ad
uno., vale «tormentare, martoriare, far sof-
frire ». Questa locuzione familiare è anche
in francese en fair e voir à quelqu''un in
tale senso ; ma sono forme parallele, non
di imitazione.
Veder le stelle: dicesi di acuto e mo-
mentaneo dolore fisico, per l'effetto di
certi bagliori o fosfeni che passano su le
pupillo in quell'attimo. Antica locuzione
familiare.
Vedere per credere: locuzione da fiera
e da saltimbanchi, trasportata nel lin-
guaggio familiare in senso faceto ed iro-
nico, detta di cosa che non pare vera, e
pure è veramente.
Vedi Napoli e poi mori : locuzione nostra
che vale dopo Napoli non, v'è più ninna
cosa si bella., onde si può morire. Secondo
alcuni la locuzione è fondata sul bisticcio
della parola mori., nome di luogo presso
Napoli, che non esiste. Vedi Napoli e
poi .... è titolo di un libro del Ferrigni
(V. Yorick).
Vegetare : far vita puramente materiale
come le piante le quali vegetano. Es. In
questa città si vegeta., manca ogni nutri-
mento dello spirito. Questo neol. è dal
francese vegeter = vivoter., vivre medio-
crement., miséi-ablement^ ovvero è forma
parallela ?
Vegetariano : neol. dal fr. végétarien.,
usato per significare quelle persone le
quali non fanno uso se non dei vegetali
ed abborrono da cibi ricchi di albumina
(carne), laddove l'uomo, per fisiologia, è
erbivoro e carnivoro insieme. I primi ve-
getariani furono in Londra verso il 1810.
In Italia molta parte della popolazione per
necessità economica e di clima e per la
eccellenza delle verdure e de' legumi è,
senza esagerazioni nordiche , propensa
alla dieta vegetale. Vi sono persino co-
lonie 0 falansteri (Ascona) di gente la
quale fa professione di vivere secondo
natura (V. Naturalista)., ritornando cioè
alla semplicità primitiva. L'assoluta dieta
vegetale è norma per costoro. Esagerazione
nordica e reazione alla complicata e fati-
cosa civiltà moderna spiegano lo strano
fenomeno.
Vehme : secondo scrittura francese, e
venie secondo scrittura nostra : nome di
famoso tribunale segreto in Germania
(Vestfalia) nell'Evo Medio. Veìne nell'alto
tedesco medioevale vale condanna., puni-
zione.
Veilleuse: fr., lumino da notte {daveiller
= vegliare, vigilare, quasi lume vigile).
Veine: in gergo familiare francese, vale
chance., bonheur. In italiano vena figura-
tamente vale disposizione, talento., vale
sentire., essere un poco : es. ha una vena
di pazzo (cfr. averne un ramo)^ vale di
buona voglia: es. fare una cosa di vena.
Velo: V. Velodromo.
Velocìfero : al tempo delle diligenze era
così chiamata quella vettura che correva
più diretta. Dal fr. velocifere: diceasi
anche in antico il velocipede.
Velodromo : (dottrinalmente si dovrebbe
dire velòdromo come ippòdromo^ etc.)
per campo delle corse (ciclistiche) è un
vocabolo ibrido, dal lat. velox = veloce e
dal gr. ó^ó/fo^ = corsa. Osserva l'Arila
«che già era stato introdotto ciclodromo.,
che se non altro aveva il merito di essere
tutto d'un pezzo, cioè tutto greco, e po-
teva bastare». Vero è che velodromo è
voce non di nostro conio, ma francese, vé-
lodrome. I francesi hanno anche la voce
di gergo velo := velocipede. E la legge del
Brenno, cui conviene subire.
Vel
— 515
Yen
Velvet: velluto dì cotone. \ Velvet è dal-
Fingleso: diminutivo di veluet: basso la-
tino velluctum = velluto.
Vena: V. Veine.
Vendere (corsa a): nei manifesti delle
corse accadrà spesso di leggere questa lo-
cuzione, corsa a vendere^ e siccome questa
bizzarra locuzione sarà da taluno ine-
sperto dello sport^ poco intesa, ecco che
vuol dire : è una corsa nella quale i pro-
prietari dei cavalli inscritti dichiarano il
prezzo di vendita dei loro cavalli. Il ca-
vallo vincitore è messo all'asta al prezzo
dichiarato. Il peso (fantino, sella, e so-
pracarico) è in ragione diretta del prezzo
dichiarato. C'è poi anche la corsa a re-
clamare (altra bella frase!) in cui qual-
siasi dei cavalli inscritti può essere do-
mandato, pagando il prezzo dichiarato, più
il premio.
Vender la pelle dell'orso: locuzione fa-
miliare, uguale a quest'altra, vender l'uc-
cello su la frasca = fare assegnamento su
cosa non conseguita ed assai dubbia. (Dalla
nota favola di quei tre cacciatori che fa-
ce van conto di pagar l'oste col premio che
la comune avrebbe dato per l'orso ucciso.
E quando lo videro, fuggirono).
Vendetta corsa: cioè omicidio giurato
ed eseguito dopo lungo tempo, al mo-
mento opportuno, quasi sciogliendo un
voto, ciò secondo il costume di quel po-
polo. È pena di morte. NB. por la filosofia
delle parole, vendetta è voce accolta in
francese.
Venditorio: idiotismo {venditori) che
leggesi in Milano su molte scritte, in
vece di macelleria.
Venerabile: come grado massonico, V.
Massone.
Venere di Milo: è la famosa statua el-
lenica (così detta dal luogo ove fu trovata),
tronca dello braccia, la perla del museo
del Louvre in Parigi : prodigio della sta-
tuaria antica, dinanzi a cui lagrimò Ar-
rigo Heine, in sul finir della vita! Il nome
ricorre come termine di raffronto di somma
bellezza.
Venere nera: V. Appendice.
Venere pandèmia: V. Pandemia.
Venere solitaria: V. Onanismo.
Veneree (malattie): V. Malattie veneree^
e qui aggiungi emendando: esse compren-
dono l'ulcere ed il bubbone venereo di
natura benigna e conseguenze locali ; la
blenorragia, malattia specifica del gono-
cocco di Noisser (bacillo della gonorrea)
capace di trasmettersi per contatti, sia
su gli organi sessuali, sia agli occhi (onde
V oftalmia blenorragica dei neonati, e
l'autointossicazione di chi toccasi gli occhi
con tale veleno). La sifilide^ o forma
celtica^ non è compresa nella denomina-
zione di malattie veneree: essa è ben più
grave male : trasmissibile per contatto,
purché la mucosa o pelle sia ulcerata,
cioè abbia soluzione di continuità. Sifilide
congenita è quella dei bambini, generati
da padre o madre sifilitica. La sifilide è
germe non del tutto ancor noto. Ben gua-
rita, non è recidiva.
Venezia Giulia o Regione Giulia: noto
questo nome geografico perchè come re-
cente, è omesso nei lessici : esso fu dato
da Graziadio Ascoli alla regione costituita
geograficamente da parte del bacino del-
l'Isonzo, dal territorio di Trieste e dalla
penisola istriana.
Veni foras (Lazare): così Cristo al morto
Lazzaro, risuscitandolo (Evangeli). Dicesi
in senso faceto, vieni fuori/
Veni, vidi, vici: epistola sintetica di
Cesare, annunziante la sua vittoria su
Farnace nel Ponto: venni, vidi., vinsi
(Plutarco, Detti memorabili di re e di
capitani). Eipetesi familiarmente per si-
gnificare rapida e felice riuscita.
Veniam petimus damusque vicissim :
questa vènia domandiamo e concediamo
a vicenda., cosi Orazio [Arte Poetica., 11)
a proposito d' arte e con significato di
umano e reciproco compatimento : il
motto poi è usato per ogni argomento o
questione.
Venir con l'ultima: cioè con l'ultima
corsa; familiarmente e figuratamente vale
capir le cose troppo tardi.
Venire al ferri corti : si dico quando
noi litigi o questioni è messo da parte
ogni riguardo o cautela: ferro corto è il
pugnale, onde la locuzione deve trarre ori-
gine da questa forma risolutiva o forooo
di combattimento.
Venire all'uovo : locuzione nostra fan\i-
516
Ver
Mare tolta dalla gallina che torna di per
se al nido ; detto di chi spontaneamente,
senza esortazione o rimprovero, trova op-
portuno ritornare al suo posto ed ufficio
dopo averlo disertato.
Venire al tandem o anche all'ergo : fa-
miliarmente vale venire al nocciolo della
questione^ alla conclusione o spiegazione
(lat. tandem.^ finalmente; ergo^ dunque).
Venire a taglio: cadere op'portuno.
Ventino: moneta di nichelio da 20 cen-
tesimi : voce familiare.
Ventitré (portare il cappello su le) :
cioè inclinato^ alla brava. Locuzione fog-
giata per similitudine del sole che su le
ventitre ore (antica numerazione) declina.
Ventre a terra : per di carriera., detto
dei cavalli, è il fr. veyitre à terre.
Vera: nel Veneto e in Lombardia è l'a-
nello di sposa. Vera vale altresì puteale, pa-
rapetto del pozzo, di forma appunto anulare.
In latino c'è viria = braccialetto; in fran-
cese virole = vera, viera, ghiera (Cfr. il
verbo virare). L'etimologia di questa pa-
rola non è delle piii chiare. La parola
vera vale come senso lo stesso che ghiera;
ma se poi come etimologia esse formino
una cosa sola, non ardirei affermare benché
paia probabile. Secondo il Diez ghiera
deriverebbe dall'antico alto tedesco gér =
lancia. (Cfr. gherone). Il Musaffia antepone
il latino veru = spiedo, senza negare l'in-
flusso di gér sul mutamento del v in g.
Il Tommaseo spiega : « Viera lo stesso
che ghiera., rammenta veru = spiedo :
Pur uscì fuori, e con quella ruiiia
Va che dalla balestra esce la viera
Boiardo, Ori. Inn., Libro III, Capo IV, 10,
nel rifacimento del Berni ». In alcune
terre delle Marche e di Romagna si dice
ver ghetta., la vera zrz anello nuziale.
Vera incessu patuit dea: (Vergilio,
Eneide., I, 405): al portamento apparve
la sua deità. Così Venere se stessa, in-
volontariamente, rivela ad Enea. Dicesi
in lode di bellezza muliebre.
Veranda: vocabolo che gli inglesi tolsero
dall'India e che si trova altresì ne' diz.
francesi. Indica una terrazza coperta o
loggiato. Dal sanscr. veranda., da var --=:
coprire.
Verba verba, praetereaque nihii : lat.,
parole parole e poi nulla (Cfr. Shakespeare,
Amleto., II, 2: Wordsl ivords! ivords!
e Orazio, Epistole^ I, 1, 34: sunt verba
et voces).
Verba volant, soripta manent: lat.,
le parole volano e lo scritto rimane.
(Cfr. l'altro motto: carta camita e villan
dorme).
Verbigrazia: dal latino verbi gratia., di-
ceasi una volta invece di per eseìnpio :
oggi non si direbbe che in tuono faceto.
Verboten: ted., proibito: ricorre nei
paesi tedeschi come avvertimento publico
di ciò che è vietato. Ma a noi, italiani,
amantissimi della maggior libertà, questo
rigido teutonico verboten pare un eccesso
pedantesco e però in senso faceto ricorre
talora questa parola.
Verghetta : = anello nuziale (V. Vera).
Vergine : attributo di molte cose, non
tutte notate nei dizionari : foresta vergine.^
vino vergine (non fermentato con vinacce),
ed anche si dice la verginità di un par-
tito, quando esso non ha ancora fatto l'e-
sperimento pericoloso del potere.
Vergine Rossa: fu detta Luisa Michel,
la nota comunarda francese. Dicesi per
estensione di donna anarchica, che scende
per le vie ad accendere la sommossa. Voce
del giornalismo.
Vergissmeinnioht: V. Myosotis.
Verglacé : part. di verglacer, tradotto in
vetrato., es.: rocce vetrate (V. Verglas).
Verglas: fr., è la pioggia diacciata., la
brina., quella che in romagnolo dicono
galavenia (cfr. l'antica voce calaverno).
Verglas è parola tradotta da alcuni in
vetrato (sost.). | Verglas pare derivi da
verre e giace = vetro gelato (Diez) per
la somiglianza che questo nevischio ha
col vetro. Confronta la stessa parola in
])armigiano vedergiazx. La parola nostra
è nevischio.
Verismo : in arte, vedi Naturalismo.
Come nome di nuova scuola letteraria ella
è cosa, come al solito, francese (E. Zola),
scimmiottata da noi in una serie stucche-
vole di romanzi, drammi e novelle, e fu
di moda specialmente sul finire del secolo
scorso. « Il verismo » così è definito da uno
scrittore francese: c'est un natm-alisme
Ver
517
Ver
ou un réalisme allant jusqu'aux eonsé-
quences extrèmes de son premier prin-
cipe, 0, por dir meglio, è un realismo
che non ama cogliere che uno speciale
aspetto della realtà.
Verità rivelata: ciò che dalla Chiesa è
ritenuto vero per virtù di rivelazione (V.
questa parola).
Verità vera: è una ben curiosa locu-
zione ! La chiosa è troppo facile, e si può
lasciare a chi legge.
Veritas odium paril: V. Obsequmm^ etc.
Vermeil : fr., argento dorato. | Vermeil
etimologicamente vale vermiglio.
Vermout e Vermouth: sono prevalenti
scritture alla francese, in italiano vermut:
secondo i toscani vermutte^ nota specie
di vino bianco medicato. Neologismo tolto
dai francesi che lo tolsero alla lor volta dal
tedesco. Wermut = assenzio, radice contro
i vermi? (Secondo il Kluge op. cit. è voce
di origine incerta). La fabbricazione del
vermut è fatta specialmente in Piemonte
e forma oggetto di notevole esportazione.
Vermout' d'onore : vermut dato per o-
norare publicamente ospiti o personaggi
(Y. Vermont).
Vernio: antico e bell'aggettivo {verne-
reccio^ bacìo)., vivo in alcuni dialetti e
campagne, come opposto di solatio (cioè
verso tramontana).
Vernissage: si chiama in Francia vernis-
sage la visita di un'esposizione di belle
arti alla vigilia delia sua apertura ufficiale,
visita alla quale non sono ammessi che
pochi e privilegiati invitati. Parecchi de-
cenni addietro i pittori dipingevano su
tele con imprimitura ad olio e allora, ad
opera finita e ben- asciutta, vi si passava
sopra una mano di vernice trasparente.
Quest' operazione si faceva alla vigilia
dell' apertura della esposizione , perchè
per lo pili le opere, finite appena pel
giorno della consegna, mancavano della
vernice, ondo il nomo di verniciatura (ver-
nissage). Ma dacché è prevalso il sistema di
dipingerò su tela preparata a gesso, su ta-
volette, etc. etc, la verniciatura dell'opera
non è più necessaria, tuttavia perdura
l'usanza della ammissione preliminare
nello sale della esposizione dogli artisti-
autori 0 di persone privilegiate, e que-
sta visita conservò il nome di vernis-
sage.
Ver rongeur: voce del gergo francese,
vale il cocchiere preso ad ora. (Rode,
neir attendere, la borsa del cliente).
Ver sacrum: lat., primavera sacra.
Voce storica che significò il voto presso
gli antichi popoli italici di sacrificare agli
Dei tutte le primizie dell'anno. Gli uomini
che erano così sacrificati, si mandavano,
come getto o pollone, fuor de' confini per
formar nuova patria.
Versaiuolo: è detto familiarmente e per
ispregio dei fabbricatori di versi. NB, La
passione del comporre versi è un'antica
e ben nota forma di malattia intellettuale
italiana.
Versamento: dicesi dei pagamenti che
vengon fatti presso le Banche mediante
distinta nella quale vengon specificate le
valute. Dicesi pure degli esattori per le
somme dai medesimi riscosse, e che ven-
gono versate ai tesorieri. Dal fr. verse-
ment., e perciò notata dai puristi, i quali
consigliano pagamento : ma versamento
pare oramai voce tecnica nei sensi su detti.
Versante: è voce tecnica per indicare
le linee di displuvio di una catena di
monti (spartiacque o crinale montano). E
neol. tolto dal fr. versant. 1 puristi con-
sigliano pendio., declivio., acquapendente.,
ma i geografi seguitano a dire versante
ancorché il Rigutini avverta essere « voce
inutile, introdotta non per arricchire, ma
per impoverire la lingua ». Scommetto però
che anche la Crusca, quando arriverà al
V, dovrà registrare questa parola.
Versasoioltalo: voce letteraria, coniata
dal Barotti in ispregio dei frugoniani, ul-
tima maniera arcadica, terribili facitori di
versi sciolti : cosi pure è del Baretti sotto
il pseudonimo di Aristarco Scannabue nella
sua Frusta Letteraria., la parola pasto-
relleria., contro lo svenevolezze dell'Arca-
dia (Cfr. la famosa opera del Settecento
Versi sciolti di tre eccellenti moderni
autori).
Versione : por narrazione di un fatto
con speciale interpretazione, spiaco ai pu-
risti. È infatti dal francese : version r=
vianih'e de raconter un fait.
Verso: propriamente verso -folio. Gli
Ver
518
Ves
antichi libri si usavano numerare a carte,
non a pagine, come oggidì, perciò si di-
ceva verso la seconda pagina, non nume-
rata. Voce dei librai e bibliofili (V. Retto).
Vertenza : « sebbene sia formato da uno
dei sensi del verbo vertere i= pendere in
giudizio, pure non è bello usarlo per lite.,
questione, piato » (Eigutini).
Vertigine: come termine medico, è sin-
drome determinata specialmente dal senso
della instabilità nello spazio rispetto alle
cose circostanti.
Verum scire est per causas scire : lat.,
il vero sapere è il sapere coìioseendo le
cause. E motto abusatissimo, che ricorda
il vergiliano felix qui potuit rerum cogno-
scere causas (riferito a Lucrezio) Ma di
chi è? motto baconiano? leibniziano?
Verve : voce francese, frequente ed abu-
siva per brio., calore., anima (dell'artista,
del poeta, dell'oratore). Verve., dal lat. ver-
va == testa di montone , indi capriccio
architettonico? (Cfr. l'etimologia della pa-
rola nostra capriccio, da capra).
Verza : (da verde) in Lombardia e nel-
l'alta Emilia dicesi ^qv cavolo. Il Petroc-
chi, che si attiene al puro fiorentino, ha
verzotto., che è appunto il cavolo verzotto
con foglie grandi verdi e cesto a palla, o
cavol cappuccio. Cappuccio appunto a Ve-
nezia e a Napoli. Bròccolo., tanto in Lom-
bardia come in Eomagna e in molte altre
parti d'Italia è chiamato volgarmente il ca-
volfiore., appunto da brocco., onde brocca.,
broccato etc. Molti diz. spiegano broccolo
semplicemente per tallo del cavolo o della
rapa.
Verzellino: piccolo uccello dell'ordine
dei Coracorniti, della famiglia dei frin-
guelli, Serinus hortulanus., detto anche
Scrino, Crispolino, Verdolino, Raperino.
Verziere: lat. virido.rium., voce antica
per giardino e in tal senso fuori d'uso :
è rimasta nel dialetto milanese per indi-
care il mercato delle erbe (verzèe).
Vescica sgonfia: locuzione piena di sa-
pienza popolare per indicare quelle persone
che altamente presumono di se, e dall'e-
sperienza vennero conosciute vuote di
valore. NB. Le vesciche sorreggono il
mondo, come le botti vuote i galleg-
gianti, e pili sono piene di vento, piti ser-
vono. Talora però accade che qualcuna
scoppi e si sgonfi e allora non ha più
pregio.
Vespasiano: V. Monumenti Vespasiani.
Vestaglia : veste da camera per signora.
Vestale : (propriamente la sacerdotessa
della Dea Vesta., vergini innupte) : ironi-
camente e familiarmente talora si dice per
meretrice., donna del giro.
Veste (aver) : per avere autorità è « neo-
logismo inutile quanto barocco» (Eigutini).
Vestis virum facit: lat., l'abito fa l'uo-
m,o, cioè l'essere è nel parere. Cfr. il
proverbio siciliano : Scarpi., causimi e
jiuppuni Ti fanno compariri barimi.
E diceva Cosimo il vecchio come due canne
di panno rosato facevano tm uomo dab-
bene.
Vestito : raccolgo in breve sotto questo
vocabolo, a cui spesso rimandai, nozioni
che pur formando argomento di libri e di
scritti vari, sono tuttavia più frequente-
mente cercate che facilmente trovate. La
Rivoluzione francese (1789-1815) rivolu-
zionò il vestito. I calzoni lunghi, i colori
prevalentemente scuri, il cappello a staio,
la rigidezza del taglio sono frutti della
civiltà borghese. Però cosa notevole : men-
tre fra due uomini, l'uno in marsina, l'al-
tro in parrucca e spadino (secolo XVIII) il
distacco è grande ; una dama in abito o-
dierno da ritrovo o da ballo non stone-
rebbe fra dame vestite all'antica. La donna
non potè abbandonare la piuma, il colore
vivace, la trina, lo svolazzo. Il così detto
abito maschilizzato (abito tailleur) non
indica una nuova tendenza, ma un co-
modo in alcuni casi e, forse, una raffina-
tezza. La sostituzione dei calzoni \^ì in-
tende di quelli di stoffa) alla gonna non
potrà prevalere se non in alcuni speciali
casi di comodità pel moto ginnastico. La
sottana è intimamente congiunta alla fi-
siologia e psicologia muliebre. Prima della
Rivoluzione non sarebbe proprio dire che
la Francia, che pur era maestra di ogni
eleganza, avesse vera e propria moda.
La moda (fr. mode., dal latino modus =
cioè «uso passeggero, dipendente dal gusto
e dal capriccio», inglese fashion) suppone
la mutabilità della foggia e degli adorna-
menti. Questa mutabilità è cosa propria
Ves
519 —
Ves
della civiltà nostra: prima della Rivolu-
zione i tipi erano relativamente fissi, mu-
tavano lentissimi, seguendo il complesso
stile del secolo. Confronta i costumi con-
tadineschi che ancora rimangono in qual-
che nostra regione (Sardegna, Sicilia ad
es.). Di queste mutazioni molta causa
spetta alle necessità ed astuzie commer-
ciali, molta alla tendenza borghese di e-
mulare e pareggiare le classi privilegiate
per censo e nobiltà. La moda propria-
mente detta comincia dal tempo del II Im-
pero ed il famoso sarto Worth ne fu va-
lido cooperatore {eonfexione di abiti fatti,
stoffe e accessori, velluto, trine etc, in
vendita presso il laboratorio del sarto,
colori e tessuti, secondo il gusto). Della
moda muliebre — vera scienza dell'arte
del piacere — tiene ancora lo scettro
Parigi : dicendo moda si intende moda di
Francia. (Cfr. la piavola de Franxa =
il figurino). Vero è che tale impero è con-
trastato da Londra e da Nuova York : non
sarà però facile spodestare quel popolo fran-
cese che sembra avere uno speciale senso nel
culto, quasi feticista, della bellezza mu-
liebre. Talora ci si domanda : Da chi è
data la volubile moda? Spesso da veri
artisti, spesso dal gusto o capriccio di
donne mondane, attrici, artiste; spesso dal
mero caso. Riunioni eleganti, sportive,
cerimonie, teatri etc. servono ad esporre
al giudizio una data moda. Accettata che
essa sia, conviene, per chi non vuole tro-
varsi in arretrato, ricorrere a Parigi. Ciò
sanno sarte e cuffiaio di provincia. Per
quanto variabile, la moda trae dall'antico
e deriva evolvendosi da modelli prece-
denti. In questi ultimi tempi un senso
voluttuoso e squisito di colori, di stoffe,
di linee, sembra, più che il capriccio, pre-
siedere alla moda, deformando la linea
anatomica di quel tanto che basti a sol-
lecitare i sensi, argomento di geniale
studio sarebbe il raffronto tra le tendenze
estetiche dell'arto fioroalo e la moda mu-
liebre : esaminare lo sforzo di dare alla fi-
gura muliebre una voluttuosa sembianza di
efebo. Necessaria quindi con la cosa, la
soggezione ai vocaboli francesi. Ma, fatto
strano ! mentre le nostro sarte e le nostro
signore ripetono il vocabolo, quale esso
sia, dei figurini, i cataloghi dei magazzini
parigini per l' Italia, usano parole ita-
liane e con sufficente precisione e ris-
petto alla nostra lingua. Inutile cura, o
gentili francesi ! Quanto alla moda ma-
schile, domina il modello inglese, infor-
mato ad un concetto di igiene, di comodo,
di praticità: da ciò deriva l'eleganza ma-
schile nel vestire comune. Come seguire
i mutevoli vocaboli, stranieri per la più
parte, ma spesso modificati o dal capriccio
dei sarti, o dallo snobismo degli eleganti e
degli scrittori o dall'influsso delle voci
nostrane, regionali? Fra i vocaboli ho
notato quelli che mi parvero più stabili.
Ecco una specie di elenco. I cappotti d'in-
verno, secondo le fogge e le stoffe, hanno
questi vari nomi: Paletot^ Ulster^ Pala-
midone^ Raglan^ Makferlane, Pipistrello,
Talma (mantello a ruota completa, la cap-
parella romagnola], Punch^ Overcoat =
Waterproof 0 Rainproof^ dall'inglese wa-
ter = acqua, rain = pioggia e proof =:
prova, a prova di acqua; oppure Gover-
tcoat, soprabito impermeabile: Overcoat
^z Rnche pardessus (dall'inglese over .=:
sopra e coat =: abito : cfr. cotta), Spencer^
per militari, Sport^ soprabito largo, corto,
elegantemente bizzarro, così dotto perchè
di prammatica nelle riunioni sportive;
Bismarck^ specie di Ulster^ ancora in
uso presso i tedeschi, e così detto dal
nome del famoso statista (V. Ulster)-^
Chesterfleld, soprabito lungo di stoffa color
fantasia. L'abito da cerimonia, nero, chiuso
a due petti: Stifelius, Redingote, e se
di color rosso, come usa nelle cacce, Ri-
ding coat^ dall' inglese riding = caval-
cando (V. Redingote)., Prefettizia., (nel
Veneto), Financière, perchè usato all'e-
stero da banchieri o finanzieri. L'abito a
falde, solitamente nero : Taìt., Dorsay.,
e con voce inglese Morning coat., se di
stofi'a color fantasia, da portarsi al mat-
tino ; Dining ooat., se nero, da portarsi a
pranzo; Gratis o Kraus., Habit (Torino),
Paltorino (Milano), Sciassa (Napoli).
L'abito a coda di rondino: Marsina (spo-
cialinento por militari, diplomatici), Ve-
lada (Venezia), Frac (V. questa parola),
Abito (por antonomasia, dal francese habit
noir), Evening coat. Anche la Giacchetta
Vet
— 520 -
Via
a sacco è denominata inglesemente Saek;
il giacchettino nero da conversazione,, balli,
teatri, Sìnoking (propriamente Smoking
eoat^ Y. questa parola. L' abito o muta
di stoffa tutta di uguale colore, totd de
méme (V. questa parola). Il panciotto o
sottoveste di vivaci disegni e tinte, gilet
fantasia. I calzoni hanno anch'essi varietà
di nomi , Panaehes o Breeehes quando son
corti (brache in fr. culotte) e di special
foggia per gli eleganti cavallerizzi. Kni-
cTcer-bockers = smallclothes (i gambali di
lana grossa per alpinisti e ciclisti che si
portano con le brache). Infine Oolfcoatz=.
abito pel giuoco del Golf; Yachting coat z=i
abito negli esercizi nautici, etc. etc. Bi-
sogna convenire che i nostri eleganti hanno
anche loro una certa fatica da fare per
imparare bene tutte le mutabili parole che
r Inghilterra, l'America, la Francia im-
pongono.
Vetrioleggiare : verbo formato per imi-
tazione del neol. francese vitrioler ^ get-
tare il vetriolo in faccia (forma di ven-
detta deturpante, usata talvolta nelle bat-
taglie d' amore). Vitrioler^ vitrioleur^
euse = qui jette du vitriol pour aveugler
ou défigurer par vengeance^ sono in fran-
cese voci di gergo. In Napoli è a tale
effetto in onore il colpo di rasoio sul volto,
sfreg io , sfregiare .
Vetrocromia: pittura sul 'vetro.
Vetterli: nome del facile italiano che
fu adottato nel 1871 : modificato nel 1887
secondo il sistema Vitali, oggi sostituito
da più perfetto modello (per l'esercito at-
tivo). Dal nome dell'inventore, Federico
Vetterli, direttore della fabbrica d'armi di
Sciaffusa (Svizzera).
Vettura Negri : fu propriamente nome di
un'antica impresa di diligenze che faceva
servizio da Milano a Saronno. Partiva
dall'albergo Torre di Londra^ in via Ro-
vello. Divenne e rimase proverbiale per la
lentezza, sopratutto, dopo l' introduzione
delle ferrovie (Saronno fu unito molto tardi
a Milano per mezzo della ferrovia detta
del Nord, quindi la diligenza sopravisse
per lungo tempo alle sue simili). Anche
le altre comunicazioni attorno a Milano
non erano rapide, di che è prova questa
vecchia strofa :
Il postiglion di Monza
si chiama Trottapiano,
impiega un giorno e mezzo
per giungere a Milano.
Questa locuzione , estesa a significare
lentezza grandissima^ è nota anche fuori
di Lombardia, certo per effetto del
giornalismo milanese. | Altra locuzione,
ma antica, di senso affine, e notata
in ogni buon lessico, è il soccorso di
Pisa. Ma non credo che tutti ne sap-
piano con precisione 1' origine. Essa si
riferisce al promesso e non mai mante-
nuto soccorso deirimperatore alla ghi-
bellina Pisa nella sua continua e fatai
guerra contro Firenze, nel Cinquecento.
« Massimiliano Ee de' Romani s'era messo
in pensiero di calare in Italia, non tanto
per prendere, secondo il rito de' suoi pre-
decessori, la Corona e il titolo Imperiale
in Roma, quanto per ristabilire i diritti
dell'Imperio Germanico in queste Provin-
cie e recare a Pisa, continuamente infe-
stata dai Fiorentini, quel soccorso che
tante volte promesso, e non mai eseguito,
fece poi nascere il proverbio del Soccorso
di Pisa». Muratori, Annali d'Italia., anno
di Cristo 1508.
Vexata quaestio: lat., questione agitata^
discussa^ dibattuta, su cui si è detto tutto
ciò che poteva esser detto senza che le
parti contendenti si accordino, e perciò
vale anche questione inutile.
Vi : abl. latino, per me%;%o di violenza^
Via : nelle locuzioni via di fatto per
violenza, percossa; via diplomatica per
diplomaticamente ; via amministrativa,
per amministrativamente, etc. è esten-
sione della parola, che spiace ai puristi:
comune nell'uso (Cfr. il fr. voie de fait =
coups donnés a quelqu'un).
Viabilità: stato delle vie, neologismo
tolto dal francese viabilité : si riprende
dai puristi, ma è oramai accolto nei mo-
derni dizionari dell'uso, ed è voce di cui
non sapremmo fare a meno.
Via crucis: la via della Croce, devo-
zione cristiano-cattolica che si compie
passando da una all'altra delle quattordici
imagini che rappresentano le stazioni della
passione di Cristo, onde nel linguaggio
familiare via crucis vale andare da uno
Via
521
Vie
ad un altro per ragione di affari o di uf-
ficio, con molto tedio, umiliazione e spesso
poco vantaggio.
Via di Damasco (su la): vale sit la via
della conversione^ dalla nota leggenda di
Saulo (indi Paolo) il quale recandosi a
Damasco per esterminare i Cristiani, fu
da una visione indotto a quella fede di cui
divenne apostolo meraviglioso.
Viadotto: cavalcavia o soprapassaggio
di grande elevazione e solitamente a più
arcate (ferrate, strade, canali).
Viaggiare col cavallo di San Francesco:
vale andare a piedi e si dice lepidamente.
Locuzione familiare, dedotta dal lungo e
paziente peregrinare a piedi dei frati
francescani, come puoi vedere dalla let-
tura dei Fioretti di S. Francesco.
Viatico : nel gergo dei giocatori di Monte
Carlo, fr. viatique = indonnite de retour
accordée aux joueurs décavés par l'admi-
nistration des jetix de Monte- Carlo. (De-
lesalle, op. eit.).
Vibice: lat. vibex = livido. Termine
medico: linee da prima rosse, indi bian-
che e perlacee, dall'aspetto di lunghe ci-
catrici che solcano la pelle quando essa
è sottoposta ad esagerata tensione (ad-
dome delle donne incinte). Smagliature.
Vibrante: un mot qui a été adopté avec
enthousiasìne est le mot «vibrant». Des
cordes de Vinstrument, il n'a fait quun
saut au coeur de V homme ; U ancien
« passionné » est devenu « vibrant », così
Loredan Larchey nel s-uo Nouveau Suppl.
du Diction. d'Argot ; e come vibrano i
francesi in arte, in amore etc, così per
riflesso vibrano i nostri scrittori che vanno
per la maggiore. Alle donne scrittrici que-
sta metafora — io non so per qual causa —
pare specialmente cara. Abusato è pure
l'aggettivo vibrato., invece di forte, vio-
lento., energico., etc. Es. zm discorso, una
protesta vibrata.
Vibrato: V. Vibrante.
Vibrione: nome generico di bacterio
(propriamente il bacterio vibrante, mobile).,
usato estensivamente in senso morale per
sanguisuga., succhione, parassita., sfrut-
tatore del denaro publico (il sangue di
Pantalone).
Vichy : vaio acqua di Vichy, nota ac-
qua minerale (dal nome della città di
Vichy in Francia). In Italia vi corrispon-
dono per i benefici effetti le acque di
S. Pellegrino. Comuni le Vichy artificiali.
Viciniore: comparativo mal foggiato a
simiglianza di maggiore., peggiore^ etc.
Antico termine curiale. Es. Il pretore vi-
ciniore ziz più vicino.
Vicisti Galilaee!: o Cristo^ hai vinto!
parole che la tradizione attribuisce in
morte all'imperatore Giuliano l'Apostata
(V. Gaetano Negri, Oiuliano l'Apostata).
Si dice nel riconoscere l'altrui vittoria.
Victoria: carrozza signorile a quattro
ruote e due posti, con mantice, dietro :
bassa di predella, con molle leggerissime
e perciò assai adatta per signore. La pa-
rola è inglese e francese, e prevale nell'uso
alla forma fatta italiana, vittoria.
Victrix causa Diis placuit, sed vieta
Catoni : famoso e bel verso eroico di Lu-
cano in lode della magnanimità di Catone
che antepose la morte al sottomettersi a
Cesare (Far s alia .,!., 128). «La causa del
vincitore (Cesare) piacque agli Dei, quella
del vinto (Pompeo) a Catone ». Certo l'ebbe
in mente Dante quando nel Purgatorio
elevò a tanto umano valore Catone. Si
ripete il motto a conforto di magnanimità
sfortunata.
Videbimus infra: lat., vedremo frattanto^
e dicesi con intenzione parlando di cose
sospette 0 che debbono essere giudicate
dalla loro fine.
Video meliora proboque: deteriora se-
quor: nota sentenza d'Ovidio {Metamor-
fosi^ VII, 20, 21). Veggio 'l meglio ed
al peggior m'appiglio. Petrarca (nella
canzone numero XXI, ediz. Mestica, nu-
mero XVII, ediz. Marsand), ed il Foscolo
{Il propizio ritratto) :
Do lode
alla ragion, ma corro ove al cor piace.
Sentenza, oramai di sapore di scuola.
Vidimare: per autenticare., è giusta-
mente detto dal Tommaseo « inutile gal-
licismo», vidimer -z terme de pratique :
il est maintenant fori peu usité {Dix. de
l'Aoadémie fr.). Da noi è tanto dell'uso
ohe ogni dizionario lo registra.
Vleil-argent, vieil-or: benché vi siano
Vie
- 522 -
Alo
le voci oro antico^ argento antico^ molti,
in certo linguaggio, antepongono la parola
francese perchè più corrente a loro giu-
dizio e perchè con essa omettono il vo-
cabolo « colore » ; e così dicono : « una
stoffa vieil-or^ un braccialetto vieil-or », e
simili.
Vieni de paraitre : formula libraria, di
recente puhUcaxione^ o novità^ usata
specialmente nel!' annunciare al publico le
opere francesi.
Viera: questa antica voce italiana che
qualche dizionario colloca tra le parole fuori
dell'uso, vale fra i tecnici e meccanici
come ghiera^ cioè anello saldato o forzato
entro o fuori di un tubo: in fr. virole.
(Per l'etimologia di viera^ Y. Vera).
Vierge {'pettinatura alla) : Y. Bandeau.
Vieux garcon : fr., vecchio scapolo (Cfr.
la frase dialettale romagnola , giovane
antico) Y. Celibatario.
VJeux marcheur: locuzione di gergo
francese, vecchio galante., che corre an-
cora dietro alle donne.
Vignetta: per figura^ disegno^ ripren-
desi dai più rigorosi puristi (fr. vignette da
vigne). Yoce sancita dall'uso.
Vilayet: (voce araba che vale comando)
provincia^ retta da un vali: divisione
amministrativa in Turchia : è partita in
sangiacati (in turco vale bandiera)., cioè
circondari., retti da un sottoprefetto, mu-
tessarief. Nei nostri giornali prevale la
scrittura francese (sandjak^ sangiac).
Villa: nelle città dell'Italia meridionale
e della Sicilia questo nome è dato al giar-
dino del publico passeggio.
Vii maggioranza! : famosa imprecazione
del Carducci, e sincera come polla d'ac-
qua montanina, ancorché l'origine sia sub-
biettiva : il publico, oltre alle molte critiche
di carattere politico all' Ode alla Regina^
aveva interpretato la parola penna., nel
verso :
con la penna che sa le tempeste
per la cannetta o penna d'oca per iscri-
vere. « Ah vii maggioranza ! A te il suf-
fragio universale e tante scatole di penne
di ferro quante servano a scrivere altret-
tanti romanzi che t'appestino e muoian
con te. Ma strofe a te mai ! Sciagurato il
poeta che pensi a te ! Da lui la strofa a-
lata rifugge su penna d'aquila o d'usi-
gnuolo cantando Odi profanum vulgiis et
arceo ». Eterno femminino regale, in fine.
Vim vi repellere: lat., respingere la
violenza con la violenza (massima fìsica e
giuridica).
Vinaigre : in francese vuol dire lette-
ralmente vino agro, acido., cioè quello che
noi diciamo aceto. Ma gli aceti aromatici,
profumati o medicati sono talvolta insi-
gniti del nome francese. La forma francese
conferisce nobiltà: solito triste caso!
Vino brulé: Y. Brulé.
Vino cotto : usa ancora nelle Marche. Si
ottiene aggiungendo alla massa del mosto
una certa quantità di mosto concentrato
con la bollitura.
Vino di bosco : è così chiamato il vino
di Comacchio, così detto dal bosco ; nome
dato alle selvagge dune che dividono il
mare dalle valli, coltivate con speciale
vitigno che porge un vino rosso, di forte
sapore, ricco più che per alcole, per ma-
terie coloranti e tannino. Mi fu assicurato
essere vitigno originario di Borgogna, ha
infatti sapore di quei vini francesi.
Vinolina: miscuglio di materie coloranti
in rosso, derivate dal catrame, usato per
colorare fraudolentemente i vini.
Vin santo : vino spiritoso di tarda beva
e di accurata preparazione con uve bianche
perfette, come il trebbiano, la malvasia,
etc; tipicamente aromatico e comune nel-
l'Italia media e nell'Umbria. Usasi come
vino per dolci e come tonico, press' a poco
come il Marsala.
Violette : per violetta., profumo di viola.,
è voce francese usata talora, per vizio,
nel parlare degli eleganti e degli ignoranti.
Violino di spalla: vale familiarmente
0 facetamente primo aiutante.^ persona di
fiducia., e anche sgobbone: locuzione tolta
dal linguaggio musicale in cui è detto vio-
lino di spalla il primo violino dell'orche-
stra, che siede alla spalla destra del
maestro.
Violle: nome di fisico francese vivente.
In omaggio a' suoi studi venne dato il
nome di campione violle all'unità di misura
della luce da lui ideata, la quale è la
quantità di luce emessa in direzione nor-
Vii-
523
Vis
male dalla superficie di un centimetro
quadrato di platino alla temperatura di
solidificazione.
Virage: voce fr., letteralmente virata
(V. Virare) voltata^ usata nel linguaggio
dello sport marittimo e terrestre, al quale
la lingua italiana co' suoi vocaboli paro
inetta o indegna di assurgere.
Viraggio: voce francese {virage)^ da noi
usata nel linguaggio fotografico per in-
dicare il bagno d'oro o di platino che mo-
difica in meglio la tinta della stampa fo-
tografica e la rende più facile a conser-
varsi.
Virar di bordo: V. Virare e Revire-
ìììent.
Virare: ter. mar., manovra con la quale
si compiono evoluzioni con un veliero, e
cioè quella con la quale facendolo girare
di un determinato angolo per l'azione del
timone e delle vele, si passa dall'andatura
di bolina di un lato alla stessa andatura
del lato opposto, ossia si cambia di mura.
Nel linguaggio familiare questa locuzione è
estesa nel senso di andarsene^ inutare
proposito^ seguire altra direx,ione, fare
un roltafaceia^ e si intende per lo più
ironicamente di persona cui minaccia o
prudente consiglio confortano a questo.
Virata: term. mar., tempo o spazio
necessario a virare.
Viresque acqui rit eundo: acquista forza
con l'avanzare^ detto della Fama (Yergi-
lio, Eneide^ IV, 175). Si ripete in ampio
senso.
Virgola (bacillo) : nome dato al bacillo
che è agente specifico del Colera asiatico :
così detto dalla sua forma curvata a modo
di virgola (vibrione), bacillo scoperto dal
Koch.
Virtuosità: oggi significa in arte la
padronanza della tecnica, che in certi casi
finisce per costituire il merito principale
e talvolta l'unico di un lavoro d'arte. In
corti quadretti, in certe sculture l'autore
fa dei miracoli di destrezza, di virtuo-
sità. Sul finire del XVIIl e per buon tratto
del XIX secolo, almeno sino a quando il
Rossini si imposo con la sua autorità, i
cantanti gorgheggiavano i pozzi più ce-
lebri facondo variazioni, od eran detti vir-
tuosi di canto : accortasi la gente dell'ar-
tifizio applicò il vocabolo in senso deri-
sorio 0 per lo meno intendendo criticare.
Credo che così sia invalsa la parola « vir-
tuosità », la quale passò poi anche alle
arti del disegno. Quando facciamo la cri-
tica di certe opere e diciamo che l'artista
si vale della sua virtuosità, fa della vir-
tuosità, non vi annettiamo certamente
buon senso.
Virtuoso : V. Virtuosità.
Virtute duce, comite fortuna: (Cicerone,
Epist. ad Famil.. X, 3, con la virtù per
guida e con la fortuna per compagna).
NB. è detto di grande sapienza, giacché la
Virtù, quando è sola, fa poca strada; so-
sta nel famoso pozzo insieme alla Verità.
Virulenza : (lat. virus = veleno) : stato
di un microbio o di una tossina capace
di determinare nell'organismo dell'uomo
0 dell'animale degli accidenti patologici.
Viridenza moralmente vale manifestazione
violenta e maligna di nimicizia. Equivale
a veleno., fiele., es. G'è del veleno (viru-
lenza) nelle sue parole.
Virus: lat., veleno. Yoce già usata per
intuizione dai medici, prima della scoperta
dei microbi patogeni per indicare gli agenti
dell'infezione (avvelenamento). Virus., ri-
corre anche in senso morale.
Vis-à-vis : in francese è tanto preposi-
zione = di fronte., di rimpetto., come so-
stantivo, detto di persona che sta o siede
di fronte. Es. Il mio vis-à-vis ; e in questo
senso ci fu uno scrittore manzoniano che
escogitò un dirimpettaio. Pezo el tacon
del buso! E più facile chiamar vis-à-Vis
un « sudicio francesismo » (Fanfani) che
espellerlo. Vis-à-vis è anche in tedesco.
Mal comune, mezzo gaudio! Vis à vis è
pur nomo di vettura, a quattro ruote con
due sedili uguali e di fronte.
Vis comica: questa locuzione così co-
mune ed efficace, forza comica, potenza
dramatica., si è formata da un'errata in-
terpretazione ortografica dei seguenti versi
latini [P. Terentii Vita^ e:r, Suetonio):
Leniìnuì atqm utinam itci-\ptis ndinneta fwet vis,
colìtica ut acquato virtus pollet'et hotiore
cutn Oraeow.
La parola vis ~ forza, sta sola, e l'agget-
tivo comica si congiiinge a virtus., così
oho il pensiero è questo : se in Terenzio
Vis
524 —
Via
alla gentilezza si fosse aggiunta la forza,
l'onore della commedia latina sarebbe
pari alla greca commedia. Invece vis
venne unito a comica., onde il felice errore.
Visione : nelle locuzioni prendere, dare
visione (di atto o documento) è fra le più
spiacenti e comuni maniere del gergo cu-
rialesco e degli uffici. « Nessuno, neanche
di quelli che spaccian per povera la lin-
gua italiana, dirà che queste maniere sono
necessarie » . Così a buon diritto il Rigu-
tini. La spiegazione più plausibile che se
ne può dare è che il gergo curialesco ha
bisogno di frasi fatte e che esprimano in
modo non comune le cose più comuni : in
cotesto la goffaggine ha buon passaporto.
Vis medicatrix naturae: lat., la forza
medica che è nella natura., antico ter-
mine, universalmente usato per indicare
i poteri difensivi dell'organismo. Ad es.,
le papille nasali che fermano il pulviscolo
atmosferico ; i fagociti, cellule che si im-
padroniscono degli agenti patogeni ; la
compensazione nei mali cardiaci, etc.
Viso aperto (a^ : difendere a viso aperto.^
cioè con fermo coraggio, senza umano ri-
spetto 0 paura, è viva locuzione (quasi
frase fatta per il suo uso anche fuor di
proposito), tolta dal canto di Farinata,
Inf X.
Vissero ! : forma vezzeggiativa e affet-
tuosa del dialetto veneziano ; viscere mie!
cuor mio!
Vissuto : come attributo di opera lette-
raria, es. un libro, un romanzo vissuto.,
vale realistico., ed è neologismo tolto dal
neologismo francese vécu: un roman vécu.,
c'est une oeuvre vraie qui dépeint les
scène s et les moeurs dans toute leur réa-
lité contemporaine.
Vistare: neol. del linguaggio burocra-
tico, vale munire del visto un documento,
un atto. Voce ripresa dai puristi : non è
dal fr. viser., ma da visto.
Vitam impèndere vero: lat., sacrificare
la vita alla verità, (Giovenale, IV, 91).
Fu motto del Eousseau.
Vitanda est improba Siren, desidia: bi-
sogna fuggire l'infingardaggine., triste
Sirena (Orazio, Satire, II, 3, 14, 15).
Vitrage: per vetriata^ voce francese
usata talora abusivamente.
Vittoria di Pirro: vittoria effimera., di
apparenza e non reale come appunto quelle
che Pirro re di Epiro confessò di aver
vinto contro i Eomani. Battaglia di Ascoli,
278 av. C.
Vittoria tattica e Vittoria strategica:
voci del linguaggio militare: la prima
equivale a vittoria parziale nell'esecuzione
di un piano, la seconda implica il buon
risultato dell'intero piano di guerra.
Vivaddio!: esclamazione comune; qui
notata perchè nei dizionari di solito è
omessa.
Vi vel fraude: lat., con la violenza o
con l'inganno. Antica distinzione del dop-
pio modo con cui si può offendere altrui
(V. Cicerone, De officiis).
Vivere e lasciar vivere: nota sentenza.
Rende assai bene l'anima nostra italiana,
gentilmente amante di libertà per sé e
per altrui. Trasportata come norma di vita
publica, produce i belli effetti che. tutti
sanno, ed è indice della scettica nostra
acquiescenza al male, tutta a vantaggio dei
tristi (V. Giusti, Il Papato di prete Pero).
Vivere est militare: lat., vivere vuol
dire combattere (Seneca il giovane, Epist.
XCVI, 5). Confronta Giobbe (VII, 1): Mi-
litia est vita hominis super terram. Ve-
rissimo ! V'è però chi milita da generale
e chi da fantaccino, e questa è nuova chiosa.
Vivere si recte nescis, decede peritis:
se non sai l'arte del vivere, ricorri a
chi ne è esperto (Orazio Epist., II, 2, 13).
Vivisezione: dal lat. vivus ^^ yìyqiììq
e secare ^ tagliare, indica quegli esperi-
menti 0 quelle operazioni che si praticano
su animali vivi, allo scopo di stabilire il
funzionamento degli organi, od il valore
di atti operativi : trasportata come al so-
lito, nel senso morale per esame, inda-
gine. Es. la vivisezione del pensiero.,
riprendesi dai puristi.
Vizir 0 visir: titolo d'onore dato in
Turchia ai pascià e specialmente ai com-
ponenti il Divano o consiglio del Sultano.
Onde gran Vizir il primo ministro del-
l'Impero.
Vlahov: liquore stomatico (V. Fernet).
Vlan: voce di gergo francese per indi-
care il sommo dell' eleganza = chic ,
pschutt (V. queste parole).
Voc
•525
Voi
Voce: parola del linguaggio ammini-
strativo. È l'unità elementare nella quale
viene diviso, discusso ed approvato il bi-
lancio di un'azienda publica.
Voci bianche : quelle dei fanciulli e
degli eunuchi, per imitare il metallo della
voce femminile. Famose le voci bianche
(Iella Cappella Sistina^ oggi abolite.
Voglio: tresette in quattro (Y. Terxìlio).
VoiI: relo^ e si dice altresì di un tes-
suto leggerissimo di seta o di lana che
serve per abiti da signora ; specie di tulle.
Voilà i'ennemi!: ecco il nemico^ di-
cesi enfaticamente; ma il motto completo
è et le cléricalisme? voilà Vennemi! e-
spressione di Adolfo Peyrat, uomo politico
e giornalista francese, riferita dal Gam-
betta in un discorso del maggio 1877.
Voilà tout: in certo linguaggio, specie
de' giornali, questa formula francese con-
clusiva dopo una dimostrazione sembra
pili efficace delle equivalenti nostre. Pic-
coli segni di grande miseria!
Voivoda: parola jugoslava, vale duce^
signore: titolo che si dava ai principi
della Moldavia, della Valacchia, della
Transilvania ed ai governatori delle pro-
vince in Polonia.
Volano e volante: sono ambedue voci
ottime e registrate (V. Tommaseo), tanto
per indicare in meccanica quella ruota che
regola il movimento (fr. volaìit^ ingl. fly
wheel^ ted. Schivungrad) ^ come per indi-
care quel noto giuoco o trastullo da bimbi.
Volant: striscia di stoffa, ripresa a pie-
ghette, che serve ad ornare la parte estrema
degli abiti da signora, tende, cortinaggi
etc, frappa., gala (V. Manteau).
Volapiik: =lingua del mondo., composta
artificialmente con elementi latini, tede-
schi, inglesi etc. dal poliglotta Schleyer
un curato di Costanza, e proposta come
lingua universale. Ebbe una certa voga e
fortuna per il passato. Della possibilità di
un idioma universale artificiale non è qui
il luogo di discutere. Il fenomeno del
linguaggio è così strettamente congiunto
al preponderare di un popolo, e parte così
essenziale della sua anima che privarsi del
suo idioma equivale al deliberare la propria
morto. D'altra parto esistono lingue univer-
salmente note, come il latino, il francese,
l'inglese e per le voci scientifiche, filoso-
fiche, tecniche si viene formando sponta-
neamente e naturalmente un vocabolario
di voci internazionali. L'effimera vita del
Volapiik può essere di ammaestramento
ai sostenitori di tale utopia.
Volata : nel linguaggio ciclistico, V ul-
timo scatto per arrivare al traguardo. Una
bicicletta in volata vale in gergo, rubata.
Vol-au-vent : vocabolo della cucina fran-
cese : pasticcio caldo di pasta sfogliata,
con entro un fine intingolo di carne o di
pesce. Il nome deriva dalla leggerezza
della pasta, quasi «che vola al vento».
Volenti nihii difficile: (V. Volli, etc).
Volere è potere: noto titolo di un libro
morale didattico (1869) di M. Lessona, in-
formato sull'opera Selfhelp (1859) di Sa-
muele Smiles, e, come titolo, influsso
forse, del lat. volenti nihil difficile e del
volli.^ e volli sempre., e fortissimamente
volli dell'Alfieri {Lettera responsiva a
Ranieri de' Calsabigi). Questo volere è
potere è oramai frase fatta e di consumo
scolastico in ispecie. Confronta per la ve-
rità la ben più profonda sentenza di Dante
{Purgatorio, XXI, 105) :
Ma non può tutto la virtù che vuole ;
col quale s'accordano la psicologia e la
fisiologia.
Volere o volare : locuzione nostra fami-
liare, efficace e bella per la simiglianza
dei suoni e la dissomiglianza dei sensi :
per forxa, anche contro voglia.
Volgare illustre: o cardinale, aulico,
curiale, cioè la lingua italiana ricercata
da Dante, qual fiore dei dialetti italici
(Cfr. il libro De Vulgari Eloquentia).
Locuzione letteraria.
Voli d'Icaro: (V. Icaro).
Volizione: terni, filos., atto della vo-
lontà, la determinazione da parte di se
stesso ad un fino psichico. Volition è voce
ingl. e fr. e tedesca, ir: Wollen.
Volli, sempre volli, fortissimamente
volli: sentenza alfìoriana, ahiuanto nuìdi-
ficata dall'originale. (Vedi Volere è potere).
Volo : nel gorgo dei giornali accado
talora di leggero ad os. il volo di tren-
laniila lire, il volo di una collana, il
volo di tma cassaforte. Ciò non vuol diro
Yol
52(5
Vox
che questi oggetti volino ; hanno però
messo delle ali simboliche, cioè sono scom-
parsi per effetto di furto. E dicendo volo^
pare si intenda che quegli oggetti non
torneranno pili al luogo natio. Un purista
scrupoloso potrebbe in questo volo veder
balenare il fr, voi z= furto. No. Tanto è
vero che familiarmente si dice che la roba
inette le ali^ per dire scompare (Cfr. Vo-
lata e cfr. pure Ignoti ladri).
Volt: sotto questo trasvestimento si na-
sconde Alessandro Volta, il grande fisico
nostro (1745-1826). Il suo nome dai con-
gressi scientifici fu onorato col diventare
misura di unità di potenziale : ma ha do-
vuto pagare il pedaggio di un' a. Che quell'a
secchi agli stranieri, capisco ; ma che noi
italiani, imitatori incorreggibili, deformia-
mo il gran nome, capisco poco, anzi troppo.
Io credo che se noi dicessimo volta^ gli
stranie li rispetterebbero la nostra pronun-
cia. Anche da noi usa il plurale all' in-
glese, volts.
Volta: (V. Volt).
Voltaggio: dall'ingl. voltage. Voce di
elettrotecnica : indica il numero dei volta
(potenziale elettrico).
Voltaire: è detto in molte parti d'Italia
quel merletto che copre le spalliere delle
poltrone. Ora in francese questa parola
non c'è in tale significato, ma si dice
voile de fauteuil. Da che può esser pro-
venuta questa parola? Probabilmente da
fauteuil à la Voltaire., nota specie di pol-
trona con spalliera e bracciuoli imbottiti,
detta anche duchesse. Secondo altri si
dissero cotesti veli voltaii-e., perchè con-
versando con la signora di Chateauneuf, il
filosofo pose un pizzo sul dorso della
poltrona per adornarla. Comunque sia,
questo merletto nel dizionario del Carena
è chiamato ca'pe%%iera e nel Rigutini
{Appendice al Voc. della lingua parlata)
capiera, due parole che non intesi mai
adoperare. NB. Del resto il numero delle
parole pseudo-francesi coniate in Italia,
ma non usate in Francia, è abbastanza
ragguardevole per non porgere argomento
di qualche pensosa considerazione, la quale
può il lettore trovare nella Prefazione o
può fare da sé, ove ciò voglia e sappia.
A Voltaire aggiungi : notes, tout de méme.,
0 tout meme., vino brulé., vitello tonnè.,
zuppa alla sante., marbré., compteur{Vo-
rologio che conta il gas o contatore), etc;
tutte parole a suo luogo notate e con
giusta chiosa. Vedi anche ciò che è detto
alla parola Obice., tradotto erroneamente
dall' obus francese, in vece di bomba o
granata.
Voltar la giubba o il mantello o la ca-
sacca: locuzione nostra familiare, vale
mutare bandiera., fare un voltafaccia,
specialmente in politica.
Voltèr: V. Voltaire.
Volterriano: seguace delle idee del Vol-
taire, cioè razionalista, materialista, ateo,
spirito critico e satirico, etc. Voce oggi
caduta in qualche oblio, ma usatissima
un tempo fra noi per significare con di-
sprezzo quelli che non erano troppo ligi
al trono od all'altare, e piii o meno for-
temente risentivano dell'influsso della Ri-
voluzione di Francia.
Voltimetro o voltometro o voltmetro :
termine di elettrotecnica : indica il galva-
nometro destinato a misurare in unità
volta una differenza di potenziale elettrico.
Vom Fas : anche nelle borgate nostre,
presso il confine svizzero, si legge questa
scritta tedesca alle mescite di birra : Bier
vom Fass -sz birra di botte., cioè birra
fresca, conservata in fusti.
Von : prefisso nobilesco presso i tedeschi.
Vongola: nome vernacolo napoletano di
mollusco bivalve, eccellentemente quivi
ammannite a far zuppe e condire macche-
roni.
Vota stringendo la terribii ugna: noto,
e turgido verso del Monti (Basvilliana^
I, 3), detto in senso faceto di chi non potè
prendere ciò che agognava minacciando.
Vous l'avez voulu: (V. George Dandin^
etc).
Vox clamantis in deserto: (Isaia, cap.
XI, 3 ; S. Giovanni, I, 23) voce di chi
parla nel deserto., cioè « avvertimento non
ascoltato», onde la locuzione parlare al
deserto.
Vox populi, vox Dei : voce di popolo,
voce di Dio : stupenda sentenza popolare,
se intesa con discrezione. Di probabile ori-
gine biblica (Cfr. Isaia, LXVI, 6), ne
mancano fra i classici concetti consimili
VON
527
Vuo
(Omero, Odissea^ III, 214, 215; Esiodo,
1 giorni e le opere^ 761, 762).
Voyant: sgargiante^ vistoso^ detto spe-
cialmente di stoffe, abiti, etc. Voce fran-
cese, usata per vizio.
Vulcanizzazione e vulcanizzare: dal fr.
vulcanisation e vulcanìser ; preparazione
della gomma elastica per mezzo dello solfo,
così da ottenere un prodotto solido (Vedi
Ebanite).
Vulgo: avverbio latino, comunemente.,
volgarmente.
Vuoisi cosi colà dove si puote: (Dante
Inf. V, 25), cioè « in cielo, presso Dio », nota
formula magica che Vergilio usa per fran-
gere gli impedimenti dei demoni al fatale
andare di Dante. Nel linguaggio comune
vale, con rassegnazione faceta e filosofica,
«dove si comanda», nel cielo cioè di co-
loro per cui l'ottenuto potere è uguale a
volontà e legge., fas e nefas., che ordinano
la pioggia e il bel tempo ; e cui conviene
ubbidire, l'eterno luogo
(love nel muto
Aere il destili dei popoli si cova.
Parini, La Caduta.
-^7v^
Wafer: voce ingl., che vuol diro ostia^
e come termine culinario indica una specie
di dolce leggero.
Wagonette : voce ingl. : specie di vet-
tura signorile da passeggio.
Wagon Salon : Vagone salon.
Walkover: voce ingl. delle corse: così
è detto il cavallo che corre da solo, sia
perchè non vi fu iscrizione, sia perchè i
concorrenti si sono ritirati.
Walzer : V. Valxer,
Warrant: voce ingl. che vale garanzia^
malleveria. È una specie di ricevuta ri-
lasciata ad un commerciante, il quale ha
depositata la sua merce in speciali ma-^
gazzini {docks). Col trapasso di questa ri-
cevuta può essere eseguita la vendita della
merce o la sua costituzione in pegno, per-
chè nel sistema inglese il warrant serve al
doppio effetto di fede di deposito e di nota
di pegno. In Italia però la voce tvarrant
viene adoperata come sinonimo di nota di
pegno.
Water-closet: eloset vuol dire in inglese
stanzino^ privato., come eloset of devotion,
dressing eloset: ivater-closet dunque =
privy = privato. Ma questa decorosa pa-
rola, già usata da Dante, è spenta in tal
senso nella nostra lingua (Y. Retrait).
Water-proof: voce inglese accolta in
francese, mantello impermeabile., spe-
cialmente per signora. La moda vi sostituì
il cappotto {raglan) di stoffa ruvida, re-
sistente all'acqua (loden). Y. Vestito.
Watt: nome di ingegnere e meccanico
scozzese (1736-1819) cui si devono perfezio-
namenti tra i più notevoli della motrice a
vapore e l'invenzione del relativo conden-
satore. In omaggio a lui fu dato il nome di
ivatt all'unità pratica di potenza nel sistema
di unità di misura elettro-magnetiche. È
uguale a 10' unità assolute di potenza,
ossia alla potenza capace di compiere il
lavoro di 10' erg (^ unità di lavoro,
gr. èQyov == opera) per minuto secondo.
Ettowatt., kilowatt., potenza di cento, mille
ivatt). I Watt-ora., termine di elettrotec-
nica : quantità di lavoro che viene eseguito
in un'ora dalla potenza di 1 watt. Equivale
a 3600 joule. \ Etto-tvatt-ora: quantità di
lavoro corrispondente a 100 watt-ora.
Watteau (alla) : si dice di pittura o ve-
ste conforme l'arte di questo manierato,
e grazioso pittore francése del Settecento
(1684-1721).
Weihnachtsbaum: voce tedesca che let-
teralmente vale albero della santa notte.
cioè V albero di Natale. Anche le costu-
manze nostrane tendono a scomparire. Il
presepio col bue e 1' asinelio è stato so-
stituito, specie in molte città dell'Alta
Italia, dall' albero di Natale, che è co-
stume germanico. Comprano le famiglie
un tronco regolare e verde di pino, al
quale sono sospesi doni, frutta, dolci di
varia specie, ravvolti in stagnina e carte
colorate. Alla sera il detto albero è illu-
minato con molti lumini e candelette che
fanno bellissimo vedere, e i doni sono
distribuiti.
Weltschmerz: voce della filosofìa e del ro-
manticismo tedesco sul principio del secolo
XIX: letteralmente è il dolore mondiale.,
cioè il dolore che risiede più nelle cose e
Wev
529
Wiir
nella natura che negli uomini o nei fatti.
Forma cristiana e moderna di tristezza.
Werstà: misura russa di lunghezza, pari
a m. 1067.
West: voce straniera abusivamente u-
sata invece di ponente (ovest). E pure l'ho
trovata in qualche testo scolastico !
Westinghouse: attributo di freno per
treni : dal nome dell' inventore, un inge-
gnere americano. E freno potente, ad aria
compressa, automatico, si governa dalla
locomotiva. E fabbricato dalla compagnia
omonima degli Stati Uniti.
Whiskey: nome di liquore inglese, ot-
tenuto dalla distillazione di alcuni ce-
reali.
Widal: (reazione del) : termine medico.
Reazione impiegata per facilitare la dia-
gnosi batteriologica del tifo; fondata sul
principio che il siero del sangue dei tifosi
di regola dopo i primi 3-8 giorni di ma-
lattia acquista il potere di agglutinare
i bacilli del tifo. ] Siero-reazione del Wi-
dal.
Winding Frame: locuzione inglese che
non esce dal linguaggio dei tessitori co-
tonieri: incannatoio^ macchina che prende
il filo dai fusi e li avvolge su speciali
rocchetti.
Wirbelfreì: voce tedesca: nel linguag-
gio degli idraulici indica la coiTente del-
l'acqua libera da 'vortiee, cioè che fluisce
senza formar gorghi o spire. Dicono an-
che moto irrotazionale. Bella voce !
WIst: nome inglese di giuoco di carte.
Wist è esclamazione che vuol dire « silen-
zio». (Cfr. il nostro tresette che ìxiinventato
da quattro muti).
Wodka: nome di liquore russo, comune,
specie di acquavita.
Wonderful: ingl., meraviglioso., por-
tentoso.
Words! words! words!: V. Verba ^
verba^ pretereaque nihil.
Wurstel: in tedesco vale salsiccia., voce
frequente nelle nostre grandi birrerie e
presso i salumai tedeschi. Wiirstel è voce
dialettale, usata in tutta la Germania meri-
dionale, diminutivo della parola Wurst.
Specialità di Francoforte e di Vienna.
A. Panzini, Supplemento ai Dixionari italiani.
JU
X : dicesi di persona sconosciuta : tutti
e nessuno. Es. il sigtioi' X.
X (raggi) : Y. Raggi X.
Xe pezo el taccon del buso: è peggio la
toppa dello strappo^ efficace locuzione
veneziana, ampiamente intesa ed usata per
significare che il rimedio all'errore è peg-
gio dell'errore.
Xeres: vino di Spagna di gran lusso;
si fabbrica in Andalusia, presso Xeres de
la Frontera. Questo vino, preparato con
gran cura e speciale metodo, acquista tutto
il suo valore, forza ed aroma, dopo molti
anni di botte. Nella prima giovinezza,
circa anni tre, ha il nome di amontil-
lado e solo più tardi è detto Xeres. In-
fusioni di mandorle amare gli danno uno
speciale profumo.
Xifoide: termine anatomico {giq)0$zz:
spada, punta) è il suffisso oide; Y appen-
dice dello sterno. Si dovrebbe scrivere e
dire secondo grafia italiana sifoide.
Xifopagio: nome dato da I. G. St. Hi-
laire (da Xifoide e JiTjyvvjui 3= unisco),
a que' mostri umani — come ad ' es. i
fratelli Siamesi e le due sorelle indiane
Eadica e Dudica, invano operate in Pa-
rigi — formati da due individui i cui
corpi sono attaccati dall'ombelico all'ap-
pendice sifoide.
Xilofono 0 Silofono : fr. xylophone.
nome di nuovo istrumento musicale, fatto
di lamine di legno (gr. ^Xov = legno e
q)(ùvì] = suono) , vibrante per effetto di
percussione.
Xilografìa: meglio silografia (gr. ^vÀov
= legno), incisione in legno (nelle stampe
antiche).
Yacht : {liburnica, navis praedatoria,
della stessa radice da cui il tedesco jagen
= cacciare) parola inglese, divenuta co-
mune ne' vari linguaggi : i francesi acco-
gliendo tale parola, la pronunciano con-
forme all'indole della loro lingua, yak,
Xoi iac 0 iot all' inglese, un po' come
viene. Un dizionario moderno registra un
jachetto, parola che rivela la buona in-
tenzione del lessicografo di fare italiana
la voce straniera, ma che non è dell'uso.
Yacht è la nave signorile da diporto, a
vela 0 a vapore. Per yachts si intendono
altresì gli eleganti, perfetti, rapidi piro-
scafi d'uso privato, lusso da sovrani di
corona o di bilioni. Il bucintoro ora uno
yacht sovrano, ma Napoleone distrusse
uso del nome e cosa. Panfìlio opanfano
sono pur ricordate come voci antiche di
navi da diporto: voci morte. Usate pure
da noi sono le due voci derivate, Yacht-
^man e Yachtsivoman zzz ^ìgwoYe e signora
<;ho posseggono o si dilettano delle coise
e del viaggiare neìyacht. Yachting^ il com-
plesso delle norme, delle abitudini, di ciò
che conviene a questo esercizio signorilo
sul mare. Genere di sport. Il padre Gugliel-
motti (op. cit.)^ autorevolissimo in fatto
di lingua e di cose marinaresche, così ne
I agiona con nobile quanto inutile sdegno :
« Voce straniera, scritta da altri Jacht^ e
dagli Inglesi i)ronunciata Iot. Naviglio di
piacere. Questa ghiottoneria, giunta al
paese del Si sonante, ha prodotto tale of-
' fetto nel gregge pellegrino, quale giù [)ro-
* dusse tra compagni d'Ulisse l'erba cirooa.
Tutti i masticatori dell'erbaccia dimenti-
carono patria e famiglia, e divennero a-
nimali immondi. Abbiamo avuta in Italia,
dalla più remota antichità, sino agli ul-
timi tempi, navigli di questo genere sul
mare, sui laghi, e sui fiumi, a Venezia,
a Roma, a Messina, a Ferrara, coi nomi
nostrani. Perciò fatta più e più lungi l'erba
dal becco, ripeto che la voce onorata di
casa nostra è Panfilio ».
Yachting: nome inglese, accolto nel
francese moderno, per indicare lo sport
navale (V. Yacht).
Yachtsman e Yachtswoman : V. Yacht.
Yacting coat: Y. Vestito^ in fine.
Yankee: una persona nata e vissuta
nella Nuova Inghilterra (che tale è il no-
me significativo dato agli Stati Uniti), viene
talvolta dagli inglesi sopranominata Yan-
kee (pr. jaanchi): al qaal vocabolo in-
sieme ad una certa familiarità e bene-
volenza, è congiunta non so qual tinta di
ironia per i gagliardi e non molto raffinati
cugini d'oltre oceano. La parola yankee è
comune in Europa. Yankee pare una cor-
ruzione della parola francese anglais.,
fatta dagli indiani del Canada : questa al-
meno è la spiegazione più accettata. Tale
voce era in uso a Boston sino dal 1765.
Yard : con forma italiana, jarda., misura
fondamentale di lunghezza presso gli in-
glesi i quali, come è noto, non hanno
accettato il sistema metrico decimalo. La
jurda è pari a m. 0,014.
Yarn Bundlìng Press: locuzione inglese,
che non osco dal linguag^'io dei tessitori :
vale torchio per pacchi. K una macchina
(ìlio sorvo a comprimerò o legare fra duo
Yat
— 532
Yor
cartoncini le matasse che occorrono per
formare un pacco di filato, di dato peso
e dimensioni.
Yatagan : sciabola in uso presso i turchi
e gli arabi. Yatagan è scrittura francese,
da noi comunemente accolta pei nomi
orientali.
Yen: nome di moneta giapponese, del
valore di circa lire due e cinquanta.
Yeomanry: in Inghilterra, ceto di pro-
prietari che vengono dopo la borghesia
{gentry). \ Specie di guardia civica o na-
zionale.
Yersin (bacillo di) : riscontrato copioso
nei bubboni degli appestati e considerato
come agente patogeno della peste.
Yole: voce inglese (Y. Jolla).
Yorick: nome del buifone o uomo di
corte danese, di cui Amleto scopre il te-
schio, e che ad Amleto porge argomento
di mirabili pensieri (Shakespeare, Amleto).
For^'cA; fu sopranome, eletto dell'umorista
inglese Lorenzo Sterne, e Yorick figlio di
Yorick^ si denominò un giornalista toscano
(avv. P. C. Ferrigni), che per gli italiani
aveva nome di umorista (Y. Humour).
Zaccarella: voce dialettale dell'alta
Italia: mandorla a guscio fragile^ varietà
fragili s del Prunus Amygdalus.
Zagaglia: arma barbarica: voce notata
in ogni lessico, e viva specialmente per
la famosa ode Per la morte di Napoleone
Eugenio del Carducci :
Questo la inconscia xagaglia barbara.
Zàgara: fior d'arancio, parola del dia-
letto siciliano, derivata dall'arabo. Questa
voce udii pure nel napoletano ma, per
quel che consultai, i diz. di quel dialetto
non la registrano.
Zakuska: voce russa, lett. antipasto,
0 se più. piace, hors d'oeuvres, ma di
assai ricca e copiosa imbandigione.
Zantippe: V. Santippe.
Zappata : ognuno sa che padre Zappata
predicava bene e razzolava male, predi-
cava il digiuno e mangiava di grasso,
predicava la castità e correva dietro alle
villane (V. Pico Luri da Vassano, op. eie.).
Diranno che tu sei padre Zappata
che tu predichi ben, razzoli male.
(Pananti, Poet. Teatr. 1, 29, 11). Ma chi
fosse propriamente non saprei ; forse un
nome proprio di cui si smarrì traccia,
forse anche questo nome Zappata può trarre
origine dalla nota locuzione darsi la
xappa sul piede.
Zaptiè: voce turca, poliziotto.
Zar: V. Cxar. V'è una lieve ditteronza
tra Zarevic e Zessareoio : questo vocabolo
indica il figlio erede del trono; quello,
qualsiasi figlio dell'autocrate.
Zarevic e Zessarevic: V. Zar.
Zarzuela : « rappresentazione scenica
spagnuola in cui si alternano i dialoghi
parlati ai pezzi musicali e alle danze : ve
no ha di serie e di giocose, queste ultimo
sono simili alle operette francesi, ma con
un sapore musicale nazionale molto spic-
cato. Il genere deriva forse dal teatro
greco antico e dai Misteri medioevali, e
fu introdotto a Madrid, ai tempi di Fi-
lippo IV, in un teatro che sorgeva sopra
una piazza coperta di arbusti di lamponi
selvatici detti xarxales, e col dire: andiamo
al teatro dei lamponi, provenne la deno-
minazione di xarxuela». A. Galli, op. cit.
La gran via è, fra le xarxuele, la più
nota, meritamente.
Zavorra e Savorra: {savorna, forma
dialettale romagnola). Peso di pietre, ghiaja,
rena, sabbia, o rocchi di ferro o di piombo,
che si mette in fondo alla stiva per ren-
dere stabile il bastimento. Per estensione
zavorra sociale, pietosa zavorra, zavorra,
si dice di persone di scarso valore, o di mal
seme nati: ingombro della vita sociale.
(Cfr. Dante Inf. XXV, 142):
Così vidi io la settima zavorra
mutare e trasmutare.
Zebedei : in gergo familiare yaìo scatole,
corbelli, santissiìm, chitarrini., otc. Es.
Non mi rompere i zebedei!
0 bonzi o mozzorecchi,
Voi lìoriroto i Ki"nasi e' licei
D'Kcceomi e Barabbi e Zebedei.
Carducci, Juvmilia, LXXIX.
Di questo Zebodoo nuU'altro si sa se non
cho fu marito di Sàlonio e padre di duo
lìgli, S. Giacomo o S. Giovanni Evange-
Zec
— 534
Zon
lista. Questi due figliuoli (et duobus filiis
Zebedaei, S. Matteo, 26, 37) influirono
ridicolmente sul nome del padre. Strane
fantasie di popolo !
Zecchinetta: V. Lanzichenecco.
Zelanteria: voce familiare, eccesso di
Aelo^ ma si dice in cattivo senso. Cfr. il
motto Surlout pas trop de %èle.
Zelatore e Zelatrice: voce che non trovo
registrata e che pure è dell'uso per indi-
care chi raccoglie offerte o rate per chiese,
santuari, opere religiose, etc. Il francese
ha %élateur e relatrice., da ^e/o, lat. xe-
lus^ greco ^^/lo^ = emulazione (Cfr. ge-
loso per xeloso).
Zéphyr: voce francese, usata fra noi
per indicare un tessuto leggero di lana o
di cotone. Manifesta estensione del nome
Zéphir 0 Zéphire = zeffiro (vento lieve).
Zlbeline: fr., zibellino: in commercio
indica una specie di tessuto a bioccoli
per abiti da donna.
Zigaro: per sigaro. b^ìsìqq ai puristi, ed
ò anche meno dell'uso.
Zigzag o zig-zag : tortuosità, serpeg-
giamento : parola venutaci dal francese
zigzag. Pare di origine tedesca (V. Zac-
caria op. eit.). Voce notata in ogni les-
sico.
Zinale o Zinnale : (da zinna = mam-
mella), il Petrocchi la pone fra la parole
morte. Essa è vivissima invece nell'Italia
media (Marche, etc), nel contado del-
l'Italia meridionale, e si alterna alla voce
grembiule. In Lombardia scossàa.
Zinna: maìnmella, poppa^ voce antica,
viva ne' dialetti dell'Italia meridionale e
centrale ; onde zinnale, il grembiule che
copre le zinne. Zinna, secondo lo Zacca-
ria (op. cit.)^ è voce di origine germa-
nica. In napoletano sizza.
Zi' prete e zi' frate : dice il popolo del-
l'Italia centrale e meridionale ai preti ed
ai frati, familiarmente : la ragione di tale
parola {zi' = zio) si potrebbe rintracciare
nell'antichissimo uso di chiamare nepoti
i figli degli ecclesiastici, sì che questi sono
chiamati zìi. In Napoli non si dice zi'
frate (= fratello) ma zi' monaco.
Zittire : in senso transitivo di imporre
il silenzio, disapprovare, es. l'oratore fu
zittito, spiace ai puristi, lo conferma l'uso.
Ho trovato qualche volta zittire per ta-
cere, ma non è modo errato.
Zoepica : epopea in cui hanno parte le
bestie, dal gr. Zòìov, animale ed epos. 1
Paralipomeni, Gli Animali parlanti,
L'Atta Troll, etc.
Zollano : attributo frequente di verismo :
es. è un romanzo del più crudo verismo
zoliano (V. Verismo). Da Emilio Zola,
(1840-1902) noto romanziere, capo scuola
in Francia di quest'arte naturalista che
ebbe tanto grande come passeggero ful-
gore. Vedi la famosa collana di romanzi che
vanno sotto il titolo di Rougon-Macquart,
storia naturale e sociale di una famiglia
sotto il secondo Impero. Comprende venti
romanzi, fra cui celebri. Nana, V Asso-
moir. Germinai, La Bète humaine (nome
divenuto antonomastico), La Debacle, etc.
Poderosa e grande opera, quale che sia
il criterio artistico nel giudicarle, quale
che sia la sua durata nel tempo immortale.
Zolla 0 zolletta: i ben parlanti a Mi-
lano, quelli e quelle che credono di seguire
le veneri toscane su le rive del Lambro,
non diranno un pezzetto di zucchero, ma
una zolletta di zucchero. Risum teneatis !
Zollverein : associazione o lega doganale
fra i vari Stati di Germania. Fu costi-
tuita nel 1833, primo indizio di federazione
fra quei popoli che poi dovevano costi-
tuirsi in unità d'impero.
Zomoterapia: Zcjjuog — sugo di carne e
dsQansia = cura (Eichet e Héricourt). Me-
todo di cura che utilizza il plasma mu-
scolare, cioè la carne cruda : forma sem-
plice di iper-alimentazione e, si crede,
azione immunizzante contro l' infezione
tubercolosa.
Zompare : voce vernacola di alcune re-
gioni dell' Italia centrale e meridionale
(Marche, Napoli), vale saltare.
Zompata: in napoletano indica il duello
a coltello dei camorristi, perchè si zompa
ai lati per ischi vare i colpi.
Zona : termine medico {^Gìvr} = cinta,
fascia) che è sinonimo di erpes zoster
{^coOTrjs = cintura). Affezione caratteriz-
zata da una eruzione di vescichette, simili
a quelle dell'erpete, poste sul tragitto dei
nervi della sensibilità.
Zone grigie : locuzione del Crispi, rife-
Zwì:
535
Zwi
rontesi in genero alle terre di confine ove
i popoli di varia razza si confondono. Fu
detta in un colloquio col direttore del
Figaro e publicata in quel giornale (29
sett. 1890). Locuzione metaforica felice,
tanto che trapassò al senso morale. Come
concetto e per quel che riguarda la Ve-
nezia Giulia, inesatta e colpevole di mala
opportunità politica.
A Fola, presso del Quaniaro,
elio Italia chiude e suoi teruiitii bagna.
(Danti;, Inf. XI).
Zoofobìa: fdal gr. ^wov = animale e
<pòfio^ = timore), termine medico per in-
dicare il terrore patologico p morboso che
taluni hanno di certi animali. V. la pa-
rola fobia.
Zucca barucca: una delle numerosis-
sime varietà coltivate della Cucurbita
maxima., originaria probabilmente dal-
l'Asia meridion., come l'altra nota specie
coltivata, la Cucurbita Pepo. La zucca ba-
rucca è nutrimento popolare a Venezia,
sul litorale veneto, nel ferrarese [mangia-
xucca), nel comacchiese. Si cuoce, spaccata
a mezzo, al forno : se ne fanno anche in-
tingoli pel risotto.
Zuccherifìcio : neol. formato come seti-
ficio^ coionificio., per indicare gli stabi-
limenti della recente nostra industria di
fabbricare lo zucchero mercè la distilla-
zione delle barbabietole.
Zulù : (popolo cafro dell'Africa meri-
dionale) vale popolarmente roxxo.^ incivile.,
tardo., bestiale e simili ; ma più spesso
si dice per celia.
Zuppa: (meglio suppa secondo i puristi)
per minestra mal corrisponde, bensì cor-
risponde alla soupe o potage francese. No-
tevole e ben nota varietà delle due cucine.
V. Potage.
Zuppa alia pavese oy vero ima pavese:
voce della culinaria milanese : è un brodo
con alcune grosse fette di pane soffritto
nel burro e sopra una o due uova ca-
scate. I Zuppa {suppa) è voce del verna-
colo milanese e vale seccatura., noia di
lunghi e insulsi discorsi. Dicono anche in
tale senso stuàa = stufato (Cfr. in l'oma-
gnolo la voce boba; oh, che boba!).
Zuppa à la sante: V. Soupe à la sante
e Sante.
Zwangsiage : voce tedesca, vale costri-
zione., condizione coatta imposta dalle
circostanze., necessità. Questa parola ri-
corre talora nel linguaggio politico (Cfr.
'Avàym]).
Zwieback: tedesco; biscotto. V. Kluge,
op. cit.
Queste sono le risposte alla prefazione che a modo di inchiesta am-
piamente diffusi fra persone autorevoli ed amici. A parte le benevoli
parole di approvazione e di elogio — non dirò pel dizionario^ che esso
non si poteva giudicare da un semplice foglio di saggio, ma per l'idea
di questo nuovo dizionario — io penso che le presenti risposte formino
una lettura molto attraente ed utile per chi voglia studiare quale è lo
stato presente della lingua italiana. Le opinioni piti disparate (come del
resto era da aspettarsi) vi sono espresse : raccoglierle in sintesi mi parve
cosa diffìcile e non utile.
Tuttavia mi piace di notare una cosa in cui tutte queste opinioni
concordano : cioè un grande e sincero amore per la gloriosa nostra favella
italica e una viva fede nel suo divenire, quale ne sia l'evoluzione for-
male e comunque si giudichi del suo stato presente.
Ai cortesi che mi od orarono delle loro risposte qui si ringrazia da
parte dell'Editore e mia.
Credo impossibile negare l'opportunità e T utilità dell'impresa tentata da
Lei, che conosce per le ottime prove fatte nel campo della prosa d'arte, italiana-
mente viva e schietta e veramente moderna. Anche sono innegabili lo difficoltà del-
l'impresa stessa; ma dal saggio che ne ho veduto, mi sembra ch'Ella sia preparato
a superarle, almeno in gran parte, sì che tutto induce a credere che il Suo ardito
tentativo riuscirà, oltre che opportuno e vantaggioso, nella esecuzione sua anche felice.
Nel più dei criteri esposti e dei nobili sentimenti altamente significati della Pre-
fazione e applicati nel saggio, mi par difficile non consentire. Solo troverei consi-
gliabile che Ella, pur senza atteggiarsi a legislatore o, comò dice, a frustatore, a ga-
belliere della lingua, nell' accogliere le troppe forme esotiche, mostruosamente foggiate,
perchè innaturali e talora illogiche, imposte dalla tirannia dell'uso, ma anche dalla
passività colpevole dogli Italiani, cercasse più spesso il modo di esprimere un giu-
dizio severo, anzi un'aperta disapprovazione, insistendo sul dovere di accettare come
moneta legale^ solo i neologismi « spuntati sul ceppo italico », o, per giusta e ne-
cessaria analogia, anche da altri.
Ella ha fatto bone a non voler dare al suo Dizionario un carattere scientifico,
ma penso che non avrebbe fatto malo, se si fosso mostrato più impersonale ed og-
gettivo, resistendo alla tentazione di aggiungerò tanti commenti, i quali, pur ossoudo
giusti in se e sagaci, ingombrano senza bisogno o, sonza bisogno possono urtare lo
suscettività di una parte dei lettori. Ad esempio: sotto Vaticano a soomnniohe del F.,
A. Fanzini, Supplemento ai Dixknan Ualiani. 85
538
fulmini d. Y. soggiunge: « Cui il pensiero moderno ha fatto da parafulmine ». Era
proprio necessaria quest'arguzia, trattandosi anche di res judicata e dimenticata?
Pontificante il veramente Fio X^ chi può sognarsi di farne un pontefice fulminatore^
Delle spiegazioni e osservazioni comprese nel Saggio avrei ben poco a dire.
P. es., sotto Vasello si cita il dantesco Vasel d'ogni froda e si avverte « non si
intende piccolo vaso». L'avvertenza mi pare per lo meno arrischiata. Che vasello
sia forma di diminutivo, non è dubbio, e che Dante l'usi in significato diminutivo
è provato dal noto esempio del Purgatorio^ II, 41, dove egli parla del « vasello snel-
letto e leggero » (noti l'insistere sull'accezione diminutiva col secondo aggettivo snel-
letto):, cioè della barchetta dell'angelo nocchiere. Che poi la « fortuna » di questa pa-
rola abbia trasformata e ingrandita la barchetta sino a farne un grande legno, anche
da guerra, un vascello^ è un altro conto. La trasformazione è posteriore a Dante. Non
mi pare poi difficile conciliare questo significato diminutivo col concetto voluto espri-
mere dall'Alighieri nell'i^/'., XXII, 82, dove dice di frate Gomita «vasel d'ogni
froda». Basta intendere che l'anima di quel barattiere era come un vasetto che ac-
coglieva l'essenza d'ogni frode, la quintessenza della frode. In tal caso il diminutivo
conferirebbe un singoiar valore d' ironia sanguinosa al battesimo d' infanzia che il
Poeta gli affibbia. E badi che altrove (Farad. ^ XXI, 127) Dante per designare San
Paolo con « gran vasello », sentì il bisogno di temperare quel vasello strappatogli
forse dalla rima, premettendogli un grande.
Ma questa ed altre simili sono inezie, che non scemono il pregio del Dizionario.,
al quale auguro la migliore fortuna. E al benemerito autore stringo cordialmente
la mano. YITTOEIO CIAN.
Per farsi un giusto concetto del suo Dizionario moderno forse non basta
il saggio eh' Ella ne invia, ma che, per mio conto, ho letto attentamente. Se però,
come mi par di rilevare da esso e dal Discorso preliminare, di tante voci straniere,
indispensabili o soverchie, e di molti vocaboli o significati nuovi Ella non intende
farsi apologista, ma semplice registratore « come un notaio che fa un inventario »,
mi pare che il lavoro suo debba sempre riuscir utile, come in molti casi è curioso
assai, specie là dove mostra che stendiamo la mano a limosinare ciò che posse-
diamo. Piacerai pertanto che in molti casi Ella alla voce straniera e corrotta contrap-
ponga l'uso paesano e retto.
Ad ogni modo mi sembra che questo specchio del parlare e dello scrivere, non
dirò italiano ma d'Italia, nel principio del secolo XX, debba riuscire accetto ed op-
portuno, anche perchè mette in chiara luce, senza pedanteria arcigna, molte brut-
ture, dalle quali volendo, potremmo liberarci. E se non altro rimarrà il vantaggio di
trovar in esso la spiegazione e la derivazione di voci straniere, che si usano e si leg-
gono senza averne una precisa notizia.
Avrei da farle qualche osservazioncella. Che la moda propriamente detta cominciò
col secondo impero, avrei qualche dubbio. Poco più oltre Ella ricorda la 'piavola di
Francia, che è del secolo XVIII. Ma io che sono più vecchio di Lei, credo di poter
dire che la cosa è più antica, sebbene allora arrivano al massimo di potenza. E già
ai suoi tempi il Parini non rimproverava a Silvia di obbedire alla moda d'oltralpe, anche
alla meno imitabile?
A tutto l'articolo poi «Vestito» si potrebbe desiderare minor brevità e miglior
distribuzione.
Meritava registrarsi il Vieni de paraUre^ quando parve per le sole pubblica-
zioni francesi ? e se è comunissimo, particolarmente per le italiane, il Novità.
A Versante potevasi aggiungere oltre Acquapendente., anche Acquapendere^ e di
più. Spartiacque.
A Virare potevasi aggiungere il modo comune: Girar di bordo.
Dirimpettaio lo sentivo a Firenze, per scherzo, verso il '48 o '50, cioè prima
che lo « escogitasse un manzoniano ».
Ma basta di queste pedanterie, e mi creda ALESSANDRO D'ANCONA.
539 —
.... Trovo la prefazione una magnifica cosa, per le idee che esprime e per l'inci-
siva scultoria scintillante forma con la quale sono espresse. Credo che il Nuovo Di-
zionario da Lei compilato con così larghi e acuti intendimenti riuscirà un'opera di vit-
toria. ADA NEGRI.
Accanto alla vecchia lingua venerabile vivo per noi la necessità quotidiana
di un'altra lingua sempre nuova, sempre in via di arricchirsi e di mutarsi, e che
non è italiana. Che ne facciamo? Bisogna prima di tutto che noi prendiamo a cono-
scerla con sicurezza, perchè, in ogni caso, non ci si comporta bene verso ciò che si
conosce male. Ci ha pensato Alfredo Fanzini, sano e arguto novellatore, nel quale
nessuno finora avrebbe sospettato un vocabolarista in potenza. Vocabolarista egli s'è
fatto per ragion di buon senso. Vivendo a Milano, nel maggior centro commerciale e
industriale d'Italia, dove si diffondono prestamente nella parlata i nomi di cose e di
costumi che vengano d'oltralpe, senza trovare gran resistenza in un tenace uso locale,
il Fanzini trovò che di codeste innumerevoli espressioni nuove e forestiero, come di
modi correnti derivati da detti greci, latini o dialettali, neologismi della scienza, della
politica, del giornalismo, della moda, dello sporta del teatro, della cucina, i più fanno
libero uso senza saperne esattamente il valore, l'origine e spesso nemmeno l'orto-
grafia. E si accinse a fare ciò che, in verità, è strano che non sia già stato fatto :
un Dixionario ìiioderno (Milano, Hoepli) in cui siano registrate e spiegate le voci
che mancano nei dizionari italiani della lingua pura. Del lungo lavoro il Fanzini
manda attorno un saggio e domanda agli amici il loro parere. Io rispondo in pub-
blico che la sua idea, intanto, è eccellente, checché altri ne possa dire; perchè, bar-
bare 0 no, scorrette o no, lo locuzioni registrate nel suo dizionario, appartengono alla
pratica comune, sono fatti linguistici che è impossibile negare e che sarebbe stolto
disprezzare : sono espressioni del nuovo pensiero, del nuovo sapere, delle nuove usanze
di tutti i paesi civili, e formano un piccolo vocabolario universale di cui anche l'I-
talia, anzi più che l'accademica tradizionale Italia ha bisogno.
I pedanti, i quali credono sul serio che i vocabolari siano i codici legali e non
gii indici anagrafici della lingua, si scandalizzino a posta loro : il pubblico sarà ben
contento di trovare finalmente spiegate in un libro autorevole tante espressioni che
la moda ci porta di fuori o conia di suo, obbligandoci a usarle se vogliamo trattare
coi nostri simili speditamente, da gente pratica e deliberata a far suoi gli acquisti
della civiltà moderna : espressioni di tutti, che però pochi intendono a dovere, giacché,
osserva il Fanzini, se il « giovin signore » non ha bisogno di chi gli spieghi il vo-
cabolo steepleehase^ il fisiologo involuzione^ la crestaia aigrette, il medico (oracen-
iesi, il geografo Ihaltceg, il geologo trias, il cuoco supreme di pollo, il filosofo agno-
sticismo, il giornalista leader, l'avvocato preterintenzionalità, il fisico radioattività,
l'archeologo terramara, l'economista plusvalore, eccetera, ciascuno di questi signori
può aver bisogno degli schiarimenti di cui non ha bisogno l'altro, e il pubblico in
genere gradirà che gli si chiarisca il glossario speciale delle varie scienze o pro-
fessioni.
Rendendo ragione del suo lavoro in assai lunga prefazione, l'autore del Dizio-
nario moderno prevede e ribatte gli argomenti di coloro a cui l'opera sua può pa-
rere empia o provocatrice di letterari disordini. Frima di tutto, comporro un vocabo-
lario sia pur di barbarismi e di neologismi non è consacrare queste eresio né imporlo
altrui. E poi, secondo il Fanzini, non si può sacrificare una parto anche minima di
pensiero alla purezza del linguaggio, e al pensiero moderno è oramai indispensabile,
istintivo, quasi connaturato un linguaggio internazionale. È inutile opporsi airaccet-
tazione delle novità, sian osse vocaboli stranieri o italianizzati : né por esso la lingua
italiana andrà in rovina. Chi può assicurare che questa invasione di neologismi non
rappresenti una necessità, un fenomeno doli' evoluzione storica dol nostro paese, ve-
nuto con r indipendenza e con l'unità a contatto immediato con altri popoli più i)ro-
groditi ?
Senonchè il fenomeno naturalo, fisiologico, si complica con altri fenomeni fittizi,
patologici : da una i)arte la resistenza grotta e cieca dei nuovi puristi, che vedono
nella lingua più tosto un fine agli studi elio un mozzo alla vita intellettuale e pra-
540 —
tica ; dall'altra l'avventata prontezza di innumerevoli italiani nelF accogliere le espres-
sioni di modo nuova, per quanto irragionevole e spuria, e il loro quasi compiaci-
mento nell'usare la frase forestiera in luogo della nostrana. Son l'uno e l'altro co-
stumi servili, da cui non può guarirci se non la sana consapevole libertà dei tempi
nuovi. Ma quali sono i limiti di questa libertà? Nessuno può determinarli, dice il
Fanzini, e ha ragione. Nessun areopago di grammatici può legiferare in questa ma-
teria senz'essere disobbedito o deriso. « La discrezione e il limite potrebbero essere
dati dalla necessità, ma più da un nobile senso individuale di italianità, per cui l'uso,
quando è inutile, di parole straniere dovrebbe ripugnare come ad una persona pulita
ripugna il compiere un atto sudicio, anche se è sola e non vista.... Se uno scrupolo
continuo ci deve perseguitare nello scrivere e nel parlare, l' italiano l' impareremo a
cinquant'anni. Poche e sicure norme grammaticali, fede nella parlata natia, un po' di
amore e di conoscenza della tradizione letteraria, e il resto affidatolo alla divina
natura ».
Non altrimenti, in fondo, sentiva il Leopardi, il quale, vide e previde questi dubbi
nostri, e li risolse, almeno in teoria, con moderna indipendenza di pensiero. « Con-
viene — si legge in un suo frammento opportunamente ricordato come decisivo, a
questo proposito, da Eomualdo Giani — conviene proclamar lo studio profondo e vasto
della lingua, e nel tempo stesso la libertà che ciascuno scrittore, impadronitosi bene
di essa e conosciutane a fondo l'indole, usi il suo giudizio nell' introdurre e impie-
gare e spendere la novità necessaria, anche straniera » .
Appunto così. La lingua buona non è, non può essere oggi quella de' gramma-
tici, ma quella degli uomini di buon senso e di gusto sinceramente, educatamente
italiano, i quali sappiano secondo il bisogno sciogliere l'espressione opportuna, con-
ciliando con avveduta temperanza il vocabolario della Crusca e.... il Dizionario mo-
derno di Alfredo Fanzini. DINO MANTOVANL
A dare (com'Ella mi chiede) un giudizio serio e pensato « intorno allo stato
presente della lingua italiana», mi abbisognerebbero qualità competenza meriti e
tempo che non ho. A ciò avrebbe potuto giovarmi l'esame di tutto il Dizionario che
con tanta geniale fatica ha compilato ; ma sfortunatamente non ne ho qui dinanzi
che poche pagine. Le scrivo perciò senza l'ombra di pretensione.
Non v' ha dubbio che la nostra lingua viva che generalmente parliamo e scri-
viamo, è più ricca (o, forse meglio, diversa) di quella che è raccolta nei comuni di-
zionari, e che il popolo italiano, colto ed incolto, non ha scrupoli ad accettare ed
usare le più svariate forme linguistiche di espressione, senza chiedere loro la nazio-
nalità e la origine ; il suo dizionario sarà ed è un curiosissimo ed utilissimo libro
di storia. Tra cento, tra mill'anni, i nostri posteri, se vorranno sapere come si par-
lava, nell'anno di grazia 1904 (chi sa se allora qualcuno troverà tempo ancora di
fare il filologo!?), dovranno di necessità prendere in esame, oltre agli altri comuni
dizionari nostri, anche il suo « Stippleniento » . Quanto poi a determinare se le espres-
sioni da Lei raccolte siano utili o necessarie, possano essere oggi usate, o siano per
essere un giorno accolte nei dizionari della nostra lingua pura, questa è un'altra
questione ch'io non saprei definire. Solo il nostro futuro lontano filologo potrà saperne
la soluzione. A noi, per ora, non resta altro, mi pare, che star a sentire quel che
il popolo dice, il popolo che, a dispetto di tutti noi, (ci chiamassimo anche Manzoni
0 Tommaseo) fa, rispetto alla lingua (e il resto) tutto quello che gli pare e piace.
Noi staremo da principio, un po' dispettosi, arcigni, riservati, prima di deciderci a
introdurre nella nostra purgata prosa questa o quella paroletta nuova od impura, ma
se il popolo ci si intesterà, dopo dieci o vent'anni, per forza, se vorremo farci inten-
dere, useremo anche noi la paroletta, anche se sarà di origine giapponese, e goffa
ed aspra e non necessaria.
Credo per altro che non bisogna scendere ad esagerazioni, riguardo a codesta
invasione di parole nuove o barbare: e non è giusto che noi ci calunniamo. Non è
vero che oggi gl'Italiani scrivano molto male; certo è che, cinquant'anni fa, in ge-
nerale, scrivevano peggio. E poi bisogna distinguere neologismi da neologismi. Al-
cuni di essi resteranno, perchè saranno riconosciuti necessari ed efficaci, ma altri molti
541
si può star certi che avranno vita effìmera. Vi son parole che sorgono perchè un in-
dividuo le crea, perchè un fatto le provoca; ma, passato l'individuo, spentasi l'eco
del fatto, scadon di moda, scompaiono ; hanno servito pel bisogno del momento : ces-
sato il bisogno, muoion da sé. Or di queste parole e frasi ve n'ha moltissime, e ogni
giorno ne nascon di nuove. Tutte quelle che, in questi ultimi anni, molti o pochi
hanno usato ed usano, Ella ha raccolte nel dizionario; ma chi sa se avranno vita?
Alcune già vedo moribonde; altre mi sono parse nuove e le ho lette per la prima
volta — il che vuol dire che non sono dell'uso comune — ,• altre sono usate da una
ristrettissima cerchia di persone per loro singolari bisogni, spesse volte giochi di
effimera moda ; e perciò non si può asserire che tutte facciano veramente parte della
nostra lingua. Le lingue mi pare siano simili a grandi fiumi che scorrono. La cor-
rente si muove e perciò si muta; ma non bisogna confondere la gran massa dell'acqua
colle foglie secche e coi fiori che vi possono cader sopra e che per un po' stanno a
galla e magari luccicano al sole, ma poi sono giù travolti e scompaiono. Certo che s'Ella
avesse voluto prendersi la briga di distinguere i neologismi necessari, efficaci, belli,
forti e ormai consacrati dall'uso, da quelli già morti o moribondi o presumibilmente
morituri, si sarebbe messa in un ginepraio anche più aspro di quello nel quale corag-
giosamente si è messa; ma forse un po' di discrezione bisognava usare, e, se non erro,
Ella è stata un po' troppo largamente ospitale. Coi larghissimi indefiniti criteri coi
quali Ella ha condotto il suo lavoro, io penso che, tra un anno, se vorrà continuarlo, tro-
verà duplicata, triplicata la materia, e ogni mattina alzandosi, Ella avrà in casa sempre
una invasione di nuove parole : sarà una disperazione, caro collega. E intanto io dubito
che anche le 500 pagine del suo dizionario attuale possano trarre in inganno (come già
un po' Lei stessa) qualche altro studioso, e fargli credere che tutte quelle migliaia e
migliaia di voci e frasi siano proprio lingua viva o vitale in Italia. No, le forze con-
servatrici che dominano le lingue, sono molto più forti delle forze innovatrici. Dai
grandi fiumi secolari delle lingue consacrate dall'uso e dalle letterature, noi non ci
possiamo scostare; e, in verità, con tanta vita nuova che ci ferve d'attorno, ci conser-
viamo più puristi di quello che comunemente si crede ; anzi, col progredire della vita
civile, avviene che aumentano, è vero, i neologismi, ma, d'altra parte, cresce anche
e maggiormente si diffonde la cultura, e questa ci lega più strettamente alle tradizioni
della nostra lingua, al purismo ; la cultura vince la moda : passano le foglie, resta
la corrente regale.
Io credo ormai che (come già gli studi scientifici dell'Ascoli ebbero la virtù di
far cessare la famosa « questione della lingua ») anche adesso la scienza un'altra volta
ci risparmierà di tornare sopra la medesima o sopra una simile questione; e credo
che il buon senso trionferà, il buon senso italiano che, nel suo eccletismo giudizioso,
in pochi anni^da che l'Italia è fatta, ha già posto (checché si dica) solide basi di una
lingua nazionale viva, bella, vigorosa ed efficacemente espressiva. Noi abbiam la-
sciato discutere a lor piacimento cruscanti e non cruscanti, siamo stati via via man-
zoniani, carducciani, d'annunziani, e poi?... e poi, tratto vantaggio dagli ottimi esempi
dei maestri che furono che sono e che saranno, noi non resteremo né manzoniani, né car-
ducciani, né d'annunziani, ma più generalmente italiani^ e useremo quella lingua che,
senza fisime, ci viene fuori dal cervello e dal cuore, allorché vogliamo esprimere quello
che dentro sentiamo: lingua antica ma sempre nuova, ma rinsanguata dal giovino
sangue di mille parole nitide e vigorose che le necessità del nuovo pensiero o della
vita nuova avranno potuto accogliere o creare.
Coni' Ella vedo, io son dunque un poco ottimista, nel giudicare «dello stato
prosento della nostra lingua », e le cinquecento pagine di neologismi eh' Ella offre alla
considerazione degli studiosi, non mi pare ci debÌ3ano far paura. E pur dai giornali
traggo conforto al mio ottimismo. Ciò eh' Ella scrive, che « la lingua usata dal gior-
nale è di solito deplorevole » non trovo sia giusto giudizio; ò una vecchia condanna
cho non dovrebbe ossero più ripetuta, lo so che tutti i nostri ingegni migliori, più
0 mono, al giornalismo hanno collaboi-ato o collaborano, e molti di ossi esercitano pro-
fessione di giornalista; e so cho ogni giorno io leggo su poi giornali, articoli d'arto,
di scienza, di politica, e persino affrettato corrispondenze dal campo di battaglia, dal
tribunale, dal teatro, dalla borsa, così chiai-e o vivaci od efficaci da far impallidire
le pagine di molti profossori. E poi è una malignità anche questa mia: da qualche
tempo scrivono bone anche i professori, pur dottando quei lor ponderosi e noiosi volumi
che son costretti a comporro por i concorsi.
— f)42 —
« Ma che vuol dire bene? » — Ella mi domanderà, — « vuol dire con pu-
rezza? ». Eispondo: « Vuol dire con sincerità, e con cervello nutrito di qualche pen-
siero. A queste condizioni, puristi o non puristi, si scrive bene ». L'autunno scorso,
ricordo, mi occorse di leggere in un giornale tutto dedicato a onorare il Carducci,
un articolo di una donna, la quale candidamente affermava di non conoscere altro
scrittore moderno che al Carducci si possa accostare, all' infuori di .... Filippo Turati.
A leggere ciò, sulle prime sorrisi; ma poi so che le donne sono un poco incoscienti e
perciò dicono alle volte grandi verità; e ricordando e ripensando gli scritti del socia-
lista, che vuole? egregio collega, mi sono accorto che quella signora non aveva
mica pronunciato una sciocca eresia. Non v'ha dubbio che il Turati è un grande
scrittore; ed Ella sa benissimo com'egli sia anche uno dei più arditi e originali crea-
tori di parole nuove. E il purismo? Evidentemente esso è una qualità secondaria del
bello scrivere.... Ma non parliamone piii. Anzi, non ciarliamo più.
Prof. G. B. MARCHESI.
.... Eccola qua, piena, calda, entusiastica, lamia adesione all'opera sua e ai criterii
fondamentali cui essa s' inspira. Io ho, anni addietro, condotta su riviste milanesi e
fiorentine una campagna per la « libertà di parola » nel senso filologico dell'espres-
sione (che, del resto, non è se non il complemento naturale della stessa libertà nel
senso concettuale) ; ed ho polemizzato un bel poco, per dimostrare che come i dia-
letti, senza scomparire, si espandono e si integrano nella lingua, così, senza perdere
nulla della loro individualità, le lingue tendono a permearsi l'una nell'altra e a con-
vergere lentamente verso un linguaggio universale ; io, caro collega, non posso ve-
dere nella sua opera ardita e simpaticissima, se non un felice contributo all'attuazione
di questo mio sogno d'internazionalismo linguistico, sintomo e simbolo d'altro e più
intimo e più profondo internazionalismo, quello dei cuori e delle coscienze.
Ne dico, con questo, che Ella porti così, semplicemente una pietra, per quanto
fondamentale, all'edificio d'una sublime utopia; dico anzi che il suo « Dizionario Mo-
derno », soddisfacendo ad un bisogno che nell'animo suo, squisitamente evoluto e
sensibile, era divenuto insistente, impellente, fattivo, risponde pure ad un bisogno
non altrettanto vibrante, forse, in tutte le anime italiche, ma in esse largamente lar-
gamente diffuso; ed in molte, fra le quali pure la mia, molto intenso, quasi irre-
quieto, e che lo diviene ora assai più, in presenza del mezzo che Ella ci offre di
soddisfarlo.
Le dirò, anzi, che io vagheggiavo (non per accingermi io all'impresa, s'intende,
non avendoci la minima competenza), e da molti anni, l' idea di un vocabolario sul
tipo di quello che fa parte dei manuali Hoepli, col titolo di « Nuovo dizionario uni-
versale delle lingue italiana, tedesca, inglese e francese disposto in un unico alfa-
beto » ; ma lo immaginavo universale davvero, cioè contenente i vocaboli di tutte le
lingue più diffuse del mondo civile, e quindi anche dello spagnuolo, del russo, dell'a-
rabo, del turco, e (perchè no?) del giapponese, disposti essi pure in un'unica serie
alfabetica indistintamente, come se si trattasse d'una lingua sola; e con questo in
più, rispetto al dizionario tetraglotto dell' Hoepli, che alle parole meno ovvie e co-
muni seguisse una breve e chiara spiegazione, come ora fa Lei del suo « Dizionario
moderno ».
Del quale, intanto, io applaudo vivamente il titolo stesso, in cui è già implicita
l'affermazione che altra è la lingua oggi, altra fu ieri, altra sarà domani; e che la
lingua d'ogni nazione è qualcosa di vivo che si trasforma e si trasfigura per intimo
lavorio alimentare, proprio come un organismo animale o vegetale, in cui ogni giorno
molte cellule vecchie e logore muoiono, si decompongono, vengono eliminate, mentre
altre cellule, poiché l'organismo si nutre assimilando sostanze alimentari che prima
gli erano eterogenee (e Lei riferisca tutto questo anche alla lingua), mentre altre cel-
lule, dico, si foi'mano, crescono, si riproducono (ed ecco gi' innumerevoli derivati di
una radice linguistica) e formano interi e vasti e complessi tessuti nuovi.
Ella vede: come dall'unità della materia organica che trapassa per gli organismi
individui senza arrestarvisi, senza fissarvisi stabilmente, noi assurgiamo ad un alto
e nuovo concetto della vita e dell'essere, così dall'unità della materia verbale (non
- 543 —
è questo che va dimostrando il nostro Trombetti?) la quale circola per i tessuti lin-
guistici senza immobilizzarsi, cioè senza morire, anzi con un continuo processo di
assimilazione e di disassimilazione, noi perveniamo alla conclusione ben luminosa e
filosofica, che una, anzi sempre più chiaramente una, nella sua essenza, rimanendo
l'anima umana, pur nella infinita varietà dei suoi atteggiamenti, una ne sia sostan-
zialmente l'espressione, pure modificandosi per lenti trapassi nell'estensione enorme
non dello spazio soltanto, ma, forse più ancora, del tempo.
E che diventa, allora, la timida, l'ingenua domanda, del «si può dire?» e del
« non si può dire?'» Essa sembra presupporre e sottintendere un'autorità superiore,
cui spetti sentenziare e rispondere ; mentre della sentenza e della risposta, non è ar-
bitra se non la collettività anonima in mezzo alla quale la parola e la frase dubbia
viene a cadere : se essa vi è compresa ed accetta, si può dire : se no, no ; precisa-
mente come una moneta, che abbia o non abbia corso (non importa se legale, purché
vada) in un dato paese e in un dato periodo.
Ne con questo Ella, vede bene, io mi fo paladino del parlare e dello scrivere
sciatti e trasandati; anzi! Io dico infatti, che parole e frasi, dovunque vengano, hanno
da essere non solo comprese, ma accette, o per esserle accette, cioè grate, cioè sim-
patiche, hanno da essere chiare, espressive, armoniose, intonate con le altre a cui si
associano, insomma belle; e quando parole e frasi, vecchie o nuove, paesane o fo-
restiere, auliche o popolari che siano, sono belle, sono buoni strumenti, vivi colori
per l'arte del dire, che cosa si può onestamente pretender di più?
E passo a quanto Ella dice nella seconda parte della sua prefazione, quella che
riguarda lo stato presente della lingua italiana, per dirle che qui pure io sono, in
massima e nelle linee generali, pienamente d'accordo con Lei, cominciando dall'af-
fermazione che oggi noi attraversiamo, anche nel linguaggio, una vera crisi di cre-
scenza, appunto come nel pensiero, nell'arte, nell'industria, nella politica sociale,
nella vita collettiva, insomma; crisi così rapida, estesa, profonda, tumultuosa, da dare
quasi all'evoluzione l'aspetto minaccioso d'una rivoluzione: fenomeno magnifico, e
che a me, estetista, e che quindi lo contemplo come spettacolo, non solo non fa mi-
nimamente paura, ma suscita meraviglia grata e festosa ammirazione. Io sono di
tempra ottimista, del resto, e serbo, anche attraverso ai passeggeri disastri, la fede
incrollabile nel galantomismo del tempo e nelle promesse dell'avvenire; per intanto,
mi contento dei piccoli acconti del presente; ed anche in arte, anche in letteratura,
trovo più spesso da godere ingenuamente e da schiettamente applaudire, che non da
censurare, da biasimare, da protestare ; così, io non credo, con Lei, che « di buoni
scrittori oggi ce ne sian pochi » ; non passo anzi mai un anno intero, senza aver la
rivelazione d'un poeta, d'un romanziere, d'un pensatore nuovi, di prim'ordine a mio
parere ; vale a dire, degni di figurare accanto a quei classici dei secoli passati, dei
quali è data la biografia e son riportati saggi di prose e di versi in tutte le anto-
logie ; faccia il conto, e son cento forti scrittori, dal più al meno, in un secolo, cioè
quanti non ne può vantare sicuramente nessun altro anteriore.
Lei forse mi dirà, a questo punto, che il mio è un apprezzamento personale,
enormemente dubbio e discutibile ; ed io ne convengo : ma le faccio osservare che di
fatto, se non venissero imposti ufficialmente nelle scuole, i signori classici non si ri-
stamperebbero quasi più, e sarebbero pochissimo letti; mentre i contemporanei, quelli
che incontrano il gusto generale, s' intende, vodon succedersi rapidamente lo edizioni,
a migliaia di esemplari, dei loro libri. Che importa se i posteri, alla lor volta, li di-
menticheranno? Per buoni scrittori, noi viventi, non dobbiamo naturalmente inten-
dere quelli che piacquero ai nostri progenitori che ci guardano dall'alto in basso dai
vecchi ritratti anneriti, né quelli che piaceranno ai figli di quei marmocchi che suc-
chiano ora, con tondo faccetto di bestioline, i morbidi seni delle nostro donne.
E su questo punto soggiungo una cosa sola, con lo stesso parole sue, caro col-
lega : «Non faccio nomi né cito esempi, perché sembrerebbe ch'io volessi lodare opere
od autori, poco noti od ignoti»: il che vuol diro, elio entrambi riconosciamo che di
scrittori, non solo buoni, ma ottimi, co n'é oggi assai più di quelli che sono gono-
ralmento riconosciuti per tali.
Ella poi rileva conio tra persone di media coltura (le quali, noti, costituiscono
appunto la grande massa della borghesia oggi dominante) appaia sempre più chiaro
« un vero compiacimento noM'usaro il vocabolo e la frase forestiera », lino a eroderò
d'affrott.'iro por tale mezzo l'avvento di un linu;uaggio unico, universale.
— 544
Ebbene, "a parte l'esagerazione, per ora utopistica, un poco lo credo anch'io, che
pure non uso, se non con molta parsimonia, parole uè modi stranieri ; ma li ascolto
però con piacere, lo confesso; e senza temere, com'Ella teme, che ciò accada senza
reciprocità da parte dei popoli più forti e dominatori : ci rifletta, Lei che conosce
bene questa materia, e vedrà che anche gli inglesi e i tedeschi importano i nostri
vocaboli e le nostre frasi certamente in non meno larga misura di quel che non ne
esportino dei loro fra noi.
Si rammenta Lei la risposta graziosamente spavalda della piccola padroncina di
trattoria andalusa nella « Spagna » del De Amicis, al nazionalista feroce, che, allu-
dendo ad Amedeo di Savoia, diceva, in tono di patriottico sdegno :
« Ahora tenemos un rey estranjero ! »
« A mi me gusta! » ribatte lei, cui piaceva infatti, un poco anche appunto perchè
idealizzato da un'aureola di lieve esotismo, il re giovane e bello, galante e cavalle-
resco. Dopo tutto, meglio questo che un tirannello paesano, tisicuzzo e bacchettone,
formalista, ed insignificante.
E lo stesso dico io dell'infiltrazione linguistica forestiera: «A mi me gusta! >>
E « gusta » anche al popolo minuto, che anzi (lo dice Lei stesso), dai giornali, dai
cataloghi, dai viaggiatori di commercio, dalle modiste, raccoglie avidamente e fa sua
e serba ogni voce forestiera, specialmente francese, che gli accada di leggere o d'a-
scoltare. Gli è che il popolo in generale, ed il nostro in particolare, è per natura sua
ospitale e cosmopolita, e che campanilista ed esclusivista non diviene se non artifi-
cialmente, per opera di malvagi e d'interessati, che l'ingannino, lo suggestionino,
l'aizzino contro il fratello che vive e lavora pacificamente al di là d'un fiume, d'un
monte, d'un mare ; il nostro in particolare, ho detto, appunto perchè accampato da
secoli e secoli nel bel centro del mondo civile, su questo magnifico molo europeo,
che si protende tra il mite Mediterraneo verso l'Africa e l'Asia, e avvezzo a veder
passare per la sua terra ogni sorta di gente, e a sentire e a comprendere, come il
buon Giusti nel « Sant'Ambrogio », che anche quando essa era strumento di tirannia
e di prepotenza, lo era per forza ed a malincuore, costretta da pochi ambiziosi pre-
doni gallonati o coronati, ma, per se stessa plasmata in fondo con la medesima pasta,
di cui noi pure, noi latini, noi italiani, siam fatti.
Popolo equilibrato e sano, il nostro, espansivo e bonario, e, com'Ella dice splen-
didamente in fine, dotato d'un senso inalterabile di libertà, di tolleranza, di genti-
lezza; lasciamolo dunque fare a suo modo, e trattare degli altrui popoli, come le per-
sone, così pur le parole; anche con la casa piena di forestieri, rimarrà sempre lui,
rimarrà sempre italiano. MAEIO PILO.
Trovo che la pubblicazione del suo Dizionario moderno è pienamente giu-
stificata, e che essa riescirà di grande utilità a tutti.
Mi congratulo con lei chele ha compilato, e con l'editore che lo ha pubblicato.
G. SERGL
Indubbiamente molte verità si contengono nella gustosissima e italianissima
prefazione al suo Dizionario m,oderno. Dissento però in alcana parte.
A reprimere certi abusi e la consuetudine di certo gergo barbarico non credo
niente affatto inutile l'opera della scuola. Molti vocaboli e costrutti riprovevoli —
volere o non volere, cioè volere o volare — furono e sono implacabilmente sbanditi
da una valorosa falange d' insegnanti, che con eroica perseveranza combattono a di-
fesa di quella sacra italianità che non si spense dopo fatta l' Italia, ma rifiorì « rin-
novellata di novelle fronde », prima per influsso del Manzoni richiamante al toscane-
simo vivo, di poi per l'autorità del Carducci richiamante alla tradizione, da ultimo
per efficacia della scuola estetica richiamante al culto della forma bella. La più parte
delle parole che Ella enumera — escluse le seientiftehe^ che debbono esser usate e
in senso proprio e in senso metaforico, ed escluse altre poche, degne di vita lette-
raria — non sono notate già, secondo quello eh' io penso, « a msìnoria di eia che
545 —
è oggi V italiano dell'uso », conio Ella afferma, sì bene a documento di un certo uso,
vale a diro dell'uso degli « improvvisatori^ degli spensierati^ dei dilettanti di lette-
ratura », che poco frequentarono la scuola o la frequentarono senza profìtto. La gente
colta, la gente seria — o ch'io m'inganno — evita gran parte de' vocaboli e de' modi
da Lei segnalati. Mia moglie, per esempio, — milanese di Milano e non professo-
ressa (Vede? uso questo vocabolo che alcuni miei confratelli in purismo respingereb-
bero inorriditi) — mia moglie, dunque, quando parla in italiano (il che fa quasi sempre),
non adopera mai verx^a per cavolo, ne farne vedere a uno per tormentarlo, e nep-
pure, come dicono a tutto pasto gli incolti nella città egemonica d' Italia, so niente
por non so niente o disfo por disfo o disfaccio. Forse che per la legge del minimo
sforxo^ dev'esser lecito ignorare, oltre all'uso de' vocaboli e delle metafore tradizio-
nalmente italiani, anche la gram,matica? Ella, a dimostrare V inutilità de' professori
d' italiano e la vanità dei loro filologici amori, cita il catechistico insegnamento della
storia letteraria ; ma perchè dimenticare la correzione dei così detti componimenti?
Ancora. Non mi par vero che « il disputare di voci pure od impure^ nostrane
o barbare^ sia antico ozio accademico degli Italiani » . Nella prefazione alla mia
«Teorica di francesismi»., che ebbe lodi dal Fornaciari e dal Pascoli, io smentivo
questa opinione citando l'opera letteraria dei Decadenti e la maestà dell'imperatore
Guglielmo, il quale con pubblico bando ordinò che nella lingua militare del suo po-
polo alle parole straniere fossero sostituite parole germaniche. Ora aggiungo che in
Germania appunto si pubblica una rivista a difesa della purità, dal solenne titolo
Allgemeiner deutscher Sprachverein, e che il gran Littré nel suo Dictionnaire alla
voce préoccuper nota : — « C'est une faute fort commune aujourd'hui d'employer
SE PRÉOCCUPER pour s'occuPER. Tous nos ministres à la Chambre des députés^ quand
on signale une difficulté^ disent qu' ils s'en préoccupent ou qu' ils s'en sont préoc-
cupÉs et tous les journaux répètent cette mauvaise locution » .
Anche Giulio Cesare da buon Latino, non ostante l'affermazione contenuta nel
passo ch'ella cita a pag. XX, fu intinto nella stessa pece. Dice infatti di lui Cice-
rone nel Brutus : — « Caesar, rationem adhibens., consuetudinem vitiosam et cor-
ruptam pura et incorrupta consuetudine emendai » — .
Del resto io non credo punto dannoso il suo Dizionario moderno, il quale dà
sì genialmente ragione di tanti vocaboli e modi e costrutti, non dell'uso, ma — in-
sisto — di un certo uso., di una certa — per dirla cesarianamente — consuetudine
viziosa e corrotta che può e dev'essere emendata in gran parte. Il suo poi s'avvan-
taggia sugli altri, oltreché per altri pregi notevoli, per la quasi sempre chiara e pre-
cisa definizione di vocaboli finora vaganti incertamente su labbra e fogli insubri e
dei termini scientifici più comuni, finora non dichiarati o mal dichiarati in dizionari
che vanno per la maggiore. Dico quasi sempre., e non sempre., perchè qualche volta
il buio rimane. Infatti, quando leggo : — « Vertigine, come termine medico è sin-
drome determinata specialmente dal senso della instabilità nello spazio rispetto alle
cose circostanti » — io profano, io che ignoro il valore scientifico della voce sin-
drome ('), ne so quanto prima.
Altre osservazioni pedantesche.
Alle parole : — « Va sans dire è locux. fr. usata per vizio » — aggiungerei :
specialmente dall'aristocrazia o da chi la frequenta ed imita. Gli Italiani ignobili
dicono in generale alla buona : s'intende., si capisce. La stessa aggiunta si potrebbe
faro per altri modi stranieri consimili. È bene risulti da che parte il vizio provenga.
Vasel d'ogni froda non credo sia modo entrato nell'uso comune. Lo stesso direi
di Vecchio della montagna., di Versiscioltaio., di Pastorelleria. 0 forse queste parole
sono da ascriversi tra le non registrato? Ma pastorelleria., almeno, è nel Dizionario
Rigutini-Fanfani.
Similmente, non dev'esser lecito notare o non condannare velodromo por velo-
dromo. L'ortoepia e parte della grammatica, e, quando si tratta di grammatica, bi-
sogna essere conservatori feroci. Ma questo sono minuzie e quisquiglie da retori che
(') La parola sindrome ò spiegata a suo posto. (Xota ileirAutoroì.
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non scemano pregio alla geniale originalità dell'opera, la cui lingua e il cui stile è
in felice contradizione con le affermazioni eroicamente ed argutamente sostenute nella
prefazione. Dottor ALBERTO ALLAN
prof, nel R. Istituto tecnico di Lodi.
Disporre in modo agevole per la ricerca tutti quei vocaboli e quei modi di dire
(siano essi approvabili o no), che sono entrati nell'uso italiano, è far cosa utile a
molte categorie di persone, è fissare forme, spesso transitorie, che potranno riuscire
curiose al glottologo, allo psicologo, allo storico.
Sembrami, quindi, che debba essere accolto con plauso da tutti gli intelligenti
il Dizionario moderno di Alfredo Fanzini, il quale contribuirà assai, per ciò che
concerne l' Italia, alla miglior cognizione di quella che i Tedeschi chiamano Um-
gangsspraehe.
Prof. RODOLFO RENIER, dell' Università di Torino.
Ija sua prefazione al Dizionario moderno mi dette tale godimento intellettuale
che volli fare dividere la mia gioia a coloro che non poterono ancora leggere il suo
scritto.
Ella mi fa poi troppo onore domandando il mio giudizio. Io, della lingua ita-
liana so quel poco che mi basta per esprimermi male, e il genere dei miei studi,
— strettamente scientifico — avendomi insegnato a stimare l'idea più della forma,
mi son trovato a scivolare talmente per quel pendìo che — a cuore sincero — molte
volte mi sorprendo a dare alle mie ideo una forma semplicemente disastrosa.
Ma se è vero che l'uomo, anche se non sa fare l'uovo, — come la gallina, —
sa però riconoscere se un uovo è fresco o no, ^ così, anche non sapendo maneg-
giare la lingua che Ella conosce a perfezione, le dirò ciò che penso sulla questione
linguistica che Ella agita nella Prefazioìie.
Le esporrò dapprima un fatto personale (vede come credo all' eloquenza dei
fatti!) al quale Ella darà il valore che crede. Una decina d'anni fa nel mio volume
che studiava le leggi psicologiche e sociologiche che regolano l'evoluzione del gergo
(dalla coppia alle associazioni e da queste alle classi sociali) mi intestardii ad affer-
mare, non so più a quale pagina, che i gerghi o modi di dire di gergo muojono se
escono fuori dal buio ove furono creati e se pretendono mettersi liberamente in cir-
colazione, in mezzo al turbinio delle parole della lingua officiale.
Da quel tempo — assai giovanile — il mio concetto mutò, sotto la sferza con-
tinua ed efficace dell'esame dei fatti. Mutò tanto, che mi accorsi d'aver detto proprio
il contrario — o quasi — di ciò che rispondeva alla verità. E la sua Prefazione mi
giunse proprio quando la mia conversione era fatta, e da un pezzo. Ben venga il
suo Dizionario.
Poiché, se non mi sbaglio, due sono le concezioni che lo studioso può farsi
della lingua parlata.
0 è la splendida e intatta vetrina di museo, ermeticamente chiusa, — adora-
bile, purissima, — e intangibile, o è l'essere vivo, che non vuol sentire odore di
stantio e che si getta nella vita moderna, agitata, vibrante, tumultuosa, — qualche
volta anche disforme, ma pur sempre viva, balzante, calda, — come sangue che cir-
coli gorgogliando, nelle vene e nei polsi dell'uomo sano.
Queste due concezioni hanno i loro campioni, che battagliano con eguale valore.
Per gli uni la lingua ha da conservare gelosamente le sue antiche bellezze e — es-
sendosi chiusa entro alla cittadella d'avorio '■ — non deve farsi contaminare da alcun
nuovo elemento. Essa compiacesi nella finezza meravigliosa del suo interminabile
esercito di parole, scintillanti come armata in campo, e le offre intatte e intangibili,
allo sguardo dell'ammiratore, come i musei, — dietro i vetri — offrono all'ammira-
zione del devoto visitatore i medaglieri ove si allineano le antiche e belle monete
del più alto valore. Per gli altri, al contrario, la lingua, nella sua qualità di orga-
nismo in formazione continua, non è cristallizzato miracolo di bellezza, non è meda-
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^licro, uè torre d'avorio, ma donna viva e robusta che maternamente accoglie le nuove
formazioni che a lei si volgono.
Ella, che ha un cuore di purista classico, amante della bellezza antica, e un
cervello di uomo moderno, adatto a comprendere il mondo nuovo che ci fiorisce d'in-
torno, ella a ragione di questo dualismo della sua coscienza, — ha scelto la via di
mezzo — e la giusta via di mezzo — tra gli uni e gli altri. Non le dico: ha fatto
bene. La mia approvazione non avrebbe nessun valore. Soltanto le dico che la con-
cezione vivente di un linguaggio in continua via di formazione, e per ciò accogliente
quei barbarismi che più rispondono alla necessità della nuova vita è, secondo me, la
concessione giiista e veramente scientifica. La parola segue la vita — Ella ha scritto —
ebbene, lasciate passare la vita! ALFREDO NICEFORO.
Tornato appena da Roma, trovo qui il saggio che Ella si compiacque mandarmi
chiedendomi il mio parere. M'affretto a rispondere per dirle che la sua fatica mi
sembra non solo bella, ma eccellente, sopratutto pratica. Trovare in un dizionario la
spiegazione di voci e modi di dire in uso e in abuso del linguaggio corrente, è certo
una grande facilitazione a chi intenda, senza fraintendere, muoversi fra gì' impacci
delle parole del nuovo stile. E servirà sopratutto a chi voglia con sicurezza tenersi
lontano da ogni abuso.
Plaude tato eorde a quanto Ella scrive a pag. XXI della sua prefazione. Anch'io
vo picchiando da un pezzo sullo stesso chiodo, e chissà se altri ci aiuta, non si riesca
a mettere in fuga questa letteratura ch'Ella chiama floreale perchè fatta sopratutto
di spine. SALVATORE FARINA.
Un sincero plauso anzitutto per l'opera bella ed utile, ch'Ella ha coraggiosa-
mente intrapreso. Un lavoro di tanta mole, che, per natura sua, non si può dir mai
compiuto, (una vera fabbrica del Duomo^ come diciamo noi milanesi) basta a riem-
pire la vita di un uomo, anche il più erudito e laborioso ed a farne il nome lunga-
mente chiaro ed onorato.
Quanto all' importante questione della lingua, eh' Ella sottopone alle persone au-
torevoli, se io credessi di poter contarmi tra queste, direi che due sono i punti di
vista dai quali può esser trattata: quello degli uomini di lettere e quello dei profani,
degli orecchianti.
I primi non la risolveranno mai. Per essi vi sono troppi argomenti prò e contro,
troppe care tradizioni e convincimenti troppo radicali in dotti studii da conservare e
da difendere; ed Ella per il primo ne dà un eloquente esempio con la sua larga,
bellissima e profondissima dissertazione.
I secondi, ed io son tra questi, la risolvono forse troppo in fretta. Considerato
il fenomeno linguistico alla stregua degli altri fenomeni naturali, pare ovvio ch'esso
passi per quelle fasi di evoluzione e di dissoluzione, per cui passano tutti gli altri e
che formano il ritmo della vita. Ed allora che vale preoccuparcene?
Può darsi che la lingua italiana, come organismo, sia entrata nel periodo di
senescenza (ha avuto uno stupenda giovinezza ed una non meno ammirabile virilità!).
Ora si trasforma e diventerà qualche altra cosa, non meno bella e non meno grande.
Se Cicerone avesse preveduto il corrompersi della sua aurea lingua, chissà in quale
disperazione sarebbe entrato. Avrebbe avuto torto. Questa corruzione ci ha dato la
prosa e la poesia del trecento e della rinascenza.
Lodevolissimo dunque mi pare il tentativo, che Ella fa, di dare libero corso ai
nuovi elementi linguistici, e non meno lodevole trovo la sua fedo nel gonio della
nostra razza, in quella energia nascosta ed inesauribile, che, come ha già fatto tanti
miracoli, altrettanti o maggiori ne potrà compiere in avvenire.
Fede e serenità: ecco il segreto di ogni savio convincimento filosofico. Intanto
lavoriamo con buona volontà, seguendo quei nostri segreti istinti, che no sanno più
della nostra ragione. SILVIO PAGANI.
— 548 —
Non ho potuto leggere prima d'oggi il Saggio del suo Diicionario moderno.
Le dico subito che mi rallegro per l'opera sua, non di letterato soltanto, ma in quanto
è rappresentazione d'un fatto umano, opera anche d'artista. E quale fatto umano e
naturale merita più, letterariamente o storicamente, d'esser notato di questo della
lingua, tentando di vedere, e di porre quasi sott' occhio, il punto a cui ella oggi è
arrivata nella espressione d'ogni ordine di persone? L'impresa è ardua e infinita, ma
il suo discorso preliminare dimostra che Ella non vi s'accinse senza l'ingegno, gli
studi, l'acume, e quella preparazione di pensiero proprio e di osservazioni necessari
non a correre tutto, che è impossibile, ma, a avanzarsi assai, e quanto basti, in quel
mare. Nel suo Dizionario ce ne sarà, mi sembra, per ogni gusto. I puristi certo non
l'approveranno, ma potranno essi pure trovarvi, in mezzo ai neologismi, la loro val-
letta claustrale, col loro piìi bel fiore della favella. Ora il suo Dizionario dimostrerà,
tra le altre cose, quanto oltre quei termini purissimi, trascorremmo, di quanti sterpi,
se non fiori, si abbellì l'Italiano, ormai, nell'uso più generale, non più chiaro fiume,
circoscritto alle rive d'Arno, ma torbida fiumana ingrossata dal sorgere e progredire
di tante cose che mancarono all'aureo Trecento, e mancano ai testi aurei della Crusca.
Bella idea la sua e geniale ! Tentare di ritrarre, in un certo modo, una specie dì
gran Babele mondiale, da cui uscirà fuori, come dal caos, la luce nuova, cioè quelle
maravigliose opere d'arte in cui la lingua trasformata diviene architettura e pensiero,
quando il Genio non manchi, e non manchi una qualche fede feconda. Altrimenti,
non voglio far pronostici, e non presumo, ma la Babele, o la barbarie, durerà lunga
e brutta, per quanto in mezzo alla « giornaliera luce delle gazzette » e della scienza.
Ma ella forse vede più roseo di me, e me ne compiaccio. Solo che Dio ci mantenga
un po' d'eleganza, caro e buon Signore, non dico quella dei letterati che avremo sempre
in alcuno, purché non preziosa ; ma l'altra che il popolo ha sempre spontanea e
quasi improvvisa, quando non manchi troppo di quel senso di onestà, di verità, di
semplicità e di gentilezza, a cui si debbono le più belle opere d'arte e di cultura.
Con queste parole molto frettolose non volli che rispondere al suo cortese invito,
solo per quel tanto che io ne penso e ne so: ad altri ben più dotti le discussioni
erudite. MAEIO PEATESL
.... Alla stessa maniera che i dizionari, dirò così, ufficiali, della lingua italiana,
registrano i modi e le parole che vivono già da tempo, e quei modi e quelle parole
che stanno per morire, e i modi e le parole che sono già morte, anzi già fossili, il
di Lei dizionario moderno registra e documenta e talvolta ricerca le origini di modi
e di parole che le relazioni commerciali, industriali, politiche, letterarie, ecc., por-
tano continuamente fra il materiale della nostra lingua. Di questi modi di recente
importazione alcuni non trovando l'ambiente favorevole avranno vita breve ; altri po-
tranno adattarsi all'ambiente e si fonderanno colla lingua ufficiale, talvolta anche a
danno di altri modi meno vitali. È bene aver registrato questo momento nella lingua
italiana.
I puristi non registrano le parole nei vocabolari quando quelle parole nascono,
ma solo quando sono già vecchie, e magari quando stanno per morire.
Nella di Lei mente il suo Dizionario moderno si è formato come un libro scien-
tifico. — Ella ha dovuto concepire il suo dizionario colla forma metodica, riunendo
in capitoli separati ciò che la moda, la cucina, il teatro, ecc., portano ciascuno di
loro contributo. Riducendolo così come Ella ha fatto all'ordine alfabetico, il suo libro
riesce più pratico, più utile, più facile a consultarsi per chi non ha il « buon tempo »
a cui accenna nella sua prefazione.
Ho già capito che anch'io ogni giorno avrò bisogno di consultarlo, ma siccome,
senza avere il « buon tempo » mi piaciono le cose belle, voglio anche leggerlo da un
capo air altro come si legge un libro di storia naturale, e sono certo che vi ritro-
verò il piacere da me provato già leggendo una parte della lettera V, piacere reso
più vivo dalle sorprese talvolta inaspettate che la sorte dell'ordine alfabetico procura.
Prof. POMPEO CASTELFRANCO.
— 549 —
Il Dizionario di cui si compiace mandarmi, colla prefazione, un foglio di
saggio, mi pare frutto di un'idea geniale e coraggiosa per la difficoltà dell'esecuzione.
Sulla questione dello stato 'presente della lingua italiana Ella lascia ben poco
da dire perchè previene e combatte vittoriosamente tutte, o quasi, le possibili obbie-
zioni. D'altra parte la sua prosa, che concilia meravigliosamente l'eleganza classica
colla decorosa spigliatezza moderna, è il più valido sostegno delle sue ragioni.
Solamente sono meno pessimista di Lei sul giudicare dell'efficacia della scuola
la quale, da un po' di tempo, mi par che vada migliorando, malgrado l'aperta ne-
gligenza di chi la dovrebbe curare. E anche sarei un po' più indulgente coi nuovi
-puristi come Lei chiama i manzoniani, non foss' altro perchè sono ridotti a picciola
schiera come i patriotti dell'età aurea.
Ma, giacché Ella desidera qualche impressione più determinata. Le dirò che
mi pare che il Dizionario meriti un pochino l'accusa di troppo ospitale, da Lei così
argutamente fatta a questa terra d'Italia. — Trovo, per concretare il mio pensiero
— che certi vocaboli prettamente francesi di cui abbiamo il corrispondente nostrano
potranno bensì essere usati dai Dodi e dalle Dodine, ma non credo meritino l'ospi-
talità del suo dizionario.
Così lascierei di registrare in un dizionario che dev'esser dell' uso per eccel-
lenza certe citazioni latine che sono rarissimamente usate, (v. vestis virum facit).
E tralascierei del tutto le parole già registrate negli altri dizionari di cui il
Suo è un supplemento (v. viabilità, vidimare, vertenza).
Prof. A. BUTTERI ROLANDI.
Poiché Ella chiede anche a me — incompetente — una risposta alla que-
stione trattata nella prefazione al suo interessantissimo « Dizionario Moderno », ec-
comi a compiacerla.
Il popolo italiano ha oggi ancora una limitatissima coscienza di sé, del suo av-
venire, delle sue forze intime e latenti, dei progressi che ha già compiuto, di quelli
che un giorno potrà conseguire. Questo fatto è comune, a tutti, o quasi, i campi di
una attività, che è pure feconda, svariata, incessante; e della quale si possono già
vedere risultati più che notevoli.
Una diretta conseguenza si è: che a quel modo che ai nostri prodotti, agri-
coli e manifatturieri noi imponiamo spesso nome e marca estera per accrescere il
loro credito sul mercato internazionale ; a quel modo che i nostri lavori scentifici
non sono « scrii » se non hanno un pianterreno di note, rimpinzate di bibliografia
straniera, preferibilmente tedesca o inglese; così il linguaggio usuale é pieno di pa-
role, di modi, di costrutti esotici ; e il cadere, anche consapevolmente, in questo
difetto, sembra proprio caratteristica delle persone colte.
Il rimedio? Ella vede che bisognerebbe fare lungo discorso.
Certamente però la strada più sicura, per quanto non sembri la più breve, è
quella di risvegliare e rinfrancare il sentimento nazionale, migliorando lo condizioni
economiche, morali, intellettuali del Paese. Quando l'Italia sarà più sana, più colta,
sopratutto più ricca di quello che ora non sia, la parto patologica^ com' Ella dico,
di questo fenomeno tenderà ad attenuarsi sempre più. (Se scomparisse anche la parto
fisiologica sarebbe grave danno: Ella, credo, ne è persuasa quanto me).
Non nego che sull'argomento si possano dire moltissime altre cose, da altri punti
di veduta: ma la ragione da me accennata non mi sembra proprio tra lo ultimo per
ispiegare il fenomeno che Ella studia con tanta sapiente diligenza e con tanto amoro.
ARNALDO AGNELLI, avvocato, professore di Economia Politica.
La ringrazio di avermi mandato lo pagine di saggio del suo Dizionario
Moderno d'imminente pubblicazione e mi congratulo con lei d'aver pensato o fatto
un'opera la quale — per l'affidamento che no danno la coltura o la genialità dol suo
autore — sarà, un dì, eminentemente interessante, nonché — por il vivo bisogno
che se ne sente, o almeno, che so ne dovrebbe sentire in Italia — riuscirà certo
fra le più utili e feconde di bene.
550 —
Quante volte non ho io invocato un dizionario come quello ch'Ella sta per dare
alle stampe! Epperò immagini con quale piacere ne saluterò la comparsa: lo leggerò
lo studierò, lo consulterò spessissimo e cosi mi auguro faranno i miei colleghi.
Perchè il suo dizionario — a giudicarne dal saggio che ho sott' occhi — penso
che gioverà sopratutto a noi giornalisti e che diventerà, come si suol dire, uno dei
ferri del nostro mestiere.
Io me ne riprometto, anzi, due vantaggi immediati.
Anzitutto esso servirà ad incoraggiare e sussidiare il proposito che ognuno di
noi dovrebbe avere a cuore, di ricercare, cioè, e mettere in uso espressioni italiane
anche per molte cose moderne di origine e di ricorrenza straniera.
Ella scrive argutamente e giustamente — « Vi sono parole italiane così belle,
alate, luminose, che qualche volta danno delle feroci stoccate alle loro consorelle
franco o anglo-italiane: voglio dire che se si scrive con un po' d'amore esse ricor-
rono spontanee ove la penna ecc. — ». Ma vede, nel caso nostro, non è l'amore
che manchi talvolta, è il tempo : onde — non avendo sotto mano un libro di con-
sultazioni che, appunto, manca finora — ci succede spesso, come al sarto del Man-
zoni, di tendere invano a tutta forza l'intelletto senza trovare, lì per lì, sul mo-
mento, l'espressione o la parola italiana pura, bella, efficace, che si sa che esiste e
che si vorrebbe ben usare invece del modo di dire straniero o barbaramente italia-
nizzato che ci viene alla penna.
L'altro vantaggio che, spero, deriverà dalla pubblicazione, o — dirò meglio —
dallo studio del suo dizionario sarà quello di vedere una buona volta nei nostri gior-
nali parole, frasi e modi di dire stranieri — quando siano necessariamente conser-
vati nell'originale — trascritti con correttezza e citati... a proposito: che una delle
specialità della parola o della frase straniera la quale invade il nostro bel paese, è
certo quella di essere spesso maneggiata da noi senza alcun rispetto alle sue orto-
grafie e nemmeno al suo vero significato ! MARIO BORSA (publicista).
Da un pezzo mi sentivo in debito di una risposta al saggio speditomi del
suo Dizionario Moderno^ ma il ritardo ebbe oneste ragioni.
Io mi sentiva cioè tentato di rispondere a lungo ad alcuno almeno dei quesiti
da lei sollevati, a lungo come meritava l'invito e l'importanza della cosa, ma ceeir-
dere manus non solo perchè travolto da altri studi, ma perchè all'atto mi accorsi
quanto ardua fosse l'impresa di scendere male armato in un campo ove l'uso, l'au-
torità, il buon senso, libri e volgo combattono da tanto tempo e con sì diversa
fortuna.
E anche ebbi paura di far vedere troppo — in fatto di teoriche di lingua —
il mio codino manzoniano — dico del Manzoni artista più che trattatista, — non
vedendo io senza qualche adombramento la rinascente invadenza dei dialetti regio-
nali a danno della più salda unità che ha sua base nel fiorentino : fenomeno che
ella mi parve invece considerare con maggiore indulgenza e simpatia.
Tutto considerando, preferii un po' da poltrone sottoscrivere a molte cose buone
da lei dette bene, e approvare senza condizioni l'opera da lei promessa, ormai ne-
cessaria nelle presenti condizioni della lingua, alle quali nulla gioverebbe il querulo
pianto dei puristi. Prof. ATTILIO DE MARCHI.
....Il saggio che Ella mi invia del suo «Dizionario moderno» e gli intendi-
menti da Lei esposti nella prefazione promettono che l'opera riuscirà utile soddisfa-
cendo a una necessità della presente coltura. GUIDO MENASCI.
.... Sulla grave questione della lingua io sono — come nella vita — un ottimista,
vale a dire ho fede nel buon senso italiano e, sopratutto, in quella suprema legge
naturale per cui l'evolversi e il tramutarsi degli esseri e delle cose è irrevocabile e
avviene sempre per il meglio.
551
E come io non sono un letterato puro (poeta o romanzatore) jna un modesto stu-
dioso del fenomeno geniale, cerco sempre, scrivendo, di esprimermi con chiarezza
pur di essere subito intoso.
Non repudio quindi né i barbarismi, ne i neologismi quando sono indispensabili
air immediata e compiota manifestazione del pensiero.
Tocca a voi: poeti, novellatori, romanzatori, commediografi, di ravvivare il culto
della lingua; di purgarla dall'inquinamento dei vocaboli esotici, di rimettere nel gran
circolo della vita lo voci obliate, maturate o sepolte, affinchè risorgano vive e spi-
ranti e tornino dell'uso.
Del resto i puristi hanno torto di lamentare la profanazione e gli sciatti di
proclamare la libertà assoluta: reazionari gli uni, rivoluzionari gli altri. Il buon senso
sta nel mezzo e cerca di conciliare la purezza con la modernità, la regola con l'uso.
Chi scrive di scienza o di filosofia ha da esser chiaro, evidente, conciso, anche
a costo di offendere le ombre severo di Antonio Cesari, Basilio Puoti, Gianfrancesco
Galeani e tutti i cruscanti testerecci. ADOLFO PADOVAN.
.... Pei Dizionari ebbi sempre predilezione. Essi m'insegnarono non solo il va-
lore ed il senso delle parole, ma un mondo di cose; e mi furono come uno spiraglio
per vedere distinto e illuminato ciò che m'era incerto ed oscuro.
Quel passaggio da una ad altra voce, spesso fra loro disparate di significato,
trasporta la mente a svariatissime cose e snoda l' intelletto e lo rafforza. Quello studio
di vocaboli ci fa penetrare non soltanto nel linguaggio di un popolo, ma nella sua
storia, nella sua vita ; e frammezzo, e accanto, alla filologia vi trovai l'arte.
Pensaci e dimmi se m'inganno.
Ma se amai sempre i Dizionari, ora li amo ancor più perchè tu, mio caro, me
ne presenti uno nuovo, originale e, aggiungerò, necessario, giacché oggi siamo, in
fatto di lingua, in un labirinto intricato e scuro e tu ci dai il filo per uscirne e per
rivedere la luce.
Io sono ben convinto del tuo libro, ma se non lo fossi, la tua Prefazione nitida,
stringente per argomentazione, mi avrebbe condotto a darti piena ragione.
A te dunque mando il mio consenso e la mia lode.
FERDINANDO GALANTI.
.... Ho ricevuto il saggio del suo Nuovo Dizionario, o mi affretto a fargliene i
miei più sinceri rallegramenti e ringraziamenti: è un libro di cui mi sono augurato
cento volte la comparsa e che, d'altra parte; temevo non potesse comparir così presto,
attesa la speciale difficoltà e la grande fatica del lavoro. Lode a Lei e all'Editore!
Nessuno vorrà pretendere che in questa prima edizione il volume sia scevro da la-
cune, da ridondanze ed anche da inesattezze. Quello si che avrei voluto già ora —
perchè cosa necessaria^ come lo hanno visto gli autori tedeschi nei loro « Fremd-
wòrterbùcher e nei loro lessici — si è 1' indicazione della pronuncia^ sia delle pa-
role straniere che dello italiane, e la (pure indispensabile) indicazione del genero
(masch., femm., sing., pi.; dei nomi e degli aggettivi. Senza questo indicazioni il
volume è assai spesso di poca utilità pratica, come Ella potrà farne esperienza so vorrà
far leggere, p. es., Weihnachtsbaum a chi non sa di tedesco e se questi dovesse
applicarvi l'articolo (masch.? femm.?). Inoltre occorre assolutamente che sia indicato
in quale lingua è scritta la parola o la frase dell'articolo (come è fatto già in alcuni
punti). So l'Editore mi favorirà un esemplare io lo ingombrerò corto con molto note
per mio uso e consumo. Intanto godo che finalmente sia stato vinto l'indirizzo me-
schino e pernicioso degli Ugolini e dogli altri puristi.
Prof. Dott. LUIGI POLACCO.
il vocabolario (a parto qualche giudizio, del resto non ueoessario, che turba,
secondo me, la serenità del libro) lìii piace, e riesco una lettura gradita, certo, più di
— 552 —
quella del dizionario vero e proprio, consigliata dal De Amicis. Di qualche sovrab-
bondanza 0 difetto ti sarai accorto tu stesso ; ma come evitare le une e gli altri, se
il criterio che ti ha guidato nell' accogliere le varie voci, doveva necessariamente es-
sere del tutto soggettivo?
Certamente chi legge ha diritto di domandarsi se codesto tuo criterio è fondato
su ragioni buone, od almeno plausibili ; ed io, per mio conto e per quello che posso
giudicar dal saggio offertomi, mi sono risposto senz'altro che sì.
E inutile : in Italia noi abbiamo due lingue : una più solenne, più aristocratica,
più togata, che ci si fa innanzi ne' discorsi accademici, nelle scritture, diciam così,
ufficiali, nei libri scolastici, e (non par vero!) talvolta nei componimenti degli alunni;
ed una che ci serve per i discorsi familiari, per le lettere private, per le « pratiche »
d'ufficio, per il giornale politico, per quello pseudo letterario a due soldi il numero,
e via via. C'è chi crede (tu stesso, se ho inteso bene) che a lungo andare esse si
comporranno in una lingua sola, rispondente al movimento multiforme del pensiero
italiano moderno; io non lo credo. La seconda di tali lingue è troppo capricciosa,
troppo insofferente di freno, da un secolo e mezzo in qua, troppo sbrigliata. Alcuno
vorrebbe farle intendere la ragione, darle qualche buon consiglio. Ah ! è tempo perso.
Perchè non dire « rapportatore » invece di quello sgarbato e inarmonico « reporter »':'
sembra domandarle il Carducci, autorevole se altri mai; e la ribelle fa orecchi da
mercante e continua a compiacersi del suo inglesismo. Io stesso poi, che vado rac-
cogliendo dal giornale quotidiano le espressioni ed i vocaboli novissimi, lo trovo tanto
moderato in politica quanto giacobino in materia di lingua, ne vedo segno alcuno di
resipiscenza.
Aggiungi che la smania di riuscir « veri » spinge scrittori, anche eminenti, a
far buonviso al provincialismo, anzi ad usare senz'altro per intere pagine il dialetto
di una regione; ed il pubblico naturalmente, applaude.
0 dunque che s'ha a fare? Concedere tutto e non tentare nemmeno più di fare
argine alla corrente che va via via ingrossando? No certo, ma almeno mostrare col-
l'esempio che la parola italiana, prettamente italiana, talvolta c'è, ed aspetta' solo
di esser rimessa in onore; opporre al linguaggio incomposto e capriccioso del pub-
blico quello decente e composto della tradizione, non colla velleità di sopraffare o di-
struggere il primo, che sarebbe contro ragione, ma affinchè quest'ultimo quasi vi si
specchi entro, e, sentendosi come tenuto d'occhio, non s'abbandoni a tutti i capricci
della sua spensierata ed esuberante giovinezza.
Prof. FEANCESCO FOFFANO.
Garzonetto ginnasiale, ebbi sentore della trovata d'un popolare nostro
scrittore, esaltante il divertimento della lettura del vocabolario. Ne risi allora e sino
a ieri ne risi. Io credeva che lo scorrere di proposito un dizionario potesse impie-
garsi unicamente come un « sostitutivo » degli ipnotici nella disgrazia dell'insonnia,
0 esser tavola di salvataggio nei casi — immaginati — di deportazione perpetua, colla
licenza di recar seco non più d'un volume. Dicevo: solo il dizionario, in fondo al
quale non è supponibile che mai giunga lettor vivo, solo il dizionario darebbe l'as-
sicurazione di bastare per tutta l'esistenza!
Il suo assaggio di Dixionario moderno mi fa ricredere e mi fa disdire. Esso
promette di diventare un archivio prezioso, quale i Oefliigelte Worte, di giovare al
par di certi dizionari tecnici, di adempiere in parte airufncio d'un Conversation's
Lexicon e d'un rapido manuale di Istituzione di bella letteratura.
Un libro da grammatico, che erudisca e insieme diletti, parmi quasi l'avvento
delle cose impossibili. Dunque? Omne tulit punetum.
M. L. PATEIZI.
Ci voleva certo un dizionario che fosse Supplemento ai Di%ionari italiani \
cioè, che contenesse, non diciamo tutte, ma una gran parte di quelle voci dell'uso
moderno, che i Dizionarii i quali insegnano come si deve scrivere piuttosto che come
— 553 —
si scrive^ non registrano. Il Signor Prof. Fanzini ha inteso colmare questa lacuna
e, per quanto posso giudicare da questo breve Saggio, vi si è accinto con intelligenza
e diligenza.
Sembrami per altro ch'egli abbia abbracciato troppe e troppo svariate cose,
tanto che il suo Dizionario somiglia assai a quelli che si vuol chiamare Dizionari
di conversazione^ de' quali vi sono già degli esempi nella nostra e più in altre mo-
derne lingue. Qui infatti si trova quasi una piccola enciclopedia di storia, poesia,
scienza, geografìa ecc. Mi sarebbe sembrato miglior cosa l'essersi ristretti alla lingua
comune ne' suoi molteplici casi non comunemente registrati, ed anche, se volevasi,
ne' principali proverbi e dicterii, senza entrare in cose troppo speciali od erudite,
come Vasel d'ogni froda, Vecchio stile, Venere di Milo, Veneree malattie, Vera
incessu patuit Dea, Vii maggioranza, e tante altre simili. I confini del Dizionario
restano, se non erro, male determinati, né si può scansare il troppo od il poco. Lodo
l)ensi il distinguere che vi si fa del merito di ciascuna voce, anche secondo l'appro-
vazione 0 la disapprovazione de' puristi, verso i quali l'Autore non si mostra ingiusto,
e fa bene.
La Prefazione contiene molte verità, e attesta nell'Autore un criterio sano ed
imi)arziale, ma non sempre ben determinato e un po' cedevole alle transazioni, tanto
che ora dice di sì, ora di no; senza venire ad una conclusione netta. Lo stile la
pretende troppo allo spiritoso e all'umorista, e si riveste di troppe frasi del moderno
gergo scientifico; se pure l'Autore non l'ha fatto apposta per parere scrittore di gusto
moderno, e conformarsi al titolo della sua opera.
EAFFAELLO FORNACIARL
Anch'io però non oso dire che si scriva bene dai troppi che pur senza aver
nulla da dire, fan professione pennaiuola ; ma la lingua, per chi ha idee o fantasmi
nel cervello e nell'anima, in Italia c'è, e ricca e bella e più che adatta, se conosciuta
intera, a descrivere e significare mirabilmente qualunque aspetto tangibile della ma-
teria e imagine dello spirito. Ma noi ignoriamo il nostro patrimonio comune, perchè
fin da bambini preferiamo i romanzi illustrati ai dizionari, e andiamo nelle scuole a
parlare di grammatica e stilistica, costruzione cioè e ornamentazione, senza prima
conoscere i materiali da impiegarsi. Lo stato odierno della nosti-a lingua mi pare
tuttavia soddisfacente per il conveniente uso di pochi ma dignitosi scrittori; e seb-
bene nessun altro organismo abbia, per il suo stesso rigoglio, più parassiti di essa e
nessun'altra sostanza sia rimaneggiata da una caterva maggiore di guastamestieri
che ne minacciano l'integrità nativa e la libertà di funzione, io non credo che possa
totalmente falsificarsi o impoverire e decadere. Certo né il purismo fossile potrà gio-
varle più del normale sviluppo evolutivo, né l'eclettismo dei giornalisti nuocerle più
della burocrazia ufficiale e commerciale, ecclesiastica e letteraria. Qui veramente è
la morta gora dove la nostra favella si incancrenisce e si consuma per idropisia e
per tisi! Lì, lì, lì è il marcio! Non badiamo dunque con troppo rigore alle voci sane
che di contrabbando s' infiltrino nel nostro non più vergine idioma. Il flusso e riflusso
é un fenomeno naturalo che si manifesta ancor più nella seleziono universa di tutti
i destini e subordina ogni vitalità alla suprema legge del moto. Tradizione quindi e
reazione in natura, in aiie, in politica, in letteratura, in tutto ciò che non ha da
perire. LUIGI DONATI.
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