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Full text of "Dizionario moderno; supplemento ai Dizionari italiani; parole scientifiche, tecniche, mediche, filosofiche, etc.; neologismi e parole straniere, entrate nell' uso; linguaggio della politica, curiale, giornalistico, etc. parole dello sport, della moda, del teatro, della cucina, etc.; gergo familiare e dialettale; voci internazionali; modi latini e greci; curiositàdel linguaggio; folklore; voci omesse; note grammaticali; storia etimologia e filosofia delle parole"

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A.  FANZINI 


SUPPLEMENTO  Al  DIZIONARI  ITALIANI 


PAROLE  SCIENTIFICHE,  TECNICHE,  MEDICHE, 
FILOSOFICHE,  ETC.  —  NEOLOGISMI  E  PAROLE 
STRANIERE  ENTRATE  NELLUSO  —  LINGUAGGIO 
DELLA  POLITICA,  CURIALE,  GIORNALISTICO,  ETC. 

—  PAROLE  DELLO  SPORT,  DELLA  MODA,  DEL 
TEATRO,  DELLA  CUCINA,  ETC.  —  GERGO  FAMI- 
GLIARE E  DIALETTALE  —  VOCI  INTERNAZIO- 
NALI —  MODI  LATINI  E  GRECI  —  CURIOSITÀ 
DEL  LINGUAGGIO  —  FOLKLORE  —  VOCI  OMESSE 

—  NOTE  GRAMMATICALI. 

Storia,  etimologia  e  filosofia  delle  parole. 


ULRICO  HOEPLI  -MILANO 


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Dizionario  Moderno 


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AJ.FREDO   FANZINI 


DiziDNAKTo  Moderno 


Supplemento  ai  Dizionari  Italiani 


PAROLE  SCIENTIFICHE,  TECNICHE,  MEDICHE,  FILOSOFICHE,  ETC. 
*  NEOLOGISMI  E  PAROLE  STRANIERE,  ENTRATE  NELL'USO  * 
LINGUAaaiO  DELLA  POLITICA,  CURIALE,  GIORNALISTICO,  ETC. 
PAROLE  DELLO  SPORT,  DELLA  MODA,  DEL  TEATRO,  DELLA 
CUCINA,  ETC.  ^  G-ERGO  FAMILIARE  E  DIALETTALE  ^  VOCI  IN- 
TERNAZIONALI ^  MODI  LATINI  E  GRECI  ^  CURIOSITI  DEL  LIN- 
GUAGGIO *  FOLKLORE  *  VOCI  OMESSE  i^  NOTE  GRAMMATICALI 

Storia,  etimologìa  e  filosofìa  delle  parole. 


'  llLRKX)  HOEPLI 

EDITORE  LIBRAIO   DELLA   REAL    GASA 
MILANO 


1905 


PROPRIETÀ    LETTERARIA 


Tipografia  Umberto  Allegretti  —  Milano,  Via  Orti,  2. 


MIO   PADRE 


EMILIO  FANZINI 

MEDICO 

1831-1885. 


RAGIONE  E  NATURA  DELL'OPERA 

CONSIDERANDO 

LO  STATO  PRESENTE  DELLA  LINGUA  ITALIANA 


Era  costume  e  formula  delle  antiche  prefazioni  raccomandarsi  alla 
benevolenza  del  lettore:  qui  sarebbe  cosa  necessaria,  giacché  molte  pa- 
role saranno  cercate  ma  non  trovate,  altre  appariranno  spiegate  male 
0  superflue,  e  da  ciò  nascerà  malanimo  contro  PAutore  (i). 

Yero  è  che  nelle  consuete  compilazioni  i  precedenti  dizionari  val- 
gono da  guida  e  porgono  aiuto  (spesso  anzi  oltre  il  giusto  limite!); 
qui  invece  tale  sussidio  non  ci  poteva  essere  se  non  in  piccolissima 
parte,  appunto  perchè  si  trattava  di  notare  ciò  che  comunemente  non 
è  notato:  da  questa  ragione,  ed  anche  da  deliberato  proposito,  con- 
segue che  anche  la  spiegazione  non  ricalca  le  parole  altrui  ;  anzi  queste 
ed  altre  cose  pensando,  benché  sia  di  vita  ed  animo  modestissimi,  Autore 
e  non  Compilatore  vuol  essere  chiamato  chi  sostenne  la  lunga  fatica  di 
questo  libro. 

Il  quale  é  nato  così:  leggendo  libri  nostri  e  giornali,  scritte,  ma- 
nifesti, ecc.,  udendo  altri  parlare,  mi  imbattevo  con  frequenza  —  la  quale 
di  tanto  era  maggiore  quanto  più  viva  era  la  mia  attenzione  —  in  parole 
e  modi  nuovi,  di  cui  moltissimi  prettamente  stranieri  o  travestiti  alFi- 
taliana. 

Che  i  dizionari  italiani  dell'uso  non  registrino  queste  voci  pretta- 
mente straniere  è  troppo  giusto;  che  omettano  la  più  parte  delle  voci 
nuove,  si  può  o  approvare  o  scusare  o  rimproverare  secondo  i  vari  modi 


(')  Il  numero  dolio  parole  che  mi  sono  sfuggite  potrebbe  sembrare  soverchio  al 
lettore  che  ò  nuovo  di  talo  genere  di  lavori.  Cho  diro  poi  di  quelle,  o  che  egli  può 
suggerire,  o  che  nacquero  nel  frattempo? 


Alfredo  Panxini 


con  cui  si  pensa  e  si  giudica.  Certe  sono  le  tre  cose  seguenti  :  prima,  che 
queste  voci  sono  dell'uso  (buono  o  cattivo  non  è  ora  il  caso  di  vedere); 
seconda,  nei  dizionari  comunemente  mancano  ;  terza,  la  loro  spiegazione 
è  desiderata  e  questa  spiegazione  non  è  facile  anche  per  la  persona 
istruita:  giacché  se  il  «  giovin  signore  »  non  ha  bisogno  di  chi  gli  spieghi 
ad  esempio  il  vocabolo  steeple-chase,  il  fisiologo  involuzione^  la  crestaia 
aigrette^  il  medico  toracentesi,  il  geografo  Thalweg,  il  geologo  trias,  il 
cuoco  supreme  di  pollo,  il  filosofo  agnosticismo^  il  giornalista  leader, 
l'avvocato  preterintenzionalità,  il  fisico  radioattività,  l'archeologo  ter- 
ramara^  l'economista  plus  valore  etc.  etc,  la  cosa  probabilmente  non 
sarà  pili  la  stessa  se  ci  proviamo  a  spostare  questi  termini.  Yero  è 
che  per  quanto  s'attiene  alla  parte  filologica  e  storica  delle  parole,  la 
spiegazione  potrebbe  essere  desiderata  anche  da  quelli  che  sono  versati 
nella  disciplina  di  cui  il  vocabolo  è  proprio  ;  perchè,  a  voler  dire  tutta 
la  verità,  le  persone  tecniche  e  gli  scienziati  —  almeno  da  noi  —  questa 
parte  poco  curano  e  la  curiosità  e  il  piacere  di  conoscere  il  valore  del 
vocabolo  secondo  grammatica,  lasciano  a  quelli  che  fanno  professione 
di  lettere  e  di  grammatica. 


Dunque  da  prima  io  poco  capivo  di  queste  nuove  parole,  e  sola- 
mente ricorrendo  ad  opere  speciali  e  rare,  specie  straniere,  riuscivo  a 
scoprirne  qualcosa.  Quanto  alle  parole  tecniche  e  scientifiche,  spesso  la 
spiegazione  era  tale  che  solo  il  tecnico  e  lo  scienziato  avrebbero  potuto 
bene  intendere,  non  il  profano.  Spesso,  poi,  si  trattava  di  voci  nuove 
0  peregrine,  vaganti  nell'uso,  ma  non  fissate  in  alcun  dizionario  speciale. 

Adunque  se  questa  difficoltà  dell'intendere  parole  di  cose  moderne 
occorreva  a  me  che  negli  studi  filologici  avevo  alcun  sussidio,  in  mag- 
giore grado  doveva  accadere  al  gran  publico,  il  quale  non  ha  il  tempo 
né  «  il  buon  tempo  »  —  come  dicono  a  Milano  —  di  fare  ricerche  in 
opere  rare  o  strologare  su  di  una  parola,  e  tuttavia  può  desiderare  di 
sapere. 

Un  libro,  dunque,  che  raccogliesse  queste  parole  e  questi  modi  e 
poi  ne  desse  spiegazione,  non  potrebbe  riuscire  nuovo,  utile,  anzi  ne- 
cessario ? 

Così  é  nato  questo  libro. 

Dunque,  chiederà  il  lettore,  qui,  oltre  al  resto,  si  contengono  tutte 


Prefazione 


le  voci  tecniche  e  scientifiche?  Per  amor  di  Dio!  mi  si  intenda  con 
discrezione.  A  fare  lo  spoglio  e  dar  ragione  di  tutti  i  termini  di  una 
sola  disciplina  scientifica,  si  forma  un  dizionario  speciale:  e  queste  sono 
opere  tecniche  di  cui,  chi  desidera,  può  trovarne  molte,  e  alcune  ottime, 
in  particolar  modo  nelle  letterature  straniere  :  no,  io  accolsi  fra  le  parole 
della  scienza  soltanto  quelle  che  entrarono  e  si  aggirano,  con  orbita  più 
0  meno  frequente,  nel  parlare  comune  o  d'onde  si  traggono  sensi  estesi 
alle  cose  della  vita.  Criterio  di  scelta  molto  difficile  e  soggettivo,  in 
cui  Terrore  è  tanto  facile  quanto  compatibile,  convengo;  ma  come  fare 
altrimenti? 

Fermato  così  il  pensiero  dell'opera,  è  stato  un  affluire  da  tutte  le 
parti  di  questi  vocaboli,  come  fosse  stato  aperto  un  asilo. 

Ecco  le  capricciose,  altere  e  petulanti  parole  della  moda,  delle 
eleganze,  delle  mondanità,  posate  come  iridate  farfalle  sui  fiori  del  gior- 
nalismo, prediletto  loro  veicolo,  per  giunger  dall'estero  in  questa  troppo 
ospitale  terra  d'Italia  (importazione  a  sistema  di  libertà,  cioè  che 
non  paga  dazio);  ecco  con  superbo  incedere  una  folta  schiera  di  pa- 
role, di  formazione  dottrinale,  che  si  gloriano  di  rappresentare  in  tutto 
il  mondo  le  ultime  conquiste  del  pensiero  e  portano  luminosi  stendardi 
di  vittorie;  ecco,  travestita  all'italiana,  un'altra  numerosa  schiera  di 
parole  straniere,  prepotentissime,  che  si  sono  sovraposte  insolentemente 
ed  hanno  dato  lo  sfratto  ad  altrettante  belle  e  gentili  parole  nostre; 
ecco  il  pianger  di  queste,  ferite  a  morte  o  combattenti  invano,  e  dicono 
che  sono  belle  e  forti  e  che  muoiono  solo  per  viltà  di  chi  in  patria  le 
tradisce  e  abbandona  ;  ecco  goffi  e  deformi  costrutti  e  voci,  fram- 
misti a  bislenche  e  bislacche  locuzioni  curialesche  —  veri  micròbi 
mummificatori  del  libero  e  gentil  nostro  idioma;  e  in  mezzo  ad  esse, 
col  giglio  in  mano  e  incedere  a  ritmo  —  vergini  o  cortigiane?  —  le 
parole  estetiche  della  nuova  retorica  ;  e ,  quali  eredi  di  antica  sa- 
pienza, voci  palliate  e  togate,  le  quali  dicendo  che  in  ogni  libro  era 
dato  loro  onorevole  luogo,  tale  pretendevano  anche  in  questo;  ecco  le 
parole  speciali  della  medicina,  dell'ingegneria,  della  meccanica,  dell'elet- 
trotecnica, dell'economia  politica,  del  giornalismo,  dello  sport,  etc.  etc. 
linguaggi  minori  nel  gran  linguaggio,  piccoli  moti  nel  gran  moto  delle 
parole.  Insomma  queste  ospiti  erano  tante  e  di  tante  generazioni  che 
io  ne  ebbi  la  casa,  o,  per  dir  proprio,  la  testa  in  confusione  e  peggio  fu 
quando  mi  posi  ad  interrogare  quelle  che  meno  conoscevo:  chi  siete? 
d'onde  venite?  quali  documenti  recate  con  voi?  siete  figlie  legittime  o 
bastarde?  quanti  anni  avete?  con  casa  e  tetto,  oppure  vagabonde  parole  ? 


Alfredo  Fanzini 


Ma  ecco  dopo  tutte  costoro,  sopraggiungere  un'altra  innumerabile 
schiera  di  altre  parole  chiedenti  ricovero  ed  asilo,  e  lo  domandavano 
con  'pili  diritto  delle  altre:  erano  le  parole  e  i  modi  nuovi,  germinati  e 
cresciuti  in  casa,  sul  ceppo  italico,  indizio  della  forza  riproduttrice  di 
questa  mirabile  favella  nostra  ;  erano  le  parole  vernacole  e  dialettali  le 
quali  dicevano  :  «  Ma  se  accogliete  tante  sorelle  voci  forastiere,  perchè 
chiudete  la  porta  a  noi?  Noi  siamo  la  mirabile  forza  alimentatrice  e  con- 
servatrice dell'italianità;  siamo  l'humus  e  l'umore  profondo:  chi  in  noi 
ben  ricerca,  ben  trova  i  documenti  dell'unità  della  favella;  noi  —  piti 
dei  puristi  —  siamo  gli  umili  e  forti  reagenti  contro  la  barbarie  ;  molte 
di  noi  potremmo  arditamente 

uscir  del  bosco  e  gir  infra  la  gente 

perchè  abbiamo  antico  ed  alto  diploma  di  nobiltà,  e  se  molte  fra  noi 
rozze  e  plebee  siamo,  rozze  siamo  come  il  diamante  che  l'arte  dell'orafo 
non  raffinò.  Dall'umile  vita  del  popolo,  parte  la  gran  forza  onde  le  voci 
cittadine  e  letterarie  sono  alimentate  e  aumentate  » .  Così  dissero,  e  per 
queste  buone  ragioni  dovetti  accogliere  molte  voci  dei  vari  dialetti, 
specialmente  quelle  o  che  più  sono  tipiche  o  tendono  ad  entrare  nel  par- 
lare dell'uso  (1);  e  non  mai  (non  mi  gettino  via  il  libro  i  puritani  della 
scuola  detta  manzoniana)  così  mi  persuasi  della  libera  unità  dell'italiano 
come  in  questo  studio  della  varietà  dialettale. 

Con  tanta  gente  in  casa^  cioè  con  tante  parole  in  testa,  io  fui  sul 
punto  di  perdere  la  medesima  e,  per  mia  salute,  abbandonare  l'impresa, 
tanto  più  che  mi  persuasi  che  un  lavoro  di  tal  genere  non  sarebbe  mai, 
per  sua  insita  natura,  stato  condotto  a  compiuto  termine.  Ma  fui  soste- 
nuto nell'aspra  via  da  quel  misterioso  fascino  che  esercita  la  ricerca  di 
un  fenomeno  naturale  (fiore,  insetto,  parola),  dal  piacere  dell'addentrarmi 
per  sentiero,  quanto  si  voglia  umile,  ma  non  calcato  da  altrui  piede: 
in  questo  caso  l'erudizione  e  la  ricerca  dilettano  al  pari  di  un'opera 
d'arte  e  porgono  da  sole  bastevole  premio  ed  alimento  alla  volontà. 

Mirabile,  invero,  è  la  vita  che  anima  questi  minuscoli  organismi, 
cioè  le  parole,  ombre  seguaci,  segni  di  idee  e  di  cose:  recano  in  sé 
uno  spirito  di  vita,  paiono  nuove  e  sono  antiche,  risorgono  come  Fenice 


(^)  L'essere  io,  autore,  da  molto  tempo  in  Milano,  l'egemonia  (quale  essa  sia)  che 
questa  città  esercita  su  le  altre  città  italiane,  l'importanza  storica  e  letteraria  del  dialetto 
milanese,  spiegano  o  scusano  una  certa  maggior  parte,  fatta  alle  voci  di  questo  dialetto. 


Prefazione  xiii 


dalla  loro  morte,  nascono  per  connubio  e  per  gemme,  da  bruchi  diven- 
gono farfalle,  hanno  percorso  strano  e  tortuoso  viaggio,  son  peregrine 
lontane  ovvero  fiorirono  al  nostro  sole,  ma  tutte  rispondono  ad  una  filo- 
sofica legge  e  ad  una  varia  necessità  ;  hanno  un  loro  movimento,  quasi 
orbita  di  moto,  una  loro  vita,  o  molte  volte  secolare  od  effimera,  vita 
solitaria  0  mondana;  si  combattono  o  si  sorreggono  insieme.  E  al  modo 
medesimo  che  un  bicchiere  d'acqua  appare  diverso,  pure  essendo  lo 
stesso,  a  chi  ne  usa  per  dissetarsi  e  a  chi  ne  fa  argomento  di  studio 
naturale,  così  altro  appare  il  linguaggio  per  chi  se  ne  vale,  inconscio, 
per  le  necessità  della  vita  e  per  chi  lo  indaga  dottrinalmente  :  mutevole 
ed  uno,  al  pari  di  ogni  altro  fenomeno  del  vivere. 

Per  queste  ragioni  io  tutte  accolsi  queste  parole  con  benevolenza, 
non  come  purista,  ma  come  filosofo. 

Quanto  poi  alle  risposte  a  tutte  quelle  domande  «chi  siete?  d'onde 
venite?  etc.  »,  in  altri  termini,  quanto  alle  spiegazioni  delle  parole,  il 
lettore  troverà  molte  disuguaglianze,  giacché  l'etimologia,  la  storia,  la 
definizione  variano  d'ampiezza  secondo  che  la  parola  mi  è  parsa  nuova 
e  notevole,  ovvero  scarsamente  o  malamente  trattata  altrove.  L'eti- 
mologia l'ho  messa  dove  mi  parve  necessaria  e  sicura,  dove  era  difficile 
ed  incerta,  o  diedi  la  piìi  probabile  o  rimandai  ad  opere  speciali  eti- 
mologiche. Il  discutere  ragioni  filologiche  avrebbe  tolto  troppo  spazio 
alla  necessaria  e  determinata  mole  del  lavoro,  tanto  piìi  che  un  poco  di 
spazio  voUi  serbare  per  me,  indulgendo  al  genio  e  con  qualche  espres- 
sione della  mia  anima  confortando   di  tratto  in  tratto  la  grave  fatica. 

Di  ciò  mi  si  faccia  pur  torto,  ed  io  ne  domando  venia  anticipata. 
Ancora:  molte  volte  la  storia  e  la  ragione  della  parola  o  del  motto  mi 
riuscì  impenetrabile,  e....  me  la  son  cavata  come  meglio  ho  potato:  se 
alcuno  mi  vorrà  erudire,  mi  farà  favore  e  già  lo  ringrazio. 

Di  due  intenti  mi  si  voglia  però  tener  conto:  l'uno  di  aver  fatto 
il  possibile  per  ispiegare  chiaramente,  non  parafrasando  il  vocabolo  o 
dando  incertissima  definizione,  e  questo  a  costo  di  sbagliare,  come  mi 
è  occorso  qualche  volta  (veda  però  il  lettore  di  non  farmi  colpa  se  delle 
parole  note  non  trova  quella  spiegazione  che  deve  invece  cercare  nei 
dizionari  comuni:  non  dimentichi  che  questo  è  un  supplemento)',  l'altra 
è  la  seguente:  di  solito  i  nostri  scienziati  e  tecnici  nei  loro  scritti  si 
direbbe  che  dimentichino  come  esista  un  dovere,  oltre  che  verso  la 
scienza,  anche  verso  il  patrio  idioma;  alla  lor  volta  i  letterati  ed  i 
grammatici  hanno  davanti  agli  occhi  troppi  esempi  letterari,  troppa  fa- 
vella fiorentina  e  toscana,  troppa  filologia  morta:  per  molti  di  essi  en- 


Alfredo  Pamini 


trare  nella  letteratura  non  vuol  dire  entrare  più  nobilmente  ed  utilmente 
nella  vita,  ma  entrare  in  un  museo  :  tutto  è  antiquaria,  e  chi  non  è 
antiquario  non  è  pregiato.  Di  ciò  si  doleva  il  Leopardi  quando,  gio- 
vane, si  recò  a  Roma:  ripetere  oggi  la  stessa  cosa  sembrerà  un  paradosso  o 
una  malignità,  eppure  è  il  medesimo  fenomeno  dovuto  a  persistenti  te- 
nebre d'anima.  Comunque  sia,  ho  cercato  di  togliere  in  questo  lavoro  tale 
dissidio  ;  così  del  pari  ho  evitato  il  troppo  e  il  vano  dell'erudizione,  pre- 
sentando non  la  troppo  onorata  selva  selvaggia  delle  ricerche,  ma  il 
frutto  della  ricerca.  Da  ciò  non  mi  verrà  lode  da  parte  di  molti,  ma 
spero  di  aver  fatto  cosa  utile  a  chi  legge. 


Ora  conviene  rispondere  ad  alcune  osservazioni  che  mi  potranno  es- 
sere fatte. 

«  Tutte  queste  parole,  e  specialmente  intendiamo  dire  quelle  pret- 
tamente straniere  hanno  implicita  sanzione,  avendole  voi  registrate  ?  » . 

Questa  è  domanda  di  difficile  risposta.  Chi  vuol  saperne  di  piii, 
legga  le  pagine  che  seguono,  nelle  quali  si  tratta  Dello  stato  presente 
della  lingua  italiajia^  e  troverà,  se  non  la  risposta,  alcuni  criteri  per 
una  risposta  conforme  a  quelle  due  leggi  supreme  che  sono  la  necessità 
e  l'evidenza. 

Per  conto  mio  personale,  tranne  che  a  quelle  parole  che  io  chia- 
merei universali  o  internazionali,  il  mio  pensiero  ama  di  non  essere 
soggetto,  ma  libero,  e  per  ciò  è  veramente  libero;  e  nell'idioma  dei  padri 
trova  pieno  moto  di  espressione  e  se  ne  compiace.  Ma  questo  criterio 
è  troppo  soggettivo  per  avere  valore.  Io  mi  sono  specialmente  curato  del 
fatto  —  come  già  ho  detto  dinanzi  —  che  queste  parole  straniere  si 
incontrano,  si  leggono  con  maggiore  o  minor  frequenza,  e  perciò  qui 
sono  notate  quasi  a  memoria  di  ciò  che  oggi  è  l'italiano  dell'uso. 

La  risposta  è  diffìcile  anche  per  quelle  parole  che,  pur  di  prove- 
nienza straniera^  sono  più  o  meno  bene  assimilate,  tanto  che  l'universale 
del  publico  non  ne  riconosce  quasi  più  l'impura  origine;  che  si  sono 
sovraposte  a  belle  e  buone  voci  nostrane,  e  dai  lessici  speciali  della 
corrotta  italianità  vanno  passando  nei  dizionari  dell'uso. 

La  stessa  Crusca,  il  gran  dizionario  che  dovrebbe  essere  il  codice 
ed  il  regolatore  della  lingua,  nella  sua   nuova  ristampa,    che  è  giunta 


Prefaxione  xv 


alla  lettera  iV,  molte  di  queste  parole  di  «  corrotta  italianità  »  ha  ac- 
colto, anche  senza  esempi  di  autore,  ma  su  l'autorità  dell'uso.  L'au- 
torità dell'uso,  appunto  ;  giacché  più  delle  ragioni  di  analogia,  di  logica, 
di  provenienza,  hanno  forza  e  valore  le  radici  che  le  parole  hanno  messe. 
Ma  anche  i  signori  compilatori  della  Crusca  in  quante  contradizioni 
sono  caduti,  quante  parole  omesse  che  forse  si  potevano  accogliere! 
quante  accolte,  che  forse  si  dovevano  omettere!  Ma  chi  si  sentirebbe 
di  far  rimprovero  a  quei  dotti  signori  ?  La  difficoltà  è  nella  cosa  in  sé, 
e  tutt'al  pili  si  potrebbe  dolerci  che  la  gravità  della  grande  opera  uf- 
ficiale tolga  ai  compilatori  agio  di  confessare  le  tristi  difficoltà  in  cui 
si  dibattono,  giacché  al  si  può  dire?  o  non  si  può  dire?,  questione  che 
facilmente  sarebbe  risolvibile  con  autorità  dei  buoni  scrittori,  si  oppone 
il  si  dice  ?,  0  non  si  dice  ?  che  trasporta  la  causa  del  vocabolo  all'istanza 
del  giudizio  popolare:  fenomeno  minimo  di  quel  moto  fatale  verso  le 
demagogie  autoritarie,  che  é  il  carattere  della  civiltà  odierna,  e  che 
anche  nelle  parole  e  nelle  dispute  grammaticali  pesa  con  la  sua  bilancia. 
Per  queste  parole  io  ho  creduto  bene  di  fare  alcuna  distinzione  o  critica, 
per  quanto  breve  ;  e  secondo  i  casi  è  detto  press'a  poco  così  :  i  puristi 
riprovano,  l'uso  sancisce,  pili  o  meno;  la  parola  italiana  è  questa,  o 
valida,  o  consunta,  come  moneta  fuori  di  corso,  ovvero  indegnamente 
usurpata  dall'altra  voce  forastiera,  che  con  essa  forma  doppione  (questo 
è  il  caso  più  frequente)  ;  la  tale  metafora  o  estensione  di  vocabolo  è  più 
0  meno  eoìiforme  alla  natura  della  lingua  italiana,  etc.  :  ma  tutto  ciò,  dico, 
con  somma  parsimonia,  anzi  molte  volte  restringendomi  a  porre  accanto 
alla  parola  italiana  la  parola  francese  o  inglese  da  cui  la  nostra  è  o  mi 
parve  generata:  al  criterio  del  lettore  il  giudicare. 

Altra  obbiezione: 

«  Ma  voi  avete  reso  un  pessimo  servizio  alla  lingua  nazionale,  regi- 
strando tutte  queste  barbare  voci,  non  escluse  le  effimere  e  stravaganti  !  » . 

Kispondo  :  A  vero  dire  io  crederei  cosa  più  utile  e  giusta  rivolgere 
il  rimprovero  a  chi  usa  queste  parole,  non  a  chi  le  registra.  Certo,  io 
non  credevo  che  il  numero  delle  voci  straniere  fosse  tanto  grande,  e 
come  il  Petrarca  esclamava: 

che  fan  qui  tante  pellegrine  spade? 

COSÌ  mi  venne  la  voglia  di  esclamare: 

che  fan  qui  tante  pellegrine  voci"? 


Alfredo  Fanzini 


«  Ma  dovevate  usare  spietatamente  la  frusta  come  fanno  i  puristi 
nei  loro  libri  »   dirà  alcuno  rimproverandomi  i}). 

Ma  io  sono  uomo  privato,  non  sono  gabelliere  io  delle  parole;  e 
poi,  chi  mi  diede  tale  ufficio?  ed  è  giusto  che  io  debba  addolorarmi  o 
sdegnarmi  per  ciò  che  la  nazione  non  cura?  Un  male  che  non  si  av- 
verte non  si  può  chiamar  male.  Dite  al  sudicio  che  il  sudicium.e  è  una 
sofferenza  e  vi  risponderà  che  il  lavarsi  invece  è  una  sofferenza;  e  in- 
fine non  vi  sono  in  Italia  le  Autorità  tutorie  del  bello  italo  idioma,  le 
quali  per  ciò  hanno  ufficio,  onori  e  stipendio?  Mi  duole  anzi  molto  perchè 
talvolta  nel  corso  dell'opera  P ironia  andò  piii  in  là  dell'intenzione,  ma 
per  mia  giustificazione  devo  dire  che  ciò  mi  avvenne  in  quei  casi  spe- 
ciali in  cui  la  voce  straniera  non  cadeva  sotto  nessuna  tenue  scusa  filo- 
sofica, ma  era  manifesta  prova  di  dedizione  vile  o  di  contradizione  palese. 

E  anche  in  questi  casi  ho  avuto  alcuna  materia  di  conforto;  e,  in 
mancanza  di  meglio,  può  essere  conforto  a  chi,  con  sincero  animo,  mi 
rivolge  queste  obbiezioni,  cioè  ai  sinceri  amatori  della  favella  nostra; 
ecco  :  la  più  gran  parte  di  queste  parole,  levandosi  la  maschera  francese 
od  inglese  etc,  apparivano  generate  da  quella  gran  nostra  lingua  latina 
la  quale  mi  pare  bestemmia  chiamare  morta,  quando  in  essa  rimane 
tanta  forza  e  tanta  vita  che  non  pur  le  lingue  di  tipo  latino  di  essa 
vivono,  ma  le  stesse  lingue  di  tipo  germanico,  per  esprimere  il  nuovo 
pensiero  della  filosofia,  della  logica,  delle  scienze,  a  lei,  a  questa  ammi- 
rabile madre  antica,  domandano  i  segni  ed  i  suoni. 

E  infine  questa  invasione,  questo  permeare,  questa  endosmosi,  per 
così  dire,  di  voci  straniere,  chi  può  assicurare  che  non  rappresenti  una 
necessità,  nn  fenomeno  di  evoluzione  complessa  di  questa  «  itala  gente 
da  le  molte  vite»  di  cui  ciò  che  appare  nel  linguaggio  è  fatto  parziale? 
Chi  può  non  tener  conto  del  premere  delle  altre  civiltà  e  degli  altri 
popoli  con  cui  venimmo  a  piii  diretto  contatto  con  l'unità  e  l'indipen- 
denza ?  E  fosse  alcunché  di  vero  nell'opinione  che  l'Italia,  fatta  Italia^ 


{^)  Mia  preoccupazione  fu  di  non  sembrare  ne  meno  di  fare  un'altra  opera  come 
il  Lessico  dell'  infima  e  corrotta  italianità  del  Fanfani  ed  Arlia,  come  i  Neologismi 
buoni  e  cattivi  del  Rigutini,  spesso  citati;  e  benché  il  mio  libro  possa  nell'uso  pratico 
supplire  quelli,  e  benché  anche  qui  il  lettore  possa  trovare  qualche  chiosa  o  avver- 
tenza grammaticale  su  gli  errori  più  comuni,  questa  è  opera  distinta,  la  quale,  come  ho 
detto,  parte  da  altri  principi  :  quelli  sono  lavori  degni  di  persone  degne,  i  quali  hanno 
loro  posto  nella  letteratura  né  possono  né  debbono  essere  sostituiti  se  non  da  altre 
opere  che  muovano  dagli  stessi  criteri  da  cui  mossero  i  detti  autori. 


PrefaX'ìone  xvii 


perdette  italianità,  che  farci?  Ma  di  ciò  meglio  si  ragiona  nelle  pagine 
che  seguono. 

Più  grave  infine  sarebbe  il  rimprovero  di  chi  mi  osservasse  che  io 
raccattai  queste  parole  nei  giornali  o  nelP  immondezzaio  dei  particolari 
linguaggi.  Certo  se  avessi  cercato  nelle  ponderate  prose  accademiche  o 
negli  scrittori  nostri  fioriti,  o  nelle  lodate  rime  dei  molti  e  nuovi  poeti^ 
avrei  raccolto  altra  materia  di  parole.  Ma  io  per  un  libro  di  filologia 
viva,  non  potevo  non  tener  conto  di  questa  forma  viva  di  letteratura 
che  è  rappresentata  dal  Giornale,  dalla  Rivista^  etc.  Che  si  direbbe  di 
un  osservatore  il  quale  giudicasse  il  costume  di  un  popolo  osservando 
di  preferenza  le  stoffe  e  gli  orpelli  che  sfoggia  nei  dì  festivi  o  nel  car- 
nevale e  non  desse  importanza  al  modo  di  vestire  quotidiano? 


Esposte  così  le  ragioni  e  i  criteri  dell'opera,  qui  non  rimane  posto 
che  per  una  preghiera,  ed  è  la  seguente. 

Può  darsi  che  a  taluno  non  giunga  nuovo  il  mio  nome,  onde  mi 
si  dica:  «  Yoi,  che  otteneste  alcuna  lode  pel  lepore  e  la  sincerità  di 
alcune  novelle  e  simiglianti  scritture,  vi  siete  dato  al  grave  mestiere  e 
non  vostro  delPerudito  ?  » . 

Ecco,  io  credo  che  anche  l'erudizione,  quando  parta  da  vero  amore 
del  sapere,  contenga  in  sé  stupendi  elementi  di  arte  e  che  la  rigida 
partizione,  che  in  Italia  è  soverchia  fra  artisti  ed  eruditi,  se  fosse  com- 
ponibile, sarebbe  gran  bene:  del  resto  se  a  me  accadrà  la  sorte  dell'ir- 
requieta cornacchia  che  fu  respinta  tanto  dal  gregge  delle  cornacchie 
come  dal  formoso  genere  dei  pavoni^  non  mi  dorrò  nella  coscienza  perchè 
non  l'ho  fatto  a  posta. 


II. 


Ora  rimane  da  afi'rontare  piia  grave  tema:  ragionare  cioè  dello  stato 
presente  della  lingua  italiana,  perchè  fu  per  l'appunto  considerando  questo 
stato  che  nacque  il  libro  odierno. 

L'argomento  è  di  tale  natura  che,  a  volerne  dire  compiutamente, 
sarebbe  necessaria  non  una  prefazione,  ma  un  libro.  Ciò  non  è  qui  cosa 
possibile  e  sono  mal  grado  mio  costrelto  ad  usare  la  forma  sintetica, 
tracciando   a  larghe   linee  piuttosto   che  descrivendo  il  tutto  in  modo 

A.  Fanzini,  Supplemento  ai  Dixionan  italiani.  b 


XVIII  Alfredo  Fan^^ini 


finito  e  con  compiuta  analisi.  E  perchè  questo  argomento  non  poteva 
per  sua  natura  non  rivestire  forma  polemica,  e  perchè  su  di  esso  chie- 
devo il  giudizio  di  persone  dotte,  non  mi  nascosi  l'obbiezione  che  quelli 
che  pensano  diversamente  dal  mio  pensare,  potranno  fare,  cioè  questa: 
«  A^oi  affermate  senza  documentare,  voi  mascherate  con  lo  sforzo  dell'e- 
spressione (ironia,  comparazioni)  la  mancanza  di  un  fondamento  scien- 
tifico, quale  può  essere  dato  dalla  minuta  analisi».  Questa  obbiezione 
che  io,  primo,  feci  a  me  stesso,  ha  risposta  nel  fatto  che  l'analisi  è  con- 
tenuta nel  Dizionario  stesso!  Inoltre  la  necessità  di  una  diagnosi,  cioè 
di  esaminare  se  questa  odierna  enorme  produzione  di  parola  e  di  modi 
rappresenti  il  normale  fiorire  dell'albero  delle  parole,  o  non  piuttosto 
rappresenti  una  speciale  forma  di  evoluzione  della  lingua  italiana  —  la 
quale  evoluzione  se  si  fosse  studiata  un  cinquant'anni  addietro,  non  si 
sarebbe  trovata  di  così  grande  estensione  e  con  tali  caratteri  —  questa 
necessità  di  una  tale  diagnosi  mi  si  impose,  e  perciò  senza  timore  scrissi 
e  sottopongo  al  giudizio  del  lettore  benevolo  le  cose  seguenti. 


Il  popolo  italiano,  dalla  quiete  e  dall'abitudine,  non  più  dolorosa 
ormai  di  una  servitù  politica,  tre  volte  secolare,  si  è  trovato  in  questi 
ultimi  anni,  per  forza  di  eventi  e  di  fati,  balzato  nel  moto  multiforme 
e  potente  della  vita  moderna. 

In  qualunque  modo  si  giudichi  e  quale  sia  l'avvenire  d'Italia,  sarà 
per  lo  storico  futuro  oggetto  di  meraviglia  e  di  ammirazione  come  questo 
popolo  —  che  per  sì  lunga  età,  a  guisa  di  nobile  decaduto,  era  campato 
dando  fondo  al  capitale  e  spiritualmente  nutrendosi  di  imbelli  canzoni 
—  abbia  saputo  diventare  produttore  di  nuova  ricchezza  e  camminare, 
egli  disusato  (i),  ben  spedito  e  geniale,  su  la  strada  maestra  di  quel 
moto  evolutivo  che  è  noto  col  nome  di  progresso.  Presso  la  torre  tre- 
centista sorse  il  camino  dell'alta  officina;  l'aratro  a  vapore  sostituì 
l'antico  vomere  a  foggia  di  chiodo  ;  i  templi,  le  badie,  i  castelli  stupi- 
rono al  nuovo  moto  delle  aumentate  genti. 

Ma  perchè  la  parola  segue  la  vita,  come  l'ombra  la  materia,  era 
naturale  che  in  questo  trapasso  il  popolo  italiano   dovesse   rinnovare  i 


(^)  Del  resto  l'italianità  viva  e  gloriosa  non  ebbe  soluzione  dì  continuità.  Se 
mancò  il  popolo,  non  mancarono  individui.  Essi,  nella  divina  sapienza,  seppero  essere 
universali  ed  italici  :  inutile  dire  esempi. 


PrefarÀone 


suoi  vocaboli;  plasmarne  di  nuovi;  adattarne  di  antichi;  e  come  tolse 
molte  forme  della  sua  nuova  vita  dalle  nazioni  che  in  questo  moto  lo 
precedettero  e  con  le  quali  venne  in  diretto  contatto,  così  —  vera  legge  del 
minimo  sforzo  —  ne  togliesse  anche  le  parole:  questo  piìi  specialmente 
da  quella  nobile  Francia  da  cui  da  assai  tempo  ebbe  e  prese  molta 
parte  del  lievito  fermentatore  della  sua  resurrezione;  a  cui  somiglianza 
improntò  i  suoi  istituti  politici,  amministrativi,  militari,  etc;  mentre  la 
comune  origine  latina  del  linguaggio  rendeva  facile  e  naturale  l'en- 
dosmosi^ per  così  dire,  e  l'adattamento  del  vocabolo. 

Anzi,  come  nel  trasformare  di  un'antica  officina  manuale  in  altra 
officina  meccanica,  avviene,  in  quell'acre  solerzia  del  mutamento,  di 
rovinare  e  gettar  via  senza  troppo  discernere  ciò  che  potrebbe  ancora 
essere  buono  e  in  avvenire  forse  rimpianto,  così  in  questo  rinnova- 
mento delle  parole  vennero  messe  in  riposo  molte  voci  belle  ed  efficaci 
pur  di  far  posto  alle  nuove. 

Dette  queste  cose,  si  presenta  naturale  la  deduzione  seguente:  se 
questo  evolversi  di  vita  nuova  è  stata  cosa  ottima,  del  che  ninno  du- 
bita, cosa  buona  del  pari  deve  ritenersi  questa  rapidissima  evoluzione 
del  linguaggio,  che  ne  è  conseguenza  necessaria.  E  allora  come  corol- 
lario si  può  aggiungere:  adunque  ogni  restrizione  al  libero  uso  delle 
parole,  è  mera  pedanteria  di  coloro  i  quali  per  amore  all'immobilità 
della  tradizione,  vorrebbero  mettere  un  freno  al  progresso  ed  al  sapere  : 
pari  in  insipienza  ad  una  madre  la  quale  per  male  inteso  amore  delle 
infantili  grazie  del  suo  pargoletto,  gli  impedisse,  con  pressioni  e  fasce, 
di  crescere. 

Questa  opinione,  cioè  di  accogliere  il  vocabolo  prevalente,  vorrei 
dir  galleggiante  nell'uso,  senza  troppo,  anzi  senza  affatto  discernere  quale 
esso  sia,  nel  modo  stesso  che  si  ama  e  spende  la  moneta  in  corso,  è 
opinione  difesa  da  non  pochi  dell'esiguo  numero  di  coloro  che  talora 
riflettono  sui  vocaboli  e  su  le  locuzioni  di  cui  fanno  uso.  Ed  anche  il 
grandissimo  numero  degli  Italiani  a  cui  è  necessaria  la  parola  pei  com- 
merci della  vita,  ma  che  non  hanno  mai  pensato  esistere  una  filosofia 
e  una  scienza  del  linguaggio,  non  farebbero  diverso  ragionamento  nel 
caso  che  su  questa  materia  credessero  di  dover  perder  tempo  a  ragio- 
nare. Questa,  insomma,  è,  o  meglio  sarebbe,  l'opinione  più  distinta  fra 
coloro  che  non  distinguono  in  fatto  di  parole. 

E  si  può  aggiungere  da  chi  volesse  meglio  sostenere  tale  opinione: 
una  grande  letteratura  non  è  mai  stata  legata  allo  questioncelle  di  lingua: 
informi  la  letteratura  ellenica  fra  le  antiche,  liberissima  e  pure  insupe- 


Alfredo  Panzini 


rato  modello  di  eleganza  e  di  forza;  la  letteratura  anglo-americana  fra 
le  moderne,  così  ardita  nel  crear  voci  e  nell'evolversi.  Il  disputare  di 
voci  pure  ed  impure,  nostrane  e  barbare,  è  antico  ozio  accademico  degli 
italiani.  E  —  volendo  far  sfoggio  di  citazioni  autorevoli  —  Giulio  Cesare, 
fra  i  latini  che  pur  tanto  disputarono  di  voci  pure  ed  impure,  non  ci 
avverte  di  fuggire  siccome  scoglio  ogni  parola  fuor  del  comune  (^),  ed  il 
Leopardi  fra  gli  italiani  che  furono  eredi  dei  latini  di  questa  passione 
a  disputare  di  lingua,  a  proposito  del  «  si  può  o  non  si  può  usare  un 
dato  vocabolo»,  non  dice  con  quell'umore  che  gli  era  proprio:  Se  gli 
antichi  non  l'hanno  detto  ìioìi  hanno  però  lasciato  per  testamento  che 
non  si  possa  dire  [?]  (^). 


Yero  è  il  principio  fondamentale  ora  enunciato  e  dedotto  dalla  realtà 
e  dalla  necessità,  vere,  almeno  in  astratto,  sono  queste  deduzioni;  ma 
vero  è  pure  che  non  è  sempre  bastevole  un  sicuro  principio  per  ispiegare 
tutti  gli  aspetti  di  una  questione.  Piace  un'unica  legge,  perchè  facile 
ad  intendere;  piace  sotto  di  essa  raccogliere  tutti  i  fenomeni,  e  conio 
parole  ben  si  può  fare  questo  :  nella  realtà  e  nella  verità  molti  fenomeni 
sfuggono  a  questa  costrizione,  onde  la  necessità  del  distinguere  frequente 
come  ammonivano  gli  antichi  logici;  e  mi  si  conceda,  onde  la  necessità 
del  raddolcire  la  mente,  giacché  nel  risolvere  una  questione  la  difficoltà 
non  sempre  ne  tutta  è  in  se  e  per  sé,  ma  molta  parte  è  nella  passione 
dell'idea  preconcetta.  Né  ciò  soltanto;  ma  come  diversa  é  la  direzione 
astronomica  di  un  fiume  e  il  reale  suo  corso  ;  come  diversa  è  la  teoria 
sul  male  e  l'applicazione  sul  malato,  così  un  principio  assoluto  ed  unico 
non  sempre  è  chiave  buona  per  schiudere  tutto  il  contenuto  dei  fatti; 
e  ciò  tanto  piti  vale  quando  —  come  forse  nel  caso  presente  —  altri 
principi  urtano  in  conflitto  col  principio  fondamentale  a  modo  di  correnti 
minori  contro  grande  corrente,  e  bisogna  pure  tener  conto  di  questi 
altri  principi  se  pur  si  ama  di  andare  alla  ricerca  del  vero  e  non  sol- 
tanto di  fare  eleganti  e  lodate  dimostrazioni. 


(*)  Habe  semper  in  memoria  atque  in  pectore  ut  tanquam  seopolum  sic  fugias 
inaudituìii  atque  insolens  verhum.  (Ex  libris  de  Analogia). 
Q  Epistolario^  Volume  I,  pag.  393. 


Prefazione  xxi 


Quali  siano  le  distinzioni,  quali  gli  altri  principi  che  urtano  in  con- 
flitto con  il  principio  fondamentale  e  magnifico,  è  argomento  di  ciò  che 
segue. 

Intanto  ecco  un  ben  curioso  contrasto  :  per  alcuni  la  lingua  italiana 
si  trova  in  periodo  felice  di  evoluzione  e  di  rinnovamento,  per  altri 
siamo  a  mal  punto,  e  l'organismo  risultante  da  tante  voci  e  modi  strani, 
arbitrari,  barbarici,  etc,  non  è  (usiamo  un'espressione  mite)  un  prodotto 
buono  di  selezione  e  di  evoluzione. 

Qui  alcuno  può  dire  :  «  Questa  è  l'opinione  di  pochi  puristi,  gente 
che  non  ha  più  autorità  »,  e  qualche  malevolo  può  aggiungere:  «Cono- 
sciamo il  vostro  giuoco!  vecchio  mezzuccio  di  retorica,  concedere  per 
megho  negare,  fare  il  liberale  affinchè  le  catene  sappian  di  odor  di  rosa». 

Anzi  tutto  io  dico  di  essere  in  buona  fede:  sì,  è  vero:  questa  è 
opinione  di  pochi  puristi,  ed  è  pur  vero  che  i  puristi  non  hanno  piìi 
grande  autorità.  Però  posso  assicurare  che  vi  è  un  certo  numero  di 
persone,  non  grammatici,  non  puristi,  non  pedanti,  che  la  pensano  in 
questo  modo  pessimista.  «E  voi  siete  fra  costoro!  ».  Io?  Io  noto  il  con- 
trasto, tutt'al  pili  come  opinione  personale  credo  una  cosa,  che  in  Italia 
si  scriva  poco  bene  l'italiano,  e  forse,  male.  Qui  è  lecito  supporre  questa 
obbiezione  da  parte  di  molti:  «Come?  Si  scrive  male?  Ma  quando  mai, 
ad  esempio,  ci  fu  più  bella  fiorita  di  voci  e  di  imagini  che  nella 
prosa  degli  esteti  ?  » .  Non  dico  di  no  ;  è  questione  di  gusti  e  di  tempo. 
Anche  la  prosa  di  Daniello  Bartoli  apparve  ed  è  magnifica,  eppure  giu- 
stamente si  reagì  contro  quella  scuola  e  quell'arte  di  scrivere  dal  Leopardi 
e  dal  Manzoni  in  nome  di  quella  schiettezza  e  sanità  che,  se  sono  un 
pregio  nella  vita,  non  sono  meno  nelle  lettere;  in  nome  di  una  prosa 
che  non  fosse  bagno  di  melassa,  ma  arma  nuda  e  vibrante  nella  bat- 
taglia delle  idee.  Molta  di  questa  prosa  chiamata  estetica,  che  tanto  oggi 
piace,  e  specialmente  quella  a  buon  mercato,  va  diventando  —  come 
l'arte  floreale  in  architettura  —  la  prediletta  dei  bottegai  arricchiti.  E 
prosa  che  nasconde  sotto  il  belletto  della  nuova  retorica  i  gonfiori  della 
scrofola:  afferratela  e  stringerete  adipe:  nuova  retorica,  giacché  noi 
«come  quei  e' ha  mala  luce»,  vediamo  i  vizi  della  retorica  lontana, 
cioè  del  passato,  quella  che  è  vicina  a  noi,  non  vediamo.  «  Ma,  di  grazia, 
come  fate  a  giudicare  se  una  prosa  è  bella  o  brutta?  pesate  col  bilan- 
cino le  parole  e  le  frasi  come  fanno  i  puristi?»    mi  si  può  domandare. 


Alfredo  Pancini 


Dio  me  ne  liberi:  ecco,  nel  giudicare  una  scrittura  di  prosa  io  mi 
sforzo  di  mettermi  nello  stato  di  una  persona,  non  letterata,  ma  di  buon 
senso  :  quando  capisco  proprio  bene  e  quando  mi  godo  a  leggere  e  piii 
a  rileggere;  quando  tocco,  sento,  respiro  nella  pagina,  allora  dico  che  è 
bella  prosa,  sia  fatterello  per  bimbi,  sia  alta  trattazione;  ma  ciò  nelle 
prose  nostre  moderne  mi  accade  di  rado,  ed  ho  sentito  che  anche  ad  altri 
accade  lo  stesso. 

Qui  devo  supporre  che  alcun  altro  mi  osservi  :  «  Ma  vi  sono  in 
Italia,  fuor  degli  esteti,  molti  scrittori  pieni  di  brio,  la  cui  prosa  spuma 
e  scintilla».  E  chi  lo  nega?  Se  non  che,  osservando  bene,  m'accorgo 
che  di  solito  si  tratta  di  spuma  e  scintillio  di  derivazione  francese  :  in 
tal  caso,  potendo,  vado  alla  sorgente  e  leggo  libri  francesi  lasciando 
ad  altri  di  ammirare  la  ben  nota  virtù  assimilatrice  degli  italiani.  Il 
nostro  publico  aristocratico,  infatti,  fa  proprio  così,  cioè  legge  di  pre- 
ferenza libri  stranieri  :  i  librai  possono  informare  su  tale  proposito,  e  una 
statistica  su  la  importazione  dei  libri  e  dei  giornali  di  Francia  e  un 
raffronto  con  lo  scarso  smercio  dei  troppi  libri  italiani  potrebbe  riuscire 
istruttivo. 

«  Ma  questo  è  affare  di  stile,  non  di  hngua,  due  cose  ben  distinte», 
dirà  il  lettore  che  sa  di  retorica.  Yero,  due  organismi  distinti,  ma  con 
funzione  reciproca;  non  so,  come  il  cuore  e  il  polmone.  Il  forte  uso 
della  parola  e  della  frase  straniera  porta  il  pensiero  ad  amalgamare  le 
parole,  anche  italiane,  secondo  una  struttura  (stile)  che  non  è  la  nostra, 
0,  quel  che  è  peggio  e  piii  frequente,  a  darci  un  prodotto  bastardo:  per 
contrario  un  pensiero  conforme  al  sentimento  italiano  reagisce  su  la  pa- 
rola e  su  la  frase,  le  domina,  le  seleziona,  cioè  o  le  espelle,  o  le  fonde 
in  modo  armonico  :  ma  ciò  avviene  spontaneamente,  per  impeto  e  forza 
di  calore  naturale;  in  tal  caso  le  parole  straniere,  anche  crude  senza 
la  veste  o  desinenza  italiana,  non  sono  —  a  mio  riguardo  —  paurose. 
Tutto  il  nodo  della  questione  in  fondo  è  qui. 

«  Secondo  voi,  dunque,  di  buoni  scrittori  ce  ne  sono  pochi  » . 

Sì,  pochi  che  congiungano  quella  vivacità  e  lucidezza  che  fanno  la 
prosa  dilettosa  (e  ciò  è  tanto  necessario  che  se  uno  scrittore  mi  scrive 
anche  alla  francese  ma  si  faccia  gustare,  gli  dico  bravo  !)  con  il  sapore 
dell'italianità:  fra  i  letterati  eruditi  non  mancano  alcuni  di  fama  assodata 
che  scrivono  mirabilmente,  e  sono  semplici,  lucidi,  facili.  Ma  la  più  parte 
di  questi  letterati  eruditi  trascura  troppo  l'arte  dello  scrivere,  e  ciò  per 
molte  cause,  non  ultima  questa  che  io  credo  erronea  :  essere  la  gravità 
scientifica  indipendente  dalla  genialità  della  forma. 


Prefaxione 


Fra  gli  scrittori  di  amene  lettere  non  mancano  prosatori  di  forte 
originalità  italiana,  e  non  mancano  forze  nuove  di  buoni  e  animosi  com- 
battenti in  difesa  di  una  prosa  la  quale  sia  sopratutto  italiana.  Non 
faccio  nomi  né  cito  esempi  perchè  sembrerebbe  che  io  volessi  lodai'e 
opere  ed  autori  poco  noti  od  ignoti. 

Ma  pur  troppo^  accanto  a  questi  buoni  e  coscienti  il  numero  degli 
improvvisatori,  degli  spensierati,  dei  dilettanti  di  letteratura  è  presso  di 
noi  soverchiante.  Il  publico  pone,  oimè,  tutti  in  un  fascio  e  poi,  come 
tutti  i  re,  anche  il  publico  ha  troppi  ciceroni  e  cortigiani  ai  fianchi, 
i  quali  gli  impediscono  di  conoscere  il  vero;  e  infine  il  nostro  publico 
manca,  per  complesse  ragioni,  di  elementi  di  giudizio  proprio. 

Una  cosa  è  certa,  e  questa  è  detta  ai  facili  dilettanti  :  in  arte  non 
si  improvvisa:  scrivere  è  arte  e  domanda  genio  e  pazienza,  cioè  pre- 
parazione. 

Tutti  vedono  gli  oggetti  ed  i  colori,  ma  solo  il  pittore  sa  come  si 
devono  disporre  questi  oggetti  per  esprimere  l'anima  del  colore  e  delle 
cose.  Queste  leggi  dell'arte  ben  curano  i  prosatori  francesi  di  cui  noi 
ammiriamo  la  facilità  e  la  semplicità.  Quest'arte  non  ha  nulla  a  ve- 
dere con  la  virtuosità,  con  le  lambiccature,  con  la  biacca,  con  gli  spa- 
simi, con  gli  artifici  di  certa  prosa  alla  moda:  coreografia  di  parole, 
edifici  di  tela  dipinta  che  mascherano  il  vuoto.  Cioè,  mi  correggo:  si 
può  anche  improvvisare  in  alcuni  rari  e  speciahssimi  casi;  ma  allora 
esiste  una  segreta  e  potente  preparazione  dell'anima. 

Yero  è  che  questo  argomento  scotta  e  poi  è  troppo  soggettivo,  ne 
posso  nascondere  —  lo  confesso  con  aperta  sincerità  —  di  non  portarci 
alcuna  passione. 

Giudichi  dunque  ognuno  a  suo  piacimento. 

Ma  oltre  a  questa  prosa  artistica  e  dotta  v'è  la  prosa  dell'uso  quo- 
tidiano, la  lettera,  il  resoconto,  l'opuscolo,  il  progetto,  il  manifesto,  il 
bollettino,  il  programma,  l'istanza,  il  manuale,  la  nota,  la  scritta  commer- 
ciale della  curia,  degli  uffici  dei  ministeri,  etc,  etc.  Che  in  queste  scrit- 
ture, le  quali  non  richiedono  arte,  si  usi  un  linguaggio  fuori  del  decoro 
e  di  una  legge,  quale  essa  si   sia  (i),  credo  che  tutti  quelli  che  hanno 


(')  Ho  fatto  un'osservazione  che  mi  paro  importante  :  nella  nostra  vita  politico- 
giornalista,  così  ricca  di  piccolo  inimicizie,  quando  si  vuole  combattere  a  fondo  un 
discorso,  un  manifesto,  uno  scritto  di  un  avversario,  i  nostri  sono  capaci  di  diventare 
luche  puristi,  spulciano  le  parole:  «Oh,  dove  ha  messo  la  grammatica  il  signor 
i;ilo?  Può  stare  a  capo  di  un'amministrazione  chi  spedisco  tali  dispacci?  chi  fa  tuli 
manifesti?»  e  simili  frasi. 


Alfredo  Pamini 


sano  giudizio  convengano.  Io,  ad  esempio,  ho  inteso  dei  tecnici,  gente 
solitamente  aliena  da  ogni  pensiero  letterario,  dolersi  perchè  in  certe 
scritture  italiane  di  carattere  tecnico  nelle  quali  la  precisione  e  la  chia- 
rezza sono  necessarissime^  si  capisce  a  stento  che  cosa  in  esse  si  e  vo- 
luto dire  :  così  non  accade  in  scritture  consimili,  straniere.  Non  si  può 
dare  giudizio  di  condanna  piii  semplice  e  terribile  di  questo. 

Tale  miserevole  stato  dell'italiano  dell'uso  spicciolo,  capisco,  non 
tocca  molto  chi  specula  in  alto,  o  chi  occupa  le  grandi  gerarchie  lette- 
rarie, ufficiali  0  accademiche. 

Qui  io  sento  ancora,  e  più  forte,  sibilare  all'orecchio  questo  rim- 
provero: «È  inutile  che  voi  vi  camuffiate:  in  voi  si  scorge  la  chierica: 
vói  siete  un  pedante  e  un  purista  » . 


Bene,  vediamo!  e  scagionandomi  di  questa  imputazione  di  purista, 
anzi  notando  alcuni  errori  di  giudizio  dei  puristi,  mi  si  conceda  l'op- 
portunità di  meglio  entrare  nel  vivo  dell'argomento. 

Il  confine  tra  il  purista  appassionato  ed  il  pedante  non  è  facile  : 
certo  formano  esìgua  schiera,  e  questo  essere  essi  in  pochi  a  sostener 
una  battaglia,  lo  confesso,  mi  induce  a  benevolenza  anche  nel  conside- 
rare il  male  che  con  la  loro  intransigenza  possono  aver  cagionato.  Si 
intende  dei  puristi  e  pedanti  sinceri,  perchè  i  mercenari  delle  umane 
lettere  che  a  simiglianza  del  giudice  iniquo  osservano  le  leggi  in  pre- 
torio e  fuori  le  dilaniano,  non  entrano  nel  mio  conto.  Per  i  puristi 
questa  nuova  italianità  è  una  perdita  di  italianità:  gli  stessi  vocaboli 
forastieri,  ma  necessari  perchè  dovuti  al  fatale  preponderare  di  un  pen- 
siero più  evoluto  del  nostro,  senza  dei  quali  dovremmo  rimanere  a  bocca 
aperta  come  nel  giuoco  del  jyerchè  in  cui  si  deve  sfuggire  una  data  let- 
tera, sono  tacitamente  condannati. 

Che  dire  poi  dell'avversione  per  tutta  quella  meravigliosa  fioritura 
di  voci,  espressione  del  nuovo  pensiero  e  della  nuova  scienza,  comuni 
a  tutte  le  nazioni  dotte,  vero  piccolo  vocabolario  universale?  Non  po- 
tendole distruggere,  le  vorrebbero  ristrette  al  rigido  linguaggio  delle 
scienze:  fanciulli  che  si  illudono  di  potere  arginare  un  fiume  che  stra- 
ripa magniiico  nel  comune  parlare! 

E  poi  —  ripeto  —  per  noi  italiani  che  deriviamo  dalla  coltura 
greco-latina,  come  non  sentire   un   fremito   di   orgoglio   vedendo   che  i 


I 


Prefazione 


superbi  popoli  angli  e  germanici,  creando  queste  voci  dottrinali,  sono 
costretti  a  ricorrere  alle  due  lingue  che  io  non  oso  chiamare  morte, 
latina  e  greca,  in  cui  sembra,  come  entro  miniera  profonda,  essersi  stra- 
tificato nei  secoli  il  fiore  dell'umano  pensiero?  Meravigliosa  potenza,  oc- 
culta anima  della  parola! 

Ancora:  la  grandissima  parte  delle  parole  e  modi  che  i  puristi  ri- 
prendono (')  sono  di  provenienza  francese:  il  francese  —  cosa  nota  — 
ha  la  sua  parola  di  un'elasticità  sorprendente,  cioè  può  adattare  una 
sola  voce  a  vari  sensi;  passa  con  agevolezza  e  con  predilezione  dal 
senso  proprio  alla  metafora  più.  ricca  e  «  ipertrofica  »  :  il  vocabolo  ita- 
liano invece  si  estende  meno,  ma  in  cambio  ha  la  gradazione  o  scala 
dei  sinonimi;  l'enfasi  metaforica  non  gli  è  naturale:  il  francese  ha,  in 
istato  di  pronta  azione  un  numero  stupendo  di  modi  di  dire,  veri  pezzi 
di  costruzione,  precisi,  incisivi,  ben  selezionati,  pronti  per  esser  messi 
in  opera,  parlando  o  scrivendo. 

«E  l'italiano  non  ne  ha?  ».  Ma  ne  ha  un  numero  enorme  come  ogni 
lingua  viva:  essi  costituiscono  gli  elementi  fecondatori  e  animatori  del 
linguaggio:  una  lingua  si  dice  morta  quando  questa  funzione  di  pro- 
durre nuovi  modi  in  lei  cessa:  la  locuzione  o  modo  di  dire  è  un  ag- 
gregato fisso  di  poche  parole,  talvolta  senza  senso  se  prese  alla  lettera, 
o  di  senso  bislacco,  ma  che  esprimono  l'idea  in  modo  preciso,  subi- 
tamente intesa  da  tutti.  Sono  come  pezzi  di  pensiero  già  formato,  car- 
tucce in  deposito  pronte  per  lo  scoppio  (^). 

Ma  la  differenza  fra  l'italiano  e  il  francese  consiste  in  questo, 
che  moltissimi  modi  di  dire  italiani  o  sono  troppo  letterari  o  sono  dia- 
lettali ;  ogni  dialetto  ne  ha  un  patrimonio  stupendo  :  rudi,  caustici,  saette 
da  getto:  fra  dialetto  e  dialetto  poi  si  riscontrano  somiglianze  che  for- 
mano un   godimento   per  il   ricercatore  (•^)    e  persuadono   della   enorme 


(')  Vedi  Fanfani  od  Arlia,  Lessico  dell'infima  e  corrotta  italianità;  Riqutini, 
Neologismi  buoni  e  cattivi^  opero  da  mo  specialmonte  citate  nel  corso  dell'opera. 

(-)  I  sostenitori  della  lingua  artificiale  (Volapiik,  Esperanto,  etc.)  come  intendono 
supplire  a  questi  microrganismi  vitali?  Io  posso  creare  un  vocabolo  di  convenzione, 
ma  il  modo  di  dire  di  cui  non  appare  a  prima  vista  la  funziono  necessaria,  e  in  cui 
è  tutto  il  nervo  del  discorso,  chi  lo  forma? 

(*)  Quanto  gemme  del  diro  che  passano  per  toscane  ed  hanno  per  ciò  onorato 
accesso  nel  parlar  letterario  e  della  scuola,  sono  comuni  agli  altri  dialetti  !  E  ohe  dire  di 
quelle  che  non  sono  toscane,  e  pur  sono  tanto  bolle  od  efficaci  che  por  la  loro  bollozza 
e  forza  sono  entrato  nel  parlar  comune,  se  non  letterario?  Io  ne  ho  raccolto  parecchio 


Alfredo  Pancini 


vitalità  della  favella  italiana,  così  genialmente  una  e  varia.  Oimè!  è 
una  ricchezza  che  non  esce  dalla  regione  e  dal  parlar  dialettale,  e  molti 

scrittori  avrebbero  riguardo  ad  usarli come    ad    andar  fuori  di  casa 

senza  cravatta.  JSTe  consegue  che  il  modo  francese  come  più  urbano, 
pili  mondano,  più  diffuso,  è  spesso  usato  a  danno  del  modo  nostro  che 
lo  potrebbe  sostituire.  E  ciò  che  accade  pel  modo  di  dire^  a  maggior 
ragione  accade  per  la  parola:  adoperare  la  voce  unica  alla  francese  è 
più  facile,  ricercare  la  voce  precisa  fra  le  sfumature  dei  sinonimi  è  più 
difficile;  questa,  anzi,  del  trovare  il  giusto  colore  nella  gran  tavolozza 
dei  sinonimi,  forma  una  delle  difficoltà  dell'italiano:  lingua  per  altre  ra- 
gioni, facile. 

Qual  meraviglia  se  in  ciò  si  manifesta  la  legge  del  minimo  sforzo, 
cioè  se  noi  usiamo  estensioni,  metafore,  locuzioni  alla  francese? 

In  quanta  misura  poi  concorra  una  certa  nostra  indolenza  e  la  pre- 
ponderanza di  un  pensiero  più  maturo  od  evoluto  nella  modernità  che  non 
sia  il  nostro,  non  è  qui  il  caso  di  dire.  Oltre  a  ciò  vi  sono  voci  e  locuzioni 
alla  francese  così  fuse  e  connaturate  oramai,  in  cui  il  pensiero  cade  così 
spontaneo  come  ruota  entro  rotaia,  come  dente  in  dentiera,  che  con- 
verrebbe, per  evitarli,  avere  sempre  un  purista  ai  lati  o  fare  un  tale 
studio  di  scelta,  incompatibile  con  la  comune  coltura  e  col  tempo  di 
cui  uno  può  disporre. 

I  puristi  ebbero  torto  di  non  tenere  nel  dovuto  conto  queste  cose 
di  fatto  e  questa  legge  di  necessità,  e  di  nutrire  troppa  fede  nella  pre- 
dicazione della  buona  italianità  e  nell'opera  della  scuola. 

Quasi  quasi  avrei  più  fede  in  una  specie  di  «  lotta  per  la  vita  » 
che  moltissime  belle  parole  italiane  combattono  per  non  essere  sof- 
focate Q). 

Yi  sono  parole  italiane  così  belle,  alate,  luminose,  che  qualche  volta 
danno  delle  feroci  stoccate  alle  loro  consorelle   franco  o  anglo-italiane: 


in  questo  mio  dizionario  o  me  ne  compiaccio  come  di  cosa  da  altri  negletta,  da  me  in- 
vece amorosamente  curata.  Ammirevole  pure  e  degnissima  di  studio  sarebbe  la  com- 
parazione fra  i  modi  di  dire  delle  varie  lingue.  Quante  somiglianze  !  Quanta  filosofia 
naturale  !  Anche  ciò  è  buon  argomento  di  considerazione  per  chi  sostiene  le  lingue 
artificiali. 

(')  La  scuola  estetica,  intendi  specialmente  il  D'Annunzio,  in  questo  ebbe  alcun 
merito  e  azione  reale  richiamando  in  onore  nobilissime  parole  nostre  ed  elevando  a 
maggior  decoro  l'arte  dello  scrivere  dalla  paludosa  bassezza  e  monotonia  dei  de7)io- 
eratici  dello  stile^  come  il  Carducci  chiama  con  frase  troppo  scultoria  i  manzoniani 
(da  non  confondere  col  Manzoni,  la  cui  prosa  è  un  miracolo  d'arte  e  di  forza). 


Prefaxione 


voglio  dire  che  se  si  scrive  con  un  po'  d'amore,  esse  ricorrono  spon- 
tanee su  la  penna,  come  piìi  immediate  e  proprie  espressioni  dell'anima 
italica.  Queste  nobili  parole  ci  porgono  un  altro  conforto,  un  po' magro 
se  si  vuole,  ma  che  vale  meglio  di  niente.  Quando  gli  italiani  si  vestono 
proprio  dalla  festa,  cioè,  fuor  di  metafora,  nelle  scritture  solenni,  allora 
queste  parole  sono  cercate,  allora  ricorre  la  richiesta:  «0  come  si  dice 
in  buon  italiano  ?»  e  si  pensa  sul  come  si  dice  e  si  cerca  di  levare  un  po' 
di  ruggine  a  questi  vocaboli,  di  provarli  nelle  congiunture;  giacche 
anche  nelle  parole,  come  negli  organi  del  corpo,  la  mancanza  di  eser- 
cizio atrofizza  e  toglie  la  funzione. 


E  già  che  entrammo  in  argomento  trattando  di  puristi,  proseguiamo 
con  essi. 

Yi  sono  fra  i  puristi  alcuni  di  bocca  piti  buona  e  di  manica  pili 
larga,  i  quali  si  accontenterebbero  della  voce  straniera  purché  avesse 
un  tantino  di' ageggio  italiano,  cioè  si  coprisse  almeno  le  pudende  bar- 
bariche con  un  paio  di  mutandine  o  una  foglia  di  fico  italiano,  cioè 
fossero  assimilate. 

E  vada  pure  per  l'assimilazione:  certo  l'Italia  del  Quattrocento  e 
del  Cinquecento  poteva  accoghere  la  barbarie  d'Europa  nel  suo  grembo 
e  penetrarla  dell'ardente  sua  vita.  A  quel  tempo  le  parole  straniere, 
relativamente  poche,  si  dissolvevano,  fondevano,  assimilavano  per  virtù 
del  calore  organico  del  nostro  linguaggio. 

Ma  allora  l'Italia  aveva  il  monopolio  della  intellettualità;  lettera- 
tura italiana  voleva  dire  letteratura  europea,  e  tale  onore  le  fu  conser- 
vato per  impulso  o  tradizione  fino  a  quasi  tutto  il  Settecento,  cioè 
anche  quando  non  ne  era  piìi  degna:  oggi  queste  voci  «barbarie,  bar- 
bari, barbarismi»,  così  care  ai  puristi,  prese  in  valore  non  storico  o 
filologico,  ma  reale,  farebbero  sorridere.  Questi  barbarismi  rappresentano 
cose  0  idee  che  noi  togliemmo  per  forza  da  altri  popoli  i  quali  andarono 
avanti  nel  tempo  che  noi  restammo  fermi.  Bene  :  molte  di  queste  parole 
—  almeno  sinora  —  non  si  adattano  all'assimilazione,  bisogna  spen- 
derle come  sono.  Qui  un  purista  può  dirmi: 

«  Ma  il  popolo  non  le  usa!  » 

Ma  il  popolo  ha  un  vocabolario  più  ristretto. 

«  Ma  si  fa  un  giro  di  voci  !  » 


Alfredo  Fanzini 


Questo  potrà  fare  il  purista,  il  letterato,  il  grammatico,  gli  altri 
no:  chi  trova  un  ponte,  non  gira  il  corso  del  fiume  per  trovare  un  guado. 
•  L'evidenza  porta  ad  accogliere  la  seguente  legge,  cioè  che  non  si 
può  sacrificare  una  parte  anche  minima  di  pensiero  alla  purità  del  lin- 
guaggio, tanto  è  vero  che  la  reale  bellezza  di  un  linguaggio  è  il  pen- 
siero che  vi  risplende.  Chi  diversamente  stabilisse,  si  dovrebbe  adattare  a 
vedere  la  sua  legge  violata,  e  nessuna  cosa  è  piìi  goffa  ed  imbelle  che 
stabilire  norme  che  ben  si  sa  che  saranno  infrante. 

La  necessità  insegna  la  legge,  la  quale  è  buona  appunto  perchè 
necessaria.  Già  tant'è:  queste  parole  sono  accolte  nel  fatto.  Capisco: 
l'italiano  a  cagione  della  compiutezza  vocale  delle  sue  parole  si  presta 
meno  bene  del  francese  ad  inserire  e  fondere  nel  suo  organismo  voci 
di  altre  lingue  :  di  questa  difficoltà  è  prova  il  fatto  che  gli  scrittori  più 
trasandati  hanno  verso  queste  parole  una  specie  di  riguardo  istintivo, 
e  le  ricoprono  col  carattere  corsivo,  così  che  se  le  parole  fossero  toppe, 
molte  pagine  di  prosa  darebbero  sembianze  di  abiti  rattoppati.  Dunque? 
Dunque  io  penso  che  è  inutile  opporsi  all'accettazione  tanto  dei  così 
detti  barbarismi  e  gallicismi  come  delle  nude  voci  straniere,  giacché 
la  loro  forza  è  maggiore.  E  né  meno  penso  che  per  questo  soltanto  la 
lingua  italiana  vada  in  rovina. 

«  Ma  —  domanderà  alcuno  —  accogliendo  e  barbarismi  e  anche 
le  voci  prettamente  straniere,  entro  quali  limiti  ci  comporteremo?». 
Questo  io  non  so,  né  mi  sembra  che  alcun  areopago  di  grammatici 
possa  ciò  stabilire.  La  discrezione  e  il  limite  potrebbero  essere  dati  dalla 
necessità,  ma  più  da  un  nobile  senso  individuale  di  italianità,  per  cui 
l'uso,  quando  è  inutile,  di  parole  straniere  dovrebbe  ripugnare  come 
ad  una  persona  pulita  ributta  il  compiere  un  atto  sudicio,  anche  se  essa 
è  sola  e  non  vista.  «  Termini  incertissimi  !  »  Lo  so,  ma  di  più  veramente 
sicuri  non  ne  conosco. 

«  E  —  potrebbe  domandare  alcuno  —  l'opera  della  scuola  perchè 
l'omettete?  »  Un  sentimento  di  riserbo  mi  consiglia  di  tacere  le  ragioni 
per  cui  io  non  ho  fede  nell'azione  della  scuola  italiana  in  difesa  dell'ita- 
lianità. Ma  che  dico  ?  Che  bisogno  ci  sarebbe  di  difesa?  Basterebbe  far 
conoscere  ed  amare  questa  italianità  mirabile,  e  la  miglior  difesa  sta- 
rebbe in  quella  conoscenza  e  in  quell'amore!  La  nostra  scuola  —  tranne 
poche  eccezioni  dovute  esclusivamente  all'opera  spontanea  di  qualche 
insegnante  —  svolge  dei  variabili  programmi  ministeriali,  caleidoscopio 
di  imparaticci,  ut  impleatur  scriptura.  E  l' insegnamento  della  storia  let- 
teraria, ridotta  ad  una  specie  di  catechismo  :   che  l'arte  sicula  è  proven- 


Prefaxione 


zaleggiante^  che  la  prosa  dei  Fioretti  è  di  aurea  semplicità:  che  la 
scuola  del  Guinizelli  è  dottrinale:  che  il  Boiardo  fonde  i  due  cicli:  che  il 
metodo  storico  scientifico  deve  guidare  severamente  le  ricerche,  etc,  etc.y 
quando  a  queste  parole  non  corrispondano  le  nozioni,  è  proprio  utile? 
Alla  sincerità  delle  lettere  e  della  vita  meglio  giova  saperne  di  meno^ 
e  per  compenso  ottenere  che  il  giovane  conosca  un  poco  di  logica  e  di 
decoro  nel  comporre!  Del  resto  i  giovani  stessi  rispondono  a  questa 
punto  interrogativo  praticamente:  oramai  essi  non  sentono  e  non  curano 
che  quegli  insegnamenti  che  hanno  un  diretto  rapporto  pratico  con  la 
loro  futura  professione.  E  detto  questo  è  detto  anche  troppo. 

Tornando  al  tema  e  concludendo,  credo  doversi  ritenere  anche  questa 
uso  delle  voci  straniere  un  fatto  normale,  «  fisiologico  »  per  così  dire, 
di  evoluzione  del  linguaggio.  Se  non  che  esso  si  complica  e  si  somma 
con  altri  fenomeni,  i  quali  per  quanto  benevolo  giudizio  si  voglia  dare, 
non  possono  non  giudicarsi  gravemente.  Dalla  «  fisiologia  »  passiamo 
alla  «  patologia  » ,  almeno  a  me  sembra  ;  ed  a  questi  fenomeni  io  allu- 
devo in  principio  parlando  di  correnti  in  urto  e  contrasto  con  la  cor- 
rente 0  principio  maggiore.  Yedrò  di  essere  breve. 

Ecco:  qualsiasi  parola  straniera,  senza  distinzione  di  necessaria  a 
non  necessaria,  si  innesta  nel  parlare  e  nello  scrivere  nostro  senza  tro- 
vare opposizione  o  difesa  ;  anzi  quanto  piìi  noi  dal  popolo  incolto  risa- 
liamo alle  persone  di  media  coltura,  tanto  piìi  chiaro  appare  un  vero  com- 
piacimento nelPusare  il  vocabolo  e  la  frase  forastiera.  Si  direbbe  che  il 
poter  giungere  al  buon  uso  di  una  parola  non  italiana  rappresenti  una 
conquista  di  intellettualità!  Yi  sono  poi  alcuni  che  in  questa  predile- 
zione del  suono  straniero  sono  di  una  spietata  sincerità  :  non  si  nascon- 
dono, ma  credono  anzi  di  operare  a  fine  di  bene  e  di  affrettare  per  tale 
mezzo  l'avvento  di  un  linguaggio  unico,  universale. 

Che  dire?  Io  da  vero  non  so.  Che  sia  un  male  la  varietà  dei  lin- 
guaggi fra  gli  umani,  è  verità  troppo  antica  per  qui  tornare  a  ripeterla. 
E  come  corollario  fu  detto:  «Se  gli  uomini  parlassero  tutti  uno  stesso 
linguaggio,  la  fratellanza  fra  gli  umani  avverrebbe  piii  facilmente  e  le 
discordie  e  le  dissenzioni  scomparirebbero».  Argomento  troppo  ideale, 
troppo  fallace  o  troppo  tribunizio  per  discuterlo  soltanto.  Caino  uccise 
Abele  pur  favellando  nel  linguaggio  del  paradiso  terrestre,  e  la  forxa 
delVinsano  leone  che  Prometeo  infuse  nell'uomo  è  un  micròbio  che,  per 
quanto  attenuato  dalla  civiltà,  il  sincero  fisiologo  dell'anima  scopre  an- 
cora nell'anima.  Esso  si  manifesta  all' infuori  di  un  qualsiasi  volapiik 
umanitario.  Io  non  credo  che  per  questa  strada  ci  avvieremo  ad  un  lin- 


Alfredo  Pancini 


giiaggio  unico  «umanitario»^  credo  che  oltre  a  deformare  il  linguaggio 
natio,  favoriremo  il  prevalere  del  linguaggio  di  alcun  popolo  più  ampia- 
mente dominatore  e  diffuso  pel  vasto  mondo;  questo  popolo  impone  le 
sue  parole,  non  riceve  le  altrui. 

C'è  poi  un  numero  anche  maggiore  di  persone  alle  quali  questo 
fluire  di  voci  straniere,  e  coniarne  a  capriccio,  e  torcere  il  senso  alle 
antiche,  e  non  ammettere  alcuna  legge  nell'arte  dello  scrivere,  sembra 
un  riflesso  di  quel  moto  intellettuale  che  tutto  indaga,  infrange,  abbatte, 
apre  tabernacoli,  smuove  cardini  venerandi.  E  richiamando  un'imagine 
materiale,  la  società  presente  può  ricordare  un'immane  opera  di  demo- 
lizione: gente  col  piccone,  invasa  dalla  febbre  della  distruzione.  Io  in 
veiità  come  osservatore  molto  solitario,  trovo  questo  spettacolo  inte- 
ressante, e  come  artista  mi  dolgo  di  qualche  dolce  memoria,  di  qual- 
che elegante  opera  degli  uomini  che  la  moderna  furia  demolitrice 
non  risparmia,  ma  spezza  barbaricamente  e  accumula  con  le  macerie. 
Ma  quanto  al  resto,  per  questa  distruzione  della  antica  Gerusalemme 
non  mi  sento  di  piangere.  È  la  città  del  Sole  che  si  vuole  edificare? 
Ebbene,  anch'io  domando  un  piccone  demolitore.  Ma,  oimè  !  I  nuovi  edi- 
fici che  vanno  sorgendo,  hanno  sugli  antichi  tuffai  più  il  vantaggio 
del  nuovo  intonaco;  ai  vecchi  tabernacoli  se  ne  sostituiscono  dei  nuovi; 
le  vecchie  esecrate  catene,  il  ferraccio  dei  vecchi  odiati  chiavistelli  è 
rifuso  ancora  e  si  fabbricano  catene  moderne  e  chiavistelli  nuovamente 
perfezionati.  Insomma  il  materiale  delle  nuove  costruzioni  è  lo  stesso: 
l'impasto  umano  è  immutabile.  Da  noi  in  Italia  il  gridare  è  assordante, 
l'impeto  demolitore  è  stupendo,  ma  quando  si  viene  al  fatto,  quando 
si  tratta  di  metter  le  radici  al  sole  ad  un  bosco  maligno  che  aduggia 
le  nuove  piante,  allora  si  nota  che  ognuno  su  questo  imprecato  bosco 
ha  la  sua  ipotQca  che  esso  serve  come   diritto  di   asilo,  di  ricovero  ai 

malfattori,  che   ofPre   gli   stecchi  morti  alla  povera  gente;  che  è ?  il 

bosco  rimane.  Inoltre  come  la  materia  si  svolge  per  organi  soggetti  ad 
immutabili  leggi,  così  la  parola  si  evolve  per  logica.  Può  essere  un 
piacere  anche  questo  di  andare  contro  la  logica,  ma  si  corre  il  rischio 
di  non  intenderci  più.  E  poi  si  badi:  fare  i  riottosi,  i  faziosi,  gli  insu- 
bordinati, è  molto  facile:  essere  veramente  ribelli  è  cosa  altrettanto  dif- 
fìcile come  eroica.  A  dispetto  delle  apparenze,  rimane  nell'uomo  la  sua 
essenza  servile.  Soltanto  la  divina  eroica  sapienza  è  tribunale  compe- 
tente a  dichiarare  l'uomo,  non  più  servo,  ma  libero  veramente.  Molti- 
plicate leggi,  istituti,  fate  pure  operazioni  radicali  sul  corpo  sociale,  il 
male  si  rinnoverà  sempre.  Occorre  l'asepsi^  oltre  che  in  medicina,  anche 


PrefaMone 


in  sociologia.  Credere  poi  di  far  della  ribellione  anche  per  mezzo  delle 
innocenti  parole  italiane,  è  esercizio  belligero  di  bimbi  in  ricreazione. 
Capisco:  queste  sono  cose  che  se  anche  si  pensano,  non  si  dicono.  È 
vero.  Io  però  non  ho  nessuna  azione  al  banco  del  credito  popolare  e 
non  temo  di  manifestare  il  mio  pensiero. 

Un'altra  e  ben  curiosa  categoria  di  persone  è  quella  formata  da 
gente  di  scienza  e  di  studi;  accademici,  poeti,  letterati,  i  quali  hanno 
proprio  due  diversi  tipi  di  linguaggio^  l'uno  come  vien  viene,  per  l'uso 
spiccio  (è  l'abito  sudicetto  per  casa),  l'altro  adorno  dei  più  lustri  e  gem- 
mati vocaboli  con  tutte  le  decorazioni  del  vocabolario  per  le  scritte 
solenni  (è  l'abito  da  parata).  Che  dire  poi  dell'italiano  parlato  dal 
ceto  signorile  e  mondano?  È  una  specie  di  gergo,  un  curiosissimo  im- 
pasto, dal  cui  studio  si  possono  ricavare  effetti  comicissimi.  Che  dire 
di  certi  scrittori  che  pure  hanno  autorità  e  buon  nome,  a  cui  l'arme 
dello  scrivere  sembra  senza  punta  se  non  è  temperata  di  quando  in 
quando  nel  vocabolo  forastiero?  e  si  è  osservato  come  di  due  parole 
che  indicano  la  cosa  stessa,  di  uguale  fornia,  etimologia,  ma  l'una  italiana 
Taltra  francese,  la  prima  includa  senso  plebeo,  la  seconda  grazia  e  gen- 
tilezza ?  Non  vi  aggiungo  corredo  di  esempi,  chi  ne  vuol  trovare  sfogli  il 
Dizionario,  e  ne  troverà  moltissimi.  Ma  il  popolo  stesso  in  cui  per  legge 
naturale  sta  la  forza  conservatrice  del  linguaggio,  appena  riesce  ad 
impadronirsi  di  una  voce  forastiera,  si  è  osservato  come  gode  di  usarla? 
E  la  straordinaria  facilità  con  cui  le  voci  effìmere  del  gergo  francese 
passano  nel  nostro?  Anche  per  codesto  non  cito  esempi:  si  sfogli  il 
Dizionario. 

Dopo  ciò  è,  io  non  so  se  piii  comica  od  ingenua,  l'osservazione  che 
moltissimi  fanno  e  sul  serio:  «  Ma,  scrivere  in  italiano  è  molto  difficile! 
Non  si  sa  mai  quale  parola,  parolina,  preposizione  usare  !  Non  si  è  mai 
sicuri.  Invece  in  francese  !  »  Sfido  io  !  Anche  le  paroline,  cioè  i  piccoli 
cardini  delle  parole  traballano!  Tutto  questo,  si  noti  bene  e  già  l'ho 
detto,  fu  da  me  trattato  oggettivamente  nel  dizionario:  ho  notato  cioè  il 
fenomeno,  come  un  notaio  fa  un  inventario.  Ma  qui,  come  italiano,  non 
posso  nascondere  che  ciò  porge  la  brutta  imagine  di  una  servitù,  ricer- 
cata e  volontaria. 

«  Il  quadro  è  pessimista  e  voi  l'avete  specialmente  dedotto  dalla 
lettura  dei  giornali  e  simili  stampe».  È  in  parte  cosa  vera:  ma  io  per 
un  libro  vivo  —  torno  a  ripetere  —  non  potevo  non  tener  conto  di 
questa  forma  viva,  popolare  dominante  di  letteratura,  che  ò  il  giornale. 
La   lingua   usata   dal   giornale   ò  di   solito   deplorevole,  convengo;  ma 


Alfredo  Pancini 


intanto  il  giornale,  per  la  stessa  sua  necessità  di  vivere,  cioè  di  essere 
comprato,  inteso,  letto,  deve  essere  chiaro  e  facile;  è  costretto  cioè  a 
mettere  in  pratica  il  primo  degli  ammaestramenti  di  ogni  retorica,  quanto 
alla  prosa:  chiarezza.  Certo  il  giornalismo  italiano  subendo  PinHusso  del 
grande  giornalismo  francese  ed  inglese,  etc.  sMmbeve  di  un  numero  esage- 
rato di  voci  e  di  modi  stranieri:  la  fretta,  la  conoscenza,  spesso  incompleta 
e  della  lingua  da  cui  traducono  e  della  propria,  una  specie  di  snobismo 
di  affettare  voci  nuove,  aumentano  considerevolmente  tale  difetto,  e  sotto 
questo  riguardo  il  giornalismo  è  uno  dei  piìi  poderosi  veicoli  di  voci  e 
modi  stranieri.  Molte  volte,  anzi,  ho  pensato  quale  enorme  forza  di  pe- 
netrazione, abbia  una  parola  straniera,  posta  ad  esempio  per  titolo  di 
uno  scritto,  stampata  a  migliaia  di  copie,  letta  da  piìi  migliaia  di  nostri 
lettori!  Ma  nel  tempo  stesso  quale  ammirevole  ricchezza  di  lingua  viva,, 
quale  dovizioso  fiorire  di  germogli  nostrani,  quale  stupendo  contributo 
di  forze  attinte  dalle  inesauribili  miniere  della  tradizione  letteraria  per 
un  verso  e  dal  popolo  per  l'altra,  contiene  il  giornale  !  Fenomeno  bello 
e  consolante!  Q). 

Ancora  :  «  Quadro  pessimista  è  il  vostro  giacché  la  letteratura  ita- 
liana contemporanea  vanta  pagine  di  prosa  d'arte,  di  romanzo  e  di  dot- 
trina, per  cesellatura  e  martellatura,  squisita  ;  e  se  anche  la  prosa  nostra 
comune  non  regge  al  confronto  della  chiarezza  e  freschezza  della  fran- 
cese, dell'incisione  e  finezza  filosofica  dell'inglese,  noi  per  compensa 
godiamo  del  conforto  di  versi  di  bellezza  grandissima  » .  A  queste  cose 
si  potrebbe  variamente  ed  argutamente  rispondere,  se  non  che  nelle 
pagine  che  precedono  ho  detto  della  prosa  moderna  oltre  l'intenzione 
e  forse,  l'opportunità.  Quanto  ad  affermare  un  sicuro  giudizio  su  la  bel- 
lezza della  prosa  e  poesia  contemporanea,  è  prudente  attendere  il  responso 
del  tempo,  giudice  ultimo  sicuro  e  inappellabile  pei  molti  candidati  al 
concorso  dell'immortalità  letteraria;  ed  io  dubiterei  nell'affermare  che 
molte  pagine  giudicate  stupende  oggi,  contengano  quegli  aromi  e  bal- 
sami misteriosi  della  conservazione  contro  il  tempo,  e  non  contengano 
in  vece  germi  di  dissoluzione  o  putrefazione.  Quante  pagine  antiche 
della  negletta  classicità  sono  tuttora  freschissime,  e  da  quante  pagine  di 
prose  e  poesie,  giudicate  ieri  bellissime,  sentiamo  venir  fuori  un  tenue 
lezzo  di  stantio;  e  quanti  fiori  stupendi  di  poesia  piuttosto  che  di  fresca  e 
rugiadosa  corolla,  sotto  piii  sottile  esame  ci  appaiono  fatti  di  fine  stoffa. 


(^)  Non  per  questo  dimentico  l'altro  lato  della  medaglia:  cioè  molte  vacue  pa- 
role, segni  di  vacuo  pensiero,  che  il  giornale  ci  insegna. 


Prefaxione 


Vecchia  cognizione  è  pur  questa  che  Peperà  poetica  nella  lettera- 
tura italiana  fin  da  antico  vince  quella  prosastica:  l'ingegno  italiano 
sembra  con  maggior  agio  muoversi  nell'elemento  del  ritmo,  e  prescin- 
dendo dalla  forma  lirica,  nella  poesia  didattica,  narrativa  e  romanzesca 
v'è  un  tesoro  non  del  tutto  a  tutti  noto  ed  esplorato,  di  semplicità,  fa- 
cilità e   di  grazia  che  a  fatica  cercheremmo  negli  esempi  di  prosa  {}). 

Ma  astraendo  da  ogni  giudizio  su  la  prosa  letteraria,  è  deplorevo- 
lissimo —  ripeto  —  il  decadimento  della  prosa  comune  presso  di  noi, 
perchè  essa  è  l'arma  viva  e  lucida  con  cui  combatte  il  pensiero  moderno. 

Questa  cosa  nessuno  oserebbe  negare,  ma  invece  di  confessare  le 
ragioni  vere,  si  preferiscono  le  ragioni  speciose  fra  le  quali  una  delle 
più  celebri  e  note  è  questa:  «Noi  italiani  non  abbiamo  unità  di  lingua  », 
della  qual  cosa  ci  siamo  specialmente  accorti  dopo  che  fu  compiuta  la 
unità  politica  della  Nazione,  dopo  che  l'affermazione 

una  d'arme,  di  lingua,  d'altare, 
di  memorie,  di  sangue  e  di  cor, 

costituì  presso  le  altre  genti  uno  dei  piìi  importanti  diplomi  storici  per 
reclamare  indipendenza,  unità  e  libertà. 

Ecco,  per  esempio,  come  una  notissima  scrittrice  si  giustifica  presso 
i  francesi: 

«  In  Francia  voi  avete  una  lingua  media  che  tutti  parlano  e  ca- 
piscono ;  è  una  lingua  limpida,  chiara,  pieghevole.  Tranne  alcuni  stilisti, 
tutti  i  vostri  scrittori  sono  compresi,  tutti  i  vostri  giornali  possono 
essere  letti  e  capiti  in  tutta  la  Francia.  Invece  noi  dobbiamo  togliere 
al  nostro  stile  ogni  ornamento;  noi  dobbiamo  essere  eccessivamente 
semplici  per  essere  sicuri  che  tutti  possano  capirci  » . 

Porto  un  documento  per  dimostrare  come  questa  vieta  querimonia 
sia  ripetuta  ancora.  E  fin  a  quando  ?  Una  piccola  particella  di  vero  con 
gran  contorno  di  specioso,  un  fenomeno  in  fine  poi  non  spiacente  per- 
chè frutto  naturale,  cioè  frutto  di  condizioni  storiche,  geografiche,  etni- 
che, le  quali  pur  contribuirono  a  far  sì  che  l'Italia,  prima  del  suo  periodo 
servile,  piccola  fra  le  nazioni,  fosse  per  molteplicità  di  vita  un  mondo  me- 
raviglioso essa  stessa,  è  elevato  a  causa  prima,  ineluttabile.  Essi  do- 
mandano: «Perchè  non  si  scrive  bene?  Perchè  i  nostri  libri  valgono 
meno  etc?   Perchè  la  diffusione  delle  opere  letterarie  nostre  è  così  li- 


(')  La  Divina  Commedia^  'L'' Orlando  Innamorato^  nella  prima  originale  forma, 
il  Furioso^  etc. 

A.  Fanzini,  Sitppkìiicnio  ai  Dixionaii  italiani.  e 


Alfredo  Panxini 


mitata ?  etc.  » .  E  rispondono:  «  Perchè  non  abbiamo  unità  di  linguaggio!  » . 
«  Perchè  —  chiedeva  quella  lavandaia  —  i  miei  panni  non  mi  riescono 
mai  puliti?  Perchè  non  ho  ancora  trovata  la  pietra  dove  sbatterli  bene  ». 


Ed  ecco  letterati  ed  artisti  d'accordo  con  quelli  che  io  chiamerei 
i  nuovi  pedanti,  cioè  i  seguaci  della  così  detta  scuola  manzoniana  che 
elaborano  il  tipo  unico  delPitaliano.  Gente  egregia,  che  ha  grande  au- 
torità nelle  scuole  e  fuori  delle  scuole,  ma  che  è  presa  dalla  fissazione 
di  stuccare,  lucidare  questa  ribelle  lingua  italiana,  che  la  vuole  pareg- 
giare questa  rigogliosa  lingua  italiana!  fanno  come  uno  scrupoloso  giardi- 
niere che  si  sia  fìsso  in  testa  di  cimare  e  far  geometrica  una  gran  selva  : 
ecco  s'affanna,  s'adopra;  ma  da  una  parte  cresce,  dall'altra  manca,  e 
pota,  e  taglia,  e  riduci!  oimè,  ecco  da  un  mantello  fatto  un  berretto; 
da  una  bella  fìumana  un  ruscello  ! 

Questo  paragone  è  offensivo:  ma  siccome  non  passione,  non  malo 
animo,  ma  semplice  amore  di  verità  muovono  il  pensiero,  cosi  dico  libe- 
ramente. Da  troppo  tempo  sacrifico  l'utile  alla  verità  per  emendarmi  ora; 
ed  in  ciò  ebbi  un  grande  Maestro. 


Non  creda,  il  lettore  benevolo  che  a  questo  punto  io  voglia  entrare 
in  quell'inestricabile  ed  antico  ginepraio  che  è  la  questione  della  lingua 
italiana.  Sono  questioni  che  non  si  risolvono,  non  perchè  siano  irresolu- 
bili, ma  per  la  pervicacia  delle  menti. 

Ecco  tuttavia  qualche  parola  in  brevità  di  sintesi: 

Per  quali  ragioni  e  per  quale  procedimento  questi  due  termini, 
cioè  il  più  perfetto  esemplare  dei  dialetti  italici,  che  è  il  toscano,  ed  il 
prodotto  dei  vari  dialetti  italici  —  raffinato,  purgato,  emendato  su  quel- 
l'esemplare —  si  venissero  accostando  sempre  piìi,  e  ciò  sin  dopo  l'e- 
sempio dei  tre  sommi  Trecentisti,  e  per  tale  fusione  si  formasse  quella 
che  si  chiamò  lingua  italiana  o  anche  toscana,  è  cosa  spiegata  in  ogni 
buon  manuale  letterario. 

Sottile  e  beUissima  questione  letteraria  sarebbe  poi  lo  studiare  in 
quali  modi  e  proporzioni  il  toscano  influì  sui  dialetti,  e  se  non  vi  influì 


Prefazione 


piuttosto  animando,  chiamando  fuori,  rinvigorendo  innumerevoli  e  stupende 
forze  unitarie  che  sono  occulte  nei  dialetti.  Gli  esempi  del  Tasso,  del  Bembo, 
del  Boiardo,  del  Castiglione,  dell'Ariosto,  del  Leopardi,  scrittori  non  to- 
scani, e  pur  mirabilmente  vivaci,  potrebbero  provare  qualche  cosa. 

Che  il  Manzoni,  unitario  in  politica,  abbia  questo  sentimento  tras- 
portato alla  lingua,  può  giudicarsi  cosa  benefica  ed  ottima  nel  momento 
storico  del  Manzoni;  e  come  principio,  ma  largamente  e  liberalmente 
inteso,  principio  ottimo  sempre.  Vero  è  che  la  inflessibile  logica  spinse 
il  grande  Lombardo  negli  anni  suoi  tardi  a  sottigliezze  estreme  in  fatto 
di  lingua  italiana:  la  persecuzione  della  teoria  rigida  gli  fece  forse 
perdere  di  vista  la  realtà.  Ora  questo  difetto  del  Manzoni  diventò  poi 
la  pietra  angolare  della  nuova  scuola:  fu  smarrito  il  senso  della  realtà; 
lo  studio  di  minuzie,  di  parole,  suoni,  segni,  diventò  dominante  e  do- 
mina. La  grande  linea  e  la  conservazione  dell'edificio  sfugge  agli  occhi 
miopi  che  si  affannano  intorno  ai  particolari,  alle  decorazioni,  agli  in- 
tonachi. Esso  è  il  fenomeno  pedantesco,  lo  scrupolo  superstizioso  che 
segue  costante  quella  imitazione  che  i  minori  hanno  di  un  grande. 

Si  pensi:  l'unità  politica  e  —  vogliamo  credere  —  morale  d'Italia 
portano  per  fenomeno  di  naturale  evoluzione  al  fenomeno  unitario  lin- 
guistico: voci  di  dialetto  non  toscano  entrano  nel  patrimonio  della  lingua 
nazionale,  asperità  e  peculiarità  fonetiche  dialettali  si  smorzano  nel 
parlare  civile;  e  se  in  fine  qualche  traccia  di  questa  varietà  dialettale 
rimane  nei  suoni  e  nelle  voci,  io  non  mi  sento  in  animo  di  condannarla. 
La  varia  vita  di  questa  mirabile  patria  porta  così!  E  infine  buoni 
scrittori  viventi  di  varie  regioni,  non  toscane,  tendono  per  naturale 
impulso  ed  attrazione  ad  un  tipo  unitario,  pur  conservando  un  certo 
aroma  regionale  che  a  me  non  spiace.  Se  uno  scrupolo  continuo  ci  deve 
perseguitare  nello  scrivere  e  nel  parlare,  l' italiano  l' impareremo  a  cin- 
quant'anni.  Poche  e  sicure  norme  grammaticali,  fede  nella  parlata  natia, 
un  po'  d'amore  e  di  conoscenza  della  tradizione  letteraria,  e  il  resto 
affidatelo  alla  divina  natura! 


Concludiamo.  Fu  ed  è  il  popolo  italiano,  fra  quanti  sono  popoli  al 
mondo,  umanissimo  e  civilissimo,  ma  della  facoltà  di  disporre  della  sua 
propria,  individuale,  tangibile  libertà  fu  così  singolare  amatore,  da  far 
getto  per  essa  della  libertà  collettiva  e  ideale:  da  venire  a  taciti  patti 
con  la  tirannide  e  la  dominazione  straniera  purché  questa  libertà  fosse 


Alfredo  Fanzini 


rispettata.  Questo  particolare  stato  d'animo  degli  Italiani  —  così  discorde 
dalla  sapienza  di  quel  lontanissimo  popolo  di  Roma,  che  pure  abitò  e 
improntò  di  se  queste  terre  beate,  il  quale  scrisse  volere  essere  servo  della 
legge  per  potere  essere  libe?'o  (^)  —  può,  come  buona  chiave,  spiegare 
il  segreto  di  molta  parte  della  storia  nostra  nelPevo  medio  e  moderno. 

Tale  amore  di  individuale  libertà  insieme  ad  una  ereditaria  filosofica 
sapienza  è  cagione  di  bene  e  di  male  insieme  :  genera  una  tolleranza 
stupenda  di  ogni  azione  ed  opinione,  ma  genera  una  tipica  e  singolare 
indifferenza,  una  geniale  inerzia  a  resistere  al  male.  Si  osservi  come 
ogni  intelligente  e  facondo  ciarlatano  trovi  presso  di  noi  via  aperta  ai 
primi  posti;  si  osservi  come  il  popolo  con  diletto  attico  ascolti  le  ma- 
ravigliose  parole,  pur  sapendole,  per  intuitiva  saggezza,  inani  e  fallaci  ; 
si  osservi  come  i  buoni,  i  pensosi,  i  laboriosi  sorridano  filosoficamente, 
non  denuncino,  ma  tollerino  e  lascino  passare  e  trionfare. 

Ora  —  derivando  queste  considerazioni  generiche  al  fatto  preciso 
del  linguaggio  —  credere  che  nel  popolo  italiano  sorga  quando  che  sia 
un  sentimento  di  difesa  del  linguaggio,  patrimonio  ideale  e  collettivo, 
è  convincimento  in  me  assai  scarso.  Il  popolo  nostro  al  :  «  fa  come  ti  piace», 
soggiunge  :  «  di'  un  po'  come  ti  pare  !  » .  Di  una  cosa  però  sono  convin- 
tissimo, ed  è  che  questo  umano  ed  ingegnosissimo  popolo  nostro  che 
insieme  al  popolo  ellenico  fu  somma  parte  nel  destino  degli  uomini, 
ma  che  —  mentre  quello  imbizantì  e  si  spense  —  resistette,  visse  nei 
secoli  rinnovandosi  e  di  nuova  giovanezza  vestendosi,  pur  conservando  se 
stesso  pur  germinando  sempre  inesausto,  non  perirà. 

Conforta  il  cuore  il  vedere  come  dicevo  in  principio,  con  quale 
impeto  sorse  e  sorge  a  modernità  di  vita  questa  varia  «  itala  gente  da  le 
molte  vite  » .  Ora  questo  pensiero  domina  ogni  altro,  cioè  che  non  perendo 
anzi  fiorendo  ed  aumentando,  conserverà,  comunque  sia  per  modificarsi 
e  rinnovarsi,  quella  necessaria  impronta  dell'essere  che  è  la  propria 
parola  {^). 

Bellaria^  Agosto^  1904. 

ALFREDO  FANZINI. 


(^)  Legum....  omnes  servi  surnus^  ut  liberi  esse  ijossimiis^  Cicerone  {Pro 
Gluent.,  LUI,  146). 

(2)  Veda  il  lettore  in  fine  del  volume  i  giudizi  dati  da  autorevoH  persone  con- 
sultate su  questo  importante  argomento. 


AVVERTIMENTO  AL  LETTORE 


La  presente  opera  non  ha  errata-corrige.  Si  affida  la  correzione 
dei  pochi  errori  —  inevitabili  in  tali  lavori,  pure  usando  la  maggior 
cura,  e  spesso  casuali  —  alla  benevolenza  ed  al  criterio  del  lettore. 
Vedi  ad  esempio  Alibi,  ove  va  detto  con  l'accento  sulVa  e  non  sull'i; 
Outsider  ove  è  dato  sui  book-makers  un  giudizio  erroneo,  etc. 

Molte  locuzioni  vanno  cercate  dall'articolo,  es. :  Il  gran  rifiuto, 
La  capitale  morale:  di  altre  parole  si  cerchi  la  doppia  scrittura. 

Dovendo  il  libro  poter  correre  per  le  mani  di  tutti,  le  parole  di 
delicata  definizione  e  commento  o  vennero  omesse,  come  cocotte^  o  spie- 
gate in  modo  da  non  offendere  il  decoro,  o  più  spesso  si  rimanda  ad 
wn'' Appendice  che  vedrà  la  luce  in  seguito. 

Togliendo  passi  da  altre  opere  o  valendomi  di  spiegazioni  di  dotti 
e  gentili  amici,  sono  citati  il  nome  ed  il  luogo. 

Delle  parole  e  degli  emendamenti  che  il  lettore  potesse  e  volesse 
suggerire  nella  supposizione  di  una  ristampa,  l'Autore  non  soltanto 
ringrazia,  ma  prega  di  essere  a  lui  per  tal  modo  cortese. 


Dizionario  Moderno 


.^^ 


A  :  non  è  qui  il  luogo  di  ripetere  diffu- 
samente ciò  che  i  lessicografi  e  i  gram- 
matici hanno  scritto  sull'uso  di  questa  pre- 
posizione, oggi  invadente  e  che  distrugge 
molti  altri  costrutti.  L' a  (francese  à)  e 
l'jN  (francese  en)  sono  diventati  oramai  i 
due  perni  su  cui  posano  le  parole  nella 
più  parte  dei  costrutti;  inutile  altresì  l'in- 
sistere sulla  deformazione  che  l'organismo 
delicatissimo  della  nostra  lingua  ne  riceve. 
Così  ad  es.  si  dice:  «Gelato  alla  crema, 
uova  al  burro,  pasta  al  sugo,  etc.  »  in- 
vece della  preposizione  co'/^,  la  quale  indica 
appunto  «  compagnia,  unione,  mistione,  » 
e  di  cui  i  dialetti  serbano  l'uso  tuttavia. 
Cosi  un  oste  di  campagna  vi  domanderà 
se  la  frittata  vi  piace  coli' olio,  o  con  lo 
strutto,  e  non  all'olio.  L'uso  dell'a  in  simili 
costrutti  si  è  venuto  radicando  per  modo 
che  l'espellerlo  non  mi  pare  più  possibile. 
Gli  stessi  scrittori,  posti  noli'  alternativa 
di  scegliere  tra  l'uso  comune  e  l'uso  let- 
terario, non  sempre  si  accordano  ;  né  d'al- 
tronde riesce  sempre  agevole  il  determi- 
nare in  molte  e  sottili  locuzioni  con  1'  a 
quando  trattasi  di  vero  errore  oppure 
quando  l'uso  col  suo  impero  assoluto  e  le 
autorevoli  eccezioni  giustificano  l'orrore. 
In  via  generale  si  può  però  affermare  la 
tendenza  ad  usare  questa  preposizione  a 
alla  maniera  de'  francesi;  se  non  che  il 
francese  è  sicuro  nell'uso  dello  sue  pro- 
posizioni, noi  vaghiamo  incerti  e  con  tanta 
libertà  da  insinuare  confusione  e  ingeno- 
lai'o  indisciplinatezza  alla  jìorspicuità  ed 
alla  facilità  dell'apprendere.  Kcco  qualche 
esempio  in  proposito  :  In  una  vetrina  da 


orefice  accanto  alla  scritta  :  Gache-por- 
traits  à  secret,  era  scritto  «monete  bre- 
vettate a  segreto  per  due  ritratti  » .  (Giac- 
che nell'uso  degli  avvisi  commerciali,  in 
città  italiane,  accanto  all'avviso  italiano 
si  trova  talora  la  scritta  in  francese.  E 
si  parla  delle  tabelle  bilingui  dell'Austria! 
E  né  meno  é  raro  il  caso  di  leggero  ma- 
nifesti di  vendita  in  francese.  Anzi  a  Mi- 
lano é  cosa  frequente).  Così  un  dottore  in 
filologia  intitola  un  suo  scritto  :  «  Come  si 
parla  agli  Stati  Uniti  »  invece  che  dire 
«  negli  Stati  Uniti  »  generando  una  vera 
confusione  di  senso.  Ecco  altre  eleganze  : 
«  Forchettone  a  servizio,  cucchiaione  a 
zuppa,  a  riso,  a  salsa.  »  Trattasi  di  catalo- 
ghi e  scritte  volgari  da  vetrina,  quindi 
senza  pretese  letterarie,  altri  obbietterà. 
p]  vero.  Tuttavia  si  noti  l'importanza  che 
nella  vita  moderna  hanno  le  scritte  pu- 
bliche.  Esse  fissano  l'uso  più  che  l'opera 
di  molte  scuole.  Ma  di  ciò  vedasi  nella  pre- 
fazione. —  I  puristi  riprendono  queste  ma- 
niere avverbiali  :  poco  a  poco.,  due  a  due., 
mano  a  mano  e  anche  man  mano.,  corpo 
a  corpo  invece  di  a  corpo  a  corpo.,  a  poco 
a  poco  etc,  a  mano  a  mano  che  rispon- 
dono all'uso  classico  di  nostra  lingua:  a 
capo  in  i scambio  di  da  capo. 

À  per  ha\  V.  Avere. 

Abbacchio:  voce  romanesca  passata  nel- 
l'uso della  lingua:  indica  l'agnello  gio- 
vane, vissuto  libero,  in  pasture  aperte. 
1  romani  lo  sanno  cucinalo  squisitamente. 

Abbaìno:  per  questa  parola  si  intendo 
quella  finestra  o  lucernario  sopra  il  tetto 
che  dà  luce  a  stanze  od  a  soffitte.  A  Mi- 


A.  Pan/in I 


Abb 


—     2 


Abo 


laiio  chiamano  Abbaìni  quelle  stanze  mi- 
serabili che  ]\cllo  spazio  dei  grandi  casa- 
menti si  adattano  tra  i  due  spioventi  e 
il  primo  piano  della  casa  :  soffitta. 

Abbiatico  :  voce  usata  in  Lombardia  per 
dire  i  nepoti,  cioè  i  figli  dei  figli,  e  non 
dei  fratelli. 

Abbinare  :  mettere  insieme  due  cose  (dal 
numerale  distributivo  lat.  bini-ae-a  =  a 
due  a  due).  Voce  dell'uso  ma  general- 
mente non  registrata. 

Abbordaggio:  terni,  mar.,  l'accostarsi  a 
bordo  a  bordo  di  due  navi  per  combat- 
tersi. Arrembaggio  invece  è  dar  l'assalto 
alle  rombate  per  combattere  a  corpo  a  corpo. 
Collisione  è  l'urto  casuale,  più  o  meno 
violento,  ed  ha  significato  pari  ad  inve- 
stimento., se  non  che  questo  può  essere 
volontario,  o  per  offendere  una  nave  ne- 
mica 0  per  salvare  da  male  maggiore  il 
naviglio  spingendolo  nelle  secche  o  nella 
spiaggia.  Il  Petrocchi  spiega  alquanto  li- 
beramente :  abbordaggio  =  l'urto  di  due 
navi.  Arrembaggio  =  dar  l'assalto  a  un 
bastimento  dopo  averlo  abbandonato. 

Abbordare:  è  la  versione  del  francese 
aborder.  Y.  bordo.  I  dizionari  registrano 
questa  parola  nel  senso  marinaresco  :  nel 
senso  di  avvicinare  qualcuno,  prendere 
di  sorpresa^  affrontare,  fermare  è  en- 
trata nella  lingua  soltanto  negli  ultimi 
anni,  del  secolo  XVII.  Ora  è  d'  uso  co- 
mune «  ma  specialmente  nel  senso  di  fer- 
mare uno  con  una  certa  risolutezza  a  fine 
di  parlare  con  lui»  (Carducci,  Antologia). 
I  puristi  la  riprendono  come  «  metafora 
sproporzionatissima  che  presenta  la  vera 
impronta  del  gallicismo  »  (Rigutinij.  Que- 
sto verbo  è  pur  usato  nella  locuzione  aò6or- 
dare  mi  argomento.  E  seguendo  la  stessa 
metafora,  dicesi  anche  persona  di  facile 
abbordo  per  persona  di  facile  accesso. 

Abbordo:  V.  Abbordare. 

Abbottonato  :  per  estensione  facile  e  le- 
pida del  vocabolo  così  si  dice  familiar- 
mente di  persona  chiusa,  riservata.,  ed  è 
modo  neologico  contrario  di  sbottonarsi  = 
aprirsi,  palesarsi. 

A  bien  revoir:  oppure  à  nous  revoir 
si  dice  talora  in  Italia  per  assumere  più 
fine  garbatezza  ovvero  per  celia;  ma  av- 
vertasi che  sono  storpiature  del  modo  fran- 


cese à  revoir,  o  meglio,  au  revoir,  au 
plaisir  de  vous  revoir.  Sarà  spiacevole  e 
incomodo  per  noi,  ma  è  il  fatto  che  i  Fran- 
cesi ci  tengono  moltissimo  alla  proprietà 
della  loro  lingua. 

Ab  ìmis  fundamentis  :  e  compiutamente 
instauratio  facienda  ab  imis  fundamen- 
tis, Leggesi  nell'introduzione  dell'  Opera 
Instaurano  magna  di  F.  Bacone  da  Ve- 
rulamio  (1561-1627)  e  più  esattamente: 
^at  scientiarum  et  artium,  atque  omnis 
humanaedùctrinae.,  in  universum  instau- 
ratio, a  debitis  excitata  fundamentis. 
Questo  motto  si  ripete  a  proposito  ed  a 
sproposito  per  dire  che  di  alcun  istituto, 
azione,  condotta  etc.  conviene  riformare 
rinnovando  sin  dalle  fondamenta. 

Ab  irato:  motto  latino:  con  animo 
irato.  Es.  «  Prese  questa  risoluzione  ab 
irato  »  cioè  non  lasciando  che,  con  la 
calma,  subentrasse  miglior  ragione. 

Abortire  :  nel  senso  figurato  di  non  riu- 
scire., andare  a  vuoto,  detto  d' impresa, 
progetto  0  simile,  è  sconcio  gallicismo 
(Rigutini).  Lo  registra  tuttavia  il  Petroc- 
chi in  tale  senso.  Nel  linguaggio  medico 
dicesi  abortito  di  alcun  male  quando  ne 
apparvero  i  sintomi  non  il  decorso. 

Ab  ovo:  dicesi  cominciare  ab  ovo  per 
dire  cominciar  dal  principio,  dalle  più  le- 
mote  origini.  Tale  locuzione  è  antichis- 
sima :  nec  gemino  bellum  Troianum  or- 
ditur  ab  ovo  (Orazio.  Art.  Poet.  147)  cioè  : 
non  cominciare  a  raccontar  la  storia  della 
guerra  di  Troia  {cominciando)  dal  doppio 
uovo  di  Leda.  La  quale  fu  fecondata  da 
Giove  sotto  forma  di  cigno,  onde  ella 
generò  due  uova  da  uno  dei  quali  usci- 
rono Castore  e  Polluce,  dall'altro  Elena  e 
Clitomnestra.  Arrivati  ad  Elena  ognuno 
può  andare  avanti  da  se  essendo  nota  L'i- 
storia. Come  ognun  vede,  se  il  motto  cher- 
cheX'  la  femme  è  francese  e  recente,  la 
cosa  risale  ai  più  remoti  tempi. 

Ab  ovo  usque  ad  mala:  dalle  uova 
alle  mele,  cioè  dall'antipasto  alle  frutta, 
cioè  dal  principio  alla  fine.  Sono  due  emi- 
stichi di  Orazio  {Satire,  I,  III,  6,  7)  di- 
venuti popolari.  Jii  cosa  nota  che  i  Ro- 
mani del  tempo  di  Orazio  solevano  dar 
principio  ai  loro  banchetti  dal  non  troppo 
IVO  cibo  delle  uova  sode. 


A  l'I 


A  ce 


Abracadabra:  i)arola  iiìistcriosa  della 
aiitiea  scienza  occulta,  formata  da  Abraxas 
0  Ahrasax^  termine  puramente  fonetico 
cui  i  cabalisti  attribuivano  virtù  medica  : 
incidevasi  sulle  pietre,  come  amuleto.  Oggi 
dicesi  Abracadabra  una  specie  di  indo- 
vinello 0  giuoco  di  parole. 

Abrégé:  sunto,  compendio.  Voce  fre- 
(juente,  e  cosi  pure  la  locuzione  en  abregé 
per  dire  a  sommi  capi.  Abrégé,  dal 
verbo  fr.  abréger  è  nel  suo  valore  etimo- 
logico uguale  alla  parola  breviario  {bre- 
riariimi),  che  per  noi  ha  specialmente 
senso  chiesastico. 

Absinthe  :  V assenzio,  il  noto  liquore 
verde  opale,  principe  degli  inebrianti  stu- 
pefacenti, fatto  coir  infuso  dell'  assenzio 
(àcpivdiov).  Si  suole  chiamare  alla  fran- 
cese forse  in  omaggio  all'abuso  che  ne 
fa  la  Francia,  ove  in  gergo  è  detto  verte 
(verde).  L'uso  dell'assenzio  in  Francia  ha 
creato  le  due  voci  absinthisme  ed  essen- 
cisme  nel  linguaggio  medico  per  indicare 
l'intossicazione  mercè  l'assenzio. 

Absit  (invidia)  injuria  verbo  :  lungi 
^sia  r offesa  dalla  parola  (Livio,  IX.  19). 
Motto  che  si  ripete  press'a  poco  nel  mede- 
simo  senso  con  cui  il  Petrarca  scrisse  : 

Io  parlo  per  ver  diro 
non  per  odio  d'altrui. 

Àbstine,  sùstine:  astienti.,  sostienti! 
cioè  sopporta  ;  motto  dell'antica  filosofìa 
stoica.  V.  Manuale  di  Epitteto. 

Abulia:  malattia  dello  spirito,  che  con- 
siste in  una  inerzia  e  impotenza  della  vo- 
lontà. Questo  neologismo  scientifico  è  tolto 
dal  greco  abulia,  formato  cioè  da  a  pri- 
vativo e  buie  -=.  volontà.,  consiglio. 

Abulico:  termine  medico,  da  abulia. 
\ .  questa  parola.  Dicesi  di  chi,  per  effetto 
di  malattia,  è  privo  della  forza  del  volere. 

Ab  uno  disce  omnes:  da  uno  conoscili 
tutti.  Così  Sinone  dice  in  Vergilio  (Eneide, 
lib.  II,  65,  6(3)  parlando  del  sacerdote 
greco  Calcante.  L'emistichio  per  esten- 
sioiK     li  ventò  proverbiale. 

Abusus  non  tollit  usus:  l'abuso  non  to- 
glie /'</.s(j,  cioè  l'abusare  di  alcuna  cosa 
non  vuol  dire  che  essa  sia  cattiva  o  dan- 
nosa: massima  dell'aiitioo  diritto. 

Abyssus  abyssum  invocat  :  Salmo  XLI. 
* .  fiasc   stupenda  e   biblica,    conformo  a 


verità  e  natura  :  «  il  male  chiama  il  male, 
la  colpa  vuole  altra  colpa,  l'abisso  ama 
l'abisso  ». 

Acagiù  :  o,  come  scrivesi  in  francese. 
acajou ;  grande  albero  dell'America  cen- 
trale (dal  Messico  all'  Honduras)  e  delle 
Antille.  Il  legno  che  se  ne  trae,  duro,  ve- 
nato e  di  colore  rosso  mattone  è  pregiato 
nei  lavori  di  ebanisteria.  II  nome  scien- 
tifico è  Swietenia  Mahagoni.,  onde  il  nome 
volgare  di  mògano  dato  al  legno. 

Acalefì  :  acalephac,  termine  zoologico. 
Costituiscono  il  gruppo  delle  grandi  me- 
duse ad  ombrello.,  animali  appartenenti  al 
tipo  dei  (?e/ew^era<«,  a  simmetria  raggiata. 
Hanno  corpo  gelatinoso  e  perchè  forniti 
di  organi  urticanti,  sono  anche  conosciuti 
col  nome  di  ortiche  di  mare. 

Accantonamento  :  V,  Accantonare. 

Accantonare:  ter.  militare,  dal  francese 
cantonner^  detto  degli  eserciti  i  quali  sono 
ricoverati,  durante  il  tempo  di  guerra  o 
di  manovre  nelle  borgate  o  nelle  città. 
Der.  accantonamento.  Accampamento  in- 
vece è  il  dimorare  in  aperta  campagna 
sotto  la  tenda.  Cantonner  fr.  è  da  canton 
=  cantone:  divisione  territoriale  francese. 

Accento:  l'accento  detto  tonico  tende 
a  cadere  sulla  penultima  sillaba  equili- 
brando, per  cosi  dire,  nelle  sue  parti  la 
parola  italiana.  Ora  questo  accento  nelle 
parole  piane  non  si  pone.  Ponesi  soltanto 
nelle  parole  tronche  come  virtii  (da  vir- 
tute)  pie  (da  piede)  può  (da  puote,  latino 
potcst)  etc,  e  sulle  parole  intere  dove  l'ac- 
cento cade  sull'ultima  sillaba  come  andò., 
salì.,  amò  etc.  Le  parole  sdrucciole,  re- 
lativamente poche,  cioè  quelle  che  hanno 
r  accento  sulla  terz'  ultima  sillaba,  sono 
pur  esse  scritte  senza  accento  come  ra- 
pido, celere^  se  non  in  quei  casi  ove  può 
nascere  confusione  di  senso,  come  prin- 
cìpi e  prìncipi,  la  quale  cosa  non  sempre 
si  fa  dagli  scrittori.  Ora  vi  è  un  numero 
non  trascurabile  di  pai'ole  dall'accento  er- 
rante, parole  che  alcuni  pronunciano  piane, 
altri  sdrucciole.  E  codesta  non  è  semplice 
questione  di  lingua  ma  di  convenienza  o 
di  dignità.  Lasciamo  stare  che  l'acconto 
è  l'anima  della  parola;  ma  certo  è  cosa 
assai  gravo  che  noi  non  sappiamo  e  non 
ci   accordiamo  sulla   ]M(inun(Ma   di   nìolto 


A  e  (3 


Ago 


nostre  parole.  Questo  fatto,  con  intenzione 
più  0  men  benigna,  ci  è  osservato  anche 
dagli  stranieri.  «  La  lingua   italiana?  — 
ho 'inteso   dire  —  ma  se   non   sapete  né 
meno  voi  come  si  pronunciano  le  parole  !  » 
Certo  la  cosa  è  difficile  per  varie  ragioni 
intrinseche,  e  perchè  l'etimologia  non  sem- 
pre è  un  aiuto  sicuro  (es.  in  latino  è  divido^ 
in  italiano  divìdo;  in  latino  è  destino^  in  ita- 
liano destino^  appunto  per  la  tendenza  no- 
stra, popolare,  all'accento   parossitono)  e 
perchè  non  v' è  accordo  nell'uso  delle  per- 
sone colte,  il  quale  potrebbe  essere  il  giu- 
dice più  autorevole.  Converrebbe  che  qual- 
che accademia,  dicastero,  scuola,  consesso 
(perchè  no  la  Dante  Alighieri?)  di  uomini 
autorevoli  troncasse  le  questioni  in  modo 
assoluto   e   stabilissero   essi  l'accento   di 
queste  parole.  Ma  prima  di  tutto  le  acca- 
demie e  i  ministeri  si  occupano  di  altro, 
inoltre  il  popolo  italiano  come  non  accetta 
volentieri  leggi  ed  autorità,  né  relativa  né 
assoluta  m  politica,  tanto  meno  le  accet- 
terebbe in  fatto  di  lingua,  dove  ognuno 
è  difensore  della  più  ampia  libertà   sino 
a  giungere  all'assurdo  logico  di  non  più 
intendersi.  Non  sarà  un  bel  carattere,  ma 
è  così.  Ma  v'è  anche  una  ragione   este- 
riore ed  è  questa  :  il  poco  amore  che  noi 
abbiamo  per  quel  fenomeno  massimo  ed 
assoluto  della  nazionalità  che  è  la  lingua. 
Scarso   o   artificioso  il  sentimento   nazio- 
nale, scarso  il  sentimento  di  rispetto  e  di 
conservazione  della  lingua  patria.    Ciò  è 
logico.  Logico  pure  è  tuttavia  il  confer- 
mare che  se  questo  amore   per  l'idioma 
natio  fosse  in  noi,  ognuno  si  studierebbe 
naturalmente,   spontaneamente   di   essere 
quanto  più  egli  può  puro  e  concorde  nella 
pronuncia  delle   parole,  evitando  almeno 
queir  errore   che   proviene  da   schietta  e 
cara  ignoranza.  Venendo  ad  esempi  ed  a 
casi  pratici,  osserviamo  come  i  nomi  sto- 
rici ed  i  nomi  propri  siano  sine  lege  va- 
gantes,   essi    che   pur  furono   oggetto   di 
tanti  studi.  Gli  intendenti  di  lingue  clas- 
siche   sanno    che    si     deve    dire    Eràto^ 
Nèmesi^    Prometeo^    Prosèrpina,    Afro- 
dite,   Agamènnoìie^    Atropo^    Diòsciiri, 
Èlleni,  Edipo,  etc.    Ma  molti   non   dotti 
dicono  erroneamente  Èrato,  Nemesi,  Pro- 
metèo, Proserpìna.    La  libertà,    inoltre, 


concessa  ai  poeti,  di  abbreviare  od  allun- 
gare le  sillabe  secondo  le  ragioni  metri- 
che, ha  contribuito  ad  aumentare  le  in- 
certezze anche  pei  nomi  dove  le  lingue 
classiche  ci  fornirebbero  norme  sicure  di 
pronuncia.  Incertezza  pure  grande  è  nei 
nomi  geografici,  anche  nostri  o  vicini.  Es. 
Friuli  e  Friidi,  Andalusia,  e  Andalusia. 
Se  poi  entriamo  nel  campo  dei  neologismi 
scientifici  (vocaboli  non  tutti  registrati, 
anche  nei  migliori  dizionari  moderni)  la 
confusione  è  al  colmo.  L'ostinazione  degli 
scienziati  presso  di  noi  nell'amare  certi 
suoni  è  pari  solo  all'incuria  che  essi  hanno 
dell'arte  della  parola,  né  pensano  che 
dal  rettamente,  elegantemente,  decoi'osa- 
mente  esporre  e  scrivere,  come  si  costuma 
in  Francia,  la  scienza  stessa  trarrebbe  in- 
cremento e  vantaggio.  Presso  di  noi  solo 
il  letterato,  il  poeta  hanno  dovere  di  bene 
scrivere.  Così  dunque  noi  abbiamo  flogòsi 
]^Bvflògosi,  cristallino  per  cristallino,  cir- 
cuito per  circùito,  azòto  ed  azoto,  mi- 
crobo e  mìcrobo,  anòfele  e  anofele,  èdèma 
ed  èdèma,  coccige  e  coccige,  batràce  e 
bàtrace,  etc.  Ricordo  un  dotto  scienziato 
che  in  una  sua  lettura  publica  voleva 
assolutamente  dire  xàffiro  e  non  zaffiro^ 
Non  valse  l'autorità  del  Carducci: 

K  di  xaffìro  i  fior  paiono 

ma  ci  volle  quella  di  Dante  per  indurlo 
alla  retta  pronuncia  : 

Dolce  color  d'orientai  xaffìro. 

Molte  volte  1'  errore  proviene  da  ostina- 
zione accoppiata  ad  ignoranza  e  ad  inve- 
terata abitudine  :  Testimone  invece  di  te- 
stimóne (voce  forense  di  Lombardia)  aratro 
invece  di  aratro.  Molte  volte  da  persistente 
influsso  dialettale,  specie  nell'Alta  Italia. 
Così  a  Milano  dicono  mollica  e  non  ne 
vogliono  sapere  di  mollica,  come  dicesi 
in  ogni  altra  parte  d' Italia,  utènsile  in 
luogo  di  utensile  (lat.  utensìlia).  Non  so 
bene  in  altre  parti  d'Italia,  ma  nelle  scuole 
di  Milano  dove  ho  alcuna  esperienza,  la 
incertezza  della  pronuncia  raggiunge  delle 
proporzioni  comiche.  Egli  è  però  vero  che 
talora  l'incertezza  si  origina  dal  dissidio 
tra  la  norma  data  dalla  etimologia  e  la 
forza  buona   dell'uso,    dai   criteri  e  dalle 


5     — 


A  ce 


abitudini  dei  singoli  eruditi  e  studiosi, 
dall'influsso  regionale.  Es.  èsile  ed  esìle^ 
regime  e  regime^  diruto  (nell'uso)  e  dì- 
ruto secondo  etimologia  (dìrutus).  (Es. 
le  mura  dìrute  di  Lodi  fuggono^  Carducci, 
su  l'Adda).  Aggiungi  le  parole  col  gruppo 
fonetico  br,  che  in  prosa  sono  per  lo  più 
sdrucciole,  in  poesia  possono  essere  fatte 
piane,  come  lùgubre  e  lugubre,  tenebre  e 
tenèbre,  pàlpebra  e  palpebra  etc.  Quale 
il  rimedio?  Faro  un  vocabolario  di  queste 
parole  ?  un  vocabolario  dentro  un  vocabo- 
lario ?  Ciò  è  un  assurdo.  E  anche  lo  po- 
tessi e  volessi,  donde  mi  verrebbe  l'au- 
torità per  fissare  cotesti  accenti?  A  me 
basta  avere  proposta,  come  viva  ed  evi- 
dente, la  difficoltà  della  questione  ed  il 
male.  Le  questioni  linguistiche  possono 
interessare  gli  studiosi  solo  quando  da 
prima  esse  interessano  la  nazione.  Se  no 
è  lavoro  vano  ed  accademico.  Cosi  io  credo. 
Certo  un  congresso  ed  un  voto  di  persone 
autorevoli,  seguito  ed  obbedito  da  giornali, 
libri,  tipografie,  scuole,  (per  quel  che  val- 
gono) scritte  publiche,  riviste  etc,  in  cui 
volonteroso  fosse  l'accordo  di  insistere  con 
l'accento  su  queste  parole  incerte,  riusci- 
rebbe molto  efficace  e  forse  contribuirebbe 
a  fissar  l'uso.  Ma  per  ottenere  cotesto  bi- 
sognerebbe prima  che  i  dotti  si  accordas- 
sero, e  poi  che  i  giornali  (come  quelli  che 
hanno  più  presa  nel  publico)  eseguissero 
ubbidienti.  Due  cose  del  pari  difficili.  Al- 
tro rimedio  sarebbe  quello  di  imitare  la 
giafia  spagnuola  (oh,  calunniata  Spagnai) 
la  quale  pone  l'accento  sulle  parole  non 
piane.  Tanto  per  concludere  giova  notare 
come  il  Petrocchi,  con  buon  successo  e 
buon  criterio,  nei  suoi  dizionari  adottò 
l'accento  per  tutte  le  parole  sdrucciole  o 
bisdrucciole.  Il  Polacco  presso  l'Hoepli  pu- 
blico un'edizione  della  Divina  Cotnrnedia, 
accontando  le  i)arole  dubbie  :  qualche  libro 
con  gli  accenti,  si  va  stampando.  Ma  an- 
che in  ciò  occorro  prudenza,  giacché  si 
ìischia  di  metter  1'  empiastro  dove  non 
<:'ò  il  male.  Che  bisogno,  ad  esempio,  il  si- 
gnor Corrado  Ricci  avea  di  metter  l'ac- 
cento sul  titolo  d'un  suo  volume  Rinà- 
scita. Chi  mai  avrebbe  letto  Rinascita? 
Capisco  che  sono  questioni  dove  è  facile 
ossero    colto    in    (lonti'addiziono,    dove   lo 


proposte  sono  varie  appunto  perchè  manca 
il  mezzo  vero  e  primo  :  l'amore  all'idioma 
natio,  che  dev'essere  sentito  dall'intera  na- 
zione e  non  solo  da  quei  pochi  (infelici!)  che 
fanno  onesta  professione  di  lettere.  Un  di- 
zionario di  pronuncia  delle  parole  incerte  è 
questo  :  Regola  per  la  pronuncia  della 
lingua  italiana  compilata  sulle  opere  dei 
piii  recenti  filologi  da  Alberto  Buscaino 
Campo.  Trapani,  Tip.  Modica -Romano, 
1875.  Esso  può  seiTire  anche  per  cono- 
scere come  vadano  d'accordo  fra  loro  i  vo- 
cabolaristi. 

Accessit:  3''  persona  del  passato  del 
verbo  latino  accedere  =:  avvicinarsi,  ap- 
pressarsi, dunque  si  avvicinò.  Voce  usata 
in  Francia  e  talvolta  anche  da  noi  nel 
linguaggio  scolastico  ed  accademico  per 
indicare  coloro  fra  i  candidati  che  sono 
promossi,  accostandosi  ai  primi,  ai  pre- 
miati. Press' a  poco  come  promozione. 

Acciaierìa:  neol.  per  indicare  i  grandi 
stabilimenti  metallurgici  ove  si  lavora  l'ac- 
ciaio. Es.:  L'acciaieria  di  Terni. 

Accidentato  :  come  agg.  di  terreno,  ine- 
guale, ondulato,  è  francesismo  manife- 
sto, assai  in  uso,  ma  anche  assai  brutto. 
Cfr.  Dante.  Purg.  VII,  70:  Fra  erto  e 
piano  era  un  sentiero  a  sghembo  e  Inf. 
IX,  115:  tutto  il  loco  varo. 

Acclimatare:  per  assuefare,  abituare  al 
clima  è  voce  riprovata  da'  puristi  come 
gallicismo:  acclimater  e  acclimatation.  La 
Crusca  ha  acclimare,  da  clima  italiano 
e  non  da  climat  fr.  Va  bene  !  Ma  tanta 
è  la  forza  dell'uso  nelle  parole  che  ben 
pochi,  io  penso,  usano  la  voce  buona.  11 
Petrocchi  accoglie  ambedue  le  voci.  Accli- 
matazione e  giardino  di  acclimatazione, 
dove  piante  esotiche  ed  animali  d'  altri 
paesi  vivono  e  si  propagano  mercè  aite  e 
cure  speciali.  Per  mio  conto  posso  notare 
come  in  vece  delle  due  voci  buone  si  va- 
dano introducendo  lo  parole  accUma- 
tixxare  e  acclimati xzax ione.  Se  i  pu- 
risti avessero  sugli  italiani  tanto  influsso 
quanto  i  due  suffissi  ixxare,  izxaxione,  la 
lingua  nostra  sarebbe  la  più  pura  del 
mondo. 

Acclimatazione:  V.  Acclimatare. 

Acclimatizzare:  V.  Acclimatare. 

Accomandante:  V.  Accomàudifu. 


Acc 


0     - 


Act 


Accomandatario  :  colui  che  riceve  in 
accomàndita  e  sotto  il  cui  nome  va  l'a- 
zienda commerciale  in  accomàndita.  V. 
Accomàndita. 

Accomàndita  (Società  in):  si  chiama 
quella  compagnia  o  società  commerciale 
nella  quale  ciascun  socio  non  è  obbligato 
verso  i  possibili  creditori  se  non  entro  i  li- 
miti di  una  pattuita  e  determinata  somma, 
ne  ha  ingerenza  nell'azienda.  Costoro  sono 
detti  aceomandanti^  laddove  accomanda- 
tario è  detto  colui  che  traffica,  ammini- 
stra, dà  il  nome  alla  ditta  e  risponde  con 
ogni  suo  avere.  Anonima  invece  è  la  So- 
cietà commerciale  che  va  e  fa  traffico  per 
azioni.  Il  direttore  di  tale  Società  può 
anche  essere  un  semplice  impiegato  o  ge- 
rente in  nome  degli  azionisti.  Yi  corri- 
sponde la  voce  inglese  litnited. 

Accomodamento:  nel  senso  faceto  che 
talora  si  usa,  specie  al  plurale,  cioè  di  tran- 
sizione^  accordo^  conciliazione^  patto ^ 
ricorda  la  voce  francese  accoìiimodement. 

Accumulatore:  qualunque  apparecchio 
il  quale  serva  ad  accumulare  energia,  cioè 
lavoro,  sotto  forma  o  meccanica,  o  termica, 
0  elettrica.  Il  sole,  ad  esempio,  sarebbe  il 
maggiore  degli  accumulatori  naturali. 

Acetilène:  nome  di  un  gas  illuminante, 
che  dà  una  luce  ottima,  viva,  fissa,  pro- 
dotto dalla  reazione  chimica  tra  il  car- 
buro di  calcio  e  l'acqua,  le  cui  proprietà 
furono  scoperte  recentemente.  Se  ne  fanno 
impianti  isolati  per  illuminazione,  di  as- 
sai pratico  uso.  Il  nome  è  stato  formato 
secondo  le  regole  della  chimica  organica. 
h' acetilene  fu  ottenuto  la  prima  volta  da 
Beiihelot,  il  chimico  francese  tuttora  vi- 
vente. 

A  che  :  invece  di  che  è  comune  nel  lin- 
guaggio degli  uffici  e  ricorda  Va  quoi  de' 
francesi.  Es.  Tutti  hanno  interesse  a  che 
sia  fatta  giustizia. 

Acqua  :  nel  linguaggio  marinaresco  è 
voce  usata  nelle  seguenti  locuzioni  :  fare 
acqua^  quando  1'  acqua  del  mare  penetra 
nella  stiva  attraverso  le  falle  :  gettare  in 
acqua  =  gettare  in  mare  :  specchio  d'ac- 
qua^ la  parte  di  mare  di  cui  si  ragiona: 
avere  o  non  avere  acqua^  quando  manca 
la  profondità  del  mare  necessaria  al  gal- 
leggiamento della  nave. 


Acquaforte:  nome  dato  a  certe  stampe 
0  incisioni  ottenute  mediante  lastre  pre- 
parate con  l'acido  azotico  =  acqua  forte. 

Acquafortista:  incisore  con  l'acquaforte. 

Acquaiòla:  così  in  Napoli  sono  chia- 
mate le  donne  che  agli  angoli  delle  vie 
vendono  acqua  e  bibite  di  cui  quivi  è 
grande  spaccio;  e  sanno  con  molta  arte, 
rame,  vasi,  cristalli,  limoni,  adornare  le 
loro  baracche. 

Acquàrium  :  lat.  e  neol.  usato  per  indi- 
care sì  una  méscita  di  bevande  come  quella 
vasca  ove  per  diletto  o  scienza  si  con- 
servano varie  famiglie  di  pesci. 

Acqua  vegeto-minerale:  o  di  Goulard, 
è  l'estratto  di  saturno,  ossia  il  sottacetato 
di  piombo  liquido,  diluito  nell'acqua.  Usasi 
in  medicina  per  contusioni,  lussazioni  leg- 
giere etc. 

Acquetta:  o  acqua  Tòfana  (reg.  anche 
nei  diz.  francesi)  o  acquetta  di  Napoli, 
0  di  Perugia,  o  manna  di  S.  Nicolò  da 
Bari.  Veleno  a  base  di  arsenico,  inven- 
tato da  una  donna  di  nome  Tòfana;  usato 
nel  secolo  XVII.  Anche  oggi  il  popolo  in 
molte  regioni  dice  dar  V acquetta  per  signi- 
ficare dare  il  veleno,  uccidere  con  veleno. 

Acquasantino:  voce  usata  nel  dialetto 
lombardo  invece  del  termine  buono  pila, 
piletta. 

Acrobatismo  :  uno  dei  tanti  asti-atti  in 
ismo  che  son  dell'uso  e  non  trovo  regi- 
strato. Acròbata  è  voce  derivata  dal  greco 
{acrobatèo  =  cammino  in  punta  di  piedi) 
ed  è  uguale  a  funarnbolo.  E  come  questi 
a  fatica  si  regge  sulla  corda,  cosi  per  tra- 
slato dicesi  di  chi  con  salti  e  sforzi  di 
logica,  manifesti  e  ridicoli,  si  studia  di 
coprire  e  mascherare  il  proprio  difetto  od 
errore.  Tale  estensione  di  senso  è  anche 
in  francese  e  di  qui  forse  a  noi  provenne. 

Acrotèrio  :  dal  greco  akrotèrion  =  som- 
mità, cima,  punta.  Ta  akotèria  tes  Nikes 
=  Le  ali  della  Vittoria.  È  termine  archi- 
tettonico ed  indica  il  piedestallo  in  alto 
di  un  frontonCj  destinato  a  reggere  orna- 
menti 0  statue. 

Acta:  lett.  dal  latino  le  cose  fatte.,  gli 
atti.  Cfr.  Acta  apostolorum,  Acta  diurna 
urbis^  diario  o  giornale  che  si  publicava 
in  Roma  antica,  Acta  sanctorum.,  le  no- 
tizie sulle  gesta   dei   santi,  etc.    Oggi   a 


A  et 


Ado 


questa  voeo  acta  è  connesso  non  so  quale 
concetto  di  solennità  per  indicare  le  cose 
operate  e  registrate  da  qualche  istituto, 
accademia,  consiglio  etc. 

Actum  agere:  motto  latino  che  significa 
far  cosa  già  fatta,  ripetere  un' axione 
inutiimeìite. 

Ad  calendas  graecas:  e  italianamente 
alle  calendc  greche,  cioè  ynai.  La  ragione 
del  motto  sta  in  ciò  che  nel  calendario 
romano  le  calende  indicano  il  1°  del  mese: 
presso  i  greci  invece  non  vi  erano  calende, 
dunque  un  giorno  che  mai  non  viene.  Il 
motto  da  Svetonio  è  riferito  ad  Augusto 
per  coloro  che  mai  non  mantengono  le 
t)romcsso  fatte. 

Addobbi  :  voce  che  nel  dialetto  bolo- 
gnese acquista  speciale  significato,  cioè 
di  una  solennità  religiosa,  edilizia  ed  ige- 
nica  in  pari  tempo.  Essa  consiste  nella 
costumanza  antichissima  di  ripulire,  in- 
tonacare, abbellire  poi  con  addobbi,  tutte 
le  vie  di  una  o  piìi  parecchie  della  città, 
ogni  anno  per  modo  che  in  dieci  anni 
tutta  la  città  si  rinnovi.  Ciò  avviene  sul 
far  dell'estate  al  tempo  che  la  Madonna 
di  S.  Luca  è  portata  nel  Tempio  della 
città.  Da  questa  ottima  costumanza  pro- 
viene l'aspetto  decoroso  e  lindo  che  offre 
la  fosca,  turrita  Bologna. 

Addugliare  o  dugliare:  terni,  mar.  rac- 
cogliere un  cavo  su  di  se  stesso  a  colli 
tondi,  detti  duglie. 

Adelante,  Fedro,  con  juicio:  così  nei 
Promessi  Sposi  (Gap.  XIII)  il  Cancelliere 
Ferrer  parla  spagnuolo  al  suo  cocchiere  in 
quella  folla  e  in  quel  trambusto  :  «  Va  in- 
nanzi. Pietro,  con  giudizio!»  Il  motto 
fece  fortuna  e  gli  si  dà  un  po'  lo  stesso 
significato  del  festina  lente  dei  latini  ;  «  Va 
innanzi  con  cautela  ;  fa  in  fretta,  ma  senza 
sbagliare»,  non  però  senza  intenzione  di 
lepore.  «  Andate  adagio  perchè  ho  fretta  » 
così  i  Gesuiti  ai  loro  allievi  nello  scrivere 
0  lavorare  etc. 

Adenite:  termine  medico  :  tumore  e  in- 
fiammazione delle  glandolo  linfatiche,  vol- 
garinento  dotto  bubbone. 

Adepto:  dicosi  di  persona  devota  ed 
iniziata  ai  culti  di  una  setta  filosofica  o 
politica.  In  francese  adepte,  dal  hitino 
adeptus    -  acquistato. 


Ad  gloriam:  più  comunemente  per  la 
gloria;  detto  di  chi  lavora  senza  guada- 
gnare. I  letterati  in  Italia,  per  esempio. 
Dicesi  anche  francesemente  lavorare  pour 
le  roi  de  Prusse  e  in  dialetto  lombardo  : 
per  la  chiesa  di  Vaprio. 

Ad  hoc:  lat.,  che  letteralmente  vuol  dire 
a  ciò.  Dicesi  di  cosa  fatta  con  intento  e 
modo  speciale,  conveniente  ad  un  fine. 

Ad  hominem:  nella  locuzione  argomento 
ad  hominem,  cioè  che  riguarda  esclusi- 
vamente la  condizione  della  persona  alla 
quale  0  della  quale  si  parla. 

Adhuc  sub  judice  lis  est:  di  questioni 
0  problemi  di  soluzione  difficile  o  non  ri- 
solvibili per  loro  natura  si  suole  ripetere 
questo  motto  che  Orazio  {De  arte  poetica, 
78)  ripeteva  a  proposito  dei  primi  inven- 
tori del  metro  elegiaco  di  cui  disputavano 
allora  i  grammatici  :  «  la  lite  è  ancora 
sotto  il  giudice». 

Adieu:  V.  Au  revoir. 

Adieu  paniers,  vendage  estfait:  locu- 
zione proverbiale  francese  per  indicare  che 
qualcosa  è  finita  né  ci  si  torna  più  sopra. 
In  Romagna  pur  nello  stesso  senso  di- 
cono :  addio  fichi! 

Ad  impossibilia  nemo  tenetur:  lett.  nes- 
suno è  temilo  (a  fare)  le  cose  impossibili. 
Dicesi  quando  alcuno  non  può  fare  per 
forza  maggiore  alcuna  cosa.  Proverbio 
con  cui  talora  si  adonesta  il  malvolere. 

A  divinis  (sospeso)  :  cioè  dal  celebrare 
la  messa  e  gli  altri  uffici  divini  :  puni- 
zione che  la  Chiesa  infligge  ai  sacerdoti 
che  se  ne  sono  resi  indegni. 

Ad  latus:  (lat.  al  fianco)  qualifica  di  ge- 
nerali (in  Austria),  legati,  diplomatici  etc, 
aggiunti  per  aiuto,  consiglio,  onore  ad  una 
suprema  autorità. 

Ad  multos  annosi:  jDer  molti  anni.  For- 
mula augurale  latina,  sovente  ripetuta 
come  clausola  per  anniversari,  celebra- 
zioni, etc. 

Adorare:  l'iperbole,  cioè  a  diro  l'esa- 
gerazione nell'aggettivo  e  nel  verbo,  cho 
è  cosa  naturale  e  conformo  alla  lingua 
francese,  è  stata  trasportata  nell'  italiano 
dai  nostri  eleganti.  Comune  cosa  è  sentir 
diro  da  roseo  labbra  :  «  Io  adoro  le  fra- 
gole, io  adoro  i  tartufi  :  vado  follo  per 
gli  asparagi,  otc.  ».  Paro  a  costoro  che  la 


Adi' 


Aff 


frase  perderebbe  di  efficacia  se  si  dicesse 
naturalmente  :  «  A  me  piacciono  le  fra- 
gole^ io  sono  ghiotta  dei  tartufi,  etc.  ». 
Orribile  (Jiorrible)  enorme  {enorme)  formi- 
dabile, spaventoso  {épowventable,  effroya- 
ble)  deplorevole,  atroce,  dirai  e  udrai  dire 
garbatamente  per  coso  di  poco  conto.  Cosi 
non  dirai  :  «  ho  molta  fame  »,  ma  dirai  «  ho 
un  appetito  formidabile»,  non  dirai  «è 
uno  sbaglio»,  ma  «  è  una  follia».  Così 
si  snatura  anche  l'indole  di  un  linguaggio. 

Ad  referendum  :  formula  latina  :  Gol  ri- 
ferire^ col  rap'portare  il  giudizio  dei  sin- 
goli ;  ed  è  un  nuovo  istituto  politico  della 
Svizzera,  per  il  quale,  in  alcune  contro- 
verse e  dubbie  questioni,  amministrative, 
economiche,  edilizie  etc,  si  interroga  il 
popolo  mediante  voto.  Ottima  istituzione 
democratica  purché  sinceramente  appli- 
cata, fra  popoli  civili,  maturi  alla  libertà 
e  capaci  di  ragionare  col  proprio  cervello. 

Ad  resse  :  fr.  per  indirizzo,  recapito  : 
rara,  ma  si  incontra. 

Ad  unguem:  lat.  perfettamente^  eom.- 
piutamente,  modo  avverbiale  che  gli  an- 
tichi tolsero  dagli  scultori,  i  quali  all'ul- 
timo provavano  con  l'unghia  la  pulitura 
del  loro  lavoro. 

Ad  usum  Delphini:  attributo  e  motto 
di  una  serie  di  edizioni  classiche  francesi 
al  tempo  di  Luigi  XIV,  affinchè  essendo 
espurgate  di  ogni  audacia  od  espressione 
naturalista,  fossero  acconce  alla  lettura  del 
Delfino  (Principe).  Dicesi ,  talvolta  per 
isprezzo,  di  libri  castrati  o  potati  o  di 
cose  accomodate  all'uso  e  perciò  privi  del 
loj'o  vigore  e  significato  vero. 

Aedi:  dal  gr.  àÒcj  acanto,  celebro:  i 
cantori  della  età  eroica  presso  i  Greci. 

Aérage:  voce  francese,  tradotta  in  ae- 
r aggio  invece  di  aerazione:  indica  l'atto 
e  l'arte  di  dare  l'aria  ad  un  luogo  chiuso, 
un  naviglio,  un  cunicolo,  una  stanza,  etc. 

Aeraggio:  V.  Aérage. 

Aereonave:  nave  aerea^  neol.  frequente 
di  questi  tempi,  in  cui  e  per  diletto  e  per 
scienza,  si  studia  con  sì  ostinata  passione 
la  navigazione  aerea. 

Aereoplàno  :  neol.  :  macchine  per  ele- 
varsi neir  aria  imitando  il  concetto  del 
volo  deiruccello,  cioè  dell'ala,  cioè  senza 
aiuto  del  corpo  leggero  o  pallone. 


Aesthetic  style:  V.  Floreale. 

Afasìa  :  voce  medica  {gv.  à(paoia)  che 
significa  il  difetto  o  la  perdita  della  pa- 
rola, generalmente  per  qualche  lesione  o 
malattia  del  cervello.  Indica  cioè  l' impos- 
sibilità di  tradurre  il  ])ensiero  con  parole, 
benché  integra  rimanga  la  funzione  della 
lingua  e  della  laringe.  Indica  anche  il  di- 
fetto di  adattare  le  parole  all'  idea. 

Affaire:  per  diversi  anni  noi  fummo  tor- 
mentati dal  processo  o  «  questione  »  Drey- 
fus  :  un  capitano  ebreo  dell'esercito  fran- 
cese che  (salvo  il  delitto  di  avere  invo- 
lontariamente col  suo  nome  ossessionato 
mezzo  genere  umano)  era,  o  almeno  tutto 
induce  a  credere,  innocente  del  grave  de- 
litto incolpatogli  di  tradimento.  Tale  pro- 
cesso, che  si  trascinò  eterno,  sollevando 
nobili  sensi  e  odiosa  retorica  di  partito, 
fu  in  Francia  per  antonomasia  denominato 
L'affaire.  Tale  voce  noi  accettammo  e 
rimase,  applicandosi  anche  a  fatti  italiani 
di  natura  consimile  a  quello  che  turbò  la 
Francia.  Es  :  «  Il  Eoma  di  Napoli  reca  al- 
cuni dispacci  del  suo  corrispondente  pa- 
lermitano sull'intricato  e  misterioso  af- 
faire »,  etc. 

Affarismo:  Y.  Affarista. 

Affarista:  non  bella  né  la  voce  né  la 
cosa.  Ma  come  condannarla  se  è  sulle 
bocche  di  tutti  ?  Corto  essa  toglie  dall'uso 
vivo  le  due  efficaci  e  pure  parole  nostre: 
faccendiere  e  'procacciante,  ma  che  farciV 
Non  è  certo  il  caso  di  asserire  che  man- 
casse la  cosa  e  quindi  il  nome  in  italiano  I 
Anzi  il  Fanfani  vi  aggiunge  cavalocchio 
e  mozzorecchi  che  saranno  espressive, 
ma  da  lasciarsi  a  chi  vuole  toscaneggiare. 
«  Affarismo  e  affarista  sono  parole  for- 
mate da  poco  tempo  in  qua  e  pur  tropi)0 
necessarie  »  (Eigutini). 

MUche:  affìsso,  foglio,  cartellone,  mani- 
festo che  ponesi  alle  cantonate.  Tanto  af- 
fiche  come  affisso  provengono  dalla  voce 
latina  adfixus  [fisso].  Ma  la  parola  fran- 
cese è  specialmente  adoperata  per  indicare 
quei  cartelloni  con  speciale  e  nuova  arte 
disegnati,  a  colori  vivi  e  pochi,  a  linee 
audaci  e  bizzare  così  da  fermare  l'atten- 
zione dei  viandanti  e  costringerli  a  leg- 
gere il  richiamo  che  vi  si  contiene.  È 
l'arte  applicata  al  commercio,  Tiziano  che 


Aff 


—     9     — 


Agg 


niuta  il  droghiere  e  serve  allo  spaccio. 
A  molti  questa  nuova  arte  i)iace  assai. 
All'  estero  trionfa.  E  questione  di  gusto 
e  di  buon  gusto.  V.  Liberty. 

Affittacamere:  neol.,  chi  appigiona  ca- 
mere por  mestiere.  Termine  di  solito  spre- 
giativo. 

Affrescare  :  dipingere  a  fresco,  cioè  sul- 
l'intonaco fresco  e  preparato  all'uopo:  ma- 
niera in  grande  onore  nell'arte  nostra  an- 
tica. Per  essa  le  pitture  murali  poterono 
resistere  alle  devastazioni  degli  uomini  e 
del  tempo  :  arte  però  costosa  e  difficilis- 
sima giacché  richiede  tecnica  e  sicurezza 
i-are,  non  vedendosi  l'effetto  dei  colori  che 
dopo,  cioè  quando  il  muro  è  asciutto. 

Affusto:  supporto  e  carro  del  cannone: 
fr.  afftìf. 

Agacé  :  irritato,  provocato,  stuzzicato. 
Part.  del  verbo  fr.  agacer. 

Agenda:  voce  francese,  dal  latino  agenda 
n,  p.  zzz  cose  da  farsi.  Indica  quel  tac- 
cuino ove  si  notano  giorno  per  giorno  le 
cose  da  farsi.  Anche  questa  voce  è  nel- 
l'uso del  linguaggio  commerciale.  V.  No- 
tes, V.  Carnet.  11  sig.  Darchini  in  un  suo 
nuovo  di%.  francese  e  italiano  (A.  Val- 
lardi,  Milano  1903)  traduce  senz'  altro 
agenda  per  agenda. 

Age  quod  agis:  motto  della  sapienza 
latina  e  significa  fa  quel  che  fai  cioè, 
attendendo  ad  una  cosa,  non  occuparti 
se  non  di  quella. 

Aggettivazione  :  neol.  usato  per  indi- 
care l'arte  e  la  facoltà  dell'  aggettivare, 
cioè  dell'  apporre  aggettivi.  Aggettivi  e 
nuove  metafore  sono  le  impronte  di  quella 
nuova  scuola  -  prosa  e  poesia  -  che  oggi 
è  in  molto  onore.  Gli  antichi  (Cfr.  Dante, 
Era  già  l'ora  che  volge  il  desio)  dai  fe- 
nomeni naturali  sentivano  nascere  spe- 
cialmente idee  e  sentimenti,  non  colori, 
cioè  non  aggettivi  come  «  i  volgari  de- 
scrittori moderni».  (D'Ancona:  /r'^Vor^* 
ed  effetti,  Treves,  pag.  42).  11  Carducci 
in  un  suo  Hcvìtto  { Mosche  cocchiere)  par- 
lando di  una  rinnovata  prosa  italiana  dice 
che  «  non  si  potrebbe  Jid  ogni  modo  ri- 
farò con  i  musaici  dogli  astratti  e  delle 
metafore»,  e,  i-agionando  nella  scuola, 
gli  uscirono  di  Imcca  questo  meravigliose 
ipoiboli  0  irruenti  parole  vivo:   «(ibi  po- 


tendo dire  una  cosa  in  dieci  parole  la  dice 
in  venti,  lo  credo  uomo  capace  di  male 
azioni  »,  e  ancora:  «noi  stemperiamo  tutta 
in  biacca  la  porca  anima  nostra»  (Vedi 
Omaggio  della  lUvista  d' Italia  a  Qiosue 
Carducci,  Maggio  MCMI,  ])ag.  93  e  90). 
Molti  altri  valentuomini  la  pensano  come 
questi  due  grandi  ;  ma  1'  aggettivo,  la 
biacca,  la  retorica  e  il  musaico  trionfano 
più  che  mai.  Difetto,  a  nostro  avviso,  di 
sincerità  nell'arte!  Tra  il  nuovo  stile  delle 
arti  decorative  (V.  Liberty)  e  la  nuova 
prosa  e  poesia  esiste  alcun  nesso  mani- 
festo. Ad  ogni  modo  se  anche,  non  una 
])arte  di  ragione,  ma  tutta  la  ragione  fosse 
in  questo  nostro  giudizio,  esso  non  appro- 
derebbe a  nulla,  giacché  a  nulla  vale  il 
contrariare  le  inclinazioni  di  una  età  :  esse 
sono  tali  perchè  conviene  che  così  siano. 

Agibilità:  questa  parola  di  conio  nuovo 
0,  per  dir  meglio,  una  delle  tante  di  for- 
mazione abusiva,  la  trovo  in  un  docu- 
mento che  non  dovrebbe  essere  errato: 
le  lettere,  cioè,  con  cui  il  ministro  di  Sua 
Maestà  il  Re  sottoscrive  alcune  azioni  in 
favore  del  teatro  alla  Scala.  Questa  pa- 
rola agibilità  infiora  il  seguente  periodo, 
privo  affatto  di  agilità:  «Roma  li  27 
aprile  1902.  -  Sua  Maestà  il  Re,  al  quale 
ebbi  l'onore  di  riferire  l'oggetto  della  let- 
tera a  me  diretta  dal  Comitato  «Pro-Scala  » , 
ha  degnamente  apprezzato  gli  artistici  in- 
tendimenti a  cui  si  ispira  l'iniziativa  presa 
dalle  pili  cospicue  individualità  di  codesta 
città  onde  assicurare  V  agibilità  del  detto 
teatro  ».  Con  tutto  l'ossequio  alle  istitu- 
zioni presenti  non  posso  obliare  che  i  si- 
gnori e  le  republiche  nostre  del  '400  e 
del  '500  italiano  avevano  dei  ministri  o 
segretari  che  sapevano  scrivere  assai  piii 
elegantemente.  Eppure  in  quei  secoli  l'e- 
stetica non  era  un  cànone  della  vita  come 
è  oggi! 

Aggio  da  agio  :  parola  italiana  del  lin- 
guaggio commerciale,  usata  anche  all'e- 
stero (fr.  agio)  :/  si)e<mlazione  sul  corso 
dei  valori  publici,  differenza  nel  cambio 
della  moneta.  Da  agio  i  francesi  devono 
aver  dedotto  lo  parole  agiotage  (ti'affico, 
speculazione,  giuoco  sulle  difterenzo  dei 
corsi  di  Horsa:  arto  di  alterare  artiUoial- 
mento  e  con  lino  disonesto  il  valore  dello 


^gK 


10     - 


Ahu 


carte  publiche  o  delle  merci  di  gran  con- 
sumo) e  agioteur  :  onde  le  nostre  parole 
aggiotaggio,  aggiotatore. 

Àggio  :  è  notevole  l'abuso  che  si  fa  di 
questo  suffisso  che  ricorda  il  suffisso  age 
de'  francesi,  onde  molte  parole  come  me- 
traggio, arbitraggio,  viraggio,  drenaggio., 
bendaggio  etc.  Aggio,  ismo.,  ale.,  i^^a- 
xione  sono  i  suffissi  dominanti,  si  per 
effetto  del  nuovo  bisogno  di  astrarre,  sì 
per  effetto  delle  lingue  straniere. 

Aggio  mangnato:  (ho  mangiato)  risposta 
tipica  dell'  indolenza,  imprevidenza  e 
noncuranza  del  làzzaro  napoletano  che, 
richiesto  di  servizio,  rifiuta  non  avendo 
bisogno  di  alcun  altro  guadagno  in  quel 
di,  avendo  egli  mangiato.  La  triste  frase 
deve  ritenersi  come  leggenda. 

Aggiornare:  voce  usata  bene  nel  senso  di 
fissare  il  giorno  {dicere  diem).  Nel  senso 
di  differire  è  riprovata  dai  puristi.  Certo 
è  dell'uso  e  la  registra  la  Crusca,  il  Pe- 
trocchi, etc.  fr.  ajourner. 

Aggiudicatario:  termine  giuridico:  in- 
dica la  persona  la  quale  per  effetto  di 
aggiudicazione  è  dichiarata  proprietaria 
di  cosa  alcuna  venduta  all'  incanto,  per 
aver  offerto  il  maggior  prezzo.  L'aggiu- 
dicazione può  avere  per  oggetto  anche 
una  concessione  o  un  appalto  e  in  questo 
caso  è  aggiudicatario  colui  che  ha  fatto 
l'offerta  minore. 

Aggiotaggio:  V.  Aggio. 

Aggiotatore:  V.  Aggio. 

A  giorno  (illuminare):  questa  locuzione 
italiana,  anzi  italianissima  tanto  che  essa 
é  una  delle  poche  parole  nostre  penetrate 
all'estero  (A  giorno  in  francese  z:z  éclai- 
rer  a  giorno,  conime  au  grand  jour)  dal 
Fanfani  è  riprovata  o  almeno  accettata  a 
denti  stretti.  Yi  antepone  locuzioni  simili: 
sfarzosamente.,  splendidamente  illiwii- 
nato^  oppure  :  al  Pagliano  ci  si  vedeva 
come  se  fosse  giorno.  Bell'esempio  del 
come  e  dove  possa  arrivare  la  pedante- 
ria !  A  giorno  è  locuzione  usatissima  in- 
vece di  traforato.  Es.  un  fazzoletto  con 
Vorlo  a  giorno,  il  che  ricorda  il  francese 
à  jour.,  percé  à  jour  ==  de  part  en  pari. 

AgnosGO  veteris  vestigia  flammae: 

conosco  i  segni  dell'antica  fiamma. 

Cosi  Dido  ad  Anna,  confidando  il   nuovo 


amore  per  Enea  per  cui  divampa  il  cuore 
che  si  credea  chiuso  e  consacrato  alla 
memoria  del  doppiamente  infelice  Sicheo. 
(Yergilio,  Eneide,  IV,  23).  Dicesi  ora  per 
motto  e  con  forza  di  intercalare. 

Agnosticismo:  dal  greco  a  =::  negativo 
e  gignòsco  =  conosco,  cioè  quella  dot- 
trina filosofica  che  non  sa.,  cioè  che  vuole 
attenersi  soltanto  allo  scibile,  a  ciò  che 
si  sa  senza  oltrepassare  con  presupposti 
i  limiti  della  scienza.  Press'a  poco  come 
positivismo.  (L'Agnostico  appunto  perchè 
ha  rinunciato  di  pronunciarsi  su  ciò  che 
oltrepassa  i  confini  dell'esperienza,  non 
può  a  rigor  di  logica  negare  la  possibilità 
di  un'anima  eterna). 

Agorafobia:  una  delle  tante  fobie  del 
linguaggio  medico,  dal  greco  agorà  zzz 
piazza,  foro,  mercato,  assemblea  e  fobia  = 
paura,  avversione.  Con  questo  nuovo  vo- 
cabolo i  medici  alienisti  chiamano  quella 
specie  di  malattia  nervosa,  se  malattia  si 
può  chiamare,  per  la  quale  si  prova  una 
specie  di  avversione,  paura,  turbamento, 
squilibrio  nel  traversare  grandi  spazi  e 
nel  trovarsi  in  mezzo  a  gran  moltitudine. 

Agrari  :  nome  dato  ai  partigiani  del  par- 
tito Prussiano  protezionista,  a  base  di  ta- 
riffe, dalla  produzione  del  suolo.  Partito 
presentemente  conservatore  con  lieve  tinta 
confessionale  (protestanti),  militarista,  feu- 
dale. È  formato  dai  grandi  proprietari  e 
si  contrappone  al  partito  degli  industriali 
e  dei  socialisti.  Dal  tedesco  Agrarien, 
lat.  ager  rr:  campo. 

Agremà  e  Agremani:  dal  francese  agré- 
ment  (radice  gre  lat.  gratum.,  it.  grato., 
grado)  che  indica  tutto  ciò  che  è  grade- 
vole, piacevole.  Es.  livre  plein  d'agré- 
ment.  Quindi  per  estensione  ornamento 
del  vestire.  In  it.  guarnizione,  passa- 
mano. 

Agrément:  V.  Agremà. 

Ahimè,  povero  Yoricic!:  esclamazione  di 
Amleto  quando  scopre  nel  cimitero  il  te- 
schio del  buffone  Yorick  (J.w^e^o  V,  1).  Il 
motto  ha  valore  di  intercalare  pur  fra 
di  noi. 

À  iiuit  ressorts:  nel  linguaggio  mondano 
e  giornalistico  invece  di  con  o  di  otto 
molle.,  detto  francesemente  di  certe  vetture 
signorili,  le  quali  oltre  che  alle   quattro 


Ai^ 


—     li     — 


Alb 


mollo  comuni  d'acciaio,  sono  sospese  ad 
altre  quattro  cinghio  di  cuoio. 

Ài:  per  hai  V.  Avere. 

Aigrette:  voce  francese,  ed  indica  quel 
«ciulfetto»  che  alcuni  uccelli,  pavone, 
gufo,  airone,  portano  sul  capo.  Per  ana- 
logia è  così  chiamato  quel  pennacchio  di 
sottili  e  gemmate  piume,  che  s'eleva  ri- 
gido sul  cappello  delle  signore.  L'uso  di 
tal  moda  risale  in  Francia  ai  tempi  di 
Enrico  II  e  durò,  salvo  rare  interruzioni, 
sino  a'  dì  nostri.  È  voce  comune  anche 
da  noi.  In  italiano  ho  intoso  da  qualche 
crestaia  o  cutRaia  dire  «  fantasia  »  ne  si 
potrebbe  dir  meglio  giacche  «  fantasia  » 
nella  nostra  lingua  indica  tutto  ciò  che  è 
prodotto  singolare  e  strano  della  natura 
0  dell'arte:  «Porta  denari  assai  per  spen- 
derli in  queste  fantasie  della  Cina,  Le 
madreperle  e  le  altre  fantasie  del  mare  » 
[Manuzzi,  Dix.'].  L'etimologia  di  aigrette 
è  diminutivo  di  aigre  lat.  aeer  :::"-  acuto. 

Ainé:  fem.  ainée  da  ams  e  ?*é  =  nato 
avanti,  cioè  maggiore.,  primogenito.,  ov- 
vero antico,  vecchio^  contrapposto  a  no- 
vello come  diceasi  nel  buon  tempo  della 
lingua  nostra.  Parlandosi  di  personaggi 
francesi  noi  si  usa  spesso  la  voce  fran- 
cese ainé.  Es.   Goquelin  ainé. 

Non  son  l'antico,  ma  da  lui  discesi 
A'  miei  portai  l'amor  che  qui  raffina. 

Dante,  Purg.,  Vili. 

Alse  :  nella  frase  essere^  trovarsi  à  son 
aise  è  frequente.  Etre  à  son  aise,  in 
francese,  significa  essere  libero  ne'  movi- 
menti, sentirsi  «  a  giuoco  »  come  scrive 
Dante  {Inf.  XVII,  103)  poi  nel  senso  mo- 
rale trovarsi  bene  essere  a  posto,  come 
dicono  a  Milano.  Aise  indica  general- 
mente soddisfazione,  diletto,  per  il  pos- 
sesso 0  la  presenza  di  cosa  desiderata. 
Così  Dante:  Le  donne  e  i  cavalier,  gli 
affanni  e  gli  agi  {Purg.  XIV,  109).  Noi 
potremmo  adoperare  le  nostre  locuzioni  ita- 
liano «  stare  ad  agio,  a  buon  agio,  essere 
a  bell'agio,  a  disagio  »  etc.  ma  in  vece 
di  rinnovare  questi  modi  nostrani,  si  usa 
taloi'a  il  modo  francese. 

A  la  etc.  :  molte  locuzioni  che  così  in- 
conìinciano,  sono  registrato  sotto  il  nome 
che  segue  o  si  cerca. 

A  la  belle  étoile:  dormire  o  albergare 


à  la  belle  étoile  è  arguto  modo  francese 
per  dire  dormire  all'aperto  o  sub  Divo  o 
sub  love  come  dissero  i  latini  [Manet  sub 
Jove  frigido  venator.  Hor.  Odi].  Noi  avrem- 
mo il  verbo  serenare  che  è  assai  bello,  ma 
anzi  tutto  è  riportato  come  proprio  del  lin- 
guaggio militare,  poi  è  troppo  letterario 
e  disusato,  quindi  poco  sarebbe  inteso,  né 
contiene  il  senso  arguto  del  motto  francese. 

À  la  cravache  :  nel  linguaggio  delle 
corse  dicono  francesemenì;e  mettere  il  ca- 
vallo à  la  cravache  (frusta  corta  del  ca- 
vallerizzo) per  eccitarlo  all'ultimo  sforzo. 

À  la  guerre  comme  à  la  guerre  :  bel 
modo  francese  che  per  quel  loro  largo 
senso  di  iperbole,  essi  sanno  usare  gar- 
batamente per  dire  che  in  certe  occasioni 
conviene  adattarsi  e  sopportare  qualche 
privazione.  Tale  locuzione  è  spesso  da  noi 
scimiottata.  Essere  in  ballo  è  modo  nostro 
che  in  parte  vi  corrisponde. 

À  la  lanterne:  V.  Lanterne. 

Alali:  V.  Halalì. 

À  la  mer  (un  homme)  :  è  propriamente 
grido  di  chi  a  bordo  si  accorge  nel  corso 
della  nave  che  uno  è  caduto  in  mare,  si- 
tuazione terribile,  specie  di  notte,  con  la 
nebbia  e  il  mar  grosso.  Per  traslato  di- 
cesi di  persona  in  pericolo  grande,  abban- 
donata a  se  e  con  scarsa  speranza  d'aiuto. 
Così  uno  dei  più  dotti  e  pili  fini  giornalisti 
d'Italia  esclama,  parlando  di  non  so  quale 
uomo  politico  :  Altro  uomo  à  la  mere,  {sic .') 
Nota  però,  o  savio  lettore,  che  gli  uomini 
politici  di  rado  sono  proprio  perduti.  La 
smemoratezza  italica,  d'  accordo  con  la 
dea  Indifferenza,  li  salva  e  li  rimette  a 
nuovo.  V.  Salvataggio. 

Alare  :  in  marina  significa  tirare  un 
oggetto  mercè  un  cavo.  Così  nell'arte  mi- 
litare alare  un  barcone  tirarlo  per  forza 
d'uomini  mercè  una  corda.  Derivato  A~ 
laggio. 

À  la  suite:  lett.  al  seguito.,  locuzione 
francese  molto  in  uso  come  attributo  di 
chi  è  adetto  a  far  seguito  d'onore  a  qual- 
che persona  qualificata  e  di  alto  grado 
nella  milizia  e  nella  diplomazia.  Locuzione 
comune  anche  in  tedesco. 

Albana:  vitigno  e  vino  romagnolo,  di 
aroma  caratteristico,  ahiuanto  dolco:  di 
uso  locale.  E  vitio  per  dolci  e  frutta.  Dal- 


AH) 


Ale 


V Albana  ottienesi  ora  con  migliori  pro- 
cessi anche  un  tipo  asciatto,  assai  pre- 
giato, 

Albanella:  {Falco  subhuteo)  uccello  ra- 
pace, detto  anche  falcone  degli  alberi. 
Altre  specie  affini  portano  pure  il  nome 
di  albanelle. 

Albero:  delle  navi,  di  legno  o  di  acciaio, 
piantato  verticalmente  o  quasi  in  mez- 
zania  de'  navigli,  atto  a  sostenere  lo  sforzo 
del  vento  sulle  vele  ad  esso  inferite:  le 
tre  parti  che  di  solito  compongono  1'  al- 
bero della  nave,  sono  :  fuso  maggiore,  al- 
bero di  gabbia  ed  alberetto.  Trinchetto  è 
l'albero  che  sta  a  prua,  di  maestra  quello 
che  sta  al  centro  o  quasi,  di  mezzana  a 
poppa.  Bompresso  è  l'albero  che  sporge 
fuori  della  prora.  Albei'i  di  fortuna  sono 
quelli  che  si  improvvisano  in  caso  di  di- 
salberamento.  Nei  grandi  piroscafi  gli  al- 
beri servono  per  far  segnali,  per  adattar 
ordigni  da  sollevar  pesi,  per  ampia  ve- 
detta sul  mare  ;  e  nelle  navi  da  guerra 
per  piccole  batterie  sulle  coffe,  onde  il 
nome  di  «  alberi  militari  ». 

Album  :  neutro  di  albus  che  in  latino 
vuol  dir  bianco.  (Cfr.  Alba^  Albume).  Pei 
romani  era  una  tavoletta  spalmata  di 
bianco  ove  i  pretori  scrivevano  i  loi'O  atti. 
Album  in  francese  e  in  italiano  vuol  dire 
un  elegante  quaderno  per  iscrivere,  di- 
segnare, raccogliere  note  e  sentenze.  La 
Crusca  rigetta  Album  e  accetta  Albo  come 
più  italiano.  Neil'  uso  è  album^  plurale 
albi.  Ma  non  di  rado,  specie  nelle  scritte 
commerciali,  si  compone  il  plurale  alla 
francese,  albums. 

Alca  (minore):  (Alca  minor  o  Alca  torcia) 
uccello  palmìpede  vivente  sugli  scogli  e 
sulle  coste  dirupate  dei  mari  nordici.  Ec- 
cellente nuotatore  e  buon  volatore,  com- 
pare talvolta  durante  l'inverno  nel  Medi- 
terraneo. Una  specie  più  grande  delle  me- 
desime regioni,  V Alca  maggiore  {Alca 
impennis)  sembra  estinta  da  circa  60  o 
70  anni,  probabilmente  perchè  lo  scarso 
sviluppo  delle  ali,  rendendola  inetta  al 
volo,  ne  permise  la  totale  distruzione. 

Alcade  :  in  Ispagna,  primo  magistrato 
(sindaco  o  giudice)  di  una  città,  voce  di 
origine  araba:  al  =  il,  e  kadi  =  giudice. 

Alcaloide:  da  nlcali  e  oide  (Y.    questo 


suffisso).  Alcali  è  parole  araba  antica  che 
significò  la  potassa  e  la  soda,  passata  poi 
in  chimica  per  indicare  quelle  sostanze  ba- 
siche che  hanno  somiglianze  chimiche  e 
fisiche  con  la  potassa  e  con  la  soda.  Ora  al- 
cuni estratti  da  essenze  naturali  come  la 
chinina,  l'atropina,  la  morfina  e  altre  voci 
col  suffisso  in  ina  sono  detti  alcaloidi  cioè 
simili  agli  alcali  perchè  hanno  alcune 
somiglianze  cogli  alcali.  Sono  sostanze 
azotate,  o^BÌ'à quaternarie.,  cioè  contenenti, 
oltre  al  C,  all'-ff  e  all'O,  anche  l'azoto 
(A%  0  i\^).  Hanno  un  sapore  amaro  ed  eser- 
citano un'azione  potente  sull'  organismo. 
Si  usano  in  medicina  in  piccolissime  dosi, 
molti  di  essi  essendo  potenti  veleni.  Sono 
alcaloidi  p.  e.,  la  morfina,  la  nicotina,  la 
chinina,  la  sparteina,  l'atropina,  ecc. 

Alcarazzas:  voce  araba  che  indica  una 
specie  di  vasi  di  argilla  porosa,  i  quali,  espo- 
sti in  luoghi  ombrosi  ma  ventilati,  con- 
servano fresca  1'  acqua  per  effetto  della 
continua  evaporazione  di  quella  parte  di 
essa  che  trasuda  dai  pori. 

NB.  Alcuni  scrivono  pinttosto  alcaraxa. 

Alcazar:  palazzo  costruito  in  istile  mo- 
resco. 

Alchermes:  è  il  Coceus  ibicis  L.  o 
Chermes  vermilis  Planch,  insetto  affine 
alla  cocciniglia,  vivente  sopra  una  quercia 
sempreverde  {Qziercus  coceifera  L.).  Lo 
femmine  disseccate  forniscono  una  mate- 
ria colorante  scarlatta,  detta  appunto  cher- 
mes 0  alchermes,  da  taluni  it.  in  alcher- 
misi.  Term.  zool.  e  industr.  da  cui  il 
il  nome  del  noto  rosolio,  così  colorito. 

NB.  La  cocciniglia  è  il  Coceus  cacti,  che  vive 
sopra  un  cacto  simile  al  fico  d'India  (Opuntia  coc- 
cinelUfera)  e  fornisce  il  colore  carmino. 

AIckekengi:  pianta  della  famiglia  delle 
solanacee,  che  dà  un  frutto  autunnale 
aurato,  lievemente  acidulo,  polposo  come 
il  pomidoro,  piccino  e  tondo  come  una 
ciliegia,  chiuso  entro  una  leggiadra  cap- 
sula setosa  e  gialla.  Il  nome  deve  essere 
orientale:  da  poco  esso  frutto  fa  intro- 
dotto in  Italia  :  comune  specialmente  in 
Lombardia  ove  il  dialetto  del  Porta  tra- 
smutò lievemente  la  voce  primitiva  in 
chichinger. 

Alcool:  dall'arabo  al-qophl  =  cosa  sot- 
tile, polvere  lieve  e  volatile   in  uso    già 


Ak 


13     - 


AH 


da  antico  presso  quel  popolo  per  render 
nere  e  grandi  le  pupille.  La  grande  te- 
nuità di  detta  polvere  sembra  abbia  in- 
dotto i  chimici  a  dare  questo  nome  allo 
spirito  del  vino.  Si  trova  questa  parola 
talvolta  it.  in  alcole  e  mi  par  bene. 

Alcoolìcità:  proporzione  dell'alcole  nei 
liquori.  L*erchè  sì  in  questa  parola  conio 
in  cooperativa  persiste  nell'uso  quel  dop- 
l)io  e  sgarbato  o? 

Alcoolismo:  neol.  stato  patologico  pro- 
dotto dall'abuso  delle  bevande  alcooliche. 
/)•.  alcoolisme.  La  parola  uhbriachexxa 
suggerita  dal  Fanfani  risponde  ad  altro 
concetto,  cioè  esprime  lo  stato  transitorio 
di  chi  è  in  istato  di  ebbrezza. 

Un  alcoolixxato  può  non  essere  ubbriaco 
0  viceversa. 

Alcoolizzare:  mettere  una  data  propor- 
zione di  alcole  in  un  liquido  :  produrre 
uno  stato  patologico  pel  continuo  abuso 
degli  alcoli  (fr,  alcooliser). 

Alderman  :  parola  di  origine  germanica 
che  significa  letteralmente,  come  la  no- 
stra voce  :  anziano. 

Ecco  un  iÌQ^gM  anxian  di  Santa  Zita. 

Dante.  Inf.  XXI. 

Alderman  è  titolo  che  in  Inghilterra  si 
dà  a  certi  ufficiali  del  Comune.  La  parola 
è  registrata  anche  nei  diz.  francesi. 

Ale:  notevole  è  l'uso  di  questo  nuovo 
suffisso  usato,  non  solo  dagli  imperiti  della 
lingua,  ma  da  scrittori  i  quali  sembrano 
annettervi  uno  speciale  senso  di  ri- 
posta eleganza,  come  in  lacuale^  medi- 
cale, mattinale^  passionale^  etc.  invece 
di  lacustre^  medico,  mattiniero  o  mat- 
tutino^ appassionato  o  di  passione.  Dove 
questa  desinenza  in  ale  esserci  provenuta 
dall'  inglese  a/,  piuttosto  che  dal  francese. 
V.  Medicale. 

Ale(é-r):  parola  inglese,  registrata  anche 
nel  vocabolario  francese,  ed  indica  una 
specie  di  birra  gagliarda,  ma  non  a  tal 
grado  e  così  scura  come  il  Poiier. 

À  l'eau  de  rose:  l'acqua  di  rosa,  eau 
de  rose^  è  un  profumo  delicato  e  soave 
ottenuto  mediante  la  distillazione  dello 
roso.  Per  traslato  dicesi  piacevolmente 
all'acqua  di  rosa  o  di  rose  por  indicare 
un'attenuazione,  un'adattabilità,  specie  di 
persone  o  cose  che  non  si  direbbero  o  non 


vorrebbero  essere  tali.  Es.  Republicani 
all'acqua  di  rosa.  Annacquato  vi  corri- 
sponde assai  bene.  Es.  Or istianelli  annac- 
quati. Usata  è  pure  la  scrittura  francese, 
come  qui  sopra. 

Alesare:  termine  tecnico  de'  meccanici, 
dal  francese  aléser  e  vuol  dire  tornire  la 
superficie  interna  d'un  cilindro  forato.  Alé- 
ser deriva  dall'antico  francese  alis  —  dolce 
al  tatto,  provenzale  /«s,  spagnuolo  liso  e 
italiano  liscio.  Noi  dunque  potremmo  dire: 
levigare,  brunire. 

AlguaciI  :  voce  spagnuola  registrata  nei 
diz.  francesi  :  deriva  dall'arabo,  ed  indica 
guardia.^  agente  di  polizia. 

Alias:  avv.  latino  in  altro  tempo^  ma 
neir  uso  odierno  vi  si  annette  talora  un 
lieve  senso  ironico  per  significare  persona 
che  mutò  pensiero,  condizione,  posizione 
sociale  0  politica. 

Alibi:  con  l'accento  non  sull'a  e  sull'?, 
essendo  avverbio  di  luogo  latino,  e  non 
francese,  benché  pur  in  Francia  usato,  e 
vuol  dire:  altrove.  In  termine  giudiziario, 
provar  1'  alibi  significa  poter  dimostrare 
con  prove  di  essere  stati  altrove  mentre 
si  compiva  un  dato  misfatto,  il  che  è  ar- 
gomento semplice  e  assoluto  di  innocenza. 
Alicante:  vino  di  lusso,  prodotto  nella 
provincia  di  Alicante  in  Ispagna. 

Alìnea:  (dal  latino  ad  e  lineam)  termine 
legale,  usato  in  vece  di  capoverso,  para- 
grafo. Il  Fanfani  lo  taccia  di  provenienza 
francese;  cosa  più  che  probabile  essendo 
in  fr.  alinea:  a  ciò  aggiungi  che  non  è 
voce  necessaria.  Se  un  difetto  si  può  im- 
putare alla  lingua  nostra  è  l'abbondanza 
dei  sinonimi. 

Aliuset  idem:  diverso  e  pur  lo  stesao. 
Locuzione  latina.  Veramente  in  Orazio 
{Carmen  saeculare)  è  aliusque  et  idem., 
detto  del  sole  che  rinasce  nuovo  pur  ri- 
manendo lo  stesso. 

Alla  banda!:  comando  marinaresco  di  far 
mettere  il  timone  e  la  ciurma  tutta  da  un 
lato  della  nave. 

Allarme,  allarmare,  allarmante:  sono 
gallicismi  di  cui  non  potremmo  far  senza 
nella  lingua  corrente  e  nell'uso:  scono- 
sciuti quasi  al  popolo.  Alarmìsta  (fr. 
alarmiste)  ohi  suolo  spargere  notizie  che 
turbano  e  danno  apprensione  agli  animi. 


Ali 


14     — 


Alp 


é  voce  meno  comune  delle  precedenti  e 
però  pare  meno  buona.  Nel  fatto  pecca 
come  quelle  del  difetto  d'origine  e  della 
solita  esagerazione  metaforica  propria  de' 
francesi.  Del  resto  il  grido  militare  di 
alar  me  da  cui  pai'tono  le  dette  metafore, 
l'i  sponde  esattamente  al  nostro  all'armi.' 

Allea  :  per  male  arborato  è  voce  piemon- 
tese, penetrata  nell'uso.  Proviene  dal  fr. 
allée:  letteralmente  andata  da  aller  = 
andare,  cioè  viale,  passeggio. 

Alleggiare:  term.  mar.  Y.  Libare. 

Allemande  :  ballo  antico,  originario  della 
Germania,  di  moda  in  Francia  nel  se- 
colo XVIII.  Ballavasi  su  di  un  motivo 
allegro  a  due  tempi. 

Allenamento:  nel  linguaggio  delle  corse 
e  degli  esercizi  fisici  significa  il  graduale 
e  lento  abituarsi  allo  sforzo  muscolare, 
ondo  i  verbi  allenare^  allenarsi. 

Allenare:  neol.,  addestrare  con  l'eser- 
cizio razionale  a  compiere  il  massimo 
sforzo  fisico  ne'  giuochi  e  nelle  corse 
{ Sport). 

Allibare:  term.  mar.  V.  libare. 

Allo!:  voce  del  linguaggio  familiare 
francese,  usata  al  telefono  per  avvertire 
€he  si  ascolta;  in  it.  Pronti!  Dall'antico 
gi-ido  di  caccia  Hallali?  Allo  non  è  reg. 
i;he  nei  dizionari  d' Argot. 

Allons,  enfants  de  la  patrie  :  primo  verso 
dell'inno  rivoluzionario  di  Francia  detto 
La  Marsigliese  e  che  il  Carducci,  nel 
(^a  Ira  traduce  parafrasando  :  «  Marciate 
della  Patria  incliti  figli».  La  Marsigliese 
è  dovuta  all'  improvvisazione  geniale  di 
Rouget  de  Lisle.  V.  Lamartine  {Storia 
de'  Girondini,  lib.  XYI).Fu  eseguita  dalla 
musica  della  guardia  nazionale  di  Stra- 
sburgo il  29  aprile  1792.  Fu  portata  in 
Parigi  dai  marsigliesi  guidati  da  Bar- 
baroux. 

Allopatia:  termine  medico  (dal  greco 
allos  ==  altro  e  pathos  =  sofferenze,  male; 
che  significa  la  cura  della  infermità  co' 
rimedi  contrari  al  male.  Naturale  concetto 
empirico.  Es.  il  ghiaccio  nelle  infiamma- 
zioni. Derivato  allopatico.  È  l'opposto  di 
omeopatico. 

Allo  scoperto  :  nell'  industria  vendere 
allo  scoperto  significa  speculare  sui  prezzi 
delle  mercanzie,  assumendo  commissioni 


senza  coprirsi,  cioè  senza  acquistare  su- 
bito le  materie  prime,  per  attendere  che 
ribassino.  In  Borsa  operare  allo  scoperto  :=r. 
speculare  sui  prezzi  dei  titoli  che  non  si 
possiedono,  impegnandosi  a  pagare  le  dif- 
ferenze di  prezzo  o  ad  acquistare  i  titoli 
per  consegnarli  alla  scadenza  dei  contratti. 

Ali  right:  voce  inglese,  pronuncia  o  ra«Y 
e  letteralmente  significa  tutto  diritto., 
tutto  bene;  oh,  bene,  ed  è  usata  con  forza 
di  intercalare.  Un  po'  per  celia,  un  po'  per 
vezzo  si  dice  talora  anche  da  noi  come 
esempio  dimostra:  «Stamani,  prima  di 
balzar  fuori  dalla  mia  cuccetta,  mentre 
mi  palpavo  accuratamente  facendo  una 
specie  d'inventario  generale  del  mio  corpo, 
dopo  di  avere  con  mia  grande  soddisfa- 
zione constatato  che  ei'a  ali  right,  mi  sono 
rammentato,  con  non  minore  soddisfazione, 
che  nella  notte  non  ero  caduto  che  due 
sole  volte  dal  letto  ». 

Almanacco  di  Gotha:  o  anche  in  fran- 
cese almanach  de  Gotha,  celebre  e  ari- 
stocratico calendario  genealogico,  diploma- 
tico e  statistico  edito  a  Gotha,  da  Perthes, 
e  vanta  la  sua  fondazione  dal  1763. 

Alopecìa:  caduta  de'  capelli  e  de'  peli 
per  effetto  di  alcun  vizio  fisico  o  malattia. 
Voce  medica;  dal  latino  alopecia,  derivata 
alla  sua  volta  dal  greco  ^a}.(ùne%ia  da 
'aÀòjjTE^  =  volpe,  giacché  credevasi  che 
di  questo  male  soffrisse  1'  astuta  bestia. 
Cfr.  per  la  etimol.  del  vocabolo  il  motto  : 
La^  volpe  perde  il  pelo  e  il  vizio  mai. 

Alpaca:  lega  di  rame,  zinco,  nichelio, 
analoga  al  packfong,  di  colore  e  lucen- 
tezza simile  a  quella  dell'argento. 

Alpaca  e  Alpaga:  piccolo  camello  senza 
gobba,  simile  al  lama,  al  guanaco  e  alla 
vigogna,  e  vivente  com'  essi  sulle  Cordi- 
gliere delle  Ande.  Fornisce,  come  la  vi- 
gogn-a,  una  lana  di  straordinaria  finezza. 
Auchenia  paco ,  term.  zool.  Dal  nome  del- 
l'animale quello  della  stoffa.  Il  nome  della 
stoffa  è  pronunciato  alla  francese  :  alpagà 
0  alpaca. 

Alpe:  in  Toscana  si  dice  per  montagna 
alta,  pur  trattandosi  dell'Appennino,  e 
per  l'appunto  i  monti  che  segnano  la  linea 
di  displuvio.  Uso  antichissimo: 

Noi  stiamo  in  alpe  presso  ad  un  boschetto. 

F.  Sacchetti,  Le  pastorelle  montanine. 


Alp 


15 


Ame 


Alpeggio:  chiamasi  così  nell'Alta  Italia 
il  pascolo  estivo  del  bestiame  sulle  Alpi. 

Alpenstock:  parola  tedesca  (cfr.  stocco 
ted.  stock)  che  indica  il  bastone  ferrato^ 
alto,  ricurvo  in  cima  o  ornato  di  un  cor- 
netto di  camoscio,  usato  nello  escursioni 
alpine.  La  traduzione  che  alcuno  tentò 
in  alpistocco  non  è  riconosciuta  dall'uso. 
Tale  voce  è  pure  nei  diz.  francesi. 

Alpino:  il  soldato  in  difesa  delle  Alpi: 
nota  milizia  di  recente  istituzione. 

Alt:  comando  militare  di  fermata,  dal 
tedesco  halt  ::::z  sosta,  fermata.  (Il  Petrocchi 
registra  in  tal  senso  la  parola  alto,  e  di- 
cosi in  fatto  fare  tm  alto,  ma  anche  qui 
la  parola  alto  non  proviene  dal  nostro  ag- 
gettivo omonimo,  bensì  dal  tedesco  halt 
viachen  =  fare  alt). 

Alta:  invece  di  'grande  come  attributo 
di  novità  è  comunissima  voce,  specie  nel 
linguaggio  delle  mode  :  è  la  versione 
esatta  dal  francese  haute  noiiveaiité. 

Alter  ego:  (lat.  un  altro  me  stesso)  di- 
cesi, talora  con  senso  faceto,  di  persona 
che  può  e  suole  in  un  dato  ufficio  sosti- 
tuire l'opera  altrui. 

Alternatore:  motore  elettrico  a  corrente 
alternata,  in  cui  il  lavoro  meccanico  si 
trasforma  nell'energia  di  una  corrente  al- 
ternata, ossia  tale  che  la  sua  intensità 
vari  periodicamente  da  un  massimo  posi- 
tivo ad  un  massimo  negativo;  e  questo 
allo  scopo  di  trasmettere  l'energia  elet- 
trica alle  maggiori  distanze,  cosa  che  non 
é  conveniente  con  una  corrente  continua. 

Alto  forno  :  dei  grandi  stabilimenti  me- 
tallurgici ;  cosi  detti  e  dal  gran  camino 
e  dalle  alte  temperaturea  cui  possono  giun- 
gere allo  scopo  di  fondere  i  piìi  duri  metalli. 

Alto  mare  :  tutta  l'estensione  del  mare 
che  ò  fuori  della  vista  della  terra. 

Amantes  amentes:  motto  latino  di  an- 
tica sapienza  che  trae  valore  dalla  somi- 
glianza dei  due  saoni  e  dalla  ommissione 
del  verbo,  cosa  comune  nel  sentenziare 
dei  latini  :  gli  amanti  sono  privi  di  giu- 
dizio, senza  mente.  La  qua!  cosa  fu  da 
molti  poeti  e  filosofi  significata  e  per  l'ap- 
punto dall'Ariosto,  anima  grande  o  serena, 
là  dove  di(!0  che  non  è  in  somma  Amor 
se  non  insania  (  Orlando  Furioso,  XXIV), 
l'insania  che  contiene  la  vita! 


Amateur:  a  questa  parola  usatissima 
corrisponde  la  nostra  dilettante,  e  dicesi 
di  chi  ha  gusto,  inclinazione,  amore  per 
qualche  arte  senza  farne  professione.  V. 
En  arnateur. 

Amaurosi:  gr.  amauròo  --zz  oscuro.  Ce- 
cità 0  turbamento  profondo  delle  facoltà 
visive,  che  non  può  attribuirsi  a  deter- 
minata lesione.  Voce  del  linguaggio  me- 
dico: il  vocabolo  volgare  è  gotta  serena. 

Amba:  nome  dato  a  certi  monti  del- 
l'Abissinia  di  special  forma,  cioè  di  pira- 
mide tronca,  quivi  frequenti.  Servono  in 
quel  governo  barbaro  feudale  per  luogo 
di  relegazione.  La  parola  è  entrata  nel- 
l'uso della  lingua  italiana  dal  tempo  delle 
tristi  guerre  con  l'Abissinia.  Voce  di  quel- 
r  idioma. 

Ambiente:  per  stanza  o  vano  o  reci- 
piente non  mi  pare  voce  lodevole.  Nel 
senso  di  condizioni  ed  influsso  di  tempo, 
luogo,  persone  è  così  invalsa  che,  anche 
condannandola,  sarebbe  condanna  inutile. 
Certo  che  è  preferibile,  per  chi  onora  l'arte 
del  dire  e  dello  scrivere,  determinare  que- 
ste condizioni  con  le  loro  precise  parole. 

Amen:  voce  ebraica  che  significa  così 
sia.  Nel  linguaggio  familiare  dicesi  amen 
per  indicare  acconsentimento,  includen- 
dovi però  r  idea  di  noncuranza  o  di  ras- 
segnazione. 

A  mente:  Es.  :  a  mente  dell'art,  etc. 
modo  invalso  nelle  scritture  d'ufficio  in 
luogo  di  in  conformità,  seco?ida,  giusta. 
Lo  riprende  il  Fanfani  e  non  a  torto. 

Ambulatòrio:  voce  riprovata  dai  pu- 
risti, invece  di  un  proposto  consultatorio . 
Chiamano  i  medici  ambulatorio  quel  lo- 
cale ove  si  possono  fare  cure  mediche  o 
chirurgiche  ambulatoriamente  cioè  stando 
in  piedi  e  venendo  ogni  tanto,  senza  bi- 
sogno della  cura  del  letto. 

Americanata:  neologismo  di  formazione 
l)opolarc,  per  indicare  fatto  o  impresa  esa- 
gerata, sorprendente,  audace,  sfacciata,  di 
cui  l'America  del  Nord  sembra  avere  il 
privilegio.  In  questo  conviene  tener  conto 
del  naturale  crescere  delle  proporzioni  at- 
traverso l'oceano  e  della  differenza  che 
intercedo  tra  un  popolo  giovane  in  terra 
ampia  e  vergine,  o  un  popolo  vecchio  in 
terra  angusta  ed  augusta  por  vetustà. 


Ani 


16     — 


Ano 


Amfìbolo  :  termino  miner.  ;  minerale 
formato  di  silicato  di  magnesio  e  calcio 
incoloro  o  a  colori  varii,  fra  cui  più  fre- 
quente il  verde. 

Amico  :  nel  linguaggio  diplomatico  e  par- 
lando di  Stati  e  sovrani  significa  alleato. 

Amicus  Plato,  sed  magis  amica  veritas  : 
sentenza  dedotta  dal  massimo  dialogo  di 
Platone  {Fedone,  XL,  91)  dove  Socrate 
consiglia  i  discepoli  a  darsi  più  cura  del 
vero  che  delle  sue  parole.  Ammonio  nella 
Vita  di  Aristotile  primo  ne  trasse  la  sen- 
tenza :  (piXoc;  jiièv  2couQàTì]g  àÀÀà  cpiÀ- 
réga  f]  àXi]deia.  In  seguito  avvenne  la 
sostituzione,  popolarmente  errata,  di  Pla- 
tone a  Socrate. 

Ammezzato  :  significa  fatto  a  mex%o  : 
nel  senso  di  inexzanino.,  cioè  tutto  quel- 
la ordine  di  stanze  che  sono  immediata- 
mente sopra  al  pian  terreno  o  fra  due 
piani  principali,  è  un  errore  in  cui  incor- 
rono a  Milano  quando  vogliono  italianiz- 
zare la  buona  parola  dialettale  mexxanino. 

Ammortamento  :  è  parola  più  che  buona 
perchè  deriva  da  a  e  morte.  Cfr.  il  no- 
stro verbo  classico  anzi  trecentistico  am- 
mortare. Certo  che  nel  senso  legale  e 
commei'ciale  di  estinxione  di  un  reddito, 
di  un  debito  etc.  entra  nel  novero  delle 
parole  di  origine  francese  amortissement^ 
da  amortir.  Notevole  è  la  misera  ric- 
chezza che  noi  possediamo  di  tali  paro- 
le :  ammortizzazione^  ammortizzamento, 
a?nmortamento.  Derivato  il  verbo  ammor- 
tizzare e  l'aggettivo  aì/imortizxabile  (fr. 
amortissable). 

Ammortizzabile:  V.   Aìumortamento. 

Ammortizzare:  V.  Aìinnorlaìnento. 

Amnesìa:  termine  medico  derivato  dal 
greco,  che  significa  letteralmente  senza 
tnemoria.,  a  :=  senza  e  mnesis  —  me- 
moria. Perdita  parziale  o  totale  della  me- 
moria per  effetto  di  malattia. 

Amolo:  voce  del  dialetto  veneziano  che 
vuol  dire  susina. 

Ampelografìa  :  voce  della  scienza  agra- 
ria e  significa  descrizione  delle  specie  e 
varietà  della  vite:  dal  greco  àmpelos  =: 
vite,  vigna. 

Ampère:  nome  di  eminente  fisico  fran- 
cese (1775-18.36).  In  omaggio  a'  suoi  studi 
sui  fenomeni  elettromagnetici,  venne  dato 


il  nome  di  ampère,  nel  sistema  di  misure 
elettromagnetiche,  all'unità  pratica  di  mi- 
sura della  intensità  della  corrente  elettrica. 
Una  corrente  dell'intensità  di  un  Ampère 
passando  attraverso  ad  una  soluzione  di 
nitrato  d'argento  nell'acqua  preparata  se- 
condo speciali  istruzioni,  deposita  argento 
nella  ragione  di  grammi  0,001 18  per  mi- 
nuto secondo. 

Amperometro:  istrumento  che  misura 
la  intensità  di  una  corrente  elettrica  espri- 
mendola su  di  un  quadrato  in  Ampères. 
V.  Ampère. 

Amovibile:  voce  del  linguaggio  degli 
uffici  per  significare  quel  magistrato  od 
ufficiale  che  può  essere  rimosso  dal  suo 
posto.  Il  contrario  di  inaìnovibile.  Der. 
amovibilità. 

Ampolla:  termine  medico,  per  indicare 
le  vesciche  della  pelle,  le  quali  quasi 
sempre  provengono  dalle  pieghe,  dai  bu- 
chi, dai  rammendi  delle  calze.  L'am- 
polla è  r  incidente  di  strada  del  cammi- 
natore, come  la  perforazione  della  gomma 
lo  è  del  ciclista.  Solamente  è  più  facile 
riparare  una  gomma  che  guarire  un'am- 
polla. 

Anamnèsi:  voce  del  linguaggio  medico, 
derivata  dal  greco  e  vuol  dire  memoria. 
Consiste  nel  raccogliere  i  sintomi  della 
malattia  per  cui  il  paziente  chiede  Paiuto 
della  scienza  :  a  prossima  cioè  dalle  ma- 
lattie precedenti,  sistema  di  vita,  di 
vitto  etc,  a  remota.,  cioè  dall'indagine 
sui  precedenti  ereditari  e  personali. 

Anànke:  parola  greca  ed  antica  che  ri- 
corre talora  negli  scritti  moderni  come  ad 
es.  nei  Miserabili  àW .ìhigo:,  significa: 
«  violenza,  necessità,  fatalità,  tortura,  de- 
stino fisico  e  morale»  e  il  complesso  di 
tutto  codesto. 

Anarcoide  :  neologismo  di  fresca  data 
formatosi  a  simiglianza  di  certe  voci  scien- 
tifiche col  suffisso  oide  (dal  greco  eidos  zrz 
ferma,  specie).  Vuol  indicare  cioè  tale 
individuo  che  se  pur  non  professa  le  ri- 
gide e  assolute  teorie  anarchiche^  è  per 
sua  natura  insofferente  di  qualunque  forma 
di  legge,  ordine,  autorità,  disciplina.  Vedi 
il  suffisso  oide. 

Ancia:  fr.  anche:  indica  quella  lin- 
guetta elastica,  le  cui  vibrazioni  servono 


AlK 


17     — 


And 


('«•eìtaro  i  suoni  in  alcuni  istiiinicnti  a  fiato 
La  parola  a?iche  -z  auma.  linguetta,  sem- 
bra provenire  da  un'unica  voce  di  origine 
tedesca  da  cui  hanche  ---  anca,  osso  della 
gamba.  La  parola  anche  avrebbe  per  tal 
modo  subito  lo  stesso  processo  evolutivo 
per  cui  la  voce  latina  tibia  ~  :  osso  della 
,uamba,  passò  a  designare  il  flauto. 

Ancien  regime  :  letteralmente  antico  re- 
yìme.  Così  chiamano  in  Francia  le  l'orme 
di  governo  aristocratico-feudale,  anteriori 
alla  rivoluzione  del  1789;  e  così  noi  ri- 
pentiamo. 

Andare  :  all'imperativo  fa  va  e  non  vai^ 
come  dicono  alcuni  leziosi  che  vogliono 
imitare  la  maniera  toscana.  Al  congiun- 
tivo vada  e  vadano  non  vadi  e  vadino 
come  dicono  ad  es.  alcuni  maestri  quando 
mandano  fuori  di  classo  gli  alunni  :  va- 
di fuori  !  Al  futuro  andrò,  forma  sinco- 
pata, è  preferibile  ad  anderò.  Al  cong. 
imperfetto  andassi  e  non  andessi,  idio- 
tismo che  taluno  dice  forse  per  reminiscenza 
di  dessi  e  stessi. 

Andare  a  Canossa:  tornare  all'ovile,  ri- 
trattarsi, ricredersi,  fare  atto  di  sottomis- 
sione, specie  di  opinioni  ribelli,  audaci  ed 
ereticali.  Locuzione  popolare  e  viva  che 
trae  origine  dall'  andata  di  Arrigo  IV, 
tedesco,  al  Castello  di  Canossa  sottomet- 
tendosi a  Papa  Gregorio  VII  (1077).  Locu- 
zione simile  deve  essere  anche  in  tedesco 
se  Bismarck,  il  14  maggio  1872,  al  Par- 
lamento tedesco  ebbe  ad  esclamare  questa 
frase  rimasta  celebre  :  NachCanossa gehen 
ivir  nicht  -z  noi  non  andiamo  a  Canossa, 
cioè  non  facciamo  atto  di  umiliazione. 

Andare  a  vapore:  andar  in  gran  fretta., 
comiiiere  alcuna  cosa  con  grande  sqUc- 
citudine  e  simili:  locuzione  tolta  manife- 
stamente dal  rapido  moto  delle  macchine 
a  vapore. 

Andare  in  Èmmaus  :  locuzione  familiare 
lombarda  elio  significa  essere  distratto., 
non  aver  posto  mente  ad  una  data  cosa. 
Emmaus  è  un  borgo  della  Palestina,  presso 
Gerusalemme,  ove,  secondo  che  è  scritto 
nello  Sacre  Carte,  Cristo  apparve  por  la 
prima  volta  dopo  la  sua  morto  agli  Apo- 
stoli, i  quali  furono  ratti  in  lui.  Da  ciò 
forse  il  motto y 

Andare  In  oca  :  scordarsi.,  dimenticarsi 

A.  Panzini,  Svpplcnimto  di  Dixùmari  italiani. 


una  cosa,  ma  di  poca  importanza  e  senza 
intenzione.  Il  motto  è  veneto  e  lombardo 
ed  è  in  queste  regioni  usato  talora  nel 
parlar  familiare.  Vi  corrisponderebbero 
press'  a  poco  i  modi  toscani  comuni  di 
andare,  lasciare.,  mettere  nel  dimen.i- 
catoio. 

Andare  a  fagiuolo  :  modo  familiare  di 
Toscana,  Komagna  ed  altrove  :  significa 
piacere,  preferire.,  andare  a  genio.,  sod- 
disfare. 

Io  vo  con  clii  mi  garba  por  la  via 
e  pianto  chi  mi  va  poco  a  fagitoolo 

Pananti,  Poeta  di  Teatro,  XXIY. 

Andare  a  picco:  V.  Picco. 

Andar  di  bolina:  nel  linguaggio  mari- 
naresco V.  Bolina. 

Andar  per  la  maggiore  :  modo  comune 
che  significa  essere  fra  i  primi,  pii(  au- 
torevoli e  noti.  «  Modo  traslato  dai  Magi- 
strati delle  Arti  della  città  di  Firenze, 
alcune  delle  quali  dicevansi  maggiori,  » 
così  spiega  G.  Bianchini,  Motti  popolari., 
ma  non  troppo  mi  persuade.  Perchè  non 
sottintendere  via? 

Andrienne  :  nome  di  veste  muliebre 
in  uso  nel  secolo  XVIII,  così  detta  per- 
chè secondo  il  modello  imaginato  dalla  at- 
trice Dancourt  nella  parte  di  Glicera  nel- 
r Andrienne  di  Michele  Baron. 

Andesitica  :  chiamasi  dai  geologi  lava 
andesitica  una  roccia  eruttiva  costituita 
di  andesite  amfìbolica,  che  è  un'  associa- 
zione di  feldspato,  amfibolo,  mica  nera  e 
molti  altri  minerali  silicati  e  non  silicati.  Il 
nome  di  andesite  è  derivato  dalla  catena 
delle  Ande,  dove,  come  in  tanti  altri  luoghi 
anche  d'  Europa,  sono  diffuse  le  andesiti 
amfiboliche. 

Andrògino  :  non  altro  che  ermafrodito, 
cioè  uomo  (gr.  anèr)  e  donna  (gr.  ghinè) 
insieme.  Nota  è  tale  parola  come  attri- 
buto di  piante  ed  animali  che  posseggono 
i  duo  organi  riproduttivi.  Meno  nota  nel 
senso  del  mito  gj-eco,  secondo  cui  1'  An- 
drògino rappresenta  il  tipo  perfetto  che 
poi  si  sdoppiò  nel  maschio  e  nella  fem- 
mina. La  scuola  estetica  di  questi  ultimi 
tempi  rinnovò  (questa  concezione  antica. 
*  Ab  antico,  di  fatti,  la  natura  umana  non 
ora  quella  medesima  d'ora,  bensì  diversa. 
Che  da  pi'ima,  ei'ano  ti'o  i  scassi  umani  non 


Ano 


—     18 


Ann 


due,  corno  ora,  maschio  o  foiuinina,  ma 
se  ne  aggiungeva  un  terzo,  partecipante 
di  tutt'o  duo  questi,  del  quale  resta  oggi 
il  nome,  ma  esso  stesso  è  scomparso  » . 
Platone,  Convito,  discorso  di  Aristofane. 
C'fr.  Aniìne  gemelle. 

Anemia  :  gr.  a  ---  senza,  e  alma  =:=  san- 
gue. Impoverimento  del  sangue  cagionato 
dalla  diminuzione  di  uno  o  più  o  di  tutti 
fra  i  suoi  componenti.  Dicendo  semplice- 
mente anemia  si  intende  1'  anemia  par- 
ziale determinata  dalla  diminuzione  dei 
globuli  rossi. 

Anesone  :  liquore  con  l'essenza  dell'anice 
(V.  Anisette),  speciale  di  Brescia.  Voce  dia- 
lettale. 

Anestesia  :  voce  comune  del  linguaggio 
medico,  foggiata  dal  greco  an  =  senza 
e  aistanomai  m  sento,  dunque  insensi- 
bilità; 0  per  effetto  di  malattia  o  di  agenti 
anestetici,  come  F etere,  il  cloroformio  etc. 
(fr.   anesthésie). 

Anestetico  :  V.  Anestesia. 

Angeli  custodi  :  nota  locuzione  popolare 
e  faceta  per  indicare  i  carabinieri. 

Angina  pectoris  :  come  dice  il  nome  latino 
stringimento,  soffocamento  del  petto,  non 
della  gola  come  s'intende  per  la  parola 
angina.  Jj  angina  joec^oWs  pare  provenga 
da  vizio  cardiaco  ed  è  malattia  dal  prono- 
stico grave  e  mortale.  Manifestasi  ad  in- 
sulti con  senso  di  oppressione  allo  stomaco 
verso  la  colonna  vertebrale.  Il  malato  soc- 
combo di  solito  negli  accessi  del  male. 
I  francesi  similmente  dicono  angine  de 
'poitrine. 

Anglaise  :  e  più  comunemente  al  plurale, 
anglaises,  erano  chiamati  quei  cannelloni 
che  secondo  un'antica  pettinatura  le  da- 
me arricciavano  e  lasciavano  pendere  dalle 
tempie  ;  in  milanese  tirabuscion,  quasi  a 
forma  di  vite  da  cavatappi. 

Anguria  :  termine  dialettale  usato  in 
Lombardia,  Veneto,  Emilia  invece  di  coco- 
mero, il  rosso  e  bel  frutto  della  estate  no- 
stra, cucurbita  citruUus.  In  Lombardia 
poi  chiamano  cocomero  quello  che  altrove 
si  chiama  cetriolo  e  si  propara  sotto  aceto. 

Animadversione:  lat.  animadversio  i:r. 
attenzione,  castigo,  è  non  di  rado  voce 
usata  per  malanimo,  odio  (V.  un  bel- 
l'esempio in  N.  Antologia,    1   gen,   1903, 


pag.  36).  EiToro  proveniente  «  da  un  in- 
ganno dell'orecchio  »  come  ben  nota  il 
Rigutini. 

Anima:  voce  usata  neologicamente  per 
indicare  il  complesso  dei  sentimenti  e  dello 
aspirazioni  da  cui  è  mosso  talora  un  po- 
polo, una  moltitudine.  Es.  l'anima  della 
folla,  l'anima  inglese,  V anima,  ameri- 
cana. 

Anime  gemelle:  anime  affini,  conformi 
che  amorosamente  si  cercano,  e  ritrovatesi 
sono  beate.  Codesta  locuzione,  usata  spesso 
in  amore,  risale  alla  favola  antica  dell'u- 
mana natura  divisa  in  due  parti  per  vo- 
lere di  Giove,  sì  che  l'una  metà  ricerca 
l'altra,  come  leggesi  in  Platone,  Convito.. 
discorso  di  Aristofane  :  «  la  stirpe  nostra 
diventerebbe  felice  se  dessimo  perfeziono 
all'amore  e  ciascuno  s'incontrasse  nel  pro- 
prio suo  amato,  tornando  all'antica  natura. 
E  se  l'ottimo  è  questo,  è  necessario  che 
per  quanto  oggi  è  in  poter  nostro,  ottimo 
sia  quello  che  più  vi  si  avvicina.  E  ciò 
è  il  ritrovare  un  amato,  fatto  secondo  il 
proprio  cuore.  » 

Anisette  :  rosolio  forte  preparato  con  ani- 
ci (gr.  àvLOoi',  pimpinella  anisum)  :  a 
Bordeaux  e  ad  Amsterdam  se  ne  produco 
di  squisito  ;  così  a  Brescia,  detto  Anesono 
di  Brescia.  Y.  Mistrà. 

Année  terrible:  anno  terribile.  Titolo 
di  un'  opera  poetica  di  Vittore  Hugo,  in 
cui  sono  narrati  i  principali  avvenimenti 
che  vanno  dall'agosto  1870  al  maggio  1871. 
e  comprendono  i  piìi  luttuosi  fatti  che  col- 
pirono la  Francia  nella  guerra  contro  la 
Prussia:  la  disfatta  di  Sedan,  l'assedio  di 
Parigi,  la  disperata  difesa,  la  Comune,  etc. 
Année  terrible  è  detto  per  antonomasia 
quel  lasso  di  tempo. 

Anno  :  per  hanno  V.  Avere. 

Annunziata  (ordine  dell'):  instituito  nel 
1362  da  Amedeo  VI  di  Savoia  col  nome 
di  Ordine  del  collare  per  commemorare 
l'ardimento  dimostrato  da  Amedeo  V  al- 
l'assedio di  Rodi  contro  i  Turchi  nel  1310. 
Carlo  III  rinnovò  detto  ordine  nel  1618 
sotto  il  nome  dell'  Annunziata  e  lo  consa- 
crò a  Maria  Vergine.  Vittorio  Emanuele 
rinnovò  gii  statuti  del  detto  ordine  riser- 
vandolo ai  sovrani  ed  ai  più  ragguardevoli 
personaggi.  I  membri  di  questo  ordine  for- 


19     - 


Ant 


mano  una  sola  classe  di  cavalieri  che  por- 
tano r  inso^iJ;-na  sospesa  al  collo  ad  una 
catena.  Sono  ritenuti  cugini  del  He. 

Anodino  :  gr.  a  o  an  --:  senza  e  odine 
doloro.  Modicamonto  dato  per  calmare  il 
doloro.  Dicesi  anche  in  senso  traslato  per 
len it ho .  inoffensivo. 

Anòfele  (meglio  Anofele)  :  (Anophele 
clwciyer)  volgarmente  x>anx,arone.  È  un 
insetto  vivente  nelle  regioni  malariche 
(che  non  sono  sempre  i  luoghi  palustri!) 
molto  affine  alla  comune  xanxara  (Gulex 
pipiens)  e  che  trasmetto,  con  la  puntura, 
neir  uomo  il  germe  dello  febbri  intermit- 
tenti (cioè  malariche),  assorbito  a  sua  vol- 
ta col  sangue  di  persone  aftetto  dalla  stessa 
malattia.  Affinchè  tale  germe  possa  però 
produi-re  il  suo  effetto,  è  necessario  che 
subisca,  tanto  nel  corpo  dell'uomo  che  in 
quello  dell'anofele,  una  certa  evoluzione. 

Anònima  :  da  aii  -:.  privativo  e  onoma 
-~  :ionio.  Quale  attributo  di  Società  com- 
merciale, V.  Accomandita  in  fine.  V.  an- 
che Lettera  anonima. 

Anòrchlde  :  dal  greco  an  :zr  privato  e 
orkis  -^  testicolo  :  termine  medico  detto 
di  chi  è  privo  per  difetto  congenito  di  una 
o  di  ambedue  o  di  parte  delle  glandolo 
spermatiche  le  quali  sono  espressione  fi- 
siologica della  virilità,  come  l'ovaia  della 
feminilità. 

Anta  e  diminutivo  antina  :  voce  lom- 
barda {antin)  spesso  fatta  italiana  dalla 
gente  mal  colta  e  nel  parlar  familiare  di 
<|uella  regione:  vale  imposta.,  sportello, 
invetriata,  impannata. 

Anti  :  prefisso  che  serve  a  formare  molte 
voci  per  far  che  esprimano  cosa  contraria 
ed  opposta,  e  specialmente  a  denotare  certa 
virtù  specifica  contro  diversi  mali.  Dal 
greco  àvTi,  latino  ante  =  avanti,  che  ad 
avrà,  àvTÌ,  àvrip'  si  connetto,  e  di  cui 
unti  ò  forma  arcaica. 

Antiflogistico  :  gr.  antì  :=  contro  e  flox.^ 
/logos  ::-  fiamma.  Dicesi  di  ogni  medi- 
(jaziono  che  combatta  le  infiammazioni. 

Antifona  :  parola  dori  vata  dal  greco  anti, 
<!ontr(}  e  fune,  suono,  voce,  significaun  canto 
alternato;  più  propriamente  ora  significa 
un  versetto  che  si  canta  pi'ima  o  do])0  i 
Salmi.  Fig.  i)rodicozzo.  La  solita  antifona! 

Antifonario:    rac(!olta,    dei    canti    (I<^11m 


Chiesa  cristiana,  dovuta,  secondo  si  asso- 
vera,  a  Gi-egorio  1,  detto  il  Magno  —  papa 
dal  590  al  604:  —  che  aggiunse  pure  com- 
posizioni sue  :  monumenta  Patrum  reno- 
vavit  et  auxit. 

Antipirìna:  medicina  per  sedare  l'ec- 
cesso febbrile,  le  cefalee,  dal  greco  anti 
i:^  contro  e  pir  =:  fuoco.  Ha  forma  di 
polvere  bianca  cristallina,  e  si  ottiene  con 
un  processo  chimico  lungo  e  complesso: 
fu  inventata  recentemente  dal  tedesco 
Knorr.  Il  suo  nome  in  farmaceutica  è 
fenildimetilisopiraxolone. 

Antisemita:  neologismo  ohe  vuol  dire 
nemico  dei  semiti  od  ebrei.  Antisemi- 
tismo, il  partito  che  in  Francia,  Russia, 
Austria,  in  ispecie,  combatte  la  prepon- 
deranza morale  edeconomica  della  tenace 
schiatta  ebraica  che  per  secoli  fu  reietta 
e  vilipesa,  ed  ora  per  la  libertà  e  nella 
libertà  spiega  le  speciali  sue  attitudini, 
buone  e  cattive  nel  trionfo  della  vita. 

Antisèpsi  :  due  parole  greche  e  antiche 
cho  formano  una  voce  nuova  :  contro  la 
putrefax,ione ,  da  antì  e  sepo.  Cosi  è 
chiamato  quel  recente  processo  medico-far- 
maceutico, repressivo,  per  cui  si  arresta 
un'infezione    dell'organismo.    Y.  Asepsi. 

Antitètico  :  da  antitesi  (gr.  antì  -  ::  con- 
tro e  thesis  =  proposizione,  tesi)  si  è  for- 
mato questo  aggettivo  nuovo,  riferito  a 
cose  che  sono  in  opposizione  fra  di  loro, 
piene  di  antitesi.  Nei  dizionari  italiani 
non  trovo  questo  aggettivo.  In  francese 
v'  è  appunto  antithétique. 

Antitossina  :  più  comunemente  al  ])l. 
V.  Tossine.  Un  rimedio  adatto  a  com- 
battere r  opera  delle  tossine  è  un'  anti- 
tossina. Il  siero  antidifterico  ad  es.,  -'^ 
un'  antitossina,  cioè  un  antidoto  contro  il 
tossico  prodotto  dal  bacillo  specifico  della 
difterite. 

Antitriplìstico  :  voce  effimera  e  di  ar- 
bitraria formazione,  usata  talora  noi  lin- 
guaggio giornalistico  jìor  signiiicare  avver- 
so alla  triplice  alleanza  (Italia,  OcM'mania, 
Austria). 

Antropologia  criminale:  studio  giuridico, 
medico  e  sociologico  insieme  doli'  uonn) 
in  quanto  esso  è  por  natura  proclive  al 
delitto,  lat.  orimen-inis.  Tale  scuola  ègl  »- 
l'ia   spo('ialm(Mit(*   italiana  fo»-so  polche  (n>- 


Aiit 


—     20     — 


App 


me  scrisse  un  acuto  spirito  paradossale) 
1'  Italia  con  la  sua  impulsività  sanguinaria 
offriva  largo  materiale  alla  osservazione 
degli  scienziati.  La  geniale  intuizione  del 
tipo  criminale  de  vosi  al  Lombroso.  11  quale, 
con  paziente  indagine,  delineò,  fissò,  iden- 
tificò quosta  specie  di  sordi,  ciechi,  muti 
del  senso  morale.  Giova  tuttavia  notare 
come  questa  scuola  non  sempre  si  man- 
tenga nel  puro  campo  scientifico,  ma  so- 
vente —  specie  ne'  minori  suoi  assertori 
e  cultori  —  tenda  ad  uno  spiccato  carat- 
tere filosofico  e  politico  :  determinismo  e 
socialismo. 

Antropometrìa:  dal  greco  àntropos  = 
uoino  e  nietron  r=:  misura  :  indica  la  mi- 
sura e  la  descrizione  delle  diverse  parti 
del  corpo  umano,  a  scopi  scientifici  ed 
anche  polizieschi.  Cosa  recente.  Derivato 
r  agg.  antropometrico.  L'  ufficio  antropo- 
metrico^ tenuto  in  molto  onore  in  Fran- 
cia, permette  alla  polizia  di  stabilire  la 
identità  di  una  persona  in  modo  assoluto. 

Antropomorfismo  :  dal  greco  àntropos 
:=  uomo  e  morfè  r-  forma,  dunque  che 
ha  forma  umana.  Deriv.  antropomorfico. 
Antropomorfismo  nel  linguaggio  degli  sto- 
rici e  dei  filosofi  significa  il  sistema  di  co- 
loro che  agli  dei  o  a  Dio  danno  degli 
attributi  umani  :  forma  ed  affetti.  Ad  es.  : 
le  divinità  di  Omero. 

A  occhio  e  croce  (fare  e  giudicare):  di- 
cesi in  Toscana,  Romagna  e  altrove  per 
significare  un  giudizio  approssimativo, 
senza  misurare,  come  per  l'appunto  da  una 
occhiata  e  da  un  segno  non  preciso. 

Io  dico  lui  :  perchè  co  n'  è  una  mano 
cho  infilza  le  ricette  a  occhio  e  croce. 

Lippi,  Malmantile,  in  12. 

Apax  legòmenon  :  locuzione  greca  usata 
dai  grammatici  per  significare  che  una 
parola,  un  modo,  una  forma  non  fu  usata 
che  una  sol  volta. 

Apérìtif:  in  termine  medico  si  chiamano 
generalmente  così  le  bevande  che  servono  a 
dilatare  i  pori  e  rendere  fluidi  gli  umori.  Vi- 
ceversa poi  oggi  son  detti  apéritifs  certi  ec- 
citanti spiritosi,  abilmente  combinati  fra  di 
loro  nelle  liquorerie  o  mescite  (hars,  buvet- 
tes)  allo  scopo  di  aprire  le  valvole  dello  sto- 
maco per  mangiare  con  più  appetito.  Avver- 
ti che  Tino  stomaco  sano  non  richiede  né 


tonici  né  cordiali  :  se  è  ingombro,  acqua, 
moto  e  dieta  sono  la  ricetta  migliore,  a 
cui  aggiungi:  lieto  cuore.  L'aperitivo  (giac- 
ché si  traduce  anche  così  ed  é  una  brutta 
voce)  parigino  più  energico  e  per  eccel- 
lenza è  r  assenzio.  E  detto  in  gergo  fran- 
cese verte,  dal  color  verde  opale  che  as- 
sume con  r  acqua. 

A  peu  près  :  press'  a  poco.  Eppure  per 
leziosaggine  o  per  altra  cagione,  non  di 
rado  si  ode  questa  locuzione  avverbiale 
francese. 

Apirètico  :  termine  medico,  dal  greco  a 
=^  senza  e  pir  =1:  fuoco.  Indica  lo  stato 
del  malato,  afebbrile.,  cioè  senza  febbre. 
Apis  :  per  lapis  (latino  lapisAdis  =r 
lapide,  pietra)  matita,  è  aferesi  scorretta. 
À  plates  coutures  :  letteralmente  a  cu- 
citure spianate.,  locuzione  francese  iper- 
bolica che  preceduta  dal  verbo  bastonare 
non  è  infrequente  fra  noi.  Vi  risponde  il 
modo  italiano  consimile  :  spianar  le  co- 
stole. Nel  Riminese  v'è  il  motto  dialettale 
consimile  al  francese  :  spianar  le  cuciture, 
spiane  al  cusiduri. 

À  poigne:  ecco  un'altra  delle  non  poche 
locuzioni,  non- letterarie  ma  del  gergo  fran- 
cese e  che  invano  cercheremmo  nei  lessici 
di  quella  lingua,  trionfalmente  entrata  nel- 
r  italiano.  À  poigne  vale  energico.,  forte., 
duro,  severo.  Es.  un  governo  à  poigne; 
un  uomo  à  poigne.  Il  giornalismo  ita- 
liano e  il  linguaggio  politico  nostro  si  com- 
piacciono di  tali  locuzioni  straniere,  non 
necessarie.  Vero  è  che  questo  scimmiot- 
tare servile  desta  un  senso  di  profonda 
pietà. 

À  pois  :  detto  di  stoffe  stampate  a  bol- 
licine V.  Pois. 

A  posteriori  :  termine  filosofico  latino 
che  vLiol  dire  da  ciò  che  viene  dopo.,  e 
si  intende  una  dimostrazione  che  si  basa 
sopra  principi  somministrati  dalla  espe- 
rienza, oppure  che  é  tratta  da  ciò  che  sus- 
segue alla  cosa  che  si  vuol  dimostrare. 

Appannàggio  :  (fr.  apanage)  dal  latino 
barbaro  apanagium.,  da  ad  e  panis  = 
lett.  per  il  pane.  Reddito  0  assegno  ai 
principi  del  sangue,  poi  dote,  prerogativa, 
proprietà. 

Appellare:  V.  Appello. 

Appello  :  per  chiama.,  rassegna  rispon- 


A])]) 


—     21     - 


Ara 


dora  per  1'  ajjpunto  al  francese  appel  (lat. 
appellare  z—  chiamare)  ma  è  così  dell' uso, 
vi  si  annette  un  tal  senso  di  forza  che  al- 
trimenti la  frase  perderebbe  il  suo  valore. 
\ai  usa   anche  il  Carducci  nel  (7a  Ira: 

ivi  scendo  de  l'ultimo  Templare 
su  l'ultimo  Capeto  oggi  l'appello. 

K  allora  le  frasi  :  fare  appello^  appellarsi 
nel  senso  giudiziario  di  ricorrere  ad  un 
tribunale  superiore?  Non  saran  belle,  ma 
pur  conviene  accettarle. 

Appendicite  :  termine  modico  che  signi- 
fica la  malattia  del  lungo  e  stretto  fondo 
chiuso  appendicolare  unito  alla  porzione 
declivo  dell'  intestino  tenue. 

Appoggiare  :  nel  senso  di  aiutare,  fa- 
%'orire^  proteggere  è  riprovato  da  alcuni 
puristi  perchè  ricorda  1'  uso  francese  di 
appui/er  fìg.  -j:  protéger.  Il  Rigutini  lo 
difende.  Meno  buone  invece  gli  sembrano 
le  locuzioni  appoggiare  una  proposta,  un 
ordine  del  giorno.  Appoggiare  una  do- 
manda '  è  serio  serio  1'  appuyer  une  do- 
mande de'  francesi.  Così  il  Eigutini  di- 
londe  appoggio  iìqv  favore,  protezione;  ri- 
j)rova  la  locuzione  in  appoggio  per  in 
prova,  a  sostegno,  in  conferma.  Certo 
sono  modi  che  hanno  sapore  burocratico 
un  miglio  lontano. 

Appoggio  :  nel  senso  figurato  di  favore, 
protezione.  Y.  Appoggiare. 

Apprentissage  :  voce  francese  usatissima 
fra  noi,  specie  per  indicare  F  apprendere 
un  mestiere  o  un'arte  tecnica  o  commer- 
ciale: in  italiano,   tirocinio. 

Appretto:  (fr.  apprét)  la  colla  o  appa- 
recchio che  si  da  ai  tessuti  perchè  ab- 
biano bellezza  e  consistenza.  Voce  usata 
nel  linguaggio  dei  tessitori. 

Appropriazione  indebita:  così  nel  lin- 
guaggio dei  legali  è  chiamato  l'atto  di  chi 
approi)ria  a  sé  indebitamente  cosa  altrui 
<Ìie  gli  è  stata  affidata  por  determinato 
uso.  Forma  eufemistica  per  dire  furto.,  con 
I  attenuante  dell'occasione  la  quale,  come 
si  sa,  fa  l'uomo  ladro. 

Approssimativamente:  avverbio  di  otto 
sillab(\  di  uso  re<'(Mit(^  tratto  da  appros- 
simativo. Lo  registra  la  Crusca.  Notevole 
cosa  è  l'osservare  come  ■certe  voci,  aii- 
<orchè  buone    ])vv    la    loro   origim\  siano 


})Oco  usate  dai  nostri  scrittori  per  non  so 
quale  intuito  del  bollo.  In  circa.,  A  un 
bel  circa.  A  un  dipresso. 

Après  nous  le  déluge:  dopo  di  noi  il 
diluvio.  Famoso  motto  di  Luigi  XV  di 
Francia,  che  preludia  e  presente  il  ma- 
rasma sociale  e  politico  che  originò  la  ri- 
voluzione del  1789.  Si  usa  anche  da  noi  ri- 
petere questo  motto  in  francese.  Da  altri 
il  motto  è  riferito  alla  marchesa  di  Pom- 
padour  per  conforto  a  quel  re  dopo  la  bat- 
taglia di  Rossbach. 

A  priori  :  termine  filosofico  latino  che 
vuol  dire  da>  ciò  che  vien  prima,  e  si 
dice  comunemente  di  verità,  idee,  giu- 
dizi etc,  i  quali  provengono  da  princi])i 
generali,  e  sono  attinti  piii  dalla  ragione 
pura  od  astratta  o  da  un  prestabilito  idealo 
che  dalle  verità,  realtà,  esperienza. 

Apriorismo  :  chiaman  così  l' abitudine 
filosofica  di  giudicare  a  priori.^  cioè  senza 
la  conoscenza  dei  fatti,  senza  esperienza. 
V.  A  priori. 

Aprioristico:  agg.  da  A  priori.  V.  que- 
sta parola. 

Aprire  :  verbo  usato  nelle  locuzioni  come 
aprire  la  campagna  elettorale.,  bacolo- 
gica etc.  :  aprire  la  seduta:  è  neologi- 
smo. 

À  quelque  chose  maliieur  est  bon: 
modo  di  dire  tutt'  altro  che  infrequente, 
e  ci  fu  una  signora  fornita  di  quella  mon- 
dana coltura  che  oggi  è  comune,  la  quale 
mi  domandò  trionfante  :  «  E  in  italiano 
come  direbbe?  »  Semplicemente  «Non  tutto 
il  male  vien  per  nuocere  » .  E  allora  ella 
pure  ne  convenne,  come  convenne  nel 
fatto  che  l'abbandono  costituisce  la  rug^ 
gine  e  la  morte  per  le  parole  anche  piti 
belle  ed  acconce. 

A  quei  bon?:  detto  talora  invece  di  molt(> 
locuzioni  italiane:  a  che  vale '^  e  poi Y  da 
farne'^  come  dicono  i  bolognesi.  In  latino 
cui  bonum? 

Arale  0  arrak:  liquore  forte,  fatto  col 
riso  o])pur(»  col  succo  di  cocco  o  di  dat- 
tei'o. 

À  ramage:  a  fogliami^  detto  fra ncese- 
nient(>  dclh»  stoffe,  dipinte  a  rame  e  a  fiori, 
come  oggi  è  gran  moda. 

Arare:  term.  mar.,  lo  strisciare  delTan- 
cora  sul    fondo  (lt>I    iiìare   (piando  non   vi 


Arb 


Arg 


incoia  buona  prosn.  o  iioii  regga  allo  sforzo 
della  catena. 

Arbitraggio:  (Ir.  arbitragc)  operazione 
di  borsa  ])er  cui  il  giudizio  pende  in  fa- 
vore di  un  titolo  più  tosto  che  di  un  altro: 
operazione  di  banca  per  cui  si  lucra  ac- 
(juistando  valori  ove  sono  deprezzati  per 
venderli  ove  hanno  piìi  pregio,  etc.  In  fine 
Tzi  giudizio  di  arbitrii  cioè  arbitrato^ 
come  dice  la  nostra  buona,  ma  poco  usata 
parola.  Arbitraggio  nel  primo  senso  è  voce 
accolta  dalla  Crusca  e  non  disapprovata 
dal  Kigutini.  V.  Lodo. 

Arbor's  day:  «coir avanzarsi  della  pri- 
mavera, si  è  ripresa,  per  parte  della  sco- 
laresca la  piantagione  degli  alberi,  cele- 
brandosi V arbor's  day.  »  (Così  un  giornale 
del  18  Ap.  '900).  Io  direi  la  festa  degli 
alberi,  e  si  dice,  di  fatto,  ma  dal  citato 
esempio  si  capisce  che  questo,  inglese,  è 
modo  più  elegante.  S.  E.  il  Ministro  della 
P.  I.  ha  nell'anno  1900  messo  in  onore 
quest'uso,  porgendo  sfogo  al  rinnovarsi 
della  materia  retorica  che  si  riproduce, 
nelle  nostre  scuole:  onde  discorsi,  allo- 
cuzioni, passeggiate,  riviste  e  simili.  L'in- 
tento di  S.  E.  non  fu,  a  vero  dire,  co- 
testo, bensì  di  ricondurre  al  senso  della  terra 
i  nostri  connazionali  e  ripopolare  i  monti 
di  piante  nuove  dopo  che  furiosamente 
furono  diboscati  in  questi  ultimi  qua- 
j-ant'  anni.  Già  fare  e  disfare  è  tutto  un 
lavorare!  Quest'estate  nel  selvaggio  Ap- 
pennino un  montanaro  dava  colpi  di  bi- 
penne su  di  una  meravigliosa  quercia 
che  pareva  ombrare  tutta  una  china.  Gli 
chiesi  se  conosceva  gli  intendimenti  bo- 
schivi di  S.  E.  il  Ministro.  Mi  rispose  che 
conosceva  solo  l'agente  delle  imposte.  0 
Giovan  Maria  Crescimbeni,  tu  sei  ben  ven- 
dicato! Eitornando  hWArbor'  s  day  e  fuor 
di  scherzo,  notiamo  che  questa  locuzione 
ha  durato  poco  e  come  qualche  altra  stra- 
niera tende  a  sparire  :  non  è  però  senza 
significatola  facilità  con  cui  queste  voci,  se 
appena  possono,  mettono  radice  nel  bel  paese 
che  Appennin  parte  con  quel  che  segue. 

Arcades  ambo  :  (Arcadi  avibedue)  così 
A'ergilio  (Egloga  VII^  4)  chiama  Tirsi  e 
Coridon,  pastori.  Il  motto  è  usato  tuttora, 
specie  con  intenzione  malevola,  come  a 
dire:  intinti  entrambi  della  pece  istessa. 


Arce:  (lat.  arx.,  areis)  latinismo  in- 
vece di  rocca,  spesso  aggiunto  di  Capito- 
lina. Ai  ricercatori  di  finezze  ròcca  deve 
sapere  di  tempi  di  mezzo,  arce  invece  ò 
puro  stilo  romano. 

Ardesia:  pietra  lamellata,  tenera,  di 
color  grigio-turchino  che  serve  a  coprire 
i  tetti  delle  case  nelle  regioni  alpine, 
(fr.  ardoise).  Y.  Lavagna. 

Areca  :  genere  di  palme  che  crescono 
nei  paesi  caldi  (Indie  orientali  e  isole  della 
Sonda)  dell'antico  continente.  È  molto 
nota  V  Areca  Catechu,  detta  palma  di 
Betel,  i  cui  frutti  (le  così  dette  noci  di 
areca  o  di  Pinang)  ravvolti  in  una  foglia 
di  pepe  di  Betel,  vengono  masticati  nel- 
l'India orientale  por  rinforzare  i  denti  e 
correggere  l'alito  cattivo. 

Areonautica  :  in  vece  di  aereonantica  : 
così  è  chiamata  la  scienza  antica  del  tempo 
di  Icaro,  ma  —  per  impulso  di  energia, 
audacia  di  prove,  novità  di  studi  —  pur 
modernissima  che  studia  la  navigazione 
nel  mare  atmosferico. 

Argent:  è  la  parola  magica,  la  leva  più 
solida  delle  umane  azioni,  l'immutabile 
nel  mutabile  storico,  lo  stabile  nel  dive- 
nire dei  fatti.  La  parola  francese  talora 
è  usata  o  per  enfasi  o  per  dar  più  effi- 
cacia alla  frase.  I  milanesi  usano  nello 
stesso  senso  la  voce  dialettale  danée  (de- 
nari), nervus  rerum  gerendarum  ! 

Argentana  o  Argentano  :  V.  Ghristofle. 

Argent  de  poche:  non  infrequente  è 
l'uso  di  questa  frase,  cui  risponde  più  bre- 
vemente la  voce  nostra  spiccioli. 

Argonio  o  Argon:  uno  dei  corpi  sem- 
plici, 0,  meglio,  indecomposti  che  sono 
in  natura.  Entra  nella  composizione  del- 
l'atmosfera. 

Argot:  indica  il  linguaggio  convenzio- 
nale usato  in  ispecie  fra  certe  classi  so- 
ciali come  borsaiuoli,  ladri,  vagabondi, 
contrabbandieri,  cavalieri  d'industria,  me- 
retrici etc.  Vi  risponde  la  voce  nostra 
gergo,  o  parlar  furbesco  o  furfantesco. 
(Viva  il  gergo  d'  allora  e  chi  V  intese. 
Giusti,  Brindisi  di  Girella).  Ogni  paese  ha 
il  suo  gergo,  appunto  come  ogni  paese 
ha  i  suoi  furfanti,  ma  fra  i  più  ricchi, 
vivaci,  mutabili  e  fecondi  è  il  gergo  pa- 
rigino, noto  anche  por  c-^scmo.  por  ragioni 


Ari 


—     28 


Ann 


di  ovidoiiza  realistica,  ponotrato  anche 
nello  opero  letterario  (V.  Y.  Hugo,  E.  Zola) 
e  nell'uso.  Esistono  dizionari  e  studi  molto 
accurati  sul  gorgo  parigino  (Argot)  che 
(lui  è  superfluo  citare.  La  struttura  del 
gergo  consiste  nel  dar  senso  speciale  a 
jjarolo  comuni,  nel  cogliere  analogie,  spesso 
acuto,  tra  nomi  e  cose,  nello  storpiare  vo- 
caboli, etc.  Oltre  che  argot,  i  francesi 
dicono  langue  verte,  ma  questa  seconda 
locuzione  non  è  passata  a  noi.  In  senso 
più  esteso  intendesi  per  argot  il  linguaggio 
speciale  dello  persone  che  esercitano  una 
stessa  professione,  arto  etc,  e  in  questo 
(;aso,  meglio  che  gergo  ohe  ha  senso  fur- 
besco, noi  diremmo  linguaggio. 

Aria:  noi  linguaggio  musicale  indica  un 
pezzo  comunemente  vocale  accompagnato 
da  uno  o  più  strumenti.  Essa  vuole  un 
certo  numero  di  frasi  legato  regolarmente 
0  simmetricamente,  unità  di  concetto  e  di 
tonalità.  L'  aria  cominciò  a  mostrarsi  ti- 
midamente nella  Etiridice  del  Peri  (1600), 
prese  sviluppo  con  Cavalli  e  forma  clas- 
sica con  Alessandro  Scarlatti,  cui  devesi 
l'aria  col  da  capo,  e  nella  quale,  esposto 
il  pensiero  principale,  questo  è  ripreso  dopo 
un  periodo  episodico,  (A.  Galli,  op.  cit.). 

Arioso:  una  sorta  di  recitativo  che  di 
mano  in  mano  va  prendendo  struttura  me- 
irica  e  si  trasforma  in  ai'ia. 

Ariostesco:  da  L.  Ariosto,  creatore  di 
meraviglioso  fantasie  nel  suo  Orlando,  si 
è  foggiato  questo  aggettivo  che  suona 
secondo  i  casi  inverosimile,,  fantastico, 
mirabile. 

Arista:  voce  fiorentina,  registrata  dal 
Petrocchi  fra  le  voci  italiano:  indica  la 
schiena,  il  lombo  del  maialo  (lat.  arista 
:  -  resta). 

Aristo:  voce  del  gorgo  francese  per  ari- 
stoerate. 

Àriston  :  ])iccolo  isti-umento  musicalo 
il  manovella  di  nuova  invenzione  :  specie 
di  organetto.  La  parola  ò  dal  greco  ariston 
che  significa  cosa  ottima. 

Arlia:  voce  dialettale  dell' Alta  Italia 
che  signifi(5a  ubbia,  supersti%ione  o  an- 
(jho  disdetta,  jettatura.  Ingegnosa  è  la 
(•timologia  che  m\  dà  il  Cherubini,  cioè 
da  ariolo  lat.  Iiariolus     .    indovino. 

Arm  :  n(M  (ioiìipostl  spali' arm,  pied'arni! 


La  ragione  della  brevità  del  comando  mi- 
litare spiega  e  giustifica  il  troncamento 
della  parola. 

Armare:  ter.  mar.  che  vuol  diro  for- 
nire lo  scafo  della  nave,  dell' alberatura, 
attrezzi,  sartie,  vele,  macchine  etc.  ;  e, 
se  trattasi  di  nave  da  guerra,  artiglierie 
e  ogni  altra  specie  di  macchine  belliche. 
Il  contrai'io  è  disarmare,  e  ciò  avviene 
0  per  grandi  lavori  di  raddobbo  o  perchè 
il  bastimento  cessa  dal  navigare. 

Armata:  tutte  le  forzo  militari  di  un 
paese;  così  il  Petrocchi,  così  l'uso.  Certo, 
senza  voler  esser  pedanti,  tale  parola  ri- 
corda da  vicino  l'uso  del  fr.  armée,^  come 
è  certo  che  nella  buona  lingua,  armata 
indica  più  specialmente  il  naviglio  da 
guerra.  Ma  chi  ad  es.  traducesse  la  grande 
armée  di  Napoleone  per  il  grande  esercito 
non  perderebbe  forse  di  efficacia  V  A  certi 
suoni  si  accompagnano  corto  idee.  A  ciò 
aggiungo  che  nel  senso  di  esercito  ha 
esempi  antichi,  dell'Ariosto,  del  Pulci, 
del  Magalotti,  del  Forteguerri,  ed  uno  — 
ancorché  dubbio  —  di  Dino  Compagni. 
Lo  registra  perciò  la  Crusca. 

Armoire:  parola  scritta  anche  secondo 
la  pronuncia  armoar:  è  frequento  sì  a 
Milano  che  altrove,  specie  se  si  vuole  in- 
dicare l'armadio  a  luce:  dal  latino  ar- 
marium  =  ripostiglio,  in  origine,  dello 
armi. 

Armonia:  (gr. armonia  —  commettitura, 
concordia,  proporziono,  indi  in  senso  mu- 
sicale anche  in  greco)  così  è  spiegata  nel 
citato  Lessico  del  Galli  :  «  associazione  di 
accordi  governata  da  speciali  leggi  tecni- 
che in  ordino  ad  un  fino  estetico.  E  il  ri- 
sultato di  ogni  buona  aggregazione  simul- 
tanea di  suoni,  così  nei  componimenti  vocali 
come  in  quelli  strumentali.  L'armonia  è 
studio  teoretico,  oruditivo,  mentre  il  con- 
trappunto è  un  esercizio  inventivo:  la 
prima  studia  la  formazione  o  concatena- 
zione degli  accordi,  il  secondo  la  sovraj)- 
posizione  di  cantileno  diverse  :  ma  lo  sin- 
gol(5  parti  della  contestura  dell'  armonia 
possono  produrre  altrettante  cantilene,  t> 
le  sovrapposizioni  disilo  cantileno  produco 
necessariamento  gli  accordi,  e  cioè,  l'ar- 
monia. —  «  È  mercè  lo  studio  dell'  ai- 
«  nionia  elio   1'  allievo    devo    pervenire  a 


Ann 


24     - 


Ars 


«  m.inoggiare  istintivamente  il  contrap- 
<;  punto.  »   —  Così  il  Eiemann. 

Armonium  o  Harmonium  alla  fr.  o 
Armonio',  strumento  musicale  a  tasti 
o  a  pedali  ohe  ha  voce  simile  a  quella 
dell'organo.  Questo  melodioso  istrumento 
che,  come  pare,  è  di  origine  chinese,  giunse 
per  varie  fasi  all'attuale  perfezione,  le  quali 
tolgo  descrivendo  dal  citato  Lessico  di  A. 
Galli  :  Kratzenstein  impiegò  pel  primo  l'an- 
cia vibrante  nei  tubi  d'  organo  nel  1770 
circa.  Poi  l'abate  Vogler  fece  fabbricare 
dal  Eackwitz  l' Orchestrion,  organo  por- 
tatile, nel  quale  seguì  lo  stesso  sistema 
(  1789).  Perfezionato  questo  strumento  dal- 
l'Eschenbach,  prese  il  nome  dì  colo dicon. 
Primo  a  fabbricare  un  organo  congenere, 
e  atto  a  produrre  il  crescendo  e  il  decre- 
scendo del  suono,  fu  il  Grenié  nel  1810. 
Hoekel  di  Vienna  inventò  poscia  la  Fi- 
sarmonica, perfezionata  da  Dietz  col  suo 
aerofono.  Sebastiano  Erard  perfezionò  l'or- 
gano espressivo  od  armonium  (  1827  ). 
Finalmente  Debain  dotò  l' armonium  dei 
vari  registri  imitanti  i  diversi  istrumenti 
(1842). 

Armstrong  :  nota  specie  di  cannone  ri- 
gato a  retrocarica  adottato  da  prima  dal- 
l'Inghilterra, intorno  al  1858,  poi  da  tutte 
le  artiglierie  del  mondo.  Il  nome  proviene 
dall'inventore  ingegnere  e  meccanico  in- 
glese celeberrimo,  Guglielmo  A.,  nato  a 
Newcastle  sul  Tyne,  1810,  morto  a  Londra 
nel  dicembre  del  1900. 

Arpeggio:  consiste  noli' eseguire  succes- 
sivamente le  note  di  un  accordo  anziché 
simultaneamente,  e.  di  solito,  dal  grave 
all'acuto. 

Arpicordo  :  così  denominavasi  il  clavi- 
cembalo sulla  fine  del  secolo  XY.  Più  tardi 
l'arpicordo  venne  chiamato  spinetta. 

Arrangiare  e  Arrangiarsi  e  anche  Ran- 
giarsi  :  termino  volgare  nel  senso  di  ac- 
comodare^ acconciare.,  con  varie  e  note  sfu- 
mature di  significato  ;  è  registrato  dal  Pe- 
trocchi. Voce  non  bella,  proveniente  dal 
francese  se  ranger  o  s'arranger.  Verbo 
speciale  del  gergo  di  caserma. 

Arrembaggio:  V.  Abbordaggio 

Arresto:  por  fermata.,  ristagno.,  sosta: 
Es.  l'arresto  dei  lavori,  ricorda  la  parola 
francese  arrèt. 


Arrière-pensée  :  (pensiero  occulto  men- 
tre so  ne  manifesta  un  altro)  questa  voce 
francese  che  sovente  lessi  ed  udii  pronun- 
ciare con  squisita  compiacenza  come  se 
essa  avesse  un  recondito  e  intraducibile 
significato,  a  me  pare  rispondere  al  nostro 
vocabolo  sottinteso  o  anche  secondo  fine. 
Che  la  lingua  francese  abbia  felicissime 
espressioni  di  cose  precise,  è  vero:  ma 
esagerarne  la  intraducibilità  nella  nostra 
favella  è  un  ben  curioso  fenomeno  di  de- 
bolezza, per  usare  una  parola  garbata. 

Arriva:  term.  mar.  significa  in  alto, 
suW  alberatura  ;  onde  montare  o  andare 
arriva.,  scendere  d'arriva  r=  salire  o  scen- 
dere da  una  parte  qualsiasi  dell'  albera- 
tura della  nave. 

Arrivismo:  neoL  non  infrequente  :  indica 
la  malattia  morale  della  agitata  età  in  cui 
viviamo,  cioè  il  bisogno  di  far  presto,  ar- 
rivare ad  ogni  costo  alla  meta  prefissa  : 
però  che  alla  vita  breve  l'arte  lunga  mal 
si  conviene.  È  una,  cioè,  di  quelle  parole 
che  rispecchiano  il  nuovo  abito  morali^ 
della  società. 

Arsella:  i  diz.  comuni  spiegano  così 
press' a  poco  «mollusco  di  mare  di  gra- 
dito sapore  » .  Nei  varii  dialetti  d' Italia 
specialmente  non  adriatici,  il  nome  di 
arsella  serve  ad  indicare  uno  tra  i  mi- 
gliori molluschi  bivalvi  mangerecci,  ma 
spesso  differente  a  seconda  dei  luoghi. 
Più  frequentemente  è  chiamato  arsella  il 
mìtilo  (Mytilus  edulis),  talora  la  fòlade 
{Pholas  dactylus)^  in  qualche  luogo  la 
tellina^  detti  rispettivamente  dagli  adriaci  : 
peòcio,  datolo  de  mar.,  capa.,  calcinello. 

Arsi  :  (gr.  dQOis)  nella  metrica  greca  o 
latina  significò  la  posa  forte  del  piede  rit- 
mico nei  versi:  l'opposto  di  tesi  =  abbas- 
samento. In  senso  più  largo  tesi  ed  arsi 
usansi  talora  per  indicare  l'onda  del  discor- 
so, il  passaggio  armonico  della  voce  che  si 
inflette  alta  e  vibrante  o  si  abbassa  nel- 
l'orbita del  periodare  grande,  come  bene 
appare  da  questo  passo  ove  il  Carducci 
ragiona  del  Boccaccio  :  «  che  gioia  quando 
(il  Boccaccio)  senti  il  volgar  fiorentino  dei 
Lapi  e  dei  Bindi  sollevarsi  così  magnifico 
nelle  arsi,  cosi  pieno  e  sonante  discenderò 
nelle  tesi!'»  Discorso  sui  parentali  del 
Boccaccio.  Nel  linguaggio  musicale  oggi 


\!- 


Alt 


IHT  thesis  sentendo  il  battere  e  \ìei' arsis 
il  levare  della  battuta. 

Arsenalotto:  operaio  dell' arsenale. 

Articolista:  «^  accettata  la  parola  J.r^?co/o 
nel  senso  di  breve  trattato  o  scritto  inse- 
rito nel  giornale,  non  si  vede  perchè  de- 
vasi rifiutare  la  voce  Articolista,  »  così  il 
Ixigutini.  e  non  ha  torto.  Corto  è  voce  che 
suona  non  bella. 

Articolo  :  non  é  qui  il  caso  di  esporre 
Io  spiegazioni  che  su  l'uso  dell'articolo  dà 
ogni  grammatica.  Noterò  soltanto  che  l'uso 
dell'  articolo,  già  di  per  sé  difficile  è  in 
<  questi  tempi  reso  anche  più.  difficile  per 
l'anarchia  che  regna  nel  parlare  e  nello 
scrivere  comune.  L'anarchia  in  fatto  di 
lingua,  cioè  poter  dire  e  scrivere  come  si 
vuole,  è  segno  indubbiamente  grave.  Parti 
importantissime  del  discorso,  come  arti- 
coli e  preposizioni,  le  quali  sono,  per  così 
dire,  i  perni  su  cui  girano  le  parole,  de- 
vono, quanto  più  si  può,  essere  fìsse  da 
logole  determinate  e  costanti.  Detto  ciò, 
accenniamo  ad  alcuni  errori  od  incertezze 
comuni.  Regola  generale  :  Y  articolo  ha 
valore  determinante  :  ecco  perchè  il  co- 
gnome che  esprime  la  gente,  dovendo  si- 
gnificare un  individuo  di  essa  gente,  ri- 
ceve l'articolo:  il  Petrarea^  il  Tasso  etc. 
Tale  norma  oggi  è  osservata  a  casaccio, 
e,  se  non  erro,  l'articolo  tonde  a  scom- 
parire.. Così  lessi  nei  giornali  :  il  No- 
velli inaugurò  a  Roma  la  casa  di  Gol- 
cloni  e  non  del  Goldoni,  e  l'errore  —  se 
errore  —  passò  inavvertito.  Taluno  ha 
osservato  :  noi  mettiamo  l'articolo  davanti 
ai  nomi  illustri  e  ommettiamo  davanti  ai 
nomi  comuni.  Ma  anche  cotale  regola, 
che  sarebbe  del  resto  assai  arbitraria  e 
bizzarra,  non  è  mantenuta.  Si  intende  però 
*he  «  ci  sono  eccezioni,  pe'  cognomi  di- 
venuti per  una  specie  di  antonomasia  po- 
polari quasi  nomi  propri  di  persona,  come 
(Garibaldi,  Giusti,  Leopardi,  Cavour,  Maz- 
zini; e  così  a  volte  per  ragioni  di  stile, 
come  quando  nel  capitolo  XXX  dei  Pro- 
inessi  sposi  sono  indicati  con  una  meto- 
nimia i  r(\ggimonti  che  passano  di  mano 
in  mano  il  ponte?  di  Lecco;  ovvero  infine 
jitM-  segno  di  amicizia  e  familiarità.  Ma  in 
tutto  il  romanzo,  e  i!|)(ìCÌalmonte  ne'  ca- 
pitoli XXVII  o  XXXll,  dove  s(.n  noverati 


tanti  dotti,  il  Manzoni  a'  casati  premette 
sempre  1'  articolo.  Sia  come  si  sia,  que- 
st'errore s'  incomincia  a  sentire  soltanto 
lungi  dal  Tevere  e  dall'  Arno:  e  mento- 
vare illustri  viventi  e  persone  di  conto  e 
d'autoi'ità  senz'  articolo,  come  si  farebbe 
per  indicare  un  compagno  di  scuola,  pai-e 
a  me  un  metterci  tutti  in  un  mazzo,  a  tu 
a  tu,  non  bella  creanza,  anzi  talora  una 
sgarbatezza.  »  Romanelli,  op.  cit.  \  I  nomi 
propri  d'uomo  non  ricevono  articolo.  Il  Car- 
lo^ il  Luigi  etc,  sono  locuzioni  lombarde 
non  però  con  tutti  i  nomi.  |  Co'  nonii  di 
donna  si  può  premettere  e  tralasciare  l'ar- 
ticolo. Certo  è  che  nella  nobile  prosa  e 
trattando  di  donne  di  gran  rinomanza  e 
rispetto  i  buoni  scrittori  non  ponevano 
articolo.  1  A  proposito  di  nomi  propri  e  di 
anarchia  di  linguaggio  notiamo  che  oggi 
non  solo  negli  uffici  ma  anche  nelle  scuole, 
prevale  l'uso  brutto  di  mettere  prima  il 
cognome  e  poi  il  nome.  Così  dicesi  e  scri- 
YGiiì  Brambilla  Cesare  e  non  Cesare  Bram- 
billa. Ma  se  si  tratta  di  persone  note  e 
di  qualche  levatura  allora  compare  prima 
il  nome  e  poi  il  cognome  :  Silvio  Pellico 
e  non  Pellico  Silvio,  Gabriele  d' Annunzio 
e  non  d'Annunzio  Gabriele;  o  che  in  tempi 
di  gloriosa  e  fiera  democrazia  è  lecito  tale 
dispari  trattamento?  I  nomi  registrati  nel 
libi'O  d'oro  della  gloria  hanno  prima  il 
nome  e  poi  il  cognome  :  Giuseppe  Max- 
%ini.,  Camillo  Cavour  e  non  il  contrario. 
La  ragione  degli  elenchi  non  giustifica 
a  pieno  tale  deplorevole  incertezza,  nò 
l'uso  di  altre  lingue  viene  in  sussidio  a 
spiegar  la  cosa  come  una  imitazione.  Se 
poi  uno  ha  titoli  gentilizi,  accademici, 
cavallereschi,  li  distribuisce  a  spizzico  un 
po'  prima,  un  po'  in  mezzo,  un  po'  in 
fine,  dove  capita  o  pare.  Tanto  per  raffor- 
zare le  nostre  ragioni,  non  già  nella  spe- 
ranza di  limodiare  al  mal  uso,  riporto  qu(>- 
sto  assennate  osservazioni  del  Petrocchi: 
«  Inconvenienti  dello  scrivere  il  casato  do])o 
il  nome.  1.^'  Come  s'è  visto,  si  va  contro 
alla  storia  e  all'uso  del  mondo  civile  del 
nostro  e  degli  altri  paesi.  E  <|uesto  è  il 
meno  peggio.  2.*^  Si  ])orta  un  monte  di 
(M)nfusioni,  ])erchè  son  troppi  1  nomi  di 
Itersona  uguali  ai  casati.  Marcello, Kntt'sto , 
(riovanni,  Ercole^   Nino,   Onofrio,  (>cc.. 


Art 


Ask 


o(!C.  sono  tanto  casati  elio  nomi.  Sti  tu 
ricovi  una  lettera  lìraiata  Oto-vanni  Ercole^ 
come  farai  a  sapere  qiial  è  il  casato  e  quale 
il  nomo?  E  posporre  indebitamente  il  nome, 
non  è  in  quel  caso  e  confusione  e  falsifi- 
cazione? Se  io  mi  chiamo  Oiovanni  Ono- 
frio e  un  altro  si  chiama  Onofrio  Gio- 
vanni è  permesso  a  me  farmi  passare  per 
uno  della  famiglia  Onofrio,  e  a  lui  per 
uno  della  famiglia  Giovanili?  Si  riflettano 
queste  cose,  perchè  i  danni  son  molti,  e 
la  leggerezza  con  la  quale  noi  li  trascu- 
riamo è  troppa.  Confina  con  qualche  cosa 
che  non  vogliamo  dire  »  {Pie.  di%.  en- 
eiclopedico).  1  Ritienesi  per  gallicismo 
brutto  il  ripetere  V  articolo  davanti  il 
superlativo  relativo.  Es.  /'  uomo  il  'piil 
forte.  I  Notiamo  ancora  che  oggi  è  ma- 
niera comunemente  invalsa,  specie  in 
commercio,  di  togliere  il  segnacaso  del 
genitivo,  così  leggerai  :  Esposizione  gara 
(li  Lavoro,  Baule  con  righe  legno,  ma- 
niglie cuoio,  Portacampioni  in  tela  vela 
caffè.  I  Infine  articolo  in  senso  di  capo,  og- 
getto, è  da  ritenersi  per  gallicismo.  Nel- 
l'uso però  trionfa  la  parola  articolo.  Es. 
Articoli  di  novità,  Articoli  di  vestiario  etc. 
Articolo  per  breve  scritto  di  giornale  è 
cosi  penetrato  nell'uso  che,  se  anche  è 
di  provenienza  straniera,  parmi  superfluo 
])arlarne  come  fa  il  Fanfani. 

Articolo  :  nel  senso  di  oggetto,  di  scritto 
giornale,  V.  in  fine  del  precedente  pa- 
i-agrafo. 

Articolo:  ommesso  ne'  genitivi  quando 
il  nome  reggente  ha  l'articolo,  è  caso  fre- 
quentissimo. Ad  es.  le  speranze  di  gio- 
vinezza. Si  osserva  che  per  un  senso  di 
armonia  e  di  euritmia  nello  scrivere  quando 
si  pone  l'articolo  che  determina  davanti 
al  nome,  anche  la  preposizione  o  segna- 
caso che  regge  il  nome  dipendente,  accoglie 
bene  l'articolo.  Onde  dicasi:  speranze  di 
giovanezza  ovvero:  le  sperarne  della  gio- 
vanex,za. 

Arti  grafiche  :  con  questa  locuzione  sono 
oggi  chiamati  i  bozzetti,  le  stampe  de' 
<;artelli,  i  cartelloni,  gli  ex  libris,  le  tes- 
sere, i  fregi,  le  iniziali,  le  testate,  i  fran- 
cobolli, le  cartoline,  le  carte  da  giuoco,  i 
biglietti  di  banca,  etc. 

Artropodi  o  Articolati  :  tipo  di  animali 


col  corpo  diviso  in  segmenti  e  le  zampe 
articolate,  comprendente  varie  classi,  fra 
cui  le  più  importanti  sono  quelle  degli 
insetti,  miriapodi,  (millepiedi)  dogli  arac- 
nidi (ragni)  e  dei  crostacei. 

Asbestos  ghelos:  gr.  riso  interminato, 
inestinguibile,  leggesi  in  Omero.  È  il  gran 
riso  degli  Eroi,  lieti  di  vita  e  di  sensi 
onde,  vei'osimilmente,  la  locuzione  riso  o 
risata  omerica. 

Ascendente:  part.  del  verbo  ascendere, 
mutato  in  sostantivo  ed  usato  in  senso 
di  autorità  morale,  influsso,  potere,  è 
voce  frequentissima,  radicata  nell'  uso. 
Come  origine  è  voce  pura  :  ma  certo  non 
è  creata  da  noi  tanto  è  vero  che  i  dizio- 
nari non  la  notano  in  tale  senso  e  il  Fan- 
fani la  condanna.  Noi  la  subimmo  dal 
francese:  ascendant  zrz  salita  degli  astri 
stili' orizzonte,  e  nel  senso  figurato,  au- 
torità, influsso  etc. 

Ascenseur:  piccola  ed  elegante  cabina 
che  sale  o  scendo  lungo  regoli  nel  vano 
delle  scale  de'  grandi  edifici  moderni,  per 
innalzare  facilmente  pesi  o  persone.  Questa 
parola  nei  dizionari  recenti  è  fatta  italiana 
in  ascensore  ;  ma  nell'uso  prevale  la  ])a- 
rola  francese. 

Ascidia:  animale  marino  per  lo  piii  fisso, 
solitario  o  aggregato,  ravvolto  in  un  in- 
volucro, detto  tunica,  avente  un'apertura 
anteriore  boccale  e  una  laterale  anale. 
Alcune  specie  di  ascidie  (i  piròsomi)  sono 
fosforescenti.  Appartengono  al  tipo  dei 
Tunicati. 

À  sensation  :  modo  oggi  più  che  comune, 
tanto  nella  sua  forma  francese  come  tra- 
dotto in  a  sensazione.  Es.  :  dramma  a 
setisazione;  dove  noi  diremo  d'effetto^  che 
impressiona,  etc. 

Asepsi  :  dal  greco  a  e  sepo  =  non  pu- 
trefaccio. Indica  un  recente  processo  medico 
per  cui  si  impedisce  mediante  ogni  cautela, 
con  r  uso  di  materiale  sterilizzato,  etc, 
l'ingresso  nell'organismo  dei  germi  pato- 
geni. "V asepsi  è  specialmente  usata,  anzi 
è  imposta  negli  atti  operativi,  ad  evitare 
complicanze,  a  impedire  infezioni  secon- 
darie. 

Asino  di  Buridano:  V.  Buridano. 

Aslcaro:  nome  dato  alle  milizie  indi- 
gene mercenarie  della  colonia  Eritrea.  Al 


A^o 


—     27     — 


Ass 


Teuipu  di  tiuello  avventure  e  di  quello 
"guerre  che  ebbero  triste  e  tragico  epilogo 
con  la  giornata  di  Adua  (1*^  marzo  1896) 
il  nomo  era  (comune  tra  noi. 

A  solo:  voce  musicalo  che  indica  un 
motivo  scoperto  di  qualunque  stromento. 
Scrivosi  anche  assòlo. 

Aspic  :  è  così  dotto  un  pasticcotto  di  carne 
()  di  pesco  in  gelatina.  Iaì  voce  è  francese, 
ma  incerta  la  etimologia.  Il  Littro  rac- 
corda questa  voce  ad  aspic,  serpente,  la- 
tino aspis-idis,  quasi  «  freddo  come  un 
aspid<'  :>  (t) 

Asprinio:  nomo  di  vino  bianco  speciale. 
l)rodotto  con  viti  inalberate  nel  circon- 
dario di  Caserta  (Avorsa).  Ha  color  pa- 
glierino, tendente  al  verdognolo,  ricco  di 
acidi  liberi  e  di  anidride  carbonica,  po- 
verissimo di  àlcole  :  diuretico,  piacevole, 
frigido,  eccellente  l'estate,  ma  di  consumo 
locale  non  essendo   atto   all'esportazione. 

Assassina:  (fr.  assassine)  nomo  dato  al 
più  colobi'o  fra  i  nei  artificiali  del  secolo 
XVIll.  Petite  mouche  noire  que  les  feni- 
mes  se  mettaient  autrefois  au-dessous  de 
i'oeil,  pour  dotiner  du  piquant  à  laphy- 
sìonomie.  Ma  oltre  a  questa  mosca  as- 
sassina all'  angolo  dell'  occhio,  v'  era  la 
galante  su  la  guancia,  la  sfrontata  sul  naso, 
la  civetta  vicino  alle  labbra,  la  complice 
per  nascondere  un  taglio  o  un  graffio,  e 
via  via,  perchè  se  ne  disposero  fin  sul  seno 
o  su  lo  spallo. 

Assegnato  :  tv.  assignat,  lat.  assignatus: 
nome  storico  di  biglietti  di  banca  che  l'As- 
semblea nazionale  francese  omise  dal  1'-" 
aprile  1790  al  1796  a  vario  riprese  e  per 
la  somma  di  circa  45  miliardi.  Gli  asse- 
gnati rappresentavano  il  valore  dei  beni 
immensi  che  la  Rivoluziono  confiscò.  Im- 
])osti  a  corso  forzoso  per  quelle  fortunoso 
guerre  e  vicende  e  non  rappresentando 
più  che  una  pai'to  dot  valore  reale,  ven- 
nero deprezzati  con  gravi  danni. 

Assegno:  specie  di  vaglia  bancario.  V. 
Cheque. 

Assenteismo:  vocabolo  non  rc^gistrato  o 
jmro  oggi  (!omunissimo  ])er  indicare  fatto 
costante  doli 'ossero  assento,  specie  con  si- 
gnificato i)olitico.  Es.  l'assenteismo  dei 
proprietari  di  terre. 

Assenza:  tigurataiiuMito  \)Cii'  mancanza. 


come  assenza  di  coraggio,  assenza  di 
lealtà,  invece  di  mancanza  è  reputato  gal- 
licismo. In  fr.  absence  fig.  zzz  manque. 
Es.  absence  de  goùt. 

Assieme:  per  insieme  (dal  lat.  ad  o 
simul)  è  riprovato  a  torto  da  taluni.  Solo 
difetto  ò.  forse,  di  costituire  un  doppione. 

Assimilare  :  indica  nel  linguaggio  do' 
naturalisti  e  de'  fisiologi  il  processo  chi- 
mico per  cui  gli  alimenti  diventano  si- 
mili e  si  incorporano  all'organismo.  Usasi 
fìguratamento  degli  alimenti  morali,  come 
cognizioni,  discipline,  idee,  opinioni,  etc. 

I  puristi  riprovano  tale  uso  come  tolto 
da'  francesi  in  cambio  dell'  italiano  far 
suo.  Tengasi  conto  della  tendenza  odierna 
ad  usare  figuratamente  vocaboli  propri  del 
linguaggio  scientifico.  V.  quello  che  è 
dotto  a   proposito   del  verbo  elettrizzare. 

Assòlo:  termine  musicale.    V.  A  solo. 

Assommoir:  nel  senso  classico  istrumen- 
to,  bastone  piombato  che  uccide,  da  assom- 
mer.  (Cfr.  la  voce  nostra,  morta,  assom- 
mare). Come  neologismo,  fu  già  voce  del 
gergo  per  indicare  una  bettola  d' infima 
specie  in  Belleville^  estesa  poi  a  tutti  i 
luoghi  consimili  ove  si  bevono  liquori  che 
uccidono.  E.  Zola  ne  fece  il  titolo  d'uno 
de'  suoi  più  noti  romanzi  veristi,  tradotto 
in  Scannatoio  (?). 

Assorbire,  assorbirsi:  in  senso  figu- 
rato di  essere  intento,  immerso,  sprofon- 
dato, occupato,  ricorda  ai  puristi  1'  uso 
del  verbo  francese  absorber.,  s' absorber 
(lat.  ab-sòrbere)  =^  se  plonger,  s'abìmer. 
Es.  s' absorber  dans  la  meditation.  Così 
pure  assorbire  è  usato  nel  senso  di  con- 
sumare interam^ente.  Es.  l'uscita  assorbe 
l'entrata.  Il  Rigutini  chiama  sconcio  tale 
modo.  Infatti  il  fr.  dico  lo  stesso.  Es.  le 
luxe  absorbe  les  richesses.  Certo  che  il 
popolo  dice:  «il  guadagno  va  tutto  nelle 
speso..,.  0  le  spese  gli  mangiano  lo  en- 
trato...»  0  altri  modi  consimili. 

Assunzionisti  :  nome  di  un  recente  or- 
dine religioso  cattolico,  diffusosi  in  questi 
ultimi  tempi,  con  larga  e  assidua  propa- 
ganda politico-religiosa,  specialmente  in 
Francia.  Suo  organo  il  giornale  La  Croix. 

II  nom(^  d(U'iva  da  Assunzione,  festa  di 
M.  V.  assunta  in  cielo,  che  ricorre  a  mezzo 
agosto. 


As;t 


Att 


Astensionismo:  ncol.  derivato  da  asten- 
sione: l'atto  doli' astenersi,  specialmente 
dal  partecipare  per  deliberato  proposito 
alle  manifestazioni  della  vita  politica. 

Astraican  :  e  meno  comunemente  astra- 
can, ò  la  pelliccia  ricciuta  e  nera  fornita 
dagli  agnelli  di  una  varietà  nera  della 
pecora  a  coda  adiposa^  allevata  tanto 
nella  Eussia  meridionale  quanto  nelle 
steppe  de'  Turcomanni.  I  berrettoni  dei 
Tartari  sono  pure  fatti  colla  pelliccia  di 
astracan  nero.  Facile  e  comune  la  imi- 
tazione. Il  nome  deve  provenire  dalla  città 
russa  omonima  ove  detta  pelliccia  si  pre- 
para. 

Atassìa:  termine  medico,  derivato  dal 
greco  e  significa  letteralmente  sconcerto^ 
discordanti  a  :  indica  quel  disordine  e  quella 
irregolarità  nel  camminare  che  proviene 
da  un'  affezione  del  sistema  cerebro  spi- 
nale, di  solito  grave.  Dicesi  anche  atassia 
locoìnotrice.  Atòssico  chi  è  affetto  da 
atassia. 

Atàssioo  :  V.  Atassia. 

Atavismo:  lat.  àtavus  =  avo:  il  com- 
plesso delle  forze  ereditarie  della  razza. 
Jj  atavismo  conserva  i  caratteri  fonda- 
mentali d'  una  razza  attraverso  le  gene- 
razioni e  a  dispetto  degli  incroci.  Indica 
altresì  il  comparire  in  un  discendente  di 
qualcuno  dei  caratteri  degli  ascendenti, 
rimasto  per  una  o  più  generazioni  latente. 

Atelier:  voce  francese,  spesso  usata  in- 
vece delle  nostrane  studio  o  laboratorio. 
Es.  la  tal  sarta  ha  uno  splendido  atelier. 

Atellane  (favole):  commedie  satiricbe  e 
popolari  antichissime,  così  denominate  da 
Atella,  città  della  Campania.  Si  crede  des- 
sero origine  alle  maschere  della  commedia 
italiana  (Atellanae  fabulae,  ludi  Atellani, 
ludi  Osci). 

Ateròma  arterioso:  terni,  med.,  altera- 
zione, spesso  generale,  del  sistema  arte- 
rioso caratterizzata  da  un  indurimento 
della  parete  dei  vasi  e  spesso  da  una  tra- 
sformazione calcarea. 

Atonìa  :  gr.  a  -~  senza  e  tonos  zn  tuono. 
>[el  linguaggio  medico  indica  il  rilassa- 
mento di  un  organo  contrattile. 

Atoll:  voce  di  oi-igine  maldiva,  data  alle 
isolo  coralline  dell'Oceano  indiano  e  Pa- 
cifico, di  forma  anulare. 


Atout:  cioè  à  tout^  bon  à  tout,  bon  contre 
tout .  Questo  nome  si  dà  nel  giuoco 
delle  carte  ad  un  convenzionale  seme,  o 
assi,  0  bastoni  etc.  che  batte  le  altre 
carte  come  noi  facciamo  e  diciamo  della 
briscola.  E  a  quel  modo  che  V atout  è  una 
buona  carta,  così  dicesi  per  colpo  di  for- 
tuna. Talvolta,  però,  la  voce  atout  ha  il 
significato  sgradevole  di  rimprovero,  stra- 
pazzata.^ mortiflcaxione.  hj  locuzione  del 
gergo  francese  :  avoir  de  l'atout  zn  avoir 
du  courage.  e  così  pure  nel  senso  di  ca- 
pacités,  talents.  chancìies  de  réiissite. 

A  tout  prix:  ad  ogni  costo^  locuzione 
francese  non  infrequente. 

Atriense  :  latinismo  che  si  legge  nei 
libri  che  trattano  argomenti  di  storia  ro- 
mana: atriensis  è  il  guardiano  dell'atrio, 
il  mastro  di  casa. 

Atrofìa:  gr.  a  =z  senza  e  ifro/e  =:  nu- 
trimento. Nel  linguaggio  medico  indica 
la  mancanza  di  nutrizione  degli  organi  o 
dei  tessuti,  caratterizzata  da  una  notevole 
diminuzione  del  loro  volume  e  peso. 

Attaccamento:  fr.  attachement ;  altra 
parola  non  registrata  dai  nostri  lessici  né 
meno  nel  senso  materiale,  che  dicesi  at- 
taccatura. Solo  il  Tramater  reca  tre  es. 
di  attaccamento  nel  senso  francese,  oggi 
comune  di  affezione.,  affetto  :  l'uno  di  Za- 
nobi  da  Sfrata,  volgarizzatore  della  Morale 
di  S.  Gregorio  Magno,  contemporaneo  del 
Petrarca,  l'altro  del  Magalotti,  il  terzo 
del  Salvini  :  questo  ultimo  a  me  pare  as- 
sai dubbio.  Non  appare  la  necessità  di 
questa  parola  e  perciò  è  difettosa.  Invece 
al  Eigutini  questa  volta  la  voce  pan) 
buona  «  quando  si  voglia  esprimere  non 
il  semplice  affetto,  ma  veramente  lo  stare 
appiccicato  con  l'animo  a  checchessia»  .  Oh, 
va  un  po'  a  indovinare!  Senza  oppormi 
al  ragionamento  dell'  illustre  filologo,  bi- 
sogna convenire  che  il  popolo  non  usa 
tale  vocabolo. 

Attaccar  la  voglia  al  cliiodo:  locuzione 
nostra  e  scherzosa,  di  schietta  formazione 
popolare,  per  dire  rinunciare  per  forza  a 
qualche  diletto,  soddisfazione,  onore. 

Attaché  :  part.  pass,  del  verbo  attacher, 
attaccare  :  usato  quasi  esclusivamente  per 
indicare  quell'ufficiale  che  fa  parte  stabile 
di  qualche  amministrazione  politica  o  di- 


An 


Art 


ploinaticM  ;  cho  sog-uc  (|UJilcho  alto  per- 
sonaggio con  più  0  mono  apparenza  di 
dignità.  Vi  risponde  pienamente  la  parola 
addetto,  ma  Taso  quasi  costante  del  iran- 
<;ese  finirà  col  render  inusitata  la  voce 
italiana. 

Attaches:  la  nuova  moda  di  Francia 
alla  elegante  giarettiera  ha  sostituito  prov- 
visoriamente due  legacci  che  dal  busto 
])artendosi,  fermano  le  calze  dello  donne, 
o  così  francesemente  sono  denominati. 

Atte  lag  e  :  è  quello  che  noi  diciamo  at- 
facco  0  tiro  e  deriva  dal  verbo  atteler. 
Anche  nell'italiano  classico  v'è  il  verbo 
attelare  e  il  part.  attelati,  ma  solo  nel 
senso  di  stendere  in  ordinanza  militare 
l'esercito.  Dev'essere  voce  di  origine  cel- 
tica, ma  notevole  è  come  i  maggiori  lessi- 
cografi (Tommaseo.  Tramater,  etc.)  la  fac- 
ciano derivare  e  panni  erroneamente  da 
tela^  quasi  stendere  a  mo'  di  tela. 

Attendente  :  il  soldato  che  fa  i  servigi 
j)ersonali  all'uffiziale:  termine  alquanto  più 
eufemistico  d'  ordinanza. 

Attinia:  o  anemone  di  mare.  Animale 
marino  sedentario  o  a  lenta  locomozione, 
appartenente  al  tipo  dei  celenterati.  È 
molle,  cilindrico,  cavo,  aderente  al  sub- 
strato per  la  parte  inferiore  e  avente 
nella  superiore  la  bocca,  circondata  da 
tentacoli  retrattili.  Alcune  specie  posseg- 
gono organi  urti  canti. 

Attinìco  :  termine  fisico,  detto  dei  raggi 
dello  spettro  solare,  ultravioletti ,  con 
azione  chimica  (su  le  lastre  fotografiche). 

Attivare  ])'m-  attuare:  Y.  Attivazione. 

Attivazione:  questa  parola  molto  usata 
e  che  pochi  dizionari  registrano,  è  un 
neologismo  cho  ricorda  F  activation  dei 
francesi.  Attivazione  differirebbe  da  at- 
tuazione in  ciò  che  questa  parola  indi- 
cherebbe il  ridurre  in  atto,  quella  il  'prin- 
cipio e  la  sollecitudine  di  un  dato  lavoro. 
Ma  sono  sottigliezze  cho  non  giustificano 
l'abbandono  della  buona  parola.  Ciò  vale 
anche  pel  verbo  attivare  (fr.  activer). 

Attività:  nelle  locuzioni  essere,  mettere 
in  attività  ricoj'da,  il  francese  e7i  activité. 
Certo  noi  possiamo  dire  })iù  brevemente 
impiegato  (V)  in  servizio  e  fuori  servizio, 
legge  in  vigore  etc.  o  si  dico,  non  però 
tanto  che  il  modo  francoso  non  provalga 


specie  nel  linguaggio  degli  uffici.  (Giusta- 
mente il  Rigutini  ripudia  tale  locuzione. 

Attivo  :  nella  tecnologia  e  contabilità 
commerciale  è  1'  opposto  di  passivo  e  si- 
gnifica r  ammontare  dei  valori  posseduti 
0  di  cui  si  è  creditori.  E  siccome  ogni 
operazione  commerciale  si  risolve  in  un 
bilancio  di  dare  ed  avere,  così  la  conta- 
bilità rijiosa  tutta  sopra  un  continuo  rap- 
porto tra  r  attivo  e  il  passivo.  Commer- 
cialmente un'impresa,  un'azienda,  si  di- 
cono attive  quando  i  redditi,  i  proventi, 
i  profitti  sono  tali  da  soddisfare  alle  spese 
e  rimunerare  il  capitale  e  l'opera  dell'im- 
prenditore.  Un  bilancio  attivo,  un  patri- 
monio attivo,  una  situazione  attiva  sono 
tutte  espressioni  indicanti  l'eccedenza  à.Q\- 
V attività  su  la  passzVitò.  Da  questo  senso 
derivano  alcune  locuzioni  e  significati 
estesi  a  senso  morale  come  ynettere  al- 
l'attivo  per  dire  notare  fra  le  qualità 
buone,  positive,  utili,  etc. 

Attorney  :  parola  inglese  che  significa 
press' a  poco  come  procuratore  presso  di  noi. 
L' attorney  general  è  un  ufficiale  publico 
di  nomina  sovrana  rispondente  al  nostro 
procuratore  del  Re. 

Attore  :  in  termine  giudiziario  significa 
colui  che  esercita  un'  azione  in  giudizio, 
notificando  una  citazione. 

Attrito  :  (dal  lat.  ad  e  tero  —  consumo) 
voce  del  linguaggio  fisico  passata  nel  sen- 
so morale  per  indicare  non  tanto  la  di- 
scordia quanto  F  incontrarsi  urtando  ed 
offendendosi  di  volontà,  di  forzo,'  di  sen- 
timenti etc. 

Attualità:  non  nel  senso  filosofico  di 
virtù  attiva^  ma  di  cosa  del  motnento  è 
versione  del  francese  actualitè.  Tuttavia 
questa  voce  è  cosi  entrata  nell'uso  che  si 
può  condannarla  sin  che  si  vuole  ma  non 
si  potrà  impedire  cho  tutti  F  usino  :  una 
questione  di  attualità,  un  libro  di  attua- 
lità etc.  Il  valore  vero  delle  parole  in  ge- 
nere sta  nella  loro  immediatezza  e  com- 
prensibilità. Logica  vuole  adunque  che  si 
faccia  posto  anche  all'  iperbole*  francese 
palpitante  di  attuaiiià.  La  (|ual(»  è  ditt'ormo 
però  al  carattere  della  lingua  italiana.  Di 
simili  fenomeni  ve  no  ha  a  iosa.  Rispon- 
dono i  più:  «ma  le  lingue  si  evolvono!» 
«Certamente,  ma  evolversi  secondo  Fin- 


Ani) 


—     HO 


A  ut 


dole  propria  vuol  dire  vivere,  evolversi 
seguendo  tutte  le  impronte  e  gli  impulsi 
esterni,  significa  corrompersi,  che  è  pre- 
parazione al  Unire.  » 

Au  bout  des  ressources:  ir.  a  corto 
di  spedienti.   In  ìnancanza  di  meglio. 

Audiatur  et  altera  pars  :  si  oda  anche 
r altra  parte:  sentenza  giuridica  divenuta 
anche  popolare;  loggesi  in  Seneca,  Medea, 
atto  II,  scena  2,  v.  199.  Vi  corrisponde 
il  motto  nostro  volgare:  bisogna  sentire 
anche  l'altra  campana,  cioè  per  pronun- 
ciare un  giudizio  equo  conviene  ascoltare 
ambedue  le  parti  contendenti. 

Audiendum  verbum  (ad)  :  lat.  ad  ascoltar 
la  parola,  e  intendesi,  spesso  in  senso  fa- 
ceto, per  ascoltare  parola  di  avvertimento, 
di  esortazione,  di  correzione  da  parte  di 
superiori  e  pi-eposti. 

Audizione  :  nel  linguaggio  musicale  e 
teatrale  così  è  chiamato  l'atto  dell'udire 
un'opera  od  un  cantante:  dal  lat.  audire. 

Au  grand  complet:  modo  di  dire  fran- 
cese non  infrequente,  come  ad  es.  «  ieri 
sera  ebbe  luogo  la  prova  generale  dell'  i- 
naugurazione,  con  esito  soddisfacentissimo. 
Il  teatro  presentava  un  magnifico  colpo 
d'  occhio.  Tutta  1'  eletta  schiera  di  dame 
e  di  cavalieri  era  au  grand  complet.  La 
baronessa  .  .  .  offerse  uno  splendido  servi- 
zio di  rinfreschi  agli  invitati.»  E  poteva 
essere  non  splendido? 

Auna  :  antica  misura  francese  (aune)  di 
poco  superiore  al  metro.  Dal  lat.  z</na, parte 
del  braccio. 

Au  revoir:  arrivederci.^  ar rivederla,  ludi 
gente  mondana  così  dice  spesso,  come  dice 
adieii,  non  addio. 


Era  già  l'ora  che  volge  il  desio 

ai  naviganti  e  "ntenerisce  '1  core 

!o  dì  eh'  han  detto  a"  dolci  amici  addio. 

Leggi  in  quella  vece  adieu  e  vedrai 
beli' (affetto  ! 

Aurica  :  vela  di  forma  trai)ezoide,  come 
randa  e  contro  randa. 

Auri  sacra  fames:  emistichio  del  famoso 
verso  di  Vergilio  (EneideUl,  57  )  ove  raccon- 
ta di  Polidoro,  giovanetto  figlio  di  Priamo, 
trucidato  dal  genero  Polinestore  per  averne 
gli  affidati  tesori.  Quid  non  mortalia  pec- 
toru  cogis  auri  sacra  fames!  (a  che   tu 


non  costi-ijigi  i  mortali,  orribile  cupidigia 
dell'oro!)  Ma  il  sacra  fames  è  intradu- 
cibile. 

Auscultare  :  latinismo  usato  dai  medici, 
e  significa  diagnosticare  le  malattie  dai 
rumori  intei'ni  delle  viscere.  Lo  stetoscopio 
è  il  nome  dello  istrumento,  specie  di  pic- 
cola tromba  acustica  che  usasi  a  tale 
uopo. 

Ausilio:  lat.  auxilium  z::z 'dìuto,  è  d:il 
Petrocchi  notato  fra  le  voci  antiche  e  fuoi- 
dell'uso,  laddove  questa  voce  oggi  è  spesso 
usata,  0  parendo  aiuto  termine  di  troppo 
volgare  o  volendo  con  ausilio  significare 
non  solo  l'aiuto,  ma  il  conforto,  l'appro- 
vazione, il  sussidio  materiale  e  morale. 

Aut  aut:  lat.  o,  o  cioè  «delle  due  l'una» 
e  dicesi  quando  si  voglia  indurre  altrui  a 
concludere,  con  forza  di  dilemma. 

Aut  Caesar,  aut  nihii:  o  Cesare  (Im- 
peratore) o  nie/^^e.  Motto  di  Cesare  Borgia. 
«  Nominis  sui  omon  secutus,  superbum 
vexillis  titulum,  Aut  Caesar  aut  nihil 
inscribi  iussit  ;  quod  Sanazarius  versiculis 
haud  tamen  satis  salsis  redarguit  »  : 

Aut  nihil  aut  Caesar  vult  dici  Borgia:  quidni? 
Quum  simul  et  Gaesar  possit  et  esse  nihil. 

Così  Anton  Maria  Oraziani  nel  Theatrum 
historicum  de  virtutibus  et  viti'is  illu- 
strium  virorum  et  foeiiiùnarum.  (Franco- 
furti,  1661;.  Altro  epigramma  in  proposito 
è  il  seguente  di  Fausto  Maddalena  Eo- 
mano  : 

Borgia  Caesar  erat,  iactis  et  nomine  Caesar, 
Aut  nihil  aut  Caesar,  dixit:  utrumque  fuit. 

Motto  che  è  superba  reminiscenza  del  detto 
di  Giulio  Cesare:  volere  essere  primo,  sia 
pure  in  un  villaggio  delle  Alpi,  che  secondo 
in  Roma. 

Auto:  è  prefisso  che  si  trova  in  gran- 
dissimo numero  di  parole,  specie  neolo- 
giche ;  e  si  presta  egregiamente  a  formare 
tutte  quelle  voci  che  vogliono  indicare  cose 
la  cui  azione  si  sviluppa  da  forze  interne 
e  congenite  o  apparentemente  tali.  Cotesto 
auto  e  il  pronome  greco  avróg  che  signi- 
fica egli  stesso,  il  medesimo.,  già  nell'an- 
tica e  mirabile  lingua  greca  usato  per  for- 
mare moltissime  parole  che  significano 
l'operazione  del  soggetto  sul  soggetto  stesso. 

Auto  :  felice  abbreviazione  che  in  Francia 


A  ut 


31 


Ava 


-■i  {'oco  doli;»  parola  aiitomobile.  V.  questa 
voce. 

Auto  da  fé  :  tormino  spai;iiiiolo  che  let- 
teralmente vuol  diro  atlo  di  fede  e  stori- 
camente significa  il  giudizio  del  Tribunale 
doli'  Inquisizione  contro  un  eretico.  Il  fuoco 
purilìcatore  era  di  solito  1'  istrumonto  del- 
la giustizia.  Auto  da  fé  si  disse  poi  e 
si  dice  tuttora  in  speciali  signiiicati  per 
indicare  distruggere,  ardere.  Es.  la  rivc- 
luzione  del  '81.)  fece  un  auto  da  fé  dei 
titoli  di  nobiltà,  feci  un  auto  da  fé  delle 
mie  lettere  d' amore.  Auto  da  fé  dicesi 
anche  in  francese. 

Autodidatta  e  Autodidattico:  la  seconda 
V(H'i'  usata  come  sostantivo  in  cambio 
della  prima.  Non  sono  nei  dizionari,  né 
anche  in  quello  del  Melzi,  eppure  sono 
parole  usate  per  indicare  persona  che  s'i- 
struì da  sé  senza  maestri  (dal  gr.  autòs 
stesso  e  didasco  =:  insegno).  Neolo- 
msmo  che,  anche  per  ragione  del  suono, 
panni  non  bello.  Come  si  potrebbe  dire 
ad  es.  :  il  Leopardi  fu  un  autodidatta? 
Non  saprei  perchè,  ma  è  modo  che  stuona. 
Il  francese  ha  appunto  la  parola  autodi- 
dacte.  Il  Carducci,  non  mi  ricordo  bene 
in  qual  passo,  usa  questo  neologismo  pur 
avvertendo  che  gli  spiace. 

Autolàtra  :  adoratore  di  sé  stesso.  Y. 
Autolatrìa.  In  fr.   é  autolàtre. 

Autolatrìa:  neologismo  derivato  dal  greco 
*'  significa  adorazione  di  sé  stesso.  In 
fr.   e  autolatrie. 

Automatismo  :  gr.  autòmatos  =  spon- 
taneo. Nel  linguaggio  medico  indica  tutti 
<[uei  movimenti  che  sono  compiuti  senza 
<iì<'  la   volontà  vi  abbia  parte. 

Automobile:  dal  greco  autòs   t:  se  stesso 

mobile:  in  origine  aggettivo  poi  sostan- 
tivo per  indicare  quella  vettura  da  diporto, 
spavento  dei  viandanti,  elegante,  signorilo, 
docile  e  rapidissima  in  gran  voga  in  Fran- 
cia e  dovunque,  la  quale  si  muove  da  sé 
'•on  meccanismi  ingegnosi  e  diversi,  ma 
che  però  attendono  ancora  il  loro  perfe- 
zionamento. Di  qual  genere  è  il  sost. 
automobile?  Se  no  é  disputato  in  Francia 
<'  <iuindi  anche  in  Italia.  Il  genere  ma- 
schilo  tende  a  prevahu-e. 

Automobilismo:  dicesi  di  tuttociò  che 
riguarda  (questa  nuova  specie  di  incazzo  di 


trasporto  e  di  signorile   divertimento  nel 
tempo  stesso. 

Automobilistico:  aggettivo  derivato  da 
automobile.  Es.   gara  automobilistica. 

Automotrice  :  neologismo  detto  di  quella 
vettura  elettrica  la  quale  ha  in  se  1'  aj)- 
parecchio  motore  e  rimorchia  le  altre. 
Automotore  si  dice  di  quel  qualsiasi  ap- 
parecchio che  agisce  da  sé,  indipenden- 
temente dalla  volontà  e  dall'opera  del- 
l'uomo. L'applicare  questo  vocabolo  a  dette 
vetture  non  é  esatto  o  per  lo  meno  é  una 
estensione  impropria  del  vocabolo,  dovuta 
forse  all'apparenza  del  moto  autonomo. 

Autore:  nel  linguaggio  giuridico,  colui 
dal  quale  deriva  una  condizione  di  fatto 
e  di  diritto. 

Autorizzazione  :  francese  autorisation . 
Noi  abbiamo  le  seguenti  molte  parole: 
«  permesso,  concessione,  assentimento,  li- 
cenza, nullaosta»,  prevale  tuttavia  la  pa- 
rola autorixzaxione..  registrata  dal  Tra- 
mater  senza  esempi  e  dal  Rigatini  a 
denti  stretti.  Il  Viani  accetta  il  verbo  au- 
torizzare nel  senso  di  dar  facoltà  mdi  non 
di  confeimare,  render  valido.  Di  auto- 
rixxaxione  non  parla.  La  condanna  il 
Fanfani,  la  registra  il  Petrocchi. 

Autosuggestione:  neol.  del  linguaggio 
medico  che  indica  la  suggestione  che  uno 
esercita  su  di  se  stesso.  Derivati  :  auto- 
suggestionato., autosuggestionabile.,  auto- 
suggestionare.  Nel  linguaggio  familiare 
spesso  si  usa  in  questo  senso  il  verbo 
f nontarsi  o  montarsi  da  sé. 

Aux  anges  :  la  frase  étre  aux  anges  non 
è  rara  nel  fine  linguaggio  mondano,  e 
dicesi  di  chi  assorto,  rapito,  estatico  in 
contemplazione  e  desiderio,  non  di  verità 
speculative,  ma  più  sovente  di  raro  bel- 
lezze e  di  amore  «  va  in  estasi,  al  set- 
timo cielo  »,  ohe  tali  sono  i  modi  italiani 
corrispondenti.  Intesi  dire  da  un  popolano 
in  Romagna  era  inebriato  con  la  sua 
sposa.  A  Venezia:  andar  via  coi  an- 
goli. 

Avallare  :  apporre  la  firma  di  sicurtà  ad 
una  (\'iiiil)iale,  dal  fr.  avaler. 

Avallo  :  cioè  la  firma  di  favore  (V.  ([uesta 
parola)  cIk^  un  terzo  a])pono  ad  una  cam- 
biale quale  si(!urtà  o  malleveria,  non  è 
voce  di    Oga   Magoga   come  dice   il  Los- 


Ava 


32 


Avo 


sico  del  Fanfani  ed  Aiiia,  ma  di  un  paese 
più  vjcino:  la  Francia.  Aval  da  à  e  vai 
zzz  vale,  abreviatioìi  de  valoir^  à  ■valoir 
pour.  Donner^  fournir  un  aval.  Etimo- 
logia preferibile  è  però  aval  da  à  e  vai, 
letteralmente  a  valle  e,  per  estensione,  a 
pie  della  cambiale  ove  si  appone  la  firma. 

Avana  :  sigaro  fino  e  profumato  dal  nome 
della  città  di  Avana  nell'isola  di  Cuba, 
celebre  pe'  suoi  tabacchi.  Dicesi  anche 
di  colore  nocciuola  chiaro  come  è  quello 
appunto  del  tabacco  di  tale  nome  :  simil- 
mente in  francese  vale  nel  gergo  la  pa- 
i-ola  havane. 

Avances:  (letteralmente  anticipo).  La 
frase  fare  des  avances  è  più  che  comune 
e  si  dice  delle  prime  incerte  proposte  di  chi 
desidera  stringere  un  patto,  amicarsi,  spe- 
rimentare l'intenzione  di  qualcuno.  L'  i- 
taliano  ha  diverse  locuzioni  corrispon- 
denti :  far  delle  proposte,  tastar  terreno, 
rompere  il  ghiaccio  ed  altre  consimili. 
Del  resto  il  volere  che  un  motto  di  una 
lingua  risponda  a  capello  a  quello  di 
un'altra  è  cosa  assurda  come  il  preten- 
dere ad  es.  che  un  naso  sia  simile  al  pro- 
prio ;  e  condannarlo  come  biaitto  perchè 
non  è  tale. 

Avanera  (abanera)  :  canzone  dell'Avana 
nella  misura  dupla  di  semiminime,  a  mo- 
vimento moderato,  con  accompagnamento 
tipico  di  una  semiminima,  in  battere,  col 
punto,  seguita  da  una  semicroma  e  da  due 
crome.  A.  Galli,  op.  eit. 

Avanscoperta:  termine  militare;  indica 
quella  fazione  di  guerra  eseguita  in  ispecie 
dalla  cavalleria  o  da  milizie  agili  e  sciolte, 
per  iscoprire  il  movimento  e  le  posizioni 
dell'esercito  nemico. 

Avant-goùt  :  il  primo  sapore  di  qualche 
cosa,  in  italiano  saggio,  assaggio.  Tut- 
tavia nel  linguaggio  mondano  la  voce 
straniera  vince  la  nostra  che  pure  è  di 
ugual  senso. 

Avantieri  :  (francese  avant-hier)  in  ita- 
liano V altrieri,  o  ier  l'altro.  Però  avan- 
tieri mi  pare  ormai  voce  quasi  fuori  del- 
l'uso. La  nota  il  Eigutini. 

Avatar:  nome  dato  nell'Lidia  all'incar- 
nazione d'un  Dio,  specie  del  Dio  Visnù. 

Ave,  imperator,  morituri  te  salutanti 
salute.,   0  imperatore,    quelli  che  stanno 


per  morire  ti  salutano  :  (Svetonio  in 
Claudio)  questo  era  il  motto  dei  gladia- 
tori passando  nel  circo  sotto  il  palco  im- 
periale prima  di  principiare  i  mortali  duelli. 
Il  motto  oggi  è  ripetuto  in  senso  vario 
ed  esteso. 

A  vento  largo  :  andatura  del  veliero, 
il  quale  naviga  col  vento  che  fa  angolo 
tra  i  ^^  e  i  180  gradi  con  la  prua. 

Avenue  :  dal  verbo  avenir:  dicesi  in 
francese  di  ogni  via  che  conduce  ad  un 
dato  hiogo  :  via,  sbocco.,  viale  (a.vhovato). 

Avere:  il  signor  P.  Petrocchi  nel  suo 
dizionario  con  l'autorità  che  gli  proviene 
dal  molto  studio  e  dal  molto  amore,  ha 
contribuito  moltissimo  a  sancire  l'uso  di 
scrivere  ò,  ài,  à,  anno  invece  di  ho,  hai, 
ha,  hanno.  Senza  entrare  in  discussioni 
che  non  sono  qui  opportune,  giova  notare 
che  se  anche  il  Petrocchi  avesse  secondo 
logica  alcuna  ragione,  vi  è  l'uso  e  1'  o- 
sempio  comune  che  valgono  più  di  un'  a- 
stratta  ragione.  E  allora  perchè  non  scri- 
vere ke  in  vece  di  che?  Ma  proprio  da 
vero  era  necessario  complicare  di  que- 
stioni futili  la  questione  grave  della  or- 
tografìa italiana?  Non  pare.  Ed  entrando 
nel  merito,  è  cosa  esatta  che  quell'  h 
abbia  un  semplice  valore  grafìco  e  non 
sia  un  segno,  sia  pur  lievissimo,  di  aspi- 
razione? E  nelle  stampe  cotesto  impercet- 
tibile accento  non  è  egli  facile  trascurare, 
per  errore  del  compositore,  imperfeziono 
del  carattere,  generando  così  confusione 
grande?  Sostituire  nuove  leggi  alle  an- 
tiche e  tradizionali  senza  giusta  ragione, 
ma  per  amore  di  far  cosa  nuova,  è  vo- 
lersi assumere  responsabilità  di  non  lieve 
conto.  Sta  il  fatto  che  l'uso  del  ò,  ài,  à, 
non  attecchisce,  e  le  grammatiche  anche 
recenti  avvertono  essere  in  questo  cosa 
migliore  seguire  l'uso  dei  più  (V.  Gram. 
del  Morandi  e  Cappuccini,  §  21),  che  nes- 
suno fra  i  più  reputati  e  noti  scrittori  vi- 
venti, il  Carducci,  il  Villari,  il  D'Annunzio, 
il  Pascoli,  il  Fogazzaro  etc,  ha  accolto 
tale  grazia  ortografica.  Il  sig.  Petrocchi 
nella  sua  introduzione  dice  che  non  ne  fa 
una  questione  di  vita  o  di  morte  :  oh,  e  al- 
lora non  poteva  lasciar  stare?  A  proposito  di 
questa  nuova  maniera  di  scrivere  mi  piace 
qui  riportare  alcune  osservazioni   dettato 


Avo 


—     33 


Ave 


da  un  caro  amico  mio,  il   quale   essondo 
commissario  in  un  concorso  di  maestri  e 
maestre  olomentari  per  uno  do'  più  grandi 
t'omuni  del  Regno,  ebbe  occasione  di  scor- 
rerò parecchie  centinaia  di  componimenti,, 
no'  quali  la  scrittura  dell'  ò,  à^,  à  si  al- 
ternava con  quella  del^/^o,  hai,  ha.   Egli, 
adunque,  scriveva  in  una  sua  relazione  : 
«  Un  certo  numero  di  candidate  segue  quella 
grafìa  che  alcuni  grammatici  e  lessicografi 
—  il  Petrocchi  innanzi  tutti  —  hanno  mosso 
in  onore;  cioè  di  scrivere  ò,  à^,  cm/?o  per 
ho,  hai,  hanno,  etc,  di  abolire  i  ditton- 
ghi chiamati  mobili,  uo,  «e,   seguendo  il 
suono  della  pronuncia  toscana,  onde  bona, 
scola,  celo,  etc.  Senza  entrare  in  una  que- 
stione grammaticale,  è  nostra  opinione  che 
il  bisogno  di  creare  delle  nuove  difficoltà 
e   disparità   ortografiche  di    carattere  sìy- 
tificioso  mentre  ne  esistono  tante  altre  di 
carattere  reale,  non  sia  sentito    dai   più. 
Aggiungasi  che  tanto  i  migliori  e  più  lo- 
dati prosatori  o  poeti  quanto  gli  scriventi 
nella  lingua  corrente  (confronta  i  giornali; 
preferiscono  la  vecchia  grafia.  Che  se  anche 
si  dissentisse  dalla  opinione  qui  espressa. 
una  via  conviene  scogliere  per  la  scuola, 
cioè  0  imporre  a  tutti  l'uso  della    nuova 
grafia  o  acconciarsi  alla  antica.    Ma  che 
un  duplice  metodo  debba  o  possa   essei'O 
seguito  nelle  scuole,  le  elementari  in  ispe- 
cie,  ove  è  bene  che  le  norme  siano  poche 
ma  salde,  non  ci  sarà  persona  di  buon  senso 
e  senno  pratico  che  voglia  ammettere  » . 
Avere  od  Essere  :  il  primo  aiuta  ogni 
verbo  attivo  e   molti   verbi  neutri  nella 
formazione  dei  tempi  composti,  il  secondo 
il  passivo  in  tutti  i  suoi  tempi,  e  la  mag- 
gior parte  dei  neutri  noi  tempi  composti. 
«Rimettendomi  allo  grammatiche  e  segna- 
tamente a  quella  del  prof.  Fornaciari  per 
le  regole  più  particolari,  qui  avvertirò  il 
lettore   che  voglia  guardarsi   di   dare  al 
verbo  vivere  per  ausiliario  il  verbo  avere, 
e  che  non  dica,  io  ho  vissuto^  ma  io  so7io 
vissuto.  S'intendo  che  quando  questo  verbo 
acquista  natura  di  attivo,    allora,   prende 
per  ausiliario  a«^ere  :  ho  vissuto  ima  vita 
infelicissima.  Un'altra  osservazione  che 
sarà  utile  specialmente  ai  non  toscani  :  i 
tempi    composti   dei    verbi    dc^tti   servili, 
dovere.^  potere.^  e  volere^   quando  sono  in 

A.  Pan/ini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani 


costrutto  coir  infinito  di  un  altro  verbo, 
ricevono  per  regola,  senza  eccezione,  l'au- 
siliare stesso  che  riceverebbe  quell'  infi- 
nito, se  fosse  coniugato  ne'  suoi  tempi 
composti.  Così  ho  dovuto,  ho  potuto,  ho 
voluto  scrivere  questa  lettera,  fare  questa 
faccenda.,  regalare  questo  libro  etc.  e  son 
dovuto.,  son  potuto.,  son  voluto  andare, 
finire.,  morire.,  etc.  Coi  verbi  riflessivi, 
reciproci,  o  pronominali,  l'ausiliare  è  sem- 
pre essere:  mi  son  ferito.,  ci  siamo  bat- 
tuti., mi  sono  comprato  una  casa.  »  Così 
il  Rigutini  con  buona  sintesi.  Quanto  al 
verbo  venire^  che  molti  usano  indifferen- 
temente invece  di  essere  come  ausiliare 
del  passivo,  conviene  avvertire  che  solo 
in  alcuni  speciali  casi  può  riuscire  effi- 
cace e  proprio. 

Avere  alcuno  in  tasca:  modo  familiare, 
usato  in  Toscana  e  alt]-ove  e  significa  in- 
flschiarse7ie.,provar  repulsione^  disprezzo . 

gioco  che  l'hanno  in  tasca  come  noi. 

Gius  li,  S.  Arnh-ogio. 

Avere  un  diavolo  per  capello:  locuzione 
familiare  e  comune  di  qualche  nostra  re- 
gione e  vale  essere.,  specie  per  alcuna  de- 
terminata cagione,  inquieto.,  cattivo,  ner- 
voso., operando  e  parlando  in  modo  con- 
forme. 

Aver  gli  occhi  di  bove  odi  bue:  locu- 
zione nostra  familiare  che  significa  veder 
le  cose  esagerate,  di  maggior  importanza 
che  elle  non  siano.  Opina  il  volgo  aver 
le  pupille  del  bue  facoltà  di  veder  ingi- 
gantiti gli  oggetti,  ondo  trae  argomento 
per  ispiegare  la  docilità. 

Aver  le  mani  in  pasta:  locuzione  no- 
stra familiare  che  significa  aver  ingerenza, 
pratica  in  qualche  faccenda.  Traslato  evi- 
dente del  fornaio  che  lavora  la  pasta  e 
sa  trarne  fuori  il  pane  lui,  meglio  e  più 
spiccio  dogli  altri. 

Aver  piena  l'anima  o  le  scatole  di, 
etc.  :  modo  familiare  e  vale  non  poterne 
piti,  essere  seccato,  stufo  di  cosa  alcuna, 
e  simili.  Altro  invece  è  aver  l'anima 
piena,  che  ha  nobile  senso  di  passione  o 
di  sentimento  che  pervado  e  domina  l'a- 
nima. 

Avest  così  in  Lombardia  i  tecnici  chia- 
mano i  diversi  piani  a  cui  si  trovano  le 


Avi 


—     34    — 


Azz 


acque  sorgive  o  acque  freatiche  :  dal  la- 
tino akms? 

Aviàrio  :  (dal  lat.  ams  =  uccello)  gran- 
dis^sima  gabbia  ove  ne'  giardini  zoologici 
si  tengono  le  varie  specie  di  uccelli,  sì 
che  una  certa  larghezza  di  volo  porge 
loro  l'illusione  della  libertà. 

Avvenirista:  neologismo  non  infrequente 
e  non  bello.  Dicesi  di  chi  in  politica  o 
anche  in  arte  aspira  ardentemente  e  in- 
consultamente al  domani:  il  che,  dato  il 
rapido  anzi  vertiginoso  mutarsi  odierno 
delle  cose,  non  è  senza  ragione.  E  con 
tutto  ciò  l'uomo  sarà  sempre  lo  stesso  e 
il  detto  nihil  sub  sole  novuni  non  tra- 
monterà ! 

Avviliente:  questo  part.  pres.  del  verbo 
avvilire  è  frequente  nell'uso,  ma  non 
trovo  registrato.  Il  simigliante  si  potrebbe 
dire  di  altri  part.  presenti  efficaci,  usati 
nelle  scritture  moderne  eoa  certa  predile- 
zione artistica  di  rinnovare  la  forza  del 
participio  presente,  e  non  registrati. 

Avviso:  ter.  mar.,  bastimento  militare 
di  forme  snelle  e  velocissimo,  destinato 
a  portare  avvisi  alle  armate. 

Avvistare:  i  dizionari  recano  questa 
parola  nel  senso  di  giudicare  ad  occhio^ 
misurare  dalla  vista^  che  mi  pare  assai 
raro.  Più  frequente  è  l'uso  di  avvistare 
detto  specialmente  delle  navi  quando  co- 
minciano a  scorgersi  su  la  linea  dell'oriz- 
zonte. In  francese  aviser  vale  appunto 
anche  apercevoir  d'assex  loin. 

Azimut:  voce  araba.  Termine  astrono- 
mico universale  che  indica  l'angolo  che  fa 
col  meridiano  il  piano  verticale  d'un  astro. 

Azionare:  nel  linguaggio  dei  tecnici  è 
voce  comune,  nel  senso  di  muovere,  met- 


tere in  a%,ione  parlandosi  appunto  di  mac- 
chine e  ordigni  meccanici.  Nessun  dizio- 
nario la  registra.  Il  francese  ha  il  verbo 
aetionner  sì  nel  senso  di  intentare  una 
azione  giudiziaria  come  nel  senso  di  met- 
tere in  moto.  Manifestamente  noi  traemmo 
azionare  dal  francese. 

Azione  civile  :  è  una  domanda  giudiziale 
con  la  quale  uno  si  faccia  a  chiedere  o  al 
giudice  civile,  ovvero  al  giudice  penale 
(quale  parte  civile)  la  tutela  di  un  inte- 
resse civile. 

Azzardare  :  per  rischiare  e  azzardo  per 
rischio  sono  voci  da  taluni  riprovate  come 
gallicismi.  Sarà  anche,  ma  l'uso  ne  è  così 
antico  e  popolare  che  anche  la  Crusca 
registrò  la  locuzione  giuochi  d' azzardo  ;  e 
come  dire  altrimenti  per  chi  vuol  essere 
inteso?  giuochi  di  ventura  o  di  fortuna? 
Si  può  forse  osservare  come  la  parola  ita- 
liana zara^  giuoco  con  tre  dadi  (Cfr.  Dante: 
Quando  si  parte  il  giuoco  della  zara) 
proviene  dalla  stessa  parola  araba  zar  = 
dado,  da  cui  deriva  la  parola  francese 
hasard:  questa  visse  e  germinò,  quella 
morì. 

Azzardo  :  per  rischio^  cimento^  peri- 
colo. V.  Azzardare. 

Azzeccagarbugli:  felice  creazione  di 
nome  e  personaggio  dovuta  al  Manzoni 
(Promessi  Sposi).,  divenuto  poi  tipo  per 
indicare  un  avvocato  che  faccia  astuto 
mercimonio  del  suo  ufficio.  Questo  nome 
è  formato  da  azzeccare  cogliere  e  gar- 
bugli (milanese  garbui)  intrigo  di  cose 
e  persone.  Del  resto  il  popolo  ha  un'arte 
sua,  speciale  e  istintiva,  nel  creare  tali 
nomi  significativi  delle  cose:  all'artista  il 
perfezionarli  e  adattarli. 


Babà:  specie  di  dolce  francese,  fatto 
di  lievito,  condito  con  uva  di  Corinto,  ce- 
drato e  liquore:  di  origine  polacca. 

Babirussa:  (term.  zool.  Porcus  baby- 
russa)  è  un  suino  o  cignale  di  Celebes 
«  alcune  isole  vicine,  di  mole  considere- 
vole. Possiede  dei  canini  grandissimi,  curvi, 
-esterni  ;  rivolti  verso  1'  alto  anche  i  due 
della  mascella  inferiore. 

Babordo:  term.  mar.,  il  lato  sinistro 
della  nave  quando  la  si  consideri  dal  lato 
di  poppa.  È  l'opposto  di  tribordo  che  in- 
dica il  lato  destro. 

Baby  :  in  inglese  vuol  dir  lo  stesso  che 
bébé  francese,  ma  sembra  più  elegante  per- 
chè meno  comune.  Binibo^  bambolmo, 
bambino^  barnboeeino^  putto ,  «  putelo  » 
puttino^  piccino^  citto,  eittino^  manimo- 
Uno  sono  pui-  belle  parole  di  nostra  lin- 
gua !  Ma  il  bambino  di  fine  eleganza  spesso 
■è  baby  e  i  suoi  sono  abiti  da  baby.  V.  Bébé. 

Baccalà:  nome  dato  in  molte  regioni 
d! Italia  al  merluzzo  essiccato  {Qadus  mor- 
rhua).,  voce  proveniente  dallo  spagnuolo 
bacalao. 

Baccarat  v  Baccarà:  giuoco  di  ventura 
0  di  azzardo  fra  i  più  rovinosi  che  si  fa 
oon  un  mazzo  di  cinquantadue  carte  :  uno 
tien  banco  e  gli  altri  puntano.  Il  guadagno 
o  la  perdita  dipendono  dalla  somma  for- 
mata dai  punti  dello  duo  carte  che  cia- 
scun giocatore  riceve.  Ha  questo  giuoco 
una  certa  somiglianza  con  l'altro  detto 
macao.  Il  Baccarat  è  giuoco  antico  e 
•credesi  introdotto  da'  francesi  dopo  la  ca- 
lata di  Carlo  Vili.  Viceversa  i  francesi 
lo  vogliono  di  origino    italiana  e  di  quel 


tempo.  Secondo  altri  è  di  provenienza  pro- 
venzale. Il  nome  gli  viene  dai  punti  10, 
20,  e  30  detti  Baccarà.  V.  Golii  op.  cit. 

Baciamano:  omaggio  che  il  vassallo 
rendeva  al  signore  baciandogli  la  mano. 
Cerimonia  che  ora  non  usa  più  se  non 
alla  corte  di  Spagna  e  di  Eussia.  In  al- 
cuni paesi  del  Veneto  si  dice  basaman., 
l'atto  0  la  cerimonia  con  cui  uno  chiede 
la  mano  d'una  fanciulla. 

Bacilli  di  Koch:  V.  bacteri  e  tuberco- 
losi. Coch  (Roberto)  di  Klausthal,  n.  nel 
1843,  celebre  medico  e  bacteriòlogo,  fu 
lo  scopritore  di  detti  bacilli  onde  si  ge- 
nera una  deUe  malattie  più  esiziali  e  uni- 
versali, cioè  la  tisi. 

Bacillo:  dal  latino  bacillum  =  baston- 
cello. Per  la  etimologia  e  pel  senso  pari 
a  bacteri.  V.  questa  parola  con  cui  forma 
doppione. 

Bacino  di  carenaggio:  ter.  mar.,  lunga 
fossa  semiellittica  costituita  con  solide 
opere  di  muratura  sotto  il  livello  del  mare, 
ne'  grandi  porti,  destinata  a  contenere  al- 
l'asciutto quel  bastimento  a  cui  si  devono 
fare  opere  di  raddobbo. 

Backfìsch  :  nei  paesi  tedeschi  significa 
'pesciolino  fritto  e  quivi  si  dice  comu- 
nemente, per  celia  e  senza  alcuna  inten- 
zione offensiva,  di  quelle  giovanetto  tra 
i  12  e  16  anni  che  non  sono  ancora  uè 
carne  né  pesco.  Fra  i  popoli  del  Nord,  in 
cui  lo  sviluppo  è  i)iù  tardo,  quello  stato 
lìsiologico  dovoa  avoro  un  suo  nomo.  Nella 
traduzione  di  quella  faceta  commedia  te- 
desca che  fu  per  molto  tempo  delizia  dolio 
nostre  platee:   Guerra  in  tempo  di  pace 


Bac 


36 


la  parola  backflsch^  se  ben  ricordo,  fu 
resa  per  pesciolino  fritto^  che  era  inin- 
telligibile. La  parola  backfisch  non  è  del 
tutto  ignota  fra  noi. 

Bàckhand:  così,  con  voce  inglese,  si 
chiama  il  colpo  dato  con  la  mano  di  ro- 
vescio, e  portata  alla  sinistra  del  corpo 
nel  giuoco  della  Palla  Corda  (Tennis).  Il 
nobile  giuoco  anche  in  Italia  è  giocato 
con  parole  inglesi. 

Bactèri  o  battèri  :  (V.  protisti  — :  primi 
esseri  organizzati)  sono  così  chiamati  gli 
organismi  misteriosi  e  infiniti  del  mondo 
infinitamente  piccolo,  perchè  taluni  fra 
essi  alla  vista  del  microscopio  rendevano 
aspetto  cilindrico,  specie  di  bastoncelli,  e 
appunto  in  greco  bactirìa  =  il  bastone. 
Vecchi,  dunque,  nome  e  cosa,  questa 
la  vita:  nuova  la  osservazione  e  studio 
dell'uomo.  Il  nome  di  solito  è  usato  nel 
numero  del  più  e  vale  ad  indicare  una 
categoria  di  microbi  o  po'otisti.  Hanno 
forma  globulare,  a  filamento,  a  spirale, 
ondulante.  Per  la  maggior  parte  sono 
estremamente  minuti  e  presso  che  inco- 
mensurabili.  I  bacteri,  come  tutti  gli  esseri 
viventi,  vanno  soggetti  alle  condizioni  fa- 
vorevoli e  sfavorevoli  dell'  ambiente  in 
cui  vivono  :  e  dalle  influenze  specialmente 
sfavorevoli  degli  agenti  chimici  e  fisici 
su  questi  esseri,  si  sono  dedotte  molte 
cure,  come  V antisepsi  in  medicina  e  in 
chirurgia  e  la  sieroterapia.,  cioè  V atte- 
nuazione della  virulenza  de'  batteri  pato- 
geni., di  que'  batteri  che  sono  specifici  di 
alcune  malattie  di  carattere  infettivo.  Aria, 
acqua,  corpi  organici  e  organizzati  costi- 
tuiscono l'ambiente  sul  quale  agiscono  i 
batteri  i  quali  assumono  diversi  attributi 
secondo  gli  effetti  che  producono:  colora- 
zione, putrefazione,  fermentazione,  ma- 
lattie etc.  I  bacilli  patogeni  specifici  di 
alcune  malattie,  hanno  nome  dallo  sco- 
pritore. 

Bacteriologìa:  trattato  e  studio  de'  bac- 
teri, alla  quale  scienza  naturale  detta  an- 
che protistologia.,  cioè  studio  dei  primis- 
simi esseri,  ricorrono  specialmente  la  me- 
dicina e  la  chirurgia  per  quelle  malattie 
che  sono  cagionate  da  speciali  bacteri  o 
protisti  patogeni  (carbonchio,  tubercolosi, 
tifo,  colera  etc). 


Badilante:  termine  lombardo  e  anche 
veneto,  di  largo  uso  e  di  buona  formazione- 
(badilant).  Indica  quella  speciale  classe 
di  manovali,  per  lo  più  giornalieri,  addetti 
a  quo'  molti  lavori  per  cui  occorre  il  badile. 

Baedelcer:  nome  deUe  Guide  di  ogni 
principale  paese  in  varie  lingue  tradotte^ 
universalmente  note  e  pregiate  per  la  loro 
precisione  e  praticità,  così  chiamate  da  Carla 
Baedeker  (1801-1859)  di  Essen,  libraio  a 
Coblenza,  che  primo  imaginò  cotali  ma- 
nuali. 

Bagage:  «il  bagage  delle  parole,  il  Z>a- 
gage  intellettuale,  il  bagage  ai-tistico  »  e 
simili,  sono  bruttissimi  modi  che  ho  inteso 
dire  sovente  e  con  pretensione  di  eleganza. 
Corrisponde  ad  un  uso  figurato  e  fami- 
liare proprio  de'  francesi  del  vocabolo  ba- 
gage =:  bagaglio. 

Bagarinaggio  o  bagherinaggio:  V.  Ba- 
garino. 

Bagarino  :  voce  dialettale  romana,  estesa 
poi  in  Lombardia  ed  altrove;  appunto- 
perche  la  gramigna  e  le  male  piante  si 
espandono  facilmente.  Bagarino  è  colui 
il  quale  fa  incetta  del  mercato  aUo  scopo 
di  rialzarne  artificiosamente  e  disonesta- 
mente il  prezzo.  A  Milano  ebbero  rino- 
manza i  bagarini  della  Scala.  Derivato 
bagarinaggio . 

Bàgher  :  corruzione  del  tedesco  wageoi^ 
voce  lombarda,  registrata  anche  dal  Pe- 
trocchi il  che  vuol  dire  che  tale  voce  è 
usata  anche  in  Toscana.  Indica  una  car- 
rozzina con  0  senza  mantice,  quattro  ruote^ 
senza  cassetta  e  senza  sportelli.  In  Eo- 
magna  dicesi  carrettella. 

Baggiano:  è  una  voce  prettamente  to- 
scana per  baggeo.,  semplicione^  da  poco. 
Bagiane  in  milanese  vuol  dire  le  fave  ; 
e  così  pure  in  Komagna  certa  specie  di 
fave  grosse  e  fresche  da  cuocersi,  e  così,, 
credo,  altrove.  Ora  in  quello  stesso  modo 
che  da  baccello  sono  stati  detti  baccelli y 
baccelloni  e  da  pisello  piselli.,  piselloni 
certi  uomini  semplici,  scimuniti  e  di  so- 
verchio creduli,  così  derivò  il  nome  bag- 
giano per  semplicione.  Col  nome  Bagià 
chiamano  tuttora  i  Bergamaschi  i  Milanesi. 
Y,  a  questo  proposito  i  Protnessi  Sposi 
(Capitolo  XYII):  <^  chi  è  nato  nel  milanese, 
e    vuol    vivere  nel  bergamasco,   bisogna 


Bh 


H7     — 


r.ai 


prondersolo  in  santa  pace.  Per  questa 
g(Mite,  dar  del  baggiano  a  un  milanese, 
ò  come  dar  dell' illustrissimo  a  un  ca- 
valiere » . 

Bàglio:  ter.  mar.,  trave  squadrata  a 
forma  di  T  posta  di  traverso  delle  navi, 
por  sostegno  del  ponte  o  por  collegamento 
dei  fianchi. 

Bagna,  bagniffa  o  bargniffa:  (queste 
ultime  duo  voci  alquanto  fuor  d'  uso  o 
US  ite  per  celia)  dicesi  in  dialetto  lom- 
bai'do  per  indicare  il  sugo,  l'unto  delle 
carni  in  umido  nel  quale  si  intinge  a 
bagno  pane  o  polenta.  Bargniffo  nel  Ve- 
neto si  usa  dire  di  i)ersona  astuta  e  te- 
mibile per  la  sua  furberia. 

Bagnare  i  galloni:  dicono  gli  ufficiali 
quando  por  alcuna  promozione  regalano  e 
fanno  festa  ai  colleghi.  Mi  pare  manife- 
stamente che  sia  la  locuzione  francese  del 
gergo,  arroser  ses  galons  :=  régaler  ses 
camerades  a  l'occasion  d'une  promotion. 

Bagnasciuga:  in  marina  indica  quella 
stretta  zona  all'esterno  dello  scafo  e  al  di 
sopra  delle  linee  di  galleggiamento,  che  si 
bagna  e  si  asciuga  per  effetto  del  continuo 
ondeggiare  delle  acque. 

Bagnino:  nell'uso  comune  significa  co- 
lui che  prepara  il  bagno,  aiuta  il  bagnante, 
lo  asciuga,  etc.  Questa  voce  non  si  riscontra 
nei  dizionari.  Il  Fanfani  la  riprende  fie- 
ramente dicendo  che  bagnino  significa  jìic- 
colo  bagno  e  nel  senso  d'inserviente  de- 
vesi  dire  bagnaiuolo.  E  bagnaiòlo  (senza 
il  dittongo,  ben  si  sa)  scrive  il  Petrocchi. 
Ma  nell'alta  Italia  questa  voce  non  sa- 
rebbe gran  che  intesai  Ma  v' è  di  piii:  in 
tutti  i  luoghi  di  bagni  e  di  terme  intesi 
dire  bagnino,  non  esclusi  i  luoghi  di  To- 
scana. Oh,  dunque? 

Bagolòn:  voce  caratteristica  lombarda 
0  meglio  meneghina  e  dicesi  del  chiac- 
cherone  che  le  sballa  grosse  per  la  ma- 
nia di  parlare  e  di  far  la  frangia  alle  coso. 
Questa  i)arola  dialettale  può  raffrontarsi 
con  le  voci  nostre  antiche  e  morte  bega- 
lare  e  begolardo  zzi  ciarlare  e  ciarlone? 
<Cfr.  il  sonetto  di  Cecco  d'Angelicri  contro 
Dante):  Danto  Alighior,  s'io  son  buon  bego- 
lardo 

tu  mo  no  tion  boa  la  lancia  a  lo  roni, 
s'io  pianso  con  altrui,  et  tu  vi  coni, 


s'io  mordo  '1  grasso  et  tu  ne  succi  il  lardo. 
S'i'  son  sboccato,  et  tu  poco  t'affroni, 
s'i'  son  fatto  romano  et  tu  lombardo 

si  che  laudato  iddio,  rimproverare 
pò  l'un  a  l'altro  poco  di  no'  due, 
sventura  o  poco  senno  ce  '1  fa  fare. 
Et  se  di  tal  matera  vo  dir  piue, 
rispondi  Dante,  ch'io  t'harò  a  mattare, 
eh  io  son  lo  punciglione  e  tu  se  '1  bue. 

Bagolonar  per  ciarlare,  parlar  lom- 
bardo, fu  usato  dal  Carducci  in  un  suo 
potente  scritto  intitolato  Mosche  cocchiere 
nel  quale  si  oppone  agli  esageratori  della 
teoria  manzoniana,  e  sostiene  la  italianità 
e  il  valore  dei  vari  dialetti.  Il  passo  è 
questo  :  «  in  mezzo  al  più  puro  bagolonar 
meneghino  non  vennero  su  il  Cattaneo 
ed  il  Correnti,  gli  ultimi  e  nervosi  e  ro- 
busti prosatori  italiani,  respiranti  a  pieni 
polmoni  l'integro  classicismo  italiano?  » 
I  sostenitori  del  modello  toscano  ad  ol- 
tranza farebbero  bene  a  «  pensarci  su  !  » . 

Bagolòn  del  luster  :  locuzione  milanese 
e  meneghina  relativamente  recente.  Di- 
cesi di  chi  spaccia  frottole  (V.  Bagolòn) 
e  verosimilmente  si  disse  prima  di  coloro 
che  agli  angoli  delle  vie  spacciano  pat- 
tina {luster)  da  scarpe  od  altro,  allet- 
tando i  gonzi.  Se  questa  spiegazione  poco 
soddisfacesse,  sene  potrebbe  pensare  un'al- 
tra: lustrare  in  italiano  e  in  lombardo 
familiarmente  vale  adulare.,  onde  bagolòn 
del  luster  varrebbe  chiacchierone  che  loda^ 
adulatore. 

Bag-pipe:  ingl.  cornamusa^  rampogna. 

Baiadera:  dal  portoghese  bailadeira  = 
danzatrice  e  cantatrico  publica  nell'India. 

Baiooli  :  specialità  di  biscotto  veneziano, 
specie  di  cantucci  toscani,  ma  in  fette 
ai^sai  fini.  «  Dicesi  baicelo  por  similitu- 
dine, benché  grossolana,  alla  figura  dei 
piccolissimi  cefali,  chiamati  appunto  Bai- 
celi ».  (S.  Boerio,  diz.  veneziano.)  Etimo- 
logia un  po'  grossolana  ;  o  perchè  no  dal 
color  baio? 

Baignoire:  n.  f.  in  francoso  indica  la 
vasca  da  bagno  e  per  estensione  certi 
palchi  ampi  e  sporgenti  nella  prima  fila 
dei  teatri.  Usasi  anche  in  italiano  corno 
esempio  dimostra:  «nella  prima  galloria 
i)  nello  baignoires  furono  puro  posti  dei 
tavoli  » . 


Bai 


38 


Bau 


Baita  :  termine  lombardo  {baita)  il  quale 
indica  una  speciale  forma  di  capanna  co- 
stririta  sull'Alpe  con  grosse  e  rozze  pietre 
formanti  un  muro  a  secco,  e  coperta  di 
lastre  d'ardesia.  Serve  di  ricovero  e  al- 
bergo ai  pastori  nell'estate.  Indica  altresì 
quel  capanno  che  i  cacciatori  fanno  nei 
paludi  per  attender  la  caccia  (Cherubini). 
Nel  Veneto  dicesi  bàito  per  indicare  la 
rozza  capanna  alpestre. 

Balayeuse  :  letteralmente  vuol  dire  la 
scoyatrice  :  nel  linguaggio  della  moda  in- 
dica quella  frappa  che  nelle  gonne  a  stra- 
scico, come  oggi  costumano,  difende  inter- 
namente l'orlo  e  l'adorna:  salvagonne  o 
paraveste.  V.  Manteau. 

Balbettone:  per  balbo.,  balbuziente .,  bal- 
bettante leggesi  negli  Scritti  inediti  o  rari 
.di  A.  Manzoni  Voi.  V.,  lettere  a  N.  Tom- 
maseo. Curiosa  parola  che  il  Manzoni  creò 
forse  per  l'idea  di  attenuare  il  senso  troppo 
forte  delle  altre  voci  sinonimo. 

Balipèdio:  il  terreno  ove  si  fanno  i  tiri 
di  prova  delle  artiglierie. 

Baliverne:  discorso  frivolo.  Appartiene 
al  novero  di  quelle  parole  francesi  usate 
solo  dalla  gente  preziosa  e  mondana. 

Balla:  voce  lombarda,  usata  anche  nelle 
altre  regioni  settentrionali  d' Italia,  che 
significa  frottola.^  fandonia.,  seioochezxa. 

Ballast  e  Balast:  voce  inglese,  usata 
anche  in  francese  e  dai  tecnici  nella  nostra 
lingua.  Indica  specialmente  quel  letto  di 
ghiaia  che  serve  a  colmare  e  trattenere 
le  traversine  della  via  ferrata  su  le  quali 
si  adagiano  le  rotaie. 

Ball-flower:  ornamento  caratteristico 
dello  stile  inglese,  ad  archi  acuti  :  con- 
siste in  una  palletta  formante  il  cuore  di 
un  fiore. 

Ballo:  dramma  eseguito  con  danza  e 
pantomina  e  costantemente  accompagnato 
da  musica  sinfonica,  imitativa,  descrittiva, 
danzante,  come  Gavotte,  Minuetti,  Galop, 
Czardas,  Polke,  Mazurke,  Valzer,  Polac- 
che, ecc.  Cangiando  forme  coreografiche 
e  musicali,  ebbe  voga  in  tutti  i  tempi. 

Ballo  di  San  Vito:  V.  Corea. 

Ballon  d'essai:  locuzione  giornalistica 
francese  :  letteralmente  significa  pallone 
di  prova  per  esperimentare  la  direzione 
del  vento.  Figuratamente  significa  una  no- 


tizia capziosa  data  come  certa  di  uà 
fatto  di  cui  ancora  si  discute,  e  ciò  per 
saggiare  il  giudizio  del  publico  e  quindi 
regolarsi  in  conformità.  Per  es.  :  la  notizia 
del  trasferimento  del  prefetto  di  Milana 
non  è  che  un  ballon  d'essai. 

Ballottaggio  :  è  il  fr.  ballottage  cioè  il 
secondo  scrutinio  nelle  elezioni  politiche. 
Ballottaggio  è  voce  antiestetica  per  lo  menOy 
«  ma  non  è  possibile  cacciarla  né  con  ra- 
gioni né  con  lepidezze.»  Così  il  Rigutini. 

Baldsa:  voce  del  dialetto  romagnola 
che  significa  la  castagna  lessata,  calda- 
lesse. 

Baloss  :  voce  lombarda  e  dell'  alta  Emilia: 
birbante.,  furfante.,  e  dicesi  anche  per  celia, 
col  diminutivo  balossett,  balossetta,  l'ac- 
crescitivo balossòn  e  l'astratto  balossàda 
=  birbonata. 

Balsamino  o  bersamino:  specie  di  viti- 
gno delle  Marche,  simile  al  marxabino' 
di  Romagna,  così  detto  per  metatesi,  e^ 
al  mar%emino  veneto  :  uva  nera,  dolce,  di 
molto  colore. 

Balusco  :  voce  dialettale  romagnola  da, 
luseo  e  losco.,  detto  di  guardatura  e  di 
occhi  guerci  o  torvi.  Il  dialetto  di  Roma- 
gna è  schiettamente  italiano:  ciò  sia  detto 
per  coloro  che  restringono  l' italiano  alle- 
mura  fiorentine  «  dalla  cerchia  antica  »  del 
tempo  di  Cacciaguida. 

Bamboli  :  in  fr.  o  più  italianamente^ 
bajubù.,  graminacea  gigantesca,  originaria, 
dell'India  e  d'altri  paesi  caldi  {bambula 
arundinacea). 

Banale  :  per  volgare.,  triviale  non  è  altro- 
ché il  francese  banal  perciò  è  voce  ripu- 
diata dai  puristi;  così  dicasi  della  parola. 
banalità.  Vero  è  che  banale  oltre  il  senso 
di  volgare  inchiude  anche  l'altro  di  usuale j 
comune.,  quindi  di  nessun  valore,  come 
appunto  in  francese.  Es.  co7iiplinient  banale 
prétexte  banal.  Banale  corrisponderebbe 
all'  italiano  bandito.,  anche  pel  suo  valore 
etimologico,  da  ban  =:  bando,  cioè  lo  sten- 
dardo (cfr.  bandiera)  poi  il  proclama  feu- 
dale che  si  faceva  mercè  il  vessillo  :  banale 
significa  ciò  che  era  di  uso  publico  per 
effetto  di  bando,  poi  ebbe  il  senso  di  vul- 
gare,  coniimalc. 

Banalità:  V.   Banale. 

Banato  :  da  Ban  =  Signore,  titolo  già- 


Ban 


39 


Bar 


dato  ai  governatori  militari  di  certo  prò-    \ 
viiicie  limitrofe  all'Ungheria  od  alla  Tur- 
chia :  ondo  Sanato  la  signoria  del  Ban, 
0  B anati  quelle  provincio  o  marche. 

Banca  :  noto  questa  parola  per  ricordare 
che  essa  è  proprio  nostra,  come  nostra, 
ai  tempi  antichi,  fu  la  cosa,  se  non  che 
allora  era  maschile.  Es.  Banco  di  S.  Oior- 
gio,  Banm  di  S.  Ambrogio  e  anche  oggi 
dicesi  Banco  di  Napoli,  Banco  di  Si- 
cilia. I  francesi  presero  da  noi  tale  voca- 
bolo, lo  mutarono  in  femmina  e  tale  noi 
lo  ripigliammo. 

Bancabile  :  neologismodi^cmca.  Sidice 
bancabile  di  una  cambiale,  per  significare 
che  ha  firme  buone  e  si  può  scontare 
presso  una  banca.  Dicono  smGhepiaxxa  ban- 
cabile di  una  città  ove  risieda  un  Banco 
di  sconto. 

Banc  à  broches  :  letteralmente  :  banco 
a  fusi.,  macchina  cioè  che  serve  per  av- 
volgere il  filato  sui  fusi.  Locuzione  che 
non  esce  dal  linguaggio  della  tecnica  coto- 
niera, talora  da  rozzi  meccanici  e  da  tec- 
nici adoperata  per  semplice  sentita  a  dire. 

Bancarotta:  voce  usata  quasi  sempre 
nella  locuzione  far  bancarotta  ed  è  ora- 
mai accolta  in  tutti  i  dizionari,  la  Ci^usca 
compresa  ;  fr.  banqueroute.,  faire  banque- 
route.  Del  resto  è  strano  che  i  puristi  con- 
dannino questa  parola,  quando  essa  è  ita- 
liana, e  di  etimologia  italiana  la  danno  i 
diz.  francesi  :  Da  banca  --zz  banque  et  rotto 
=:  roìnpu.  Era  infatti  costume  antico  e 
di  Firenze,  rompere  il  banco  del  traffico 
al  banchiere  fallito. 

Bancarottiere:  colui  che  fa  bancarotta, 
cioè  fallimento.  Le  idee  di  frode  e  di  errore 
vi  si  connettono  quasi  sempre,  fr.  ban- 
queroutier. 

Banchiera:  la  commessa  che  sta  e  servo 
al  banco. 

Banchiglia:  traduzione  della  voce  ban- 
quisc.   V.  (juesta  parola. 

Bandage  :  si  adopera  talora  questa  voce 
francese  di  origino  tedesca  (band  =:  fascin 
legame;  per  indicare  la  benda.,  la  fascia 
che  tiene  fisso  un  apparecchio  chirurgico 
0  una  medicazione.  La  parola  francese  è 
anche  tradotta  in  bendaggio.  La  voce  ban- 
dage talora  è  anche  usata  in  tedesco  iti 
cambio  del  vocabolo  |)ro})rio  verband. 


Bandeau  :  letteralmente  benda.,  tenia., 
diadema  che  cinge  i  capelli  e  la  fronte, 
secondo  un  antichissimo  rito.  Poi  indicò 
una  speciale  foggia  di  pettinatura  femmi- 
nile, per  cui  i  capelli  della  donna  ricadono 
pudicamente  lisci  alle  tempie,  segnando 
come  un  angolo  su  la  fronte  :  bandeaux  à 
la  vierge.  Nel  veneto  le  contadine  usano 
spesso  pettinarsi  con  le  bandine,  e  sono 
i  capelli  tirati  lisci  da  una  banda  e  dal- 
l'altra su  le  tempie. 

Banlieue  :  voce  francese  che  etimologi- 
camente proviene  da  ban  e  lieue.,  vuol  dire 
la  lega  del  bando.,  luogo  circostante  alla 
città  sino  a  cui  si  estendeva  il  bando  del 
Signore  della  terra:  poi  indicò  il  contado, 
le  terre  circostanti  di  una  grande  città,  i 
sobborghi. 

Banquise  :  termine  marinaresco  francese, 
dallo  scandinavo  bankc  e  ice  =  banco  di 
ghiaccio.  Significa  un  tratto  di  mare  con- 
gelato che  impedisce  la  navigazione  :  fe- 
nomeno frequente  negli. oceani  polari. 

Banquiste:  voce  familiare  francese,  ciar- 
latano. 

Baobab  :  {Adansonia  digitata)  albero 
colossale  proprio  dell'  Africa  dei  tropici  : 
it.  anche  in  baobabbo. 

Bar  :  in  inglese  indica  una  mescita, 
una  liquoreria  publica.  Anche  in  Italia 
ad  ogni  angolo  delle  sue  città,  trovi  oggi 
un  bar  che  insegna  nel  paese  del  vino 
allegro  e  sano  (o  che  almeno  dovrebbe 
esser  tale)  l'arte  di  avvelenarsi  con  bibite 
strane.  Del  resto  questo  neologismo  è  in- 
ternazionale ;  altrove  però  usato  con  più 
parsimonia  che  da  noi,  e  solo  nelle  grandi 
città  e  trattandosi  di  bibite  all'  inglese  o 
all'americana.  Da  che  può  derivare  ?  I  di- 
zionari  inglesi  lo  registrano  sotto  la  voce 
bar.,  celtica,  da  cui  sbarra  in  it.  e  bard 
in  fr.  =  barella.  Di  fatto,  caratteristica 
di  queste  mescite  è  come  un  banco  chiuso 
a  recinto  presso  cui  gli  avventori  bevono 
e  dietro  sono  i  camerieri. 

Bar:  nel  giuoco  della  Palla  al  calcio 
così  chiamano  anche  da  noi  con  voce 
inglese  che  vuol  diro  sbarra,  l'asta  lungji 
setto  metri,  posta  ad  architrave  sopra  lo 
duo  aste  verticali  della  porta  di  questo 
giuoco  V".  Foot-ball. 

Barabba  :  termino  dialettale  piemontese, 


Bar 


40     — 


Bas 


esteso  poi  in  Lombardia  e  nell'  Emilia. 
(Voce  nuova  in  Piemonte  :  così  il  Diziona- 
rio piemontese  diì  G.  Gavazzi,  Roux,  1891). 
Indica  un  individuo  appartenente  all'igno- 
bile ceto  della  mala  vita:  prepotente,  ozioso, 
spesso  vivente  alle  spalle  altrui,  ladro  e 
delinquente  all'  occasione.  Il  nome  varia 
nelle  varie  regioni  d' Italia,  ma  la  cosa, 
da  Torino  a  Palermo,  è  press'  a  poco  la 
stessa.  La  parola  deve  derivare  da  Ba- 
rahha,  il  ladro  micidiale  che  Pilato,  per 
volere  del  popolo  ebraico,  liberò  invece  di 
Cristo,  e  letteralmente  vuol  dire  figlio 
della  vergogna.  Anche  in  francese  la  pa- 
rola Barabhas  ha  un  senso  consimile. 
«  Lasciate  al  popolo  la  scelta  tra  il  più 
giusto  dei  giusti  e  il  più  abominevole  as- 
sassino di  strada  e  siate  certi  che  ei  gri- 
derà :  Vogliamo  Barabba,  Viva  Barabba  !  » 
(A.  Heine,  Memorie). 

Baracca:  in  romagnolo ^{giiì^iGugoxciyO'vi- 
glia^  bagordo.,  il  mangiar  cioè  di  molte  per- 
sone insieme  senza  sobrietà  e  per  viziosa 
crapula.  Costumanza  spiccatamente  roma- 
gnola, onde  lo  speciale  nome.  Beri  vate  Z>a.rac-" 
care,  baraccone  {bar acon).,  buon  compagno, 
goditore  e  crapulone,  che  dissipa  volen- 
tiere  il  suo  in  feste  e  bagordi.  Tale  senso 
è  pure  nel  dialetto  lombardo  e  nel  veneto. 
Baracca.,  in  Lombardia,  nel  Veneto  e  nel- 
r  Emilia  dicesi  altresì  in  senso  proprio  e 
figurato  di  cosa  malandata,  che  tende  a 
ruina. 

Barba  :  voce  dialettale  veneto-lombarda, 
significa  zio.  Viva  tuttavia  e  comune  è 
questa  voce  specialmente  a  Venezia. 

Barba  :  e  più  comunemente  barbe,  sono 
detti  i  filamenti  e  le  frange  naturali  della 
carta,  che  solitamente  si  raffilano  nelF  arte 
libraria,  fatta  eccezione  però  delle  carte 
a  mano  e  di  valore  ove  le  barbe  hanno 
pregio. 

Barba  d'uomo:  uomo  di  valore,  locu- 
zione nostra  viva  nella  frase  familiare  non 
c'è  barba  d'uomo  che...  per  dire  non  c'è 
alcuno  per  quanto  forte  che...,  etc. 

Barbagliata:  milanese  barbajada,  be- 
vanda di  latte  e  cioccolata. 

Bàrbara:  come  attributo  di  poesia  è 
neologismo  dovuto  al  sommo  lirico  della 
seconda  metà  del  secolo  XIX  e  del  secolo 
XX,  G.  Carducci.  Egli  chiamò  bàrbara  la 


sua  gran  lirica  perchè  rinnovando,  con 
perfetta  e  insuperata  fusione  di  pensiero 
e  di  suono,  i  metri  dei  greci  e  dei  romani, 
si  pensò  che,  se  potessero  rivivere,  a  quei 
grandi  la  sua  lirica  sarebbe  parsa  barba- 
rica. E  ciò  per  questa  considerazione  che 
per  gli  antichi  la  metrica  si  fondava  su  la 
quantità,  cioè  su  la  maggiore  o  minore 
estensione  dei  suoni  sillabici  ed  avea  in 
se  e  per  sé  compiutezza  armonica  di  mu- 
sica :  la  metrica  italiana  invece  posa  su 
l'accento  ritmico.  Dunque  apparenza  an- 
tica, sostanza  italica,  onde  \ìOQ^m  barbara. 
Barbe-bleue  :  nome  del  principale  per- 
sonaggio di  un  racconto  del  famoso  poeta 
burlesco  Pe'rrault  (n.  1628,  m.  1703).  Bar- 
be-bleue è  un  marito  feroce  e  sanguinario, 
specie  di  orco,  che  scannò  sei  mogli  e, 
quando  stava  per  sgozzar  la  settima,  fu 
ucciso  dai  fratelli  di  costei.  Dicesi  tuttora 
per  celia  per  indicare  una,  persona  che  fa 
paura  senza  essere  paurosa. 

Barbèra:  vino  piemontese  da  pasto  e 
da  bottiglia.  Pregiatissimo,  robusto,  ricco 
di  colore,  di  àlcole  e  di  acidità  (Govone, 
Magliano  d'Alba,  Priocca). 

Bàrberi  (corsa  dei):  così  in  Roma  era 
chiamato  uno  spettacolo  carnascialesco, 
crudele  e  non  sempre  innocuo,  carissimo 
a  quella  popolazione.  Consisteva  nel  la- 
sciar sciolti  alcuni  poliedri  (barberi),  cre- 
sciuti selvaggi  nella  campagna:  i  quali 
stimolati  da  flagelli  che  avevano  sul  dorso, 
precipitavano  da  Piazza  del  Popolo  a  Piazza 
Venezia  fra  densa  ala  di  popolo.  Tale  spet- 
tacolo fu  abolito  pochi  anni  dopo  il  nuovo 
Regno. 

Barbetta:  (fr.  barbette)  terni,  mar.  che 
indica  quella  specie  di  elevazione  o  piat- 
taforma che  è  su  le  navi  corazzate  ove 
pongonsi  i  cannoni  affinchè  possano  tirare 
al  di  sopra  del  parapetto.  Onde  dicesi  can- 
none messo  in  barbetta  :  e  in  fr.  camion 
monte  en  barbette:  e  in  tedesco  barbet- 
teaufstellug .  Dicesi  barbette,  parce  que  le 
camion  fait  la  barbe,  rase  l'épaule?nent 
(Littré).  I  Barbetta  indica  altresì  il  cavo 
che  pende  a  prua  delle  imbarcazioni  mercè 
il  quale  si  legano  a  terra  o  a  bordo.  Bar- 
beta  de  la  lanza,  in  dialetto  veneto. 

Barbigi  :  milanese  barbis  =  baffi,  ba- 
sette.  «  Fortiguerra  nel  Ricciardetto  e  Pa- 


Bas 


—     41 


Bas 


rini  11(^1  Discorso  sulle  Caricature  (III.  B) 
usarono  anche  Barbigi.  Un  poeta  pisano 
disse  pure  Io  me  la  rido  sotto  i  barbigi  » . 
Così  scrive  il  Cherubini  con  molta  sod- 
disfazione di  trovare  una  voce  toscana 
equivalente  alla  lombarda,  egli  che  in  tutto 
il  suo  ottimo  e  peifetto  dizionario  ha  pure 
l'ingenuo  torto  di  non  voler  vedere  e  in- 
tendere simiglianza  alcuna  tra  il  milanese 
e  il  toscano,  mentre  ve  ne  sono  moltissime. 
Barbigi  scherzosamente  per  baffi  è  notato 
dal  Petrocchi  :  voce  del  resto  registrata 
anche  noi  vecchi  diz.  italiani. 

Barbouillage:  (rad.  barbula  =  barba, 
pennello)  dicesi  in  francese  di  pitture  o 
di  scritti,  per  indicare  sgorbio^  searaboe- 
chio,  spegàsc  lombardo,  spegàxo  veneto. 

Barcaccia  :  quella  specie  di  palco  grande, 
di  solito  in  sul  proscenio,  che  prendesi  in 
affìtto  comunemente  da  compagnie  ed  amici 
nella  stagione  teatrale.  Voce  proveniente 
per  estensione  di  significato  da  barca. 

Barcarizzo:  terni,  mar.:  posto  ove  si 
tengono  le  imbarcazioni  a  bordo;  ed  anche 
la  porta  della  murata  a  capo  della  scala 
per  la  quale  si  entra  a  bordo. 

Barco  :  termine  regionale  romagnolo  :  il 
cumulo  del  grano  preparato  in  covoni, 
pronto  per  la  battitura.   Bica. 

Bardolino  :  nome  del  luogo  presso  il  lago 
di  Garda  onde  proviene  un  noto  e  buon 
vino  da  pasto,  conosciuto  con  tal   nome. 

Bari  bai:  o  orso  nero  è  il  più  noto  e 
comune  orso  americano,  lungo  circa  due 
metri  e  alto  uno,  più  mite  dell'orso  gri- 
gio^ detto  Grixxly,  pure  americano,  e  del- 
l'orso bruno  d'Europa. 

Baricèntro:  =  centro  di  gravità  dei 
corpi^  ossia  punto  in  cui  si  suppone  ap- 
plicata la  risultante  delle  forze  molecolari 
di  gravità  che  tendono  a  far  cadere  i  corpi. 
Termine  di  fisica. 

Barnum  :  iiome  proprio  del  signor  Phineas 
Tayloj-  Barnum,  americano,  il  quale  con 
un  museo  di  cose  e  persone  strane  e  cu- 
rioso, cui  diede  il  proprio  nomo,  fondato 
in  Nuova-Jork  nel  1840,  con  altri  spet- 
tacoli teatrali  e  con  l'aiuto  di  una  grande 
e  a  que'  tempi  originale  strombazzatura, 
guadagnò  molto  richezze.  Questo  nomo  di 
ventò  sinonimo  di  ciarlatano  e  ciarlata- 
neria. 


Baròlo  :  vino  pregiatissimo  del  Piemonte, 
del  circondario  d'Alba.  Si  ottiene  con  l'uva 
detta  Nebbiolo.  Colore  rosso  rubino,  ge- 
neroso, austero,  fragrante,  eminentemente 
asciutto.  Raggiunge^  la  sua  perfezione  dopo 
i  tre  anni  di  età.  È  fra  gli  ottimi  vini 
d'arrosto.  Tipo  di  vino  alla  francese. 

Baronetto  :  (baronet)  titolo  ereditario  di 
nobiltà  inglese,  di  carattere  medio,  insti- 
tuito  da  re  Giacomo  I  nel  1611.  Il  baro- 
netto non  ha  i  privilegi  politici  del  barone 
e  del  lord.  Premette  al  nome  di  famiglia 
la  voce  sir  e  la  moglie  è  designata  col 
titolo  di  lady  (dama)  invece  di  mistress 
che  si  dà  a  donna  non  nobile. 

Barcarola:  «  canzone  modulata  dai  pe- 
scatori in  barca.  Sono  celebri  lo  barcarole 
(lei  gondolieri  veneziani.  Yi  ha  la  barcarola 
lieta,  come  quella  così  graziosa  :  La  bion- 
dina in  gondoletta  e  vi  ha  la  mesta, 
come  l'altra  famosa  noli' 0^e//o  del  Ros- 
sini. »  A.  Galli,  op.  cit. 

Barra:  terni,  mar.,  banco  che  si  forma 
alla  foce  dei  fiumi  per  efi'etto  dei  detriti 
della  corrente.  |  Manovella  del  timone. 

Basare:  nel  senso  figurato  ài  fondare, 
fondarsi^  detto  delle  opinioni,  dei  giu- 
dizi etc.  è  voce  ueologica  tolta  dal  fran- 
cese baser. 

Base:  parola  comune  sì  alla  chimica 
organica  che  all'inorganica  per  indicare 
una  classe  di  corpi  composti  le  cui  proprietà 
sono  opposte  a  quelle  dei  corpi  acidi  :  la 
caratteristica  di  una  base  è  di  rendere  az- 
zurra la  tintura  di  tornasole.  Se  ne  forma 
anche  l'aggettivo  basico. 

Basico  :  V.  Base. 

Bas-bleu  :  letteralmente  in  francese  vuol 
dire  calxa  azzurra  e  dicesi  di  ogni  donna 
saccente,  inframettente,  che  la  pretende 
a  letterata.  Quanto  all'origine  assai  incerta 
di  questa  parola,  ecco  quanto  se  ne  legge. 
Verso  il  1781  oravi  in  Londra  un  circolo 
che  si  accoglieva  in  casa  della  signora  Mon- 
tagne 0  chiamavasi  della  calza  azzurra 
[blue  stoclcingclub\.  lì  sìg.  Stili ingtleot,  il 
più  autorevole  di  detta  compagnia,  aveva 
costume  di  portare  calzo  azzurro  ;  e,  lui  as- 
sente, dicoasi  per  motto  :  «  «tasserà  nulla 
si  può  fare  sonza  le  calze  azzurre  »  e  con 
ciò  indicavasi  detto  signore.  Quindi  il  nomo 
del  Circolo.  V.  Reme  dcs  Dcux  Moììdvs. 


Bas 


-     42 


Bas 


aprile  1860.  p.  778.  Secondo  altri  il  nome 
provenne  dal  fatto  che  un  poeta  arrivato 
da  un  viaggio,  ricusando  per  il  disordine 
del«uo  vestito  di  entrare,  la  dama  gli  disse 
che  egli  poteva  presentarsi  anche  con  cal%e 
turchine.  Insomma  questa  sig.*^  Montagne 
(da  non  confondersi  con  Lady  Montagne 
della  fine  del  '600,  autrice  delle  famose 
lettere)  che  fece  polemica  col  Voltaire  in 
difesa  dello  Shakespeare,  che  si  doleva  di 
non  essere  nata  aomo,  che  viaggiò  per 
l'Europa  e  dovea  essere  un  serpentello  in- 
tero, c'entra,  a  quel  che  pare,  nella  crea- 
zione di  questo  vocabolo.  Ancora  un'altra 
opinione  :  questa  dama,  nella  sua  dimora 
a  Venezia,  fu  introdotta  in  un'  accademia 
di  letterati  che  avea  nome  della  «  Calza 
Azzurra  »  e  perciò  la  sig.^  Montagne  di- 
venne una  bas-bleu  e  trasportò  questo  nome 
a  Londra  ove  fondò  la  sua  Accademia,  tra- 
mandando il  nome  alle  colleghe  delle  età 
venture.  Ma  esisteva  nel '700  quest'Ac- 
cademia in  Venezia?  Non  mi  riuscì  d'ac- 
certare. Secondo  invece,  l'opinione  del  lette- 
rato francese  Filarete  Chasles  (1799-1874), 
r  assurdo  sopranome  sarebbe  stato  sfogo 
bizzoso  del  gran  poeta  inglese  A.  Pope  (1688 
-1744)  contro  Lady  Montagne  (1690-1762) 
la  quale  respingeva  la  sua  corte.  Messo 
alla  porta,  s'avvide  il  Pope  di  due  cose, 
che  le  mani  della  dama  non  erano  un 
esemplare  di  nettezza  e  che  ella  portava 
le  calze  azzurre,  onde  dettò  quest'  epi- 
gramma : 

Moii  adorée  a  Tart  de  charmer  les  humains 
Mais  elle  n'a  pas  celui  de  se  laver  les  mains. 

Indi  la  chiamò  la  dama  dalle  calze  az- 
zurre^ sopranome  dovunque  accolto  ed 
usato,  specialmente  per  indicare  le  donne 
sapienti  o  saccenti,  quelle  che  Molière 
aveva  chiamato  in  una  sua  commedia 
femmes  savantes.  In  argomento  così  lieve 
è  però  lecito  fare  una  supposizione,  cioè 
che  l'appellativo  dato  dal  Pope  a  Lady 
Montagne  acquistasse  poi  universale  ce- 
lebrità dalla  seconda  e  posteriore  Mon- 
tagne che  lo  aveva  assunto  e  che  pare 
fosse  pili  meritevole  di  tale  nome. 

Basci-bouzuk  :  voce  turca  usata  per  in- 
dicare una  specie  di  fanteria,  arruolata 
fra  popolazioni  selvagge  e  belligere  del- 
l'oriente. 


Bascule:  voce  tradotta  letteralmente  in 
basculla  o  barculla,  nota  specie  di  bilancia 
a  piano.  Beriya  bascule  dall'antico  voca- 
bolo francese  bacule^  «  tavola  che  bai  le 
cui  ^ ,  cioè  di  cui  un'estremità  tocca  terra 
quando  l'altra  si  leva:  altalena.  L's  del 
prefìsso  bas  è  puramente  eufonico.  Italia- 
namente :  bilaìicia  a  bilico.  Ma  basculla 
è  voce  oramai  popolare  e  comunissima. 
NB.  L'etimologia  qui  data  non  è  però 
troppo  certa.  V.  Scheler,  op.  cit.  Addi- 
tions  et  retifications . 

Basedow  (malattia  di)  :  descritta  la  prima 
volta  (1840)  dal  B. . .  di  Merseburg:  essa 
è  caratterizzata  da  una  ipertrofia  della 
glandola  tiroide,  specie  di  gozzo,  dallo  spor- 
gere delle  pupille,  (esoftalmia)  dall' alte- 
rarsi della  voce  e  dell'azione  cardiaca  e 
da  altri  sintomi  ,di  carattere  cronico  e 
grave.  Lessi  di  una  recente  e  ingegnosa 
cura  di  questo  male  mediante  uno  speciale 
processo  sieroterapeutico  ed  allopatico, 
curando  cioè  gli  infermi  col  latte  di  capre 
cui  fu  invece  asportata  la  glandola  tiroide. 

Basse -cour:  cortile  rustico.,  pollaio^ 
parola  francese  certo  non  comune,  ma 
usata  dai  signori  e  dalle  persone  a  modo. 
Per  costoro  certe  parole  italiane^  sanno  di 
plebeo. 

Basso:  nel  napoletano  sono  chiamati 
bassi  certe  stanze,  come  dice  il  nome 
stesso,  a  piano  terreno,  che  servono  di 
alloggio  all'intera  famiglia  non  che  agli 
animali  domestici  ;  vero  è  che  quivi  la 
vita  facendosi  all'  aperto,  1'  affittuario  di 
un  basso  è,  se  non  di  diritto,  di  fatto, 
proprietario  anche  della  via. 

Bassofondo:  1)  luogo  di  poca  acqua  ri- 
spetto ai  luoghi  circostanti,  dove  la  nave 
non  passa.  2)  Gli  strati  umani  che  sono  alla 
base  della  piramide  sociale,  dove  miseria  e 
delitto  spesso  fan  nozze.  Fr.  Bas  fonds. 

Basso  impero:  sotto  questo  indetermi- 
nato nome  è  spesso  indicato  il  periodo  in 
cui  r  impero  Eomano  per  le  invasioni  bar- 
bariche venne  decadendo.  Questo  periodo 
va  dalla  divisione  di  Costantino  in  Im- 
pero d'occidente  e  d'oriente,  396,  alla  presa 
di  Costantinopoli,  1453. 

Bastagio  :  facchino. 

Bastingaggio:ter.mar.,dalfr.6as^m^a5re. 

Indica  il  parapetto  che  si  metteva  intorno 


Bar 


—    43 


Bat 


al  ponte  superiore  delle  navi  per  proteg- 
gerle dal  fuoco  nemico.  Bastingaggio  ri- 
sponde alla  voce  italiana  pavesata.  Ba- 
stingage  deriva  da  bastingue  -sz  difesa  mo- 
bile^ voce  tolta  dall'italiano  classico  antico, 
anzi  morto,  bastìa  o  bastita  =  fortifica- 
zione, riparo  fatto  con  legname.  Bastin- 
gaggio non  è  nei  diz.  italiani,  e  demmo 
noi  la  voce  alla  Francia!  Di  questa  antica 
parola  vedi  conservato  il  ricordo  in  Ba- 
stida  Pancarana  e  Bastida  dei  Dozxi, 
luoghi  presso  il  Po,  tra  Pavia  e  Casale, 
ove  in  antico  erano  arginature  forti  contro 
la  forza  del  fiume. 

Batata:  ter.  botan.  eagric.  :  patata  ame- 
ricana. È  la  Jpomoea  Batatas  o  Batatas 
edulis  dell'  America  tropicale,  dove  è  spon- 
tanea e  anche  coltivata  pei  tuberi  fari- 
nacei e  zuccherini.  N.B.  Da  non  confon- 
dersi con  la  Igname  o  Batata  della  China 
{Dioscorea  Batatas),  a  rizomi  farinosi 
che  pure  si  mangiano  cotti  come  le  patate. 
Entrambe  si  coltivano  anche  in  Italia. 

Batista  :  aggiunto  di  tela  finissima,  fr. 
batiste.  Da  un  Baptiste  di  Cambrai  che 
ne  fu  inventore. 

Bàtonnier:  così  in  Francia  è  chiamato 
il  capo  dell'Ordine  degli  avvocati,  rispon- 
dente al  nostro  Presidente  del  Consiglio 
dell'Ordine:  ed  è  eletto  dagli  stessi  av- 
vocati di  cui  sorveglia  e  giudica  la  disci- 
plina e  la  condotta.  Questo  titolo  è  dato 
perchè  in  antico  i  sigg.  avvocati  forma- 
vano in  Francia  una  confraternita  sotto 
la  protezione  di  S.  Nicola,  e  nelle  ceri- 
monie il  capo  dell'ordine  portava  per  con- 
trassegno il  bastone  del  Santo. 

Bàtons  rompus  (à)  :  italianamente  di 
palo  in  frasca,  a  sbalzi.  L'uso  di  corte 
frasi  non  richieste,  poco  intose,  meno  ne- 
cessarie, è  vizio  grave.  Eppure  si  di- 
cono e  scrivono  ! 

Bàtraco:  plurale  bàtraci  (dal  greco 
bàtrakos  z^rdivd)  animale  dell'ordine  degli 
anfibi,  detti  anche  anuri  o  saltatori,  do' 
quali  la  rana  è  l'individuo  più  noto.  Altri 
legge  anche  batràcio. 

Batracomiomachìa  :  parola  composta 
dal  greco  :  ba traco-mio-machia  zz.  batta- 
glia delle  nme  e  dei  topi.  J^J  il  titolo  di 
un  poemetto  che  la  tradizione  erronea- 
mente attribuisco  ad  Omero:  fu  tradotto 


in  sestine,  poi  ampiamente  con  senso  sa- 
tirico moderno,  parafrasato  in  ottava  rima 
da  G.  Leopardi.  Usasi  ,'questa  sesquipe- 
dale parola  per  indicare  una  battaglia  o 
contesa  fùtile  e  degna  di  riso. 

Bàttere  :  nel  ling.  mar.  batter  bandiera 
vuol  diro  portarla  spiegata  arriva.  Onde 
le  locuzioni  batter  bandiera  italiana,  batter 
fiamma,  battere  insegna  di  comando. 

Battere  il  ferro  fincliè  è  caido:  per 
estensione  dell'arte  del  fabbro  dicesi  effi- 
cacemente per  significare  che  il  miglior 
modo  per  riuscire  in  qualche  impresa  è 
quello  di  insistere  approfittando  delle  di- 
sposizioni favorevoli  e  delle  circostanze. 

Battèri  e  derivati:  V.  Bacteri. 

Batterìa:  in  marina  da  guerra  indica 
il  corridoio  delle  navi  sotto  coperta  ove 
stanno  le  artiglierie. 

Batteria  di  cucina:  è  locuzione  non  in- 
frequente a  cui  anzi  si  annette  un  senso 
di  efficacia  è  di  grandiosità  per  indicare 
tutti  i  rami  e  gli  utensili  della  cucina.  È 
il  francese  batterie  de  cuisine,  les  usten- 
siles  qui  servent  à  la  cuisine. 

Batteriologia  :  V.  Bacteriologia. 

Battersela:  modonostrofamiliare,  accolto 
ne'  maggiori  lessici,  nel  senso  di  andar- 
sene in  fretta  o  di  -furto,  spesso  con  scorno 
e  vergogna.  Sinonimi:  battere  il  tacco, 
battere  in  ritirata.  Squagliarsi  è  anche 
parola  che  ha  quasi  lo  stesso  significato 
e  vuol  dire  precisamente  battersela  in 
forma  clandestina. 

Batteur:  nel  linguaggio  della  caccia  vale 
battitore,  hoiume  employé  à  battreles  bois 
pour  en  faire  sortir  le  gibier.  Tale  voce 
francese  non  è  nuova  da  noi,  sì  nel  senso 
proprio  come  nel  senso  traslato,  come  d..i 
esempio  si  può  argomentare  :  «  dal  trat- 
tato di  Berlino  alla  guerra  greco-turca 
del  1897  il  compito  dell'Austria  nei  Bal- 
cani era  stato  di  dar  la  caccia,  sui  monti 
Rodope  0  sul  Pindo,  sulle  Alpi  transilva- 
niche 0  sui  Balcani,  all'Orso  Bianco,  per 
conto  dell'Europa  occidentale.  I  suoi  bat- 
teur s  più  abili  furono,  appunto  noi  paesi 
slavi  più  facilmente  russofili,  StambulofP 
in  Bulgaria  e  re  Milano,  quando  Monte- 
carlo glielo  permetteva,  in  Serbia.  » 

^dXi^MTò'.  battitori.  Qo^\  nel  linguaggio 
dei  cotonieri  ò  chiamata  con  vooo  francese 


Bat 


—    44 


Bec 


la  prima  macchina  nella  quale  passa  il 
cotone,  compresso  ancora,  per  essere  se- 
parato dalla  polvere  e  formare  degli  strati 
che  vanno  su  la  carda. 

Battirelli:  nome  proprio  di  un  delegato 
di  P.  S.  il  quale  al  tempo  del  Ministero 
Crispi  non  riuscì  a  frenare  gli  eccessi 
di  una  dimostrazione  politica  la  quale  era 
stata  permessa.  Questo  ufficiale  pagò  con 
punizione  grave  l' errore  dei  superiori. 
Ebbe  però  la  soddisfazione  di  dare  —  in 
un  certo  gergo  politico  —  senso  estensivo 
al  suo  nome,  e  significare  generalmente 
quegli  ufficiali  inferiori  su  cui  ricadono 
le  responsabilità  degli  errori  altrui.  Ciò 
non  è  proprio  il  sistema  voluto  dal  conte 
di  Cavour,  ma  è  molto  comodo.  Es.  :  «  i  so- 
liti Battirelli  !  ».  La  radice  del  verbo  bat- 
tere nel  nome  molto  deve  esser  valsa  alla 
misera  fortuna  della  parola. 

Battòsta  :  da  battere,  è  parola  registrata 
nei  dizionari  dialettali  veneto,  lombardo, 
emiliano  (nella  forma  dialettale  batosta) 
si  nel  senso  proprio  di  percossa^  sì  nel 
senso  traslato  di  danno^  pregiudizio^  ef- 
fetto, di  una  sconfitta  malattia,  etc.  Dicesi 
anche  nel  parlare  familiare  in  italiano  :  ma 
i  lessici  non  registrano  tale  voce. 

Baty  :  voce  inglese,  non  letteraria,  usata 
talora  da  quei  tecnici  italiani  che  non 
sanno  l'italiano  o  non  vogliono  usarlo: 
significa  castello^  cioè  la  struttura  fissa 
della  macchina,  la  parte  che  sostiene  gli 
organi  in  moto.  V.  Incastellatura. 

Bau-bau  o  babau:  nome  di  spauracchio 
0  fantasma  del  quale  le  donnicciuole  si 
servono  per  impaurire  e  far  star  cheti  i 
fanciulli.  Forse  dal  suono  che  si  fa  per  imi- 
tare la  voce  del  preteso  fantasma.  Yoce 
usata  in  Eomagna  e  nelle  Marche.  Nel 
veneto  si  dice  babao. 

Bavarder  :  fr.  ciarlare^  chiacchierare^ 
cicalare.  Eppure  bavarder  e  bavardage 
sono  talora  parole  dell'uso  elegante. 

Bavarese:  «  sorta  di  bevanda  eh' è  fior 
di  latte  con  giulebbe  per  lo  più  riscal- 
dato. Anche  i  francesi  dicono  une  bava- 
roise  au  lait;  e  Grand  d'Aussy  (nella 
Histoire  de  la  vie  privée  de  Francois  I, 
toni.  Ili,  p..  118j  dice  che  fa  così  nomi- 
nata perchè  .1  Principi  Reali  di  Baviera 
trovatisi  a  Parigi  ne'  primi  anni   del  se- 


colo XVIII,  desiderarono  una  bevanda  così 
fatta.  »  Così  il  Cherubini.  Bavarese  oggi 
dicesi  a  Milano  di  latte  caldo,  ma  è  voce 
che  va  perdendosi. 

Bavette  :  bavaglio  lo  o  bavaglino,  eppure 
si  ode  e  legge  talora  la  parola  francese 
che  per  nulla  è  diversa  dalla  nostra. 

Bazar:  per  emporio  di  merci  varie  e 
dell'uso,  è  vocabolo  accolto  da  tempo  nella 
lingua  italiana.  Deriva  dall'arabo.  La  de- 
sinenza in  bazzarre  è  meno  frequente. 

Beamìng  Machine:  nome  inglese  di  una 
macchina  orditrice.  Non  esce  dal  linguag- 
gio de'  tessitori  e  meccanici. 

Beati  monoculi  in  regione  o  in  terra 
caecorum  :  beati  quelli  che  hanno  un 
occhio  solo  in  terra  di  ciechi. 

Beati  possidentes  :  beati  i  possidenti! 
La  ricchezza  accumulata  e  trasmessa  si- 
curamente di  padre  in  figlio  porgendo  no- 
bile ozio  e  sicurezza  di  vita,  creò  nel  pas- 
sato cotesta  affermazione  esclamativa  e 
desiderativa;  la  quale,  alla  stregua  dei 
tempi  e  delle  idee  odierne,  va  sempre  più 
acquistando  un  significato  molto  relativo. 
Erroneamente  questo  motto  è  ricavato  da 
Orazio  Od.  IV,  IX,  25.  Vuoisi  piuttosto 
ricercare  in  un  antico  aforisma  che  dice 
beati  qui  in  iure  censentur  jjossidentes. 

Bebé:  «  Oh  che  bel  bebé/  come  sta  il 
suo  bebé?  Mi  faccia  vedere  un  abito  da 
bebé/  »  si  ode  spesso.  Frequentatissima 
voce  francese  che  racchiude  nella  felicità 
di  quelle  due  sillabe  uguali  la  grazia  e  la 
ingenuità  del  bambino,  insieme  a  non  so 
quale  amabile  petulanza  e  vezzosissima 
balordaggine  signorile.  Più  tu  pronunce- 
rai con  le  labbra  strette  e  voce  di  flauto 
le  due  sillabe  bebé.,  e  più  sarai  volentie]?i 
udito.  V.  Baby. 

Beccafòrbice  :  uccello.  È  il  nome  dia- 
lettale pisano  e  d'altri  paesi  del  Crociere 
{Loxia  curvirostra)  o  Becco  in  croce  o 
Becco  storto. 

Beccheggio:  da  becco.,  quasi  dar  di 
becco:  nel  linguaggio  de'  marinai  indica  il 
moto  oscillatorio  da  prora  a  poppa  come 
intorno  ad  un  asse  trasversale.  I  mecca- 
nici dicono  beccheggio  o  serpeggiamento 
anche  delle  locomotive. 

Beccofrosone  :  ugggììo  (Bomby e illa  gar- 
rula): bell'uccello  cantatore  dei  paesi  set- 


150 


45 


Bel 


rontrionali,  il  «lualo  però  migra  anche  in 
Italia  durante  1'  inverno.  E  anche  detto 
Gamilo. 

Bécero:  parola  fiorentina  che  i  dizio- 
nari, in  omaggio  a  quel  massimo  fra  i 
dialetti,  registrano  :  dicesi  di  persona 
dell'infima  plebe,  insolente  e  sfrontata. 
Becero  è  da  pecoro,  lat.  pecus. 

Béchamel:  salsa  bianca  di  farina  roso- 
lata nel  burro,  e  panna.  Questo  nome 
vuoisi  derivato  dal  marchese  B.^chameil, 
maggiordomo  di  Luigi  XIV. 

Becher  :  è  la  parola  tedesca  da  cui  già 
provenne  la  nostra  bicchiere.  Ma  in  molte 
birrerie  si  ordina  di  solito  un  becher  e 
non  un  bicchiere  di  birra.  Così  l'uso. 

Béchique:  questa  parola  francese  è  ado- 
perata qualche  volta  invece  della  italiana 
pasticca^  per  indicare  quei  facili  e  co- 
muni rimedi  a  base  di  gomma  contro  la 
tosse.  La  parola  béchique  è  fatta  derivare 
dal  greco  bex  =  tosse.  (Littré). 

Beef-steack:  secondo  l'ortogr.  inglese, 
e  vuol  dire  pexzo  di  bue  ;  hifteck  in  fran- 
cese seguendo  la  pronuncia  inglese,  e 
bistecca  da  noi.  Voce  dell'uso.  La  beef- 
steack  è  la  forma  sotto  cui  il  bue  è  piii 
pregiato  nella  cucina  inglese  ed  è  giusta- 
mente vantata  come  modo  semplice  e  sano 
di  allestire  la  carne.  I  francesi  ne  dispu- 
tano il  vanto  agli  inglesi,  e  in  alcuni 
trattati  dell'arte  della  cucina  si  osserva 
che  quella  che  nel  continente  è  chiamata 
beef-steack  all'inglese,  in  Inghilterra  chia- 
masi alla  francese.  Comunque  sia,  la 
beef-steack  non  è  da  confordersi  con  la 
costata  (entre-cóte).  La  beef-steack  è  di 
filetto  (generalmente  di  bue)  e  anche  di 
culatta:  da  un  filetto  ne  devono  sortire 
dodici  circa,  ben  sgrassate  e  spelate,  ne 
troppo  grosse:  si  arrotondiscono,  si  bat- 
tono, si  spolverizzano  di  sale,  si  spalmano 
di  burro  quindi  si  cociono  a  fuoco  vivo 
su  la  graticola. 

Befana:  corruzione  dialettale  di  Epi- 
fania (che  in  greco  vuol  dire  Apparizione) 
la  quale  così  popolarmente  è  chiamata  in 
Roma  e  nell'Italia  centralo.  Befana  è  pur 
anche  la  vecchia  che  viene  in  quella  notte 
giù  pel  camino  a  portar  balocchi  e  dolci 
ai  bimbi  buoni.  Con  gran  frastuono  di 
trombe  e  trombette  celebrasi   tradizional- 


mente in  Eoma  la  notte  della  Befana.  Ne 
Veneto  si  uhiama  appunto  la   Vecieta. 

Béguin:  capriccio  amoroso,  dalla  pa- 
rola francese  béguin  =  cappuccio  che  por- 
tano les  ììéguines,  specie  di  religiose:  be- 
ghine. Anche  presso  qualche  nostro  dialetto 
si  dice  prendere  una  scuffia  per  signi- 
ficare innamorarsi:  allusione  simile  a  quella 
che  fa  chiamare  in  francese  coiffée  una 
persona  presa  da  alcunapassione.  Béguin 
è  vocabolo  recente  e  del  gergo.  Notevole 
come  alcune  voci  del  gergo  francese  fac- 
ciano rapidamente  il  loro  passaggio  nella 
lingua  nostra,  e  tendano  poi  a  scomparire. 

Beige:  sorta  di  panno  di  grossa  lana. 
Confronta  la  parola  viva  francese  con  la 
parola  morta  italiana  bigello^  panno  bigio 
di  grossa  lana. 

Beìgnet:  fr.  frittella^  e  si  dice  special- 
mente di  pesche  o  mele. 

Bei-ami:  titolo  di  un  notissimo  romanzo 
di  Guido  di  Maupassant,  Bei-ami  ne  è  il 
protagonista:  personaggio  scaltro,  senza 
coltura  e  senza  coscienza,  il  quale  da  po- 
vero stato  col  favore  delle  donne  e  valen- 
dosi di  espedienti  disonesti,  ottiene  infine 
alti  gradi  ed  onore.  Questo  nome  è  stato 
usato  talvolta  con  senso  antonomastico. 

Bel  canto:  canto  di  singole  persone, 
distinto  da  canto  corale,  onde  maestro., 
accademia  di  bel  canto. 

Bel  gesto:  V.  Gesto. 

Belle-mère:  voce  francese  usata  talora 
dal  ceto  signorile  in  luogo  della  corri- 
spondente suocera. 

Bello  spirito:  ricorda  il  francese  bel 
esprit.,  locuzione  che  dal  senso  buono  venne 
poi  scadendo  ed  indicò  una  faQon  préten- 
sieuse  de  parler  et  de  s'exprimer:  con  tale 
senso  è  usata  presso  di  noi.  Le  forme 
schiette  dialettali  hanno  molti  vocaboli  che 
vengono  a  significare  lo  stesso,  specie  dal 
valore  del  contesto,  es.  far  il  lepido,  il 
graxioso.,  etc. 

Belua  multorum  oapitum:  così  Orazio, 
acutissimo  filosofo  e  poeta  latino,  nella 
prima  dello  suo  Epistole,  vs.  .76,  chiama 
il  popolo:  belva  dalle  molte  teste.,  e  un 
antico  chiosatore  vi  aggiungo  come  po- 
stilla che  sarà  bone  nò  tradurre  nò  lo- 
dare: Velut  Hìjdra.  Egregia  populi  dc- 
scriptio  ! 


Bel 


46 


Bes 


Belvedére:  term.  mar.,  vela  di  velac- 
cio di  mezzana.  |  Belvedere  (o  Bellavista 
o  Bellosguardo)  è  bella  nostra  parola  an- 
tica che  fu  data  a  nobilissime  ville,  poste 
in  altura  onde  scopresi  molto  e  bel  paese. 
Voce  trasportata  anche  in  francese  in  signi- 
ficato press' a  poco  consimile,  o  di  terrazza 
o  di  edifìcio  staccato  in  più  bella  postura. 

Bempensante:  letteralmente  dicesi  di  per- 
sona che  pensa  bene,  rettamente,  secondo 
la  legge  ;  e  talora  vi  è  aggiunto  un  lieve 
f^enso  ironico,  quasi  a  significare  bempen- 
sante perchè  le  condizioni  fortunate  e  for- 
tuite della  vita  tolsero  l'occasione  di  pensar 
male. 

Bénédictin:  fi\  benedettino,  che  oltre  a 
significare  il  frate  dell'ordine  di  S.  Bene- 
detto, indica  ancora  un  rosolio  o  liquore 
in  origine  fabbricato  nel  convento  dei  Be- 
nedettini a  Fécamp,  antica  industria  e 
conforto  di  que'  monaci. 

Benefìcio  d'inventario:  locuzione  giu- 
ridica che  significa  la  condizione  posta 
dall'erede  alla  sua  accettazione  della  ere- 
dità di  non  essere  tenuto  ne'  debiti  ere- 
ditari oltre  l'ammontare  dell'attivo  quale 
risulta  da  diligente  inventario.  Da  ciò  la 
locuzione  :  accettare  idee,  affermazioni, 
cose,  etc.  col  beneficio  d'inventario  cioè 
condizionatamente  e  dopo  ponderato  esame 
del  prò  e  del  contro. 

Benemerita  (la):  così  è  chiamata  l'arma 
dei  Beali  Carabinieri,  un  po'  sul  serio  un 
po'  per  celia,  per  le  benemerenze  acqui- 
state con  l'opera  sua.  Termine  popolare  e 
molto  comune. 

Beneviso  e  benviso:  e  così  maleviso, 
per  benveduto  e  malveduto  sono  parole 
riprovate  dal  Rigutini.  Certo  formano  un 
doppione  inutile. 

Bengalino:  o  fr.  bengali,  specie  di  frin- 
guello delle  regioni  tropicali,  così  detto 
dal  Bengala,  regione  onde  prima  proven- 
nero. I  Bengali  è  anche  detto  l'idio- 
ma del  Bengala  (India)  derivato  dal  san- 
scritto. 

Benignarsi:  per  degnarsi,  compiacersi 
è  dal  Bigutini  definita  «  una  ridicola  lezio- 
saggine » . 

Ben  inteso:  nel  senso  di  purché,  a  patto 
che,  se,  etc,  è  il  francese  bien  entendu: 
difeso   dal  Yiani,  riprovato  dal  Rigutini. 


Benportante:  V.  Bien  portant. 

Benzbe:  {asa  dulcis)  resina  balsamica 
che  cola  da  un  albero  dell'  India,  detto 
Styrax  benxoin. 

Bèola,  Bèvola  =::  gneiss.  Bèola  o  Serixxo 
è  appunto  il  nome  dialettale  del  gneiss 
(dal  tedesco  Gneiss),  una  roccia  molto  af- 
fine al  granito,  formata  com'esso  di  quarzo, 
feldspato  e  mica,  ma  schistosa,  cioè  sfal- 
dabile pili  facilmente  in  una  direzione.  A 
Milano  si  adopera  tale  pietra  specialmente 
per  fare  i  gradini  delle  scale,  i  piani  dei 
pogginoli,  etc. 

Bèrberi  :  nome  dato  alle  antichissime 
])opolazioni  (aborìgeni)  delle  coste  setten- 
trionali dell'Africa. 

Beroeau:  pergolato,  voce  francese  di 
molto  uso:  incerta   etimologia. 

Berceuse  :  in  fr.  ninna  nanna,  l'aria 
musicale  della  ninna  nanna.  Specie  di 
componimento  musicale. 

Bergamina:  mandra  di  mucche;  term.. 
lombardo,  così  detta  dalle  Alpi  bergama- 
sche e  della  Valsassina  onde  calano  al 
piano,  al  tempo  di  verno,  per  la  pastura. 

Berretto  frigio:  berretto  de'  Giacobini 
e  de'  Sanculotti  al  tempo  della  grande 
rivoluzione.  In  francese,  bonnet  phrygien, 
di  cui  il  cucuzzolo  è  ripiegato  innanzi. 
Così  è  pur  chiamato  il  berretto  onde  è  effi- 
giata la  Libertà.  Berretto  frigio  diventò  poi 
sinonimo  delle  idee  di  cui  fu  simbolo  e 
segno. 

Bertoldo  :  nome  proprio  nel  popolare  rac- 
conto di  Bertoldo, Bertoldino  di  G.C.  Dalla 
Croce  1550-1620  :  ted.  Berthold  :  usasi 
estensivamente  e  familiarmente  per  uomo 
sciocco  e  da  poco. 

Bésy  0  bésigue:  è  francesemente  detto, 
il  giuoco  della  bàzzica.  La  quale  è  una 
specie  di  briscola,  benché  più  complessa 
e  difficile.  V.  le  norme  e  le  specie  nel 
Golii,  op.  cit. 

Besicles:  sono  quelli  che  in  italiano  si 
chiamano  occhiali  a  stanghetta.  Parola 
francese,  dal  latino  bis  —  due  volte  e 
oculus  =  occhio. 

Bestia:  nome  di  un  conosciuto  giuoco 
d'azzardo,  d'origine  francese:  b&te,  che  si 
giucca  in  quattro  o  in  cinque  distribuendo 
cinque  carte  a  ciascuno  e  levando  la  bri- 
scola. 


Bét 


47 


BiG 


Bete  noire:  dicono  in  Francia  figura- 
tamente e' est  la  bete  noire^  e  est  ma  bète 
noire  per  indicare  una  persona  malvista  e 
malefica  che  ricorre  spesso  nel  fatto  o  nel- 
l'imaginazione, e  così  diciamo  noi  pure, 
anteponendo  la  forma  francese  alla  locu- 
zione tradotta  od  allo  equivalenti- italiane. 

Beton  :  voce  francese  usata  in  voce  di 
eaìecsfruxxo  (cemento,   sabbia  e  ghiaia). 

Betonata:  grande  costruzione  in  calce- 
struzzo. Neologismo  abusivo. 

Betting  :  dal  verbo  inglese  to  bet,  scom- 
mettere. Indica  il  valore  e  l'insieme  di  co- 
loro che  scommettono  nelle  corse.  Voce 
dello  Sport.  Usasi  pure  in  francese. 

Bettònioa:  erba  perenne,  già  reputata 
di  molta  virtii  medicinale,  lat.  betonica, 
vetonica^  tettonica.,  che  Plinio  trae  dal 
nome  dei  Yettoni,  gente  di  Spagna.  Es- 
sendo erba  notissima,  ne  venne  il  modo 
di  diro  essere  noto  come  la  bettònìca. 

Beva:  sost.  fem.,  voce  toscanissima,  con 
valore  tecnico  nel  linguaggio  degli  enologi 
per  indicare  la  condizione  ed  il  tempo  in 
cui  un  vino  è  maturo,  fatto,  buono  a  be- 
«;cre,  onde  la  locuzione  entrare  in  beva 
per  dire  essere  buono  a  bere,  di  pronta 
beva.,  etc.  Usasi  anche  in  senso  traslato: 
esser  nella  sua  beva,  per  dire  essere  in 
affare  di  suo  genio.  Ma  è  modo  regionale 
e  molto  familiare. 

Bévue  :  voce  francese,  spesso  usata  nel 
linguaggio  mondano  e  vuol  dire  topica  (?) 
sbadataggine.,  inavvertenza  di  chi  per 
distrazione  o  per  storditaggine  commette 
qualche  errore,  come  sarebbe  ricordare 
cosa  che  non  deve  essere  mentovata,  non 
ricordare  nomi  o  fatti  che  si  suppongono 
noti,  insomma  nella  prammatica  delle  con- 
venienze mondane  commettere  qualche 
disattenzione.  A  questo  già  usato  voca- 
bolo si  sostituisce  talvolta  la  voce  nuova 
gaffe.  V.  questa  parola. 

Bey  :  voce  turca  beig  r=  signore  ;  ed  è 
titolo  che  non  sempre  ha  senso  preciso. 
Spesso  è  dato  al  governatore  d'  una  pro- 
vincia 0  d'una  città.  Es.  Bey  di  Tripoli. 

Bianco-segno:  por  firma  in  bianco  è 
voce  comune  noi  linguaggio  degli  uffici  e 
ricorda  il  blane-saing  do'  francesi. 

Bibelot:  da  blmbelot,  giuoco  da  bimbi, 
dalla  stossa  radico  bimb  o  bamb  da  cui 


bimbo,  bambino:  così  si  chiamano  in  fran- 
cese quelle  minuterie  da  chincagliere  il 
cui  pregio  piia  che  nel  valore  intrinseco 
0  nell'arto,  consiste  nella  curiosità  e  nella 
novità, e  servono  da  sopramobili.  Minuterie, 
come  sopra  è  detto,  è  la  voce  che  meglio 
vi  corrisponde  :  ninnoli,  anche  ;  e  avrebbe 
il  medesimo  valore  etimologico  che  bibelot. 

Biberon:  dal  latino  bibere,  bere.  Voce 
francese  di  frequente  uso.  Non  manca  la 
l)arola  nostrana  'poppatoio.  Molti  del  po- 
polo cui  r  ignoranza  salva  dal  guastare 
l'idioma  natio,  dicono  bottiglietta.  «Questo 
bambino  fu  tirato  su  con  la  bottiglia  » . 
Molti  dicono  «  biberone  » ,  come  dicono 
bombone  [6o?^6o?^]  tirabusone  [tire-bou- 
ehon\  etc,  le  quali  sono  voci,  oltre  il  resto, 
di  orribile  suono  :  il  che  non  è  in  francese, 
in  cui  lo  sfumato  accento  e  la  desinenza 
tronca  danno  snellezza. 

Bibliografìa:  scienza  del  bibliografo;  la 
quale  distinguesi  in  materiale,  e  in  let- 
teraria 0  scientifica.  La  prima  intende  a 
far  conoscere  materialmente  i  libri  per 
mezzo  dei  cataloghi,  nei  quali  se  ne  fa 
una  minuta  descrizione  e  indicandone  la 
rarità  e  il  prezzo  :  e  questa  è  propriamente 
la  parte  dell'istruito  libraio,  e  dell'arte 
librària.  La  seconda  tratta  criticamente 
del  merito  dei  libri. 

Bibliomanzia  :  superstizione  che  consiste 
neir  aprire  a  caso  la  Bibbia  (o  qualche  altro 
libro)  e  leggere  il  capo  che  cade  sotto 
gli  occhi,  dando  ad  esso  una  speciale  in- 
terpretazione. 

Bicicletta:  termine  molto  pi"  usato  che 
non  velocipede;  eppure  cotosta  parola  at- 
tende di  essere  registrata  nei  dizionari.  Essa, 
come  è  noto,  è  l'antica  draisienne  (Y.  que- 
sta parola)  perfezionata  nel  secolo  XTX  e 
giunta  a  tale  grado  di  compiutezza  mecca- 
nica che  non  pare  più  suscettibile  di  altre 
modificazioni.  La  bicicletta  delizia  e  cura  di 
ogni  sesso  e  di  ogni  età,  fu  cantata  in  ita- 
liano ed  in  latino,  nella  qual  lingua  Ludo- 
vico Graziani  compose  un  leggiadrissimo 
poemetto  intitolato  Bicyclula  (che  tale  è  la 
buona  versione  di  bicicletta,  e  non,  come 
altri  s(;risse,  birota  velocissima)  e  questo 
])oemotto  fu  preniiato  nella  gara  poetica 
annua  di  Amsterdam  (anno  1000).  Alcuni, 
tanto  per  variare,  scrivono  anche  bicicletta. 


Bic 


-     48     - 


Bij 


Biciclo:  sarebbo  il  velocipede,  padre 
della  bicicletta  a  due  ruote  di  vario  dia- 
metro, senza  moltiplicazione. 

Bidet:  nome  di  cosa  assai  nota:  è  pa- 
rola di  origine  celtica  che  diede  nel  basso 
latino  'veredettus,  diminutivo  di  veredus, 
cavallo,  quindi  «  cavalluccio,  bidetto  » , 
ma  non  è  dell'uso.  Il  bidet  non  corre  ben- 
ché posi  su  quattro  piedi  :  tuttavia  con- 
viene specialmente  non  esclusivamente 
alle  donne  inforcarlo  per  servirsene  per 
gli  usi  intimi. 

Bidone:  (dal  fr.  bidon,  corruzione  di 
bedon  =  grosso  ventre)  indica  un  grosso 
recipiente  di  latta.  Voce  popolare  e  dia- 
lettale in  alcune  regioni  d'Italia. 

Biella:  (Ir.  bielle)  termine  meccanico 
che  indica  quell'asta  rigida  di  una  mac- 
china che  serve  a  comunicare  e  trasfor- 
mare il  movimento.  Voce  comune.  In  buon 
italiano  asta.  Vero  è  che  un  valente  pro- 
fessore di  meccanica  mi  osservava  essere 
asta  voce  generica  e  che  per  indicare  quel 
«  membro  del  manovellismo  (che  parole!) 
di  spinta  rotativa,  articolato  colla  testa  a 
croce  (o  pattino)  e  colla  manovella,  si  deve 
dire  biella  ;  che  non  fu  accettato  dalla  pra- 
tica l'equivalente  braccio  (braccio  d'ac- 
coppiamento; braccio  motore,  proposto 
dagli  scrittori  di  cose  ferroviarie)  ne  fu 
accettato  il  termine  accoppiatore  ». 

Bien-portant:  nella  lingua  d'uso  è  voce 
abbastanza  comune  :  traducesi  talora  in  ben 
portante.  Vi  corrisponde  benissimo  la  pa- 
rola prosperoso.  Ma  essendo  essa  poco  fre- 
quente, perde  del  suo  valore,  come  ognuno 
può  di  leggieri  intendere.  I  lombardi  hanno 
la  loro  tipica  parola  disposto:  un  uomo, 
una  donna  disposta,  equivalente  al  bien 
portant  dei  ft-ancesi,  i  quali  hanno  anche 
il  contrario  mal  jwrtant. 

Bìfora:  finestra  divisa  in  due  da  una 
colonnetta. 

Biffare:  voce  del  linguaggio  de'  biblio- 
grafi. Venduto  il  libro,  o  altrimenti  uscito 
dalla  biblioteca  o  dalla  libreria,  si  tira  col 
lapis  di  colore  o  coli' inchiostro  un  frego 
trasversale  e  spesso  a  mo'  d'X,  quanto 
la  scheda  e  grande  per  avvertire  che  esso 
non  vi  è  più  :  il  che  dicesi  Biffare  la 
scheda.  Per  es.  la  scheda  è  biffata.  Il 
verbo  deriva  dalla   ottima   nostra  parola 


biffa,  usata  dagli  agrimensori  per  indicare 
quella  pertica  o  canna  piantata  in  terra 
con  sopra  un  segno  per  traguardare.  Nel 
contado  di  Romagna  è  voce  viva  ed  usata. 

Bigattiera:  temi,  lombardo  (bigattèra): 
l'edificio  dove  si  allevano,  in  molta  quan- 
tità, i  big'atti.De'  quali  edifici  gran  numero  è 
in  Lombardia,  appunto  perchè  quivi  è  molto 
estesa  la  coltura  del  prezioso  baco.  Il  Ri- 
gutini,  a  ragione,  non  è  alieno  dall' accet- 
tare questa  parola:  infatti  il  Petrocchi  la 
registra. 

Biga:  V.   Capra. 

Bigatto  :  torm.  lombardo  (bigat)  esteso 
anche  fuori  di  Lombardia  :  con  voce  ita- 
liana, filugello,  baco  da  seta.  Bigat  e  bi- 
gatera  sono  altresì  voci  dialettali  roma- 
gnole per  baco,  baco  da  seta.  Dicesi  anche 
in  romagnolo  cavalir  m  bigat,  vermicelli. 

Bigino:  term.  esclusivamente  lombardo 
del  gergo  scolastico  che  indica  il  libretto 
di  traduzioni,  letterali  pessime  ed  anoni- 
me, del  greco  e  del  latino:  delizia  degli 
scolari  che  rispai'mia  loro  studio  e  fatica, 
e,  dopo  otto  anni  di  latino  e  cinque  di 
greco,  contribuisce  all'effetto  di  uscire  dal 
liceo  vergini  di  <3gni  seria  coltura  classica. 
Dal  verbo  milanese  bigia  =  marinare. 

Biglietto  o  viglietto:  che  altri  scriva  è 
pur  sempre  voce  presa  dal  francese  billet 
e  da  tempo  assai  antico.  Che  poi  la  pro- 
venienza sia  latina  [bulla)  ciò  monta  ben 
poco  essendo  la  maggior  parte  delle  voci 
francesi  di  origine  latina, 

Bignonia:  (term.  bot.).  La  specie  di  Bi- 
gnonie  sono  numerose,  e  in  generale  sono 
piante  rampicanti  o  volubili,  che  si  col- 
tivano anche  da  noi  per  la  bellezza  dei 
fiori  e  del  fogliame,  specialmente  per  co- 
prire muri  e  pergolati.  Originarie  dell'A- 
merica. Alle  Bignoniacee  spettano  pure 
la  Jacaranda  ohtusifolia  e  J.  brasiliana 
che  danno  legni  pregiati,  come  il  palis- 
sandro; le  catalpe,  la  tecoma. 

Bigotti  della  Monarchia:  motto  di  Al- 
fredo Baccarini,  uomo  politico  romagnola 
di  idee  liberali,  agli  insipienti  o  troppo 
timorati  della  autorità  del  Sovrano. 

Bijou  e  bijouterie  :  dal  latino  bis  due 
volte  e  iocus,  giuoco,  bisiocuhrs,  gioiello, 
vezzo,  gingillo  di  valore.  Una  piccola 
casa,  una  donnina  graziosa,  tutto  ciò  in 


49 


Bit 


■>oiuiiia  che  piccolo,  ben  lavorato,  gentile 
può  essere  onorato  dell'epiteto  di  bijou, 
(ili  editori  ad  uno  speciale  formato  pic- 
cino ed  elegante,  danno  il  nome  di  formato 
hijow.  lina  volta  dicevasi  formato  dia- 
mante. Noi  abbiamo  ancora  viva  la  bella 
parola  galanteria.  Es.  «  quella  giovanetta 
come  è  graziosa!  Una  galanteria!  » .  La 
parola  francese  fu  tradotta  in  bigiii,  bi- 
;/iotfier(\  bigiotteria,  e  anche  registrata. 

Bilancella:  sul  lido  tirreno  così  è  chia- 
mata una  specie  di  feluca  ad  una  sola 
N'ela  latina  con  flocco,  di  piccolo  tonnel- 
laggio e  serve  per  lo  più  di  tras])orto  tra 
liti  vicini  (piccolo  cabotaggio).  11  trabàc- 
colo  romagnolo  è  a  due  vele  al  terzo  e  di 
maggior  portata  :  può  arrivare  sino  alle 
200  tonnellate  o  250.  La  bilancella  dicesi 
anche  Paranxella. 

Bill:  voce  parlamentare  inglese  e  vuol 
dire  progetto  di  legge.  Deve  esser  letto 
tre  volte,  approvato  dalle  due  Camere, 
sancito  dalla  regina  o  dal  re  e  allora  di- 
viene legge.  Per  la  etimologia  cfr.  il  la- 
tino bulla,  italiano  bulletta,  francese 
billet,  da  bullet.  Più  frequentemente  que- 
sta voce  ricorre  nella  locuzione  bill  di 
indennità,  la  quale  dal  parlamento  inglese 
provenne  al  linguaggio  parlamentare  di 
Europa  e  si  dice  della  sanatoria  che  la 
Camera  concede  ai  ministri  per  qualche 
loro  atto  illegale,  ma  richiesto  dalle  neces- 
sità. I  diz.  francesi  notano   questa  voce. 

Bio:  forma  dialettale  veneta  usata  nelle 
esclamazioni  per  non  dire  con  intero  suono 
il  nomo  che  le  Sacre  Carte  avvertono  non 
doversi  pronunciare  invano. 

Biologia:  gr.  bios  z=  vita  e  logos  =  di- 
scorso, scienza  che  studia  i  rapporti  che 
intercedono  fra  gli  organismi  e  il  luogo 
e  il  modo  in  cui  vivono  ;  fra  gli  uomini 
della  presente  e  quelli  dello  passate  età. 

Bipede  implume:  dicesi  facetamente  del- 
l'uoiìio.  Ma  la  dellniziono  è  antichissima 
v.d  è  attribuita  a  Diogene,  il  (juale  — 
avendo  Platone  definito  l'uomo  animai 
bipes  sine  pennis  —  arrecò  nella  scuola 
del  gran  filosofo  un  pollastro  spennato, 
dicendo  «questo  ò  l'uomo  di  Platone». 
Ciò  leggcsi  in  Diogene  Laerzio  (De  dar, 
pliilosoph.  vitis^  dogmatibus^  etc.,lib.  VI. 
13,  40). 

A.  I'an/.ini,  Supplemento  ai  Dixioìuiri  italiani. 


Birraria:  è  modo  comunemente  ripro- 
vato per  birreria:  mescita  di  birra. 

Bisatro  :  corruzione  dialettale  di  una 
parola  bisoiaito,  da  biscia  :  nome  dato  dai 
pescatori  dell'Adriatico  (litorale  veneto  e 
romagnolo)  alle  piccole  anguille. 

Bischero:  V.  Appendice. 

Biscuit:  letteralmente  biscotto  {bis  coc- 
tus  :::=  due  volte  cotto)  e  così  i  francesi 
chiamano  oltre  al  biscotto,  pane,  una  pasta 
di  porcellana  due  volte  cotta  e  lasciata 
nel  suo  bianco  naturale  senza  pittura,  né 
vernice,  nò  smalto.  Es.  una  statuetta  di 
biscuit. 

Bis  dat  qui  cito  dat:  motto  latino  che 
significa  :  chi  paga  subito  è  come  pagasse 
due  volte.  Cosa  vera  dai  tempi  romani 
ad  oggi  ! 

Bisecare:  (dal  lat.  bis  =  due  volte  e 
secare  --  tagliare,  cfr.  segare,  sega)  dicesi 
nel  linguaggio  geometrico  della  retta  — 
bisettrice  —  che  divide  un  angolo  in  due 
altri  uguali. 

Bisettrice  :  V.  Bisecare. 

Bis  in  idem:  motto  latino  che  significa 
due  volte  nella  istessa  cosa.  Si  dice  spe- 
cialmente di  chi  cade  nello  stesso  errore. 

Bissare  :  dal  lat.  bis,  due  volte,  quindi 
ripetere  una  seconda  volta,  e  nel  linguaggio 
teatrale  è  voce  non  solo  usatissima  ma 
necessaria.  I  dizionari  non  la  registrano, 
il  Fanfani  la  riprova.  Certo  non  è  parola 
germogliata  dalla  lingua  italiana  ma  tolta 
dal  francese  bisser.  Ma  (juante  sono  le 
parole  che  noi  usiamo  e  che  hanno  questa 
origine?  Infinite.  Se  le  dovessimo  espellere 
tutte,  sarebbe  un  affar  serio  farsi  inten- 
dere anche  fra  noi! 

Bissóna  :  gondola  bella  e  grande  di  Ve- 
nezia, in  uso  allo  regate  e  nelle  cerimonie 
tradizionali  di  quella  città.  A^oce  dialet- 
tale, estosa  al  comune  linguaggio;  così 
detta,  forse,  perchè  era  in  antico  ornata 
di  bisso.  Naviga  a  molti  remi. 

Bistecca:  V.  Beef-steak. 

Bitta:  terni,  mar.,  sistema  di  due  colonne 
di  legno  o  di  ferro,  i)iantato  a  prua  dello 
navi,  spesso  rafforzato  con  traverse:  ser- 
vono a  dar  volta  agli  ormeggi  delle  an- 
core, a  sostegno  del  molinello  por  sal- 
l)are,  otc. 

Bitter:  voce  generica  di  liquore,  di  ori- 


Biv 


—     50     — 


Bla 


gine  olandese  che  vuol  dire  amaro.  Così 
si  chiamano  vari  stomatici,  dal  più  al 
nieno  fabbricati  con  infusioni  di  scorze  e 
radici  amare  (arancio,  genziana,  rabarbaro, 
ginepro)  nello  spirito.  In  fr.  bitter. 

Bivacco:  neologismo,  dal  francese  bì- 
vouac  Q,  forma  antiq.  bivac.  La  parola 
francese,  a  sua  volta,  deriva  dal  tedesco, 
bei  =  vicino  e  ivaeht  :~  guardia.,  quindi 
significa  campo  a  ciel  sereno  ove  l'esercito 
s'accampa.  La  grande  storia  militare  e  bel- 
ligera di  Francia  legittimò  e  diffuse  que- 
sta parola  anche  presso  di  noi,  popolo  non 
belligero.  I  dizionari  la  registrano;  il  Fan- 
fani  la  combatte,  e  vuole  sostituirvi  le 
parole  alto.,  accampaìnento .,  attendaìnento. 

Bizantinismo,  Bizantino,  Bizantinerìa, 
e  anche  Bizantineggiare:  parole  di  uso 
moderno  e  non  così  facili  a  spiegare  come 
sono  facili  ad  intendere.  Bisanzio  fu  per 
tutta  l'età  di  mezzo,  cioè,  per  un  periodo 
più  che  millenario,  la  capitalo  dell'impero 
romano  d'oriente,  erede,  dunque,  di  Gre- 
cia e  di  Eoma,  ma  col  processo  del  tempo 
si  venne  sempre  più  isolando  dal  vivo 
occidente  d'Europa,  perdendo  di  valore 
politico  e  assumendo  certi  speciali  carat- 
teri di  cerimonie,  di  rigidità,  di  immo- 
bilità. Benissimo  si  può  intendere  il  senso 
di  queste  parole  ove  ben  si  comprendano 
questi  due  versi  che  G.  Carducci  scrisse 
a  proposito  della  terza  Eoma  : 

Impronta  Italia  domandava  Roma, 
\xio  essi  le  han  dato. 


Questioni  bix,antine,  è  locuzione  che  vale 
questioni  sottili.^  ma  inutili.,  intermi- 
nabili. 

Blacl^bouler:  neol.  fr.  che  vuol  dire  dar 
-palla  nera  nelle  votazioni  politiche.  Sarà 
parola  rarissima  da  noi,  ma  avendola  tro- 
vata ed  udita  in  speciali  casi  nel  senso 
di  dare  voto  contrario,  così  la  noto  a  mag- 
gior conferma  del  mio  asserto:  cioè  che 
molti  per  iscrivere  e  parlare  effìcacemente, 
argutamente,  hanno  bisogno  oramai  delle 
locuzioni  straniere.  Blackbouler  è  fra  i  neo- 
logismi francesi,  derivato  dall' ingl.  black- 
ball  =  palla  nera  e,  come  verbo,  bocciare. 

Blaga:  Y.  la  parola  francese   Blague. 

Blague:  propriamente  borsa  di  pelle 
entro    la    quale  ponesi  il  tabacco,  e  per 


l'affinità  frale  cose  vane  e  le  cose  enfiate, 
vanteria.,  spacconata.,  menzogna.  Del  resto 
è  d'uso  familiare  nella  lingua  francese,  e 
da  noi  sovente  si  traduce  in  hlaga.  Il 
Carducci  nel  suo  bellissimo  scritto  Mosca 
cocchiere  usa  questo  francesismo  dicendo 
che  esso  è  brutto  anche  in  Francia,  ma 
che  «  oggigiorno  non  se  ne  può  fare  a 
meno  »  .  Se  non  di  blaga ^  così  si  potrebbe 
dire  di  molti  gallicismi.  Quando  una  pa- 
rola straniera  è  penetrata  in  un  idioma, 
essa  vi  acquista  giusto  diritto  di  cittadi- 
nanza. «  Fuori  i  barbari  »  si  potrà  diro  ri- 
ferendosi alle  persone,  ma  quanto  ai  bar- 
barismi bisogna  evitare  che  entrino,  e  a 
ciò  vana  è  l'opera  delle  autorità  deputate 
all'  uopo,  se  non  vi  provvede  con  senso 
d'amore  la  nazione  stessa.  V.  la  discus- 
sione che  avvenne  nel  Parlamento  italiano 
intorno  al  Bilancio  della  P.  I.  Giugno  1902. 

Blagueur:  vedi  blague.  Parola  usata 
invece  delle  moltissime  nostre  :  gradasso, 
spaccamonti.,  chiacchierone.,  etc.  Il  d'An- 
nunzio, stilista  di  gusto  assai  dubbio,  ma 
conoscitore  egregio  e  cultore  della  lingua 
italiana  e,  fra  i  moderni,  assai  puro,  usò 
la  voce  blagueur:  prova  evidente  della 
forza  che  la  consuetudine  imprime  a  certe 
parole  :  «  La  mia  casa  è  la  casa  rispetta- 
bile di  un  buon  lavoratore  e  io  deploro 
di  avervi  ricevuto  ingenuamente  un  bla- 
gueur di  quella  specie  ». 

Blanc-bec  :  letteralmente  in  francese 
becco  bianco  e  si  dice  di  persona  inesperta 
e  giovane,  ma  che  della  sua  inesperienza 
non  si  rende  conto,  anzi  sembra  presu- 
mere di  sé  :  sbarbatello. 

Blanc-manger:  voce  francese  già  da 
antico  fatta  italiana  e  classica  in  bianco- 
mangiare, piatto  dolce  da  credenza.  Il 
Manuzzi  e  il  Tommaseo  la  riportano,  e 
zitti.  Il  Yiani  la  difende,  il  Fanfaui  ci  fa 
una  delle  sue  solite  chiacchierate.  Il  Pe- 
trocchi la  registra   fra  le  voci  antiquate. 

Blasé  :  voce  francese  frequente  e  felice  : 
la  quale  indica  la  persona  divenuta  scet- 
tica, non  per  abuso  di  filosofia  ma  di  mon- 
danità 0  di  piaceri.  Nel  suo  primo  senso 
il  verbo  Maser  vuol  dire  alterare  per  ec- 
cesso dell'uso  il  senso  del  gusto.  Es.  l'u- 
sage  des  liqueurs  fortes  lui  a  blasé  le 
gout.  Poi   figuratamente    si  dice  di  tutto 


Ble 


—     51     — 


Blo 


<'iò  che  a  hm^o  andare  rende  l'uomo  in- 
capace di  emozione  e  di  affetti:  indiff'e- 
rerife^  scettico^  insensìbile.  L' etimologia 
dolla  voce  è  incerta. 

Blennoragia  :  gr.  Menna  =;  muco  e  raghè 
=  eruzione.  Malattia  infettiva  di  cui  l'a- 
ji-ente  ])iitogeno  è  un  microbo  s])ecilìco  : 
■mierococcus  gonorheae.  Si  appalesa  negli 
uomini  in  t'orma  di  uretrite,  di  metrite 
nello  donne.  Dicesi  anche  gonorrea^  scolo, 
scolaxione. 

Bleu  :  questa  parola  che  da  noi  si  pro- 
nuncia con  un  blu  così  duro  che  pare  il 
latrato  di  un  cane,  ha  tolto  di  seggio  ora- 
mai le  belle  parole  axxurro  e  turehino.  Da 
bleu  provenne  l'aggettivo  bluastro  (bleud- 
tre)  per  turchiniccio.  Bluet  pure  è  detto 
sovente,  in  luogo  della  nostra  parola  gen- 
tile fiordaliso  o  ciano.,  il  fiorellino  az- 
zurro che  cresce  tra  il  grano. 

Come  il  ciano  seren  tra  '1  biondeggiante 
Or  delle  spighe,  tra  la  chioma  flava 
Fiorìa  quell'occhio  azzurro. 

Carducci  {Idillio  maremmmw) 

Bieu-élétrique:  dicesi  delle  stoffe,  dal 
colore  azzurro  cangiante.  I  nomi  delle 
stoffe  e  dei  colori  sono  spessissimo  indicati 
iìlla  francese  :  ciò  si  vedrà  di  volta  in  volta. 

Bleu-gendarme  :  così  nel  linguaggio 
delle  stoffe  si  chiama  quel  colore  turchino 
verdastro,  usato  nelle  assise  militari. 

Bleu  marin:  per  indicare  il  colore  tur- 
chino fondo  di  certe  stoffe,  dicesi  in  Italia 
bleu-m-arin.  La  bella  parola  italiana 
axxurro  oltremarino  o  d' oltremare  è 
dunque  spenta  del  tutto? 

T/azzurro  oltremarin  di  Terra  Santa 
È  bava  di  lumaca  in  suo  pensior. 

G.  Carducci,  La  consulta  araldica. 

Bleuet:  V.  Bluet  e  Bleu. 

Blindage:  in  francese  indica  l'atto  del 
blindare,  voce  tradotta  anche  in  blindag- 
gio.  V.  il  verbo  blindare. 

Blindare:  dal  fr.  blinder,  voce  sposso 
usata  trattando  di  opero  militari  e  signi- 
fica difendere  con  lastre  metalliche  una 
parete,  un  carro,  un  fortilizio  etc.  affinchè 
sia  protetto  dalle  palle  nemiche.  La  etimo- 
logia è  dal  tedesco  blenden.,  rendere  cieco., 
quindi  per  ostensione,  coprire^  munire. 
Così  il  Diez.  Es.  carro  blindato. 

Bloccare  :  por  stringere  di  assedio  così 


strettamente  da  impedire  ogni  comunica- 
zione e  introduzione  di  viveri  nella  città 
assediata,  è  parola  da  assai  tempo  accolta 
nei  nostri  dizionari  :  fr.  bloquer.  Voce  che 
si  congiunge  alla  parola  tedesca  block  da 
cui  block  haus  e  blocco.  Dicesi  anche  fa- 
miliarmente bloccare  per  chiudere.  Es. 
siamo  stati  bloccati  in  casa. 

Blocco  :  (ted.  block)  è  voce  internazio- 
nale: indica  un  pezzo  di  marmo,  di  tufo, 
di  pietra  etc.  :  così  le  locuzioni  vendere 
in  blocco^  fare  un  blocco  non  sono  belle 
nò  nostre,  ma  oramai  appartengono  al  pa- 
trimonio della  lingua  viva. 

Blocco:  cabina  di  blocco  o  sistema  di 
blocco  sono  chiamati  con  voce  recente  nel 
linguaggio  tecnico  delle  ferrovie  alcuni 
apparecchi  elettrici  per  la  piii  parte  che, 
sparsi  lungo  il  percorso,  possono  arrestare 
il  treno  quando  la  linea  è  impedita.  V. 
più  ampiamente  Sistema  di  blocco. 

Block  e  block  notes:  così  si  legge  su 
molti  taccuini,  formati  di  fogli  staccabili, 
in  uso  negli  uffici  e  banchi  di  compra  e 
vendita.  La  parola  proviene  dal  tedesco 
block.,  massa  densa  e  pesante  :  voce  estesa 
nelle  altre  lingue,  e  nella  nostra  in  blocco. 

Blockhaus  :  cosi  con  termine  tedesco  (da 
block  e  haus  =  casa)  è  in  quasi  tutte  le 
lingue  chiamata  quella  speciale  fortifica- 
zione piccola,  fatta  di  lastre  metalliche, 
che  ponesi  in  campo  aperto,  facile  a  co- 
struirsi e  smontarsi.  La  lingua  nostra  a- 
vrebbe  le  parole  classiche  :  casaforte,  for- 
tino^ battifolle.,  bastila,  ridotto,  ma  block- 
haus trionfa. 

Blonda  :  dal  fr.  blonde.,  trina  di  seta.  Voce 
dell'uso.  Per  l'etimologia  Y.  lo  Scheler, 
op.  cit. 

Blouse  :  voce  francese  comunissima  pres- 
so di  noi  e  d' incerta  etimologia.  Il  Pe- 
trocchi l'accetta  e  no  fa  bluse.,  blusetfao 
blusettina.  Ho  inteso  molte  signore  dire 
camicetta.,  per  indicare  appunto  quel  giac- 
chettino elegante  che  prendo  forma  natu- 
rale dal  busto  e  si  raccoglie  sotto  la  gonna. 
Bluse  è  altresì  il  camiciotto  degli  operai, 
dei  ragazzi.  Anche  il  Rigutini  ospita  bene- 
volmente blusa,  blusina.,  blusettina.  ()s|)i- 
tinmo  pure,  i)erchò  no?  Solamente  sarebbe 
curioso  conoscere  il  criterio  con  cui  si  re- 
spinge una  parola  e  se  ne  accetta  un'altra. 


Blu 


52 


Hoc 


Blue-books:  così  si  chiamano  in  In- 
ghilterra, per  ragione  della  loro  legatura 
azzurra,  i  libri  presentati  dal  governo  al 
Parlamento,  nei  quali  sono  stampati  i  rap- 
porti politici  e  le  corrispondenze  diploma- 
tiche :  di  ugual  natura  sono  il  libro  Giallo, 
in  Francia;  il  libro  Verde,  in  Italia;  il 
libro  Bianco  in  Germania  e  il  libro  Eosso 
in  Austria. 

Bluet  e  bleuet:  voce  che  ricorre  più 
che  comune,  specie  su  vezzose  labbra.  Essa 
è  una  specie  di  centaurea  {centaurea  eya- 
nus)  che  fiorisce  tra  il  grano,  ed  è  così 
nominata  dalla  specie  più  comune,  di  colore 
azzurro.  Questo  fiore  fu,  se  non  erro,  caris- 
simo al  defunto  imperator  di  Germania, 
Guglielmo  IL  Noi  abbiamo  la  bella  voce 
ciano^  fiordaliso.  Lo  credano,  le  signore, 
fiordaliso  è  più  elegante  suono  di  quel 
tronco  bluet.  Neil'  Istria  è  chiamato  sem- 
plicemente fior  del  formento. 

Boa:  (boga,  secondo  il  Guglielmotti)  in- 
dica in  marina  una  cassa  di  ferro  galleg- 
giante, per  lo  più  cilindrica,  la  quale  tratte- 
nuta su  le  rade  o  nei  porti  da  salde  catene, 
offre  alle  navi  buon  punto  di  appoggio. 

Bobba  0  bobbia:  «materia  tra  liquida 
e  densa  in  quantità  »  così  il  Petrocchi, 
togliendo  dal  Fanfani  ;  ed  altri  :  «  mescu- 
glio  di  più  cose  a  foggia  di  unguento  e 
di  savore  etc,  per  lo  più  per  medicina  ». 
Nel  dialetto  di  Romagna  boba  vale  spre- 
giativamente per  minestra  cattiva  e  stra- 
cotta. Si  dice  quivi  per  rafforzamento  ple- 
beo anche  sboba.    Così  pure  nel  Veneto. 

Bobèche  :  con  questa  parola  di  etimo- 
logia incerta  si  chiama  quel  piattellino 
che  posa  sul  candeliere  perchè  non  sgoc- 
cioli la  candela.  Come  si  dice  in  italiano? 
Palmetta^scodellina^  boccinolo,  padellina^ 
foglia  come  dicono  in  molti  luoghi  ?  Fra 
tanta  ricchezza  di  parole  la  gente  elegante 
usa  la  voce  francese. 

Bobina  :  voce  tecnica  oramai  entrata 
neir  uso,  fr.  bobine  e  che  si  batte  con 
probabilità  di  vittoria  con  la  nostra  parola 
equivalente  rocchetto.  Bobine^  ing.  bobbin, 
è  di  etimologia  incerta  (da  bombyx  per 
la  sua  simiglianza  col  bozzolo?)  ed  indica 
quel  cilindro  attorno  al  quale  si  avvolgono 
i  fili  metallici   nelle  macchine  elettriche. 

Bocca  baciata:  il  grazioso  nostro  pro- 


verbio che  così  comincia  e  segue  :  bocca 
basciata  non  perde  ventura^  anxi  rin- 
nuova  come  fa  la  luna,  è  assai  antico,  e 
pieno  commento  ne  fa  il  Boccaccio,  ripor- 
tandolo in  fine  della  novella  VII  della 
giornata  li. 

Boccaccesco  o  boccaccevole:  non  solo 
vuol  dire  alla  maniera  del  Boccaccio,  co- 
me portano  i  lessici,  ma  libero,  salace 
licenzioso,  come  sono  molte  novelle  del 
Decameron. 

Bocca  della  verità:  dicesi  di  persona 
veritiera  al  sommo,  e  più  spesso  si  dice 
in  senso  ironico.  Bocca  della  verità  era 
chiamata  una  maschera  colossale  di  pietra, 
dell'epoca  romana,  conservata  nella  Chiesa 
di  S.  Maria  in  Cosmedin  :  si  racconta  che 
nell'Evo  medio  i  Romani,  allorché  pre- 
stavano giuramento,  affondavano  le  mani 
in  quella  bocca  che  non  le  lasciava  uscire 
se  erano  spergiuri. 

Bocca  del  leone:  vale  spia,  delazione 
segreta.,  dalla  bocca  del  leone  marmoreo 
che  in  Venezia  riceveva  denunzie  e  pe- 
tizioni. 

Bocche  inutili:  nel  linguaggio  militare 
e  trattando  di  assedi  si  dissero  bocche  inu- 
tili coloro  che,  come  le  donne,  i  bambini, 
i  vecchi  non  possono  dare  aiuto  alle  di- 
fese e  consumano  le  vettovaglie.  La  locu- 
zione spesso  è  volta  a  senso  più  esteso, 
e  dicesi  di  chi  mangia  senza  produrre. 
Fr.  bouches  inutiles. 

Bocca  :  nella  locuzione  nostra  dire,  con- 
cedere a  ììiexza  bocca  vale  in  modo  in- 
certo, non  sicuro,  senza  affermare  o  ne- 
gare, come  fanno  spesso  coloro  che  vo- 
gliono togliere  a  sé  stessi  parte  del  peso 
delle  responsabilità. 

.  Bocciare:  colpire  la  boccia  con  la  boccia 
nel  giuoco  omonimo.  Bocciare  indica  pure 
schiacciare  agli  esami.^  respingere^  ri- 
mandare :  termine  ancorché  molto  volga- 
re, notissimo,  in  i specie  agli  scolari. 

Bòccola:  chiamano  i  meccanici  e  i  fer- 
rovieri quella  scatola  sopra  posta  alle 
ruote  che  contiene  il  grasso  per  ungere  i 
supporti  degli  assi  dei  veicoli  e  delle  lo- 
comotive {botte  à  graisse  in  francese, 
achseìibilchse  in  tedesco,  axlebox  in  in- 
glese). I  Bòccola  in  alcune  regioni  è  detto 
l'orecchino.  Es.  un    bel   paio  di   bòccole., 


Ur 


53 


Boi 


lio  perduto  una  bòccola.  \  Bòccola  dicesi 
anciie  quel  cerchio  di  ferro  di  cui  si  ri- 
vesto  l'interiore   del  mozzo   delle   ruote. 

Bochinista:  V.  Bouquiniste. 

Bock:  in  ted.  'iìgmìiG'à  becco.,  caprone. 
K  chiamata  bock-bier.,  la  birra  nuova  che 
si  spilla  d' inverno  o  di  marzo  e  però  è 
più  gustosa  e  pregiata.  Passando  dal  conte- 
nuto al  contenente,  bock  indica  altresì  il 
bicchiere,  però  soltanto  in  francese  e  ta- 
lora da  noi  come  da  esempio:  suggel- 
lammo la  nostra  amicizia  con  alcuni  bock. 
Il  rapporto  fra  i  due  sensi  disparati  della 
parola  bock  è  spiegabile  o  come  insegna 
di  questa  birra,  o  perchè  rende  i  bevitori 
vivaci  come  capri.  Etimologie,  però,  mal 
sicure. 

Bodino:  V.  Boudin. 

Boètta  :  il  pacco  grosso  del  tabacco.  Voce 
dialettale  subalpina:  fr.  baite. 

Boheme  :  nel  suo  primo  senso  significa 
zingaro,  boemo.,  che  vive  sciolto  da  legami 
di  leggi,  girando  il  mondo  incurante  del 
domani.  La  lingua  francese  applicò  questa 
])arola  all'artista  spensierato,  innamorato 
della  sua  arte,  indocile  per  natura  (e  tal- 
volta per  progetto)  delle  convenienze,  ri- 
belle alle  convenzioni  sociali.  Scapigliato., 
scapigliatura.,  goliardo  son  le  parole  no- 
stre corrispondenti.  Amgo  Murger,  pari- 
gino (1822-61)  in  un  suo  patetico  libro 
Seenes  de  la  vie  de  Bohème  rese  univer- 
sale questo  nome  e  vi  diede  valore  let- 
terario. 

Bohémienne:  specie  di  ballo  affine  alla 
mazurca. 

Boicottaggio:  V.  Boicottare. 

Boicottare  :  dall'  ingl.  boycott  cioè  con- 
giurare contro  qualcuno  rifiutando  ogni 
rapporto  di  com])ra  e  vendita  :  interdire. 
Metodo  di  lotta  politica  e  commerciale  pra- 
ticata primamente  dai  Land-Leaguers  in 
Irlanda.  11  capitano  Boycott  fu  prima  e 
notabile  vittima  del  sistema  :  da  esso  il 
nome  alla  cosa.  La  voce  è  pure  estesa  al 
fr.  bojjcotter.,  tedesco  boykottieren. 

Botte  :  scatola.,  è  voce  francese,  usata, 
specioso  vi  si  annette  l'idea  di  eleganza 
e  di  finezza,  come  per  dolci,  profumi, 
confetti,  otc.  Botte  si  ritiene  derivato  dal 
l)asso  latino  buxf's,  gr.  pyjoos  :~  bossolo, 
(onic  ;i  (lii-(i  scatola  di  bossolo.  La  nosti'a 


voce  busta,  che  abbia  la  stessa  origine? 
y.  bojc  e  Zambaldi,  op.  cit.,  Bosso. 

Botte  à  surprise:  così  chiamano  i  fran- 
cesi quel  balocco  formato  di  una  scatola 
da  cui,  aprendo,  balza  una  molla  con  un 
terribile  pupazzo.  Nel  senso  metaforico, 
nel  quale  è  usata  non  raramente,  noi  ab- 
biamo la  parola  spauracchio.,  e  se  si  vuole 
bau-bau,  spaventa  passeri. 

Bojardo  :  nome  dato  agii  antichi  nobili 
della  Kussia,  della  Transilvania  e  delle 
Provincie  Danubiane.  In  russo  è  boiarin., 
ma  oggi  è  parola  di  mero  valore  storico. 

Bolero  :  da  bolero  =i  danzatore,  in  ispa- 
gnuolo  indica  una  musica  e  un  ballo  nazio- 
nale di  Spagna.  Il  bolero  è  caratteristico 
per  il  ritmo  particolare,  a  tre  tempi  ;  s'ac- 
compagna alla  chitarra  e  al  suono  delle 
nacchere  ed  è  danza  assai  molle  e  vivace. 
Bolero  è  pur  voce  francese.  Bolero  nel 
linguaggio  della  moda  è  anche  chiamato 
una  foggia  di  cappello  muliebre  o,  meglio, 
da  giovanotta,  semplice,  piano  e  rotondo, 
con  l'ala  rialzata  sino  all'altezza  del  cocuz- 
zolo, forse  così  detto  dal  cappello  spa- 
gnuolo  usato  nel  bolero. 

Bolla:  propriamente  il  sigillo  rotondo 
che  porta  da  un  lato  S.  Pietro  e  S.  Paolo 
dall'altro  il  nome  del  Papa,  con  cui  la 
Cancelleria  Papale  contrassegna  i  rescritti 
del  Pontefice.  Con  questo  nome  sono  chia- 
mate le  lettere  del  Papa,  con  forza  di  de- 
creto, nelle  quali  si  tratta  di  materia  do- 
gmatica, religiosa  o  anche  politica.  V. 
Breve. 

Bolletta:  nel  Bolognese,  nell'Emilia,  in 
Romagna  questa  voce  è  usata  nella  locu- 
zione essere  in  bolletta  e  non  significa 
propriamente  né  sempre  miseria  ma  più 
spesso  quello  stato  di  mancanza  di  pecunia 
che  è  cosa  comune  a  studenti,  artisti, 
gente  spendoreccia.  Corrisponde  all'altra 
frase  essere  al  verde. 

Bollito:  sostantivo,  invoce  di  /esso  che 
a  taluno  pare  così  elegante,  è  ritenuta 
voce  non  buona  come  quella  che  proviene» 
dal  francioso  boulli. 

Bollo:  noidiciamo  indiftorentomonte  car- 
ta da  bollo  e  carta  bollata.  Osserva  il  Ki- 
gutini  che  la  seconda  forma  è  preferibib^ 
alla  ])rima,  giacché  carta  da  bollo  signifi- 
chcrobbe  caria  che  deve  essere  bollata. 


Boi 


—     54     — 


Bon 


Bolina:  termine  marinaresco  :  quel  capo 
di  manovra  che  tende  verso  prora  la  ralinga 
della  vela  quadra.  Andar  di  bolma^  andar 
con  le  vele  tirate  a  raso,  strette,  per  quanto 
è  possibile,  al  vento:  è  il  contrario,  quasi, 
dell'  andare  col  vento  in  poppa  :  e  più 
chiaro  e  diffuso  il  Guglielmotti  :  «  Andar 
di  bolina  pur  si  dice  per  estensione  di 
ogni  bastimento  che  naviga  verso  l'ori- 
gine del  vento,  ancorché  non  abbia  le 
corde,  chiamate  boline,  o  non  le  adoperi 
0  vada  menato  da  altra  forza  che  non  sia 
del  vento.  Perciò  che  i  piroscafi  e  i  ba- 
stimenti di  vela  latina  diconsi  andar  di 
bolina,  quando  navigano  stretti  al  vento, 
la  t^ual  cosa  viene  loro  più  facile,  perchè 
la  macchina  e  l'abete  stringono  meglio 
della  canape.  Parlerai  però  di  essi  con 
maggior  proprietà  se  dirai  de'  piroscafi 
andar  contro  vento  e  se  de'  latini  dirai 
andare  all'  orza.  »  Etim.  da  borea? 

Boma  :  ter.  mar.  albero  orizzontale  posto 
in  basso  degli  alberi  maggiori,  verso  poppa 
e  serve  a  distendei'e  mediante  le  scotte  la 
vela  àurica  detta  randa.  Dal  fr.  bòme;  in 
it.  randa.  Y.  Guglielmotti. 

Bombardino  :  strumento  da  fiatodi  ottone 
con  tre  cilindri  e  senza  chiave;  diminu- 
tivo di  bombardone. 

Bombardone:  o  saxhom-h^i^^o  in  /a, 
strumento  più  grave  del  bass-tuba;  è  il 
basso  naturale  degli  strumenti  metallici 
ad  imboccatura.  (A.  Galli,  op.  cit.). 

Bombe:  in  fr.  significa  convesso,  a  baule. 

Bombyx  e  bombice:  ma  più  di  frequente 
si  usa  la  forma  greca,  (fr.  bombyx)  così 
come  è  scritta;  por  indicare  il  baco  da 
seta,  appartenente  alla  famiglia  dei  lepi- 
dotteri, la  cui  larva  è  appunto  il  prezioso 
insetto. 

Bomboniera  :  V.  Bon-bon. 

Bona:  quanto  se'  bona!  Nel  dialetto 
napoletano  bona  per  effetto  dell'antico  pas- 
saggio di  senso  dal  bello  al  buono,  signi- 
fica bella  e  dicesi  di  donna,  specie  se 
formosa  e  fornita  di  linee  seducenti  e  curve. 
Voce  estesa  anche  a  Roma. 

Bonaccione:  accrescitivo  di  bonaccio, 
e  vale  bonario.,  tranquillo.,  alla  buona., 
semplice.  Es.  «  disse  con  quel  suo  solito 
e  simpatico  fare  bonaccione.,  alcune  cose 
veramente  grandi  e  belle.  » 


Bon  bon  :  per  dolci  in  genere  è  il  fran- 
cese bon  bon,  cioè  buoni,  buoni.  La  pa- 
rola è  da  ripudiarsi  senza  dubbio,  e  spe- 
cialmente la  versione  che  molti  ne  fanno 
in  bombone.  Allora  la  logica  vorrebbe  che 
si  espellesse  anche  il  derivato  bomboniera, 
che  è  entrato  pienamente  nell'uso,  e  si 
usasse  confettiera.,  che  è  parola  nostra 
ma  abbandonata  e  perciò  poco  si  intende. 
Un  dubbio  :  il  bon  bon  de'  bambini  non 
potrebbe  esser  voce  infantile? 

Bonbonne:  voce  francese  usata  anche 
da  noi  nella  grande  industria  chmiica  per 
significare  un  recipiente  di  lamiera  o  di 
terra  per  contenere  acidi. 

Bondiòla  :  specie  di  cotechino  insaccato 
e  legato,  che  si  fa  nell'Emilia  (Viadana, 
Bologna,  Parma,  Reggio).  Bundióla. 

Bon  gre  mal  gre:  l'italiano  ha  l'e- 
quivalente preciso  a  questo  motto  fran- 
cese, ed  è:  per  amore  o  per  for%a.  Di- 
cesi anche:  voglia  o  non  voglia:  far  di 
necessità  viriti.,  e  infiniti  modi  di  forma- 
zione popolare  come  o  mangiar  questa 
minestra  o  saltar  questa  finestra,  etc. 
Macché!  Il  bon  gre  mal  gre  si  dice  e  si 
scrive  a  tutto' spiano. 

Bonifica:  detto  dei  ten-eni  migliorati 
con  piante,  scoli  e  altre  opere  d'  arte  è 
dal  Rigutini  reputato  neologismo  pessimo, 
come  moltiplica,  qualifica,  rettifica,  ve- 
rifica invece  bonificamento,  moltiplica- 
zione.,  qualificazione  etc.  Ma  sono  voci 
oramai  dell'uso. 

Boniment:  vocabolo  del  gergo  francese 
ed  indica  il  discorso  con  cui  il  ciarlatano 
0  il  venditore  annuncia  all'inclito  publico 
la  sua  merce  che  dà  naturalmente  come 
buona  (bonne.,  onde  boniment).  Lo  sprolo- 
quio del  saltimbanco  davanti  la  baracca  : 
ciui'meria.,  truffa. 

Boni  pastoris  (esse)  est  tendere  pecus 
non  deglubere:  ufficio  del  buon  pastore 
è  di  tosare  le  pecore  non  scorticarle. 
Così  Svetonio  in  Tiberio.,  32,  a  proposito 
di  tasse  e  balzelli. 

Bon  marche  :  buon  mercato.  È  grido 
e  insegna  di  bottega,  comunissimi  da  noi. 

Bonne:  in  francese  indica  la  bambi- 
naiao  fantesca  :  da  noi  erroneamente  chia- 
masi bonne  anche  la  maestra  di  francese 
0  signorina  di  compagnia. 


lìon 


Bon 


Bonne  atout  falre:  così  ho  inteso  molte 
luiiore  donominaro  la  donna  di  ser- 
rilo che  fa  di  tutto  in  casa.  Ora  essen- 
dovi la  cuciniora  o  cuoca  per  far  da  man- 
uiare,  la  cameriera  perle  stanze,  la  guar- 
darobiera per  la  biancheria,  dicendo 
donna  di  servixio  o  semplicomonto  donna 
come  di  fatto  si  dice,  si  intende  appunto, 
per  accettata  esclusione,  la  domestica 
bonne  à  tout  faire. 

Bonne  heure  (à  la)  :  modo  francese,  co- 
mune anche  da  noi,  che  servo  ad  indi- 
care una  specie  di  approvazione,  manco 
male,  vada  pure.  Lo  registra  il  Manuzzi 
eon  esempi,  il  Tommaseo  con  esempi  diUÌ- 
V  Orlando  In.  (Berni)  25-29  e  di  altri.  Lo 
usa  il  Manzoni  ove  Don  Ferrante  dice: 
«  Che  in  tutte  le  cose  di  casa,  la  signora 
moglie  fosse  la  padrona,  alla  buon  ora:, 
ma    lui  servo,  no  ■» .  P.  S.  Gap.   XXVII. 

Bonne  mine  à  mauvais  jeu  (faire):  que- 
sta frase  francese  è  non  rara  da  noi  :  la 
traduzione  letterale  :  far  buon  viso  a  cat- 
tivo giuoco  non  ha  efficacia  perchè  il  va- 
lore di  un  motto  consiste  nella  sua  forma 
fìssa  e  tipica.  L'italiano  no  avrebbe  uno 
alquanto  affine  di  senso  :  ìuangiar  amaro 
e  sputar  dolce.  Il  dialetto  milanese  dice: 
mangia  fèl  e  spila  mei.  Se  gli  italiani 
studiassero  con  più.  amore  i  loro  dialetti, 
troverebbero  quanto  di  vero  è  nella  teoria 
dantesca  riguardo  alla  lingua  ! 

Bonnetto  :  è  parola  non  registrata  nei 
nostri  lessici,  difatti  è  la  versione  di  bon- 
net  francese:  però  è  parola  molto  in  uso, 
specie  fra'  militari,  ne'  collegi,  etc.  La 
parola  italiana  è  berretto.,  dal  basso  la- 
tino birretum^  cioè  cappello  fatto  in  ori- 
gine di  stoffa  rossa,  pirros.  Il  francese 
ha  la  parola  barrette  che  dove  essere  la 
versione  di  berretta.,  e  l'usano  per  indi- 
care lo  zucchetto  dei  preti  e  il  cappello 
cardinalizio.  Il  Melzi  accoglie  bonetto. 

Bonomìa:  per  bonarietà  è  rii)roso  come 
gallicismo  {honhomie).  Bonoìida  è  così 
dell'  uso  che  lo  sfuggire  tale  parola  do- 
manda uno  sforzo  di  riflessione,  come  av- 
viene per  molti  gallicismi,  o  presunti  tali, 
«'erto  è  un  doppione  de'  soliti. 

Bons-mots:  arguxie.,  facexie^  meglio 
(  li(i  barzellette  e  lepidezze.  La  parola  fran- 
cese ò  in  grande  uso  fra  noi.  Bon  mot  non 


sempre  indica  la  facezia  arguta  e  fine  ma 
dicesi  anche  quando  essa  è  di  cattivo  ge- 
nere: onpeutdonc  dire.,  en  plaisantant ., 
un  mauvais  ou  un  méehant  boìi  mot. 
Dando  però,  come  di  solito  si  intende, 
alla  parola  bon  mot  senso  buono,  vedasi 
come  essa  è  resa  elegantemente  e  signo- 
rilmente in  questo  pei-iodo  del  Boccaccio 
{Decameron.,  giornata  F7,  novella  Ij: 
«  Giovani  Donne,  come  nei  lucidi  sereni 
sono  le  stelle  ornamento  del  cielo,  e  nella 
primavera  i  fiori  de'  verdi  prati,  e  de'  colli 
i  rivestiti  arbuscelli,  così  de'  laudevoli  co- 
stumi e  do'  ragionamenti  belli  sono  i  leggia- 
dri motti:  li  quali  perciò  che  brievi  sono, 
tanto  stanno  meglio  allo  donne  che  agli 
uomini,  quanto  più  alle  donne  che  agli 
uomini  il  molto  parlar  si  disdice.  »  Pro- 
visi in  mezzo  a  questo  magnifico  ed  este- 
tico periodo  a  incastrare  la  voce  tronca 
bon  mot  e  l'effetto  sarà  spiacevole.  Senza 
venir  meno  al  proposito  di  trattare  la  ma- 
teria intrapresa  solo  dal  lato  filologico  e 
storico,  né  ambendo  al  nome  di  purista 
e  di  grammatico,  tuttavia  per  l'amore 
della  gloriosa  nostra  favella  mi  si  voglia 
concedere  venia  se  mi  accade  di  far  ta- 
lora questioni  di  lingua.  Il  vero  è  che  la 
nostra  favella  è  di  così  fine  ed  artistica 
struttura  che  facilmente  si  deforma  e  de- 
formata, ben  poco  vale.  Ciò  è  in  altri  passi 
di  quest'  opera  ripetuto,  e  qui  mi  piace 
riportare  queste  buone  ragioni  in  propo- 
sito del  Romanelli,  op.  cit..,  pag.  129,  in 
nota  :  «  Si  è  detto  che  il  privilegio  di  di- 
sputar sempre  di  lingua  era  dei  Latini, 
ereditato  poi  da  noi  Italiani.  Ma  i  Greci 
ne  han  disputato  anch'essi  non  poco,  gli 
uni  censurando  gli  altri,  anche  prima  del 
periodo  filologico  degli  Alessandrini.  Di 
Eschine,  ricorda  Cicerone,  che  ora  solito 
di  esaminare  diligenter  verboi'uin  omnium 
pondera,  e  alcuni  vocaboli  altrui  gli  sem- 
bravan  duri.,  ingrati,  intollerabili,  ut 
Aesehini  ne  Demosthenes  quidem  vidcre- 
tur  attice  dicere  {Orai.,  YIU.)  Ma,  insom- 
ma., se  da  noi  se  ne  disputa  assai,  vuol 
dire  che  la  lingua  nostra  è  qualcosa  di 
geniale.,  di  artistico,  dove  una  stonatura 
ci  si  sente.  Ma  questo  è  inutile  predicarlo 
a  certuni  che,  pur  d'ingommare  lo  pa- 
gine di  citazioni,  utopie,    paradossi,  ora- 


Boll 


56     — 


coli  di  scrittori  e  libri  forestieri,  spesso 
oscuri,  non  si  vergognano  di  non  citar 
mai,  e  d'ignorare,  autori  e  libri  di  casa 
propria,  italiani  insigni,  e  greci  e  latini, 
che  pur  farebbero  tante  volte  più  a  pro- 
posito. Ma  e'  è  il  suo  perchè;  e  Dante 
dice  «  che  la  loro  mossa  viene  da  cinque 
abbominevoli  cagioni,  »  e  le  novera.  Con- 
vito^ I,  cap.  XI.  Cfr.  Cicerone,  De  fin.  I, 
2,  e  segg. 

Bon  ton  :  voce  entrata  nell'uso  da  tempo 
e  vorrei  dire  popolare  presso  di  noi.  Ton, 
latino  tonus,  greco  róvog,  vuol  significare 
tensione,  elevazione  della  voce.  Boìi  ton 
è  l'elevazione,  il  carattere  proprio  al  lin- 
guaggio e  alle  maniere  della  gente  per 
bene  ed  elegante  nel  tempo  istesso,  anzi 
elegante  sopratutto.  E  come  si  dice  in 
Francia  un  ìiomme  du  hon  ton,  così  si 
dice  per  contrapposto  de  mauvais  ton  : 
ma  questo  secondo  modo  non  è  attecchito 
da  noi. 

Bon-vivant:  voce  familiare  francese, 
usata  anche  fra  noi  per  indicare  persona 
d'umore  facile  e  gaio  e  di  vita  comoda, 
che  ama  non  dar  noia  né  riceverne. 

Bonzo:  sacerdote  della  religione  Bud- 
dista. 

Bookmaker:  pronuncia  bùch-mécher, 
voce  inglese  che  significa  colui  che  tiene 
il  libro  delle  scommesse  nelle  corse,  e 
grida  in  gutturale  linguaggio  le  poste 
(eotes)  de'  cavalli  e  invita  al  nobile  ri- 
schio ;  personaggio  inglese  o  truccato  da 
inglese,  di  prodigiosa  abilità  nel  conteg- 
giare e  ragguagliare  i  premi  delle  varie 
scommesse  secondo  la  probabilità  di  vit- 
torie che  hanno  i  cavalli.  Per  un  cavallo 
non  favorito,  cioè  di  dubbia  vittoria,  il 
boukmaker  può  offrire  anche  20  o  25 
volte  la  posta.  Come  ognuno  vede,  met- 
tendo uno  scudo  su  di  un  cavallo  si  ri- 
schia di  vincerne  25.  Presso  all'  urlante 
personaggio  si  erige  un  palco  con  una 
targa  ove  sono  registrati  i  cavalli  partenti 
e  le  poste.  Possono  realizzare  grandi  gua- 
dagni: se  gli  affari  vanno  male  possono 
però  scappare  anch'  essi  come  i  cavalli  : 
ma  in  questo  caso  a  differenza  dei  fan- 
tini che  amano  poco  peso,  preferiscono 
che  sia  grave  il  peso  del  danaro  altrui. 
Neil'  '87  il   Ministro  francese  Goblet   de- 


cretò l'espulsione  dei  Bookmakers  dallo 
corse,  ma  di  essi  fu  come  dei  bravi  di  cui 
parla  A.  Manzoni  nel  Cap.  I  del  suo  libro 
mirabile,  e  le  ragioni  sono  le  stessè:  prova 
della  immutabilità  delle  vicende  umane. 
La  parola  è  anche  accettata  ne'  dizionari 
francesi. 

Bora:  nella  Venezia  Giulia,  Trieste, 
Pola,  Fiume  e  sul  litorale  occidentale  del- 
l'Adriatico è  chiamato  così  un  fortissimo 
vento  che  spira,  specialmente  di  verno, 
da  settentrione  (corruzione  di  borea,  cfr. 
boreale).  NB.  Venezia  Giulia  è  voce  non 
prudente  a  pronunziarsi  a  Trieste.  V.  Ve- 
nezia Giulia. 

Borasso:  specie  di  palma  delle  Indie 
orientali,  utilissima  perchè  fornisce  zuc- 
chero, un  liquore  detto  arali,  vino  di  palma, 
noci  e  foglie,  buone  per  le  stuoie. 

Borbone:  è  una  varietà  di  caffè  {Coffea 
arabica)  che  si  coltiva  nell'isola  Riunione 
0  Borbone. 

Borborigmo:  gr.  borborigmos  =  mur- 
murc :  in  medicina  son  così  detti  i  ru- 
mori prodotti  nell'addome  dai  gas  inte- 
stinali. 

Bordeaux  :  nome  del  vino  da  pasto  che 
si  fabbrica  nel  circondario  di  Bordeaux, 
la  Burdigala  de'  Romani,  capoluogo  del 
dipartimento  della  Gironda  in  Francia, 
Questo  vino,  famoso  in  tutto  il  mondo,  è 
altresì  celebre  per  le  sue  falsificazioni  : 
rassomiglia  al  nostro  Barolo  e  al  Sangio- 
vese. Petit  bordeaux  :  bordò  leggiero,  in- 
feriore. Dall' agg.  petit  la  lingua  francese 
trae  degli  eufemismi  graziosissimi. 

Bordereau:  (diminutivo  di  èor{;?V.5o;Y/o) 
listino  0  distinta  in  cui  sono  notate  in 
margine  (boì-d)  le  diverse  specie  di  valori 
che  compongono  una  data  somma.  Voce 
del  linguaggio  commerciale  e  bancario.  Il 
Rigutini  consiglia  la  parola  nota. 

Bordo  :  parola  oramai  diventata  italiana, 
dal  francese  bord,  invece  di  orlo.  Bord 
è  voce  di  origine  tedesca  e  si  trova  nella 
più  parte  delle  lingue  germaniche  per  in- 
dicare r  estremità  di  una  cosa  qualsiasi. 
Della  possibile  analogia  tra  bordo  (orlo) 
e  bordo  (nave,  cioè  l'estremità,  la  parte 
della  nave  che  sovrasta  l'acqua),  vedi  lo 
Scheler.  «  Sconcio  gallicismo  »  chiama  il 
Rigutini  l'uso  di  bordo  e  bordura  per  orlo. 


Bor 


57 


Boll 


Bordure:  (vedi  bordo)  è  l'orlatura,  la 
(juale  negli  abiti  muliebri  essendo  spe- 
cialmente lavorata,  serve  di  guarnigione 
od  è  così  che  la  parola  francese  sta  fa- 
condo perder  terreno  alla  voce  nostra.  Di 
fatto  una  sarta  che  abbia  rispetto  per  lo 
suo  clienti,  non  porrà  una  guarnizione^ 
ma  una  bordure,  non  un  grembiale  ma 
un  tablier.  Lì  ci  vorrà  una  ruche,  non  un 
nastro  ;  una  guipure  e  non  un  merletto  ; 
non  un  corpetto,  ma  vai  jabot,  e  via.  Le 
stoffe  saranno  erèpe  e  non  crespo,  glacées 
e  non  rasate  non  lucide,  granitées  e  non 
chiazzate,  pointillées  e  non  punteggiate, 
moirées  e  non  marazzate,  nuancées  e  non 
sfamate,  non  increspate  ma  plissées  etc. 
I  colori  non  sono  piii  azzurri  o  turchini 
ma  bleu,  non  canarino  ma  crème,  non 
giallo  nvdjaune,  non  fulvo  ma  fauve,  non 
scuri  ma  foncés.  Chiedendo  in  negozi  ita- 
liani le  stoffe  col  nome  del  colore  in  ita- 
liano si  rischia  di  non  essere  intesi. 

Borione:  term.  lombardo  (/>oWo«)  rullo, 
cilindro^  spianatorio  per  terreni  e  strado. 
Borione,  la  spazzola  cilindrica  che  usano 
i  barbieri:  brutta  voce  estesa  anche  ad 
altre  regioni. 

Borsalino:  nome  dato  a  molti  cappelli 
dal  nomo  del  fabbricatore  di  tal  nome  in 
Alessandria  del  Piemonte.  Giacche  con 
Monza,  Alessandria,  Cai-pi,  l'Italia,  dalla 
nobile  Inghilterra  all'  ultimo  Giappone, 
copre  il  capo  a  molta  umanità.  Pur  troppo 
la  nostra  merce  ci  ritorna  spesso  in  casa 
con  suggelli  stranieri  e  come  tale  noi  la 
riacquistiamo,  lieti,  a  maggior  prezzo. 

Borsista:  neol.,  dicesi  di  colui  che  giucca 
e  si)Ocula  alla  Borsa. 

Bosinata:  poesia  milanese  in  dialetto 
(contadinesco,  per  lo  più  di  carattere  sa- 
tirico.  V.  Bosino. 

Bosino  :  termine  dialettale  lombardo: 
indica  il  contadino  dell'alto  milanese.  Chia- 
masi anche  bosino  colui  che  va  per  la 
città,  cantando  o  recitando  bosinate.  Carlo 
Tanzi  nelle  sue  rimo  fa  grande  encomio 
di  questa  specie  di  componimento  e  no 
cita  i  primi  scrittori.  Forma  d'arte  popo- 
hire  cui  contrasta  il  carattere,  sempre  più 
cosmopolita,  di  Milano. 

Bosse:  voce  francese  che  indica  p/'o/j/- 
beronza,  bernoccolo,  enfiagione  come  da 


noi  boxxa.  La  voce  è  di  origine  tedesca 
{bozen ,  noli  '  antico  tedesco  =  spinger  fuori  ) . 
Nella  frenologia  indicò  i  lobi  del  cranio 
cui  si  credettero  e  credono  rispondere  de- 
terminate attitudini.  Quindi  volgarmente 
dicesi:  avoir  la  bosse  de  quelque  chose. 
Il  a  la  bosse  de  la  musiqtie.  E  noi  imi- 
tiamo a  tutt' andare  il  modo  francese, 
laddove  abbiamo  belle  voci  come  incli- 
nazione, disposizione,  o  se  piace  la  voce 
francese,   v'è  beimoccolo  corrispondente  : 

La  manìa  di  ser  Imbroglia 
Che  nel  cranio  ti  gorgoglia, 
Ti  rialza  fuor  di  squadro 
Il  bernoccolo  del  ladro, 

(G.  Giusti  Gingilliiio). 

Bossolà:  voce  dialettale  che  indica  uno 
speciale  dolce  di  pasta  lievitata,  propria 
di  Brescia.  Cfr.  buccellato. 

Boston  :  specie  di  valzer  moderno,  stri- 
sciato e  figurato,  così  detto  della  città  di 
Boston. 

Bouchon  :  tappo,  e  così  il  composto 
tire-bouchon  z:z  cavatappi  :  in  Lombardia 
e  nell'Emilia,  per  non  dire  altrove,  sono 
voci  costanti  anche  nel  dialetto. 

Botte:  voce  propria  del  dialetto  romano, 
estesa  e  nota  nel  comune  linguaggio  :  in- 
dica la  vettura  publica  in  Roma. 

Bottina  :  diminutivo  di  botte,  francese, 
e  significa  una  specie  di  scarpe  di  cuoio 
elegante  che  chiude  parte  della  gamba. 
Voce  non  frequente,  ma  usata  talvolta  in 
italiano  invece  di  stivaletto. 

Boud in  :  volgarizzato  in  bodino  e  budino. 
voce  dell'uso:  difesa  dal  Viani,  migliaccio 
sanguinaccio,  in  italiano.  Il  Fanfani  non 
la  nota  fra  le  voci  guaste.  La  registrano 
fra  gli  altri  il  Rigutini  e  il  Petrocchi. 
Certo  è  voce  non  bella,  anche  come  suono. 
Boudin  in  francese  è  il  budello  riem])it() 
di  sangue  di  porco,  condito  con  droghe. 
La  sua  etimologia  è  incerta  :  da  boiider 
gonfiare  V  (Diez)  dal  basso  latino  botulus, 
ondo  budello  in  italiano  e  boyau  in  fran- 
cese? probabilmente.  Da  noi  bodino  in- 
dica specialmente  una  torta  dolce,  cotta 
entro  stam])o  che  mangiasi  col  cucchiaio. 

Boudoir  :  salottino  appartato  per  le  si- 
gnoro o  adibito  ad  intimi  ricevimenti  : 
cosi  d(^tto  dal  verbo  bouder  {ù\v  il  broncio) 
parce    quc   Ics    dames    se   rctirent  dans 


Boll 


-     58 


Bou 


leuì's  boudoirs  quand  elles  veulent  etre 
seules.  (Littré). 

Bouffant  :  aggettivo  francese,  usato  noi 
linguaggio  della  moda  in  vece  della  pa- 
rola nostra  a  sbuffi^  ornamenti  di  stotì'a  ri- 
gonfia. V.  Manteau. 

Bouìlle-abaisse:  o  anche  bouìUe-à-bais- 
se:  piatto  marsigliese  di  pesce  cotto  in 
poco  d'acqua  con  cipolla^  olio,  zafferano, 
etc.  Specie  di  brodetto  romagnolo  o  cac- 
ciucco livornese.  Letteralmente  boiiille  à 
baisse  vuol  dire  brodo  abbassato^  ridotto 
por  l'evaporazione.  Fig.  guazzabuglio. 

Bouilloire:  specie  di  anfora  elegante, 
di  metallo  fine  con  sotto  la  lampadina: 
recasi  su  la  mensa  e  serve  a  far  bollire 
l'acqua,  o  pel  tè  o  pel  caffè  od  altra  be- 
vanda: uso  nuovo  nome  nuovo.  Si  devo 
dire  bricchetto.,  cuccuma.,  caffettiera?  Una 
signora  mondana  che  così  dicesse,  o  non 
sarebbe  intesa  o  paiTobbe  affettata.  Così 
è  da  noi  !  In  un  negozio  ho  trovato  ac- 
canto a  codesti  bricchi  la  parola  bollitori., 
onesto  quanto  umile  tentativo  di  far  ita- 
liana la  parola  bouilloire. 

Bouillon:  da  bouillir,  òroc^o,  cioè  trat- 
toria ove  può  limitarsi  la  spesa  ad  un 
brodo,  e  fU;,  or  non  sono  molti  anni,  certo 
macellaio  parigino,  per  nome  Duval  che 
ebbe  la  felice  idea  di  valersi  delle  carni 
non  troppo  adatte  alla  vendita  per  farne 
del  brodo,  e  il  luogo  ove  si  vendeva  in- 
sieme al  lesso  fu  detto  Bouillon.  Questa 
parola  è  oggidì  usata  in  Parigi  per  indi- 
care certe  grandi  trattorie  a  buon  mer- 
cato e  a  prezzo  fisso. 

Botile:  voce  francese,  dal  latino  bulla  := 
bolla,  scaldamani.,  comunemente  di  forma 
sferica  e  ripieno  d'acqua  bollente.  Boule., 
invece  di  palla,  è  parola  usata  altresì  in 
altri  e  speciali  significati.  Es.  corte  palle 
di  latta  contenenti  una  specie  di  brodo  in 
conserva  sono  chiamate  boules.,  ancorché 
fabbricate  in  Italia. 

Boule  de  neige:  letterdìmento  palla  di 
neve.,  cioè  voluta  o  valanga  che  cresce 
con  r  andare.  Si  dà  per  estensione  figurata 
questo  nome  ad  una  specie  di  specula- 
zione commerciale  di  vendita  cooperativa, 
la  quale,  se  non  erro  nel  ricordarmi, 
venne  esercitata  a  proposito  degli  orologi 
svizzeri,  poi  di  altri  oggetti.  Cotesta  spe- 


culazione consiste  nell'  offrire  gratuita- 
mente ad  alcuna  persona  un  determinato 
oggetto  a  patto  che  presso  amici  o  cono- 
scenti collochi  un  certo  numero  di  buoni 
di  acquisto.  Alla  loro  volta  questi  amici, 
lusingati  dal  dono  che  pure  loro  spetta, 
devono  cercare  altri  compratori.  Così  si 
procede  indefinitamente.  Trattasi  di  un 
contratto  nullo  perchè  fatto  sotto  condi- 
zione di  assurdo,  giacché  per  non  esservi 
frode,  converrebbe  che  il  numero  delle 
persone  fosse  infinito.  Frode  certo  inge- 
gnosa come  quella  che  è  fondata  sull'in- 
gordigia od  egoismo  altrui.  Questo  sistema 
usasi  anche  nelle  vendite  per  beneficenza 
I  Boule  de  neige  è  altresì  chiamato  il  fio- 
re di  una  specie  di  viburno,  pallon  di 
neve. 

Boulevard  :  (anticamente  boulevart.,  in 
italiano,  baluardo^  parola  d'origine  tedesca, 
boll-iverk  per  bohl-werk.,  riparo  -di  tavole) 
era  il  terrapieno,  il  bastione  fortificato. 
Per  estensione  poi  si  disse  di  una  pas- 
seggiata di  circonvallazione  piantata  a 
begli  alberi,  come  ad  es.  i  Bastioni  di 
Milano,  i  Rampari  di  Parma  (da  rempart 
^n  riparo.,  bastione).,  oppure  di  un  luogo 
dove  sorgevano  una  volta  bastioni.  Oggi 
per  una  nuova  estensione,  ogni  via  larga, 
arborata,  signorile,  che  attraversa  una 
città  0  meglio  la  città  delle  città,  cioè 
Parigi,  si  chiama  in  francese  boulevard. 

Boulevardier:  colui  che  frequenta,  che 
batte  il  boulevard.,  quindi  che  ne  ritiene 
i  caratteri,  le  abitudini.  Voce  francese 
spesso  riportata  ed  inconvertibile,  dato 
che  abbia  tanto  valore  da  meritare  il 
cambio.  Parigino  al  sommo  grado. 

Bouquet:  voce  entrata  nell'  uso  popo- 
lare invece  di  mazzo.,  mazzolino.  Bou- 
quet è  una  variazione  di  bosquet.,  boschetto^ 
unione  di  piante.,  e  poi  di  fiori. 

Bouquet:  è  voce  quasi  tecnica  nel  com- 
mercio per  indicare  il  profumo.,  V  aroma 
del  vino,  così  detto  per  somiglianza  al 
profumo  di  un  bouquet,  mazzo  di  fiori. 

Bouquin:  dicesi  in  Francia  di  libro  vec- 
chio ed  usato,  ma  generalmente  di  scarso 
valore.  La  derivazione  è  certo  del  tedesco 
buch  =  libro. 

Bouquiniste:  così  chiamasi  in  francese 
colui  che  compra  e  vende  libri  usati.  Questa 


liou 


59     — 


Box 


parola  è  stata  aiicho  tradotta  in  italiano 
con  bochinista  (parola  che  sarà  bene  non 
usare).  L'Arlia  così  no  ragiona:  «  Da  poco 
tempo  in  qua  ho  letto  questa  voce  fran- 
cese (bouquiniste)  italianizzata  in  bochi- 
nista nel  significato  di  Kicercatore  di  libri 
antichi,  o  vecchi,  per  farne  collezione,  co- 
me se  non  ci  si  avesse  le  voci  Amatore 
e  Bibliofilo,  e  anche,  occorrendo,  quella 
di  Bibliomane.  Quando  si  lascierà  il  vezzo 
di  abboccare  gallicismi  a  tutto  spiano?» 

Bourrée:  specie  di  ballo  francese,  ori- 
ginario dell' Al  vernia.  È  nella  misura  ^/^ 
con  un  tempo  in  levare  e  frequenti  sin- 
copi sul  secondo  e  terzo  tempo. 

Bourrette:  fr.,  in  italiano  bavella. 

Boutade  :  voce  francese  che  vuol  dire 
(/ìiiribi:^Ao,  levata  di  testa ^  frullo^  ea- 
priecio  0  talvolta  conviene  volger  tutta 
la  frase  italianamente.  Il  pretendere  di 
poter  tradurre  sempre  motto  a  motto  è 
un  assurdo  da  pedanti  o  da  ignoranti  : 
esiste  fra  idioma  ed  idioma  uno  speciale 
modo  di  afferrare  e  rendere  un  uguale 
concetto,  differenza  dovuta  a  cause  del 
tutto  estranee  alla  grammatica. 

Bout  de  l'oreille  (le)  :  mostrare  le  bout 
de  l'oreille  «  la  punta  delle  orecchie  * , 
significa  in  francese  farsi  scoprire.,  mo- 
strare il  giuoco,  lasciar  comprendere  i 
propri  disegni.  Es.  «  qui,  in  questo  affare 
delle  classi,  la  politica  mostra  le  bout  de 
l'oreille.  »  Riporto  questa  locuzione  ancor- 
ché di  rarissimo  uso,  per  dimostrare  ri- 
badire una  mia  opinione  spesso  qui  ripe- 
tuta, cioè  che  molti  da  noi  quando  vogliono 
esprimere  efficacemente  un  concetto,  sen- 
tono r  istintivo  bisogno  di  ricorrere  al 
modo  di  dire  straniero.  La  qual  cosa  è 
segno  grave,  non  per  la  voce  o  locuzione 
di  altra  lingua  usata  e  inframessa,  ma 
perchè  la  cosa  viene  a  dire:  «non  c'è  pa- 
rola e  modo  italiano  che  mi  paia  corrispon- 
dere, 0  se  c'è,  non  mi  piace  e  non  l'uso.  » 

Bovolo  (molle  a):  chiamano  i  mecca- 
nici le  molle  a  spiralo  conica,  con  seziono 
rettangolare  e  spire  impegnantisi  l'una 
nell'altra,  come  quelle  ad  es.  de'  repul- 
sori dei  vagoni. 

Boy:  voce  inglese  che  vuol  diro  ra- 
gaxxo,  usata  anche  nel  senso  familiare  di 
domestico,  apjìunto  come  talvolta  noi  di- 


ciamo ragaxxo^  i  latini  diceano  pucr, 
gar^on  i  francesi. 

Box:  V.  Boxing. 

Box  :  parola  inglese  e  significa  stalla 
0  per  pii^i  rispetto  stallo.,  dai  4  ai  5  metri, 
rivestito  di  legno,  accuratissimo,  ove  il 
nobile  destriero  sta  solo  e  sciolto.  La 
parola  è  anche  accettata  in  Francia  in 
boxe  n.  f.  o  box  n.  ni.  Ho  inteso  dire 
eziandio  da  un  egregio  padre  che  la  sua 
prole  è  allevata  in  un  collegio  svizzero, 
nel  quale  vi  sono  tanti  box  con  entro  i 
lotti. 

Boxer  :  voce  inglese  che  vuol  dire  pu- 
gnatore., lottatore,  da  box  (V.  questa  voce). 
Con  tale  nome  gli  inglesi  chiamarono  i 
settari  fanatici  di  alcuno  società  della  Cina 
che  avevano  per  iscopo  lo  sterminio  degli 
europei  invasori  della  loro  patria,  impo- 
sitori  di  civiltà  forzosa,  e  dei  missionari 
cristiani  :  e  ne  fecero  in  fatto  orribili 
stragi,  almeno  a  quel  che  risultò  dai  gior- 
nali. Tale  nome,  universalmente  accet- 
tato, venne  di  moda  con  la  guerra  cino- 
europea  dell'anno  1900  (se  guerra  si  può 
chiamare  il  macello  umano  che  incoronò 
il  secolo  XDL).  Ancora:  questa  parola, 
dal  senso  feroce,  ebbe  in  Italia  per  qual- 
che tempo  nuovo  significato  pieno  del 
livore  politico  che  ci  è  caratteristico,  e 
servì  ad  additare  al  dispregio  coloro  i 
quali  opinavano  doversi  estendere  anche 
alla  propaganda  socialista  la  responsabi- 
lità del  regicidio  di  Umberto  I.  Ciò  per  la 
storia  di  una  parola  già  fuor  d'uso. 

Boxing:  l'atto  del  verbo  inglese  to  box, 
battersi  al  pugilato,  quindi  il  pugilato, 
noto  e  sanguinoso  spettacolo  barbarico, 
assai  caro  alla  civiltà  anglosassone,  S})ecio 
d'America.  Box,  che  propriamente  vuol 
dire  scatola  ,  cassetta  (  filologicamente 
della  stossa  famiglia  delle  voci  bossolo, 
bussola  e  busta  in  italiano,  botte  in  fran- 
cese, pyxida  in  greco,  conservato  in  pis- 
side =  il  vasetto  dell'ostia  consacrata)  è 
una  nota  specie  di  armatura  della  mano, 
e  serve  a  sfondare  petti,  rompere  testo  o 
costole  come  il  cesto  presso  i  nostri  buoni 
padri  greci  e  latini,  tanto  per  non  per- 
dere le  buone  usanze.  Il  nomo  boxe  -r. 
])ugilato  e  boxer  -  battersi  al  pugilato, 
sono  parole  altresì  francesi . 


Boz 


60 


Rre 


Bozzello:  term.  mar.,  piccolo  arnese  o 
cassa  di  legno  o  di  ferro  con  pertugi  in 
cui  sono  adattate  una  o  più  pulegge, 
circondato  da  uno  stroppo  per  fissarlo  ove 
occorra.  Il  bozzello  serve,  in  generale,  ad 
aumentare  la  forza  della  paleggia. 

Brachetto  :  vino  rosso  del  Piemonte 
(Alessandria)  che  per  lo  più  si  prepara 
spumante. 

Brachicèfalo:  gr.  brachìs  =  breve  e 
chefalè  =  capo.  Nome  dato  dal  Retzius  alle 
razze  umane  di  cui  il  cranio  offre  un  dia- 
metro antere -posteriore  di  poco  diffe- 
rente dal  trasversale.  La  maggior  lun- 
ghezza di  detti  crani  non  oltrepassa  di 
un'ottava  parte  la  larghezza.  Il  contrario 
di  dolicocèfalo. 

Bragozzo:  sorta  di  barca  peschereccia 
chioggiotta,  dalla  prua  sottile,  poppa  quasi 
quadra,  con  ponte,  due  alberi  piccoli  e 
bombresso.  Voce  dialettale. 

Bramire  e  bramito:  parola  di  frequente 
uso,  dal  francese  bramer^  (gr.  bremein  = 
fremere?)  indicano  il  suono  ed  il  lamento 
di  alcuni  animali  selvaggi. 

Branle:  (lett.  osculazione)  specie  di 
ballo  giocoso,  press' a  poco  come  il  cotillon 
in  cui  uno  o  due  danzatori  guidano  gli 
altri  a  far  ciò  che  essi  fanno.  V  erano 
anche  dei  branles  seri  come  quelli  che 
si  ballavano  alla  corte  di  Luigi  XIV,  de- 
scritti dal  Eameau  nel  suo  libro  Maitre 
à  danser.  Codesto  ballo  facevasi  sopra 
un'arietta  breve  e  a  rondeau^  cioè  con 
un  ritornello  che  ripete  vasi  sempre  uguale 
alla  fine  di  ciascuna  parte  della  danza. 

Branzino:  nome  volgare  veneziano  e 
lombardo  di  quello  squisito  pesce  di  mare 
che  in  francese  è  Bar^  in  genovese  Luasso^ 
lupo  di  mare,  Varolo  (cioè  vaiolato)  in 
Romagna,  Ragno  in  Toscana.  Il  nome  scien- 
tifico è  Labrax  Lupus  o  Perca. 

Brasato  :  detto  di  alcune  vivande  con 
ispeoiale  cottura,  è  voce  del  dialetto  lom- 
bardo, brasa  quasi  abragiato^  da  brage. 

Brasserie  :  in  francese  birreria^  da  bras- 
sage^  una  delle  molte  operazioni  che  su- 
bisce l'orzo,  cioè  lo  smuovere  e  temprare 
(brasser)  il  malto  nell'acqua.  Brasser  de- 
riva dal  celtico  6ra%.,  lat.  brace  =  specie 
di  orzo. 

Bràttea:    foglia    assai    ridotta,    spesso 


senza  lembo,  che  sta  presso  il  fiore;  rap- 
presenta il  passaggio  fra  la  forma  svilup- 
pata della  foglia  e  gli  organi  del  fiore. 

Bravare:  per  sfidare  è  notato  come 
«  uso  tutto  francese  »  dal  Rigutini.  Vero 
è  che  esso  è  gallicismo  che  va  perden- 
dosi. 

Breacic  :  cocchio  grande,  aperto,  a  quat- 
tro ruote,  con  alto  sedile  per  il  cocchiere, 
due  sedili  di  fronte  per  i  signori  e  un 
quarto  alto  sedile  di  dietro.  La  parola  è  in- 
glese, estesa  poi  in  Francia.  Pronuncia  òrèA;. 

Bref:  breve,  in  breve.  Spesso  ho  tro- 
vato questo  avverbio  francese  in  princi- 
piodi  periodo. Es.  «Bref  l'eroismo  boero... 
si  risolve  in  un  mito.  »  Bisogna  proprio 
dire  che  la  parola  straniera,  tronca,  mo- 
nosillabica, eserciti  un  fascino  imperativo 
su  noi.  Il  numeroso  nostro  idioma  non  lo 
sentiamo  più  nel  cuore.  Si  avverte  poi 
che  in  breve  vuol  dire  in  breve  tempo  e 
non  ha  valore  conclusivo,  come  in  fran- 
cese. Si  dirà  alle  corte,  insomma. 

Brefotrofio:  neologismo  che  indica  il 
ricovero  dei  trovatelli,  e  lettei-almente, 
ospizio  ove  si  nutrono  i  neonati  (greco 
bréfos  =  neonato,  e  trefo  =  nutro).  Il  Fan- 
fani  lo  riprende:  non  tutti  i  lessici  lo  re- 
gistrano. I  vari  dialetti  hanno  voci  pro- 
prie, efficaci  e  gentili,  per  indicare  ciò 
che  dice  il  disarmonico  vocabolo  greco. 

Breloque:  ciondolo.  Voce  francese  di 
etimologia  incerta. 

■  Brenta:  termine  lombardo:  recipiente 
di  legno  fatto  a  conoide  rovesciato  pel 
trasporto  del  vino  e  dei  liquidi  in  genere  : 
della  capacità  di  circa  mezzo  ettolitro. 
Brentatori,  portatori  di  vino  (Mantova). 

Bretella:  più  comunemente  al  plurale, 
gli  straccali  che  tengono  su  i  calzoni.  I 
diz.  nostri  maggiori  e  migliori  non  hanno 
tale  voce  :  il  publico  invece  non  ne  usa 
altra.  Dal  francese  bretelle. 

Breva  :  voce  dialettale  lombarda  che  in- 
dica il  vento  periodico  che  spira  da  li- 
beccio verso  mezzodì  e  domina  il  lago  di 
Como  ed  il  Verbano.  Il  Cherubini  ne  cerca 
le  più  occulte  etimologie  :  da  Brivio,  paese 
onde  spira  alle  colline  briantee,  dal  greco, 
e  persino  da  BQé(pos  =  infans  perchè  è 
vento  che  spira  in  genere  da  levante  unde 
quotide  oritur  sol  infans  :  fra  tnnte  sup- 


61 


Bio 


posizioni  può  trovar  posto  anche  la  mia, 
»Moò  da  breve  =  di  breve  durata. 

Breve  :  lettera  del  Papa  a  sovrani  o  a 
persone  cui  accorda  tale  distinzione.  Breve 
perchè  brevis  :  non  ha  preambolo,  ma  solo 
il  nome  del  Papa  e  la  concessione  fatta. 
K  sigillato  con  cera  rossa  dall'anello  del 
Pescatore,  cioè  di  S.  Pietro.  Altra  cosa 
dalla  Bolla. 

Breve  :  avverbio,  in  luogo  di  brevemeiite, 
alle  carie,  insomma.  V.  Bref. 

Brevi  marni:  modo  avv.  latino  detto  di 
cosa  e  più  spesso  di  pecunia  consegnata 
a  mano,    personalmente,   senza   ricevuta. 

Bric-à-brac:  voce  usata  in  francese  nol- 
]' espressione  volgare  ìtiarehand  de  bric- 
à-brac,  (brocanteur) ,  che  vende  roba  usata 
ferraglia,  ciarpami,  mobili  vecchi,  rigat- 
tiere, insomma,  e  girano  pei  mercati  o 
hanno  sede  fissa.  In  Romagna  ho  inteso 
spesso  dire  da  rivenduglioli  della  piazza: 
«  Noi  siamo  brie-à-hrae.^  abbiamo  sempre 
fatto  il  bric-à-brac  »  parola,  si  vede,  pe- 
iieti-ata  da  tempo,  forse  con  la  domina- 
zione francese.  E  usata  anche  figurata- 
mente. 

Bricchetto:  in  alcune  regioni  dell'alta 
Italia  è  chiamato  con  tal  nome  il  fiammi- 
fero, ed  è  il  francese  briquet  =  acciarino. 

Bricic:  è  nostra  voce  italiana,  brigan- 
tino, ricevuta  dalle  nazioni  straniere  e 
poi  rimandata  a  casa  mutilata  in  brick.^ 
0  brig  o  bric,  e  così  noi  1'  accettammo. 
Brigantino  dal  sec.  XVII  in  giù  fu  detta 
quella  specie  di  bastimento  quadro  a  due 
alberi  a  coffa,  coi  loro  alberetti  guarniti 
e  attrezzati  alla  stessa  maniera,  il  bom- 
presso e  la  randa:  capace  di  due  o  tre- 
cento tonnellate.  Armato,  portava  da  dieci 
a  venti  cannoni  in  barbetta.  Dicesi  bri- 
gantino a  palo  quello  a  tre  alberi,  il 
trinchetto  e  il  maestro  quadri,  il  mezzano 
aurico:  brigantino  goletta.,  quello  a  due 
alberi,  il  trinchetto  quadro  e  il  maestro 
aurico. 

Bride:  briglia;  ma  la  gente  mondana 
invece  di  nastro  usa  talora  con  più  ele- 
gante e  corrente  scioltezza  (così  loro  pare) 
la  parola  francese,  come  :  les  brides  della 
capote. 

Brie:  nome  di  una  reputata  specie  di 
formaggio  francese,  mollo  e  del  sapore  dello 


stracchino.  È  così  detto  dal  nome  della  re- 
gione la  Brie.,  in  cui  si  fabbrica. 

Brigantino  :  V.  Brick. 

Brillantare:  fr.  brillanter :  in  buon  ita- 
liano sfaccettare.,  cioè  tagliare  metalli  a 
faccetto,  splendenti  come  il  brillante. 

Brillare  e  brillante:  l'uso  traslato  che 
si  fa  di  queste  due  voci  è  senza  dubbio 
tolto  dal  francese.  Una  festa,  un  discorso, 
un'esistenza,  un'idea,  un  ufficiale,  etc. 
possono  ricevere  1'  aggiunta  di  brillante. 
Il  predominio  di  questa  parola  toglie  l'uso 
e  l'agilità  dei  sinonimi  italiani  equivalenti. 
Il  Petrocchi  registra  questo  nuovo  sens'o 
della  parola  brillante.  La  locuzione  bril- 
lare jter  l'assenx  a  è  pur  essa  condannata 
dai  puristi.  Certo  non  è  di  conio  italiano, 
benché  secondo  alcuni  deriverebbe  da  Ta- 
cito {Ann.  III.  cap.  ultimo)  che  narrando 
i  funerali  di  Giunia,  scrive  sed  perfulge- 
bant  Gassius  atque  Brutus  eo  ipso  quod 
effìgies  eorum  non  visebantur.  Lo  Chénier 
nel  suo  Tiberio  (atto  I)  introducendo  que- 
sto episodio,  dà  la  tipica  forma  moderna  : 
Brutus  et  Cassius  brillaient  par  leur 
absence. 

Brillare  per  l'assenza:  V.  Brillare. 

Brindare  :  verbo  oramai  consacrato  dal- 
l'uso benché  spiaccia  ai  puristi  per  la  sua 
provenienza  francese  :  brinde.  Bere  alla 
salute  è  il  modo  nostro.  Ve  inoltre  il  verbo 
antico  e  disusato  propinare  che  può  far 
ridere  molti,  eppure  così  efficacemente  il 
Carducci  rinnova  questa  parola  : 

E  propinando  i  vin  bianchi  e  leggieri, 
ballano  con  gli  ulani  e  con  le  scorte  (fa  Ira). 

Brioche  :  voce  di  origine  incerta  (V. 
Scheler)  ed  indica  sì  in  Francia  che  da 
noi  una  pasta  dolce  di  lievito  e  uova.  Faire 
des  brioches  =  prendere  una  cantonata. 

Bristol  :  così  si  chiama  un  cartoncino 
bianco  e  rasato  con  cui  l'annosi  biglietti, 
scritte  eleganti,  partecipazioni,  etc:  evi- 
dentemente dal  nome  della  città  d'Inghil- 
terra Bristol. 

Britanni!^:  lega  formata  con  00  parti  di 
stagno  (Sn)  e  10  parti  di  antimonio  (Sb). 
Più  nota  col  nome  di  metallo  inglese. 

Brocco:  cavallo  in  mal  essere,  nel  gergo 
de'  soldati.  È  voce  piemontese,  bróch  che 
vale  roxxa,  ronxino. 


r,i-o 


—     62     — 


Bill 


Bròccolo:  V.   Verxa. 

Brocchini:  così  da'calzolai  intesi  in  Mi- 
lano chiamare  le  scarpette  con  gli  ela- 
stici :  evidentemente  la  parola  è  dal  fran- 
cese brodequin^  la  cui  etimologia  non  è 
improbabile  che  provenga  dalla  nostra  morta 
voce  borxacchino.  Noto  queste  parole  più 
per  bizzaria  che  per  altro  giacche  nel  lin- 
guaggio delle  scarpe,  oh  ironia,  abbiamo 
conservato  l'italianità  dei  termini. 

Broche:  letteralmente  ed  etimologica- 
mente è  la  nostra  umile  brocca  che  è  ri- 
masta lì  a  fermar  le  suole  delle  scarpe, 
mentre  la  sua  sorella  francese  è  salita  sul 
petto  delle  dame  ed  ha  usurpato  il  posto 
delle  nostre  voci  spillone^  fermaglio. 

Broché  :  broccato  part.  del  verbo  antico 
broceare,  cioè  stoffa  trapunta  o  tessuta 
a  brocche.  Ma  per  indicare  quelle  stoffe 
che  hanno  un  ricamo  in  rilievo  e  servono 
per  vario  uso,  abiti  da  signoi'a,  cravatte, 
tappezzerie,  etc.  si  dice  altresì  alla  fran- 
cese broché. 

Brochure  :  cucitura  cioè  l'atto  semplice 
del  brocher  che  è  a  dire  del  riunire  in- 
sieme col  filo  i  fogli  piegati,  e  poi  coprirli 
con  una  copertina,  il  che  si  fa  di  ogni  libro 
quando  passa  dalla  stamperia  al  legatore. 
Perciò  il  distinguere  come  fanno  i  librai 
libro  in  brochure  da  libro  legato  con  car- 
tone 0  con  cuoio,  mi  pare  inutile,  visto 
che  i  libri  co'  fogli  sciolti  come  escono 
dalla  stamperia,  non  si  vendono.  Il  Fan- 
fani,  notando  la  voce  francese,  consiglia 
alla  rustica;  meglio  forse  grexxo.  Bro- 
chure è  altresì  usato  in  senso  di  opuscolo. 

Broder:  ricamare^  voce  fr.  metatesi 
(forse)  border,  appunto  perchè  i  ricami  fan- 
nosi  di  solito  sull'orlo.  Y.  la  parola  bord. 

Brodetto  :  nome  dialettale  del  litorale  di 
Eomagna,  dato  ad  una  specie  di  umido  di 
pesci  di  varia  ragione,  come  seppie,  torpedi- 
ni, triglie  etc.  Con  poco  olio,  qualche  stilla 
di  aceto  nell'acqua,  droghe  ed  aglio,  i  pe- 
scatori allestiscono  in  breve  sui  loro  bar- 
chetti  questo  tradizionale  piatto  eccellente 
■che  ha  qualche  parentela  col  pacciucco  li- 
vornese e  col  bouille-abaisse  marsigliese. 
Il  brodetto  deve  essere  piatto  antichissimo 
se  in  Eomagna  per  dir  cosa  antica  e  trita 
dicesi   «  vecchia  come  il  brodetto  » . 

Brogliazzo  :    e  anche  brogliasso  :  voce 


volgare  della  gente  di  commercio  per  in- 
dicare lo  scartafaccio  ove  si  prendono  le 
prime  note  del  dare  e  dell'avere. 

Brokendown  :  letteralmente  :  spezzato 
giù,  azzoppato.  E  una  zoppicatura  pro- 
pria dei  cavalli  da  corsa,  e  consiste  in 
una  distensione  dei  tendini  flessori  del 
nodetto.  Termine  inglese  del  linguaggio 
delle  corse. 

Brosse:  fr.  per  spazzola  pare  incredi- 
bile, ma  si  dice  e  si  scrive  presso  di  noi 
talvolta,  e  così  brosserie. 

Brouhaha:  voce  onomatopeica  francese 
per  indicare  iin  rumore  sordo,  indistinto, 
specie  delle  folle.  Es.  «  E  mentre  pei  vani 
immensi  di  San  Pietro  risuonava  come  vasto 
clamore  di  fiumana  il  brouhaha  dei  mille, 
mille  pellegrini  acclamanti  alPapa-re,  etc.  » 
Yale  il  conto  di  dire  che  avremmo  pa- 
role nostre  da  sostituire  a  questa  voce  stra- 
niera? 

Brown-Sèquard  (cura  o  metodo  di)  :  sin- 
goiar cura  di  un  medico  francese  di  tal 
nome,  che  consiste  nel  somministrare  in 
caso  di  atrofìa  della  funzione  di  un  organo, 
lo  stesso  organo  tolto  da  un  animale  in 
forma  di  estratto. 

Bru-bru  :  term.  volgari ssimo  del  dialetto 
lombardo  per  indicare  que'  procaccianti 
avidi,  volgari  e  noiosi,  che  avendo  al- 
cuna nozione  di  procedura  e  di  leggi,  si 
prestano  a'  servigi  altrui  presso  le  preture. 
Faccendiere,  imbroglione.  Usasi  anche 
come  spregiativo  di  avvocato:  press' a  poco 
come  paglietta  nel  napoletano. 

Bruciare  o  bruciarsi  le  cervella:  uc- 
cidersi 0  uccidere  con  colpo  di  arma  da 
fuoco  alla  testa  ;  locuzione  forte  che  ri- 
corda il  brilter  la  cervelle  de'  francesi. 

Bruciare  i  suoi  vascelli:  locuzione  fi- 
gurata che  vuol  dire  togliersi  spontanea- 
mente la  via  del  ritorno  cioè  la  tenta- 
zione del  tornare  indietro,  obbligarsi  quindi 
ad  avanzare  ad  ogni  costo,  compiere  l'im- 
presa disperatamente.  I  francesi  hanno 
appunto  bruler  ses  vaisseaux. 

Brughiera:  così  in  Lombardia  chiamasi 
quel  terreno  incolto  e  deserto  ove  cresce 
l'erica  e  la  scopa  {brugk). 

Brulé  :  participio  del  verbo  fr.  bruler  n: 
bruciare,  usatissimo  in  «  vino  6n<7e,  latte 
brille^   e  simili.  L'uso  ne  è  così  invalso 


GB     — 


Bud 


che  inutilmoiito  si  tenterebbe  sostituirvi 
il  participio  corrispondente  òrwcrn/o,  tanto 
])i\i  che  bruciato,  per  ciò  che  rig-uarda 
lo  vivande,  ha  per  noi  un  senso  alquanto 
diverso.  Alcuni  dicono  vino  caldo  ed  è  il 
modo  nostro  e  buono.  Fra  le  singolarità 
singolari  delle  voci  francesi  o  affini  al 
francese  che  sono  usate  in  Italia  e  ignote 
0  mal  note  o  altramente  noto  in  Francia, 
questa  merita  speciale  menzione  giacche 
questo  aggettivo  bnllé  non  sembra  usato 
in  francese  in  tal  senso.  Così  in  fatto  leggo 
nel  lessico  Italianismes  vieieux  dei  sigg. 
Alfredo  Orcorte  e  Luigi  Standaert.  Mi- 
lano, Cogliati.  «  On  entend  souvent  diro, 
surtoutdans  la  Haute-Italie:  J'ai  pris  uno 
tasse  de  vin  brulé  — Voulez-vous  une  tasse 
do  vin  brulé?  au  lieu  de:  J'ai  pris  une 
verre  de  vin  chaud  —  Voulez-vous  un 
verro  de  vin  chaud  ?  —  Allons  prendre  un 
verre  de  vin  chaud  —  Gar9on,  un  boi  de 
vin  chaud  et  cinq  verres.  En  Franco,  le 
vin  chaud  se  sert  le  plus  ordinairement 
dans  des  verres.  Vin  brulé  est  fran^ais, 
mais  n'est  plus  usité  quo  dans  quelques 
l)rovinces.  » 

Brum  0  interamente  Brougham  :  nota 
forma  di  vettura  chiusa  a  quattro  ruote, 
d'uso  anche  nel  servizio  di  piazza.  Questo 
genere  di  vettura  fu  messo  in  moda  da 
Lord  Arrigo  Brougham,  letterato,  storico 
e  politico  inglese  (n.  1779,  m.  1868).  Voce 
entrata  nell'uso  popolare. 

Brumista:  per  vetturale^  vetturino,  coc- 
chiere^ conduttore  del  brum.  Voce  comune 
a  Milano.  V.  Bruni. 

Brunettes:  così  denominavansi  delle 
ariette  in  voga  in  Francia  nella  prima 
metà  del  secolo  XVIII,  edite  dal  Ballard; 
ebbero  il  titolo  comune  di  Brunettes  per- 
chè nella  prima  aria  della  raccolta  è  fatta 
parola  di  una  brunette  : 

Sur  les  bords  du  Loir  assis 
Cliaiitoit  dessus  sa  musette  ; 
Ali  !  petite  Brunette  ; 
Ah  !  tu  me  fais  mourìr  ! 

«  Questo  Brunettes  avevano  la  doublé^ 
cioè  variazioni  nei  couplets  susseguenti 
al  primo.  Erano  ad  una,  a  due  e  a  tre 
voci  sul  basso  continuo.  Vi  ha  in  esse  lo 
spirito  fine  od  elegante  della  musica  fran- 
cese veramente  nazionale. »f  A. Galli, o^j.cìY.) 


Bruscolo:  voce  toscana  detta  di  qual- 
siasi corpicciuolo  minuto  e  specialmente 
di  quelli  che  entrano  negli  occhi,  onde  la 
locuzione:  «  *  bruscoli  negli  occhi  degli 
altri  paiono  travi»,  e  i  significati  esten- 
sivi di  ombra,  sospetto.  La  registra  il  Pe- 
trocchi come  voce  italiana,  ma  è  voce  re- 
gionale. 

Brusquerie  :  fr.  modi  diiri,  aspri  :  no- 
tiamo anche  di  questa  parola  un  esempio: 
«  Anche  nei  casi  ordinari  della  vita,  un 
Romagnuolo  ha  sempre  certi  scatti  e  certe 
brusqueries  che  ci  fanno  strabiliare  »  .  (G. 
Ferrerò.  Violenti  e  Frodokìiti  in  Ro- 
ìuagna) . 

Brutale:  aggettivo  italianissimo,  ma 
spesso  usato  alla  francese:  brutal  (da  brute, 
latino  brutus  —  bruto,  bestia).  Esso  rende 
inutili  molti  sinonimi  di  cui  è  ricca  la  no- 
stra lingua  :  scortese.,  villano.,  audace.,  vio- 
lento, turpe,  etc.  Brutale,  secondo  i  casi, 
serve  a  tutti  questi  usi. 

Bruto:  usasi  talora  familiarmente  per 
satiro.  V.  questa  voce  e  confronta  il  ter- 
termine  medico  satirìasi. 

Bruzzico:  (da  barluxzico  spiega  il  Pe- 
trocchi) la  'ìnattina  avanti  V alba,  il  di- 
lucolo,  il  crepuscolo,  è  voce  non  più  che 
toscana  e  dicesi  anche  bruxTio.  Registrata 
ne'  dizionari.  Es.  levarsi  a  bru%%ico.  Gfr. 
la  locuzione  tra  il  lusco  e  il  brusco. 

Bubbone:  è  termine  volgare  dell' adenite 
inguinale,  esteso  poi  a  tutte  le  tumefa- 
zioni glandolari  che  hanno  una  causa  spe- 
cifica, la  sifilide,  la  peste  etc. 

Bùccina:  parola  latina  che  indicò  presso 
i  romani  una  specie  di  corno  metallico, 
derivata,  appunto  dalla  forma  del  corno, 
dalla  contrazione  di  bovicina  {bos  e  cane) 
almeno  secondo  alcuni.  Nei  tempi  mo- 
derni si  chiama  con  tale  nome  un  trom- 
bone con  la  campana  in  forma  di  serpente. 

Bucefalo:  fu  il  nome  del  famoso  ca- 
vallo di  Alessandro  il  grande,  gr.  Bov- 
Héifmkog  che  vale  testa  di  bue.  così  detto 
0  dalla  lunghezza  della  fronte  ovvero  por 
alcuna  macchia  o  contrassegno  bovino. 
Dicesi  oggi  facetamente  di  cavallo,  e  specie 
di  cavallo  di  scarso  valore. 

Budget:  parola  inglese,  che  in  origino 
significò:  ìa  borsa,  il  tesoro  del  re.,  poi 
lo  stato  annuale  delle  entrate  e  dolio  spose. 


Biif 


(J4     - 


Bui 


cioè  il  bilancio  preventivo  e  consuntivo, 
poi,  più  comunemente,  lo  stato  delle  fi- 
nanze, anche  di  un  individuo.  Passò  que- 
sta -voce  ufficialmente  in  Francia  al  prin- 
cipio del  secolo  XIX.  Bapport  au  roi 
sur  la  situation  des  finanees  au  1  Avril 
1814,  et  sur  les  budget s  des  années  1814 
et  1815.  Comune  è  pure  presso  di  noi.  La 
derivazione  è  da  bolgia  =  gran  tasca, 
latino  bulga,  antico  francese  boulgette. 
Confronta  la  bolge  di  Dante  e  la  voce  no- 
stra, tuttora  viva  bolgetta  per  borsetta. 

Buffet:  così  nell'alta  Italia  è  spesso  chia- 
mata la  credenza  :  armadio  con  alta  ve- 
trina 0  con  più  e  vario  ordine  di  palchi 
per  posarvi  piatti,  biancheria  da  tavola 
etc.  Il  Du  Cange  registra  bufetagium 
zzz  buveterie  =:  abacum ,  credenza  e 
questa  sarebbe  la  voce  nostra,  se  non 
che  essa  non  ha  la  estensione  della  voce 
francese.  Buffet  non  solo  è  la  credenza, 
ma  la  stanza,  il  banco,  i  tavoli,  le  vivande 
stesse,  i  vini  e  le  terraglie  che  compon- 
gono il  sontuoso  apparecchio,  in  uso  nelle 
feste  e  nei  ricevimenti.  Noi  potremmo  dire 
e  si  dice  «  rinfresco,  apparecchio  »  ;  ma 
non  regge  la  frase,  come  in  «  andare  al 
buffet  » .  Buffet  è  chiamato  altresì  il  caffè 
delle  stazioni  dove  e'  è  tavola  pronta  con 
rifreddi  e  ristori.  E  siamo  al  solito  caso 
della  voce  unica  che  vince  nel  facile  uso 
i  sinonimi  nostri.  Il  Petrocchi  registra  èz^/fè. 
Per  altre  etim.  di  buffet,  V.  Scheler. 

Buffo:  aggettivo  che  dicesi  assai  comu- 
nemente di  cosa  ridicola  che  muove  il 
riso  e  nel  senso  ironico,  che  muove  sdegno, 
dispetto.  Buffo,  sostantivo,  è  l'attore  tea- 
trale buffone  nell'operetta  e  nell'opera 
buffa  che  è  appunto  il  melodramma  gio- 
cosu,  dal  quale  principale  intento  è  muo- 
vere le  risa.  Buffo  è  antica  voce  la  cui 
più  probabile  etimologia  è  dal  latino  buffa 
=  alapa  cioè  schiaffo,  guanciata,  solendo 
gli  antichi  buffoni  (e  i  moderni,  no?  Per- 
durano in  cotesto  i  costumi  degli  uomini) 
enfiarsi  gote  e  ventre  per  ricevere  busse 
e  ceffoni.  Non  è,  appunto  per  cotesto, 
esclusa  l'altra  etimologia,  pur  dal  latino, 
btifo  =  rospo  panciuto  e  rigonfio. 

Bugandaio:  taluno  a  cui  pare  di  par- 
lare con  più  eleganza,  usa  la  yogb  bugan- 
daio per   lavandaio.  Ora  questo   bugan- 


daio è  una  parola  abusiva  ed  inutile,  fog- 
giata presumibilmente  su  bucataio  voce 
toscana,  detta  di  chi  fa  il  bucato  per  me- 
stiere. 

Buggerare  e  Buzzerare:  spcss'  a  poco 
come  buscherare,  onde  buscherata,  bu- 
scherio, buggerio:  voci  volgari  e  fami- 
liari comunissimo  in  Toscana  e  in  Eo- 
magna,  comune  nel  Veneto  in  huxerar, 
buxaràda,  buxaròn,  buxarona,  né  è  fa- 
cile determinarne  il  significato,  essendo 
idiotismo  che  riceve  sfumature  varie  se- 
condo il  discorso.  Il  concetto  è  di  frode 
inganno,  ma  spesso  in  senso  benevolo  e 
faceto.  Buggerìo,  buscherìo  indica  chiasso 
di  molte  persone  che  leticano.  Busche- 
rata è  esclamazione  di  meraviglia  e  di 
assenso.  Una  buscherata  da  nulla!  Spesso 
è  epitheton  ornans  offensivo. 

Bugia:  di  questa  parola  francese  deri- 
vata da  Bugia  città  dell'Algeria  ove  da 
prima  furono  fabbricate  le  candele  stea- 
riche, e  che  è  entrata  così  nell'uso  che 
il  Petrocchi  la  registra  e  il  Fanfani  non 
la  riprende,  diremo  soltanto  che  in  fran- 
cese bougieè  la  sola  candela,  e  il  candeliere 
basso  che  noi  chiamiamo  bugia,  è  invece 
chiamato  bougeoir.  Ecco  un  chiaro  esem- 
pio in  francese  del  valore  delle  due  parole  : 
Je  substituai,  dans  le  bougeoir  de  sa  chambre  à 

coucber,  une  bougie  de  ma  composition. 

E,  Poe,  traduzione  di  C.  Baudelaire, 
Le  demon  de  la  Perversité. 

Bugìa  nen:  letteralmente  non  muoverti: 
dal  verbo  piemontese  bògè  o  bugé,  fran- 
cese bouger  :=  muovere,  più  la  negazione. 
È  sostantivo  appellativo  glorioso  nella  mi- 
lizia per  indicare  la  resistenza  di  quell'eser- 
cito che  fu  unica  forza  armata  nella  pas- 
sata storia  d'  Italia. 

Nui  suma  i  fieni  d'  Gianduja 
nui  suma  i  bugia  nen  .  .  . 
ma  guai  se  la  testa  an  ruja, 
_se  '1  dì  d'  le  bote  a  ven  ! 

Così  cantavasi  nel  1866. 

Bugiioulo  :  term.  mar.,  secchio  di  legno 
con  manico  di  corda:  serve  a  vuotar  l'a- 
cqua imbarcata  o  a  prender  l'acqua  dal 
mare  per  uso  di  bordo. 

Buldò:  V.  Bull-dog. 

Bull-dog  :  letteralmente  in  inglese  toro 
cane,  e  i  francesi  secondo  la  loro  lingua 
scrivono  bouledogue;  così  detto  o  per   la 


Bui 


-    65 


Bur 


tuturu  e  formazione  taurina  o  perchè  ser- 
visse a  custodia  di  tori.  Questa  nota  specie 
di  molosso  è  di  origine  inglese  e  assai 
antica:  prosperò  assai  bene  in  Ispagna  dove 
Filippo  II  la  fece  venire  di  Britannia  per 
servirsene  nei  circhi  contro  gli  altri  ani- 
mali. Varia  di  grandezza  e  di  peso:  ottimo 
cane  da  guardia,  affezionato  al  padrone, 
abbaia  poco  e  non  ama  esser  molestato. 
Sembra  al  brutto  aspetto  più.  cattivo  che 
non  sia  in  realtà:  altro  punto  di  contatto 
fra  uomini  e  cani.  Molosso  è  il  suo  nome 
italiano.  Qualche  lessicografo  registra  la 
voce  dogo,  ma  non  è  certo  nell'uso.  Anche 
in  tedesco  usasi  tale  voce  inglese.  Molti 
da  noi  volgarmente  dicono  buldò. 

Bull's  Eye  :  letteralmente  occhio  di  bue 
ed  è  neologismo  inglese  del  linguaggio 
commerciale,  usato  anche  presso  di  noi, 
per  indicare  certa  specie  di  macchine  foto- 
grafiche istantanee. 

Bullone  :  dal  francese  boulon,  da  boule^ 
latino  bulla,  grosso  chiodo  che  comprende 
la  vite  (con  gambo  parzialmente  o  total- 
mente filettato)  il  dado  e  la  testa.  Parola 
d'uso  nel  linguaggio  tecnico,  a  cui  secondo 
i  meccanici  la  nostra  voce  chiavarda  non 
corrisponderebbe. 

Buio  :  voce  volg.  dell'Alta  Italia  :  smar- 
giasso^ bravaccio.  Dalted.  buhle  =  drudo. 

Bund  :  voce  tedesca:  alleanza,  federa- 
zione Es.  Schweixerbund  ==  Federazione 
Svizzera. 

Buona  usanza:  costume  di  Lombardia 
e  del  Veneto  di  dare  alcuna  somma,  sia 
pur  modesta,  a  qualche  istituto  di  bene- 
ficenza in  occasione  di  lutto  che  colpisca 
persona  amica. 

Buon  giorno  :  anche  questo  saluto  spiace 
;il  Fanfani  perchè  ricorda  il  bon  jour  de' 
Francesi.  Certo  in  Toscana  dopo  mezzodì 
usasi  dire  buona  sero^,  laddove  nelle  regioni 
settentrionali  finche  è  chiaro,  si  seguita 
;i  dire  buon  giorno.  Da  ciò  a  far  le  scim- 
mie, come  assevera  il  Fanfani,  ci  corre 
0  di  molto. 

Buona  società  nel  Lessico  del  Fanfani 
è  locuzion(!  riprosa,  cui  vuoisi  sostituire  : 
la  gente  'per  bene,  a  modo,  le  persone 
civili  etc.  Sia  puro.  Ma  la  frase  formata, 
fissa  buona  società  ricorre  più  pronta  e 
precisa.  Solito  caso. 


Buoni  uffici  :  fr,  bons  offlces.  Le  Potenze 
al  congresso  di  Parigi,  14aprilel856, espres- 
sero il  voto  che  gli  Stati  contro  cui  fosse 
dichiarata  la  gaerra  potessero  rivolgersi 
all'interposizione  {bons  offices)  di  uno  Stato 
amico  per  dirimere  la  causa  del  conflitto. 
Buoni  uffici  dicesi  comunemente  per  indi- 
care un'  interposizione  benevola  fra  con- 
tendenti. 

Buran  :  temporale  di  neve  e  vento  di 
N.  E.  nelle  steppe  russe  e  siberiane. 

Bureau  :  in  origine,  diminutivo  àibure, 
basso  latino  bura,  grossa  stoffa  di  lana, 
bigello,  che  serviva  di  tappeto  agli  scribi 
degli  uffici.  Il  senso  poi  si  ampliò,  come 
è  noto.  Questa  parola,  in.  vece  di  ufficio, 
banco,  studio,  scrittoio,  si  è  così  resa 
comune  presso  di  noi,  che  è  sprecata  ogni 
chiosa.  Burocrazia,  burocratico,  etc,  che 
ne  derivano,  non  sono  oramai  più  con- 
vertibili con  altre  voci.  Bureau  è  voce 
passata  dal  francese  a  quasi  tutti  i  lin- 
guaggi. 

Burgràvio  :  antico  titolo  di  dignità  in 
Germania  dato  ai  signori  di  una  città.  Let- 
teralmente vuol  dire:  conte  del  castello. 
Si  dava  questo  titolo  anche  ai  capi  militari 
di  una  città  con  giurisdizione  civile.  Dicesi 
molto  familiarmente  da  noi  burgravi  di 
persone  che  si  danno  grande  importanza,  e 
sono  0  paiono  arbitri  della  cosa  publica. 
A  tale  senso,  forse,  contribuì  quel  gravio, 
quasi  grave,  che  in  tedesco  è  graf:=. 
conte. 

Buridàno  (l'asino  di)  :  àne  de  Buridan, 
è  rimasto  proverbiale  per  indicare  lo  stato 
di  chi  è  incerto  né  sa  risolvere  fra  due 
cose.  Il  motto,  comune  fra  noi,  è  di  conio 
francese  e  trae  origine  da  un  sofisma  delle 
scolastico  Giovanni  Buridan  di  Béthuno 
(Artois)  fiorito  nel  sec.  XIV  e  professore 
di  filosofia  in  Parigi.  Il  sofisma  è  questo, 
cioè  di  un  asino  morente  di  fame  tra  duo 
misure  d'avena  ugualmente  distanti  da  lui 
0  morente  di  fame  e  di  sete  tra  un  fascio 
d'avena  e  un  secchio  d'acqua.  Come  questo 
sofisma  si  connetta  all'antica  questiono  del 
libero  arbìtrio  non  è  qui  il  caso  dì  vedere. 
Cfr.  Dante,  Paradiso,  IV. 

Intra  duo  cibi,  distanti  o  moventi 
d'un  modo,  pria  si  monia  di  lame, 
che  libor  uom  uu  si  recasso  a'  denti. 


Bus 


66     - 


Buz 


Cfr.  Tennemann  {Histoire  de  la  philosophie 
Vili,  2^  parte). 

Burnous  :  gran  mantello  di  lana  con  cap- 
puccio usato  dagli  arabi  (bornos)^  e  di  lì 
con  qualche  modificazione  adottato  in  Fran- 
cia. In  Romagna,  nel  contado  riminese, 
chiamano  bernoùss  il  giacchetto  delle  vil- 
lane: forse  una  probabile  derivazione  da 
burnous ? 

Burocrazia  e  burocratico  :  sono  figliuoli 
legittimi  di  bureau  (V.  questa  voce)  che 
è  parola  non  accolta  nei  dizionari  italiani, 
i  quali  però  ne  accettano  i  derivati  su 
detti.  A  noi  basta  notare  l'onesta  contrad- 
dizione. Certo  buroeraxia  e  burocratico 
sono  due  brutte  parole,  come  brutta  è  la 
cosa,  ma  come  farne  senza  se  ad  esse  è 
legato  un  concetto  di  grande  importanza 
nella  macchinosa  vita  odierna?  Il  Fanfani 
consiglia  :  puhlici  uffici ,  stile  segreta- 
riesco e  di  ufficio^  ma  chi  intenderebbe 
tali  parole  nel  senso  di  burocrazia  etc? 
Non  dico  che  nel  linguaggio  letterario  non 
si  usino  queste  parole  nostre  ed  elette, 
ma  nell'uso  comune  la  moneta  che  si 
spende  in  tale  caso  è  burocrazia  e  bu- 
rocratico. Il  Giusti  nel  Oingillino  ha  il 
verso  a  proposito  della  burocrazia: 

dieasterica  pesto  arciplebea. 

Busécca  in  milanese  è  la  trippa  onde 
busecchia  in  italiano.  Di  questo  greve,  rozzo 
ed  indigesto  cibo,  cucinato  con  cipolle,  ver- 
dure e  fagiuoli  a  modo  di  minestra,  sono  i 
milanesi  assai  ghiotti,  poveri  e  ricchi,  nobili 
e  plebei,  gentili  dame  e  donne  del  popolo: 
ed  è  cibo  che  rimane  tradizionale  in  questa 
città  ove  pur  molte  cose  si  mutano. 

Buseccòne:milanese  buseccòn^  dicesi  per 
celia  od  offesa  de'  milanesi,  perchè  ghiotti 
della  busecca.  Giova  e  piace  notare  come 
gli  italiani  oltre  ai  molti  modi  di  cui  di- 
sponevano per  ingiuriarsi,  città  contro  città, 
regione  contro  regione,  si  valessero  pur 
anco  del  cibo  preferito  in  ciascun  paese: 
Fiorentini  mangia  fagioli.^  Napoletani 
mangia  maccheroni,  Bergamaschi  man- 
gia polenta  e  i  Bergamaschi  ai  Milanesi 
busecconi.  Y.  Baggiano. 

Busillis  :  parola  usata  nella  locuzione 
familiare  :  questo  è  il  busillis.,  per  dire 
questo   è  l' imbroglio.,   la    difficoltà.,    ma 


intendendo  di  cose  di  poco  conto.  La  spie- 
gazione che  si  dà  di  questa  parola  è  la 
seguente  e  vale  per  quello  che  vale  :  uno 
scolaro  doveva  tradurre  la  frase  latina:  in 
diebus  illis  =r  in  quei  giorni,  ed  avendo, 
quale  ignorante  ch'egli  era,  scritto:  Ì7i  die 
busillis  disse  al  maestro  di  non  aver  saputo 
tradurre  perchè  la  parola  busillis  non  era 
nei  dizionari. 

Business-man  :  caratteristica  locuzione 
ed  espressione  della  nazione  anglosassone,  e 
vuol  dire  uomo  d'affari  o  per  dir  meglio  e 
più  filosoficamente,  uomo  che  nelle  azioni 
umane  vede, intende,  cura  specialmentel' af- 
fare. Questa  parola  cominciajad  essere  usata 
anche  dove  non  è  necessaria.  S'  incomincia 
per  vezzo  e  poi  entra  nell'uso.  Es.  «D. 
Brambilla  era  essenzialmente  un  busi- 
nessman., ma  era  anche  uomo  di  buoni 
studi  ».  Rivista  delle  Biblioteche  N.  12, 
Voi.  XI,  anno  XI. 

Butte  :  variazione  femminile  di  bout.,  ele- 
vazione in  cui  ponesi  il  bersaglio  e  poi 
collina.,  poggio^  montieello.  Es...«  Venne 
a  Montmartre.  Su  la  Butte  gloriosa  egli 
soffrì  per  mesi  la  fame,  etc.  »  così  un  let- 
terato in  Gorr.  d.  Sera  8  giugno  '900. 
Capisco  che  si  tratta  d'un  caso,  forse  unico 
e  detto  per  vezzo,  ma  moltissimi  di  questi 
casi  unici  e  di  questi  vezzi  diventano  sin- 
tomatici. 

Butterbrod  :  burro  e  pane;  così  i  tedeschi 
chiamano  una  loro  favorita  vivanda  di  pa- 
nini spalmati  col  burro,  ed  è  parola  che 
si  ode  anche  in  Italia. 

Bùttero  :  il  mandriano  a  cavallo  della 
campagna  romana,  dal  tipico  vestire,  col 
mantello,  le  ciocco  e  il  cappello  a  cono. 

Buvette:  vocefr.,  corrisponderebbe  alle 
nostre  voci  mescita.,  bettolino.  Buvette  era 
detto  il  banco  de'  rinfreschi  nelle  corti  giudi- 
ziarie, nelle  camere  legislative  etc.  Buvette 
oggi  indica  qualunque  liquoreria  più  tosto 
elegante,  ove  si  mesce  e  si  beve  comu- 
nemente al  banco  ;  presso  a  poco  come  bar. 

Buzzo:  in  toscano  vuol  dire  stomaco, 
ventre  (ant.  tedesco  butze)  onde  si  dice 
a  buzzo  buono  quasi  col  ventre  disposto 
a  riempirsi,  indi  di  buona  voglia  impren- 
dere alcuna  cosa. 

Buzzurro:  così  nel  dialetto  romanesco 
sono  chiamati  coloro   che   non  sono  Ro- 


Buz 


-     67 


Byp 


mani  cives,  cioè  Romani  de  Roma.  Detto 
specialmente  e  in  senso  spregiativo  degli 
italiani  venuti  in  Roma  dopo  il  '70. 
Senso  evidentemente  esteso  dalla  voce 
toscana  buxxurro.  «  Questo  nome  suol 
darsi  in  Toscana  a  quelli  Svizzeri  che 
nella  stagione  dell'  inverno  ci  vengono  a 
esercitare  la  loro  industria  di  far  bruciate, 
ballotte,  pattona,  etc.  »  Crusca.  Proviene 


forse  dal  tedesco  putxer^  chi  netta,  chi 
pulisce,  e  in  origine  indicava  lo  spazza- 
camino (Zambaldi,  op.  eit.). 

By  pass  :  passaggio  di  fianco^  voce  in- 
glese, ristretta  fra  noi  alla  terminologia 
dei  tecnici,  per  indicare  un  passaggio  sussi- 
diario e  secondario  nelle  condotture  e  nelle 
macchine. 


Cab:  voce  inglese  (abbreviata  dal  francese 
cabriolet?)  che  indica  una  vettura  da  piazza, 
usata  in  Inghilterra,  caratteristica  perchè 
il  cocchiere  siede  di  dietro,  in  alto,  e  guida 
per  di  sopra  la  testa  di  chi  sta  in  car- 
rozza. Il  vocabolo  è  notato  anche  nei  di- 
zionari francesi.  Per  altra  etimologiaY.  Oa- 
binetto. 

Cabaletta:  «l'ultima  parte  di  un'aria; 
può  essere  un  a  solo  od  anche  accompa- 
gnata da  una  parte  (personaggio)  episo- 
dica, 0  dal  coro.  L'aria,  o  la  cavatina, 
incomincia  con  un  recitativo  che  prepara 
un  brano  in  movimento  lento;  questo  è 
susseguito  da  una  breve  preparazione,  a 
recitativo  o  a  coro,  cui  tien  dietro  un'a- 
nimata melodia,  di  solito  ripetuta,  e  de- 
nominata cabaletta,  o  cappelletta,  perchè 
in  origine  in  tempo  a  cappella.  »  (A.  Galli, 
op.  cìt.). 

Cabaret:  voce  fr.,  conquistata  daU'uso: 
in  italiano  è  vassoio  o  guantiera.  È  pure 
nota  la  voce  cabaret  nel  senso  di  osteria 
ove  si  vende  vino  al  minuto  e  se  ne  aiuta 
lo  spaccio  col  dar  da  mangiare.  Parola  di 
etimologia  incerta.  V.  lo  Scheler. 

Cabina:  voce  inglese,  ca6m;  divenuta 
poi  francese  in  cabine',  indica  special- 
mente la  piccola  stanza  che  è  a  bordo  delle 
navi  per  uso  dei  viaggiatori.  Parola  ac- 
cettata, registrata  e  necessaria.  Per  l'eti- 
mologia V.    Gabinetto. 

Cabinets  particuliers:  così  francesemente 
più  spesso  che  nella  versione  italiana  sono 
chiamate  certe  stanzine  riservate  e  di- 
screte dei  ristoranti  alla  moda  ove  si  con- 
viene in  due  o  in  più,    di   sesso   diverso 


comunemente,  per  mangiare  e  bere  senza 
essere  disturbati  dalla  altrui  presenza. 

Cablogramma  :  neologismo  di  conio  fran- 
cese. Cable  =  cavo,  dal  basso  latino  ca- 
pulum  zz:  corda.  Dunque  il  cavo  sotto- 
marino per  la  trasmissione  della  corrente 
elettrica,  e  cablogramma  il  dispaccio  che 
dovremmo,  caso  mai,  chiamare  cavogram- 
ma.  Èl  tempo  che  scrivo  il  radiogramma 
Marconi  tende  a  sostituire  il  cablogramma. 

Cabochon:  fr.,  pietra  preziosa  liscia^ 
naturale,  cioè  non  faccettata  :  da  caboche 
=  capocchia. 

Cabotaggio:  voce  marinaresca  che  de- 
riva dallo  spagnuolo  cabo  1=  capo  ;  indica 
cioè  la  navigazione  breve,  costiera,  limi- 
tata fra  capo  e  capo.  Il  grande  cabotaggio 
si  riferisce  a  navigazione  non  oceanica.  Il 
Eigutini  consiglia  di  italianizzarla  in  ca- 
potaggio.  Ottimamente,  ma  non  basta  a 
ciò  il  buon  volere  del  grammatico.  «  Voce 
necessaria  »  dice  il  Guglielmotti,  op.  cit. 

Cabotin:  V.   Cabotinage. 

Cabotìnage  :  astratto  di  cabotin^  voce 
familiare  francese  che  si  dà  ai  comme- 
dianti di  poco  valore,  girovaghi,  guitti, 
ciarlatani.  Il  nome  pare  derivato,  almeno 
secondo  il  Littré  (Vedi  il  Supplemento)  da 
un  comico  e  ciarlatano  della  seconda  metà 
del  secolo  XYII  di  nome  Cabotin. 

Cabriolet:  dal  verbo  francese  caZ>WoZer, 
propriamente  saltare  come  uìia  capra.,  far 
capriole  (cfr.  chèvre)  :  quindi  specie  di  car- 
rozzina leggera,  saltellante  (Littré). 

Cacatua  e  cacatù  :  specie  di  papagallo. 
V.  Kalcatoes. 

Cacciatora  (alla)  :  dicesi  di  vivande  pre- 


Cac 


—    69     — 


Gag 


parate  alla  lesta,  in  padella,  come  ca- 
pretto, vitello  spezzato,  poUastrini  teneri, 
quasi  alla  maniera  che  usano  i  cacciatori. 

Cacciatori  :  V.   Chasseur. 

Cacciucco:  zuppa  o  intingolo  di  pesci 
di  vario  specie  e  assai  drogato.  E  voce 
dialettale  livornese  e,  come  voce  toscana, 
registrata  dal  Petrocchi.  Risponde  press' a 
poco  al  bouille  abaisse  marsigliese,  al  bro- 
deito  del  litorale  romagnolo. 

Cachemire:  voce  volgarizzata  in  cas<?^- 
mirra  o  casmirra  e  così  registrata  dal 
Petrocchi,  ma  1'  uso  porta  a  pronunciare 
alla  francese.  Caseemir  o  Gasmir  è  il  no- 
me d'un  regno  dell'India  Britannica  da  cui 
prima  provenne  questo  finissimo  tessuto 
di  lana. 

Cache-nez:  letteralmente  nascondi-naso^ 
€Ìoè  ciarpa  che  ricopre  dal  freddo  il  naso 
e  la  bocca.  Voce  fr.,  dell'uso  fra  gli  ele- 
ganti e  nel  linguaggio  della  moda. 

Cachessìa:  ter.  med.,  dal  greco  eaeòs  = 
malvagio  e  exis  r=  disposizione.  Parola 
ohe  non  ha  senso  determinato,  ma  che  de- 
signa ogni  specie  di  turbamento  profondo 
delle  funzioni  organiche. 

Cachet  (lettere  di)  :  voce  storica  che  in- 
dicò in  Francia,  sotto  l'antica  monarchia, 
le  lettere  del  re  col  suo  sigillo  contenenti 
un  ordine  ;  e  più  specialmente  si  inten- 
devano quelle  contenenti  ordine  di  esigilo 
•0  di  prigionia.  L'abuso  che  se  ne  faceva, 
spesso  arbitrario,  fece  si  che  l'Assemblea 
costituente  le  abolisse  (15  gennaio  1790). 

Cachet  :  suggello,  impronta.,  stampa  e 
poi  indole.,  maniera.,  modo  di  fare.  E  pa- 
rola francese  comune,  specie  nel  linguaggio 
«legante  mondano  :  sigillo  è  voce  rimasta 
per  indicare  l'impronta  su  la  ceralacca.  Per 
l'etimologia  V.  lo  Schelcr.  Cachet  è  chia- 
mata dai  farmacisti  quell'ostia  compressa, 
o  capsula,  contenente  una  polvere  amara  : 
cachet  di  salòlo,  di  bisolfato  di  chinino  etc. 

Caciocavallo:  formaggio  speciale  del- 
l'Italia meridionale  in  forma  come  di  grandi 
zucche  oblunghe,  legate  insieme  e  poste 
a  cavalluccio,  onde  il  nome. 

Cactus:  dal  greco  eactos,  pianta  spinosa 
e  grassa,  coltivata  per  la  sua  bizzarra  forma 
ornamentale.  Il  fico  d'India  (C.  opuntia) 
che  in  Sicilia  forma  siepi  naturali  e  da 
un  frutto  fresco  e  squisitissimo  quando  è 


mangiato  sul  luogo,  è  la  specie  piii  no- 
tevole. In  francese  è  cactus.,  in  italiano 
trovasi  tradotto  in  catto  e  cacto.,  ma  sono 
voci  poco  usate. 

Cadeau:  voce  fr.,  entrata  ampiamente 
nell'uso,  anche  del  popolo  ;  che  dice  spesso 
cado  un  bel  cado.,  specie  annettendovi 
l'idea  del  dono  inaspettato  e  gradito. 

Cadenzare  :  (fr.  cadencer)  per  dare  una 
particolare  cadenza  o  ritmo  ad  un  verso, 
ad  un  periodo  e  simili,  è  brutto  neolo- 
gismo. Così  il  Rigutini. 

Cadoche:  V.  Kadosch. 

Café-chantant  :  nota  specie  di  caffè  con 
teatro  e  spettacoli  vari,  con  giuochi,  biz- 
zarrie, fantasie  e  specialmente  eccitazioni 
muliebri  di  danzatrici,  cantatrici,  dicitrici, 
il  che  ne  costituisce  l'essenza.  Spesso  è 
un  teatro  costruito  appositamente  e  con 
grande  sfarzo.  Oifre  il  vantaggio  di  assi- 
stere a  spettacoli  attraenti  e  salaci  insieme 
alla  libertà  del  caffè,  cioè  di  fumare,  bere, 
mangiare,  andare  e  stare.  Il  buon  costume 
non  è  il  carattere  distintivo  di  tali  ri- 
trovi. L'  uso  è  d'  importazione  straniera, 
attecchito  però  benissimo.  La  locuzione 
è  stata  anche  tradotta  in  Caffè  concerio. 
Cosi  infatti  la  poetessa  Annie  Vivanti 
intitolò  una  specie  di  suo  romanzo  auto- 
biografico. 

Caffè-concerto:  V.   Café-chantant. 

CafTeiera  :  voce  usata  per  indicare  il  re- 
cipiente elegante  in  cui  portasi  il  caffè  già 
fatto.  Dicesi  anche  caffetiera.,  voce  che  il 
Petrocchi  nota  in  tal  senso.  In  francese  c'è 
Cafetière.,  n.  f.  Vase  pour  fair  e  et  verser 
le  café. 

Caffeina:  alcaloide  del  catte,  usato  in 
medicina  come  potente  eccitante  del  cuore. 

Cafóne:  voce  dialettale  dell' Italia  me- 
ridionale, estesa  poi  ad  altre  regioni  :  in- 
dica persona  plebea,  villana,  rozza,  mal- 
destra. Termino  ingiurioso.  Il  D'Ambra 
{Dix.  Napolitano)  lo  fa  derivare  da  wa- 
KÓ(poyvog. 

Cagnara:  letteralmente  l'abbaiare  dei 
cani.,  poi  significò  grida.,  rumore,  questio- 
ne e  simili,  onde  la  locuzione  far  cagnara. 
Voce  tipicamente  romanesca,  poi  passata 
nell'uso  della  lingua  familiare  e  comune 
di  molto  regioni  della  media  Italia.  Il 
Petrocchi  la  registra  nel  suo  Dixionario 


Gag 


—     70     — 


Cai 


Universale  e  riporta  la  scrittura  meno  co- 
mune cagnaia. 

Cagnìna:  nome  di  vino  romagnolo  al- 
quanto aspretto:  estingue  benissimo  la  sete. 
Kel  circondario  di  Cesena,  dalla  Cagnina 
si  ottiene  un  vino  morbido,  dolce,  inten- 
samente colorito,  spesso  spumante,  ed  è  di 
pronta  beva.  Vino  di  uso  locale.  La  voce 
dialettale  del  vitigno  e  del  vino  è  canena. 

Cagnóni:  Y.  Biso  in... 

Cagnotto:  termine  volgare  e  spregiativo 
(da  cane)  per  indicare  i  seguaci  prepo- 
tenti, faziosi,  di  qualche  capo. 

Ca'  grande  o  casa  grande:  perifrasi 
dialettale  milanese,  l'ospedale. 

Caicco  0  caìccio:  cosi  è  chiamato,  su  le 
rive  dell' Adriatico  specialmente,  quel  greve 
palischermo  o  barchetta  che  si  tiene  a 
bordo  dei  velieri,  per  salvataggio  e  per 
trasporto.  Dal  turco  kàik. 

^a  ira  :  fr.  ciò  andrà,  cioè  avrà  ef- 
fetto :  parole  con  cui  comincia  il  ritornello 
d'una  canzone  popolare  che  precedette  di 
poco  la  Carmagnola  e  la  Marsigliese.,  e 
come  queste  ultime  potentemente  influì  su 
gli  animi  al  tempo  della  Eivoluzione.  Il 
Carducci  intitolò  ^a  ira  i  suoi  mirabili 
sonetti  che  sintetizzano  la  Eivoluzione 
francese. 

Cala  :  seno  di  mare  entro  terra  con  buon 
fondo  dove  possono  riparare  sicuramente 
le  navi.  Taluni  chiamano  cala  anche  il 
fondo  della  stiva. 

Calandra:  per  noi  è  un  vezzoso  uccel- 
lino simile  alla  lodola.  Ma  in  francese  ca- 
landre vuol  indicare  altresì  la  macchina 
usata  per  ispianare  e  lustrare  i  tessuti. 
Calandre  sembra  in  tal  senso  derivare  dal 
greco  kìlindros  zzz  cilindro.  In  italiano 
dicesi  màngano. 

Calata:  nel  senso  speciale  in  cui  è  usata 
in  Genova,  cioè  per  indicare  la  banchina 
di  carico  e  scarico  delle  navi,  questa  pa- 
rola non  è  nei  dizionari.  (Cfr.  Dock).  La 
registra  però  il  Guglielmotti,  op.  cit. 

Calce  (in):  «  posto  avverbialmente,  e 
riferito  a  cose  stampate  e  manoscritte,  vale 
a  pie  di  pagina  »  Crusca. 

Calcestruzzo:  da  calce  e  structum,  la- 
tino, che  vuol  dire  costruito.  Smalto  tenace 
da  costruzione  muraria  fatto  di  ghiaia,  rena, 
calce. 


Calcificazione:  ter.  med.,  che  significa, 
il  depositarsi  dei  carbonati  e  dei  fosfati  di 
calce  nei  tessuti  e  negli  organi.  Es.  cal- 
cificazione delle  cartilagini:  dicesi  anche 
infiltrazione  o  degenerazione  calcarea. 

Calcinello:  term.  volg.  su  le  rive  oc-^ 
cidentali  dell'Adriatico,  Eomagna  e  Mar- 
che, con  cui  sono  più  specialmente  note 
le  telline;  genere  di  molluschi  a  con- 
chiglia bivalve  e  sottile,  dal  sapore  deli- 
cato; squisiti  per  far  zuppe  ed  intingoli» 
La  riva  sabbiosa  è  ricchissima  di  tali 
frutti  di  mare. 

Calcio  dell'asino:  V.  Il  calcio,  etc. 

Calcolare  :  nel  senso  di  stimare.,  pen- 
sare., far  conto  «  è  modo  nuovo,  inutile 
e  preso  dal  francese  »  calculer  =i  conjec- 
turer.,  prévoir.  Così  il  Eigutini,  e  simile 
giudizio  vale  pel  nome  calcolo.  Pure  ac- 
cettando come  buona  1'  osservazione  de} 
dotto  nostro  filologo.,  è  certo  che  l'esten- 
sione francese  da  calcolo  =  computo  arit- 
metico, a  calcolo  =  computo  ideologico,  è 
felice  come  la  più  parte  dei  traslati  di 
quella  geniale  lingua.  Calculus  in  latine 
vuol  dir  pietruxxa  che  usavasi  primamente 
per  computare,  indi  significò  comjtuto. 
Avverto  che  i  dizionari  nostri  accolgono 
il  nuovo  senso. 

Calcolo:  lat.  calculus.,  pietruzza:  in  me- 
dicina indica  una  concrezione  pietrosa 
formata  di  sali  organici  o  inorganici  che 
nasce  e  si  forma  nei  serbatoi  glandulari 
0  nei  canali  escretori. 

Calcomania:  figurine  a  colori  che,  ba- 
gnate, si  staccano  dal  loro  cartoncino  e  si 
imprimono  dove  più  piace  :  delizia  degli 
scolari,   e  sciupio  dei  libri. 

Calcotipia:  incisione  in  rilievo  sul  rame. 
V.   Cliché. 

Càieche:  così  in  Milano  è  chiamata  la 
vettura  publica  scoperta.  Cdleche  è  voce 
francese,  dal  polacco  Koless,  in  tedesca 
Kalesche.,  fatta  italiana  in  calèsse.  Vet- 
tura leggiera,  a  quattro  ruote,  e  mantice» 

Caleidoscopio  :  neol.  formato  con  voci 
tolte  dal  greco  e  significa  vista  di  belle 
imagini:  è  una  specie  di  cannocchiale 
che  presenta  una  quantità  infinitamente 
variabile  di  figure  ornamentali,  simme- 
triche, formate  per  effetto  di  riflessione 
ottica.  Il  fisico  Brewster,  scozzese  (1781- 


Cai 


71 


Cai 


1868)  ne  fu  l'invontoro.  Usata  è  la  parola 
anche  in  senso  traslato. 

Calembour:  giuoco  di  parole  basato  su  la 
siniiglianza  de'  suoni  e  varietà  de'  sensi 
senza  tener  conto  della  ortografia.  La  lin- 
gua francese  vi  si  presta  a  tal  punto  da 
formare  un  vero  vizio  di  suoni  uguali.  Es  : 
.1/.  de  Bievre  ayant  oppris  qice  le  comé- 
dien  Molé^  si  connu  par  sa  fatuité^  était 
retenu  au  Ut  par  une  indisposition^  s'écria: 
Quelle  fatalitó  l  {quel  fai  alité  =  quale 
sciocco  a  lettol).  Nel  secolo  XVI  dicevansi 
equivoques.  Il  nome  Calembour  difatti  è 
recente  e,  come  vi  accenna  pure  il  Littré, 
questa  ne  è  data  come  origine  :  fu  cioè 
il  conte  Kalenberg  di  Vestfalia,  inviato 
ambasciatore  a  Parigi  sotto  Luigi  XV,  che 
ne  fu  l'involontario  inventore.  I  parigini 
d'allora  non  comprendevano  il  tedesco  — 
come  non  lo  comprendono  oggigiorno  — 
e  questo  conte  vesfaliano,  per  farsi  capire 
era  obbligato  a  parlare  un  francese  cosi... 
tedesco  da  non  si  dire.  Avveniva,  quindi, 
che  gli  sfuggivano  molte  improprietà  che 
ferivano  le  delicate  orecchie  dei  parigini 
e  fornivano  materia  a  molti  giuochi  di  pa- 
role ai  quali  si  diede  il  nome  di  Kalen- 
berg, degenerato  poi  in  calembour.  Disgra- 
ziatamente nessuno  dei  giuochi  di  parola 
del  conte  di  Kalenberg  ci  fu  conservato: 
eppure  fu  per  questo  che  il  nome  dell'am- 
basciatore di  Vestfalia  passò  ai  posteri.  In 
italiano  calembour  equivale  press' a  poco 
a  freddura  e  bisticcio.  La  freddura,  de- 
lizia delle  scene  popolari,  non  soltanto  è 
volgaruccia,  ma  non  ha  il  pregio  dell'epi- 
gramma e  dell'arguzia:  tuttavia  da  Ari- 
stofane a  Plauto,  da  Shakespeare  al  Balzac 
non  fu  sdegnata  anche  da  nobili  ingegni. 

Calembouriste  :  è  colui  che  ha  facilità 
a  trovare  questi  doppi  sensi,  freddurista. 
Esempio  di  freddura  :  nel  Ouerrin  Me- 
schino, giornale  milanese,  pieno  talvolta 
di  pungenti  sali,  a  proposito  dell'  insur- 
rezione Carlista  in  Ispagna,  comparve  uno 
scritto  tutto  basato  su  la  seguente  freddura  : 
Nessuno  parlava  più  di  Don  Carlo  :  noi 
stessi  eravamo  li  li  per  dimenticarlo^  eto. 

Calende  Greche:  Vedi  ad  Calendas 
Oraecas. 

Calendimaggio:  è  l'antica  festa  italica 
e  non  semplicemente  toscana,    ohe  canta 


il  maggio  {calendae^  il  primo  dì  del  mese 
presso  i  Romani) 

Ben  venga  maggio 

e  '1  gonfalon  selvaggio  ! 

Costumavasi  piantar  davanti  alla  porta 
dell'innamorata  la  rama  fiorita.  Vedi  il 
Leopardi  nelle  Ricordanze  ove  parla  di 
Nerina  : 

Se  torna  maggio,  e  ramoscelli  e  fiori 
van  gli  amanti  recando  alle  fanciulle.... 

Costume  gentile  oramai  spento,  benché  io 
ricordi  di  avere  nella  mia  puerizia  (nò  è 
gran  tempo)  inteso  ne'  borghi  di  Romagna 
donne  del  popolo  che  con  cembali  anda- 
vano cantando  : 

L'  è  venuto  maggio 
Ben  venga  maggio. 

Vive  la  parola  calendimaggio  in  virtù  di 
certa  grazia  estetica  del  suono,  e  per  ef- 
fetto di  questa  rifioritura  artificiosa  dell'an- 
tico nell'arte. 

Calicot:  V.  Percale. 

Calesse:  V.  Càleche. 

Càlinerie:  in  francese  vale  mome,  c«- 
rezze^  lexiosaggini;  e  càlin  e  caline  di- 
cesi di  persona  piena  di  moine  e  di  sve- 
nevolezze. 

Calisvar:  voce  usata  dai  meccanici:  è 
un  utensile  d'acciaio,  di  forma  cilindrica 
0  tronco-conica,  la  cui  superficie  è  scana- 
lata in  guisa  da  presentare  tante  costole 
taglienti.  Lo  si  adopera  per  allargare,  li- 
sciare i  fori  comunque  fatti  nelle  lamiere, 
ecc.  Non  conosco  1'  origine  della  parola, 
né  posso  asserire  che  sia  voce  puramente 
dialettale.  In  tedesco  Reibahle;  in  inglese 
Rimer.  Non  so  esattamente  quale  sia  la 
corrispondente  francese  {Mandrin  ?)  In  ita- 
liano allargatoio  ? 

Calle:  (lat.  callis)  voce  classica,  viva 
tuttora  nel  dialetto  veneto,  e  serve  ad  in- 
dicare le  caratteristiche  vie  di  Venezia  (fin- 
ché non  ci  correrà  il  tranvai!). 

Callifugo  :  voce  aggiunta  a'  rimedi  che 
vantano  la  guarigione  dei  calli,  coniata 
come  febbrifugo,  {lì  miglior  callifugo  sono 
le  scarpe  larghe  e  ben  fatto). 

Calligrafia:  è  parola  greca  che  significa 
bella  scrittura  e  perciò  dicendo  brutta  cal- 
ligrafia si  comporrebbe  un  modo  improprio 
ed  illogico.  Ma  è  dell'uso:  la  parola  cai- 


Cai 


72 


Cam 


ligrafia  ha  perduto  il  senso  etimologico  e 
vale  press' a  poco  come  scrittura. 

Calomniez,  calomniez;  il  en  resterà  tou- 
jours  quelque  chose:  motto  fr.  assai  noto 
e  variamente  attribuito  (Voltaire,  Gesuiti). 
Beaumarchais  nel  suo  Barblef  di  Siviglia 
(II,  8)  lo  riporta  riferendolo  ad  autorità  a 
lui  anteriori.  Bacone  da  Verulamio  (De 
dignitate  et  argumento  seientiariim ^YIll^ 
2,  3-1)  scrive:  Sìcut  enim  dici  solet  de 
calumnia^  Audaciter  calumniare.,  semper 
aliquid  haeret. 

Calzaturifìcio:  questa  goffa  e  sesquipe- 
dale parola  fu  creata  a  Milano  (1902)  per 
indicare  una  gran  fabbrica  di  scarpe.  Certi 
neologismi  deformi  non  sono  senza  signi- 
ficato nella  fisiologia  di  un  linguaggio  e 
perciò  questo  dizionario  li  annota  anche  se 
locali  ed  effimeri. 

Calzéder:  e  calcèdro  dotta  in  italiano,  è 
una  curiosa  parola  romagnola  e  ravennate 
che  attesta  e  ricorda  l'antico  dominio  de' 
greci  bizantini  (Esarcato).  ludica  il  vaso  di 
rame  per  attinger  acqua,  da  calcos  == 
rame  e  ildor  =  acqua. 

Calzoni:  sono  l'indumento  proprio  del- 
l'uomo. Talora,  specie  in  Lombardia,  le 
donne  adoperano  impropriamente  la  voce 
cahoni  per  mutaiide.  Dicesi  però  in  modo 
familiare  e  figurato  portare  i  calzoni 
quando  la  donna  la  fa  da  uomo,  ma  non 
per  opere  assennate  e  buone,  bensì  per 
capriccioso  comando  e  imperio  sull'uomo. 

Carnàio  :  voce  dialettale  genovese,  estesa 
talora  anche  nella  lingua  letteraria.  Indica 
il  facchino  che  carica  e  scarica  le  merci 
dalle  navi  nel  porto  di  Genova. 

Camaraderie:  parola  francese  per  indi- 
care quella  dimestichexxa.,  quell'intimità 
geniale,  non  profonda  come  richiede  l'ami- 
cizia, che  si  contrae  necessariamente  tra 
camerati.  Noi  abbiamo  camerata  per  com- 
pagno di  studio,  d'arme,  di  vita  ;  ci  manca 
l'astratto,  ove  non  si  voglia  accettare  ca- 
meralismo, parola  registrata  dall'Alberti. 

Camarilla:  diminutivo  di  camara  = 
camera  :  vocabolo  spagnuolo.  Nel  linguag- 
gio politico  si  designò  così  l'influsso,  vero 
0  supposto,  esercitato  sui  capi  dello  Stato 
dalle  persone  di  camera,  cioè  addette  alla 
persona  del  Sovrano  ;  per  cui  la  regolare 
amministrazione  era  impedita  o  corrotta. 


Si  usò  di  questo  vocabolo  in  Ispagna  dopo 
il  ritorno  di  Ferdinando  VII  (1814).  Da 
allora  la  voce  passò  nel  giornalismo  fran- 
cese e  forse  por  quel  tramite  in  Italia,  dove 
ha  perduto  il  senso  storico-etimologico  e 
nuli' altro  vuol  dire  se  non  cricca.^  consor- 
teria^ diesitela  e  combriccola.^  vocaboli  e 
cose  che  pur  troppo  non  mancano  in  Italia 
dove  la  vita  publica  si  svolge  tradizional- 
mente e  fatalmente  tuttora  per  clientele, 
spegnendole  migliori  energie  della  Nazione. 
Le  parole,  camarilla  spagnuola,  e  coterie 
francese,  sarebbero  in  vero  più  che  su- 
perflue. 

Cambiamonete:  «  la  parola  usata  fin  da 
antico  era  cambiatore.,  ma  non  si  deve 
credere  che  la  nuova  parola  sia  presa  al 
solito  dai  francesi,  perchè  non  dicono  c^aw- 
ge-monnaie.,  ma  solamente  changeur.^  tale 
e  quale  il  cambiatore  de'  nostri  vecchi. 
Che  se  in  qualche  cartello  di  cambiamo- 
nete si  legge  change-monnaie,  questa  è  una 
traduzione  francese  che  in  Francia  non  si 
ammetterebbe  »  .  Così  giustamente  il  Ri- 
gutini. 

Cambrai  :  tela  di  lino  molto  chiara,  cosi 
detta  dalla  città  di  Francia,  Cambrai,  o 
Cambray,  l'antica  Gamaracum.,  ove  si  fab- 
bricava in  origine. 

Cambre:  aggettivo  francese  che  udii 
talvolta  per  indicare  una  figurina  che  di- 
segna le  forme  graziosamente,  arcuata., 
come  avviene  di  chi  porta  il  petto  innanzi 
sì  che  il  dorso  si  incurva.  Cambre  è  da 
eambrer  (basso  latino  camerare)  cioè  che 
forma  vuoto  o  camera,  quindi  arco. 

Cambriolage:  voce  del  gergo  francese, 
talora  adoperata  nel  linguaggio  giornali- 
stico nostro  per  significare  il  furto  con 
iscasso.  Cambriolage  deriva  da  cambriole., 
diminutivo  di  chambre  =  camera,  onde 
cambrioleur.,  il  ladro,  lo  svaligiatore  di  ap- 
partamenti. 

Camelot:  voce  del  gergo  francese  :  indica 
il  mercante  girovago,  il  rivendugliuolo  che 
fa  commercio  di  mille  piccole  industrie. 
Il  Darchini  (Diz.  Italiano-francese,  VaUardi, 
1902)  traduce  senza  troppa  fatica  per  cam- 
mellotto! ! 

Camera:  il  buon  uso  toscano  (che  pur 
vuol  seguirsi  senza  le  consuete  esagera- 
zioni della  scuola  detta  manzoniana)  dà  a 


Cam 


73    — 


Cam 


camera  il  senso  speciale  di  stanxa  da  letto^ 
non  di  stanxa  in  senso  generico. 

Non  v'era  giunto  ancor  Sardanapalo 
A  mostrar  ciò  che  in  camera  si  puote. 

Dante,  Par.  XV. 

Camera  ardente:  V.  Cappella  ardente. 

Camera  del  lavoro:  istituto  sociale  re- 
cente. In  Italia  non  credo  vada  oltre  il 
decennio.  È  un'imitazione  della  Bourse  du 
travail  presso  i  francesi,  da  noi  detta  ca- 
mera  per  analogia  con  altri  insti tuzioni 
che  così  si  denominano.  Serve  come  ufficio 
di  collocamento  e  di  informazione  :  segue 
la  statistica  del  lavoro  e  delle  mercedi  : 
si  interpone  come  paciera  ed  arbitra  nei 
dissidi  fra  capitale  e  mano  d'opera;  e  in 
cotesto  tale  istituzione  rappresenta  un  pro- 
gresso e  un  diritto.  Ma  per  le  sue  origini 
e  per  aver  inscritti,  soggetti  e  disciplinati 
la  più  parte  dei  lavoratori  manuali,  la  ca- 
"niera  del  lavoro  è  istituto  di  carattere  so- 
cialista :  difende,  valendosi  della  forza  che 
rappresenta,  la  classe  degli  operai  cercando 
di  ottenere  aumento  di  salari  e  diminu- 
zione di  ore  di  lavoro.  Regola  gli  scioperi. 
«  Anticamera  dello  sciopero  »  fu  definita 
dai  nemici  di  tale  istituto.  Le  camere  del 
lavoro  sono  diffuse  oggidì  in  quasi  tutte 
le  città  d'Italia:  chiedono  ma  non  hanno 
ancora  riconoscimento  giuridico,  bensì  di 
fatto.  Molti  municipi  democratici  le  sus- 
sidiano in  vario  modo. 

Camera  di  compensazione  :  istituto  com- 
merciale e  bancario  assai  antico  il  quale 
coinpensa,  cioè  pareggia  fra  di  loro  i  va- 
lori dei  vari  paesi  e  dei  vari  banchi.  V.  me- 
glio a  Stanxa  di  eompensaxione. 

Camiceria:  negozio  ove  si  vendono  ca- 
micie od  oggetti  a  camicie  attinenti  (fr. 
cheììiiserie) . 

Camicia:  nel  senso  di  quel  foglio  che 
serv^e  di  copertina  a  carte  scritte,  è  stata 
registrata  dalla  Nuova  Crusca.  (Y.  §  II). 

Camicia  di  forza:  con  le  maniche  con- 
giunte che  penosi  ai  matti  furiosi  affinchè 
non  offendano  se  ed  altrui  :  usasi  in  senso 
traslato  ])or  eoercixione .,  impedimento 
violento  e  tirannico. 

Camicia  di  Nesso:  è  la  fatai  tunica 
che,  intinta  nel  velenoso  sangue  del  cen- 
tauro Nesso,    Deianiru,    gelosa,  mise    ad 


Ercole,  onde  l'eroe  morì.  Dicesi  di  ogni 
costrizione  morale  insopportabile. 

Camicie  rosse:  perifrasi  usata  por  indi- 
care i  volontari  di  Garibaldi,  dopo  l'impresa 
di  Sicilia,  dalla  camicia  di  lana  scarlatta 
la  quale  ad  imitazione  del  loro  Capitano 
glorioso,  li  distinguea  nell'assisa. 

Caminiera:  in  it.  è  registrata  per  para- 
foco  e  specchio  posto  sopra  il  camino.  Per 
camino  (metallico)  è  il  fr.  eheminée.  V.  ci- 
miniera. 

Camma  :  parola  usata  dai  meccanici  per 
indicare  quell'ordigno  di  variabile  forma, 
spesso  di  cuore,  che  applicato  ad  un  albero 
cilindrico  rotante,  serve  ad  imprimere  un 
determinato  movimento  ad  un  altro  organo 
di  macchina  che  vi  si  appoggia  in  modo 
continuo  o  discontinuo.  Fr.  carne. 

Camminare  a  testa  alta  o  con  la  fronte 
scoperta:  cioè  sicuramente,  senza  aver 
nulla  di  che  vergognarsi  o  nascondere. 
Locuzione  usata  specialmente  in  risposta 
a  chi  altrimenti  giudichi  o  pensi. 

Camorra:  noi  così  comunemente  diciamo 
per  indicare  una  clientela  di  gente  asso- 
ciata segretamente  per  fini  di  bassi  e  loschi 
interessi,  e  camorrista  colui  che  opera  in 
tale  modo.  Tale  significato  esteso  proviene 
da  quella  notissima  associazione  di  gente 
di  mala  vita,  intenta  a  mal  fare  e  vivere 
di  sopruso,  estorsione,  frode,  che  ha  il  suo 
contro  in  Napoli  ed  è  regolata  da  speciali 
statuti,  leggi,  consuetudini.  Istituto  anti- 
chissimo. La  camorra  napoletana  non  fu 
mai  setta  politica,  ma  intenta  solo  al  benes- 
sere eGonomico  degli  affigliati.  Camorra 
è  voce  spagnuola  che  vuol  dir  litigio,  e 
camorrista,  litigioso.  Dalla  Spagna  che  nel 
Reame  dominò  per  due  secoli,  ci  proven- 
nero e  il  nome  e  l' istituto  della  Camorra. 
Ne  ritiene  alcunché  di  spavaldo  e  di  enfa- 
tico. La  camorra  è  detta  anche  Società 
deU'umirtà  (V.  Omertà)  e  la  gerarchia 
ha  i  seguenti  gradi  :  giovinotto  onorato, 
picciuotto  {picciotto,  secondo  la  tendenza 
del  dialetto  napoletano  di  dittongare  Vo 
in  iio)  picciuotto  di  sgarro y  picciuotto  di 
reggimento,  capo  picciuotto,  camorrista.^ 
capo  di  società  o  capintrito.,  capo-camorra 
0  capintesta.  Il  camorrista  è  parente  mo- 
rale col  mafioso  siciliano,  col  barabba,  col 
teppista  e  col  buio  dello  torre  subalpino, 


Cam 


—  ■   74 


Can 


coi guapo^  guappo^  spagnuolo,  nel  cui  nome 
spesso  si  confonde.  L'indole  umile,  rasse- 
gnata, buona,  incurante,  allegra  del  popolo 
napoletano  si  presta  a  subire  questa  tiran- 
nide di  pochi  che  escono  dal  suo  seno  e 
ne  succhiano  lo  scarso  sangue.  Esso  popolo 
sente  il  vantaggio  immediato  della  clien- 
tela e  non  ne  avverte  l' immenso  male 
sociale.  Come  poi  la  camorra  plebea  si 
rispecchi  e  s'intrecci  con  un'  altra  camorra 
elevata,  non  è  qui  il  caso  di  discorrere. 
Meno  probabile  etimologia  di  camorra 
è  quella  che  dà  lo  Zambaldi,  op.  cit.^  da 
chamorro  =::  testa  rasa,  detto  de'  plebei, 
in  opposizione  ai  nobili  che  portavan 
parrucca. 

Camorrista:  V.   Camorra. 

Campagna:  vale'  impresa^  spedizione 
militare:  si  usa  questa  voce  in  senso 
neologico  e  figurato  per  significare  un'a- 
zione concorde  ed  attiva  di  molti  per  ot- 
tenere un  dato  fine,  economico,  morale, 
politico,  fermando  su  di  esso  l'opinione 
del  publico.  Es.  campagna  elettorale. 
Aver  fatto  molte  campagne  dicesi  fami- 
liarmente e  ironicamente  di  chi  ebbe  molte 
avventure  nella  vita,  ma  non  tali  da  pro- 
porsi a  modello  della  costumata  gioventù. 

Campata  :  nel  linguaggio  degli  inge- 
gneri indica  la  estensione  degli  archi  di 
un  ponte. 

Camparo:  termine  lombardo  (campee), 
guardia  dei  campi,  colono  cui  si  affidano 
molte  funzioni  propi'ie  del  fattore. 

Campionato:  fr.  championnat,  nel  lin- 
guaggio delle  corse  dicesi  di  quelle  prove 
in  cui  si  gareggia  per  essere  proclamato 
campione:  l'onore  di  esser  campione. 

Campo  :  «  il  campo  della  storia,  il  campo 
della  politica,  etc,  »  è  modo  metaforico  oggi 
molto  comune.  Il  Fanfani  lo  riprende  e 
suggerisce  più  semplicemente  la  storia^ 
i  particolari  della  storia.,  etc.  Vero  è  che 
dicendo  campo  noi  intendiamo  indicare  i 
confini  entro  cui  si  estende  l'argomento. 

Campo  e  diminutivo  campielo  :  voci  del 
dialetto  veneziano  indicano  non  propria- 
mente la  piazza,  che  dicesi  piazza  (Es. 
Piazza  di  S.  Marco)  ma  que'  naturali  spazi 
e  slarghi  che  s'incontrano  ogni  tanto  fj-a 
l'intricato  dedalo  delle  calli.,  e  che  propria- 
mente piazze  non  si  potrebbero  chiamare. 


Campi  di  maggio:  ehamp  de  mai  e  de 
mars^  nome  storico  di  antiche  assemblee 
armate  che  gli  antichi  re  di  Francia  con- 
vocavano periodicapente  in  sul  far  della 
primavera  per  deliberare  su  le  cose  della 
Stato.  Queste  assemblee  si  trasformarono 
in  processo  di  tempo  negli  Stati  generali 
{États-Généraux).  Anche  i  famosi  Letti 
di  giustizia  dei  tempi  posteriori,  pressa 
la  Eivoluzione,  si  possono  considerare  co- 
me una  derivazione  degli  antichi  Campi 
di  maggio. 

Camsin  :  vento  caldo  infuocato  che  suole 
spirare  su  le  coste  settentrionali  dell'Africa 
dall'aprile  al  giugno. 

Canalazzo  :  accrescitivo  di  canale,  col 
suffisso  dialettale  in  azxo  :  indica  determi- 
natamente lo  storico,  maggior  canale  di 
Venezia,  che  tutta  la  attraversa  in  forma 
di  S.  La  più  bella  via  del  mondo  ! 

Canapè  :  è  voce  francese,  conquistata 
dall'uso;  ma  di  comune  origine  latina  (bassa 
latino  eanapeum).  Divano  è  voce  araba 
{dioudn)  e  cosi  pure  sofà  (soffha).  La  parola 
italiana  sarebbe  tettuccio,  rimastaci  nella 
frase:  essere  fra  letto  e  let luccio. 

Canapificio:  stabilimento  dove  si  lavora 
la  canapa.  Voce  di  formazione  popolare 
come  linificio.,  cotonificio  e  comune  in 
Lombardia  ove  coteste  industrie  tessili 
hanno  grande  sviluppo. 

Canard  :  voce  francese  e  vuol  dire  ani- 
tra. Dal  fatto  poi  che  nella  caccia  pon- 
gonsi  sugli  stagni  delle  anitre  artificiali 
per  attirare  le  vere,  così  da  questa  parola 
derivò  il  senso  di  frottola,  fandonia,  ma 
quasi  esclusivamente  nell'uso  giornalistico. 
I  nostri  dialetti  non  mancano  di  simili 
espressioni  metaforiche,  ma  queste  non  si 
estendono  quasi  mai  al  linguaggio  comune. 
A  Cesena,  per  esempio,  dicono  l'è  una 
caglia  per  dire  una  frottola  :  balla  in  Mi- 
lano e  nell'alta  Emilia. 

Can:  V.  Kan. 

Cancan  :  «  specie  di  danza  sconvene- 
vole, ne'  balli  publici,  con  salti  smode- 
rati e  gesti  impudenti,  burleschi  e  di  cattivo 
gusto,  »  così  il  Littré,  ove  si  può  anche 
leggere  l'etimologia  possibile  della  parola- 
Alfonso  Karr  invece  ci  piacevoleggia  scri- 
vendo :  Nous  avons  le  cancan  gracieux, 
la  saint-simonienne,  le  demi-cancan,  le 


Can 


-     75     - 


Cari 


cancan,  le  cancan  et  demi  et  le  chahut. 
Cette  derniòre  danse  est  la  seule  prohibée. 
Il  Cancan  è  un  ballo  scomposto,  dai  mo- 
vimenti non  previsti  nella  coroogTafia.  Sem- 
bra esser  nato  nel  quartiere  Latino  ai  bei 
tempi  della  monarchia  di  Luglio,  ma  il  no- 
me era  preesistente  (V.  Lacombe,  Diction- 
naire  dn  vieux  langage).  Di  quel  tempo 
sono  i  seguenti  versi: 

Messieurs  les  étudiants, 
nioìitex  à  la  Chaumière 
pcnir  y  danser  l'cancan 
et  la  Robert  Macaire. 

(Letellier,  1836). 

Al  tempo  odierno  questo  ballo  forma  la 
delizia  di  certe  platee,  specie  dei  caffè  con- 
certo^ e  fra  i  movimenti  incomposti  ve  ne 
ha  uno  quasi  caratteristico  di  questo  ballo 
che  consiste  nell' elevare  la  punta  di  un 
piede  sino  a  formare  un  angolo  di  quasi 
novanta  gradi  coll'altro  piede  fermo:  se  i 
gradi  aumentano,  aumenta  anche  l'entu- 
siasmo del  publico.  Si  preferisce  veder 
ballare  dalle  donne  il  cancan!  Cancan 
vuol  dire  anche  chiassata,  scandalo,  pet- 
tegolezzo inopportuno.  Cancaneggiandovi 
su  dice  il  Carducci  in  senso  traslato.  V. 
note  alle  Odi  Barbare. 

Cancelliere:  in  Germania  è  titolo  dato 
al  primo  ministro^  capo  supremo  deiram- 
ministrazione,  responsabile  solo  davanti 
all'Imperatore.  In  Eussia  il  ministro  degli 
affari  esteri  ha  pure  il  titolo  di  Cancelliere. 

Candeggio  :  l'atto  dell'  imbiancare  al  sole 
le  tele  ed  i  tessuti  :  termine  industriale. 

Can  della  Scala:  esclamazione  o  in- 
giuria burlesca,  propria  del  Veronese  dove 
fu  nell'Evo  Medio  il  reggimento  dei  Can 
della  Scala:  estesa  poi  in  molte  terre  di 
Lombardia  e  dell'Emilia  per  la  fortuita 
combinazione  che  la  prima  parola  cane 
costituisce  ingiuria  :  dicesi  por  dare  sfogo 
ad  una  bizza  del  momento. 

Cane:  le  vario  e  curiose  locuzioni  ed 
esclamazioni  nostre  in  cui  entra  la  parola 
cane  sono  registrato  pur  ne'  lessici  co- 
muni. V.   Petrocchi. 

Cane  Medoro  (il):  nomo  deireroico  cane 
delle  giornate  di  luglio  1830  in  Francia, 
il  quale  «  portava  al  suo  padrone  il  fucilo 
e  le  cartucce,   e  quando   il  suo   padrone 


cadde  e  fu  con  gli  altri  eroi  sottei'ratO' 
nella  corte  del  Louvre,  il  povero  cane 
restò  giorno  e  notte  su  la  tomba  immo- 
bile come  una  statua  della  fedeltà.  »  A. 
Heine.  Fu  mantenuto  poi  a  spese  della 
Guardia  Nazionale,  e  A.  Heine  che  avea 
gran  desiderio  di  vedere  l'eroico  cane^ 
scorse  invece  una  brutta  e  ringhiosa  be- 
stia. «Forse  non  era,  scrive  ironicamente- 
lo  Heine,  quello  il  vero  Medoro,  ma  un 
usurpatore.  Il  cane  Medoro  s'era  mode- 
stamente ritirato  come  il  popolo  che  avea 
fatto  la  rivoluzione».  Così  sempre: 

Non  veste  seta  chi  filò  gli  stami! 

Cantino:  olio  di  trementina  depurato  con 
la  distillazione. In  alcune  regioni  (Romagna) 
questa  parola  è  adoperata  in  vece  di  pe- 
trolio. 

Canna:  fr.  canne  =  bastone.^  dal  lat. 
canna,  in  gr.  uàvvr].  Nel  senso  di  ma%%a^ 
giannetta  o  bastone  la  registra  il  Petroc- 
chi, non  il  Eigutini  né  il  Tommaseo.  È 
riprovata  dal  Fanfani  e  mi  pare  a  ragione: 
difesa  dal  Viani. 

Cannello  :  così  sul  litorale  romagnolo  e- 
marchigiano  è  chiamata  la  Solen  vagina y 
mollusco  bivalve,  in  forma  di  cannello,, 
capace  di  affondarsi  nella  sabbia  del  mar& 
ove  sta  occulto:  nelle  lagune  di  Venezia 
è  abbondante.  Si  pesca  quando  la  marea 
è  bassa  al  mattino.  Si  mangia  crudo  e  cotto.- 
Eccellente  su  la  graticola,  impannato  con 
olio  e  prezzemolo!  alquanto  dolciastro,  però. 
Deve  essere  il  cannolicchio  de'  napoletani, 
I  Veneziani  ed  Istriani  lo  chiamano  cappa 
lunga  {capa  longa). 

Cannocchia  o  cannocchio:  termine  vol- 
gare su  le  rive  dell'Adriatico  occidentale, 
per  indicare  uno  squisitissimo  e  comunis- 
simo crostaceo  {squilla  viantis)  di  cui  si 
fa  gran  pesca  e  gran  sciupo. 

Cannolicchio:  o  pesce  cannella  nel  dia- 
letto na])oletano,  V.   Cannello. 

Cannoni  :  traduzione  della  voce  dialet- 
tale milanese  canon  zzz  cialda,  cialdone, 
Riompionsi  di  latte  e  miele  o  di  crema. 

Canoa  :  parola  spagnola  tolta  dalla  natia 
voce  indiana,  caraibica  :  in  inglese  canoe 
{ka-nij}^  specie  di  piroga,  fatta  in  origino 
di  un  tronco  scavato  senza  chiglia  nò  poppa 
ne  prora,  che  si  spingea  con  forza  di  pale. 


€an 


—     76 


Can 


Poi,  secondo  arte  costrutta,  navicello,  pa- 
lischermo, etc. 

Canoe  :  V.  Canoa. 

Canonicato:  dignità  e  prebenda  del  ca- 
nonico, e  poi,  familiarmente  per  giusta 
«stensione  di  quel  primo  significato,  si 
■dice  oggidì  di  uffici  dove  il  guadagno  è 
molto,  il  da  fare  poco:  uffici  molte  volte 
■dati  come  si  davano  gli  antichi  canoni- 
■cati:  prova  della  stabilità  delle  cose  u- 
mane. 

Canossa:  V.  Andare  a  Canossa. 

Canot:  voce  francese,  fatta  italiana  in 
■canotto^  ed  entrata  nell'uso  come  il  suo 
-derivato  canottiere.  Canotto  è  propriamente 
la  barchetta  lunga,  sottile,  elegante  e  non 
a  vela,  ma  con  molti  remi,  che  serve  ad 
•esercizio  fisico  e  diletto,  specie  su  fiumi, 
per  laghi,  lagune.  Barchetta,  lancia,  pa- 
lischermo, navicello  etc.  hanno  altro  uso  e 
senso.  Certo  che  dalla  nostra  inutile  ric- 
ohezza  si  poteva  togliere  una  di  tali  voci 
e  adattarla  a  questo  nuovo  senso,  ma  ciò 
<30stava  uno  sforzo;  per  ciò  si  accolse  e  si 
fece  nostrana  la  voce  francese.  Canot  è 
•derivato  dalla  barbara  voce  canoa. 

Canottaggio  :  fr.  canotage  :  termine  del- 
l'uso. Indica  uno  dei  rami  dello  Sport^ 
<3he  consiste  nelle  gare  e  nell'esercizio  del 
remare.  V.   Canot. 

Canotto  e  Canottiere:  V.  Canot. 

Cantabile:  espressione  indicante  il  modo 
■di  eseguire  un  dato  componimento  musi- 
cale. Può  usarsi  anche  sostantivamente, 
e  in  tal  caso  significa  il  componimento 
stesso.  Mozart,  Bellini,  Beethoven,  Chopin 
hanno  cantabili  squisitamente  affettuosi 
■e  stupendi. 

Càntaro  e  cantero:  (greco  kàntharos) 
vaso  cilindrico  di  terra  che  ponesi  nelle 
seggette  per  deporvi  il  superfluo  peso  del 
<3orpo:  nome  e  uso  confinato  all'Italia  me- 
ridionale, ove  difettano  cessi. 

Canter  :  voce  inglese  che  vuol  dire  pic- 
colo galoppo^  preparatorio  alle  corse,  e  per 
^li  intendenti  serve  a  pronosticare  l'esito 
della  corsa.  Voce  dello  Sport. 

Canto  dei  cigno  :  dice  Platone  che  i 
cigni,  morendo,  più  dolcemente  cantano, 
presaghi  del  bone  che  è  nel  non  essere 
dunque  ultima  voce.  In  cigni  gli  antichi 
figuravano    trasmutati    i    poeti  :    dunque 


canto  0  ultimo  canto  del  cigno  vuol  dire 
Vultimo  canto  di  un  poeta.  Oggi  dicesi 
così,  specie  in  tuono  e  significato  faceto 
e  satirico,  e  con  senso  assai  esteso  e  fuori 
di  temi  poetici. 

Canto  fermo  Gregoriano:  {cantus  pla- 
nus)^  è  il  canto  delia  Chiesa  cristiana.  In 
esso  è  opinione  rivivano  le  melodie  dei 
tempi  davidici  ;  altre  furono  ispirate  dalla 
nuova  legge,  altre  infine  nacquero  in  seno 
alla  Chiesa  stessa  :  tutte  sono  raccolte  nel 
Breviario^  nel  Missale  e  negli  altri  libri 
liturgici.  Nella  severa  bellezza  della  loro 
semplicità  questi  canti  attraversarono  pres- 
soché intatti  una  lunga  serie  di  secoli  e 
tutte  le  fasi  dell'arte  musicale.  Il  canto 
fermo  ò  pur  detto  gregoriano  perchè  nel 
VI  secolo  S.  Gregorio  lo  coordinò  e  ne 
colmò  le  lacune:  monumenta  Patrum 
renovavit  et  auxit.  Il  canto  fermo  ha  leggi 
e  teoriche  particolari:  sono  classiche  le 
opere  di  Guido  d'Arezzo,  di  Jumilhac  e 
del  Pothier.  (A.  Galli,  op.  cit.). 

Canto  fratto:  specie  di  canto  chiesa- 
stico all'unisono  (omofono).  Differisce  dal 
canto  fermo  per  la  varietà  dei  valori  (fi- 
gure) e  per  essere  misurato;  avverte  però 
il  trattatista  Padre  Andrea  di  Modena 
che  in  esso  i  segni  delle  note  perdono 
la  metà  del  loro  valore.  (A.  Galli,  op.  cit.). 

Canto  liturgico:  V.  Canto  Gregoriano 
0  Canto  fermo. 

Cantonale  o  cerniera  (fr.  comière)  o 
ferro  d'angolo:  chiamano  i  meccanici  le 
lamine  di  ferro  piegate  a  squadra. 

Cantonata  :  dicesi  nella  locuzione  molto 
familiare  e  popolare  prendere  una  canto- 
nata: che  vuol  dire  sòa^/mre,  pigliar  un 
granchio  a  secco,  ma  con  ostinazione  nel- 
l'errore come  chi  si  ostinasse  a  spingersi 
contro  un  cantone  invece  di  imboccare  la 
via  diretta.  Nel  bolognese  dicono  anche 
%uccata.^  quasi  l'atto  di  chi  urta  con  la 
zucca,  sbagliando. 

Cantone  :  accrescitivo  di  canto.  In  fr. 
canton  è  determinazione  geografica  per 
indicare  una  parte  di  territorio.  In  Francia 
i  cantoni  sono  altresì  una  suddivisione  dei 
circondari.  In  Isvizzera  si  dà  il  nome  di 
Cantoni  ai  vari  Stati  che  formano  la  Fede- 
razione. V.  Guicc.  Stor.  2.  421.  Giocando 
sul  doppio  senso  che  cantone  ha  presso  di 


Can 


—     77     — 


Gap 


noi,  lo  Stecchetti  (Postuma)  imagina  di 
chiedere  ad  uno  Svizzero  del  Vaticano,  non 
natio  della  Svizzera  ma  di  Frascati,  e 
quindi  ignaro  del  senso' di  cantone  i=:  Stato: 

E  lei  di  grazia,  in  che  cantone  è  nato? 
Lo  Svizzero  levò  le  man  pelose, 

M'atferrò,  mi  battè  contro  al  portone, 

Kd  arrotando  i  denti,  mi  rispose: 
Ti,  puxxurre,  star  nate  in  un  cantone. 

La  mia  città  star  grande  e  star  graxiose; 

Ssù  frascatano,  sso  pmte,  pufone. 

Cantuccio:  nome  toscano  di  biscotto, 
solitamente  con  anici:  pezzetto  di  pane 
0  di  cacio  tagliato  sul  canto  o  angolo.     , 

Canzonettista:  nome  dato  alla  canta- 
trico  di  canzonette  nei  caffè  concerto. 

Caoutctiouc:  forma  francese  della  voce 
indiana  eahuchit  che  indica  la  gomma  ela- 
stica, sostanza  che  proviene  dal  succo  di 
certe  piante  tropicali,  incise  all'uopo.  Serve,. 
meschiata  ad  altre  sostanze,  per  infinite 
applicazioni  dell'  industria  e  della  vita 
moderna. 

Capacità  :  per  uomo  capace  (Es.  il  tale 
è  una  capacità)  è  il  francese  eapacité. 
Les  capaeités  =  les  personnes  capables. 
(Littré).  Parola  riprovata  dai  puristi  e  non 
a  torto.  Certo  chi  scrive  con  senso  d'arte 
non  usa  tale  parola.  Né  meno  il  Petrocchi 
la  registra  nel  suo  Dizionario  Universale. 
Vero  è  pur  anche  che  la  tendenza  agli 
astratti  è  fortissima  nel  pensiero  moderno, 
e  se  noi  trovandoli  già  beli' e  formati  nel 
francese  e  affini  alla  favella  nostra  ce  ne 
gioviamo,  sarà  così   grande  la  colpa? 

Capharnaiìm  :  così  in  francese  chiamasi 
un  luogo  ove  oggetti  disparati  sono  am- 
mucchiati confusamente.  Cafarnao  (lat. 
Capharnaum)  è  una  città  di  Galilea  dove 
Cristo  cominciò  a  rivelare  la  sua  missione 
divina.  Dai  ruderi  di  quella  città  (oggi 
Tell-Hum)  il  nuovo  senso.  V.  S.  Mar- 
co II,  2. 

Capiilaire  :  questa  parola  francese  ri- 
sponde alla  nostra  capelvènere  (Capillus 
Veneris),  pianta  crittogama,  medicinale, 
della  famiglia  delle  folci.  Cresce  spontanea 
ed  è  pur  coltivata  per  adornamento,  essendo 
di  graziosa  e  delicata  apparenza.  Il  siroppo 
che  so  ne  trae,  oggi  assai  in  uso,  viene 
denominato  con  la  voce  francese. 

Capire  il  latino:  intendere  ciò  che  altri 
vuole  e  pensa  senza  che    apertamente  lo 


dica:  indi  operare  in  modo  conforme  a 
quelle  volontà.  La  frase  suona  ironia,  e 
però  è  detta  di  solito  da  colui  che  rag- 
giunge l'intento  senza  il  disturbo  di  espri- 
merlo. Di  solito  vale  andarsene. 

Capitalismo;  voce  astratta  che  indica  la 
forza  e  l'abuso  della  forza  che  è  insita  nel 
cumulo  del  capitale,  e  per  cui  operano  con- 
formemente gli  uomini. 

Capitalizzare:  fr.  capitaliser^  cioè  accu- 
mulare ricchezze  e  averi  che  danno  red- 
dito. Voce  autenticata  dalla  Nuova  Crusca^ 

Capitano  :  nel  linguaggio  marinaresco  è 
il  comandante  di  un  bastimento,  l'auto- 
rità suprema  di  bordo.  Nella  marina  di 
guerra  vi  sono  i  gradi  di  Capitano  di 
vascello,  Capitario  di  fregata  e  Capitano- 
di  corvetta.,  e  nella  marina  mercantile  vi 
sono  i  gradi  di  Capitano  superiore  di 
lungo  corso.,  Capitano  di  lungo  corsoy 
Capitano  di  gran  cabotaggio  e  Padrone 
(V.  Parone).  Nei  piroscafi  invece  di  Capi- 
tano si  dice  anche  Comandante. 

Capitone  :  vocabolo  usatissimo  in  Napoli 
ed  esteso  alle  altre  regioni,  specie  dell'Italia 
centrale,  per  indicare  una  specie  di  an- 
guille assai  grosse  e  vistose  :  vittime  cru- 
enti della  vigilia  di  Natale.  Capitone  è- 
accrescitivo  del  vocabolo  latino  capitisi 
=  capo. 

Capocomico:  direttore  di  compagnie  co- 
miche. 

Capo  d'opera:  usato  promiscuamente  in 
vece  di  capo  lavoro.,  ricorda  ai  puristi  molto- 
da  vicino  il  chef-d'oeuvre  dei  francesi.  Di 
questi  doppioni,  l'uno  ritenuto  buonol'altro- 
no,  la  lingua  italiana  abbonda,  per  sua 
sventura.  Capo  d'opera  fu  usato  dal  Giu- 
sti nella  Mamma  educatrice: 

È  un  capo  d'opera 
è  una  gran  cosa, 

giacché  non  é  detto  che  gli  scrittori  to- 
scani vadano  esenti  da'  gallicismi;  sì  bene 
é  vero  che  quelli  che  essi  adoperano  paiono 
a  molti  aver  diritto  di  cittadinanza  ita- 
liana. Por  il  Kigutini  capo  d'opera  e  ca- 
polavoro si  equivalgono;  ma,  con  sua  li- 
cenza, credo  che  abbia  torto. 

Capo  (in)  :  nelle  locuzioni  generale  in 
capo  (en  chef)  "pov  generalissimo,  aiutante 
in  capo  por  primo  aiutante  è  modo  ri- 
preso dai  puristi  come  gallicismo.  Ma  non 


€ap 


78 


Cap 


conviene  dimenticare  ciò  che  fu  già  detto: 
■cioè,  aver  noi  tolto  1'  ordinamento  ammi- 
nistrativo e  militare  in  gran  parte  dalla 
Francia,  onde  le  voci  insieme  alle  cose. 
Segretario  capo^  Ingegnere  capo  per  primo 
segretario  o  eaposegretario  sono  altresì 
modi  non  accetti  ai  puristi. 

Caporale:  popolarmente  è  detto  il  capo 
di  alcuna  squadra  di  operai.  Caporale^ 
nel  gergo  di  alcune  regioni,  dicono  il 
mo^xieone  dello  sigaro.  Caporàl  dicono 
in  Lombardia  di  donna  che  abbia  modi 
spicci,  maschili,  energici  e  che  al  costume 
•abbia  simile  l'aspetto. 

Caporale  dì  Francia:  sopranome  dato  a 
Napoleone  T,  tolto  manifestamente  dal  Petit 
caporal  de'  francesi.  Giusta  qui  cade  la 
•osservazione  del  Cherubini  che  stampò 
quel  suo  bel  dizionario  in  tempi  in  cui 
la  voce  caporale  di  Francia  doveva  es- 
sere più  viva  che  oggi  non  sia:  «  Capo- 
rale: di  piccola  statura  e  di  poco  valore. 
Però  siccome  nella  vacuità  del  mondo 
l'uomo  fa  le  cose  come  le  cose  fan  l'uo- 
mo, così  l'uomo  nobilita  i  vocaboli,  come 
i  vocaboli  nobilitano  l'uomo.  Ora  questa 
voce  per  se  tendente  all'ignobile,  è  oggi- 
mai  stoiicamente  nobile  dacché  fu  affib- 
biata al  maggior  capitano  del  secolo,  dac- 
ché diventò  come  a  dir  soprannome  di 
Napoleone  Bonaparte.  » 

Capote  e  capotine:  indicano  il  cappello 
<;hiu&o  delle  signore,  legato  con  nastro  sotto 
la  gola,  oggi  non  troppo  di  moda.  Capote 
è  diminutivo  di  cape^  mantello  con  cap- 
puccio, lat.  caput  =  capo.  NB.  Capotine 
non  é  nei  diz.  francesi,  forse  é  una  delle 
voci  abusive  da  noi  formate  col  francese. 

Cappa:  nome  volgare  dato  sui  liti  adria- 
tici a  molti  molluschi  bivalvi.  V.  Cappa 
JSanta. 

Cappa:  in  marina  indica  quello  stato  del 
bastimento  nel  quale  con  poche  vele  nel- 
l'andatura di  bolina  si  resiste  ad  un  for- 
tunale. Più  chiaramente  parmi  dover  di- 
■chiarare  questa  voce,  e  tolgo  dal  Gugliel- 
motti: Cappa  è  termine  antico  ed  indicò 
la  vela  maestra  di  qualunque  naviglio 
perché  bassa,  grande  e  centrale,  meglio 
di  ogni  altra  a  guisa  di  padiglione  essa 
copriva  il  legno  e  la  gente.  Questa  voce 
vive  nella  locuzione  alla  cappa  per  indi- 


care quella  disposizione  particolare  di  vele 
con  che  un  bastimento,  stretto  dalla  furia 
del  vento  contrario,  si  copre  e  fa  testa 
quanto  può  all'oi'za. 

Cappa  Santa  :  chiamasi  con  questo  nome 
volgare  nell'Adriatico  il  pettine^  bello  e 
grande  mollusco  bivalve,  il  cui  nome  scien- 
tifico é  Pectenjacobaeus.  Su  le  rive  dell' A- 
driatico  molti  molluschi  bivalvi  portano  il 
nome  di  cappa  {e.  tonda^  e.  longa  etc), 
mentre  l'aggiunta  di  santa  deve  derivare 
dal  fatto  che  le  valve  del  Pecten  jacobaeus 
.venivano  o  vengono  portate  come  orna- 
mento sul  sarrocchino  dei  pellegrini  al 
santuario  di  S.  Giacomo  di  Compostella. 

Cappella:  nella  locuzione  fare  una  cap- 
pella: modo  nostro  volgarissimo  che  vale 
prendere  un  granchio^  sbagliare  con  pre- 
giudizio e  danno. 

Cappeggiare:  l'essere  o  lo  stare  alla 
cappa.  V.   Cappa. 

Cappella  ardente:  locuzione  metaforica 
tolta  dal  francese  chapelle  ardente.  Ma  è 
così  nota  e  intesa  da  tutti  che  è  vano 
riprenderla.  Certo  si  può  dire  il  cadavere 
fu  esposto  in  una  stanza  parata  di  nero 
ed  oro  con  ceri  e  fiori.,  ma  cappella  ar- 
dente significa  tutto  questo  appunto.  Di- 
cesi anche  camera  ardente. 

Cappelletti  :  nome  di  una  classica  mi- 
nestra bolognese-romagnola  in  forma  di 
eappelli.  Consistono  in  un  disco  di  sfoglia 
soda  coir  uovo,  farcita  di  carni  bianche  me- 
scolate a  tuorli  d'uova,  prosciutto,  midollo, 
burro,  noce  moscata,  parmigiano,  etc,  il 
tutto  convenevolmente,  secondo  arte,  pre- 
parato :  i  lembi  del  disco  si  ripiegano  e 
avvolgono  in  modo  che  paia  il  calco  di  un 
ombelico.  Venere,  se  non  di  Milo,  di  Bo- 
logna, dicesi,  secondo  una  faceta  leggenda, 
essersi  prestata  ad  ofi'rire  il  modello.  Si 
mangiano  in  brodo  ed  asciutti.  Diconsi 
anche  tortellini  e  tortelli^  e  si  riempiono 
anche  di  ricotta  e  di  bietole,  ma  così  fatti 
si  mangiano  asciutti.  In  Toscana,  ravioli: 
e  pure  diconsi  ravioli  a  Milano  se  non  che 
hanno  forma  di  mezzo  disco.  Si  fanno  anche 
dolci  e  da  friggere.  V'è  poi  la  parola  agnel- 
lotti., che  nel  senso  equivale  a  cappelletti 
0  a  ravioli^  cioè  minestra  di  pasta  con 
ripieno.  A  Parma  li  dicono  anolini^  certo 
da    agnellotti.,   appunto    perchè    si  taglia 


Cap 


—    79 


Car 


il  disco  della  pasta  con  un  anello.  A  Mi- 
lano poi  tortelli  (tortèj)  son  detti  le  fri- 
tollo  di  pasta  lievita,  voce  che  fuori  di 
Milano  non  sarebbe  intesa  in  questo  senso. 
Dopo  ciò  mi  pare  ragionevole  la  chiosa 
del  Cherubini  alla  voce  ravioeu :  «  anche 
nel  rispetto  della  cucina  noi  ci  facciamo 
stranieri  l'un  l'altro  ad  ogni  palmo  di  terra 
del  fortunatissimo  stivale  » .  Ma  è  pur  ra- 
gionevole osservare  che  la  ammirevole 
varietà  delle  squisite  cucine  italiane  è  ca- 
gione che  vari  siano  i  nomi  dati  alle  cose. 

Cappello  :  nel  gergo  giornalistico  significa 
proemio^  prefaxione,  preambolo  ad  alcun 
scritto.  Prender  cappello:  è  modo  fami- 
liare di  alcune  regioni  che  vuol  dire  aver- 
sene a  tnale^  impermalirsi^  detto  così  dal 
fatto  che  colui  il  quale  se  ne  ha  per  male, 
prende  il  cappello  e  se  ne  va. 

Cappuccino  :  caffè  nero  corretto  col  latte. 
Voce  dell'uso,  derivata  probabilmente  dal 
colore  simile  alla  tonaca  del  frate  cap- 
puccino. 

Capra  o  biga:  apparecchio  usato  per 
alberare  cioè  mettere  a  posto  l'albero  delle 
navi.  Consiste  in  due  grandi  aste,  driz- 
zate in  coperta,  incrociate  in  cima  con  so- 
lida legatura,  le  estremità  poggianti  su 
zoccoli,  collocati  sui  trincarini  in  direzione 
della  mastra  dell'albero  che  si  vuol  col- 
locare. 

Capriccio:  (da  capra^  cfr.  il  fr.  verve) 
dicosi  di  passione  amorosa,  subitanea,  pas- 
seggera, irragionevole.  Voce  frequente  su 
labbra  femminee.  Nella  locuzione  far  di 
capriccio  e  parlando  di  arti  del  divsegno, 
vale  operare  di  fantasia,  senza  togliere 
dal  vero  :  il  lavoro  stesso  cosi  fatto.  Ca- 
priccio diccsi  pure  in  musica  per  indi- 
care un  genere  di  componimento  pura- 
mente istrumentale. 

Caprifico  :  {ficus  Carica,  varietà  Ca- 
pri ficus)  è  il  fico  selvatico,  a  frutti  verdi 
o  violetti,  non  mangiabili,  crescente  su  lo 
rupi  0  su  vecchi  muri  noi  paesi  a  clima 
mediterraneo.  Ricorda,  o  lettore,  /'  aereo 
fico  selvaggio  su  lo  mura  dello  porte  Scee 
di  cui  Omero  ragiona  e  sotto  cui  Ettore 
fu  morto  da  Achille. 

Càpsula:  (lat.  capsula  diminutivo  di 
eapsa  :--  cassa).  Si  dico,  comò  già  in  antico, 
dei  libri,  cioè  dello  piccole  cassette  ove  si 


contengono  opuscoli  carte,  etc.  nelle  bi- 
blioteche, 

Capuchon  :  =  cappuccio  o  mantello  con 
cappuccio.  V.  Capote.  Nel  linguaggio  ele- 
gante della  moda  è  in  onore  la  voce  francese. 

Caramba!:  esclamazione  di  sorpresa  e  di 
meraviglia,  tanto  per  notizia  lieta  come 
cattiva,  usata  nell'America  spagnuola  e  in 
Ispagna. 

Caramella:  dicesi  in  modo  familiare  di 
quella  lente  che  per  vezzo  taluno  incastra 
nell'orbita  dell'occhio. 

Caratista:  colui  che  è  socio  in  una  so- 
cietà commerciale  in  accomandita  semplice. 
Caratista  è  voce  familiare  derivata  da  ca- 
rato ==  quota. 

Carattere:  V.  Caratterix,%are. 

Caratterizzare:  \)Q1' dimostrare.,  rivelare^ 
distinguere.,  qualificare.,  è  dai  puristi  re- 
putato gallicismo  {caraeteriser) .  Ma  siamo 
al  solito  caso:  questo  verbo  è  così  il  so- 
stantivo carattere  =  indole,  rispondono  ad 
un  concetto  concreto  ed  inteso  universal- 
mente. Come  dunque  condannarli  con  fi- 
ducia che  la  condanna  sia  intesa?  Le  ra- 
gioni addotte  dai  puristi  sono  le  seguenti  : 
Carattere  —  osserva  il  Tommaseo  (Sin.) 
—  è  quasi  l'impressione  che  la  natura  e 
gli  affetti  e  i  pensieri  e  gli  abiti  stampano 
nell'anima  e  nelle  azioni  dell'uomo.  Quindi 
è  che  diciamo:  uomo  s&n^a  carattere^  la 
cui  anima  non  ha  fermezza,  e  par  che  si 
lasci  in  sempre  nuove  forme  rimpastare. 
Carattere  forte,  fermo.,  maschio,  bel  cor 
ratiere.,  gran  carattere:  locuzioni  etimo- 
logicamente proprie.  —  Ma  l'usare  carat- 
tere per  indole.,  natura.,  naturale.,  è  un'e- 
sagerazione degli  imitatori  de'  Francesi,  per 
i  quali  tout  le  monde  a  du  caractère. 

Caratura:  quota,  anche  variabile,  di 
parte  del  capitale  di  una  società  commer- 
ciale in  accomandita  semplice. 

Caravanserraglio  :  fr.  caravansérail. 
Parola  formata  da  voci  arabe  per  indicare 
quel  recinto,  specie  di  albergo,  ove  si  ri- 
coverano le  carovane. 

Caravella:  {nai)afiiòòr]g  lat.  carabulus) 
voce  storica  specialmente  pel  ricordo  di 
Colombo  che  alla  grande  improsa  mosse 
con  tre  caravelle.  Indicò  una  specie  di 
vascelli  usati  particolarmente  dai  Porto- 
ghesi, molto  leggieri  e  veloci.  «  Sono  pie- 


Car 


-     80     - 


Car 


coli,  hanno  quattro  arbori;  nel  primo  che 
sta  alla  prora  portano  una  vela  quadra 
col  suo  trinchetto  di  gabbia,  le  altre  sono 
latine  con  le  quali  camminano  con  tutti 
i  venti:  hanno  una  sola  coperta  e  non 
sono  atte  a  ricevere  molto  carico.  » 

Carbone  bianco:  appellativo  che  si  dà 
al  ghiaccio  dei  ghiacciai  per  esprimere  il 
fatto  che  nell'acqua  dei  fiumi,  da  essi  ali- 
mentati, si  ha  una  sorgente  di  energia  che 
può  sostituirsi,  per  le  industrie,  a  quella 
fornita  dal  carbon  fossile. 

Carbonile:  voce  dell'uso  e  speciale  per 
significare  i  depositi  del  carbone  nei  pi- 
roscafi. «  Yoce  necessaria,  formata  come 
fienile^  cortile,  etc.  »  Guglielmotti,  op.  cit. 

Carburazione:  l'operazione  che  ha  per 
iscopo  di  incorporare  all'aria,  all'  idro- 
geno, od  al  gaz  illuminante  di  scadente 
qualità  i  vapori  di  idrocarburi  (benzina, 
etere  di  petrolio)  per  ottenere  un  gaz  ca- 
pace di  bruciare  con  fiamma  molto  lu- 
minosa. 

Carcel:  nome  di  un  fisico  francese  del 
principio  del  secolo  XIX  che  inventò  una 
lampada  che  bruci  42  grammi  d'olio  di 
colza  all'ora,  con  una  fiamma  alta  40™l" 
Questa  luce  venne  assunta  dai  francesi 
come  unità  di  luce. 

Cardenia  e  Gardenia:  genere  di  piante 
rubiacee:  arbusto  e  foglie  verdi  e  forti, 
fiore  bianco,  corolle  vellutate  e  polpose, 
profumo  soave  e  voluttuoso  e  però  di  gran 
moda.  Originaria  dell'India,  presso  di  noi 
è  coltivata  nelle  serre. 

Cardias  e  cardia:  termine  anatomico, 
indica  l'apertura  superiore  dello  stomaco; 
dal  greco  kardia  =  cuore  q  bocca  dello 
stomaco^  come  si  dice  volgarmente. 

Cargo-boat:  voce  speciale  inglese  per 
indicare  i  così  detti  somieri  del  mare, 
cioè  i  gran  navigli  a  vapore,  costruiti 
apposta  per  trasportare  le  merci  volumi- 
nose, quindi  scafo  ampio,  velocità  media; 
quindi  ben  distinto  dai  corsieri  del  mare 
dalle  velocità  ed  eleganze  meravigliose. 
La  parola  deriva  dallo  spagnolo  cargar^ 
cfr.  caricare  e  boat  (bot)^  voce  di  origine 
scandinava,  che  vuol  dire  nave.  Nave 
oneraria. 

Càrici  :  plurale  di  càrico  dicono  erro- 
neamente in  Lombardia,  laddove  per  co- 


mune consenso  si  dice  càrichi.  Del  resto 
quanto  al  plurale  dei  nomi  in  co  e  gOj 
incertezza  è  fin  da  antico,  e  nell'uso  al- 
tresì de'  classici.  V.  ci  e  chi^  gi   e  ghi. 

Carillon  :  soneria  di  campane  accordate, 
in  origine  quattro,  onde  il  nome,  derivato 
da  un  quadrilia  del  basso  latino.  Il  Me- 
nage scrive  carrillon.,  il  che  conferma  la 
etimologia  del  vocabolo.  Nel  Belgio  e  nel- 
l'Olanda furono  inventate  e  costrutte  (se- 
colo XYI).  Carillon  dicesi  oggi  comune- 
mente delle  sonerie  di  orologio  e  delle 
scatole  armoniche  che  si  caricano  e  suo- 
nano. 

Carlona  (alla):  modo  dialettale  lom- 
bardo a  lacarlonna,  trapassato  nell'usoper 
indicare  cosa  fatta  male,  come  viene.  Propr. 
dei  tempi  di  Re  Carlone  (Carlo  Magno). 

Carmignano:  nome  di  vino  toscano  che 
contende  col  Eufino  il  pregio  del  Chianti: 
dal  nome  del  luogo  in  provincia  di  Fi- 
renze. 

Carmina  non  dant  panem:  la  poesia 
non  dà  pane.  E  il  Petrarca,  attribuendo 
il  pensiero  al  Yile  vulgo,  scrisse:  «  Po- 
vera e  nuda  vai  filosofia.  »  Sentenze  en- 
trambe vere  attraverso  il  mutare  dei  tempi: 
prova  della  stabilità  delle  cose  umane. 

Camèade  (n.  212  m.  129  a.  C):  filosofo 
stoico,  indi  platonico  di  Cirene  (Africa), 
immortalato  specialmente  dalla  ignoranza 
di  Don  Abbondio  nel  romanzo  manzoniano 
«Cameade,  chi  era  costui?  »,  onde  un  Car- 
neade  si  dice,  con  senso  di  comico  spregio, 
di  persona  poco  nota.  Del  resto  nescio 
Carneades  iste  qui  fuerit  fa  dire  S.  Ago- 
stino in  un  suo  dialogo. 

Carne  da  cannone:  così  per  disprezzo 
0  con  intenzione  politica  è  chiamata  vol- 
garmente talora  la  moltitudine  inconsa- 
pevole dei  soldati,  i  quali  vanno  a  com- 
battere senza  saperne  la  causa.  Dalfr.  chair 
à  canon. 

Carnet:  fr.  è  voce  assai  usata  e  de- 
riva molto  probabilmente  dal  latino  qua- 
ternum  [cfr.  Cahier;  come  hiver  da  hiber- 
num,  enfer  da  infernum]^  «  foglio  piegato 
in  quattro,  quaderno.  »  In  italiano  libretto^ 
taccuino. 

Carnival  -  nation  :  epiteto  sprezzante- 
mente ingiurioso,  già  dato  degli  Inglesi 
all'Italia:  nazione  carnascialesca.  L'in- 


Cal- 


si 


Car 


dolenza,  l' indifferenza  e  la  naturalo  festi- 
vità del  nostro  popolo,  specie  delle  terre 
meridionali,  spiegano  la  parola.  Mutati  i 
tempi  e  pur  migliorate  le  cose,  permane 
tuttavia  l'abitudine  festaiuola  per  ogni 
occasione,  lieta  o  triste  che  sia.  «  Si  scio- 
pera per  i  centenari  e  per  gli  anniver- 
sari, per  i  vivi  e  per  i  morti,  per  lo  nozze, 
e  pe'  funerali.  Ogni  occasione  è  buona  — 
tutti  d'accordo  in  questo,  monarchici  e 
repubblicani,  anarchici  e  conservatori  — 
per  non  lavorare  e  per  far  baldoria.  Vo- 
stro eroe,  o  cittadini,  non  è  Vittorio  Ema- 
nuele, 0  Garibaldi;  è  Michelaccio!  »  Car- 
ducci. (7a  ira  in  Confessioni  e  Battaglie. 

Carolo:  detto  anche  Brusone.,  Carbon- 
chio., Ruggine,  Bianchella.,  è  una  grave 
malattia  del  riso,  prodotta  da  una  critto- 
gama microscopica,  sia  secondo  alcuni  un 
fungo  0  sia  secondo  altri  un  bacterio.  Le 
foglie  del  riso,  dopo  uno  sviluppo  troppo 
rapido  e  anormale  della  pianta,  divengono 
rosse,  si  raggrinzano,  si  seccano,  quindi 
tutta  la  pianta  perisce. 

Carpe  diem  :  motto  tolto  dalle  odi  di 
Orazio  (lib.  I,  XI,  8)  che  propriamente 
vuol  dire  prendi.,  godi  dell'oggi^  sfrutta 
la  giornata,  essendo  la  vita  formata  di 
giorni.  La  giusta  massima,  in  verità,  è 
specialmente  messa,  in  pratica  da  coloro 
che  non  sono  tanto  filosofi  da  meditarvi 
sopra,  né  dotti  da  conoscerla.  Confronta 
per  curiosità  questa  strofe  di  Lorenzo  il 
Magnifico  : 

Quant'è  belJa  giovinezza, 
che  si  fugge  tuttavia! 
chi  vuol  esser  lieto,  sia, 
del  doman  non  v'è  certezza. 

E  il  Tasso,  che  colse  più  spine  ohe  rose: 

Cogliam  la  rosa  in  sul  mattino  adomo 

di  questo  dì  che  tosto  il  seren  perde. 

Gerusalemme.  XVI,  lo. 

Carpione  (in):  cioè  carpionare  (mila- 
nese carjylonà).  Termino  milanese  per 
diro  :  cucinare  alcuna  vivanda  come  si 
suole  il  carpio  o  carpione,  pesce  di  lago: 
cioè  sotto  aceto  con  aglio,  droghe  od  orba 
salvia,  cioè  marinare.  Pesce  marinato. 

Carpo:  la  prima,  verso  l'avambraccio, 
delle  tre  parti  (Carpo.,  Metacarpo.,  Fa- 
langi) ohe  costituiscono  lo  scheletro  della 
mano,  gr.  uaQjrós. 

A.  Fanzini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani. 


Carré:  letteralmente  quadrato.  Questa 
voce  francese  è  \isata  per  indicare  quella 
pezza  che  nelle  camicie  e  nelle  vesti  mu- 
liebri si  sopra  pone  e  va  da  una  spalla 
all'altra  e  serve  a  dar  garbo  e  varietà  al 
vestire.  La  voce  italiana,  e  viva  tuttavia, 
è  sprone.  I  dizionari  francesi  in  tale  senso 
registrano  carrure.  Nel  linguaggio  culi- 
nario, a  Milano,  usano  carré  nel  senso 
francese,  cioè  per  indicare  un  quarto  di 
bestia  macellata  o  porzione  tolta  nella 
lombata. 

Carrément:  alla  lettera  quadratamente., 
ed  è  avverbio  neologico  francese,  non 
ignoto  in  Italia,  per  recisamente.,  chiaro 
e  tondo. 

Carrozza  dì  tutti:  V.  La  carrox^xa,  etc. 

Carrozzella:  (carruxxella)  così  in  Na- 
poli, più  italianamente  che  altrove,  è 
chiamata  la  vettura  publica,  brum^  ca- 
lèche,  fiacre.,  etc.  èo^ife  in' Roma.  Altrove 
carrozzella  dicesi  di  quella  dei  bimbi. 

Carrozzino:  neologismo  di  uno  speciale 
linguaggio,  politico  e  giornalistico,  per 
indicare,  specie  nelle  publiche  ammini- 
strazioni, un  contratto  manifestamente  e 
fraudolentemente  ruinoso  per  una  parte  e 
lucroso  per  l'altra.  Il  Fanfani  riprova 
questa  parola  e  consiglia  rigiro.,  truffa., 
che  però  hanno  altro  senso  e  sono  meno 
determinate.  Farmi  che  appartenga  a  quei 
tanti  neologismi  destinati  a  scomparire. 

Carta  canta  e  villan  dorme  :  locuzione 
nostra,  toscana  e  romagnola,  per  dire  che 
di  una  cosa  si  può  o  si  vuole  star  tran- 
quilli essendovi  o  pretendendo  i  documenti 
scritti  che  la  affermano. 

Caricare:  nel  senso  militare  di  far  im- 
peto, assalire  il  nemico,  è  ripreso  dai 
puristi  come  gallicismo  e  così  passo  di 
carica.  A  ragione  e  con  esempi  elassici 
il  Rigutini  difende  il  verbo  caricare^  già 
registrato  dalla  Crusca.  Del  resto  sono 
voci  oramai  troppo  bene  difese  dall'uso. 

Carroccio:  voce  storica  che  significa  il 
noto  carro  con  lo  stendai-do  comunale, 
usato  nelle  guerre  delle  republicho  ita- 
liano nell'evo  medio.  Noto  questa  parola 
per  ricordare  che  essa  è  parola  dialettale 
lombarda  {caroeeia  —,  carroxxa),  divonutii 
italiana. 

Carta:  por  biglietto  di  vìsita.  V.  Carte. 


Car 


-     82 


Gas 


Carte  :  è  pe'  francesi  quello  che  noi  di- 
ciamp  biglietto  da  visita,  Es.  j'ai  laissé 
ma  carte  chex  son  portier.  Noi,  togliendo 
la  svelta  parola  dal  francese,  diciamo  spesso 
carta  invece  di  biglietto.  Così  pure  fran- 
cese è  la  frase  comunissima  negli  alber- 
ghi :  mangiare  alla  carta  =:  dejeuner  à 
la  carte,  diner  à  la  carte^  etc.  Carta.,  o 
latinamente,  charta.,  usasi  alla  francese 
per  indicare  le  tavole  statutarie  delle  co- 
stituzioni d'Inghilterra  (V.  Magna  Gharta) 
1215,  e  di  Francia,  1814. 

Cartel  :  voce  tedesca  tradotta  in  car- 
tello :  specie  di  sindacato  fra  proprietari 
ed  industriali  allo  scopo  di  mantenere  i 
prezzi  dei  prodotti  ad  un  dato  livello  e 
di  farlo  salire  se  è  possibile.  Il  cartel  te- 
desco lascia  ad  ogni  impresa  la  sua  per- 
sonalità e  la  sua  indipendenza  ;  i  proprie- 
tari conservano  tutta  la  loro  proprietà  ed 
il  cartel  esige  solo  il  rispetto  rigoroso  de- 
gli impegni  presi  da'  suoi  membri.  (V. 
Eaffalo  vie,  Trust^  Cartels  et  Sindacats^ 
Parigi  1903).  Il  Trust  non  rappresenta 
che  un  perfezionamento  del  Cartel.  NB. 
Sono  cotesto  le  nuove  forme  di  tirannide. 

Car  tei  est  notre  plaisir  ovvero  car  tei 
est  notre  bon  plaisir:  propriamente  è  la 
formula  con  cui  si  chiudevano  gli  editti 
dei  re  di  Francia  già  dal  tempo  di  France- 
sco I:  francesemente  elegante  e  arrogante. 

Carter:  copricatena.,  cioè  quella  coper- 
tura di  metallo  o  di  celluloide  che  difende 
la  catena  della  bicicletta  dalla  polvere  e  dal 
fango.  DaU'  inglese  carter  =  carrettiere. 
Yoco  neologica,  usata  anche  in  francese. 

Cartomanzia:  l'arte,  o  ciurmerla  che 
si  voglia  chiamare,  di  predire  l'avvenire 
mediante  il  giuoco  e  l'interpretazione  delle 
carte.  Fr.  cartoniancie. 

Cartonaggio:  neologismo  tolto,  come  ap- 
pare dal  suffisso,  dal  francese  cartonage., 
ed  è  parola  dell'uso  per  indicare  i  molti 
e  vari  lavori  che  si  fanno  col  cartone. 

Caruso  :  voce  popolare  siciliana  =  ra- 
ga%%o,  manuale.  Nelle  miniere  di  solfo 
in  Sicilia  significa  il  garzone  non  ancora 
fatto  operaio,  che  trasporta  i  materiali  col 
carretto  e  fa  i  lavori  più  gravosi.  Singo- 
lare è  la  varietà  delle  voci  dialettali  ita- 
liane per  esprimere  la  parola  ragaxzo: 
dal  guagliune  napoletano  al  bagaj  lom- 


bardo; dal  bastardo  {basierd)  e  burdèl 
romagnolo  al  putèlo  veneziano,  al  caruso 
siciliano,  al  masnà^  gognin  e  cit  (senese 
citio?)  piemontese,  al  fantulin  e  frutt 
friulano,  c'è  di  che  scegliere. 

Casalinga:  voce  usata  a  Milano  per  in- 
dicare la  condizione  sociale  della  donna 
che  non  ha  mestiere  né  arte  e  non  è  agiata. 

Casaque:  fr.,  in  italiano  giacca  o  ca- 
sacca., a  mezza  vita,  con  ricche  maniche, 
larga  ed  a  pieghe.  Dicesi  in  ispecie  di 
quelle  tipiche  e  adorne  de'  moschettieri 
di  Luigi  XIV. 

Cascara  sagrada:  letteralmente  in  ispa- 
gnuolo  vuol  dire  corteccia  santa.,  ed  è  la 
corteccia  di  una  pianta  medicinale  del- 
l'America {Raììinea  americana)  onde 
traesi  un  efficace  e  conosciuto  rimedio 
contro  la  stitichezza. 

Cascina:  termine  lombardo  (cassinna) 
=  aggregato  di  case  coloniche  nella  cam- 
pagna Lombarda,  con  corte  in  mezzo,  fi- 
nestre e  ballatoi  prospicienti  nella  corte. 
Yi  dimorano  molte  famiglie  '  coloniche  :  vi 
sono  stalle  per  grandi  mandrie  di  vacche 
e  vi  si  lavora  il  burro  e  il  cacio.  Cascina., 
al  plurale,  è  pure  il  nome  di  una  nota 
ed  elegante  passeggiata  fiorentina.  Da 
cascio.,  cacio. 

Casellante  :  termine  dialettale  lombardo 
{casellant).,  passato  nell'uso  per  indicare 
la  guardia  di  un  tratto  di  strada  ferrata, 
cantoniere  ;  da  casello.,  voce  non  indegna 
e  pur  non  notata,  ma  assai  dell'uso  per 
indicare  il  casotto  de'  guardiani. 

Casello:  Y.   Casellante. 

Casèra:  termine  lombardo:  il  luogo  ove 
si  fa  il  cacio.  Non  vi  è  corrispondente 
voce  toscana  non  essendo  in  Toscana  tale 
particolare  industria.  L'Angiolini  (Vocab. 
Mil.)  traduce  con  caciaia.,  formaggeria, 
voci  arbitrarie. 

Cassaforte  :  risponde  al  francese  coffrer- 
fort.  La  Crusca,  sull'autorità  dell'uso,  ha 
registrato  tale  voce,  §  XXYI  sotto  il  no- 
me cassa  e  scritto  staccando  cassa  da 
forte.  Eicorderò  qui  come  la  favella  ita- 
liana abbia  fortiere  che  è  pure  una  bel- 
lissima voce,  ma  limitata  ormai  all'uso 
letterario.  Il  Fanfani  propone  senza  buona 
ragione  cassa  ferrata.,  cassa  a  tnuro.,  cassa 
a   segreto.  L'arte   del  proporre   parole   è 


Cas 


83    — 


Càt 


fra  lo  più  ingenue  e  le  più  inutili,  quando 
già  esistono  lo  parole  e  l'uso  le  difende. 

Cassandra  inascoltata:  dicesi  di  persona 
che  ben  prevede  e  consiglia  ma  cui  non 
si  dà  ascolto:  da  Cassandra,  figlia  di  Pria- 
mo, profetessa,  cui  Apollo,  pel  negato  amo- 
re, avoa  condannata  a  non  esser  creduta. 

Cassata:  nome  siciliano  dato  ad  una 
specie  di  torta  dolce. 

Cassazione  (corte  di)  :  giurisdizione  su- 
prema che  eassa^  annulla  i  giudizi,  gli 
atti,  le  procedure.  Il  nome  e  la  cosa  ci 
vennero  di  Francia  Gour  de  cassation^ 
la  quale  nazione  instituì  per  prima  tale 
magistrato  al  tempo  della  Rivoluzione. 
Y.  Botta,  Stor.  ital.,  2,  484.  La  Crusca 
h.a  registrato  tale  locuzione.  Tribunale 
supremo^  Corte  suprema^  proposti  dal 
Tommaseo,  sono  modi  che  male  si  inten- 
derebbero. Corte  suprema^  dicesi  quando 
il  Senato  si  costituisce  in  tribunale  per 
conoscere  e  giudicare  di  colpe  ad  esso  de- 
ferite dallo  Statuto. 

Casse  :  nel  linguaggio  commerciale  una 
certa  specie  di  carbone  spezzato  è  detta 
cassé^  participio  dal  verbo  francese  cas- 
«er,  latino  quassare.  Casse  è  uguale  eti- 
mologicamente alla  nostra  voce  disusata 
casso^  latino  cassus.  Altro  caso  di  parole 
uguali;  l'una  morta  nell'uso  italico,  l'al- 
tra viva  in  francese. 

Casse  retto  :  in  marina  indica  quel  pic- 
colo ponte  che  è  nelle  navi,  a  poppa,  più 
elevato  del  cassero. 

Cassero:  in  marina  indica  quella  por- 
zione di  ponte,  analoga  al  castello  di  prora, 
senonchè  è  situata  all'estrema  poppa.  Voce 
classica  der.  dallo  spagn.  alcaxar  che  alla 
sua  volta  deriva  dall'arabo,  al-qa(^r^  se 
pur  la  voce  araba,  come  nota  la  Crusca, 
non  proviene  dal  latino  castrum  z=z  castello. 

Casse  tète:  fr.  rompi  testa,  clava,  ba- 
stone piombato. 

Castagnaccio  :  specie  di  torta  fatta  di 
crema  di  castagne  e  anche  di  ceci;  ed  è 
specialità  fiorentina.  Cuocesi  in  grandi  te- 
glie al  forno,  e  si  vende  anche  per  le  pu- 
bliche  vie. 

Castagnette  o  castagnole  :  V.  Nacchere. 
Dicosi  in  Komagna  castagnole  una  specie 
di  fritto  dolco  di  pasta  che  piglia  forma 
corno  di  castagna. 


Castellata:  voce  dialettale  romagnola 
(a  settentrione  di  Cesena)  ed  emiliana, 
che  indica  un  carro  con  botte  e  insieme 
una  misura  di  mosto  di  circa  760  litri. 
Così  in  Romagna  e  nell'Emilia  sogliono 
portare  i  coloni  il  raccolto  della  vendem- 
mia nella  città. 

Castelletto  :  registro  di  informazioni  con- 
fidenziali tenuto  dalle  Banche  per  aver 
norma  nelF  accordare  il  fido  o  credito. 

Castello  dei  burattini:  dicesi  in  alcune 
regioni  nostre  per  significare  il  teatro  dei 
burattini. 

Castello  di  prora:  in  marina  ìndica  la 
porzione  dì  ponte  superiore,  situata  alla 
estremità  della  prora.  Esso  viene  ricoperto 
da  una  tettoia  che  forma  un  ponte  di  lun- 
ghezza limitata,  al  di  sopra  della  coperta, 

Castigat  ridendo  mores:  emenda,  ri- 
dendo, i  costumi:  motto  della  commedia 
secondo  l'antico  precetto  che  l'arte  deve 
congiungere  l'utile  al  dilettevole. 

Casto  Giuseppe:  come  è  noto,  il  biblico 
Giuseppe,  figlio  di  Giacobbe  e  di  Rachele, 
venduto  dai  fratelli  a  Putifarre,  respinse 
virtuosamente  gli  adulteri  amori  della  mo- 
glie di  costui  :  onde  di  cesi  casto  Giuseppe^ 
sardonicamente,  di  chi  ostenta  pudicizia 
0  castità  ritrosa,  ben  sapendosi  come  sia 
difficile  possedere  tale  virtù.  In  fr.  Jo- 
seph =  homme  chaste. 

Casus  belli:  lat.  caso  di  guerra.  In 
diplomazia  indica  ogni  avvenimento  che 
possa  provocare  la  guerra  tra  due  Stati. 
Dicesi  altresì,  per  lo  più  con  senso  faceto, 
per  cose  di  minor  conto  che  danno  mo- 
tivo a'  litigi  e  questioni. 

Catastrofico:  neol.  specialmente  usato 
per  indicare  l'avvento,  non  evolutivo,  ma 
violento  del  programma  socialista  collet- 
tivista. (Da  catastrofe,  gr.  katastrophè  = 
rivolgimento). 

Catenaccio  :  rialzo  dei  dazi  decretato 
improvvisamente  (?)  dal  go\^erno  per  im- 
pedire che  ì  privati  si  provvedano  antici- 
patamente della  merce  su  cui  cadrà  il  dazio. 

Catharsl  :  voco  greca  antica  (katharsia) 
che  indica  espiaxione,  purificaxione.  Pres- 
so i  greci  esisteva  una  vera  arto  o  scienza 
espiatoria  dei  delitti  commossi. 

Catodo:  nuovo  termino  di  fisica  ohe  in- 
dica l'elottl'òdo  negativo.   Raggi  catodici 


Gau 


84    — 


Cav 


sono  i  raggi  X  del  Roentgen,  i  quali  par- 
tono dal  catodo  di  un  tubo  di  Crookes.  La 
voce  deriva  dal  greco  katodos  =  discesa, 
ritorno. 

Cauchemar:  parola  di  incerta  etimologia 
(Y.  lo  Scheler),  usata  per  vizio,  avendo 
noi  la  parola  incubo  che  vi  corrisponde 
perfettamente  anche  nel  senso  figurato. 

Causa:  con  un  oggetto  dopo  di  se,  es. 
causa  il  freddo^  causa  lo  sciopero^  etc. 
invece  di  per  il  freddo ,  in  causa  del  freddo^ 
è  inelegante  idiotismo  lombardo. 

Causerie:  è  il  parlare  grazioso,  garbato 
e  vario  d'uno  in  altro  argomento,  come 
studi,  arte,  politica,  senza  approfondire  di 
troppo  né  urtar  l'opinione  altrui;  proprio 
della  conversazione  da  salotto  di  cui  la 
Francia  fu  maestra  e  legislatrice.  La  cause- 
rie in  altri  termini  fu  in  Francia  un'aite 
di  bene  e  finamente  parlare  in  domestici 
ritrovi  e  non  di  cose  futili  soltanto.  Il 
senso  spregiativo  che  noi  annettiamo  a 
causerie  non  corrisponde  sempre  al  vero. 
Cicaleccio  e  chiacchierio  mal  vi  corrispon- 
dono. Le  dignitose  voci  antiche  nostre 
ragionari  o  conversari  più  mi  piacereb- 
bero se  si  potessero  rinnovai'e. 

Causeur  :  (Y.  Causerie)  :  indica  in  fran- 
cese il  parlatore  elegante,  talora  superfi- 
ciale, frivolo,  indiscreto,  quale  si  addice 
alle  conversazioni  mondane  ed  eleganti. 
Deriva  da  causerie  ma  in  senso,  parmi, 
alterato  con^valore  peggiorativo.  Ciarlone 
0  chiacchierone  vi  corrispondono  imper- 
fettamente. 

Causeuse  :  dal  verbo  francese  causer  = 
parlare.  Indica  una  specie  di  divano  ele- 
gante a  due  posti,  disposto  inversamente, 
in  modo  che  le  due  persone,  sedendo,  si 
trovino  pressoché  l'una  di  fronte  all'altra. 
Amorino  chiama  il  Petrocchi  una  «  specie 
di  sofà  in  forma  di  S  sdraiata».  Non 
trovo  tale  senso  di  Amorino  negli  altri 
dizionari. 

Cavai  di  ferro:  perifrasi  inglese  iron 
liorse  =  macchina  a  vapore.  Caciai  d'ac- 
ciaio 0  di  ferro  usasi  anche  per  indicare 
la  bicicletta  :  sovra  il  ferreo  corsier  passo 
contento  ||  come  a  novella  gioventù  rinato 
Il  e  sano  e  buono  e  libero  mi  sento  (Stec- 
chetti). 

Cavai  di  ritorno  :  locuzione  felice  e  me- 


taforica del  linguaggio  giornalistico,  che 
parrebbe  francese  ed  è,  credo,  italiana. 
Dicesi  quando  per  maggiore  effetto  una 
notizia  su  cosa  a  noi  vicina,  é  fatta  venire^ 
ad  arte,  da  paese  lontano,  il  che  dà  a  crederò 
al  publico  cho  fuori  si  occupino  di  tale 
questione.  Invece  si  tratta  di  uno  scritto 
che  ritorna  al  luogo  da  cui  era  partito. 
Molti  dei  nostri  letterati  italiani  sono,  o  ten- 
dono ad  essere,  cavalli  di  ritorno.  Pro- 
curano di  essere  encomiati  all'estero.  Dopo 
un  battesimo  di  Parigi  e  un  padrino  di 
colà,  ritornano  gloriosi  in  patria.  E  ciò 
può  accadere  anche  agli  scienziati,  reputati 
illustri,  specialmente  quando  i  loro  meriti 
sono  prima  riconosciuti  fuori  della  patria. 

Cavallino  :  vocabolo  usato  in  marina  per 
indicare  quella  macchina  ausiliaria  che 
serve  a  dar  moto  a  verricelli  e  a  molinelli 
quando  i  fuochi  della  caldaia  principale 
del  piroscafo  sono  spenti.  Dim.  di  cavallo. 

Cavallo  -  vapore  o  cavallo  dinamica: 
(meccanica)  :  unità  pratica  di  potenza,  ed 
é  la  potenza  capace  di  produrre  il  lavoro 
di  settantacinque  chilogrammetri  per  mi- 
nuto secondo. 

Cavar  sangue  da  una  rapa:  pretender 
r  impossibile.  Ab  asino  lanani  come  di- 
ceano  i  latini. 

Di  rapa  sangue  non  si  può  cavare. 

Lippi,  Maini.  Vili,  75. 

Cavatina  :  specie  di  aria,  ed  é  così  detta^ 
secondo  il  Maffei,  perchè  la  si  poteva  to- 
gliere senza  danno  dell'opera.  È  pur  detta 
aria  di  sortita.,  perché  veniva  cantata 
dal  personaggio  al  suo  primo  presentarsi 
su  la  scena.  Ha  la  forma  dell'  aria  con 
cappolletta  o  cabaletta  (A.  Galli,  op.  cit.). 

Cavazione:  nel  linguaggio  della  scherma 
è.  r  atto  di  ritirare  e  mutar  di  luogo  alla 
spada. 

Cave  a  signatis  :  guardati  dai  segnati 
cioè  da  chi  ha  difetti  fisici  visibili.  Riferi- 
scesi  in  ispecie  a'  gobbi,  zoppi,  guerci  cui 
r  infelicità  della  lor  natura  può,  talvolta,, 
generare  un  perdonabile  e  comprensibile 
astio  verso  chi  è  perfetto.  Da  ciò,  forse,, 
il  motto  latino  crudele. 

Cave  :  per  cantina  è  voce  francese,  usata 
talora  in  certo  linguaggio  che  pretenda  a 
raffinata  mondanità. 


•Cav 


85     — 


Cem 


Cavicchio:  chiodo,  lat.  claviculus.  La 
locuzione  lombarda  avegh  el  carnee^  avere 
il  cavicchio^  è  estesa  oltre  il  confine  del 
dialetto.  Dicesi  di  persona  cui  tutto  riesce 
prosperamente,  a  cui  tutte  van  bene,  quasi 
che  ci  abbia  piantato  il  chiodo.  V.  il  Ri- 
corso al  Gavice  del  Porta. 

Cavo  :  (elettrotecnica)  :  tipo  speciale  di 
conduttore  destinato  a  trasmettere  la  cor- 
rente elettrica  per  uso  di  telegrafia,  di 
telefonia,  d' illuminazione,  di  trazione,  etc. 
Ha  forme  svariatissime.  Sempre  però  con- 
sta: 1°  di  Mw' anima  conduttrice  costituita 
da  uno  o  più  fili  di  rame  finissimo  —  fili 
che  possono,  secondo  i  casi,  essere  isolati 
l'uno  dall'altro  od  essere  attorcigliati  gli 
uni  intorno  agli  altri  così  da  formare  un 
cordone  —  od  anche  da  sbarre  cilindriche 
o  semicilindriche  di  parecchi  centimetri 
quadrati  di  sezione:  2^  di  un  involucro 
■  isolaute.  Quasi  sempre  si  aggiunge  a  co- 
deste parti  un  rivestimento  a  difesa  contro 
l'umidità  od  altri  agenti  nocivi.  I  sotto- 
marini hanno  anche  un  rivestimento  di 
grossi  fili  d'  acciaio,  destinato  a  dare  al 
cavo  la  resistenza  meccanica  occorrente 
ad  impedirne  la  rottura  durante  le  ope- 
razioni d' immersione  o  di  rilevamento, 
e  preservarlo  dai  danni  che  potrebbero 
produrre  il  moto  ondoso  delle  acque,  le 
ancore,  gli  arnesi  da  pesca,  etc. 

Cazzola  :  classico  piatto  milanese,  cax- 
%wla  :  specie  di  cibreo  fatto  di  pezzetti  di 
carne  di  pollo  o  maiale  con  droghe  e  varie 
specie  di  verdure. 

Cazzotto  :  termine  triviale  di  largo  uso 
nelle  varie  regioni  per  indicare  il  colpo 
dato  di  sottomano,  col  pugno  chiuso. 

Ceci  tuera  cela  :  sono  le  parole  di  Claudio 
Frollo,  preconizzante  l'avvenire  :  «  questo, 
cioè  il  libro  di  carta,  ucciderà  quello,  il 
libro  di  marmo,  il  monumento.  »  Vittore 
Hugo,  Notre  Dame  de  Paris^  lib.  V,  cap.  I. 

Cècubo  :  (latino  caecubum)  nome  di  un 
famoso  vino  antico  (caro  ad  Orazio)  che 
traevasi  dalla  pianura  del  Lazio,  Caecubus 
ager. 

Cedant  arma  togae:  letteralmente:  ce- 
dano le  arnu\  (dia.  toga,  il  potere  civile 
domini  sul  potere  militare.  Massima  della 
sapienza  romana  che  Icggosi  in  Cicerone, 
De  Offìeiis  I.  XXI. 


Cediglia:  V.  Cedille. 

Cédille  :  termine  della  moderna  orto- 
grafia francese,  tradotto  in  cediglia:  indica 
la  virgoletta  che  ponesi  sotto  la  lettera  e 
(anticamente  cz)  nelle  parole  francesi,  da- 
vanti ad  a,  o,  u,  per  darò  al  e  il  suono 
dell's.  Cédille  deriva  dallo  spagnuolo  ee- 
dilla  ;  la  qual  voce,  ovvero  sia  xedilla^  è 
diminutivo  di  xeta  o  xeda  ed  è  insieme 
una  lettera  dell'antica  scrittura  spagnuola 
che  è  una  e  con  sotto  una  virgoletta,  e 
valeva  por  un  suono  consimile  alla  xeta^ 
come  appunto  in  francese. 

Celebrità:  per  uomo  celebre  è  parola  del- 
l'uso tolta  dal  francese,  dove  pure  è  notata 
come  neologismo  :  celebrile  =  personne 
célèbre.  (Littré).  Questa  volta  il  Petrocchi 
[Dix.  Universale)  accoglie  celebrità  = 
u  TUO  celebre.  Perchè  capacità  no,  cele- 
brità sì?  Perchè  è  più  dell'uso?  11  Car- 
ducci, nella  sua  lirica  bellissima.  Davanti 
San  Giùido^  accoglie  il  neologismo  nel 
verso  non  bello  : 

ma  oggi  sono  una  celebrità. 

Celibatario:  per  celibe  iìnììno  caeUbem 
:=  non  ammogliato)  è  il  francese  céliba- 
taire.  La  registra  il  Petrocchi  come  ter- 
mine «  nuovo  e  non  comune  »  sic/  Gio- 
vine aìitico  dice  in  Romagna  il  popolo  di 
vecchio  celibe. 

Cellulare  :  agg.  sostantivato  per  indicare 
il  carcere  a  celle^  in  modo  da  segregare 
compiutamente  i  detenuti.  Istituto  di  mo- 
derna e  civile  barbarie  che  dicono  neces- 
sario per  la  istruttoria. 

Celluloide:  prodotto  costituito  da  un 
miscuglio  intimo  di  trinitrocellulosa  (co- 
tone fulminante)  e  di  canfora.  Colorato, 
mescolato  con  sostanze  minerali,  premuto 
in  istampi,  prende  qualsiasi  forma  e  serve 
a  foggiare  un  numero  infinito  di  oggetti 
di  ornamento  e  di  merceria. 

Cemento  armato:  traduzione  della  locu- 
zione francese  cémcnt  arme.,  nuovo  pro- 
cesso di  arte  muraria  diffuso  da  Henne- 
bi(jue.  Consiste  in  una  travatura  di  cemento 
che  contiene  delle  reti,  sbarro  o  fili  me- 
tallici, sommersi  in  detto  cemento  così  da 
congiungere  por  maggior  resistenza  o  lof^- 
ge rezza  le  qualità  del  cemento  con  quello 
del  ferro. 


Cen 


86     -^ 


Gei- 


Cenacolo:  lat.  eoenaeulum :  refettorio; 
e  determinatamente  quello  di  Cristo  al- 
l'ultima sacra  cena:  con  senso  neologico 
tolto  dal  francese,  eénacle  significa  accolta 
di  amici  o  di  intimi  che  s' accordano  ad 
un  dato  intento  letterario  od  artistico, 
spesso  fanno  capo  a  persona  ammirata  e 
adulata  :  voce  spesso  usata  in  mal  senso. 
Noi  potremmo  dire  chiesuola,  e  si  dice, 
ma  specialmente  in  senso  politico. 

Cendrier:  voce  milanese  (?)  che  indica 
il  sopra  mobile  di  metallo  o  di  terra  a  forma 
di  piattonino  ove  si  depongono  i  detriti 
dello  sigaro,  i  fiammiferi  spenti  etc.  per 
non  isporcare  in  terra  o  sui  mobili.  Deriva 
fuor  di  dubbio  dal  francese  eendre  zzz  cenere: 
se  non  che  in  francese  cendrier  indica  sol- 
tanto quella  parte  del  fornello  ove  si  rac- 
coglie la  cenere.  E  singolare  come  a  Milano 
siansi  formate  molte  di  queste  voci  pseudo 
francesi  come  cendrier.^  Voltaire^  notes. 

Cenerentola:  è  la  versione  italiana  del 
fr.  Cendrillon  o  la  Petite  pantoufle  de 
vair,  una  delle  più  note  e  graziose  fiabe 
delPerrault;  che  die  argomento  a  dramma 
ed  opera  musicale  (Rossini)  :  dicesi  comu- 
nemente di  fanciulla  abbandonata  o  spre- 
giata 0  costretta  ai  più  umili  servigi,  ac- 
canto al  focolare. 

Cento  giorni  (i)  :  termine  storico  con  cui 
si  designa  lo  spazio  di  tempo  compreso 
fra  il  ritorno  di  Napoleone  I  dall'isola  d'Elba 
e  la  sua  seconda  abdicazione. 

Centrale  :  neol.,  agg.  sostantivato.  Luogo 
ove  sono  in  piccolo  spazio  raccolti  tutti 
gli  organi  più  delicati  dei  grandi  mecca- 
nismi che  servono  a  servizi  publici  e 
estesi.  Per  es.  centrale  elettrica.,  a'vapore, 
idraulica.,  sono  i  luoghi  ove  si  produce  e 
si  verifica  l'energia  elettrica,  a  vapore  o 
idraulica,  distribuita  poi  da  una  rete  di 
condotture. 

Centralizzazione  e  centralizzare:  dal 
francese  centraliser  e  centralisation  ;  in 
buon  italiano  accentrare  e  accentraìnento . 
Vocabolo  usato  spesso  nel  linguaggio  della 
politica  per  indicare  il  convergere  delle 
autorità  e  dei  comandi  in  un  centro;  ac- 
crescere l'autorità  dello  Stato  e  diminuire 
l' importanza  delle  rappresentanze  ed  au- 
torità locali. 

Ceratosauro:  iCeratosaiirufi  nasicornis) 


è  un  dinosauro  americano.  I  dinosauri 
sono  rettili  fossili  di  forme  rsvariatissim© 
e  spesso  gigantesche. 

Cerebrale  :  da  cèrebro,  lat.  cèrehrumz 
questo  aggettivo  che  si  dice  come  aggiunto 
della  sostanza  o  materia  del  cervello,  og^i 
è  talora  usato  in  nuovo  senso  e  anche  eoa 
forza  di  sostantivo  come  sinonimo  di  ùi- 
tellettuale.,  cioè  di  persona  il  cui  lavoro 
si  esercita  specialmente  col  cervello. 

Cerebrare  :  1'  atto  di  lavorare  col  cer- 
vello, pensare.,  imaginare.  meditare.  Que- 
sto verbo  usano  talora  gli  scienziati,  per 
maggior  significazione. 

Cerebrazione  :  l'atto  del  cerebrare. 

Cerebro-  spinale  (asse)  :  è  il  complesso  dei 
centri  nervosi  (cervello  e  midollo  spinale). 

Cerise  :  in  fr.  ciliegia,  e  color  ciliegia'; 
ma  nel  linguaggio  della  moda  e  parlando 
di  stoffe,  dicesi  più  spesso  da  noi  cerise. 
Un  commesso  di  negozio,  se  gli  chiedes- 
simo «  una  stoffa  di  color  cremisi  o  cher- 
misi »  probabilmente  poco   intenderebbe. 

Certum  est,  quia  impossibile  est:  sublime 
motto  della  fede  cristiana  :  è  certo  perchè 
èim/possibUe.  Tertulliano,  De  Game  Chri- 
sti,  Cfr.    Credo  quia  absurdum. 

Cervellata  :  in  alcuni  dizionari  è  così 
spiegato  «  salsiccia  alla  milanese  con  carne^ 
cervella  di  maiale  e  aromi.  »  Ora  cervel- 
lata {cervellàa)  indicò  in  Milano  (dico 
«  indicò  »  perchè  oggi  più  non  usa  co- 
munemente) una  specie  di  fine  grascia 
0  strutto,  senza  punto  carne,  con  aromi 
e  formaggio  lodigiano  trito,  insaccata  in 
budelli  come  le  salsicce  e  tinta  di  zaffe- 
rano. Serviva  di  condimento  alle  vivande- 
delia  cucina  milanese,  che  è  molto  pingue- 
e  greve,  e  specialmente  nel  famoso  risotto. 
In  francese  e'  è  la  voce  cervelas  =z  sal- 
siccia. Ma  è  probabile  che  la  parola  fran- 
cese sia  derivata  dalla  milanese,  giacché 
nei  tempi  passati  la  cucina  milanese  aveà 
larga  rinomanza.  Diceasi  cervellata  pro- 
babilmente per  la  somiglianza  che  rendea 
con  la  materia  del  cervello. 

Cervo  volante  :  V.  Aquilone. 

Cerziorare:  verbo  usato  specialmente* 
nel  linguaggio  curiale,  invece  di  infor- 
mare e  così  dicasi  del  riflessivo  cerzio- 
rarsi. Latinismo  pedantesco,  da  certior 
comparativo  di  certus.  i 


Ces 


^    87    --. 


Cha 


Cesàreo  :  detto  di  parto  compiuto  per 
atto  operatorio  (dal  lat.  eaedere  =  tagliare) 
mercè  il  taglio  della  parete  addominale  e 
dell'utero,  onde  si  estrao  il  feto.  Dicesi 
anche  isterotomia  addominale;  gastro- 
isterotomia.  Secondo  Plinio,  Hist.  Nat. 
VII,  9,  Cosare  fu  così  chiamato  perchè 
nacque  a  caeso  matris  utero  onde  cesareo 
deriverebbe  da  Cesare. 

C'est  à  dire:  fr.,  esplicativo  invece  di 
c/oè;  non  infrequente  nel  linguaggio  gior- 
nalistico, specie  quando  si  pretende  al 
lepore  ed  all'arguzia. 

Cestinare  :  voce  familiare,  specie  del  lin- 
guaggio giornalistico,  e  vuol  dire  gettare 
nel  cestino^  il  che  si  intende  delle  carte 
inutili  0  giudicate  tali  e  specialmente  dei 
manoscritti  indegni  di  stampa. 

C'est  la  faute  de  Voltaire  :  ritornello  di 
una  canzonetta  francese  assai  in  voga  sotto 
la  restaui-azione  : 

S'il  tombe  dans  le  ruisseau, 
c'est  la  faute  de  Rousseau; 
et  si  le  voila  par  terre, 
d'est  la  faute  de  Voltaire. 

C'est  le  commencement  de  la  fin:  è  il 

principio  della  fine!  motto  attribuito  al 
Talleyrand  su  Napoleone  I  dopo  i  disastri 
di  Spagna.  Cfr.  Shakespeare  That  is  the 
true  beginning  of  our  end  (Midsummer 
Night,   F,  1). 

Ceterum  censeo  Carthaginem  esse  delen- 
dam  :  motto  intercalare  con  cui  Catone 
l'antico  concludeva  ogni  suo  dire  :  «  del 
resto  io  penso  dover  Cartagine  esser  di- 
strutta » .  Ripetesi  per  significare  l' insi- 
stenza di  un'  idea  ad  un  dato  fine,  inclu- 
dendovi il  concetto  di  ostilità  e  di  inimici- 
zia, onde  il  modo  di  dire:  delenda  Carthago. 

Chablis  :  nome  di  un  vino  bianco  di 
Francia,  così  detto  dalla  città  di  Chablis, 
Cablìacum  dei  latini.  Questo  vino  è  di 
rinomanza  mondiale:  spiritoso,  fine,  profu- 
mato, limpido,  digestivo,  eccita  e  non  of- 
fende la  intelligenza,  resiste  oltremare. 
Senonohè  i  mercanti  rinnovano  con  questo 
vino  i  miracoli  di  Cristo  che  mutò  l'acqua 
in  vino  alle  nozze  di  Cana,  giacché  ogni 
vino  bianco  è  Chablis  in  Parigi,  come  ogni 
acquavite  è  Cognac.  Eufemismi  francesi  : 
un  po'  come  da  noi  avviene  pel  Chianti. 

Chaoonne  :   musica  o   l)allo  dal  ritmo 


lento  e  a  tre  tempi  che  serviva  di  finale 
nelle  opere  e  ne'  balletti,  ed  era  molto  in 
voga  nel  secolo  XYII. 

Chacun  à  son  tour:  locuzione  francese 
a  cui  equivale  il  nostro  modo  :  una  volta 
per  uno,  senza  contare  le  molte  locuzioni 
popolari,  come  questa:  una  volta  corre  il 
cane  e  un'altra  corre  la  lepre. 

Cliacun  avec  sa  ohacune:  V.  Sa  cha- 
cune. 

Chaise  longue:  fr.  poltrona  o  sedia  a 
sdraio,  voce  nostra  e  classica;  ma  pochi 
l'usano.  Stando  al  Fanfani,  chaise  longue 
sarebbe  stata  tradotta  in  Toscana  in  urla 
orribile  cislonga. 

Chalet:  una  delle  poche  voci  italiane, 
che  ottennero  l'onore  della  cittadinanza 
straniera  è  villa.  Noi  per  compenso  usiamo 
spesso  la  parola  chalet,  che  in  italiano  si 
direbbe  villetta  svix^eo-a,  cioè  a  dire  co' 
tetti  acuminati,  sporgenti  e  le  pareti  rive- 
stite di  larice  e  adorne  d' intagli  che  tale 
è  lo  stile  delle  casette  rustiche  nella  Sviz- 
zera. Nell'antico  francese  v'è  chaslet,  de- 
rivato dal  latino  casa  =  capanna,  onde 
chalet.  Secondo  il  Littró  chalet  prover- 
rebbe da  un  Castel lettum  :  lat.  sempre, 
dunque. 

Challenger:  ing.,  specie  di  piccola  nave 
veliera,  nota  specialmente  come  da  corsa 
e  da  diporto. 

Chambertin  :  vino  rosso  di  Borgogna, 
squisitissimo  e  di  gran  pregio:  caro  a 
Napoleone  I. 

Champagne:  provincia  della  Francia, 
(dal  latino  campus  zzi  Campania)  dai  cui 
vigneti,  in  terreni  ricchi  di  carbonati  di 
calce  e  di  silicati,  si  ricava  il ,  celebre 
vino  di  questo  nome;  bianco,  spumante, 
e  che  produce  un'ebrezza  esilarante  spe- 
ciale: è  perciò  obbligatorio  in  ogni  ricca 
imbandigione  e  nelle  cerimonie  doUe  inau- 
gurazioni; almeno  la  moda  e  la  consue- 
tudine hanno  imposto  che  così  sin.  Pre- 
parato con  ammirabile  cura  in  ogni  par- 
ticolare, diffuso  in  tutto  il  mondo,  costi- 
tuisce una  delle  ricchezze  della  Francia. 
La  produzione  media  è  valutata  a  sotto 
milioni  di  bottiglie.  I  nomi  di  Moét,  Cli- 
quot,  Koederer,  etc,  fabbricatori  di  questo 
vino,  hanno  rinomanza  mondiale.  Oggi 
che  si  tendo  ad  imitare  gli  inglesi  o  una 


Cha 


88    — 


Cha 


certa  loro  ostentata  astinenza  e  dieta  ac- 
quea; nei  pasti,  i  vini  hanno  perduto  di 
pregio  nelle  ricche  mense.  Ma  lo  cham- 
pagne^ a  quel  che  pare,  non  perde  la 
gloria  del  suo  primato. 

Champoing  {GÌampuin):  voce  scozzese... 
diffusa  presso  i  barbieri,  da  qualche  anno 
a  questa  parte.  (Altri  scrive  shampooing). 
E  un  participio  sostantivato  che  vuol  dire 
spugnatura.  Consiste  in  una  lavatura  del 
capo  con  stropicciatura  di  materie  sapo- 
narie ed  effervescenti  allo  scopo  di  toglier 
la  forfora,  rinfrescare,  profumare  il  capo. 
Anglicismo  verosimilmente  pervenutoci, 
come  tanti  altri,  pel  tramite  della  Francia. 

Chance:  parola  francese  di  largo  uso 
che  supplisce  alle  seguenti  italiane:  for- 
tuna., combinazione^  probabilità.,  alea. 
Cfr.  per  l'etimologia  il  verbo  choir  (lat. 
cadere)  -=  cadere. 

Chanteuse  :  non  significa  in  francese  la 
nostra  cantante.,  cioè  celebre  cantante  (fr. 
cantatrice)  ma  quell'artista  che  si  presenta 
con  molta  grazia  a  cantar  canzonette  sul 
palco  scenico  dei  Caffè-Concerto.  Uso  nuovo, 
nome  nuovo.  La  chanteuse  non  canta  lirica- 
mente, ma  sottolinea,  adombra,  colora,  sor- 
vola, e  spesso  con  la  danza  e  col  gesto  com- 
pleta la  parola  ;  talvolta  recita  e  allora  più 
propriamente  dicesi  diseuse:  non  è  diva, 
insomma,  ma  divette.,  spessissimo  étoile. 
Alcune  chanteuses.,  specie  di  marca  pa- 
rigina, godono  rinomanza  mondiale,  e  co- 
perte le  ben  modellate  nudità  di  brillanti 
■e  di  strane  e  scarse  vesti,  ottengono  plauso 
e  trionfo.  Voce  che  si  alterna  con  l'altra 
neol.  canzonettista. 

Chapeau  claque:  capello  a  molla  fatto 
a  staio  e  di  raso  nero,  che  per  mezzo  di 
molle  deprimesi  e  portasi  poi  sotto  braccio 
come  una  stiacciata,  e  premendo  le  molle 
fa  claque  (V.  questa  voce)  e  prende  la 
nota  forma  di  cilindro.  Cfr.  Gibus.  Av- 
verti anche  qui  le  molte  voci  nostre  re- 
gionali per  indicare  il  cappello  a  staio, 
cioè  cìlinder  a  Milano,  bomba  in  Eoma 
e  nell'Italia  centrale,  tubo  a  Napoli,  canna 
a  Venezia. 

Chaperon  :  nome  francese  di  antica  for- 
ma di  berretta  caudata;  in  italiano  vi  ri- 
sponde la  voce  classica  capperone.,  cioè 
cappuccio,  capperuccio,  probabilmente  dal 


verbo  latino  capere  (prendere),  quasi  quod 
iotum  capiat  hominem:  cfr.  cappa  e  ac- 
cappatoio: altri,  meno  bene,  da  caput  = 
capo.  Usata  è  la  voce  chaperon  per  indi- 
care quella  dama  grave  d'anni  o  di  senno, 
0  possibilmente  d'una  e  d'altra  cosa,  o 
parente,  che  accompagna  e  tutela  una 
signorina  in  società,  come  vuol  l'uso.  Così 
dicesi  in  francese  :  cette  dame  lui  seri 
de  chaperon.  Elle  a  pour  chaperon  une 
vieille  tante,  e  simili.  Il  nuovo  senso  certo 
è  derivato  da  quella  facilità  di  estendere 
i  significati  che  è  proprio  del  francese  : 
come  la  cappa  difende,  così  fa  la  matrona. 
Derivato  è  il  verbo  chaperonner.  A  chor- 
peron  il  Eigutini  contrappone  le  parole 
guida,  maestra.,  matrona  regolatrice  (?) 
e  in  senso  men  buono  copertina^  far  da 
copertina.  Ma  avvertasi  che  nel  linguaggio 
delle  eleganze  e  degli  usi  mondani,  come 
nell'ordinamento  degli  uffici,  della  politica, 
della  milizia,  etc,  noi  subimmo  necessa- 
riamente l'influsso  della  Francia,  e  con 
le  cose  vennero  i  nomi. 

Char-à-bancs  :  forma  di  vettura  lunga 
e  leggera,  fornita  di  pili  sedili  ugualmente 
disposti  di  traverso.  Nel  napoletano  carri 
a  due  alte  e  grosse  ruote  con  molti  sedili 
sono  di  uso  popolare  e  si  chiamano  fran- 
cesemente: saraban.,  o  sciaraban. 

Charcuterie:  in  certo  stile  mondano 
ed  elegante  questa  voce  francese  sembra 
avere  suono  meno  volgare  che  non  la 
equivalente  nostra  salumeria. 

Charivari:  voce  francese  poco  nota  nella 
sua  etimologia.  V.  Littré  e  Scheler:  in- 
dica propriamente  il  concerto  di  lattoni, 
padelle,  zufoli  che  si  fa  alle  nozze  de'  vec- 
chi. Dicesi  (e  in  tale  significato  è  d'uso  tra 
noi)  di  qualunque  rumore  assordante  e 
tumultuoso  :  musica  discordante,  diverbio, 
baccano  con  grida  e  schiamazzi. 

Charlotte:  questo  dolce  è  formato  di 
fette  di  pane  passate  prima  nel  burro  bol- 
lente: se  ne  tappezza  uno  stampo,  riem- 
piesi  di  fette  di  mele  o  di  albicocche,  con 
zibibbo  ed  altri  sapori,  cuopresi  con  altro 
pane  e  si  cuoce  a  fuoco  lento,  sopra  e 
sotto,  0  entro  la  bornice.  Servesi  caldo. 
Talora,  nell'atto  di  portare  in  tavola,  vi 
si  versa  dello  spirito,  accendesi,  servesi. 
Allora  a  Milano  ottiene  il  nome  belligero 


Cha 


Cha 


di  charlotte  flambée.  Charlotte  =:  Car- 
lotta; torso  la  famosa  principessa  pala- 
tina Carlotta  di  Baviera  (1652-1722)  che 
fu  sposa  al  fratello  di  Luigi  XIV?  Le 
dedicarono  tante  cose  che  ci  può  stare 
anche  una  torta  di  frutta.  Certo  è  voca- 
bolo relativamente  recente:  it.  in  ciarlotta. 

Charme:  n.  m.  francese.  Noi  diciamo 
spesso:  la  tal  persona  ha  dello  charme,  la 
tal  signora  è  bella,  ma  non  ha  charme, 
e  simili.  Ora  charme  francese  risponde 
alla  nostra  voce  incanto  e  anche  dal  lato 
etimologico  vi  corrisponde,  giacche  questa 
parola  proviene  dal  latino  Carmen^  carme, 
canto  con  cui  le  antiche  arti  magiche 
(d'incantamento)  solevansi  accompagnare. 
Anche  fascino  rende  lo  stesso  senso,  e 
meglio,  graxia,  appunto  perchè  l'italiano 
antepone  le  espressioni  naturali  e  piane 
alle  esagerate  ed  enfatiche.  Certo  col  verbo 
avere  ricorre  subito  la  espressione  fran- 
cese charme:  in  italiano  bisogna  dare  al- 
tro giro  alla  frase,  e  noi  avendo  pronta 
€  in  mente  la  locuzione  francese,  sì  l'ado- 
periamo. Del  pari  frequente  è  la  parola 
charmeur  per  significare  persona  che  in- 
canta, affascina,  seduce.  In  italiano  tutta 
lina  serie  di  parole  e  di  locuzioni,  varia- 
bili secondo  il  caso,  da  grax,ioso  a  mago, 
sirena,  risponde  a  charmeur  francese. 

Charmeur:  Y.  Charme. 

Charrette:  letteralmente  carretta  (dal 
lat.  currus,  car  in  inglese,  karren  in 
tedesco).  Ma  dicendo  carretta  invece  di 
charrette  non  si  intenderebbe  quel  baroc- 
cino  elegante,  a  due  ruote,  con  ampio 
cuscino,  da  sedervisi,  occorrendo,  due 
davanti  e  due  dietro,  ma  si  crederebbe 
trattarsi  del  veicolo  di  un  carrettiere. 
•Sorte  infelice  delle  parole  italiane  ! 

Chartreuse:  {Cartusia  in  latino,  Cer- 
tosa in  italiano)  nome  dato  a  diversi  mo- 
nasteri dei  frati  di  questo  ordine;  dei 
quali  il  più  celebro  fu  quello  detto  la 
^Orande  Chartreuse  nel  dipartimento  del- 
risera,  presso  Grenoble,  in  luogo  deserto 
e  selvaggio  ;  ed  è  come  la  casa  madre  di 
<[uesta  severa  religione  fondata  da  S.  Bruno 
nel  1084.  Ora  questi  frati  oltre  cho  por 
la  edificante  loro  vita,  orano  famosi  por 
•un  rosolio  gi-atissimo  sì  allo  stomaco  cho 
all'olfato,  detto  appunto  chartreuse,  pro- 


parato con  arte  ed  erbe  segrete.  Questo 
per  il  passato.  Ora  i  bianchi  frati  hanno 
poco  a  vedere  con  la  gran  fabbrica  e  l'in- 
gente smercio  di  questo  liquore  cui  essi 
diedero  il  nome,  il  quale  si  pronuncia 
alla  francese.  Anzi  in  questo  anno  1903 
l'antica  Certosa  di  Francia  ha  visto  la 
sua  fine,  e  i  frati  furono  sfrattati. 

Chassé-croisé  :  nota  formula  di  comando 
francese  nel  ballo  figurato  della  quadri- 
glia. Usasi  talora,  in  senso  traslato  come 
esempio  dimostra:  «  Chassé-croisé!  Le 
due  coppie  d'alleati,  Austria  ed  Italia, 
Russia  e  Francia  si  separano,  si  incro- 
ciano, si  ritrovano  disposte  così  :  Austria 
e  Russia,  Italia  e  Francia.  * 

Chassepot:  nome  di  una  specie  di  fucile 
ad  ago  e  a  rapido  tiro,  a  noi  specialmente 
noto  per  la  frase  rimasta  storica,  a  pro- 
posito della  battaglia  di  Mentana  (1867): 
Les  chassepot  ont  fait  merveille.  Chas- 
sepot è  il  nome  dell'inventore  dell'arma 
(Antonio  Alfonso  Chassepot ,  armaiuolo 
francese;  la  cui  prima  esperienza  venne 
fatta  a  Mentana  contro  petti  italiani.  L'in- 
ventore fu  nominato  cavaliere  della  Legion 
d'onore. 

Chàssis:  termine  fr.,  da  noi  usato  in 
fotografia  e  vuol  indicare  il  telaio  delle 
lastre  preparate  per  ricevere  le  imagini. 
deriva  da  chdsse,  latino  capsa  =  cassa, 
e  dunque  una  variante  delle  parole  caisse 
e  casse.  Anche  il  telaio  degli  automobili 
è  chiamato  chassis, 

Chasseur:  cacciatore,  con  tale  voce 
francese  di  nuovo  senso  e  piena  di  ari- 
stocratica mondanità,  è  chiamato  il  pag- 
getto che,  nei  grandi  alberghi,  ne'  caffè, 
vestito  con  speciale  divisa  chiassosa  (forse 
perchè  simili  all'arma  de'  cacciatori,  chas- 
seurs,  nome  di  speciale  milizia  francese?) 
funge  da  fattorino  o  galoppino. 

Chassez  le  naturel,  il  revìent  au  galop: 
così  i  francesi,  e  noi  por  forza  imitativa. 
La  gente  mondana  che  ripete  il  motto 
francese  ricordi  cho  già  Orazio  disse  il 
simigliante:  Naturarli  expellas  furca , 
tamen  usqiie  recurret:  caccia  la  natura 
con  la  forca  e  ritornerà  sempre.  [Epist. 
lib.  I,  X,  24)  e  Cicerone:  Nihil  decet, 
invita  Minerva,  ut  aiuni,  id  est  adrer- 
sante  et  repugnante  natura  {De  off.  I,  31). 


Cha 


-    90    - 


Ch0 


E  ancora  Orazio:  Tanikil  invita  dices 

facies  ve  Minerva.  (De  arte  'poetica.^  385). 

Chateau  Lafitte:  nome  di  un  vigneto 
del  comune  di  Pauillac  (Gironda)  onde 
traesi  uno  de'  migliori  vini  rossi  di  Bordò. 

Chatelaine:  fr.,  catenella  in  forma  di 
ciondolo. 

Chatoule:  si  legge  talvolta  questa  pa- 
rola così  scritta  che  pare  francese,  ma 
francese  non  è.  In  tedesco  v'è  Schachtel 
=:  pare  anche  etimologicamente,  a  scatola 
e  SchatuUe  da  cui  deve  essere  provenuta 
la  parolaccia  sciatulia  o  satulia  o  chatulle 
che  si  ode  talora  per  dire  una  scatola 
elegante. 

Chatterton:  cemento  C  o  composto  Q: 
miscela  di  tre  parti  —  in  peso  —  di 
guttaperca,  una  di  resina  ed  una  di  ca- 
trame di  Stoccolma.  Fu  inventato  nel  1857 
da  Chatterton  e  W.  Smith.  Serve  per  fare 
giunture  nelle  parti  di  guttaperca  del- 
l' involucro  dei  cavi  telegrafici,  o  come 
isolatore  di  condutture  elettriche. 

ChaufTage:  radice  chaudzzz  caldo,  onde 
chauffage  ogni  specie  di  combustibile 
usato  nel  riscaldamento.  Nel  linguaggio 
familiare  è  così  chiamata  quella  prepara- 
zione agli  studi  ed  agli  esami  improvvi- 
sata abilmente,  attaccata,  come  si  dice, 
con  lo  sputo.  Voce  francese  usata  anche 
da  noi.  Es.  «  Perchè  certo  le  classi  mo- 
derne, offrendo  un  insegnamento  più  alla 
portata  degli  spiriti  mediocri,  danno  an- 
che un  tirocinio  più  facile  e  una  prepa- 
razione meno  intensa;  onde,  col  solito 
chauffage.,  coli' abborracciatura  di  qualche 
mesetto  di  latino,  riescirà  facile  mettersi 
in  lizza  per  le  professioni,  per  l'avvoca- 
tura, per  la  medicina,  ecc.,  anche  a  chi 
non  avrà  frequentato  le  scuole  classiche.  » 

Chauffeur  e  chauffard:  (la  seconda  voce 
è,  nel  gergo,  peggiorativa  della  prima  come 
velocipedista  e  velocipedastro).  Chauffeur 
è  colui  che  tien  vivo  il  fuoco  di  una  mac- 
china, dunque  fochista  ;  ma  chi  oserebbe 
chiamare  il  super-elegante  e  grottesco 
conduttore  di  un  automobile,  giacché  tale 
è  il  senso  nuovo  della  parola  chauffeur., 
col  nome  volgarissimo  di  fochista?  (NB. 
L'industria  degli  automobili  è  stata  spe- 
cialmente francese;  ciò  può  spiegare  il 
perchè  dell' aso  di  tale  parola). 


Chaussée  :  fr.  via^  contrada.,  dal  lat. 
cum  e  strata,  e  così  chaussée  da  un  cal- 
ciata latino,  quasi  via  calcata  (dal  basso 
latino  calcia  =  tallone).  Lo  Scheler  pro- 
pone da  calx  =  calce,  cioè  lastricata.    ^ 

Chauvinisme  :  tradotto  spesso  letteraL- 
mente  in  sciovinismo;  ed  indica  l'amore^ 
mosso  più  dal  sentimento  e  dal  fanatismo 
che  dalla  ragione,  per  una  data  foima  por 
litica  0  sociale  :  specialmente  intendesà 
per  tutto  ciò  che  è  esaltazione  della  pa- 
tria francese.  La  parola  nel  senso  origi- 
nario, rimonta  al  1815  ed  indicò  propria- 
mente il  fanatismo  napoleonico  di  cui 
erano  presi  molti  antichi  granatieri  del 
disciolto  esercito  imperiale  della  Loira: 
fra  i  quali  ve  ne  fu  uno  (altri  scrive 
molti)  di  nome  Chauvin  la  cui  ammira- 
zione per  tutto  ciò  che  ricordava  il  Gran 
Corso,  non  avea  confine.  Lo  Scribe  ap- 
profittò del  tipo  e  ne  fece  una  commedia 
Le  soldat  Laboreur.,  il  cui  principale  per- 
sonaggio si  chiama  Chauvin.  Anche  la 
matita  vivace  di  Niccola  Charlet,  parigino 
(1792-1846)  e  buon  disegnatore  di  scene 
militari,  valse  a  rendere  popolare  codesto 
tipo  che  così  drittamente  risponde  ai  sensi 
orgogliosi  e  tradizionalmente  belligeri  della 
Francia. 

Chef:  il  capo.  Il  capocuoco  di  una 
cucina  d'albergo  [chef  de  cuisine)  è  sen- 
z'altro onorato  di  questo  breve  imperioso 
nome  francese;  che,  come  tutti  i  mono- 
sillabi stranieri  di  aspro  suono,  sembra 
esercitare  una  specie  di  incanto  su  le 
nostre  orecchie  in  confronto  delle  piane, 
equilibrate,  armoniche,  compiute  parole  di 
nostra  lingua. 

Chelierina:  V.  Kellnerinn. 

Chelotomia  o  erniotomia:  termine  me- 
dico, uriÀri  =  ernia  e  ro/mr)  =  taglio  : 
operazione  dell'ernia  strozzata. 

Chemin  de  fer:  nome  francese  dato  vol- 
garmente al  macao  o  baccarat  quando 
chi  tien  banco  passa  il  mazzo  ad  altri  se- 
condo determinate  norme. 

Chemisette:  =  camicetta.,  cioè  quel 
corpetto  0  giubbetto  bianco  o  di  colore, 
con  molti  adornamenti  o  ricercatamente 
semplice,  talora  con  colletto  e  polsini  ma- 
schili, che  le  donne  portano  per  disim- 
pegno elegante  con  gli  abiti  che  non  hanno 


Che 


91 


Ohi 


vita.  Vero  è  che  nel  linguaggio  della 
moda  provale  la  parola  francese. 

Chenil  club:  alla  francese  o  Kennel 
club  all'  inglese  chiamano  in  Italia  una 
Società  per  1'  allevamento  ed  incremento 
della  razza  canina.  Forze  della  imitazione, 
che  ogni  commento  sarebbe  sciupato! 

Chenille:  specie  di  passamanteria  vel- 
lutata e  di  seta  :  se  ne  fanno  scialletti  e 
nastri.  È  voce  francese  tradotta  in  cini- 
glia^ che  è  voce  dell'uso  e  registrata.  Il 
Littré  la  fa  derivare  da  canìcula  =  ca- 
gnetta, quasi  pelame  canino. 

Chèque:  parola  d'importazione  inglese: 
check,  dal  verbo  to  check  =  controllare, 
verificare,  che  i  francesi  mutarono  in 
chèque  e  noi  accogliemmo  così.  Nel  lin- 
guaggio commerciale  lo  chèque  è  un  buono 
a  vista  tolto  da  un  librò  a  matrice,  dato 
dal  debitore  al  creditore,  il  quale  lo  può 
riscuotere  dal  banco  o  dalle  succursali 
presso  cui  il  debitore  è  accreditato,  e  con 
sua  firma  girarlo  ad  altri.  L' impiego  di 
questa  moneta  fiduciaria  fra  privati  è  una 
invenzione  dei  banchi  italiani  delle  città 
marittime  nostre,  così  gloriose  nell'evo 
medio,  e  serviva,  come  lo  chèque^  a  facili- 
tare i  pagamenti  e  ad  evitare  il  trasporto 
di  grosse  somme.  In  buon  italiano  lo  chèque 
dicesi  assegno  bancario,  ma  questa  pa- 
rola parmi  aver  piuttosto  sua  dimora  nel 
Codice  di  Commercio  Italiano  che  nell'uso 
degli  italiani.  Notiamo  ancora  come  al- 
l'estero sia  assai  diffuso  il  costume  di 
pagare  mediante  assegni,  non  solo  fra 
commercianti,  ma  fra  privati. 

Cheviot:  lana  d'agnello- di  Scozia:  stoffa 
intossuta  di  questa  lana. 

Chevreau  =  capretto.  Eppure  guanti 
di  chevreau^  scarpe  di  chevreau  dicesi  in 
modo  elegante.  È  evidente  :  la  voce  fran- 
cese ha  forza  di  accrescere  presso  di  noi 
il  valore  commercialo  della  merce! 

Chez  80i,  chez  nous,  etc.  il  primo  senso 
etimologico  che  si  ritrova  nella  antica 
scrittuia  francese  à  ches,  en  chiés  =  a 
casa,  ha  dato  luogo  al  secondo  senso  av- 
verbiale della  parola,  corrispondente  al 
latino  apud  zzz  presso,  apud  maiores  no- 
stros  zz::  chcx  nos  ancètres.  Nelle  forme 
dialettali  la  voce  casa  è  rimasta  viva  col 
valore  press' a  poco  da   traslato  francese. 


Es.  A  casa  mia  anche  a  Casina  mia  s.i 
fa  così!  cioè  io  voglio,  io  faccio  così. 
Don  Abbondio  dolendosi  della  sublime 
fretta  del  cardinale  Borromeo  che  lo  man- 
dava al  castello  dell'Innominato  a  salvare 
Lucia,  dice  :  a  casa  mia  si  chiama  pre- 
cipitazione.   Manzoni,    Promessi  Sposi, 

cap.  xxin. 

Chiamar  pane  il  pane  e  —  altri  ag- 
giunge —  vino  il  vino  :  motto  nostro  per 
dire  chiamar  le  cose  col  loro  nome  senza. 
riguardi  né  sottintesi.  Mettere  i  puntini 
sugli  i:  dicesi  familiarmente  quando  si 
spiega  una  cosa  in  modo  tale  da  vincere 
ogni  riguardo,  o  circospezione,  o  sottin- 
teso, specie  supponendo  che  la  persona  a 
cui  si  parla  possa  trarre  profitto  daUa  no- 
stra delicata  prudenza. 

Chiamare:  per  chiedere,  domandare, 
Es.  :  chiama  il  conto;  ho  chiamato  una. 
birra,  è  inelegante  idiotismo  lombardo  e- 
steso  ad  altre  regioni.  Cfr.  l'idiotismo  to- 
scano domandare  per  chiamare. 

Chianti  :  è  nome  non  di  un  vitigno ^ 
come  molti  credono,  ma  di  una  ristretta 
contrada  di  Toscana  che  ha  per  centro 
Eadda  e  si  estende  a  settentrione  fin  presso- 
Greve  e  a  mezzodì  fin  presso  Siena.  Sotto 
questo  nome  vanno  abusivamente  in  com- 
mercio i  vini  toscani. 

Chic:  parola  dell'uso  familiare,  comu- 
nissima  anche  da  noi  e  dirò  popolare  per 
indicare  elegaìtxa,  finezza,  congiunte  ad 
originalità:  «  un  capello  chic,  quest'abito 
ha  dello  chic,  oh,  che  chic/  mia  moglie 
non  ha  chic.  »  Il  Littré  a  questa  parola 
crede  trovare  1'  etimologia  nel  tedesco 
Schick  =  attitudine,  maniera.  Forse,  se- 
condo altri,  da  chicane,  che  vuol  dire  i 
puntigli,  i  cavilli,  le  sottigliezze  di  una 
disputa.  Notisi  ancora  come  l'Accademia 
francese  nell'aprile  del  1902  registrò,  ac- 
cettandola, questa  voce  arbitraria,  la  quale,, 
forse,  quando  sarà  registrata  nel  gran  di- 
zionario francese  avrà  perduto  parte  del 
suo  vivo  senso. 

Chiave  (a):  si  dicono  quei  romanzi  o 
drammi,  etc,  ove  si  adombra  una  storia  o 
fatto  accaduto  a  personaggi  vissuti  o  viventi . 

Chicane:  cavillo,  processo  capzioso  *? 
puntiglioso.  Da  noi  la  giMitt*  monda  uà  usa 
spesso   questa    ])(\rola    francese    per  indi- 


Chi 


92 


Chi 


«are  un  puntiglio,  un  pettegolex,xo^  una 
disputa  minuziosa  ed  irosa  su  di  un  ar- 
:gomento  futile. 

Chicanes:  nel  linguaggio  dei  meccanici 
-diconsi  certi  speciali  diaframmi  che  non 
■chiudono  del  tutto,  e  sono  destinati  a  pro- 
durre moti  speciali  in  una  corrente  liquida 
o  gassosa. 

Chichinger:  V.  AloTcekengi. 

Chi  ci  libererà  dai  Greci  e  dai  Ro- 
mani?: V.  Qui  'me  délivrera  des  Orecs 
et  des  Romains? 

Ciiiesuoia:  Y.  Cenacolo. 

Chifel:  panino  di  lievito,  allungato  in 
punta  e  foggiato  a  mezza  luna.  Voce  te- 
desca, usata  specialmente  in  Austria: 
Kipfel  =  punta,  cima,  che  tale  è  la  forma 
di  detto  pane.  Come  introdotto  ih  Italia? 
•I  puristi  a  questa  voce  fanno  viso  più 
benigno  che  ad  altre  parole  straniere.  Si 
sa:  i  barbarismi  usati  in  Firenze  godono 
di  speciale  distinzione.  Chifel  e  chifelle 
sono  voci  registrate  dal  Petrocchi. 

Chiffon:  lett.  in  francese  cencio,  strac- 
cio^ straccetto;  poi,  come  definisce  il  Littré, 
«  tutte  quelle  gale  che  servono  al  vestire 
muliebre.  » 

ChifTonnière:  mobile  elegante,  per  lo 
più  alto,  a  cassettini,  per  uso  di  riporvi 
veli,  fronzoli,  gale  da  signora.  Y.  la  pa- 
ròla precedente.  La  voce  nostra  è  stipo. 
In  Lombardia  chiamiamo,  non  vezzosa- 
mente, ciffone  {ciffòn  e  sci/fon)  il  como- 
dino 0  tavolino  da  notte. 

Chignon  :  come  vocabolo  è  una  semplice 
varietà  di  chainon.,  da  chaìne  ziz  catena, 
•cioè  l'estremità  o  l'anello  maggiore  della 
€olonna  o  catena  vertebrale.  Quindi  in- 
dicò i  capelli  dell'occipite  ripiegati  sul 
cocuzzolo,  nodo.  Al  tempo  di  trent'anni 
fa,  quando  costumavano  certe  piramidali 
costruzioni  su  le  teste  delle  signore,  il 
fr.  chignon  e  la  sua  versione  cignone 
(elegante,  vero?)  erano  frequentissime 
voci. 

Chilogrammetro:  (meccanica):  unità 
pratica  di  lavoro,  ed  è  il  lavoro  occor- 
rente per  sollevare  il  peso  di  un  chilo- 
grammo all'altezza  di  un  metro. 

Chilometraggio  :  fr.  kilométrage.  Y.  suf- 
fisso aggio.  In  buon  italiano  percorso 
chilometrico. 


Chimismo:  neoL,  dal  fr.  chimisme:  il 
complesso  di  tutti  i  fenomeni  naturali  che 
hanno  la  loro  spiegazione  nei  cangiamenti 
di  composizione  secondo  le  leggi  della 
chimica. 

Chimista  per  chimico  è  voce  abusiva  ed 
erronea,  foggiata  a  simiglianza  di  chimiste 
francese. 

Chincaglieria:  indica  in  commercio  uno 
special  genere  di  merci  varie  e  di  poco 
valore  che  non  sarebbero  intese  con  le 
parole  i/ninuterie,  bagattelle,  galanterie.^ 
cianfrusaglie.^  perciò  la  parola  è  da  tempo 
necessaria,  tanto  che  il  Fanfani  la  nota, 
ma  non  può  ripudiarla.  Certo  è  parola  di 
provenienza  francese:  quincaillerie  e  si 
introdusse  nella  favella  nostra  verso  la 
fine  del  '600. 

Chiné:  part.  del  verbo  chiner  (dalla  pa- 
rola Chine  =:=  Cina,  cioè  fare  alla  maniera 
dei  cinesi)  e  dicesi  di  certe  stoffe,  come 
i  taffetà,  i  cui  fili  sono  variamente  colo- 
riti :  in  italiano,  screziato. 

Chinoa  :  {Chenopodiuni  Quinoa)  specie 
di  Chenopodio  coltivato  fin  da  antico  nel 
Perù.  I  sémi  di  questa  pianta  vengono 
mangiati  come  il  riso  nel  Cile  e  nel  Perù. 

Chinoiserie:  voce  francese  che  indica 
il  complesso  di  oggetti,  mobili  o  bagattelle, 
venute  dalla  Cina  o  secondo  quello  stile 
lavorate,  di  moda  ne'  salotti.  Cr.  Japo- 
naiserie. 

Chiodo  isterico:  (fr.  clou  hystérique) 
dolore  vivo,  fisso  in  un  dato  punto  che 
gli  isterici  paragonano  alla  sensazione  di 
un  chiodo  infitto  in  detto  punto. 

Chiosco:  il  Littré  spiega  questo  voca- 
bolo kiosque  (dal  turco  kieusik)  con  la 
gentile  parola  italiana  belvedere.  Belve- 
dere si  chiama  di  fatto  un  piccolo  e  adorno 
edificio  fabbricato  su  di  una  altura  per 
riposo  e  diletto  di  bel  vedere  il  paesaggio 
circostante;  ma  non  mi  pare  gran  che 
dell'uso  oggidì  se  non  come  voce  propria 
di  qualche  amena  posizione  elevata.  Chiosco 
è  nome  in  qualche  luogo  usato  per  indicare 
l'edicola  (diminutivo  del  latino  aedes  z=i 
casa)  de'  giornali,  ma  più  spesso  per  certi 
edifici  di  facile  e  bizzarra  struttura  nei 
giardini,  nelle  fiere,  nelle  esposizioni.  La 
riprova  il  Fanfani,  la  registra  la  maggior 
parte  dei  dizionari. 


Chi 


93 


Ci 


Chiromanzia:  parola  formata  di  due  voci 
greche  che  significano  l'arte  del  predire 
la  ventura  derivandola  dalle  rughe  e  dal- 
l'aspetto esteriore  della  palma  della  mano: 
superstizione  antichissima,  in  onore  anche 
oggidì.  11  Gelli,  op.  cit.,  ne  tratta  am- 
piamente. 

Ciiiù:  voce  imitativa  dell'assiuolo,  cara 
al  buon  poeta  G.  Pascoli  che  molto  stu- 
diò le  voci  e  la  vita  di  queste  fra  «  le  più 
liete  creature  del  mondo  »  (Leopardi),  da 
non  confondersi  con  il  grido  del  cuculo^ 
eucu. 

Chiudere  un  buco  per  aprirne  un  altro: 
locuzione  nostra  che  vuol  dire  pagare  un 
debito  facendone  un  altro,  e  anche  si  dice, 
parmi  in  Toscana,  coprire  un  altare  e 
scoprirne  un  altro. 

Choc  traumatico  o  operatorio:  stato 
comatoso  in  seguito  ai  grandi  traumati- 
smi, contrassegnato  da  stupore  senza  per- 
dita completa  della  coscienza  e  da  un  no- 
tevole abbassamento  della  temperatura. 

Cholera  o  Colera  morbus:  o  asiatico, 
voce  di  dubbia  etimologia  :  male  epidemico 
dovuto  ad  uno  speciale  bacterio  patogeno 
detto  dalla  sua  forma  bacillo  virgola. 
Questa  malattia  è  caratterizzata  da  crampi 
e  da  un  flusso  gastro-intestinale  con  la 
perdita  dell'acqua  di  tutti  i  tessuti;  onde 
un  turbamento  di  tutte  le  funzioni  orga- 
niche. Cholera  nostras.,  colera  nostrano, 
malattia  sporadica,  non  epidemica,  che  ap- 
pare talora  sul  finir  della  state.  Golerina., 
forma  attenuata  di  colera  che  si  osserva 
talora  nelle  epidemie  coleriche. 

Chope:  voce  francese...  e  italiana  per 
indicare  il  bicchiere  di  forma  lunga  e  co- 
nica in  cui  bevesi  la  birra:  capacità  circa 
di  mezzo  litro.  I/etimologia  della  parola  è 
tedesca.  Più  recente  di  chope  è  la  parola 
boek. 

Chou  :  (in  latino  caulis.,  italiano  cavolo) 
questa  parola  francese  nel  linguaggio  della 
moda  vale  per  traslato  ad  indicare  una 
specie  di  ciuffo,  fatto  di  nastri,  gale  o 
trine,  che  rende  simiglianza  della  foggia 
del  cavolo.  Ma  so  la  crestaia  dicosso  alla 
dama  che  sul  suo  cnpp(^llo  sta  bene  un 
cavolo  e  non  un  chou.,  farebbe  fuggirò 
inorridita  l'avventrice. 

Choucroute:  è  la  parola  francoso,  cor- 


rispondente alla  tedesca  sauerkraut,  da 
sauer  =  acido  e  kraut  :=  cavoli  (crauti),, 
cioè  i  cavoli  cappuccio,  tagliati  e  messi 
in  salamoia  e  spediti  in  lattoni  o  barili. 
La  lingua  francese  accogliendo  la  parola, 
tedesca,  la  ha  corrotta  in  modo  conforme 
all'indole  propria.  Il  signor  Darchini  nel 
citato  suo  dizionario  francese  italiano  (Val- 
lardi,  1903)  traduce  alla  brava  per  sai- 
cràutte.  Ma  non  è  il  sig.  Darchini  che 
traduca  arbitrariamente;  è  il  Petrocchi 
che  registra  così  questa  voce  la  quale^ 
come  appare,  deve  aver  ottenuto  cittadi- 
nanza fiorentina. 

Christmas-day:  la  gente  mondana  so- 
stituisce talvolta  alla  voce  antonomastica 
e  hellissima  Natale  [dies  natalis  Ghristi] 
la  voce  inglese  anzi  detta,  e  la  ragiono 
più  valida  può  trovarsi  soltanto  nella  cre- 
denza che  fra  due  voci  di  uguale  signi- 
ficato, r  una  italiana  1'  altra  straniera, 
questa  abbia  in  se  qualcosa  di  gentile  e 
di  fine  che  l'altra  non  ha. 

Christofle:  è  una  lega  di  rame,  zinco- 
e  nichelio  la  quale  assomiglia  all'argento 
e  serve  per  fabbricare  varie  specie  di  uten- 
sili domestici.  Il  nome  è  dovuto  all'indu- 
striale francese,  Carlo  Christofle,  (180r> 
1863).  In  italiano  vi  corrisponde  la  parola 
argentana  o  argentano;  ma  essa  non  è 
molto  dell'uso  né  sempre  è  registrata. 

Ci:  è  particella  pronominale  =  ^^o«,  a 
noi.  Usata  in  vece  di  a  lui.,  a  lei.,  a  lorOy 
se  tollerabile  nel  linguaggio  delle  persone 
indotte,  è  disdicevole  anche  ad  ogni  fa- 
miliare scrittura.  Pei  grammatici  e  pei 
puristi  è  giustamente  ritenuta  errore;  non 
solo,  ma  nelle  scritturo  letterarie  è  spon- 
taneamente forma  sfuggita  come  inelegante 
e  sciatta  anche  dai  più  liberi  scrittori,  cho 
pur  abbiano  alcun  senso  del  bello.  Questo- 
idiotismo  è  tipicamente  lombardo,  ma  non 
perciò  sconosciuto  ad  altre  regioni  d'Italia, 
specie  in  cambio  di  a  loro  o  loro.,  nel 
qual  caso  il  condannato  ci  come  «  la  più 
sguaiata,  la  più  esosa,  la  più  antipatica 
forma  »  (Petrocchi)  potrebbe  trovare  qual- 
che difensore.  Ecco  un  es.  del  Manzoni, 
P.  S.,  cap.  ultimo:  «i  guai  vengono- 
spesso  perchè  ci  si  è  dato  cagiono  ».  Si 
usa  ci  per  gli,  le.,  loro  quando  o*  è  a 
può  sottintendersi  con  lui,  con  lei,  con 


Gì 


94     - 


Già 


loro.  Es.  con  lei  non  ci  parlo.  Si  po- 
trebbe tuttavia  obbiettare  che  in  tal  caso 
questo  ci  è  un  pleonasmo.  Vero  è  che  la 
forma  letteraria  loro^  a  loro  è  lunga  e 
greve  e  nelF  uso  familiare  vi  supplisce 
il  ci  e,  meglio,  il  gli,  che  è  d'uso  toscano, 
V.  Gli. 

Ci  e  chi,  gi  e  ghi:  suffissi  dei  plurali 
dei  nomi  della  seconda  declinazione  in  co 
•e  go  al  singolare.  Ogni  grammatica  dà  sue 
norme  per  la  formazione  di  questi  plurali: 
il  vero  è  che  norme  sicurissime  mancano; 
e  talora  sì  la  forma  gutturale  dolce  come 
l'altra  forte  hanno  giusta  ragione  di  essere. 
E  non  solo  nel  popolo  v'è  incertezza  nella 
formazione  di  questi  plurali,  come  in  sel- 
latici e  salvatichi.,  greci  e  grechi.,  porci 
«  por  chi.,  ma  gli  stessi  autori  classici  coi 
loro  esempi  ci  danno  documento  di  tale 
incertezza.  In  questo  lessico  sono,  volta 
a  volta,  notati  quei  nomi  dove  l'uso, 
mal  sicuro,  ha  bisogno  del  conforto  de' 
buoni  esempi  letterari.  Il  sig.  F.  Pa- 
;stonchi  di  tale  questione  fece  argomento 
per  uno  scritto  in  giornale  politico  {Cor- 
riere della  Sera^  4  gennaio  1903)  il  che 
per  la  singolarità  del  caso,  cioè  darsi  in 
Italia  importanza  ad  una  questione  gram- 
maticale, torna  ad  onore  e  di  chi  scrisse 
•e  del  giornale.  Ma  mentre  trovo  ragione- 
vole la  conclusione  :  «  essere  dovere  ac- 
«ettare  dall'uso  quei  plurali  già  foggiati 
per  non  intralciar  di  più  dubbi  il  nostro 
linguaggio  »,  non  così  è  buona  l'altra  con- 
clusione nei  casi  dubbi:  «  il  nostro  orec- 
ohio  sarà  il  nostro  unico  regolatore,  nella 
mancanza  d'una  legge  fissa.  La  sola  ar- 
monia saprà  essere  l'unico  e  indefinibile 
limite  alla  nostra  libertà.  »  Cotesto  è,  per 
lo  meno,  un  eccessivo  attestato  di  fiducia 
nel  senso  estetico  e  fonico  del  publico. 

Cia  e  già:  desinenze  non  accentate  dei 
nomi  come  provincia.,  guancia^  quercia., 
fascia.,  pioggia.,  focaccia.,  socia,  etc.  al 
plurale  si  mutano  in  ce  e  in  eie.,  in  gè 
■e  gie.  Si  mutano  in  ce  e  in  gè.,  cioè  per- 
dono la  «,  quando  la  e  o  la  ^  sono  prece- 
dute da  consonante  onde  spiagge.,  lance., 
fasce.,  guance^  cacce.,  pance.,  sagge^  bocce: 
conservano  invece  la  *,  quando  sono  pre- 
cedute da  vocale,  onde  socie^  règie.,  fal- 
lacie.^    acacie.,    audacie.,    camicie.,    egre- 


gie., etc.  Però  non  solo  non  mancano  ec- 
cezioni come  provincia  che  fa  provincie, 
ma  nell'uso  si  scrive  talora  pioggie^  pan- 
eie^  quercie.,  lande.,  focaccie.,  benché  la 
e  e  la  ^r  siano  precedute  da  consonante. 

Ci  affo  :  cencio  cosa  di  poco  valore,  nel 
dialetto  marchigiano. 

Ciana:  voce  prettamente  dialettale  fio- 
rentina, che  i  dizionari  registrano  in  o- 
maggio  a  quel  dialetto:  dicesi  di  donna 
volgare  e  pettegola:  risponde  press' a  poco 
al  milanese  xabetta. 

Cianfrinare:  una  delle  non  poche  voci 
deformi,  provenutaci  da  lingue  straniere 
e,  per  fortuna,  limitate  a  speciali  lin- 
guaggi: questa,  all'industria  meccanica 
de'  calderai,  e  significa  comprimere,  acce- 
care i  lembi  delle  lamiere  de'  serbatoi  o 
caldaie  affinchè  vi  sia  una  buona  tenuta, 
cioè  che  i  liquidi  contenuti  non  trovino 
alcun  passaggio  o  fuga.  Fr.  chanfreiner. 
I  meccanici  usano  anche  le  voci  cianfri- 
natura =  ricalz  amento  degli  orli  deUe 
lamiere  e  delle  teste  dei  chiodi,  fatta  col 
cianfrino  =  bulino. 

Cianósi:  termine  medico,  derivato  dal 
greco  ktanos  z=  azzurro  oscuro^  ed  in- 
dica quel  colore  pavonazzo,  violaceo,  che 
assume  la  pelle  in  certi  stati  gravi  di  al- 
cune malattie,  e  proviene  da  intossica- 
mento  del  sangue. 

Ciao:  per  addio  è  voce  dell'Alta  Italia 
(piemontese  cerea)  e  pur  nota  e  usata 
anche  in  altre  regioni.  Pare  corrotta  da 
schiavo,  davo  suo  =  servitor  suo,  davo 
obbligato  (Cherubini,  voc.  milanese)  Ciao 
è  anche  voce  usata  in  Lombardia  come 
esclamazione  di  chi  si  rassegna  a  cosa 
fatta  e  che  pur  dispiaccia. 

Ciaramella:  nel  dialetto  napoletano  in- 
dica la  piva  con  cui  rustici  suonatori  in 
certi  loro  antichi  vestiti  vanno  per  le  case 
sul  mezzodì  suonando  la  novena  dell'Im- 
macolata e  del  Natale.  È  l'antica   voce 


né  già  con  sì  diversa  cennamella 
cavalier  vidi  mover  ne  pedoni, 
né  nave  a  segno  di  terra  o  di  stella 
Dante,  Inf.  XXII 

cennamella  diminutivo    e    corruzione    di 
càlamus  =  canna. 

Cicca  o  cica:    moxxicone.,    avanzo   di 


eie 


—    95     - 


Gin 


sigaro^  pur  voce  toscana:  nel  dialetto  lom- 
bardo e  altrove  ciccare  (cieca)  tnasticare 
tabacco;  e  forse  per  estensione  (che  colui 
il  quale  cicca^  mastica)  rodersi  per  dispetto 
«d  invidia,  ma  dicesi  familiarmente,  quasi 
puerilmente,  e  di  cose  da  poco. 

Cicchetto  :  voce  volgare  del  dialetto  lom- 
bardo, cicchetta  passata  poi  nell'  uso  per 
indicare  volgarmente  un  bicchierino,  spe- 
cie di  liquore  dozzinale  come  grappa,  mi- 
strà  e  simili  :  der.  cicchettare. 

Cicero  prò  domo  sua:  Cicerone  per 
la  sua  casa:  orazione  da  Cicerone  te- 
nuta al  collegio  dei  Pontefici  per  richie- 
dere l'area  e  il  danaro  col  quale  rico- 
struire una  casa,  incendiata  durante  l' esi- 
gilo. Dicesi  di  chiunque  direttamente  od 
indirettamente  perora  in  causa  propria. 

Ciclismo:  parola  derivata  come  ciclista 
dal  greco  ìcyklos  =  circolo.  Tutto  ciò  che 
si  riferisce  agli  esercizi  con  la  bicicletta 
ha  nome  di  ciclismo  (fr.  cyclisme). 

Ciclista:  parola  non  solo  usata  ma  ne- 
cessaria e  significa  velocipedista.  Ne  il 
Petrocchi  né  il  Melzi  la  notano.  Proba- 
bilmente è  voce  d' importazione  francese  : 
4ìycliste. 

Ciclone:  per  turbine  o  tifone  è  da  ri- 
prendersi come  vogliono  i  puristi?  Fosse 
anche  tale  (cfr.  cyclone^  francese),  oramai 
la  voce  è  entrata  nell'uso  e  registrata  per 
indicare  uno  speciale  turbine  amplissimo, 
roteatorio,  vorticoso  (greco  kiklos  z=z  cer- 
chio), e  terribile  con  forte  depressione 
barometrica  al  centro  verso  cui  i  venti 
spirano.  Capisco,  turbine  =  ciclone  e  Dante 
scrisse  : 

come  la  rena  quando  a  turbo  spira. 

Yero  è  che  le  parole  non  tanto  valgono 
secondo  il  loro  intrinseco  valore,  quanto 
secondo  il  valore  dato  loro  dall'uso. 

Cid  Campeador:  sopranome  dell'eroe 
guerriero  nazionale  della  Spagna,  come 
Orlando  fu  delia  Francia:  argomento  di 
canti  popolari  (il  Poema  del  Cid,  sec.  XII; 
i  Romanzi  del  Cid,  sec.  XVI).  Il  nome 
fu  Rodrigo  Diaz  de  Bivar,  nato  a  Burgos, 
circa  il  1040.  Oid  proviene  dall'arabo  o 
significa  Signore.  Qui  il  nomo  storico  è 
registrato  perchè  talora  occorro  nell'uso 
come  voce  antonomastica. 


Ciflis:  in  italiano  è  far  cecca  o  cilecca., 
in  francese  rater.  Es.  son  fusil  a  rate. 
Da  dove  può  esser  derivata  questa  parola 
ciflis?  Forse  come  suono  onomatopeico 
delle  polvere  che  brucia  e  non  produce 
lo  scoppio  dell'arma?  Certo  essa  è  voce 
del  gergo,  usata  in  alcune  regioni  nel 
giuoco  del  bigliardo  quando  non  si  coglie 
la  palla  e  in  altre  operazioni  dell'uomo, 
quando  non  si  riesce  nell'intento. 

Cif.  :  sigla  commerciale  inglese,  usata 
anche  presso  di  noi  specialmente  nel  com- 
mercio marittimo  e  significa  j3rex;^o  di  nolo 
e  di  assicurazione  {costinsurancefreight). 

Clfosi  :  termine  medico  :  curvatura  anor- 
male della  spina  dorsale,  all'indietro,  cioè 
di  cui  la  convessità  è  posteriore  :  dal  gr. 
nvcpcùOig  =  gibbosità. 

Cimba:  (lat.  cymba.,  gr.  bimbe)  bar- 
chetta, navicella.  Una  delle  tante  voci  an- 
tiquate, che  risorgono  ogni  tanto  per  breve 
tempo  e  per  vezzo  di  qualche  scrittore. 

Perpetuo  quindi  un  gemito  vagava 
su  la  tristezza  di  Padusa  immota 
ne  le  fosche  acque.  I  liguri  selvaggi 
spingean  le  cimbe. 

G.  Carducci,  Alla  città  di  Ferrara. 

Cimbro:  nome  aggiunto  ad  alcuni  dia- 
letti tedeschi,  parlati  nelle  provincie  di 
Vicenza,  Belluno,  Udine  (sette  comuni 
d'Asiago)  e  così  detti  perchè,  secondo  la 
opinione  popolare,  quelle  famiglie  (poco 
più  del  migliaio)  deriverebbero  da  quei 
Cimbri  che  furono  vinti  da  Mario. 

Ciminiera:  brutta  parola  invece  di  ca- 
mino.,  ma  usata  parlandosi  dei  camini  delle 
navi  a  vapore:  e  pur  usata  dai  costrut- 
tori di  macchine  per  indicare  in  ispecie 
i  camini  fatti  di  lamiera.  Probabilmente  è 
la  parola  francese  cheminée.,  fatta  italiana. 

Cinedo  :  V.  Appendice. 

Cinegètica:  neologismo  che  significa 
r  arte  del  bracchiere  o  del  cacciatore  ed  equi- 
vale a  caccia.  Cinegètico.^  ^EE-t  dotto  di 
cosa  attinente  alla  caccia.  La  parola  è  greca 
e  M\iÀ(ìh.ì^m\mkineghetike  (daA;m  =:  cane), 
ma  a  noi  probabilmente  provenne  por  ef- 
fetto della  lingua  francese:  cynégétique. 

Cinematografo:  V.  Kinetoscopio. 

Cinesiterapia  o  Kinesiterapìa  (fr.  cìné- 
sithérapie)  :  voce  medica  dal  gr.  kinesis 
=  moto  e  therapeia  iiz  cura  :  sotto  questo 


Gin 


96 


Gir 


nome  si  designano  tutti  i  modi  di  cura 
che, agiscono  sull'organismo  mercè  il  mo- 
vimento, sia  esso  attivo  o  passivo  come 
elettricità,  massaggio,  ginnastica,  etc. 

Cinètico:  (neol.  dal  verbo  greco  hinèo 
=  muovere)  aggettivo  dato  a  tutte  le  con- 
siderazioni e  gli  studi  che  hanno  per  base 
e  per  iscopo  il  moto:  Es.  energia  cine- 
tica^ cioè  l'energia  che  è  raccolta  in  una 
massa  per  effetto  del  suo  moto. 

Ciniglia:  V.  chenille. 

Cinque-terre:  nomo  di  vino  ligure  (Sar- 
zana)  spiritoso,  color  giallo  dorato,  aro- 
matico, di  gradita  dolcezza:  così  detto 
dalla  località. 

Cinismo,  cinico,  cinicamente:  cinico 
nel  senso  filosofico  è  voce  antichissima  e 
classica  e  fa  detta  di  quei  fi.losofi.  greci 
che  seguirono  Antistene  e  ripone\ano  il 
bene  e  la  virtù  nella  indipendenza  dalle 
cose  esteriori,  quindi  nel  dispregio  delle 
convenienze  e  dei  riguardi  umani,  onde 
il  nome  di  cagneschi  =  cinici  dato  a  tali 
filosofi.  I  francesi  alla  voce  cynique  die- 
dero l'estensione  di  inverecondo^  impu- 
dente^ sfrontato^  sguaiato,  e  in  tale  senso 
noi  usiamo  spesso  la  voce  cinico  e  i  suoi 
derivati.  Per  queste  ragioni  spiace  ai  pu- 
risti (Tommaseo,  Fanfani,  etc).  Trova  un 
difensore  nel  Eigutini  che  vi  contrappone 
la  voce  stoico^  usata  spesso  per  impas- 
sibile^ ed  accolta  come  buona  e  registrata. 
Ma  senza  dilungarmi  a  dimostrare  come 
il  confronto  con  stoico  sia  più  specioso 
che  reale,  io  dico  che  si  può  difendere 
ed  usare  ogni  parola:  certo  è  che  cini- 
smo^ usato  indifferentemente  per  impu- 
denxa^  etc.  è  francesismo,  e,  come  molti 
barbarismi  non  necessari,  viene  a  togliere 
uso  e  vivezza  ad  altre  parole  italiane. 

Cinto  di  castità:  barbaro  e  ridicolo  istru- 
mento  imposto  nell'evo  medio  dai  mariti 
alle  mogli  per  impedire  che  nella  loro 
assenza  altri  seminasse  nel  campo  altrui. 

Ciocca:  una  delle  tantissime  voci  dia- 
lettali per  indicare  la  sbornia:  questa  è 
parola  lombarda  e  assai  volgare  e  plebea, 
onde  ciòcch  =  ubriaco,  che  dicesi  anche 
in  Eomagna. 

Ciocciaro:  nome  dato  ai  villani  della 
campagna  romana  (Velletri,  Fresinone)  e 
così  detti  dalle  docce,  calzare  fatto  di  sem- 


plice dado   di  cuoio,   ripiegato  sul  piede 
e  fisso  alla  gamba  con  corregge. 

Ciompo  :  voce  storica  che  vale  scar- 
dassatore di  lana^  plebeo^  in  Firenze 
(1340  ed  oltre)  :  dicesi  talora  per  da  poco  j 
sciatto,  vile  ed  è  voce  registrata,  benché 
oggi  parmi  rara  :  più  viva  forse  nella  lo- 
cuzione tuìindto  de'  Ciompi^  riferita  con 
senso  di  spregio  e  traslato  a  movimenti 
e  tumulti  del  tempo  presente.  Ciompo^ 
dal  fr.  compar^  nella  frase  compar  al- 
lois  à  boiser;  o  dal  ted.  rjumft  o  xumpft 
=  corporazione  di  arti  e  mestieri,  regola? 

Ciosciammocca  (Don  Felice):  nome  di 
maschera  napoletana,  moderna,  figlia  dei 
tempi.  Pulcinella,  Arlecchino,  Brighella, 
etc,  sono  figli  di  plebe:  Giosciammocca 
è  borghese  :  è  un  galantuomo  (Y.  questa 
voce),  cioè  un  signore,  ha  studiato,  ha 
tutti  i  suoi  diritti,  mette  becco  da  per 
tutto:  ma  è  invariabilmente  grullo,  come 
pettegolo,  vano,  presuntuoso.  Edoardo  Scar- 
petta incarnò  stupendamente  questo  tipo 
vero  e  napoletano.  La  voce  ha  acquistata 
valore  estensivo  e  perciò  è  notata  in  que-. 
sto  lessico. 

Circolare:  per  istruzione  è  parola  ri- 
provata dai  puristi,  non  in  sé  (cfr.  pa- 
storale^ patente^  credenziale,  cui  si  sot- 
tintende la  parola  lettera,  etc)  ma  perchè 
di  provenienza  francese:  circulaire  =: 
lettre  adressée  à  plusieurs  personnes  pour 
le  mème  sujet.  Il  Viani  ed  il  Eigutini  la 
difendono,  e  noi  senza  ripetere  le  ragioni 
degli  uni  e  degli  altri,  osserveremo  ch& 
l'uso  ha  sancito  tale  vocabolo  e  cjie  in- 
fine si  tratta  di  quei  gallicismi  che,  data 
la  grandissima  affinità  delle  due  lingue, 
non  è  agevole  determinare:  facile  invece 
cadere  nelle  sottigliezze  e  nelle  pedan- 
terie. Gonsimili  osservazioni  si  possone 
fare  quanto  al  verbo  circolare.  Il  danaro 
circola,  una  petizione  circola,  la  gente 
deve  circolare,  etc.  Il  modo  è  comune  e 
comodo:  la  provenienza,  evidentemente, 
francese,  circuler:  risponde  infatti  alla 
felice  disposizione  di  questa  lingua  di  adat-  ■ 
tare  un  solo  vocabolo  a  molti  sensi.  Il 
Petrocchi  accetta  tale  neologismo  senza 
alcuna  nota. 

Circonvoluzioni  cerebrali:  sono  rilievi 
digitiformi,  serpeggianti,  che  presenta  la. 


97 


Civ 


suporficio  del  cervello.  L'antropologia  ìn- 
-ogna,  che  quanto  più  elevata  è  la  razza, 
tanto  più  perfetta  e  più  ricca  di  circon- 
voluzioni ò  la  superficie  cerebrale. 

Circostanza  :  (lat.  cireum  stantia  = 
cose  che  stanno  attorno),  per  ricorrenxa^ 
occasione,  congiuntìira,  condixione^  tem- 
j>o,  avvenimento  è  voce  riprovata  dai  pu- 
risti come  francesismo:  circostance  =  cer- 
taine  particularité  qui  accompagne  un 
fait;  conjoneture,  situation  des  ckoses. 
Es.  les  circonstances  soni  graves.  V.  ciò 
che  è  detto  alla  voce  circolare.  Il  Eigu- 
tini  propende  a  sostenere  tale  neologismo. 

Circostanziare  :  fr.  circonstancier  z= 
exposer,  préciser  avee  ses  circonstances. 
Es.  circonstancier  un  fait.  Così  in  fran- 
cese, e  così  noi.  Il  verbo  è  registrato  dal 
Petrocchi  =  dire.,  riferire  minutamente  un 
fatto.  Qui  alcuno  può  dire:  se  accettate 
la  voce  circostanza.,  perchè  ricusare  o 
trovare  inelegante  circostanziare  e  «  quasi 
]ìiostruoso  »  (Rigutini)  circostanziata- 
ut  e?ite?  La  obbiezione  sarebbe  logica  se 
non  si  pensasse  che  vi  sono  delle  ragioni 
di  armonia  e  di  suono  che  in  una  favella 
artistica  come  è  l'italiana,  hanno  più  va- 
lore che  gli  indotti  non  credano. 

Circostanziatamente:  V.  circostanziare. 

Ci  rivedremo  a  Filippi:  così  il  fanta- 
sma in  pallida  figura  umana  dice  a  Bruto 
minore  «  sono,  o  Bruto,  il  tuo  cattivo 
gonio.  Mi  rivedrai  a  Filippi  !»  E  a  Filippi 
Bruto  fu  vinto,  come  è  noto.  Y.  Plutarco, 
Vita  di  O.  Cesare.,  69.  §  Eipetesi  il  motto 
l)er  minaccia  e  talora  per  celia. 

Cirrosi:  da  x^ÙÙ^S)  rosso;  indica  una 
iperplasia  di  alcuni  organi,  specie  del  fe- 
gato, avente  per  carattere  la  prolifera- 
zione del  tessuto  congiuntivo  secondo  certi 
caratteri  anatomici  e  fisiologici;  onde  ri- 
sulta alterata  la  funzione  dell'organo. 

Cista:  nel  giuoco  del  Macao  dicesi 
quando  le  due  carte,  sommate,  fanno  dieci, 
cioè  zero.  Vedi  Macao. 

Cisti:  gr.  nvOTig  =  vescica:  in  medi- 
cina significa  una  produzione  patologica 
formata  da  una  cavità  che  non  comunica 
con  l'esterno  e  contiene  una  sostanza  li- 
•  Hiida,  molle  o  raramente  solida;  e  le  cui 
pareti  non  hanno  rapporti  vascolari  col 
contenuto.   |    Cisti  idatica:  cisti  più  o 

A.  Fanzini,  Svpplemento  ai  DixUmarì  italiani 


meno  voluminosa  che  di  solito  si  sviluppa 
nel  fegato  e  forma  un  idàtide,  che  è  lo 
stato  larvale  ovesciculare  dell'echinococco, 
quale  si  trova  nell'uomo.  |  Cisti  sebacea: 
lat.  sehum  =  sego,  grasso:  tumore  for- 
mato da  un  sacco  sviluppatosi  a  spesa  di 
una  glandola  sebacea  e  riempita  di  cel- 
lule epidermiche  e  di  materia  grassa. 

Cisticèrco:  dal  gr.  cistis  =  vescica  e 
kerkos  =  coda  :  nome  dato  alle  tenie  (ver- 
me solitario,  taenia  soliuni)  durante  lo 
stadio  della  loro  evoluzione  che  succede 
aUo  stadio  di  larva.  Questo  periodo  è  ca- 
ratterizzato da  una  vescicula  caudale  che 
si  sviluppa  poi  nel  corpo  dell'uomo. 

Citazione:  l'atto  giudiziario  che  l'u- 
sciere, a  richiesta  di  una  parte  (attore), 
notifica  all'altra  parte  (convenuto)  per  ini- 
ziare una  lite.  I  romani  la  chiamavano 
libello. 

City:  si  usa  questa  parola  inglese  (lat. 
civitas  =  città)  per  indicare  il  principale 
quartiere  di  Londra,  sede  del  Municipio 
{Mansion  House)  e  del  Podestà  {Lord 
Major):  esso  ha  speciali,  antichi  privi- 
legi, cosa  propria  di  quella  nazione  in 
cui  la  tradizione  ed  il  nuovo  felicemente 
si  accordano  ed  evolvono  armonicamente. 
Quivi  sono  i  grandi  uffici  ove  converge  e 
pulsa  la  vita  commerciale  del  mondo. 

Ciuccio:  voce  napoletana  che  vuol  dire 
asino.,  diminutivo  ciucciariello:  ciuco. 

Ciuffolotto  :  {Pyrrhula  europaea).,  uc- 
cello affino  al  frosone,  di  forma  tozza,  col 
becco  nero,  corto  e  grosso  e  le  piume  in- 
feriormente di  color  rosso  carmino.  E  detto 
anche  Monachino. 

Ciurlare  nel  manico:  è  locuzione  fami- 
liare toscana,  passata  alle  altre  regioni, 
per  indicare  con  speciale  significato  per- 
sona su  cui  non  si  può  far  assegnamento, 
che  manca  di  parola,  etc.  ciurlare  vale 
tentennare^  e  la  locuzione  paro  tolta  dagli 
arnesi  che  bene  non  si  possono  usare, 
avendo  il  manico  non  saldo. 

Clvanzo:  usasi  questa  parola  talvolta 
per  indicare  gli  utili  provenienti  da  un 
bilancio;  talvolta  per  indicare  i  residui 
dogli  utili  non  distribuiti  e  senza  desti- 
nazione. Più  usata  è  la  parola  avanzo. 

Clvet:  parola  francese  che  vuol  dire  in- 
tingolo., cibreo.,  ed  è  usata  da  noi  talora 


Civ 


98     — 


Gli 


nella  locuzione:  «  por  fare  un  civet  di 
lepre  ci  vuol  la  lepre.  »  Cwet  è  da  cive 
0  civette^  latino  eaepa  =  cipolla,  la  quale 
ha  gran  parte  in  simili  opere  culinarie. 

Civilizzare  e  civilizzazione:  ripetono  la 
loro  origine  dal  francese  civilise?'  e  civi- 
lisation.  In  italiano  si  dirà  incwilire  e 
incwiiimento .  Ma  nell'uso  le  due  prime 
parole  prevalgono  tanto  che  sono  regi- 
strate anche  in  alcuni  dizionari.  Il  Pe- 
trocchi, per  scrupolo  di  coscienza,  vi  ag- 
giunge «  più  comunemente  incivilire  »  ed 
è  proprio  il  contrario!  Ironia  del  decoro! 
La  Crusca  registra  il  verbo  e  l'aggettivo. 

Clairière:  (da  clair^  fr.  chiaro,  latino 
elarus)  spazio  spoglio  di  alberi,  radura, 
pratello  in  una  foresta.  Nel  linguaggio 
figurato  sta  per  oasi^  passo^  luogo  dove 
si  tira  il  flato^  si  respira. 

Claque:  parola  francese  di  molto  uso 
che  significa  soprascarpa.,  ed  ha  l'ufficio 
di  riparare  la  scarpa  dall'acqua  e  il  piede 
dall'umidità.  Vedi  galoche.  L'  etimologia 
è  da  claquer^  verbo  onomatopeico,  battere., 
far  rumore. 

Claque  sost.  fem.  e  Claqueur:  vocaboli 
del  linguaggio  teatrale  assai  noti,  ed  in- 
dicano quelle  camorre  che  applaudono  per 
convenuto  patto  e  compenso  o  fischiano 
se  non  sono  pagate  per  applaudire  :  gioia 
e  martirio  di  maestri  di  musica  e  di  can- 
tanti. Costume  e  voce  di  origine  francese; 
per  l'etimologia  V.  il  precedente  vocabolo. 

Clan:  parola  dell'antica  lingua  gallica 
0  celtica,  parlata  un  tempo  nella  Gallia 
e  nella  Britannia,  di  cui  oggi  restano  ve- 
stigia in  Iscozia,  nel  paese  detto  appunto 
di  Galles,  e  nella  Bassa  Bretagna.  Claiì 
z:z:  figli.,  famiglia.,  cioè  trìhù.,  formata  da 
un  certo  numero  di  famiglie,  rette  da  co- 
stumi determinati  e  aventi  un  capo  ere- 
ditario in  una  delle  famiglie  piìi  cospicue. 
Nella  Scozia  tutti  i  componenti  di  una 
tribù  premettevano  al  nome  proprio  il 
prefisso  Mac  =:  figlio,  onde  Mac-Donald, 
Mac-Kenzie,  etc.  La  modernità  penetrando 
tra  i  montanari  scozzesi  (Highlanders)  e 
specialmente  l'opera  del  governo  inglese 
dopo  le  ribellioni  di  que'  popoli,  durate 
dal  1715  al  1745,  hanno  tolto  ogni  va- 
lore a  codesta  primitiva  istituzione  sociale. 
V.  highlanders. 


Claudite  jam  rivos,  pueri,  sat  prata 
liberunt:  lett.  «  chiudete  i  rivi,  o  gio- 
vani, i  prati  bevvero  assai.  »  Dicesi  in 
senso  figurato  per  significare  essersi  di 
alcuna  questione  trattato  a  bastanza,  esser 
tempo  di  finirla.  (Yergilio,  Egloga  III,  75). 

Claustrofobia:  una  delle  tante  fobie 
studiate  dai  medici  e  dagli  alienisti.  Con 
questa  parola  (da  claustrum  =:  luogo  chiu- 
so, cfr.  chiostro)  si  vuole  indicare  quel- 
l'angoscia che  certi  neuropatici  provano 
nel  trovarsi  in  luoghi  chiusi  :  in  treno,  ad 
esempio. 

Cleptòmane:  Y.   Cleptomanìa. 

Cleptomania:  neologismo  scientifico  (dal 
gr.  clepto  =  rubo  e  mania).  Indica  una 
morbosa  tendenza  che  taluni  uomini  e 
donne,  anche  ricchi,  hanno  di  sottrarre 
oggetti  che  specialmente  colpiscano  la 
.loro  avidità  e  desiderio.  Intendesi  più  come 
malattia  che  come  colpa.  Notasi  infatti  in 
molti  casi  di  pazzia.  Derivato  cleptòmane. 

Clerici  vagantes:  lat.,  appellativo  dato 
ai  Goliardi.  V.  Questa  voce. 

Cliché:  termine  del  linguaggio  degli 
stampatori  con  il  quale  si  designa  solita- 
mente una  zincotlpia,  montata  su  legno  : 
il  disegno  vi  è  in  lievissimo  rilievo  e  si 
stampa  insieme  ai  caratteri.  La  calco- 
grafia invece  ha  il  disegno  incavato  nella 
lastra,  stampasi  a  parte,  più  lentamente 
e  lasciando  più  perfetta  iniagine  e  tipica 
impronta  di  sé.  Cliché  è  voce  fr.,  da  cli- 
cher  =  a  cliquer.  Più  generalmente  per 
cliché  intendesi  ogni  determinata  impron- 
ta di  stampa,  come  la  stereotipia.  Con 
questa  parola  francese  è  pur  chiamata  la 
prova  negativa  nell'arte  fotografica.  Di- 
cesi pure  cliché  in  senso  figurato,  es. 
«  è  sempre  lo  stesso  cliché  »  per  signifi- 
care la  stessa  cosa  modellata  su  lo  stesso 
stampo,  il  motivo  obbligato  che  si  ripete 
a  termine  fisso.  Voce  di  grande  uso  e  ne- 
cessaria, quindi  vana  fatica  sostituirvi  pa- 
rola italiana. 

Climax:  dal  greco  klimax  =z  scala.  È 
figura  retorica  che  in  italiano  chiamasi 
gradazione.  La  parola  è  usata  anche  nel 
linguaggio  musicale. 

Clinico:  greco  kline  ==  letto,  aggiunto 
dell'arte  medica  quale  suole  impartirsi  al 
letto  dell'infermo.  Onde  Clinica  l'ospitale 


rvi 


Coc 


annesso  alle  facoltà  mediche  ove  è  im- 
partito l'insegnamento  presso  il  letto  dei 
ricoverati.  Usasi  sostantivamente  per  in- 
dicare un  medico  perito  noli' insegnare  e 
noi  curaro  praticamente. 
Clìpeo:  latinismo: 

qual  nome  di  vittorioso 
capitano  sul  cMpeo  scrivendo  ? 

(Carducci,  Alla  Vittoria^  Odi  Barbare). 
Clipeo  :  latino  clipetis  e  clipeum  =:  scudo 
rotondo  di  metallo,  proprio  de'  soldati 
romani. 

Clipper:  parola  inglese,  significa  una 
nave  a  vela  di  forte  tonnellaggio,  buona  ca- 
niinatrice,  usata  ne'  lunghi  viaggi.  Questa 
])arola  c'è  anche  in  francese.  Clipper  dal 
verbo  io  clip  =  tagliare,  dunque  uguale 
a  cutter  ^-  nave  che  taglia,  fende  le  acque. 

Cloròsi:  gr.  cloròs  =  verde,  ter.  med., 
sinonimo  di  anemia.  Malattia  caratteriz- 
zata dalla  mancanza  dei  globuli  rossi  e, 
come  sintomo,  dal  colore  giallo  verdolino 
della  pelle  e  dal  pallore  delle  mucose.  Si 
nota  pili  spesso  nelle  donne  al  tempo  della 
])ubertà:  morbo  virgineo. 

Clou  rz  chiodo:  neologismo  francese  per 
indicare  il  colmo.,  il  bello  di  qualche 
cosa:  così  il  c/om  dell'Esposizione,  \\  clou 
dello  spettacolo,  etc.  Anche  in  questo  caso 
il  tradurre  motto  a  motto  è  impresa  oziosa: 
vi  corrispondono  molti  e  vari  modi  no- 
vstrani  da  usarsi  secondo  i  vari  signi- 
ficati. Come  molte  voci  del  gergo  francese, 
/-  parola  di  vita  labile  ed  incerta. 

Clown  :  voce  inglese,  pronunciasi  claon 
e  vuol  dire  rustico.^  rozzo.,  goffo ^  poi  in- 
dicò colui  che  con  artificiosa  goti'aggine  fa 
ridere  il  publico.  E  il  nostro  pagliaccio. 
Ma  anche  qui  v'  è  la  solita  distinzione  : 
il  pagliaccio  è  da  fiera  e  da  piazza:  il 
clown  da  circo  e  da  scena.  Un  acrobata 
di  merito  sarà  un  clown  cioè  quasi  un 
artista  e  reputerà  impropria  ed  oflonsiva 
la  voce  pagliaccio.  Anche  nel  senso  tra- 
shito  clown  è  parola  prevalente.  Lo  stesso 
<  ';iiduoci  nello  suo  fioro  e  fulminee  prose 
polemiche  non  ha  disdegnato  tale  voce. 
V^.    (>a  Ira^  in    Confessioni  e  Battaglie: 

Club:  voco  inglese  di  uso  internazio- 
11  ilio.  Circolo  0  Casino  la  possono  com- 
piutamente sostituire.  Nel  i)oj)olo  è  ancora 


in  uso  la  voce  stanza.,  nel  senso  di  riu- 
nione. La  voce  chib  è  così  invalsa  che 
nell'uso  volgare  se  ne  è  fatto  anche  il  di- 
minutivo clubino.  Questa  voce  in  fran- 
cese, e  così  presso  di  noi,  è  pur  anche 
anglicamente  pronunciata  in  kloh  o  Jdeub, 
i  quali  suoni  ofi'endono  i  puristi  di  quella 
lingua  pur  avendo  nazionalizzato  la  voce. 
In  tedesco  la  voce  verein  predomina  in 
voce  di  club. 

Co  e  go.  Per  il  plurale  dei  nomi  con 
tale  desinenza,  V.  al  §  ci  e  chi^  etc. 

Coalizione:  è  parola  oramai  consacrata 
dall'uso  e  dalla  storia  per  significare  la 
lega  di  piii  Stati  contro  un  altro  :  certo 
è  d' importazione  francese  coalition ,  e 
«  inutile  gallicismo  »  lo  dice  il  Eigutini. 
Lo  stesso  dicasi  del  verbo  coalizzarsi , 
se  coaliser.  La  parola  nostra  è  lega.  Così 
diciamo,  ad  es.,  Lega  di  Cambrai^  che  fu 
proprio  ciò  che  ora  diremmo  coalizione. 

Coalizzarsi:  fr.  se  coaliser.  Y.  Coa- 
lizione. 

Cob  :  voce  inglese  che  significa  un  pic- 
colo cavallo,  ma  di  statura  alquanto  mag- 
giore di  un  poney  :  dicesi  specialmente  di 
poliedro  non  domato. 

Coboldo  :  dal  tedesco  Kobold,  genio  delle 
leggende  tedesche,  tra  il  folletto  ed  il  sa- 
tiro. Per  l'etim.  V.  Kluge,  op.  cit. 

Cobra  capello  o  Cobra  di  capello  o 
de  cabello:  è  il  più  terribile  serpente  ve- 
lenoso dell'India  e  di  buona  parte  del- 
l'Asia meridionale.  E  detto  pure  Naia 
dagli  occhiali  o  Serpente  dagli  occhiali 
(nome  scientifico  Naja,  tripudians).  E 
animale  sacro  nell'India,  dove  esiste  an- 
che una  casta  d'incantatori  di  Cobra.  La 
lunghezza  del  serpente  varia  tra  1  metro 
e  40  cm.  e  1  metro  e  80  cm. 

Cocainismo.  V.   Morfinismo. 

Coccarda:  voce  internazionale,  di  pro- 
venienza frano,  cocarde,  da  coq  z=:  gallo, 
cioè  gala  simile  alla  cresta  del  gallo. 
Ancienne tnent,  dico  lo  Scholer,  le  mot 
ne  designait  pas  un  insigne  porte  au 
chapeaii.,  mais  un  bonnet  porte  coqnet- 
teinent  sur  un  còte  de  la  tele.  In  italiiuio 
rosetta.,  che  si  peno  al  cappello  o  all'  oo- 
chiollo.  Dicovasi  anche  il  brigidtno  por 
simiglianza  a  certi  fiocchi  di  pasta,  fatti 
da    ])rima  dalle    monache    di    tì.  Brigida 


Coc 


100 


Cod 


ili  Pistoia.  Coccarda  è  parola  radicata 
nell'uso  e  registrata  nei  lessici  e  dalla 
Crusca  con  esempio  del  Papi.  La  usò 
il  Bresciani  ed  il  Giusti  nel  Brindisi  di 
Girella.  È  una  delle  molte  voci  francesi, 
venuta  con  la  Rivoluzione  e  Napoleone. 

E  lo  mio  amore  se  n'  è  ito  a  Siena  : 
Portommi  il  brigidin  de'  tre  colori. 

Dall'  Òngako. 

Cocarcle  è  vocabolo  penetrato  pur  nella 
lingua  tedesca. 

Cocco  :  specie  di  palma  americana  che 
produce  noci  grosse  come  poponi,  le  quali 
quando  son  fresche  contengono  un  liquido 
dolce  e  rinfrescante;  secche,  una  sostanza 
bianca  e  solidificata  che  mangiasi  come 
mandorle,  e  se  ne  fanno  anche  bibite.  Col 
guscio  si  lavorano  vasi,  coppe,  etc. 

Cochon  :  voce  francese  da  coche^  italiano 
cocca^  cioè  il  taglio  che  si  fa  a  detto 
animale  per  castrarlo.  Anche  questa  pa- 
rola talvolta  occorre,  giacche  dire  porco 
in  certi  casi  metaforici  e  specialissimi  è 
sgradevole  e  volgare,  e  cochon  invece 
può  suonar  amabile,  quasi  un  faceto  rim- 
provero. Voce  del  gergo  in  tale  senso, 
cochon  =  hoììime  depravò. 

CoCàI  :  n.  volgare  su  l'Adriatico  del  più 
comune  dei  gabbiani.,  cioè  il  Laro  deri- 
sore (Lariis  ridibundtis).,  ottimo  volatore 
sopra  il  mare  e  sopra  i  grandi  corsi  e  ba- 
cini d'acqua  continentali.  S'intrattiene  da 
noi,  dove  raramente  nidifica,  per  lo  più 
dall'agosto  all'aprile.  —  Cocàl  è  sinonimo 
d'  uomo  magrissimo,  come  pure  d'  uomo 
stupido,  forse  per  l'immobilità  della  posa 
del  gabbiano  e  per  la  sua  abitudine  di 
portare  indietro  e  in  basso  il  collo  e  la 
testa,  forse  anche  perchè  pessimo  a  man- 
giarsi, cibandosi  di  pesci.  Del  resto  an-. 
che  la  voce  toscana  e  italiana  rispondente 
a  cocàl^  gabbiano  (lat.  gavia^  onde  gavia- 
nus)  vale  babbeo.,  stupido.  E  il  giavàn 
milanese,  che  abbia  la  stessa  origine? 
NB.  Non  confondasi,  come  spesso  avvie- 
ne, gabbiano  con  alcione.  Alcione  è  uno 
dei  tanti  nomi  deWAlcedo  ispida.,  detto, 
fra  altro,  Martin  pescatore.  Uccello  Salita 
Maria.,  Piombino.,  Uccello  del  ghiaccio. 
E  verde  e  azzurro  superiormente,  rosso 
bruno  inferiormente.  Bell'  uccello,  dal 
becco  lungo  e  dalla  coda  breve,  che  s'in- 


trattiene lungo  i  corsi  d'acqua,  le  paludi, 
le  maremme,  nutrendosi  di  pesci,  d'  in- 
setti acquatici  e  di  vermi.  È  comune  e 
stazionario  in  Italia. 

Cocktail  :  così  è  chiamata  una  bibita 
americana,  fatta  di  brandy  o  gin  mesco- 
lato con  zucchero  ed  acqua. 

Coccio  :  bimbo^  caro.,  cocco.,  cucco,  nel 
dialetto  veneziano,  onde  il  verbo  cocolàr. 

Cocomero  :  {cocitmer)  in  Lombardia  non 
significa  il  frutto  che  toscanamente  dicesi 
con  tal  nome  e  in  Lombardia,  Emilia, 
Romagna,  anguria.,  bensì  il  cetriolo. 

Cocorita:  corruzione  della  parola  ar- 
gentino-spagnuola  cotorrita.,  piccolo  pap- 
pagallo :  verde  chiaro,  più  piccino  di  una 
tortora.  Si  distinguono  tre  specie  di  pap- 
pagalli secondo  bellezza  e  grandezza,  pap- 
pagallo., loro.,  cotorrita. 

Cocu:  variazione  della  voce  francese 
coucou;  latino  cuculus  r:i  cuculo.  Per 
antifrasi  questo  nome  è  applicato  al  ma- 
rito che  ha  donna  infedele,  per  la  ragione 
che  ci  riferisce  uno  scoliasta  antico  [Acrone, 
scoi,  ad  Hor.  '  Sat.  VI,  7]  Cuculus  avis 
hoc  vitio  naturali  laborat.,  ut  ova  ubi 
Ijosuerit  oblila.,  saepe  aliena  calefaciat. 
Lo  Scheler  però  propose  più  acuta  eti- 
mologia, da  coq  =  gallo,  gelosissimo  ani- 
male. C'est  par  une  mètaphore  analogue 
tirée  d'un  animai  tout  aussi  ardent  et 
jaloux  que  le  coq  que  l'on  a  quali fié  le 
mari  trompé  de  cornard  ou  porte-cornes . 

Codeina:  è  un  alcaloide  dell'oppio: 
calmante  nervoso,  molto  usato  per  la 
tosse. 

Codice:  libro  manoscritto,  ma  propria- 
mente diconsi  Codici  i  manoscritti  an- 
tichi, i  quali  sono  o  sopra  carta  pecora, 
0  carta  bambagina  ;  onde  si  dicono  o  co- 
dici membranacei.,  o  codici  cartacei. 

Codificazione:  parola  registrata  e  san- 
cita dall'uso:  indica  l'atto  dell'inscrivere 
alcuna  legge  nel  codice.  Il  conio  della 
parola,  nota  secondo  verità  il  Fanfani.  è 
francese.  Code  =  codice^  quindi  codifi- 
cation.  In  italiano  è  codice^  quindi  sa- 
rebbe codicificaxione.,  brutta  parola  senza 
dubbio  e  che  nessuno  si  sogna  di  usare. 
Dunque  codificazione.,  notando  che  quando 
non  si  crea  del  proprio,  bisogna  accet- 
tai-e  le   parole   necessarie  quali    gli   altri 


(  'od 


101     — 


Cok 


|M>})(»li  olio  creano  ce  le  danno,  conformi 
<>  difformi  che  siano  all'indole  della  no- 
stra lingua.  È  l'antica  legge  del  Brenne 
gallico.  Così  dicasi  del  verbo  codificare^ 
tv.  codi  fi  er.  11  Rigutini  propone  ridurre 
in  codice.  E  chi  l'usa  comunemente? 

Codino:  dalla  costumanza  che  aveano 
-:li  uomini  prima  della  Rivoluzione  fran- 
cese di  portare  i  capelli  o  la  perrucca 
terminante  in  coda,  così  codini  /urono 
chiamati  coloro  che  erano  favorevoli  alle 
antiche  forme  sociali  e  politiche:  in  senso 
l)iù  ampio  oggi  significa  retrogrado.,  rea- 
zionario., 0,  piuttosto,  avverso  e  sospet- 
toso delle  innovazioni  che  le  democrazie 
introducono.  Per  la  etimologia  storica 
della  parola,  ricordo  che  nella  terribile 
reazione  sanfedista  del  1799  in  Napoli,  i 
liberali  giacobini  per  isfuggire  all'eccidio 
de'  Borboni,  si  adattavano  una  coda  po- 
sticcia, ed  allora  fra  la  plebe  feroce  ebbe 
voga  questo  ritornello: 

Vuoi  conoscer  il  Giacobino? 
E  tu  tirali  il  codino. 
Se  la  coda  ti  viene  in  mano, 
Questo  è  vero  republicano. 

Codino  (arrosto  di):  così  chiamano  in 
Lombardia  quella  parte  della  culatta  del 
vitello,  eccellente  per  fare  arrosto,  che  è 
presso  la  coda  {rost  de  covin). 

Coffa:  termine  dialettale,  comune  sul 
litorale  genovese  ed  altrove  :  è  una  specie 
di  cesto  di  cui  si  servono  i  facchini  del 
porto  pel  carico  e  scarico  delle  navi. 
Coffa  deriva  dal  latino  cophinus^  gr.  kó- 
(pivog^  fr.  coffre.  it.  cofano,  cioè  cesto, 
paniere. 

Coffa:  ter.  mar.,  specie  di  piccola  piat- 
taforma semicircolare,  fissata  in  alto  fra 
le  congiunture  dogli  alberi  delle  navi:  serve 
a  dar  quartiere  alle  sartie  delle  vele  (gabbie) 
0  per  comodo  del  marinaio  che  monta  ar- 
riva. Nelle  odierne  navi  da  guerra  serve 
per  adattarvi  artiglierie  leggiere.  Per  l'e- 
timologia, V.  la  voce  precedente,  essondo 
la  stessa  parola,  giacché  su  le  antiche  navi 
ponevasi,  per  vedetta  e  manovro,  una 
coffa  0  cesta  su  gli  albori.  V.  Guglielmotti. 

Cogito,  ergo  sum  :  penso,  perciò  esisto: 
frase  fondamentale  ed  assiomatica  del  fi- 
losofo francese  Renato  Descartes  (Cartesio) 
|»(M'  la  (|uaIo  afferma  ]'osist(Miza  dal  fatto 


sicuro  del  pensiero.  (V.  Principes  Philos^  I, 
7  e  10)  Cfr.  Cicerone:  Vivere  est  cogi- . 
tare  {Tuscul.  cap.  Y.  §  38)  Cfr.  S.  Ago- 
stino {Soliloqiiia.,  li,  1):  «  Tu  che  vuoi 
sapore  chi  sei,  sai  se  tu  esisti?  Lo  so. 
Da  che  lo  deduci?  Non  lo  so.  Sai  di  es- 
sere semplice  o  molteplice?  Non  lo  so. 
Sai  di  muoverti?  Non  lo  so.  Sai  di  pen- 
sare? Lo  so.  Adunqiie  è  cosa  reale  che 
tu  pensi.  » 

Cognac:  nomo  dell'acquavite  fine  fran- 
cese, così  chiamata  dalla  città  di  Cognac. 

Cognizione:  nella  frase  ^re^zrfere  cogni- 
%ione  è  linguaggio  degli  uffici,  tolto  dal 
francese  prendre  connaissance.  In  buona 
lingua  informarsi.,  esaminare.,  rendersi 
conto. 

Cognome:  quanto  al  modo  arbitrario 
di  collocare  nome  e  cognome,  V.  sotto  la 
voce  Articolo. 

Cògoma,  còcouma  o  cùccuma:  termine 
dialettale  e  familiare,  il  primo  piiì  spe- 
cialmente lombardo,  il  secondo  della  media 
Italia,  per  indicare  il  piccolo  recipiente 
di  rame  o  di  latta  di  forma  oliare,  manico 
ad  ansa  nel  quale  scaldasi  l'acqua  per 
fare  specialmente  il  caffè.  In  Toscana 
bricco. 

Coherer:  nome  verbale  inglese  che  vuol 
dire  coerente  :  indica  un  apparecchio  spe- 
ciale, inventato  dal  Lodge.  Esso  è  co- 
stituito da  un  tubetto  di  vetro  cui  fanno 
capo  due  fili,  due  reofori,  g  tra  questi 
sono  posti  alcuni  granuli  di  limatura  di 
nichelio,  d'argento  o  d'altro  metallo  diffi- 
cilmente ossidabile.  La  limatura  metallica 
anzidetta,  nelle  ordinarie  sue  condizioni, 
non  lascia  passare  la  corrente  elettrica,  ma 
appena  un'onda  elettrica  viene  ad  inve- 
stire la  limatura,  questa  —  (iome  per  in- 
canto —  diventa  buona  conduttrice  della 
elettricità.  Basta  scuotere  leggermente  il 
tubetto  perchè  la  limatura  perda  la  sua 
virtù  0  la  corrente  non  possa  più  passare. 
Il  coherer  è  uno  degli  apparecchi  di  cui 
si  vale  la  radiotelegrafia  por  ricovero  di- 
spacci. Etim.,  dal  lat.  coheì'ere. 

Colce:  parola  originaria  inglese,  d'uso 
jìoi  universale:  ÌJidica  il  carbone  fossile 
<iuale  risulta  dalla  sua  distillazione,  eii>ò 
dopo  aver  perduto  le  sue  sostanze  tluidi> 
<>  gassose.  Non   ard(^  clic    in  masse  coin- 


Coi 


—     102 


Col 


])atte.  Avviso  per  chi  accende  la  stufa! 
Arso^  se  non  erro,  lo  chiamò  quel  sicuro 
intelletto, italiano  del  Cattaneo.  Ora  coke 
ò  dell'uso;  solo  sarebbe  desiderabile  che  vi 
fosse  più  uniformità  nella  grafia  della  parola. 

Coibente:  dal  lat.  cohìbeo  =z  impedisco. 
Così  è  detta  la  materia  che  impedisce  il 
passaggio  nel  suo  interno  di  alcune  for- 
me delle  energie  rispetto  alle  quali  è  coi- 
bente^ cioè  impermeabile. 

Coiffeur:  parrucchiere;  ma  nelle  inse- 
gne, specie  dei  negozi  di  un  certo  lusso 
e  pretesa,  la  scritta  porta  di  solito  questa 
voce  francese.  Il  dialetto  lombardo  con- 
serva la  voce  parrucchiere,  perucchée,  per 
barbiere.  Usata  pure  è  la  voce  coiffure 
per  indicare  la  pettinatura  e  l'abbiglia- 
mento del  capo.  Per  l'etimologia,  coiffure 
è  da  coiffe  =  cuffia  o  scuffia^  lat.  cofea. 

Cold-cream:  crema  fredda^  ed  è  un 
unguento  medicamentoso  per  la  pelle,  fatto 
di  cera,  spermaceti,  etc,  che  si  profuma 
variamente:  tale  unguento  conserva  ge- 
neralmente il  nome  inglese. 

Colerina:  Y.  Cholera. 

Colla:  sotto  questa  voce  si  richiamano 
i  vari  casi  delle  preposizioni  m,  su^  tra^ 
per  congiunte  all'articolo:  sul  quale  ar- 
gomento osserveremo  le  cose  seguenti: 
anzi  tutto  le  grammatiche  non  ci  danno 
leggi  costanti  e  sicure,  appunto  perchè 
costante  e  sicuro  non  è  l'uso.  Ad  ogni  modo 
si  vuole  avvertire  che  in  questa  complicata 
e  contradditoria  questione  ortografica  mol- 
to dipende  dal  buon  senso  più  che  dalla 
regola;  così  pur  scrivendo  per  ragione  di 
facilità  grafica,  come  taluni  fanno,  articolo 
e  congiunzione  congiunti  [colla  ^  pella^ 
nella,  etc.)  non  si  pronunciano  certo 
congiunti,  ma  bensì  come  fossero  scritti 
staccati  [con  la,  per  la,  7ie  la).  La  que- 
stione dell'omonimia  è  più  nella  figura 
grafica  che  nel  suono,  dal  quale  ci  ritrae 
e  l'orecchio  e  l'antico  uso  popolare  che 
stacca  preposizione  da  articolo  :  stacca 
anzi  a  tal  punto  da  conservare  gli  antichi 
e  poetici  suoni  di  in  la,  in  lo.  Ad  ogni 
modo  certo  è  secondo  uso  comune  che 
se  con  di,  a,  da  si  congiunge  l'articolo 
e  si  scrive  del,  al,  dal,  etc,  con  le  pre- 
posizioni con,  su,  in,  per  si  tende  ad 
evitare  la  congiunzione  (almeno  così  fanno 


quelli  che  portano  amore  allo  scrivere)  in 
tutti  quei  casi  in  cui  la  già  accennata 
omonimia  del  segno  grafico  può  dispia- 
cere: e  perciò  colla  e  collo  sono  meno 
comuni  di  con  lo  e  con  la,  invece  con  il 
e  con  i  sono  meno  comuni  di  col  e  coi 
appunto  perchè  in  coi  e  col  l'omonimia 
pare  minore.  Contraddizione  senza  dubbio 
che  sarebbe  desiderabile  che  non  ci  fosse, 
giacche  scrivendo  con  lo ,  converrebbe 
scrivere  anche  con  i.  Altre  strane  irre- 
golarità dell'uso:  per  il  e  per  i,  invece 
sono  più  comuni,  almeno  parmi,  di  jjel  e 
pei.  Nei  e  negli  sono  molto  più  comuni 
che  ne  i,  ne  gli,  e  così  nello  e  nella, 
forse  perchè  quel  in  mutato  in  ne  e  la- 
sciato solo,  non  piace.  I  poeti  e  gii  esteti, 
specie  quelli  che  vogliono  con  alcuni  segni 
e  voci  preziose  far  parer  preziosa  tutta  la 
merce  avariata  della  loro  arte,  tendono  a 
rinnovare  l'antica  forma  dello  scrivere 
staccato  (e  fra  i  primi  e  più  autorevoli 
ne  diede  esempio,  in  rima,  il  Carducci) 
onde  scrivesi  de  'l  zn  del,  a  'l  =  ah  de 
lo  =  dello,  ne  la  =  nella,  etc. .  modo 
perfetto  ma  che  non  potrà  mai  attecchire 
per  la  difficoltà  grafica  e  il  gran  sciupio 
di  tempo.  Infine  notiamo  come  alcuni 
scrittori  volendo  seguire  coi  segni  la  pro- 
nuncia toscana,  invece  di  dei,  ai,  dai, 
coi,  etc,  adottano  costantemente  la  forma 
apostrofata  de' ,  a',  da',  co'  etc,  il  che  mi 
ha  sapore  di  artificio  come  tutte  le  esa- 
gerate e  pedisseque  imitazioni  delle  forme 
toscane.  Tra  e  fra  raramente  si  fondono 
con  l'articolo  {trai,  traile).  V'è  in  questo 
caso,  per  così  dire ,  fra  articolo  e  pre- 
posizione meno  parentela  che  con  le  anzi 
dette   preposizioni. 

Collage:  propriamente  è  l'azione  del- 
l'incollare  (coller)  quindi  liaison  difficile 
à  rompre.  Vocabolo  del  gergo  francese 
per  significare  quell'unione  e  convivenza 
dell'uomo  e  della  donna  non  consentita 
né  consacrata  dalla  legge  e  dal  rito,  ma  che 
spesso  tiene  le  veci  deirunione  matrimo- 
niale. 

Collant:  fr.  aderente,  parlandosi  di  abiti 
e  in  certo  linguaggio  elegante  è  parola 
che  occorre  talvolta.  E  attillato?  è  voce 
letteraria  di  troppo? 

Collapso  0   collasso:  hit.   collapsus  = 


Col 


103 


Col 


caduta.  Termine  medico  che  indica  un 
lapido  diminuire  delle  forze,  con  rallen- 
tamento dello  funzioni  cardiache  e  cere- 
brali, con  un  complesso  sintomatico  come 
diminuzione  della  temperatura,  del  polso, 
della  respirazione,  etc. 

Collettivizzazione:  fra  i  neologismi  abu- 
sivi 0  di  mal  suono  va  notata  questa 
voce.  Es.  «  E  la  lotta  politica  ed  econo- 
mica di  classe  sarà  fino  a  tanto  che  la 
collettivixxaxione  dei  mezzi  di  produzione 
toglierà  la  bastiglia  che  mette  in  antago- 
nismo gli  interessi  della  classe  capitalista 
0  quelli  della  classe  proletaria.  »  Nei  di- 
zionari francesi  trovo  collcetivisme  soltanto 
per  indicare  quella  teoria  sociale  che  vuole 
soppressa  la  proprietà  individuale  a  be- 
neficio della  società  e  dello  Stato. 

Collier:  nome  maschile  francese,  dal 
latino  collum  =  collo.  La  gente  mondana 
antepone  l'uso  della  voce  francese  alla 
natia  parola  collana. 

Collo:  in  inglese  coil,  in  francese  colis  : 
termine  generico,  usatissimo  in  commer- 
cio per  indicare  specialmente  le  unità  di 
mercanzia:  balla,  fardello.  Voce  di  Crusca 
derivata  da  collo,  quasi  peso  che  si  regge 
sul  collo. 

Collo:  voce  comunemente  usata  invece 
di  goletto.,  colletto.,  solino.  È  appunto  il 
fiancose  col  :=:i  partie  de  la  chemise  qui 
entoure  le  cou. 

Collo  torto  :  bacchettone.,  ipocrita.,  così 
familiarmente  detti  dal  costume  che  ta- 
luno di  costoro  ha  di  tener  obliqua  la  te- 
sta, quasi  per  compunzione,  né  fissare  nel 
volto.  Voce  di  Crusca  con  esempio  del 
Boccaccio,  Amor.    Vis.  14. 

Colmo:  dicesi  per  significare  il  sommo, 
assurdo  od  illogico  di  qualche  azione  o 
opinione.  Es.  il  colmo  dell'  imbecillità., 
il  colmo  dell' avarizia.  Colmi  si  chia- 
mano certe  freddure  o  bisticci  che  erano 
in  uso  pe'  giornali  qualche  tempo  fa.  Es. 
il  colmo  deir  abilità  ?  Invitare  vno  a 
pranxo  (cioè  avvitare). 

Colombi  (i  duo)  :  dicesi  familiarmente  e 
spesso  per  colia  di  coppia  amorosa,  specie 
so  colta  in  flagrante.  Evidente  metafora, 
tolta  dal  modo  amoroso  con  cui  i  colombi 
si  vagheggiano. 

Colombi  (Mar(^h(»so):  personaggio  comico 


divenuto  presso  che  popolare;  ed  è  crea- 
zione di  Paolo  Ferrari  nella  sua  miglior 
commedia  :  La  satira  e  Parini.  Nome 
talora  usato  per  antonomasia.  Tolse  il 
Ferrari  questo  suo  tipo,  ineffabilmente 
stupido  e  bonario,  pieno  di  sciocche  ar- 
gutezze e  di  melense  osservazioni,  da  due 
personaggi  vivi  cui  il  genio  artistico  fuse, 
l'uno  il  prof.  Marchi,  direttore  del  Con- 
vitto legale  dell'università  di  Modena  e 
professore  di  Pandette  in  quell'Ateneo, 
l'altro  certo  Filippo  Chelussi,  pisano. 

Colon  :  dal  greco  colon  i=  mutilato , 
reciso:  parte  dell'intestino  che  segue  al- 
l'intestino detto  cieco,  insino  al  retto  (ter. 
anat.). 

Colorista:  detto  di  pittore  che  sente  e 
rendo  con  forza  il  colore,  che  eccelle  per 
la  potenza  della  tavolozza,  come  i  Vene- 
ziani e  i  Fiamminghi,  è  voce  buona  e  di 
Crusca.  Se  poi  colorista  è  uguale  a  co- 
loriste., francese,  la  colpa  è  (io  credo) 
della  simiglianza  delle  due  favelle. 

Colossale:  «  fr.  colossal  da  colosso  =r: 
statua  d'altezza  e  grossezza  superiore  alle 
forme  umane  comuni,  vale  grande  come 
un  colosso;  onde  ha  del  ciarlatanesco  ri- 
ferito a  cose  piccole,  eccedenti  la  solita 
misura,  per  es.  a  7ìaso.,  il  quale  potrà 
essere  soltanto  grande.,  grosso.,  maestoso 
0  anche,  dantescamente,  maschio.  —  Lo 
stesso  va  detto  di  piramidale.  »  Così  il 
dott.  A.  Allan  nella  sua  Teorica  di  fran- 
cesismi.! Milano,  Trevisini,  1901.  Certo 
è  uno  degli  infiniti  esempi  delle  voci  usate 
iperbolicamente  alla  maniera  francese.  Ac- 
cettare tale  uso  non  vuol  dire  negare  la 
verità  e  la  giustezza  della  osservazione 
del  purista. 

Colpo  di  fuoco:  fr.  coup  de  feu:  arsione 
delle  lamiere  delle  caldaie  quando  manca 
l'acqua:  voce  de'  meccanici. 

Colpo  di  Stato:  è  il  frane,  coup  d'État, 
ma  chi  potrebbe  respingere  questo  galli- 
cismo? Colpo  di  Stato  è  nomo  nuovo  di 
cosa  antichissima,  indica  cioè  il  passag- 
gio violento  e  per  sorpresa  dalla  forma 
popolare  alla  forma  oligarchica  od  auto- 
cratica: al  quale  spedionte,  ad  os.,  ricor- 
sero il  primo  0  il  terzo  Napoleone.  Farsi 
signore  è  il  modo  nostro,  ovvero  pigliarsi 
la  signoria,  farsi  tiranno,  ma  sono  lo- 


Col 


—     104 


Com 


dizioni  a  cui  non  risponde  un'  idea  con- 
creta €  nota  come  a  colpo  di  Sfato.  Di- 
cosi' anche  colpo  di  Stato  di  quell'espe- 
diente estremo,  quasi  sempre  violento,  a 
cui  un  governo  ricorre  quando  i  mezzi 
legali  gii  sembrano  insufficienti. 

Colpo  d'occhio:  locuzione  difesa  dal 
Gherardini  che  la  fece  derivare  dal  latino 
ietti  oculi,  e  dal  Viani  ;  ripresa  dal  Fan- 
fani  ed  Arila.  Certo  è  locuzione  dell'uso 
e  come  tale  rimane.  Giustizia  vuole  però 
che  se  ne  riconosca  la  provenienza  fran- 
cese. Coup  d'oeil  risponde  di  fatto  a  quel- 
l'attitudine del  francese  di  rinforzare  con 
una  locuzione  incisiva  e  metaforica  ciò 
che  noi  esprimeremmo  in  modo  più  sem- 
plice e  piano.  Lo  stesso  dicasi  delle  lo- 
cuzioni colpo  di  testa,  colpo  di  mano^ 
a  colpo  sicuro  (coup  de  tète^  coup  de 
main,  à  coup  sur)  le  quali  sono  si  en- 
trate nell'uso  da  non  poterne  fare  a  meno. 
Il  Eigutini  suggerisce  fatto  ardito  di  guer- 
ra, assalto  improvviso^  atto  testardo^  te- 
stardaggine, alla  sicura:  ma  sono  modi 
fiacchi,  non  immediati,  non  bene  corrispon- 
denti. 

Colposo:  voce  dei  legali:  differisce  da 
colpevole  in  quanto  che  colposo  esclude 
r  intenzione  e  la  premeditazione.  Dicesi 
soltanto  del  delitto  non  dell'autore. 

Coltellacci:  ter.  mar.;  vele  lunghe  e 
strette  che  si  possono  spiegare  al  di  qua 
0  al  di  là  delle  vele  quadre,  sopra  pic- 
coli pennoni  che  sporgono  in  fuori,  detti 
buttafuori. 

Coma:  voce  medica,  dal  gr,  coiviào  == 
dormo.  Stato  morboso,  determinato  da  un 
assopimento  profondo  con  perdita  parziale 
0  totale  dell'  intelligenza  e  della  sensibi- 
lità, pur  conservando  le  funzioni  del  re- 
spiro e  della  circolazione.  Derivato  co- 
'ìn  atoso. 

Combattività:  dal  fr.  comhativitè. 

Cometa:  voce  regionale  romagnola  per 
significare  quell'ingegnoso  e  notissimo  tra- 
stullo che  con  più  preciso  e  puro  voca- 
bolo toscano  dicesi  aquilone  e  con  voce 
tolta  dal  frane,  cervo  volante  icerf -volani). 

Comfort:  voce  inglese,  entrata  nell'uso 
e  tradotta  spesso  in  conforti  o  conforto, 
che  per  noi  ha  valore  morale.  Comfort  in- 
dica  quel  complesso   di  agiatezze,  infor- 


mate non  tanto  al  fasto  ed  al  bello  quanto 
alla  pratica  e  all'  uso,  e  sopratutto  al- 
l'igiene, traendo  profitto  di  ogni  progresso 
meccanico  e  scientifico.  Il  comfort  fa  sì 
che  tutta  la  casa  soggiaccia  come  una 
docile  macchina  ai  bisogni  più  raffinati 
dell'uomo.  Di  questa  scienza  della  casa 
gii  inglesi  furono  maestri  e  con  essa  pro- 
venne il  vocabolo.  L'indole  nostra  ci  por- 
terebbe piuttosto  alla  pompa  esteriore. 
"^Comodo  è  la  voce  nostra  che  più  diret- 
tamente vi  potrebbe  rispondere,  non  agia- 
texxa.,  delixia.,  delicatezza.,  addobbi  co- 
me consiglia  il  Fanfani,  voci  buone  e 
belle  nell'uso  letterario,  ma  inadatte  nel- 
l'uso pratico  per  cui  si  richiede  un  vo- 
cabolo unico  e  nettamente  inteso  dall'u- 
niversale. In  tedesco  v'è  l'agg.  gemilthlich, 
che  ha  più  tosto  senso  morale  e  si  dice 
di  persona  che  si  trova  ad  agio,  di  luogo 
geniale,  caro,  ove  ci  si  sta  bene.  Infine, 
i  francesi  dicono  che  il  comfort  inglese 
non  è  che  una  restituzione  di  un  voca- 
bolo loro. 

Comitale:  aggettivo  di  conte  (latino 
Comes.,  comitis  =  compagno,  indi  comi- 
talis).  Es.  corona  comitale^  palazzo  co- 
mitale. 

Comitato  i^Qv  commissione.,  cioè  consi- 
glio di  persone  a  cui  è  affidata  l'autorità 
di  discutere,  sorvegliare,  dirigere,  etc.^ 
checchessia,  spiace  ai  puristi  perchè  neolo- 
gismo tolto  dal  francese  comité.  I  francesi 
tolsero  la  parola  dagli  inglesi,  commitee, 
i  quali  alla  lor  volta  la  subirono  dal  la- 
tino, deviandone  alquanto  il  senso.  In 
latino,  infatti,  comitatus  vuol  dire  schiera, 
compagnia.,  e  così  dicasi  di  comitato  nella 
lingua  italiana  antica.  I  lessici  registrano 
il  nuovo  senso  della  parola.  La  diiferenza 
tra  commissione  e  comitato  non  è  facile; 
ma  nell'uso  si  avvertono  fra  le  due  pa- 
role certe  sottili  differenze  per  cui  a  volta 
si  adopera  1'  uno  o  1'  altro  vocabolo.  Es. 
comitato  elettorale  e  commissione  esa- 
minatrice. 

Comitissa:  lat.,  contessa. 

Comitragedia:  tragedia  da  ridere  o  com- 
media da  piangere,  e  dicesi  piuttosto  ri- 
ferendosi a  fatti  della  vita  ohe  a  rappre- 
sentazioni teatrali. 

Command:    voce   non   letteraria   usata 


Coni 


—     105 


Con 


dagli  inglesi  per  indicare  un  reparto  o 
di  visiono  di  milizie,  speciali  o  coloniali. 
Tali  erano  le  divisioni  tattiche  delle  eroi- 
che genti  Boero.  Command:  a  body  of 
froops^  or  any  naval  or  military  force 
under  the  eonimand  of  a  particolar  of- 
flcer. 

Gomme  il  faut:  a  dovere^  a  modo^  per 
bene,  etc.  Locuzione  francese  antica  e 
così  comune  che  quasi  si  può  dire  popo- 
lare fra  noi  sin  nella  umile  borghesia. 

Commode  per  cassettone^  cantarale, 
Cantarano  è  voce  comune.  Più  comune 
ancora  e  quasi  esclusiva  nell'uso,  comò, 
che  non  è  in  francese. 

Commodoro:  voce  inglese  {Commodore) 
registrata  anche  nei  dizionari  francesi. 
Ufficiale  di  marina,  che,  senza  essere  am- 
miraglio, ha  il  comando  indipendente  di 
una  squadra  navale.  CoTnmodore.  quasi 
commandeur  o,  secondo  altri,  dallo  spag. 
comendador. 

Commoner  :  ingl.,  membro  della  Ca- 
mera dei  Comuni,  parlamentare  diremmo 
noi  dei  nostri. 

Commonwealth:  ingl.  res  publica:  spe- 
cialmente intondesi  il  governo  che  durò 
in  Inghilterra  dalla  morte  di  Carlo  I,  1649, 
alla  abdicazione  di  Riccardo  Cromwell, 
1659.  Republica^  federaxionerepublicana. 

Comò:  dal  francese  commode.  V.  que^ 
sta  parola. 

Compagnia  della  Lesina:  V.  La  Com- 
p  a  (fili  a.,  etc. 

Compagno:  nome  che  fra  di  loro  si 
danno  gli  inscritti  al  partito  socialista. 
Per  gli  avversari  compagno  è  voce  spesso 
u«ata  con  senso  spregiativo  e  sarcastico. 
Così  i  carbonari,  cosi  gli  inscritti  alla 
Giovane  Italia  si  denominavano  fra  di 
loi'o  col  nomo  di  fratelli. 

Compagnonaggio  :  fr.  compaynonnage: 
associazione  tra  operai  della  stossa  arte 
allo  s(^oi)o  di  prestarsi  sussidio  e  conforto. 

Compendio:  nel  gergo  forense  significa 
risultante  e  dicesi  in  alcune  locuzioni, 
come  ad  os.  due  anelli  di  compendio  del 
furto. 

Compound:  {composita)  voce  inglese, 
(lotta  sp(!oialmenté  di  motrici  a  vapore  a 
più  cilindri,  nei  quali  il  vapore  passa 
succossivainento  compiendovi    a    gradi  la 


sua  espansione  totale.  Si  adopera  anche 
per  certe  dinamo  elettriche.  La  parola 
equivalente  composita  non  è  accettata  dai 
pratici.  Minor  fortuna  ancora  ha  avuto 
l'espressione:  macchina  a  doppia  espan- 
sione. 

Complottare:  fr.  comploter.  V.  Com- 
plotto. 

Complotto:  e  parola  tolta  di  sana  pianta 
dal  francese  complot.  A  noi  non  mancano 
secondo  i  casi  le  parole:  trama.,  cospi- 
razione., congiura.^  intrigo.,  tuttavia  la 
la  voce  francese  è  assai  dell'uso.  «  Sconcio 
gallicismo  »  la  dice  il  Rigutini.  È  il  so- 
lito caso:  l'italiano  ha  dei  sinonimi  di  non 
facile  uso;  il  francese  ha  la  voce  unica 
e  facile. 

Compteur:  così  francesemente  si  chiama 
quella  specie  di  orologio  o  contatore  che 
serve  a  misurare  il  consumo  del  gas.  In 
Italia  (o  meglio  a  Milano)  pronunciano 
conteur  che  vuol  dire  novellatore. 

Comptoir:  voce  francese,  dal  lat.  com- 
putatoriiini.  Indica  il  banco  sul  quale  il 
mercante  conta  e  custodisce  il  denaro  ed 
espone  la  merce.  Voce  usata  promiscua- 
mente in  vece  di  banco. 

Compulsare:  per  consultare.,  ricercare, 
è  il  fr.  compulser:  voce  non  rara  fra   i 
nostri  studiosi  ed  eruditi.   Nel  senso  an- 
tico curiale  di  citare  (dal  lat.  cum  e  peì- 
lere)  è  verbo  registrato  dalla  Crusca. 
Concertstiick:  voce  tedesca  del  linguag- 
I    gio  musicale.  SìgnifÌGa,  pe^ixo  da  concerto. 
j       Concertista:  chi  suona  o  canta  da  solo 
1    in   un    concerto.  Intendesi    di   artista  di 
i   molta  perizia  e  che  ben  sa  rendere  i  grandi 

autori  nella  loro  vera  espressione. 
>  Conoierge:  è  proprio  il  portinaio.,  voce 
derivata  molto  probabilmente  da  un  con- 
servtus  nella  bassa  latinità.  Ma  negli  al- 
berghi di  gran  lusso,  il  ])ortinaio  porta 
scritto  sopra  l'aureo  gallone  del  berretto 
che  gli  nobilita  il  capo,  concierge  o  non 
portinaio.  Ecco:  la  ragione  ohe  negli  al- 
berghi si  adotti  la  lingua  più  in  uso  pei- 
necessità  di  commercio,  non  mi  soddista 
compiutamente.  Ragione  più  vera  è  (que- 
sta, che  ricorroià  molto  volto  nel  corso 
di  questo  lavoro,  che  cioè  di  duo  voci 
uguali,  <iuella  straniera  ha  seuvso  nobil(\ 
la  nostrana  senso   vile.   Per  chi   tuttavia 


Con 


—     106 


Con 


volesse  obbiettare  che  portinaio  equivale 
a  p.ortier  che  è  meno  dignitoso  di  con- 
cierge,  rispondiamo  che  ciò  può  valere  a 
Parigi  non  in  Italia.  V.  Suisse. 

Conci  :  più  comune  che  al  singolare  con- 
cio :  è  termine  architettonico  ;  significa  i 
letti  0  facce  delle  pietre  lavorate  con 
qualche  finezza  onde  facciano  buona  com- 
mettitura. La  Crusca  e  il  Petrocchi  no- 
tano questa  fra  le  voci  fuor  d'uso.  Certo 
è  dell'uso,  se  non  comune,  tecnico. 

Concio:  per  concime,  letame^  stabbio^ 
benché  notata  nei  Lessici  e  nella  Crusca, 
parmi  oggi,  nelF  uso,  voce  specialmente 
regionale  toscana  al  modo  stesso  di  sugo 
e  sughi. 

Conclusionale:  parola  del  gergo  forense 
italiano:  è  quella  scrittura  definitiva  che 
laccoglie  la  storia  della  causa,  riassume 
i  motivi  che  sorreggono  le  ragioni  di  una 
parte  e  si  chiude  con  le  conclusioni,  cioè 
con  le  domande  specifiche  mosse  da  una 
delle  parti  al  giudice. 

Condor  :  specie  di  grande  avvoltoio  del- 
l'America meridionale  (Ande)  dal  volo  al- 
tissimo: il  maschio  ha  sul  vertice  una 
cresta  carnosa  {Sarcorhamphus  gryph). 

Conferenza:  voce  antica  che  indica  una 
nuova  forma  letterai'ia  di  cui  pare  1'  età 
nostra  goda  ed  abbisogni.  Consiste,  come 
è  noto,  nel  ti'attare  piacevolmente  (se  si 
può)  di  svariati  argomenti,  artistici,  scien- 
tifici, filosofici,  ecc.  Modo  facile  e  mon- 
dano di  acquistare  nozioni  e  coltura.  Der. 
conferenziere.  \  Conferenza.^  nel  linguag- 
gio forense  significa  il  conferire  di  un  av- 
vocato col  cliente  intorno  ad  un  determi- 
nato affare  :  usasi  specialmente  nel  Veneto: 
in  altre  regioni  d' Italia  dicesi  congresso. 
Se  di  più  persone  e  alquanto  prolungata 
dicesi  sessione.,  e  se  lieve  o  occasionale 
intervista.  La  conferenza  preludia  al  con- 
snlto  0  consultazione.,  cioè  parere  legale. 

Conferenza  dell'Aia:  a  cui  intervennero 
(1899)  i  rappresentanti,  diplomatici  e  fi- 
losofi, di  vent̀|uattro  governi  del  mondo, 
compresa  la  Cina  :  il  progi'amma  di  questa 
conferenza  fu  di  studiare  e  seguire  la 
proposta  dello  Tzar  di  Eussia,  discutendo 
sui  modi  onde  effettuare  il  disarmo  e  la 
pace  tra  le  nazioni.  Conseguenza  del  con- 
gresso   fu    la    Corte    permanente    d'arbi- 


trato internazionale  che  risiede  all'Aia. 
V.  Pascoli,  Poemetti,  Il  pastore  dell'Arar. 

Confessionale:  dicesi  di  opinioni  o  isti- 
tuzioni che  abbiano  attinenza  con  alcuna 
fede  0  confessione  religiosa:  dal  fr.  eon- 
fessioìial.  Neol.  dell'uso,  non  accolto  né 
pur  dal  Petrocchi. 

Confezionare:  V.   Confezione. 

Confezione  :  voce  registi-ata  dal  Petroc- 
chi nel  Diz.  universale  come  popolare  per 
dire  fattura  d'abiti  o  d'altro.  È  il  fran- 
cese confection.  In  tale  uso  comune  sta 
appunto  il  gallicismo.  La  parola  in  sé  è 
italiana  od  ottima  (lat.  confectionem  da 
cum  e  facerè)  ma  in  altro  senso;  cioè 
nel  senso  antico  di  conserva^  giulebbe, 
composizione  medicinale.  Es.  «  Il  ciocco- 
latto  è  una  mistura  o  confezione  fatta  di 
vari  ingredienti,  tra  i  quali  tengon  il 
maggior  luogo  il  cacao  abbronzato  ed  il 
zucchero  »  (Vedi  Annot.  Ditir).  Insomma 
ha  perduto  l'antico  senso  italiano,  ed  ac- 
quistato il  nuovo  francese.  «  Sconcio  gal- 
licismo »  lo  chiama  il  Eigutini  e  così  di- 
casi del  YQvho  confezionare.  Vero  è  che 
il  determinare  i  gradi  di  sconcezza  delle 
parole  e  delle  locuzioni  straniere  che  in  sì 
gran  numero  entrano  nella  nostra  favella, 
mi  pare  infelice  e  disperata  impresa. 

Confidente:  eufemismo  del  linguaggio 
poliziesco  per  indicare  la  sjìia. 

Confìteor:  lat.  confesso.,  nome  di  pre- 
ghiera che  si  recita  al  principio  della 
messa  :  dire  o  recitare  il  confiteor  vale 
familiarmente  pentirsi,  incolpare  sé  di 
malo  avvenuto. 

Conflagrazione:  neologismo  dal  latino 
conflagratio  che  significa  incendio.  Nel 
senso  figurato  di  scontro.,  scoppio  di  osti- 
lità fra  nazioni  e  popoli,  certo  a  noi  pro- 
venne dal  francese  conflagration. 

Confusionismo:  uno  de'  tanti  neologi- 
smi ed  astratti  in  ismo.,  che  include  mal 
senso  di  eccesso. 

Congiuntivo:  §  1  usato  in  vece  del  con- 
dizionale. In  alcuni  dialetti  e  in  alcune 
prose  letterarie  talora  è  usato  il  congiun- 
tivo in  vece  del  condizionale  e  ciò,  forse, 
per  effetto  di  antico  idiotismo  toscano. 
Non  mancano  esempi  classici  e  di  autori 
eccellenti.  «  Chi  sa  che  tu  pure  inasprito 
dall'avversa  fortuna  non  ti  fossi  lasciato 


Con 


107     — 


Con 


andare  ad  eccessi  ancor  peggiori  dei  pri- 
mi? »  (V.  Monti).  «  Non  v'  è  anima  viva 
che  per  esser  chiamato  Gino  Capponi  non 
si  accomodasse  a  brancolar  come  lui.  » 
(G.  Giusti).  «E  pensavano  che  se  il  po- 
tessero uccidere  la  cosa  fosse  spenta.  » 
(Cavalca).  «  Se  io  avessi  trovato  i  fuoru- 
sciti di  quell'animo  e  di  quella  prontezza 
che  ei  dovevano  essere,  nessuno  negherà 
che  la  cosa  non  fosse  successa  appunto 
coni' io  m'ero  immaginato.  »  (Lorenzino 
de'  Medici,  Apologia).  «  Se  il  Leopardi 
avesse  progredito  a  studiar  la  questione, 
non  è  improbabile  che  fosse  arrivato  an- 
che lui  all'unica  conclusione  logica  e  pos- 
sibile »  nella  prefazione  di  L.  Morandi 
premessa  all'opera  del  Bonghi:  Perchè  la 
leti,  ital..,  ecc.  Talora  avviene  di  usare  il 
condizionale  per  il  congiuntivo.  Es.  Man- 
zoni, P.  S.  al  cap.  Ili,  seconda  ediz., 
«  M'ha  detto  che  cercassi  di  affrettar  le 
nozze  il  più  che  potessi  »;  mentre  diceva 
nella  prima  edizione  «  il  più  che  potrei.  » 
§  2.  Riguardo  al  congiuntivo  noteremo 
come  i  dialetti,  specie  quelli  dell'Italia 
meridionale,  non  usino  di  solito  il  con- 
giuntivo. Così  i  Napoletani,  anche  colti, 
nel  formare  la  protasi  del  periodo  ipote- 
tico, usano  l'imperfetto  indicativo  invece 
dell'  imperfetto  e  più  che  perfetto  con- 
giuntivo :  Es.  se  io  sapeva.,  per  se  io  sa- 
pessi. §  3.  Yuolsi  inoltre  avvertire  come 
dopo  le  particelle  se,  ove.,  come,  quando^ 
etc,  le  quali  reggono  sempre  una  propo- 
sizione dipendente,  sia  bene  usare  l' indi- 
cativo quando  si  affermi  o  nieghi  asso- 
lutamente, e  il  congiuntivo  ove  abbiasi 
ad  esprimere  un  giudizio  non  positivo, 
una  cognizione  soltanto  probabile  o  dub- 
biosa; di  che  un  bellissimo  esempio  offre 
Bante  nelle  parole  :  Io  no?i  so  ehi  tu  sii., 
né  per  che  modo  venuto  se'  quagyiii; 
dove  sii  è  congiuntivo,  perchè  ohi  parla 
ignora  assolutamente  la  persona  che  gli 
sta  innanzi:  se",  indicativo,  perchè,  seb- 
bene ignori  la  circostanza  del  come,  gli 
è  noto  però  il  i)iù,  che  la  persona  a  cui 
volge  (|uello. parole  è  quivi  discesa. 

Congresso  carnale:  V.  Appendice. 

Connotati  :  da  con  e  notati,  in  voce  di 
coìitrassc-yiti,  faite7,xe  [alle  futtexxe  conte 
dico  Dante)  è  voce  registrata  e  d<?iruso, 


specie  per  indicare  que'  contrassegni  fisici 
che  nei  passaporti  servono  a  determinare 
una  data  persona.  La  Crusca  ha  fatto  be- 
nissimo a  registrare,  pur  senza  esempi, 
tale  parola.  Ma  a  mio  avviso  ha  torto 
il  Rigutini  a  dar  torto  al  Fanfani  che  tal 
voce  riprende. 

Come  per  acque  limpide  e  tranquille, 
non  si  profonde  che  i  fondi  sian  persi 
tornan  de'  nostri  visi  le  postille, 

Dante,  Par.  III. 

Molte  volte  è  un  senso  estetico  delle  pa- 
role e  dei  suoni  che  fa  sì  che  un  dato 
vocabolo  ci  stuoni  in  nobile  prosa. 

Console:  come  termine  architettonico  è 
d'uso  ancora  la  nostra  parola  mensola, 
ma  per  esprimere  quel  mobile  elegante 
sul  quale  si  posano  vasi,  bronzi,  etc, 
essa  cede  il  posto  alla  voce  console,  che 
è  anche  nei  diz.  inglesi.  La  etimologia  di 
console  è  incerta. 

Consommé:  V.  Consume. 

Consumazione:  per  indicare  generica- 
mente ciò  che  si  consuma  in  un  caffè, 
cioè  una  bibita,  è  parola  più  che  buona 
come  origine  e  come  forma,  soltanto  che 
la  nuova  estensione  alla  parola  consuma- 
xione  non  la  demmo  noi,  ma  la  subimmo 
dai  francesi  :  consommation.  Solito  caso. 

Consumè:  (fr.  Consommé,  participio 
passato  del  verbo  consommer,  latino  con- 
sumere) risponde  a  quello  che  da  noi  si 
dice  «  brodo  ristretto  o  brodo  consumato  » 
come  scrive  lo  Scappi,  illustre  cuoco  del 
'500.  A  ragione  osserva  il  Rigutini  non 
essere  improbabile  che  i  francesi  abbiano 
tolto  il  vocabolo  dall'  italiano.  Di  consu- 
mato non  mancano  ottimi  esempi,  citati 
dalla  Crusca.  Vero  è  che  consumato  è 
vocabolo  fuor  dell'uso,  mentre  usatissimo 
è  consommé  o  la  forma  ibrida  consumè, 
specie  nelle  trattorie  per  indicai-e  sempli- 
cemente il  «  brodo  »,  spesso  tutt' altro  cln^ 
ristretto  per  l'ebollizione. 

Constatare:  nella  lingua  comune  è  verbo 
di  grande  uso,  a  cui  si  dà  il  senso  di 
jìrovare  con  certezza  o  documento.  Sembra 
più  efiicaco  e  preciso  dei  sinonimi  stabi- 
lire, appurare,  verificare,  notare,  etc. 
Ricorda  il  francese  constater  =  établìr  la 
verité  d'un  fait,  latino  constare.  I  dizio- 
nari in  g(Mu>r(^  non   lo   n^gistrano. 


Con 


—     108    — 


Con 


Constatazione:  V^.  Constatare  (fr.  con- 
Matation).  Voce  usatissima. 

Contabile:  per  computista^  ragioniere 
è  neologismo  derivato  dal  francese  comp- 
table  =  qui  est  ehargé  des  eomptes.  Lo 
stesso  dicasi  di  contabilità  {comptabi- 
lité)  per  computisteria. 

Contàgg:  letteralmente  contagio  ed  è 
esclamazione  del  dialetto  piemontese,  ed 
appartiene  al  novero  di  quelle  poche  pa- 
role che  dair  antico  esercito  piemontese 
si  sono  poi  estese  nell'uso  della  milizia 
italiana. 

Contare  SU  di  uno:  per  fidarsi^  fare  as- 
segnamento, ricorda  il  francese  compier 
sur  quelqu'un.  Così  i  puristi  chiamano 
gallicismo  il  verbo  contare  per  ho  in 
mente,  mi  propongo,  disegno.  Certo  è 
che  a  volere  togliere  tutti  i  modi  di  pro- 
venienza vera  o  supposta  francese  non  si 
saprebbe  più  come  parlare. 

Contatto  :  nel  senso  non  materiale  ma 
morale  di  mcinanxa.^  relazione,  amicizia^ 
rapporti.,  etc,  è  riprovato  dai  puristi 
come  gallicismo.  Lo  registra  la  Crusca. 

Contemplare:  nel  linguaggio  avvocatesco 
e  degli  uffici  questo  verbo  è  usato  nel 
senso  di  indicare.,  determinare^  conside- 
rare., stabilire,  designare,  prevedere^  com- 
prendere. Por  es.  il  codice  contempla  il 
caso  etc,  questa  spesa  non  è  contem- 
plata. L'uso  di  tale  verbo  in  questo  senso 
è  riprovato  dai  puristi.  Lo  registra  la 
Crusca.  «  Caso  serio,  figliuolo,  caso  con- 
templato! »  dice  il  dottor  Azzeccagarbugli 
a  Renzo. 

Contempo:  per  nel  tempo  stesso,  frat- 
tanto^ è  detta  dal  Eigutini  «  voce  ridi- 
cola ».  Il  Petrocchi  nel  Diz.  scolastico  non 
la  registra,  benché  dell'uso.  Certo  è  però 
che  lo  spiegare  in  che  cosa  consiste  il 
ridicolo  di  una  parola  non  è  cosa  facile. 

Contenance  :  voce  fr.,  abusivamente 
usata  in  certo  linguaggio  elegante  e  mon- 
dano in  vece  di  contegno. 

Conto  corrente:  se  fra  due  persone  v' è 
rapporto  di  dare  e  di  avere,  esiste  un 
conto;  ma  se  questi  rapporti  sono  molti 
e  reciproci,  allora  dicesi  conto  corrente. 
Conto  aperto  dicesi  quando  si  aggiungono 
sempre  nuove  partite  di  debito  e  credito: 
diccsi  anche  in  senso  figurato  e  morale. 


Conto  reso  :  come  saggio  della  servilo 
imitazione  del  francese,  ricordo  la  parola, 
già  usata,  conto  reso  invece  di  resoconto 
0  rendiconto  {compie  rendu).  La  stoltezza 
di  certe  parole  è  tanta  che  esse  cadono 
da  se. 

Contralbero:  (meccanica)  albero  casse 
che  ricevo  il  moto  da  un  secondo  per  tra- 
smetterlo ad  un  terzo. 

Contraria  contrari  is  curentur:  prin- 
cipio della  medicina  allopatica  (Y.  Allo- 
patia), come  similia  similibus  curentur 
è  canone  della  medicina  omeopatica.  Dot- 
trina già  enunciata  da  Ippocrate  nel  Trat- 
tato IleQl  TÒ7T0JV  r(x)v  uarà  àvdQOjrov. 
da  Tomm.  Erastus  {Disputai,  et  epist. 
medicae^  Tiguri,  1595);  da  Samuele 
Hahnemann  (1755-1843)  Organon  der 
Heilkunt. 

Centra  vìm  mortis  non  est  medicamen 
in  hortis:  sentenza  della  scuola  medica 
salernitana  :  «  contro  la  forza  della  morte 
non  v'è  rimedio  negli  orti». 

Contribuire:  (lat.  cum  e  iribuere  = 
dare)  nel  senso  di  giovare.,  conferire.,  coo- 
perare è  riprovato  come  gallicismo  {con- 
iribuer).  Contribuire  dovrebbesi  usare 
solo  detto  del  denaro  e  simili.  Sia  pure  : 
ma  si  tratta  di  uno  di  quei  tanti  galli- 
cismi così  penetrati  nell'uso  che.  oramai 
pili  non  si  avvertono  ne  meno  dai  gram- 
matici. Si  noti  infine  che  con  la  parola 
contribuire  in  senso  morale,  non  sem})re 
si  intende  di  una  cooperazione  benefica, 
e  allora  come  vi  starebbero  conferire  e 
giovar  e"^ 

Contributo:  nella  locuzione  mettere  a 
contributo.^  in  luogo  di  mettere  a  profìtto 
secondo  i  puristi  è  il  francese  —  meitre 
à  contribution.  Così  dicasi  di  contributo 
nel  senso  astratto  di  incremento.,  giova- 
mento., uiile.  V.  ciò  che  è  detto  al  vo- 
cabolo precedente. 

Controcorrente:  corrente  elettrica  di 
senso  contrario  ad  un'altra,  percorrente 
il  medesimo  circuito. 

Controllare,  controllo  e  controllore: 
evidentemente  sono  neologismi  derivati 
dal  francese  controler.,  controle.,  contrò- 
leur.,  e  come  tali  li  riprendono  i  puristi. 
Le  nostre  voci  sono  verificare^  riscon- 
trare., sindacare.,  revisione^  riscontro.,  ve- 


(  "oh 


109 


Cop 


n'/leatore,  secondo  i  casi;  ma  il  vero  è 
che  cotesti  neologismi  sono  così  entrati 
noli' uso  da  non  potersi  più  espellere, 
si)ecio  nel  linguaggio  tecnico  e  degli  uf- 
lici.  È  il  solito  caso  della  voce  unica  più 
agevole  dei  sinonimi. 

Contro  natura  (vizi):  V.  Appendice. 

Contr'ora  o  controra:  voce  comune  nel- 
ritalia  meridionale,  dal  tocco  alle  ore 
([uattro  pomeridiane  in  cui  si  chiuderò 
alcuni  negozi  e  si  va  a  riposare  =:::  siesta. 
Quieseendo  et  sedendo  anima  effleitur 
sìapiens  :  risposta  che  Belacqua  fa  a  Dante 
o  par  tuttora  saviezza  italica.  V.  Bolce 
far  niente.  Leggi  anche  i  proemi  ammi- 
revoli delle  Giornate  del  Decameron  ove 
descrivesi  il  molle  costume  de'  giovani  e 
delle  donzelle  di  riposare  dopo  il  pasto  del 
mezzodì. 

Controranda:  piccola  vela  triangolare 
la  quale,  quando  e  buon  tempo  e  vento 
propizio,  si  alza  sopra  la  randa  alla  estre- 
mità dell'albero,  specialmente  di  certe  na- 
vicelle veloci  usate  comunemente  per  ge- 
niali diporti  marinareschi. 

Controruota:  nel  ling.  mar.,  pezzo  di 
costruzione  messo  a  rinforzo  di  ciascuna 
ruota  di  poppa  e  di  prora. 

Controtorpediniera:  =  cacciatorpedi- 
niera.  V.  Destroyer. 

Controvapore  (dare  il...):  azione  del  va- 
pore contrario  airazione  normale,  onde 
contrasta  il  moto  avviato  fungendo  da  freno 
ed  an-estando  il  movimento.  Si  adopera, 
ad  esempio,  nei  treni  per  fermarli  sul 
posto.  Dicesi  anche  in  senso  traslato  e 
lìiorale. 

Contumaciale:  si  dice  di  una  lite  de- 
cisa in  contumacia  del  convenuto.,  e  anche 
dell'a^/ore;  cioè  di  una  delle  parti.  Più 
frequente  è  la  contumacia  del  convenuto, 
e  si  verifica  quando  colui  che  è  chiamato 
in  giudizio  non  comparisce  nò  si  fa  rap- 
presentare. 

Convegno  :  per  ritrovo  dai  puristi  è  voce 
riprovata  perchè  deriva  dallo  spagnuolo 
convenio  (lat.  cum  e  venire  r::  venire  in- 
sieme). La  registra  la  Crusca.  Convegno 
sembra  avere  in  so  alcun  scmso  di  gra- 
vità 0  solennità. 

Convenuto:  termine  forense;  è  la  per- 
sona chiamata  diiWattore  con  citazione  in 


giudizio.  I  vecchi   giuristi    dicevano  reo 
convenuto. 

Converter:  voce  inglese  che  vuol  dire 
convertitore.,  ed  è  vocabolo  generico  di 
tutti  gli  apparecchi  il  cui  ufficio  è  di  con- 
vei-tire,  nella  maggior  parte  dei  casi,  una 
energia  dà  una  forma  in  un'altra.  Voce 
usata  specialmente  dagli  elettro-tecnic 
per  apparecchi  che  convertono  due  energie 
elettriche  l'una  nell'altra. 

Convogliare:  brutta  parola  usata  spesso 
in  idraulica  invece  avviare  le  acque.,  in- 
canalare. 

Coolle  :  facchino,  servo.,  portatore  ci- 
nese. 

Copèck  0  Kopèck:  nome  di  moneta  russa 
del  valore  di  circa  due  centesimi  e  mezzo, 
cioè  la  centesima  parte  del  rublo. 

Coperto  :  fr.  couvert.  «  Pranxo  di  cin- 
quanta coperti.  Stando  al  valore  che  qui 
ha  il  francese  —  couvert  — ,  noi  dovremmo 
dire  tovagliolo.,  perchè  con  esso  copresi 
il  piatto,  la  posata,  ecc.,  nell'apparecchio 
della  tavola.  Ma  se  non  piacesse  il  dire 
Pranzo  di  cinquanta  tovaglioli^  potremmo 
dire  di  cinquanta  posate  o  alla  men  trista 
di  cinquanta  coperte:  ma  non  mai  co- 
perto. »  Così  il  Eigatini,  il  cui  ragiona- 
mento fila  benissimo,  ma  non  toglierà  per 
questo  alla  lingua  italiana  l'uso  della  pa- 
rola coperto.,  ancor  che  né  bello  né  buono. 
Del  resto  v'è  posata  o  servito^  voce  dal 
Petrocchi  registrata  nella  lingua  fuori  del- 
l'uso, detta  di  pietanza,  che  si  potrebbe 
adattare  a  questo  significato.  I  tedeschi 
usano  questa  voce  francese  couvert  tra- 
ducendola nella  lor  lingua  in  gedeck  i^ 
coperto. 

Copiglia  :  dal  francese  goupille  (lat.  ck- 
picula.,  dim.  di  cuspis  z=z  punta?)  bietta 
0  spina  a  due  zanche  divergenti  per  ac- 
coppiare. 

Copione:  nel  linguaggio  teatrale  la  copia 
del  di'amma  in  cui  sono  le  vario  parti- 
zioni. 

Coppa  di  Francia,  o  Coupé  de  Franco  : 
nome  di  premio  delle  gare  nautiche  (yach- 
ting)., proposto  da  alcuni  amatori  francesi 
nel  1890.  La  prima  coppa  fu  eseguita  con 
la  somma  di  L.  (3000  ed  offerta  da  un 
Kothschild. 

Coppo  :  voce  regionale  romagnola   por 


€op 


110 


Cor 


tegola  :  in  Toscana  coppo  è  il  vaso  oliare 
di  cj'eta,  ove  l'iponesi  l'olio,  che  in  Ro- 
magna, appunto,  si  dice  latinamente  olla. 

Copricapo:  questo  neologismo  inelegante, 
non  registrato  nei  lessici,  è  usatissimo  in 
vece  della  parola  generica  cappello.  Deve 
provenire  dal  couvre-chef  francese. 

Coprire:  le  locuzioni  coprire  un  ìif~ 
fido.,  una  cattedra.,  coprire  le  spese  etc, 
invece  di  tenere  una  cattedra,  rifarsi 
delle  spese  etc,  sono  modi  cori-enti,  ri- 
provati dai  puristi.  Coprire  nel  linguaggio 
delle  corse  ha  il  senso  di  percorrere. 
Es.  :  furono  coperti  cinquanta  chilometri 
in  un'ora:  dicendo  percorsi.^  o  percorsi 
di  volo  ti  daresti  a  conoscere  per  ine- 
sperto di  tali  nobili  giuochi. 

Coprirsi  :  nel  linguaggio  parlamentare 
indica  l'atto  con  cui  il  Presidente  della  Ca- 
mera pigliando  proprio  cappello  e  insieme 
il  cappello  toglie  la  seduta  della  Camera, 
quando  più  non  regge  a  dominare  l'assem- 
blea :  cosa  che  in  Italia  avviene  spesso  e 
spesso  ri devolm ente.  Questo  neologismo  del 
linguaggio  politico  ci  proviene  probabil- 
mente dal  francese  se  couvrir,  mettersi 
il  cappello  0  coprirsi  come  diciamo  più 
di  sovente.  Es.  Si  copra. 

Coque  (uova  à  la):  cioè  cotte  nel  loro 
guscio,  così  da  sorbirle.  Uova  da  bere 
scrive  lo  Scappi,  cuoco  benemerito  dello 
stomaco  di  sua  Santità  Pio  V  e  uova  da 
bere  si  dice  da  molti  nell'uso  volgare. 
Predominante  però,  specie  negli  alberghi, 
è  sempre  la  locuzione  uova  à  la  coque., 
che  è  diventata  d'uso  popolare  e  che  può 
spingersi  anche  a  uova  alla  coca.  La  mo- 
glie del  cuoco  non  ci  ha  però  nulla  a  ve- 
dere col  nome  coque.,  che  si  riannoda  in- 
vece al  greco  uày^r],  cfr.  conchiglia.,  cioè 
guscio. 

Coqueluclie  :  parola  francese ,  talora 
usata  nel  ceto  mondano,  per  dire  ciò  che 
noi  denominiamo  tosse  canina  o  ferina., 
malattia  epidemica,  contagiosa  specie  fra 
i  bambini,  che  si  manifesta  con  accessi 
di  tosse  convulsa,  divisi  da  respirazione 
lunga,  penosa  e  come  a  sibilo.  Coqueluche 
deriva  da  coqueluchon.,  cappuccio  con  cui 
si  coprivano  gli  infermi.  • 

Coquet,  coquette,  coquetterie:  voci  fran- 
cesi   (radice  coq  =:  gallo)    per   civettuolo, 


galante.,  galanteria,  non  ci  sono  ignote. 
Il  Fanfani,  condannando  la  parola  cochet- 
teria,  ci  fa  capire  che  tale  brutto  neol.  ò 
usato  anche  in  Toscana. 

Coramella  :  striscia  di  cuoio  usata  dai 
barbieri  per  afhlare  i  rasoi. 

Corazzata:  agg.  sost.  detto  di  nave  da 
guerra  fornita  di  corazza.  Le  prime  navi 
corazzate  apparvero  al  tempo  della  guerra 
di  Crimea,  1855,  dove  fecero  così  meravi- 
gliosa prova  resistendo  ai  colpi  dello  bat- 
terie russe  (17  ottobre  1855)  che  da  quel 
tempo  si  estesero  dalla  mai-ina  francese  a 
tutte  le  altre  marine.  Data  da  quel  tempo 
la  lotta  tra  il  cannone  e  la  corazza. 

Corbeille:  in  francese  vuol  dire  né  più 
né  meno  che  cesto,  paniere  e  letteral- 
mente corbello;  ma  tu  offrendo  ad  una 
cantante  o  ad  una  ballerina  de'  fiori  sciolti 
0  con  arte  disposti  entro  un  paniere, 
dirai  una  coì'beille  di  fiori.  Corbello  sem- 
brerebbe leziosamente  toscano,  Paniere 
avrebbe  del  villereccio,  Cestello  e  cesio 
dello  spedizioniere.  E  vero?  Corbeille  è 
detto  anche  di  quel  paniere  soppannato 
di  seta  o  raso  ove  si  pongono  i  doni  nu- 
ziali. Ora  questa  mondana  garbata  voce 
francese  viene  proprio  direttamente  dal 
latino  corbicula,  corbula,  corbis  [cfr. 
cui'vus]  :  Corbis  proprie  est  vas  e  vimine, 
ad  usus  rusticos  praesertitn  eolligendo- 
rum  fructuum.  In  altri  termini  è  voce 
sorella  della  milanese  scorba,  nella  quale 
di  solito  pongonsi  tutt' altro  che  fiori.  La 
parola  italiana  è  rimasta  Cenerentola. 

Cor  oordium  :  «  cuor  dei  cuori  »  motto 
latino  impresso  sull'urna  del  grande  poeta 
inglese  Peicy  Bysshe  Shelley,  sepolto  nel 
cimitero  protestante  di  Roma. 

Corda  fratres  =^lat.  cuori  fratelli:  nome 
di  un'associazione  di  studenti,  di  carat- 
tere internazionale,  i-ecentemente  fondata, 
a  scopo  di  sussidio,  materiale  e  morale. 

Cordite:  nome  di  nuovo  esplodente  in- 
glese, analogo  alla  balistite.  Il  nome  de- 
riva dalla  forma,  essendo  fabbricata  in  fili 
simili  alle  minugia. 

Cordon  bleu  :  fr.,  nastro  azzurro  largo 
e  marezzato  che  cadeva  sul  petto  in  punta 
{en  sautoir)  ed  a  cui  era  attaccata  la  croce 
dell'ordine  del  Santo  Spirito.  I  cavalieri 
di  quest'ordine  eran  detti  semplicemente 


Cor 


—     Ili 


Cor 


cordons  bleu.  Per  celia  poi  si  chiama 
corilon  bleu  un  cuoco  di  gran  merito. 

Corea:  gr.  coreìa  =:  danza;  ter.  med. 
(lato  a  eerte  malattie  nervose,  caratteriz- 
zate specialmente  da  contrazioni  toniche 
dei  muscoli,  involontarie,  anche  nel  sonno. 
Volgarmente  dicesi  Ballo  di  San  Vito,  in 
francese  Danse  de  Saint- Ouy.  E  una  ma- 
lattia della  seconda  infanzia  e  non  ben 
nota  neHa  sua  origine. 

Coriza:  dal  greco  uÓQv^a^  nome  me- 
dico che  significa  l' infiammazione  acuta 
<i  cronica  della  mucosa  del  naso.  Il  ter- 
mine volgare  è  raffreddore. 

Cornetti  :  così  per  le  punte  onde  ter- 
minano le  silique,  con  voce  dialettale, 
passata  nell'uso  della  lingua  parlata,  sono, 
nell'Italia  settentrionale,  chiamati  i  fa- 
giolini freschi.  In  milanese  eornitt. 

Cornichon  :  voce  fr.,  abusivamente  usata 
nel  linguaggio  culinario  invece  di  cetrioli. 

Corniera:  dal  francese  cornière^  termine 
Tecnico  che  indica  una  lamina  di  ferro 
piegata  in  forma  di  squadra. 

Corona:  (ted.  krone)  moneta  d'argento 
austriaca  cosi  detta  dalla  corona  che  vi 
è  impressa.  È  press' a  poco  come  la  no- 
stra lira  e  vale  un  po'  più  di  essa  (1,10 
circa,  secondo  il  corso  del  mercato  mo- 
netario). È  la  metà  del  fiorino. 

Corona  d'Italia:  ordine  creato  da  Vit- 
torio Emanuele  II  con  decreto  del  20  gen- 
naio 1868,  per  le  nozze  di  Umberto  e  di 
Margherita,  pei  meriti  civili  e  militari. 
L'ordine  è  diviso  in  cinque  classi  :  cava- 
lieri, ufficiali,  commendatori,  grandi  uf- 
ficiali, gran  cordoni.  Nastro  rosso  con  zona 
bianca  in  mezzo. 

Corona  veneris:  termine  medico:  in 
francese  Couronne  de  Venus  :  cerchio  di 
macchie  l'osse  formato  attorno  alla  fronte 
dalla  sifilide  secondaria. 

Coroner:  voce  e  istituto  inglese,  che  in- 
dica un  ufficiale  della  Corona  —  onde  il 
nome  —  il  cui  incarico  principale  è  di 
appurare  con  altri  12  giurati  i  casi  di 
morte  improvvisa. 

Corpo  0  ente  morale  :  dicesi  di  istituto 
civile  riconosciuto  dalle  leggi  avente  per- 
sonalità giuridica  e  che  perciò  gode  dei 
diritti  secondo  le  leggi  e  gli  usi  osservati 
come  diritto  publico.   Giui'idioameute  la 


sua  esistenza  è  indipendente  da  quella 
delle  persone  che  lo  compongono. 

Corpus:  latino  rorpo.,  ma  nel  senso  di 
raccolta,  co^nplesso.,  volume.,  i  dotti  usano 
spesso  la  voce  antica  latina  :  corpus  iuris 
civilis.,  corpus  di  papiri,  corpus  di  me- 
daglie, corpus  di  avori  medioevali,  etc, 
cioè  raccolti  in  un  solo  corpo. 

Corrente:  nella  locuzione  così  comune 
essere  al  corrente  ricorda  il  francese  ètre 
au  courant:  il  modo  nostio  è  a  giorno. 
Es.  :  «  io  non  sto  a  giorno  della  politica  ». 
Ma  chi  l'usa?  Ben  pochi.  Così  dicasi  delle 
locuzioni  mettere.,  tenere  al  corrente  che 
spiacciono  ai  puristi.  Ma  io  dubito  che  ai 
puristi  stessi  isfuggano  tali  modi  e  paiano 
pili  efficaci  di  conoscere,  far  conoscer e^ 
far  sapere.,  tenere  informato.  Certo  è 
però  che  il  popolo  indotto  non  usa  locu- 
zioni con  questa  voce  corrente. 

Correntista:  colui  che  presso  un  ban- 
chiere ha  aperto  un  conto  corrente.  Vedi 
Conto  corrente. 

Correr  la  cavallina:  scapricciarsi  in 
1  gioventù.,  darsi  alla  vita  libera  e  avven- 
turosa. Metafora  tolta  dallo  sghiribiz- 
zare della  polledra  non  doma.  Locuzione 
specialmente  toscana  estesa  ad  altre  re- 
gioni. 

Corretto:  per  costumato.,  castigato,  vir- 
tuoso., etc,  è  voce  ottima.  Ma  l'uso  co- 
munissimo di  corretto  per  significare  il 
modo  esteriore  di  comportarsi,  ritiene  della 
maniera  inglese  di  tale  vocabolo  :  es.  modi 
corretti,  abito  corretto,  gesto  corretto., 
quel  signore  è  sempre  corretto.,  etc.  Inu- 
tile dire  quanti  belli  ed  acconci  vocaboli 
vadano  in  disuso  per  la  sostituzione  del- 
l'unico e  comodo  corretto. 

Corrigendo  :  lat.  corrigendus  =  che 
deve  essere  corretto:  uno  dei  non  pochi 
neologismi  tolti  dal  gerundivo  latino  come 
instituendo.,  contemnendo.  etc.  Dicesi  cor- 
rigendo di  que'  giovani  di  mal  costume 
e  di  prava  natura  ohe  sono  chiusi  in  spe- 
ciali istituti  per  essere  ridati  alla  società 
corretti.  Cosa  assai  diflìcile  giacché  l'al- 
chimia di  mutale  il  metallo  dell'umana 
natura  è  tuttavia  ignota.  Corrigendo  è 
voce  eufemistica  e  pedantesca  invoce  di 
birichino.,  dìscolo. 

Corrida:  e  compiutamente  corrida  de 


Cor 


112     - 


Cos 


toìos  =  corsa  de"  tori  :  il  noto  spetta- 
colo nazionale  e  classico  degli  spagnuoli, 
che  consiste  nell' aizzare  e  dar  morto,  entro 
circhi  0  anfiteatri,  a  tori  furenti  e  ga- 
gliardi. 

Corruptio  optimi  pessima:  nota  sentenza 
latina:  pessima  è  la  corruzione  di  chi 
prima  era  huono^  giacche  vi  aggiungo 
scienza  e  deliberata   coscienza  del  male. 

Corsage:  appunto  come  in  italiano  = 
corsetto;  la  parte  cioè  superiore  dell'a- 
bito muliebre,  ma  nell'uso  mondano  pre- 
vale la  voce  francese.  La  etimologia  è 
dal  lat.  corpus^  fr.  eorps,  corselet  corsa- 
letto, corsetto. 

Corset:  fra  gli  oggetti  di  moda  o  d'i- 
giene, trovo  sovente  questa  parola  fran- 
cese invece  delle  due  voci  nostre  :  busto^ 
fascetta. 

Corsetière  :  bustaia.  Nel  ceto  signorile  e 
mondano  la  voce  francese  non  è  infrequente. 

Corsi  e  ricorsi  :  il  ripetersi  in  date  cir- 
costanze di  dati  fenomeni  storici  secondo 
la  filosofia  di  G.  B.  Vico  (1668-1743)  Prin- 
cipii  di  una  scien%,a  nuova. 

Cortes  :  nome  dato  alle  assemblee  na- 
zionali legislative  di  Spagna  e  di  Porto- 
gallo. Dallo  spagnuolo  corte. 

Corte  suprema:  V.   Cassazione. 

Corto  circùito:  (elettrotecnica)  collega- 
mento diretto,  o  mediante  condutture  di 
resistenza  praticamente  nulla,  di  due  punti 
di  un  circuito  elettrico  in  cui  siano  in 
azione  un  generatore  di  corrente  od  un 
sistema  di  generatori. 

Corvée  :  voce  francese  comunemente 
usata  in  italiano.  Storicamente  per  corvée 
intende  vasi,  nell'ordinamento  feudale,  il 
servizio  che  il  villano  doveva  al  signore, 
come  pulir  le  fosse  del  castello,  mantener 
le  vie,  far  lavori  campestri,  giornate  di 
opere,  dare  prestazioni  di  carri  e  gio- 
gatici.  Luigi  XYI,  su  proposte  del  mini- 
stro Turgot,  con  legge  del  27,  YI,  1787, 
abolì  molte  di  queste  servitii  :  l'Assem- 
blea Costituente  (18,  III,  1790)  e  quindi 
la  Convenzione  (17,  VII,  1792)  ne  scan- 
cellarono ogni  traccia.  Non  è  però  morta 
la  parola  ed  è  passata  ad  altro  senso. 
Corvée  oggi  indica  il  servizio  militare 
fatto  a  vicenda  :  infine  lepidamente  dicesi 
di  ogni   lavoro   o  commissione    o  ufficio. 


faticoso  ed  ingrato.  Per  il  francese  poi, 
seguendo  la  sua  natura  iperbolica,  una 
visita,  un  ricevimento,  l'accompagnare  la 
moglie  a  spasso,  possono  essere  una  corvée., 
e  in  tal  senso  noi  l'usiamo:  in  questo  sta 
la  servile  imitazione  nostra.  Es.:  «  Ci  tele- 
grafano da  Poma,  8  novembre,  notte:  Sta- 
mane durante  il  ricevimento  dei  ministii, 
l'on.  X***  ha  pregato  il  Re  di  posare  per 
il  ritratto-tipo  da  distribuirsi  agli  uffici 
pubblici  e  alle  scuole.  La  proposta  è  stata 
accolta  con  un  sorriso  che  rivelava  la 
rassegnata  per  quanto  non  entusiastica 
disposizione  del  Re  a  questa  corvée!  »  Por 
la  etimologia,  ella  è  voce  evidentemente 
latina  :  Corvata.,  da  corrogata  [cuni  e  ro- 
gare] quindi  convocazione.,  dimanda.,  nel 
modo  stesso  che  nell'antico  francese,  da 
rogare  latino  si  ottenne  rover.,  enterver  ; 
da  Bagacuni.,  Bavay.  Avverti  che  nella 
bassa  latinità  corrogata  e  corvata  hanno 
lo  stesso  senso  :  operae  quas  subditi  ac 
rustici  dominis  suis  praestare  ex  lege 
tenentur.  V.  Du  Cange,  Glossarium  m. 
et  inf.  latinitatis. 

Cosa:  in  vece  di  che  o  che  cosa  nelle 
forme  interrogative  e  dubitative,  è  modo 
familiare  e  dialettale  delle  regioni  del- 
l'Alta Italia  in  ispecie  e  che  ottenne  onore 
ed  autorità  letteraria  dall'esempio  del  Man- 
zoni. Che  la  voce  cosa  usata  con  parsi- 
monia e  garbo,  adattandola  al  tuono  del 
discorso,  riesca  efficace  è  un  conto  :  che 
proprio  il  modo  sia  eletto  ma  da  sfug- 
girsi però  unicamente  perchè  non  piace 
ai  pedaliti,  come  scrivono  i  signori  Mo- 
randi  e  Cappuccini  nella  loro  grammatica, 
è  un  altro.  Non  è  solo  che  7io7i  piaccia 
ai  pedanti.,  ma  è  anche  che  non  si  trova 
gran  conforto  di  esempi  classici  e  in  al- 
cuni dialetti  dell'Italia  centrale  dicesi  co- 
stantemente che. 

Cosciale  :  di  una  locomotiva,  di  un  carro, 
indica  uno  dei  lati  longitudinali  del  telaio 
(meccanica). 

Cose  che  capitano  ai  vivi:  cioè  le  di- 
sgrazie; bella  perifrasi  di  filosofia  popolare. 

Cosi  tanto:  per  così  è  modo  pleona- 
stico conforme  alla  maniera  dialettale  lom- 
barda insci  tant. 

Così  va  il  mondo,  bimba  mia!:  titolo 
di  una  commediola    del  poeta   dialettale 


-     113     — 


Cou 


voneziaiu)  (iiaciiito  Gallina,!  quale  titolo 
felice  acquistò  valore  di  intercalare. 

Cosmòpoli  :  neol.  città  mondiale. 

Costui  :  (dal  latino  èccum-iste-hic)  nelle 
grammatiche  è  notato  come  pronome  di 
persona  vicina  alla  persona  cui  si  rivolge 
il  discorso  zzz  cotesto.  Ma  non  si  accenna 
a  un  certo  senso  spregiativo  che  è  rac- 
chiuso in  costui.  Tale  senso  però  ve  lo 
annette  il  popolo  e  giustamente  lo  notano 
alcuni  lessicografi.  Se  non  propriamente 
spregiativo,  certo  noi  talora  diciamo  co- 
stui per  evitare  di  nominare  persona  di 
cui  ci  spiace  dire  il  nome,  o  altrimenti  uma- 
namente indicarlo.  I  demoni  del  Ca?ito  Vili 
dell' Inferìio^  indicando  Dante,  dicono: 

Chi  è  costui  che  senza  morte 
Vion  por  lo  regno  della  morta  gente? 

Costume  :  «  per  foggia,  maniera  parti- 
colare di  vesti,  seguita  da  un  particolar 
ordine  di  persone  o  da  un  dato  popolo,  ov- 
vero in  una  determinata  età,  è  voce  ita- 
lianissima,  usata  da  ottimi  scrittori.  Dove 
incomincia  il  gallicismo  è  quando  si  tras- 
ferisce dalla  foggia  o  maniera  di  vestire 
alle  vesti  istesse,  come:  Indossava  un 
bel  costume,  V'erano  al  ballo  costumi 
ricchissimi:  oppure  quando  si  adopera 
senza  alcuno  aggiunto  che  lo  determini, 
dicendosi  :  Ballo  in  costume;  Scuola  del 
costume^  come  dicono  oggi  i  pittori:  Vi 
andò  in  costume.,  Non  si  ammettono  i 
costumi  e  simili  ».  Così  il  Rigutini  e  assai 
bene  e  chiaramente  detto.  Coutume  nome 
fem.  fr.  deriva  dall'  italiano  costume  (da 
consueiunne,  consuetudine)  o  meglio  co- 
stuma come  diceasi  in  antico. 

Consummatum  est:  è  finito/  (il  sacri- 
(icio  doli' uomo  Dio)  Vangelo  di  S.  Gio- 
vanni, XX.  Dicesi  spesso  por  celia. 

Cote:  voce  fr.  rispondente  a  quota.,  cioè 
parte,  lat.  quotus  zjz  quanto  volte  o  parti, 
ondo  co^er  =  numerare,  quotare  e  quotiz- 
zare (fr.  cotiser)  determinare  la  parte  di 
ciascuno.  N(!l  linguaggio  delle  corso  sono 
•  lotte  cotes  le  probabilità  di  ciascun  corri- 
dore.   Tableau  des  bookmakers. 

Coteletta:  invoco  cos^o/(?^^fl^  è  manifesto 
ed  inutile  francesismo,  usato  anche  dal 
popolo.  Proviene  dal  francese  cótelette  di- 
minutivo di  còte  -—.  costola. 

A.  Fanzini,  Supplemento  ai  Diximinri  italiani , 


Coterie:  per  l'etimologia  della  parola 
V*.  lo  Scheler.  Oggi  questa  parola  fran- 
cese usasi  per  indicare  una  compagnia, 
una  congrega  di  persone  che  strologano 
intorno  ad  un  comune  interesse,  consor- 
teria., cricca;  ed  anche  nel  senso  di  per- 
sone che  vivono  fra  di  loro  in  dimesti- 
chezza e  diletto  con  esclusione  di  altri. 
V.   Camarilla. 

Cotica:  voce  comunemente  usata  in 
vece  della  toscana  cotenna:  lat.  cuticula., 
diminutivo  di  cìitis.  Parlando  di  terra, 
vale  strato  superiore.,  piota  (G.  Gherar- 
dini,  op.  cit.). 

Cotillon:  nota  specie  di  danza  figurata, 
con  giuochi,  doni  e  sorprese  che  si  balla 
con  molto  diletto  in  fine  di  una  festa.  Ap- 
partiene al  genere  dei  balli  che  i  francesi 
dicono  branles  =  dondolamento;  da  cotte 
e  cotillon  =  sottana,  gonnella  di  conta- 
dina, tedesco  kutte.,  inglese  coat,  italiano 
cotta.  Il  rapporto  tra  cotillon  gonna,  e 
cotillon  ballo  mi  è  sfuggito.  Probabilmente 
si  deve  riferire  a  qualche  costumanza  di 
esso  ballo.  Secondo  il  Littré  converrebbe 
scrivere  cottillon. 

Cotognata:  specie  di  melata  o  di  dolce 
candito,  solido,  fatto  con  la  confezione  delle 
mele  cotogne.  Il  Petrocchi  porta  cotognato 
=  conserva  e  gelatina  delle  mele  cotogne; 
il  che  significa  che  in  Firenze  così  si  dice: 
ciò  non  toglie  che  non  si  possa  dire  anche 
cotognata.  Codognata(mì\sinG^e  codognada) 
fu  pur  usata  dal  Bembo,  il  quale,  pur 
non  essendo  fiorentino,  scriveva  con  eletta 
ed  esemplare  italianità;  lo  stesso  inter- 
venne al  Castiglione,  lombardo;  al  Tasso, 
altro  non  toscano  ;  all'Ariosto,  emiliano  o 
lombardo  che  dir  si  voglia. 

Cottage  :  capanna,  villetta,  rustica  ad 
arte.  Termine  inglese,  entrato  in  Francia 
e  quivi  pronunciato  alla  francese. 

Couoliette:  fr.  cuccetta,  tettuccio. 

Coulisse:  in  francese  è  l'incastro  in  cui 
si  muove  un  telaio,  quindi  il  telaio  stesso, 
e  perciò  coulisse  significa  quinta.,  nel 
linguaggio  teatrale  ;  e  per  maggior  esten- 
sione tutta  quella  parte  del  palcoscenico 
ohe  non  è  in  vista  del  publico.  Questa 
parola  coulisse  è  nota  da  noi  nel  senso 
figurato,  cioè  por  indicare  il  retroscena  di 
un  affare.  Es.  Voilà  ce  qu'on  dit  en  pit- 

8 


Con 


114     - 


Con 


blie  :  mais  dans  la  coulisse...  che  è  per 
raj)punto  il  nostro  dietro  le  quinte.  Per 
l'etimologia,  coulisse  è  un  femminile  de- 
rivato da  coulis^  qui  coule.^  qui  glisse. 
Coulisse  è  altresì  termine  francese  del 
linguaggio  di  Borsa,  che  significa  luogo 
ed  ufficio  di  detta  Borsa,  non  ricono- 
sciuto dalla  legge,  ove  i  sensali  senza 
averne  legale  autorità,  trattano  gli  affari 
quali  propri  e  l'iconosciuti  agenti  di  cambio. 
Ho  inteso  anche  dire  «  porta  à  coulisse  » , 
laddove  noi  potremmo  dire  «  con  saraci- 
nesca » . 

Coulisse:  o  glifo .^  chiamano  in  mecca- 
nica corti  meccanismi  di  inversione  nel 
moto  delle  locomotive  e  simili,  detti  anche 
settori.  I  Corsoio  o  scorritoio.,  chiamano 
il  pezzo  prismatico  che  scorre  nella  fen- 
ditura del  glifo  :  in  fr.  coulisseau. 

Coulissier:  termine  della  Borsa  fran- 
cese. Così  sono  chiamati  quei  sensali  non 
riconosciuti  legalmente  che  trattano  gli 
affari  à  la  coulisse.,  cioè  fuor  del  luogo 
a  ciò  destinato  e  riconosciuto.  V,  Cou- 
lisse. 

Couloir  :  colatoio  e  corridoio.,  forse  una 
corruzione  di  un  possibile  couroir,  (cfr,  l'i- 
taliano corritoio).^  con  lo  scambio  dell'  r 
iìgWI.  Nel  senso  di  botro  o  horrato  (altre 
due  parole  precise,  semispente)  si  legge 
non  di  rado,  come  esempio  dimostra  :  «  I 
ragazzi  allontanatisi  dal  direttore  si  mi- 
sero per  un  couloir  pericolosissimo». 

Coulomb:  nome  di  grande  fisico  fran- 
cese (1736-1806).  In  omaggio  agli  studi 
di  lui  su  l'elettricità  venne  dato  il  nome 
di  coulomb  all'unità  pratica  di  misura 
della  quantità  di  elettricità,  nel  sistema 
di  misure  elettromagnetiche.  Un  coulomb., 
secondo  la  definizione  data  dalla  Camera 
dei  Delegati  dei  Governi  riunita  in  Chi- 
cago nel  J893,  la  quale  aggiunse  al  nome 
di  coulomb  l'appellativo  di  internazio- 
nale., è  la  quantità  di  elettricità  che  si 
trasmette  durante  un  minuto  secondo  in 
un  circuito  percorso  da  una  corrente  uguale 
ad  un  ampère  internazionale. 

Coupage  :  è  parola  francese  cui  risponde 
identicamente  la  nostra  voce  taglio  (  (  ou- 
page.,  action  de  couper,  c'est-à-dire  d'at- 
ténuer  une  liqueur  forte  par  une  moin 
forte.  Littréj.  Eppure   in  uno   dei  piìi  re- 


putati giornali  ho  letto  così  :  «  Detto  vino 
si  è  fabbricato  finora  con  un  così  detto 
coupage  di  vini  della  Francia  meridionale 
e  di  Spagna,  addizionati  di  alcool  indu- 
striale, e  in  commercio  portano  il  nome 
di  mn  viné  ».  Si  risponderà:  il  giorna- 
lista 0  è  ignorante  od  ha  fretta  e  quindi 
traduce  come  vien  viene.  Non  è  buona 
e  persuasiva  ragione.  La  ragione  buona 
è  che  noi  andiamo  lentamente  obliando 
le  parole  precise  della  lingua  nostra.  Esse 
non  soccorrono  più  pronte  e  facili  alla  no- 
stra memoria.  L'autore,  scrivendo  questo 
dizionario,  ebbe,  per  sua  soddisfazione, 
di  mira  la  dimostrazione  di  questa  inu- 
tile melanconia  letteraria. 

Coupé:  specie  di  vettura  signorile,  chiusa 
e  riparata,  a  quattro  ruote,  press' a  poco 
come  il  brum.,  e  ad  un  solo  sedile.  Coupé 
è  anche  detto  degli  scompartimenti  nei 
carrozzoni  ferroviari,  specie  di  quelli  ri- 
servati 0  che  essendo  dimezzati,  hanno 
un  solo  sedile.  Il  Eigutini  a  questa  pa- 
rola nota  :  «  è^tanto  tempo  che  si  cerca  un 
equivalente,  e  •  non  si  è  ancora  trovato  : 
onde,  come  voce  necessaria,  la  registrai 
nel  mio  Vocabolario  ».  Coupé.,  dicesi  anche 
la  parte  anteriore  delle  diligenze. 

Couplet:  questa  viva  parola  francese 
risponde  letteralmente  alla  nostra  parola 
morta  cobbola  o  in  provenzale  cobla.,  dal 
latino  copula  =  coppia:  cioè  una  serie 
di  versi  accoppiati  insieme  per  una  rima, 
come  le  serie  o  lasse  monoritmiche  delle 
canzoni  di  gesta  (strofa).  Questa  parola  è 
d'uso  fra  noi  per  indicare  la  sti'ofetta  mu- 
sicale a  riprese  e  a  ritornello,  comune 
specialmente  nell'operetta. 

Coupon  :  (da  co«<^er  tagliare)  cosi  è  chia- 
mata la  cédola  (da  caedere  tagliare,  cfr.  ce- 
soie) 0  il  tagliando,  come  anche  si  dice, 
con  brutto  e  inutile  vocabolo;  la  quale  si 
distacca  dalle  cartelle  di  rendita  per  ri- 
scuoterne i  frutti,  0  da  altri  titoli  di  cre- 
dito. La  parola  è  spesso  tradotta  in  cu- 
pone il  cui  brutto  suono  offende  ogni 
orecchio  educato,  sì  che,  per  mio  conto, 
a  questo  italiano  bastardo,  dai  periodi 
sconnessi,  grevi,  difficili;  dai  vocaboli 
sesqui|)edali  ed  irti  di  inarmonici  suoni, 
sembra  preferibile  la  sorella  lingua  fran- 
cese nella  sua  agilità  e  nella  grazia  con 


115 


Ora 


<ui  tronca,  o  sfuma  Io  suo  parole.  Infìiio 
trovo  coupon  usato  anche  per  indicare 
i'iò  che  in  italiano  dicesi  scampolo. 

Coupon  d'hotel:  cedola  d'albergo.  Specie 
di  tessera  hospitalis.,  ma  che  si  acquista 
u  contanti  presso  un'agenzia,  e  serve  al- 
l'alloggio e  al  vitto  ne'  vari  alberghi  per 
<'iii  si  passa,  senza  avere  altra  briga. 

Courante:  specie  di  ballo  francese:  l'aria 
musicale  con  cui  la  courante  si  balla. 

Cour  des  miracles:  nome  che  in  Pa- 
rigi nell'otà  di  mezzo  si  dava  a  diverse 
vie  chiuse  e  quadrivi  abitati  da  cenciosi, 
mendicanti,  gente  di  mal' affare,  etc.  Vit- 
tore Hugo  nel  suo  romanzo  Nostra  Si- 
gnora di  Parigi  fa  rivivere  una  di  co- 
deste Corti  de'  miracoli.  Talvolta  questa 
locuzione  è  usata  oggi  in  senso  traslato. 

Courtier:  voce  francese:  in  italiano 
sensale. 

Coute  que  coute:  ad  ogni  costo.  Almeno 
gli  italiani  pronunciassero  bene  il  modo 
francese  che  è  come  è  qui  scritto,  e  non 
<-ome  i  più  dicono  coute  qui  colite! 

Coutil:  tessuto  serrato  e  forte,  di  lino 
ed  oggi  più  spesso  di  cotone  usato  special- 
mente per  busti,  traverse,  tende,  uosa,  etc. 
Un  tempo  i  più  bei  coutils  si  fabbricavano 
a  Bruxelles,  oggi  a  Mulhouse,  Lille,  etc. 
e  anche  in  Italia.  La  parola  coutil  deriva 
dall'antico  francese  couette.,  in  lat.  culcita 
^  nuUerasso.   Traliccio. 

Couturier:  così  è  chiamato  in  Parigi^ 
con  voce  antica  cui  fu  dato  nuovo  senso, 
il  sarto  da  donna,  l'artista  degli  abbiglia- 
menti muliebri,  l' interprete  della  bellezza, 
il  mago  che  trasmuta  la  donna  nell'idolo. 
L'inglese  Worth,  stabilitosi  a  Parigi  sotto 
il  secondo  impero,  e  per  l'appunto  il  1858, 
fu  il  primo  e  più  celebrato  della  serie.  | 
Couturier  etimologicamente  —  cucitore.^ 
dal  verbo  coudre  =  cucire,  dal  latino  con- 
snere. 

Cow-boy:  voce  inglese  formata  da  coiv 
< vacca)  e  boy  (giovane).  Così  sono  chia- 
mati i  pastori  degli  sterminati  armenti 
<;}io  ])ascolano  all'aperto  nelle  praterie  del- 
l'America  Settentrionale.  Nel  domare  i  ca- 
valli, nella  resistenza  allo  corso  disperate, 
iioir  armeggiare  e  in  ogni  altra  impresa  della 
vita  libera  o  selvaggia  hanno  gran  nome. 

Cozza:    nomo  volgare,  dato  nell'Italia 


meridionale  ad  un  ben  noto  e  gustoso 
mollusco  bivalve  {Mytilus  edulis)  di  con- 
chiglia bruna,  liscia,  quasi  triangolare. 
Si  attacca  alle  rocce  e  ai  corpi  sottoma- 
rini mediante  un  bisso.  A  Venezia,  jjeoci; 
in  Pomagna,  pidocchi  di  mare. 

Craohat:  dicesi  volgarmente  in  fran- 
cese di  quella  specie  di  croci,  decora- 
zioni, placche  o  altri  segni  distintivi  dei 
gradi  cavallereschi  che  si  fermano  sul- 
l'abito. Propriamente  crachat  è  da  cracker, 
latino  screare  =  purgarsi  tossendo,  onde 
sputo.  Come  si  vede,  il  primo  senso 
ondo  fu  esteso  il  vocabolo,  ancorché  effi- 
cace, non  è  de'  più  graziosi.  Pai-mi  vo- 
cabolo alquanto  in  disuso  oggidì  fra  di 
noi,  e  questa  è  la  sorte  di  non  poche  pa- 
role straniere  che,  dopo  breve  parabola, 
muoiono  di  morte  naturale,  non  certo  per 
effetto  di  reazione  di  italianità  da  parte 
degli  italiani! 

Crack  :  voce  inglese,  in  francese  crac, 
in  tedesco  krach.,  etc.  La  parola  è  eviden- 
temente onomatopeica  ed  indica  il  cadere 
fragoroso  e  improveduto  dei  solidi.  Figu- 
ratamente dicesi  :  «  un  crack  bancario,  il 
crack  della  casa  X***,  etc.  ».  Crollo  e 
tracollo  son  pur  voci  italiane,  e  io  le  ho 
intose  popolarmente  usare  in  senso  di 
mina.,  disastro.,  inatteso  e  rumoroso.  Del 
resto  anche  Dante  dice: 

Non  avria  pur  dairorlo  fatto  cricch. 

Cràne:  letteralmente  cranio.,  icQàviov; 
nel  linguaggio  popolare  francese  i:r  ardito, 
spavaldo^  litigioso;  onde  le  locuzioni 
avoir  l'air  cràne.,  c'est  un  cràne,  etc. 
Anche  questa  parola  è  talora  usata  da 
certi  nostri  scrittori  quando  si  vuole  dare 
speciale  garbo  al  discorso. 

Erano  belli  questi  bravi  figliuoli  gare{?nianti  coi 
soldati  sotto  le  anni,  più  ft'iovani  o  più  allenati  di 
loro,  non  rimanendo  indietro  mai  nelle  manovre,  e 
sfilanti  con  aria  marziale  e  cràne  davanti  ai  loro 
generali. 

Crapaudine:  chi  direbbe  che  un  polla- 
stri no  0  un  picciono  su  la  gratella  sia  lo 
stesso  ohe  à  la  crapaudine?  Eppure  è  la 
stessa  cosa.  L'origine  della  parola  non  ò 
la  j)iù  indicata  a  stuzzicare  l'appetito.  Cra- 
paud  vuol  diro  rospo  :  i  rospi  camminano 
con  lo  coscio  divaricato  :  i  polli  su  la  gra- 
ticola si  mettono  con  lo  coscio  stoso  e  slo- 


Ora 


116 


Gre 


gate,  e  da  ciò  la  locuzione  francese,  del- 
l'uso nel  linguaggio  della  cucina. 

Cravache:  frusta  corta  con  manico  ele- 
gante e  staffile  di  cuoio  raddoppiato  ;  usato 
dai  cavallerizzi  e  nel  linguaggio  dello  Sport. 
Dicesi  che  quel  cavallo  «  è  alla  cravache  », 
il  quale,  essendo  presso  alla  meta,  richiede 
quest'ultimo  sforzo  a  sferzate  {étre  à  la 
cravache^  locazione  del  gergo  francese  che 
vale  figuratamente  étre  presse^  activé). 

Creazione:  è  l'atto  del  creare;  ma  nel 
linguaggio  della  moda,  seguendo  l'uso  di 
Francia,  leggesi  ne'  negozi  e  chiamasi 
creazione  l'abito,  il  cappello,  etc.  di  nova 
forma,  l'ultima  espressione  di  quell'arte 
dell'eleganza  muliebre  di  cui  Parigi  tiene 
il  primato  del  mondo  tuttavia. 

Credat  Judaeus  Apella:  «  lo  creda  il 
(superstizioso) ^f-mrfeo  Apella^  non  io  perchè 
so  che  gli  Dei  menano  vita  beata,  e  se 
la  Natura  fa  qualche  portento  talora,  non 
sono  gli  Dei  corrucciati  a  mandare  giù  i 
miracoli  dal  cielo  ».  Orazio,  Satire^  I,  V, 
40  e  segg. 

Credito  fondiario  :  istituto  sancito  dalla 
legge  14  giugno  1866  ed  esercitato  da  al- 
cuni Banchi  (di  Napoli,  Cassa  di  Risparmio 
di  Milano,  di  Bologna,  etc.)  che  ha  per 
oggetto  di  prestare,  per  prima  ipoteca  so- 
pra beni  immobili  e  sino  alla  metà  del 
loro  valore,  somme  rimborsabili  con  amor- 
tamento.  V.  la  parola  fondiario. 

Credo  :  dicesi  per  professione  di  fede. 
Es.  credo  naturalista.  Ebbene  anche  que- 
sta estensione  del  Oredo  (Simbolo  degli 
Apostoli,  professione  di  fede  Cristiana)  è 
tolta  dal  francese  :  credo  ==  profession  de 
foi^  aveu. 

Credo  quia  absurdum  :  credo  perchè  è 
inverosimile.^  cioè  perchè  contrario  a  ra- 
gione. Sublime  paradosso  di  S.  Agostino 
in  sostegno  della  fede,  la  quale  non  ha 
né  può  aver  base  razionale. 

Cremare,  cremazione,  crematorio  :  sono 
neologismi  formati  dal  latino  cremare  = 
bruciare.,  ardere.,  detto  specialmente  dei 
cadaveri,  opposto  di  inumare^  seppellire. 
Se  non  ci  fosse  l'omonimia  spiacevole  io 
non  troverei  di  che  condannare  come  fa 
il  Fanfani  questi  neologismi:  del  resto 
l'uso  sancisce  e  i  diz.  li  registrano. 
Crémaillère  :   voce  francese   d'origine, 


pare,  germanica.  Crémaillère  significa 
una  speciale  via  ferrata,  per  le  fortissime 
salite,  e  consiste  in  una  terza  rotaia  in 
cui  calettano  i  denti  di  una  ruota  inter- 
media del  treno.  Il  Fanfani  propone  strada 
ferrata  dentata  o  a  denti  e  dentiera  o 
seghetta  la  rotaia  munita  di  denti.  Si  può 
in  fatto  di  lingua  proporre  i  più  bei  vo- 
caboli (non  è  il  caso  del  Fanfani!)  e  in 
pari  tempo  far  l'opera  più  inutile.  Anche 
Platone  ha  scritto  il  libro  della  Repu- 
blica,  e  Campanella  la  Città  del  Sole! 
Crémaillère  fu  tradotta  in  cremagliera  e 
ne'  manifesti  ferroviari  si  legge  ad  ingra- 
naggio^ che  .è  voce  più  semplice,  più  fa- 
cilmente intesa  e  meno  anfibologica  di 
quelle  del  Fanfani.  Ancora:  da  crémaillère, 
che  propriamente  significa  la  catena  del 
camino,  è  formata  la  frase  «  appendere 
la  crémaillère  »  per  dire  festeggiare  la 
casa  nova.  Locuzione  della  nostra  gente 
fine  e  mondana. 

Crème:  crema  (lat.  cremor,  liquore 
denso).  Questa  parola  è  usata  talora  fran- 
cesemente in  vece  di  rosolio,  come  crème 
di  rosa,  di  albicocche,  di  prugne.  Crèm,e 
dicesi  di  preparati  per  le  mondizie  della 
pelle,  dei  denti,  etc.  Crème  inoltre  signi- 
fica il  fior  fiore.,  la  parte  eletta  {V eletta)., 
con  speciale  riguardo  all'eleganza  e  alla 
mondanità,  e  traducesi  anche  goffamente 
in  crema  che  in  buona  lingua  significa 
il  piatto  dolce  di  uova  latte  e  zucchero 
rappresi  a  fuoco  lento.  In  codesto  signi- 
ficato molte  altre  voci  straniere  adopransi 
che  sono  a  loro  luogo  notate,  come  élite., 
fìne-fleur.,  high-life.,  pschutt.,  etc.  Il  Ri- 
j  gutini  difende  la  voce  crema  nel  senso 
di  fior  fiore  della  cittadinanza.  E  nes- 
suno vieta  cotesta  difesa.  Solo  si  nota 
che  il  traslato  familiare  di  crema  =  fior 
del  latte,  al  nuovo  senso  è  tolto  dal  fran- 
cese, tanto  è  vero  che  si  pronuncia  alla 
francese. 

Creosoto  :  liquido  oleoso  incolore,  che 
si  ottiene  dalla  distillazione  del  catrame 
del  legno  di  faggio  :  ha  efficacia  caustica 
ed  antisettica.  (La  parola  è  formata  dal 
greco  kréas  --=  carne  e  sózein  =  conser- 
vare). 

Crepapelle  :  parola  usata  nella  locuzione 
familiare:  ridere  a  crepapelle. 


Ciò 


117 


Cro 


Crepe,  Crépon,  Crèpe  de  Chine:  crespo, 
rt^suto  iiiio  di  seta  o  di  lana  che  servo 
specialmente  por  abiti  muliebri  ed  ha  per 
caratteristica  la  superficie  non  liscia  o  ra- 
j  sata,  ma  mossa  e  crespa.  |  Crepe,  usato 
'  assolutamente,  significa  in  francese  il  lutto, 
la  fascia  del  lutto  al  braccio  o  al  cap- 
pello.   I    Crèpe,  latino  crispus,  it.  crespo. 

Crescit  eundo  :  cresce  coli' avanzare, 
motto  latino  che  si  dice  per  lo  più  in  mal 
senso,  di  coso  che  ingrandiscono  col  loro 
avanzare.  Manifesta  corruzione  del  vir- 
giliano (Eneide,  IV,  175)  (Fama)  vire- 
sque  acqufrit  eundo. 

Crespìn:  nel  dialetto  meneghino,  ven- 
taglio. 

Cretonne:  e  non  creton  come  molti  scri- 
vono. Cosi  è  chiamata  una  tela  di  cotone, 
stampata  o  bianca,  usata  specialmente 
per  camicie.  È  detta  così  dal  nome  del- 
l'inventore, e  il  più  celebre  luogo  di  fab- 
brica fu  Lisieux  in  Normandia. 

Crever  les  yeux:  locuzione  francese  che 
significa  essere  una  cosa  evidente,  che  la 
vedrebbe  un  cieco,  che  salta  agli  occhi. 
Crever  è  dal  latino  crepare,  éclater. 

Crevette  :  voce  del  gergo  familiare  fran- 
cese: donna  galalite;  letteralmente  gran- 
rhiolino. 

Cria:  nome  volgare  che  si  dà  all'ul- 
timo nato  degli  uccelli  di  nido,  ed  in  ge- 
nerale a  tutti  gli  uccelletti  nidiaci.  | 
Cria  è  altresì  buona  voce  nostra  che  lar- 
gamente significa  la  generazione  nascente 
e  piccina  degli  animali  ;  così  io  intesi 
dire  da  un  pescatore  che  certa  specie  di 
pesca  guasta  la  cria  minuta  dei  pesci. 
Il  Petrocchi  nota  cria  -~  piccola  angailla, 
(  in  toscano  ceca,  cecolina)  fra  le  voci  morte. 
Hon.  strana  teoria  che  certe  belle  voci  e 
vive,  volgari  e  dialettali,  debbano  essere 
dichiarate  morte  perchè  non  appartengono 
alla  parlata  fiorentina! 

Criant:  part.  fr.  del  verbo  crier,  gri- 
dare, bandire  (cfr.  grida  :  -  bando).  Questa 
voce  è  usata  metaforicamente,  anche  presso 
di  noi,  in  luogo  di  stridente,  urtante,  che 
fa  ai  pugni,  etc. 

Cribbi  :  (lett,  cribro,  vaglio)  esclama- 
zione volgare  lombai'da  incui[)errovoronza 
è  storj)iato  0  occultato  il  nome  di  Cristo; 
<'  similmente  dicesi  cisto!  cristiani.' 


Cricket  :  con  questa  parola  inglese  noi 
chiamiamo  l'antichissimo  giuoco  italiano 
del  trucco  :  voce  semi-morta.  In  questo 
giuoco  le  palle  si  gettano  mediante  un 
bastone  o  maglio  ricurvo  in  fine  e  ter- 
minante con  un  piccolo  anello  con  cui  si 
raccoglie  e  scaglia  la  palla.  La  quale  deve 
passare  in  un  cerchio  di  ferro  jnobile,  in- 
fisso nel  centro  del  campo.  Per  le  altre 
norme  particolari,  vedi  J.  Gelli,  op.  cit. 

Criminale:  da  aggettivo  divenendo  so- 
stantivo, è  neologismo  (fr.  criminel)?  Come 
sost.  ha  esempi  lampanti  del  Boccaccio. 
Significa  non  solo  chi  è  convinto  reo,  ma 
chi  ha  disposizione  atavica  e  fisica  al  de- 
litto: derivato  criminaloide  col  suffisso 
oide  (gr.  eidos,  forma,  specie)  tolto  dal 
linguaggio  fisico,  che  ne  attenua  e  mo- 
difica il  senso.  V.   Oide. 

Criminaloide  :  Y.  Criminale. 

Criseoelefantina  o  criselefantina:  detto 
di  statua,  antica  (ellenica)  fatta  d'oro  le 
vesti  e  d'avorio  le  carni  :  èu  yQvoov  uaì 
eXécpavrog.  Tale  fu  Giove  Olimpico  di  Fidia . 

Crispino  :  familiarmente  e  per  celia  di- 
cesi per  calzolaio.  Crispino  e  Crispiniano, 
venerati  martiri,  25  ottobre,  anno  287, 
erano  di  professione  calzolai.  Da  crispus. 
lat.,  cioè  da'  capelli  ricciuti  o  crespi. 

Criterium  :  così  nel  linguaggio  delle 
corse  sono  chiamate  le  gare  de'  poliedri 
e  de'  corridori  giovani,  le  quali  servono 
di  pronostico  per  l'avvenire  o  a  giudicai'o 
del  loro  valore.  |  Criterium,  così  scritto 
è  parola  francese  dalla  forma  latina,  in 
italiano  criterio  (dal  greco  crino  =:  di- 
stinguo, giudico). 

Critica  :  detta  dell'età  della  donna,  vedi 
Età  critica. 

Critico  :  nel  senso  di  dubbio,  pericoloso, 
grave,  riferito  a  condizioni,  stato  morale, 
politico,  ricorda  ai  puristi  pel  suo  valore 
estensivo  il  francese  critique,  voce  pro- 
pria del  linguaggio  medico.  Conviene  es- 
sere puristi  molto  esporti  per  avvedersene. 
I  Critico  nel  dialetto  milanese  {critegh) 
vale  pedante,  sofistico,  stitico,  di  diffi- 
cile contentatura. 

Croc-en-jambe  (donner  un):  vi  coni- 
sponde  sì  noi  senso  proprio  come  nel  fi- 
gurato il  modo  italiano  dare  il  gambetto. 

Crocevia:  è  parola  dell'uso   per  indi- 


Cro 


118     — 


Gru 


care  l'incontro  di  pi''  yìo:  bivio^  trivio, 
quadrivio.,  cioè  crocìcchio. 

Crochet:  uncinetto.  Eppure  dicesi  più 
frequentemente  «  un  lavoro  a  crochet  » , 
che  non  la  voce  nostrana. 

Crocket:  è  il  nome  inglese  di  un  no- 
bile e  antico  giuoco  di  palla  italiano,  detto 
palla  al  maglio:  voce  semispenta.  Il 
giuoco  della  palla  al  maglio  è  affine  a 
quello  del  trucco.  Il  campo  è  diviso  da 
porte  ed  archetti  per  cui  deve  passare  la 
palla,  la  quale  è  mossa  da  una  specie  di 
maglio,  0  lungo  bastone  terminante  in  un 
martello  di  legno. 

Crociera:  nel  linguaggio  marinaresco 
significa  una  navigazione  fatta  per  un  de- 
terminato tratto  di  mare,  incrociando  per 
ogni  verso.  Si  usa  per  guardia,  per  sor- 
prendere navi  nemiche,  pirati,  merci  di 
contrabbando,  etc.     . 

Cronistoria:  la  serie  degli  avvenimenti, 
cioè  la  storia  narrata  nella  fredda  ed  og- 
gettiva successione  del  tempo.  (Molti  libri 
di  storia,  dettati  da  storici  presuntuosi 
col  semplice,  gretto  e  rigido  metodo  odierno, 
detto  storico,  sono  semplici  cronistorie, 
non  istorie:  nella  qual  parola  v'è,  come 
dice  pure  il  nome,  il  concetto  di  nesso, 
trama,  da  cui  arte,  umanità,  filosofìa  non 
possono  stare  disgiunte. 

Crookes  (tubi  di):  nome  del  fisico  Gu- 
glielmo Crookes  {cruk)  di  Londra  (n.  1832) 
il  quale  inventò  il  radiometro  e  costruì 
dei  tubi  che  da  lui  ebbero  nome  per  istu- 
diare  gli  effetti  delle  scariche  elettriche 
attraverso  dei  gas  molto  rarefatti.  Dal  ca- 
todo di  un  tubo  di  Crookes  partono  quei 
raggi,  scoperti  dal  Eoentgen  (detti  raggi  X) 
che  permettono  la  fotografia  dello  sche- 
letro e  di  cose  occulte.  (V.  Radiografia). 

Croquette  :  con  questo  nome  nella  cu- 
cina francese  chiamasi  quella  frittura  di 
piccola  forma  rotonda  ed  oblunga,  che 
suol  essere  di  riso,  di  carni,  di  legumi  i 
quali  si  passano  al  setaccio,  poi  nell'uovo 
sbattuto,  si  impanano  e  friggono.  La  pa- 
rola polpetta.,  polpettina  non  vi  corrisponde 
esattamente,  queste  essendo  di  carne  e 
per  lo  più  in  umido,  quelle  di  farinacei, 
fritte  e  croccanti,  onde  il  nome,  giacché 
croquette  è  diminutivo  di  croquet  da  cro- 
qiier  i~  croccare. 


Croquis:  è  il  nostro  schizzo:  ma  un 
noto  letterato  scrive  :  «  Alcuni  croquis 
di  Grévin  gli  rivelarono  l'avvenire  ».  E 
costoro  passano  per  sostenitori  ufficiali 
dell'  italianità  ! 

C rosse  (la):  così  è  francesemente  chia- 
mato un  gagliardo  giuoco  della  palla  af- 
fine per  l'impeto  e  la  violenza  al  giuoco 
del  calcio  (foot-ball).  Giuocasi  con  un  ba- 
stone a  foggia  di  pastorale,  munito  di 
rete  (in  francese  crosse.,  dal  basso  latino 
crocia  =  pastorale)  col  quale  si  spinge  e 
getta  la  palla).  Per  le  speciali  norme  V.  J. 
Gelli,  op.  cit. 

Croupier:  noi  giuoco  d'azzardo  o  di 
ventura  con  questa  voce  francese  si  in- 
dica non  colui  che  tiene  banco,  ma  l'ac- 
colito che  gli  fa  da  spalla,  lo  avverte 
delle  carte  che  passano,  sorveglia  il  giuoco 
e  via  via.  Nel  nobile  ritrovo  di  Monte- 
carlo sono  appunto  così  chiamati  gli  im- 
piegati che  fanno  il  giuoco  per  conto  della 
bisca.  Il  nome  deriva  da  croupe,  groppa. 
La  frase  étre  assis  en  croupe  derriere 
quelqu'un  ha  dato  origine  a  questa  voce. 

Croup:  termine  volgare  e  scientifico  nel 
tempo  stesso,  passato  dalla  Scozia  in  tutte 
le  lingue  per  indicare  quella  nota  specie 
di  laringite,  quasi  sempre  difterica,  carat- 
terizzata da  false  membrane  o  placche  su  la 
mucosa.  Malattia  mortale  specie  nei  bam- 
bini, prima  della  cura  del  siero  specifico 
contro  tale  male.  Così  in  Edimburgo  la 
denominò  Francis  Home  nel  suo  Trattato 
del  croup.,  1765.  La  parola  evidentemente 
si  connette  al  gotico  kropjan.,  =  all'inglese 
croah  r=  gridare,  gracidare,   gorgogliare. 

Croùte  :  =  crosta.  Nel  linguaggio  della 
pittura  croide  in  francese  significa  il  quadro 
vecchio,  annerito  che  par  abbia  la  crosta. 
Groide  è  pure  il  quadretto  di  poco  va- 
lore, ahbox'xo^  schizzo.  Anche  questa  voce 
bisogna  sapere  se  si  vogliono  intendere  i 
fogli  italiani.  Es.:  «  egli  si  arrischiò  bensì 
ad  esporre  diverse  sue  croùtes  al  Salone  : 
nessuno  lo  prese  mai  sul  serio  » . 

Cru  :  parola  francese  non  frequente,  ma 
pur  usata.  Gru  (letteralmente  cresciuta) 
è  il  terreno  fertile  ove  cresco  qualche  pro- 
dotto, dal  verbo  croitre  =  crescere  :  onde 
le  locuzioni  :  Des  vins  de  divers  criis., 
un  vin  d'un  bon  cru. 


Crii 


119 


Cur 


Crucif  ìge,  crucif  ige  eum  :  Vangelo  di 
S.  Giovanni,  XIX,  V,  6,  crocifiggilo, 
crocifìggilo!  grido  dogli  Ebrei  chiedenti 
a  Pilato  la  morto  di  Cristo.  Usasi  come 
u'rido  di  persecuzione  e  vendetta. 

Crumiri  :  V.  Krumiri. 

Cuagga  :  {Equus  quagga  o  Hippotigris 
(/nagga).  È  un  equino  affino  alla  Zebra, 
ma  striato  solo  nella  parte  anteriore  e  me- 
diana del  corpo  e  cogli  arti  privi  di  stria- 
ture.  Vive  nella  parte  orientale  dell' A- 
t'rica  meridionale. 

Cubia  (occhi  di):  l'apertura  o,  meglio, 
r  insieme  delle  due  aperture  circolari  di 
|)rora  da  cui  escono  le  catene  o  le  gó- 
mene per  le  ancore.  Lat.  excubiae? 

Cubicolo  :  dal  latino  cubiculum,  ca- 
mera da  letto  presso  i  Romani,  dal  verbo 
cubare  =  giacere,  dormire.  La  parola  cu- 
bicolo si  incontra  talvolta  in  libri  che 
trattano  di  argomento  romano. 

Cubilot:  tipo  di  alto  forno  per  la  fu- 
sione della  ghisa. 

Cuccetta  :  dim.  di  cuccia,  indica  il  letto 
minuscolo,  spesso  sovrapposto  l'uno  al- 
l'altro, che  è  nelle  cabine  de'  bastimenti. 

Cucuzzielie  :  voce  dialettale  napoletana: 
le  xucchettine.  Cfr.  cocuzzolo. 

Cugino  :  nello  stile  di  Corte  cugino  non 
è  solo  grado  di  parentela  ma  segno  gra- 
zioso di  dimestichezza  ed  affetto  dei  so- 
vrani fra  loro  o  verso  altrui.  I  Re  di 
Francia  chiamavano  nelle  loro  lettere  cou- 
sins  non  solo  i  principi  del  sangue,  ma 
i  pari,  i  duchi,  i  cardinali,  etc.  Presso 
la  Monarchia  Sabauda  coloro  che  sono  in- 
signiti del  collare  dell'Annunziata  hanno 
onorato  nome  di  cugini  del  Re. 

Cui  bono?:  lat.  a  che  giova?  fr,  à  quoi 
ben? 

Cui  prodest  scelus,  is  ieaW  :  commise 
il  delitto  quegli  cui  il  delitto  fu  utile. 
Seneca,  Medea,  500.  Sentenza  usata  nel  lin- 
guaggio giuridico  :  vera  il  più  delle  volte  ! 

Cul-de-lampe:  sgarbata  locuzione  fran- 
cese, usata  dai  librai  por  indicare  che  nella 
fine  di  alcuni  capitoli  del  libro  descritto 
lo  righe  della  stampa  sono  in  tal  modo 
disposto  da  formare  un  Piede,  una  Base 
di  lampada.  \  Cui  di  lampada  qvìì  anche 
detta  la,  parte  posteriore  dogli  antichi  can- 
noni ad  avaìicari(5a. 


Cui  de  sac:  via  senxa  uscita,  via  cieca. 
Oggi  meglio  si  dice  impasse.  V.  questa 
voce.  I  nostri  dizionari  registrano  la  pa- 
rola ronco,  strada  senza  uscita,  quasi  ri- 
torta e  chiusa  come  una  roncola,  e  la  lo- 
cuzione metaforica  esser  nel  ronco  per 
dire  «  trovarsi  in  un  ginepraio,  in  un  la- 
birinto ».  Via  del  Ronco  è  altresì  il  nome 
di  una  strada  chiusa  in  Firenze.  Ma  il  vero 
è  che  questa  buona  parola  italiana,  sug- 
gerita pur  dai  puristi,  non  ha  onore  di 
grande  diffusione.  La  parola  cui  de  sac 
non  è  molto  bella  ma,  osserva  il  Vol- 
taire, la  populace  les  a  nommées  culs, 
et  les  reines  ont  été  obligées  de  les  noìn- 
mer  ainsi.  La  locuzione  francese  leggesi 
anche  tradotta  in  cui  di  sacco,  e  non 
solo  è  brutta,  ma  anche  impropria  che 
del  sacco  dicesi  fondo. 

Cum  grano  salis  :  con  un  grano  di  sale, 
cioè  «  con  un  pizzico  di  buon  senso  » 
(Plinio  il  vecchio,  Hist.  nat.,  28,  8). 

Cumquibus  o  conquibus  :  motto  latino 
familiare  per  indicare  quei  mezzi  coi  quali 
(=  eum  quibus)  si  fa  tutto,  anche  far  ri- 
montare i  fiumi  alla  natia  sorgente,  cioè 
coi  danari.  Quibus  =  argent.  Voce  del 
gergo  francese. 

Cunctator:  indugiatore,  temporeggia- 
tore, voce  latina  spesso  usata  in  buon 
senso,  0  in  senso  ironico,  per  significare 
chi  sa  con  prudenza  destreggiarsi.  |  Cun- 
ctator fu  sopra  nome  dato  a  Q.  F.  Mas- 
simo che,  col  temporeggiare,  tenne  a  bada 
Annibale  (Livio  30,  26,  9). 

Cuòco  :  è  colui  che  fa  di  cucina,  non  il  pre- 
sente del  verbo  cuocereGhe scrivesi  cuòcio, 
noi  cociamo,  voi  cocete,  essi  cuòciono. 
Pass,  rem.,  cossi.  Cong.  pres.,  che  io  cuo- 
cia,  che  noi  cociamo,  cociate,  cuòcìano. 

Cura9ao  :  rosolio  preparato  con  la  scorza 
d'uno  speciale  arancio  {citrus  vulgaris)^ 
ed  è  così  detto  dall'isola  di  Cura^ao  nelle 
Antille  ove  codesta  pianta  lìorisce  copiosa. 
Voce  olandese. 

Cura  Kneipp:  dal  nome  dell'abate  Se- 
bastiano Kneipp,  parroco  dì  Woorishofen 
(Baviera)  n.  1821,  m.  1897,  che  ne  fu  ri- 
gido od  instancabile  propagatore.  Consisto 
in  una  energica  cura  idroterapica  ed  igie- 
nica >secondo  i  dettami  della  fisiologia. 
Questa  (jura,   se   non  è  il    ìova'ìx  sana  di 


Olir 


120 


Cza 


utte  le  infermità,  certo  è  efficace  nelle 
affezioni  nervose,  nelle  malattie  del  ricam- 
bio'(polisarcia,  diabete,  artrite,  gotta,  etc.) 
nella  alterata  crasi  sanguigna,  e  la  ragione 
del  beneficio  si  intende  di  leggieri  ove  si 
])ensi  che  si  tratta  nulla  più  che  di  una 
dieta  naturale  e  moderatrice  degli  abusi, 
confortata  dalla  scienza.  Certe  nordiche 
esagerazioni  di  questa  cura  hanno  molto 
contribuita  a  formarne  la  rinomanza.  Vi 
sono  stabilimenti  idroterapici  ove  si  pra- 
tica la  detta  cura. 

Curare  :  veleno  vegetale  potentissimo, 
usato  dai  selvaggi  per  attossicare  le  loro 
frecce. 

Curatela  :  dal  francese  curatelle  (rad. 
eura)  significa  nel  linguaggio  legale  l'uf- 
ficio del  curatore  ;  al  modo  istesso  che  da 
tutore  dicesi  tutela. 

Cu  rèe  :  (rad.  lat.  cor.,  cuore)  in  termine 
di  caccia  è  lo  sventramento  della  selvag- 
gina che  si  dà  in  parte  ai  cani,  in  ita- 
liano carneficina.,  e  dalla  rabbia  dei  cani 
per  la  preda  passò  per  traslato  agli  uo- 
mini e  fu  usata  in  senso  figurato.  Lo  Zola 
ne  fece  il  titolo  d'un  suo  romanzo.  Questa 
voce  francese  è  talora  in  uso  presso  di 
noi.  Es.  «La  curée  era  inaugurata;  la 
caccia  al  Cinese  incominciava  ». 

Curia  Romana  non  petit  oves  sine  lana: 
Dantes  exaudit,  non  dantibus  ostia  olaudit: 
antico  motto  formatosi  in  odio  alla  Curia 
romana:  la  curia  romana  non  chiede  gli 
agnelli  senxa  dimandare  anche  la  lana  : 
chi  dà  è  esaudito.,  a  chi  non  dà  chiude 
la  porta.  Questi  due  versi  sono  attribuiti 
a  S.  Brigida,  secolo  XIV.  È  anche  un'an- 
tica pasquinata. 

Curiosare  :  voce  familiare  nostra  che 
significa  andare  qua  e  là  osservando  per 
vedere  o  scoprire  qualcosa. 


Cursum   consummavi,  fìdem   servavi  : 

compii  la  vita  ;  serbai  la  fede.  S.  Paolo, 
Epist.,  II,  ad  Timoth..,  cap.  IV,  7.  Motto 
sublimo  ed  eroico! 

Cutter  :  (coire)  dal  verbo  inglese  to  cut 
che  vuol  dir  tagliare.  La  chiglia  a  col- 
tello sì  da  reggere  bene  al  mare,  e  l'al- 
beratura [porta  un  solo  albero  a  crocetta, 
qualche  vela  quadra  volante,  i  flocchi  e 
una  gran  randa]  distinguono  tale  nave 
dalle  altre  navi  ;  non  la  grandezza,  giacché 
può  essere  mercantile  e  da  diporto.  Suo 
carattere  è  là  velocità.  Un  lessicografo 
propone  la  voce  Tagliatore,  ma  chi  in- 
tenderebbe ?  Si  trova  e  si  ode  la  versione 
in  coltro  0  catterò.  La  parola  cutter  è 
anche  nei  dizionari  francesi. 

Cuvette  :  diminutivo  da  cz<2?e,  francese; 
cfr.  cupa  in  latino,  coppa  e  l'aggettivo 
cupo  in  italiano  :  aggettivo  bello  di  suono 
e  di  senso,  ma  un  pochino  fuor  d'uso. 

Non  è  senza  ragion  l'andare  al  cupo. 

Dante,  Inferno. 

Cuvette  vuol  dire  bacino^  tinozza,  semi- 
cupio., bagnarola  come  si  dice  familiar- 
mente. Cfr.   Tub. 

Cymbalìs  :  V.  in  cymbalis. 

Czar  0  Tzar  o  Zar  :  titolo  dell'auto- 
crate Eusso.  L'imperatore AlessioComneno 
ne  avrebbe  insignito  il  principe  russo  Vla- 
dimiro II  nel  1115.  Il  primo  ad  assumere 
questo  titolo  fu  Ivano  IV  nel  1547  dopo 
che  fu  scosso  il  giogo  dei  Tartari  dalla 
Eussia.  La  etimologia  di  questa  parola  è, 
verosimilmente,  da  Caesar.,  V,  Kaiser. 
Czar  evie,  figlio  e  CxaQ-evna  figlia  dello 
Czar,  dai  due  suffissi  slavi  evie  ed  evna., 
indicanti  i  rapporti  di  nato  e  di  nata. 
Delle  tre  varie  scritture  più  esatta  sarebbe 
Tzar  come  più  vicina  alla  grafia  russa. 


ID 


Da:  oltre  che  moto  da  luogo,  significa 
attitudine,  fine  ad  alcuna  cosa,  non  dipen- 
denza, e  perciò  i  grammatici  riprendono 
le  locuzioni  comuni  festa  da  ballo,  bi- 
glietto da  visita^  messa  da  requiem,  in- 
vece di  festa  di  ballo,  biglietto  di...  etc. 

Dactilografia:  (dal  gr.  dàetilon  zzi  à\io 
<•  .^rra/ia  =  scrittura)  neologismo  invalso 
in  questi  ultimi  tempi  per  indicare  la  scrit- 
tura a  macchina,  molto  diifusa  oggidì  ne- 
gli uffici  e  per  comporre  e  per  trarre  co- 
pia da  mss.  Le  prime  macchine  furono, 
se  non  erro,  introdotte  fra  noi  dopo  il  1883. 

Dada:  è  voce  francese  infantile  come 
dice  il  suono  istesso  delle  due  sillabe 
uguali,  ed  esprime  il  primo  saggio  del 
carminare  [to  daddle  a  child  è  pur  espres- 
sione inglese],  poi  il  cavalluccio  di  legno. 
La  parola  dada  ricorre  da  noi  nel  senso 
traslato  francese  di  idea  prediletta.,  desi- 
derio di  persona  o  cosa  a  cui  il  pensiero 
ritorna.  Dada  è  pur  voce  volgare  nostra 
con  cui  i  bimbi  chiamano  la  donna  che 
li  mena  attorno. 

Dado  :  dicono  i  meccanici  nel  senso  di 
testa  mobile  madrevitata,  di  forma  pri- 
smatica qualsiasi. 

Dai:  e  così  pure  fai^  stai  scrivono  e 
dicono  all'imperativo,  seconda  persona, 
alcuni  che  vogliono  seguir  da  vicino  la 
|)ronuncia  toscana.  Il  Rigutini,  toscano  e 
accademico,  e  i)ur  uomo  pieno  di  gran 
rettitudine  lettc^raria,  annota  «  ò  miglioro 
ortografia  scrivere  da'  che  da  o  dai  alla 
fiorentina  ». 

Daltonismo:  malattia  della  vista  por  la 
([uah^  non  si  distinguono  bene  alcuni  co- 


lori, specialmente  il  rosso  ed  il  verde. 
Questa  informità  ebbe  nome  dal  fisico  in- 
glese G.  Dalton  (1766-1844)  che  la  de- 
scrisse su  di  sé  stesso.  È  chiamata  anche 
acromatopsia.  Dicesi  anche  daltonismo 
in  senso  morale. 

D'altronde:  fr.  d'ailleurs.,  ^qv  per  altro., 
del  resto.,  d'altra  parte.,  o,  come  preferisce 
il  popolo,  'poi.  In  it.  d'altronde  sarebbe 
un  avverbio  di  luogo  e  indicherebbe  da 
altra  parte;  ma  è  oramai  fuori  d'uso. 
Ora,  se  sta  per  morire  in  senso  proprio, 
perchè  mantenerlo  in  vita  in  senso  me- 
taforico non  suo?  Così  i  puristi.  Se  non 
che  il  Rigutini  giustamente  osserva  :  «  È 
poi  veramente  errore?  Se  io  posso  dire  in 
senso  avversativo  d'altra  parte '^  altronde 
e  d'altronde  che  è  il  suo  equivalente, 
perchè  non  lo  potrò  usare  con  lo  stesso 
significato  ?  » .  Questo  —  aggiungo  io  — 
è  il  problema  che  si  presenta  in  molti 
casi  di  veri  o  supposti  francesismi.  JiW 
risposta  non  è  dubbia. 

Dama  dei  biscottino:  locuzione  lom- 
barda di  molta  e  caustica  efficacia,  ma 
che  tendo  ad  andare  in  disuso  (V.  Porta)  : 
indica  })roj)riamente  la  nobildonna  che  do- 
vendo 0  volendo  adempiere  ai  procotti  di 
Cristo,  crede  di  soddisfarli  portando  il  bi- 
scottino al  lotto  dogli  informi  dell'ospi- 
tale. Troppo  lieve  fatica  per  con(iuistar(> 
il  cielo!  Usasi  tale  locuzione  si)rogiativa- 
mente  per  indicare  lo  signore  doH'aristo- 
crazia  nera:  lo  damo  ascritto  a  società 
eattolicho. 

Dancing  on  tiie  barn  :  o,  più  brevomonto, 
dancing^  specie  di  ballo  ohe  dovette  os- 


Dan 


122     - 


Dau 


sere  di  origine  popolare,  come  dice  il  nome 
inglese,  e  poi  elevato  a  dignità  di  ballo 
signorile:  è  un  ballo  figurato  di  quatti'o 
passi  di  polacca  (polka)  per  mano,  quattro 
di  valzer,  quindi  i  danzatori  si  abbracciano 
e  riprendono. 

Dandy  :  parola  inglese,  passata  in  Fran- 
cia, press' a  poco  come  fashionable  (vedi 
questa  voce)  e  si  dice  di  persona  che,  non 
solo  ostenta  la  religione  dell'eleganza,  ma 
ne  crea  talvolta  le  stranezze  e  la  moda  : 
oggi  in  disuso.  V.  Lion. 

Danseuse  :  a  questa  parola  francese  bal- 
lerina^ danzatrice  non  bene  corrispondono, 
almeno  nell'uso,  per  la  stessa  ragione 
che  chanteuse  non  è  proprio  cantante.  \ 
Danseuse  dicesi  con  special  riguardo  di 
colei  che  eseguisce  strane  e  lascive  danze, 
come  il  can-ean^  la  danza  serpentina,  il 
ballo  del  ventre,  etc. 

Dante  (pelle  di):  spesso  si  ode  dalla  no- 
stra gente  ignorante  domandare  de'  guanti 
di  pelle  di  dante.  E  la  versione  fonica  di 
peau  de  daim^  di  damma  o  daino  con  cui 
si  fabbricano  guanti,  gambali,  calzoni. 

Danzante  :  come  part.  aggiunto  di  festa, 
veglia,  è  la  versione  del  francese,  ma- 
tinée^ soirée  dansante^  modo  ti-aslato  con- 
forme all'indole  della  lingua  francese,  dif- 
forme al  modo  italiano  di  concepire.  Come 
locuzione  fatta,  è  senza  dubbio  felice. 

Da  pigliarsi  con  le  molle:  dicesi  di 
grossi  errori,  e  anche  di  persone  sprege- 
voli che  non  si  possono  accostare  né  toc- 
care. 

Dar  del  filo  da  torcere:  locuzione  fa- 
iniliare  ;  vale  :  dare  altrui  materia  di  lavoro 
paziente,  assiduo,  irto  di  spine  per  rag- 
giungere un  intento,  superare  una  diffi- 
coltà. Spesso  la  locuzione  contiene  senso 
ostile.  Es.  «  Ricordati  che  ti  darò  del  filo 
da  torcerei  ». 

Dare  evasione  :  per  rispondere^  dare 
corso ^  è  termine  non  bello  degli  uffici. 
V.  Evasione. 

Dare  il  la:  nel  senso  traslato,  detto 
di  persona  che  dà  l'intonazione,  il  carat- 
tere, la  tinta,  l'espressione  cui  gli  altri 
s'accordano,  è  modo  dell'uso.  Nel  lin- 
guaggio musicale  dare  il  la  significa  dare 
l'accordo.  Il  senso  traslato  ci  provenne 
dal  francese  donner  le  la  ? 


Dar  la  fuga:  locuzione  dialettale  ro- 
magnola che  vuol  dire  schernire,  beffare, 
quasi  da  costringere  alla  fuga. 

Dar  lo  sbruffo:  modo  popolare  toscano, 
cojnune  ad  altre  regioni  :  significa  :  dar  da- 
naro 0  roba  di  nascosto  per  ottenere  fa- 
vore e  privilegio  contro  giustizia. 

D'Artagnan  :  noto  personaggio  del  fa- 
moso e  popolare  romanzo  di  A.  Dumas, 
1  tre  moschettieri  :  audace,  spavaldo,  ca- 
valleresco, generoso,  rotto  ad  ogni  im- 
presa, tipo  guascone  e  francese  :  divenne 
presso   che  proverbiale   e  antonomastico. 

Darwinismo  :  la  teoria  del  grande  natu- 
ralista e  filosofo  inglese  Carlo  Darwin 
(1809-1882),  secondo  la  quale  il  mondo 
dei  viventi  quale  oggi  è,  proviene  da  lenta 
e  graduale  trasformazione  e  perfezione 
mercè  la  selezione  e  la  lotta  per  l'esi- 
stenza :  due  vocaboli  usati  ed  abusati. 
Y.  Della  origine  delle  specie  per  natu- 
rale selezione^  1859,  opera  di  lui  capitale. 

Da  Scilla  a  Cariddi:  o  latinamente: 
Incidit  in  Scyllam.,  cupiens  vitare  Gha- 
rybdim^YGrso  di  Gualtier  de  Lille,  Alexan- 
dreis^  V.  301,  poeta  del  sec.  XIV,  rinno- 
vato da  un  adagio  greco  che  leggesi  in 
Apostoli 0,  XVI,  49  (Parcennogr.  Oraeci^ 
ed.  Leutsch.  II,  672).  Cfr.  altresì  Omero, 
Odissea,  XII.  Dicesi  di  chi  volendo  evi- 
tare un  pericolo,  cade  in  un  altro.  Cariddi 
era  un  vortice  nello  stretto  di  Messina, 
Scilla  una  rupe  di  fronte  a  Cariddi.  Ma 
il  tempo  placa  e  diminuisce  vortici  e  scogli. 

Das  Ewig-Weibliche:  V.  Eterno  fem- 
minino. 

Datare  da  :  per  cominciare  da  ricorda 
ai  puristi  il  verbo  francese  dater^  commen- 
cer  à  compier  d'une  certaine  epoque. 

Dataria  :  ufficio  prelatizio  in  Roma  pel 
conferimento  di  grazie  e  dispense  :  così  è 
detto  dalla  data  delle  suppliche  segnate. 

Dato  :  come  sostantivo  vale  tiozìone., 
fatto  supposto  0  ammesso  nella  ricerca 
di  una  verità  ed  è  voce  usata  nel  lin- 
guaggio delle  scienze.  Indi  significò  nel- 
l'uso comune  ciò  che  è  offerto  dai  fatti, 
fatto  vero  e  accertato  da  cui  si  deduce  e 
si  argomenta.  Spiace  ai  puristi. 

Daumont:  vetture  alla  Daumont  sono 
chiamati  certi  traini  signorili  a  quattro 
ruote,  pesanti,  scoperti,    in  cui  i  signori 


Diiv 


123 


Dee 


siedono  su  l' alto  di  superbi  sedili.  Il 
uomo  preciso  è  alla  D'Aumont,  da  Luigi, 
duca  d' Aumont,  gran  signore  di  Francia  e, 
prima  della  rivoluzione,  arbitro  della  moda 
e  delle  eleganze.  Egli  era  celebre  per  lo 
sue  scuderie  e  die  voga  a  tale  foima  di 
cocchi. 

Davus  sum,  non  Oedipus:  io  sono  Davo 
[m\  servo),  non  Edipo  (il  sapiente  che 
spiegò  l'enigma  della  Sfinge).  Terenzio, 
Andria.  atto  I,  3,   194. 

Dazio  :  per  'porteti  barriera  è  locuzione 
milanese  molto  comune  per  indicare  la 
porta  della  città  ove  solevano  essere  i  do- 
ganieri. L'uso  rimane  anche  dopo  che  il 
dazio  alle  porte  è  stato  tolto.  Idiotismo 
destinato  a  scomparire. 

Dead-heat  {ded-hit)  :  parola  inglese  del 
linguaggio  delle  corse  e  significa  prova 
nulla  per  /'  arrivo  simultaneo  di  due 
cavalli,  ciclisti  e  simili  istrumenti  di  ra- 
pidità. Come  tutte  le  voci  dello  sport 
essa  è  pure  nel  gergo  francese. 

De  auditu  :  lat.  per  sentita  dire. 

Débàcle:  nel  primo  senso  disgelo.,  in- 
nondaxione  e  propriamente  significa  lo 
spezzarsi  della  superficie  compatta  e  con- 
gelata di  un  fiume,  i  cui  lastroni  preci- 
pitano per  la  corrente  con  pericolo  de' 
ponti  e  de'  battelli.  Es.  la  débàcle  de  la 
Lnire.  Passò  poi  nel  senso  politico  e  so- 
ciale per  indicare  la  mutata  fortuna,  lo 
scomporsi  e  il  precipitare  irresistibile  di 
una  istituzione,  di  una  forma  di  governo, 
etc.  In  tale  senso  la  voce  francese  è  usata 
da  noi.  Vi  risponderebbero  le  parole  sfa- 
celo., sbaraglio. 

Débauché  :  parola  francese  che  indica 
r eccesso  del  bere  e  del  mangiare  e  poi 
s regolatezza  de'  costumi.  Derivato  dé- 
bauché. Per  l'etimologia  V.  lo  Scheler. 
TI  Sig.  Petrocchi  nel  suo  dizionario  uni- 
versale fa  posto  all'aggettivo  debosciato. 
Oh,  perchè  allora  non  metto  anche  debo- 
scia'^  Questo  «sconcissimo  gallicismo» 
(Rigutini)  mi  pare  alquanto  fuor  dell' uso, 
0  almeno  panni  fra  i  gallicismi  uno  de' 
più  evitati  ed  evitabili,  forse  in  grazia 
del  pessimo  suono. 

Debito  publioo:  è  il  complesso  di  tutto 
le  obbligazioni  di  denaro  dello  Stato  verso 
])rivnti.  Con  l(^gg(^   10  luglio   18(31   venne 


j    istituito  il   Oran  libro  del  debito  del  if'e- 

1   gno  d'Italia. 

Debordare:  per  venir  fuori,  sporger 
fuori  dal  suo  posto  o  orbita,  è  il  Ir.  dé- 
border.  Y.  Bordo. 
Debosciato  e  Deboscia:  Y.  Débauclie. 
Debutto  e  debuttare:  i  dizionari  di  so- 
lito non  registrano  queste  due  parole  che 
sono  di  valore  quasi  tecnico  nel  linguaggio 
teatrale.  «  Gallicismi  sguaiati  »  {début  e 
débuter)  li  chiama  il  Fanfani  e  propone 
esordiente  ed  esordire.^  principiante  e 
principiare.,  ma  chi  usa  queste  parole 
in  tale'  senso?  Il  Rigutini  annota  che 
«  anche  la  gente  di  teatro  e  i  gazzettieii 
cominciano  a  vergognarsene  »  ;  ma  non 
mi  pare  davvero! 

Decadente:  neol.  non  registrato  e  tolto 
dal  neologismo  francese  décadent,  per  iìi- 
dicare  quella  scuola  poetica  la  quale  sus- 
seguendo ad  un'età  gloriosa  e  piena,  segnò 
un  periodo  di  decadenza  come  nerbo  di 
pensiero,  compensata  però  da  alcuna  in- 
novazione nella  forma  e  nei  suoni.  Furono 
detti  codesti  poeti  anche  Parnassiani  dal 
ParnassG  contemporain,  edito  dal  Le- 
merre  (1866,  in-8°)  con  la  collaborazione 
della  più  parte  di  cotesti  poeti,  fra  i  quali 
Arsene  Houssage,  Th.  Gautier.  Carlo 
Baudelaire.,  F.  Goppée.,  Sully  Frudhom- 
me,  etc.  Codesta  scuola  fu  espressione  di 
forze  giovani  e  ribelli  che  fusero,  per  cosi 
dire,  nella  nuova  arte  l'elemento  roman- 
tico della  passione  e  la  raffinatezza  clas- 
sica della  cesellatura  e  del  suono.  In  questo 
amore  della  raffinatezza  sta  la  ragione  del 
nome.  E  sta  altresì  nel  fatto  che,  come 
esiste  l'alba,  il  meriggio  e  il  tramonro, 
così  esistono  varie  tendenze  del  pensiero 
artistico  e  letterario  e  ciascuna,  secondo 
la  sua  ragione,  può  aveio  particolari  bel- 
lezze e  fascini.  Carlo  Baudelaire,  parago- 
nando l'accademismo  classico  ad  una  «  ma- 
trona rustica,  ripugnante  di  salute  e  di 
virtù,  senza  contegno  e  senza  espressione  », 
dice  che  la  letteratura  di  Decadenza  è 
come  «  una  di  quelle  imperiose  bellezze 
che  dominano  la  memoria,  che  congiun- 
gono al  profondo  fascino  naturalo  tutta 
l'oloquonza  del  vestire  :  signora  do'  suoi 
movimenti,  cosciente  e  di  sé  stessa  ri>- 
gina  ;  voce  armoniosa  come  ben  temprato 


T)oc 


124     - 


Dee 


.strumento;  sguardi  densi  di  pensiei-o  che 
hanno  virtù  di  far  intendere  quel  solo  che 
vogliono  ».  Il  paragone  elegante  è  anche 
vero.  Se  non  che  la  dama  elegante  a  lungo 
andare  perdette  son  charme  profond  et 
originai  e  tutta  Véloquence  restò  limitata 
aUa  toilette.  In  altri  termini  l'eccesso  del- 
l'estetica diventò  manifesto  vizio;  l'ar- 
monia de'  suoni,  bamboleggiamento.  Tale 
scuola  si  ripercosse  dovunque  con  qualche 
lode  come  ogni  cosa  che  vien  di  Parigi 
e  specialmente  influì  sull'arte  poetica  ita- 
liana della  fino  del  secolo  XIX  con  un 
numero  inverosimile  di  poeti  imitatori  e 
stillanti  melassa  e  spargenti  luccicori  di 
lumaca  da  per  tutto.  Fra  questa  bassa 
folla  di  decadenti  e  di  esteti  in  mala  copia, 
mascheranti  co'  suoni  il  povero  pensiero, 
titano  solitario,  G.  Carducci  sta  custode 
del  genio  italico.  |  Decadente  vale  anche, 
nel  gergo  elegante  e  gìornaìistÌGO.  l'affinato. 

Decampare:  neologismo  e  metafora  nel 
tempo  stesso  assai  comune.  Décamper  in 
francese  =  levare  il  campo,  sloggiare. 
Es.  Armée  ohligée  de  décamper,  e  fami- 
liarmente =  s'enfuir.  Ma  non  ha,  che  io 
sappia,  il  senso  metaforico  in  cui  noi  l'u- 
siamo di  recedere  dalle  proprie  opinioni. 

Décavè  :  voce  usata  nel  linguaggio  del 
giuoco.  Cave,  lat.  cavus^  vuol  dire  in  fran- 
cese, oltre  che  cantina,  anche  la  posta 
del  giuoco,  cioè  quanto  ciascun  giocatore 
si  propone  di  arrischiare.  Décavé  è  colui 
che  ha  perduto  la  sua  cave.  Quindi  in 
francese  le  frasi  :  décaver  itn  joueur^  étre 
décavé.^  perdre  tonte  sa  cave.  Sbancare 
e  sbancato  vi  rispondono,  ma  solo  in 
parte  giacché  si  riferiscono  a  chi  tiene 
banco  :  e  anche  qui  il  francese  ha  la  for- 
tuna della  unica  parola  nota  ed  efficace. 
Trovo  anche    il    neol.   astratto  décavage. 

Deceduto  :  per  morto.,  fr.  decedè. 

Decesso  :  per  morte  ricorda  il  francese 
déoès.,  dal  verbo  deceder  {Ì3itìno  decèdere 
zzz  andarsene)  =  mourir  de  mort  natu- 
rale.  Voce  dell' uso,  specie  negli  uffici. 
«  Latinismo  inutile  »  lo  dice  il  Eigutini, 
cioè  latinismo,  gallicismo  e  voce  burocra- 
tica insieme,  il  che  è  di  non  poche  parole. 

Decidere  e  decisione:  V.  Deciso. 

Decisamente:  nel  senso  di  certamente 
con  inclusa  l' idea   di   risolutezza   e  con- 


clusione, risponde,  secondo  i  puristi,  al 
décidément  dei  francesi. 

Deciso  :  per  risoluto.,  fermo.,  pronto., 
non  può  usarsi  secondo  il  Tommaseo,  il 
Panfani  ed  il  Rigutini  giacché  la  cosa 
non  la  persona  è  decisa.  Vero  é  che  noi 
usiamo  deciso  alla  maniera  francese  :  dé- 
cide =  ferme,  invariable.,  résolu.  Anche 
decidersi  per  risolversi.,  determinarsi. 
spiace  ai  puristi  e  por  la  l'agione  etimo- 
logica (rfe-c«c?erei=: tagliare,  onde  ben  detto 
decidere  una  lite,  quasi  tagliarla)  e  perché 
conforme  al  francese  décider  :  lo  stesso 
dicasi  di  decisione  per  risoluzione.  Voci 
d'uso  presso  che  popolari. 

Declinare  :  letteralmente  vuol  dire  vol- 
gere in  basso  ed  è  verbo  usato  dai  fran- 
cesi in  più  ampio  senso  che  non  in  ita- 
liano. In  francese  si  dice  appunto  décliner 
un  honneicr.,  décliner  son  nom.  Tanto 
l'una  come  l'altra  locuzione  sono  in  molto 
uso  presso  di  noi  e  sono  da'  puristi  ri- 
prese. Avvertasi  tuttavia  che  declinare 
ebbe  nell'uso  antico  valore  di  scansare 
onde  la  locuzione  declinare  un  onore,  un 
ufficio  potrebbe,  volendo,  trovar  buona 
difesa.  Ma  il  declinare  (dire)  il  nome  è  di 
quei  gallicismi  che  non  vanno  più.  Credo 
lo  avvertano  anche  nelle  scuole. 

Décolletage  :  astratto  di  décolleté.  Vedi 
questa  parola. 

Décolleté  :  abito  décolleté,  una  signora 
tutta  décolleiée,  etc,  è  voce  prevalente 
alla  nostra  che  vi  corrisponde,  lo  scollato. 
La  quale  vedasi  come  ben  suona  in  questo 
classico  esempio  :  «  L'abito  di  queste  donne 
era  di  raso,  a  superbi  e  lascivi  ricami 
d^oro,  con  ornamento,  intorno  al  loro  scol- 
lato., d'oro  e  ricco  di  gioie».  E  così  di- 
cesi anche  scollatura:  «Mostrava  il  can- 
dido petto,  del  quale,  mercé  del  vestimento 
cortese  nella  sua  scollatura.,  gran  parte 
se  ne  apriva  a'  riguardanti  » .  Ma  ormai 
la  voce  francese  è  di  assoluto  dominio  e 
le  parole  italiane  non  trovano  accoglienza 
che  negli  scritti  letterari. 

Decorativo  :  dicesi  talora  con  intenzione 
arguta  e  satirica  di  persona  che,  pur  va- 
lendo poco,  ha  molta  prestanza,  dignità  e 
parvenza  così  che,  per  il  fatto  che  l'es- 
sere è  vinto  dal  parere,  dà  decoro  all'uf- 
ficio 0  alla  parte  che  deve  sostenere. 


De 


—     125 


!)(-• 


Decorazione  :  (lat.  deeus  =  decoro)  per 
ordine  cavalleresco  ricorda  ai  puristi  l'uso 
tViinceso  :  La  dccoration  de  la  Legion 
d'honneur,  Cha marre  de  decorai ions^ eie. 
È  il  solito,  frequentissimo  caso  di  quei 
gallicismi  che  si  possono  chiamare  tali 
solo  perchè  l'uso  o  il  costrutto  è  tolto  dal 
francese,  non  perchè  siano  difformi  dall'i- 
taliano 0  mal  convengano  alle  leggi  eti- 
mologiche. 

Decozione:  dal  lat.  de  e  coquere  =;  cuo- 
cere :  in  farmaceutica  significa  il  far  bol- 
lire un  liquido  contenente  sostanze  medi- 
camentoso, così  da  estrarne  i  principi  attivi. 

Decubito:  dal  lat.  de  e  cubare  =  gia- 
cere. Dicesi  in  termino  medico  l'attitudine 
del  corpo  steso  sul  letto;  o  sul  dorso,  o 
sul  ventre,  o  sui  fianchi.  Col  nomo  di  de- 
cubito 0  di  decubitus  acutus  e  chronicus 
()  di  piaghe  da  decubito  vengono  puro 
designate  quelle  escare  e  successive  piaghe, 
che  si  formano  nelle  regioni  del  corpo, 
sottoposte  per  la  prolungata  posizione  oriz- 
zontale, a  prolungata  pressione. 

De  cuius:  letteralmente  del  quale:  ter- 
mine legale,  tolto  dal  Diritto  romano,  per 
indicare  una  persona  da  cui  proviene  una 
eredità,  quindi  II  de  cuius  vale  il  te- 
statore. De  cuius  haereditate  agitur. 

Dedica:  è  ritenuta  dai  puristi  forma 
mono  buona  di  dedicatória.,  per  indicare 
il  breve  scritto  con  cui  si  rivolge  o  de- 
dica un  libro  ad  alcuno.  Il  vero  è  che 
dedicatória  è  molto  fuori  dell'uso. 

Dedicarsi  :  è  detto  benissimo  nel  senso 
di  attendere  ad  un  culto,  ad  una  religione, 
ed  anche  nel  senso  di  farsi  ligio,  devoto 
ad  alcuno.  Dedicarsi  deriva  dal  latino 
de-dica/i'e  =:  consacrarsi.  Molti  però  ado- 
perano dedicarsi  in  vece  del  semplice 
darsi.,  attendere.  Es.  dedicarsi  alla  me- 
dicina.^ agli  impieghi.,  e  questo  modo  ha 
sapore  pei  puristi  di  esagerazione  e  ricorda 
l'uso  del  verbo  dédier  de'  francesi.  In  tale 
ultimo  senso  è  accolto  dalla  Crusca  su  la 
manifesta  autorità  dell'uso. 

Defatigare:  latinismo  che  nel  linguaggio 
de'  legali  dicesi  per  stancare.,  protrarre 
a  lungo.   Es.   defatigare  una  causa. 

Defatigatorio:  voce  del  gorgo  forense, 
da  defatigare.  Es.  eccoziono,  incidente, 
l)rocedura  defatiga iorìa. 


Defensionale  :  termine  legale  invece  che 
a  difesa.  Es.  prove  defensionali.  Neolo- 
gismo tolto  dalla  voce  defensione.,  latino 
defensionem . 

Defervescenza:  da  de  privativo  e  fer- 
vere ribollire  :  chiamano  i  medici  lo  stato 
e  il  periodo  in  cui  la  temperatura  si  ab- 
bassa verso  il  normale,  nelle  malattie  di 
carattere  febbrile. 

Defezionare:  V.  defezione.  Tale  verbo 
non  è  dedotto  dal  francese,  ma  formato 
da  noi  per  analogia. 

Defezione:  è  parola  di  pura  origine  la- 
tina, defectionem .  Ma  è  certo  che  l'uso 
che  noi  facciamo  di  defezione  e  del  verbo 
defezionare  per  dire  abbandonare  il  par- 
tito a  cui  si  appartiene,  cioè  per  diserzione 
e  disertare.,  ricorda  la  parola  francese  : 
défection -- action  d'abandonner  le  parti 
auquel  on  est  lié  :  di  fatto  noi  usiamo 
la  parola  defezione  specialmente  in  senso 
politico  e  riserbiamo  diserzione  al  senso 
militare.  V.  ciò  che  è  detto  alla  parola 
decorazione.  Cfr.  del  resto  il  modo  latino 
deficere  ab  aliquo  =  abbandonare  il  par- 
tito di  alcuno. 

Deficiente:  cioè  manchevole,  lat.  defi- 
ciens  :  eufemismo  che  talora,  specie  par- 
lando di  fanciulli,  equivale  a  frenastenico. 
V.  questa  voce.  |  Deficiente  è  pur  voce 
del  linguaggio  scolastico  e  significa  quel- 
l'alunno che  non  ha  la  preparazione  e  la 
maturità  necessaria  alla  promozione. 

Deficit:  persona  3"  del  pres.  ind.  del 
verbo  latino  defìcere.,  dunque  manca.  Così, 
parlando  specialmente  dell'Erario,  si  in- 
tende la  differenza  che  intercede  tra  le 
entrate  e  le  spese,  quando  queste  supe- 
rano quelle.  I  puristi  suggeriscono  manco. 

Défilé:  termine  militare  francese  più  di 
frequento  usato  che  non  la  parola  sfilata. 
Indica  il  passare  che  nelle  riviste  le  vario 
milizie  fanno  davanti  al  generale  od  al 
capo  dolio  Stato. 

Defunto:  nella  locuzione  rendersi  de- 
funto =  morire.,  è  giustamente  ripreso 
come  modo  improprio  e  ridicolo  giacché 
il  rendersi  defunto  suppone  volontà  e  in- 
tenzione della  cosa,  il  che  solitamente  non 
avviene. 

Degenerato:  part.  agg.  del  verbo  de- 
generare ^^  perdere  le  (|nalità  buono,  pio- 


Deg 


126 


Del 


prio  del  genere.  Di  questa  voce  oggi  molto 
«i  usa  ed  abusa  per  indicare  coloro  i  quali 
per'  abitudini,  gusti,  qualità  morali  e  fi- 
siche, ereditarie  o  acquisite,  si  allontanano 
dallo  stato  normale  fisiologico,  sano,  e 
tondone  a  forme  squilibrate,  pervertite  e 
anormali  del  vivere  individuale  e  sociale. 

Degenerazione:  nel  linguaggio  medico 
significa  l'alterazione  organica  di  un  tes- 
suto 0  di  un  organo,  la  quale  ha  per  ef- 
fetto di  impedire  la  normale  funzione  del 
detto  organo.  In  senso  antropologico  in- 
dica quel  complesso  di  caratteri  che  fanno 
deviare  l'individuo  dal  suo  tipo  normale. 
Usasi  spesso,  come  la  voce  precedente,  in 
senso  morale  ;  e  M.  Nordau  con  tale  pa- 
rola intitolò  un  suo  acuto  e  paradossale 
libro  ove  sono  passate  in  rassegna  le  ano- 
malie e  i  pervertimenti  dell'Arte  e  degli 
scrittori. 

Degente  :  (dal  latino  dègere  da  de  e  ago 
=  passare  il  suo  tempo,  vivere)  è  voce 
usata  dai  medici  e  negli  uffici  per  indi- 
care specialmente  coloro  che  sono  negli 
ospedali. 

Degradante:  V.  degradazione  e  Y.  an- 
che il  participio  avviliente. 

Degradare:  Y.  Degradazione. 

Degradazione  :  curioso  vocabolo,  spe- 
ciale del  linguaggio  della  caserma  e  di- 
cesi di  sfregio  o  rottura  o  guasto  fatto  ad 
un  oggetto.  Es.  panca  degradata  per  dire 
'panca  rotta.  Avendo  un  ufficiale  rotto  un 
vetro  della  caserma,  ebbe  il  conto  della 
spesa  che  diceva  :  «  Per  degradazione  ai 
vetri  centesimi  30  » .  La  provenienza  di 
questo  vocabolo  deve  certamente  essere 
dal  verbo  francese  dégrader  =  se  dété- 
riorer.^  endommager.  Es.  dégrader  une 
^liaison.,  dégrader  un  mur.  A  questo  pro- 
posito notiamo  come  le  voci  degradare., 
degradante.,  degradato  nel  senso  di  avvi- 
tire., rendere  abbietto  siano  riprovate  dai 
puristi  per  la  loro  provenienza  francese, 
benché  la  nuova  Crusca  le  registri  per 
autorità  dell'uso.  Uso  però  della  lingua 
corrente,  non  del  popolo:  questo,  per  es., 
dirà  :  «  io  non  mi  sporco  a  fare  la  tal  cosa  » 
e  non  dirà:  «  non  mi  degrado  » .  Nel  senso 
di  diminuire  di  grado,  di  intensità,  detto 
delle  tinte,  sarebbe  preferibile  scrivere  di- 
gradare., digradazione. 


Dégringolade:  parola  frequente:  deriva 
dal  verbo  dégringoler  che  nel  senso  pro- 
prio vuol  dire  scendere  a  precipizio  e 
contro  voglia  a  romjncoUo.  Nel  senso 
figurato  è  frequente  presso  di  noi. 

Degustare:  Y.  Degustazione. 

Degustazione  e  cosi  il  verbo  degustare 
non  sono,  come  scrivo  il  Fanfani,  «  due 
latinismi  sguaiati  da  lasciarsi  ai  pedanti 
fradici  »  ma  bensì  due  francesismi  dégu- 
station  e  déguster  =  gustare  d'un  liquoi'e 
per  conoscerne  le  qualità,  il  sapore.  Certo 
le  voci  francesi  provengono  alla  lor  Volta 
dal  latino  degustare  e  degustatio  {gustus), 
ma  noi  le  togliemmo  direttamente  dal 
francese.  Le  nostre  buone  parole  sono  as- 
saggio., assaggiare. 

Dehors  :  voce  francese,  contrario  di  dc- 
dans  :  fuori,  dentro.  In  un  bellissimo  ma- 
nifesto italiano,  si  intende  !  di  non  so  quale 
stabilimento  di  bagni  o  di  acque  termali, 
trovo  magnificati  ai  forestieri  i  «  dehors 
ombrosi  » . 

Déjeuner:  cosi  è  chiamata  sovente  la 
colazione  del  mattino  che  toglie  dal  di- 
giuno; déjeuner.,  dal  latino  de  ieiunare 
cioè  sdigiunare.  Yi  corrisponde,  oltre  a 
colazione,  la  nostra  buona  e  bella  parola 
asciolvere  che  per  etimologia  è  pari  a 
déjeuner,  cioè  solvere  jejunium,  rompere 
il  digiuno.,  ma  va  cadendo  o  almeno  ben 
pochi  la  adoperano  nella  lingua  dell'uso. 
Uno  studio  su  le  belle  parole  italiane  che 
son  moriture  riuscirebbe   piacevolissimo. 

De  l'audace,  encore  de  l'audace,  tou- 
jours  de  l'audace  (et  la  Franco  est  sauvée): 
motto  celebre  di  Danton,  ministro  di  Giu- 
stizia, all'Assemblea  Nazionale,  il  2  set- 
tembre 1792.  Eicorda  la  risposta  del  mare- 
sciallo G.  Trivulzio  (1448-1518)  a  Luigi  XII 
che  lo  richiedeva  quali  elementi  fossero 
necessari  per  una  sicura  vittoria:  Trois 
choses  sont  absolument  nécessaires  :  pre- 
mièrement  de  l'argent.,  secondement  de 
l'argent.,  troisiérement  de  l'argent. 

Delenda  Carthago:  Y.  Geterum  censeo 
Cart/i(iginem  esse  delendam. 

Delimitazione:  per  segnare  i  confini., 
ricorda  ai  puristi  la  voce  francese  déli- 
mitation.  Se  gallicismo  lo  si  vuol  rite- 
nere, parmi  da  ritenere  altresì  fra  i  gal- 
licismi necessari. 


^,  Del 


127     — 


Dem 


Deliquescenza:  (dal  latino  deliquesco  = 
mi  sciolgo)  lo  sciogliersi  di  corti  sali  por 
l'assorbire  che  essi  fanno  dell'acqua  sotto 
forma  naturale  di  vapore.  Fr.  délique- 
scence. 

Delirio  di   persecuzione  :  V.  Persecu- 

Delirium  tremens:  delirio  tremulo  ov- 
vero delirio  de'  beoni,  delirium  tremens 
potatorum.  Esso  ò  caratterizzato  da  tem- 
poraneo perturbamento  della  ragione,  da 
agitazione  e  tremolio  delle  membra  e  degli 
organi  della  favella.  Può  assumere  forma 
maniaca  e  melanconica.  Anche  in  francese 
dicesi  delìriimi  tremens. 

Delucidazione:  questa  parola  non  ele- 
gante è  usata  spesso  nelle  scuole,  per 
spiegazione.!  schiarirìiento.,  chiosa. 

Demanio  :  dal  fr.  domaine  =  dominio, 
basso  lat.  domanium  :  il  complesso  dei  beni 
stabili  dello  Stato,  posseduto  come  patri- 
monio proprio  ;  dicesi  anche  demanio  per 
indicare  l'autorità  e  l'amministrazione  a 
cui  sono  detti  beni  affidati. 

Demarcare  :  (fr.  démarquer).  Verbo  u- 
sato  per  lifnitare,  separare.  Così  demar- 
caxione  (fr.  démarcation)  per  Limitazione, 
confine.  Es.  Linea  di  demarcazione.  Il 
Rigutini  li  chiama  «  sconci  gallicismi  ». 
Certo  sono  parole  superflue  e  di  suono  non 
bello.  V.  demarcazione. 

Demarcazione  :  fr.  {démarcation).  In  ita- 
liano è  parola  registrata  soltanto  dal  Tra- 
mater.  Deiiva  dal  verbo  marcare  che  pro- 
viene dalla  voce  tedesca  mark  =  confine, 
onde  la  Marca  i—  regione.^  Marchese,  si- 
gnore della  Marca.  |  Marcare  è  buon  verbo 
nel  senso  di  apporre  il  marchio  {mark., 
fr.  marque.^  spag.  marca.,  iugl.  mark) 

Onde  al  segno  ch'io  marco 
va  sti-idendo  lo  strale 
da  la  cocca  fatale. 

Pauini,  L' Educaxione. 

r.  di  confinare.,  che  oggi  più  non  usa.  Nel 
cnso  di  notare.,  segnare  è  riprovato:  così 
dicasi  di  rimarcare.,  rimarchevole  per  no- 
tevole.,  iiii^ignc.,  otc.  Fr.  rcmarquable. 

Démarche  :  voce  francese  che  significa 
Itropriamonto  modo  di  camminare.,  e  nel 
senso  morale  condotta,  contegno,  pratica. 

Démarrage  :  termino  marinaresco  fran- 
cese, da  de  e  amarrer  (cfr.  il  lat.  marra): 


l'atto  dello  sciogliere  gli  ormeggi  delle 
navi  :  questa  parola  è  usata  con  valore 
tecnico  dai  meccanici  in  vece  di  avvia- 
mento., spunto.,  mossa  dei  veicoli,  mac- 
chine, automobili,  etc.  (In  inglese  Star- 
ting.,  da  cui  Starter.,  voce  usata,  oltre 
che  negli  ippodromi,  anche  in  meccanica 
e  per  designare  certe  disposizioni  d'av- 
viamento). 

D'emblée:  modo  francese,  quasi  popo- 
lare per  indicare  il  compiersi  di  un'azione, 
subito,  con  fortuna,  senza  fatica  e  pre- 
parazione. Y.  Emblée, 

Déménagement:  fr.  sgombero. 
Demi-mondaine:  come  la  lingua  greca 
rigermoglia   dalla   sua  morte   per  creare 
nuove  voci  di  nuove  cose  scientifiche,  così 
il  francese  ha  il  segreto  di   quegli  eufe- 
mismi  che   sono   un  indizio   del  mutato 
senso  morale.   Demi-mondaine  è  la  me- 
retrice?  la  cortigiana?  oibò!    La  demi- 
mondaine  è,  per   così   diro,    una  profes- 
sionista:  vive  delle   sue    grazie   e   delle 
altrui,   dà  incremento  alle  mode  e  inse- 
gna il    buon   gusto,  favorisce  l' importa- 
zione delle  ostriche  e  dello  champagne: 
è  letterata:  legge  d'Annunzio  e  Prevost: 
coi  denari  altrui  antepone  1'  acquisto  dei 
brillanti    veri    ai    chimici.   Frequenta    le 
stazioni    climatiche,    i    bagni,    etc.    Un 
gentiluomo    può    ben    esserle    cavaliere; 
le  dame  le  siedono  senza  sdegno  accanto 
ai  concerti  e  alle  prime  rappresentazioni  : 
spesso  ne  copiano  le    eleganze  supreme. 
Cocotte,  femme  au  trottoir  indicano  gradi 
inferiori  nel  reggimento  di  Citerà.  11  nome 
proviene  da  Demi-monde,  titolo  di  una  no- 
tissima commedia  di  A.  Dumas,   rappre- 
sentata al  Ginnasio  {au  Gymnase)  il  20 
di  marzo  1855.  In  essa  con  fine  arte  sono 
rappresentate  cotesto  donne  dalla  parvenza 
onesta,  decorose,    invece    bacate  noli'  in- 
terno, come  talora  avviene  per  le  frutta. 
Società    equivoca,    donna    della,    soeieiù 
equivoca  fu  tradotto.  Il  vero  è  che  a  noi 
manca  tale  voce  precisa.    Si  noti  ancora 
che  il  senso  della  parola  che  secondo  il 
Dumas    si    riferiva   solo  allo   donno  che 
hanno  fatto  uno  o  più  scappucci  ma  ohe 
tengono  ancora  alla  apparenza  dell'onestà 
ufficiale,  si  esteso  poi  per  significare   lo 
cortigiano  di  alto  grado. 


Doni 


128    — 


Den 


Demi-monde:  V.  Demi-mondaine. 

De  minimis  non  curat  praetor:  mas- 
sima del  diritto  romano  ed  è  frase  viva 
tuttora  per  significare  genericamente  che 
alle  piccolezze  non  bisogna  dare  troppa 
importanza.  Dicesi  anche  solo  de  minimis.^ 
«  delle  cose  piccolissime  il  Pretore  non 
tiene  calcolo  » . 

Deminutio  capitis:  secondo  il  concetto 
di  Eoma  antica  caput.,  capo,  indicava 
l'insieme  dei  diritti  di  libertà,  cittadi- 
nanza e  famiglia.  Privare  alcuno  di  questi 
tre  diritti  o  di  uno. di  essi  era  una  demi- 
nutio capitis^  m^axima.,  media.,  m,inima 
secondo  i  casi.  Dicesi  oggi  comunemente 
deminutio  capitis  per  significare  perdita 
di  autorità,  di  prestigio  e  simili. 

Demivierge:  così  al  numero  del  piii  M. 
Prevost,  scrittore  francese  oggi  di  molta 
voga,  intitolò  un  suo  romanzo,  narrando 
le  gesta  di  quelle  mondane  giovani  donne 
che  conservano  solo  la  verginità  fisiolo- 
gica. Il  titolo  elegantemente  salace  ha 
fatto  fortuna  e  la  parola  corre,  anche 
fra  noi. 

Democratizzare:  fr.  démocratiser  cioè 
convertila  alle  idee.,  alle  istituzioni  de- 
mocratiche. 

Democristiani  o  democristi  :  neol.  re- 
cente, detto  dei  cattolici  con  tendenza  so- 
cialista, ma  deliberatamente  ossequenti 
alla  volontà  del  Pontefice. 

Démodé  :  fr.  passato  di  moda.  Non  sarà 
inutile  l'avvertire  come  il  popolo  nostro 
abbia  una  quantità  grande  di  locuzioni  e 
voci  vivaci  e  incisive  per  significare  co- 
tale concetto,  specie  ragionando  di  vesti- 
menta. 

Demografia:  dal  greco  demos  =-  popolo 
e  grafo  =^  scrivo,  descrivo.  Studio  o  scienza 
sul  movimento,  numero,  carattere,  etc, 
delle  varie  popolazioni.  Di  queste  stati- 
stiche molto  si  avvantaggia  quella  nuova 
scienza  (?)  che  si  chiama  sociologia. 

Demolire,  demolito,  demolizione:  sono 
vocaboli  molto  usati  nel  senso  figurato  di 
diffamare,  screditare.  Questi  traslati  tolti 
dal  francese  demolir ,  démolition^  spiac- 
ciono ai  puristi.  «  Una  delle  più  goffe  e 
delle  più  sguaiate  metafore  francesi  »  li 
dice  il  Eigutini.  Eppure...! 

Demonografia  e  demonologìa:    scienza 


che  tratta  della  natura  e  dell'  influsso 
de'  demoni.  Nell'evo-medio  tale  studio  ri- 
vestiva ufficio  di  somma  importanza,  at- 
tribuendosi ai  demoni  un'azione  grande 
sui  fatti  e  sull'umana  natura.  Forza  della 
vita,  quasi  misterioso  microbio. 

Demonògrafo  o  demonòlogo:  colui  che 
tratta  o  fa  studi  su  la  natura  e  storia  de' 
demoni. 

Demonolatrìa:  l'adorazione  del  principio 
del  male,  cioè  del  demonio,  di  che  erano 
incolpati  gli  antichi  stregoni  :  follia  o  al- 
lucinazione di  chi  crede  adorare  i  demoni. 

Demono  manìa:  delirio  di  carattere  reli- 
gioso che  si  manifesta  col  terrore  del  de- 
monio e  dell'  inferno.  Chi  ne  è  affetto 
crede  di  essere  posseduto  dal  diavolo  o 
di  essere  votato  al  suo  culto. 

Demoralizzare  :  e  così  demoi-aliz^a- 
%io?ie^  sono  parole  riprovate  dai  puristi 
in  quanto  che  ci  provengono  dal  francese  : 
démoraliser,  démoralisation.  In  quella 
vece  vi  sono  i  verbi  italiani  corrompere., 
depravare,  guastare  e  perdersi  d'animo^ 
scoraggirsi.,  avvilirsi.  Ma  certo  il  verbo 
demoralixxare  ha  più  largo  significato,  e 
parlando  di  eserciti  in  cui  il  senso  morale 
della  disciplina  e  del  dovere  si  è  infranto, 
sembra  avere  oramai  valore  di  voce  fissa 
e  precisa. 

De  nihilo  nìhilum,  in  nihilum  nil  posse 
reverti  :  nulla  nasce  dal  nulla.,  nulla  può 
tornare  in  nulla.  Persio  (Satire.,  Ili,  V, 
83).  Cfr.  altresì  Lucrezio  (I,  206)  ove  è 
confermato  questo  principio  fisico  della 
eterna  e  indistruttibile  materia.  Yerò  è 
che  il  motto  de  nihilo  nihilum  si  ripete 
per  cose  anche  di  minor  conto. 

Densìmetro  :  istrumonto  che  serve  a 
misurare  la  densità  dei  liquidi. 

Denteile:  è  in  francese  il  nostro  mer- 
letto, e  come  questo  deriva  da  merlo  (di 
mura)  così  quello  da  dent  (dente).  . 

Dentifricio  :  da  dente  e  f ricare.,  lat.  =: 
fregare,  strofinare.  Nome  dato  ad  ogni 
polvere,  crema  o  preparato  per  pulire  i 
denti. 

Denunziare:  nel  linguaggio  della  poli- 
tica e  del  giornalismo  significa  disdire. 
Es.  «  denunziare  un  trattato,  un  armisti- 
zio »  etc.  Ai  puristi  ricorda  il  verbo  dé- 
noncer  francese,  usato  in  tal  senso. 


129 


Der 


Deo  gratias:  ultima  frase  della  messa, 
usata  corno  saluto  ed  entrando  nelle  case. 
Ricorda  Fra  Galdino  de'  Promessi  Sposi. 
Oggi  è  motto  conservato  talora  dai  reli- 
giosi, specie  da'  frati,  questuanti,  otc. 

De  omnibus  rebus  et  quìbusdam  aliis: 
(/i  tutte  le  cose  e  di  altre  ancora.,  cori-u- 
zione,  popolarmente  lepida,  del  motto  de 
omni  re  scibili  et  de  quibusdam  aliis. 
Del  quale  la  prima  parte  è  il  titolo  ine- 
satto, riportato  dal  Voltaire  della  XI  delle 
novecento  tesi  sostenute  in  Roma  nel  1486 
da  Pico  della  Mirandola:  Ad  omnis  sci- 
bilis  investigationeìii  et  intellectionetn. 
La  seconda  parte  è  un'  aggiunta  ironica 
dello  stesso  Voltaire. 

Deperimento:  V.  Deperire. 

Deperire  :  secondo  etimologia  vorrebbe 
per  noi  dire  perire  del  tutto  =  de-pereo., 
latino.  Noi  invece  usiamo  la  parola  in 
forza  di  cominciare  a  perire,  tanto  in 
senso  morale  che  fisico.  Secondo  i  pu- 
risti tale  senso  è  tolto  dal  francese  depe- 
rir =  pencher  vers  sa  fin,  ètre  en  voie 
de  destruction^  detto  dell'organismo,  delia 
salute,  degli  stabili,  delle  cose.  Così  di- 
casi della  parola  deperimento,  fr.  dépé- 
rissement.  Certo  non  mancano  verbi  no- 
stri, peggiorare.,  andar  a  male.,  guastarsi^ 
scadere.,  etc.  Ma  siamo  al  solito  caso  della 
parola  unica,  chiara,  precisa. 

Depilatòrio:  fr.  dépilatoire:  preparati 
farmaceutici  contenenti  sostanze  caustiche, 
usati  per  determinare  la  caduta  di  quei 
peli,  specie  del  volto  muliebre  e  delle 
mani  che  tolgono  bellezza,  essendo  ove 
esser  non  devono.  Dai  latini,  osservatori 
di  tali  mundizie,  era  detto  psilothruìn.^  gr. 
'FìÀod^iov  :  dagli  obi-ei,  merdocco. 

Deplorabile:  V.   Deplorare. 

Deplorato  :  V.  Deplorare. 

Deplorare:  verbo  latino  che  vuol  diro 
piangere^  dolersi  grandemente.  Questo 
verbo  oggi  è  molto  usato  con  valore  nuovo 
e  racchiude  un  curioso  senso  di  eufemismo 
0  attenuazione  o  di  compatimento  per  le 
umano  miserie,  così  che  spesso  è  usato 
in  voce  di  biasimare,  condannare.,  verbi 
troppo  recisi  e  crudi.  Così  ad  es.  alcuni 
deputati  che  furono  impegolati  in  alcuno 
losche  operazioni  di  una  già  Banca  Ro- 
mana, sono  semplicomonto  dei  deplorati. 

A.  Fanzini,  Supiìlcmmto  ni  Dixioihari  italiani 


Insomma  ciò  che  si  condanna  in  un  uomo 
di  condiziono  comune,  in  un  personaggio 
qualificato  e  ragguardevole  si  deplora.  La 
cosa  non  è  molto  democratica,  ma  è  umana. 
Usato  è  pure  l'aggettivo  deplorabile  per 
biasimevole,  brutto.,  sconcio,  mentre  per 
noi  deplorabile  significa  luttuoso,  degno 
di  pietà.,  di  pianto.  È  manifesto  l'influsso 
del  déplorable  francese  in  cui  talvolta  il 
concetto  del  rincrescimento  si  congiunge 
al  biasimo. 

Deportare  :  esilio  perpetuo  con  perdita 
di  diritti  civili,  fuori  del  territorio  conti- 
nentale di  Francia,  onde  le  frasi:  subir 
la  déportation;  Étre  condamné  a  la  dé- 
portation.,  etc.  Ciò  secondo  il  codice  di 
Francia,  onde  le  parole  déporter.,  dépor- 
tation, déporté^  parole  di  origine  latina 
(de-portare)  ma  che  in  questo  speciale 
senso  noi  togliemmo  dalla  lingua  francese. 
All'  Italia  mancava  anche  la  cosa  :  cioè 
non  la  materia  prima  meritevole  di  de- 
portazione che  anzi  abbondava  né  oggi 
sarebbe  manchevole,  ma  territori  extra- 
continentali, colonie,  etc,  codici  e  leggi 
nostre,  non  essendo  nazione,  relegare. 

Deportato:  V.  Deportare. 

Deportazione:  V.  Deportare. 

Depravazione:  dal  lat.  de  e  pravus  = 
pravo,  malvagio  :  nel  linguaggio  medico 
indica  quello  stato  anormale  nel  quale  i 
desideri  dei  sensi  sono  pervertiti.  Es.  de- 
pravazione del  gusto.,  dell'olfatto^  etc. 

De  Profundis:  prime  parole  del  salmo 
CXXIX,  che  è  il  sesto  dei  sette  salmi  dell'i 
penitenza,  e  si  canta  negli  uffici  funebri  : 
«  Dal  profondo  ho  gridato  a  te.  Signoro, 
Signore,  odi  la  mia  voce!  ». 

Depurativo:  dicesi  in  medicina  di  quo' 
farmaci  che  si  reputano  adatti  a  liberare 
gli  umori  del  corpo  umano  da'  loro  ele- 
menti maligni  e  patogeni.  La  medicina 
odierna  non  nutre,  come  l'antica,  troppa 
fiducia  in  simili  curo. 

Deragliamento  :  V.  Deragliare. 

Deragliare:  verbo  assai  comune  in  vece 
di  fuorviare.,  uscire  dalle  rotaie.  Rail  è 
voce  inglese  e  significa  sbarra.,  rotaia., 
onde  rail-way  r.  la  ferrata.  Ma  a  noi  il 
verbo  più  probabilmente  provenne  dal  dè- 
railler  o,  meglio,  dérailer  francese.  Ben- 
ché vocabolo  assai  usato,  esso  entra  nel 


Dér 


130 


Dos 


novero  di  quei  gallicismi  racilmente  av- 
vertiti e  talvolta,  per  senso  di  pudore, 
evitati.  Nessun  dizionario  l'onora  di  regi- 
strazione, e  questa  sorte  che  par  giii  co- 
tanto, forse  gli  provenne  dal  bisticcio  tra 
esso  verbo  e  ragliare. 

Dérapage:  neol.  del  linguaggio  degli 
automobilisti  :  dicesi  quando  la  vettura 
non  sente  più  il  freno:  voce  derivata  dal 
verbo  déraper^  termine  di  marina,  detto 
dell'  àncora  quando  non  tiene  e  lascia  an- 
dar la  nave  alla  deriva. 

Derby:  Lord  Derby  fondò  nel  1780  ad 
Epsom,  contea  di  Surrey  presso  Londra, 
questa  corsa  famosa,  che  ha  carattere  na- 
zionale in  Inghilterra  ove  corrosi  annual- 
mente, e  di  lì  il  nome  e  la  cosa  passò  in 
Europa.  Il  nome  ufficiale  è:  The  Derby 
Stakes^  cioè  iscrizioni  del  Derby ^  le  quali 
costituiscono  il  premio  :  corrono  poliedri 
di  anni  tre:  la  distanza  è  di  un  miglio  e 
mezzo  inglesi,  m.  2400.  Il  defunto  re  Um- 
berto I  fondò  il  Derby  italiano,  col  premio 
di  L.  24,000  :  si  corre  nel  maggio  a  Eoma: 
iscrizione  lire  800.  Quanto  sia  importante 
tale  corsa  e  quale  fama  possa  ad  es.  ac- 
quistarsi un  cavallo,  lo  prova  questo  di- 
spaccio : 

La  morte  di  «  Bendar  » 

Londra,  10  gennaio,  notte. 

Il  cavallo  «Bendor  » ,  vincitore  del  Derby, 
0  morto  stamane  (Stefani). 

NB.  Molti  valent' uomini  si  hanno  a  fa- 
tica un  cenno  biografico  ne'  giornali!  Ag- 
giungi ancora,  come  segno  dei  tempi,  che 
un  cavallo  vincitore  del  Derby,  acquista 
un  valore  venale  contro  cui  male  reggono 
gli  sperperi  lussuriosi  di  antiche  età  le 
quali  —  a  onor  del  vero  —  non  aspira- 
vano come  la  nostra  a  perfezione  di  ci- 
viltà. Tolgo  dalla  cronaca:  «  Seeptre  » 
comperato  per  625^000  lire:  Ci  telefo- 
nano da  Parigi,  1  aprile,  mattina:  Tele- 
grafano da  Londra  al  Neiv  York  Herald., 
edizione  di  Parigi,  che  il  famoso  cavallo 
Seeptre  venne  comperato  dal  signor  Bass, 
il  notissimo  e  ricchissimo  fabbricante  di 
birra  inglese,  per  la  somma  di  625,000  fr. 
Questo  prezzo  di  acquisto  di  un  cavallo 
non   venne  mai    sorpassato,    fuorché   due 


I    volte  dal  duca  di  Westminster  e  dal  si- 
gnor Edmondo  Blanc!  » 

Deriva:  termine  mar.:  trasporto  della 
nave  fuor  della  propria  rotta  per  effetto 
di  opposta  corrente  :  laddove  scarròccio  e 
scarrocciare  è  l'andar  sottovento  per  ef- 
fetto del  vento  e  del  mare  in  direzione 
obliqua  alla  chiglia. 

Derma:  voce  medica,  dal  greco  derma 
r=  pelle,  cioè  lo  strato  che  insieme  all'e- 
pidermide, forma  la  pelle  ocute:  è  formato 
da  tessuto  connettivo  e  da  fibre  elastiche. 
Di  cesi  anche  corion .,  dal  gr.  Xóqiov,  cuoio. 
Nella  scienza  medica  dalla  voce  derma 
derivano  molte  parole. 

Dermatite:  infiammazione  o  malattia 
della  pelle.,  e  con  questa  voce  generica  si 
sogliono  indicare  le  variatissime  affezioni 
della  pelle,  le  quali  poi  prendono  speciali 
nomi  secondo  i  casi.  Onde  la  voce  der- 
matologìa per  indicare  quella  branchia 
della  patologia  che  ha  per  suo  istudio  le 
malattie  cutanee. 

Dermatologia:  Y.  Dermatite. 

Dernier  cri  :  l'ultimo  grido,  la  suprema 
espressione^  etc.  Modo  di  dire  francese, 
venuto  sino  a  noi  ed  usato  talora  in  ispe- 
ciali  significati.  Es.  «  La  tal  foggia  di  ve- 
stire è  il  dernier  cri  della  moda  ». 

Derno  :  V,  In  derno. 

Déroute:  uguale  anzi  ugualissimo  dirotta 
cioè  sconfitta,  dal  latino  de-ruptus.  Ma 
come  tutte  le  voci  francesi  sembra,  in  un 
certo  nostro  ceto  e  linguaggio  giornalistico, 
che  inchiuda  in  sé  pili  vivace  senso.  Es. 
«  La  seduta  antimeridiana  aperta  da...  con 
una  cinquantina  di  deputati,  segnò  una 
nuova  déroute  per...  etc.  ». 

Dervis  :  vocabolo  che  significa  in  per- 
siano povero.  Ordine  religioso,  secondo 
la  fede  di  Maometto.  |  I  partigiani  del 
Mahdi  nel  Sudan  orientale. 

Desèrre  :  V.  Dessert. 

Deshabillé:  abito  da  casa  o  da  camera, 
e  dicesi  solo  della  donna:  Deshabillé  de 
nuit,  deshabillé  du  niatin,  joU  deshabillé. 
Essere  in  deshabillé;  locuzione  francese 
che  noi  usiamo  e  di  cui  non  sembra  pos- 
sibile far  senza.  Come  saggio  però  del 
tempo  quando  la  lingua  italiana  aveva 
virtù  organiche  più  salde  che  ora,  ricordo 
il  Tasso  wqW Aminta  ove  parla  di  Silvia: 


Do 


131     - 


Des 


od  incolia  si  vide  e  si  coiupiacciue 
perchè  bella  si  vide  aucorcliò  incolia: 
10  me  no  avvidi  e  tacqui. 

E  altrove,  pure  il  Tasso  : 

Nò  te,  benché  negleita,  in  manto  adorna 
tiiovinetta  beltv  vince  e  pareggia. 

Corto  la  lingua  italiana  non  ha  la  parola 
dall'  impronta  fissa  come  il  francese,  ma 
la  parola  e  la  frase  sono  piiì  liberamente 
plasmate  dal  genio  dello  scrittore. 

Desiderata  :  pi.  neutro  latino  che  vuol 
dire  le  cose  desiderate^  ed  è  parola  usata 
tspecie  nel  linguaggio  dei  bibliofili  e  de' 
librai  per  indicare  quelle  opere  che  sono 
ricercate  perchè  rare  e  poco  note  :  deside- 
rata si  disse  eziandio  delle  nozioni  scien- 
tifiche che  sono  manchevoli:  da  questo 
latinismo  antico  e  comune  derivò  verosi- 
milmente il  neol.  seguente. 

Desideratum  :  parola  neologica  del  gergo 
francese,  usata  anche  in  italiano  per  in- 
dicare in  ispcciale  senso  cosa  che  manca 
e  che  è  desiderata.  La  paix  est  le  desi- 
deratum du  progrès.  Questa  parola  è  oggi 
molto  frequente  nel  linguaggio  politico  : 
i\ì  pi.,  tanto  desiderata  alla  maniera  fran- 
€(!se,  come  desiderati. 

Desinit  in  piscem  :  termina  in  pesce. 
E  interamente:  «Donna  bella  nel  volto 
e  nel  petto,  finisce  sconciamente  in  figura 
di  mostro  !  »  così  Orazio  finissimamente 
nel  principio  della  sua  epistola  ai  Pisoni. 
ove  dà  i  noti  e  perfetti  ammaestramenti 
.sull'arte  :  e  in  questo  caso  accenna  allo 
-sconcio  della  disarmonia  delle  parti,  ai 
libri  senza  capo  né  coda.  |  Desinit  in  pi- 
.Hcem  dicesi  poi  liberamente  di  opero  belle 
in  principio,  brutte  in  fine. 

Desolante:  è  voce  verbale  del  verbo  de- 
solare —  devastare.^  e  poi  nel  senso  mo- 
rale di  affliggere^  sconfortare.  Voce,  dun- 
que, più  che  buona,  ma  l'abuso  che  se 
no  fa  invece  di  doloroso,  affliggente.,  scon- 
solante., pietoso.,  etc.  ricorda  ai  puristi 
troppo  da  vicino  il  modo  uguale  francese  : 
désolant. 

Dessert:  non  si  riscontra  questa  parola 
nella  lingua  francese  che  dopo  il  XVI  se- 
colo. Vuol  diro  l'ultimo  servizio  del  pranzo, 
<3omo  formaggio,  frutta,  dolci,  vini  fini, 
liquori.    Oramai    questa  parola  è  entrata 


nell'uso  e  fu  tradotta  in  deserre,  e  a  Lucca, 
assicura  il  Fanfani,  in  desertaV.y  Noi  po- 
tremmo usare  semplicemente  frutta  0  se 
si  tratta  di  un  maggiore  apparecchio,  po- 
tremmo rinnovare  la  bella  voce  antica 
seconde  ìnense.  Ma  la  forza  di  richia- 
mare in  vigore  buone  locuzioni  o  di  crearne 
di  nuove,  acconce  e  nostrane,  difetta  al- 
l' italiano  odierno.  Nel  citato  libro  dello 
Scappi,  dove  sono  registrati  gli  inverosi- 
mili servizi  alle  mense  pontificali,  un  unico 
vocabolo,  cioè  «  servizio  di  credenza  »  serve 
ad  indicare  tanto  Vhors  d'oeuvre  come  il 
dessert.  Per  l'etimologia  questa  parola  pro- 
viene da  dessermr.,  dunque  alla  lettera 
«  servito  »  che  è  parola  altrettanto  clas- 
sica in  questo  senso  come  semispenta. 
Dessert  è  oramai  parola  conquistata  dal- 
l'uso tra  noi.  Giardinetto  non  è  propr. 
il  dessert^  né  si  presterebbe  alle  locuzioni 
d'uso,  come  ad  es.  essere  al  dessert. 

Dessous:  sost.  masch.  francese  e  vuol 
dire  il  di  sotto  cioè  la  parte  nascosta  di 
una  cosa.  Anche  questa  parola  é  usata  : 
Es.  «  Ha  il  torto  massimo  di  dire,  di  stam- 
pare e  di  firmare  quello  che  pensa,  abbat- 
tendo fame  usurpate,  rivelando  i  dessotts 
finanziari  di  certe  compagnie».  Significa 
anche  dessous  le  sottovesti  delle  donne. 
Les  filLes  aux  gorges  provocantes  et  aux 
dessous  parfumés.  Ma  è  voce  del  gergo. 

Destinatario:  indica  in  commercio,  negli 
uffici  di  spedizione  la  persona  a  cui  è  di- 
retta una  merce.  Ai  puristi  ricorda  la  pa- 
rola francese  destinataire  :  ma  il  Rigutiiìi 
ammette  che  «  difficilmente  si  potrebbe 
sostituire  con  una  sola  parola.  Kinianga 
dunque  ai  mercanti  ».  Ma  il  secolo  oggi 
è  mercante  e  tutti  l'usano,  anche  i  non 
mercanti  di  professione. 

Destituzione:  l'atto  col  quale  un  uffi- 
cialo 0  funzionario  dello  Stato  viene,  per 
gravissime  causo,  privato  dell'  impiego  e 
della  carica.  È  la  maggior  pena  che  il 
Potere  esecutivo  possa  infiiggero  ad  uìi 
funzionario,  né  va  confusa  con  la  licenza, 
nò  col  collocan\onto  a  riposo. 

Destra:  nel  noto  senso  politico  è  voe-e 
notata  nei  roconti  lessici:  corto  di  pro- 
venienza francese  :  la  droite  -  ensemble 
des  députcs  ou  des  scnateurs  qui  s^iègent 
à  la  droite  da  président  de  rassctithlée. 


Des 


—     132 


Det 


Cesi  le  parti  des  sfationnaires^  et  des 
rétrogrades. 

Destroyer  :  nomo  inglese  di  cui  facil- 
mente si  scopro  il  significato  :  distruggi- 
tore. Esso  è  dato  a  quelle  navi  da  guerra 
di  l'occnte  invenzione  il  cui  scopo  preci- 
puo è  quello  di  distruggere  le  torpediniere. 
Torretta  e  ponto  corazzato,  cannoni  a  tiro 
rapidissimo,  velocità  massima  caratteriz- 
zano i  destroyers.  La  voce  nostra  equi- 
valente, usata  in  marina  promiscuamente, 
è  cacciatorpediniei-a. 

Detective:  voce  inglese,  dal  latino  de- 
tegere  =  scoprire.  Dicesi  dell'  abile  ed 
astuto  agente  di  polizia  segreta,  il  cui 
ufficio  è  di  seguire  o  scoprire  le  tracce 
d'un  delitto. 

Detector:  scopritore^  dal  latino  de  e 
tegere  =  scoprire  :  voce  inglese  con  la 
quale,  nella  telegrafia  Marconi,  si  intende 
queir  apparecchio  che  serve  a  scoprire  la 
speciale  origine  dei  telegrammi. 

Determinismo:  nome  nuovo  di  cosa  an- 
tica: indica  quella  filosofia  positiva,  ma- 
terialista, fatalista  che  è  contraria  al  con- 
cetto cristiano  del  libero  arbitrio,  della 
grazia,  della  provvidenza,  della  redenzione 
per  opera  di  una  forza  superiore.  Chiunque 
pone  lo  spirito  in  assoluta  dipendenza  della 
materia  e  fa  della  psicologia  una  conse- 
guenza della  fisiologia,  non  vede  insomma 
nel  pensiero  che  un  effetto  del  moto  ce- 
rebrale, è  costretto  dalla  logica  ad  accet- 
tare cotesta  dottrina  che  nega  F  influsso 
della  volontà,  o,  per  dir  meglio,  considera 
gli  atti  della  volontà  come  determinati  da 
tutta  altra  causa  che  non  la  volontà  in 
se.  E  se  questa  spiegazione  può  spiacere 
ad  un  determinista,  diamone  una  seconda 
informata  ai  principi  del  determinismo; 
né  ciò  paia  scetticismo  di  me,  autore.  Il 
vero  è  che  il  mondo  e  l'uomo,  determi- 
nismo 0  divina  provvidenza  che  sia,  non 
muteranno.  Ecco  intanto  la  spiegazione  : 
In  filosofia  si  dà  il  nome  di  determinismo 
a  quella  dottrina  che  fa  dipendere  i  nostri 
atti  non  da  una  volontà  assoluta,  come 
insegna  la  religione  cattolica,  ma  da  mille 
cause  dentro  e  fuori  di  noi  che  li  deter- 
minano. Con  ciò  non  è  detto  che  la  nostra 
ragione  non  eserciti  alcun  influsso  sui  no- 
stri atti,  anzi  essa  può  in  date  circostanze 


influire  grandemente  su  la  nostra  decisione 
cioè  su  la  conversione  in  atto  delle  cause 
che  servono  come  di  base  ai  nostri  ragio- 
namenti e  li  determinano.  Questa  dottrina 
è  la  logica  conseguenza  del  postulato  che 
l'universo  è  sottoposto  alla  legge  impre- 
scindibile di  causa  ed  effetto,  ed  è  vera- 
mente anormale  la  cocciutaggine  di  certi 
filosofi  che  vogliono  porre  le  forze  intel- 
lettuali e  vitali  dell'  uomo  fuori  dell'  in- 
fluenza universale,  e  quindi  fuori  dell'u- 
niverso. L'universo  essendo  infinito,  non 
e'  è  nulla  fuori  dell'universo,  e  tutto  ciò 
che  ne  sappiamo  di  sicuro  essendoci  ve- 
nuto pervia  naturale  indagando  la  natura, 
è  più  logico  credere  che  l' incomprensibile 
per  noi  si  possa  spiegare  per  via  naturale 
che  col  tirare  in  ballo  forze  sopranaturali 
di  cui  non  sappiamo  niente  e  che  non  ci 
arrecano  nessuna  maggior  luce  nella  grande 
incognita  dell'universo.  Dopo  le  quali  gravi 
cose,  ricordo  come  la  parola  determinismo^ 
è  tolta,  come  importazione  diretta,  dal  fran- 
cese déterminisme^  che,  nel  senso  anzi 
detto,  si  trova  solo  ne'  lessici  recenti. 

Determinista:  seguace  del  Determini- 
smo. V.  questa  voce.  Dal  fr.  déter^niniste. 

Detestabile  :  «  fr.détestable  [da  detestare 
=  altere  in  orrore,  in  odio]  significa  in 
it.  abbominevole.,  che  desta  orrore;  non  si 
dice  quindi  che  delle  cose  più  gravi.  — 
Es.  Parricidio.,  delitto  detestabile.  Per 
cattivo^  pessimo  è  uso  enfatico,  che  ha 
riscontro  nell'uso  consimile  di  abbomine- 
vole.  —  Es.  :  «  In  questa  bettola  noi  ab- 
biamo bevuto  del  vino  detestabile  per  del 
vino  'pessimo^  del  vino  scellerato.,  del  vi- 
naccio  »  (Allan,  op.  cit.). 

Détresse:  lat.  districtio,  qimsi' stretta ^ 
cioè  bisogno.,  gran  pericolo.  Noi  per  in- 
dicare la  mancanza  di  danaro  abbiamo, 
oimè  !  un'  infinità  di  espressioni,  sì  pro- 
prie come  metaforiche,  sì  letterarie  che 
dialettali,  che  è  inutile  ricordare.  Il  ri- 
correre anche  per  questo  alla  buona  lin- 
gua sorella  è  una  vera  pietà.  Es.  :  «  11 
lavoro  piacque  a...  che  mandò  a  chiamare 
l'autore  e  questi  si  presentò  subito  alle- 
grissimo perchè  si  trovava  in  un  momento 
di  détresse  » . 

Detritus  :  voce  latina  da  de  e  tèrere  = 
consumare,  usata  in  quasi  tutte  le  lingue 


Det 


183 


Dia 


por  significare  i  residui  di  una  sostanza 
0  di  un  corpo  distrutto  e  ridotto  in  fram- 
menti per  processo  di  disorganizzazione  o 
di  necrobiosi,  o  per  effetto  di  reazioni  chi- 
miche. 

Dettagliare:  V.  Dettaglio. 

Dettagliatamente:  «non  ha  un  esatto 
corrispondente  in  francese,  ma  è  foggiato 
su  en  détail  per  minutamente,  in  tutti  i 
particolari.,  al  minuto,  a  ritaglio  »  (Al- 
la n,  op.  eit.). 

Dettaglio  :  per  particolare^  circostanza 
è  voce  che  vince  nell'uso  e  proviene  dal 
francese  détail,  così  dicasi  dei  derivati 
dettagliare  per  circostanziare^  dire  mi- 
nutamente, per  filo  e  per  segno. 

Deus  ex  machina:  il  dio  dal  mecca- 
nismo. Noi  teatri  antichi  i  numi  appari- 
vano sorretti  da  alcun  meccanismo  e  spesso 
la  loro  venuta  valeva  a  sciogliere  il  nodo 
dell'azione  :  del  qua!  mezzo,  troppo  facile, 
esorta  Orazio  nella  sua  Arte  Poetica  di 
non  usare.  Dicesi  oggi  deus  ex  machina 
non  solo  in  senso  drammatico,  ma  per 
significare  l' intervento  di  qualcuno  che 
scioglie,  decide  una  questione  ;  specie  in- 
tendesi  di  operatore  occulto  e  potente. 

Deus  nobis  haec  otia  fecit:  un  dio  ci 
procurò  questo  riposo^  così  Titiro,  bifolco, 
a  Meliboo  nella  1^  Egloga  di  Vergilio,  al- 
ludendo alla  munificenza  di  Augusto  im- 
peratore. 

Deveine:  nei  termini  del  giuoco  signi- 
lica  in  francese  il  contrario  di  vena,  quindi 
disdetta.  V.   Ouigne:  Voce  del  gergo. 

De  visu  :  lat.  di  veduta  e  si  dice  di  cosa 
vista,   non  sentita. 

De  visu  et  de  auditu:  chiamano  i  le- 
gali quei  testimoni  che  riferiscono  coso 
personalmente  vedute  ed  udite. 

Di  :  «  se  devesi  scrivere  come  si  parla, 
l'uso  parlato  non  lascia  mai  la  preposi- 
zione di  innanzi  al  nome  del  mese  o  del- 
l'anno. Ondo  non  mai  si  direbbe  Verrò 
il  25  agosto  ma  di  agosto.  Pure,  scri- 
vendo, è  uso  oramai  comunissimo  il  tra- 
lasciarlo por  una  ellissi,  ohe  credo  avesse 
origino  dai  mercanti.  —  Si  erra  poi  stra- 
namente usando  lo  ju'oposizioni  articolato 
del^  dello.,  della,  (?tc.  in  luogo  della  sem- 
plice di.,  quando  diciamo,  per  es.  «  La 
tal(^  hii  dcltr  braccia  bellissimo  »  ]>or  si- 


gnificare che  ha  braccia  o  le  biaccia  bel- 
lissime: e  dicendo  così,  si  fraintende  l'uso 
toscano  che  dice  :  «  Ha  di  gran  belle  brac- 
j    eia  ».  La  di.,  usata  a  quel  modo,  è  fran- 
]    ceso  ».  Così  il  Rigutini,  A  queste  sottili 
!    osservazioni  di  carattere  grammaticale  a 
,    me  piace  aggiungere  questa  altra  nota, 
cioè  la  tendenza  odierna  a  sopprimere  il 
:    segnacaso  c?«,   e   questo   o  per  amore  di 
brevità,  specie  nelle  scritte  commerciali, 
j    0  per  effetto  di  altre  lingue,  o  per  incuria. 
j   Es.    Scarpe  tela  -vela  caffè.,  Esposizione 
I   Milano.,  etc.  Così  il  rapporto  di  materia 
I    che  solca  esprimersi  col  di.,  ad  imitazione 
!    del  francese,  oggi  si  esprime  con  V  in  e 
I   col  di  senza  alcuna   stabile  norma.  Es.  : 
Scarpette   in   raso.,   Abito   in  seta.,   etc. 
V.  In. 

Diabète  :  (gr.  diabàino  =z  passo  attra- 
verso) voce  medica  generica  con  la  quale 
si  designano  molte  malattie,  distinte  da 
!  alcuni  caratteri  comuni  :  eccesso  della  sete 
■  0  della  fame,  gran  copia  di  urina,  corrotta 
I  nella  sua  composizione  chimica,  caches- 
i  sia  consuntiva  che  conduce  a  lenta  fine. 
I  Spesso  col  nome  diabete  si  suole  indicare 
!  quella  forma  più  comune  che  è  il  diabete 
1   zuccherino. 

Diaforèsi  :  termino  medico  derivato  dal 
i    greco,  òiacpoQécù  =  passo  attraverso.,  quin- 
di traspirazione,  sudore. 

Diaforetico:  =  sudorifero.  Termino  me- 
dico per  significare  quo'  medicinali  o  quelle 
curo  che  servono  a  promuoverò  il  sudore. 
I       Diagramma:  curva  rappresentativa  della 
i    legge  di  un  fenomeno   fisico,    meccanico, 
matematico. 

Diapason  :  (fr.  diapason)  dal  greco  dia 
-=  por  0  pasòn  —  tutto  (Io  note)  :  indica 
l'estensione  dei  suoni  che  una  voce  o  un 
i strumento  può  percorrere,  dai  più  gravi 
ai  più  acuti.  Usasi  anche  in  senso  figu- 
rato. I  Diapason  è  detta  anche  quel,  a 
specie  di  forchetta  d'acciaio  a  duo  branche 
che,  vil)rando,  dà  il  tono  e  servo  ad  ac- 
cordare gli  istrumenti.  Italianamente  co- 
rista. 

Diaspis  pentàgona:  nomo  di  un  insotto 

esiziale  ai  gelsi,  ond(»  intristiscono:  ò  una 

specie    di    nuova    cocciniglia,    importata, 

|)ar(\  dal  (ìiappono  (1880), 

Diatesi  :   gr.   diàthesis       cost.ituzion<\ 


Die 


—     134 


Dig 


Con  questa  parola  sogliono  i  medici  si- 
gnificare la  disposizione  intima  di  un 
corpo,  diversa  da  un  individuo  ad  un  altro. 
sì  nello  stato  di  malattia  che  di  sanità. 
A  questa  disposizione  venivano  attribuite 
le  malattie,  come  supposte  di  identica 
natura  ancorché  varie  per  sintomi  clinici 
e  sede  anatomica.  Il  nuovo  studio  su  hi 
natura  infettiva  e  parassitaria  di  molte 
malattie  ha  fatto  perdere  a  diatesi  l'esteso 
significato. 

Dichiaramento:  nel  gergo  della  camorra 
napoletana  dichiaramento  è  il  nome  dato 
alla  sfida  a  duello  fra  gli  affigliati.  Esso 
si  eseguisce  di  solito  a  colpi  di  rivoltella  : 
tirasi  air  impazzata  e  spesso  rimangono 
feriti  0  morti  passanti  e  curiosi.  —  La 
voce  è  spagnuola  e  dopo  tanto  tempo  da 
quel  dominio  in  Napoli,  si  mantiene  viva 
e  uguale  la  parola  e  la  cosa,  tranne  lo 
modificazioni  arrecate  dal  progresso  e  dalle 
armi.  —  Contro  questi  duelli  di  più  per- 
sone, oltre  alle  attuali  leggi,  esistono  i 
bandi  antichi  spagnuoli  ;  ma  pare  che 
questi  avessero  la  medesima  efficacia  delle 
gride  che  Don  Fernandez  Gonsalvo  de  Cor- 
dova bandiva  in  Lombardia  verso  quel 
torno  di  tempo. 

Dicitore  :  questo  bel  vocabolo  antico 
che  significava  parlatoo-e,  oratore  ele- 
gante, e  che  il  Petrocchi  colloca  fra  le  pa- 
role fuor  dell'uso,  sembrami  dalle  odierno 
tendenze  estetiche  e  letterarie  essere  ri- 
chiamato all'onor  dell'uso. 

Dlcitur  :  lat.  si  dice  :  usasi  per  raffor- 
zare talora  ironicamente  un  concetto  di 
congettura  e  di  dubbio. 

Dì  comodo  :  ovvero  di  favore  si  dico 
in  gergo  commerciale  di  quella  firma  che 
si  appone  ad  una  cambiale  affinchè  essa 
abbia  la  garanzia  sufficiente  per  essere 
ammessa  allo  sconto,  cioè  commutata  in 
danaro  presso  una  Banca.  In  altri  ter- 
mini non  rappresenta  un  affare,  ma  un  fa- 
vore chiesto  e  concesso  da  un  terzo  ;  di 
cui  talvolta  si  usa  e  si  abusa.  Distin- 
guonsi  tre  specie  di  cambiali,  finanziarie, 
di  affari,  di  comodo.  Questa  ultima  specie 
di  firma  dicesi  anche  francesemente  : 
Avallo.  V.  questa  parola. 

Dicrotismo:  (ó/^,  due  volte  e  ngóvog. 
suono)  termine  medico  che  significa  doppia 


pulsazione  del  polso,  la  quale  è  avvertita 
dalle  dita  in  certi  stati  patologici. 
Didimi:  V.  Appendice. 
I        Diem  perdidì  :  ho  perduto  un  giorno. 
[    Motto  attribuito  in  Svetonio    all'  impera- 
I   toro  romano  Tito.    Cosa   curiosa!   queste 
due  grandi  massime  romane  del  risparmio 
del  tempo  e  del  rispetto  alle  leggi  {legunt 
servi  sumiis  ut  liberi  esse  possìmus)  sono 
nate  in  Italia,  il  paese  del  perditempo  e 
del  disprezzo  o,   per  essere   più   precisi, 
della  noncuranza  delle  leggi! 

Dies  irae:  il  giorno  deirira.,  cioè  il 
giorno  della  vendetta,  della  resa  dei  conti, 
del  redde  rationem.^  e  propriamente  e  nel 
primo  senso,  al  Signore  Iddio.  E  il  prin- 
cipio del  noto  e  bellissimo  canto  liturgico  : 

Dies  irae,  dies  illa 
solvet  saeclum  in  favilla 
teste  David  cum  Sibylla. 

Dietro  :  le  locuzioni  dietro  pagamento, 
dietro  istanza.,  dietro  domanda,  etc,  in 
vece  di  per  istanza,  confor7ne  alla  do- 
manda, etc.  sono  riprovate  dai  puristi 
come  ineleganti  e  curialesche.  |  La  locu- 
zione esser  dietro  a  fare  una  cosa,  in- 
vece di  star  facendo  o  attendere  ad  una 
cosa  e  simili,  se  può  scusarsi  nel  discorso 
familiare,  disdirebbe,  certo,  ad  una  nobile 
scrittura. 

Dieu  et  mon  droit:  Dio  e  il  mio  di- 
ritto :  motto  della  casa  reale  inglese. 

Difesa  personale:  è  quella  che  si  op- 
pone ad  ingiusta  ed  inopinata  aggressione, 
tale  che  il  danno  non  possa  essere  ovviato 
se  non  opponendo  violenza  a  violenza, 
arma  ad  arma.  Il  Codice  penale  dispone 
non  esservi  reato  quando  le  ferite  sono 
arrecate  per  legittima  difesa. 

Differenziazione  :  altra  delle  parole  se- 
squipedali in  zione  :  fr.  differentiation. 

Digestione  (visita  di)  :  così  familiar- 
mente, ma  non  solo  per  celia,  in  Milano 
è  detta  quella  visita  di  cortesia  che  si  co- 
stuma fare  dopo  alcun  invito  a  pranzo. 
Locuzione  recente,  che  deve  aver  avuto 
origine  dal  motto  arguto  della  persona 
che  prima  l'usò. 

Digitale:  (digitalis purpurea,  L.) pianta 
cosi  chiamata  dalla  corolla  a  forma  di  di- 
tale. Se  ne  toglie  uno  de'  più  pregevoli 
medicamenti,  usato  e  noto   specialmente 


135 


coinè  moderatore  dello  pulsazioni  car- 
diache. 

Di  gran  mattino:  invece  che  di  buon 
mattino  è  conforme  al  francese  de  grand 
matin.  «  Al  giorno  ancora  acerbo  »,  così 
poeticamente  il  Poliziano  nelle  sue  Stanze. 

Dilatazione  di  stomaco:  aumento  della 
capacità  dello  stomaco,  il  «  tristo  sacco  » 
come  dice  Dante,  dovuta,  sia  ad  una  causa 
meccanica  (stenosi  del  piloro  o  lesione 
delle  tuniche  muscolari)  sia  ad  una  sem- 
plice rilassatezza  delle  pareti  dell'organo. 
La  stasi  o  sosta  degli  alimenti  e  il  loro 
fermentare  é  cagiono  di  gravi  turbamenti 
e  di  auto-intossicazione  cronica. 

Dilazionare:  V.  Dilnxione. 

Dilazione  e  dilazionare:  sono  neolo- 
gismi del  linguaggio  commerciale  e  degli 
uffici.  1  À.  dilazionare  ìoiraiiioà^i  un  nome 
verbale,  si  può  benissimo  sostituire  il  verbo 
differire:  ma  è  certo  che  il  nome  dila- 
zione non  trova  una  parola  equivalente 
e  comoda.  Si  dirà,  è  vero  :  comprare  un 
oggetto  a  tempo  o  a  respiro  e  nel  lin- 
guaggio familiare  si  dirà  :  mi  concede  una 
proroga;  mi  dia  un  po'  di  respiro:  ma 
certo  è  che  dilazione  ha  preso  carattere 
tecnico  e  preciso.  Anche  il  Petrocchi  la 
registra.  Per  curiosità  noto  come  il  Rigu- 
tini,  condannando  il  verbo  dilazionare^ 
dica  :  «  E  una  di  quelle  superfetazioni 
che  nascono  dal  verbale  di  un  altro  verbo  ». 
E  superfetazione  è  una  parola  bella  in 
bocca  a  un  purista?  o  non  piii  tosto 
un  brutto  traslato  francese?  Ciò  prova 
quanto  sia  difficile  sfuggire  al  genio  del 
proprio  tempo  e  come  sia  necessario  su- 
bire il  genio  etnico  altrui  quando  il  pro- 
prio difetta. 

Dilettantismo:  è  in  arte  il  maggior  ne- 
mico dell'arte  vera.  Dilettantismo  è,  per 
intenderci,  la  passione  che  certo  anime 
privo  di  «  mente  arguta  e  cuor  gentile  » 
hanno  nella  loro  giovinezza  di  stampare 
un  romanzo  o  un  volume  di  versi.  Vanità 
ed  ozio  fomentano  il  dilettantismo^  come 
severità  e  pazi(uiza  confortano  l'arte. 

Dimissionario:  Ir.  démissionaire,  dicosi 
dell' ufficialo  pubi  ice  che  ha  dato  le  sue 
dimissioni.  Vocabolo  più  frequente  o  del- 
l'uso che  rinunziatario. 

Dinamismo  :  tiu'm.  fisiol.,  \)(sy  contrasto. 


equilibrio  delle  forze  è  dal  fr.  dynaniisme 
(gr.  dynamis  =:  forza]. 

Dinamitardo:  neologismo  da  dinamite 
{dynatìiis  =  forza).  Cosi  sono  chiamati 
quei  rivoluzionari  che  intendono  adoprare 
questo  perfetto  mezzo  esplosivo  a  vendetta 
0  a  miglioramento  del  mondo,  o  dell'una 
e  dell'altra  cosa  insieme,  giacche  non  è 
facile  penetrare  noli'  intenzione  di  costoro. 
Dal  fr.  dynamitard  rs:  dynamiteur. 

Dinamitare:  far  saltare  con  la  dina- 
mite. Verbo  caro  al  linguaggio  dei  rivo- 
luzionari. Mezzo  semplice  e  sicuro  di  ri- 
forma sociale.  Dal  fr.  dynamiter,  neol. 

Dìnamo:  (dal  greco  dynamis  =  forza) 
nome  femminile  in  o  con  il  plurale  uguale 
al  singolare.  (Avviso  ai  grammatici  che 
mano  ha  una  sorella).  Motore  elettrico 
a  corrente  continua  in- cui  il  campo  ma- 
gnetico è  determinato  da  un  elettro  ma- 
gnete: e,  per  dare  più  chiara  spiegazione, 
apparecchio  destinato  a  trasformare  l'e- 
nergia di  una  corrente  continua  in  lavoro 
meccanico  e  viceversa  :  questa  macchina 
si  compone  di  un  elettro  magnete  fìsso, 
le  cui  espansioni  polari  circondano  un 
tamburo  rotante,  sul  quale  è  avvolto  in 
successive  spirali  il  filo  ove  circola  la 
corrente  elettrica.    In  francese   dynamo. 

Dinamometro  :  termine  generico  per  in- 
dicare un  misuratore  di  forza  o  di  lavoro. 

Dinastia  :  con  nuovo  senso  e  uso  fami- 
liare, spesso  ironico,  si  designano  col 
nome  di  dinastie  certe  famiglie  in  cui  un 
potere  cittadino  è  mantenuto  per  brighe 
e  clientele  proprie,  debolezza  e  mancanza 
di  senso  civile  nella  cittadinanza. 

Dindo  :  in  cambio  della  voce  tacchino.,  di- 
cesi specialmente  nell'Alta  Italia;  fr.  dinde, 
n.  f.  abbreviazione  di  poule  d'Inde.  È 
voce  non  buona,  registrata  nei  dizionari 
recenti.  |  Per  indicare  questo  gallinaceo, 
sacro  alle  agapi  umane,  le  voci,  comprese 
quelle  dialettali,  sono  parecchie  corno  av- 
viene por  qualche  altro  oggetto  o  animalo, 
il  ohe  è  gran  pena  por  quo'  grammatici 
che  si  studiano  di  ridurre  ad  unità  il  lin- 
guaggio italiano:  tacchino.,  dindo,  dindio., 
gallinaccio,  pollo  d'India,  poUn,  pit.,  plif. 

Dine  :  (gr.  dynamis  forza)  nomo  scolto 
nei  congressi  internazionali  dì  lìsica  por 
indicare  l'unità  dì  forza:    è  la  forza  no- 


Din 


—     136 


Di^ 


cessarla  ad  imprimerò  alla  massa  di  un 
grammo  l'accelerazione  di  un  centimetro, 
al  minuto  secondo. 

Dining  room:  è  in  inglese  quello  che 
in  Milano  dicesi  francesemente  salle  à 
manger  e  che  gli  italiani  dicono  ancora 
sala  0  stanza  da  pranzo  o  tinello. 

Dinosauri:  specie  di  rettili  fossili,  si- 
mili ad  enormi  lucertole. 

Dinoterio:  nome  di  formazione  scienti- 
fica per  indicare  una  specie  estinta  di 
mammiferi  giganteschi,  simili  agli  ele- 
fanti. 

Diorite  :  roccia  cristallina,  composta  di 
amfìbolo  e  di  feldspato  oligoclasio. 

Diplopìa:  dal  greco,  e  vuol  dire  doppia 
vista.  Così  in  medicina  è  chiamata  quella 
infermità  della  vista,  prodotta  da  uno  spo- 
stamento nel  parallelismo  dei  due  assi 
visuali,  per  la  quale  un  oggetto  produce 
due  sensazioni  distinte  e  sembra  quasi 
doptpio. 

Di  poema  degnissima  e  d'istoria:  verso 
talora  ripetuto  lepidamente  a  modo  di  in- 
tercalare {Gerusalemme  liberata ^ILN ^^"02)^ 
e  il  Tasso  lo  tolse  dal  Petrarca: 

degna 
di  poema  chiarissimo  e  d'istoria. 

{Trionfo  della  Morte,  I,  35,  36). 

Dipsòmane:  (dal  gr.  òlym,  sete  e  juavia) 
termine  medico  ;  e  dicesi  di  colui  il  quale 
abitualmente  o  per  malo  uso  o  per  alcun 
difetto  organico  sente  il  bisogno  di  ingur- 
gitare grandi  quantità  di  liquido,  vino, 
bibite,  acqua,  etc.  L' astratto  è  Dipso- 
manìa^ ma  specialmente  intendesi  del- 
l'impulso che  alcuni  degenerati  hanno  per 
lo  bevande  alcooliche. 

Diramare  :  nel  noto  senso  degli  uffici,  di 
mandare.^  spargere  un  ordine  o  un  re- 
scritto, è  dai  puristi  giudicato  «  modo 
barbaro  »,  ma  se  anche  esso  è  tale,  l'uso 
lo  rende  civile.  Lo  registra  il  Petrocchi 
ed  altri. 

Direttissima:  V.  Per  citazione. 

Dirigibile:  agg.  sost.,  nave  aerea  ca- 
pace di  esser  diretta.  Neol. 

Diritti  dell'uomo:  l'Assemblea  Costi- 
tuente francese  nel  1789  publicò  i  diritti 
dell'  uomo  {Déclaraiion  des  Droits  de 
l'homme)   che   divenne  il  primo  capitolo 


della  Costituzione  del  1791,  e  restò  il 
fondamento  del  diritto  publico  sì  in  Fran- 
cia come  presso  quelle  nazioni  che  si  ri- 
sentirono dell'effetto  della  rivoluzione  fran- 
cese. E  il  caso  di  recare  testualmente  ciò 
che  tutti  citano  ma  pochi  sanno  precisa- 
mente :  «  La  nature  a  fait  les  hommes 
libres  et  égaux;  les  distinctions  néces- 
saires  à  l'ordre  social  ne  sont  fondées 
que  sur  l'utilité  generale.  Tout  homme 
nait  avec  des  droits  inaliénables  et  im- 
prescriptibles  :  tels  sont  la  liberto  de  toutes 
ses  opinions,  le  soin  de  son  bonheur  et 
de  sa  vie,  le  droit  de  propriété,  la  dispo- 
sition  entière  de  sa  personne,  de  son  in- 
dustrie, de  toutes  ses  facultés,  la  com- 
munication  de  ses  pensées  par  tous  les 
moyens  possibles,  la  recherche  du  bien 
étre  et  la  résistence  à  l'oppression.  L'exer- 
cice  des  droits  naturels  n'a  de  bornes  quo 
celles  qui  en  assurent  la  jouissance  aux 
autres  membres  de  la  socióté.  Nul  homme 
ne  peut  étre  soumis  qu'à  des  lois  con- 
senties  par  lui  ou  ses  réprésentants  ». 

Diritto  canonico  :  diritto  ecclesiastico, 
fondato  sui  cànoni  della  Chiesa,  le  Sacre 
Scritture,  i  decreti  de'  vari  concilii,  le 
costituzioni  de'  papi,  gii  usi  e  le  autorità 
dei  fatti  avvenuti.  Ha  per  obbietto  di  re- 
golare la  gerarchia  ecclesiastica,  ma  spe- 
cialmente i  rapporti  della  Chiesa  con  le 
diverse  Podestà  temporali. 

Diritto  divino  :  diritto  che  si  considera 
come  voluto  da  Dio.  Comprende  le  regole 
che  le  Sante  Scritture  rivelano  agli  uo- 
mini. Per  un  abuso  del  vocabolo  si  chiamò 
diritto  divino  un  fittizio  diritto  pel  quale 
i  principi  avrebbero  la  loro  autorità  da 
Dio  e  non  dalla  volontà  dei  popoli,  onde 
la  distinzione  delle  monarchie  di  diritto 
divino  e  le  monarchie  costituzionali  o  rap- 
presentative. 

Dis  :  lat.  dis.,  gr.  òvg^  prefisso  insepa- 
rabile (in  greco  opposto  ad  ev  =  bene)  si- 
gnifica interruzione,  dispersione,  divisione: 
distrugge  il  senso  positivo  o  buono  della 
parola  cui  si  prefigge;  es.  disperdere^  dif- 
fìcile., distogliere^  disonesto^  etc. 

Disappunto:  per  contrarietà.,  aspetta- 
zione delusa,  cosa  che  non  cade  al  suo 
punto,  è  ripreso  dai  puristi  come  galli- 
cismo désappointement. 


\)[i 


—     137 


Dis 


Disarmare:  termine  marinaresco.  Vedi 
Armare. 

Disarmare:  per  placare  (letterario),  cal- 
mare,  vincere,  rabbonire^  etc.  è  verbo 
comune  oramai  :  i  puristi  lo  riprendono 
rome  francesismo  :  désarmer.,  fig.  =  cal- 
ììier,  apaiser,  flechir.  Es.  cherchex  à 
désarmer  vos  ennemis  plutót  qu' à  les 
raincre. 

Disavanzo:  Teccedenza  del  passivo  su 
Fattivo  in  un  bilancio. 

Disbrigo:  detto  della  spedtxiotte  degli 
a/fari  è  voce  su  cui  i  puristi  non  si  ac- 
cordano :  si  accorda  l'uso  che  sancisce  tale 
vocabolo,  buono  o  cattivo  che  osso  sia. 

Discente  :  voce  pedantesca,  latinismo 
inelegante,  usato  talora  nelle  scuole  per 
alunno,  scolaro,  etc. 

Discentrare  :  (da  dis  dispersivo  e  nega- 
tivo, e  centro)  togliere  alle  amministra- 
zioni centrali  dello  Stato  molte  delle  sue 
attribuzioni  per  concederle  ai  comuni,  alle 
Provincie,  insomma  ad  autorità  autonome. 
Contrario  di  acceìitrare.  E  così  i  due  nomi 
discentramento  e  accentramento. 

Discorsa:  termine  spregiativo  per  indi- 
care, in  modo  assai  familiare,  un  discorso 
lungo  od  insulso. 

Discrasìa:  (gr.  c?*s,  negativo  e  krasis 
'sz  temperamento)  nel  linguaggio  medico 
significa  cattiva  costituzione  dell'  orga- 
nismo. 

Discrezionale  (potere):  nella  nostra  legge 
])enale  si  dice  discrezionale  quel  potere 
di  cui  è  investito  il  Presidente  della  Corte 
d'Assise,  in  virtù  del  quale  potere,  durante 
il  corso  di  un  dibattimento  e  in  tutto  ciò 
<he  la  legge  non  proscrive  e  non  vieta 
sotto  pena  di  nullità,  può  faro  quanto 
«'gli  stima  utile  per  iscopriro  la  verità. 
iiOcuziono  tolta  dal  francoso  potwoir  di- 
scrétionnaire. 

Diseuse  :  la  nostra  lingua  italiana  ha 
la  voce  classica  dicitore  })or  oratore,  ar- 
ringatore^  dicitore  in  rima;  ma  invano 
cercheremmo  la  voce  femminile  dicitrico: 
torse  ])erchò  la  donna  ciarla  ma  rara- 
mente dice?  Bisogna  (srodero  che  gli  an- 
tichi avessero  (juesta  opinione  così  in 
contrasto  con  le  idee  femministe  dell'oggi. 
Certo  ò  che  il  vocabolo  manca  o  non  è 
usato,  e  l'unico  es»Mìi|)io  che  roca  il  Tni- 


mater  è  assai  poco  chiaro.  Per  il  senso 
in  cui  noi  usiamo  la  parola  francese  di- 
seuse, V.  Chanteuse. 

Disfare:  al  presente  fa  io  disfo,  e  dis- 
faccio, all'  imperfetto  disfaceva  o  non  dis- 
fava e  così  dicasi  degli  altri  composti  di 
fare.  Avvertimento  non  del  tutto  superfluo. 

Disguido:  voce  comune  per  significare 
un  errore  di  spedizione. 

Disidratare:  togliere  completamente  l'ac- 
qua allo  sostanze  che  si  vogliono  essic- 
care: vocabolo  del  linguaggio  de'  chimici. 

Disiecti  membra  poetae  :  dicesi  con 
speciale  senso  di  luoghi  o  parti  spiccio- 
late dell'opera  di  un  autore,  e  letteral- 
mente :  membra  dello  sparso  poeta  :  emi- 
stichio di  Orazio  (Sat.  I.  4,  62). 

Disimpegnare:  (da  dis  e  impegno)  nel 
senso  di  esercitare  bene,  adempiere,  so- 
stenere un  ufficio  è  appuntato  dai  puristi. 
Suo  vero  senso  è  levare  d'impegno,  scio- 
gliere, 0,  nella  forma  neutra  passiva,  scio- 
gliersi da  un  obbligo,  da  un  assunto.  A 
dir  vero  il  passaggio  dall'  uno  all'  altro 
senso  non  mi  pare  difficile  e  strano. 

Disincagliare:  in  marina  vuol  dire  to- 
gliere il  bastimento  dal  luogo  ove  è  in- 
cagliato e  rimetterlo  a  galla. 

Dislivello:  usasi  tidora  per  slivello,  dif- 
ferenza di  livello. 

Dislocamento  :  in  marina  significa  il  vo- 
lume e  il  peso  dell'acqua  spostata  dalla 
carena. 

Disobbligare  :  verbo  derivato  dalle  forme 
latino  dis-ob-ligare  zn  slegare,  sciogliere 
dall' obbligo  ;  il  contrario  di  obbligare  ■s:z 
gratificarsi  uno,  cattivarsene  la  benevo- 
lenza, etc.  :  quindi  disobbligare  ~s.  fare 
atto  scortese,  alienare  da  sé.  Tale  verbo 
noi  togliemmo  dal  francese  désobligcr:  lo 
stesso  dicasi  di  disobbligante,  accettato  a 
vero  dire  dalla  nuova  Crusca  nel  senso 
di  scortese,  poco  gentile,  etc. 

Disorganizzare:  V".  Organizzare. 

Dispensario:  (lat.  dispensare  ::  distri- 
buirci, fr.  dispensaire)  istituto,  di  solito 
di  fondazione  ospitaliora,  ove  si  danno 
consulti  0  modiciiu»  senza  accogliore  in- 
formi. 

Dispepsia:  dal  gr(>co  peplo  o  pepso  = 
ammollire,  maconir(>,  maturare,  cuocere, 
digerire,  e  dis  pn'flsso  negativo,  dunque 


188 


Div 


(3iò' che  volgarmente  dicesi  indigestione,  i 
Dispepsìa  chiamano  i  medici  con  voce 
generica  quei  disturbi  passeggeri,  localiz- 
zati allo  stomaco,  per  eifetto  di  alterazioni 
chimiche  dei  succhi  gastrici  o  per  cause 
anatomiche. 

Dispiaciuto:  ^^qv  dispiacente  :  formati- 
pica  0  brutta  del  dialetto  napoletano. 

Dispitto:  per  dispetto,  sdegno:  voce  an- 
tiquata ohe  vive  nella  locuzione  «  in  di- 
spitto »  per  effetto  della  divulgata  popo- 
larità del  Canto  X  doìV  Inferno  dantesco  : 

come  avesse  V  inferno  in  gran  dispitto. 

Dispnèa  :  (gr.  dis  che  ha  senso  avver- 
sativo, e  pQièo  =  respiro)  in  medicina  si- 
gnifica la  difficoltà  di  tirar  su  il  fiato,  la 
(juale  si  accompagna  a  molte  malattie. 

Disponibilità:  (fr.  disponibilité.,  officier 
en  disponibilité)  dicesi  degli  ufficiali  dello 
Stato,  dispensati  dal  prestar  servizio  per 
soppressione  d'ufficio  o  per  riduzione  de' 
ruoli  organici. 

Distaccamento  :  termine  militare  tolto 
dal  francese  (détachement) .  Indica  quella 
squadra  o  compagnia  o  drappello  che  presta 
il  suo  ufficio  lungi  dal  corpo  e  dalla  sede 
principale.  Tale  senso  ha  pure  il  verbo 
distaccare.  I  puristi  hanno  torto  a  ripren- 
dere queste  voci,  giacche  esse  non  sola- 
mente sono  parole  organate  nella  lingua 
dell'uso,  ma  conviene  anche  pensare  che 
r  Italia,  soggetta  per  secoli  al  dominio 
politico  di  altre  nazioni,  non  ebbe  eser- 
citi suoi  e  perciò  quando  potè  instituirne 
uno,  dovette  ricorrere  alle  voci  presenti  e 
dell'uso  militare,  e  specie  alle  parole  di 
Francia,  su  le  cui  istituzioni  in  molte  cose 
il  governo  della  terza  Italia  si  modellò. 
Avvertasi  in  fine  che  distaccamento  è  ac- 
colto dalla  Nuova  Crusca  e  così  il  verbo 
distaccare  con  un  esempio  del  Monte- 
cuccoli. 

Distinguersi:  per  segnalarsi.,  farsi 
strada^  nome.,  è  dal  Fanfani  ripreso  per 
gallicismo:  se  distinguer.  Là  logica  in- 
duce il  Fanfani  a  condannare  anche  i  de 
rivati  distinto  e  distinzione  a  cui  sup- 
pliscono le  parole  nostre  reputato,  segna- 
lato., ragguardevole.,  ammodo,  garbato  etc. 
e  riguardo,  stima.,  riverenza.,  dignità  etc. 
A  mio  avviso  essi  sono,  come  tanti  altri, 
francesismi  di   difficile  distinzione,   tanto 


pili  che  non  mancano  esempi  classici.  Certo 
anch'  io  penso  che  il  frequentissimo  uso 
che  di  queste  parole  si  fa,  specie  distin- 
zione e  distinto,  proceda  da  influsso  fran- 
cese. Comunque  si  pensi,  il  vero  è  che 
son  parole  che  vanno  facili  per  le  bocche 
di  tutti  mentre  le  nostre  occorrono  piìì 
specialmente  nell'uso  letterario....  o  del 
popolo  umile. 

Distinto:  V.  Distinguersi. 

Distinzione  :  V.  Distinguersi. 

Dito  di  Dio  :  metafora  tolta  dalla  Bibbia 
e  usata  popolarmente  per  significare  la 
visibile  punizione  di  Dio.  Ntimeri  Vili, 
17  ;    Vangelo  di  S.  Luca  XI,  20. 

Ditta  :  questa  parola  che  vale  Compa- 
gnia 0  Società  di  commercio  spesso  è  at- 
tribuita, con  intenzione  di  ingiuria  ad  isti- 
tuti 0  compagnie  il  cui  carattere  è  o  do- 
vrebbe essere  morale  anzi  tutto,  non  com- 
merciale 0  venale.  Es.  :  «  Povera  Chiesa  ! 
Una  volta  almeno  contava  al  suo  attivo 
delle  conversioni  notevoli  che  rialzavano 
il  prestigio  della  ditta  nei  momenti  dif- 
fìcili, richiamando  su  lei  l'ammirazione 
degli  imbecilli...  ». 

Dittico:  (dal  gr.  diptykos  =  pieghevole 
in  due)  quadro  diviso  in  due  tavole  di 
legno,  da  aprirsi  e  chiudersi  a  piacere, 
per  lo  più  in  arco  o  a  sesto  acuto,  detto 
anche  ancóna. 

Diuresi  :  termine  medico  formato  dal 
greco  e  significa  abbondante  secrezione 
di  urina. 

Diuretico:  attributo  di  que'  medicamenti 
e  di  quelle  sostanze  che  hanno  facoltà  di 
aumentai'e  la  secrezione  dell'urina. 

Divano:  parola  con  la  quale  si  indicano 
in  Oriente  le  assemblee  nelle  quali  i  so- 
vrani e  i  loro  ministri  tengono  consiglio 
e  danno  udienza.  Piii  specialmente  si  in- 
tende del  ministero  ottomano  e  della  Can- 
celleria della  Sublime  Porta. 

Divaricare  :  allargare,  aprire,  verbo 
spesso  usato  nel  linguaggio  medico. 

Divergenza:  contrario  di  convergenza, 
ed  è  voce  usata  in  senso  traslato  per  in- 
dicare disparità.,  differenza  di  opinioni, 
quasi  che  tendano  a  punti  opposti. 

Diversivo:  agg.  sost.,  usato  talora  in 
senso  traslato  per  deviazione.,  passaggio 
opportuno  ad  altro  argomento  o  cosa. 


Div 


Div 


Divette  :  le  avfisto  di  ctiffè-conccrto  non 
sono  dive,  ma  semplicemente  diveMcs  cioè 
divinità  di  ordino  inferiore.  Traducesi  an- 
che in  divetta.  V.  divo  e  V.    ehantem^e. 

Divide  et  impera  :  divìdi  e  regna!  motto 
latino  attribuito  a  molti  potenti;  da  Fi- 
lippo di  Macedonia  che,  dividendo  e  cor- 
rompendo, cioè  impedendo  il  fascio  delle 
forze  comuni,  domò  la  Grecia,  a  Luigi  XI 
di  Francia  che  fondò  la  forza  monarchica 
sul  vinto  feudalismo.  Se  non  motto,  con- 
siglio e  pratica  costante  di  Casa  d'Austria: 

E  quest'odio  che  mai  non  awiciiia 
Il  popolo  lombardo  all'alemaniio, 
Giova  a  chi  regna  dividendo  e  teme 
Popoli  avversi  affratellati  insieirio. 

Dividere:  idee,  gioie^  dolori.,  etc.  è  dal 
Fanfani  e  dal  Rigutini  ripreso  come  goffa 
imitazione  del  verbo  partager  de'  francesi. 
La  lunga  dissertazione  del  Fanfani  è  per- 
suasiva senza  dubbio  ;  ma  sta  il  fatto  che 
questa  locuzione  è  entrata  nell'  uso  e  a 
stento  si  distingue  dalle  buone:  io  par- 
tecipo^ prendo  parte  al  tuo  dolore^  io 
sono  della  tua  opinione.,  etc. 

Divisione  delle  parole  :  una  consonante 
fra  due  vocali  fa  sillaba  con  la  seconda, 
come  o-no-re;  eccetto  le  parole  composto 
che  si  dividono  nelle  loro  componenti, 
come  mal-agevole.,  dis-inganno,  tras-met- 
tere.  Di  due  consonanti  eguali  l'una  fa  sil- 
laba con  la  precedente  vocale,  l'altra  con  la 
seguente,  come  ac-cet-tò.  F  e  qualunque 
consonante  muta,  trovandosi  innanzi  a  li- 
quida, si  unisce  alla  vocale  seguente,  come 
ca-fro.,  a-cre.,  ve-tro,  de-gno.,  etc.  :  in  ogni 
altro  caso  due  consonanti  diverse  si  scom- 
pagnano e  si  fa  ven-to.,  al-to,  er-to^  ae- 
qua, etc.  Non  sembra  lecito  disgiungere 
una  consonante  apostrofata  dalla  vocale 
seguente  benché  su  tale  quistione  una 
riforma  sarebbe  desiderata.  A  questo  pro- 
posito mi  piace  anzi  riferire  l'opinione  di 
F.  d'Ovidio  in  un'avvertenza  })reposta  al 
suo  recente  volume  Hicordied  Affetti:  «Non 
operò  un  error  tipografico,  o  ad  ogni  modo 
non  è  iminitabilo  alla  tipografia,  l'uso  di 
parole  apostrofato  in  fin  di  riga.  Ho  voluto 
l)roprio  romperla  con  una  norma  ortograiìcu 
così  arbitraria  e  gretta,  sposso  dannosa  alio 
stile  e  finaiKìO  alla  grammatica.  Il  bel  fon- 
damento  che  i    grammatici    le   diedtvro  è 


che  in  fin  di  riga  la  parola  apostrofata 
resta  impronunziabile  di  per  sé  stessa,  e 
costringe  il  lettore  a  guardare  anticipa- 
tamente il  principio  della  riga  seguente. 
Non  badarono  cho  ciò  avviene  del  pari 
quando  si  spezza  got-ta.,  goc-cia,  ap-poire 
e  così  via;  e  che  un  rimedio  ben  peg- 
giore è  il  costringersi  a  scrivere  all'  oc- 
correnza :  Di  altro  lato,  una  mano  lava 
la  altra.,  metter  barriere  tra  la  Italia  e 
l'Italia,  in  quattro  e  qtiattro  otto.,  di 
amore  e  d'accordo  o  d'amore  e  di  ac- 
cordo, e  simili  altre  goffaggini.  Sarebbe 
tempo  di  smetterla  ;  e,  in  cambio  di  tante 
innovazioni  o  rievocazioni  ortografiche  (V. 
ciò  che  è  detto  a  pag.  32-33)  tutt' altro 
che  lodevoli,  spazzar  via  certe  norme  ])p- 
dantesche  che  non  hanno  né  babbo  uè 
mamma,  o  meglio,  han  per  babbo  un  so- 
fisma, per  mamma  la  cieca  abitudine,  e 
per  balia  la  paura  di  parer  ignoranti  tra- 
sgredendole ».  Non  si  pensi  del  resto  cho 
ciò  sia  una  novità  :  il  Bodoni,  stampatore 
sommo,  con  la  maggior  libertà  termina 
le  righe  con  le  preposizioni  articolate  all' , 
de' ,  dell\  anche  dove  avrebbe  potuto  farne 
a  meno.  Se  la  riga  è  lunga,  si  cerchi  di 
dividere  la  parola  in  modo  che  resti  una 
vocale  sola  in  principio  o  in  fine,  come 
a-nello.,  pendì-o.  La  s  si  unisce  per  re- 
gola generale  alla  sillaba  che  segue.  Non 
si  dividono  i  dittonghi,  i  trittonghi,  etc.  ; 
ma  si  deve  scrivere  ruo-lo,  fi-gliuo-lo.  etc. 
Non  si  dividono  i  numeri. 

Diva:  V.  Divo. 

Divo  :  lat.  divus  (deus).,  divino.  Ma  di- 
cesi talora  con  certo  senso  di  ironica  fa- 
cezia di  persona  notoria  o  celebre  la  quale, 
all'aspetto,  al  contegno  e  alle  parole  di- 
mostri essere  conscio  di  troppo  del  suo 
valore  e  della  sua  notorietà.  |  Diva  poi  di- 
cesi, e  non  sempre  per  ischerzo,  di  can- 
tatrice'colebre.  j  Dira  è  anche  in  francese: 
«  mot  ompruntó  de  V  italion  oìi  il  signifie 
divine  et  dont  on  se  sort  quelquofois  eu 
parlant  dox  excollontes  ountatrioos  ».  1 
francesi  poi  ne  hanno  fatto  dirette,  voct» 
del  gergo.  Vedi  questa  parola. 

Divorante:  per  eccessivo.  Es.:  «  un'at- 
tività divoraìite  »,  ricorda  l'uso  traslato 
del  francese  dévorant. 

Divorzista:  dicosi  di  jìcrsona  favon^voU^ 


Div 


L40     - 


Dol 


al  divorzio  Una  delle  tante  parole  di 
conio  arbitrario  e  di  vita  effìmera. 

Divulsione:  in  medicina  significa  dila- 
tazione forzata.  Yoce  formata  dal  latino 
clip,  che  indica  separazione,  e  veliere  zzz 
strappare  (piloro,  retto,  collo  dell'utero). 

Dixit  latro  ad  latronem  :  disse  il  ladro 
al  ladrone  :  motto  latino  tolto  dalle  antiche 
favole  per  significare  lo  scambievole  accor- 
do, i  reciproci  patti  fra  gente  di  mal  affare. 

Doccia  0  doccia  fredda:  per  traslato 
dall'azione  terapeutica  calmante,  dicesi 
familiarmente  di  notizia  o  di  osservazione, 
la  quale  abbia  virtù  di  calmare  fieri  pro- 
positi, esaltazione  di  idee,  spesso  deviando 
il  pensiero  in  opposta  parte.  Aver  bisogno 
d'una  doccia:  fr.,  avoir  besoin  d'une 
douche,  detto  di  chi  non  intende  ragione 
e  si  esalta  oltre  misura. 

Docente:  semplicemente  per  maestro, 
insegnante^  ha  del  pedantesco  e  l'orecchio 
mal  si  abitua  a  questo  latinismo.  |  Libero 
docente  è  chiamato  colui  il  quale  per  al- 
cuna sua  riconosciuta  perizia  e  dottrina 
ottiene  facoltà  di  insegnare  negli  istituti 
superiori  una  disciplina  o  scienza  affine  e 
di  coiTcdo  a  quella  che  è  nei  programmi 
di  una  data  facoltà.  La  libera  docenza, 
<;osa  ottima  in  sé,  nella  pratica  talora  è 
un  accorto  mezzo  per  far  molta  strada 
con  poca  fatica. 

Docenza:  voce  usata  insieme  all'agget- 
gettivo  libera.  V.  Docente. 

Dock  :  dal  celtico  dekken  :=  chiudere., 
contenere:  indica  una  serie  di  bacini  fian- 
cheggiati da  magazzini  a  più  piani  :  il 
tutto  abilmente  disposto  per  il  pronto  e 
sicuro  carico  e  scarico  delle  navi.  Famosi 
quelli  di  Londra  sul  Tamigi.  |  Il  Gugliel- 
motti propone,  anzi  registra,  l'antica  voce 
dicco;  e  va  bene:  bisogna  poi  trovare  chi 
l'adoperi  ed  intenda.  Alcuni  traducono 
dock  con  calate.  A  Genova  dicesi  calata.    \ 

Doctor  in  utroque:  dottore  nell'imo  e 
nell'altro  diritto,  cioè  nel  diritto  civile  e 
noi  diritto  canonico. 

Tibi  quoque  tibi  quoque 
è  concessa  facoltà 
di  potere  in  jwre  utroqne 
gingillar  l'umanità. 

Giusti,  Gingillino. 

Documentazione:   invece  di  prora,  do- 


cumento, non  la  trovo  in  nessun  lessico. 
Però  la  si  legge  :  Es.  «  Sarebbe  una  do- 
cumentaxione  di  vergogna  e  nessuno  vuol 
darla  pel  proprio  paese  ».  È  una  delle  non 
poche  voci  abusive  fatto  non  so  se  per 
influsso  del  francese  (docu7nenfation)  ov- 
vero del  suffisso  %,ione  che  sembra  por- 
gere più  efficace  F  idea  della  cosa  in  atto 
piuttosto  che  in  fatto. 

Documento  umano:  questa  locuzione 
abusata  è  di  E.  Zola:  document  humain. 
V.  le  Roman  experÌ7n,ental  {Gharpentier, 
1880)  e  più  particolarmente  un  capitolo 
del  trattato"  Std  Romanzo  (Du  Roman) 
intitolato  :  Les  documents  humains.  Se- 
condo lo  Zola  il  naturalismo  si  estende  (e 
ne  fu  iniziatore  il  Balzac)  su  la  lettera- 
tura :  un  romanzo  può  ridursi  ad  una 
semplice  monografia,  a  una  pagina  di  vita, 
à  une  tranche  de  vie.  |  Quanto  alla  verità 
vera  ed  eterna  della  teoria  zoliana,  vedi 
Dante,  quanto  alla  formula  o  al  recipe. 
vedi  gli  infiniti  romanzi  di  ambiente  e  di 
monografìe  germogliati  in  cosi  stucchevole 
copia  attorno  alla  fìera  pianta  dell'  arto 
dello  Zola! 

Dogo  :  Y.  Bull-dog. 

Dolce  far  niente  :  frase  italiana,  tipica, 
antica,  melodiosa,  direi  quasi  estetica  : 
caratteristica  della  razza,  conosciutissima 
all'estero.  Risponde  forse  a  quel  fìne  senso 
fìlosofìco  per  cui  Belacqua  dice  a  Dante  : 
«  quiescendo  et  sedendo  anima  efficitur 
sapiens  ».  |  Cfr.  per  l'origine  storica  dol 
motto,  Plinio  il  giovane  {Epist.  VIIL  8)  : 
illud  jucundum  nil  agere,  e  Cicerone 
(De  Oratore,  111,  24)  nil  agere  delectat. 
Vero  è  che  il  tempo  e  le  necessità  hanno 
modifìcato  tale  dolce  ozio  :  ad  ogni  modo 
è  questo  motto  intinto  di  alcuna  calunnia, 
avendo  l' italiano  alcuna  sua  speciale,  ge- 
niale intensità  nel  lavoro,  quando  vuole. 

Dolcetto:  eccellente  vino  da  pasto  pie- 
montese (Dogliani,  Cortemiglia,  Mondovi) 
color  rosso  rubino,  leggermente  abbocato. 
di  gradevole  sapidità.  È  vino  che  si  con- 
suma nell'annata:  barberàto  e  barolàto 
dicesi  a  seconda  che  al  mosto  del  dolcetto 
si  fa  compiere  la  fermentazione  su  le  vi- 
nacce del  Barbèra  o  dol  Baròlo. 

Dolicocèfalo:  neologismo  scientifìco  dol 
linguaggio  medico,  dal    greco   dolicos  zz:: 


Dol 


141 


Don 


lungo  e  kcfalè  —  testa.  Dicesi  come  agg. 
di  cranio  ovaio.  Questo  nome  fu  dato  da 
Retzius  ai  crani  umani  formati  in  guisa 
che  veduti  dalla  parte  superiore  sono  ovali 
con  il  diametro  longitudinale  superiore 
d'un  quarto  circa  al  diametro  trasversale. 
V.  Indice  cefalico. 

Dolio:  (lat.  dòliimì)  grande  vaso  di  creta 
presso  i  romani  ove  si  teneva  il  vino  nel 
periodo  della  fermentazione,  prima  di  tra- 
vasarlo nello  anfore.  Più  tardi  fu  fatto  di 
doghe  come  le  nostre  botti. 

Dolman:  come  voce  della  moda  indica 
un  mantello  per  signora,  ampio,  senza 
maniche,  spesso  con  cappuccio.  La  voce 
completa  è  doliman,  abito  dei  turchi,  ta- 
lare, di  seta  a  fini  tessuti  vistosi,  con 
pelliccia.  Gli  Ungheresi  venendo  al  ser- 
vizio di  Luigi  XIV,  portarono  in  Francia 
questa  foggia  di  sopra  vesta  di  parata  che 
essi  tolsero  dai  Turchi.  A  noi  certo  venne 
por  via  della  Francia. 

Dolmen  :  voce  celtica  o  gallica  che  dir 
si  voglia  ;  significa  lastrone.  \  I  dolmen 
sono  antichissimi  monumenti,  sull'  uso  e 
su  la  natura  dei  quali  gli  archeologi,  come 
al  solito,  non  s'accordano.  Probabilmente 
tombe.  Consistono  di  una  informe  lastra 
di  marmo  che  posa  su  due  altre  minori 
e  verticali.  Gran  numero  se  ne  trovò  nella 
Gran  Britannia  e  nella  terra  Armoricana. 
Furono  creduti  anche  appartenere  al  culto 
druidico. 

Domesticato  :  V.  la  locuzione  Socialisti 
addomesticati. 

Domicilio  coatto:  locuzione  neologica 
(coactus  =  costretto,  forzato)  accolta  dalla 
Crusca,  cui  risponde  l'antica  voce  confine. 
Facoltà  data  per  leggi  al  Ministero  del- 
l' Interno,  per  gravi  motivi  di  sicurezza 
e  di  ordine  publico,  di  designare  por  un 
termino  da  6  mesi  a  2  anni  a'  recidivi 
e  malviventi  un  luogo  di  residenza.  Isti- 
tuto adatto  a  fomentare  più  i  vizi  antichi 
e  apprenderne  di  nuovi  che  ad  emenda- 
mento. Dicesi  per  estensione  familiare  do- 
micìlio coatto  di  residenza  ingrata  o  for- 
zata. 

Domi  mansit,  lanam  fecit:  rimase  in 
casa,  filò  la  lana:  ([uattro  parole  epigra- 
fiche che  rendono  e  (!om|)rondono  l' ideah» 
dell'antica  ma^er/aw//m.v  presso  i  romani. 


A  questo  proposito  oggi  si  è  corso  anche 
di  troppo!  V.  Femminismo. 

Dòmino  :  nome  in  antico  dato  al  ca- 
mauro de'  preti  col  cappuccio  per  difesa 
dal  freddo,  dunque  letteralmente  =  al  si- 
gnore, pel  signore.  Così  per  simiglianza 
al  detto  camauro  venne  nel  secolo  XVIII 
in  Francia  chiamata  quella  nota  specie 
di  cappa  che  nei  balli  mascherati  si  in- 
dossa per  occultare  volto  e  figura.  L'ac- 
cento sull'o  è  indice  della  provenienza 
francese.  Il  Petrocchi  ha  ambedue  le  grafie 
dòmino  e  dominò.  Per  estensione  poi  do- 
mino indica  la  persona  stessa  che  ne  è 
vestita. 

Don:  (lat.  dominus,  don7io  z=z  signore) 
usasi  nel  dialetto  napoletano  dinanzi  al 
nome  come  titolo  di  cortesia.  Nell'aristo- 
crazia e  segnatamente  in  quella  lombarda. 
don  e  donna  sono  assai  comuni  come  pre- 
fissi ai  nomi  di  chi  è  insignito  di  titolo 
nobilesco.  Don  Lisander  (Alessandro  Man- 
zoni). Notevole  questo  uso  del  don  nelle 
regioni  dove  la  Spagna  ebbe  più  lungo  e 
diretto  dominio. 

Donare:  (fr.  donner)  vale  dare  in  dono. 
ed  è  oggi  francesismo  usarlo  per  dare.  — 
Salvini,  Discorsi:  «  Il  castigo  che  ai  de- 
linquenti si  dona  »,  così  il  signor  Allan, 
op.  cit..  ma  parmi  poco  dell'uso  o  af- 
fettato. 

Don  Cliisciotte  :  dell'eroico  e  mirabil 
mente  folle  eroe  del  Cervantes  il  popolo 
intendendo  solo  il  lato  spavaldo  e  caval- 
leresco, dice  per  beffa  don  Chisciotte  di 
persona  che  assuma  o  inutile  o  spropoi- 
zionata  difesa  altrui  con  vana  iattanza. 
Tale  senso  estensivo  è  pure  in  fr.  Don 
Quichotte,  Don  Quichottisme. 

Donchisciottesco:  aggettivo  formato  dal 
nome  del  noto  eroe  del  Cervantes,  Don 
Chisciotte.  Dicosi  di  persona  o  aziono  che 
abbia  alcun  che  di  spavaldo,  petuhnite. 
coraggioso,  ingenuo  talora  ;  ma  per  (jue- 
stioni  che  non  no  valgono  il  conto. 

Don  Clcillo  :  felice  espressione  dialettale 
napoletana  ohe  rendo  nel  suono  istesso  la 
])orsona  che  vuol  signifìcai*e,  cioè  il  gio- 
vane elegante,  manierato,  cho  corteggia 
lo  donne,  che  att'etta  signorilità  e  ricchezza. 
Ti])0  cho  si  incontra  dovuiiquo,  e  con  spe- 
(iiali  caratteri  in  Napoli.  |  Registro  questa 


Don 


42     — 


Do]) 


l)arola  locale  perche  dimostra  come  il 
popolo  sappia  creare  i  propri  vocaboli 
senza  ricorrere  a  voci  straniere.  Don  Cl- 
eiUo  zz:  presso  a  poco  a  lion,  gommeux  etc. 

Don  Giovanni:  dicesi  familiarmente  di 
audace,  fortunato  e  spregiudicato  conqui- 
statore di  donne  :  dalla  nota  leggenda  spa- 
gnuola  del  14*^  sec.  dello  scapestrato  Don 
Juan  Tenorio,  immortalata  da  scrittori  e 
musici. 

Donna  allegra  :  o  ragax.r„a  allegra^  e 
più  frequentemente  al  diminutivo,  don- 
nina^ dicesi  di  femmina  di  facili  e  liberi 
costumi,  0  tale  per  elezione  di  vita. 

Donna  Fabia  (Fabron  de'  Fabrian)  :  è 
il  tipo  stupendo  della  vecchia  stupida  dama 
aristocratica,  comicamente  immortalata 
nella  Preghiera  di  Carlo  Porta,  il  grande 
poeta  meneghino.  Donna  Fabia  così  rin- 
grazia il  buon  Gesù  : 

]\Iio  caro  e  buon  Gesù,  che  per  decreto 

Deir  in fallibil  vostra  volontà 

M'avete  fatta  nascere  nel  ceto 

Distinto  della  prima  nobiltà, 

Mentre  poteva,  a  un  minim  cenno  vostro 

Nascer  plebea,  un  verme  vile,  un  mostro, 

Io  vi  ringrazio  che  d'un  sì  gran  bene 
Abbia  ricolma  l'umil  mia  persona. 

Secondo  il  Barbiera  nel  suo  libro  «  La 
l)rincipessa  Belgiojoso  »,  il  Porta  avrebbe 
tolto  il  modello  di  cotesta  dama  da  una 
marchesa  di  casa  Trivulzio,  di  nome  donna 
Margherita,  la  quale  viveva  appunto  in 
quel  tempo  del  Porta.  «  Signora  marchesa, 
infine  tutti  siamo  vermi  »,  le  diceva  il 
curato  della  chiesa  di  S.  Alessandro  per 
temperare  la  albagìa  di  lei  ;  cui  ella  ri- 
spondeva :  «  Sì,  sono  un  verme,  ma  Tri- 
vulzio !  ».  11  nome,  almeno  in  Milano,  ha 
valore  estensivo  e  però  qui  è  citato. 

Donnée  :  voce  francese,  ed  indica  l'ar- 
gomento, il  soggetto  e  con  precisa  parola 
latina  la  favola  di  un  dramma,  di  un  ro- 
manzo, etc.  La  gente  di  mondo  usa  spesso 
quella  parola. 

Doni:  gen.  invariabile  del  pronome  re- 
lativo francese,  dal  latino  deunde^  italiano 
donde^  di  cui.  Nel  linguaggio  di  Borsa 
significa  il  premio  che  si  deve  pagare  al 
venditore  quando  non  si  creda  più  oppor- 
tuno eseguire  un  contratto  antecedente- 
mente stipulato  [di  cui  è    premio,  etcì. 


Dopo  tutto:  è  proprio  Vaprès  tout  fran- 
cese :  i  modi  nostri  sono  :  in  fine,  alla 
fin  fine.,  alla,  fin  dei  conti,  -po'  poi,  in 
conclusione,  da  ultimo,  ioisomma,  etc. 
Il  Tommaseo  e  il  Eigutini  hanno  ragione 
da  vendere  quando  condannano  dopo  tutto: 
i  buoni  scrittori  lo  evitano  e  dopo  tutto 
questa  locuzione  appartiene  al  numero  di 
quei  modi  di  dire  che  si  sono  radicati  nel- 
l'uso e  toglierli  vorrebbe  dire  non  saper 
più  come  parlare,  o  far  come  i  bimbi 
quando  stabiliscono  il  giuoco  di  pronun- 
ciar parole  con  la  esclusione  di  determi- 
nate lettere. 

Doppiare:  in  marina  significa  passare 
a  breve  distanza,  descrivendo  un  mezzo 
giro,  dall'una  all'altra  parte  di  un  capo, 
di  una  punta  o  di  un'  isola.  Quando  si 
passa  in  linea  retta  dicesi  montare.  Questo 
senso  del  verbo  doppiare  ci  deve  essere 
provenuto  dal  fr.  doubler  =  passer  outre, 
laisser  de  l'arrière.  Doubler  un  cap,  un 
rocker. 

Doppietta  :  fucile  a  duo  canne,  schioppa. 

Doppione:  da  doppio:  due  opere  usuali 
di  una  stessa  edizione  formano  un  dop- 
pione.  Doppione,  con  uso  recente,  diconsi 
due  parole  che  non  variano  se  non  per 
(jualche  particolarità  grafica,  non  per  il 
senso,  indicando  la  cosa  istessa.  Es.  in- 
civilire e  civili%,7iare.  La  lingua  italiana 
oltre  che  di  sinonimi  difficili  a  bene  usare, 
è  ricchissima  di  doppioni,  in  molti  casi 
appunto  perchè  la  parola  straniera  tendo 
a  prevalere  su  la  uguale  parola  buona  ita- 
liana. Della  natura  del  doppione  così  ret- 
tamente ragiona  l'abate  Romanelli,  op.  cit. 
«  talvolta  questi  doppioni  sono  grafìe  di- 
verse, 0  allotropie,  cioè  varianti  fonetiche 
e  morfologiche  leggiere;  che  alcune,  ormai 
stantìe  e  dialettali,  vanno  scomparendo 
ogni  giorno,  e  quindi  soltanto  possono  riu- 
scire incomode  ai  dilettanti  ;  e  che^  final- 
mente, ci  son  degli  oggetti  della  natura 
e  dell'arte,  particolari  e  locali,  che  pos- 
sono essere  anche  un  po'  diversi  nella 
materia  e  nella  forma,  i  quali  non  sono 
fìssi  né  si  posson  fissare  nella  nostra,  come 
forse  in  nessuna  lingua  viva.  Eccone  una 
lista:  Abbadia,  badia;  brace,  brage^  bra- 
gia; briciolo,  briciola;  ciarpame,  ciar- 
purne;  codesto,  cotesto;  danari,  denari; 


Dui- 


-     143 


Dov 


dimani^  domani;  famigliare^  familiare; 
frutte  0  fruita;  geste  e  gesta;  giovane^ 
giovine;  gocciola^  gocciolo;  grembiale^ 
grembiule;  guattero.  sguattero;  guscia^ 
guscio;  lacrima^  lagrima;  laxxaretto^ 
lax,%eretto ;  maraviglia^  meraviglia;  ma- 
cine^ macina;  occhialrtto,  occhialino; 
romore^  rumore;  scandalo  e  scandolo ; 
secreto^  segreto;  soggezione^  suggexione; 
mottola^  viottolo.  E  ne'  verbi  :  arrossare 
<^  arrossire;  ammansare  e  ammansire; 
assordare  e  assordire  ;  impazzare  e  im- 
pazzire; indurare  e  indurire,  e  simili. 
Or  tale  ricchezza  di  doppioni  di  questa 
specie,  che  è  maggiore  nello  lingue  che 
lian  più  lunga  storia  (e  basterebbe  dare 
un'occhiata  al  greco  e  al  latino),  non  è 
male  avvertire  che  arreca  pure  qualche 
vantaggio:  di  poter  evitare  ripetizioni  mo- 
notone, scontri  molesti  di  suoni,  allitte- 
razioni 0  rime,  assonanze  e  consonanze». 

Dorée  :  in  Jeunesse  dorée  è  locuzione 
comune  presso  di  noi.  Y .  Jeunesse. 

Dormeuse:  poltrona  grande,  elastica  e 
profonda  ove  ci  si  sdraia  come  in  un  letto. 
Va  certo  che  il  francese  nel  creare  certi 
vocaboli  significativi  è  felicissimo.  Cfr.  del 
resto  la  nostra  voce  poltrona  da  poltrire. 

Doublé  face:  fr.,  detto  delle  stoffe,  a 
(lue  dritti. 

Dormir  con  la  serva:  modo  popolare 
toscano,  esteso  ad  altre  regioni,  che  vuol 
significare  esser  semplice.,  ignorante  come 
un  fanciullo.  Così  detto  dall'uso  di  far 
dormire  i  bimbi  con  la  serva? 

Dormir  tra  due  guanciali:  dicesi  di  chi 
non  ha  veruna  cagione  di  sospetto  o  ti- 
more. 

In  ilio  tempoi'e,  quando  i  mortali 
se  la  dormivano  tra  due  guanciali... 

Giusti,  Preterito  più  che  perfetto. 

Dorsay  :  fr.,  così  chiamano  i  sarti  l'a- 
bito maschile  a  falde. 

Dos-à-dos:  dosso  contro  dosso.,  figura 
di  ballo  in  cui  i  danzatori  si  volgono  lo 
spalle.  Coi  balli  di  Francia  vennero  ne- 
cessariamente i  nomi  che  noi  accettammo 
s(Miza  modificarli,  ma  aocontontandoci  solo 
di  storpiarli  nella  pronuncia. 

Dossier:  (radice  rfos,  dosso)  usatissimo 
in   Francia  nel  senso  di  pratica,  incarta- 


mento riguardante  persona,  affare,  tonde 
a  penetrare  nel  nostro  linguaggio. 

Dottora:  femminile  di  dottore  e  meno 
comune  di  dottoressa.  Ora  le  donne  ad- 
dottorate in  qualche  disciplina,  così  fiere 
come  esse  oggi  sono  della  loro  dignità, 
come  chiamarle?  a  dottora  non  ci  si  ausa 
e  dottoressa  sa  di  saccente,  e  pare  con- 
tenere in  sé  alcuna  parte  di  scherno  o  al- 
meno di  estraneo  all'  ideale  femminista  : 
onde  è  che  le  donne  che  hanno  diploma 
di  laurea,  scrivono  spesso  sul  biglietto 
dottore,  quasi  nome  partecipante.  La  gram- 
matica del  Morandi  e  Cappuccini  (§  138) 
approva  questo  nuovo  uso  femminile  di 
dottore.  Così  in  fr.,  fe^nme  docteur. 

Dottrina  di  Monroe:  propr.  è  la  dichia- 
razione di  Giacomo  Monroe  {Mennro)  1759, 
1831,  presidente  degli  Stati  Uniti  d'Ame- 
rica, che  l'Unione  non  tollererebbe  l'in- 
gerenza di  nessuna  potenza  d'Europa  nella 
lotta  d'indipendenza  dell'America  meridio- 
nale. V.  Monroe. 

Doublé  (oro):  la  parola  italiana  press'a 
poco  consimile  è  similoro.  Doublé  fran- 
cese significa  foderato.,  coperto  cioè  di 
lieve  lamina  d'  oro  o  d'  argento.  Dicono 
anche  plaqué  che  da  noi  si  legge  tradotto 
in  placcato  e,  per  l'amore  alla  libert.à, 
ancììG  placato.  Doublé  usasi  anche  in  senso 
morale:  Un  giurista  doublé  di  filosofo 
scrive  un  nostro  elegante  letterato. 

Doubier:  fr.  letteralmente  doppiare, 
spesso  da  noi  è  usato  in  vece  di  foderare  ; 
e  così  doublure  in  vece  di  fodera.  L'ita- 
liano ha  anche  la  parola  soppannare  usatfi 
un  tempo,  oggi  quasi    caduta  dall'uso. 

Douloureuse:  nel  gergo  francese  vale 
il  conto.,  (la  carte  d  payer). 

Do  ut  des:  do,  affinchè  tu  dia.,  espres- 
sione latina,  più  della  tristo  necessità  che 
rogge  la  vita  che  di  freddo  egoismo.  Di- 
cesi molte  volte  come  scherzoso  interca- 
lare quando  uno,  favorendo  altrui,  dojnanda 
ili  ricambio  alcun  beneficio. 

Doventare:  per  diventare  «  è  forma  gnìs- 
solana  e  da  evitarsi  in  polita  scrittura  », 
così  il  Rigutini  :  infatti  è  piuttosto  una 
allotro|)ia  di  vocabolo  comune  in  Toscana, 
e  dal  («insti  accarezzata  di  troppo. 

Dovere  :  «  fr.  devoir^  è  por  noi  ciò  che 
l'uomo  è  obbligato  di  fare  dalla  ragione. 


Drf 


U4     - 


Dui 


dalla  morale^  dalle  leggio  dalla  sua  cun-^ 
dizione^  dalla  civiltà.  È  quindi  impro- 
prio per  ogni  leggiera  convenienza.  Di- 
cono alcuni,  nota  il  Tommaseo  (Sin.  2456), 
«  Fo  il  mio  dovere^  e  faranno  un  inchino. 
I  miei  doveri  a  casa,  e  questo  significa 
i  miei  saluti.  E  gente  che  così  parla  è 
la  più  noncurante  spesso  de'  veri  doveri  ». 
Manz.  X:  «La  voce  era  corsa;  e  i  pa- 
renti e  gli  amici  venivano  a  fare  il  loro 
dovere  ».  La  stessa  enfasi  si  sente  in  do- 
vere  per  compito  assegnato  dal  maestro, 
lavoro  di  scuola.  Comune  nel  dialetto  lom- 
bardo e  piemontese.  »  Così  il  sig.  Allan, 
up.  cit.  Vero  è  che  esso  è  uno  di  quei 
gallicismi  sanciti  dall'uso. 

Draga:  parola  comune  con  la  quale  si 
indica  quell'  istrumento  meccanico  fatto 
di  cucchiai  e  di  gran  bracci  a  leva,  ado- 
perato specialmente  per  togliere  ai  porti, 
fiumi,  canali,  il  deposito  di  fango  che  to- 
glie il  passaggio  alle  navi.  Draga  ci  pro- 
venne dal  francese  drague.  La  nostra  pa- 
rola è  cava-fango.  Oggi  la  meccanica 
costruisce  cava-fanghi  a  vapore  podero- 
sissisimi  (Y.  Pirodraga)  che  rendono 
navigabili  alle  maggiori  navi  porti  e  ca- 
nali che  altrimenti  sarebbero  in  breve 
interrati.  Drague.,  dall'  ingi.  drag^  trarre. 

Dragomanno:  nome  dato  in  Oriente  a 
corti  ufficiali  che  si  prestano  come  inter- 
preti fra  gli  indigeni  e  gli  stranieri  nei 
processi,  le  udienze,  le  cerimonie,  etc. 

Draisienne:  istrumento  inventato  nel 
secolo  XVIII  da  certo  Barone  Drais  di 
Sanerbonn,  simile  presso  a  poco  ai  nostri 
primi  cicli  di  legno,  a  due  ruote  uguali 
ma  senza  pedali,  e  che  si  poneva  in  moto 
puntando  i  piedi  in  terra.  La  do'aisienne 
rappresenterebbe  il  tipo  primo  e  imper- 
fetto, rimasto  per  lungo  tempo  immobile, 
della  famiglia  gloriosa  della  bicicletta. 

Dramatis  personae:  nelle  antiche  stampe 
dei  drammi  antichi  leggonsi  queste  parole 
latine  che  vogliono  dire  le  maschere  (giac- 
che nel  dramma  greco  solevano  gli  attori 
magnificare  il  volto  con  speciali  mascherej 
ovverosia  i  personaggi  del  dramma.  Per 
estetica  ricercatezza  di  frase  il  modo  antico 
è  talora  rinnovato  dai  moderni,  oppure 
così  si  dice  con  intendimento  faceto  per  in- 
dicare ffli  autori  di  un  dato  avvenimento. 


Drap:  tessuto  di  lana  in  cui  trama  od 
ordito  sono  coperte  da  lieve  peluria  ;  voce 
di  incerta  origine.  In  italiano  v'è  drappo^ 
ma  nel  linguaggio  della  moda  vince  la 
pronuncia  e  la  voce  francese. 

Drawing  Frame  :  locuzione  inglese  che 
non  esce  dal  linguaggio  de'  filatori  di  co- 
tone ;  in  italiano  stiratoio  e  letteralmente 
intelaiatura  della  macchina  da  stirare. 

Drenaggio:  voce  internazionale:  francese 
drainage,  tolta  dall'  inglese  draining  = 
bonifica,  prosciugamento  di  terra.  Voce 
oramai  invalsa  per  indicare  lo  scolo  o 
spurgo  dei  terreni  aquitrinosi  o  palustri 
mediante  opere  e  canali  sotterranei.  I  pu- 
risti giustamente  consigliano  la  voce  fo- 
gnatura., se  non  che  nell'uso  per  fogna- 
tura parmi  che  si  intenda  specialmente  lo 
scolo  delle  cloache  nelle  città.  |  Drenag- 
gio.,  in  medicina  significa  quella  cura  che 
consiste  nell' aiutare  lo  scolo  de'  liquidi 
interni  dell'organismo  mantenendo  aperto 
l'orificio  con  un  tubo  (drain)  o  con  filacce. 

Drizza:  nel  ling.  mar.  vuol  dire  ghia 
0  pao'anco,  con  cui  si  alzano  antenne, 
picchi  e  vele. 

Drop  :  voce  inglese  che  significa  gocciola 
e  così  in  commercio  si  chiamano  talvolta 
quelle  caramelle  sferiche  di  vari  sapori  e 
colori  che  l' Inghilterra  ha  messo  di  moda. 

Dublè:  V.  Doublé. 

Dulcamara:  per  ciarlatano.  DalV Elisir 
d'Amore  del  Donizetti.  |  Dulcamara  pro- 
priamente è  una  pianta  sarmentosa  della 
famiglia  delle  Solanacee  usata  in  medi- 
cina come  diuretica  e  depurativa.  Il  nome 
le  proviene  dalla  sensazione  prima  dolce 
poi  amara  che  dà  a  chi  la  assaggia. 

Dulce  et  decorum  est  prò  patria  mori  : 
antica  massima  sublime,  da  Orazio  {Odi 
III,  2,  13)  così  armoniosamente  espressa. 
Dolce  e  flebile  cosa  è  moo'ir  per  la  patria. 
Orazio,  a  vero  dire,  preferì  gettar  lo  scudo, 
vantarsene  a  iattanza  di  viltà,  e  vivere 
bene  finché  gli  fu  concesso.  La  massima, 
ripetuta  nei  secoli,  va  oggimai  perdendo 
il  suo  valore  intimo  a  cagione  dei  mutati 
sensi  e  delle  mutate  condizioni  della  nuova 
civiltà  :  conserva  tuttavia  il  suo  stupendo 
valore  storico. 

Dulcinèa:  scherzosamente  per  amante, 
amorosa.  Dulcinèa  del  Toboso.  l'amante 


Dui 


145 


Duv 


iiiiaginaria  del  meraviglioso  Don  Chisciotte, 
la  cagione  occulta  delle  immortali  scioc- 
chezze del  pallido  e  squallido  Cavalier 
dalla  Triste  figura.  DulGÌnée  pur  nel  gergo 
tv.  vaio  ironicamente,  amante,  maitresse. 

Dulcis  in  fundo:  l'opposto  di:  in  cauda 
venenum:  il  dolce  in  fine^  riferito  alle 
cose  che  hanno  lieto  fine  o  alle  notizie 
buono  messe  in  fino  por  maggior  conforto 
e  compenso. 

Dum  Romae  consulitur,  Saguntum  ex- 
pugnatur:  la  città  di  Sagunto  nel  218 
av.  C.  dopo  avere  chiesto  soccorso  a  Roma, 
si  arrendeva  ad  Annibale.  Cfr.  Livio,  li- 
bro XXI,  7.  Mentre  a  Roma  si  delibera, 
Sagunto  è  presa.  Motto  divenuto  prover- 
biale per  chi  in  gran  frangente  indugia  a 
risolvere. 

Dura,  Durra,  Durrha:  è  il  nome  arabo 
del  Sorghum  vulgare.,  pianta  graminacea 
che  si  coltiva  anche  in  Europa,  e  in  Italia 


chiamasi  Sorgo,  Saggina,  Melica,  nonché 
delle  sue  varietà  dette  Sorghum  Durra 
e  Sorghum  eernuum,  coltivate  in  Egitto, 
nell'Abissinia  e  nell'Africa  centrale.  Voce 
assai  nota  al  tempo  delle  guerre  d'Abis- 
sinia. 

Dura  madre:  lat.  dura  ìnater,  meninx 
fibo'osa,  fr.  dure-mère,  è  la  membrana 
esterna  del  cervello  e  del  midollo  spinale, 
fatta  di  tessuto  connettivo  con  fibre  ela- 
stiche, aderente  alla  superficie  interna  del 
cranio.  Essa  è  una  delle  tre  membrane 
dette  con  sola  voce  meninge,  avvolgente 
l'apparecchio  cerebro-spinale  e  spesso  dura 
ìiiadre  =  meninge,  onde  meningite  col 
solito  suifisso  in  ite,  significa  infiamma- 
zione della  meninge. 

Duvet:  la  peluria  sottostante  alle  penne 
di  alcuni  palmipedi,  oche,  cigni,  etc.  ; 
se  ne  fanno  cuscini  e  imbo 
talvolta  la  parola  francese. 


A.  PaìN/ini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani. 


10 


Ebanite:  nome  della  gomma  elastica 
{caoutchouc)  indurita  con  sostanze  mi- 
nerali onde  si  ottiene  una  materia  dura 
e  lucida,  simile  all'osso  o  all'ebano:  Serve 
per  fabbricare  istrumenti  dell'uso.  Scrit- 
tura pili  frequente  è  ebanite. 

Écarté:  giuoco  di  carte  francese,  co- 
munemente in  due,  così  detto  dalla  fa- 
coltà di  scartare,  éearter.  E  un  misto  di 
tresette  e  di  briscola,  e  chiamasi  da  noi 
con  la  parola  francese. 

Eccedenza:  per  avanxo^  il  di  'più ^  par- 
lando di  quantità  conteggiata,  secondo  i 
puristi  è  voce  riprovata  giacché  eccedere 
ha  il  significato  di  trascendere^  superare^ 
non  di  rimanere^  avanzare.  I  francesi 
hanno  la  parola  excédant  ed  excédent  =: 
qui  est  en  plus.,  une  soìnme.,  une  quan- 
tité.  Ora  eccedenza  sarebbe  parola  coniata 
su  la  francese.    • 

Ecce  homo:  ecco  l'uomo!  così  in  la- 
tino per  indicare  l'effigie  di  Cristo,  smorta 
e  cinta  di  spine.  Propriamente  sono  le  pa- 
role di  Pilato  agli  Ebrei  quando  loro  con- 
cesse Cristo  perchè  fosse  dato  ai  martìri. 
Evangelo  di  S.  Giovanni.,  XIX,  5.  Dicesi 
popolarmente  per  indicare  persona  disfatta 
e  sparuta.  Il  motto  è  anche  in  francese. 

Eccentrico  :  per  bizzarro.,  stravagante 
ricorda  il  fr.  excentrique.,  Es.  G'est  un 
homnie  excentrique.,  Avoir  des  manières 
excentriques^  etc.  Vocabolo  dal  linguaggio 
de'  meccanici  e  de'  geometri  {ex  centro  =: 
fuor  di  centro,  cioè  che  non  ha  lo  stesso 
centro,  opposto  a  concentrico)  trasportato 
al  senso  morale  nel  linguaggio  familiare 
dagli  inglesi  ed  ai  francesi,  e  da  noi  imitato. 


Eccepire:  nel  linguaggio  de'  legali  signi- 
fica allegare.,  dare  eccezione,  derivato  ec- 
cepibile., contrario  di  ineccepibile.^  il  quale 
vocabolo  è  usato  anche  in  senso  morale. 

Eccezionale  :  da  eccezione  =  lat.  excep- 
tionem.,  caso  cioè  che  non  entra  nella 
regola  ;  voce  dunque  buona  e  classica  per 
la  sua  origine  ;  se  non  che  l'uso  che  se 
ne  fa  invece  di  straordinario ,  raro , 
speciale.,  singolare.,  prezioso  e  modi  si- 
mili etc,  ricorda  ai  puristi  il  francese  ex- 
ception7iel,  exceptionnellenient  ;  il  che  è 
vero,  come  è  vero  che  tale  parola  è  così 
penetrata  nell'uso  che  dai  più  si  farebbe 
fatica  a  dire  altrimenti  :  Es.  «  Prezzi  ec- 
cezionali, Uomo  eccezionale.,  Leggi  ecce- 
zionali., etc.  ». 

Eccezionalmente:  Y.  Eccezionale. 

E  ....  che:  esempi  :  «  E  nei  pericoli  che 
si  conosce  l'uomo  »,  invece  che  dire: 
«  L'uomo  si  conosce  nei  pericoli  »  ;  «  È 
a  lui  che  si  deve  la  nostra  salvezza  »  , 
invece  di  :  «  A  lui  si  deve  etc.  »  ;  E  a 
voi  che  io  parlo  »  ;  invece  di  :  «  Io  parlo 
a  voi  etc.  »  è  un  modo  riprovato  dai  pu- 
risti come  neologismo  tolto  dal  francese. 
Certo  è  che  oggi  è  usatissimo  come  più. 
logicamente  efficace,  e  anche  dai  buoni 
e  purgati  scrittori  non  è  evitato.  In  G. 
Negri,  ad  esempio,  uno  dei  più  lucidi  se 
non  dei  più  puri  prosatori  italiani,  è  quasi 
costante  ;  ma,  a  dire  il  vero,  la  ripetizione 
continua  di  simile  costrutto  non  produce 
un  piacevole  effetto  ;  si  sente  che  è  in 
esso  qualche  cosa  di  poco  conforme  al- 
l'indole della  favella  italiana.  Il  sig.  Allan, 
op.  cit.    fa  a  tale   proposito  le   seguenti 


Eco 


147     — 


Ecl 


noto:  Chi  dice  che  questo  scioglimento 
analitico  non  è  da  evitare,  perchè  forma 
non  solo  francese,  ma  propria  delle  lingue 
moderne  essenzialmente  analitiche,  pensi 
al  tedesco  che,  come  deve  far  l'italiano, 
vi  supplisce  con  l' inversione.  Es.  «  G'est 
à  lui  que  je  confierais  mon  secret  ».  Ted. 
«  Ihm  wurde  ich  mein  Geheimniss  an- 
tiertrauen  (a  lui  io  il  mio  segreto  confi- 
derei) ».  —  «  Cesi  en  vain  qu' ì\  espère 
de  se  relè  ver».  Ted.  «  Er  hofft  umsonst 
sich  wieder  zu  erheben  (egli  spera  invano 
sé  di  nuovo  di  levare)  ».  —  La  detta 
lingua  non  ricorre  al  detto  costrutto,  anche 
se  si  voglia  porre  in  rilievo  un  soggetto  : 
«  G'est  nous  qui  l'avons  fait,  Siam  noi 
che  l'abbiam  fatto  »  dicono  il  fr.  e  l'it.; 
ma  il  ted.  «  Wir  haben  es  gethan  ».  (Noi 
abbiamo  ciò  fatto).  Non  è  francese  il  detto 
costrutto  quando  serve  a  rinforzare  un 
nome  che  indichi  il  tempo,  come  :  giorno., 
settimana.,  mese.,  anno.,  giacché  in  tal 
caso  il  verbo  essere  non  è  un  semplice 
rinforzamento  ma  corrisponde  ad  esse  in 
senso  di  esser  passato.,  esser  trascorso., 
e  il  che  ha  il  valore  temporale  di  quum. 
—  Manzoni,  III,  «  Eh  !  padre,  son  anni 
e  anni  che  non  la  mi  vuol  far  noci  ». 

Ecchimosi  :  (gr.  ex  =  fuori  e  xviliós  =: 
umore  fluido),  in  medicina  è  ciò  che  co- 
munemente si  dice  livido  o  pesto.,  cioè  lo 
spandimento  del  sangue  nel  tessuto  con- 
nettivo sottocutaneo  per  effetto  di  contu- 
sione 0  per  diatesi. 

Ecco:  usato  enfaticamente,  ricorda  ai 
puristi  l'uso  del  voilà  francese.  Es.  «  Le 
socialisme,  voilà  l'avenir,  le  nouvel  in- 
strument  de  règne.  Il  socialismo,  ecco  l'av- 
venire, il  nuovo  strumento  per  regnare  ». 
Ma,  girando  altrimenti  la  frase,  si  do- 
vrebbe diro  :  «  L'avvenire  è  riposto  nel 
socialismo,  che  è  il  nuovo  strumento  per 
regnare».  —  Manz.,  XIV:  «Giustizia! 
pano  !  ah  !  ecco  le  parole  giuste  !  (  Justico  ! 
pain  !  ah  !  voilà  dos  mots  raisonnables!)  ». 
Noi:  «Giustizia!  pano!  queste  sì  sono 
])arolo  giusto».  Così  il  signor  AUan,  op.  cit. 
Ma  mi  sombrano  sottigliezze  e  minuzie 
—  sia  puro  ingegnose  —  che  non  var- 
rebbe il  conto  di  raccogliere  so  il  presento 
libro  non  dovesse  anche  supplire  ai  Les- 
sici della  corrotta  italianità. 


Ecco  fatto  II  becco  all'oca:  locuzione 
familiare,  scherzosa  per  dire,  è  fatto.,  è 
compiuto  il  negoxio  che  si  ha  fra  mano  : 
fa  el  becch  a'  l'occa.,  è  la  forma  milanese 
di  questa  locuzione  italiana  e  comune,  cui 
non  mancano  esempi  classici  alla  maniera 
bernesca.  Per  l'origine  V.  Pico  Luri  da 
Tassano,  op.  cit. 

Echinococco  :  voce  medica  che  in  greco 
significherebbe  ba^ca  spinosa.  È  una  tenia 
che  vive  nell'intestino  del  cane  e  di  cui 
l'uovo  ingerito  dall'uomo  produce  un  em- 
brione: esso,  traforata  la  parete  dell'inte- 
stino, si  fissa  in  un  organo,  di  solito  il 
fegato,  dove  sviluppandosi  produce  una 
cisti  acquosa:  l'echinococco  è  rispetto  alla 
tenia  ciò  che  il  cisticerco  è  rispetto  alla 
tenia  solium  (verme  solitario). 

Eclampsia  puerperale:  affezione  deter- 
minata da  una  serie  di  convulsioni  toni- 
che indi  cloniche  con  sosta  dell'intelligenza 
e  dei  sensi,  simile  ad  accesso  epilettico. 
È  dovuta,  pare,  ad  una  intossicazione  della 
madre  per  i  prodotti  secreti  dal  feto.  L'al- 
buminuria,  cioè  l'urina  albuminosa,  è  se- 
gno di  questa  intossicazione.  L'eclampsia 
nei  bambini  è  anche  fenomeno  riflesso 
della  dentizione  e  dei  vermi:  può  altresì 
essere  sintomo  di  mielite  (infiammazione 
del  midollo  spinale)  o  paralisi  infantile, 
la  quale  sorprende,  con  forme  convulsive  e 
febbrili,  il  bambino  nel  piìi  completo  be- 
nessere, dal  sesto  mese  al  quarto  anno  di 
vita  all' incirca.  Cessati  tali  disturbi,  appare 
la  paralisi  di  qualche  arto  :  paralisi  che  ta- 
lora a  poco  a  poco  scompare,  talora  per- 
mane e  toglie  lo  sviluppo  della  parte  ove 
il  male  si  manifesta,  braccio,  gamba.  Il 
nome  deriva  dal  greco  eklampo  zzz  ri- 
splendo,  baleno,  forse  così  detto  per  la 
repentinità  e  convulsione  del  male.  Nelle 
Marche  tale  infermità  è  detta  infanti- 
nole., quasi  male  doW infante. 

Éclatant  :  da  éclat.,  le  quali  parole  fran- 
cesi si  congiungono  allo  voci  italiane  schiat- 
tare^ schiantare  e  verosimilmente  pro- 
vengono da  nna  parola  dell'antico  tedesco. 
(V.  lo  Scholor).  Éelat  è  lo  schianto  por 
improvvisa  rottura,  scheggia,  scoppio:  o 
(luosto  significato,  come  spesso  avviene, 
dal  senso  dell'udito  fu  trasportato  al  scuso 
visivo.  Quindi  è  vooe  dai  moltissimi  si- 


Ecl 


—     US     — 


Edu 


gnifìcati,  come  sa  e  può  il  francese  e  so- 
stituisce queste  ed  altre  parole  nostre  : 
chiassoso^  sgargiante,  splendido,  rumo- 
roso, sfacciato,  fragoroso,  etc. 

Eclat  de  rire  :  scoppio  di  risa  o,  con 
una  sola  parola,  risata. 

Eclissarsi  :  per  andarsene  furtivamente, 
scomparire  :  fr.  s'éclipser. 

Eco:  per  pettegolezzo,  strascico  etc,  è 
voce  non  rara  nel  linguaggio  giornalistico 
e  deve  essere  un  influsso  del  fr.  écho  in 
tal  senso. 

Economie  fino  all'osso:  frase  di  Quin- 
tino Sella,  ministro,  pronunciata  alla  Ca- 
mera (15  dicembre  1869):  divenuta  del- 
l'uso e  familiare. 

Economiser  (economaiser ;  :  voce  inglese 
=  economizzatore.  Nelle  caldaie  a  vapore 
è  così  anglicamente  detto  un  apparecchio 
fatto  da  una  serie  di  tubi  che  riscaldano 
l'acqua:  una  specie  cioè  di  termo-sifone 
dove  l'acqua,  circolando  prima  di  giun- 
gere nella  caldaia,  si  riscalda  a  spese  del 
calore  dei  gas  che  vanno  al  camino  ac- 
cessorio della  caldaia.  La  parola  nostra 
corrispondente,  economizzatore,  (Y.  eco- 
nomizzare)  non  ha  fra  i  tecnici  grande 
uso  e  fortuna. 

Economizzare:  i  puristi  notano  che  ac- 
cettando economia  per  risparmio,  non  ne 
consegue  che  si  debba  accogliere  anche  eco- 
nomizzare perchè  è  dal  fr.  economiser.  La 
Crusca  infatti  non  lo  registra.  Certo  è  un 
doppione  con  risparmiare.  Ma  volendo 
usare  questo  rigido  criterio,  quante  altre  pa- 
role converrebbe  scancellare  dai  dizionari  ! 

Ecraser:  Y.  Schiacciare. 

Ecraseur,  fr.  schiacciatore:  nome  di 
strumento  chirurgico  (Chassaignac)  per 
estirpazioni  interne.  Consiste  di  una  catena 
che,  manovrata  dall'esterno,  prende  e 
strozza:  serranodi. 

Ecru  :  greggio  e,  letteralmente,  crudo, 
detto  di  stoffa  naturale,  non  preparata, 
che  ha  il  suo  proprio  colore.  Una  volta 
si  diceva,  ad  es.  seta  cruda  =  soie  écrue; 
oggi  prevale  senz'altro  la  parola  francese. 
Écru  =  cru.  L'è  è  rafforzativa. 

Eczema  :  (gr.  eu-^éco  =z  brulico)  lesione 
cutanea  caratterizzata  da  rossore,  indi  da 
bollicine  ed  essudato  sieroso^,  infine  dalla 
squamazione   della  pelle.   L'ecsema   non 


corrisponde  ad  alcuna  malattia,  designa 
soltanto  un'  infermità  che  può  esssere  ca- 
gionata da  cause  diverse  e  quindi  può 
avere  variabile  decorso. 

Edamus,  etc.  :  Y.  Manducemus  etc. 
Edeiweis  :  voce  tedesca  che  alla  lettera 
vuol  dire  bianco  gentile.  Tale  nome  è  co- 
munemente dato  alla  bianca  e  carnosa 
stella  alpina  o  bianco  di  roccia  {gna- 
phalium  leontopodium),  noto  fiore  che 
cresce  su  gli  alti  monti. 

Edema  :  (gr.  olòrj/ua  =  gonfiezza).  È 
l'infiltrazione  sierosa  nel  tessuto  connet- 
tivo sottocutaneo,  che  si  rivela  con  una 
tumefazione  senza  rossore,  indolente,  senza 
tensione  che  cede  alla  pressione  :  der.  ede- 
matoso. L'edema  è  di  solito  fenomeno  se- 
condario di  stasi  cardiopatica. 

Edison:  Tommaso  Alva  Edison  (1847...) 
americano  (New-York)  inventore  celeber- 
rimo per  geniali  ed  importanti  applicazioni 
delle  forze  fìsiche  e  spec.  elettriche:  il  suo 
nome  proprio  si  fonde  come  attributo  di 
dette  invenzioni:  Lampade  E...,  Fono- 
grafo E.... 

Editoriale  :  per  editrice,  agg.  fem.  di 
editore,  è  vocabolo  usato  talvolta.  Tale 
parola  superflua  è  dedotta  verosimilmente 
dsdV inglese  editoì'ial  ::^pertainingto,  pro- 
ceeding  from,  or  ivritten  by  an  editor, 
col  solito  influsso  del  suffisso  ale.  Non 
c'è  in  francese. 

Edonismo  :  voce  filosofica  dal  greco 
edonh  =  piacere;  e  significa  quella  dot- 
trina eterna  (messa  in  pratica  special- 
mente da  chi  non  è  filosofo  speculativo) 
che  pone  per  fondamento  della  morale  il 
piacere.  Questa  dottrina,  come  ogni  altra 
divisione  e  ordinamento  dell'  idea  e  del 
pensiero,  fu  studiata  primamente  nella 
Grecia  antica  per  opera  di  Aristippo,  detto 
il  giovine,  e  di  Epicuro. 

Edotto  :  latinismo  per  informato,  ayn- 
maestrato. 

Edredon  :  fr.  piuma,  cuscino  di  piuma, 
fatto  con  le  sottili  e  lievi  penne  di  un'a- 
nitra speciale  detta  somateria  moltissima 
che  nidifica  lungo  le  coste  settentrionali 
d'Europa  e  da  cui  traggonsi  queste  leg- 
gerissime penne,  messe  in  commercio  con 
tale  nome  :  in  tedesco  Eiderdunen. 

Educandato  :  istituto,  collegio  di  edu- 


Edu 


149 


Esci 


caxione  ;  in;ì  dicesi  specialmente  di  gio- 
vinetto :  derivato  molto  probabilmente  da 
educanda.  Ai  puristi  sembra  «  neologismo 
sgraziato  »,  ma  il  perchè  non  è  detto. 
Propongono  educatorio  a  simiglianza  di 
oratorio^  reclusorio,  ma  chi  usa  questa 
voce?  Il  popolo  dico  convento  per  indicare 
i  collegi  delle  giovanotte,  perchè  in  gran 
parto,  anche  oggi,  tenuti  da  suore. 

Educando  :  voce  pedantesca  e  brutta, 
benché  di  buona  formazione  latina,  usata 
talora  nel  linguaggio  delle  scuole  invece 
di  alunno.,  scolaro  ;  forse  per  similitudine 
del  fem.  educanda  che  nell'uso  ha  di- 
verso significato  e  significa  giovanotta  che 
è  allevata  ed  istruita  in  un  monastero  o 
convento. 

Edule:  agg.,  dal  latino  erfo  =  mangio: 
dicesi  scientificamente  dei  prodotti  della 
terra  o  del  mare,  buoni  a  mangiarsi. 

Efèlidi  :  termine  modico  per  significare 
ciò  che  comunemente  diciamo  lentiggini., 
le  quali  maggiormente  appaiono  por  ef- 
fetto della  viva  luce  del  sole,  onde  il 
nome  greco,  da  epì  =  a  cagione  ed  èlios  = 
sole.  Col  nome  di  efelidi  si  indica  qua- 
lunque macchia  cutanea  anche  di  varia 
natura  i)atologica. 

EfFe-efFe  :  abbreviazione  delle  parole  di 
ufficio  faciente  funzione.  Dicesi  effe  effe 
talvolta  per  celia,  come  ad  indicare  colui 
che  tiono  il  posto  d'altri,  che  ne  fa  lo  veci. 

Effendi:  parola  turca  che  si  vuol  far 
derivare  da  una  voce  greca  del  basso  im- 
poro avd£VTì]g  =  signoro.  Si  pospone  al 
nome  ])roi)rio  ed  equivale  al  sir  inglese, 
al  moiisieur  francese,  all'antico  messere 
e  signore  in  nostra  lingua.  Dicosi  di  por- 
soiio  qualificato  e  di  grado,  come  rappre- 
sentanti della  logge,  letterati,  funzionari 
imblici,  etc. 

Effervescenza:  dal  linguaggio  della  chi- 
mica usasi  por  ardore,  bollore.,  commo- 
xione.^  agitaxione.  Secondo  i  puristi  questo 
neologismo  è  d'imitazione  francese. 

Effetti  :  per  oggetti  minuti,  roba,  bian- 
cheria, capi  di  vestiario,  è  fi'ancesisnio  del- 
l'uso, effets  z-^  meubles.,  vétements.  knaìw 
effetto  cariihiario  poi*  scritta  di  cambio., 
è  ritenuto  gallicismo,  di  fatto  in  francese 
effet  z  billet  à  ordre.  Così  dicasi  di  ef- 
fetti publici   ])er   indicare   generalmente» 


titoli  di  rendita,  garantiti  dallo  Stato  :  ef- 
fet s  publics  —  rentes  sur  l'Etat.  \  Ef- 
fetti nel  senso  di  sostante.,  averi.,  beni 
mobili  e  immobili  è  ritenuta  voce  ottima 
e  come  tale  registrata  dalla  Crusca,  an- 
corché non  molto  usata  in  tal  senso.  E 
allora  perchè  non  sarebbe  a  noi  lecito 
trasportarla  al  primo  senso?  solo  perchè 
così  fecero  i  francesi?  Vedasi  come  esile 
e  non  sempre  sicura  sia  la  teoria  dei 
francesismi.  Le  locuzioni  in  effetto  (fr.  en 
effet)  a  questo  effetto  (fr,  à  cet  effet)  al- 
l'effetto di  (fr.  à  V effet  de)  sono  del  pari 
reputati  gallicismi. 

Effetti  di  oommeroio:  i  titoli  dello  ob- 
bligazioni commerciali,  negoziabili  per  via 
di  girata,  cioè  cambiali,  biglietti  all'or- 
dine :  pili  italianamente  recapiti. 

Effettivamente:  «  fr.  {effectivcment)  por 
veramente,  in  realtà.,  proprio.  Es.  È  ef- 
fettivamente vero,  per:  E  proprio  vero. 
Por  noi,  secondo  etimologia,  vale  :  effet- 
tualmente., con  effetto.  —  Es.  La  cosa  si 
è  effettivamente  compiuta  ;  la  promessa  è 
stata  effettivamente  mantenuta  ».  Allan, 
op.  cit.  Qui  il  purista  per  troppa  sotti- 
gliezza cade  in  errore.  V.  Nuova  Crusca. 

Effettivo  :  voce  neologica  nel  linguaggio 
militare  per  indicare  il  numero  vero  e 
reale  de'  soldati  che  compongono  un  eser- 
cito, un  reggimento  o  una  compagnia,  e 
non  di  quelli  che  dovrebbero  essere  o  sono 
solamente  nei  ruoli.  Tale  sostantivo  è  ri- 
preso come  dedotto  dal  francese:  L'effectif 
de  l'armée.  Si  approva  invece  effettivo 
con  forza  di  aggettivo  =  vivo.,  vero.,  reale. 
e  in  tale  senso  ha  esempi  classici  nel  lin- 
guaggio militare,  es.  «  cento  uomini  ef- 
fettivi »  ;  0  allora  perchè  condannare  il 
facile  e  naturalo  passaggio  dell'aggettivo 
al  sostantivo  soltanto  perchè  così  è  in 
francese?  |  Effettivo  è  dai  puristi  ripreso 
nel  senso  di  sostanza.,  infero.,  ammontare. 

Effettuazione:  per  esectixione,  compi- 
mento., etc,  è  voce  riprovata  dai  jìuristi, 
come  neologismo  tolto  dal  fr.  eff'ectuafion. 

Effrazione:  per  scasso.,  rottura  è  voc(^ 
comun(>  11(^1  linguaggio  forense  :  dotta  dal 
Kigutini  «inutili^  latinismo»  (e  frango  -~- 
rom])o)  usato  i)er  eflotto  del  francoso  ef- 
fraction. 

Egitto:  spesso  ribathMido  sgarbatamente 


Eo-i 


150 


Eie 


scuse  0  affermazioni  altrui,  si  ripete  l'al- 
trui parola  con  l'aggiunta  d'Egitto^  che 
nega  e  riprova.  Modo  familiare. 

Egittòlogo  :  aggiunto  di  persona  dotta 
nella  storia  e  nei  monumenti  dell'Antico 
Egitto. 

Ego  te  intus  et  in  cute  novi:  ti  co- 
nobbi dentro  e  fuori  della  pelle.  Persio, 
Satire.,  Ili,  30.  Più  comunemente  intus 
et  in  cute. 

Egotismo:  o  meglio  egoteismo  ;  la  ve- 
nerazione^ V adorazione  di  se  stesso.  Ter- 
mine filosofico,  e  alquanto  diverso  da 
egoismo. 

Egrisée:  n.  f.  la  polvere  del  diamante. 

Ègriser:  voce  dei  lapidari  che  signi- 
fica il  togliere  ai  diamanti  le  impurità  e 
faccettarli. 

Egrotante  :  latinismo  brutto  ed  inutile 
(da  aegròto  =  sono  ammalato)  che  alcuni 
medici  pretensiosi  adoperano  in  vece  di 
ammalato. 

Eiaculazione:  lat.  eiaculatio;  dicesi 
specialmente  del  movimento  riflesso  per 
cui  viene  emesso  il  «  succo  orchidee  ». 

Eiusdem  farinae:  lat.  della  stessa  fa- 
rina., cioè  dello  stesso  valore,  della  stessa 
razza,  e  dicesi  familiarmente  in  mal  senso 
di  persone  che  si  equivalgono. 

Elaborato:  voce  pedantesca  usata  in 
forza  di  sostantivo  come  in  apparenza  più 
eletta  in  vece  di  compito.  Es.  «  gli  ela- 
borati di  italiano  ».  Dal  latino  elaborare 
=:  lavorare  molto  e  intensamente. 

Elasticità:  questo  vocabolo  spesso  è 
usato  al  modo  francese  in  senso  traslato 
e  morale. 

Elaterio:  gr.  elatérios  :=  che  spinge: 
in  fisica  significa  la  proprietà  delle  mi- 
nime particelle  dei  corpi  per  la  quale  cia- 
scuna ritorna  allo  stato  primiero,  ove  ne 
sia  tolto  r  impedimento  che  altrimenti  le 
gravava.  Dicesi  talora  in  significato  morale. 

El  difeto  xe  nel  manego  :  il  difetto  è 
nel  manico.,  cioè  nella  parte  sostanziale. 
Locuzione  acuta  ed  ambigua  del  dialetto 
veneziano,  divenuta  assai  comune  dopo 
che  il  Favretto  ne  fece  argomento  di  un 
vivace  quadretto  in  cui  un  vecchio  grave 
ombrellaio  così  risponde  ad  una  svelta 
popolana  che  gli  ha  dato  l'ombrello  da  ac- 
comodare. 


Eldorado:  voce  spagnuola  che  vuol  dire 
paese  dell'oro.  Usasi  per  indicare  luogo 
di  delizie,  felicità,  fortuna.  Al  tempo 
delle  feroci  conquiste  spagnuole  dell'Ame- 
rica meridionale  nel  cinquecento,  correva 
la  leggenda  dei  tesori  favolosi  ed  enormi 
dei  re  degli  Incas.  El  dorado  =  il  do- 
rato, era  il  titolo  dato  dagli  Spagnuoli 
a  quei  re,  ricoperti,  secondo  il  grido,  di 
oro  e  di  polvere  aurea.  Questa  pare  l'ori- 
gine prima  della  parola. 

Electric  chair:  ingl.,  la  sedia  elettrica, 
cioè  per  cui  passa  la  corrente  elettrica: 
mezzo  di  barbarie  moderna  per  dare  la 
pena  di  morte  legale  (Stati  Uniti).  Il  pa- 
ziente è  avvinto  a  questa  sedia  fatale. 

Electrique  :  elettrico.,  detto  del  colore 
di  stoffe  azzurre  cangianti.  V.  Bleu. 

Elefantiasi  (da  èÀécpag  elefante).  Ga- 
leno fu  primo  ad  applicare  tale  parola  ad 
uno  stato  morboso  avente  rapporto  con 
la  lebbra,  la  psora,  il  cancro.  L'elefai;i- 
tiasi  consiste  in  un  aumento  ipertrofico 
del  tessuto  connettivo  sottocutaneo,  sì  che 
la  pelle  si  fa  bruna,  squamosa,  simile  a 
quella  dell'elefante.  Attacca  di  solito  gli 
arti  inferiori  ed  è  malattia  speciale  del- 
l'Oriente. 

Elegantiae  arbiter  :  giudice,  arbitro 
della  eleganza.  Appellativo  di  Tito  Pe- 
tronio Arbitro,  dovizioso,  fine  e  mondano 
cavaliere,  confidente  ed  amico  dell'impe- 
ratore Nerone.  Il  troppo  famoso  romanzo 
Quo  Vadis  ?  rinverdì  l'uso  di  queste  an- 
tiche parole  latine. 

Elemi  :  sostanza  resinosa  di  varie  sorta. 
Quella  adoperata  in  medicina  per  la  pre- 
parazione di  certi  balsami,  è  detta  ele7?ii 
del  Brasile,  e  deriva  da  una  terebintacea, 
la  Idea  icicariba,  e  ha  l'odore  del  fi- 
nocchio. Altra  si  ricava  da  un  albero  del- 
l'Abissini  a,  V  Arnyris  elemifera,  che  è 
pure  una  terebintacea. 

Elettricista  :  neologismo  usato  per  in- 
dicare l'operaio  ovvero  il  tecnico  addetto 
ai  lavori  delle  macchine  e  delle  condot- 
ture  elettriche. 

Elettrizzare  :  nel  senso  morale  di  com- 
muovere,  scuotere,  avvivare,  eccitare  e 
simili  è  uno  di  quei  neologismi  tolti  dal- 
l'estensione del  linguaggio  scientifico  (svi- 
luppare   in    un    corpo   la  forza  elettrica) 


VAe 


151 


Eli 


(ho  conviene  oramai  accettare.  Però  que- 
sto traslato  non  deve  essere  di  nostro  conio 
ma  di  provenienza  francese  :  électriser  m 
anìmeì\  enthousiasmer.  A  proposito  di 
questo  verbo,  annota  il  Pascoli  nel  suo 
bel  libro  Fior  da  Fiore:  «  Mi  elettrizzo: 
è  un  neologismo.  Già,  si  capisce.  0  che 
si  deve  noi  de'  nostri  tempi  rinunziare  a 
ciò  che  gli  uomini  hanno  sempre  fatto,  a 
ricavare  immagini  dallo  cose  che  vediamo 
e  proviamo?  E  l'elettricità  è  così  mirabil 
cosa,  che  gli  antichi  e  i  vecchi,  se  l'a- 
vessero conosciuta,  ne  avrebbero  ricavato 
un  vocabolario  intero  di  parole  e  di  modi 
di  dire!  ». 

Elettrochimica:  ramo  della  chimica  che 
studia  i  fenomeni  di  combinazione,  di  de- 
composizione e  di  trasformazione  che  le 
sostanze  subiscono  per  effetto  dell'elet- 
tricità. 

Elettrocuzione  :  brutto  neologismo  per 
indicare  la  pena  di  morte  mediante  la 
corrente  elettrica.  Questo  progresso  nella 
barbarie  è  speciale  degli  Stati  Uniti.  Fr. 
électrocution. 

Elettrodo  :  estremità  iniziale  di  un  con- 
duttore elettrico.  Molti  pronunciano  anche 
elèttrodo^  tanto  per  amore  di  varietà,  de- 
lizia d'Italia:  fr.  éleetrode. 

Elettrolisi  :  voce  composta  da  elettro 
e  Àvco  =  sciolgo.  Così  chiamasi  il  feno- 
meno della  decomposizione  dei  corpi  com- 
posti, operata  dalla  corrente  elettrica. 

Elettrolito:  dicesi  quel  corpo  su  cui  si 
esercita  l'azione  decompositrice  della  cor- 
rente elettrica. 

Elettromotore:  voce  di  elettrologia  e  di 
elettrotecnica,  generatore  di  elettricità  ; 
e  comunemente  si  dà  questo  nome  a  quegli 
idroelettrici,  o  pile  come  soglionsi  chiamare 
comunemente.  Indica  altresì  un  motore 
elettrico,  ossia  tale  a  cui  la  potenza  viene 
fornita   sotto  forma  di  corrente  elettrica. 

Elettrotecnica  :  termino  generico  che 
indica  lo  studio  delle  molteplici  applica- 
zioni dell'elettricità.  L'elettrotecnica  è 
considoratii  comò  un  ramo  dell'ingegneria. 

Elettroterapia  :  nuovo  termine  medico 
per  indicare  g(!nericamente  le  varie  specie 
di  curo  che  si  possono  fare  mediante  l'a- 
zione dell'elettricità  sull'organistno.  Bai 
greco  terapevo  r-:  curo. 


Elfo  :  più  spesso  al  plurale  elfi^  dal  te- 
desco Elfen:  nome  dato  nella  mitologia 
germanica  ai  geni  animatori  della  materia, 
press' a  poco  come  le  ninfe,  i  Pan,  i 
Fauni,  etc.  nella  mitologia  classica.  Fi- 
guransi,  nelle  leggende,  or  belli  or  de- 
formi, or  malevoli,  ora  benigni. 

Dal  Reno  il  canto  degli  elfi  per  la  bruna 
notte  va 

Carducci,  Su  i  campi  di  Marengo. 

Elice  ed  èlica  :  il  noto  propulsore  delle 
navi   a  vapore,   onde   i   plurali    elici  ed 


Eliminare  :  per  rimuovere^  scartare^  to- 
gliere è  parola  di  nuovo  uso,  e  a  mio  av- 
viso, efficace.  Nel  senso  letterale  latino 
significa  portar  fuori  dalla  easa^  elimi- 
nare da  limen  =  soglia.  Nel  senso  tras- 
lato i  puristi  la  riprovano.  Accettasi  nel- 
l'uso delle  matematiche  e  della  filosofia. 

NB.  Eliminare.,  eliminaxione  (=:  sele- 
zione negativa)  sono  voci  universali  della 
scienza. 

Elioterapia:  (rìÀiog.,  sole  e  deQajteìa^ 
cura)  metodo  di  cura  che  consiste  nell'e- 
sporre  ai  raggi  solari  le  parti  inferme. 
Nome  nuovo  di  cosa  antica  ed  empirica. 

Eliotropio:  nome  di  profumo,  V.  Hélio- 
irope. 

Elite  :  a  questa  parola  francese,  viva, 
risponde  la  nostra  bella  parola  morta 
eletta.  Fiore  o  fior  flore  si  potrebbe  pur 
dire  ma  non  prevalgono  di  molto,  almeno 
nell'uso  del  linguaggio  signorile. 

Eran  Veletta  e  il  fior  d'ogni  gagliardo 

Ariosto,  Oliando  Fwioso. 

Elixir  :  più  comune  è  la  grafia  fran- 
cese che  l'italiana  elisir  o  elisire.  Parola 
araba:  al-iksir ,  quintessenza.  Termine 
chimico  farmaceutico  divenuto  poi  popo- 
lare per  indicare  la  sostanza  più  pura,  la 
quintessenza,  l'estratto  di  corto  materie 
che,  disciolte  nell'alcole,  servono  a  far 
liquori  0  farmachi. 

Elle  a  vecu  ce  que  vivent  les  roses, 
l'espace  d'un  matin  :  Verso  di  Malhorbo, 
che  si  ripeto  press' a  poco  noi  lo  stesso 
senso  del  verso  petrarchesco  : 

Cosa  bella  o  mortai  passa  o  non  dum. 

Elleno  :  plurale  di  ella  ò  alquanto  di- 
susato, più  di  eglino.,  corrispondente  ma- 


Elm 


152     — 


Emi) 


sebi] e  :  disusato  anche  nella  prosa  pura- 
mente letteraria;  laddove  al  singolare  ella, 
in  vece  di  quel  borghese  /e^,  sopravvive 
a  dispetto  di  chi  non  lo  vorrebbe  ;  so- 
pravvive anche  in  Lombardia,  la  terra 
classica  del  lui  e  del  lei.  Se  vi  fosse  fra 
scrittori  accordo  noli' usare  elleno  o  e//e, 
questo  bel  pronome  potrebbe  essere  richia- 
mato in  onore. 

Elmo  (fuochi  di  S.)  :  baleni  e  trecce 
luminose  che  per  effetto  della  elettricità 
si  producono  in  su  le  estremità  delle  navi, 
vele,  pennoni,  etc,  onde  traevano  gli  an- 
tichi e  traggono  tuttora  i  naviganti  loro 
presagi.  Elmo  è  evidente  corruzione  po- 
polare di  S.  Ermo. 

Ma  diede  si^eme  lor  d'aria  serena 
La  disiata  luco  di  santo  Ermo. 

Ariosto,  Furioso,  XIX,  50. 

Cfr.  tuttavia  il  buono  e  classico  dizio- 
nario di  voci  marinaresche  del  Gugliel- 
motti che  a  lungo  ne  ragiona. 

Elzevir:  {Elxsvier)  nome  di  una  celebre 
famiglia  di  stampatori  olandesi  del  se- 
colo XVI.  I  caratteri  di  speciale  foggia 
antica  di  quelle  preziose  stampe  essendo 
venuti  di  moda  or  fa  qualche  decennio  e 
al  carattere  convenendo  uno  speciale  for- 
mato elegante,  così  si  disse  un  elzevir 
ed  anche  un  elzeviro  per  significare  un 
volume  stampato  a  quel  modo. 

Elzeviriano:  aggiunto  di  caratteri  tipo- 
grafici che  imitano  il  tipo  Elzevir. 

Emarginare:  è  voce  curialesca  e  degli 
uffici  che  vuol  dire  segnare  al  margine. 
Non  è  bella  ne  propria  parola  giacche 
logicamente,  come  osserva  il  Fanfani,  sa- 
rebbe immarginare.  Deriva  dal  francese 
émarger.  Part.  emarginato. 

Ematopoietici  :  voce  composta  greca, 
propria  del  linguaggio  modico  e  dicesi 
degli  organi  generatori  del  sangue  (glo- 
buli rossi),  cioè  la  milza,  il  fegato  ed  il 
midollo  rosso  delle  ossa. 

Embarcadero:  termine  spagnuoloiin  fran- 
cese embarcadère,  cala  o  gettata,  coperta 
0  no,  che  serve  all'imbarco  e  allo  sbarco: 
vocabolo  usatissimo  a  mia  nozione  nei 
paesi  lungo  i  laghi  lombardi  per  signifi- 
care il  luogo  d'approdo  dei  piroscafi. 

Emblée  (d'):  modo  francese  comunis- 
simo. Nel  giuoco  delle  carte,  poniamo  al 


macao,  quando  il  giocatore  fa  novo  di 
prima  mano  o  secco,  si  dice  alla  francese  : 
d'emblée.  Dicesi  anche  di  chi  ottiene 
qualche  beneficio,  di  primo  acchito.  Di- 
cono talora  i  medici:  Diagnosi  d'emblée 
cioè  a  prima  vista.  'Emblée  deriva  dal- 
l'antico verbo  francese  <?m6/er  =  rubare, 
rapire  : 

Le  bien  d'autrui  tu  n'embleras 
Ni  retiendras  à  escients. 

Ve  rapporto  etimologico  con  l'antico 
nostro  verbo  imbolare  (involare)  =:  l'u- 
bare, portar  via  (lat.  vola.,  palma  dì  mano;. 

Embolìa:  da  è/ufioÀov  =  cuneo,  sbarra: 
nome  dato  dal  Virchow  all'otturamento 
dei  vasi,  prodotto  dagli  èmboli  e  quindi 
all'insieme  per  cui  gli  èmboli  si  formano 
e  vengono  trasportati  nella  corrente  san- 
guigna. Non  si  confonda  Vembolìa  con  la 
emorragia  cerebrale,  benché  l'effetto  sia 
lo  stesso.  Y.  Emiplegia. 

Èmbolo  :  corpo  estraneo  onde  è  deter- 
minata la  embolia.,  cioè  l' intoppo  di  un 
vaso  sanguigno. 

Embonpoint:  letteralmente  in  francese 
vuol  dire  in  buono  stato.,  e  dicesi  di  chi 
è  in  prospera  salute  e  nell'aspetto  este- 
riore tale  che  non  appaiano  le  prominenze 
ossee  :  quindi  oltre  che  floridezza.,  vuole 
indicare  altresì  lieve  grassezza.,  tendenza 
diW  adiposità. 

Embrasse:  cordoni  per  le  tende.  In  un 
elegante  negozio  d'Italia  ho  letto  questa 
scritta:  embrasse  per  rido  guipure.  C"è 
da  domandare:  che  sta  a  farci  quell'in- 
felice italiano  per?  Ma  scrivasi  tutto  in 
francese  e  con  rispetto  all'  ortografia  di 
quella  lingua! 

Embrici  alla  marsigliese:  tavolette  di 
terra  cotta,  rettangolari  con  scanalature 
su  la  faccia  superiore  per  agevolare  lo 
scolo  delle  acque.  Sono  munite  di  inca- 
stri a  maschio  e  femmina.  Se  ne  fanno 
tetti  più  leggeri  e  gradevoli  alla  vista 
che  quelli  di  antica  foggia. 

Embriogenià:  (dal  greco  émbrion  = 
feto  e  ghennào  =  generare,  partorire): 
termine  della  scienza  anatomica,  la  quale 
studia  le  fasi  prime  dei  singoli  organi 
dell'animale,  entro  l'utero  materno.  Come 
è  noto  per  scienza,  il  feto,  nei  primi  mesi 
della  vita  uterina,  passa  per  le  varie  fasi 


Emb 


153 


Emp 


doiressero  animale,  dalle  forme  meno  per- 
fette, alla  più  perfetta  che  è  l'umana. 
Sintetizza  cioè  la  secolare  evoluzione  della 
specie. 

Embriologia:  (Y.  Embriogenìà)  è  più 
l)ropriamoiito  lo  studio  degli  organi,  già 
differenziati  nel  feto,  o  seguiti  sino  alla 
loro  trasformazione  ultima. 

Embrocazione:  fr.  cmbrocation:  brutta 
voce,  nota  a  chi  attendo  ad  esercizi  fisici 
egiuochi,  come  ciclismo, palla  al  calcio, etc; 
indica  una  specie  di  unguento  col  quale 
si  fanno  le  frizioni  ai  muscoli  delle  gambe 
e  delle  cosce,  prima  e  dopo  una  corsa, 
per  dar  loro  maggior  elasticità  e  mag- 
gior forza:  èj[(fÌQo^y,  irrigazione. 

Eminentemente:  avverbio  più  che  ita- 
liano, ma  certo  Fuso  iperbolico  che  se 
ne  fa,  in  vece  di  molto,  assai,  etc,  ri- 
corda Véminemììient  francese. 

Eminenza  Grìgia:  fu  chiamato  contalo 
sopra  nome  il  confidente  ed  amico  del  gran 
ministro  francese  Richeliea,  certo  padre 
Giuseppe,  cappuccino,  al  secolo  Francesco 
Ledere  Da  Tremblay  n.  a  Parigi  nel  1577. 
Dicesi  Enihtenxa  Grigia  di  consigliere 
occulto  e  potente. 

Emiplegia:  paralisi  di  tutta  una  metà 
del  corpo  o  di  uno  solo  fra  due  organi 
pari  :  termine  medico,  derivato  dal  greco  : 
emì  ■==  metà  e  plesso  =  colpisco:  effetto 
dell'embolia  o  dell'emorragia  cerebrale. 
Volg.  colpo^  accidente. 

Emìttero  :  voce  scientifica  che  indica 
una  specie  di  insetto  a  metamorfosi  in- 
completa {emìttero  in  greco  zzi  mezza  ala), 
con  la  bocca  munita  di  rostro  articolato, 
atto  a  suggere  umori  dagli  animali  o  dalle 
l)iante   {cimici,  cicale^  afìdi^  fillossera). 

Emofilia:  torm.  med.,  dal  gr.  aìfia,  san- 
gue e  (piÀia,  simpatia:  stato  patologico, 
determinato  da  una  disposiziono  dei  vasi, 
congenita,  ereditaria  allo  emorragie  gravi, 
sia  spontanee,  sia  cagionato  da  lievi  ferite. 

Emoglobina:  sostanza  organica  che  co- 
stituisco la  parte  essenziale  dei  globuli 
rossi  d(^l  sangue.  V.   Olobuli  rossi. 

Emorroide:  {alfia,  sangue  e  ^Séo,  scorro) 
tumore  varicoso  formato  dalla  dilatazione 
delle  vene  dell'ano  o  del  rotto. 

Emostasi:  dal  gr.  aima  =  sangue  o 
stasis  =  sosta,  fermata.  Così  in  medicina, 


si  designa  l'operazione  di  frenare  lo  scolo 
del  sangue.  Derivato  emostatico.,  detto  di 
sostanze  come  il  tannino,  il  percloruro  di 
ferro,  etc,  o  dei  mezzi  meccanici  che 
hanno  virtù  di  stagnaro  il  sangue. 

Emostatico:  V,  la  voce  precedente. 

Emotività:  fr.  émotivité;  parola  usata 
spesso  nel  linguaggio  dei  medici  e  dei 
psicologi  per  significare  la  facilità  che 
taluno  ha  di  commuoversi,  press' a  poco 
come  impressionabilità^  sensibilità^  an- 
nettendovi, come  ajipare,  il  concetto  di 
eccesso  e  di  poca  normale  forza  nervosa 
in  questa  tendenza  al  commuoversi.  Voce 
neologica  anche  in  francese. 

Emottisi:  dal  gr.  aima  =  sangue  e 
ptisis  zrz  sputo:  sputo  sanguigno,  prove- 
niente dalle  vie  della  respirazione.  Questo 
sangue  ha  per  origine  sia  un'  emorragia 
dell' ap])arecchio  respiratorio,  sia  un'emor- 
ragia d'un  organo  vicino  che  si  è  rotto 
nell'albei'o  respiratorio.  Emoptoe. 

Emozionare,  emozionante  :  neologismi 
di  manifesta  provenienza  francese,  émo- 
tionner  =  causer  de  l' émotion.  Cominuo- 
vere  e  commovente  indicano  una  sensa- 
zione più  profonda  e  nobile  e  perciò  si 
spiega  l'uso  di  tale  neologismo,  benché 
non  manchino  locuzioni  molte  e  varie  in 
nostra  lingua  per  rendere  la  parola  émo- 
tionner. 

Empìècement:  negli  abiti  muliebri  così 
è  talora  fiuncesemente  chiamata  quella 
diversa  stoffa  o  velo  che  compie,  ornando, 
il  corsetto  su  le  spalle  e  sul  collo.  In  ita- 
liano, sprone. 

Empire  :  style  empire.,  neologismo  fran- 
cese per  significare  quello  speciale  stilo 
che  era  in  onore  al  tempo  di  Napoleone  1 
(primo  impero).  Anche  quando  noi  fac- 
ciamo italiano  il  modo  francese,  levianuì 
il  segnacaso  di  e  diciamo  stile  impero, 
che  non  è  modo  nostro. 

Empirismo:  ottima  parola  che  in  an- 
tico significa  la  pratica  medica  fatta  con 
l'espiM-ienza,  opposta  al  dogmatismo.  Oggi 
è  sinonimo  di  ciarlatanoria  o  significa  la 
cura  medica  di  persone  mal  dotte,  gui- 
date dalla  semplice  analogia.  Non  si  di- 
montichi però  elio  rompirismo  è  l'origine 
della  soionza  o  dolio  scoperto.  Esso,  come 
dico  l'origine  del  nome  (dal  greco  en 


Emù 


154      - 


Enc 


in  e'peira  =  prova,  esperienza,  oh!  che 
saltò  in  mente  al  Petrocchi  di  sottoporre 
empiricamente  alla  rubrica  empireo,  da 
671  e  pyr  i^  fuoco  ?)  è  la  osservazione 
prima  fondata  sul  fatto. 

Emù  :  {Dromaeus  novae  Hollandiae)  è 
uno  struzzo  australiano  vivente,  con  piedi 
a  tre  dita. 

Emulsionare:  preparare  un'emulsione: 
0  detto  di  sostanza  preparata  a  modo  di 
un'emulsione.  Y.  la  voce  seguente. 

Emulsione:  dal  lat.  emulcere^=.  addol- 
cire :  liquido  di  apparenza  lattiginosa  che 
tiene  sospeso  corpi  grassi  finamente  di- 
visi. Der.  emulsionare.  Le  emulsioni  sono 
sostanze  oleose  sospese  mediante  una  mu- 
cilaggine  nell'acqua  :  il  latte,  il  sangue 
sono  emulsioni  naturali  ;  emulsioni  artifi- 
ciali quelle  preparate  ne'  laboratori. 

En  abregé:  V.  Abregé. 

En  amateur:  dicesi  in  fr.  amateur  =: 
amatore,  amadore  (bella  voce  classica,  rin- 
novata dal  Boccaccio  su  la  forma  latina 
amatorem)  con  speciale  senso  di  chi  at- 
tende alle  arti  belle,  non  per  professione, 
ma  per  amore  e  diletto,  quindi  diletia^ite^ 
come  dilettante]  e  nel  linguaggio  familiare 
dicesi  en  amateur  con  più.  esteso  senso  che 
riferito  alle  arti.  Notiamo  qui  come  la  voce 
nostra  dilettante^  dilettanti  sia  accolta  in 
francese,  ma  riferita  specialmente  alla  mu- 
sica. Vocabolo,  dunque,  che  è  frutto  di  arte 
e  di  forza  nostra,  almeno  per  il  passato! 

En  beauté  (étre):  letteralmente  essere 
in  bellezza^  detto  specialmente  delle  donne, 
che  non  vuol  dire  proprio  come  essere 
bella.,  aver  bella  cera.,  ma  quello  speciale 
stato  per  cui  in  certe  occasioni  e  certi 
momenti  il  volto  è  più  attraente  del  so- 
lito. In  italiano,  anche  in  questo  caso,  non 
corrisponde  una  locuzione  unica  ma  lo 
scrittore  può  rendere  il  concetto  in  vaghi 
e  vari  modi  che  qui  è  inutile  trattare. 

liucevan  gli  occhi  suoi  più  che  la  stella: 
E  cominciommi  a  dir  soave  e  piana, 
Con  angelica  voce  in  sua  favella. 

Inf.  IL 
Io  fui  nel  mondo  vergine  sorella; 
E  se  la  mente  tua  ben  mi  riguarda, 
Non  mi  ti  celerà  Tesser  più  bella. 

Par.  III. 

En  belle  vue  :  si  dice  così  nel  linguaggio 
di  cucina  delle  vivande  preparate  con  arte 


in  modo  da  accontentare  anche  la  vista, 
come  «  insalata  russa  en  belle  vue  ».  In 
italiano  la  voce  bella  c'è,  perchè  v'era 
la  cosa  :  in  addobbo  o  accomodata.  Ma  la 
cucina  francese,  di  uso  mondiale,  ha  im- 
posto anche  le  sue  voci. 

En  cachette  :  fr.  di  nascosto. 

Enoanailler:  V.  Incanagliarsi. 

Encausto:  lat.  encaustum^  gr.  enkau- 
ston  :  sorta  di  pittura  antica  nella  quale  i 
colori  erano  stemperati  con  cera  liquefatta, 
per  dare  ai  medesimi  lustro  e  preservarli 
dall'azione  atmosferica. 

Enchanté:  letteralmente  incaìitato,msi 
l'aggettivo  francese  usasi  con  frequenza, 
specie  nel  ceto  mondano,  per  esprimere 
la  meraviglia  e  il  piacere  elevati  con  la 
consueta  iperbole  al  grado  di  incanto. 

Enciclica  :  voce  greca  che  vale  circo- 
lare; cioè  quella  lettera  che  il  papa  invia 
ai  vescovi  della  Cristianità  ed  ai  fedeli 
per  far  loro  conoscere  la  sua  opinione  su 
di  un  punto  del  dogma,  della  morale,  della 
disciplina.  Più  specialmente  hanno  tale 
nome  quelle  esortazioni  pastorali  che  trat- 
tano di  questioni  presenti.  Le  encicliche 
hanno  un  titolo,  si  datano  e  finiscono  come 
le  bolle.  V.  Bolla. 

Enclisi  :  termine  grammaticale  che  si- 
gnifica l'appoggiarsi  di  alcune  particelle 
alla  parola  precedente  con  cui  si  fondono 
e  di  cui  acquistano  l'accento.  «  Una  delle 
particolarità,  e  forse  più  spiccata,  per  cui 
lo  scrivere  accademico,  pretenzioso,  af- 
fettato si  distingue  dal  nativo  e  svelto  e 
moderno  (diciamo  Manzoniano)  è  l'appic- 
care le  enclitiche  alle  forme  di  verbo  le 
quali  non  le  comportano.  Le  forme  di 
verbo  che  prendono  dopo  sé  tali  pronomi 
e  particelle  attive  sono  l'imperativo  (se- 
conda persona),  il  gerundio,  il  participio 
e  l'infinito  :  ditegli,  dicendomi,  dicen- 
temi  e  dettogli.,  dirti.  Le  altre  no  :  le 
hanno  avanti:  gli  dico.,  gli  dica.,  gli 
direi».  Così  il  Pascoli,  Fior  da  fiore., 
Antologia.  Meglio,  forse,  intendere  ciò  come 
consiglio  che  come  legge  assoluta. 

Encloure  :  lett.  in  francese  inchioda- 
tura., cioè  ferita  fatta  al  piede  di  una  be- 
stia per  ferrarla.  Ho  inteso  dire  dal  popolo 
inchiodare,  cavallo  inchiodato,  quando  il 
maniscalco  nel  ferrare,  ha  ferito  il  cavallo. 


155     - 


Ent 


En  daube  :  dal  verbo  dauher^  battere  : 
;■  così  chiamasi  una  cottura  delle  carni, 
^  specie  so  dure,  come  galline  vecchie, 
oche,  etc.  (Penosi  lardo  e  prosciutto  in 
una  teglia,  caroto,  garofani,  erbe:  sopra 
il  pezzo  di  carne  o  il  gallinaccio  che  si 
vuol  cuocere,  una  gran  fetta  di  lardo  e 
ranto  brodo  da  coprire  il  tutto.  Cuocesi 
a  fuoco  lentissimo  e  con  coperchio).  Vero- 
similmente dicesi  daube  perchè  la  carne, 
prima  d'esser  messa  in  concia,  è  battuta. 
La  parola  nostra,  rispondente  alla  fran- 
cese, è  stufato. 

En  deshabillé:  V.  Deshabillé. 

Enfant  gate  :  locuzione  francese  dal  fe- 
lice traslato  che  risponde  un  po',  e  se- 
condo i  casi,  ai  nostri  modi  di  dire  :  ra- 
ga%xo  mxiato^  beniaìnino^  cocco  di  .... 
gallo  della  Checca. 

Enfant  prodige:  lett.  bambino  prodigio., 
locuzione  francese  felice  per  indicare  que' 
bambini  che  dimostrano  un'intelligenza 
straordinaria  e  superiore  alle  età  loro.  Fu 
attributo  di  alcuni  uomini  geniali. 

Enfant  terrible:  frase  enfatica  ed  iper- 
bolica francese,  dovuta,  come  pare,  ad  un 
dramma  comico  del  Gavarni,  e  divenuta 
comune  fra  noi  per  indicare  que'  bambini 
che  nell'ingenua  osservazione  e  sincerità 
infantile  dicono  cose  che  non  devono 
essere  dette  :  Es.  «  la  zia  si  pulisce  be- 
nissimo i  denti,  essa  se  li  toglie  ogni 
sera  » . 

Enfisema:  termine  medico  che  significa 
infiltrazione  gassosa,  diffusa  nel  tessuto 
cellulare.  Enfisema  -polmonare.,  lesione 
consistente  nella  dilatazione  esagerata  e 
permanente  degli  alveoli  polmonari.  Da  èv 
deiiti-o  e  (pvoa^  soffio,  vento. 

Engouement:  fr.  nel  senso  traslato  del 
suo  primo  valore,  da  engouer  =  ingox- 
xarsi,  è  voce  usata  fra  di  noi  per  signi- 
ficai l'amore  cieco  di  chi  si  è  fatta  una 
opinione  esagerata  di  persone  o  cose  :  fa- 
natismo. Voce  del  gergo  signorilo  e  del 
giornalismo. 

Enne  enne:  pronuncia  dell'abbreviatura 
N.  N.  1  non  nominato.  Ondo  dicosi,  ta- 
lora facetamente^,  enne  enne  por  significar 
persona  di  ninna  importanza  o  della  quahi 
chiunque  può  far  lo  voci, 

En  passant  :  modo  avverbiale  francese, 


cui  equivalgono  i  nostri  :  di  sfuggita., 
tanto  per  dire.,  incidentalmente  e  simili. 

Enrichissez  vous:  motto  del  ministro 
Guizot,  riferito  da  Giulio  Simon  all'Ac- 
cademia di  Francia,  che  ne  commemo- 
rava la  memoria:  Arricchitemi  motto  e 
stemma  della  borghesia  e  del  rinnova- 
mento sociale  che  essa  arrecò  nel  se- 
colo XIX  con  nuova  e  inusitata  produ- 
zione di  ricchezza. 

Entente  cordiale:  neologismo  politico 
che  vuol  dire  letteralmente  in  francese 
interpretazione  benevola.,  e  si  riferisce  a 
quelle  prove  di  equità  e  di  buon  volere 
che  scambiano  fra  loro  i  capi  di  due  Stati 
nel  risolvere  una  data  questione  politica. 
Vi  risponderebbe  le  nostra  frase  :  buone 
disposixioni.  Talvolta  quando  c'è  Ven- 
iente cordiale  non  è  improbabile  il  caso 
della  guerra;  ma  di  codesto  la  filologia 
non  ha  colpa.  Questa  locuzione  neologica 
si  legge  nel  discorso  pronunciato  il  17  di- 
cembre 1843  da  Luigi  Filippo  di  Francia 
all'apertura  del  Parlamento  :  «  La  sincère 
amitié  qui  m'unit  à  la  reine  de  la  Grande- 
Bretagne  et  la  cordiale  entente  qui  existe 
entro  mon  gouvernement  et  le  sien,  etc.  ». 

Enterite  :  (dal  greco  ènteron  =  inte- 
stino, minugie)  è  voce  medica  per  signi- 
ficare r  infiammazione ,  specie  cronica, 
della  mucosa  intestinale. 

Enteroclisma:  {èvtevov,  intestino  e  kxù- 
^(ù,  lavo)  noto  e  ingegnoso  apparecchio 
dovuto  al  nostro  Cantani  :  esso  —  per  la 
nota  legge  dell'equilibrio  dei  liquidi  — 
permette  la  lavatura  di  tutto  l' intestino 
crasso  (colon).  Aumenta  la  pressione 
quanto  piii  si  eleva  il  serbatoio  dell'acqua. 

Entità:  dal  lat.  ens,  entis.,  participio 
post-classico  del  verbo  esse  =  essere,  gr. 
TÒ  òv  ■-—  ciò  che  è.  Come  termino  scola- 
stico per  esprimerò  l'idea  astratta  di  ciò 
che  è,  viene  accolto  dai  puristi  ;  nel  senso 
di  valore.,  pregio  (Es.  cose  di  molta  en- 
tità) è  ripreso  come  gallicismo. 

Entourage:  voce  francese  usatissima 
j)or  indicare  la  compagnia,  la  clientela., 
il  seguito  di  un  dato  personaggio. 

En  touriste:  V.  la  parola  touriste. 

En  tous  cas:  fr.  in  ogni  caso,  om- 
brollino  adatto  per  la  pioggia  e  pel  solo. 

Entr'acte:  vuol  diro  proprio  ciò  che  si- 


Ent 


—     15(3     — 


Epa 


gnifica  la  nostra  bella  parola  inter7iie%xo. 
Ma  per  indicare  l'intervallo  tra  atto  ed 
atto  usasi  non  di  rado  la  parola  francese, 
specie  nel  linguaggio  degli  eleganti. 

Entrain:  voce  francese  che  indica  il 
calore  e  la  vivacità  del  dire  e  del  fare. 
Dicono  i  francesi  :  Cette  personne  a  de 
l'entrain^  Cette  comédie  a  de  L'entrain. 
Bisogna  proprio  esser  leziosi  per  usare 
noi  questa  voce,  mentre  abbiamo  le  bel- 
lissime: brio.,  gaiexTia^  vivacità.^  spiglia- 
texxa.  Entrain  deriva  dal  verbo  entrainer 
=  en  (lat.  inde)  e  trainer  (lat.  trahere., 
trainare,  traino,  treno).  V.  la  voce  train. 

Entraineur:  celuiqui  entraine^  qui  pre- 
pare  Ics  chevaux  pour  la  course.  In  ita- 
liano, sGozxone  =:  colui  che  avvezza  i  pul- 
ledri  alla  sella  o  alla  carrozza.  Ma  siamo 
al  solito  caso,  che  la  parola  nostra  sa  di 
plebeo,  la  parola  francese  di  signorile  ed 
elegante. 

Entre-cóte:  è  in  francese  ciò  che  di- 
cesi costata.,  fiorentina  in  Romagna,  cioè 
costoletta.  La  parola  francese  è  comune 
nel  linguaggio  culinario. 

Entrée:  entrata.,  portata.  Codesta  pa- 
rola indica  francesemente  i  piatti  con  cui 
si  comincia  il  pranzo,  dopo  l'antipasto  e 
dopo  la  minestra.  Il  cerimoniale  francese 
nell'arte  della  cucina  e  della  tavola  è 
stato  introdotto  pure  da  noi  e,  con  quello, 
le  parole. 

Entrefìlet:  neologismo  francese,  lette- 
ralmente tra  le  linee.,  tra  le  maglie.^  da 
entre  e  filet.,  diminutivo  di  fil  =  filo.  Si 
intende  per  tale  parola  un  breve  articolo 
di  giornale,  inserito  fra  articoli  di  mag- 
gior importanza,  col  quale  di  solito  siri- 
chiama  l'attenzione  del  publico  su  di  an 
fatto  noto,  si  corregge,  si  rinnova  un  giu- 
dizio: insomma  sarebbe  una  specie  di 
«  notabene  »,  non  di  rado  caustico,  j^  tra- 
dotto in  trafiletto  che  al  plurale  è  anche 
di  più  goffo  suono  che  al  singolare. 

Entre  la  poire  et  le  fromage:  efficace 
modo  francese  :  fra  le  pere  e  il  formaggio: 
cioè  entro  due  termini  fra  i  quali  lo  spi- 
rito si  trova  naturalmente  disposto  e  quasi 
costretto  ad  udire  benevolmente  ciò  che 
di  importante  e  nuovo  altrui  piace  dire, 
quindi  a  tempo  buono.,  a  tempo  oppor- 
tuno. Né  si  dimentichi  che  le  pere  legano 


benissimo  col  formaggio  e  formano  un 
post  prandium  gustosissimo  che  dispone 
alla  benevolenza. 

Entremets:  così  i  francesi  chiamano 
quelle  vivande  che  vengono  servite  dopo 
l'arrosto  e  prima  delle  frutta:  vi  si  com- 
prendono verdui-e,  torte,  e  varie  specie 
di  pasticcerie.  Nei  grandi  pranzi  o  ban- 
chetti rappresentano  una  specie  di  sosta 
0  di  pausa,  fatta  di  cibi  più  delicati  e 
soavi  che  non  siano  le  carni.  Il  signor 
P.  Artusi,  romagnolo  e  toscano,  il  quale 
per  suo  diletto  publicò  un  pregevolissimo 
ed  accurato  manuale  di  scienza  culinaria 
tanto  poco  noto  quanto  meritevolissimo 
di  essere  noto  (Firenze,  S.  Laudi,  1891) 
traduce  la  voce  francese  con  tramesso. 
cioè  posto  in  mezzo  alle  vivande  del 
pranzo. 

Entre-80l  :  è  in  francese  ciò  che  in  ita- 
liano si  dice  me%%anino.,  cioè  l'apparta- 
mento tra  il  pian  terreno  (rc%.-rfe  ehaussée) 
e  il  primo  piano. 

Entusiasmare  :  è  verbo  non  accolto  dai 
puristi  né  dalla  Crusca  perchè  troppo  af- 
fine slV enthousiasmer  francese  che  vale 
spesso  s'engouer  de  quelqu'un  ou  de 
quelque  chose.,  non  escluse  le  ballerine  e 
i  tartufi.  Accolgonsi  invece  entusiasmo 
Olà.  entusiasta  nel  nobile  senso  etimologico, 
èvdovoiaofjiós  ==  inspirazione,  sacro  fu- 
rore. Non  è  molto  persuasiva  la  esclu- 
sione del  verbo,  tanto  più  che  esso  è  anche 
in  greco,  èvdovoià^(ù\  tutt'al  più  si  può 
osservare  che  noi  seguiamo  1'  iperbole 
fi-ancese,  la  quale  consiste  non  solo  nel 
dar  grande  senso  alle  parole  che  sono 
segno  di  cose  piccole,  ma  altresì  nel  con- 
trario, cioè  neir usare  voci  di  nobilissimo 
significato  per  determinare  cose  di  poco 
conto. 

Enveioppe:  voce  francese,  rispondente 
all'italiano  inviluppo,  dal  latino  in  o  vol- 
vere  =  volgere.  Nel  Lessico  del  Fanfani 
ed  Arlia  è  scritto  che  i  cartolai  fiorentini 
diceano  inviluppo:  oggi  prevale  la  voce 
nostra  busta.,  e  la  parola  francese  benché 
tuttora  frequente,  quasi  popolare,  tende 
a  cadere. 

Epatant  :  part.  del  verbo  francese  épa- 
ier.  Con  questa  parola  si  suole  in  quella 
lingua    esprimere    il  più  alto  grado  del- 


Ep 


-     157 


Epa 


l'ammirazione:  far  traseGolare,  strabi- 
liare. Il  est  vraiment  epatant  !  Epater 
deriva  da  e,  ex  e  patte.^  cioè  privare  dei 
'piedi.,  come  épater  un  verre.  Figurata- 
mente far  cader  uno  su  le  quattro  zampe 
per  la  sorpresa  e  la  meraviglia. 

Épater  le  bourgeois:  parola  del  gergo 
(V.  Epatant)  e  vuol  dire  stordire.,  inti- 
morire il  borghese,  l'onesto  borghese.  Il 
motto  francese  da  noi  si  ripete  nel  lin- 
guaggio giornalistico  e  politico  quando, 
disegnando  con  colori  foschi  e  terribili 
l'avvenire  quale  (in  teoria)  ce  lo  faranno 
i  ribelli  della  legge  odierna,  si  intende, 
smuovere.,  spaventare  il  cittadino,  di  so- 
lito indiU'erente  a  tutto  ciò  che  non  ri- 
guardi i  suoi  affari  e  il  suo  interesse  im- 
mediato. Dicesi  di  tutto  ciò  che  ad  arto 
artificiosa  è  fatto  per  provocare  nel  buon 
popolo,  stupore,  ammirazione,  quindi  lode 
e  ciò  che  segue  alla  lode.  Locuzione  effi- 
mera e  bella  come  belli  sono  tutti  i  modi 
di  dire  che  traggono  origine  dalla  viva 
vita  di  un  nobile  popolo. 

Epicentro:  il  centro  sotterraneo  della 
superficie  di  un  campo  di  terremoto. 

Epiiettoide:  neol.  scientifico  per  indi- 
care chi  in  tenue  misura  è  affetto  da  epi- 
lessia. V.  il  suffisso  Oide. 

Episodio:  gr.  èn-eiO-òÒLOv  =  breve 
azione  intrecciata  ai  canti  del  coro  nel- 
l'antica tragedia  greca.  Ora  questa  pa- 
rola nel  senso  di  azione  subordinata  alla 
principale  azione  di  un  romanzo,  di  un 
dramma,  di  un  poema,  va  bene,  ma  nel 
senso  di  fatto.,  avvenitnento  della  vita 
privata  non  piace  ai  puristi  perchè  questa 
estensione  di  significato  è  di  maniera  fran- 
cese :  dunque  per  caso.,  avventura.,  vi- 
cenda è  un  inutile  gallicismo.  Ma  l'uso 
ha  oramai  accolto  r«  inutile  gallicismo  ». 

Epispadia:  V.  Appendice. 

Epistassi  :  termino  medico,  volgarmente 
sangue  dal  naso:  dal  gr.  epì  =  sopra  e 
staxo  :zz  sgoccio. 

Epistola  non  erubesoit:  la  lettera  non 
arrossisco,  così,  aggiungendo  un  emm, 
scrivo  Cicerone  nelle  suo  Lettere  Ai  fa- 
miliari., libro  V,  episi.  12,  in  principio. 
La  locuzione,  vivissima  tuttora,  è  da  sup- 
porsi  di  procedente  formazione  poi)olaro. 
Essa  vuol  significare  che  la  lettera  con- 


J  cede  di  espi'imere  cose  che  il  pudore,  la 
!  vergogna,  il  riguardo  vieterebbero  di  dire 
j   a  voce  e  di  presenza. 

Epiteliòma:  tumore  maligno,  formato  dal 
tessuto  dell'epitelio,  e  presentante  nume- 
rose varietà  secondo  il  tipo  d'epitelio  ri- 
prodotto. Dal  gj-eco  èirì  sopra,  deÀi)  mam- 
mella e  il  suffisso  orna  (greco  ...o/na) 
adoperato  in  medicina  per  significare  i  tu- 
mori neoplastici  Gome  sarcoma,  carcinoma. 
V.  Neoplasma. 

Epizòtico  0  epizootico  :  agg.  neol.  da 
epixoox'ìa:  nome  generico  di  speciali  ma- 
lattie contagiose  che  infieriscono  fra  ani- 
mali :  dal  greco  epì  --  soyìra  e  xoon  = 
animale. 

Epoca  :  «  fr.  epoque.,  da  èjroxrj  ziz  punto 
di  fermata,  vale  propriamente  punto  fisso 
nella  storia,  segnalato  da  qualche  avve- 
nimento memorabile,  da  cui  si  comincia  a 
contareuna  serie  d'anni,  cuna  delle  grandi 
parti  in  che  si  divide  la  storia  stessa.  — 
Es.  La  storia  romana  si  divide  in  tre 
grandi  epoche.,  in  quella  dei  Re,  della 
Eepublica  e  dell'  Impero.  —  Ma  in  Fi- 
renze —  dice  il  Tommaseo  —  non  dal 
popolo  che  chiamano  basso,  ma  da  quelli 
che  bazzicano  coi  signori,  sentesi:  «  da 
quell'epoca  in  poi  »,  per  dire  «  d'u?i  tempo 
qualunque  »  che  nulla  abbia  di  memora- 
bile 0  di  rilevante  ».  Così  il  sig.  AUan,  op. 
cit..,  e  «sconcio  gallicismo»  lo  dice  il 
Rigutini.  Anche  qui  l'uso,  valendosi  del 
suo  diritto  sovrano,  dà  la  sua  sanzione 
ed  accoglie  lo  «  sconcio  gallicismo  ».  Cfr. 
per  il  valore  proprio  della  parola  la  lo- 
cuzione comune  far  epoca.,  detta  anche 
di  cose  minime,  ma  che  fanno  punto,  fer- 
mata della  memoria  nella  uguaglianza  del 
tempo,  Es.  quel  vestito  ha  fatto  epoca. 

Epurare:  V.  Epurazione. 

Epurazione:  per  cerna,  scarto.,  specie 
in  senso  morale  è  parola  non  citata  nella 
più  parto  dei  lessici.  Il  Fanfani  la  ri- 
prende come  gallicismo.  Ma  come  forma- 
zione di  voce,  essa  è  buona  e,  quel  che 
più,  è  dell'uso.  La  provenienza  sarà  dal 
francese  èpuration  od  épurement.,  ma  di 
molti  ragionevoli  gallicismi  sarebbe  op- 
portuno non  più  discutere,  uè  anche  fra' 
grammatici  por  le  ragioni  dotto  nella  pro- 
fazione. Lo  stesso  dicasi  del   verbo   (^ii- 


Eqii 


158     — 


Ere 


rare  (fr.  épurer^  es.  «  épurer  un  corps, 
une  compagnie,  une  administration  »  to- 
glierne cioè  le  persone  indegne  e  sospette). 
Il  Eigutini  propone  in  tale  senso  purifi- 
care e  sbacare^  ma  il  primo  verbo  ha 
elettissimo  senso  morale  e  sacro,  il  se- 
condo panni  troppo  regionale  e  toscano. 

E  qui  comìncian  le  dolenti  note  :  cor- 
ruzione popolare  del  verso  dantesco:  ora 
comineian  le  dolenti  note  (Inf.  V,  25) 
stravolto  ad  altro  senso  :  per  lo  più  dicesi 
facetamente  quando  si  viene  a  parlare  di 
cose  0  di  conti  che  non  piace  udire,  ma 
che  pur  udire  conviene. 

Equilibrato:  «  ingegno^  mente^  natura 
bene  equilibrata,  dicesi  oggi  d'ingegno, 
natura,  nella  quale  tutte  le  facoltà  dello 
spirito  umano  sieno  tra  loro  ben  composte, 
sicché  l'una  non  predomini  sull'altra.  La 
maniera  è  presa  dal  francese  e  noi  po- 
tremmo dire  ben  temperato  ».  Così  il  Ri- 
gutini,  ma  l'uso  di  equilibrato  è  oggi 
tanto  comune  che  mi  par  vano  riprendere 
tale  parola.    Testa  quadra. 

Equilibrio  europeo  :  espressione  fre- 
quente nel  linguaggio  diplomatico  :  esso 
consiste  nella  conservazione  dei  possessi 
territoriali  quali  furono  limitati  dai  trat- 
tati e  dal  mutuo  accordo  che  vincolano  i 
vari  Stati  a  obbligazioni  comuni  e  soli- 
dali. La  parola  equilibrio  in  tale  senso 
forse  ci  provenne  dal  firancese  che  a  mol- 
tissimi sensi  estende  la  voce  équilibre. 
(dal  lat.  aequus  :=  giusto  e  libra  =  bi- 
lancia). Il  Guicciardini  parlando  de'  vari 
Stati  italiani  prima  della  venuta  di 
Carlo  YIII  (1494),  scrive  di  Lorenzo  il 
Magnifico  che  «  procurava  con  ogni  studio 
che  le  cose  d'Italia  in  modo  bilaìiciale 
si  mantenessero  che  piii  in  una  che  in 
altra  parte  non  pendessero,  il  che  senza 
la  conservazione  della  pace,  e  senza  veg- 
ghiare  con  somma  diligenza  in  ogni  ac- 
cidente benché  minimo,  succedere  non 
poteva».  Così  allora  por  l'Italia,  come 
oggi  per  l'Europa. 

Equipaggio:  per  ciurma  della  nave  e 
servigio  di  vettura  signorile  a  cavalli  è 
voce  dal  Fanfani  e  dai  puristi  ripresa 
come  gallicismo  {équipage).  E  per  questo 
dobbiamo  farne  a  meno?  Se  ne  fa  tanto 
a   meno    che  la  stessa  Crusca  la  ha  ac- 


colta. Ciurma.^  parlando  di  navi,  sa  di  an- 
tico e  forse,  usata,  avrebbe  senso  di 
spregio.  Equipaggio  ed  equipaggiamento 
sono  secondo  i  puristi  bene  usati  in  senso 
di  arredi.,  forniìnenti^  bagagli.,  etc,  onde, 
poi,  il  verbo  equipaggiare  =  fornir  di 
equipaggio,  uomini  e  cose  necessarie  ad 
un  viaggio,  ad  un'impresa.  Equipaggio 
ed  equipaggiare  sono  voci  tecniche  nel 
linguaggio  marinaresco.  Y.  Guglielmotti, 
op.  cit. 

Equivocare:  prendere  abbaglio.,  equi- 
voco., sbagliare.,  ha  esempi  antichi  e  clas- 
sici, ciò  non  toglie  che  sia  brutto  verbo 
(fr.  équivoquer)'.  certo  in  nobil  dettato  è 
voce  sfuggita. 

Erariale  (avvocato):  è  l'avvocato  che 
in  una  lite  sostiene  le  ragioni  dell'erario 
cioè  dello  Stato,  cioè  di  uno  dei  Mini- 
steri. Esistono  a  tal  fine  nelle  principali 
città  uffici  regolarmente  costituiti  con  re- 
lative gerarchie  che  hanno  nome  di  Av- 
vocatura erariale. 

Erbette  (le):  nel  dialetto  marchigiano  è 
così  chiamato  ì\  preT^xemolo  :  in  milanese 
erborimi. 

Erbioni  :  in  Lombardia  e  nell'Alta  Emilia 
così  si  dice  popolarmente  in  vece  di  pi- 
selli. Milanese  erbiòn. 

Erborinato:  voce  dialettale  lombarda, 
aggiunta  a  stracchino,  il  più  celebre  e  il 
più  diffuso  formaggio  da  tavola,  quando 
esso  è  venato  di  quelle  verdi  muffe  che 
gli  sono  caratteristiche  :  da  erborinna, 
pi.  erborinn  =  prezzemolo. 

Erculeo:  da  Ercole,  l'eroe  fortissimo: 
dicesi  con  quella  tendenza  all'eufemismo 
0  all'esagerazione,  secondo  i  casi,  che  oggi 
è  molto  in  onore,  anche  di  sforxi  non 
propriamente  erculei. 

Eredità  d'affetti:  bella  locuzione  del  Fo- 
scolo [Sepolcri)  divenuta  popolare  e,  pel 
troppo  abuso,  frase  fatta. 

Ereditiera:  per  fanciulla  erede  di  ricca 
dote,  ricorda  ai  puristi  il  fr.  héritière.  «A 
noi  basta  erede  »  dice  il  Eigutini,  ma  alla 
lingua  corrente  non  par  che  basti. 

Eretismo:  non  da  eretto  ma  dal  greco 
erethixo  =  irrito;  é  voce  del  linguaggio 
medico  per  indicare  accrescimento  pato- 
logico della  attività  di  un  organo.  Dicesi 
anche  per  traslato  in  senso  morale. 


Erj 


—     159 


Esa 


Ergastolano  :  inquilino  abitatore  del- 
Yergùstolo.  I  diz.  portano  quest'ultima 
parola  (del  gr.  ergaxomai  zzz  lavoro,  lat. 
ergàstuliim)  non  la  prima,  frequente  nelle 
Ricordanxe  del  Settembrini. 

Ergo  :  lat.  adunque. 

Èrgon:  e  più  com.  erg;  termine  tolto 
dal  greco  èrgon  ==  opera,  e  scelto  nei  con- 
gressi internazionali  di  fìsica  per  indicare 
l'unità  di  lavoro:  è  il  lavoro  che  compie 
una  dine  (V.  questa  parola)  lungo  lo  spa- 
zio di  un  centimetro  percorso  nella  sua 
direzione:  esso  è  circa  la  98  1 00000  parte 
di  un  kilogrammetro,  ossia  del  lavoro  che 
si  eseguisce  elevando  un  chilogrammo  al- 
l'altezza di  1  metro. 

Erigersi  a  :  per  darsi  il  tono^  Varia 
di...^  Mettersi  a...,  Farla  da... ^  etc,  ri- 
corda ai  puristi  il  modo  francese  s'eriger 
=  s'attribuer  une  auciorité^  un  droit., 
une  qualité  qu'on  n'a  pas.,  ou  qui  ne 
convient  pas.  S'eriger  en  savant,  en  cri- 
tique.,  etc. 

Or  tu  chi  se',  che  vuoi  sedere  a  scranna 
Per  giudicar  da  lungi  mille  miglia 
Con  la  veduta  corta  d'una  spanna? 

Dante,  Par.,  XIX. 

Ermafroditismo:  Y.  Appendice. 

Eroe  :  dal  greco  héros  :  nel  senso  an- 
tico l'eroe  era  l'uomo  in  alcun  modo  con- 
giunto con  gli  Dei:  Ercole,  Teseo,  etc. 
Nel  senso  moderno  fìlosofico,  chiunque 
operò  cose  meravigliose  con  facoltà  crea- 
tive, conservative,  rivoluzionarie,  fuori  del 
comune:  Cristo,  Maometto,  Dante,  Gari- 
baldi, Mazzini,  etc.  Oggi  il  vocabolo  eroe 
è  prodigato  con  una  generosità  singolare 
e  por  simiglianza  di  idee  mi  ricorda  la 
parola  cavaliere  che  generalmente  è  data 
a  persone  che  sarebbero  alionissime  dal 
cavallo  da  cui  la  parola  proviene.  Uno 
che  salva  a  nuoto  un  suo  simile  ;  un  pom- 
piere che  spegne  un  incendio;  un  vigile 
che  arrosta  un  malfattore  possono  facil- 
mente essere  proclamati  eroi.  Così  dicasi 
dell'aggettivo  eroico. 

Erogazione  ed  erogare  :  (lat.  ex  e  rogare, 
chiedere)  dare  danaio  a  scopo  determinato 
di  publico  vantaggio  o  benefìcenza.  Voce 
buona  o  registrata,  ma  di  forte  sapore  cu- 
rialesco e  dogli  uffici. 

Erotòmane:  V.  Erotomania. 


Erotomania:  (gr.  erosm  amore  e  mania 
=  pazzia)  alienazione  mentale  cagionata 
da  preoccupazione  sessuale  :  derivato  ero- 
tòmane. 

Errata  :  neutro  latino  :=  cose  errate  : 
dicesi  la  Tavola  degli  errori  corsi  riella 
stampa  di  un  libro  con  la  loro  correzione 
di  contro;  onde  la  si  suole  anche  diman- 
dare Errata  Corrige^  correggi  gli  errori., 
cosa  che  ninno  fa.  L' Errata- Corrige^  a 
giudizio  dei  periti  dell'arte,  non  ha  valore 
pratico,  se  non  nei  libri  di  prezxi  cor- 
renti., cataloghi.,  formule.,  dove  l'errore 
può  essere  veramente  dannoso.  Negli  altri 
casi,  quando  non  si  può  rifare  la  pagina 
stampata,  meglio  affidarsi  al  buon  senso 
e  alla  scusa  del  lettore. 

Errare  iiumanum  est,  perseverare  dia- 
bolicum:  sbagliare  è  cosa  umana.,  perse- 
verar nell'errore  è  cosa  diabolica.  Adagio 
scolastico,  formatosi  in  antico  da  varie  e 
consimili  sentenze,  e  proverbiale  tuttora. 

Error  comunis  facit  jus:  l'errore  di 
molti  costituisce  una  legge.,  sentenza  giu- 
ridica e  umana,  vera  quanto  altre  mai. 
Trovasi  nella  legge  3^  del  Digesto  al  ti- 
tolo De  supellectile  legata. 

Erunt  duo  in  carne  una:  saranno  due 
in  una  sola  carne.,  così  nelle  sacre  carte 
è  spiegato  il  vincolo  del  matrimonio.  Sa- 
ranno...., il  che  indica  l'idealità  finale  non 
la  realtà. 

Es:  prefisso  di  alcune  voci,  e  vuol  dire 
sei.,  dal  greco  é'<^  (cfr.  il  latino  seic)  come 
in  esametro^  esagono.,  esarca.,  etc. 

Esaltare  :  propriamente  vuol  dire  sol- 
levare in  alto.,  lat.  extollere.  Cfr.  il  motto 
evangelico  :  «  chi  si  esalta  sarà  umiliato  » . 
Nel  senso  di  entusiasmare.,  appassionare 
(es.  «  i  romanzi  esaltano  la  testa  »)  è  ri- 
preso da  alcuni  puristi  come  gallicismo. 
Così  dicasi  di  esaltato  per  fanatico,  testa 
calda  e  di  esaltazione.  Ma  anche  qui  l'uso 
approva  tali  neologismi. 

Esantema  :  (gr.  exanthein  =  fiorire)  si- 
gnifica in  medicina  quel  rossore  cutaneo 
più  0  meno  vivo,  senza  papule  o  ve- 
sciche, che  si  riscontra  in  gran  numero 
di  malattie. 

Esauriente  :  part.  pros.  con  valore  di 
agg.,  dal  v(nbo  esaurire  =  iìnire,  dotto 
sovente  e  spocificatamento  di  libro,  trat- 


Esa 


160 


Eso 


tato^  discorso,  etc.  che  tratti  di  un  dato 
argomento  in  modo  che  tutto  ciò  che  se 
ne  poteva  dire,  sia  detto.  Questo  neolo- 
gismo è  ripreso  dai  puristi.  Un  libro  esau- 
riente «  vorrebbe  dire  che  esaurisce  le 
for^e  dello  scrittore  o  del  lettore  o  di  tutti 
e  due  insieme  »  G.  Romanelli,  op.  cit. 
Ma  è  lepidezza  che  non  persuade.  Cfr. 
però  l'uso  del  fr.  epuiser. 

Esautoramento:  V.  Esautorare. 

Esautorare  :  (dal  latino  ex-auetorare  ■=. 
licenziare,  cassare)  dicesi  specialmente  di 
persona  cui  è  designato  alcun  comando, 
la  quale  per  suo  mancamento  o  per  cause 
estrinseche  abbia  perduto  parte  della  sua 
autorità,  stima,  credito,  reputazione.  Usato 
è  specialmente  il  participio  esautoralo. 

Escalope  :  braciolina  di  vitello  per  so- 
lito, con  varia  arte  cucinata:  voce  fran- 
cese entrata  nell'  uso  in  scaloppa.,  sca- 
loppina. 

Escamotage  :  (da  escamote  la  palla  che 
i  giocolieri  nascondono  ad  arte,  è  parola 
francese  usata  talvolta  in  senso  figurato 
in  vece  di  modi  nostri  consimili,  come 
mutar  le  carte  in  mano.,  far  il  giuoco 
dei  bussolotti^  etc. 

Escamoteur  :  chi  fa  il  giuoco  dei  bus- 
solotti. 1  vari  nostri  dialetti  hanno  dovizia 
di  locuzioni  per  esprimere  ciò  che  figura- 
tamente esprime  la  voce  francese,  ma  le 
vive  nostre  voci  di  popolo  difficilmente 
sono  ricevute  nel  salotto  d( 
l'uso  borghese,  o  corrente. 

Escomio:  licenza,  disdetta^  nel  ferra- 
rese: lat.  exoomiare. 

Escroquerie  :  noi  abbiamo  la  voce  ita- 
liana scroccheria.,  uguale  per  senso  e  per 
etimologia,  eppure  un  nostro  letterato 
non  dubita  di  scrivere  :  «  Insomma  tra 
articoli  e  trafiletti  il  Petit  Journal  seppe 
tirar  fuori,  dalla  famosa  escroquerie  del 
Panama,  la  bella  somma  di  360  mila 
franchi  ». 

Escursione  :  per  gita  è  ripreso  come 
gallicismo,  excursion.  Savia  a  tale  pro- 
posito è  la  seguente  osservazione  del  Ei- 
gutini  :  «  I  latini  ebbero  excursio  tanto 
nel  senso  approvato  di  scorreria.,  quanto 
in  senso  di  gita,  maggio.  Il  francese  li 
riprese  tutt'e  due;  l'italiano  soltanto  il 
primo.  Pure  chi  volesse  adoperare  anche 


il  secondo  non  direbbe  una  bestemmia. 
Dove  è  il  suggello  della  gallicità  è  nel 
traslato,  come  :  Fare  un'escursione  nella 
storia,  nella  filosofia,  etc.  ». 

Escursionista  :  neol.  detto  di  chi  compie 
brevi  viaggi  o  gite  per  diletto  o  salute. 
Fr.  exrursionniste. 

Escussione  :  Y.  Escutere. 

Escutere  :  (participio  escusso)  invece 
di  esaminare.,  provare.,  ricercare  minu- 
tamente. Es.  «  escutere  i  testimoni  ».  È  un 
latinismo  del  linguaggio  giudiziario  {excu- 
tio  :—  ex  e  quatio  =r  scuoto  fortemente, 
e  poi,  guardo  addosso,  esamino,  provo). 
«  Escutere  un  debitore  »,  fare  gli  atti 
contro  di  lui. 

Esèdra  :  lat.  exhedra,  gr.  è^éòga,  in 
architettura  indica  un  sedile  semicircolare, 
di  costruzione  leggera  e  a  traforo  che  si 
fa  nei  giardini  e  nei  parchi  per  riposo  e 
per  ornamento. 

Esentuare  :  voce  non  corretta  che  si 
usa  in  alcune  regioni  in  vece  di  dispen- 
sare., eseìitare,  esimere.  Frequente  par- 
lando di  scolari,  esentuati  dagli  osami. 

Esenziazione:  \òqv esenzione.  Cito  questa 
parola  come  esempio  del  punto  a  cui  si 
può  arrivare  con  l'influsso  del  suffisso 
%ione.  Io  non  credo  che  in  altre  lingue 
avvenga  quello  che  avviene  nella  nostra, 
cioè  di  creare  voci  abusive,  non  neees- 
sarie,  mal  formate,  senza  alcun  giusto 
motivo  che  le  giustifichi.  L' ignoranza  e 
la  fretta  giornalistica.,..  Bah!  è  una 
pessima  ragione. 

Esercente  :  voce  ripresa  dai  puristi  come 
participio  sostantivato  di  un  verbo  che 
c'è  in  latino  exercère  e  c'è  in  francese 
exercer.,  ma  non  in  italiano  dove  c'è  solo 
esercitare.  Verissimo^  ma  esercente  si  usa 
come  termine  generico  di  mercante,  ne- 
goziante., fabbricante.,  commerciante.  A 
Milano  c'è  persino  il  Giornale  degli  eser- 
centi. Il  Petrocchi  accetta  esercente.  In 
fr.  boutiquier.,  débitant. 

Esercire:  ^qv  condurre.,  amministrare., 
ma?idare  avanti,  dicesi  talvolta  de'  ne- 
gozi e  delle  aziende  (latino  exercère).  Vedi 
esercito.  Voce  non  bella. 

Esercito  :  per  ammAnistrato,  condotto, 
ti-attandosi  di  aziende,  negozi,  non  è  nei 
diz.  dell'uso;  e  non  è  bel  neologismo. 


h]^(. 


161 


Esp 


Esercito  della  Salvezza:  V.  Salvation 
Army. 

Esercizio  :  por  azienda  è  ripreso  corno 
uallicismo  (Y.  Rigutini).  Ripreso  del  pari 
ò  noi  scuso  di  riscossione,  uso  delle  ven- 
dite publiche,  bilancio  annuale  dello  Stato. 
Exercice  =  perception  de  l'Ì7npdf^  emploi 
du  revenu  public.  Neologismo  non  regi- 
strato, ma  usatissimo. 

Esèrgo  :  =  ex  opera,  fuori  dell'opera,  e 
ìiclla  terminologia  monetaria  indica  quel 
piccolo  spazio  al  disotto  dell'impronta  nel 
rovescio,  nel  quale  è  posta  l'iniziale  o 
inarca  di  zecca. 

Esibizione  :  per  esposizione^  mostra^  è 
dal  francese  exhibition,  dove  pure  in  quella 
lingua,  in  tal  senso,  è  neologismo  tolto  dal- 
l'inglese. I  Esibizione.,  in  italiano,  l'atto 
di  esibire  =  offrire.  Ma  non  solo  in  un 
certo  linguaggio  è  usato  il  neologismo 
inutile,  ma  non  mancano  esempi  anche  di 
noti  scrittori.  Es.  «  Questa  esibizione  dei 
costumi  giannizzeri  interessò  in  particolar 
modo  ». 

Esigente  :  è  dai  puristi  parola  ripresa 
lior  gallicismo,  exigeant.,  lat.  exigere.  Voce 
necessaria  e  sancita  dall'uso  e,  al  pari 
di  esigenza  =  necessità.,  appartiene  a  quei 
francesismi  su  cui  molto  vi  sarebbe  a  di- 
scutere se  tali  siano  veramente,  ancorché 
lo  speciale  uso  che  se  ne  fa  provenga  dal 
francese..  Senso  accolto  dalla  Crusca. 

Esito  :  nella  locuzione  in  esito,  in  luogo 
<li  in  risposta.,  è  voce  del  linguaggio  bu- 
rocratico. 

Es  ist  eine  alte  Geschichte:  èunavcc- 
'-hia  storia  eppur  rimane  sempre  nuova, 
e  quando  essa  avviene,  il  cuore  si  in- 
frange! co^ì  Arrigo  Heine  parlando  dei 
tormenti  d'Amore,  in  quel  gioiello  immor- 
talo di  liriche,  che  si  intitola  Lyrisches 
Intermezzo  {Ein  Jungling  liebt  ein  Mad- 
clien). 

Esistere:  lat.  existerc,  vale  essere  in 
atto,  perciò  usato,  come  oggi  è  usatissimo, 
por  il  semplice  essere,  è  ritenuto  galli- 
'ismo.  Es.  «  Il  negozio  che  qui  esisteva, 
Esistono  ragioni  por  credoi'e,  »  oto.  Ancho 
esistenza  per  vita  ò  ripreso  dai  più  rigo- 
i(»si  ])urÌKti  come  gallicismo. 

Èsodo  :  gr.  exodos  —  uscita,  storicamouto 
l'uscita  degli  Ebrei  dalla  schiavitù  d'Egitto 

A.  Fanzini,  Supplemento  ai  Dixionari  iialiani 


(Bibbia)  :  familiarmente,  partenza  in  gran 
numero  e  in  gran  frotta,  quasi  per  accordo 
preso.  Es.  l'esodo  dei  forastieri,  dei  ba- 
gnanti etc. 

Esonerare  :  (dal  latino  ex-onerare  = 
sgravare,  alleggerire)  è  neologismo  che 
ricorda  il  francere  exonérer  =  liberar  da 
un  onere,  francare,  esimere.  Dal  verbo  eso- 
nerare si  formò  il  vocabolo  esonero.  Es. 
«  V esonero  dagli  esami  »,  voce  «  non  bella» 
dice  il  Tommaseo.  La  Crusca  però  non  la 
registra.  Meglio  esenzione,  dispensa. 

Esoftalmia:  [è^co,  fuori  e  òfpdaXfiós, 
occhio)  termine  medico:  lo  sporgere  del 
globo  dell'occhio  fuori  dell'orbita:  der. 
esoftahnico. 

Esonero:  V.  Esonerare. 

Espada:  voce  spagnuola  (dal  latino 
spatha)  1=  spada,  e  poi  il  torero  che  nelle 
corse  dei  tori  (corrida)  fa  professione  di 
uccidere  i  tori  con  la  spada,  ultimo  e  più 
difficile  atto  del  sanguinoso  dramma  cosi 
caro  a  quel  popolo. 

Espandersi,  espansione,  espansivo:  dal 
lat.  ex  e  pando  =  stendo,  dicesi  special- 
mente dei  corpi  ed  equivale  a  dilatarsi. 
I  francesi  hanno  trasportato  le  due  voci 
expansion  ed  expansif  al  senso  morale  : 
qui  est  porte  à  dire  ses  sentiments,  ses 
pensées,  e  noi  tale  uso  accogliemmo  con 
riprovazione  dei  puristi.  La  Crusca  però 
accoglie  il  senso  figurato  di  queste  parole 
ne  il  Tommaseo  apertamente  lo  rigetta, 
pur  dicendo  che  non  è  del  popolo. 

Espansionismo:  neologismo  che  signi- 
fica la  teoria  di  coloro  cho  sono  favore- 
voli allo  conquiste  coloniali  e  militari. 

Esperanto:  come  il  volapiik,  nome  di 
lingua  artificiale  o  universale  proposta 
verso  il  1887  :  così  detto  dal  psoudoninìo 
di  chi  lo  propose. 

Esperire:  lat.  experìri  per  provare,  ten- 
tare, esperimentare  e  quindi  compiere, 
così  che  si  giunga  ad  esaurire  la  prova  : 
è  voce  usata  nel  linguaggio  dogli  uffici 
e  dei  tribunali.   Participio  esperito. 

Espiare  la  pena:  è  notato  dal  Rigutini 
corno  «sfarfallone»  giacche  si  espia  (purga) 
il  delitto  e  si  patisco  e  soffro  la  pena.  Vero 
è  cho  queste  trasposizioni  d'un  vocabolo 
da  un  senso  in  un  altro  sono  comuni. 

Espletare  od  espletato:  por  compiere,  fì- 

IL 


Es]) 


162 


7iire,  condurre  a  termine,  sono  voci  degli 
uffici  (\i\ì.  explère?)  che  possono  aspirare 
al  premio  della  goffaggine  fra  le  conso- 
relle del  gergo. 

Esploatare  od  espiotare:  giacche  è,  a 
mio  avviso,  la  difficoltà  nell' accogliere 
Voa  francese  che  ne  allontana  l'uso  di 
tale  neologismo  e  fa  sì  che  pochi  lo  ado- 
perino e  usandolo,  ne  sentano  il  vizio: 
proviene  dal  francese  exploiter.  Verbo  dal 
larghissimo  significato  che  va  dall'indu- 
stria alla  frode,  dall'esercizio  onesto  allo 
sfruttamento  illecito;  comprende  il  pa- 
ziente lavoro,  il  tentativo  audace,  la  prova 
pericolosa  :  sfruttare^  trar  partito^  smun- 
gere^ sono  i  verbi  che  più  vi  si  accostano. 
Derivati  in  francese  exploitation  ed  exploi- 
teur.  La  etimologia  più  probabile  di  questo 
verbo  è  dal  latino  explicitarc^  frequentati  vo 
di  explieare  ==  sbrogliare,  sbrigare.  «  Peto 
a  te,  ut  eius  negotia  explices  et  expedias  » 
Cic,  Fmn.,  13,  26.  Spagn.  explotar. 

Esplosione  :  per  scoppio  di  gioia  di 
pianto,  etc,  ricorda  ai  puristi  l'uso  de\- 
V  explosion  francese  =:  manifestation  bru- 
sque  et  'violente  d'un  sentiìnent^  d'une 
passion.  L' explosion  de  la  haine^  de  la 
colere. 

Espressione  geografica  (detta  dell'Italia): 
Italien^  ein  geographischer  Begriff.,  fa- 
mosa frase  del  principe  di  Metternich,  del 
cui  valore  non  è  qui  il  caso  di  ragionare. 
La  passione  politica  nel  periodo  del  Ei- 
sorgimento  la  considerò  come  ingiuria  : 
oggi  potrebbesi  giudicare  diversamente  e 
più  serenamente.  In  una  lettera  al  conte 
Prokcsch-Osten,  19  nov.  1849,  il  Metter- 
nich scrive:  «Io  ho  lasciato  cadere  du- 
rante la  mia  contesa  con  Lord  Palmerston 
riguardo  alle  domande  italiane  dell'estate 
1847,  l'espressione  che  il  concetto  nazio- 
nale «  Italia  »  sia  geografico,  e  il  mio 
detto  V  Italia  è  un  nome  geografico  che 
fece  tanto  stizzire  Lord  Palmerston,  si  è 
acquistato  il  diritto  di  cittadinanza  ».  Per 
bene  intendere,  ricordiamo  che  il  Metter- 
nich usò  in  quell'occasione  tale  frase  an- 
che per  la  Germania. 

Espresso:  V.  Express. 

Essere  :  neologismo  dal  fr.  nel  senso  di 
spettare.  Es.  La  parola   è   al  ministro. 

Essere:  in  vece  di  persona,  uomo.^    è 


neologismo  notato  dai  puristi.  Es.  «  Giulio 
è  un  essere  spregevole  ».  Pedanterie  che 
sciupano  una  causa  buona  e  degna,  quale  è 
quella  dei  puristi  !  Essere^  accennando  al 
fatto  di  vivere,  senza  ricordar  la  qualità 
d'uomo,  suona,  di  per  sé,  sprezzo.  Essere, 
esserino^  per  creaturina  debole  o  infelice, 
è  parola  pur  efficace,  se  bene   usata. 

Essere  a  cavallo  :  essere  al  fine  di  una 
impresa  riuscita  a  bene,  trovarsi  a  gioco, 
ad  agio.  Locuzione  popolare  e  metaforica 
tolta,  manifestamente,  dalla  fatica  del  porsi 
bene  in  sella  e  dal  vantaggio  nei  movi- 
menti e  nell'opera  che  indi  se  ne  trae. 

Essere  a  spasso:  familiarmente,  non  aver 
lavoro.,  quindi  oziare  per  necessità. 

Essere  a  uscio  e  bottega:  esser  vicini, 
a  due  passi. 

Essere  al  verde:  essere  all'estremo  di 
danari.  Questa  locuzione  pare  che  si  ori- 
gini dall'  antico  costume  di  tingere  di 
verde  l'estremità  delle  candele  nelle  aste 
pubbliche.  {Essere  al  verde  =  essere  al  fine 
dell'asta). 

Essere  aux  petits  soins:  (fr.  étre  aux 
petits  soins  auprès  de)  colmar  di  riguardi, 
prevenendo  e  servendo  persona  amata. 

Esser  di  buona  bocca:  familiarmente, 
mangiar  di  tutto. 

Essere  estraneo  a  una  cosa...,  Essere 
all'ordine  del   giorno...,   Essere   al  cor- 


rente di. 


Essere  al  fatto   di...:  sono 


modi  così  noti  e  comuni  che  non  è  il  caso 
di  registrare  se  non  per  dire  che  ai  pu- 
risti dispiacciono  perchè  tolti  dal  francese. 
Certo  non  mancano  modi  nostri  ;  e  certo 
è  pure  che  il  dialetto,  o  meglio  i  dialetti, 
ne  fanno  a  meno  adoperando  forme  na- 
zionali e  ugualmente  efficaci.  Ma  la  lingua 
italiana  dell'uso,  o  ufficiale,  oramai  non 
può  far  a  meno  di  queste  frasi. 

Essere  fra  color  che  son  sospesi  :  cioè 
incerti  della  propria  sorte  (Dante,  Li- 
ferno^  II,  52).  Solito  senso  faceto! 

Essere  giù:  dicesi  familiarmente  per 
essere  in  cattive  condizioni  fisiche  e  mo- 
rali. 

Essere  il  gallo  della  Checca:  aggiungi 
che  tutto  vuole  e  tutto  becca/  Dicesi  po- 
polarmente di  chi  ottiene  segnalate  grazie, 
dalle  donne  in  ispecie  ;  il  beniamino  in 
genere. 


163 


Est 


Essere  in  libertà:  vaio  familiarmente 
esser  licenziato  dal  proprio  ufficio,  non 
aver  lavoro.  Es.  lei  è  in  libertà^  cioè  la 
mando  via  dal  servirÀo. 

Essere  la  quinta  ruota  del  carro:  vess 
la  quinta  roeuda  del  carr^  oppure  vess 
l'ultcma  roeuda  del  carr,  locuzione  effi- 
cace lombarda,  usata  anche  nel  parlare 
civile  e  buono,  per  dire,  essere  persona 
ultima  per  autorità^  importaiixa,  etc, 
traslato  tolto  dal  fatto  che  il  carro  non 
saprebbe  che  farsene  d'una  quinta  ruota. 

Essere  largo  di  bocca:  familiarmente 
vale,  esser  sboecato,  parlar  grasso. 

Essere  o  non  essere  :  V.  To  be^  or  noi 
to  be  (Afuleto,  atto  III).    V.    Appendice. 

Essere  pane  e  cacio  :  locuzione  toscana 
che  vuol  dire  essere  in  gran  dimestichezza 
con  alcuno  :  locuzione  tolta  dal  fatto  che 
il  pane  si  combina  benissimo  col  formaggio; 
dicesi  anche  toscanamente  essere  due  anime 
in  un  nocciolo.  Il  dialetto  milanese  ha 
un'imagine  crudamente  realistica:  essere 
cotne  il  e...  e  la  camicia.  Frase  usata 
anche  in  altre  regioni. 

Essere  o  ridursi  al  lumicino:  locuzione 
toscana  che  vuol  dire  morire.,  dal  lumi- 
cino 0  candela  che  si  accende  nella  stanza 
dei  morenti.  Vuol  dire  anche  come  essere 
al  verde^  quasi  di  colui  che  non  ha  più  se 
non  il  moccolo  della  candela,  ovvero  per 
l'affinità  fra  la  miseria  e  la  morte,  di- 
rebbe un  lepido  spirito. 

Essere  su  la  breccia  :  è  proprio  del 
guerriero  che  pugna  nel  punto  più  peri- 
glioso :  con  senso  estensivo  familiare,  di- 
cesi di  chi  ancora,  a  dispetto  dell'età  e 
delle  avversità,  sostiene  la  sua  battaglia 
e  il  suo  ufficio,  prende  parte  attiva  alla 
vita  sociale,  ne  si  ritrae  dal  mondo  e  dalle 
vanità,  vinto  o  stanco. 

Essere  sul  chi  vive:  stare  all'erta.  In 
fr.  étre  sur  le  qui  vive. 

Essere  un  pesce  fuor  d'acqua:  locu- 
zione nostra  fainiliani,  e  non  solo  in  To- 
scana, che  vuol  diro  trovarsi  a  disagio 
in  un  dato  luogo  e  fra  date  persone  por  non 
conformità  di  indolo,  di  vita  e  di  pensieri. 

Essere  verde  :  dicosi  talora  ramiliannento 
sottintendendo  dalla  bile.,  dalla  rabbia. 

Essudato:  vocabolo  del  linguaggio  me- 
dico (da  ex  -~  fuori  e  sudare)  :  sostanza 


organica  ora  sierosa,  ora  mucosa,  ora  pu- 
rulenta che  geme  e  trapela  al  livello  di 
una  parte  infiammata. 

Est-est-est:  letteralmente  c'è,  c'è.  Nome 
dato  ad  un  celebre  vino  moscato  di  Mon- 
tefiascone.  La  leggenda,  tutt' altro  che  in- 
verosimile, narra  di  un  certo  canonico 
tedesco,  Giovanni  Fugger  di  Augusta,  il 
quale  si  facea  precedere  come  furiere  da 
un  suo  servo  perchè  notasse  per  contras- 
segno est.,  su  le  osterie  dove  era  il  buon 
vino  :  Est  bonurn  vinum.  Il  servo  come 
ebbe  assaggiato  cotesto  moscato,  al  colmo 
dell'entusiasmo,  scrisse  tre  volte  est.,  e  il 
tedesco,  sopraggiungendo,  tanto  approvò 
e  bevve  che  ne  morì.  Bere  come  un  te- 
desco, è  modo  proverbiale  nostro  e  credo 
di  altre  parti.  Il  fedel  servo  fece  allora 
incidere  la  scritta  : 

Est  est  est,  propter  nimium  est  Joannes  De  Fuggor, 
dominus  meus,  mortuus  est. 

Epigrafe  che  sa  di  epigramma.  Altri  al- 
trimenti ragiona  dell'  origine  del  nome 
est  est.  Vedi  il  Giornale  di  Erudixione^ 
Firenze,  15  gennaio  1886,  Y Archivio  per 
lo  studio  delle  tradizioni  popolari,  vo- 
lume VIII,  1889,  pag.  299-300  e  l'opu- 
scolo del  Maineri,  Est.,  est.,  est  /  e  il  Ve- 
scovo beone.,  Roma,  1888. 

Està  :  nelle  provincie  meridionali,  forma 
quasi  costante  invece  di  estate.  Non  sarà 
inutile  avvertii-e  che  estate  è  nome  fem- 
minile, ancorché  nell'uso  spesso  si  con- 
sideri come  maschile. 

Estaminet:  fr.  piccolo  caffè. 

Estancia  :  lett.  stanza.,  e  nello  spa- 
glinolo dell'America  meridionale  r=:  Ha- 
cienda de  campo,  cioè  fattoria. 

Est  deus  in  nobis:  un  Dio  è  in  noi  che 
ne  agita  ed  infiamma.  Così  felicemente 
Ovidio,  Fasti.  VI,  5,  parlando  della  na- 
tura dei  poeti.  Il  Dio  agitatore,  secondo 
il  materiale  concetto  mitologico,  è  Apollo, 
dio  del  pensiero  profetico  e  poetico  —  due 
concotti  uniti  per  gli  antichi  —  e  preside 
delle  Muse. 

Estensibile  :  così  si  dice  nel  linguaggio 
foronso  in  luogo  di  estendibile.,  (dal  lat. 
extendere),  ed  è  voce  di  provenienza  fran- 
cese extensible.  Es.  «  La  i)ena  è  esten- 
sibile., ote.  I  miei  saluti  estensìbili  alla 
famiglia».  Modo  assai  brutto. 


Est 


164     - 


Età 


Esternare,  esternarsi  :  per  manifestare, 
palesare,  aprii'si  è  neologismo  che  non 
piace  ai  puristi  :  infatti  è  del  tutto  su- 
perfluo, per  lo  meno. 

Esteta:  l'artista,  specialmente  scrittore, 
critico,  poeta,  che  al  concetto  etico  an- 
tepone il  concetto  estetico  nell'  arte,  e 
quello  non  solo  subordina  a  questo,  ma 
ne  tien  conto  come  di  cosa  non  attinente 
l'arte.  Teoria  pericolosissima  ove  ecceda 
e  germogli  in  cervelli  rachitici,  giacché 
l'arte,  come  tutte  le  cose  grandi,  tende 
per  moto  naturale  e  fatale,  ad  un  àya- 
dòv  rt,  cioè  ad  alcun  che  di  bene,  anche 
senza  farne  espressa  teoria.  Molte  volte 
l'esteta  non  è  un  artista  ma  un  semplice 
e  convinto  imbecille  che  si  distingue  a 
certe  preziosità  del  vestire,  del  parlare  e 
del  comportarsi.  Distinguesi  altresì  per 
l'ostentazione  di  sprezzo  verso  la  comune 
morale,  por  certo  bizzarro  squilibrio  per 
cui  accogliendo  molti  dogmi  del  determi- 
nismo scientifico  e  delle  nuove  idee  so- 
ciali, ne  trascura  la  severità  dei  doveri 
e  le  conseguenze  logiche  inerenti.  La  pa- 
rola esteta  è  neologica  e,  per  noi,  di  prove- 
nienza francese  esthète,  dove  pure  è  nuova. 
{alodrjvrjc;,  sensibile).  V.   Superuomo. 

Est  modus  in  rebus  :  -vi  dev'essere  mi- 
sura nelle  cose;  vi  sono  determinati  con- 
fini al  di  qua  e  al  di  là  de'  quali  non 
ci  può  essere  la  verità,  così  compiuta- 
mente la  sentenza,  la  quale  è  di  quell'a- 
cuto e  pratico  ingegno  sereno  che  fu 
Orazio,  Satire,  lib.  I,  I. 

Estradare:  l'atto  della  estradizione: 
V.  questa  parola:  neologismo  del  lin- 
guaggio diplomatico  e  giudiziario  tolto 
dal  francese  extrader. 

Estradizione:  fr.  (extraditioìi)  dal  la- 
tino exstra  e  tradere,  consegnare.  E  l'atto 
col  quale  uno  Stato  lascia  un  colpevole 
di  delitti  commessi  fuori  del  suo  territorio 
ad  altro  Stato  che  lo  reclama  perchè  sia 
sottoposto  a  giudizio,  onde  le  locuzioni 
chiedere  ed  offrire  l'estradizione.  L'estra- 
dizione risulta  da  accordi  diplomatici  e  da 
convenzioni  internazionali.  Il  codice  penale 
italiano  stabilisce  che  l'estradizione  dello 
straniero  non  sia  ammessa  per  i  delitti 
politici  né  per  i  reati  che  a  questi  sono 
connessi. 


Estradosso  :  (fr.  extrados)  superfìcie  su- 
periore esterna  di  un  arco  o  di  una  volta. 

Estrema  unzione:  nel  gergo  della  bisca 
di  Montecarlo  è  così  chiamato  il  sussidio 
di  danaro  che  si  dà  ai  giocatori  falliti  af- 
finchè se  ne  possano  partire.  Voce  del  gergo 
fr.  extrhne-onction. 

Estrinsecare:  verbo  usato  in  speciali 
sensi  in  vece  di  manifestare,  palesare 
in  modo  evidente  e  minuto  (dal  latino 
extrinsecus  =  che  viene  dal  di  fuori). 

Estudiantina:  in  origine,  compagnia  di 
studenti  che  vanno  suonando  vari  stru- 
menti per  le  vie  delle  città,  o  di  luogo 
in  luogo,  sia  per  diletto,  sia  per  trarne 
lucro.  Nome  e  costume  spagnuolo. 

Esulare  :  nel  gergo  degli  avvocati  questo 
verbo  spesso  è  usato  in  vece  di  fuorviare, 
uscire  (dal  seminato).  Es.  V  argomento 
esula  dalla  questione. 

Esumare:  dal  latino  ex  =;  fuori  ed  hu- 
mus terra,  exhumare  i=  disseppellire.  Que- 
sto verbo  oggidì  è  spesso  adoperato  in 
senso  figurato  per  indicare  l'atto  del  pro- 
durre alla  luce  e  all'onore  del  giorno  cose 
morte,  disusate,  non  conosciute,  obliate 
e  spesso  non  meritevoli  di  nuova  vita.  | 
Esumare  in  tale  senso  è  di  provenienza 
francese,  exhumer  =  fair  e  revivre  les 
écrits  d'un  auteur  mori  et  dejà  oubliè, 
e  così  dicasi  della  parola  esumazione. 

Esumazione:  V.  Esumare.  Nei  vecchi 
dizionari  questa  parola  è  riportata  come 
termine  di  legge  per  indicare  il  disotter- 
ramento dei  cadaveri  per  ragioni  proces- 
suali. V.  la  voce  precedente. 

Et  ab  hoc  et  ab  hac  :  in  francese  con- 
fusamentCi 

Età  critica:  è  detta  delle  donne  l'età 
fra  i  45  ed  i  50  anni  nei  nostri  climi, 
determinata  dalla  cessazione  dei  flussi 
mensili  {menopausa).  In  fr.  àge  critique. 
Età  sinodale,  cioè  stabilita  come  non  pe- 
rigliosa dal  Sinodo  (Concilio  di  Ecclesia- 
stici). 

Étagère:  voce  comune  per  indicare  quel 
mobile  elegante  a  staggi  (étage)  o  ripiani, 
ove  si  collocano  carte,  gingilli  e  simili. 
Diremmo  scansia  ?  Ma  la  scansia  è  chiusa 
e  di  maggior  mole.  Scaffale  forse  è  pre- 
feribile, ma  esso  è  detto  comunemente  dei 
libri.   Cantoniera  si  dice  in  molti  luoghi 


165 


Eti 


di  provincia  per  indicare  a  punto  un  mo- 
bile a  ripiani  che  riempie  gli  angoli.  Ma 
cantoniera  ha  anche  altri  sensi,  cioè  la 
casa  del  cantoniere,  e  antic,  meretriee. 
Più  precisa  sarebbe  la  parola  scarabat- 
tola^  ma  è  poco  comune  e  poco  elegante. 
Fra  tanto  parole  si  usa  la  voce  francese. 

Etalage  :  =  mostra^  sfoggio,  voci  del 
pari  eflicaci  che  la  parola  francese,  ep- 
pure (juesta  è  di  largo  uso,  specie  nel 
ceto  mondano. 

Etèra  :  bella  parola  greca,  rimasta  viva 
sino  a  noi  ;  letteralmente  vuol  dir  com- 
pagna^ amica  ;  e  in  Atene  così  si  chia- 
mavano lo  belle  donne,  libere  da  vincolo 
matrimoniale,  ministre  geniali  del  pia- 
cere. Aspasia,  amante  di  Pericle,  Frine, 
Diotima  a  cui  Socrate  chiedea  notizie  fi- 
losofiche su  la  natura  d'amore,  erano  etere. 
Xome  da  vero  più  geniale  che  la  volgare 
voce  cocotte  (di  gran  consumo  in  Italia, 
almeno  finche  la  Francia  non  ce  ne  avrà 
suggerita  un'altra)  pur  non  essendo  gran 
divario  nella  sostanza  della  cosa. 

Etere:  questo  nome  è  dato  aduncom- 
])Osto  che  si  ottiene  per  azione  dell'acido 
solforico  sull'alcole  :  lo  stesso  nome  è  dato 
:i  molto  sostanze  di  costituzione  analoga. 
È  un  liquido  incolore,  mobilissimo,  di  odore 
grato,  speciale;  leggero,  volatile  al  sommo, 
infiammabile  con  fiamma  viva  e  non  fu- 
ligginosa. Usatissimo  in  chimica  perchè 
scioglie  gran  numero  di  sostanze  e  così 
pure  nelle  industrie:  in  medicina,  come 
anestetico. 

Eterizzazione:  processo  anestetico  che 
consisto  nel  respirare  una  miscela  d'aria 
e  di  etere;  ovvero  nel  rendere  alquanto 
insensibile  e  fredda  una  parte  del  corpo 
mercè  la  polverizzazione  dell'etere. 

Eternizzare:  dal  francese  e/ermser  ;  in 
italiano  eternare. 

In  la  mente  m'ò  fitta,  ed  or  m'accora, 
La  cara  e  buona  immagine  paterna 
Di  voi,  {[uando  noi  mondo  atl  ora  ad  ora 

.M'inso-^navato  come  l'uom  s'eterna. 

Dante,  Inferno. 

Eterno  femminino:  (jiiesto  motto  ed  a- 
stratto  felice:  loggosi  in  (lootho,  Fausto, 
scena  ultima  della  seconda  parto  : 

Das  K\vÌR-\Voiblifho 
Ziolit  uns  liiiimi. 


Esso  diventò  universale:  V.A.Dumas, 
figlio,  V Bomme-Femme^  1872,  pag.  17; 
V.  G.  Carducci,  ^terwo  Femmifiino  Regale. 

Etiam  periere  ruinae:  emistichio  di  Lu- 
cano, Farsalia,  IX,  968,  riferito  a  Troia 
(di  cui  le  ruine  vennero  rimesse  alla  luce 
or  non  è  gran  tempo  dello  Schliemann) 
ed  è  ripetuto  con  forza  di  intercalare  : 
anche  le  ruine  sono  'perite.,  cioè  non 
rimane  più  nulla. 

Etichetta:  «  cerimoniale  di  Corte  o  della 
nobiltà  ;  e  per  estensione  applicasi  a  tutte 
quelle  cerimonie  e  convenienze  che  si 
usano  nel  conversare  tra  persone  di  qua- 
lità. Merita  che  si  legga  quello  che  ne 
scriveva  il  Magalotti  :  Lettere  Scientifiche, 
238.  «  Al  mio  ritorno  in  Italia  cominciai 
a  dire  ancor  io,  in  italiano,  etichetta^  né 
io  solo,  ma  le  mie  camerate  ancora,  credo 
per  parer,  come  fanno  i  giovani,  di  aver 
portato  qualche  cosa  di  Spagna.  Ne  tornò 
il  marchese  di  Castiglione,...  ne  sono  tor- 
nati dopo  degli  altri,  etichetta  quegli,  eti- 
chetta quell'altro,  può  essere  che  si  sia 
fatto  male  a  profanare  la  lingua  Toscana 
con  questo  spagnolismo  di  più  :  il  fatto 
però  si  è  che  in  oggi  io  sento  dire  eti- 
chetta anche  a  di  quelli  che  non  sono 
mai  stati  a  Madrid  ».  Dalle  quali  parole 
si  apprende  che  la  voce  è  di  origine  spa- 
gnola, almeno  per  rispetto  a  noi,  e  che 
questo  spagnolismo  aveva  preso  piede  fin 
dai  tempi  del  Magalotti,  cioè  dal  sec.  XVII. 
Noi  potremo  dire  cerimoniale  con  parola 
nostra.  Ma  non  potendosi  oramai  riget- 
tare la  voce  etichetta.,  devesi  però  restrin- 
gere nel  senso  notato  di  sopra  e  lasciarlo 
ai  Francesi  nel  senso  di  CarteUiìio  v.  Così 
il  Rigutini.  Vero  è  che  anche  nel  senso 
di  cartellino  è  sancita  dell'uso.  Vale  anche 
marca  di  fabbrica.  L'etim.  è  dal  ted. 
steclcen,  ficcare,  non  da  est  hie  quaestio. 
La  Crusca  accoglie  soltanto  il  senso  primo 
di  cerimonia. 

E  tiene  ancor  del  monte  e  del  macigno: 
verso  dantesco  passato  in  forza  di  locu- 
zione per  indicare  rozzezza  e  rudezza  di 
costume  (Dante,  Tnf.  XV,  63)  ma,  parnii. 
senza  il  concetto  d'oltraggio  con  cui  il  Poeta 
fa  da  brunetto  I^atini  così  designare  i  fio- 
rentini, laxxi  sorbi  discosi  da  Fiesole. 

Ètimo:  ^  dal  greco  elio  vuol  d\v  puro. 


Etl 


166    — 


Ex 


vero^  eerto.  Dicesi  nel  linguaggio  dei  gram- 
matici, specialmente  al  plurale,  e  con 
forza  di  sostantivo,  per  indicare  la  prima 
origine  della  parola.  Cfr.  Etimologia. 

Et  l'on  revient  toujours  à  ses  premiers 
amours  :  V.   On  revient,  etc. 

Et  nunc  erudimini:  lat.  ed  ora  siete 
eruditi^  ammaestrati^  pigliate  esempio^ 
formula  e  clausola,  spesso  di  sapore  cau- 
stico, con  cui  solitamente  si  chiude  una 
dimostrazione  in  contrario. 

Ettowatt:  misura  di  potenza  elettrica: 
equivalente  a  100  watt. 

Etto-watt-ora:  V.   Watt-ora. 

Et  vera  Incessu  patuit  dea:  e  vera  dea 
apparve  all'incedere.,  così  N QYg\\ìo[Eneide^ 
I,  409),  mirabilmente  descrive  Venere  che 
appare  ad  Enea.  Dicesi  talora  di  bella  e 
maestosa  donna. 

Et  voilà  tout:  V.  Voilà  tout. 

Eucalipto  :  (Eucaliptus)  albero  scoperto 
nel  1 792  da  Labillardière  su  le  coste  della 
Tasmania  ed  ora  frequentemente  coltivato 
nelle  regioni  meridionali  d'Europa.  Ap- 
partiene alla  famiglia  delle  mirtacee.  Dalle 
foglie  traggonsi  olii  essenziali,  noti  in  te- 
rapeutica. Gli  Australiani  ne  usano,  da 
tempo,  come  febbrifugo. 

Eureka  :  perfetto  del  verbo  greco  eu- 
risco  =  trovo,  dunque:  ho  trovato/  ed 
è  attribuito  come  manifestazione  di  gioia 
ad  Archimede  (287-212  av.  C.)  quando 
trovò  la  legge  fìsica  del  peso  specifico 
dei  corpi.  Cfr.    Vitriwio^  IX. 

Euthanàsia  :  parola  risultante  di  due  voci 
greche  {eu  =  bene  e  thanatos  .-=;  morte) 
la  buona.,  la  placida  morte  mercè  l'opera 
medica  che  con  farmachi  toglie  la  pena 
dell'agonia.  Usasi  talora,  con  ispeciale 
senso  filosofico,  per  indicare  la  morte  dello 
stoico  e  del  savio. 

Evacuare:  da  vacuus  i=  vacuo,  vuoto, 
è  propriamente  l'atto  dell'andar  di  corpo. 
Ora  nel  senso  di  sgomberare.,  vuotare^ 
detto  di  luoghi,  è  per  lo  meno  voce  assai 
poco  estetica.  Évacuer,  in  francese,  oltre 
al  primo  senso  anzi  detto,  significa  ap- 
punto sortir  d'une  place  par  évacuation 
ed  è  termine  di  guerra,  spesso  da  noi  usato 
e  con  copia  di  buoni  esempi,  accolti  dalla 
Crusca:  il  che  non  toglie  a  questo  lati- 
nismo di  essere  brutto. 


Evacuazione:  V.  Evacuare. 

Evadere  e  cosi  dare  evasione  :  sono 
voci  degli  uffici,  cui  in  buona  lingua  ri- 
spondono sbrigare.,  trattare.,  rispondere. 
In  fr.  répondre  è,  donner  suite  à. 

Evasione:  in  buon  italiano  significa  lo 
scampare,  lo  sfuggire  ad  un  pericolo:  lat. 
evàdere.,  uscire,  schivare,  etc.  Nel  senso 
di  risposta  e  nella  locuzione  in  evasione 
è  brutto  modo  degli  uffici.  Es.  lettera 
evasa.  Non  c'è  in  francese. 

Evenienza:  neologismo  riprovato  dai  pu- 
risti in  vece  di  occorrenza,  occasione, 
avvenimento.,  caso. 

Eventi  V.   Great-event. 

Evasivamente:  V.  Evasivo. 

Evasivo:  per  elusivo  come  aggiunta  spe- 
cialmente di  risposta  che  sfugge  (lat.  eva- 
dere =;  scappare)  che  elude  alla  dimanda, 
ricorda  ai  puristi  l'aggettivo  francese  eva- 
si f.,  e  così  dicasi  dell'avverbio  evasiva- 
mente, fr.  évasivement.  Vero  è  che  oramai 
le  due  parole  sono  conquistate  dall'uso. 

Evening-dress:  =  abito  della  sera: 
così  con  inglese  elezione  di  voci  chia- 
masi dai  gentili  uomini  talvolta  e  dai 
giornali  V abito  nero  che  è  di  prammatica 
alla  sera,  ne'  ritrovi  mondani.  V.  Frac. 

Evidenza:  V.  Mettersi  in  evidenza. 

Evocare  :  trovo  frequentemente  nei  re- 
soconti teatrali:  «  l'autore,  gli  attori,  etc, 
furono  evocati  alla  ribalta,  etc.  ».  Perchè 
non  chiamati?  In  italiano  ez?ocare  signi- 
fica scongiurare.,  e  dicesi  delle  ombre  e 
dei  morti,  delle  grandi  memorie  e  fatti 
illustri,  richiamati  alla  memoria. 

Evoluzione  :  lat.  evolutio  da  e  e  volvo 
=  rivolgo,  muovo,  tanto  nel  senso  mili- 
tare di  esercizi,  come  nel  senso  filosofico 
e  biologico  del  naturale  procedere,  inte- 
grandosi, della  Vita,  secondo  certe  leggi 
della  discendenza  (opposto  a  Creazione 
speciale),  è  neologismo  che,  se  anche  pro- 
venga da  altre  lingue,  non  è  lecito  neanche 
ai  puristi  di  ricusare.  Voce  universale. 
(V.  Spencer,  Primi  principi). 

Ex:  è  una  particella  latina  che  vuol 
dii'e  fuori.,  via.  I  puristi  vorrebbero  so- 
stituirla con  es,  come  più  conforme  all'or- 
tografia italiana.  Ma  ex  è,  ed  ex  rimarrà 
che  le  parole  es-re.,  es-console  non  sa- 
rebbero così  facilmente    intese    come   ex- 


Kx-a 


167     — 


Ex-o 


re,  otc.  Nella  lingua  francese  questo  ex 
cominciò  a  preponderare  al  tempo  della 
rivoluzione  per  esprimere  insieme  l'antico 
o  il  nuovo  stato  delle  persone,  ondo  ex- 
prètre^  ex-préfet^  ex-consul^  etc.  L'abuso 
di  questo  ex  non  è  improbabile  che  ci 
sia  provenuto  per  la  solita  via  di  Francia, 
0  si  suole  scrivere  per  maggior  chiarezza, 
staccato  dal  nome. 

Ex-abrupto:  modo  avverbiale  latino,  al- 
l' improvviso  :  dicesi  specialmente  di  allo- 
cuzioni, discorsi  senza  prefazione  o  proemio. 

Ex  abundantia  cordis  os  loquitur:  (San 
Matteo  XII,  34)  come  il  vaso  pieno  tra- 
bocca ;  così  il  cuore  gonfio  di  passione, 
rigurgita  con  le  parole.  Stupenda  locuzione 
evangelica  ! 

Ex  aequo:  lat.  con  ugual  merito. 

Ex  cathedra:  lett.  dall'alto  della  cat- 
tedra :  i)arlare  ex  cathedra.,  cioè  in  modo 
dogmatico  e  cattedratico. 

Excèlsior:  questo  comparativo  maschile 
latino  che  vuol  dire  piii  in  alto^  ha  acqui- 
stato valore  di  intercalare  esortativo  dopo 
che  una  lirica  dell'americano  Longfellow, 
intitolata  JE'a;ce/s^or,  divenne  comune  presso 
di  noi.  Accenna  il  poeta  all'ascensione  sim- 
bolica di  un  giovanetto.  Con  valore  av- 
verbiale più  esattamente  si  sarebbe  dovuto 
usare  il  neutro  :  excelsius.  Lo  Zanella  nella 
sua  Conchiglia  fossile  espresse,  meno  en- 
faticamente, ma  assai  più  profondamente 
e  liricamente,  lo  stesso  concetto: 

Eccelsa,  segreta 

nel  bujo  degli  anni, 

Dio  pose  la  meta 

de'  nobili  affanni. 

Con  brando  e  con  fiaccola 

sull'erta  fatale 

ascendi,  mortale! 

Il  Longfellow  difeso  il  suo  errore  di- 
cendo che  q}iQ\V excèlsior  maschile  si  ri- 
feriva al  giovane  simbolico  :  ma  è  spie- 
gazione poco  plausibile.  Comunque,  ex- 
cèlsior diventò  motto  comune.  Ora  paro 
che  tenda  a  cessare  tale  entusiasmo  per 
<|uesto  abusato  excèlsior. 

Excusatio  non  petìta,  aocusatio  mani- 
festa: lat.  scusa  non  chiesta,  accusa  ma- 
nifesta., locuzione  comune,  nota  special- 
mente nel  ceto  scolastico  ;  in  italiano, 
fiimiliarmente,  la  prima  gallina  che  canta., 
ha  fallo  l'uovo. 


Excusez  du  peu  :  motto  francese  vul- 
gato fra  noi  e  di  sapore  ironico,  dovuto  a 
G.  Kossini  che  lo  scrisse  sul  manoscritto 
di  un  suo  inno  che  doveva  essere  can- 
tato e  suonato  all'arrivo  del  corteo  impe- 
riale (distribuendosi  i  premi  dell'  Esposi- 
zione universale  del  1867)  da  più  che 
1200  musici  e  dovea  terminare  con  fragor 
di  campane  e  cannoni. 

Exécuter  :  fr.  eseguire  (una  condanna 
di  morte)  e  per  estensione  nel  giornalismo 
talora  questo  verbo  è  usato  in  vece  di 
condannare^  giudicare.,  spacciare.,  finire. 
Es.  il  ministero  è  exécuté. 

Exequàtur:  terza  per.  del  con.  pres.  del 
verbo  latino  exequi.,  con  forza  di  impe- 
rativo, si  eseguisca.  Era,  nell'antica  pro- 
cedura, la  formula  scritta  in  fondo  ad  una 
sentenza  di  tribunale,  in  virtù  della  quale 
acquistava  valore  esecutivo.  Secondo  il 
diritto  canonico,  exequàtur  indica  il  per- 
messo del  Sovrano  di  porre  in  esecuzione 
no'  suoi  Stati  le  Bolle  della  Corte  di  Roma. 
In  diritto  publico  è  l'atto  che  conferisce 
ad  un  console,  il  diritto  di  esercitare  le 
sue  funzioni. 

Exhibition:  V.  Esibizione. 

Ex-libris:  lett.  dai  libri^  motto  latino 
con  cui  è  chiamato  quel  cartellino  che  si 
incollava  ai  libri  e  valeva  ad  indicarne  la 
proprietà  :  da  prima  a  penna,  indi  a  stampa 
con  bellissimi  fregi,  disegni,  motti.  Tale 
antico  costume  tende  a  rifiorire  fra  i  bi- 
bliofili. V.  per  maggiori  notizie:  Dottor 
Achille  Bertarelli,  Oli  ex  Libris  italiani. 
Hoepli,  1902. 

Ex  magna  coena  sthomaco  fit  maxima 
poena  :  da  copiosa  cena  deriva  allo  sto- 
maco gran  pena.,  saggia  sentenza  della 
Scuola  Salernitana,  consimile  all'altra: 
ut  sis  nocte  levis  sit  libi  coena   brevis. 

Ex  novo:  di  nuovo. 

Ex  ore  tuo  te  judico:  lat.  ti  giudico 
dalle  tue  parole,  cioè  //'  condanni  da  te. 

Ex  ossibus  ultor:  emistichio  del  fa- 
moso verso  latino:  exoriare  aliquis  nostris 
ex  ossibus  ultor.  —  Sorgi,  qual  ohe  tu 
sia,  vendicatore  dallo  nostro  ossa  (Ycr- 
gilio,  Eneide,  IV,  625).  Motto  di  0.  i^. 
Strozzi,  detto  Filip])o  S.  il  Giovano  (148S- 
1538)  nemico  ai  Medici,  prima  di  darsi 
la  morto. 


Exp 


168 


E/À 


Experto  crede  Roberto:  V.  Experto  ere- 
dite. 

Experto  credite  :  credete  a  ehi  è  esperto^ 
emistichio  di  Vergilio,  Eneide^  XI,  283, 
che  da  antichissimo  tempo  prese  questa 
goffa  forma  :  quani  subito^  quam  certo, 
experto  crede  Roberto  ;  almeno  così  è  le- 
cito supporre  data  la  straordinaria  vulga- 
rità  di  Vergilio  nell' Evo-Medio. 

Exploiter  :  V.  Esploatare. 

Exprès:  avverbio  francese,  usato  in  certi 
casi  da  persone  incolte  invece  di  a  posta. 
Es.   «  Un  pranzo.  Un  piatto  exprès  ». 

Express  :  voce  che  i  francesi  tolsero 
dalla  lingua  inglese  per  indicare  un  treno 
rapido,  o  diretto  come  noi  preferiamo  dire. 
Usasi  con  valore  per  lo  più  di  sostantivo. 
L'etimologia  della  voce  è  dal  latino  ex- 
primere.,  ex-pressus  =  espresso,  distinto, 
formale. 

Un'altra  volta,  se  mi  fia  concesso, 
racconterovvi  il  tutto  per  espresso. 

Così  il  Boiardo  nella  fine  dell'  Orlando 
Innamorato.  Noi  usiamo  spesso  la  parola 
espresso  nella  locuzione  mandar  per 
espresso  o  per  uìi  espresso  e,  come  voce 
dell'uso,  essa  è  registrata  e  approvata. 
Ma  ad  alcuni  puristi  non  piace.  0  che 
s'ha  a  dire  per  fante  proprio  come  vuole 
il  Fanfani'?  Se  sì,  accanto  di  fante  ci  vuole 
l'interprete  che  spieghi  la  frase.  Il  guaio 
piuttosto  è  che  invece  della  parola esjoresso, 
pare  a  molti  più  efficace,  più  rapido,  più 
anglicameiite  svelto  dire  express. 

Ex  professo:  con  piena  conoscenza. 
Dicesi  con  tale  locuzione  avverbiale  la- 
tina di  chi  tratta  argomenti,  per  lo  più 
dottrinali,  con  padronanza  e  conoscenza 
completa. 

Extra:  è  avverbio  latino  che  significa 
fuori.  In  francese  è  voce  usata  familiar- 
mente per  significare  ciò  che  si  toglie 
dalle  norme.  Tale  locuzione  è  imitata  in 


italiano  :  squisito,  raro.,  non  comune.,  in- 
solito^ e  anche  vale  fuori  del  conto. 

Extragiudiziale  :  voce  del  linguaggio 
curiale  che  più  corrottamente  si  pronuncia 
e  scrive  siragiudiziale.  Si  dice  di  un  fatto 
avvenuto  fuori  del  giudizio,  il  quale  cioè, 
non  essendo  debitamente  portato  in  causa 
dalle  parti,  non  pesa  su  le  bilance  del 
giudice.  I  procuratori  delle  parti  sogliono 
dire:  Non  voglio  valermi  di  dichiarazioni 
stragiudiziali  per,  etc.  Oppure  :  Una  cir- 
costanza stragiudixiale  non  autorizza  a, 
etc.  Il  giudice  si  affretterebbe  a  soggiun- 
gere :  È  vero  ;  quod  non  est  in  actis  non 
est  de  hoc  wundol  risposta  faceta  e  giu- 
ridicamente esatta  nel  tempo  stesso. 

Extraterritorialità  :  fr.  exterritorialit(' , 
in  diplomazia  significa  l'insieme  delle  im- 
munità di  cui  usufruiscono  fuori  del  loro 
paese  i  rappresentanti  di  una  potenza 
straniera,  e  specialmente  il  privilegio  in 
virtù  del  quale  costoro  si  considerano 
come  non  avessero  lasciato  il  loro  paese, 
allo  scopo  di  sfuggire  alla  giurisdizione 
del  luogo  ove  si  trovano  per  essere  sot- 
tomessi alle  leggi  della  loro  nazione.  Di 
tale  privilegio  godono  i  Sovrani,  gii  agenti 
diplomatici,  i  capi  di  eserciti  e  di  armate. 

Extremis  (in)  :  locuzione  avverbiale  tolta 
dal  latino,  ed  usata  in  giurisprudenza  e 
nel  comune  linguaggio  per  indicare  negli 
ultimi  momenti  della  vita.  Es.  «  Un  ma- 
trimonio in  extremis  ».  Dicesi  anche  in 
senso  traslato. 

Ex  ungue  leonem  :  dall'unghia  (si  co- 
nosce) il  leone.,  e  in  italiano  V unghia  del 
leone^  cioè  un  breve  saggio  dimostra  e 
palesa  il  buon  artefice  (dicesi  specialmente 
di  cose  d'arte). 

Eziologia:  neol.  universale  scientifico 
(filosofìa,  medicina),  formato  da  alria, 
causa  e  Xóyog  discorso,  dunque  studio 
delle  eause,  origine  delle  malattie. 


Fabbisogno:  neologismo  inelegante  usa- 
tissimo nel  linguaggio  amministrativo  per 
indicare  la  somma  necessaria,'  il  danaro 
occorrente  per  soddisfare  a  determinati  im- 
pegni, provenienti  da  spese  cuidevesi  prov- 
vedere in  un  periodo  di  gestione. 

Fabbrica  dell'appetito  {la)\  locuzione 
nostra  popolare  ed  arguta  per  indicare  il 
bisogno  fisiologico  della  fame,  'mangiare. 
Es.  Lavorare  'per  la  fabbrica  dell'appetito. 

Fabbricerìa:  o  eoiisiglio  di  Fabbrica., 
è  il  corpo  degli  amministratori  delle  ren- 
dite 0  proventi  di  varia  natura  di  spet- 
tanza di  una  gran  Chiesa  o  Convento,  e 
por  le  spese  del  culto  e  pel  vantaggio  della 
<'hiesa  stessa.  Fabbriciere  è  detto  il  con- 
sigliere àaW^  fabbriceria. 

Faberestsuae  quisque  fortunae:  ognuno 
('■  artefice  della  propria  fortuna.,  motto 
latino  attribuito  ad  Appio  Claudio  il  Cieco 
su  la  fedo  di  Sallustio  in  De  republica  or- 
Ainanda.,  I,   1. 

Facanàpa:  nome  di  maschera  plebea, 
di  origino  veronese,  venuta  assai  dopo  le 
sue  nobili  consorelle  del  '500.  Naso  da 
|/appagallo,  occhiali  verdi  come  Tartaglia, 
cappello  a  larghe  falde,  cravatta  rossa, 
giubbone  bianco  a  gran  falda.  Sua  sapienza  : 
«Scarpa  larga  e  goto  pion,  e  tor  el  mondo 
come  ol  vion». 

Faccia  :  trovo  sovente  questa  locuzione 
iKiologica  su  la  faccia  degli  avvenimenti 
|tor  divo  in  presetixa.,  al  cospetto.  Ricorda 
la  locuzione  francese  A  la  face  de  =  en 
pi'ósence  de.  Ma  anche  senza  ossone  pu- 
risti e  por  ([uanto  sia  sincero  l'iiitonto  di 
accoglierci  (;on   equo   animo    vo(!Ì   o   locu- 


zioni  straniere,   il   vero   è   che   certi   co- 
strutti offendono  il  gusto  ed  il  sentimento. 

Faccia  ipocratica:  V.  Hipocratica. 

Faciamus  experimentum  in  anima  vili: 
V.  In  corpore  vili. 

Faciente  funzione:  V.  Funzionare. 

Facit  indignatio  versus  :  Giovenale,  Sai. 
I,  79:  lo  sdegno  ha  creato  il  verso.  Mi- 
rabile e  sintetica  espressione  che  spiega 
il  perchè  molte  anime  nobili  attesero  alla 
missione  delle  lettere  e  della  poesia. 

Facoglione  o  faminchione:  termine  molto 
volgare  e  dialettale  di  alcune  regioni  del- 
l' Italia,  e  significa,  assai  efficacemente. 
imbroglione.,  che  cerca  cioè  di  far  con 
frode  minchione  altrui,  traendo  vantaggio 
della  buona  fede  e  della  onestà  del  pros- 
simo. Ma  si  intende  di  piccole  e  misere 
frodi.  ' 

Facoltizzare:  \)^\:  concedere,  permettere 
è  chiamato  dal  Rigutini  verbo  «sconcis 
simo  ».  Certo  è  voce  coniata  nell'aere  non 
puro  dogli  uffici,  e  così  dicasi  dell'abu- 
siva parola  facoltixxaxione.^  in  vece  di  //- 
cen'za.^  assenso.,  permesso.,  facoltà,  coti- 
cessione.,  beneplacito  etc.  Si  osservi  come 
il  popolo  eviti  l'uso  di  questo  parole  an- 
tiestetiche e  baroccho. 

Facoltizzazione:  V.  Facoltixxare. 

Facoltativo:  detto  di  leggo  o  diritto  in 
arbitrio  di  uno,  è  voce  nuova  «  che  non 
])uò  rifiutarsi  »  così  il  Rigutini.  Es.  Tretio 
facoltativo.  Corto  pei'ò  ha  sapore  di  vo('i> 
non  })opolare,  ma  curialesca  e  nel  linguag- 
gio letterario  il  buon  gusto  avverte  di  prt»- 
leriro  lo  locuzioni:  in  potere.,  in  facoltà, 
ad  arbitrio  etc. 


170     - 


Fai 


Fa90n  :  speso  di  lavorazione  e  trasfor- 
mazione della  materia  prima  nell'industria 
specialmente  del  vestire  :  sarte,  modiste. 
In  italiano  fattura.  In  francese  la  faQon 
d'un  hahit.,  la  fattura  di  un  vestito.  Sans 
faQon,  alla  buona.    V.   questa  locuzione. 

Facon  :  per  moda^  uso.,  è  frequente  (V. 
Fashion),  specie  quale  eufemismo  per  na- 
scondere la  parola  falso.,  come  è  prova 
([uesto  annunzio  :  «  CoUiers  con  carré  fa^on 
Lontra  guarnito  Lepre  Chinchillas  fode- 
rato in  seta  ».  CKe  lingua  è  cotesta?  do- 
manderà il  lettore.  Lingua  italiana  dei 
cataloghi  del  commercio  italiano. 

Fac-simiie:  dal  latino  /«cere  =  fare  e 
sÌ7}tile  =::  cosa  simile.  Dicesi  di  imitazione 
0  copia  esatta,  impressa  o  incisa,  di  un 
breve  scritto,  o  di  un  pezzo  di  scrittura, 
di  una  firma  di  alcuno,  e  specialmente  di 
riputato  scrittore.  Dicesi  anche  con  più 
largo  senso  di  cosa  o  di  persona  simile. 
Facsimile  è  anche  in  francese.  La  forma 
più  italiana  fassimile  non  sembra  molto 
attechire. 

Factotum:  parola  foggiata  «  barbara- 
mente »,  nota  il  Tommaseo,  da  due  a^'ocì 
latine  fac  =:  f a  e  totum  =  tutto.  Dicesi 
comunemente  di  chi  in  qualche  azienda 
ha  0  si  è  arrogato  il  diritto  di  fare  e  di- 
sfare. Factotum  è  pure  nei  dizionari  fran- 
cesi =  Sorte  d'intendant  qui  a  la  con- 
fiance  d'un  maitre  de  maison.  Le  carac- 
tére  du  factotum  est  de  se  donner  une 
importance  qu'il  ne  peut  avoir  nattirel- 
lement.  Non  è  improbabile  che  la  prio- 
rità di  questa  parola  sgarbata  sia  della 
Francia. 

Faetòn  :  neologismo  tolto  dal  francese 
Phaéton.,  per  indicare  una  specie  di  vet- 
tura signorile,  a  due  ruote,  leggera  e 
scoperta.  Il  nome  è  un  accorciativo  di 
Fetonte,  cioè  vettura  simile  a  quella  nella 
quale  è  figurato  il  mitologico  Iddio  nel 
condurre  i  cavalli  del  Sole. 

Fai  :  imperativo  seconda  persona  del 
verbo  fare,  V.  Dai. 

Faible:  (lat.  flehilis)  è  aggettivo  so- 
stantivato che  risponde  alla  nostra  parola 
debole,  debole^cza  cioè  peiichant,  tendresse 
particulière  et  soiwent  injuste  —  dans 
l'argot  des  hourgeois.,  così  definisce  il  diz. 
De  la  Langue   Verte  di  A.  Delvan. 


Faida:  voce  storica,  di  etimologia  te- 
desca che  indicò  il  diritto  di  vendetta  pri- 
vata presso  i  Longobardi  (Y.  Muratori, 
Diss.  I,  311;  Antiq.  Ital.   I,  pag.  282). 

Faiences  :  vedasi  mala  sorte  !  Le  terre 
smaltate,  piatti,  coppe,  vasi,  a  vaghi  di- 
segni e  perfette  tinte,  gloria  italiana  che 
dall'evo  medio  va  progredendo  sino  a  tutto 
il  '500  e  che  più  specialmente  eccelse 
nelle  fabbriche  di  Faenza  (Umbria,  Marche, 
Romagna),  portano  generalmente  il  loro 
nome  in  francese  e  questo  in  Italia  e  da 
italiani  ai  quali  la  voce  straniera  sembra 
più  garbata  della  nostrana  faentine.  Il 
nome  francese  si  formò  in  Francia  dove 
la  fabbrica  delle  faentine  fu  istituita,  con- 
servando però  il  nome  della  città  italiana. 

Faille:  stoffa  di  seta  pesante,  a  grossa 
trama  :  questa  parola  francese  è  volgariz- 
zata talora  in  faglia. 

Fainéant:  voce  francese  di  non  raro  uso 
nelle  terre  subalpine  e  v' è  l'esatto  cor- 
rispondente in  italiano:  fanullone  (pigrac- 
cio^  svogliataccio).  Anzi  di  sinonimi  ve  ne 
ha  di  molti  e  così  di  frasi  :  dal  «  dolce  far 
niente  »  di  classica  e  italica  memoria,  ad 
una  viva  espressione  che  udii  in  Roma- 
gna, e  fu  così:  in  un  bel  giorno  d'agosto 
nel  rigoglio  esuberante  della  campagna 
incolta,  vidi  lungo  una  siepe  di  marruche 
sdraiati  nella  polvere,  una  schiera  di  gio- 
vani contadini,  donne,  ragazzi  ravvolti  in 
cenci  :  corpi  sani  ed  atletici.  Pure  v'  era 
dell'  abbacinato  nelle  loro  pupille.  Chiesi 
che  avessero  e  non  risposero.  Rinnovai  la 
domanda  :  allora  uno  finalmente  rispose  con 
un  sorriso  ebete  :  «  Abbiamo  il  mal  della 
volpe!  »  cioè,  non  abbiamo  voglia  di  far 
nulla. 

Faire  bonne  mine  a  mauvais  jeu:  locu- 
zione francese  che  si  ode  frequente,  a  cui 
rispondono  in  parte  le  nostre  :  «  far  di  ne- 
cessità virtù,  mangiar  amaro  e  sputar 
dolce  »  etc.  :  ma  questo,  come  molti  altri 
motti  francesi,  sembra  aver  sapore  di  più 
fine  eleganza. 

Faire  mi  nette:  locuzione  del  gergo  fran- 
cese. V.   Appendice. 

Faire  vite:  è  proprio  il  far  presto  ita- 
liano, eppure  vedi  esempio:  «Bisognava, 
come  al  passo  della  Cattolica,  faire  rite: 
se  no  Napoleone  non  avrebbe  avuto  modo 


Fai 


171 


Fam 


di  lui-  osservare  il  principio  del  non  in- 
tervento di  cui  Cavour  si  serviva  con  così 
fortunata  audacia  » .  Cito  la  locuzione  fran- 
cese non  perchè  sia  usata  comunemente, 
ina  come  saggio  della  incuria  nostra  nello 
scrivere  la  nostra  lingua  g  comprova  di 
ciò  che  altre  volte  fu  detto:  cioè  che  la 
frase  straniera  sembra  esercitare  lo  strano 
fascino  di  cosa  più.  viva  e  animatrice,  al- 
meno ne'  nostri  scrittori  comuni. 

Fair  trade  :  in  gì,  libero  commerbio  o 
libero  scambio. 

Faiseuse  d'ange:  neologismo  del  gergo 
francese  por  dire  una  levatrice  pratica 
negli  aborti.  La  locuzione  lugubramente 
umoristica  (fabbricatrice  d'angioletti)  pro- 
viene dalla  comune  credenza  che  i  pargo- 
letti, morti  nel  parto,  siano  di  già  angioli. 
La  levatrice  che  esercita  tale  reo  mestiere, 
aumenta  dunque  gli  ospiti  innocenti  del 
Paradiso.  Dicesi  anche  di  donne  che  as- 
sumendo l'ufficio  di  allattare  e  allevare 
bambini,  procurano  loro  la  morte  in  modo 
che  abbia  parvenza  di  cosa  naturale,  con- 
senzienti le  madri.  Tale  delittuosa  opera 
ha  la  sua  prima  radice  nel  mutato  costume, 
per  cui  la  prole,  secondo  modernità,  è  im- 
pedimento al  benessere  ed  al  piacere.  La 
antica  gentilezza  ed  umanità  italica  rifugge 
da  tale  costume.  Parigi  e  Londra  pur  tut- 
tavia fanno  scuola  anche  nel  Bel  Paese. 

Falaise:  voce  francese  che  vuol  dire 
scogliera  a  perpendicolo  sul  mare,  senza 
spiaggia.  Falaise  proviene  dall'antico  fran- 
cese falise^  faloise,  nel  basso  latino  fa- 
lesia, dall'antico  tedesco  felisa  =  roccia. 

Falanstero  :  specie  di  vastissimo  conven- 
to, por  comunità,  non  religiose,  ma  sociali, 
ideato  e  nominato  da  Carlo  Fourier,  so- 
cialista di  Besan(;on  (n.  1722,  m.  1837). 
Dal  francese  phalanstère,  da  phalange  -z 
falange. 

Falbalà  :  V.  Falpalà. 

Falcìdia:  voce  usata  per  tara.,  sottra- 
xione.,  defalco.  Falcidia  è  termine  legale 
ed  antico  e  trae  origino  dal  nome  di  un 
tribuno  romano  della  gente  Falcìdia,  il  cui 
l)ersonaggio  più  noto  ebbe  nomo  Caio  o 
visse  al  tempo  di  Cicerone.  Costui  stabilì 
una  logge  che  sottraeva  il  quarto  dei  le- 
gati a  favore  dell'erede,  quando  f|uosti 
legati  su])orassoro    i    tre   quarti  dell'asso 


ereditario:  legge  detta  Falcìdia.  Questo 
il  senso  storico  della  parola,  il  senso  mo- 
derno è  quello  detto  sopra.  Il  Eigutini  giu- 
stamente osserva  che  essendo  accolto  nel 
linguaggio  legale  e  degli  uffici  il  vocabolo 
falcidia  =  tara,  nulla  vieta  di  far  buon 
viso  al  verbo  falcidiare  =  diminuire,  ri- 
durre. Certo  questo  verbo  non  è  usato  nel 
buon  linguaggio  letterario  e  agli  indotti 
porge,  e  non  a  torto,  la  brutta  imagine 
della  falce  che  taglia,  non  di  C.  Falcidio. 

Falcidiare  :  per  diminuire.,  ridurre.  Y. 
Falcidia. 

Faldistorio:  termine  liturgico:  specie 
di  sedia  pieghevole  usata  da  vescovi  e  gran 
prelati  nelle  loro  funzioni.  Basso  latino 
faldistorium.,  dall'antico  alto  tedesco  fal- 
distol. 

Falpalà 0  Falbalà:  striscia  di  stoffa  pie- 
ghettata per  ornamento  di  gonne,  tende,  otc. 
La  voce  nostra  è  balxa  o  balzana.  Fal- 
balà è  voce  francese  di  etimologia  incerta: 
il  Genin  la  trae  da  falda.,  ma  non  è  pro- 
babile, più  probabile  dall'inglese  furbelow 
=  fodera  o  guarnizione  in  basso. 

Falstaff:  personaggio  grottesco  di  due 
drammi  dello  Shakspeare,  divenuto  popo- 
lare in  Italia  dopo  che  G.  Verdi  ne  fece 
soggetto  di  una  sua  ultima  opera.  Certa 
foggia  di  colletto,  alto  e  rovesciato,  con  cui 
si  abbiglia  questo  personaggio,  diventò  di 
moda  fra  gii  eleganti  in  questi  anni  e  si 
dice  alla  Falstaff. 

Fama  crescit  eundo:  corruzione  dell'  e- 
mistichio  di  Vergilio,  Aen  IV,  175,  fama... 
vircs...  acquirit  eundo.,  la  fama  acquista 
vigore  con  l'espandersi.  Dicesi  anche  fama 
volai  e  non  di  rado  con  senso  satirico. 

Fambros:  V.  Fambroise. 

Famedio:  voce  foggiata  dal  latino  che 
vuol  significare  la  casa  della  fama:  nomo, 
dato  ad  una  parte  del  cimitero  monumen- 
tale di  Milano,  edificato  su  lo  scorcio  del 
secolo  passato.  «La  sepoltura  dei  citta- 
dini noU'osorcizio  delle  primo  dignità  e 
magistrature,  nella  carriera  militare,  nello 
cariche  civili  e  nel  coltivare  lo  scienze  o 
le  aiti  »  doveva  trovar  luogo  nella  chiesa 
del  Foppone  convertita  in  Pantheon  Ita- 
liano (Decreto  del  Principe  Eugenio,  Vi- 
ceré d' Italia).  Del  resto  a  Milano  germo- 
gliano assai  bone  parole  dì  conio  arbitrario 


Fam 


172 


Fan 


corno  teonomasio ,  orfeonica^  calxaturi- 
ficio^  inteQ- stagionale ^  etc. 

Famigliare  :  per  familiare  nella  moderna 
ortografìa  è  ritenuta  forma  meno   buona. 

Fanaticus  error:  pazzia^  e  dicesi  talora 
della  ostinata  pazzia  che  alcuni,  non  es- 
sendo veri  poeti,  hanno  di  poetare  :  «  che 
se  l'infelice  è  davvero  invasato  dal  fana- 
ticus error  dei  versi,  se  per  congenito 
cretinismo  la  sua  animalità  si  è  ostinata 
a  quel  noioso  giuoco  di  pazienza  che  è 
l'accasellare  un  dato  numero  di  parole  in 
un  dato  spazio  di  linea...»  Carducci,  Levia 
Gravia.  Fanaticus  error  leggesi  in  Orazio 
de  Arte  Poetica^  454,  ove  si  accenna  a 
codesta  manìa  del  poetare,  male  antico 
come  ognuno  vede. 

Fanatismo:  V.  Fanatizzare. 

Fanatizzare:  neologismo  tolto  dal  fran- 
cese fanatiser,  che  a  sua  volta  proviene 
dal  latino  fanaticus  (da  fanum  =  tempio) 
«  inspirato  da  una  divinità,  estatico,  far- 
netico, spiritato,  ossesso  ».  Ora,  così  in 
queste  come  in  molte  parole,  la  lingua 
italiana  non  ha  la  forza  estensiva  ed  iper- 
bolica della  francese,  che  a  questa  voce, 
oltre  all'antico  senso,  dà  anche  quello  di 
esaltare^  eccitare,  promuovere  all'ammi- 
razione e  all'  applauso  inconsulto  ed  ec- 
cessivo. Lo  stesso  dicasi  per  la  voce  fa- 
natismo che  in  buon  italiano  ha  solo  senso 
di  esaltazione  religiosa.  La  Crusca  ac- 
coglie il  nuovo  senso  di  fanatico  e  fana- 
tismo^ non  del  verbo. 

Fandango  :  aria  e  ballo  spagnuolo  a  tre 
tempi,  elegante  e  voluttuoso,  ma  meno 
vivace  del  bolero.  Si  balla  in  coppia  al 
suono  della  chitarra  e  delle  nacchere,  con 
le  quali  e  col  tacco  i  danzatori  si  eccitano 
e  segnano  il  tempo.  Voce  accolta  nelle 
varie  lingue. 

Fané:  letteralmente  appassito.,  dal  verbo 
faner  (antico  francese  fener  =  convertire 
in  fieno ^  da  foenum,  latino).  Es.  «  La  tal 
signora  è  un  po'  fanée  »,  invece  che  dire 
sfiorita,  sbattuta,  sciupata  nel  volto.,  ap- 
passita^ pallida.  Così  mirabilmeiite  A. 
Manzoni  descrive  la  monaca  di  Monza: 
«  11  suo  aspetto,  che  poteva  dimostrare 
venticinque  anni,  faceva  a  prima  vista 
un'impressione  di  bellezza,  ma  d'una  bel- 
lezza sbattuta,  sfiorita  e  direi  quasi  scom- 


posta». Chi  legge,  sostituisca  a  queste 
parole  la  voce  fanée  e  sentirà  la  voce  stra- 
niera stridere,  come  caustica,  distruggendo 
l'armonica  composizione  della  frase,  nella 
quale  armonia  consiste  il  segreto  fascino 
di  ogni  particolare  linguaggio. 

Fanfaronata:  V.  Fanfarone. 

Fanfarone:  (fr.  fanfaron)^  spaccone, 
smargiasso.  Fanfaron  in  francese  dicesi 
nel  suo  primo  e  proprio  senso  di  chi,  vo- 
lendo giostrare,  entrava  in  lizza  con  pif- 
feri e  trombe:  radice  /an/are  =  fanfara. 
Dicesi  anche  fanfaronata  (fr.  fanfaronade 
=  rodomoìitade).  Sono  due  voci  tolte  dal 
francese  e  comunissimo  fra  noi. 

Fango  che  sale  :  locuzione  del  Carducci 
nel  sonetto  XXXITI  in  Rime  Nuove.,  Dietro 
un  ritratto  : 

sopra  il  fango  che  sale  or  non  mi  resta 
che  gittare  il  mio  sdegno  in  vane  carte 
e  dal  palco  mortale  un  dì  la  testa. 

I  quali  versi  hanno  la  lor  chiosa  mani- 
festa in  questa  nota  che  il  Carducci  ap- 
pose alla  nobile  polemica  Per  la  pira  del 
general  Garibaldi  :  «  Oh,  quando  gli  eroi 
non  contano  nulla  e  li  gnomi  possono  tutto, 
e  la  retorica  caccia  a  pedate  di  periodi 
epilettici  la  epopea,  e  una  nazione  non  sa 
altro  fare  che  del  chiasso  per  un  giorno 
0  due,  oh  allora 

che  importa  vivere, 
che  giova  amar?  » 

Locuzione  che  solo  al  Carducci  e  a  pochi 
altri  elettissimi  è  lecita! 

Fanfreluche  :  apriamo  un  dizionario  fran- 
cese: accanto  a  questa  parola  troviamo 
detto  che  essa  deriva  dall'italiano  fanfa- 
luca. Eppure  ecco  usata  la  parola  fran- 
cese :  «  Quei  piccoli  nonnulla,  quelle  fan- 
freluches  sociali  che  costituiscono  la  ci- 
vetteria e  la  distrazione  muliebre,  non 
turbano  l'attenzione,  la  serietà  che  occor- 
rono, mettiamo,  per  le  missioni  del  me- 
dico e  del  patrocinatore?  »  Questo  citare 
voci  francesi,  usate,  forse,  per  incidenza 
0  per  incuria,  potrà  sembrare  deliberato 
proposito;  ma  non  è  senza  significato  in 
quest'opera,  come  altra  volta  fu  detto. 
(Fanfaluca  it.  è  dal  gr.  jTOju<póÀv§ ^::z  bolla 
d'aria,  nel  basso  latino  famf aluca). 

Fantasia:  corsa  e  giuoco  degli  Arabi  e 
popoli   d'Oriente   in   occasioni  di   gioia  o 


Far 


173 


Far 


por  faro  onore  altrui  :  lanciano  i  cavalli  e 
ritornano  con  grida  e  spari  de'  lunghi  fu- 
cili. Il  nome  pare  di  origino  italiana,  fan- 
tasia^ e  i  rapi)orti  di  un  tempo  fra  l'Italia 
e  l'Oriento,  l'essere  la  lingua  nostra  stata 
comune  e  parlata  in  terra  di  Levante, 
spiega  comò  probabile  tale  etimologia.  Fan- 
tasia in  tale  senso  è  nei  dizionari  fran- 
cesi: non  nei  diz.  italiani.  Abito  fantasia^ 
stoffe  fantasia^  cioè  che  hanno  tinte  e 
disegni  vivaci.  I  diz.  registrano  tale  lo- 
''uzione  col  segna  caso  di^  ma  i  sarti  lo 
-opprimono  senza  riguardo,  ancorché  in 
iVancese  si  dica  une  robe  de  fantaisie^  un 
objet  de  fantaisie. 

Farad:  nome  che,  in  omaggio  al  grande 
fisico  inglese  Faraday  (1791-1867)  venne 
dato  all'unità  pratica  di  capacità  elettro- 
statica :  è  la  capacità  di  un  condensatore 
che  viene  caricato  alla  differenza  di  po- 
tenziale di  un  volta  mediante  la  quantità 
di  elettricità  di  un  coulomb. 

Faradizzazione:  da  Faraday  fisico  in- 
ulese:  fr.  faradisation :  metodo  di  cura 
medica,  consistente  nell'applicazione  delle 
correnti  indotte  o  faradiche,  quali,  ad  es., 
dai  consueti  rocchetti  di  Euhmkorff. 

Far  andare:  invece  di  far  cuocere^  detto 
delle  vivande  e  del  modo  con  cui  si  am- 
maniscono, è  brutta  maniera  dialettale  lom- 
1  tarda,  penetrata  nel  linguaggio  dall'uso. 

Farandole:  nome  di  un  ballo  proven- 
zale, vivo  e  chiassoso,  che  può  eseguirsi 
in  gran  numero  di  danzatori,  alternati  uo- 
lìiini  e  donne.  Tradotto  in  farandola. 

Faraona:  appellativo  di  una  specie  di 
gallina,  proveniente  dall'Egitto:  numida 
Tueleagi'is. 

Faraone:  giuoco  d'azzardo  simile  alla 
bassotta.  8i  punta  su  le  dieci  carte  e  chi 
tiene  banco  spilla  le  carte:  una  è  favo- 
revole al  banco,  l'altra  ai  puntatori.  Fran- 
cese, pharaon. 

Far  cappello  o  far  cuffia:  torni,  mar. 
'•he  significa  il  capovolgersi  della  nave  ])or 
elTettù  do]   vento. 

Far  carte  false  per  alcuno:  modo  fu- 
iniliaro  nostro  che  vuol  diro  l'ar  lo  cose 
più  rischioso  o  pericolose  pur  di  gradirò 
ad  alcuno.  E  noto  cho  l'ossero  scoperto 
11(^1  faro  le  carte  false  non  è  talora  senza 
pericolo. 


Farcino:  V.  Morva. 

Fard:  fr.  belletto.  Cfr.  l'antica  voce  ita- 
liana farda:  ambedue  paiono  derivate  da 
una  parola  tedesca  da  cui  farbe  =  colore. 
Così  fardée^  in  un  certo  linguaggio,  pare 
più  dicevole  che  imbellettata. 

Far  da  comparsa  :  comparse  nel  linguag- 
gio teatrale  sono  dette  quelle  persone  che 
compaiono  sul  palcoscenico  senza  parlare 
ma  sei-vono  solo  al  decoro  ed  al  compi- 
mento della  azione  scenica,  onde  far  da 
comparsa  in  alcun  ritrovo  o  assemblea, 
vale  come  far  una  parte  poco  dignitosa  in 
quanto  che  si  serve  d' ornamento  altrui 
senza  potervi  avere  alcun  valore,  parte, 
preponderanza.  Comparsa  chiamano  i  le- 
gali quei  libelli  o  scritte  in  difesa  o  in 
sostegno  di  una  data  causa  civile  che  si 
presentano  al  giudice,  ondo  la  locuzione 
fare  una  o  più  comparse. 

Far  da  cuscinetto:  familiarmente  o 
spesso,  ironicamente  detto  di  persona  che 
si  frappone  e  si  presta  ad  attutire  urti  o 
contrasti  tra  individui  o  partiti. 

Far  danno  :  è  locuzione  dialettale  assai 
efficace,  detta  di  vasi,  botti,  recipienti  in 
genere  che  non  sono  stagnati  o  son  fessi 
sì  che  il  liquido  ne  gema. 

Far  della  camorra  o  far  la  camorra: 
(V.  Camorra)  dicesi  per  frodare,  ingan- 
nare, imbrogliare.,  accordarsi  con  arte  di 
frode  a  danno  di  alcuno  ;  per  la  qual  cosa 
non  si  richiede  di  essere  camorristi  di  pro- 
fessione. Dicesi  talora  anche  di  innocui 
scherzi. 

Far  due  partì  in  commedia:  dicesi  di 
chi  0  por  insipienza,  o  per  viltà,  o  per 
utile  sostiene  due  opposti  partiti,  dà  ra- 
giono a  chi  prima  dava  torto  e  viceversa. 

Fare  acqua:  V.  Acqua. 

Fare  a  farsela:  locuzione  nostra  Glittica 
ciie  vale  fare  a  gara  a  chi  può  sover- 
chiarsi nei  detti  e  nei  fatti. 

Fare  a  mosca  cieca:  locazione  nostra 
cho  vale  procedere  a  tentoni  negli  all'ari 
come  avviene  nel  giuoco  do'  bambini  dotto 
a  mosca  cieca. 

Fare  appello:  faccio  appello  al  vostro 
buon  cuore,  ai  vostro  giudizio,  etc,  è  frase 
comune.  V.  Appello.  Nei  dizionari  italiani 
troviamo  questo  voci,  mi  rivolgo,  mi  rar- 
oomando  al  suo  buon  cuore,  mi  rimetto 


Fa 


174     — 


Far 


al  suo  giudizio,  otc.  Ma  anclie  qui  è  no- 
tevole la  tendenza  di  lasciar  nell'incuria 
i  sinonimi  nostri  il  cui  uso  richiede  un 
certo  studio  e  discernimento,  e  adoperare 
invece  la  frase  unica,  più  facile  e  meglio 
acconcia  in  una  specie  di  linguaggio  mec- 
canico. 

11  giovinetto  si  rivolse  a'  prieghi 
e  disse  :   «  Cavalier,  per  lo  tuo  Dio, 
non  esser  sì  crudel  che  tu  mi  nieghi 
ch'io  sepelisca  il  corpo  del  re  mio  ». 

Ariosto,  Furioso,  XIX,  11. 

Fare  il  becco  all'oca:  Y.  Ecco  fatto^  etc. 

Fare  il  giuoco  di  uno:  operare  m  modo 
da  aiutare  l'opera  di  un  altro,  facilitargli 
la  via,  specie  dicesi  parlando  di  opere 
vsubdole.  Locuzione  tolta  dal  giuoco  in 
quattro  in  cui  il  compagno  deve  cercar 
di  conoscere  le  carte  del  compagno  per 
poterlo  aiutare,  fare  il  suo  giuoco. 

Fare  il  passetto:  nel  gergo  dei  gioca- 
tori a  tresette  ed  a  calabresella  (terzilio) 
così  si  dice  quando  il  giocatore,  avendo 
un  tre  e  supponendo  che  l'avversario  abbia 
un  due  accompagnato  da  carta  dello  stesso 
seme,  passa  una  carta  bassa  per  far  così 
l'ultima  mano.  Avanzare  altrui  con  astuzia 
0  frode. 

Fare  i  suoi  passi  :  far  le  pratiche.,  usar 
le  cure.,  adopei^arsi  per  ottener  qualche 
cosa  0  per  far  valere  i  propri  diritti  e  le 
proprie  ragioni. 

Fare  una  figura  barbina:  locuzione  no- 
stra familiare  che  vuol  dire  fare  una  fi- 
gura., misera.,  infelice,  ridicola. 

Fare  una  punta:  locuzione  tolta  dal 
francese  e  d'  uso  nel  linguaggio  militare 
per  spingersi.,  avanzare  sino  ad  un  dato 
punto  :  usasi  anche  in  altro  senso,  come 
fare  una  punta  in  un  argomento.,  per 
toccare. 

Fare  un  bacio:  brutta  forma  dialettale 
lombarda  più  frequente  che  il  verbo  ba- 
ciare, 0  dare  un  bacio.,  passata  scorret- 
tamente nella  lingua,  almeno  in  queste 
regioni. 

Farewell!:  in  inglese  addio!  e  lette- 
ralmente bene  da  lungi.  Es.  «  Ultimo  Nan- 
sen  dalla  scaletta  già  staccata  dal  para- 
petto, saltò  agile  nella  lancia  gridando 
l'ultimo  Farewell!  »  Si  tratta  di  una  di 
quelle    parole,    dette    rarissime    volte    e, 


nell'esempio  citato,  con  intenzione  di  ri- 
produrre il  vero  suono  della  persona,  ma 
pur  tuttavia  rientra  nel  numero  di  quelle 
voci  straniere  che  sono  usate  come  se 
avessero  più  acuto  senso  che  le  nostrane. 
Y.  Adieu! 

Far  fagotto  :  modo  familiare,  comune  si 
al  dialetto  lombardo  [fa  su  el  fagott)  che 
al  toscano,  e  vuol  dire  partirsi.,  andar- 
sene., ma  si  intende  di  persona  costretta 
dalle  circostanze  e  alla  svelta  o  per  suo 
meglio.  Yale  anche  morire. 

Far  fiasco  :  modo  familiare  che  signi- 
fica non  riuscire  e  vi  si  contiene  lieve 
senso  di  scherno.  La  spiegazione  di  tale 
locuzione  sarebbe  questa:  Domenico  Bian- 
colelli,  celebre  arlecchino  bolognese  del 
secolo  XYII,  costumava  comparire  su  la 
scena  con  un  lungo  e  lepido  monologo  che 
variava  ogni  sera  su  di  un  dato  oggetto 
che  recava  in  mano  ;  ora  cioè  una  par- 
rucca, ora  una  lettera,  ora  un  cavastivali 
e  simili.  Una  volta  venne  fuori  con  un 
fiasco,  ma  o  fosse  il  monologo  meno  ar- 
guto del  solito  0  non  fosse  l'attore  in  vena, 
il  publico  non  rise  come  di  consueto.  Al- 
lora il  Biancolelli  si  rivolge  al  fiasco,  di- 
cendo :  «  È  colpa  tua  se  questa  sera  sono 
una  bestia!  »  e  se  lo  gettò  dietro  le  spalle. 
Da  quella  sera  quando  ad  un  attore  toc- 
cava una  simile  sorte,  si  diceva  :  E  il  fiasco 
di  Arlecchino!  —  poi  semplicemente  un 
fiasco.,  indi  far  fiasco.  Tolgo  questa  s]) le- 
gazione da  G.  Bianchini,  op.  cit.  Dicesi 
anche  fiasco  con  forza  esclamativa.  La  lo- 
cuzione far  fiasco  la  trovo  anche  regi- 
strata nel  supplemento  del  Littró,  faire 
fiasco  e  ne  è  data  una  seconda  spiega- 
zione, tolta  dall'arte  de'  nostri  vetrai;  né 
è  ignota  alla  lingua  tedesca,  Fiasko  ma- 
chen  nz  far  fiasco.  Ecco  il  caso  di  una  lo- 
cuzione che  può  vantarsi  di  non  aver  fatto 
fiasco. 

Far  flanella:  Y.  Flanella  in  Appendice. 

Far  fuoco  e  fiamme:  modo  familiare 
nostro  usato  in  Eomagna  e  credo  anche 
in  Toscana  —  grande  è  l'affinità  dei  due 
idioma  —  per  indicare  l'adoperarsi  ira- 
condo, aperto,  ostinato  di  taluno  per  otte- 
nere un  dato  fine  ovvero  opporsi  che  al- 
cuna cosa  avvenga. 

Farina  lattea:  fr.  farine  laciée.,  nome 


—    ìli 


rojunuuciaic  dato  ad  un  uliinento  per  bam- 
liiui  che  si  prepara  (o  si  dovrebbe  preparare) 
mescolando  latte  condensato  con  zucchero 
0  con  farina  di  cereali,  trattati  preceden- 
temente in  modo  da  renderli  più  facilmente 
assimilabili. 

Faringite:  infiammazione  della  mucosa 
della  faringe,  cioè  di  quella  cavità  a  forma 
di  imbuto  che  è  situata  dietro  la  cavità 
della  bocca  e  che  si  restringe  per  conti- 
nuarsi con  l'esofago. 

Far  la  bocca  brincia:  modo  volgare 
nostro  che  significa  quell'incurvamento  in 
giù  e  quel  tremito  che  fanno  le  labbra, 
specie  dei  bimbi,  nelF  atto  del  piangere. 

Farla  cascar  dall'alto:  modo  dittico 
nostro  che  vale  esporre  alcuna  cosa^  in 
modo  che  appaia  di  maggior  importanza 
che  essa  non  sia  di  fatto.  Dicesi  anche  di 
concessioni  fatte  con  arte  in  modo  che  chi 
concede  sembra  aver  largito  maggior  fa- 
vore e  vinto  maggior  difficoltà  che  non 
sia  realmente.  Arte  non  rara  in  chi  vuol 
farsi  valere  o  far  apprezzare  e  ricordare 
alcun  favore  o  benefìcio. 

Far  la  civetta:  locuzione  nostra  fami- 
liare, detta  delle  donne  che,  per  vanità  o 
capriccio-  più  che  per  amore,  si  studiano 
con  le  loro  lusinghe  e  moine  di  sedurre, 
acchiappare  i  merli^  nel  modo  stesso  che 
la  civetta  chiama  al  paretaio  gli  uccelli. 

Far  la  festa  ad  uno:  locuzione  nostra 
volgare  e  familiare  che  vale  uccidere^  e 
anche  giustixiare.  Al  qual  proposito  il 
Salvini  {Ann.  Tan.  Buon.,  p.  573)  an- 
nota :  «  far  la  festa  a  uno.,  perchè  quando 
si  fa  giustizia,  è  come  si  facesse  una  festa 
0  '1  popolo  viene  come  a  una  solennità  ». 
Ma  è  spiegazione  che  poco  mi  persuade. 

Farla  franca:  familiarmente  vuol  dire 
non  essere  colto  in  flagrante,  riuscire  in 
impresa  di  astuzia  o  di  frode. 

Far  la  frittata:  locuzione  familiare  no- 
stra che  signifìca  conciare  malamente  al- 
cuna cosa.,  sbagliare.,  guastare,  mal  riu- 
scire. 

Far  la  piazza:  nel  linguaggio  dei  viag- 
giatori di  commercio  signifìca  sfruttare  la 
piazza,  cioè  recarsi  presso  i  vari  clienti 
ohe  sono  in  una  data  città,  sollecitando, 
procacciando  all'ari  e  commissioni. 

Far  l'asino  :  dioosi  molto   volgarmente 


e  con  intendimento  di  ridicolo  di  chi  co- 
mincia a  spasimare,  ammirare,  seguire 
alcuna  donna. 

Far  la  spìa  :  curiosa  locuzione  popolare 
nostra,  indice  del  costume  e  della  storia  ! 
Nelle  Marche  e  nella  Romagna,  forse  an- 
che altrove,  il  rispondere  all'Autorità  giu- 
diziaria ciò  che  essa  ha  diritto  di  chiedere 
intorno  ad  un  dato  fatto  al  cittadino,  e 
che  il  cittadino  cui  soccorra  senso  civile 
ha  dovere  di  palesare  affìnchè  la  giustizia 
abbia  il  suo  corso,  si  chiama  dal  basso 
popolo  semplicemente  far  la  spia! 

Far  la  vita  :  nel  dialetto  milanese  equi- 
vale a  far  la  bella  vita.,  del  gaudente;  e 
detto  poi  delle  donne  di  male  affare,  significa 
esercitare  il  mestiere  della  lor  mala  vita. 

Far  le  cose  en  grand  seìgneur  :  da  gran 
signore^  alla  grande.,  cioè  magnificamente, 
senza  badare  a  spese  e  si  dice,  di  solito, 
parlando  di  feste,  ricevimenti,  disimpegno 
di  uffici  ospitali.  Il  modo  italiano  vale  il 
francese,  ma  dirlo  alla  francese  pare  più 
signorile.  Solito  caso! 

Far  l'indiano,  far  le  orecchie  del  mer- 
cante e  toscanamente  fare  il  nesci,  far 
lo  gnorri  :  sono  locuzioni  che  valgono 
fingere  di  non  sapere  o  capire  o  ricor- 
dare cosa  che  si  sa  etc.  Es.  «  Che  fa  il 
nesci  Eccellenza?»  Giusti,  S.  Ambrogio. 
«  Questo  per  corrispondere  alla  celia...  ri- 
spose: eh,  io  fo  V  orecchio  del  mercante  » 
P.  Sposi,  Capo  IV.  «Era  costui  uno 
sgherro  d'Egidio;  era  stato,  facendo  l'in- 
diano., su  la  porta  del  padrone  per  ve- 
der quando  Lucia  usciva  dal  monastero  >. 
P.  Sposi.,  Cap.  XX. 

Far  l'occhio  di  triglia  o  l'occhio  di 
pesce  morto:  espressione  nostra  che  si- 
gnifica guardare  in  modo  languido,  amo- 
roso, seduttore,  mostrando  il  bianco  dogli 
occhi  senza  direttamente  fissare.  Si  dice 
quando  si  vuol  beffare  il  guardo  amoroso 
e  muto  che  spesso  usano  le  donne. 

Farm:  voce  inglese  che  significa  po- 
dere., fattoria.,  piantagione.,  onde  farìuer, 
fattore,  fittaiuolo. 

Far  mangiar  la  polvere:  chi  è  più  ve- 
loce corridore  fa  mangiar  polvere  a  chi 
viene  dietro,  onde  familiarmente  la  frase 
vale  pas.sare  avanti,  tener  la  testa,  aran- 
xare  vincendo. 


Far 


176 


Fan 


Far  marrone:  caratteristica  locuzione 
volgare  lombarda,  usata  quando  nel  fare 
qualche  marachella  o  tessere  qualche  frode, 
si  viene  scoperti. 

Far  navette:  V.  Navette. 

Farne  più  di  Bertoldo:  locuzione  elit- 
tica  popolare  che  vale  la  seguente. 

Farne  più  di  Carlo  in  Francia:  modo 
nostro  popolare  che  il  volgo,  dalle  gesta 
di  Carlo  Magno,  ritorce  ad  imprese  meno 
eroiche,  specialmente  di  libertinaggio  e 
di  male  e  ingannevoli  arti.  Talvolta  a 
Carlo  udii  sostituire  Garibaldi. 

Far  nomi  :  per  notninare;  far  della  mu- 
sica per  suonare  e  cantare;  farsi  un  do- 
vere., un  onore  per  recarsi  a  dovere  ad 
onore;  far  caldo.,  far  freddo  per  è  caldo., 
e  freddo;  a  far  tempo  da  per  incomin- 
ciando da,  sono  dal  Rigutini  notati  per 
francesismi:  ma  se  anche  si  vogliono  rite- 
nere tali  l'uso  lungo  e  continuo  li  assol- 
verebbe. 

Far  parlare:  interrogare  uno  con  arte 
affinchè  riveli  ciò  che  sa.  Dicesi  anche 
far  cantare. 

Far  ridere  i  polli:  modo  nostrano  e  di- 
cesi di  argomenti,  di  parole  destituite  di 
ogni  valore  ;  tali  che  fanno  ridere. 

Farsi  le  parti  del  leone:  fare  -per  se 
con  ingiustizia.,  frode.,  violenta.,  in  una 
divisione  di  cose.,  la  parte  maggiore  ;  al- 
lusione alla  nota  favola  (Fedro,  I,  5)  del 
leone  che  essendo  andato  a  caccia  con 
l'agnello,  con  la  vacca  e  con  la  capretta 
e  fatta  preda  di  un  bel  cervo,  si  tolse  tutte 
le  parti  per  il  motivo  che  egli  si  chia- 
mava il  leone:  nominor  quoniam  leo. 

Far  tappezzeria:  motto  volgare  ed  ef- 
ficace di  probabile  provenienza  francese, 
faire  tapisserie.  Dicesi,  nelle  feste,  di 
quelle  dame  le  quali  per  la  poco  loro  av- 
venenza 0  per  altra  cagione  non  sono  mai 
invitate  al  ballo  dai  danzatori,  onde  con- 
venendo loro  sedere,  sembrano  far  da  or- 
namento 0  da  tappezzeria' alla  sala,  e  più 
generalmente  di  chi  assiste  ad  una  ceri- 
monia senza  prendervi  parte.  In  dialetto 
di  Romagna  intesi  dire  nel  primo  senso  far 
la  calza^  e  altri  modi  realistici  che  è  inu- 
tile riferire. 

Far  un  buco  nell'acqua:  no7i  riuscire 
in  alcuna  intrapresa. 


Far  un  viaggio  e  due  servizi:  con  la 

stessa  operazione  condurre  a  termine  due 
negozi:  locuzione  toscana  e  di  altre  regioni. 
Far  veder  la  luna  nel  pozzo:  contar 
frottole.,  vender  lucciole  per  lanterne  e 
simili.  Rammentisi  per  confronto  la  nota 
favola  della  volpe,  del  lupo  e  della  luna 
che  entro  il  pozzo  pareva  un  gran  cacio. 

Un  soir  il  aper^;ut 

La  lune  au  fond  d'un  puits  :  l'oibiculaire  imnge 
Lui  pariit  un  ampie  fromage.         (t^  Fontainr) 

Far  vela  :  locuzione  tolta  dal  linguaggio 
marinaresco  per  partire^  ma  dicesi  con 
speciale  significato. 

Far  vendetta:  familiarmente  dicesi  per 
vendere  alla  dispei'ata.  Frase  lombarda 
che  deve  trarre  origine  dal  bisticcio  e  dal- 
l'assonanza delle  parole  vendita  e  vendetta. 

Far  vigilia:  mangiar  di  magro. 

Far  west:  il  lontano  occidente.,  ameri- 
canismo trasportato  nell'inglese.  Nel  tempo 
passato  l'immensa  estensione  di  territorio 
all'ovest  del  fiume  Mississipì  era  cono- 
sciuta con  questo  nome.  Questa  regione 
è  ancora  chiamata  l'Ovest,  ma  la  loco- 
motiva l'ha  privata  del  suo  speciale  ap- 
pellativo. Era  anche  chiamata  «  il  sel- 
vaggio occidente  »,  ma  anche  questo  nome 
ora  ha  perduto  del  suo  valore. 

Fasciame:  ter.  mar.,  rivestimento  esterno 
od  interno  di  tavole  o  lamiere  inchiodate 
alle  ossature  dei  bastimenti. 

Fase:  gr.  phàsis  propriamente,  l'aspetto 
dei  pianeti  :  ma  seguendo  l' uso  estensivo 
dei  francesi,  si  usa  la  parola  fase  per  vi- 
cenda., mutazione.,  periodo.  Es.:  «Le  fasi 
di  un  affare,  di  una  questione  ». 

Fashion:  parola  inglese  (pron.  fds'sion) 
la  quale  etimologicamente  risponde  alla 
voce  francese  fa^on.,  press'  a  poco  usata 
nello  stesso  senso,  all'italiano  fazione.,  dal 
verbo  latino  facere^  fare.  Essa  è  anche 
recentemente  introdotta  in  Francia  e  ri- 
corre altresì  presso  di  noi.  Vuol  dÀYQ  moda: 
cioè  il  prevalere  di  una  data  forma  e  di 
un  dato  stile,  mutevoli  nella  comune  pra- 
tica dei  costumi,  e  specie  degli  abiti  e 
degli  ornamenti,  al  che  si  attiene  la  gente 
mondana.  Meìi  dress  their  children'  s 
minds  as  they  do  their  bodies.,  in  the 
prevailing  fashion.  [Si  abbigliano  i  cer- 
velli dei  ragazzi   come  le  persone ,    cioè 


Fjb 


177 


Fav 


secondo  la  moda  in  vogaj  Spencer,  Edu- 
cazione, Cap.  I.  Fashion  indica  altresì  il 
complesso  della  gente  mondana,  magisira 
elegaìitiarum.  Ad  es.  La  fashion  pari- 
sienne.  In  città  la  fashion  preferisce  re- 
carsi al  Municipio  di  sera  [E.  Nevers, 
Galateo  della  borghesia^  pag.  102].  Deri- 
vato è  fashionahle  =  alla  moda,  elegante. 

Fashionable:  V.  Fashion. 

Fastidio  :  i)er  svenimento.,  sincope,  sfi- 
nimento è  da  molti  ripreso  come  impro- 
prio e  idiotismo  lombardo  (vegnì  fastidi). 
Il  Petrocchi  nel  suo  diz.  italo-fiorentino 
non  registra  tale  senso  e  giustamente,  il 
che  non  toglie  che  il  vocabolo  sia,  in  tale 
uso,  comune  anche  fuori  di  Lombardia. 

Fata  viam  invenient:  i  fati  troveranno 
la  via  (cioè  le  cose  si  compiranno  per 
loro  forza)  Vergilio,  Aen.,  Ili,  395. 

Fatto  :  la  locuzione  mettere  al  fatto  per 
informare,  è  dai  puristi  ritenuta  non 
buona. 

Fattrice  :  voce  del  linguaggio  zootecnico 
e  dell'industria  dell'allevamento  del  be- 
stiame, quasi  per  significare  la  materia- 
lità fisiologica  del  fare,  cui  madre  e  ge- 
nitrice disdirebbero  come  voci  proprie 
deir  uomo.  Voce  dello  Sport. 

Fattura:  in  napoletano  vale  maleficio, 
malia.,  stregoneria.  Cfr.  fattucchiera.  La- 
tino factura,  sortilegiuni,  maleficium. 

Faubourg:  parlando  di  Parigi  sembra 
doveroso  por  noi  nominare  le  sue  vie  fran- 
cesamente  :  dicesi  dunque  faubourg  e  non 
borgo  o  sobborgo.,  come  pur  si  chiamano 
molte  strade  in  Italia  che  pur  non  sono 
borghi  propriamente,  come  via  Borgo 
Nuovo  a  Milano ,  Borgo  S.  Stefano  a 
Bologna.  In  origine  erano  in  fatti  vie 
fuori  del  borgo  e  il  nome  rimase  anche 
quando  la  via  fu  compresa  nella  città. 
Per  r  etimologia,  o  da  faux-bourg  o  da 
for-foris,  francese  hors  (bourg). 

Fault:  sbaglio  o  più  esattamente,  trat- 
tandosi di  giuoco,  fallo.  Ma  nel  giuoco 
italico  0  antico  della  Pali  acorda  (V.  Lawn- 
Tennis)  si  costuma  dalla  gente  mondana 
usare  i  termini  inglesi,  e  perciò  si  dice 
fault  al  battitore  che  lancia  la  palla  fuori 
dal  campo.  V.  Baddoloy:  11  lawn-tennis. 
Manuale  Hoopli. 

Fausse  oouohe:  falso  parto  o  aborto. 

A.  Fanzini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani. 


Eppure  la  perifrasi  francese  sembra  più 
gentile  e  cauta  a  pronunciarsi  da  una 
dama  che  non  la  voce  italiana. 

Fausse  maigre:  dicesi  francesamente  in 
certo  linguaggio,  di  quella  donna,  che, 
essendo  di  ossatura  fine,  abbia  più.  tosto 
l'elegante  apparenza  della  magrezza  che 
la  vera  magrezza.  Questa  falsa  magrezza 
è  ritenuta  pregio  di  beltà  :  infatti  il  pan- 
nicolo adiposo,  ove  non  ecceda,  piace 
nella  donna  come  la  musculatura  nel- 
l'uomo. 

Faute  de  mieux:  fr.  in  mancanza  di 
meglio. 

Fauteuil:  in  francese  vuol  dire  pol- 
trona. Ma  una  persona  di  vita  mondana 
anteporrà  dire  :  «  Ho  preso  un  fauteuil 
per  questa  sera  alla  Scala  »  e  non  una 
poltrona  o  una  poltroncina.  La  parola 
fauteuil  proviene  dal  basso  latino  faldi- 
storium.,  che  a  sua  volta  è  di  origine  te- 
desca. 

Fauve  :  è  in  francese  ciò  che  in  italiano 
dicesi  fulvo,  colore  rossiccio  ardente.  Ma 
oramai  i  colori  delle  stoffe  nel  linguaggio 
delle  mode  sono  espressi  in  francese. 

Faux-col  :  letteralmente  in  fr.  falso  collo 
cioè  colletto. 

Faux-ménage:  locuzione  inconvertibile 
in  italiano  :  falsa  famiglia  ?  famiglia  po- 
sticcia? Evvia  !  la  voce  vi  sarebbe,  cioè 
concubinaggio  :  ma  anche  in  tal  caso  que- 
sta nostra  lingua  plebea  nel  nomo  inchiude 
un  senso  di  biasimo.  Invece  il  faux-mé- 
nage non  implica  nulla  e  serve  assai  bene 
per  indicare  la  convivenza  in  due,  come 
fossero  marito  e  moglie,  senza  gli  impacci 
e  le  conseguenze  delle  leggi  che  regolano 
il  matrimonio.  V.  Collage  e  Demi  monde 
in  principio. 

Fave  dei  morti  :  e  altrove  ossa  dei  morti, 
specie  di  piccoli  dolci  fatti  con  pasta  di 
mandorle  in  forma  di  favo  che  costumano 
nell'occasione  della  festa  dei  Morti. 

Faveto  linguis :  letteralmente  favo- 
rite con  le  lingue,  cioè  tacete:  locuzione 
di  Orazio  {Ode  I,  lib.  III). 

Favo:  (lat.  favus)  in  medicina  significa 
una  dermatite  parassitaria,  caratterizzata 
da  tumefazione  forte  che,  maturando,  si 
palesa  in  foggia  di  cellule  o  favi  :  devesi  a 
un  fungo  parassitario  doli'  uomo   o  degli 

12 


Fav 


178     — 


Fel 


animali,  Vachorion  Schcenleinii.  Più  co- 
munemente e  detto  antrace  benigno  o  fo- 
runcolosi per  distinguerlo  dall'  antrace 
maligno  o  carbonchio. 

Favoriti:  dal  francese /az^oW;  è  per  tal 
modo  chiamata  quella  pelurie  o  barba  che 
alcuni  si  lascian  crescere  dall'orecchio  al 
mento.  In  italiano  fedine.  A  proposito  di 
favoriti  ricordo  che  in  un  ritrovo  in  villa, 
un  dotto  straniero  non  ignaro  della  lingua 
italiana,  avendo  trovato  in  un  romanzo 
del  Farina  la  locuzione  accarezzandosi  i 
favoriti.^  non  la  comprendea.  I  dizionari 
alla  parola  favorito-a^  dando  mal  senso 
erotico  si  pensava  che  qualche  sconcia 
locuzione  volgare  rispondesse  alla  detta 
frase.  Ne  richiese  prudentemente,  avendo 
prima  cura  che  le  signore  fossero  lontane. 

Favoritismo:  dal  francese  favoritismi^ 
che  indicò  l'abitudine  da  parte  dei  prin- 
cipi di  affidare  la  direzione  delle  cose  pu- 
bliche  ad  un  favorito;  poi  'parzialità,  pro- 
tezione. 

Fazenda  :  voce  spagnuola  con  cui  si  de- 
signano le  grandi  tenute  agricole  del  Bra- 
sile. 

Febbre  gialla:  malattia  infettiva  ende- 
mica ed  epidemica,  originaria  del  golfo 
del  Messico  :  caratterizzata  da  febbre  con 
speciale  decorso,  vomiti  biliosi  e  sanguigni, 
itterizia  forte,  onde  il  nome,  e  fenomeni 
nervosi  per  cui  è  impedito  il  moto  delle 
membra.  Dicesi  anche  vomito  nero. 

Febbricitante  :  che  ha  febbre  :  dicesi  an- 
che per  traslato  in  senso  morale  di  chi  è 
in  istato  di  ansia  e  di  tormentosa  aspet- 
tazione. 

Febbrile:  nelle  locuzioni  attività,  la- 
voro febbrile.^  etc,  è  comune  voce,  ma 
certo  forma  una  metafora  poco  esatta, 
giacche  nello  stato  febbrile  l'attività  non 
è  possibile.  Ma  forse  per  quest'aggettivo 
si  vuol  significare  quell'eccesso  di  forza, 
quella  specie  di  febbre  (lat.  ferveo  =  ardo) 
morale  che  arde  o  agita  chi  è  preso  da 
alcuna  operosa  passione.  Se  tale  estensione 
di  senso  è  tolta  dal  francese  ovvero  di 
formazione  spontanea,  non  è  facile  deci- 
dere; e  ciò  si  può  dire  di  molti  francesismi, 
data  r  affinità  di  lingua  e  di  pensiero  tra 
le  due  nazioni. 

Federalismo:  quella  scuola  politica  la 


quale  movendo  dalle  ragioni  dell'etno- 
grafìa, dalla  storia,  dall'economia,  etc., 
intende  fondare  l'unità  mercè  la  federa- 
zione delle  varie  parti  di  una  nazione. 
Massimo  sostenitore  di  questa  teoria  in 
Italia,  per  quel  che  riguarda  la  storia 
contemporanea,  fu  C.  Cattaneo. 

Feeders  :  in  inglese  =  alimentatori.^  e 
nell'industria  elettrica  così  si  dice  per  in- 
dicare i  caz;*  principali  di  una  rete  di  di- 
stribuzione di  corrente  elettrica. 

Feerie  :  dicesi  per  indicare  uno  spetta- 
colo, specie  teatrale,  che  paia  quasi  opera 
di  fata.  Feerie  è  l'arte  della  fata  f/eé,  dal 
lat.  fatum,  da  /aW,  che  dice,  predice). 
In  italiano  sarebbe  incanto^  fantasma- 
goria., che  risalgono  press'  a  poco  allo 
stesso  concetto  etimologico  della  parola 
francese. 

Felce  maschia:  Polypodium  fllix  Tnas 
L.,  è  una  felce  che  si  trova  sparsa  do- 
vunque, il  cui  rizoma  si  adopera  in  medi- 
cina come  potente  vermifugo. 

Feld-maresciallo  :  maresciallo  di  campo. 
In  Austria,  Germania,  Inghilterra  gi'ado 
supremo  della  gerarchia  militare. 

Felicitare:  nel  senso  di  congratularsi, 
rallegrarsi  è  tolto  dal  francese  fèliciter 
=  complimenter  sur  un  bonheur  ^  un 
avantage.,  un  succes.  Felicitare  in  buon 
italiano  vale  render  felice.  Il  Petrocchi 
spiega  felicitare  nel  senso  di  portare  au- 
guri di  felicità,  e  così  felicitazione  per 
congratulazione.,  mi  rallegro. 

Felino  :  attributo  di  squisitissimi  salami, 
da  Felino,  borgo  nel  comune  di   Parma. 

Felix  culpa:  {quae  talem  ac  tantum 
meruit  habere  redemptorem).  Oh,  colpa 
fortunata  (del  peccato  originale)  che  me- 
ritò di  avere  un  così  grande  Salvatore 
(Cristo)  !  Sant'Agostino. 

Felix  qui  potuit  rerum  cognoscere 
causas:  felice  chi  potè  conoscere  la  ca- 
gione delle  cose!  così  con  una  specie  di 
divino  anelito  nei  suoni  scrisse  Yergilio 
nelle  Georgiche.,  II,  490.  Sentenza  tanto 
vera  come  è  vera  la  sentenza  contraria 
della  Bibbia,  «  chi  aggiunge  conoscenza, 
aggiunge  dolore  ». 

Fellah:  in  arabo,  contadino. 

Feluca:  barca  a  due  alberi  latini  e  po- 
laccone,  propria  della  penisola  sorrentina: 


Fol 


—     179 


Fer 


voce  di  origino  araba.  Il  cappello  militare 
a  due  punte  è  detto  feluca  per  simiglianza 
alla  barca? 

Felze  :  parola  del  dialetto  veneziano  per 
indicare  quella  specie  di  tenda  che  adorna 
lo  gondole.  Fehe  pare  essersi  formata  dal 
medio  alto  tedesco  mlx^  tedesco  moderno 
fiìx,  =  feltro,  forse  perchè  tale  in  origine 
la  copertura  della   gondola. 

Femme  de  chambre  :  cameriera. 

Femmes  savantes:  V.  Bau  bleu  in  fine. 

Femminismo:  fr.  féminisme.,  neologismo 
astratto  che  vale  ad  indicare  il  complesso 
delle  teorie  e  delle  azioni  che  tendono  a 
stabilire  l'eguaglianza  giuridica,  sociale 
ed  intellettuale  della  donna  rispetto  al- 
l'uomo. Alcuni  anzi  ne  sostengono  la  su- 
periorità in  senso  assoluto;  ed  a  quelli 
<;he  presentano  i  fatti  reali  e  le  conside- 
razioni basate  su  la  fisiologia,  rispondono 
essere  o,  meglio,  parere  la  donna  inferiore 
per  effetto  di  atavismo,  di  mancata  evo- 
luzione e  per  secolare  tirannia  del  maschio. 
Femminista:  il  sostenitore  di  tale  opinione. 
La  forza  vera  di  queste  nuove  teorie  non 
è  tanto  in  sé  quanto  nel  carattere  di  ri- 
vendicazione di  un  diritto  reale  o  pre- 
sunto: la  qual  cosa  in  fondo  è  il  carat- 
tere dei  movimenti  e  dei  perturbamenti 
della  società  contemporanea. 

Femminista:  V.  femminismo:  dal  fr. 
féministe. 

Fenacetina:  combinazione  dell'etere  eti- 
lico col  paramidofenolo  :  è  una  sostanza 
usata  da  qualche  tempo  come  antipiretico. 
Ha  l'aspetto  di  polvere  bianca,  cristallina, 
inodora,  insipida. 

Fenesta  ca  lucive  e  mo  non  luce  !  primo 
e  felice  verso  di  un'  antica,  nota  e  bel- 
lissima canzone  romantica  napoletana,  che 
si  ripete  quasi  con  valore  d' intercalare, 
por  indicare  un  bone  che  non  è  più.  V. 
ciò  che  ne  scrisse  il  Di  Giacomo  in  Ce- 
lebrità napoletane,  Trani,  1896. 

Feniani  :  lett.  in  antico  irlandese,  guer- 
rieri. Partito  politico  che  nella  seconda 
metà  del  secolo  scorso  inteso  a  liberare 
rirlandji  dalla  soggezione  dt^U'lnghiltorra. 

Fenomeno  e  fenomenale  :  dicesi  pro- 
priamente di  ogni  apparizione  naturale 
(gr.  fainomai  —  iX^^diXo)  \  nel  senso  di 
-cosa  fuor  del   comune  :  «  un  ragazzo  fe- 


nomenale ;  un  naso  fenomenale  >  etc. 
risente  della  maniera  familiare  francese 
tout  ce  qui  est  rare  et  nouveau.,  surpre- 
nant,  étonnant.,  detto  anche  per  piacevo- 
lezza, conforme  all'  indole  iperbolica  di 
quell'idioma.  Ma  oramai  tale  senso  è  san- 
cito dall'uso  presso  di  noi,  e  da  gran 
tempo. 

Fenomeno  riflesso:  V.  Riflesso. 

Fermare  :  per  chiudere  è  francesismo, 
il  quale  genera  altresì  anfibologia  giacche 
fermar  la  porta  in  italiano  vuol  dire  per 
noi  puntellarla.,  assicurarla.  Ma  non  mi 
pare  che  questo  francesismo  sia  molto 
dell'uso  e  qui  è  riportato  solo  perchè  il 
Fanfani  ed  il  Viani  a  lungo  ne  discutono 
e  così  altri  puristi. 

Fermo:  sequestro  di  contrabbando. 

Fernet:  nome  di  un  noto  liquore  sto- 
matico, specialità  dei  fratelli  Branca  di 
Milano.  Dell'  origine  del  nome  nulla  mi 
riuscì  di  scoprire,  anzi  interrogandone  quei 
mercanti,  la  mia  curiosità  filologica  nei 
loro  volti  si  rifletteva  non  so  se  come 
ozio  0  stravaganza  di  letterato.  Fra  i  li- 
quori di  questo  genere  va  ricordato,  come 
eccellente,  il   Vlahov. 

Ferro:  piccola  ancora:   V.   Grappino. 

Ferri  (ai):  per  graticola.,  V.    Origlia. 

Ferro  et  igni  :  lat.  co7i  la  spada  e  col 
fuoco. 

Ferrovia:  voce  notata  come  non  buona 
dai  puristi  per  il  difetto  della  lingua  ita- 
liana di  foggiare  una  parola  con  varie 
parole,  come  fa  il  tedesco  e  l'inglese  che 
in  tal  caso  dicono,  eisenbahn.,  raikvay. 
Chi  volesse  potrebbe  usare  la  parola  fer- 
rata (strada  ferrata).,  che  è  anche  nel 
popolo. 

Ferroviere:  neologismo  reconte.  Il  Melzi 
registra  «  soldato  del  gonio,  incaricato  in 
tempo  di  guerra  del  servizio  delle  feiTO- 
vie  ».  Oggi  ferrome?'e  dicesi  comprensi- 
vamente di  tutti  gli  addetti  allo  ferrovie, 
conduttori,  macchinisti,  fochisti,  etc.  Così 
dicasi  della  parola  nuova  traìtivìere. 

Ferro  zincato  o  galvanizzato  :  è  il  fono, 
lamina  o  filo,  ricoperto  da  sottilissimo 
strato  di  zinco  che  lo  preserva  dalla  rug- 
gine. S(*rvo  a  molteplici  usi,  come  tettoie, 
reti  per  difesa,    iili  telegralìci,  tubi,  etc. 

Fert:  motto  della  casa  di  Savoia,  che 


Fer 


—     180     - 


Fet 


significherebbe  :  fortitudo  eius  Rìiodum 
tenuit.  Si  allude  ad  una  spedizione  in 
Oriente  di  Amedeo  V,  conte  di  Savoia, 
il  quale  col  suo  valore  conservò  Eodi  a 
quei  cavalieri.  Mal  sicuro  però  è  il  motto. 
Y.  Fumagalli,   Chi  l'ha  detto?^  op.  eit. 

Ferru minatore:  cannello  col  quale  si 
avviva  e  si  dirige  la  fiamma  per  saldare 
a  fuoco  e  per  fonder  metalli. 

Ferry-boot:  voce  inglese  usata  frequen- 
temente, che  significa  alla  lettera  nave 
da  traghetto^  cioè  chiatta^  espressamente 
fabbricata,  con  doppia  elica  a  prua  ed  a 
poppa,  per  trasportare  carri,  carrozze  del 
treno,  mercanzie,  passeggeri  tra  rive  vi- 
cine. Ferry-boat  è  da  alcuni  tradotto  per 
pontone^  ma  questa  è  la  parola  francese 
'ponton. 

Fervei  opus:  ferve  il  lavoro.  Emisti- 
chio di  Yergilio  {Georgiche,  IV,  169)  ove 
si  descrive  il  lavoro  delle  api  :  fervei  opus 
redolentque  thymo  fragrantia  snella. 

Fesa:  è  voce  milanese  che  vuol  dire 
spicchio.  Così  chiamasi  il  taglio  del  cu- 
laccio nel  vitello,  la  polpa. 

Fesserìa:  Y.  Fesso. 

Fessìpede:  detto  dei  bovini,  suini,  ovini 
che  hanno  l'unghia  divisa.  La  parola  ita- 
liana è  bisulco.  Fessipede  non  è  parola 
ch'io  trovi  in  alcun  lessico:  è  quindi  ra- 
gionevole supporre  che  sia  voce  di  for- 
mazione abusiva  per  eifetto  della  dimen- 
ticanza della  parola  buona  :  caso  più  che 
frequente. 

Fesso  r  (dal  part.  del  verbo  latino  fèti- 
dere  =  spaccare,  onde  fesso  =  spaccato) 
termine  napoletano  che  significa  stupido., 
sciocco.,  di  buona  fede  e  peggio.  La  voce 
fesserìa  per  dabbenaggine.,  sciocchezza., 
sbaglio^  etc.  è  nota  ed  usata  oltre  i  con- 
fini di  quel  dialetto.  Sono  due  voci  ela- 
stiche che  i  napoletani  sanno  usare  con 
infinita  varietà  di  sensi  e  di  cui  vanno 
giustamente  gloriosi. 

Festa  danzante  :  brutta  e  impropria  lo- 
cuzione invece  di  ballo.,  la  quale  non  è 
tolta  dal  francese  come  molti  credono.  In 
francese  dicesi  bai;  bensì  è  foggiata  a  so- 
miglianza di  soii'ée^  mattinée  daìisante. 

Festa  degli  alberi:  Y.  Arbor's  day. 

Festaiuolo:  che  si  compiace,  si  diletta 
delle  feste. 


Feste  farina  e  forca:  i  tre  f  di  cui, 
al  tempo  de'  Borboni,  fu  detto  abbiso- 
gnare la  plebe  napoletana:  motto  che  ri- 
corda con  più  turpe  cinismo  di  arte  di 
governo  il  panem  et  circenses  de'  Romani 
(Giovenale,  Sat.,  X,  Si). 

Festina  lente:  motto  della  sapienza  la- 
tina e  significa  affrettati  adagio.  In  Sve- 
tonio,  ragionando  di  Augusto,  cap.  25,  è 
riferito  come  quell'imperatore  nihil  mi- 
nus  in  perfecto  duce.,  quam>  festinationem 
temeritatemque  convenire  arbitrabatur , 
e  però  spesso  diceva  in  greco  (che  era 
la  lingua  mondana  di  allora)  Ujtevòe 
^Qaòécùg.,  a  cui  aggiungeva  :  sat  celeriter 
fieri.,  quidquid  fiat  satis  bene.  Probabil- 
mente il  festina  lente  è  traduzione  di 
InevÒE  ^Qaòécùg.  «  Ya  adagio  perchè  ho 
fretta  »,  come  dicevano  i  Gesuiti.  Del  resto 
l'antica  sentenza  non  è  che  l'arguto  ri- 
flesso di  un  fatto  psicologico  che  tutti 
avranno  avvertito  :  quando  la  calma  e  la 
presenza  della  ragione  non  presiedono  ad 
un  dato  lavoro,  occorre  maggior  tempo, 
v'  ha  enorme  spreco  di  forza  nervosa,  né 
l'opera  riesce  bene. 

Festival  :  vocabolo  pressoché  universale, 
usato  anche  in  inglese  e  in  tedesco:  di- 
cesi di  festa  musicale  con  danza,  all'aria 
aperta  e  gran  concorso  di  gente  :  di  ca- 
rattere popolare.  Il  Fanfani  propone  mu- 
sicone{?\)  Festival  in  francese  era  prima 
aggettivo;  lat.  festivalis. 

Fetente:  che  ha  fetore:  termine  fiera- 
mente ingiurioso  e  spregiativo  nel  dia- 
letto napoletano. 

Feticcio:  voce  portoghese, /et^^po  (lat. 
factura?  Y.  Fattura)  e  significa  propria- 
mente r  idolo  orrido  e  maliardo  dei  negri 
dell'Africa:  prima  forma  ed  espressione  del 
sentimento  religioso.  Questa  voce  passò 
di  recente,  in  tale  senso,  presso  ogni  lin- 
guaggio. Usasi  anche  per  indicare  l'oggetto 
di  un  culto  fanatico,  cieco  senza  riguardo 
ai  vizi  ed  ai  difetti:  onde  feticismo  tale 
specie  di  adorazione  e  feticista  l'adoratore. 

Feticismo:  nei  casi  di  psicopatia  ses- 
suale chiamano  così  i  medici -alienisti 
(Lombroso,  Binet)  la  persona,  o  parte  del- 
la persona,  o  l'oggetto  che  ajDpartiene  alla 
persona,  il  quale  eccita  le  morbose  sen- 
sibilità del  senso. 


Fot 


181     — 


Fia 


Feticista:  Y.  Feticcio. 

Fettuccine:  diminutivo  del  diminutivo 
di  fetta  (dal  lat.  viltà  i=  nastro'?).  Così 
chiamasi  a  Roma  una  ben  nota  specie  di 
pasta  in  forma  di  tagliatelle  fatta  in  casa 
con  farina  ed  uova,  che  si  condisce  con 
sugo  di  carne,  di  pomodoro  e  cacio  pic- 
cante di  capra.  Classica  minestra  italiana. 
Corrisponde  press' a  poco  alle  squisite  ta- 
gliatelle bolognesi,  se  non  che  queste  sono 
alquanto  diversamente  condite. 

Feuilleton:  questa  parola  francese,  di- 
minutivo di  feuillet  =  foglio,  non  ha  at- 
tecchito, come  in  tedesco,  nella  lingua 
italiana  per  significare  lo  scritto  di  vario 
argomento  letterario  o  critico  o  il  romanzo 
che  è  in  fondo  al  giornale.  Da  noi  vale 
la  parola  appendice  (lat.  appendix  ==  ag- 
giunta) cui  fu  dato  questo  nuovo  senso. 
Ciò  non  vuol  dire  che  qualche  volta  non 
ricorra  la  voce  francese  feuilleton.  Ad 
ogni  modo  se  non  il  nome,  la  cosa  è  di 
provenienza  francese.  Le  prime  appendici 
(ricordo  le  francesi  perchè  più  direttamen- 
te influirono  su  noi)  datano  dalla  fine 
del  secolo  XVIII,  J.  L.  Geoffroy  iniziò 
nei  Débats  V  appendice  drammatica  ;  A. 
Adam  fu  uno  dei  piìi  celebri  redattori  di 
appendici  musicali,  etc.  Ma  le  più  popo- 
lari fra  le  appendici  sono  quelle  de'  ro- 
manzi e  sono  pure  le  più  recenti.  Fra  i 
più  celebri  scrittori  d'appendice  ricordiamo 
A.  Dumas  il  vecchio,  Eugenio  Sue,  Pon- 
son  du  Terrail,  Emilio  Zola,  etc.  giacché 
in  Francia  non  è  disdicevole  per  uno  scrit- 
tore valente  saggiare  il  giudizio  del  pu- 
blico  con  r  appendice.  Non  che  in  Francia 
non  si  stampino  delle  goffe  assurdità  nelle 
appendici  de'  giornali,  ma  sono  assurdità 
loro,  scritte  nella  loro  lingua  e  riflettenti, 
sia  pure  in  modo  esagerato,  la  vita  mul- 
tiforme della  loro  capitale  ;  e  quel  che  è 
più,  quelle  loro  romantiche  costruzioni 
fondate  sull' inverosimile,  sono  sorgente  di 
lucro  e  di  rinomanza  in  un  dato  genere 
letterario.  I  più  solidi  compratori  siamo 
noi  italiani,  dove  la  mutua  aziono  corrut- 
trice della  lingua,  del  buon  gusto,  del 
buon  senso  tra  |)ublico  e  giornale  è  degna 
di  ossero  ancora  una  volta  notata,  ancor- 
ché qui  non  sia  il  luogo.  Un  giornale  ita- 
liano non  stamperà  di    solito  so  non  ap- 


pendici forastiere.  Un  mio  nobile  amico 
che  fu  sincero  e  fine  scrittore  (pace,  o 
Emilio  De  Marchi),  diceva  che  l'ingegno 
italiano  non  potendosi  esercitare  in  sì  fatta 
forma  di  letteratura  facile  e  amena,  doveva 
per  forza  riuscire  inferiore  agli  stranieri, 
e  ciò  non  per  sua  colpa. 

Fez  :  nomo  del  noto  berretto  rosso,  con 
nappa  nera,  e  forma  di  breve  ditale,  che 
é  nazionale  dei  turchi  e  dei  levantini, 
anche  quando  vestano  all'europea.  Così  é 
detto  dalla  città  di  Fez  nel  Marocco,  ma 
penso  che  dette  calotte  si  fabbrichino  non 
solo  quivi,  ma  anche  in  Italia,  onde  è 
grande  esportazione.  Diconsi  anche  Tar- 
bouch. 

Fiacre:  voce  da  assai  tempo  tradotta 
in  fiacchere  =  vettura  da  piazza  ;  e  il 
Fanfani,  che  la, riprova,  intitolò  un  suo 
racconto  il  Fiaccheraio.  Oh,  Padre  Zap- 
pata!... Per  chi  desiderasse  saperlo,  l'ori- 
gine del  vocabolo  è  questa  :  un  certo  Sau- 
vage,  verso  il  1640,  stabilì  le  prime  vet- 
ture a  nolo  in  via  S.  Martino  in  Parigi, 
in  una  gran  casa  detta  l'Albergo  di  San 
Fiacre.,  dall' imagine  del  santo  che  vi  pen- 
deva. Dall'albergo  il  nome  passò  alle  vet- 
ture. E  per  chi  dubitasse,  sappia  che 
esiste  realmente  un  Fiacrius,  eremita 
francese,  il  quale  ottenne  così  ignota  ri- 
nomanza. V.  Acta  Sanctorum.,  VI,  598, 
Parigi,  Vit.  Palmo.  La  parola  fiacre  è 
viva  tuttora  e  si  usa  in  vece  di  altre 
voci  regionali:  cioè  a  Milano  brum.,  ca- 
leche^  se  é  vettura  scoperta,  a  Napoli  car- 
rozx>ella.,  a  Roma  botte.,  e,  se  non  basta, 
vi  è  anche  cittadinaì 

Fiamma  :  per  fuoco  d'amore  è  bella  e 
illustre  voce  nostra  antica. 

L'innamorata  donna  iva  col  cielo 

le  suo  flamme  sfogando  ad  una  ad  una. 

(Tasso,  Cìer.  Lii).  VI,  103) 

Talvolta  però  si  suole  dare  questo  nomo 
a  quelle  tipiche  forme  di  simpatia  o  di 
passione  amorosa  che  alimenta  la  fantasia 
giovanile,  specie  no'  collegi  e  tra  persone 
dello  stosso  sesso.  Non  contiene  senso 
turpe.  E  l'amore  in  istato  di  nebulosa 
nella  prima  giovinezza.  Fiamma.,  la  per- 
sona stessa  por  cui  si  nutre  passione. 

Fiamma:  in  marina  vuol  significare  una 
lunghissima  striscia  a  foggia  di  bandiera. 


Fia 


182 


Fid 


dai  colori  nazionali,  che  si  alza  all'albero 
maestro  delle  navi  da  guerra. 

Fiappo:  floscio^  cascante:  voce  dei  dia- 
letti dell'alta  Italia,  flap.  Pare  di  origine 
tedesca. 

Fiasco  :  (V.  Far  fiasco)  risponde  in 
forma  familiare  e  talora  con  intenzione  di 
scherno  alla  parola  riprovata,  insuccesso. 

Fiat  justìtìa,  pereat  mundus:  si  faccia 
la  giustix,ia  anche  se  il  mondo  abbia  a 
perire:  motto  di  concisione  latina  e  di 
senso  austeramente  biblico:  è  attribuito 
all'Imperatore  Ferdinando  I  (1559-1564). 
NB.  Se  è  per  questo  stia  ognuno  certo  che 
il  mondo  non  perirà! 

Fiat  lux:  sia  fatta  la  luce!  «  Disse  il 
Signore  :  sia  fatta  la  luce.  E  la  luce  fu 
fatta  ».   Genesi,  cap.  I,  3. 

Fibròma:  tumore  formato  soltanto  dal 
tessuto  fibroso. 

Fìbula:  voce  latina  {fìbula.,  contrazione 
di  figìbula,  da  fì,go  =  figgere,  inchiodare) 
usata  in  più  elevato  linguaggio,  specie  della 
archeologia,  in  vece  di  fìbbia.,  fermaglio. 

Ficcanaso  :  voce  familiare,  spesso  usata 
in  forza  di  sostantivo;  e  dicesi  di  chi 
vuol  ingerirsi^  inframmettersi  nelle  fac- 
cende altrui  e  che  non  lo  riguardano. 

Ficelle:  fr.  cordicella,  e  avendo  in 
mente  i  fili  che  sostengono  i  burattini 
{moA'ionnettes)^  ficelle.,  al  plurale,  è  voce 
spesso  usata  per  indicare  il  meccanismo, 
il  ripiego  non  più  segreto,  anzi  troppo 
palese  per  imperizia  artistica,  per  cui  av- 
viene una  data  azione  e  il  suo  sciogli- 
mento :  il  che  in  arte  è  grave  difetto. 
Ficelles  =  les  procédès  epuisés  et  les 
conventions  classiques  nel  gergo  degli 
scrittori,  così  il  diz.  de  la  Langue  Verte 
di  Alfredo  Delvan. 

Fiche  de  consoiation  :  fiche  è  il  get- 
tone 0  piastra  di  avorio  che  si  usa  nel 
giuoco  delle  carte  e  tien  le  veci  del  da- 
naro. Fiche  de  consoiation  dicono  i  fran- 
cesi con  locuzione  familiare  (e  noi  ripe- 
tiamo) per  indicare  risarcimento,  com- 
penso a  qualche  danno  sofi'erto:  dédom- 
magement  d'une  perle.,  adoucissement  à 
quelque  disgrdce. 

Ficher:  ficcare.,  e  nel  linguaggio  fami- 
liare francese  se  ficher  de  quelq'  un  = 
beffarsi,  ridersi,  gabbarsi.  In  questo  senso 


il  verbo  francese  è  talora  usato  presso  di 
noi.  Es.  «  quando  io  ho  mangiato  e  be- 
vuto,/e  m'en  fiche  ».  Il  popolo  nostro  dice 
in  tal  caso,  me  ne  infischio,  me  ne  frego. 
Ma  questi  e  diversi  altri  modi  nostri  sem- 
brano alla  gente  elegante  soverchiamente 
rozzi  e  plebei,  laddove  il  modo  francese 
-  caso  già  osservato  -  sembra  contenere 
alcun  mondano  decoro. 

Fichi  secchi  :  cose  di  poco  valore,  senza 
succo,  senza  fibra  né  umore.  Voce  talora 
usata  nel  gergo  dei  letterati  parlando  di 
opere,  poesie,  etc.  a  cui  manca  la  scin- 
tilla geniale,  creatrice. 

Fichu  :  scialletto  di  forma  triangolare, 
di  velo,  di  trine,  di  merletto  che  posa 
su  le  spalle  e  si  incrocia  largo  sul  petto; 
di  moda,  originariamente,  nel  sec.  XVIII. 
{Fichu  à  la  Marie  Antoinette)  e  in  uso 
tuttora.  iScialletto  o  Punta  col  nome  della 
stoffa  di  cui  esso  è  fatto,  sono  le  voci  più 
usate  italianamente  in  luogo  del  fichu 
francese.  «  Fichu  è  un  derivato  da  ficher, 
gettare  a  dosso. negligentemente?  È  pro- 
babile »  così  lo  Scheler. 

Fidarsi  :  nel  dialetto  napoletano  questo 
verbo,  specialmente  nella  locuzione  no7i 
tni  fido,  acquista  tutta  una  gradazione 
di  significati  :  ìion  ho  voglia,  non  ho  genio, 
non  mi  arrischio,  non  ardisco,  non  ho 
cuore,  non  me  la  sento,  non  sono  da 
tanto,  ho  soggezione,  non  ci  riesco,  sto 
poco  bene,  son  fiacco,  mi  sento  male, 
non  posso. 

Fidibus  :  nel  gergo  francese  vuol  dire 
allumette  de  papier,  pezzetti  di  carta  per 
accendere,  e  tale  voce  non  ci  è  ignota. 
La  spiegazione  che  è  data  da  G.  Dele- 
salle  {Dictionnaire  Argot-Fran^ais,  Pa- 
rigi, Ollendorff)  è  la  seguente:  «De  fi- 
delibus,  nom  que  l' on  donnait  aux  étu- 
diants  allemands,  ceux-ci  alluni ant  leurs 
pipes  avec  ces  tubes  de  papier,  formós  le 
plus  souvent  des  feuillets  où  étaient  les 
discours  à  eux  adressés  par  le  professeurs  » . 

Fido:  s.  m.  credito  commerciale. 

Fidus  Achates:  con  tal  nome  Vergilio 
neìV  Eneide  chiama  il  fido  compagno  di 
Enea,  Acato  {Fidus  quae  tela  gerebat 
Achates,  lib.  I,  188).  Spesso  così  si  dice 
in  tuono  satirico  per  indicare  il  compagno 
inseparabile  di  alcuno. 


Fio 


183     - 


Fil 


Fiero  :  spesso  questo  aggettivo  è  usato 
alla  nianiora  francese,  ficr  :=r  eontent  dc^ 
qui  tire  vanite  de...  Es.  «  io  sono  fiero 
di  voi  ».  È  modo  ripreso  dai  puristi. 

Figaro  :  personaggio  di  commedia  astuto, 
spregiudicato,  intrigante,  creato  dal  Beau- 
marchais  nel  Barbiere  di  Siviglia.,  di 
professione  barbiere,  e  fatto  celebre  dalla 
musica  del  Rossini.  Da  esso  si  intitola 
uno  dei  più  mondani  ed  eleganti  giornali 
di  Francia,  diffusissimo  anche  all'estero. 
Dicesi  anche  scherzosamente  figaro  per 
barbiere,  sì  in  Francia  che  presso  di  noi. 

Figaro  o  Figarette:  giacchettina  alla 
spaguuoln,  con  o  senza  maniche,  senza 
bottoniera,  attillata  e  corta  sino  alla  vita 
sì  che  traspaiono  tra  esso  e  la  gonna  gli 
sbuffi  0  la  cinta  della  camicetta.  Se  ne 
fanno  di  elegantissimi  con  rabeschi  e  gale 
e  sono  di  gran  voga.  Nel  volubile  lin- 
guaggio della  moda  dicesi   anche  bolero. 

Figlio  d'arte:  comico  nato  da  comico. 

Figlio  della  serva:  locuzione  milanese 
{el  fiocu  de  la  serva)  detta  anche  in  ita- 
liano, che  vuol  significare  esser  tenuto  in 
7iessun  conto.,  essere  immeritamente  ne- 
gletto e  maltrattato. 

Figliuol  prodigo:  dalla  sublime  para- 
bola dell' e  vangelo  (S.  Luca,  XV),  è  tolta 
questa  locuzione  per  indicare,  talvolta  in 
maniera  faceta,  persona  sviata  (la  pecorella 
che  ritorna  all'ovile). 

Figurante:  fr.  figurante  voce  riprovata 
essendovi  la  nostra  equivalente,  comparsa.^ 

Figurare  :  nel  senso  di  comparire  è  af- 
fino al  francese  figwer  =  briller^  se  faire 
remarquer  par  son  luxe,  par  sa  de- 
pense.,  etc.  «  Più  gallica  ancora,  nota  il 
Kigutini,  è  nel  senso  di  esistere,  essere 
registrato,  apparire.  Es.  «  Il  mio  nome 
non  figura  nella  lista  ».  Certo  è  che  sono 
modi  dell'uso,  e  penso  che  pur  gli  stu- 
diosi faticherebbero  ad  evitarli. 

Filare:  indica  nel  linguaggio  marina- 
resco l'andare  più  o  meno  veloce  delle 
navi.  Es.  «  Filavamo  dieci  nodi  all'ora  ».| 
Fila/ì'e  =  lasciar  scorroj-e  piano  una  gó- 
mena 0  una  catena:  filar  permana.  \  Fila! 
ordino  di  comando  marinaresco.  |  Filare 
ò  altresì  termine  volgare  che  signifi(;a  va- 
gheggiare, amoreggiare.,  i\mm\  tesserci  il 
filo.  Il  dialetto  bolognese  ha  la  parola /?- 


larino,  por  amoroso,  vagheggino.  |  Fi- 
lare il  perfetto  amore,  un  amore  senti- 
mentale, e  si  dice  per  celia  :  ricorda  il 
modo  francese  :  filer  le  parfait  amour.  \ 
Fila/ì'e  dicesi  del  vino  che  si  è  guastato, 
cioè  che  fila  nella  maniera  in  che  suole 
filar  r  olio,  e  così  pure  si  dice  in  fran- 
cese. I  Filare  volgarmente  dicesi  per  an- 
darsene, fila  =  vattene  !  e  deve  essere 
modo  di  origine  francese ,  filer  i—  s'en 
aller,  se  retirer. 

Filatelica  nome  e  agg.  o  Filatelia,  : 
neologismo  che  significa  un'arte  ed  una 
industria  recente,  dovuta  alla  passione, 
0  mania  che  si  voglia  chiamare,  di  rac- 
cogliere in  albi  i  francobolli,  giudicare  del 
valore  e  rarità  loro.  I  francobolli  sono  in- 
venzione inglese,  dovuta  a  Sir  Rowland 
Hill:  furono  usati  per  la  prima  volta  in 
Inghilterra  nel  1840.  In  francese  v'è  phi- 
latélie,  pkilatélique,  philatéliste,  parole 
foggiate  dal  greco.  I  francobolli  rarissimi 
raggiungono  somme  inverosimili.  Un  bollo 
dell'  isola  Mauritius,  del  1847,  fu  ven- 
duto per  L.  75000.  Almeno  così  leggo. 

Filiale  :  nel  linguaggio  commerciale  le 
Case  madri  generano  le  Case  figlie  o  fi- 
liali :  più  proprio  succursale. 

Filibustiere:  vocabolo  di  formazione  ger- 
manica, ma  che  in  italiano  probabilmente 
si  formò  dal  francese  flibustier.  In  inglese 
è  freebooter,  in  tedesco  freibeuter,  com- 
posto cioè  di  frei  r=:  libero  e  beuter  =  che 
fa  bottino,  dunque  libero  corsaro,  libero 
predatore,  saccomanno:  nome  storico  dato 
ad  avventurieri  di  vario  nazioni  che  nei 
secoli  XVn  e  XVIII  arditamente  preda- 
vano i  mari  delle  Indie  orientali  a  danno 
della  Spagna.  G.  Garibaldi  fu  onorato  di 
questo  nome  nello  storico  anno  1860. 

Filière  -:  fr.,  trafila. 

Filisteo:  V.  Pkilister. 

Fillossera  :  [phylloxera)  nome  di  un 
nuovo  pidocchio  delle  radici  dello  viti  : 
piccolissimo  insetto  come  tutti  gli  altri 
pidocchi  consimili,  ma  di  esiziale  effetto 
su  la  più  nobile  delle  pianto  :  derivato 
fillosserato ,  filosserico ,  anti-fìlosserìco. 
Codesto  insetto  è  di  provenienza  ameri- 
cana e  venne  imi)ortato  dal  Laliman  di 
Bordeaux  verso  il  '66,  il  quale  introdusse 
molto  di  queste  viti  americane.  In  Italia 


Fil 


—     184 


Fin 


fu  scoperto  la  prima  volta  a  Valmadrera 
presso  Lecco  nel  1879.  Il  nome  all'  in- 
setto fu  dato  da  Planchon,  philloxera  va- 
statrix,  benché  da  noi,  più  che  su  le 
foglie,  si  appalesi  su  le  radici.  Per  la 
malignità  di  questo  insetto,  dicesi  talora 
fillossera  in  senso  traslato  per  indicare 
persona  o  cosa  che  reca  lenta  e  irrepara- 
bile distruzione  e  ruina. 

Film  :  voce  inglese  che  vuol  dire  pellico- 
la^ membrana^  ed  è  usata  nel  linguaggio 
fotografico  :  serve  di  sopporto  alla  sostanza 
sensibile  invece  dei  vetro  e   della   carta. 

Filo  e  fìlìa  :  voci  greche,  usate  in  molte 
composizioni  di  voci,  specialmente  scien- 
tifiche {(pì^og  =  amico,  propenso,  aman- 
te, ecc.). 

Filo  d'Arianna:  guida^  bussola^  ban- 
dolo per  trovar  l'uscita  o  la  via  in  que- 
stione intricata;  sciogliere  un  intreccio 
astruso:  dal  noto  filo  che  Arianna  diede 
a  Teseo*  per  uscire  dal  Labirinto. 

Filogènesi  :  studio  della  lenta  evoluzione 
del  mondo  animale  e  vegetale  sino  dalle 
origini. 

Filter-presse:  con  questa  parola  stra- 
niera è  presso  di  noi  chiamato  un  filtro 
a  celle  multiple  nelle  quali  il  liquido  viene 
spremuto  o  aspirato.  Voce  usata  nelle  in- 
dustrie chimiche.  I  francesi  dicono  filtre- 
presse  :  noi,  sempre  in  omaggio  alla  li- 
bertà del  dire  e  dello  scriirere  come  più 
talenta,  in  ambedue  i  modi. 

Finanza:  per  indicare  le  entrate  o  i 
redditi  dello  Stato  è  voce  francese,  finanee^ 
sin  dal  '500  (Guicciardini,  Sfor.^  I,  13: 
«  Preposto  all'  amministrazione  delle  en- 
trate regie,  che  in  Francia  dicono  le  fi- 
nanze »)  introdotta  in  Italia,  e  della  quale 
nessun  purista  oserebbe  dir  male.  Ma  l'ag- 
gettivo finanziario  è  accolto  invece  sol- 
tanto perchè  necessario  :  «  voce  non  bella, 
ma  ce  n'  è  delle  più  brutte  »  scrive  il 
Tommaseo,  «  e  lo  stesso  dicasi  del  suo  av- 
verbio »  aggiunge  il  Rigutini.  Io  qui  ag- 
giungerò fi,nanziere^  che  dicesi  tanto  della 
guardia  di  finanza  come  di  colui  che  è 
esperto  nell'amministrazione  delle  finanze, 
financier  =  celui  qui  manie  les  deniers 
de  r  Etat.  Nel  linguaggio  poi  dell'  arte 
culinaria  francese,  dicesi  à  la  financière, 
e  noi  ripetiamo  alla  finanziera^  di  certe 


salse  speciali  e  di  certi  speciali  processi 
di  cucinatura  delle  vivande. 

Finanziera  falla):  V.  Finanza. 

Finanziere:  V.  Finanza. 

Finca:  ciascuna  delle  colonne  o  colon- 
nine verticali  ed  orizzontali  in  cui  nei 
publici  uffici  si  suole  dividere  un  foglio. 
Voce  riprovata  dai  puristi,  speciale  del- 
l'Alta Italia  e  che  «pronunciata  in  tutto 
il  resto  della  Penisola,  desta  le  risa  »  (?) 
Rigutini. 

Fin  de  siede:  motto  fortunato,  ;^7ze  di 
secolo^  il  quale  spesso  fu  usato  a  modo  di 
aggettivo  e  a  cui  il  rapido  sopraggiungere 
del  secolo  XX  tolse  ragione  di  essere.  Tutto 
ciò  che  era  anormale,  paradossale,  nuovo, 
audace,  eccentrico,  grottesco,  etc.  e  sem- 
plicemente fuor  del  comune,  Parigi  deno- 
minò vivacemente  fin  de  siede.,  cioè  spe- 
ciale segno  della  fine  di  quel  secolo  che 
vide  così  gran  mutamento  e  rinnovamento 
in  tutto  :  una  moglie,  una  scommessa, 
nn  viaggio,  un  abito,  un  matrimonio,  un 
astuccio  fin  de  siede.  Noi  accogliemmo  la 
voce  e  il  senso  con  quella  supina  ten- 
denza scimmiottesca  che  è  peggiore  di 
ogni  peggior  barbarismo.  Il  motto  vuoisi 
far  derivare  dal  titolo  di  una  commedia 
Fin  de  siede.,  dei  sigg.  Micard  e  De  Tou- 
venot,  rappresentata  al  Chdteau-d' Eaii  il 
17  aprile  1888. 

Fine  fleur:  il  fior  fiore .,\ .  Creme.  Uno 
dei  molti  modi  francesi  per  significare  il 
ceto  elegante  e  mondano. 

Fines  herbes:  questa  parola  francese  si 
può  trovare  scritta  nelle  liste  dei  nostri 
alberghi  in  modo  così  sbagliato  e  strava- 
gante da  non  conoscersi  più,  e  così  dicasi 
di  molti  altri  termini  culinari.  Per  fines 
herbes  intendono  i  francesi  alcune  verdure, 
che  vendonsi  a  mazzetti,  come  cipolline, 
porri,  pimpinella  etc.  che  si  tritano  e  danno 
aroma  alle  vivande.  Es.  Omelette  aux  fines 
herbes.  In  un  buon  libro  di  culinaria  fran- 
cese trovo  la  seguente  serie  di  erbe  buone: 
ciboule,  ciboulette,  cive^  divette,  pimpre- 
nelle^  roquette.,  estragon.,  cerfetiil  etc:  in 
italiano  erbucce. 

Finire:  nella  locuzione  comunissima  ^ 
nire  per.,  ricorda  il  modo  equivalente  fran- 
cese. Italianamente  dicesi  :  finire  con.  Es. 
Fini  col  cedere. 


Fin 


—     185 


Fi« 


Finish  :  voce  inglese,  che  certo  deve 
<'ssoro  di  rigore  tecnico  visto  che  fine  o 
chiusa  non  la  sostituiscono.  Così  leggo  : 
Di  magnifico  effetto  riuscì  il  finisch  Paper. 

Finis  coronat  opus:  la  fme  corona  il 
lavoro,  motto  latino,  ripotuto  in  buono  e 
cattivo  senso  per  indicare  lo  stretto  rap- 
porto che  è  tra  causa  ed  effetto,  principio 
e  lino. 

Finocchio  :  «  volg.  spreg.  pederasta  », 
così  il  Petrocchi.  Ecco  uno  dei  non  pochi 
casi  in  cui  le  voci  speciali  del  gergo  fio- 
rentino sono  notate  dal  lessicografo  toscano 
come  voce  italiana.  Giustamente  G.  Ri- 
gutini,  benché  toscano,  non  registra  tale 
senso  nel  suo  diz.  della  Lingua  Parlata, 
né  la  Crusca  né  il  Novo  Dizionario^  di- 
retto dal  Broglio,  hanno  tale  senso,  né  il 
Tommaseo  né  altri.  Io  credo  che  si  possa 
assai  bene  riconoscere  al  linguaggio  fio- 
rentino r  afficio  di  regolatore  della  lingua 
italiana  senza  il  bisogno  di  rivendere  come 
merce  buona  tutti  i  rifiuti  del  mercato 
di  Firenze.  0  se  pur  così  piace,  fate  av- 
vertito chi  legge  del  valore  e  dell'esten- 
sione d'uso  della  parola. 

Fiocca  (la):  nel  dialetto  lombardo,  ef- 
ficacissimo per  neve  ;  detto  specialmente 
della  nove  quando  cade;  dal  verbo  lette- 
rario fioccare.  V.  Appendice. 

Fiocca:  per  simiglianza  della  neve  di- 
cesi delle  chiare  d'uova  montato. 

Fiomba:  voce  ìombMàdL  \ì(ìy  paravento. 

Fiordo  :  V.  Fjord. 

Fiorentina:  chiamano  in  Romagna  ed 
in  Bologna  la  bistecca  alla  fiorentina.,  la 
quale  non  altro  é  che  una  braciuola  col 
suo  osso,  grossa  come  un  dito,  tagliata 
nella  lombata.  [Deve  essere  cotta  naturale 
a  fuoco  vivo  su  la  gratella  affinché  ta- 
gliandola getti  sugo  sul  piatto.  Non  deve 
essere  salata  prima  perché  il  fuoco  la  ri- 
secchisce, e  so  la  condito  con  olio  od  altro 
avanti  di  cuocerla,  saprà  di  moccolaia  e 
sarà  nauseante].  Chi  usa  voci  straniere, 
dico  in  tal  caso  entre-cóte. 

Fioretta  o  fiori  del  vino  :  é  una  malattia 
del  vino  che  consisto  in  uno  strato  bianco 
alla  superficie,  prodotto  da  un  fungo  mi- 
croscopico che  vive  a  spese  del  vino  o  ne 
fa  diminuire  la  fragranza  e  l'alcole. 

Fiori  bianchi:    o   leucorrèa  (dal   greco 


leucòs  '-—  bianco  e  reo  =r.  scorro)  scolo  mu- 
coso 0  purolento  vaginale  dovuto  all'  au- 
mento patologico  delle  secrezioni  normali 
dell'apparato  genitale  della  donna.  Fleurs 
blanches  è  altresì  in  lingua  francese,  nella 
qual  lingua  fleurs  (lat.  flores)  o  flueurs 
(=:  flussi^  lat.  flùere  =:  scorrere)  signifi- 
cano i  mestrui  detti  fiori  dal  color  rosso. 
Erroneamente  da  alcuni  lessicografi  si 
pensò  che  fleurs  sia  una  corruzione  di 
flueurs.,  ma  il  Bescherelle  altrimenti  opina 
e  ne  dà  questa  spiegazione  veramente  ca- 
valleresca :  on  appelle  ainsi  les  menstrues 
ou  régles  des  femmes.,  qui  joar  une  mé- 
tapkore  ingénieuse  et  assex,  juste.,  ont  été 
eomparées  aux  fleurs  des  végétaux  qui 
annoncent  des  fruits.  Che  fleurs  non  sia 
etimologicamente  =:  flueurs.,  lo  prova  il 
basso  latino  flores^  fiori,  in  questo  senso. 

Firmano:  nome  dato  agli  editti  ed  ai 
decreti  del  Sultano  o  de'  suoi  ministri: 
dal  persiano  fermàn  =  ordine  :  voce  ac- 
colta ne'  dizionari  delle  varie  lingue. 

Fiscale  (avvocato)  :  si  usa  ora,  più  co- 
munemente e  quasi  unicamente  per  indi- 
care l'avvocato  che  sostiene  l'accusa  presso 
i  Tribunali  militari. 

Fisciù:  Y.  Fichu. 

Fisico  :  per  significare  l'esteriore  di  una 
persona,  la  figura,  la  complessione,  il 
temperamento,  ricordala  maniera  francese: 
Cet  homme  a  un  trés-beau  physique.  Phy- 
sique  du  róle,  V.  a  questa  parola.  Dicosi 
anche  familiarmente  fisico  per  forza  fisica. 

FÌ8Ì0cratÌC0:fr.  physiocratique.,  termine 
storico  e  filosofico  (dal  gr.  fisis  =z  natura 
e  kràtos  =:  forza)  dato  ai  seguaci  di  una 
scuola  di  economisti  e  di  filosofi  di  cui  il 
capo  fu  il  Quesnay  nel  soc.  XVIII,  i  quali 
consideravjino,  la  natura  e  specialmente  l'a- 
gricoltura, come  sorgente  di  ogni  ricchezza. 
G.  B.  Say  fu  primo  ad  usare  nel  1829  tale 
parola  per  indicare  i  piìi  notevoli  seguaci 
di  questa  scuola.  Il  nomo,  più  comune- 
mente usato  al  plurale,  è  fisiocrati. 

Fissaggio  :  fr.  fixage.,  termino  del  lin- 
guaggio dei  fotografi,  o  significa  la  se- 
guente operazione  :  quando  la  lastra  foto- 
grafica è  sviluppata,  è  necessario  immer- 
gerla in  un  bagno  di  iposolfito  sodico  por 
sciogliere  il  salo  d'argento  ohe  non  sentì 
l'azione  d(»lla  luce  (bagno  di  fissaggio). 


—     186    — 


Fla 


Fissare  :  per  fermare.  Es.  fissare  un 
colore,  un  oggetto;  fissare  un  punto,  un 
principio,  per  fermare  (E  là  dove  io  fermai 
codesto  punto,  Dante,  Purg.)\  fissare ipev 
determÌ7iare,  accordarsi^  stabilire^  es. 
«  abbiamo  fissato  di  trovarci  al  caffè  »  ; 
fissare  nella  comune  locuzione,  fissare  il 
domicilio  ;  fissare  per  prendere.,  accappar- 
rare^  es.  «  ho  fissato  due  posti  al  teatro  »  ; 
fissarsi  per  incaponirsi,  intestarsi.,  es. 
«  quando  s'è  fissato  un'idea  non  c'è  modo 
di  smuoverlo  »,  sono  modi  che  i  puristi 
annotano  come  tolti  dal  francese  fixer^ 
che  appunto  è  usato  in  simili  vari  costrutti. 
Ma,  giustamente  osservali  Rigutini  «questi 
usi  oggi  comunissimi  e  sostenuti  anche  da 
esempi  di  scrittori,  non  possono  non  accet- 
tarsi comprese  anche  ì\  fissare  una  persona 
0  una  cosa  per  guardarla  fissamente  ». 

Fissativo  :  che  serve  a  fissare,  dal  fr. 
fixatif:  liquido  che  si  spruzza  sui  disegni 
a  pastello  per  conservare  i  colori. 

Fittavolo:  voce  del  dialetto  lombardo 
che  indica  V affittuario,  cioè  colui  che 
conduce  i  fondi  altrui  in  affitto  per  un 
dato  canone:  il  che  è  costume  nelle  te- 
nute di  Lombardia.  La  voce  toscana  è  fit- 
taiuolo. 

Fìttile:  di  terra  cotta.,  d'argilla.,  lat. 
fictilis  da  fingo  :=  foggio,  formo,  riduco. 

Five  o'  clock  :  o  compiutamente  five  o' 
clock  thea^  cioè  il  tè  delle  cinque.,  costu- 
manza signorile  inglese  di  prendere  questa 
bevanda  a  quell'  ora,  ed  è  occasione  di 
ritrovo  e  di  gentili  conversari.  Il  clima 
nordico  e  la  necessità  de'  molti  pasti  fa 
quivi  naturale  tale  uso  :  presso  di  noi  ha 
piuttosto  carattere  imitativo.  Notisi  a  questo 
proposito  come  1'  aristocrazia,  o  del  da- 
naro 0  del  blasone,  riveste  certi  caratteri 
tipicamente  internazionali.  Onde  si  può 
osservare  che  l'internazionalismo  non  è 
per  intero  un'  invenzione  di  Carlo  Marx. 

Fjord  :  voce  scandinava,  fatta  italiana  in 
fiordo.,  più  comunemente  al  plurale  :  sono 
profonde  e  strette  spaccature  del  litorale, 
mercè  le  quali  il  mare  penetra  nel  con- 
tinente. I  principali  di  essi  si  trovano  in 
Norvegia  e  in  Groelandia  :  si  presentano 
in  generale  come  golfi  con  numerosissime 
diramazioni  cosi  da  rendere  sette  od  otto 
volte  maggiore  lo  sviluppo  del  litorale. 


Flacon:  V.  Flacone. 

Flacone:  anche  questo  è  il  caso  non 
raro  di  parola  di  origine  latina,  traspor- 
tata in  Italia  nella  forma  francese:  al- 
meno così  è,  se  buona,  come  pare,  è  la 
etimologia  di  flacon  dal  latino  vasciilum 
—  vasetto,  che  nell'Evo  medio  passò  in 
tutte  le  lingue  d'Europa:  presso  di  noi 
divenne  fiasco  e  .fiala,  presso  i  francesi 
flacon.  E  dai  francesi  noi  la  togliemmo 
per  indicare  quella  bottiglietta  di  vetro  o 
di  porcellana,  col  tappo  della  stessa  ma- 
teria a  smeriglio,  fatta  per  medicinali  o 
profumi.  E  anche  per  questa  parola  la 
forma  francese  ha  senso  di  eleganza  e  fi- 
nezza. Noi  potremmo  usare  la  voce  fiala^ 
vero  è  che  nel  linguaggio  commerciale  e 
tecnico  non  sarebbe  intesa:  dim.  flaeon- 
cino.  Flacon  aspersoir:  èia  fiala  con  la 
peretta  di  gomma  per  ispruzzare,  quindi, 
sprux^atoio. 

Flagranti  (in):  modo  avverbiale  latino, 
usato  dai  legali,  a  cui  risponde  il  modo 
popolare  sul  fatto.  Veramente  è  usato 
anche  nel  linguaggio  familiare  e  comune 
riferendosi  non  a  delitti  ma  a  comuni 
mancanze.  In  flagranti  delieto  :  letteral- 
mente vuol  dire,  nel  delitto  quando  an- 
cora arde  ed  avvampa.,  che  non  si  è  raf- 
freddato., da  flagrare^  latino  =:  ardere. 
Dicono  i  legali  altresì  flagranza  del  de- 
litto., delitto  flagrants,  che  sono  pur  modi 
francesi,  la  flagrance  du  délit,  flagrant 
délit. 

Flagranza:  V.  Flagranti. 

Flair:  fr.  fiuto.,  buon  naso.  Es.  «molti 
hanno  lodato  il  mio  flair  giornalistico». 
Una  delle  tante  voci  francesi  usate  per 
vizio. 

Flan  :  pasticcio  o  meglio,  torta  di  crema, 
uova,  farina  e  simili  ingredienti  :  si  fa 
anche  di  verdure  e  di  legumi  e  di  carni 
passate  e  cotte  in  istampo  e  a  bagnomaria. 
La  voce  è  francese  ed  è  una  contrazione 
dell'antico  flaon.,  che  gli  è  appunto  l'ita- 
liano fiadone.,  dal  basso  latino  flado.  (An- 
tico alto  tedesco  flado  -  focaccia).  Simili 
torte  sono  chiamate  fiadoncelli  nella  ci- 
tata opera  di  M.  Bartolomeo  Scappi,  cuoco 
segreto  di  Pio  V.  Altro  esempio  di  parole 
italiche,  morte! 

Flangia:    nel  linguaggio  de'   meccanici 


FI; 


187 


Fio 


così  è  chiamato  il  doppio  disco  che  si 
salda  0  avvita  por  ottenere  la  congiun- 
zione di  due  tubi  metallici.  Voce  deri- 
vata dall'inglese  to  flange.  Se  ne  fa  an- 
che il  verbo  flangiare.  In  francese  hride^ 
eollet. 

Flanella  (far)  :  V.  Appendice. 

Flaneur:  colui  che  ozia,  osservando  e 
curiosando.  Onde,  probabilmente,  la  lo- 
cuzione volgare  e  ben  nota  far  flanella. 

Flatteur:  fr.  adulatore,  lusingare:  e  così 
flatté  -"  lusingato,  participio  del  verbo 
flatter^  preferito  talora  alle  voci  nostre, 
specie  nel  linguaggio  mondano. 

Flatulenza:  lat. /Za^M5  =  soffio;  nel  lin- 
guaggio de'  medici  significa  una  produ- 
zione di  gas  gastro-intestinale  che  genera 
gonfiezze  più  o  meno  grandi  dello  stomaco 
e  dell'intestino  e  s'accompagna  ad  emis- 
sioni di  gas  per  la  bocca  e  talora  per 
r  apertura  opposita  :  ventosità. 

Flectere  si  nequeo  superos,  Acheronta 
movebo:  (Verg.  Aen,  VII,  312),  se  non 
potrò  piegare  gli  Dei  del  cielo,  muoverò 
quelli  dell'inferno.  Eicorrerò  al  Diavolo 
se  Dio  non  mi  aiuta. 

Flint  :  voce  inglese  reg.  anche  nei  diz. 
francesi  e  vuol  dir  selce.  E  una  specie  di 
cristallo  che  ha  grande  potere  rinfrangente 
e  serve  a  fare  le  lenti  acromatiche  dei 
microscopi  e  degli  obbiettivi. 

Flirt:  parola  inglese  entrata  nelle  varie 
lingue  d'Europa  per  significare  con  nuovo 
nome  una  cosa  antica  in  sé  ma  nuova 
come  costume.  Flirt  significa  l'amoreg- 
giare, ma  piìi  per  arte  e  desiderio  di  pia- 
cere che  per  amore  ;  senza  cioè  dichiararsi 
apertamente.  Indica  il  dilettantismo  della 
e  con  la  passione  :  ed  è  forma  nuova  di 
vizio  elegante  in  quanto  è  lecito  ed  ado- 
nestato dal  costumo,  cioè:  scherzar  col 
fuoco  senza  bruciare.  Civettare,  frascheg- 
giare son  voci  press' a  poco  corrispondenti. 
Ma  una  dama  si  offenderà  del  verbo  ci- 
vettare, e  non  troverà  nulla  a  ridire  del 
verbo  flirtare.  (3osì  una  sposa  troverà 
svago  innocente  il  flirtare,  e,  redarguita, 
potrà  sempre  dire  che  è  un  onesto  flirt  il 
suo.  0  divina  retorica  eterna,  e  noi  inor- 
ridiamo al  Cicisbeismo  del  secolo  XVIII! 
Ma  prescindendo  da,  vane  (luorimonie  fi- 
losofiche,   notiamo    conica    tale    verbo    in 


francese  fu  accolto  con  le  voci  flirt,  flirter, 
flirtation  e  flirtage.  In  italiano  si  è  fog- 
giato il  verbo  flirtare  che,  del  resto,  non 
mi  pare  abbia  forza  di  attecchire  di  molto. 
La  etimologia  di  questa  voce  flirt  non  è 
delle  pi^'  certe:  o  dall' anglo-sassone  fleur- 
djan  =3  motteggiare,  o  dal  ted.  flirren  — 
barbagliare,  o  da  to  flirt  =  al  francese 
fleureter,  conter  fleurettes.  cioè  dire  paro- 
line dolci,  far  complimenti. 

Flirtare:  V.  Flirt. 

Flocco  :  vela  triangolare  che  si  adatta 
davanti  al  bastimento  fra  1'  albero  di 
trinchetto  ed  il  bompresso,  il  quale  è  l'al- 
bero che  sporge  da  prua  quasi  orizzontale. 
Dicesi  anche  flocco. 

Floreale  :  aggiunto  delle  foglie  che  na- 
scono presso  del  fiore  :  agg.  da  Flora,  dea 
dei  fiori:  ad  es.  «festa  floreale».  Tale 
il  senso  della  parola  floreale  in  nostra 
lingua.  Ma  come  attributo  di  un  nuovo 
stile  è  parola  di  importazione  inglese! 
Stile  floreale  o  Liberty  (vedi  questa  voce) 
0  Aestetich  style  vogliono  dire  press'  a 
poco  nell'interpretazione  popolare  la  stessa 
cosa  :  cioè  significano  una  forma  nuova  (?) 
di  stile,  di  provenienza  inglese,  il  cui  prin- 
cipale apostolo  fu  G.  Ruskin,  oggi  am- 
piamente diffuso  e  noto  in  Italia.  Esso  è 
applicato  specialmente  alle  stoffe,  ai  mo- 
bili, agli  oggetti  dell'  uso,  alle  decorazioni, 
alle  pitture  parietali.  Il  fondamento  di 
questa  arte,  detta  anche  stile  del  nuovo 
secolo  (oh,  iperbole  eterna!)  ha  per  fon- 
damento ed  ispirazione  le  forme  vegetali 
e  specialmente  il  fiore  stilizzato  nell'  ar- 
monia delle  tinte  e  delle  fogge,  secondo 
la  genialità  dell'artefice. 

Flottante  :  goffa  versione  fonica  del  fran- 
cese flottant  =  fluttuante,  oscillante,  detto 
di  debiti  o  di  capitali  di  una  amministra- 
zione, i  quali  per  loi'o  natura,  come  cam- 
biali, mutui,  otc,  sono  incerti,  soggetti 
cioè  ad  aumento  o  diminuzione.  Questo 
barbarismo  flottante  che  i  lessici  della  cor- 
rotta italianità  appuntano,  è  scaduto  dal- 
l'uso: più  comune  la  traduzione  flut- 
tuante. 

Flou:  fr.,  dal  lat.  fluidus:  vooo  usata 
dai  fotografi  o  talora  dai  pittori  por  ìndi- 
caro  il  contorno  sfumato,  incorto  delle  linee. 
lntend(\si  in  pittura  come  difetto. 


Fob 


—     188     — 


Fol 


Fobìa  :  dal  greco  fobos  zzz  spavento,  ter- 
rore. Neologismo  scientifico,  usato  più. 
spesso  in  composizione  di  altre  voci  de- 
terminanti l'indole  della  paura,  come  fo- 
tofobia^ claustrofobia^  sitofobia^  tafo- 
fohia.  etc,  per  significare  una  incoercibile 
repulsione  e  terrore  per  qualche  cosa  ;  si 
sottointende  sempre  in  questa  avversione 
qualcosa  di  patologico  cioè  di  alterazione 
della  perfetta  saluto. 

Focone  :  da  fuoco,  il  pertugio  per  cui 
si  dava  fuoco  nelle  veccMe  armi  e  nel 
cannone.  Nel  linguaggio  marinaresco  in- 
dica quella  specie  di  focolare  che  è  nelle 
barche  e  serve  da  cucina. 

Foglia  di  carciofo  :  V.  Politica  della,  etc. 

Foglianti  :  fr.  feuillants,  nome  storico 
dei  componenti  un  circolo  politico  di  opi- 
nioni temperate  al  tempo  della  grande  ri- 
voluzione francese,  così  detti  perchè  te- 
nevano le  loro  adunanze  in  una  abbazia 
di  monaci  cistercensi,  riformati,  di  tale 
nome.  Notre-Dame  de  Feuillans,  abbazia 
presso  Tolosa,  nel  1575  casa  madre  dei 
Cistercensi;  in  latino  Beata  Maria  fu- 
liensis,  fulium  dieta  a  nemore  cogno- 
■mine,  Littré. 

Foglio  di  via:  così  è  detto  un  docu- 
mento col  quale  V  Autorità  di  Publica 
Sicurezza  sorveglia  ed  indirizza  per  mo- 
tivi d' ordine  publico  un  individuo  ad 
un'  altra  Autorità,  obbligandolo  a  deter- 
minato itinerario.  V  è  anche  il  foglio  di 
ma  di  favore  per  chi  deve  rimpatriare. 

Fognare  :  usano  i  grammatici,  come  piii 
prezioso  vocabolo,  questo  verbo  fognare 
invece  di  elidere,  intendendo  delle  lettere 
che  si  tralasciano  talora  nelle  parole.  La 
notarono  come  non  buona  parola,  il  Tom- 
maseo e  «  puzzolente  »  il  Fanfani.  E  re- 
gistrata tuttavia  dalla  Nuova  Crusca  e 
ne'  vecchi  dizionari.  Fognare  indica  far 
fogne,  derivare  acqua.  Fognare  dicesi 
delle  misure  che  il  venditore  dà  piene  in 
apparenza,  ma  con  molto  vuoto  nelF  in- 
terno. Es.  «  Quale  il  quartuccio  le  bru- 
ciate fogna  »  (Malmantile).  Per  simili- 
tudine così  si  disse  delle  lettere,  ma  non 
è  certo  bella  voce. 

Fohn  :  nome  di  vento  speciale  ed  acci- 
dentale delle  Alpi  (Svizzera),  spira  da  Sud 
a  Nord  ed  è  vento  molesto,  arido  e  caldo 


insieme:  scioglie  le  nevi  ed  aumenta  anor- 
malmente la  temperatura.  Specie  di  sci- 
rocco. 

Foie  d'oie  gras  :  fegato  d'  oca  grassa. 
peculiarità  della  cucina  francese  che  noi 
francesemente  denominiamo,  e  consiste 
nel  fegato  tumefatto  delle  povere  oche, 
artificialmente  ingrassate.  Se  ne  fanno 
manicaretti  e  pasticci:  Paté  de  foies gras. 

Foiòlo  :  in  milanese  foioeu,  in  italiano 
centopelle,  cioè  il  terzo  scompartimento 
dello  stomaco  dei  ruminanti.  «  La  trippa 
delle  bestie  vaccine  che  si  dà  a'  gatti  ■» , 
così  il  Petrocchi,  toscano,  alla  parola  cen- 
topelle,  e  notisi  che  in  Toscana  la  trippa 
uguaglia  in  onore  i  fagiuoli:  ma  come 
appare  dalla  citata  definizione,  si  vede 
che  sino  al  centopelle  colà  non  si  arriva, 
ma  dassi  a'  gatti  e  cani.  I  milanesi  in- 
vece ne  sono  ghiottissimi,  e  ne  fanno 
umidi  eccellenti,  onorati  senza  distinzioni 
sociali,  al  pari  della  classica  busecca. 

Folàtre:  in  fr.  è  diminutivo  di  fol, 
quindi  pazzerello,  sventato,  stordito  :  ma 
folàtre  sembra  a  un  certo  ceto  di  gente 
termine  più  elegante,  più  gentile;  sembra 
quasi  racchiudere  nello  sfumato  suono  una 
specie  di  benevolo  compatimento  per  la 
graziosa  spensieratezza  giovanile  e  signo- 
rile. 

Folk-lore  :  parola  inglese  che  signifi- 
ca erudizione,  studio  del  popolo.  Con 
tale  voce  si  indica  quel  ramo  della  let- 
teratura che  tratta  della  peculiarità  di  un 
dato  popolo:  tradizioni,  proverbi,  leggende, 
poesia,  usi,  linguaggio,  costumi,  etc.  o 
più  sinteticamente,  l'inventario  e  il  con- 
fronto di  quanto  sopra  vive  nel  tempo 
moderno  dei  costumi  e  dell'  anima  del 
tempo  passato.  La  parola  è  anche  in  fran- 
cese folkore,  voce  dunque  universale. 
Essa  fu  coniata  da  W.  I.  Thoms  (1846) 
da  folk  e  lore. 

Follaiuòlo  :  vocabolo  effìmero,  creato  a 
Milano,  poiché  un  giornalista,  P.  Valera, 
publicò  un  opuscoletto  rosso  settimanale, 
intitolato  La  Folla,  il  quale  nel  nome 
dice  la  cosa.  (1900). 

Follia  (alla)  :  per  pazzamente,  appas- 
sionatamente ,  ferventemente ,  perduta- 
mente, senza  misura,  dicesi  spesso,  ed  è 
versione  del   modo   iperbolico  francese  à 


Fol 


189 


Fon 


la  folle,  specie  in  unione  col  verbo  amare. 
Boccaccio,  Nov.  II,  g.  VI  :  «  Senza  mi- 
sura della  reina  s'  innamorò  * .  Volendo 
conservare  materialmente  la  locuzione,  più 
corrotto  sarebbe  :  sino  alla  follia. 

Follia  morale:  V.  Pazzia  inorale. 

Polpo  :  così,  mercè  contrazione  e  cor- 
ruzione popolare,  a  Venezia  e  su  le  rive 
occidentali  dell'  Adriatico ,  chiamansi  i 
polipi,  specie  di  pesci  (celenterati  atti- 
nozoi  )  dal  corpo  a  sacco  e  con  tentacoli  ; 
che.  cotti,  acquistavano  un  color  rosso 
perso  :  cibo  popolare,  rozzo  e  saporito. 

Foncé  :  part.  del  verbo  francese  foncer, 
dal  latino  fimdus  =  fondo  :  è  usatissimo 
come  aggettivo  de'  colori,  in  luogo  delle 
voci  nostre,  scuro ,  cupo. 

Fondamenta:  fem.  pL,  nome  dato  da 
antico,  0  tuttora  rimasto  a  quelle  vie  di 
Venezia  che  corrono  lungo  un  canale. 

Fondant  :  così  sono  chiamati  alla  fran- 
cese certi  notissimi  dolci  assai  fini,  di 
composizione  simile  ai  confetti,  se  non 
che  le  sostanze  che  li  compongono  sono 
molli  e  la  loro  proprietà  consisto  nello 
sciogliersi  da  se,  fondendosi  (da  ciò  il 
nome)  al  calore  della  bocca. 

Fondeur:  fonditore,  ma  nelle  officine 
è  spesso  dell'uso  la  voce  francese. 

Fondiaria:  V.  Fondo. 

Fondi  di  capanne:  nel  linguaggio  degli 
archeologi  così  si  chiamano  certe  cavità 
nel  terreno,  sparse  di  carboni  spenti,  selci 
lavorate,  ossami  ed  altri  avanzi  di  anti- 
chissima umana  industria:  vennero  rico- 
nosciuti come  fondi  o  pavimenti  di  rozze 
capanne  edificate  dall'  uomo  nelle  anti- 
chissime età.  Così  li  nominò  G.  Chierici 
di  Reggio  Emilia;  e  i  francesi  facendo 
nelle  loro  terre  la  stessa  scoperta  usarono 
la,  stessa  frase:  fond  de  eahane. 

Fondi  segreti:  le  sommo  stanziate  nei 
bilanci  dolio  Stato  per  quei  servizi  che 
non  debbono  nò  possono  essere  di  publica 
ragione;  che,  se  così  fosse,  sarebbero  nulli. 
La  voce  acquistò  cattivo  senso  per  il  mal 
uso  che  ne  fecero  i  ministri  (compera  di 
<;oscienze,  di  stampa,  elezioni,  sussidi  agli 
amici,  etc).  V.  Fondo  dei  rettili. 

Fondo  :  più  spesso  al  plurale  per  va- 
lori, assegnaìnento,  stanxiamento ,  etc, 
è  vocabolo  ripi-oso  dai  puristi  perchè  tale 


significato  derivò  dalla  lingua  fi-ancese. 
Lo  stesso  dicasi  della  locuzione  Fo?idi 
publioi  (fr.  fonds  publics)  per  indicare 
tutti  i  valori  dello  Stato  e  specialmente 
i  titoli  che  rappresentano  il  capitale  del 
debito  publico.  Da  fonds  lat.  fundus  =: 
podere,  fondo,  i  francesi  hanno  formato 
l'aggettivo  fonder  che  noi  traducemmo 
in  fondiario,  onde  i  nuovi  modi:  Pro- 
prietà fondiaria.  Tassa  fondiaria,  La 
Fondiaria,  etc.  che  più  italianamente  si 
direbbe  Proprietà  territoriale.  Tassa  pre- 
diale come  tuttora  nobilmente  dice  il  po- 
polo in  jnolte  parti  d'Italia. 

Fondo:  «  (fr.  à  fond),  usasi  per  con  im- 
peto ,  vivamente ,  gagliardamente ,  pro- 
fondamente,  addentro,  appieno,  perfetta- 
mente, appuntino.  Talora  meglio  sosti- 
tuire un  aggettivo,  onde  per  carica  a 
fondo  (charge  à  fond)  diremo  carica  im- 
petuosa, viva,  gagliarda;  per  guerra  a 
fondo  (guerre  à  fond),  guerra  accanita, 
sanguinosa,  guerra  fino  allo  sterminio. 
Volendo  attenersi  materialmente  alla  lo- 
cuzione, meglio  :  sino  al  fondo  » .  Così  il 
sig.  AUan,  op.  cit.  Ma  oramai  il  modo  è 
entrato  nel  torrente  della  lingua  viva. 

Fondo  dei  rettili:  locuzione  creata  da 
Bismarck  in  un  suo  discorso  e  usata  nel 
gergo  politico  e  giornalistico  per  indicare 
i  fondi  segreti  nel  loro  peggior  senso.  Cfr. 
del  resto  la  voce  del  gergo  francese,  lìep- 
tile:  journaliste,  payè  sur  les  fonds  du 
gouvernement  {prussien).  Il  lance  son 
venin  comme  la  vipere. 

Fondo  perduto  :  dar  danaro  per  una  pu- 
blica impresa  a  fondo  perduto  oppure 
acquistare  o  sottoscrivere  azioni  a  fondo 
perduto,  significa  dare,  acquistare  o  sot- 
toscrivere senza  pretesa  di  ricupero  del 
capitale  sborsato,  o,  a  dir  meglio,  senza 
pretendere  che  chi  ha  ricevuto  il  danaro 
si  obblighi  alla  restituzione  del  capitale. 

Fondùa:  specie  di  frittata  piemontese, 
fatta  con  speciale  formaggio  dolce  e  tar- 
tufi. La  parola  fondita  ò  trascrizione  let- 
terale del  francese  fondile  (rad.  fondre- 
latino  fundere)  -  entremets  au  fromage  et 
aux  oeiifs  brouillés. 

Fonografo  :  dal  greco  fonos  ==  suono  e 
grafo  -  :  scirivo,  che  scrive  il  suono,  nomt^ 
dato    dal    geniale    elettricista    amorioano 


Fon 


190 


Foo 


Edison  ad  un  suo  istrumento  che  riceve 
l'impronta  di  una  serie  di  suoni  musicali 
0  di  voci  0  rumori,  e  può  riprodurli.  Il 
fonografo  ha  creato  una  nuova  industria 
per  cantanti  e  fabbricatori  e  forma  la  de- 
lizia del  publico,  che  molto  si  diletta 
nel  sentire  riprodotte  meccanicamente  arie 
e  motivi  noti,  per  nulla  offeso  da  quel 
non  so  che  di  nasale  che  è  anche  nei  mi- 
gliori apparecchi. 

Fontina:  (Piemonte,  Novalesa)  qualità 
di  formaggio  dolce,  in  grandi  forme. 

Foot-ball:  noi  adoperiamo  comunemente 
questa  denominazione  inglese  per  indicare 
un  antichissimo  giuoco  italiano  che  si 
chiamava  Giuoco  del  Calcio.  Pietro  di 
Lorenzo  Bini  nel  1687  publicò  in  Firenze 
un  trattato  dal  titolo.  Memorie  del  Calcio 
fiorentino.  Era  giuoco  usatissimo  e  no- 
bilissimo. Ho  inoltre  trovato  nell'Ambro- 
siana un  Codice,  C.  35  Sup.  del  sec.  XV, 
cosi  intitolato  :  «  Qui  comincia  la  palla  al 
calcio  di  Giovanni  Frescobaldi,  e  i  primi 
versi  sono: 

Volendo  seguitare  il  mio  disegno 
quasi  ismarrito  avea  la  fantasia 
e  la  memoria  e  T  intelletto  e  lo  ingegno. 

Durante  la  Signoria  de'  Medici  furono 
giocati  dei  Calci  riccamente  preparati, 
ed  è  fra  tutti  rimasto  celebre  quello  del 
19  Aprile  1584  allorché  venne  in  Firenze 
il  Principe  Gonzaga  di  Mantova  con  la 
sua  consorte  Donna  Eleonora  di  Toscana. 
Fra  i  più  illustri  calcianti  si  ricordano: 
Lorenzo  duca  d'Urbino,  Alessandro  duca 
di  Firenze,  Cosimo  I  granduca  di  Toscana, 
Lorenzo  e  Francesco  figli  del  granduca 
Ferdinando  I,  Enrico  principe  di  Condè, 
Giulio  de'  Medici,  che  fu  poi  Clemente  XII, 
Alessandro  de'  Medici,  che  fu  Leone  XI, 
e  Maffeo  Barberini,  che  fu  Urbano  YIII. 
Come  questo  giuoco  italiano  —  di  cui  gli 
entusiasti  ammiratori  potrebbero  cercare 
le  origini  più  remote  sino  in  Omero  ove 
si  rappresenta  la  reginella  Nausicae  che 
giuoca  alla  palla  presso  la  riva  del  mare 
—  sia  venuto  obliandosi  presso  di  noi, 
dall'America  sia  passato  in  Inghilterra, 
di  qui  in  Europa,  dove  col  Tennis  (Palla- 
corda)  gareggia  di  popolarità,  non  è  qui 
il  caso  di  ricordare.  Qui  ricorderemo  sol- 
tanto come  nella  patria  del  Calcio  e  della 


Pallacorda  si  giochino  ambedue  i  detti 
giuochi  con  denominazioni  inglesi  ed  i 
maestri  insegnino  in  inglese,  e  i  vecchi 
nomi  italiani  siano  obliati.  Dicono  gli  in- 
tenditori che  il  nuovo  foot-ball  non  cor- 
risponde all'antico  e  perciò  i  nuovi  nomi 
hanno  giusta  ragione  di  essere.  Distin- 
guono il  omgly  e  V  association,  due  modi 
di  giocare  ai  calcio,  questo  più  costu- 
mato e  civile,  l'altro  fiero  e  violento  nella 
gara  di  vietare  l'accesso  al  pallone.  Mi- 
surasi il  campo  a  yards.,  i  giocatori  si 
chiamano  foot-ballers.,  la  prima  fila  dicesi 
dei  forivards^  goal  la  porta  per  cui  gli 
uni  sforzansi  di  far  passare  la  palla,  gli 
altri  di  respingerla.  Le  pene  sono  dette 
penality.,  il  guardiano  della  porta  è  detto 
gool-keeper^  il  giudice  del  campo  referer, 
il  calcio  è  pronunciato  kicJc,  gli  alfieri 
sono  detti  forwards.,  bar  l'asta  trasver- 
sale della  porta,  full-baeks  i  difensori 
della  porta  o  terzini  e  così  via.  Pensando 
che  questi  giuochi  geniali  di  gagliardia 
sono  giocati  da  giovani  e  i  giovani  sono 
per  la  più  parte  scolari,  non  sarebbe  con- 
sigliabile che  ad  evitare  cotesto  abuso  di 
voci    straniere   intervenisse    l' autorevole 

voce  di  un  ministro  della  P.  I V   Ma 

via,  non  diciamo  ingenuità  fuor  di  luogo 
e  notiamo  senz' altra  chiosa  il  fatto.  I 
Francesi  oltre  che  con  la  voce  inglese,  lo 
denominano  con  voce  propria,  ballon  au 
pied.  Per  chi  ama  le  povere  contraddi- 
zioni umane,  ecco  un  bel  saggio  :  un  gior- 
nale, dalla  immensa  diffusione,  stampa: 
«  Scesero  prima  in  campo  le  prime  squa- 
dre del  Milan  Club  e  del  Genoa  Club, 
ottenendo  punti  pari.  Scendono  quindi  in 
campo  le  due  seconde  squadre,  e  vincono 
i  milanesi  con  tre  goals  contro  uno.  Que- 
sto giuoco  va  facendosi  sempre  più  dif- 
fuso a  Milano,  così  da  diventar  persino 
popolare,  malgrado  si  voglia  mantenere 
un  nome  barbaramente  esotico,  ad  onta 
della  sua  origine  prettamente  e  schietta- 
mente italiana  ».  NB.  Pochi  giornali  su- 
perano questo  per  copia  di  voci  straniere. 

Foot-baller:  giocatore  al  Calcio.  V. 
Foot-ball. 

Foot-fault:  fallo  di  piede.,  cosi  si  dice 
nel  giuoco  della  Pallacorda  (V.  Tennis) 
quando  il  battitore   non   sta   con   i   piedi 


For 


191     — 


For 


nella  posiziono  rogolamontaro  :  ossia  con  la 
punta  del  piede  sinistro  su  la  riga  di  base. 
Forcaiuolo  :  da  forca  :  voce  probabil- 
mente di  breve  vita,  divenuta  popolare 
dopo  i  moti  nelle  città  italiane  del  1898. 
Questa  terribile  parola  vorrebbe  indicare 
al  pubblico  disprezzo  coloro  fra  gli  ita- 
liani che  si  suppongono  avere  fede  solo 
nella  sentenza  ricorrente  nel  Congresso 
dei  Birri  di  G.  Giusti: 

Questa  è  la  massima  spedita  e  vera, 
galera  e  boia,  boia  e  galera, 

cioè  che  reputano  la  forca  il  più  efficace 
istrumento  di  governare  i  popoli.  Mera  e 
innocua  calunnia  !  Nel  fatto  forcaiuolo  vuol 
indicare  il  monarchico  borghese  conser- 
vatore, che  viene  rimorchiato  dal  partito 
progressista,  che  senza  molto  contribuirvi 
per  iniziativa  individuale,  vagheggerebbe 
in  astratto  un  governo  forte,  risoluto  che 
non  si  lasciasse  dominare  dalla  folla  e 
dalla  piazza.  Forcaiuoli  sono  altresì  co- 
loro che  non  si  sentono  tratti  ad  amoreg- 
giare con  le  teorie  socialiste  ne  subiscono 
le  affascinanti  seduzioni  della  popolarità 
ottenuta  con  l'accarezzare  le  moltitudini. 
Le  persone  fatte  bersaglio  a  così  fiera  pa- 
rola, la  hanno  accolta  con  sufficiente  di- 
sinvoltura: oggi  ha  perduto  molto  del- 
l'antica  virulenza.  La  lepida  parola  ha 
partorito  anche  le  altre  :  ultra-foreaiuolo^ 
forcaiolissimo^  forcaiolismo  ^  etc.  Crea- 
tore della  parola  fu  il  giornalista  Bertelli 
(Vamba)  :  fu  onorata  da  M.  E.  Imbriani, 
apostrofando  in  Parlamento  gli  avversari 
di  parte  moderata.  (V.  Avventure  di  un 
forcaiuolo  di  Luca  Beltrami). 

Forche  Caudine:  storicamente  sono  le 
famose  strette  di  Arpaia  a  settentrione  di 
Nola,  dove  i  Romani  (321  a.  C.)  vinti  dai 
Sanniti,  furono  fatti  passare  sotto  il  giogo: 
dicesi  per  trasluto  di  strettoia  morale, 
luogo  arduo  per  cui  si  è  costretti  passare. 

Forchetta:  la  frase  :  colazione  alla  for- 
chetta e  talora  à  la  fourchette^  è  tolta 
dal  francese  ed  oramai  è  comune  e  da  assai 
tcìmpo.  Palliare  in  punta  di  forchetta,  V. 
Parlare,  etc. 

Fòrcipe:  (lat.  forceps  -—:  tenaglia)  nomo 
dato  ad  istrumoiiti  ostetrici  in  forma  di  cuc- 
chiai foggiati  di  tenaglia,  destinati  a  prende- 
re il  foto  ed  estrarlo  nei  parti  lenti  o  difficili. 


Foreign  Office:  così  è  chiamato  in  In- 
ghilterra quel  dicastero  che  noi  diciamo 
degli  Esteri.  Nel  giornalismo  nostro  si 
trascrive  di  solito  la  parola  inglese  quale  è. 

Foresto  :  voce  dialettale  veneta  per  fo- 
restiero. 

For  ever  !  è  locuzione  inglese,  registrata 
anche  in  francese  e  penetrata  anche  fra 
noi:  Per  sempre/  eternamente/  La  Sua 
forza  sta  noli'  essere,  specie  nelle  lotte 
politiche,  motto  di  fedeltà  e  devozione  per 
un  dato  personaggio,  al  cui  nome  il  motto 
si  accompagna. 

Forfait  (a):  nel  linguaggio  commercialo 
è  voce  comunissima  :  vendere  e  compe- 
rare a  forfait,  trattare  a /br/a^7.  (Gottiìno 
non  è  forfait;  questo  è  aleatorio,  quello  no). 
In  italiano  si  dice  a  rischio  e  pericolo. 
Vero  è  che  nell'uso  prevale  il  modo  fran- 
cese. L'  etimologia  che  ne  dà  il  Littré  è 
fort-fait  =  qui  a  été  fait  fort  de....  s'en- 
gager  a....  Altra  spiegazione  etimologica 
che  trovo  nello  Scheler  è  forfait  ---  à  prix 
fait  :  questo  for  =  prix  è  il  forum  =:  mer- 
cato, che  nel  medio  evo  significava  pre- 
tium,  rerum  venaliu'm. 

Forfeit:  pena,  ammenda:  così  con  voce 
inglese  chiamasi  nel  linguaggio  delle  corse, 
la  penalità  pei  cavalli  inscritti  e  poi  ri- 
tiratisi dalla  corsa.  Questa  parola  forfeit 
ha  altra  etimologia  che  forfait,  francese, 
=  eottimo  ;  bensì  risponde  all'  altra  pa- 
rola francese,  uguale  di  suono  ma  diversa 
di  senso,  forfait,  che  vuol  dire  delitto, 
dal  basso  latino  forisfaetum,  fatto  fuor 
della  legge,  nell'antica  lingua  nostra  for- 
fatto  =  misfatto. 

Forge,  forger  e  forgeur  :  i  due  primi 
vocaboli  tradotti  in  forgia  e  forgiare  per 
fucina  e  fucinare  ed  usatissimi  nel  lin- 
guaggio de'  meccanici.  Fucina  è  la  pa- 
rola buona  e  deriva  da  focus  (non  da  of- 
ficina in  latino  officicina  --^  opifìcino)  od 
è  il  luogo  dove  si  fondono  e  splasmano 
i  metalli. 

0  s'egli  stanchi  gli  altri  a  muta  a  muta 
in  Mongibello  alia  fueina  iiogva 
gridando:  Buon  Vulcano,  aiuta,  aiutai 

1).<NTB,    /«/.,    XIV. 

Forgia  e  forgiare:  V.  Forge. 
Forgone:  dal  kanoQHO  fourgon —.  espì'ce 
de  ciiarrvtle  courerte  à  quatre  rottes.  doni 


For 


192 


Fon 


on  se  seri  dans  les  arniées:  uno  dunque 
dei'  tanti  termini  militari  francesi,  passati 
nella  lingua  italiana  al  tempo  de'  Fran- 
cesi. Oggi  significa  qualunque  carro  chiuso 
per  trasporto  di  mercanzie:  diminutivo 
forgoncino.  Brutto  neologismo,  ancorché 
necessario  e  dell'uso. 

Formalizzarsi  :  «  meravigliarsi  di  cose 
che  ci  appaiono  ])0C0  belle  »,  così  il  Pe- 
trocchi, e  proviene  dal  francese  se  for- 
TYialiser  -=  s'offenser  d'une  action^  d'un 
propos  mal  interponete;  trouver  à  redire  ; 
se  piquer.  Del  resto  non  è  solo  il  Petroc- 
chi a  registrare  tale  verbo  ;  il  quale  benché 
usato,  non  é  né  del  linguaggio  del  po- 
polo né  della  lingua  letteraria.  Scanda- 
lixxarsi  è  il  verbo  nostro  buono  in  tale 
senso  benché  altri  potebbe  osservare  che 
formalizzarsi  indica  la  cosa  stessa  ma 
in  minor  grado. 

Formicolio:  {à.^^. formica)  senso  transi- 
torio e  particolare  di  torpore  che  si  prova 
talvolta  in  alcun  arto,  specie  dopo  di  es- 
sere stati  a  lungo  fermi,  simile  al  pas- 
saggio di  una  schiera  di  formiche  sui  te- 
gumenti. 

Forno  :  nel  gergo  teatrale  far  forno  si- 
gnifica rappresentare  a  teatro  vuoto. 

Forsan  et  haeo  olim  meminisse  juvabit: 
forse  un  tempo  gioverà  ricordare  queste 
cose!  Vorg.,  Eneide^  I,  2  o  3.  Emistichio 
glorioso  perché  pronunciato  da  Eleonora 
Pimentel,  eroina  e  martire  della  Kepu- 
blica  partenopea. 

Fortes  fortuna  adiuvat  :  la  fortuna 
aiuta  i  forti^  Terenzio,  Phormio^  atto  I, 
4,  20  ;  proverbio  anche  allora  antico,  come 
attesta  Cicerone  nelle  TuscuLane^  II,  4,  11, 
e  di  cui  più  nota  è  la  variante  Audaces 
fortuna  iwvat,  che  leggesi  in  Vergilio, 
(Aen.^  X,  284)  mutato  però  V audaces  in 
audentes,  a  cui  il  popolo  aggiunse  timido- 
sque  repellit,  e  respinge  i  pusilli. 

Fortiter  in  re,  suaviter  in  modo:  ener- 
gicamente nella  sostanza^  soavemente  nei 
modi^  motto  della  Compagnia  di  Gesù, 
che  ha  sua  origine  nelle  parole  del  ge- 
nerale dell'ordine,  Claudio  Acquaviva,  il 
quale  nell'opera  Industriae  ad  curandos 
animae  morbos^  Yenezia,  1606,  dice  : 
fortes  in  fine  assequendo  et  suaves  hi 
modo  assequendi  simus.  Cfr.    Bibbia,  Il 


libro  della  Sapienza^  Vili,  1  : 
ergo  a  fine  usque  ad  finem  fortiter  et 
disponit  omnia  suaviter.  Fortiter  et  sua- 
viter è  altresì  motto  gentilizio. 

Fortunale:  fortuna  o  tempesta  di  mare. 
Il  Petrocchi  pone  a  torto  questa  voce  viva 
nella  lingua  fuori  d'uso. 

Forza  irresistibile:  V.  Impulsivo. 

Forza  maggiore:  ogni  forza  alla  quale 
non  si  può  resistere  né  in  diritto  né  in 
fatto,  tale  cioè  che  l'umana  industria  non 
può  prevenirla  né  rimuoverla.  Provenga 
dalla  natura  o  dall'uomo,  essa  vieta  ogni 
ricorso  pei  danni  subiti,  fr.  force  majeure. 

Foschìa:  term.  mar.  astratto  di  fosco: 
atmosfera  caliginosa,  caligo  come  dice 
una  cara  voce  veneta. 

Fosforo  :  familiarmente  per  cervello^ 
forza  di  cervello.  Es.  Aver  del  fosforo., 
consumare  del  fosforo. 

Fotofobìa:  neol.  del  linguaggio  medico  : 
gr.  /bs-=:luce  e /c6osi=paura,  avversione 
alla  luce.  È  un  sintomo  proprio  di  varie 
affezioni  nervose  e  sopratutto  delle  infiam- 
mazioni dell'occhio. 

Fototerapìa:  dal  gr.  fos  =  luce  e  the- 
rapèia  =  cura  (fr.  photothérapie)  :  voce 
medica  che  indica  uno  speciale  sistema  di 
cura  mercé  l'azione  dei  raggi  luminosi. 

Fotte  re  :  V.  Appendice. 

Fotta:  nei  dialetti  dell'Italia  centrale  è 
parola  volgare  e  plebea,  usata  in  questi 
vari  sensi:  fallo,  sbaglio.,  es.  «fare  una 
fotta  »  :  fanfaluca.,  favola^  es.  «  queste 
S0710  fotte  »  :  stizza.,  rabbia,  es.  «  aver 
le  fotte  » . 

Fouet:  frusta;  eppure  molti  usano  la 
voce  francese  o  ne  fanno  un  fuetto  o  fuetta. 
Piemontese,  foet. 

Foulard:  nome  francese  dato  ad  un  tes- 
suto leggerissimo  di  seta  o  di  seta  e  co- 
tone, originario  dalle  Indie.  Se  .ne  fanno 
fazzoletti,  cravatte,  abiti.  Da  noi  questa 
parola  é  comunemente  usata  per  indicare 
eziandio  il  fazzoletto  di  seta  per  il  su- 
dore; da  fouler.,  schiacciare. 

Four  in  band  {stage)  :  Ietterai,  in  inglese: 
quattro  in  mano;  vettura  a  foggia  di 
berlina  tratta  da  quattro  cavalli  accop- 
piati e  le  cui  briglie  sono  tenute  da  un 
sol  guidatore.  Tale  anglicismo  è  registrato 
in  francese  solo  nei  diz.  d'Argot. 


Fox 


—     193 


Fra 


Fox:  ingl.  ìwlpe.  Usasi  talora  per  si- 
gnificare il  nostro  -volpino  (canis-vulpis)^ 
nota,  specie  di  piccolo  cane,  dal  muso  sot- 
tile, le  orecchie  dritte,  la  coda  bella  e 
pelosa,  simile  cioè  alla  volpo.  Ma  chi 
parla  elegantemente  dice  fox^  il  popolo 
volpino.  Es.  «  I  bei  trabaccoli  dell'Adria- 
tico col  loro  volpino  fedele  che  la  la 
guardia  e  annusa  il  vento  del  mare  !  ». 

Foyer:  letteralmente  il  focolare  e,  come 
termine  architettonico,  in  francese  indica 
(luelhi  sala,  annessa  ad  un  edificio  ove  si 
conviene  per  riscaldarsi  e  con  versare  duran- 
te l'inverno:  dicesi  specialmente  de'  teatri  e 
in  tal  senso  noi  l'adoperiamo,  dove  ci  soc- 
correrebbe la  buona  parola  ridotto:  chia- 
mano inoltre  a  Milano  foyer  o  carpette  quei 
gran  tappeti  che  si  pongono  davanti  ai 
divani,  mentre  in  francese  foyer  indica  la 
pietra  del  pavimento  davanti  al  foco- 
laro. 

Frac  :  questa  parola  cui  è  lecito  scrivere 
con  la  più  ampia  libertà,  procede  a  noi 
dal  francese  frac.  Il  Littré  la  trae  dal  te- 
desco moderno  Frack,  usato  in  Germania 
dalla  metà  del  secolo  XVIII.  Questo  Frack., 
secondo  i  piìi,  insieme  alla  cosa  sarebbe 
venuto  dall'inglese  frock.  Quale  del  resto 
no  sia  la  vera  origine,  certo  è  che  questo 
abito  caratteristico  della  borghesia  è  cosa 
propria  del  secolo  XIX:  pareggia  il  gen- 
tiluomo eJ  il  cameriere.  In  italiano  è  va- 
l'iamente  denominato:  giubba  lunga^  giubba 
falda,  marsina^  abito  a  coda  di  rondine^ 
si  che  fra  tanta  ricchezza  la  voce  frac  è 
la  più.  usata.  In  Inghilterra,  patria  oramai 
delle  eleganze  maschili,  l'abito  da  ceri- 
monia è  detto  evening  coat.  Anche  in 
Francia  codesto  frac  è  poco  usato  :  dicesi 
kabit  noir. 

Fracco:  voce  volgare  (fràcch)  dei  dia- 
li tti  dell'Italia  superiore  e  centrale,  fatta 
in  tal  modo  italiana  ed  usata  specie  nella 
locuzione,  dare  un  fracco  di  botte.  Da 
fracà    ::  fraccarc,  lat.  frangere^  rompere. 

Frailty,  thy  name  is  v/omain\:  fragilità, 
il  tuo  nome  è  tZo«?ia  (Shakespeare,  Amleto 
1,  2). 

Frambolse  :  lampone,  voce  francese  en- 
trata con  metatesi  nel  dialetto  lombardo, 
fambros  :  specie  di  rovo  [ruhus  idaeus)^ 
spontaneo  in  montagna,  coltivato  noi  giar- 

A.  Fanzini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani. 


dini  per  i  suoi  noti  frutti  aciduli  e  pro- 
fumati del  color  del  rubino. 

Frammassone  o  massone:  parola  oramai 
conquistata  dall'uso,  ma  avvertasi  che  è 
la  brutta  versione  fonetica  di  franc-maco^i 
=  libero  muratore,  così  chiamati  perchè 
gli  attrezzi  dell'arte  muraria  sono  i  sim- 
boli di  questa  Società  segreta,  diffusa  e 
potente  in  tutto  il  mondo.  Io  credo  che 
l'uso  di  frammassone  sia  provenuto  per- 
chè da  esso  si  potè  fare  frammassoneria. 
mentre  da  libero  muratore  bisognava  far 
la  fatica  di  creare  l'astratto,  che  non  pree- 
sisteva come  già  franc-tna^.onnerie.  La 
voce  Libera  Muratorìa  è  poco  usata.  La 
massoneria  moderna  rappresentò  il  prin- 
cipio liberale  della  coscienza  e  del  go- 
verno :  si  identificò  spesso  col  principio 
nazionale  come  fu  per  noi  in  Italia  nel 
periodo  del  Eisorgimento  :  si  oppose  alle 
tirannie  teocratiche  e  di  casta  :  fu  in  altri 
termini  vitale  e  benefica  quando  valido 
era  il  principio  opposto.  Oggi  pur  sussiste 
prosperosissima,  ma  è  deviata  dal  primo 
principio  e  spesso  si  palesa  come  coali- 
zione di  interessi  e  di  mutuo  soccorso  tra 
i  fratelli,  cui  stringe  segreto  e  ^potente 
vincolo. 

Franca  (lingua;:  specie  di  dialetto  for- 
mato di  provenzale,  italiano,  spagnuolo, 
greco,  arabo  che  parlasi  su  gli  scali  di 
Levante,  formatosi  probabilmente  al  tempo 
delle  crociate  e  dei  commerci  con  le  città 
marinare  d'Italia. 

Franchi:  nome  generico  che  i  Turchi  e 
gli  Orientali  danno  agli  Europei  ed  agli 
Occidentali,  qualunque  sia  la  loro  nazio- 
nalità. Questa  denominazione  data  dal 
tempo  delle  Crociate,  manifestamente  per 
la  preponderanza  che  quel  popolo  ebbe 
nella  nobile  antica  gesta.  Anche  il  Tasso 
chiama  Franchi  i  Crociati. 

Franc-tireur  :  libero  cacciatore.,  vooo 
francese  tolta  probabilmente  dal  tedesco 
frei-schiitx.  ;  e  dallo  terre  oltre  Reno  tolta 
fu  pure  per  i  francesi  anche  l'istituzione, 
cioè  di  milizie  volontarie  esercitato  noi 
bersaglio  ma  non  compreso  noi  quadri  mi- 
litari e  nella  così  dotta  landwehr  (milizia 
territoriale).  I  Franchi  Tiratori  fui-ono  in- 
stituiti  in  Francia,  nella  terra  dei  Vosgi, 
per  difendere  con  guerra  di    imboscate  o 


Fra 


—     194 


Fro 


di  improvvise  fazioni  la  Francia  quando 
questa  fu  invasa,  cioè  nel  1792  prima, 
indi  nel  1815  e  infine  nel  1870  contro  i 
Prussiani. 

Frangente  :  term.  mar.  V.  Bompente. 

Franklin:  nota  specie  di  caminetto  o 
stufa  alla  Franklin  (dal  nome  dell'inven- 
tore, il  celebre  Beniamino  Franklin  di 
Boston,  1706-1790)  costruita  con  larghi 
tambelloni  di  cotto  in  maniera  che  il  fumo 
ridiscenda  e  scaldi  prima  di  sfuggire  per 
il  cammino.  Per  ohi  ama  vedere  la  fiamma 
questa  foggia  di  stufe  a  legna  è  ancora 
delle  più  igieniche  e  semplici.  Seri  vosi 
anche  franclin^  franelino  e  si  pronuncia 
anche  francolino  ;  tutto  con  quella  libertà 
quam  petimus  damusque  vicissim^  in 
Italia. 

Frappa:  per  lembo ^  frastaglio^  non  è 
voce  morta,  come  nota  il  Petrocchi,  ma 
viva  nei  dialetti.  Per  l'etim.  V.  Frappé. 

Frappé:  participio  del  verbo  frapper 
colpire,  ed  è  sovente  detto  delle  bevande 
come  Champagne  frappé.^  quasi  colpito 
dal  gelo.  Per  l'etim.  di  frapper.,  cfr.  le 
parole  nostre  frappare  e  frappa.,  viva 
tuttora  nel  dialetto  per  frangia.,  lembo 
di  stoffa:  pare  dal  basso  tedesco  flappen., 
ingl.  flap,  battere  (tagliare)  :  noi  potrem- 
mo dire  Ì7i  gelo. 

Frapper  l'imagination:  anche  questa 
frase  francese  non  è  infrequente:  noi  pos- 
siamo dire:  «impressiona,  colpisce,  ferisce 
la  fantasia,  etc.  ».  Ma  il  nodo  della  que- 
stione è  sempre  questo:  la  frase  ha  la 
sua  forza  in  quel  suo  immutabile  suggello 
formale  ripetuto  sempre. 

Fratasso  e  fratassare:  voci  lombarde 
dell'arte  muraria  {fratàx-^  efrata%%à)  spia- 
nare la  malta  gettata,  con  lo  spianatoio. 

Frase  fatta:  così  si  chiamano,  talora 
con  lieve  senso  di  spregio,  alcune  locu- 
zioni, di  carattere  sentenzioso  per  la  più 
parte,  le  quali  si  ripetono  e  si  sono  ripe- 
tute tante  volte  che  più  all'orecchio  ed 
all'animo  non  inducono  commozione  e  per- 
suasione. Dicesi,-  anche  obbiettando,  frase 
fatta  quando  ad  arte  si  vuol  togliere  forza 
alle  espressioni  del  discorso  di  alcuno. 

Fratelli  Siamesi:  così  fu  denominato 
quel  mostro  umano  (xifopagio)  formato  da 
due  individui  distinti,    ma   uniti  insieme 


da  saldature  ossee  e  membranacee.  I  fi-a- 
telli  Siamesi  morirono  nel  1874.  Radica 
e  Dedica  nate  nel  1889,  sorelle  indiane, 
operate,  cioè  divise  in  Parigi  nel  1902, 
formarono  un  altro  di  sì  fatti  celebri  mo- 
stri. J)ÌQ,QBÌ  fratelli  Siamesi  facetamente 
per  indicare  due  persone  fra  di  loro  stret- 
tamente congiunte. 

Fraternizzare:  neologismo  tolto  dal 
francese  fraterniser.  In  italiano  affratel- 
larsi. 

Fràulein  :  voce  tedesca  la  quale,  come 
m^■ss  inglese,  vuol  ^ìy  signorina.  Così  chia- 
masi di  solito  l'istitutrice  delle  nobili  o  ric- 
che giovinette  se  ella  è  di  origine  tedesca. 

Freatiche:  appellativo  che  i  tecnici  danno 
alle  acque  che  naturalmente  sgorgano  dal 
sottosuolo.  La  parola  deriva  dal  greco 
frear,  che  significa  pozzo. 

Freccia  del  Parto:  i  Parti,  popolo  di 
origine  Scita,  dimorante  a  mezzodì  del 
mar  Caspio,  erano  famosi  arcieri  e  cava- 
lieri ;  e  una  loro  tattica  nella  guerra  con- 
sisteva nel  fuggire  davanti  al  nemico  per 
indi  assalirlo  con  gran  numero  di  frecce, 
onde  la  locuzione  che  suona  come  colpo 
ultimo,  dato  a  tradimento. 

Fregare  :  nel  senso  di  accoccarla,  farla 
ad  uno.,  il  Petrocchi  registra  questa  voce 
fra  le  antiche  e  disusate.  Vero  è  che  è 
voce  vivissima,  se  non  che  dialettale.  Es. 
«  Se  la  morte  non  ci  frega  !  Tu  credi  di 
fregarmi.,  ma  ti  frego  io!  »  La  forma  ri- 
flessiva fregarsene  poi  è  comunissima, 
specie  nei  dialetti  meridionali  per  signi- 
ficare ciò  che  i  francesi  esprimono  col  verbo 
se  ficher:  voce  intraducibile,  a  cui  non 
va  disgiunto  talora  dispetto,  villania  e 
disdegno. 

Fregna:  V.  Appendice. 

Freisa:  vinodel  Piemonte  (Torino,  Chieri, 
Moncalieri)  alquanto  ruvido  e  ricco  di 
tannino  ;  di  lenta  maturazione.  Ben  pre- 
parato e  fermentato  senza  graspi,  è  più 
fine,  e  poiché  invecchiando  migliora,  cosi 
giunge  all'onore  della  bottiglia  come  il 
Barolo,  al  quale  allora  per  delicatezza  e 
profumo  assomiglia. 

Frei-schiitz:  V.  Franc-tireur. 

Frenastenico:  neol.  scientifico,  derivato 
dal  greco  ;  significa  senza  forza  di  me?i(e^ 
cioè  gli  idioti,  i  cretini,  etc. 


Fre 


195 


Fro 


Frenello:  torni,  mar.  dim.  di  freno  (cfr. 
frènulo  nel  linguaggio  anatomico)  indica 
quell'apparecchio  a  paranchi  di  cavo  o  di 
catone  por  manovrare  il  timone. 

Freniatria:  voce  medica,  (dal  greco  fren 
=  mente,  spirito,  e  iatreia  :=  cura,  me- 
dicina) che  indica  la  cura  delle  malattie 
montali. 

Frenocomio:  ospedale  per  le  malattie 
montali  (dal  greco  frenzrz  mente  ekomeion 
=  ospedale),  termine  dai  medici  preferito 
come  più  proprio  che  manicomio. 

Frenòsi  :  gr.  /ren  :=  mente;  e  il  suffisso 
osi,  indicante  affezione  cronica  :  sinonimo 
di  psicosi.  Vocabolo  proposto  dal  Verga  per 
indicare  le  diverse  forme  di  pazzia  croniche. 

Frènulo:  lett.  piccolo  freno,  latinismo 
adoperato  in  anatomia  per  indicare  una 
piega  membranosa  che  serve  come  di  freno: 
frenulo  della  lingua,  dello  labbra  etc,  co- 
munemente filetto. 

Frequentazione:  in  francese  c'è  fréquen- 
tation,  dal  latino  frequentano  \  i  dizionari 
italiani  finora  hanno  soltanto  frequenza  e 
non  frequentazione,  voce  abusiva  d'in- 
flusso francese. 

Fresa:  voce  ueata  dai  meccanici.  Indica 
una  macchina  la  eguale  mette  in  azione 
più  scalpelli  ed  è  di  forma  circolare  :  que- 
sta macchina,  rotando,  agisce  o  come  pialla 
o  come  tornio.  Fresa,  è  propriamente  lo 
scalpello  che  si  adatta  alla  ruota,  fresa- 
trice, la  intera  macchina,  fresare  e  fo'e- 
satura  l'atto  di  tale  operazione.  È  uten- 
sile principe  nella  lavorazione  di  macchino 
e  strumenti  meccanici.  La  voce  è  brutta 
sì  che  spiace,  chi  il  direbbe?  ai  meccanici 
stessi.  Fresa  deriva  dal  francese  fraiser  = 
percer  du  metal  ou  du  bois  à  l'aide  de 
l'instrument  appelé  fraide.  Fraiser,  dal 
lat.  fresus  (frendere  \  rompere). 

Frescante:  dotto  di  pittore  che  dipinge 
a  fresco. 

Freschi  o  fresco:  chiamasi  da'  Vene- 
ziani l'unione  di  molto  gondole,  battelli 
e  barchette  elegantemente  addobbato,  che 
concorrono  poi  Canal  Grande  e  vanno  avanti 
indietro  come  le  carrozze  in  un  corso;  ed  ò 
una  specie  di  spettacolo  che  si  fa  in  onoro 
di  principi  o  in  occasiono  di  qualche  festa. 

Fresco:  in  marina  si  chiama  il  vento 
ben  toso,  in;i  non  ancor  forte,  ondo  i  verbi 


affrescare  e  rinfrescare  quando  il  vento 
comincia  a  soffiare  con  maggior  forza. 

Fricandeau  :  pezzo  di  vitello  lardellato 
e  disossato.  Deriva  da  fricasser  che  vuol 
dire  friggere  in  padella  {casse,  antica  voce 
francese  uguale  a  poèle,  padella). 

Frignare  :  il  piangere  uggioso  del  bam- 
bino. 

Frinire:  il  cantare  della  cicala:  verbo 
rogisti'ato  dal  Gherardini,  op.  cit.;  il  Pe- 
trocchi lo  pone  a  torto  fra  le  voci  fuori 
dell'uso. 

Frlsch,  fromm,  frohiich,  frei:  fresco, 
pio,  ilare,  libero;  i  famosi  quattro  effe; 
motto  della  «  scuola  patriotta  de'  tede- 
schissimi »,  nella  prima  metà  del  secolo 
XIX,  contro  cui  A..  Heine  satireggiò  spe- 
cialmente con  l'orso  immortale  ^q\V Atta 
Troll.  Oggi  è  rimasto  motto  di  società 
ginnastiche  germaniche. 

Frisè  :  fr.  arricciato.  V.  Frisore. 

Frisore  :  dal  francese  friseur,  parruc- 
chiere, barbiere.  «  Ma  è  voce  che  oggi, 
almeno  in  Toscana,  si  vergognano  di  ado- 
perarla gli  stessi  parrucchieri  ».  Così  il 
Rigutini.  Vero  è  che  la  vergogna  fu  tanta 
che  vi  hanno  sostituito,  nelle  scritte  dei 
negozi,  l'altra  parola  francese  coiffeur;  la 
quale  di  per  se  porge  o  sembra  porgere 
idea  di  più  eleganza  e  finezza  che  non  la 
voce  nostra.  Solito  caso!  Usata  pure  èia 
voce  fr.  frisé,  part.  del  verbo  friser,  per 
arricciato,  dotto  della  barba  e  dei  capelli. 

Fritz  :  diminutivo  del  nome  tedesco 
Friedrich  (ricco  di  pace)  Federigo  e  oggi 
Federico. 

Frobeliano  :  aggiunto  di  metodo,  scuol;:, 
giardino,  da  Federico  Frobel  (1782-1852) 
di  Oberweissbach  il  quale  ideò  cotesto  me- 
todo pedagogico  che  consisto  noli' istruirò 
i  bambini  dilettandoli  con  giuochi  con- 
formi all'età. 

Froldo:  voce  dell'idraulica  padana:  la 
tratta  di  argino  costantomonto  lambita  od 
erosa  dalla  corr(>nte. 

Frondeur:  dal  fr.  fronde,  anticamente 
fonde,  dal  latino  funda  :  la  fionda,  isti'u- 
mento  od  arma  ])or  isoagliar  sassi  e  non 
ignoto  ai  moderni,  specie  agli  scolaretti 
ed  agli  uccelli  dei  giardini  publici.  Ma 
non  si  tratta  di  ciò.  Fronde  è  il  uomo 
del  partito  che  insorse  in  Francia  contro 


Fro 


—     196     — 


Fui 


Mazzarino  al  tempo  della  minorità  di 
Luigi  XIV  (1648-1652).  L' origine  della 
parola  si  vuole  sia  stata  questa  :  v'era  in 
Parigi  il  mal  vezzo  che  i  ragazzi  avevano 
di  battersi  con  la  fionda  in  Parigi,  sui 
bastioni  e  pei  fossati;  ora  discutendo  in 
Parlamento,  avvenne  che  un  consigliere 
dicesse  che  egli  fronderaii  a  sua  volta 
l'opinione  dell'avversario  che  era  favore- 
vole alla  Corte,  cioè  a  Mazzarino,  allu- 
dendo così  al  detto  giuoco  della  fionda.  La 
voce  piacque  :  frondeurs  furon  poi  detti 
quelli  che  erano  contro  la  Corte  e  fronde 
il  partito.  La  voce  è  viva  tuttavia  in 
francese  e  serve  ad  indicare  l'abitudine 
alla  critica  ed  alla  censura,  l'opposizione 
sistematica,  specie  in  cose  di  politica  e 
di  amministrazione,  che  sì  vale  dell'ingi- 
gantire gli  errori  necessari  e  naturali  degli 
avversari,  dello  scherno,  della  superiorità 
scettica  e  saputa.  La  voce  è  usata  anche 
presso  dì  noi,  e  1'  ho  intesa  tradotta  nel 
linguaggio  familiare  in  frondista. 

Frondista:  Y.  Frondeur. 

Frontindietro:  noto  comando  militare 
che  ordina  il  volgersi  rapido,  risoluto, 
concorde  di  un  drappello  o  compagnia  di 
soldati.  Dicesi  per  celia  e  beffa,  e  nel 
linguaggio  molto  familiare,  per  indicare 
r  azione  di  chi  recede  dal  primo  proposito 
per  alcuna  prudente  cagione. 

Frontista  :  il  proprietario  di  case  o  di 
terreni  di  fronte  a  strade,  fiumi,  passaggi. 

Frotteur  :  celui  qui  frotte  les  parquets  ; 
lustratore. 

Fruges  consumerò  nati  :  nati  a  consu- 
mare le  biade.,  detto  stupendamente  degli 
uomini  che  passano  la  vita  senza  valore. 
(Orazio,  Epistole^  I,  2,  27). 

Frusta  letteraria  :  giornale  di  fiera  cri- 
tica letteraria,  edito  da  G.  Baretti,  sotto 
il  pseudonimo  di  Aristarco  Scannabue,  a 
Venezia  prima  indi  nel  1765  ad  Ancona 
con  la  falsa  data  di  Trento.  Il  titolo  fe- 
lice ha  acquistato  un  certo  valore  antono- 
mastico  ed  estensivo,  e  perciò  qui  è  notato. 

Frutticultura:  quella  parte  della  scienza 
agricola  che  tratta  razionalmente  della 
coltivazione  dei  frutti. 

Fruttidoro:  fr.  fructidor,  il  12^  mese 
nel  calendario  della  Eepublica  Francese , 
dal  18  agosto  al  16  di  settembre:  il  mese 


che  porge  i  frutti.  Certo  un  senso  di  este- 
tica naturale  presiedette  alla  formazione 
di  questi  nuovi  nomi  dei  mesi  :  oggi  me- 
moria storica. 

Ftiriasì  :  lat.  phthiriasis,  da  qy^eÌQ  = 
pidocchio,  sin.  Malattia  pedieulare.,  da 
pediculus  ^z  pidocchio.  Con  questo  nome 
si  designa  quello  stato  morboso  determi- 
nato da  un  gran  numero  di  pidocchi  su  la 
superficie  cutanea  delle  bestie,  (non  escluso 
l'uomo). 

Fuchsia:  (dedicata  al  botanico  bavarese 
Leon.  Fuchs)  è  un  genere  di  piante  che 
conta  parecchie  specie,  ciascuna  con  nu- 
merose varietà,  quasi  tutte  coi  fiori  pen- 
denti e  bellissimi,  piccoli  o  grandi,  sem- 
plici 0  doppii,  frequentemente  a  due  co- 
lori, per  es.  il  calice  rosso  e  la  corolla 
violetto  scuro,  oppure  il  calice  rosso  e  la 
corolla  bianca.  |  Le  Fuchsie  non  sono  erbe 
ma  frutici  che  si  coltivano  dittusamente 
in  vasi  su  le  finestre.  I  loro  fiori  si  chia- 
mavano in  Istria,  e  ancora  talvolta  si  chia- 
mano dalle  donne  e  dai  ragazzi,  lacrime 
d'Italia^  alludendosi  alla  schiavitìi  delle 
terre  italiane.  Le  fuchsie  sono  piante  però 
originarie  in  buona  parte  del  Chili  e  del 
Messico  ed  appartengono  alle  famiglie  delle 
Onagrariacee. 

Fuero:  (dal  latino  forum  =  tribunale) 
voce  spagnuola  che  significa  legge.,  sta- 
tuto., privilegio  di  una  città  o  di  una  re- 
gione. Voce  storica. 

Fugato  :  agg.  da  fuga.,  termine  musi- 
cale che  significa  uq  componimento  a  due, 
a  tre,  a  quattro  ed  anche  a  un  numero 
maggiore  di  voci,  nel  quale  V  una  voce 
insegue  l'altra  ripetendo  ciò  che  fu  pre- 
cedentemente cantato.  Una  delle  poche 
voci  italiane  del  linguaggio  musicale  che 
mi  sorprende  veder  resistere  e  vivere  nei 
dizionari  stranieri. 

Fugit irreparabile  tempus  :  (Verg., 

Georg.,  IH,  284):  fugge  l'irreparabile 
tempo:  la  forma  intera  è:  fugit  interea, 
fugit  irreparabile  tempus. 

Fu  il  vincer  sempre  mai  laudabil  cosa, 
Vincasi  per  fortuna  o  per  ingegno:  versi 
popolari  dell'  Ariosto,  Orlando  Furioso, 
e.  XV,  cui  forse  non  è  aliena  una  sfu- 
matura di  quell'umorismo  che  del  grande 
poeta  era  proprio. 


—     197    — 


Fui- 


Fuimus  Troes:  così  dice  il  sacerdote 
P*anto,  ove  Enea  narra  della  ruina  di 
Troia  [Aen.^  II,  325);  fummo  Troiani^ 
ora  cioè  non  lo  siamo  più,  non  abbiamo 
patria,  nulla  più  siamo  !  Eipetesi  il  motto 
dolorosamente  riferendosi  ad  uno  stato  di 
cose  che    più  non  è  ne  potrà  essere. 

Fujo  :  voce  della  lingua  nostra  fuori 
d'uso  e  vale  ladro^  lat.  /wr,  cfr.  furto^ 
furare;  e  fuja  nel  senso  di  meretrice: 

Messo  di  Dio,  aiiciderà  la  fuja 
e  quel  gigante  che  con  lei  delinque. 

D.*NTE,  Purg.,  XXXin,  44,  45. 

Fujo  vale  anche  nella  lingua  nostra 
antica  per  aureo^  latino  furvus.  NB.  Si 
registra  questa  parola  perchè  non  la  trovo 
registrata  ove  dovrebbe  essere,  cioè  nella 
Nuova  Crusca. 

Fumetto  :  nome  dato  in  Toscana  ad  un 
liquore  consimile  al  mistrà. 

Fumista:  termine  volgare  del  dialetto 
milanese  che  significa  il  fabbricatore  e 
l'operaio  di  stufe,  camini  e  simili.  Dal 
francese  fumiste. 

Fumiste:  voce  del  gergo  francese  che 
significa  trompeur^  mystifècateur:  mot  a 
mot:  homme  qui  fait  fumer  les  gens^ 
e  secondo  altri  :  homme  doni  les  aetes 
ne  soni  que  de  vaines  fumées.  Dunque 
in  italiano  ciurmadore^  bindolo.^  imbro- 
glione :  in  verità  i  termini  sono  tanti  che 
credo  ogni  regione  italiana  abbia  il  suo 
speciale  vocabolo.  Eppui-e  fumiste  occorre 
non  raro,  specie  nel  linguaggio  dei  gior- 
nali. Voce,  del  resto,  effimera  come  tante 
altre  parole  del  gergo  francese  di  cui  si 
compiace  talora  o  di  cui  per  ignoranza  e 
fretta  subisce  l' influsso  il  giornalismo  ita- 
liano. Singolare  tuttavia  è  la  forza  di  espan- 
sione e  di  diffusione  che  hanno  queste  pa- 
role àoììV  Argot. 

Fumoir  :  in  francese  indica  lo  stanzino 
0  la  sala  dove  è  permesso  fumare  e  v'  è 
l'occorrente.  Non  vi  corrisponde  voce  ita- 
liana, perchè  da  noi  più  semplice  il  co- 
stumo e  certo  complicate  i-affinatezzo  del 
vivere  —  su  cui  il  giudizio  dell'uomo 
savio  non  può  essere  incerto  —  ci  vennero 
da  altri  ])aosi. 

Funambolismo:  astratto  di  funambolo. 
V.  pel  senso  Acrobatismo. 


Funzionamento:  neol.  per  l'atto  del. 
fungere,  la  funxdoni.,  dal  fr.  fonction- 
nement. 

Funzionare:  neologismo  oggi  prevalente 
nella  lingua  dell'uso  in  luogo  di  altri  verbi 
come  fare,  agire,  esercitare.,  lavorare: 
uomini  e  macchine  parimente  funzionano. 
Manifestamente  la  parola  si  formò  non 
per  forza  estensiva  della  voce  funzione., 
da  fungere,  ma  su  lo  stampo  della  equi- 
valente voce  francese  fonctionner,  e  così 
dicasi  del  nome  funzionario,  fr.  fonction- 
naire.,  con  il  quale  nome  si  intende  un 
ufficiale  publico,  ma  rivestito  di  alcuna 
autorità  superiore  e  alto  grado;  e  cosi 
pure  non  bello  né  nostro  è  il  faciente 
funzione  di  sindaco  invece  di  prosin- 
daco 0  vice-sindaco. 

Funzionario:  V.  Funzionare. 

Fuociii  di  S.  Elmo:  Y.  Elmo. 

Fuoco  sacro  o  fuoco  di  S.  Antonio  :  in 
medicina  è  sinonimo  éX  erisipela  carbon- 
chiosa, forma  di  carbonchio  particolare 
ai  suini. 

Fuor  d'opera  (un):  fr.  hors-d'oeuvre: 
nel  senso  di  inutile,  superfluo,  è  locu- 
zione comune.  Es.  «  Dell'  on.  X***  è  un 
fuor  d'opera  tessere  la  biografia  » . 

Fuoribanda  :  lato  esterno  del  bastimento. 

Fuoribordo  :  parte  esterna  del  basti- 
mento dai  duo  lati. 

Fuori  i  barbari  :  grido  di  guerra  attri- 
buito a  Papa  Giulio  II  della  Rovere  che 
pontificò  fra  gli  anni  1503  e  1513.  Motto 
divenuto  proverbiale. 

Fuorviare:  per  sviare,  traviare,  è  dal 
Rigutini  notata  per  voce  «  nuova  e  sgar- 
bata»: ò  pur  ripresa  dal  Fanfani,  ne  in- 
vero appare  necessaria,  come  è  il  caso  di 
molti  nostri  neologismi,  abusivi  e  non  ri- 
chiesti. 

Furgone:  V.  Forgone. 

Furia  francese  :  locuzione  formatasi  cer- 
tamente in  Italia  e  che  i  francesi  ripe- 
tono sì  in  forma  italiana  che  in  francese, 
furie  franQaise,  per  significare  F  impoto 
bollico  di  quel  popolo  bellicoso,  specie  nel 
primo  impoto.  0.  Cesare  nel  suo  De  hello 
Gallico  vi  accenna,  ma  l' espressione  ca- 
ratteristica si  d(n'e  esser  formata  nel  '500 
al  tempo  delle  mirabili  battaglie  di  cui 
l'Italia   fu   teatro:    Fornovo,    Marignano, 


Tur 


198 


Fus 


Kavenua.  Altri  pensa  nata  la  locuzione 
al  tempo  della  battaglia  di  Fornovo,  a  pro- 
posito della  quale  G.  Giorgio  Aliene,  asti- 
giano e  partigiano  di  Francia,  scrisse 
questi  versi  che  dovevano  essere  ripetuti 
qualche  secolo  dopo,  se  non  nel  suono, 
nel  senso  : 

«  Ja  ne  soit  il  usance  à  vous  itaulx 
quen  champs  mortaulx  on  vous  saiche  attrapper». 

Furlana:  specie  di  danza  usata  nel  Friuli 
ed  è  pure  aggettivo  dialettale  por  friulana. 
Furor  teutonicus  :  l' impeto  belligero 
dogli  antichi  Germani,  leggesi  nella  Phar- 
salia,  I,  256,  di  Lucano.  Anche  il  Pe- 
trarca nella  sua  famosa  canzone  ai  Si- 
gnori d'Italia  ricorda  il  furore  tedesco  : 

che  il  furor  di  lassù,  gente  ritrosa, 

vincerne  d'intelletto 

peccato  è  nostro  e  non  naturai  cosa. 

Ma  ha  altro  senso. 


Furori  uterini:  termine  volgare  nostro 
per  indicare  ciò  che  piìi  scientificamente 
dicesi  ninfomania.  V.  questa  parola  in 
Appendice. 

Furtivo  :  nel  linguaggio  dei  legali  que- 
st'aggettivo è  in  uso  invece  di  rubato., 
dal  latino  furtivus  onde  anche  refurtiva 
=  la  cosa  rubata.  Nel  linguaggio  comune 
furtivo  significa  soltanto  clandestino.,  oc- 
culto. 

Fuso  orario  :  uno  dei  ventiquattro  fusi 
uguali  nei  quali  fu  convenuto  di  imma- 
ginare divisa,  mediante  meridiani,  la  su- 
perficie del  globo  terracqueo  per  quello 
che  riguarda  1'  assegnazione  dell'  istante 
in  cui  in  un  dato  luogo  deve  aver  prin- 
cipio il  giorno  civile.  Sono  detti  fusi  per 
l'analogia  che  la  superficie  esterna  di 
questi  ventiquattro  spicchi  avrebbe  col 
fuso  ove  fosse  sviluppata  su  di  un  piano. 


C3- 


Gabbia:  ter.  mar.,  vela  quadra,  la  se- 
conda in  grandezza  che  si  spiega  al  di- 
sopra del  trevo  la  quale  è  la  maggiore  e 
più  bassa  delle  vele  quadrate.  Gabbia  è 
specialmente  quella  centrale,  Parroehetto 
la  prodiera,  Contramexxana  la  poppiera 
(in  una  nave  a  tre  alberi). 

Gabbiano:  V.  Coeal. 

Gabbiere:  term.  mar.,  marinarlo  scelto, 
deputato  a  qualunque  manovra  degli  alberi. 

Gabeliotto:  voce  siciliana  gabillotu^  ap- 
paltatore di  gabèlle.  Quegli  che  tiene  le 
altrui  possessioni  a  fitto,  fittajuolo. 

Gabinetto:  la  voce  fr.  caème^  =  stan- 
zino, ha  dato  all'italiano  molti  gabinetti. 
Dal  tempo  dell' Algarotti  in  su  si  sono  ve- 
nuti estendendo  per  tal  modo  nell'uso  che 
tentar  di  espellerli  sarebbe  opera  vana, 
anche  per  un  purista.  Passiamoli  in  rasse- 
gna: Gabinetto  di  lettura  {cabinet  de 
leeture).,  Gabinetto  di  storia  naturale,  di 
Fisica^  otc.  (cabinet  d^  histoire  ìiaturelle^ 
de  physique),  Gabinetto  d'anatomia  (ca- 
binet d' anatomie) ,  Gabinetto  di  toilette 
{cabinet  de  toilette).,  Gabinetto  partico- 
lare (cabinet  particulier)  stanzi  na  appar- 
tata ne'  caffè  e  nei  pubiici  ritrovi  ;  o  anche 
la  stanza  segreta,  scrittoio  o  studio,  del 
Monarca  ove  convengono  i  ministri  per 
trattare  gli  affari  dello  Stato.  Ed  estenden- 
do quest'ultimo  significato,  gabinetto  valse 
governo,  specialmente  nei  rapporti  fra 
Stato  e  Stato;  indi  consiglio  dei  Mini- 
atri., indi  le  locuzioni  affari  di  gabinetto, 
questioni  di  gabinetto.  Infine  gabinetto 
dicesi  per  cesso  o  privato.,  IV.  cabinet 
d'aisance^  o  semplicemente  cabinet.  An- 


che in  tedesco  kabinett  ha  i  significati  sopra 
detti.  La  parola  cabinet  e  così  la  voce 
cabine,  inglese  cabin,  hanno  la  stessa 
origine  etimologica  della  parola  nostra 
capanna  (fr.  cabane,  spag.  cabana)  cioè, 
come  pare  da  una  voce  celtica  caban,  di- 
minutivo di  cab,  voce  inglese,  che  vale 
vettura  (V.  Cab).  Isidoro  menzionando  la 
voce  capanna,  spiega  :  hanc  rustici  ca- 
pannam  vocant  quod  unum  tantum  ca- 
piat,  ma  non  è  ritenuta  buona  etimologia. 

Gabinetto  di  decenza:  V.  Luogo,   etc. 

Gabinetto  nero:  ufficio  segreto  ne' dica- 
steri od  altrove  ove  si  esercita  una  se- 
greta sorvegiianzadi  polizia,  specie  aprendo 
0  intercettando  lettere  e  dispacci.  Fr.  ca- 
binet noir:  come  nome  e  istituto  politico 
risale  al  tempo  di  Luigi  XIV.  V.  la  voce 
precedente.  NB.  La  denominazione  non  è 
ufficiale. 

Gaffe  :  V.  Bevue.  Nel  linguaggio  mon- 
dano alla  voce  bevue  si  alterna  oggi,  al- 
meno così  mi  si  accerta,  la  voce  del  gergo 
familiare  francese  gaffe  per  significare  un 
granchio,  uno  sbaglio,  una  topica.  Es. 
«Guardi  quella  balena  inacqua».  «Scusi, 
signoro,  è  mia  moglie  ». 

Gagliardetto:  term.  mar.,  bandiera  bi- 
forcuta usata  come  distintivo  o  come  ban- 
diera per  segnali. 

Gagnant  :  mn  giuochi  delle  corse  {sport) 
invece  di  vincitore,  si  dice  talvolta  fran- 
cesement(^  gagnant. 

Gala  scienza:  fr.  gaie  soienoe:  nome 
storico  dato  in  antico  alla  poesia  trova- 
dorica  e  allo  ([uostioiii  erotiche  di  cui  era 
inatcM'ia  nello  Corti  d'Amoi'O. 


Gal 


200     — 


Gum 


Gala:  dicesi  in  marina  gran  gaia  quando, 
oltre  alla  bandiera  nazionale  ed  ai  distin- 
tivi speciali  inalberati,  si  stendono  da 
prua  a  poppa  le  bandieruole  de'  segnali. 
Y.  Pavese.  La  piccola  gala  consiste  nel- 
l'innalzare  sugli  alberi  le  sole  bandiere 
nazionali. 

Galantina:  noto  piatto  rifreddo  di  com- 
plicata arte  culinaria,  solitamente  fatto 
di  capponi  disossati  e  farciti  :  servesi  con 
gelatina.  Nome  e  cosa  verosimilmente  di 
provenienza  francese:  galantine:  la  pa- 
rola galani  però  non  ci  ha  che  vedere. 
Galantine^  secondo  che  ne  spiega  il  Littré^ 
proviene  da  una  radice  tedesca  gal.,  onde 
g  allevi  =1  gelatina. 

Galantuomo:  nei  paesi  dell'Italia  meri- 
dionale questo  vocabolo  ha  un  ben  curioso 
significato:  indica  cioè  colui  il  quale  ve- 
ste civilmente,  da  signore.  (Il  galaniuomo 
nel  senso  morale  è  colui  che  porta  il  grave 
peso  della  coscienza,  quindi  è  destinato  a 
far  poca  strada  nella  vita). 

Galatea:  dal  greco  gala.,  latte,  quindi 
bianca  come  il  latte:  nome  di  mirabile 
e  ridente  Nereide,  celebrata  da  Teocrito 
e  per  imitazione  da  Vergilio  {Egloghe)  e 
dal  Poliziano  {Stanxe).  Suona  antonoma- 
sticamente. 

Galaverna  (da  un  caligo  hibema?): 
così  chiamano  con  voce  dialettale  in  Eo- 
magna  il  nevischio  gelato  e  minuto,  quello 
che  i  francesi  dicono  verglas  :  e  significa 
altresì  la  brina. 

Quando  la  brina  in  su  la  terra  assempra 
l'imagine  di  sua  sorella  bianca, 
ma  poco  dura  alla  sua  penna  tempra. 

Dante,  Inf.  XXIV. 

Galeone:  accrescitivo  di  galèa  0  galera 
ed  è  nome  di  antica  nave,  di  alto  bordo, 
rilevata  a  prua  e  a  poppa,  con  portelli  per 
i  cannoni.  Andava  a  vela  con  quattro  al- 
beri, due  quadri  e  due  latini.  Serviva 
per  guerra  e  per  mercanzia. 

Galeotto:  ha  antico  valore  di  me%%ano 
di  amori.,  ed  è  traduzione  del  nome 
Galtehaut.,  il  quale  fu  gentil  cavaliere  e 
fa  pietoso  intermediario  fra  la  regina  Gi- 
nevra e  Lancilotto  dal  Lago,  come  si  legge 
nella  bellissima  istoria  di  questo  nome 

Galeotto  fa  il  libro  e  chi  lo  scrisse 

Dante,  Inf.  V.  137. 


e  il  Decameron  fu  da  alcun  lettore  an- 
tico cognominato  il  prencipe  Galeotto  per 
indicare  le  pericolose  lusinghe  che  vi  si 
contengono. 

Galletta:  voce  lombarda,  estesa  anche 
in  altre  regioni  dell'  Italia  centrale  per 
indicare  il  bozzolo  del  baco  da  seta:  da 
galla.,  gallozza.,  gallòzzola.,  lat.  galla. 

Gallicanismo:  nome  dato  al  sentimento 
di  indipendenza  da  Roma  che  ebbe  il  clero 
cattolico  francese  fino  dall'  Evo  Medio 
(Gallia.,  lat.  =  Francia).  Es.  Chiesa  Gal- 
licana. 

Gallina  faraona:  V.  Faraona. 

Galoche  :  così  sono  chiamate  quelle  so- 
prascarpe di  gomma  che  di  verno  special- 
mente servono  a  preservare  i  piedi  dal- 
l'umidità. La  parola  è  francese,  e  dicesi 
anche  claqiie:  in  italiano  v' è  galoscia  0 
caloscia  0  gallozza.,  voce  classica  e  antica. 
Ma  chi  la  usa?  Appartiene  al  novero  delle 
parole  semi  morte.  Etimologia  più  sem- 
plice di  galoche  è  da  gallica^  scarpa  gal- 
lica 0  francese,  0  galoehia  nel  basso  latino. 
Il  Mussafia  propende  per  calones  =  zoc- 
coli. Lo  Scheler  per  calopodia  —  zoccoli. 

Galope  0  galop:  nome  di  nota  danza 
vivace,  di  origine  francese,  vraiment  na- 
tionale!  nota  un  lessicografo  francese. 

Galoppante:  attributo  di  tisi  ulcerosa 
a  rapido  decorso:  fr.  phtisie  galopante., 
quasi  che  brulé  les  étapes. 

Galvanizzare  :  tm  cadavere.,  ima  mum- 
mia., etc,  è  locuzione  comune  che  vale 
animare.,  voler  dar  vita  a  persone,  isti- 
tuii cose  che  non  hanno  più  forza  vitale. 
Se  i  francesi  estesero  primi  a  tale  senso 
figurato  e  forte  il  verbo  igalvaniser  =  don- 
ner  une  vie  factiee  et  momentanee)  e  noi 
imitammo,  sarà  gallicismo  condannabile? 
Y.  Elettrizzare.  {Galvanizzare.,  dal  nome 
del  nostro  grande  Galvani). 

Gamba  di  Vladimiro  (la)  :  è  rimasta  ce- 
lebre per  alcun  tempo  negli  annali  del 
Parlamento  italiano.  Essa  fu  la  cagione 
della  caduta  del  primo  ministero,  G.  Ni- 
cotera,  1877.  Aveva  egli  un  certo  suo  uf- 
ficio altrettanto  segreto  quanto  illecito 
{Gabinetto  nero)  nel  quale  si  faceva  lo 
spoglio  delle  lettere  e  dei  dispacci  privati. 
Gliene  capitò  uno  che  parlava  di  una  fe- 
rita alla  gamba   di   Yladimiro.  Si  era  al 


Oam 


201 


(hiv 


tempo  della  guerra  turco-russa.  Il  Nico- 
tora,  pronto,  mandò  le  sue  condoglianze 
ed  auguri  a  non  so  quale  gi-anduca  Vla- 
dimiro, congiunto  dello  Tzar,  Trattavasi 
invece  di  un  semplice  privato.  Onde  il 
ridicolo  e  la  caduta  del  Ministro.  Se  non 
così,  press' a  poco. 

Gambrinus:  nome  leggendario  di  un  re 
di  Fiandra  (presunta  contrazione  di  Jan 
Primus)  cui  è  attribuita  l'invenzione 
della  birra.  Sta  il  fatto  che  la  birra  col 
nome  di  vino  d' orxo  (oinos  krithinos) 
è  ricordata  persino  t\q\V Anabasi  di  Se- 
nofonte. Oambrinus  o  Oambrino,  com- 
preso il  diminutivo  Oamhrinetto^  è  nome 
dato  a  molto  birrerie  in  Italia.  Il  flavo 
e  barbuto  re  teutonico,  a  cavalcione  di 
un  fusto  di  birra  in  su  l'insegna,  par  sor- 
ridere dal  piacere  con  cui  seppe  con  la 
sua  squallida  cervogia  conquistare  il  mer- 
cato del  paese  del  vino  (Enotria). 

Gamma:  vale  scala  musicale,  nome  da- 
tole da  Guido  d'Arezzo,  nostro,  che  ag- 
giunse questa  lettera  greca  (F  =  g)  alla 
serie  delle  note  :  In  'primis  ponitur  F 
graecum,  a  modernis  adiunctum,  come 
scrisse  egli  stesso.  Ma  come  termine  let- 
terario e  pittorico,  cioè  per  indicare  gra- 
dazioni, è  un  senso  estensivo  che  noi  to- 
gliemmo dai  francesi:  Es.  «  La  ganiìna 
dei  colori.  La  gamma  del  riso,  etc.  » . 

Garage:  voce  francese  che  significa  l'a- 
ziono del  garer^  guardare,  mettere  in  ista- 
zione  (gare)^  al  riparo  nave,  convoglio, 
carro.  Rimessa. 

Garante,  garanzia,  garantire:  sono  voci 
oramai  accolte  dalla  Crusca:  spiacciono 
tuttavia  ai  puristi  perchè  venuteci  dal 
francese  garant,  garantie,  garantir^  de- 
rivate dal  latino  medievale  ivarendare  e 
icarens,  dall'antico  alto  tedesco  werén  (al- 
meno secondo  il  Kluge,  op.  cit.)  --=  prestar 
malleveria.  Le  parole  nostre  sono  malleva- 
dore, malleveria  o  mallevadoria  e  malle- 
vare. Hanno  però  il  torto  di  essere  alquanto 
letterarie.  Viva  tuttavia  è  nel  popolo  la 
buona  voce  sicurtà  per  garanxia.  Anche 
in  tod.  Qarantie,  voce  usata  dalla  2"^  metà 
del  sec.  XVIL 

Garbino:  (dal  arabo  //arò/ rr:  occiden- 
tale) vento  di  liheccio.  (Questa  antica  no- 
stra voce,  poco  usata,  oivimai  in  altro  re- 


gioni d' Italia,  è  vivissima  sul  nostro  lito- 
rale Adriatico.  E  altresì  in  francese  (grar6«w. 

Garbo:  tei-m.  mar.,  modello  di  sottili 
tavole  di  abete,  che  indica  la  forma  di 
un  pezzo  di  costruzione  di   un   naviglio. 

Garpon:  fr.  garzone,  in  vece  di  came- 
riere  o,  più  popolarmente,  bottega,  è  no- 
tato nel  Lessico  del  Fanfani.  Ma  non  mi 
pare  molto  dell'uso  al  dì  nostro,  o  almeno 
sa  molto  di  affettato  e  altezzoso. 

Garconnière:  appartamento  da  scapolo 
(gar^on).  Oarponnière  dicesi  altresì  di 
una  ragazza  che  corre  e  giucca  co'  maschi  : 
termine  familiare  francese  e  non  senza 
senso  di  biasimo. 

Garcons  de  la  noce:  les  jeunes  gens 
chargés  de  faire  les  honneurs  de  la  noce 
(Littré). 

Garde  enfant  o  porte  enfant:  sono  pa- 
role che  la  gente  mondana  usa  per  indi- 
care la  trapuntina  elegante  ove  si  collo- 
cano, rinserrando,  i  neonati.  Ma  non  le 
trovo  in  francese.  V.  Voltaire,  Notes,  etc. 

Garden-party:  locuzione  e  costumanza 
inglese  in  molto  onore  presso  la  nostra 
gente  mondana,  la  quale,  come  è  noto, 
riveste  un  carattere  internazionale.  Si- 
gnifica un  ritrovo  di  signori  e  di  damo 
in  giardino  o  altro  luogo  aperto,  per  sol- 
lazzi, giuochi,  spettacoli  o  altre  forme  di 
svaghi  signorili.  Garden  paoiy ,  c<ymQ  à.Q\. 
resto  quasi  tutte  queste  locuzioni  inglesi, 
appartiene  pure  al  numero  delle  voci  neo- 
logiche francesi. 

Garder  une  poire  pour  la  soif:  modo 
familiare  francese,  tradotto  da  noi  spesso 
letteralmente,  per  dire  serbare  qualcosa, 
pel  bisogno.  Locuzione,  presso  di  noi.  del 
linguaggio  mondano. 

Gare:  fr.  staxione,  da  garder:  cfr.  l'ita- 
liano guardia;  dal  tedesco  warte.  Voce 
francese  non  del  tutto  fuor  d'uso  nò  ignota 
anche  al  popolo  :  es.  i  vetturini"  dello 
grandi  città. 

Garganello:  in  mWimoi^e  garganell,  spe- 
cie di  niorgo  o  smergo,  uccello  acquatico. 

Gargantua:  dicesi,  con  senso  tolto  dal 
francese,  di  mangiatore  famosissimo:  vero 
è  che  (rargantua,  nome  proprio  e  titolo 
del  (japolavoro  di  Francc^sco  Rabelais,  fu 
oltr(>  che  gran  mangiatore,  gigante  genia- 
lissinio  le  cui  imin-ese  (^d  i  cui  detti  sono 


Gar 


202 


Gat 


anche  oggi  degni  della  più  grande  consi- 
derazione. Oargantua  par  derivato  dal 
vocabolo  provenzale  gargante  —--  gozzo,  e 
non  dalla  lepidezza  con  cui  il  padre  di 
Gargantua  salutò  il  figlio,  vedendogli  spa- 
lancar la  bocca  :    Que  grand  tu  as  ! 

Gargotta:  V.   Qargote. 

Gargote:  voce  francese:  bettola^  osteria 
d'infima  specie:  leggesi  tradotta  anche  in 
gargotta.  Voce  di  incerta  etimologia.  V. 
Zambaldi,  op.  cit.;  Soheler,  op.  cit. 

Garibaldino:  glorioso  nome  storico  dato 
al  soldato  volontario  di  Garibaldi. 

Gami  :  V.  Hotel  gami. 

Garrotta  :  dallo  spagnuolo  garrote  :  sup- 
plizio legale  usato  tuttora  in  Ispagna  per 
dar  morte,  strangolando  senza  sospensione. 
Consiste  in  un  anello  cui  il  carnefice  con 
vite  0  manovella  chiude,  troncando  il  collo 
intromesso  del  paziente.  La  parola  è  re- 
gistrata anche  nei  diz.  francesi:  garrotte. 

Gas:  0  gaz  come  è  scritto  in  francese: 
ogni  fluido  aeriforme  che  rimane  tale  alla 
pressione  e  alla  temperatura  ordinaria,  ha 
tale  nome.  Voce  ani  versale,  creata  verso 
il  '600  da  van  Helmotit^  chimico  olan- 
dese, e  che  pare  formata  dalla  voce  geest 
=  spirito,  tedesco  geist.  Secondo  lo  Scheler 
meglio  dal  verbo  gclschen.,  =  schiumare, 
fermentare.  La  forma  gasse^  non  è  molto 
dell'uso  se  non  in  Toscana.  Sarebbe  desi- 
derabile che  delle  due  grafie  gaz  e  gas 
questa  fosse  preferita,  sì  per  ragione  di 
etimologia,  come  per  effetto  dei  composti, 
in  cui  prevale  Vs. 

Gas-povero:  neol.;  è  un  gas  così  detto 
povero  perchè  ha  un  piccolo  potere  calo- 
rifero (ossia  sviluppa  poche  calorie  nella 
sua  combustione).  Si  adopera  con  i  motori 
a  gas  per  sviluppo  di  forza.  Si  ritrae  dal 
carbone  nei  gasogeni,  quale  prodotto  di 
combustione  incompleta. 

Gasthaus:  in  tedesco  significa  albergo  e 
locanda.,  ma  vi  si  annette  l'idea  di  luogo 
di  minor  importanza  e  più  alla  buona  che 
non  sia  V hotel. 

Gastro-enterite:  voce  medica,  dal  gr. 
gastèr  =  ventre  ed  ènteron  —  intestino. 
Infiammazione  della  mucosa  intestinale. 

Castro  entero  stomia  :  (yaoTyg,  svtegov 
==  ventre,  otó/na  ::i:  bocca)  operazione  chi- 
rurgica che  consiste  nel  mettere  in  comu- 


nicazione lo  stomaco  con  un'  ansa    inte- 
stinale. 

Gateau  :  italianizzato  talvolta  in  gaio., 
mentre  vi  risponde  la  parola  dolee  :  voce 
generica  per  indicare  dolci  di  pasta  frolla, 
di  lievito  0  di  pasta  sfogliata,  ma  di  una 
certa  dimensione  e  che  prendono  nomi 
speciali  secondo  le  regioni  e  gli  ingredienti 
di  cui  sono  fatti.  Questa  parola  francese 
in  alcune  nostre  regioni  è  assai  familiare. 

Gatò  :  V.   Gateau. 

Gattinàra:  vino  del  Piemonte  (Novara). 
Nella  categoria  dei  vini  di  lusso  occupa 
uno  dei  migliori  posti.  Eosso  granato,  bril- 
lante, di  lunga  durata.  Invecchiando, 
prende  un  color  rosso  ranciato  ed  un  pro- 
fumo suo  particolare.  Domanda  quattro 
anni  di  età  circa. 

Gatta  ci  cova  !  locuzione  nostra  lami- 
liare  e  scherzosa  che  vale  c'è  sotto  qual- 
che inganno,  frode.,  malizia.,  e  dicesi 
quando  non  si  nutre  sospetto  in  qualche 
operazione  o  questione,  «  giacche  quando» 
il  gatto  è  lì  in  agguato,  che  par  che  faccia 
la  cova,  macchina  certo  a  qualche  sorcio 
0  pezzo  di  lardo  le  insidie  sue  »  Pico  Luri 
da  Vassano  op.  cit.  Se  questo  fosse  un 
libro  di  curiosità  delle  parole,  sarebbe 
piacevole  il  raccogliere  le  molte  locuzioni 
e  comparazioni  che  dal  nome  gatto  si  sono 
formate:  Innamorata  come  una  gatta., 
per  dire  innamorata  cotta,  e  in  milanese 
ves  pesg  d'ona  gatta  soriana,  esser  donna 
facile  a  innamorarsi;  attaccar  lite  col 
gatto,  detto  di  chi  porta  graffiature  sul 
volto  ;  essere  svelto  o  nuotare  come  un 
gatto  di  piombo.,  esser  tardo,  non  saper 
nuotare;  andare  a  comperare  il  lardo 
dal  gatto.,  aver  che  fare  con  uomo  tac- 
cagno; i  figli  dei  gatti  raspano.,  squisita 
frase  popolare  per  significare  la  forza  del- 
l' ereditarietà;  precidersi  una  gatta  da 
pelare.,  assumersi  impegni  fastidiosi  con 
poca  probabilità  di  riuscita;  non  c'è  un 
gatto.,  non  c'è  nessuno;  esser  quattro  gatti, 
per  dire  essere  in  pochi,  ma  in  senso  fa- 
ceto di  sprezzo  ;  in  milanese  v'  è  la  cu- 
riosa locuzione,  vessegh  su  el  gatt,  esservi 
il  gatto  sopra,  per  dire  che  una  cosa  non 
si  può  fare,  etc,  senza  notare  i  notissimi 
modi  come  essere  amici  come  cani  e  gatti; 
non  vender  la  gatta  nel  sacco^  etc. 


(JilU 


203 


Geii 


Gattamorta:  voce  familiare  nostra,  dotta 
di  pri'soiia  cho  iìnge  di  esser  semplice  e 
non  ò,  come  appunto  fa  il  gatto  che  si- 
mula talora  il  sonno  quando  sta  por  ru- 
bare. 

Gaudium  est  miseris  socios  habuisse 
poenarum:  V^,  Solamen  miseris^  etc. 

Gaucho:  cho  si  pronuncia //awc/o;  nome 
dato  ai  mandriani  o  pastori  delle  Pampas, 
abilissimi  cavalcatori,  allevatori  e  caccia- 
tori di  cavalli. 

Gattoni  :  voce  antica  e  classica,  ristretta 
•oramai  all'uso  di  toscana  e  vuol  dire  ciò 
che  il  popolo  chiama  orecchioni  e  i  me- 
dici parotite  ;  ma  il  Petrocchi  la  registra 
come  parola  italiana,  cioè  comune  alle 
varie  regioni.  Gattoni  da  gotoni^  accre- 
scitivo di  gota. 

Gauche:  parola  francese,  talora  usata 
nel  senso  di  'malpratico.,  maldestro,  inetto. 
Es.  «  Disgraziatamente  egli  è  onesto,  e 
([uindi  timido  e  gauche».  E  si  noti  che 
tolgo  l'esempio  da  un  letterato  che  va  per 
la  maggiore  I  Proprio  codesto  di  usare 
inutilmente  voci  straniere,  pili  che  vezzo, 
è  vizio.  Pensando  però  che  si  tratta  di 
vizio  assai  antico,  può,  se  taluno  si  duolo, 
consolarsi.  Da  quell'onesto  e  acuto  libro 
che  è  Lingua  e  dialetti  del  Romanelli, 
tolgo,  a  mia  conferma,  questo  passo: 
«  Ricordo  di  aver  letto,  non  so  dove,  che 
a  G.  B.  Niccolini  pareva  che  al  verbo 
regretter  in  italiano  non  ci  sia  verbo  che 
esattamente  gli  corrisponda  ;  ed  era  il 
Niccolini  !  T.  Grossi,  il  7  giugno  del  1847, 
scriveva  al  Giusti  :  «  La  marchesi na  d'A- 
zeglio mi  ha  fatto  leggere  duo  tue  lettere, 
tanto  amene,  tanto  briccone  e  pazze,  tanto 
condite  di  quel  tuo  sale,  di  quella  tua... 
vorrei  diro  malixia.^  ma  il  termine  non 
mi  corrispondo  all'idea:  dirò  dunque  in 
francese  ìnaiice».  E  perchèV  per  dir  la 
cosa  in  «S5,  piuttosto  che  in  ixia?  ».  Pare 
una  facezia  e  non  è:  appunto  a  queU'^ss 
invece  di  ma,  per  effetto  del  lungo  uso,  si 
Hiinett(!  una  sfumatura  di  senso. 

Gaufrette:  nome  dato  a  corta  specie  di 
dolci  0  biscotti,  fatti  con  uno  stampo:  così 
detti  dal  verl)0  rraucese  gaufrer  ::  ntum- 
l)are  (d(ìtto  delle  stoffe). 

Gavitello  :  è  dotto  ([uol  galleggiante  ohe 
legato  a  lungo  con  l'ancora,  servo  a  mo- 


strare il  luogo  dove  essa  è  profondata  in 
m.are.  Il  Guglielmotti  lo  fa  derivare  da 
gabbiano  (lat.  gavia)  uccello  acquatico 
che  posa  lievemente,  talora,  su  le  onde. 
Etimologia  ingegnosa.  Altri  da  capitellum. 

Gavotte:  (da  Qavots,  abitanti  del  paese 
di  Oap)  ballo  famoso  del  secolo  XA^III  ;  e 
fu  una  variazione  successa  al  minuetto, 
ballo  esso  puro  francese,  grave  ed  ele- 
gante, ad  inchini,  movenze  e  passi  leg- 
giadrissimi,  che  ben  convenivano  con  le 
mode  del  vestire  e  le  cavalleresche  usanze 
dei  tempi  passati.  Il  minuetto  (da  menu, 
ballo  dai  passi  minuti;  era  un  ballo  a  duo 
che  regnò  in  Francia  dal  tempo  di  Luigi 
XIV  per  tutto  il  settecento,  ed  oltre.  La 
gavotte  è  a  due  tempi,  composti  di  due 
riprese,  ciascuna  di  quattro  ed  otto  mi- 
sure. La  voce  è  stata  tradotta  in  gavotta.. 
ma  più  spesso  si  pronuncia  alla  francese. 

Geisha  o  guecha:  nome  di  danzatrice 
e  attrice  Giapponese:  etèra. 

Gelo:  per  gelone.,  è  idiotismo  del  dia- 
letto lombardo,  gel. 

Gelée  :  voce  francese  uguale  alla  nostra 
gelatina,  succo  di  carne  o  d'altra  sostanza 
che  si  rapprende  pel  freddo.  Ma  nel  lin- 
guaggio dei  grandi  cuochi  (chefs)  vale 
spesso  la  voce  francese.  V.   Glassare. 

Gemiitlich:  V.  Comfort. 

Gena:  voce  dialettale  piemontese  :  vale 
soggezione.,  dal  fr.  gène,  derivato  da  gé- 
henne.,  geenna,  voce  ebraica,  g'éhinnon, 
detta  di  valle  presso  Gerusalemme,  e  ricor- 
rente nelle  Sacre  carte  per  inferno,  luogo 
di  pena.  Il  francese  attenuò  tal  senso  di 
martirio,  pena,  sino  al  semplice  incoìiiodo. 
V.  Sans  gène. 

Generalità:  è  ripresa  dai  puristi,  si 
come  voce  curialesca  per  diro  il  nome, 
cognome.,  età.,  etc,  sì  come  astratto  in 
vece  di  in  generale,  generalmente. 

Generazione  spontanea:  dottrina  cho  af- 
ferma potere  in  taluni  casi  esseri  viventi 
nascere  da  materia  morta:  dottrina  oggi 
in  discredito,  giacché  è  stata  formamonto 
determinata  la  legge  della  continuità  d(»lla 
vita,  logge  già  espressa  nell'antico  afo- 
risma omne  vivum  ex  vivo. 

Geniale:  dotto  di  persona  jorncew^e,  gaia^ 
c1h5  va  a  genio,  è  bellissima  voci»  ehts  so 
l)ur  trascurata  in  tale  senso  nella  lingua 


Gen 


—     204     — 


Gen 


uflìciale,  scolastica  e  dell'uso,  vive  tut- 
tavia nel  popolo,  delle  regioni  dell'Italia 
Centrale  in  ispecie.  (V.  Oenio).  Sostitui- 
sco il  troppo  abusato  simpatico.  Geniale., 
vale  anche,  neoL,  che  ha  qualità  affini 
al  genio:  grado  inferiore  al  genio. 

Genio:  lat,  ^remz^s  =  propriamente  se- 
condo etimologia  produttore  della  vita; 
quindi  nume  benefico.^  secondo  gli  antichi, 
che  operava  nella  generazione  e  nella  na- 
scita dell'uomo  e  lo  accompagnava  come 
Angelo  tutelare,  per  tutta  l'esistenza.  Onde 
buon  genio ^  cattivo  genio,  come  ad  es., 
il  fantasma  che  apparve  a  Bruto  prima 
della  battaglia  di  Filippi  e  disse  :  «  Sono, 
o  Bruto,  il  tuo  mal  genio  e  mi  rivedrai 
appresso  Filippi  »  ;  onde  la  bella  voce 
nostra  geniale  -—  festivo,  lieto,  piacente, 
etc.  Genio  nel  senso  di  alto  ingegno.,  crea- 
tore., operatore,  inspiratore.,  è  gallicismo 
indispensabile  oramai  e  infiltratosi  nella 
lingua  sino  dal  secolo  XVII,  onde  noi 
traemmo  r  aggettivo  ^'ema/e,  detto  di  opera 
che  ritiene  del  genio,  e  genialità  le  forze 
e  le  attitudini  del  genio.  La  scuola  an- 
tropologica italiana  con  a  capo  il  Lom- 
broso ed  i  suoi  seguaci,  Sergi,  Patrizi, 
Cognetti,  De  Martiis  ecc.,  rinnovando  e 
ampliando  le  dottrine  di  Moreau  de  Tours 
(La  Psychologie  morbide  dans  ses  rap- 
ports  avec  la  Psychologie  et  V  Histoire) 
considera  il  genio  corno  psicosi,  crede  cioè 
che  il  genio  sia  una  varietà  epilettiforme 
di  umana  degenerazione  e  si  fonda  su  di 
alcuni  caratteri  (stigmate)  degli  uomini 
geniali.  Le  più  nobili  creature,  come 
S.  Francesco,  il  Leopardi,  l'Alfieri,  il 
Manzoni,  il  Tasso,  il  Donizetti,  etc,  ser- 
virono come  vile  materia  subieeta  a  questi 
studi,  molte  volte  svisando  o  tacendo  i 
fatti  per  libidine  di  dimostrazione,  quan- 
tunque, finora  i  genii  più  poderosi  come 
Galileo,  Leonardo,  Colombo,  Darwin,  Mi- 
chelangelo, Tiziano,  Goethe  e  Machiavelli, 
per  citarne  alcuni,  risultarono  integri  e 
saldi,  anzi  immuni  d'ogni  stigmata  dege- 
nerativa. Vedi  nobili  parole  del  D'Ancona 
in  Ricordi  ed  Affetti  (Treves,  1902)  contro 
le  esagerazioni  malevoli  del  Patrizi  sul  Leo- 
pardi. Il  Max  Nordau,  avidissimo  di  ori- 
ginalità, applicò  questa  teoria  lombrosiana 
come  metodo  di  critica  letteraria  in  De- 


generazio7ie.,  e  quando  colpì  gli  esteti 
pieni  di  vento  e  vestito  da  genio,  non  è 
a  dire  che  non  abbia  colpito  giusto  e  bene. 
Contro  le  esagerate  deduzioni  della  scuola 
del  Lombroso  insorsero  fra  noi  il  Morselli, 
il  Venturi,  il  Bovio,  etc,  sostenendo  es- 
sere il  genio  fenomeno  fisiologico  e  non 
patologico,  0,  come  scrive  il  sig.  A.  Pa- 
dovan  che  mólto  intese  a  tali  studi,  uno 
stato  fisiologico  di  squisita  eccexionale 
sensibilità  nervosa;  ma  più  insorso  la 
storia,  la  verità  e  la  realtà.  Con  tutto  questo 
la  parte  vera  e  positiva  degli  studi  e  delle  • 
ricerche  del  maestro,  Lombroso,  è  desti- 
nata a  rimanere  e  costituisce  una  gloria 
della  scienza  italiana.  |  Oenio  civile  è 
versione  accettata  oramai  dal  francese  ge- 
nie civil  =  l'art  de  construire  les  ponts., 
les  routes,  e  così  dicasi  di  genio  mili- 
tare., e  degli  altri  geiti  consimili.  Ma  av- 
verti che  questo  secondo  genio  è  diverso 
dal  primo  ;  e  secondo  una  acuta  distin- 
zione, sarebbe  diverso  anche  per  etimo- 
logia, giacche  tale  genie  francese  prover- 
rebbe da  parola  uguale  al  nostro  ingegno, 
lat.  ingenium,  (da  in  e  gigno)  =  natura, 
proprietà  innata  ;  e  più  precisamente  ^eme, 
nell'antico  francese  engieng,  engien  (ita- 
liano ingegno, in geniuTn)  =  spirito  inven- 
tivo, poi  astuzia.,  istrumento  di  guerra 
o  di  caccia.  E  tale  senso  ebbe  pure  per 
il  passato  la  parola  ingegno  =  a  congegno, 
macchina,  istrumento  ingegnoso.  Genio 
vale  anche  carattere,  indole  di  un  popolo. 

Genio  civile,  genio  militare:  V.  Genio. 

Genio  incompreso:  V.  Incompreso. 

Gens  de  lettres  o  al  singolare  homme 
de  lettres  dicono  i  francesi  per  ìndicaFe 
coloro  i  quali  fanno  professione  o  mestiere 
di  lettere  e  possono  anche  non  essere  ne 
letterati,  ne  poeti,  né  grandi  scrittori, 
ne  eruditi.  In  italiano  letterato  include 
un  certo  senso  di  austerità  e  di  dottrina. 
Gente  di  lettere  o  uomini  di  lettere  presso 
di  noi  non  usa  dire  ;  ma  il  giornale,  tra- 
ducendo senza  coltura  o  ponderazione  dal 
francese,  spesso  è  veicolo  di  parole  e  lo- 
cuzioni barbariche,  ch^,  cosa  notevole! 
subito  fanno  presa  nel  publico. 

Gentile  :  questo  bel  aggettivo  usato  nel- 
l'antico senso  di  nobile,  detto  di  piante 
di  buon  seme  e  di  frutta  che  richiedono 


Geli 


205     - 


Ges 


coltura,  apposto  cioè   a  selvatico^  è  vivo 
nel  popolo  (Komagna). 

Gentilhomerie  :  fr.,  la  qualità  del  gen- 
tiluomo, (quindi  geìitilexx,a^  cortesia^  gar- 
batexxa^  umanità^  etc.  Una  delle  tanto 
voci  francesi  usate  per  vizio. 

Gentleman  :  homme  hien  élevé,  bonne 
de  eoni'pagnie.  Cosi  in  francese  nel  gergo 
familiare,  e  noi  imitando,  talora  anche  per 
colia,  usiamo  la  parola  inglese.  Es.  Il  tale 
è  un  VQVO  gentleman.  Fem..  Qentlewoman. 

Gentleman-driver:  V.  Gentlemen-rider. 

Gentleman  farmer:  -:ì  gentiluomo  col- 
iivatore:  diconsi  in  Inghilterra  quei  si- 
gnori che  attendono  con  studio  ed  amore 
alla  nobilissima  e  savissima  fra  le  arti, 
che  è  l'Agricoltura  :  la  qual  cosa  nell'alma 
parens.,  nella  ex-patria  dei  Cicero.,  dei 
Fabi.,  si  desidera  vivamente.  Y.  il  bel  li- 
bro del  Caccianiga  Vita  campestre.,  ed. 
Treves.  Non  solo,  ma  in  Italia  questo  no- 
liilissimo  e  socialmente  utile  ceto  di  ^^ew- 
tiluomini  campagnuoii  invece  che  formar- 
si, tende  por  varie  ragioni  a  dissQlversi. 

Gentleman-rider:  letteralmente  gentil- 
uomo cavalcatore.,  cioè  cavaliere.  Essi  si 
distinguono  dai  fantini  di  professione 
(Jockey)  perchè  corrono  separati  da  essi, 
ben  inteso,  e  di  solito,  corse  ad  ostacoli 
o  per  mero  diletto.  Gentleìnen-driver.,  di- 
cesi de'  gentiluomini  che  guidano  i  cavalli 
al  trotto;  non  del  guidatore  di  mestiere. 
Inutile  avvertire  che  questo  anglicismo  è 
anche  in  francese:  Gentleman  rider  ;:= 
homme  du  monde  qui  monte  dans  Ics 
courses. 

Genus  irritabile  vatum:  razza  irrita- 
bile dei  poeti.  Cosi  con  frase  scultoria 
che  acquistò  valore  di  motto,  Orazio,  poeta, 
(P]pist.  II,  2-102j  definì  la  naturale  su- 
s(;ettibilit{i  dei  poeti  ohe  può  essere  estesa, 
MI  largo  senso,  a  tutti  gli  artisti  più  o 
mono  aini(M  a  Minerv;i. 

George  Dandin,  tu  Tas  voulu:  motto 
che  si  deduce  dal  monologo  del  Molière 
nella  sua  commedia  George  Dandin.,  in 
<;ui  il  protagonista  di  tal  nomo  rimprovera 
sé  con  lo  parole:  Vous  favex  voulu.,  vous 
favex  voulu.,  George  Dandin^  vous  l'avez 
voulu.  Era  Giorgio  Dandin  un  ricco  con- 
tadino che,  per  aver  voluto  menare  in 
moglie  una  nobile   donna,  andò    incontro 


a  gran  numero  di  guai,  il  che  può  acca- 
dere anche  col  semplice  prender  moglie. 

Germanizzare:  rendere  tedesco  o  ger- 
manico. Fr.  germaniser. 

Germinai:  nel  calendario  republicano 
francese  è  nome  di  mese,  dal  21  marzo  al 
19  aprile,  così  artisticamente  detto  perchè 
cade  nel  tempo  che  ì  germi,  affidati  alla 
terra,  si  svolgono  e  germogliano.  Però  con 
traslato  sociale,  lo  Zola  ne  fece  titolo  ad 
uno  dei  suoi  migliori  romanzi.  In  italiano. 
germìle. 

Gesangverein:  voce  tedesca  che  signi- 
fica compagnia  o  società  corale.  Codeste 
società  sono  quasi  in  ogni  città  di  Ger- 
mania ed  hanno  per  fine  di  coltivare  il 
canto  e  dilettarsi  nello  stesso  tempo.  Per 
il  passato  codeste  compagnie  avevano 
eziandio  un  certo  carattere  politico,  va- 
lendo quelle  canzoni  e  quei  cori  a  tener 
desto  il  sentimento  patriottico,  specie  nel 
tempo  che  i  popoli  della  Germania  non 
erano,  come  ora,  in  unità  politica  con- 
giunti. 

Gesta  Dei  per  Francos:  opere  di  Dio 
per  mezzo  dei  Francesi.  Eaccolta  di  opere 
di  storici  diversi  che  narrano  le  imprese 
in  Oriente  al  tempo  delle  Crociate  e  le 
vicende  del  regno  che  i  Franchi  stabili- 
rono in  Gerusalemme.  Questo  titolo  ri- 
sponde ad  un  orgoglioso  concetto  filosofico 
della  storia  che  i  Francesi  ebbero  a  ca- 
gione delle  gloriose  imprese  compiute  e 
del  sangue  eroicamente  e  generosamente 
sparso  da  quel  popolo  belligero.  Onde  fu 
anche  detto:  il  fait  du  peuple  frane  a 
V  istrument  de  la  Providence.  Il  motto 
gesta  Dei  per  Francos  vive  ancora,  seb- 
bene attenuata  la  fede  in  Dio  e  nella 
Provvidenza. 

Gesto  :  e  più  spesso,  bel  gesto.  A  questa 
parola  è  dato  oggi  speciale  significato  di 
aziono  in  cui  rifulga  non  so  quale  tea- 
tralità icastica  o  talora  istrionica,  audacia 
congiunta  a  felicità  di  trovata  così  da  cat- 
tivarsi l'ammirazione  e  la  benevolenza  del 
publico.  Tale  senso  ci  deve  essere  pro- 
venuto dal  francese,  intatti  nei  dizionari 
del  gergo  di  quella  lingua  trOYO  geste  sz 
fait.,  action.,  exploit. 

Gesuitismo:  metodo  o  sistema  dei  Ge- 
suiti,  società  mondiale  della  Chiosa    Ho- 


Get 


206     - 


Ghi 


mana  Cattolica,  detta  anche  Coìnpagnia  di 
Oesù^  istituita  in  difesa  della  fede  Romana 
e  famosa  per  la  perfezione,  disciplina,  de- 
vozione, intelligenza  dei  suoi  fedeli  al  fine 
della  Compagnia. 

La  Compagnia  di  Gesù  fu  fondata  nel 
1540  da  Ignazio  di  Loiola  con  l'espresso 
fine  di  difendere  il  Cattolicismo  contro  la 
irrompente  Eiforma  Luterana.  E  combattè 
mirabilmente  allo  scopo  e  per  più  di  un 
secolo  fu  il  più  poderoso  istrumento  della 
propaganda  cattolica.  0  a  ragione  o  a  torto 
—  non  è  qui  il  luogo  di  indagini  —  cadde 
la  Compagnia  in  sospetto  di  ambizioni 
smodate  e  di  corrotto  costume  :  certo  per 
la  vasta  impresa  fu  costretta  ad  usare  e 
jid  abusare  dei  miserabili  mezzi  terreni. 
Certo  è  che  nella  opinione  popolare  Ge- 
suitismo diveime  sinonimo  di  falsa  e  ce- 
devole coscienza  secondo  le  necessità,  di 
subdola  arte  di  governo,  di  ipocrisia  pro- 
fonda e  malvagia.  Onde  gesuita  o  seguace 
di  Loiola  suona  ipocrita^  anche  per  i 
credenti. 

NB.  Nel  corso  della  mia  vita  ebbi  oc- 
casione di  notare  che  queste  turpi  qualità 
«ono  anche  di  chi  è  nemico  dei  gesuiti. 
(Questi  si  onorano  di  portare  le  insegne 
esteriori  del  loro  essere  ne  si  occultano. 

Gettare  o  buttare  a  mare:  togliere  ad 
alcuno  la  frotexione  antica^  o  per  deme- 
riti suoi  0  per  opportunità  o  necessità  di 
cose:  locuzione  fam.,  tolta  dal  linguaggio 
marinaresco,  cioè  dal  buttare  a  mare  la 
mercanzia,  quando  è  pericolo. 

Gettare  il  manico  dietro  la  scure:  per 
disperazione  o  dispetto  lasciar  andare  a 
male  tutto,  appigliarsi  al  peggior  partito  : 
locuzione  familiare. 

Gettar  le  mani  avanti:  V.  Metter  le 
mani  avanti. 

Gettata:  terni,  mar.,  lo  stesso  che  sco- 
gliera 0  diga. 

Gèttito  :  il  provento  che  deriva  da  una 
fonte  di  reddito  :  così  pure  è  usato  il  verbo 
gittare  in  tale  senso.  Es.  «  le  ferrovie  te- 
desche gittavano  723  milioni». 

Getto  continuo  (a)  :  continuamente.^ 
senza  interruzione.  Es.  la  pochade  è 
ricca  di  bons  m,ots  a  getto  continuo  ».  Che 
bella  lingua,  veroV 

Gettone  :  ò  chiamato   quel  pezzetto   di 


rame  o  d'avorio  dal  valore  convenzionale 
usato  nel  giuoco  in  cambio  del  denaro 
(dal  francese  yeifoTO,  lat.  iactus  =  gettato)  : 
voce  francese  da  gran  tempo  entrata  nella 
lingua  italiana  e  registrata.  La  parola  an- 
tica toscana  equivalente  è  quarteruolo  : 
in  molte  regioni  dell'Italia  centrale  tali 
segni  di  giuoco  diconsi  puglie. 

Gettone  o  medaglia  di  presenza:  gli  am- 
ministratori delle  società  anonime  riceve- 
vano da  prima  una  medaglia  come  com- 
penso dell'ufficio  prestato  intervenendo 
alle  sedute  o  adunanze.  Essa  poi  fu  so- 
stituita da  una  determinata  somma  di  de- 
naro, al  quale  fu  conservato  il  nome  di 
medaglia  di  presenza  :  transazione  di 
compenso  dall'onore  alla  pecunia.  In  fran- 
cese è  appunto  la  locuzione  jeton  de  pré- 
sence. 

Geyserite:  silice  idrata.  Scrivesi  ita- 
lianizzando gaiserite. 

Geysir  :  voce  islandese  {geiser  in  fran- 
cese) cha  denomina  certe  sorgenti  con 
getto  di  acque  bollenti,  ricche  di  minerali, 
speciali  dell'Islanda.  Scrivesi  anche gaiser. 

Ghemme  :  vino  da  pasto  rosso  del  Pie- 
monte (Novara). 

Gherlino  :  term.  mar.,  cavo  forticcio  che 
s'usa  per  ormeggiare  l'ancorotto,  per  ton- 
neggio e  per  rimorchio. 

Ghetta:  parola  di  incerta  etimologia,  a 
noi  venuta  dal  francese  guétre;  specie  di 
gambiera  di  cuoio  o  di  stoffa  che,  per 
eleganza  o  per  comodo  del  camminare, 
stringe  il  polpaccio  e  si  adatta  su  la  to- 
maia, talora  con  istaffa  nel  vano  fra  il 
calcagno  e  la  suola.  Altri  vi  sostituisce 
uosa.,  dall'ant.  ted.  ^osa —:  scarpa.  Voci 
riprovate  entrambe  dai  puristi  ma  regi- 
strate nei  dizionari  dell'uso  e  da  questo 
sancite  :  certo  non  saprei  con  quali  altre 
sostituirle,  volendo  indicare  chiaramente 
la  cosa. 

Ghindare:  term.  mar.,  tirar  su  col  cavo 
buono  gli  alberi  di  gabbia  e  gli  alberetti  : 
fr.  guinder.^  dal  ted.  winden.  Ghindare 
è  verbo  registrato  anche  nei  vecchi  di- 
zionari. Il  Tommaseo  annota:  «voce  su- 
perflua ma  molto  usata  in  vece  di  is- 
sare ». 

Ghinèa:  moneta  d'oro  inglese  del  valore 
di  25  lire  che  re  Carlo  II  fece  battere  con 


Ohi 


207     — 


Gig 


l'oro  della  Guinea.  Tale  moneta  fu  in 
corso  sino  al  1816. 

Ghiozzo:  piccolo  pesce  d'acqua  dolce 
ton  lini  lische,  e  capo  grosso  :  lat.  gohius, 
greco  ìiOìfiiós. 

Gipsy:  V.  Oypsy. 

Giacimento:  la  particolare  disposizione 
dei  minorali  nel  seno  della  terra. 

Già  :  per  la  desinenza  al  plurale  dei  nomi 
che  al  singolare  escono  in  già  come 
bragia,  spiaggia^  etc.  V.  eia  e  già. 

Giacobino:  noto  nome  storico  dato  ai 
republicani  francesi  dal  nome  dell'antico 
convento  do'  frati  Domenicani  (detti  in 
Francia  Jacohins  dalla  via  di  Saint  Ja- 
cques in  Parigi)  ove  si  adunavano.  Fu- 
rono i  Giacobini,  per  la  loro  feroce  e  di- 
sperata intransigenza,  massimo  istrumento 
di  quella  Rivoluzione  e  di  quelle  eroiche 
guerre.  Oggi  si  dice  giacobino  di  chi 
professa  idee  liberali  o  republicane,  hia 
in  modo  fazioso,  dogmativo,  dottrinario, 
e  suona  spregio.  Derivato  giacobinismo 
{h\  jacobinisme). 

Giacobinismo:  Y.   Giacobino. 

Giambone:  con  tale  nome  non  armonioso 
(fr.  jamboìi,  da  jambé)  in  alcune  città  di 
Tjombardia  si  chiama  esclusivamente,  an- 
che da  persone  colte  e  che  si  rispettano, 
il  prosciutto,  specie  poi  volendo  signifi- 
care il  prosciutto  cotto.  Avvertasi  che 
giambòn  è  vecchia  parola  del  dialetto  mi- 
lanese. I  Poco  tempo  addietro  le  donne 
usavano  certe  maniche  esageratamente  ri- 
gonfie in  su  la  spalla  e  strette  al  polso  e 
lo  denominavano  maniche  à  jambon. 

Gianduiotto:  nome  di  maschera  torinese 
dato  in  commercio  ai  noti  cioccolattini  di 
pasta  molle,  ravvolti  in  carta  d'argento. 

Giannizzeri  :  milizia  tui-Ga,  {icki-tckerizz:: 
nuovi  guerrieri)  privilegiata,  fedele  e  ter- 
libile  ai  Sultani,  instituita  nel  sec.  XIV. 
Forte  della  sua  oltrepotenza,  divenuta  in 
seguito  a  mo'dei  pretoriani  di  Roma  an- 
tica, faziosa  (!d  indomita,  fu  con  frodo  v, 
.sangue  abolita  e  distrutta  nel  1820.  Nel 
linguaggio,  specie  politico,  dicesi  gian- 
nixxero,  con  Henso  di  spregio,  chi  è  od 
è  voluto  far  credere  faziosamente  fedele 
a  qualche  istituto  o  personaggio  di  ten- 
denza e  caratteri  illiberali. 

Giardino  inglese  o  cinese:  contrM|)posto 


a  giardino  classico  o  italiano  :  nel  giar- 
dino inglese,  oltre  ai  fiori,  si  coltivano 
piante  arboree  in  forma  di  boschetti  e 
macchie,  divisi  da  maestosi  viali,  laghetti, 
pescherie,  praterie,  terreno  vario  e  ondu- 
lato, in  modo  in  somma  da  somigliare  ad 
un  naturalo,  ricco  paesaggio.  Perchè  detti 
giardini  non  siano  ridicoli  occon-e  che 
r  insieme  sia  grande  tanto  che  meglio 
loro  convenga  il  nome  di  Parco. 

Giardiniera:  con  voce  tolta  dalla  cu- 
cina francese  chiamasi  giardiniera  (fr, 
jardinière)  quel  piatto  allestito  di  varie 
verdure  e  cibarie  tagliuzzate  e  condite 
(carote,  sedani,  patate,  piselli)  e  serve  di 
contorno. 

Giarettiera:  V.  Jarreiière. 

Giaurro:  voce  turca  che  vale  infedele^ 
detto  per  ispregio  de'  Cristiani. 

Gibigiana:  è  la  voce  dialettale  lom- 
barda gibigiànna.,  cioè  il  riverbero  del 
sole,  che  molte  volte  si  fa  per  giuoco  con 
lo  specchio. 

Come  quando  dall'acqua  o  dallo  specchio 
salta  lo  raggio  in  Topposita  parte. 

Dante,  Pnrg.  XY,  16. 

Cosa  che  ha  vario  nome  nelle  varie  re- 
gioni :  illuminello,  solino.,  barbaglio.,  etc. 

Gibus:  cosi  detto  dal  nome  dell'inven- 
tore :  cappello  a  staio  che  si  piega  cosi  da 
occupare  poco  spazio.  V.  Ghapeau  claque. 
La  parola  ci  proviene  dal  francese,  gibus: 
chapeau  mécanique.  Du  nom  de  l' in- 
venteur. 

Gigione:  appellativo  volgare  dell'arti- 
sta (?)  lirico  (tenori,  baritoni,  etc),  sfiatato 
di  scarso  valore  e  di  minor  fortuna,  ma  va- 
nitoso, bonaccione,  soddisfatto  di  se:  to- 
scaneggia secondo  il  gergo  de'  cantanti  e 
ambula  sotto  la  galloria  di  Milano  —  dove 
questo  nome  è  stato  creato. 

Gigolette:  voce  del  gorgo  fra  licose,  ^r/- 
sette.  faùbourienne  eourant  les  bah  pn- 
blics,  da  gigue  gamba  e  giguer  sgam- 
bottare. 

Gigot:  voce  francese,  che  por  l'appunto 
è  il  nostro  coscotto  di  capro  giovane  o  di 
castrato,  che  nel  citato  libro  di  M.  Bar- 
tolomeo Scappi,  ò  chiamato  mexxo  ca- 
pretto di  dietro.  Gigot  ò  da  gigle,  it.  giga, 
antico  tedesco  gige.,  struniento  a  cordo, 
violoncello  :  cosi  ò  dotta  la  coscia  por  si- 


Uil 


208 


<,tÌO 


miglianza  coni'istrumento.  V.  lo  Scheler. 
Vocabolo  a  ragione  ripreso  come  abusivo 
dai  puristi. 

Gilet  :  voce  francese  di  dubbia  origine  : 
la  più  probabile  è  da  Gille  {Aegidius)^ 
personaggio  comico  del  teatro  popolare 
francese,  che  portava  una  veste  senza 
maniche  come  appunto  la  sottoveste.  Al- 
tri spiega  da  un  Oille^  nome  del  primo 
fabbricatore,  ma  è  poco  probabile.  Benché 
talora  si  trovi  scritto  sottoveste^  tuttavia 
gilet  è  la  parola  prevalente  nell'uso,  scritta 
anche  gilè.  Il  vocabolo  panciotto  sembra 
poco  elegante  e  però  non  è  molto  usato. 
In  tedesco  tale  voce  francese  è  poco  co- 
mune, per  nulla  anzi  comune  nella  G-er- 
mania  settentrionale  in  cui  dicesi  weste. 
NB.  Nel  contado  di  Cesena  dicesi  cor- 
petto: documento  fra  gli  altri  come  nella 
insita  forza  del  popolo  stia  molto  della 
salvezza  della  favella  natia. 

Gin  :  gineprina,  liquore  inglese  estratto 
dalle  bacche  del  ginepro,  onde  il  nome. 
La  parola  gin  è  notata  nei  diz.  fran- 
cesi. 

Ginecologìa:  (neoL,  dal  greco  ghinè., 
ghinaikòs  :r^  donna  e  il  solito  suffisso 
logia  =  trattato)  quella  parte  della  scienza 
medica  che  studia  specialmente  le  funzioni 
dogli  organi  muliebri  e  le  loro  malattie. 
Ginecòlogo.^  il  medico  specialista  di  tali 
malattie. 

Ginnoto:  gymnotus.,  anguilla  elettrica 
dell'America,  come  nei  nostri  mari  la 
torpedine.,  lat.  torpedinem  :=  che  dà  tor- 
pore, con  la  sua  scossa,  onde  i  nomi  ai 
terribili  ordigni  esplodenti  del  mare. 

Giocare  a  scarica  barile:  palleggiarsi 
le  responsahilità  per  opportunità  di  quieto 
vivere,  difetto  di  carattere  e  di  coraggio 
insieme.  Forte  e  caustica  locuzione  fami- 
liare, tolta  dal  giuoco  dei  fanciulli  che, 
molti  sul  dosso  e  intrecciando  le  braccia, 
si  sollevano  a  vicenda. 

Giocattolo:  dal  fr.  jouet.  «E  voce  non 
toscana  per  balocco  »,  così  il  Tommaseo. 
«  Pure  è  penetrata  anche  fra  noi,  parendo 
ai  venditori  di  quei  gingilli  che  abbia  mi- 
glior suono  e  maggior  importanza  la  voce 
francese»,  così  il  Rigatini.  Comunque  sia 
della  sua  origine,  è  parola  dell'uso  della 
lingua  comune,  salvo  al  popolo  di  adope- 


rare care  voci  proprie:  umile  forza  con- 
servatrice del  linguaggio  ! 

Giochetto:  diminutivo  di  giuoco^  vale 
con  speciale  uso  e  senso  come  imbroglio., 
frode  fatta  con  arte  come  un  giuoco  di  pre- 
stigio. Es.  Si  ripetè  il  solito  giochetto. 

G  legati  co  :  nei  dizionari  è  spiegato  «mer- 
cede al  contadino  che  co'  propri  buoi  ara 
il  terreno  altrui».  Ora  in  Romagna  se- 
condo il  sistema  colonico  della  mezzadria, 
giogatico  è  il  tributo  in  natura  (sacchi  o 
stala  di  grano)  che  il  mezzadro  paga  al 
padrone  giacché  questi  somministra  il  ca- 
pitale del  bestiame  onde  se  ne  avvan- 
taggia per  metà  il  colono.  (Le  agitazioni 
agrarie  del  1002  negavano  questo  antico 
diritto  consuetudinario). 

Gioppìno:  [Giopì)  maschera  e  burattino 
bergamasco,  con  tre  gozzi:  tipo  del  villico 
di  quel  contado. 

Giornalaio:  neologismo  fiorentino  che 
ha  preso  piede  anche  altrove  per  indicare 
il  venditore  dei  giornali  e  distinguerlo  da 
giornalista.,  scrittore  di  giornale.  Dicesi 
anche  strillone.,  dallo  strillare  o  gridare 
che  si  fa  del  giornale.  Voce  notata  senza 
esempio  dalla  Nuova  Crusca;  ommessa 
dal  Petrocchi,  Rigutini,  etc. 

Giornalismo:  neol.  italiano,  tolto  alla 
sua  volta  dal  neologismo  francese  jour- 
nalisme  :  indica  la  professione  del  giorna- 
lista e  per  l'influsso  de'  giornali  su  la 
publica  opinione,  il  complesso  de'  gior- 
nali e  delle  opinioni  de'  giornali  e  simili. 
Talora,  come  avvenne  per  molti  nomi  col 
suffisso  in  ismo,  vi  si  annette  idea  di 
eccesso  e  di  soverchiante.  Parola  che  è 
inutile  né  meno  discutere,  benché  non  tutti 
i  diz.  moderni  la  registrino.  Non  parliamo 
poi  di  giornalista  (fr.  journaliste)  che  é 
«  necessario  accettare  per  colui  che  suole 
scrivere  ne'  giornali  »,  cosi  il  Rigutini.  La 
Nuova  Crusca  non  accoglie  giornalismo. 
mentre  stGcettn  giornalista.,  perchè  poi...? 

Giorno  (essere  a,  mettere  a)  :  per  essere 
informato.,  essere  al  fatto ^  informare  : 
tenersi  al  giorno  di  una  cosa.,  per  stare 
0  tenersi  al  corrente.,  sono  locuzioni  fran- 
cesi penetrate  da  tempo  nell'uso  e  ripro- 
vate dai  puristi. 

Giostra:  antica  voce  usata  neol.  per 
indicare  quel  noto  sollazzo  da  fiera,    che 


201) 


Giù 


consiste  in  un  api)arccchio  girevole  con 
navicelle  o  sfingi  o  cavallucci  sospesi. 

Giovane  antico:  curiosa  locuzione  di 
popolo  (Riminose)  per  indi-care  il  vecchio 
celibe:  x'óvne  antigh.  Dicesi  anche  di  xi- 
(cllona. 

Giovani  turchi  :  nome  dato  al  partito 
progressista  turco  il  quale  vuole  la  fu- 
rono della  coltura  e  della  civiltà  occi- 
iontale  con  l'islamismo.  Nel  gergo  politico 
/  giovani  deputati  monarchico-liberali. 

Giuda:  il  nome  di  Giuda  Iscariote  che 
die  Cristo  per  trenta  sicli  d'argento  suona 
])opolarmente  in  vece  di  traditore^  sper- 
giuro, mancator  di  fede. 

Giullare  :  talora  dicesi  per  buffone^  ma 
-1  intende  non  di  quelli  che  fanno  II  me- 
■<riere  per  le  piazze,  bensì  di  chi  non  ha 
senso  di  dignità  e  di  coscienza.  Come  voce 
storica  giullare  significò  il  cantore  o  me- 
nestrello {fr.jongleur^  dal  latino  joculator. 
da  jocus  =  giuoco)  che  si  accompagnava 
cantando  al  trovatore.  Indi  perdette  del 
suo  primo  buon  significato  e  in  francese 
e  presso  di  noi  significò  salti?nbanco ,  gio- 
coliere^ buffone.  Perchè  poi  il  Petrocchi 
pose  questa  voce  fra  le  parole  fuor  d'uso? 

Gipsotèca  :  (dal  latino  gypsum  =  gesso 
e  theca  =  fodera,  involucro)  raccolta  di 
gessi  riproducenti,  per  ragione  di  studio 
e  di  coltura  artistica,  i  migliori  e  più  ce- 
lebrati lavori  dell'arte  scultoria,  specie 
classica.  Neologismo  non  bello. 

Giretto:  voce  lombarda,  girett  (cfr.  ga- 
retto.,  e  per  l'etim.  V.  jarretière).  Indica 
([uella  pai-te  della  bestia  macellata  che 
dalla  polpa  della  gamba  va  al  calcagno. 
Serve  specialmente  per   gli   ossi   buchi. 

Giro:  dicosi  familiarmente,  e  con  largo 
uso  dialettale,  invece  di  raggiro.,  affare 
poco  chiaro,  imbroglio  :  giro  familiarmente 
an<!he  si  dice  di  donna  licenziosamente 
libera  o  di  professione  sospetta.  È  una 
del  giro.,  è  un  giretto:  donna  di  giro  è 
anche  in  toscano.  Prendere  in  giro  r. - 
beffare,  farsi  giuoco.  Milanese,  toeu  in  gir. 

Girondino  e  Gironda:  noto  nome  storico 
dei  deputati  della  Gii'onda  al  tempo  della 
gran  rivoluzione  di  Francia.  I  Girondini 
formarono  il  glorioso  partito  d(*'  primi 
tempi  della  Assemblea  legislativa  e  della 
Convenzione  :  amatori  puri  della  libertà  e 

A.  Pan/ini.  Supplnmnto  ni  Dixionari  italiani. 


del  popolo,  ma  senza  violenza  ne  ingiu- 
stizia :  rappresentavano  il  fiore  della  intel- 
ligenza e  del  valore  della  rinata  Francia. 
Avversi  alla  tirannide  regia  e  feudale,  cad- 
dero per  opera  della  tirannide  giacobina 
nelle  giornate  del  31  maggio  e  del  2  giu- 
gno 1793.  Arrestati,  giudicati,  furono  con- 
dannati a  morte  il  31  ottobre  1793.  Pec- 
carono di  troppa  idealità  e  di  ignoranza 
della  tenibile  logica  che  regge  le  umane 
passioni  e  la  umana  malvagia  natura. 
Oironda  fu  detto  il  loro  partito  {Oironde 
e  girondini  in  francese).  Queste  parole  si 
rinnovano  talvolta  nell'uso.  Così  il  Car- 
ducci, accennando  all'amor  suo  e  di  Al- 
berto Mario  per  la  libertà  e  per  la  giu- 
stizia, idealmente  e  nobilmente  intese, 
chiude  esclamando:  «  La  Oironda  è  finita, 
per  sempre  finita  » .  Per  Alberto  Mario  in 
Confessioni  e  Battaglie. 

Gironzolare:  per  gironsare.,  girellaì-e. 
girondolare  o  girandolare,  gir  otto  lare  non 
piace  ad  alcuni  puristi  ;  certo  è  verbo  che 
aumenta  senza  richiesta  un  numero  anche 
troppo  grande  di  fratelli. 

Girovagare:  neol.  da  girovago. 

Gitano:  voce  spagnuola  che  vale  xiv- 
garo^  da  egipciano,  nome  di  gente  randagia 
e  senza  fissa  dimora,  la  quale  si  crede  di- 
scendere dagli  Egiziani.  V.    Oypsy. 

Gittare:  V.   Gettito. 

Giunca:  piccolo  bastimento  cinese  ed 
indiano,  a  fondo  piatto,  con  prua  e  poppa 
rialzate.  Porta  tre  alberi  con  vele  di  stuoja. 

Gius  0  giure:  latinismo  in  vece  ó.i  di- 
ritto, da  Jus  (radice  come  in  jubeo  — 
comando)  ordine^  decreto  e.,  propriamente, 
diritto^  inteso  come  il  complesso  delle 
leggi  e  delle  consuetudini  che  determinano 
il  lecito  e  r  illecito. 

Giunònico:  Giunone  (in  greco,  Hera)  fu 
sposa  e  sorella  di  Giove,  figlia  di  Saturno 
e  di  Ci  belo,  Dea  del  Cielo,  dell'Aria,  delle 
Nozze,  delle  Gravidanze,  dei  Parti.  Ella 
era  inoltre  una  specie  di  terribile  Zan- 
tippe  celeste,  ma,  dalla  descrizione  che  co 
no  lasciarono  gli  antichissimi  poeti,  risulta 
che  ella  era  formosissima  donna.  Boiòms., 
cioè  dallo  grandi  pupillo  umido  e  nero 
come  quelle  del  bue  e  ÀevKioÀei'Og.,  cioè 
dalle  bianche  braccia,  è  ricordata  da  Omero, 
il  <!ho  fa  credere  che  tutto  il  roste  fosso 

14 


Gin 


210 


(;i! 


conforme.  Ondo  ne  derivò  V aggettÌYO  giu- 
nonico^  detto  di  donna  formosa,  o  attri- 
buto di  membra  di  donna  in  cui  la  bel- 
lezza non  sia  disgiunta  da  prestanza  ed 
opimo  sviluppo. 

Giuri:  o,  secondo  l'origine  inglese  della 
parola,  Jury:  voce  internaz.  accettata  nel 
diz.  italiano.  Dicesi  anche  giurìa^  l'as- 
semblea 0  consesso  de'  giurati.  Oiuri  è 
altresì  nome  di  commissioni  incaricate  di 
esaminare  e  di  giudicare  su  speciali  que- 
stioni. Oiuri  d'onore  quello  che  decide 
di  questioni  cavalleresche,  cioè  a  dire  se 
vi  sia  0  no  motivo  di  duello.  La  parola, 
probabilmente,  a  noi  provenne  per  via 
della  Francia  ove  quella  voce  insieme  al- 
l' istituto  passò  al  tempo  della  Rivoluzione 
(1791).  In  francese  sono  accolte  le  due 
forme  juri  e  jm^y. 

Giury:  V.   Oiuri. 

Glabro:  francese  glabre  in  luogo  di 
liscio  è  aggettivo  non  infrequente:  lat. 
glaber  =r  liscio,  calvo. 

Glaciale  :  da  latino  glacies  =  ghiaccio, 
vale  gelato;  è  quindi  un'esagerazione  ap- 
plicarlo ad  acGoglienxay  aspetto  e  simili 
in  luogo  di  fredda.  Invece  è  conforme  alla 
natura  della  lingua  francese  tale  esage- 
razione, onde  glacial  =  insensible.,  ruorne^ 
iìidifférent .  Aecueil  glaciale  mine  glaciale, 
abord  glacial. 

Gladio:  latinismo:  gladÌ2is  =^  apadvi. 

Glande:  V.  Appendice. 

Glandola  tiroide:  glandola  sottostante 
a  quella  cartilagine  della  laringe  la  quale 
in  taluno  sporge  all'  infuori  ed  è  chiamata 
volgarmente  il  Pomo  d'Adamo.  L'ufficio 
di  questa  glandola,  nella  economia  dell'or- 
ganismo non  è  ancora  ben  noto.  L'etimo- 
logia della  voce  tiroide  non  è  delle  più 
certe  :  la  più  probabile  sarebbe  questa  da 
^vQEÓg  scudo  ed  slòos  forma,  cioè  sew- 
ti forine.^  detto  propriamente  al  Pomo  d'A- 
damo, indi  esteso  alla  glandola  sottostante. 

Glassa:  Y.   O lassare. 

Glassare:  versione  fonica  del  francese 
giacer  =  gelare  :  verbo  usatissimo  nel  lin- 
guaggio culinario  e  significa,  per  quel 
largo  senso  estensivo  che  hanno  i  vocaboli 
francesi,  couvrir  de  gelée,  cioè  cospargere 
dolci  0  carni  di  una  specie  di  gelatina 
che  li  rende  più  vistosi  :  quindi  bue  glas- 


sato., coppa  glassata,  etc.  Il  signor  P. 
Artusi  nel  citato  manuale  di  Culinaria, 
scritto  con  grazia  nostrana  e  purezza  di 
lingua  da  far  arrossire  molti  testi  scola- 
stici, (voglio  dire  i  loro  autori)  propone 
in  tale  senso  le  voci  crosta  e  crostare.  Ma 
forse  non  gli  soccorse  l'antica  nostra  pa- 
rola biuta  che  il  Petrocchi  s'affretta  a 
collocare  nelle  voci  morte,  e  che  udii  viva 
nel  popolo  in  bùida. 

FyavKa  EÌg  Adijvag:  leggesi  negli  Uccel- 
li di  Aristofane  Y.  301.  Tlg  yXavu  Adi^va^'' 
i'iyays.  Portar  nottole  ad  Atene  e  vasi  a, 
Samo.,  cioè  far  cosa   superflua. 

Gli  :  è  di  solito  dai  grammatici  ristretto 
al  solo  dativo  sing.  maschile  =  a  lui:  nel- 
l'uso toscano  e  di  tutta  l'Italia  media, 
ove  prende  suono  di  je,  vale  anche  fami- 
liarmente a  lei,  le.  Si  usa  anche  —  pur 
in  Toscana  —  in  cambio  della  forma  let- 
teraria, ma  greve  e  lunga,  loro,  a  loro. 
Yero  è  che  il  gli  in  tale  senso  non  esco 
dal  dialetto  e  dal  parlar  familiare.  Non 
mancano  però  esempi  letterari  :  «  Chi  si 
cura  di  costoro  a  Milano  ?  Chi  gli  darebbe 
retta?  {Pr.  Sposi.,  Cap.  XI),  benché  si  po- 
trebbe spiegare  come  usato  con  forza  di 
collettivo.  Y.  ci.  Oli  usasi  anche  per  H 
=  loro.  Es.   Oli  ho  visti  io. 

Gli  affari  sono  il  danaro  degli  altri: 
motto  felice  e  vero  nella  sua  lepidezza 
iperbolica  che  leggesi  in  un  romanzo  fran- 
cese della  signora  Girardin,  Marguerite 
aux  deux  Amours,  Bruxelles,  pag.  104,  e 
che  fu  rinnovata  da  A.  Dumas  in  un  suo 
dramma  La  question  d'argent  (Les  af- 
faires.,  e' est  bien  simple.,  e' est  l'argent 
des  autres).  Cfr.  il  motto  comune  alla 
civiltà  mercantile  :  gli  affari  sono  gli 
affari.  Y.  Positivismo. 

Gli  dei  se  ne  vanno:  Y.  Les  Dieux 
s'en  vont. 

Glissons,  n'appuyons  pas:  il  verbo  ^/*5ser 
francese,  risponde  ai  nostri  n(ìx\A  sorvolar  e., 
passar  sopra  e  simili,  passer  légèreìnent 
sur  un  sujet.,  sur  une  matiére,  sur  un 
toH.,  sur  un  reproche^  etc.  La  locuzione 
su  riferita  ci  è  assai  comune  ed  è  tolta 
da  un  antico  e  noto  verso  francese  :  glis- 
sex,  mortels.,  n'appuyez  pas: 

Sur  un  mince  cristal  l'hiver  conduit  leurs  pas  : 
le  précipice  est  sous  la  giace. 


(ilo 


—     211 


Gog 


Tolle  est  do  vos  i)hii.siis  la  légèro  surface: 
fllissex,  mortels,  u'appuyoz  pas. 

<  oncctto  della  vfta  assai  vero,  senonchè 
sposso  è  ritorto  nel  senso  che  per  andar 
d'accordo  col  prossimo  e  forse  con  la  pro- 
j>ria  coscienza  (quando  e'  è)  è  bene  sor- 
volare, non  insistere.  E  anche  questo  è 
co^R  vera  se  non  ottima. 

Globe  trotter:  è  locuzione  inglese  rela- 
tivamente recente  per  indicare  quelle  per- 
sone le  quali  trottano  il  mondo,  come 
sarebbe  letteralmente,  cioè  che  viaggiano 
tutto  l'anno,  specialmente  per  la  pas.sione 
di  viaggiare:  passione  che  ha  preso  spe- 
cialmente gli  anglo-sassoni,  e  si  compren- 
de: sono  ricchi,  due  terzi  del  mondo  sono 
sotto  la  loro  giurisdizione,  la  loro  lingua 
'  nota  dovunque.  Che  cosa  di  più  piace- 
vole che  viaggiare?  Spesso  col  nome  di 
globe  trotters  noi  chiamiamo  certi  stra- 
vaganti che  rendono  più  diffìcile  il  loro 
viaggio  adempiendo  una  bizzarra  scom- 
messa. 

Globuli  rossi  :  elemento  del  sangue  con- 
tenente l'emoglobina,  che  è  una  sostanza 
albuminoide  in  cui  è  del  ferro  solubile  nel- 
l'acqua; ed  è  avidissima  di  ossigeno  cui 
trae  dal  polmone  per  l'atto  della  respira- 
zione. 11  color  rosso  è  dato  dalla  massa 
dei  globuli.  Yale  v'igore,  forza  vitale. 

Glossite:  (yÀcjooa^  lingua.)  Nome  gene- 
vìco  dato  a  tutto  le  infiammazioni  e  le- 
sioni della  lingua,  superficiali  o  profonde, 
acute  0  croniche. 

Gneiss:  parola  di  origine  sassone,  usata 
j)uro  in  francese:  indica  una  roccia  com- 
posta di  feldspato,  quarzo  e  mica,  a  strut- 
tura schistosa.  Termine  equivalente  lom- 
bardo, bèola. 

rì>(7)di  aeavTÒv:  parole  scritte  sul  tem- 
pio di  Apollo  Delfico  e  reputate  divine: 
conoscile  stesso^  sintesi  del  concetto  della 
coscienza.  Secondo  quanto  leggesi  nel  Pro- 
tagora di  Platone,  il  mirabile  motto  fu 
scritto  in  lettere  d'oro  dai  Sotte  Sapienti. 
Socrate  che  trasse  dal  cielo  la  filosofia 
su  la  terra^  cioè  che  primo  trattò  della  fi- 
losofia come  scienza  della  vita,  fece  il 
motto  fondamento  della  sua  dottrina. 

E  cacio  deacendit  yviTìdl  Oeavtóv 

fìiovp.NALK,  Satire,  XF,  27. 


Goal  :  meta,  voce  inglese  che  nel  giuoco 
della  Palla  al  Calcio  ove  è  di  pramma- 
tica la  lingua  inglese,  indica  una  specie 
di  porta  rappresentata  da  due  aste  verti- 
cali alte  due  metri  e  mezzo  (goal-post) 
unite  alla  loro  sommità  da  un'altra  oriz- 
zontale, detta  ò«r,  della  lunghezza  di  sette 
metri.  Es.  «  la  squadra  milanese  ottenne 
la  vittoria  con  tre  goals  contro  uno,  fatto 
dai  genovesi  ».  Y.  Foot-ball. 

Goal-keeper:  ingl.  custode  della  meta: 
dicesi  nel  linguaggio  della  Palla  al  Calcio 
per  indicare  il  giocatore  che  sta  a  guardia 
della  porta  ed  impedisce  che  la  palla  vi 
passi,  e  può  valersi  anche  delle  mani.  Y. 
Foot-ball. 

Goal-post:  meta  e  compiutamente  co- 
lonna di  meta  nel  giuoco  della  Palla  al 
Calcio.  Così,  con  voce  inglese,  si  chia- 
mano le  due  aste  verticali  alte  due  metri 
e  mezzo  che  determinano  la  porta  che  è  la 
meta  del  giuoco.  Y.  Foot-ball. 

Gobelin  :  nome  che  i  francesi  danno  agli 
arazzi  e  alle  tappezzerie,  e  deriva  dalla 
voce  propria,  Gilles  Gobelin  che,  al  tempo 
di  Francesco  I,  fondò  in  Parigi  una  fab- 
brica assai  rinomata  per  finezza  di  lavoro 
e  per  l'arte  di  tingere  le  lane. 

Goccetta  o  goccia  militare  :  (fr.  goutte 
niilitaire)  è  chiamata  la  blennorragia  cro- 
nica. 

Goccia  militare:  Y.  Goccetta. 

Goddam:  Dio  danni!  esclamazione  e 
intercalare  attribuito  agli  inglesi  {Qod 
damn). 

God  save  the  King:  e  quando  c'era  la 
regina,  God  save  the  Queen,  principio 
dell'inno  popolare  inglese:  Dio  salvi  il 
re.  Y.  John  Bull. 

Goffetto  :  giuoco  di  ventura  o  d'azzardo, 
simile  alla  primiera,  diminutivo  di  goffo 
0  goffi.^  voce  registrata  ne'  buoni  lessici 
e  con  esempi  classici:  un  proverbio  an- 
tico dicea:  «  Chi  fa  a*  goflì  e  non  sa  faro, 
perde  i  quattrini  e  goffo  rimane». 

Gogò:  voce  del  gorgo  francese  :  vale  im- 
bécile.,  crèdule^  dnpe.  Es.  «Como  roman- 
ziere regala  alla  letteratura  antimilitarista 
un  libro  «feroce».  I  suoi  ufficiali  sono 
dei  ^ro^o."?,  i  sottouffìciali  dei  poco  di  buono, 
i  soldati  dogli  automi  ».  In  milanese  gogò 
vale  lo  stesso,  cioè  baggeo. 


Gol 


:12 


Gol- 


Goldone:  V.  Appendice. 

Golena:  voce  speciale  dell'idraulica  del 
Po  che  indica  la  porzione  di  letto,  re- 
litto del  fiume.,  invaso  dalle  acque  sol- 
tanto nelle  grandi  piene  :  generalmente 
è  coltivato,  e  si  intende  sempre  come 
esterno  agli  argini. 

Goletta:  dal  francese  goelette:  nave  leg- 
gera e  rapida,  dalle  trenta  alle  cento  ton- 
nellate, con  due  alberi  a  vela  aurica  (randa)  e 
bompresso.  La  voce  francese  go'èlette  par 
che  derivi  da  go'èlette^  rondine  di  mare: 
questa  parola  alla  sua  volta  da  una  voce 
bretone  gwela  =  piangere,  da  cui  il  nome 
go'èlette  dato  alla  rondinella  del  mare  pel 
suo  canto  lamentevole. 

Golf:  nome  di  un  giuoco,  anglo-scozzese 
di  origine,  moderno  e  assai  in  onore  ;  del 
genere  del  foot-ball.,  del  cricket  etc.  che 
ha  per  iscopo  il  diletto  e  l'esercizio  fisico. 
V.  Encycl.  britannica.,  Volume  XXIX, 
1902,  che  ne  tratta  più  che  ampiamente. 

Goliardo  :  Goliardi  o  Vaganti  o  Cle- 
rici errantes.,  è  nome  dato  a'  rimatori 
medioevali  in  lingua  latina:  ma  in  un 
latino  vivace  che  si  accostava  nella  lingua 
e  nella  forma  ritmica  alla  maniera  popo- 
lare della  nuova  poesia.  Il  canto  goliardico 
ha  vivo  il  senso  della  natura  e  dell'amore 
e  contiene  balde  allegorie,  satire,  acerbe 
parole  contro  il  misticismo  e  la  chiesa. 
La  parola  si  crede  derivata  da  Golia.,  e 
fègli  di  Golia  sono  chiamati  i  Goliardi. 
Altra  più  popolare  etimologia  è  per  l'in- 
flusso della  voce  gula  (gulosos).  Alcune 
canzoni  goliardiche  sono  tenute  in  onore 
anche  al  dì  d'oggi,  specie  dagli  studenti 
germanici.  Questa  antica  voce  è  viva  tut- 
tora con  vario  e  nuovo  senso  dedotto  dal- 
l'antico. «  Egli  era  il  più  goliardo  della 
compagnia  »  Carducci,  Le  risorse  di  S.  Mi- 
niato al  Tedesco.  Un  altro  avrebbe  scritto  : 
il  più  bohemien.  Cappelli  goliardici  =:  i 
berretti  degli  studenti. 

Golpe:  vale  volpe.,  carie.  È  una  ma- 
lattia del  frumento  che  ne  attacca  le  ca- 
riossidi, trasformando  in  un  ammasso  di 
sostanza  nerastra  e  puzzolente  il  loro  con- 
tenuto. Il  male  è  dovuto  ad  una  critto- 
gama, la  Tilletia  caries.  La  si  combatte 
coir  incalcinatura  o  coli' immersione  in  so- 
luzione di  solfato  di  rame  delle  granella 


destinate  alla  sementa.  Golpe  è  ottima 
voce  usata  specialmente  dai  contadini  to- 
scani. Nel  linguaggio  tecnico-agrario  sono 
adoperate  di  preferenza  le  altre  due  voci. 

Gomma:  in  medicina  indica  una  pro- 
duzione patologica  che  appare  come  una 
tumefazione,  ed  è  così  chiamata,  sia  per 
la  consistenza,  sia  per  l'umore  che  ne 
geme.  Di  solito  questo  nome  è  dato  alla 
gomma  sifilitica^  o  sifiloma  che  appare 
nel  periodo  avanzato  e  grave  (terziario) 
della  sifilide:  può  apparire  sopra  ogni  tes- 
suto, distruggendolo  ed  eliminandolo. 

Gonfiatura:  (da  gonfiare,  lat.  Gonfiare) 
termine  volgare  e  familiare  che  significa 
alcun  fatto,  ad  arte  esagerato,  magnificato, 
diffuso.  Dicesi  anche  montatura  (esage- 
razione). 

Gong  :  nome  di  campana  cinese. 

Gonorrea:  per  il  senso  vale  blennorragia 
(V.  questa  parob)  come,  per  l'etimologia, 
è  da  yóvog  =  seme  e  qecù  =  scorro,  per  ef- 
fetto dell'antica  opinione  che  lo  scolo  ure- 
trale fosse  scolo  di  seme. 

Gordiano  (nodo):  voce  usata  nella  lo- 
cuzione tagliare  o  sciogliere  il  nodo  Gor- 
diano., e  vale  risolvere  in  modo  risoluto 
una  questione  non  semplice.  Come  è  nota 
istoria,  l'inestricabile  nodo  di  Gordio,  cui 
si  connetteva  la  leggenda  del  dominio 
dell'Asia,  fu  da  Alessandro  il  Grande 
sciolto  con  la  spada  che  lo  recise. 

Gorgerette:  a  questa  viva  voce  fran- 
cese risponde  la  voce  nostra,  poco  usata, 
gorgiera  :  collaretto  di  bisso  o  d'altra  tela 
molto  fine  che,  per  essere  increspata  quasi 
a  foggia  di  lattuga,  fu  detto  da  noi  anche 
lattughe. 

Gòrgia:  «forte  strascico  e  aspirazione 
di  consonanti,  specialmente  dell'r  »  così  il 
Petrocchi.  Questa  voce  mi  sembra  invece 
più  usata  per  indicare  la  speciale  maniera 
di  proferire,  o  cantilena,  secondo  i  dia- 
letti, i  linguaggi,  le  regioni.  Milanese 
gorga.,  romagnolo  gòrgia.  Tale  ad  esempio 
è  il  significato  che  il  Leopardi,  in  una 
lettera  da  Eoma  al  fratello  Carlo,  dà  alla 
parola  gorgia  parlando  di  certi  francesi  i 
quali  discorrevano  con  così  spiccata  loro 
cadenza  che  non  li  potè  bene  intendere 
(anzi  su  questo  documento  un  rappresen- 
tante della  nuova  critica  antropologica  si 


213    — 


Gra 


Itasa  per  negare  al  grande  lirico  nostro,  ol- 
tre a  tante  altre  qualità,  persino  il  «  senso 
auditivo».  Quam  parva  sapientia!  (V. 
D'Ancona,  Ricordi edaffetti^TvQYG^^  1903, 
,..42). 

Gorilla:  e  così  chimpan%è  o  seimpanxè 
dicesi  familiarmente  di  uomo  brutto  e 
antipatico.  Il  gorilla  è  il  più  grosso  e  ro- 
busto dei  scimiotti  (antropomorfi)  :  faccia 
orrida,  pelo  nero,  senza  coda,  braccia  fino 
ni  ginocchio,  ritto,  uguaglia  l'uomo. 

Gotica:  come  aggiunto  di  figura  dicesi 
familiarmente  di  quelle  persone  che  vanno 
all'antica  e  che  mancano  di  linee  eleganti; 
male,  anzi  ridicolmente  sagomate.  Figure 
gotiche  sono  propriamente  quelle  figure  a 
rilievi  marmorei,  rigide,  angolose,  sim- 
metriche, senza  prospettiva  o  scorcio  che 
adornano  le  chiese  medioevali. 

Gotha:  V.  Almanacco  di  Gotha. 

Gourmand  :  parola  francese,  tanto  nel 
senso  di  ghiotto,  goloso.,  ingordo.,  man- 
gione come  neir  altro  senso  di  gastro- 
nomo^ buongustaio.  In  questo  senso  più 
dell'uso  è  la  voce  gourmet,  che  propria- 
mente è  il  conoscitore  del  vino.  Per  l'e- 
tim.  Cfr.  lo  Scheler. 

Gourmet:  V.  Oourmand. 

Gourmette  :  in  francese  è  il  barbazzale. 
Ma  la  gente  elegante,  almeno  da  noi  e 
per  quel  che  intesi  e  lessi  nei  cataloghi, 
estende  questa  voce  per  significare  una 
specie  di  braccialetto  o  catenella,  serrata 
a  maglia  come  un  barbazzale. 

Governo:  chiamano  così  gli  enologi  un 
processo  di  seconda  fermentazione  assai 
l)raticato  in  Toscana.  Esso  consiste  nel- 
r aggiungere  al  vino,  già  travasato,  ordì-, 
nariamente  nel  novembre,  una  certa  quan- 
tità (dal  tre  al  dieci  per  cento)  di  mosto 
con  vinacce  e  senza  graspi,  ottenuto  da 
uva  scolta  o  ben  conservata.  Cotesto  go- 
verno conferisce  al  vino,  oltre  che  limpi- 
dezza e  profumo,  quel  frizzante  naturalo 
olle  è  proprio  dei  vini  di  Toscana,  e  che 
dai  mercanti  ò  imitato  con  processi  che 
non  hanno  nulla  a  che  faro  con  la  pianta 
sacra  al  dio  Libero. 

Governo  ladro:  è  compiutamente,  piove, 
governo  ladro/  locuzione  dei  bei  tempi 
del  giornale  il  Fanfulla^  dotta  in  origino 
|)or  forte  dileggio  di  coloro  die  tutto  at- 


tendono, tutto  fan  derivare  dal  governo, 
come  è  costume:  frase  divenuta  comune, 
(e  detta  anche  sul  serio,  senza  \\  piove). 

Governo  negazione  di  Dio:  frase  storica 
per  la  prima  volta  dallo  statista  inglese 
W.  E.  Gladstone  foggiata  a  proposito  del 
governo  borbonico  di  Napoli,  nel  1851: 
This  is  the  negation  of  Ood  erected  into 
a  system  of  Government:  è  la  nega- 
zione di  Dio  eretta  a  sistema  di  governo. 
La  frase  autorevole  ed  incisiva  nocque 
al  governo  di  Ferdinando  II  più  di  una 
sommossa  o  di  una  congiura. 

Governo  turco  !  :  e  più  spesso  giustizia 
turca!  per  pessimo.,  burocratico  governo, 
venale  o  lenta  giustizia:  antonomasia  a 
cui  la  Turchia  potrebbe  fare  qualche  salsa 
osservazione,  e  dire  che  non  è  essa  sola 
a  godere  tale  privativa. 

Graeca  per  Ausoniae  fìnes  sine  lege 
vagantur:  i  nomi  greci  in  Italia  si  pro- 
nunciano come  si  vuole  {vagano  senza 
legge)  ed  è  sentenza  antica  della  Regia 
Parnassi;  oggi  spesso  rivolta  ad  altri 
sensi.  Yero  è  che  non  solo  in  Italia  v'è 
libertà  di  accento  per  i  nomi  greci  ma 
altresì  per  i  nomi  italici.  V.  Accento. 

Graeca  sunt,  non  leguntur  ovvero  grae- 
cum  est,  non  legitur:  è  greco  non  si  legge. 
Così  dicevasi  e  scrivevasi  sul  serio  nel- 
l'Evo Medio  quando  il  greco  era  lingua 
mal  nota.  Oggi  il  motto  vive  e  si  ripete 
con  lepida  intenzione  di  appuntare  la  al- 
trui inettitudine  a  comprendere  cosa  al- 
cuna. 

Graeculus: latinismo, diminutivo  àìgrae- 
cus.  Con  senso  di  spregio  erano  chiamati 
graeeuli  in  Eoma  imperiale  i  retori  e  fi- 
losofi greci,  che  della  gran  patria  ellenica, 
ormai  vinta  e  spenta,  avevano  traspor- 
tato nel  Lazio  soltanto  celio  spirito  gretto, 
fastidioso,  pedante,  degenere.  Questa  an- 
tica voce  non  è  del  tutto  morta  nella  lingua 
odierna. 

Graffito:  dal  gr.  yfjitgHor- incìdo:  ge- 
nere di  pittura  ornamentalo  e  parietale, 
semplice  ed  elegante,  ottenuto  incidendo 
con  speciale  procosso  di  segni  odi  disegni 
l'intonaco  proparato  all'uopo:  usatissimo 
nell'arte  nostra  della  Rinascita;  nel  quale 
tempo  non  vi  fu  forse  città  italiana  la 
quale  non  avesse  avuto  case  o  palazzi  de- 


(ira 


114 


Ora 


corati  di  graffito,  ne  vi  fu  artista  che 
sdegnasse  di  far  le  sue  prove  di  capriccio, 
emulando  gii  altri  nelle  invenzioni  e  nelle 
forme  di  questo  grazioso  genere.  Il  graf- 
ito regge  alle  intemperie  e  il  suo  chia- 
roscuro su  le  case  spoglie  d'  ogni  orna- 
mento, fa  buon  effetto  e  grato  pel  carat- 
tere suo  alquanto  cupo  e  bizzarro. 

Grafòfono:  è  il  fonografo  di  Edison, 
perfezionato. 

Grafologia:  (dalgr.  yQà<poj  =:  scrivo  e 
Àóyog  =  trattato)  arte  che  studia  la  scrit- 
tura (il  segno  grafico)  come  indice  del 
sentimento  o  del  carattere  dello  scrivente. 
Benché  la  grafologia  abbia  fondamento  più 
ciarlatanesco  che  scientifico,  è  certo  che 
non  mancano  acuti  elementi  di  giudizio; 
certo  in  alcuni  casi  di  idiotismo,  isteri- 
smo, lipemania,  delinquenza,  la  scrittura 
può  presentare  ben  più  interessanti  e  si- 
cure alterazioni  che  nei  casi  normali. 

Grafomane:  V.  Grafomania. 

Grafomania  :  dal  greco  yQdq)co  =  scrivo 
e  jiiavla  =  matita  (di  scrivere).,  giacché  fra 
le  manie  che  affliggono  l'umana  esistenza, 
esiste  veramente  anche  cotesta.  Bisogna 
però  distinguere  le  forme  tipicamente  paz- 
zesche che  hanno  caratteri  determinati, 
come  sarebbero  formule  costanti,  quasi 
sacramentali,  poscritti  che  sorpassano  lo 
scritto,  prolissità  e  difetto  di  logica,  etc. 
e  le  forme  comuni  di  grafomania.  Diffi- 
cilmente le  porte  del  manicomio  si  aprono 
al  comune  grafomane,  e  difficilmente  anche 
si  riesce  a  distinguere  ove  cessi  il  furore 
creativo  e  fecondo  dello  scrittore  e  co- 
minci la  mania  di  colui  a  cui  basta  riem- 
pir di  scrittura  molta  carta  e  possibil- 
mente tramutarla  in  istampa.  La  man- 
canza di  correzione  e  di  lima  sono  i 
difetti  più  salienti  del  grafomane  :  la  va- 
cuità e  la  prolissità  non  sono  vizi  speci- 
fici del  grafomane  soltanto.  Derivato  gra- 
foìiiane^  che  talora  si  dice  per  ispregio 
di  scrittore  prolisso,  non  artista  e  che 
troppo  produce. 

Granatina:  siroppo  ottenuto  col  succo 
della  mela  granata. 

Gran  bestia  (la)  :  definizione  di  sapore 
biblico  e  di  ricordo  Nietzschiano,  anzi  frase 
del  Nietzsche,  data  dal  D'  Annunzio  alla 
folla,  per  significare  spregiativamente  l'a- 


nima collettiva,  dalle  esplosioni  incoscienti 
e  brutali  e  dal  facile  dominio.  Questa  lo- 
cuzione ebbe  fortuna  di  divulgazione  come 
ogni  cosa  del  D'Annunzio,  Cfr.  La  bestia 
trioìi fante  di  (j.  Bruno,  la  belua  multo- 
rum  capitum,  di  Orazio,  la  vii  maggio- 
ranza del  Carducci.  Eppure  quanto  deve 
il  D'Annunzio  alla  Gran  bestia! 

Gran  collare:  il  distintivo  del  più  alto 
grado  di  alcuni  ordini  cavallereschi  :  la 
persona  stessa  ohe  ne  é  insignita:  femm. 
gran  coUaressa. 

Gran  completo  (al):  fr.  au  grand  com- 
piei. V.  questa  locuzione. 

Grande  di  Spagna  :  titolo  della  più  alta 
nobiltà  castigiiana,  con  speciali  privilegi 
e  di  carattere  feudale  :  ciò  in  antico.  Oggi 
semplice  grado  di  nobiltà  di  Corte. 

Grande  isterismo:  V.  Isterismo. 

Grande  Oriente  :  cosi  é  chiamato  il  con- 
siglio 0  dignitario  supremo  di  tutte  le  co- 
munità [Logge)  massoniche  di  una  nazione, 
e  per  estensione  lo  stesso  Gran  Maestro. 
V.  Massone. 

Grand  hotel:  V.  Hotel  e  avverto  che 
questo  grand  non  è  un  semplice  aggct- 
gettivo  ornativo,  ma  serve  proprio  a  di- 
stinguere l'albergo  di  gran  lusso  e  di  gran 
trattamento  dai  comuni.  Tale  distinzione 
è  avvertita  pur  nelle  Guide. 

Grandinifugo:  aggettivo  aggiunto  di 
speciali  cannoni,  forniti  di  grandi  trombe 
che  portano  il  suono  del  loro  scoppio,  do- 
vuto a  polvere  pirica  o  ad  acetilene:  re- 
centemente perfezionati,  hanno  per  iscopo 
di  impedire  la  formazione  della  grandine. 
(Almeno  così  si  dice  giacché  é  questione 
ancora  sub  judice). 

Grand  prix:  intendesi  nel  linguaggio 
ippico  il  gran  premio  di  Parigi,  fondato 
dal  Duca  di  Morny  nel  '62  e  inaugurato 
a  Longchamps  nel  '63.  Queste  corse  al 
galoppo  ebbero  il  premio  di  lire  100.000 
sino  al  1891:  quindi  fu  accresciuto  del 
doppio  e  vi  possono  concorrere  cavalli  di 
ogni  paese.  Grand  prix  si  legge  oggi  in 
luogo  di  onorificenxa.,  premio,  etc,  spe- 
cie se  il  premio  fu  ottenuto  in  Parigi. 
Abuso  di  voce  straniera,  il  quale  è  pur 
indice  notevole  di  servitù  di  pensiero  ! 

Gran  guardia:  forte  nucleo  di  milizie 
agli  avamposti,  sì  per  dare  il  cambio  ai 


(ira 


215 


Gru 


l)iccOii  posti,  sì  per  opporsi  ad  un  primo 
impeto  del  nemico. 

Gran  libro:  V.  Debito  Publico. 

Gran  mondo  :  locuzione  francese  {grand 
monde)  assai  dell'uso  per  indicare  il  ceto 
di  coloro  che  per  ricchezza,  agi,  dignità 
hanno  speciale  distinzione.  V.  alla  voce 
.}  fondo. 

Gran  vitess  (a)  :  per  presto^  in  fretta,  è 
volgare  gallicismo  milanese  (grande  vi- 
tesse). 

Gran-vizir:  il  primo  ministro  dell'im- 
pfTO  ottomano.  Vix>ir  o  visir  dall'arabo 
wexir,  letteralmente  facchino,  che  porta 
il  peso  del  governo,  ministro:  nome  dato 
ai  principali  ufficiali  del  Sultano.  È  press' a 
poco  lo  stesso  processo  che  avvenne  per 
la  parola  ministro^  latino  minister,  da 
minus  =  meno  ('come  magister  da  ìnagis 
:;:più)  e  significò  in  origine  servo ^  fa- 
miglio, domestico. 

Minister  vetuli  puer  Falorui 
inger  mi  calices  auiaiiores. 

Catullo. 

Grappa:  nome  di  acquavite,  che  per 
essere  genuina  e  buona,  dev'  essere  pro- 
dotta dalla  distillazione  dei  graspi  del- 
l'uva; esso  è  liquore  usatissimo  nell'Alta 
Italia,  specie  in  Lombardia  ;  nel  Veneto 
dicesi  graspa,  cioè  da  graspo,  come  ap- 
punto grappa  vuol  dire  in  milanese,  cioè 
graspo  dell'uva.  Grappa zzz  ferro  uncinato, 
<jndo  grappino,  fr.  grappin,  onde  anche 
raspo  etc,  proviene  dal  tedesco  krapfen 
=  rampino  (antico  alto  tedesco  kràpfo). 
Uguale  etimologia  ha  la  parola  grappo 
(grappolo,  graspo)  =  ramicello  a  cui  sono 
attaccati  i  chicchi. 

Grappino:  il  bicchierino  della  grappa. 
Voce  usata  in  Lombardia  e  nota  in  molte 
altre  regioni.  Di  solito  il  popolo  milanese 
invece  di  grappino  usa  altre  e  simboliche 
voci.  In  piemontese,  bibi.  In  marina ^rap- 
pino  indica  una  specie  di  ancoretta  a 
quattro  marre  e  senza  ceppo,  detta  anche 
ferro. 

Grassatore  o  grassazione  :  latinismi 
usati  nel  linguaggio  forense  ed  altresì  nel 
linguaggio  comune  in  luogo  di  ladro,  la- 
dro da  strada.  Il  grasso  in  questa  pa- 
rola non  c'entra  per  nulla,  sì  bene  c'eiitia 
la   voce  grassor,   pari  a  gradior  (cfr.   in 


italiano  ingresso,  aggredire  etc.)  che  si^ 
gnifica  :  vado  in  fretta,  vado  girovagando, 
onde  grassator,  vagabondo,  ladro.  Tale  la- 
tinismo spiace  ai  puristi. 

Grassetto  o  grassino  :  termine  tipogra- 
fico, detto  di  tipo  0  carattere  alquanto 
grasso,  inframesso  agli  altri  caratteri  co- 
muni quando  si  vuole  specialmente  chia- 
mare l'attenzione  su  di  alcune  frasi  o  pa- 
role. 

Grasso  cadaverico  o  adipocera:  so- 
stanza grassa  e  mollo  proveniente  da  una 
alterazione  dei  tessuti  de'  cadaveri  ove 
siano  in  ispeciali  condizioni  (terreni  assai 
umidi  od  acqua)  si  che  in  vece  di  distrug- 
gersi, si  trasformano  in  una  massa  somi- 
gliante ad  un  grasso. 

Gratin  :  voce  della  cucina  francese,  ed 
indica  una  speciale  maniera  di  cuocere 
carni,  verdure,  pesce  etc:  si  intridono  con 
salsa  bianca,  parmigiano,  burro,  etc,  indi 
si  mettono  al  forno  così  che  fanno  la  cro- 
sta sopra  e  sotto.  Gratin  vuol  dire  in- 
fatti crosta  dei  cibi,  che  si  togl^  grat- 
tando :  deriva  dalla  parola  tedesca  kratxcn, 
da  cui  grattare,  grattugia.  Es.  Sole  au 
gratin. 

Gratis:  modo  latino,  rimasto  vivo  nel 
linguaggio  del  popolo,  a  cui  la  formula 
cristiana  et  amore  Dei  talora  aggiungesi 
per  lepidezza  e  rinforzo. 

Grattate  il  Russo  e  troverete  il  Co- 
sacco :  il  motto  è  francese  :  grattez  le  Busse, 
vous  trouvere%  le  Gosaque  ed  è  attribuito 
a  Napoleone  I. 

G ratto! r:  voce  francese  per  raschietto, 
raschino,  in  milanese  sgarxin,  specie  di 
coltellotto  che  si  usa  per  raschiar  gli  er- 
rori incorsi  nelle  scritture.  Questo  fran- 
cesismo, notato  dai  puristi,  non  mi  pai(^ 
più  molto  dell'uso. 

Gratuitamente:  por  senxa  motivo  pro- 
cede secondo  i  più  rigidi  puristi  dal  fr. 
gratuìtement,  e  così  dicasi  di  gratuito. 
Es.  «  questa  è  un'offesa  gratuita  ».  Il  Ki- 
gutiiii  con  esempi  del  "()00  (>  biblici  (odio 
habuerunt  me  gratis)  difende  tale  osten- 
sione pur  ammettendo  che  è  dal  francese. 
Il  vero  è  che  questo  duo  voci,  come  cau- 
stiche ed  efficaci,  si  difondono  troppo  bone 
})er  se  stesso. 

Gratuito  patrocinio:  (luando   una  per- 


Gv'à 


'21(3 


sona  intenda  sostenere  una  lite  e  non  abbia 
danaro  sufficiente  per  far  fronte  alle  spese 
relative,  si  rivolge  ad  una  commissione 
apposita  istituita  presso  ogni  tribunale, 
denominata  Commissioyie  del  Gratuito 
Patrocinio  ;  espone  il  fatto,  presenta  un 
certificato  del  Sindaco  ove  ha  il  suo  do- 
inicilio,  da  cui  appaia  la  relativa  misera- 
bilità, un  certificato  dell'agente  delle  im- 
poste da  cui  risulti  che  nulla  o  quasi 
nulla  possiede  e  chiede  dì  essere  ammesso 
al  benefleio  del  gratuito  patrocinio  per 
la  causa  che  vuole  instituire.  La  com- 
missione (composta  di  un  giudice  presi- 
dente, del  procuratore  del  Ee  e  del  Pre- 
sidente del  Consiglio  dell'  Ordine  degli 
avvocati  o  d'  un  suo  incaricato)  esamina 
il  Ricorso,  sente  l'altra  parte  (pur  troppo 
non  sempre)  e  se  trova:  a)  che  la  causa 
è  soffusa  dal  cosi  detto  fumus  boni  iuris 
(probabilità  di  vittoria),  e  che  b)  la  mi- 
serabilità assoluta  o  relativa  è  provata, 
ammette  il  ricorrente  al  benefìcio  del  gra- 
tuito patrocinio,  gli  nomina  un  patroci- 
natore così  detto  ufficioso  affinchè  lo  di- 
fenda. In  caso  diverso,  respinge  il  ricorso. 
Presso  le  Corti  d'Appello  è  pure  instituita 
una  Commissione  del  gratuito  Patrocinio 
la  quale  rivede  le  bucce,  in  seguito  a 
reclamo  d'una  delle  parti,  ai  decreti  delle 
commissioni  istituite  davanti  ai  Tribunali. 
(^)aesta  istituzione  sostituisce  l'antico  av- 
vocato dei  poveri. 

Great:  ing.,  grande. 

Great  attractìon:  locuzione  inglese  abu- 
sivamente e  talora  lepidamente  usata  per 
indicare  uno  spettacolo  straordinario.,  che 
offra  grande  attrattiva.  Tale  anglicismo  è 
alti'osi  fra  i  neologismi  francesi. 

Great-event  o  anche  event  :  avveni- 
mento^ dicesi  inglesemente  nel  linguaggio 
dello  Sport  per  indicare  una  corsa  nota 
ed  importante.  Doublé,  triple  event.,  altra 
locuzione  inglese  delle  corse  per  indicare 
la  vittoria  di  due  o  tre  cavalli  della  istessa 
scuderia. 

Grecale  o  grecalata:  vento  fresco  di 
greco,  intermedio  tra  tramontana  e  le- 
vante (nord-est). 

Gregari:  dicevano  i  latini  e  da  noi  si 
dice  di  soldato  non  graduato,  contrapposto 
ad  ufficiale  {gregarii^  da  grex  =  gregge. 


dunque  del  gregge).  Ora  gregari  si  dice 
talora  di  quelli  che  si  raggruppano  at- 
torno ad  un  personaggio  principale  né 
hanno  gran  valore  per  sé,  ma  pel  numero: 
voce  non  rara  nel  linguaggio  giornalistico 
e  della  politica. 

Grelot  :  fr.,  campanello  metallico  in  for- 
ma di  palla  :  probabilmente  dal  lat.  cro- 
talum,  gr.  uQÓtaÀov^  nacchera  (Diez). 

Grenadine:  nome  francese  di  una  specie 
di  stoffa  leggera  a  trafori  come  un  mer- 
letto, usata  per  gli  abiti  muliebri,  solita- 
mente di  colore  nero. 

Greppia:  voce  a  tutti  ben  nota  (dal- 
l'ant.  ted.  krippa)  che  il  popolo  con  au- 
dace traslato  usa  spregiativamente  per  in- 
dicare r  impiego,  e  specialmente  quello 
del  governo,  che  dà,  come  la  greppia,  si- 
curo se  non  lauto  alimento  a  patto  però 
di  stare  ad  essa  legato,  onde  la  locuzione 
volgare  mangiare  alla  greppia^  o  alla 
greppia  dello  Stato  per  dire  essere  uffi- 
ciale dello  Stato.  Eppure  si  noti  come  la 
servitù  dell'  impiego  in  questa  nazione 
nostra  così  ribelle  (almeno  nelle  espres- 
sioni) rappresenti  il  più  comune  degli 
ideali.  Tale  locuzione  non  manca  al  te- 
desco, Staatskrippe. 

Grès:  voce  francese,  derivata  dall'ant. 
alto  ted.  grie%^  ted.  moderno  griesx,^  basso 
lat.  gresum.^  it.  greto  (secondo  il  Flechia 
greto  è  sincope  dii  ghiareto).  È  nome  di 
una  speciale  roccia  formata  di  grani  di 
sabbia  agglomerata,  da  calcare,  silice  o 
altro  materiale,  dura  e  friabile  nel  tempo 
stesso.  La  parola  nostra  è  Arenaria.,  dal 
suo  principale  componente.  In  milanese  : 
molerà.  Dicesi  oggi  grès  per  indicare  un 
impasto,  specie  di  porcellana  ordinaria, 
per  opere  ceramiche,  tubazioni  etc.  ;  e  in 
tale  senso  la  voce  francese  è  assai  del- 
l'uso presso  di  noi. 

Grigio:  nella  locuzione  ora  grigia.,  vale 
periodo  di  tristezza.,  scoraggiamento,  di- 
savventura. V.  Zone  grigie. 

Griglia:  fr.  grille  (dal  lat.  craticula --=z 
grata)  per  ingraticolato  o  inferriata  o 
gratella  «  usasi  sconciamente  »  così  il  Ri- 
gutini.  E  deve  essere  veramente  sconcio 
«  questo  gallicismo  »  perché  ne'  lessici  non 
lo  trovo  registrato.  Le  carni,  i  pesci,  in- 
fatti si  cuociono  su  la  gratella  o  graticola 


(in 


217 


Ciri 


e  non  su  la  griglia^  ma  quando  una  voce 
non  buona  va  fortemente  radicandosi  nel- 
r  uso,  è  assai  facile  sbagliare  anche  da 
persone  provette.  Nell'uso  però  mi  sembra 
che  occorra  più  frequente  la  parola  ferri 
(braciola  ai  ferri) ^  che  alla  griglia.  An- 
che questo  ferri  per  graticola  è  neo- 
logismo che  spiace  ai  puristi.  Y.  Grille. 
I  Ma  comunissimo  è  l'uso  di  griglia  per 
persiana.,  cioè  quella  difesa  esterna  delle 
lìuestre,  formata  da  due  telai  in  cui  ca- 
lettano obliquamente  delle  stagge.  Ge- 
losie {h'.j  a  lousie  :=  persiana)  poi  sono  dette 
le  due  parti  basse  della  persiana  che  si 
imperniano  nel  telaio  maggiore  e  servono, 
non  solo  a  regolare  la  luce,  ma  a  vedere 
senza  esser  visti.  |  In  alcuni  luoghi  dicesi 
senz'altro  gelosia  per  persiana.  Gelosia, 
benché  di  manifesta  provenienza  francese, 
è  parola  accolta  anche  dai  puristi. 

Grignolino:  buon  vino  da  pasto  piemon- 
tese (Alessandria),  di  color  granato  chiaro. 
È  nome  altresì  del  vitigno. 

Grillare:  traduz.  abusiva  del  francese 
griller.,  cioè  cuocere  su  la  graticola.  V. 
^Grille. 

Grill  :  nella  lingua  francese  ;  grille  in 
tedesco;  grill  in  inglese  significano  la 
graticola  o  gratella  su  la  quale  sino  dai 
tempi  più  remoti  si  costuma  da  noi  di 
far  cuocere  a  fuoco  vivo  le  costate,  le 
braciuole,  il  pesce,  etc.  L'  etimologia  è 
unica:  dal  latino  craticula.  Questo  sem- 
plice, sano  e  squisito  modo  di  cucinare 
oggi  è  in  molto  onore  anche  nei  grandi 
alberghi  e  la  gente  elegante  ordina  le  bra- 
cciolo alla  grille!  \  Grill-room  :  si  legge 
poi  am])ollosamento  in  molti  alberghi,  bir- 
rerie, trattorie  di  lusso  per  far  capire  che 
([uivi  v'ò  uno  speciale  fornello  per  cuci- 
nare le  carni  su  la  graticola.  V.  la  pa- 
rola Griglia. 

Grill-room:  V.   Grille. 

Grìmpeur  :  Ir.  da  grimper  =  arrampi- 
carsi con  l'aiuto  dolio  mani  e  dei  piedi, 
dicesi  degli  alpinisti  arrampicatori .^  abili 
(•ioè  nello  scalare  e  arrampicarsi  su  le  più 
alto  vette.  Passione  ed  esagerazione  dei 
tempi  nostri. 

Gringo:  voce  ispano-ai'gentina,data  per 
dispnìgio  agli  italiani  della  Kei)ublica  Ar- 
gentina.  Gringo  paro  essere  corruzione  di 


griego  --zi  greco,  onde  la  frase  spagnuola 
hablar  en  gringo,  parlar  in  modo  incom- 
prensibile. V.  e  confronta   Welsch. 

Grippe:  dal  tedesco greifen  =  prendere, 
colpire.  V.  Influenza.  Grippe  come  voce 
medica  universale  è  accolta  ne'  dizionari 
recenti.  Malattia  infettiva  epidemica,  con- 
tagiosa, caratterizzata  da  un  attacco  del 
male,  solitamente  improvviso,  con  prostra- 
zione generale  e  sintomi  variabili,  ma  più 
comunemente  colpisce  l'apparecchio  respi- 
ratorio, con  catarro  e  congestioni  bronco- 
polmonari. È  dovuto  ad  un  particolare  mi- 
crobio 0  bacillo,  detto  di  Pfeiffer. 

Gris:  e,  se  fosse  signora,  ^Ws^,  dicono 
garbatamente  in  Francia,  ma  con  uso 
familiare,  e  da  noi  ripetono  le  persone 
mondane,  di  individuo  che  è  brillo,  un 
po'  di  qua  e  un  po'  di  là,  un  po'  stordito. 
come  appunto  il  grigio  {gris)  che  non  è  nò 
bianco  né  nero. 

Grisette:  yeM?2e  fille  de  mediocre  con- 
dition.,  et  plus  ordinaire?nent  jeune  ou- 
vriere  coquette  et  galante.  A  Paris  cette 
qualification  se  prend  toujours  en  mau- 
vaise  pari.  Così  da  un  vecchio  libro  :  in 
italiano,  sartina.,  sartorella  (V.  mada- 
mina). La  parola  deriva  da  una  specie  di 
veste  semplice  detta  grisette.,  cioè,  véte- 
ment  d'étoffe  grise  de  peu  de  valeur  :  in 
piemontese  griseta  =  drappo  di  color  bigio. 
Grisette  è  una  delle  voci  francesi  che  ven- 
nero di  moda  fra  noi  dal  tempo  della  Mo- 
narchia di  luglio  ed  ha  attecchito  così 
bene  che  anche  oggi  si  ode  non  raramente. 
V.  Midinette. 

Grisou  :  nome  del  gaz  idrogeno  proto - 
carbonato  che  si  svolge  dallo  miniere  di 
carbone  fossile.  Voce  francese  :  grisou  i- 
grec,  cioè  feu  grégeois.,  voce  vallona  zzi 
fuoco  greco.  Il  Littró  pensa  che  possa  de- 
rivare invece  da  gris.,  pel  colore  che  que- 
sto gas  dà  alla  luce.  Il  nomo  scientilico  è 
metano. 

Gris-perle:  nel  determinare  i  (iolori  dello 
stoffe  e  delle  parti  del  vestito,  il  linguaggio 
comune  della  moda  usa  oramai  voci  fran- 
cesi. Ora  i  franciosi  distinguono  il  color 
grigio  nelle  sue  gradazioni  ponendogli  ac- 
canto nomi  di  colori  ben  noti,  onde  gri.y 
hleu.,  gris  noir.,  gris  perle.,  etc. 

Grissini:  voce  dialettale  o  locale,  che 


Gri 


-^     218 


(mi 


indica  una  specialità  di  pane  torinese,  squi- 
sitissimo, croccante,  fatto  a  foggia  di  ba- 
stoncelli lunghissimi,  non  più  grossi  di 
un  dito  mignolo.  La  eccellenza  e  la  dif- 
fusione di  questo  pane  ha  fatto  sì  che  il 
suo  nome  abbia  avuto  non  solo  onore  di 
versi,  ma  altresì  di  essere  notato  nei  di- 
zionari dell'uso  e  di  essere  accolto  anche 
in  fr.,  grissin. 

Grizzly  (ingl.  grigio)',  nome  dell'orso 
grigio  d'America  settentrionale:  TJrsus 
cinereus  ferox.  Y.  Baribal. 

Grog:  parola  inglese,  usata  pure  in  Fran- 
cia, ed  indica  una  bevanda  di  un  terzo 
di  acquavite  o  altro  liquore,  e  due  terzi 
di  acqua  con  aroma  di  zucchero  e  limone  ; 
specie  di  ponce.  Quanto  all'origine  del  no- 
me si  narra  che  l'ammiraglio  Vernon  aven- 
do proibito  ai  marinai  di  bere  del  rhum 
puro,  costoro  per  dispetto,  chiamarono  il 
rhum  annacquato  col  sopranome  di  old- 
(jrog  che  era  dato  al  detto  ammiraglio,  da 
grog'ram  =  grossa  grana,  detto  della  sua  tu- 
nica. V.  l'enciclopedia  di  Chalmers.,6.  113. 

Grognard:  parola  francese  che  vuol  dire 
brontolone.  Es.  «  Un  magnifico  teatro  ieri 
sera  per  la  seconda  rappresentazione  del 
Tristano.  Poco  meno  di  seimila  lire  d'in- 
casso. Tutte  le  signore  nei  loro  palchetti, 
tutti  gli  abbonati  nelle  loro  poltrone,  non 
esclusi  i  più  temuti  grognards  ».  Gro- 
gnard  proviene  da  grogner,  antico  francese 
groigner.^  rispondente  all'italiano^rz^^rmre, 
lat.  grunnire. 

Groom  :  (pronuncia  groiìm)  voce  inglese, 
passata  al  francese,  e  probabilmente  per 
questa  via- air  italiano.  Palafreniere.,  staf- 
fiere^ valletto,  paggetto,  sono  belle  voci 
nostre  e  proprie  che  potremmo  usare  in 
sostituzione  della  parola  straniera.  (Il  Lit- 
tle rivendica  groom  al  francese  gromet  = 
domestico,  garzone  del  vinaio). 

Gros:  voce  francese;  tessuto  di  seta  di 
grossa  trama,  come  dice  la  voce. 

Gros  bonnet  :  locuzione  francese,  molto 
felice,  dedotta  verosimilmente  dal  gallone 
alto  che  i  graduati  portano  sul  berretto, 
per  indicare  i  pex,%,i  grossi  di  qualche  am- 
ministrazione. E  voce  comune  da  noi,  e 
vi  si  connette  spesso  un  senso  di  spregio. 
Noto  come  curiosità,  almeno  per  me  si- 
gnificante, che  G.  Garibaldi,  in  una  sua 


lettera,  esumata  nei  giorni  in  cui  caddero 
per  la  fiumana  dei  primi  mesi  del  nuovo 
Eegno  di  V.  E.  IH,  i  muraglioni  del  Te- 
vere in  Eoma,  ben  prevedendo  sin  da 
allora  tale  mina  per  la  mal  progettata  e 
mal  compiuta  opera,  ne  dà  colpa  ai  pezxi 
grossi  del  Ministero  dei  L.  P.,  cui  chiama 
con  l'epiteto  nuovo  di  cardinali.  Molto 
facilmente  un  altro  avrebbe  usato  gros 
bomiets.  G.  Garibaldi,  non  letterato,  ma 
italiano,  creò  in  vece  un  neologismo  felice 
ed  italiano.  Documento  minimo,  ma  che 
contribuisce  alla  mia  paziente  dimostra- 
zione: essere  il  sentimento,  non  le  leggi, 
non  le  scuole,  la  principale  causa  della 
conservazione  di  un  linguaggio. 

Grossier:  voce  francese;  risponde  esat- 
tamente alla  nostra  viva  parola  grosso- 
lano^ {triviale.,  sgarbato.,  rozzo).  Ma  nel 
linguaggio  mondano  si  spende  la  prima 
voce  più  volentieri  che  la  seconda.  Solita 
caso  ! 

Grossista:  neologismo  del  linguaggio 
mercantile,  detto  di  colui  che  commercia 
a  grandi  partite  e  non  al  minuto. 

Grosso:  nome  di  antica  misura  di  peso,, 
lombardo  gròss.,  usato  ancora  presso  i  ta- 
baccai. Vale  10  grammi. 

Grotta:  per  cantina  \ìye  nei  volgari  di 
Romagna  e  del  Piemonte  e  così  nel  mi- 
lanese, facendo,  con  la  tendenza  di  questo 
dialetto,  maschile  la  parola  in  grotto,  erot- 
to, croi  ;  ma  sempre  intendesi  di  stanza 
sotterranea. 

Grottesca:  in  arte  indica  propriamente 
le  decorazioni  parietali  (secolo  XV  e  XVI) 
ad  imitazione  di  quelle  dell'epoca  romana, 
rinvenute  per  gli  scavi  che  si  fecero  in 
Roma  nel  500  allo  scopo  di  trovare  statue 
0  anticaglie.  Siccome  queste  decorazioni 
non  venivano  liberate  dalla  terra  in  cui 
erano  nascoste,  e  per  studiarle  conveniva 
scendere  in  sotterranei  o  grotte,  così  grot- 
tesche furono  dette  le  nuove  decorazioni 
stesse.  Di  qui  il  senso  derivato  di  biz- 
zarro, capriccioso,  etc. 

Grotto:  V.   Grotta. 

Gruera  o  Gruyère:  nome  di  un  noto 
formaggio  svizzero  con  occhi  o  buchi  oleosi, 
imitato  bene  anche  in  Italia,  che  trae  il 
suo  nome  dalla  città  svizzera  di  Gruyère, 
nel  cantone  di  Friburgo. 


lira 


219 


(ine 


Grumello:  vino  di  Valtellina.  Vedi  Sas- 
sèlla. 

Guaglione  :  voce  napoletana,  ragaxxo, 
i/ìovanotto.  Al  plurale  Ouagliune. 

Guanti  di  Parigi:  V.  Preservativi  in 
Appendice. 

Guappo:  altero.,  superbo.,  bello.,  voce 
comune  a  vari  idiomi  e  pare  di  origine 
germanica.  Vive  nel  dialetto  napoletano 
anche  nel  senso  di   spavaldo,  bravaccio. 

Guardare  il  letto  :  lezioso  e  falso  modo 
usato  talora  ad  imitazione  del  francese 
garder  le  Ut  zzz.  se  tenir  dans  son  Ut  pour 
cause  de  quelque  indisposition.  Noto  la 
locuzione  perchè  fieramente  ripresa  dai 
puristi,  vero  è  che  non  mi  pare  molto 
dell'uso,  almeno  al  dì  d'oggi. 

Guardiamarina:  primo  grado  di  ufficiale 
nella  E.  Marina  Italiana. 

Guardina:  «guardinna.,  quella  stanza 
di  custodia  o  di  guardia  che  è  come  l'an- 
ticamera della  prigione».  Così  il  diz.  del 
Cherubini.  Nel  comune  parlare,  a  Milano, 
guardina  è  detta  la  prigione  temporanea 
nell'ufficio  della  Questura. 

Guascone:  (fr.  gascon)  in  vece  delle 
nostre  parole  spaccone,  smargiasso^  etc. 
è  voce  francese  usata  anche  da  noi.  La 
tradizione,  i  proverbi,  alcuni  romanzi  po- 
polari come  1  Tre  Moschettieri  di  A.  Du- 
mas, hanno  fatto  in  Francia  dell' abita- 
tore della  Guascogna  il  tipo  del  ciarlone 
vanitoso  e  millantatore,  che  esagera  ogni 
cosa  per  deliberato  proposito  e  per  sua 
insita  natura.  Derivato  gasconnade. 

Guastar  le  uova  nel  paniere:  locuzione 
nostra  familiare  e  faceta  che  vale,  sven- 
tare le  altrui  macchinaxioni^  trame.,  pro- 
getti. 

Guazzo  (pittura  a):  sorte  di  pittura  e 
coloritura  che  si  fa  con  tinte  stemperate 
noli'  acqua  cui  si  aggiunge  talora  poca 
gomma  o  colla  o  altra  materia  viscosa. 
Dalla  tecnica  del  guazzo  derivò  quella 
dell'  acquerello.,  che  è  })ittura  di  molto 
superiore  por  effetto  e  bellezza,  e  in  cui 
specialmente  si  segnalarono  gli  inglesi 
(water-colour). 

Guelfa:  voce  storica,  aggiunta  di  mer- 
latura di  edifici,  torri,  castella  di  cui  la 
testa  è  piana,  laddove  la  merlatura  ghi- 
bellina ha  forma  di  V. 


Guelfo:  con  senso  tolto  dal  valore  storico 
antico,  dicesi  di  chi  sostiene  l'autorità  e 
l'egemonia  del  Pontefice  e  della  religione 
su  l'Italia,  benché  di  un  partito  costi- 
tuito non  si  possa  parlare,  come  fu  del 
partito  politico  neoguelfo  prima  del  1848. 
In  Germania  v'è  proprio  un  partito  po- 
litico, Welfenpartei^  ma  con  altro  intento 
che  il  religioso,  come  potrebbe  essere  presso 
di  noi. 

Guéridon:  voce  francese  che  indica  una 
tavola  tonda,  elegante,  ad  un  solo  piede. 
Per  l'etimologia  Cfr.  il  Littré,  Appendice. 

Guerrafondaio:  neologismo  manifesta- 
mente effimero,  dovuto  al  caustico  e  lieto 
ingegno  del  Vamba  o  del  Gandolin,  gior- 
nalisti in  Roma;  almeno  così  mi  pare.  La 
voce  suona  dileggio  per  coloro  i  quali  o 
per  ingenua  baldanza  o  per  fini  non  con- 
fessabili  vogliono  la  guerra  a  fondo.  La 
voce  ebbe  fortuna  al  tempo  delle  guerre 
d'Africa  e  dopo  la  sconfitta  di  Adua,  e 
anche  in  circostanze  posteriori  venne  usata, 
specie  nel  linguaggio  do'  giornali,  per  av- 
versare i  fautori  di  conquiste  coloniali  e 
di  espansioni  territoriali.  I^a  forza  comica 
che  è  nella  parola  guerrafondaio  sta  però 
un  tantino  anche  in  ciò  che  è  generale 
la  coscienza,  ancorché  non  confessata,  della 
poca  attitudine  nostra  belligera  «  I  Ro- 
mani... !  »  «  Sì,  quelli  di  Mario  e  di  Scipio, 
ma  sono  morti,  or  è  gran  tempo». 

Guerra  in  tempo  di  pace:  traduzione 
del  tedesco,  Krieg  in  Frieden.,  nota  e  gra- 
ziosa commedia  di  G.  von  Moser  e  Fr. 
von  Schonthan.  Il  detto  titolo  acquistò 
valore  fraseologico. 

Guerriglia  :  voce  spagnola,  guerrìUa  : 
dicesi  di  schiere  di  insorti,  operanti  per 
conto  proprio  e  libere  nell'azione.  La  Spa- 
gna, nello  antiche  lotte  contro  i  Mori,  nelle 
recenti  contro  l'invasione  nai)oleonica,  ebbe 
questa  forma  caratteristica  di  tattica  di 
guerra,  conforme  alla  natura  del  suolo  o 
del  popolo,  0  così  universalmente  la  no- 
minò. 

Guet-apens:  voce  francese  (lotteralmento 
agguato  pensato)  e  vale  tranello,  trappola., 
insidia.,  imboscata. 

Gueux:  voce  storica  usata  in  vece  di 
pcxxenti  0  straccioni  por  significane  i 
gentiluomini  dei   Paesi  Passi,  i  (|uali  noi 


(lui 


—     220     — 


^•fyp 


secolo  XVI  insorsero  fieramente  contro  il 
domiìiio  spagnuolo,  gloriandosi  del  titolo 
spregiativo,  dato  loro  dai  superbi  conqui- 
statori. Oueux  è  voce  fr.  di  malcerta  eti- 
mologia e  storia.  Cfr.  Scheler  e  Littré. 

Guidone:  term.  mar.,  bandiera  a  trian- 
golo equilatero  od  isoscele,  usata  come 
distintivo  e   come  segnale  nei  navigli. 

Guigne:  voce  del  gergo  parigino,  e  si- 
gnifica déveine^  fnauvaise  chance.  In  ita- 
liano non  mancano  parole  come  disdetta, 
iettatura^  arlia^  nel  dialetto,  ed  altre  an- 
cora. Ebbene  no,  anche  guigne!  Es.  «  Que- 
sta si  chiama  davvero  guigne  della  peggior 
qualità  !  » 

Guindolo  :  per  arcolaio  è  parola  ristretta 
all'uso  toscano  benché  sia  registrata  nei 
lessici,  tanto  è  vero  che  il  Pascoli  sente 
bisogno  di  dichiararla  in  nota  delle  sue 
rime  {Canti  di  Gastehecchio)  «  tra  le  pa- 
rolette  che  mal  s'intendono».  Ora  guin- 
dolo è  altresì  voce  dell'alta  Emilia  e  Lom- 
barda. Così  anta  per  imposta  è  voce  lom- 
barda e  toscana  ;  e  vi  sarebbe  da  spigolare  ! 

Guipure:  merletto  di  pregio,  senza  fondo, 
lavorato  pazientemente  con  l'ago  e  filo  di 
refe  o  di  seta  seguendo  un  disegno  stabilito 
su  di  una  grossa  tela,  le  cui  varie  parti 
sono  congiunte  da  cordoncini,  detti  passi. 
Questa  parola  deriva  dal  verbo  guiper.^ 
termine  tecnico  di  simile  industria,  che 
vuol  dire  frangiare  ed  è  vocabolo  di  ori- 
gine germanica.  Xssomigììix  ì\  guipure  ad 
un  merletto  fatto  sul  tombolo  co'  fusetti. 

Guitto:  voce  del  gergo  teatrale:  indica 
un  attore  comico  di  infimo  ordine  e  di  vita 
misera  e  randagia.  Guitto  è  antica  nostra 
voce  e  vale  sordido^  abbietto^  sporco.  Voce 
di  mal  sicura  etimologia.  Cfr.  Zambaldi, 
op.  cit. 

Gulasch:  nome  di  un  piatto  nazionale 
ungherese,  entrato  specie  nella  nostra  cu- 
cina d'albergo,  e  consiste  in  una  sorte  di 
umido,  fatto  di  spezzatino   di  bue,  forte- 


mente drogato  e  condito  di  peperoni  e  ci- 
polle, e  vuol  essere  rinfrescata  con  molta 
birra.  Deriva  da  gulyasch  che  in  unghe- 
rase  vuol  dire  pastore,  quindi  carne  pre- 
parata al  modo  dei  pastori  di  quelle  re- 
gioni (Puszta). 

Gulf  stream  :  così  inglesemente  talora  è 
denominata  la  nota  corrente  del  Golfo 
(del  Messico)  che  quasi  fiumana  oceanica, 
da  quel  golfo  partendosi,  si  volge  tepida, 
benefica,  costante  alle  terre  settentrionali 
d'America  e  d'Europa.  Aggiungendo  al- 
l'abuso della  voce  inglese  l'eiTore,  alcuni 
dicono  :  «  la  corrente  del  gulf  stream  ». 

Gutta  cavat  lapìdem  :  la  goccia  scava  la 
pietra,  così  Ovidio  [Epist.  ex  Ponto  IV. 
10.  5),  ma  è  supponibile  che  il  motto  fosse 
anteriore  nell'uso.  E  il  Poeta  prosegue: 
«  l'anello  si  consuma  con  l'uso,  e  l'adunco 
vomere  si  assottiglia  con  1'  attrito  della 
terra  ».  Per  questa  come  per  altre  sentenze 
classiche,  il  popolo  nell'evo  medio,  fece 
delle  aggiunte  o  varianti,  o  traduzioni 
maccheroniche  e  ridicole  :  a  questa  aggiun- 
se :  non  vi.,  sed  saepe  cadendo  =  non 
con  la  forza  ma  col  cadere  frequente. 
Nel  Candelaio  del  nostro  Giordano  Bruno, 
III,  6,  leggesi  :  Gutta  cavat  lapidem., 
non  bis  sed  saepe  cadendo.,  Sic  homo  fit 
sapiens,  bis  non  sed  saepe  legendo. 

Gymkana:  parola  di  formazione  anglo- 
indiana, da  qualche  anno  venuta  ed  usata 
in  Italia.  Jii  una  specie  di  «corsa  cotillon>-> , 
fatta  all'  aperto  o  in  un  ippodromo,  con 
tutto  il  concorso  dell'ippica  e  dell'equita- 
zione nonché  di  una  grande  destrezza  nel- 
r eseguire  speciali  e  bizzarri  giuochi. 

Gypsy:  é  miglior  grafia  inglese  che 
gipsy  =zr  zingaro.  La  parola  é  corruzione 
di  Egyptian,  egiziano,  per  la  supposizione 
che  questo  popolo  errante  nelle  terre  oc- 
cidentali d'Europafosse  originario  d'Egitto, 
mentre  è  di  orìgine  indiana.  Cfr.  gitano. 
(Zingaro,  bohemien^  Zigeuner). 


Habeas  corpus:  latino,  abbi  il  tuo  corpo: 
formula  di  ordinanza  inglese  per  la  quale 
è  assicurata  la  sollecita  scarcerazione  di 
cKiunque  fu  illegalmente  imprigionato.  Un 
simile  rimedio  era  applicato  dal  pretore 
romano  dell'antica  Roma  con  l'interdetto 
de  homine  libero  exihendo.  L'  atto  &q\- 
V Habeas  corpus  inglese  è  il  fondamento 
degli  Statuti  in  simile  materia  sì  negli 
Stati  Uniti  come  in  altri  Stati.  Tale  leggo 
risale  al  1679,  cioè  al  tempo  di  Carlo  li 
e  valse  come  rimedio  agli  arresti  arbi- 
trari. Alcuna  volta  fu  temporaneamente 
revocata  o  per  ragioni  di  Stato  o  di  si- 
curezza publica. 

Habemus  confitentem  reum:  abbiamo 
il  reo  confesso.  Locuzione  ciceroniana, 
spesso  usata  nel  linguaggio  giudiziario.  Di- 
cesi anche  in  modo  familiare  e  faceto  per 
significare  che  la  tal  persona  ha  confes- 
sato il  suo  fallo. 

Habemus  pontificem:  abbiamo  il  pon- 
tefice, parte  della  formula  rituale  con  cui 
il  cardinale  a  ciò  deputato  annuncia  al 
popolo  dopo  il  Conclave,  1'  elezione  del 
naovo  pontelìce  eletto  :  Nuntio  vobis  gau- 
dium  magnum.,  habemus  pontificem.,  qui 
sibi  imposuit  nomen^  etc.  Dicesi  faceta- 
mente di  nomine  o  di  elezioni. 

Habent  sua  fata  libelli:  emistichio  di 
un  verso  di  Tercnziano  Mauro  {Carmen 
heroicum^  218)  =  hanno  i  libri  la  loro 
fortuna.  Il  verso  intero  ò  :  Pro  eaptu 
leetoris  habent  sua  fata  libelli.,  cioè  se- 
condo V  intelligenxa  del  publico  i  libri 
hanno  la  loro  fortuna,  ed  è  proprio  vero 
anche   ora,   ed   è   assai   più   line   e    giu- 


sto significato  che  non  il  comune  ha- 
bent, etc. 

Habitué  :  parola  francese  usatissima. , 
quasi  popolare  in  taluni  luoghi,  per  in- 
dicare l'assiduo.,  il  frequentatore  di  un 
dato  ritrovo  ;  caffè,  teatro,  etc. 

Hachich  ovvero  haschisch:  grafia  fran- 
cese di  voce  araba  che  significa  erba  secca., 
detto  per  antonomasia  della  canapa  in- 
diana. In  italiano  si  dovrebbe  scrivere 
asciss.  È  un  estratto  della  canapa  fatto 
bollire  con  burro  e  meschiato  con  zuc- 
chero. Se  ne  fanno  pasticche  che  si  ma- 
sticano 0  fumano,  sole  o  miste  all'oppio. 
Produce  una  deliziosa  estasi  o  sonno: 
forma  di  ebbrezza  assai  diversa  da  quella, 
delle  bevande  spiritose  ;  ma  il  fine  è  unico  : 
alleviare  o  dimenticare  la  dolorosa  esi- 
stenza. I  popoli  dell'Oriente  ne  fanno  uso 
ed  abuso  con  gran  danno  delle  facoltà  psi- 
chiche e  rapida  distruzione  organica. 

Hacienda  :  voce  spagnuola  che  letterol- 
mente  vuol  dire  azienda  =  tenuta,  fattoria. 

Hagard:  aggettivo  francese  che  vuol 
dire  feroce.,  selvaggio.,  e  si  dice  special- 
mente degli  occhi  e  della  fisonomia.  Pro- 
priamente hagard   è  attributo   del  falco. 

Halali:  suono  onomatopeico  dell' an- 
tico grido  francese  di  guerra  e  di  caccia. 
È  anche  la  fanfara  che  annunciava  la 
presa  del  cervo.  «  Halali^  grido  di  caccia 
nella  lingua  francese,  oggi  accolto,  credo, 
anche  nello  nobili  cacce  italiano,  o  può 
accogliersi,  panni,  perchè  in  fino  non  è 
altro  che  un  composto  dì  interiezioni  e 
avverbi  comuni  alle  duo  lingue».  Così  il 
Carducci  in  una  nota  allo  sue  lìriche. 


Hai 


—     222 


Hel 


Half  :  term.  ingl.  =  mezza  (forza).  Gli 
appa-recchi,  a  forma  di  quadrante,  tra- 
smettitori degli  ordini  nei  piroscafi  tra  il 
ponto  del  comando  e  la  macchina,  essendo 
per  la  più  parte  costruiti  in  Inghilterra, 
portano  le  voci  in  inglese  ;  onde  astern  r= 
in  dietro  (a  poppa),  ahead  zzi  avanti  (a 
prua),  stop  =  ferma,  slow  =  adagio,  full 
=:  a  tutta  forza,  stand  hy  zzz  finito.  Ora 
però  questo  abuso  delle  parole  inglesi  va 
scomparendo,  e  i  comandi  sono  scritti  e 
dati  —  comunemente  —  in  italiano. 

Halfa:  nome  arabo  di  graminacea  tena- 
cissima che  cresce  spontanea  nei  paesi 
caldi  (Africa  settentrionale,  Algeria,  Ma- 
rocco) e  si  macera  per  farne  carta,  o  serve 
per  intessere  stuoie,  canestri,  etc.  bene 
n  ciò  prestandosi  le  foglie  in  forma  di 
giunco  :  scrivesi  anche  halefa  e  con  grafia 
italiana  alfa  :  stipa  tenacissima  è  il  nome 
scientifico.  L'attribuzione  dello  stesso  nome 
all'altra  graminacea,  il  Lygeiwi  Spartum 
dell'Italia  meridionale,  Spagna,  Creta, 
Zante  e  Africa  settentrionale,  benché  ado- 
perata per  gli  stessi  usi  (per  i  fusti  però, 
non  per  le  foglie)^  sarebbe  un  errore  di 
qualche  botanico. 

Halle:  in  francese  vuol  dire  piazza 
publica^  ordinariamente  coperta,  in  cui 
si  tiene  il  mercato,  in  inglese  hall^  in 
tedesco  halle  zzz  gran  sala,  delle  case  e  de' 
ritrovi  publici,  come  bagni,  alberghi  etc. 
Es.  markthalle  =  il  mercato  coperto.  In 
quest'ultimo  significato  spesso  è  usata  da 
noi.  Sarebbe  poi  desiderabile  che  chi  usa 
presso  di  noi  tale  parola  si  attenesse 
all'una  o  all'altra  grafia,  e  non  sciivesse, 
come  sovente,  haal.  In  italiano  antico  v'è 
«alla».  Questa  alla  deriverebbe,  al  pari 
del  fr.  halle  dall'antico  tedesco  halle  = 
avancorpo  di  un  edificio  sostenuto  da  co- 
lonne. 

Hàmaca:  voce  spagnuola,  usata  nei  vari 
linguaggi  e  significa  una  nota  specie  di 
letto  pensile,  usato  specialmente  nelle 
Indie  e  nell'America  meridionale.  Ai  no- 
stri diz.  questa  voce  solitamente  manca 
mentre  nell'uso  prevale  la  grafia  straniera 
hamae  o  hamaca.  E  fatta  derivare  dal 
ted.  hangematte^  se  pure  non  è  voce  in- 
ma  de'  Caraibi. 
Handicap  :    vocabolo    inglese    del    lin- 


guaggio dello  Sport:  indica  una  corsa 
proporzionale  fra  corridori  di  dispari  forza 
e  merito,  agguagliati  mediante  abbuono 
di  spazio.  Se  trattasi  di  galoppo,  il  rag- 
guaglio è  dato  da  pesi.  Handicapper  (da 
cui  poi  hanno  formato  la  arbitraria  pa- 
rola an-di-cap-pa-to-re)  è  colui  che  è  ar- 
bitro de'  ragguagli.  Queste  parole  sono 
anche  nel  francese  moderno.  [Handicap  è 
dato  come  probabile  contrazione  di  hand 
in  the  eap). 

Hand's  shake  :  (ingl.)  ricorre  talora  per 
indicare  la  stretta  di  mano  all'  inglese, 
cioè  un  colpo  secco,  rapido,  come  nell'in- 
tenzione di  slogare  il  polso.  Ciò  è  ritenuto 
molto  elegante  e  mondano  ;  ma  come  pra- 
ticità, noi  si  antepone  la  stretta  di  mano 
all'italiana. 

H  anni  bai  ante  portas:  Annibale  da- 
vanti alle  porte  (di  Eoma),  fu  il  grido 
di  terrore  in  Roma  dopo  la  gran  disfatta 
di  Canne,  per  cui  si  temeva  che  il  gran 
condottiero  ponesse  1'  assedio  alla  città. 
Eipetesi  talora  il  motto  antico  per  signi- 
ficare un  imminente  pericolo. 

Harem  :  scrittura  francese  di  parola  a- 
raba  che  significa  luogo  inviolabile,  sacro, 
edifizio,  cioè,  o  porzione  dell' edifizio  dove 
i  turchi,  e  gli  orientali  in  genere,  tengono 
le  loro  donne,  serraglio^  o  arem.  L'arem  dei 
grandi  e  facoltosi  è  sovente  magnifico  e 
sontuoso,  specialmente  all'interno,  e  sfar- 
zosamente addobbato.  Questo  vocabolo  è 
da  noi  usato  in  senso  esteso,  il  quale  è 
agevole  intendere. 

Harmonium:  V.  Armonimn. 

Haute  (la)  :  letteralmente  e  antonoma- 
sticamente  l'alta,  una  delle  tante  pa- 
role per  indicare  la  società  ricca  o  no- 
bile. Es.  «  Avendo  il  piede  in  due  mondi, 
aveva  una  infinità  di  amici,  dalla  Corte 
alla  tribuna  della  stampa,  dalla  haute  alla 
boheme».  Haute  è  parola  familiare  nel 
francese  i=  High-li  fé. 

Héliotrope:  l'estratto  dei  fiori  di  questa 
soavissima  pianta  (Heliotropium  peru- 
vianum,  L.)  dal  gradito  profumo  di  va- 
niglia e  di  mandorle  amare  :  si  pronuncia, 
in  certo  linguaggio  mondano  e  galante, 
di  solito  alla  francese. 

Hellum  :  nome  di  un  nuovo  corpo  sem- 
plice: è  un  gas  che  viene   secondo  dopo 


Hii 


r  idrogeno  por  leggerezza.  Sino  dal  1868 
si  sapeva  che  v'era  nel  sole  un  elemento 
<ho  dava  uno  spettro  speciale  e  caratte- 
ristico, non  ancora  riscontrato  su  la  terra 
per  nessun  corpo,  onde  ebbe  il  nome  dal 
solo  (gr.  ^Ato^  =  sole).  Nel  1882  il  Pal- 
mieri, a  Napoli,  ottenne  lo  stesso  spettro 
studiando  una  materia  di  eruzione  del 
Vesuvio.  Riconosciuto  in  sostanze  terrestri, 
(juesto  gas  fu  studiato  meglio  chimica- 
mente e  fisicamente  dal  Rayleigh  e  dal 
Ranisay,  ondo  il  nome  straniero;  in  ita- 
liano elio:  il  quale  è  pure  un'emanazione 
del  prezioso  Badio. 

Henry:  nuovo  termine  di  elettrotecnica, 
usato  per  indicare  l'unità  adottata  per  la 
misura  del  coefficente  d'induzione:  dal 
nome  del  fisico  elettricista  americano,  Giu- 
seppe Henry  (1797-1878)  cui  gli  ameri- 
cani attribuiscono  l'invenzione  del  motore 
lettrico. 

Hidalgo:  voce  spagnuola  che  significa 
nobile^  per  ragione  di  lignaggio  e  di 
sangue;  non  mescolato  cioè  da  sangue 
moresco  o  giudeo  :  ingenuus^  generosus 
come  avrebbero  detto  i  Latini.  La  etimo- 
logia della  voce  è  hijo  da  algo  =  figlio 
di  qualcuno.  I  dizionari  francesi  registrano 
tale  voce  che  ha  —  come  spiega  l'etimo- 
logia —  un  certo  valore  storico. 

Hic  et  nunc  :  lat.  qui  ed  ora.  Dicesi 
quando  si  vuole  che  alcuna  cosa  si  faccia 
lì  e  subito. 

Hic  manebìmus  optime  :  qui  resteremo 
ottimamente:  motto  augurale  del  Centu- 
rione romano  (Livio,  libro  V,  cap.  55) 
quando  al  tempo  dell'  incendio  di  Roma 
per  opera  dei  Galli  (anno  390  a.  C.)  si 
trattò  di  mutare  Roma  con  Vejo.  Acquistò 
forza  di  intercalare  e  fu  solennemente  detto 
da  Quintino  Sella  nel  1870,  quando  la  capi- 
tale del  Regno  d'Italia  fu  portata  in  Roma. 

Hic   murus    aeneus   esto,    |    Nil  con- 
scire  sibi,  nulla  pallescere culpa:  questo 
sia  per  te  come  un  muro  di  bronzo  :  es- 
sere.,   cioè.,    cosciente   di   non   aver  pec- 
cato., quindi  non  temere  di  alcuna  colpa 
(Orazio,   Epistole^  I,  1,  60,  61).  È  il  me- 
desimo concetto  espresso  da  Dante  con  la 
famosa  terzina,  Inf.  XXVIIl,   115. 
Se  non  elio  coiiscioiizin  m'assicum, 
La  buona  compagnia  cho  l'iioni  francheggia 
Sotto  l'usbergo  del  sentirsi  pura. 


Hic  Rhodus,  hic  salta:  dicesi  quando 
si  vuol  mettere  taluno  alla  prova.  In  una 
favola  Esopiana  (la  203'^  nella  edizione 
Halm)  un  millantatore  si  vanta  d'  aver 
fatto  in  Rodi  un  grandissimo  salto  ;  onde 
un  incredulo  ascoltatore  gli  dice  :  fa  confo 
che  qui  sia  Rodi  e  qui  fa  il  salto.  Il 
testo  greco  dice  :  ìòov  ifFoòog,  iòov  ual 
TÒ  Jì:i]òr]jiia. 

Highlanders:  — -  montanari.,  cioè  abi- 
tanti dell'alta  terra  {High  =  alto  e  land  =^ 
terra)  come  fu  detta  la  parte  settentrio- 
nale della  Scozia.  Divisi  dagli  altri  po- 
poli e  sicuri  negli  inaccessibili  monti, 
traevano  vita  semplice  e  patriarcale  (V. 
Clan).  Fedeli  alla  causa  degli  Stuardi,  ne 
sostennero  i  tentativi  di  regno.  Domati 
dagli  Inglesi  nella  prima  metà  del  se- 
colo XVin,  furono  di  mano  in  mano  tolti 
alla  loro  pace  e  attratti  nell'orbita  della 
civiltà  e  della  vita  nazionale,  pur  conser- 
vando —  sapienza  britannica  —  molti  usi 
e  costumi  antichi.  Questo  nome  è  dato  ad 
una  celebrata  milizia  inglese,  la  quale  con- 
serva le  pittoresche  assise  degli  Scozzesi. 

Higll  life:  ecco  un  nome  inglese  che  si 
pronuncia  assai  ben  dolcemente,  hai-laif; 
e  vuol  dire,  alta  vita.,  gran  vita.,  cioè 
quel  complesso  di  persone,  di  usi,  di  modi 
che  costituiscono  un'esistenza  divisa  e  di- 
versa dalla  restante  e  comune.  Le  parole 
aristocrazia  e  nobiltà.,  suggerite  dal  Fan- 
fani,  non  vi  corrispondono  che  in  parte. 
Si  può  appartenere  all'  high-life  e  non 
aver  diploma  di  nobiltà.  La  parola  è 
anche  entrata  nel  vocabolario  francese. 
High-life:  mot  à  mot:  haute  vie,  est  equi- 
valent  de  nos  expressions  haute  sociétè. 
grand  monde.,  bonne  compagnie.,  c'est-à- 
dire  que  nous  avons  au  moins  trois  ma- 
nières  d'exprimer  en  bon  fran^ais  ce  que 
communement  nous  nous  efforcons  de 
dire  en  mauvais  anglais.  (Loredan  Lar- 
chey.  Dict.  d'Argot).  High-life  è  locu- 
zione da  tempo  usata  in  italiano  e  comune 
anche  presso  chi  non  sa  di  vita  mondana: 
dicosi  più  di  sovente  con  intenzione  di  eolia 
0  per  magnificare  con  intenzione  ironica. 

Hinterland  :  lottoralmente  in  tedesco, 
dietro  il  paese.,  ed  è  voce  usata  per  in- 
dicare il  territorio  intorno  di  una  colonia 
su  cui  si  es(M'('itn   inflnon/,a  od  (>giMii(>nia. 


Hip 


22  i 


llom 


Hippocratica  (facies):  volto  profonda- 
mente alterato  dei  morenti  :  così  chiamata 
da  Ippocrate  che  ne  diede  una  descrizione. 

Hoc  erat  in  votis:  questo  era  nei  voti ^ 
cioè  questo  solo  io  desideravo  ;  così  Orazio, 
con  parole  che  acquistarono  forza  di  in- 
tercalare, comincia  la  sesta  satira  del  libro 
secondo,  e  prosegue  : 

Modus  agri  non  ita  magnus,  |  hortus  ubi,  e  tecto 
vicinus  jugis  acquae  fons,  |  et  paulum  silvae  super 
bis  foret. 

Hoch:  in  alto!  esclamazione  tedesca, 
rispondente  al  nostro  Evviva!  Ne'  re- 
soconti di  feste  e  cerimonie  germaniche, 
si  riporta  pure  questa  parola  ;  sarà  bene 
però  aver  riguardo  di  non  inscrivere  hoc 
che  è  pronome  neutro  latino.  Es.  «  Quando 
il  treno  giunse  in  stazione  venne  salutato 
da  fragorosi  battimani  e  da  alte  grida  di 
hoc  !  hoc  !  dei  tedeschi  colà  riuniti  » . 
{Hoch:  antico  alto  tedesco,  hòh^  gotico 
hauhs^  cfr.  l'inglese  high.) 

Hoc  opus,  hic  labor:  questa  è  l'opera^ 
questa  la  fatica  (Vergilio,  Aen,  VI,  129) 
emistichio  a  mo'  di  proverbio  per  signi- 
ficare in  che  consistano  le  difficoltà  di  un 
dato  lavoro,  e  la  necessità  di  attendervi. 

Hoc  volo,  sic  jubeo,  sit  prò  ratione  vo- 
luntas  :  questo  voglio^  cosi  comando^  la 
volontà  sta  in  vece  di  ragione,  famoso 
verso  di  Giovenale  {Satira  VI,  223),  ri- 
petuto da  principi  o  signori  che  ebbero 
forza  0  fortuna  di  farne  il  proprio  motto. 

Hodle  mihi  cras  tibi  :  oggi  a  me,  do- 
mani a  te.  Motto  tolto  dalla  Bibbia  {Mihi 
heri  et  tibi  hodie.  Ecclesiastico.,  capitolo 
XXXVIII,  23j  e  che  compendia  in  forma 
di  sentenza  la  cognizione  delle  reciproche 
sventure  umane  e  la  necessaria  rasse- 
gnazione. Ma  più  spesso  si  ripete  tale 
motto  per  cose  di  lieve  conto  e  in  senso 
faceto  di  conforto,  per  la  ragione  nota 
che  solamen  miseris  socios  habuisse  ma- 
lorum. 

Home:  voce  inglese,  domus^  la  casa  pa- 
terna, il  focolare  domestico:  questo  caro 
senso  in  cui  le  genti  britanne  adoperano 
la  voce  home  non  ci  è  ignoto  e  ricorre 
nelle  scritture.  Uno  può  avere  una  casa 
e  non  avere  Vhome^  giacché  questo  è  co- 
stituito dagli  elementi  morali  e  dalle  per- 
sone piuttosto  che  dalla  materia.  Home., 


voce  di  origine  tedesca.  Cfr.  il  ted.  Heim. 
Si  abusa  di  home  in  certo  linguaggio  mon- 
dano come  di  ménage. 

Home-made  :  ingl.  fatto  in  casa  :  for- 
mula commercialo  dei  manufatti  nazionali 
inglesi.  In  Italia  invoce  non  è  raro  il  caso 
di  vedere  i  prodotti  delle  nostre  industrio 
pur  così  fiorenti,  male  nobilitarsi  di  nomo 
straniero! 

Home  mie:  ingl.,  la  patria  imperi: 
il  programma  politico  del  partito  nazio- 
nale e  separatista  in  Irlanda,  successo  alla 
setta  dei  Feniani. 

Home-ruler:  il  sostenitore  dell'autono- 
mia [home-rule]  per  l'Irlanda. 

Homme  à  femme:  locuzione  del  gergo 
francese  :  vale  amateur  de  femmes. 

Homme  de  lettres:  V.  Oens  de  lettres. 

Homme  de  paille  :  nel  gergo  francese 
vale  prète-noni,  persona  —  cioè  —  re- 
sponsabile di  un  affare  o  di  un'  azienda, 
diretta  da  altri  :  vi  risponde  la  nostra  voce 
di  gergo,  testa  di  legno.  Per  le  affinità 
dei  linguaggi,  cfr.  trippòn  che  in  romagnolo 
vale  uccello  impagliato  o  imbalsamato, 
e  per  estensione  traslata,  prestanome. 

Homme  sandwich  :  voce  del  gergo  fran- 
cese, e  vale  a  nominare  quelle  schiere  di 
miserabili,  che  coperti  e  chiusi  da  due 
gran  manifesti  fissati  su  telai,  girano  per 
oggetto  di  richiamo  le  vie  delle  grandi 
città.  Y.ZSandwich. 

Homo  bonus  semper  tiro  est:  mirabile 
e  terribile  sentenza  nella  sua  semplicità 
vera:  Vuomo  buono  è  sempre  un  prin- 
cipiante. È  un  epigramma  di  Marziale, 
libro  XII,  LI,  che  letteralmente  suona 
cosi  «  0  Aulo,  tu  ti  meravigli  che  il  nostro 
Fa  bulli  no  così  spesso  sia  frodato  ?  semper 
homo  bonus  tiro  est  ». 

Homo  homini  lupus  :  espressione  scul- 
toriamente pessimista  e  motto  riassuntivo 
di  molta  filosofia  :  l'uomo  è  lupo  per  l'uomo., 
passata  in  proverbio.  Leggesi  in  forma 
alquanto  diversa  in  Plauto  {Asinaria,  II, 
4,  88)  e  corrisponde  in  parte  al  senso  del 
terribile  versetto  Maledictus  homo  qui  con- 
fldit  in  homine. 

Homo  novus  :  lat.  uomo  nuovo,  cioè 
senza  tradizioni  e  passato. 

Homo  sapiens:  l'uomo  sapiente.,  defi- 
nizione che  l'uomo  nella  biologia  e  nella 


llom 


-     225     - 


Jlor 


storia  naturale  chiodo  a  sé  stesso:  dofi- 
niziono  abbastanza  lusinghiera  o  vera  se 
([ucl  sapiens  si  intende  por  intelligente, 
quasi  r organismo  intellettuale  per  ecccl- 
lonza,  tanto  più  che  sopra  di  noi  non  ne 
conosciamo  altri.  Jj  homo  sapiens^  secondo 
la  teoria  darwiniana  dell'  evoluzione,  sa- 
rebbe provenuto  da  uno  scomparso  tipo 
antropoide  (scimmia)  da  cui  la  scienza 
dice  di  possedere  il  passaggio  (cranio  di 
Xoanderthal,  cranio  di  Spy,  calotta  cra- 
nica del  Pitecantropo). 

Homo  sum!  Il  motto  intero  è:  homo 
sum;  humani  nihil  a  me  alienum  puto 
1  Terenzio)  Heaut^  I,  25:  =  So7io  uomo,  e 
nulla  di  ciò  che  è  umano  stimo  alieno 
da  me,  cioè  il  bene  e  il  male  sono  ine- 
renti alla  mia  natura.  Motto  sapiente, 
-])esso  usato  e  abusato  però  per  adone- 
stare ciò  che  non  è  degno  dell'uomo. 

Nonni  soit  qui  mal  y  pefnse:  che  let- 
teralmente vuol  dire  :  ontoso^  'vilipeso^ 
sia  chi  mal  pensa,  (dall'  antico  verbo 
honnir,  nell'italiano  antico  onire,  svergo- 
gnare, fare  ingiuria)  famoso  e  vulgato 
motto  anche  da  noi,  che  è  la  divisa  in- 
scritta nel  nastro  prezioso  e  azzurro  che 
portano  alla  gamba  sinistra  gli  insigniti 
dell'ordine  della  Giarettiera.  Quest'ordine 
fu  instituito  da  Edoardo  IV  d'Inghilterra 
circa  il  1350,  ed  è  di  incerta  origine  :  al- 
i-uni lo  riferiscono  in  onore  al  legaccio 
che  la  contessa  di  Salisbury  lasciò  ca- 
dere in  una  danza  e  il  Re  raccolse  :  altri 
in  memoria  della  vittoria  di  Crécy,  in  cui 
il  Re  in  segno  di  raccolta  si  dico  spie- 
gasse la  sua  giarettiera.  Questo  ordine 
venne  poi  modificato  e  riformato  da  En- 
rico VIII  nel  1522.  Quanto  all'origine  del 
motto  oltre  al  Fournier  {Esprit  dans  l'hi- 
stoire  cap.  XIII)  vedasi  quanto  seguo  che 
tolgo  da  una  recente  stampa:  «L'ordino 
della  Giarettiera,  che  è  l'ordine  cavalle- 
l'osco  più  insigne  della  Gran  Brettagna, 
fu  istituito  dal  re  Edoardo  III  nel  1349. 
Secondo  un  racconto,  messo  fuori  non  si 
sa  da  chi,  quel  sovrano  avrebbe  creato 
(juel  supremo  Ordine  equestre  in  onoro 
di  una  sua  amante,  cioè  delia  contessa  di 
Salisbury,  alla  quale,  secondo  la  tradi- 
zione cadde,  mentre  ballava,  il  legaccio 
di  una  calza.  Il  re  raccolse  quel  legaccio 

A.  Pan/ini.  Supplemento  ai  JJixkmari  italiaui. 


(0  giarettiera  che  dir  si  voglia),  e  volgen- 
dosi ai  cortigiani,  che  ridevano  di  quel- 
l'atto un  po'  strano,  pronunziò  queste 
parole:  lionni  soit  qui  mal  y  penso. 
Cenasi  tutti  gli  storici  inglesi,  fra  i  quali 
il  Hume,  il  Lingard,  il  Knight,  il  Mark- 
ham,  il  James  ecc.,  ecc.,  negano  affatto 
che  il  re  Edoardo  III  abbia  raccolto  il 
legaccio  della  contessa  di  Salisbury,  per 
crearne  un  ordine  cavalleresco,  che  oggi 
è  uno  dei  più  illustri  d'Europa.  E  alloia 
quale  fu  l'origine  di  esso?  Eccola  in  po- 
che parole.  Il  26  agosto  del  1346  fu  com- 
battuta la  celebre  battaglia  di  Crécy,  nella 
quale  i  Francesi,  comandati  dal  loro  re 
Filippo  VI,  furono  pienamente  sconfitti 
dagl'Inglesi,  capitanati  da  re  Edoardo. 
Durante  la  pugna,  il  re  diede  per  parola 
d'ordine  la  parola  garter,  che  in  inglese 
significa  giarettiera.  Nel  1349,  ricorrendo 
il  terzo  anniversario  della  vittoria  di 
Crécy,  Edoardo  istituì  l'ordine  suddetto 
che  fu.  intitolato  da  quella  stessa  parobi 
d'ordine,  che  egli  aveva  dato  alle  sue  mi- 
lizie. E  poi  per  dimostrare  che  la  contessa 
di  Salisbury  non  entra  per  nulla  in  questa 
faccenda,  basti  il  sapere  che,  all'epoca  in 
cui  fu  creato  V  ordine  della  Giarettiera, 
costei  aveva  un'  età  abbastanza  rispetta- 
bile, sorpassando  di  parecchi  anni  il  suo 
reale  amante  il  quale  non  si  sarebbe  certo 
curato  di  raccogliere  il  legaccio  caduto 
dalla  calza  di  una  vecchia,  eternandolo 
come  emblema  di  un  Ordine  eccelso,  am- 
bito perfino  dai  più  potenti  sovrani  del 
mondo  » . 

Honorem  (ad):  lat.  a  titolo  d'onore. 

Honores  mutant  mores  :  gli  onori  mu- 
tano il  costume.,  motto  latino  ripetuto  per 
chi,  salito  in  alto  grado,  oblia  le  usanze 
e  gli  amici  dell'umile  fortuna. 

Honos  habet  onus:  lat.  l'onore  ha  il 
suo  peso,  cioè  ogni  alta  dignità  trae  seco 
i  suoi  incomodi. 

Hopa  ruit:  lat.  precipita  l'ora.  G.  Car- 
ducci {liuit  ìtora)  ne  intitolò  una  delle  sue 
Odi  barbare: 

E  jrrecipita  l'ora.  0  bocca  rosea, 
scliiuditi,  0  lior  do  l'anima, 
0  llor  dol  dosidorio,  apri  i  tuoi  calici  : 
0  caro  braccia,  apritevi. 

Dove   essere   versione  dell' emistichio  di 

15 


Hor 


226     — 


Huin 


Saffo  èQx^t'  coQQ.  In  Persio,  Sat.  V.  153: 
Fu'git  hor  a. 

Horizontale:  vogo  del  gergo  francese: 
Tale  donna  galante  o  mondana.  V.  OrÌ9i^- 
zontale. 

Hortus  conclusus  :  lat.  giardino  chiuso., 
titolo  simbolico  e  prezioso  ciato  dal  d'An- 
nunzio ad  un  ciclo  di  liriche  {Poema  Pa- 
radisiaco). La  locuzione  si  è  divulgata  e 
ricorre  talora  quasi  ad  indicare  il  giar- 
dino segreto  ove  fioriscono  i  preziosi  fiori  ed 
aromi  del  pensiero  o  del  desio  intatti  altrui. 

Horresco  réferens:  inorridisco  nelrac-. 
contare.  Emistichio  deW Eneide  ove  Enea 
narra  a  Bidone  l'eccidio  e  l'incendio  di 
Troia.  Dicesi  talora  in  senso  faceto  e  per 
cose  di  lieve  conto. 

Horribiie  dictu:  lat.  cosa  orribile  a  dirsi. 

Hors  d'oeuvre  :  voce  francese  usata  per 
vizio  giacche  v'è  la  nostra  corrispondente 
antipasto.  La  voce  francese  ha  come 
tante  altre  consorelle  quella  certa  magnifi- 
cenza enfatica  che  seduce:  il  pranzo  è 
quasi  per  antonomasia  l'opera,  l'oeuvre, 
quindi  il  fiwr  d'opera.,  a  cui  petto  an- 
tipasto è  voce  modesta  di  troppo.  JJhors 
d'oeuvre  è  destinato  più  ad  eccitare  che 
a  soddisfare  l'appetito  dei  convitati.  Nel 
senso  proprio  Vhors  d'oeuvre  è  composto 
di  salati,  pesci  in  conserva,  legumi  sotto 
aceto,  sedani,  verdura  fresca,  etc.  Più 
tardi  questo  nome  fu  dato  ad  una  infinità 
di  cibi  tale  che  è  possibile  con  essi  soli 
comporre  un  pranzo.  V.  Zakuska.  Y.  per 
altro  senso  Fuor  d'opera. 

Hors  ligne:  letteralmente  fuor  di  linea 
{ex-grege  =  egregiamente)  e  si  dice  con 
frequenza  abusiva  per  indicare  oggetto  o 
anche  fatto  eccezionale.  Es.  «Uno  spet- 
tacolo hors  ligne.,  Mobili  antichi  non  ne 
acquisto  se  pur  non  sono  hors  ligne». 

Hotel:  vi  risponde  l'antico  gallicismo 
ostello  che  vuol  dire  letteralmente  luogo 
ospitale.,  voce  usata  da  Dante  al  Carducci. 
(V.  Ostello.)  Un  albergo  che  si  rispetti, 
pianta  in  alto  la  sua  scritta  con  tanto 
di  Hotel.  Ragione  però  vuole  che  si  dica 
come  hotel  sia  vocabolo  oramai  comune 
ad  ogni  linguaggio.  L'  attributo  grand 
congiunto  ad  hotel  suppone  le  maggiori 
raffinatezze  del  vivere  e  un  prezzo  più  che 
corrispondente,  e  questa  distinzione  è  no- 


tata anche  nelle  guide  per  norma  di  chi 
viaggia. 

Hotel  gami  :  o  maison  gamie  o  meublée 
0  anche  gami  (guarnito)  senz'altro,  ri- 
sponde in  francese  al  nostro  camere  ammo- 
bigliate.,  ma  più  specialmente  dicesi  di  un 
albergo  adibito  al  solo  alloggio  (o  a  faro 
«ciò  che  in  camera  si  puote»). 

Houle:  nome  femminile  francese.  Yi 
corrisponde  la  locuzione  marinaresca  no- 
stra mare  lungo;  cioè  l'onda  grande  e 
fonda  che  di  solito  precede  o  segue  la 
tempesta,  ma  senza  che  essa  rompa  in 
ispumc. 

Hucho:  è  il  Salmo  hucho^  nome  scienti- 
fico del  Salm,one  del  Danubio.,  da  non 
confondere  col  vero  Salmone.,  che  è  il 
Salmo  salar,  il  quale  dal  mare  del  Nord 
e  dal  Baltico  risale  i  fiumi. 

Humour:  è  parola  inglese  di  provenienza 
latina  {ìiumor  =:  liquido):  Humor  in  te- 
desco, in  francese  humeur,  in  italiano 
umore,  benché  presso  di  noi  prevalga 
l'uso  della  forma  inglese.  La  definizione 
di  questa  voce  è  molto  difiìcile  benché 
molte  siano  le  definizioni  date,  alcune  as- 
sai eleganti  e  sottili,  ma  forse  troppo  ri- 
strette secondo  che  il  definitore  ebbe  in 
mente  l'uno  o  l'altro  umorista.  Lasciamo 
le  goffe  definizioni  che  danno  alcuni  di- 
zionari, come  spirito  bizzarro,  sommo  del 
comico  etc,  e  vediamo  di  rendere  meglio 
il  vero.  L'umore  é  la  speciale  disposiziono 
che  un'alta  intelligenza  (per  lo  più  arti- 
stica) ha  nel  penetrare  facilmente,  sottil- 
mente i usino  al  fondo  occulto  delle  cose, 
vedere  le  frondi  e  le  radici,  la  scena  e 
il  retro-scena:  quivi  le  cose  umane  ap- 
paiono ben  diverse  e  ben  diversamente 
congiunte  che  non  siano  nell'apparenza: 
ciò  che  alla  superficie  é  comico,  al  fondo 
può  essere  tragico,  e  viceversa.  Ma  questo 
al  buon  publico  non  si  può  dire  giacché, 
0  resterebbe  offeso  dalla  verità  o  non 
crederebbe.  Ne  deriva  quindi  da  parte 
dell'umorista  una  speciale  maniera  di  espri- 
mere il  vero  ;  una  maniera  velata,  bona- 
ria, semplice  e  solitamente  comica,  giac- 
ché il  contrasto  tra  la  realtà,  la  verità 
ideale  e  le  operazioni  umane  é  tale  che 
il  più  forte  sentimento  é  quello  del  riso  : 
questo  riso  può  tuttavia  svolgersi  per  una 


lini 


227 


Hur 


^radaziuiR'  aiuplissima,  secondo  1'  indole 
dello  scrittore  :  sorriso  melanconico,  im- 
porcettibilo,  caustico,  beffardo,  diabolico. 
Il  pessimismo  sta  di  solito  corno  substrato 
di  questo  riso,  ed  è  naturale  :  la  misera- 
bile contraddizione  umana  non  è  compo- 
nibile in  modo  alcuno.  Questa  aristocra- 
tica disposizione  dello  spirito  fu  coltivata 
come  forma  d'arte  specialmente  dagli  in- 
glesi, dei  quali  la  letteratura  ben  risente 
di  tale  spirituale  tendenza.  La  letteratura 
tedesca  ha  pure  umoristi  ammirevoli  e 
profondi.  I  francesi  sono  piuttosto  arguti, 
lepidi,  che  umoristi.  In  Italia  tracce  di 
umorismo  possiamo  trovare  finissime  pres- 
.•^o  alcuni  latini,  in  parecchi  trecentisti, 
in  Dante,  e  umorista  vero  è  l'Ariosto  (il 
più  semplice  —  infatti  —  tra  i  pomposi 
umanisti  del  suo  secolo,  semplice  pur 
nella  vita  privata).  Senonchè  amore  della 
verità"  vuole  poi  che  si  dica  come  il  po- 
polo italiano  tenda  specialmente  a  gustare 
i  generi  letterari  ampollosi,  artifiziosi,  re- 
torici, fucati,  alieni  cioè  dalla  semplicità 
ohe  è  la  condizione  prima,  il  substrato, 
per  così  esprimermi,  dell'  umorismo.  Di 
ciò  molte  prove  si  potrebbe  addurre  di 
cui  qui  non  è  il  caso  ragionare,  basti  l'ac- 
cennare al  fatto  che  /  Promessi  Sposi 
sono  più  specialmente  popolari  ed  in  onore 
per  la  loro  sapienza  evangelica  e  bellezza 
morale  che  per  il  loro  sottile  umorismo; 
e  un  altro  libro,  ricco  di  vero  umorismo, 
è  mal  noto  al  publico  grosso:  Le  co7i- 
fessioni  di  un  ottuagenario  del  Nievo. 
Il  Leopardi  ed  il  Carducci  non  sono  cer- 
tamente assai  conosciuti  per  il  loro  umo- 
rismo. Da  umore  presso  di  noi  si  formò 
l'aggettivo  umoristico  a  cui  il  popolo  diede 
un  senso  che  proprio  non  ha  nulla  a  che  ve- 
<lore  con  V  umore.  Dicesi  volgarmente  gior- 
nale umoristico.,  poesia  umoristica  etc, 
dove  si  contiene  alcuna  facezia,  libera  e 
grossolana,  spesso  sconcia:  proprio  il  con- 
trario del  vero  e  proprio  umorismo.  La 
<|ual  cosa,  volendo  esser  sottili  critici, 
|)uò  dimostrare  appunto  che  il  nostro  po- 
polo italiano  non  intende  V humour:  non 


ne  ha  la  voce  e,  avutala,  la  torce  ad  altro 
senso  (se  puro  a  tale  significato  popolare 
non  influì  il  nostro,  umore.,  bell'umore., 
buon  umore;  ma  non  mi  pare).  Quando 
volle  ridere,  creò  un  genere  suo  proprio, 
nazionale,  cioè  il  burlesco  (bernesco).  Fra 
gli  scrittori,  godettero  di  vera  popolarità 
in  Italia  quelli  che,  per  temperamento 
ampolloso  erano  del  tutto  alieni  dall'u- 
morismo, ad  es.  il  Marino  nel  seicento,  e, 
ai  dì  nostri,  il  D'Annunzio. 

Humus:  in  latino  significa  terra^  la  parte 
cioè  più  fertile  della  terra,  formata  di 
materia  organica  che  ricopre  il  suolo  ed 
è  assai  acconcia  alla  vegetazione;  e  più 
chiaramente  humus  designa  presso  gli 
agricoltori  la  parte  organica  della  terra  e 
la  distingue  dalla  parte  minerale.  La  pa- 
rola humus  è  anche  in  francese  e  in  te- 
desco. 

!       Hunter:  ingl.  cane  da  caccia. 

I  Hunting-bag:  inglese  carniere.,  e  così 
hunting-coat  zzz  abito  da  caccia;  hunting- 
match  =  partita  di  caccia  ;  hunting-horse 
==  cavallo  da  caccia,  etc.  Voci  dello  Sport. 
Hurrah  :  è  propriamente  il  grido  di  guerra 
dei  cosacchi,  dallo  slavo  gu-raj  =r  al  pa- 
radiso., detto  secondo  la  fed-e  che,  morendo 
per  la  patria  e  per  Cesare,  si  apra  il 
cielo.  In  tedesco  hurrah.,  in  ingl.  hurrah., 
in  francese  hourra!  La  nostra  parola 
bella  e  gentile  Evviva!  vi  risponde  solo 
in  parte,  e  hurrah  è  assai  usato  nella 
nostra  lingua  ove  si  scrive  un  po'  come 
pare,  sempre  per  quel  benedetto  amore  di 
libertà,  e  non  solo  è  usato  come  grido  di 
guerra  ma  anche  dove  domina  la  paco  e 
l'amore.  Così,  ad  esempio,  il  resoconto  di 
un  simposio  artistico  termina:  «Il  poeta 
con  la  sua  limpida  parola  ha  tessuto  un 
vero  inno  alla  giovinezza  che  col  suo  im- 
peto conquista  di  colpo  le  alte  cime  del- 
l'arte, così  dure  e  faticose  per  chi  dal- 
l'esperienza ha  appreso  le  difficoltà  della 
via.  Mentre  S***  muto  e  commosso  ab- 
braccia 0  bacia  G*"*,  scoppiano  gli  ap- 
plausi, (!  tutti  in  piedi  gl'intervenuti  gri- 
dano un  triplico  hurrah/»  Ciò  è  ridicolo! 


ii-T-j-i  :  i  nomi  terminanti  in  io  (ben 
inteso  quando  raccento  non  cada  sulF  i) 
si  trovano  scritti  al  plurale  in  questi 
quattro  diversi  modi  :  studiti  studt^  studj^ 
studi.  La  grafìa  odierna,  però,  tende  a 
scartare  i  primi  tre  modi,  usati  special- 
mente dagli  antichi,  ed  accetta  l'ultimo 
{studi)  come  il  più  semplice.  Vero  è  che 
non  tutte  le  grammatiche  moderne  ne  tutti 
gli  scrittori  si  accordano.  Alcuni  gram- 
matici vorrebbero  conservato  l' uso  del  j 
in  quei  plurali  ove  può  sorgere  confusione. 
Es.  tu  aiiguri  e  gli  augùrj.^  tu  principi 
e  i  principj.  L'obbiezione  che  il  senso  da 
se  solo  serve  a  distinguere,  potrebbe  es- 
sere validamente  oppugnata;  tuttavia  per 
amore  di  semplicità  parmi  opportuno  at- 
tenersi alla  prima  norma,  cioè  scrivere 
col  semplice  i. 

lacintino  o  giacintino  o  jacinteo  :  del 
colore  del  giacinto  :  antico  agg.  rinnovato 
dalla  odierna  scuola  estetica  (lat.  hyacìn- 
thinus). 

Ialino  :  vàÀivog  =:  vitreo  :  voce  usata 
dagli  scienziati  specialmente  per  indicare 
que'  corpi  che  hanno  la  trasparenza  del 
vetro. 

Ibis:  più  comunemente  che  ibi  è  chia- 
mata una  specie  di  uccelli  della  famiglia 
de'  trampolieri,  simile  alla  cicogna  :  l^ig 
e  ibis  in  latino,  i^oto  specialmente  è  Vibis 
per  il  culto  che  ne  avevano  gli  antichi 
Egizi,  ibis  sacro  :  culto  che  si  congiunge 
verosimilmente  ai  benefici  che  questo  uc- 
cello arrecava  all'agricoltura  come  distrug- 
gitore di  animali,  serpi,  ramarri,  ad  essa 
nocivi. 


Ibis,  redibis  :  letteralmente  a?*rfra/,  ri- 
tornerai'^ dicesi  familiarmente  per  indi- 
care una  risposta  ad  arte  ambigua,  in 
cui  non  è  chiaro  né  il  sì  ne  il  no:  corno 
è  misera  astuzia  usata  dagli  uomini  che 
non  si  vogliono  compromettere.  Il  motto 
trae  origine  dalla  risposta  data  dall'  ora- 
colo a  quel  cittadino  romano  che  volea 
sapere  se  egli,  sarebbe  vissuto  o  perito  in 
guerra,  e  la  risposta  fu  ibis  redibis  non 
morieris  in  bello ^  andrai  ritornerai  non 
morirai  in  guerra  :  nella  quale  risposta  ii 
senso  muta  secondo  che  la  pausa  o  vir- 
gola si  colloca  dopo  o  prima  del  non. 

Ibi  vel  ubi:  quivi  oppure  altrove  :  go^ì 
taluni  costumano  scrivere  nei  recapiti, 
quando  essi  non  sono  sicuri. 

Icaro  (voli  d'):  dicesi  di  impresa  vana 
0  di  ardimento  orgoglioso  senza  giusta  ca- 
gione, 0  di  caduta  nel  vuoto  dopo  grande 
proemio  e  troppo  elevarsi;  locuzione  an- 
tica e  savia  tolta  dal  volo  che  secondo  il 
mito  ellenico  Icaro  imprese  con  ali  di  cera 
I  seguendo  il  padre  Dedalo  :  questi,  sapiente 
rase  la  terra  e  fu  salvo,  quegli  presun- 
tuoso volle  aòcostarsi  al  sole  e  ne  ebbe 
sciolta  la  cera  onde  cadde  e  perì  nel  mare 
che  (ia  lui  fu  detto  icario  :  parte  del  maro 
Egeo  intorno  all'isola  d'Icaro  oggi  Nicaria. 

Iceberg  :  [monte  di  ghiaccio)  termine 
inglese  di  valore  tecnico  e  geografico  per 
indicare  gli  enormi  ammassi  di  gelo  nuo- 
tanti nei  mari  iperborei.  Voce  registrata 
nei  diz.  francesi. 

IcefìeId:  cioè  field  of  ice  =  campo  di 
ghiaccio.,  termine  inglese  per  indicare  i 
banchi  di  ghiaccio  che  si  incontrano  nei 


Ico 


—    229 


Idi 


mari  iperborei:  voce  registrata  nei  dizio- 
nari francesi. 

I  confronti  sono  odiosi:  locuzione  fre- 
luento  che  vuoisi  di  formazione  inglese: 
romparìsons  are  odious  (V.  Adams,  Dici, 
of.  Engl.  Literat). 

Icóre  :  Ix^oq  il  sangue  degli  Dei  che 
presso  i  greci  avca  speciale  nome,  come 
speciale  nome  avea  la  bevanda,  nettare; 
speciale  nome  il  cibo,  ambrosia.  Poi  in- 
dicò il  siero,  la  parte  acquosa  del  sangue. 
Oggi  in  medicina  è  sinonimo  di  pus  di 
maligna  natura.  Mutabile  fortuna  anche 
delle  parole! 

Ictus:  conservasi  questo  nome  latino 
{ictus  =;  colpo,  percossa)  per  significare 
nella  metrica  antica  la  battuta  del  verso 
che  segnava  il  tempo  o  misura  e  si  faceva 
percotendo  della  mano  o  del  piede  :  pedum 
digitorumque  ictu^  Quint.  Ictus  dicesi 
ancora  nel  linguaggio  musicale  ;  dove  non 
ò  da  confondersi  con  la  thesis  :  questa 
>"  applica  a  tutti  gli  accenti  forti  di  un 
ritmo;  quello  s'applica  solamente  al  primo 
e  all'ultimo  tempo  forte  di  un  verso  mu- 
sicale, sui  quali  esso  è,  per  così  dire,  ap- 
poggiato 0  come  sospeso. 

Idalgo  :  V.  Hidalgo. 

Idea  :  un'idea  di  qualche  cosa  per  dire 
/ni  poco  si  dice  familiarmente,  e  così  pure 
.-i  dice  in  gorgo  francese  U7ie  idée  =:  un 
peu.  un  rien.  Une  idée  d' absinthe  avec 
beaucoup  d'anisette. 

Idea  fissa:  o  incoercibile  o  coatta.^  chia- 
mano i  medici  l'insistenza  di  pensieri  mo- 
lesti, talora  assurdi,  che  insorgono  auto- 
maticamente disturbando  e  limitando  il 
corso  normale  dello  idee  :  sono  riconosciuti 
abnormi  dal  paziento  stesso,  ma  non  può 
liberarsene  onde  con  molta  angoscia  no 
<"  come  ossesso.  L'idea  fìssa  è  frequente 
negli  stati  degenerativi  e  nella  nevrastenia 
<(M-el)ralo.   V.   Fara?toia. 

Ideale:  osservano  i  puristi  non  doversi 
questa  parola  riferire  a  cosa  di  poco  conto, 
nò  usare  al  plurale  in  vece  di  desideri, 
affpiraX'ione,  tendenza,  otc. 

Idealità:  astratto  di  idea:  indica  la  fa- 
<oltù  di  ideare  o  concepire  concetti  supe- 
riori che  astraggano  dal  fatto  o  dalle  ne- 
<(*ssitù  presenti  provodendo  o  provvedendo 
«iltamonto  e  nobil intuito.  Eccone  un  ciliare 


esempio:  «A  questa  nazione  (l'Italia)  gio- 
vine di  ieri  e  vecchia  di  trenta  secoli,  manca 
del  tutto  V  idealità  :  la  religione  cioè  dello 
tradizioni  patrie  e  la  serena  non  timida 
coscienza  della  missione  propria  neUa  storia 
e  nella  civiltà,  religione  e  coscienza  che 
sole  affidano  un  popolo  d'avvenire»  Car- 
ducci, (7a  ira.  Neol.  necessario,  accolto 
dalla  Crusca. 

Ideatore:  neologismo  da  ideare,  colui 
che  trova  l'idea  di  alcuna  cosa. 

Idem  velie  atque  idem  nolle  ea  demum 
firma  amicitia  est:  classica  definizione 
dell'amicizia:  leggesi  in  Sallustio  {Ga- 
til.  XX.  4)  volere  e  non  volere  le  cose 
istesse  è  ciò  che  costituisce  la  salda  ami- 
cizia. 

Identificare  e  identificazione':  dal  lin- 
guaggio filosofico  (cioè  di  due  esseri  che 
si  fondono  insieme  o  del  comprendere  duo 
0  più  enti  sotto  la  stessa  idea)  passarono 
nell'uso  comune  ad  indicare  semplicemente 
riconoscere,  riconoscimento,  provare  cioè 
la  medesimezza,  il  vero  essere  di  cosa  o 
persona  mal  nota  o  falsamente  nota.  Spiac- 
ciono ai  puristi  come  voci  abusive  e  di 
provenienza  francese  :   le  sancisce  1'  uso. 

Identità,  Identico,  Identicità,  Identica- 
mente :  dal  basso  latino  identitas  (idem  =  il 
medesimo)  sono  voci  che  dal  linguaggio 
scientifico  e  filosofico  sono  passate  al  lin- 
guaggio comune  in  vece  di  medesimezxa, 
medesimo,  stesso,  medesimamente.  Spiac- 
ciono ai  puristi:  le  sancisce  l'uso. 

Idest:  lat.  cioè. 

Idillio:  familiarmente  e  talora  con  senso 
d'ironia:  colloquio  d'amore. 

Idiosincrasia:  lòiog  proprio  o  ovyKQdoig, 
costituzione;  disposizione  particolare  or- 
ganica per  la  quale  ognuno  risente  in  par- 
ticolar  modo  l'influsso  degli  agenti  diversi 
che  impressionano  i  suoi  organi,  e  più 
specialmente  idiosincrasia  è  termine  usato 
dai  medici  per  indicare  una  repugnanza 
organica  ad  un  dato  medicamento  o  anche 
alimento  sul  quale  il  medico  non  può  con- 
tare. Por  OS.  la  morfina  è  un  ipnotico: 
ebbene,  molti  non  la  sopportano  e  produce 
l'effetto  opposto.  La  voce  poi  dai  profani 
è  spesso  usata  con  ostensione  che  si  po- 
trel)be  ritenero  abusiva  so  il  trasportare 
al  lignaggio  comune  lo   voci    dolio  vario 


Idi 


-     230     — 


llb 


scienze  non  fosse  un  carattere  delle  lingue 
moderne. 

Idiotismo:  da  ìòiog  =  privato,  e  il  solito 
suffisso  in  ismo:  diminuzione  considerevole 
e  mancanza  della  intelligenza,  di  origine 
congenita,  coincidente  quasi  sempre  con 
uno  sviluppo  incompleto  del  cervello.  (Vedi 
Imbecillità).  Idiotismo  nei  nostri  dizionari 
indica  parola  o  frase  particolare  in  una 
lingua  e  non  traducibile  in  un'altra,  sem- 
pre però  da  tóto^ sforma  particolare.  Come 
astratto  per  indicare  la  condizione  di  idiota 
i  dizionari  hanno  idiotaggine.  Idiotismo  ci 
deve  essere  provenuto  da  idiotisme  fran- 
cese, e  conviene  accettarlo. 

Idrante:  (gr.  ìjócj^  =:  acqua)  sono  così 
dette  le  bocche  d'acqua  degli  acquedotti, 
praticate  a  varie  distanze,  e  servono  per 
annaffiare  o  spegnere  incendi. 

Idrico:  acqueo:  dal  prefisso  ^c?r  oio^ro, 
gr.  i)ÒQ  =  vòcùQ  acqua,  cfr.  il  lat.  udus 
=  umido,  e  onda.  Termine  della  fisica. 

Idroelettrico:  attributo  di  quelle  nuove 
opere  meccaniche  che  trasformano  la  ener- 
gia delle  acque  in  forza  elettrica.  Ead. 
vòcoQ.,   acqua. 

Iemale:  piace  agli  esteti  (ai  quali  in- 
gemmando di  voci  peregrine  il  loro  dettato 
sembra  senz'altro  di  scrivere  in  perfettis- 
sima maniera)  questo  aggettivo  antico  in 
vece  di  invernale:  latino  hiemalis.  Ma  è 
lecito  supporre  che  a  dar  nuovo  corso  a 
questa  parola  trecentistica  abbia  più  di- 
rettamente contribuito  il  francese  hiémal., 
con  quel  grazioso  suffisso  ale  come  in 
mattinale.,  liliale.,  lacuale^  medicale.,  etc. 
(Iemale  è  pur  voce  usata  in  meteorologia, 
in  idraulica  e  pratica  agraria). 

Ieratico  :  dal  greco  leQog  =  sacro,  dun- 
que sacerdotale;  ma  a  questo  aggettivo 
ì  seguaci  delle  tendenze  estetiche  annet- 
tono l'idea  di  adorno,  composto,  disposto 
secondo  una  linea  di  stile;  riflesso  este- 
riore di  un'interna  sacra  solennità.  Una 
femmina  ad  es.  di  costumi  tutt' altro  che 
sacerdotali,  sarà  detta  in  attitudine  *era^*ca 
se  alquanto  artifiziosamente  composta.  Ma 
anche  questa  moda  delle  preziose  parole 
passerà...  per  dar  luogo  ad  un'altra. 

lottatore  :  «  chi  segnatamente  in  quel 
di  Napoli  è  creduto  portare  con  la  presenza 
e  lo  parole  disgrazia  ed  impaccio  :  specie 


di  stregone  innocente  e  passivo.  lottatore 
si  nasce  come  poeta»  così  il  Tommaseo. 
Spesso  la  malignità  o  l'ignoranza  umana 
indica  alcuni  innocenti  come  iettatori  e 
li  espone  ad  una  forma  crudele  di  per- 
secuzione. 

I  fratelli  hanno  ucciso  i  fratelli:  emi- 
stichio del  noto  coro  del  Manzoni  nel  Conte 
di  Carmagnola,  atto  II,  che  accenna  alle 
lotte  fratricide  fra  italiani  e  italiani  nel- 
l'evo medio.  La  gaia  e  scettica  indole  del 
popolo  italiano  spesso  rivolge  a  sensi  fa- 
ceti il  tragico  annunzio  :  sorto  quasi  comune 
delle  più  gravi  e  terribili  sentenze. 

I  giardini  di  Armida:  locuzione  antono- 
mastica  per  indicare  luogo  di  voluttà  e  di 
piacere.  I  giardini  della  maga  Armida, 
mirabilmente  e  voluttuosamente  sono  de- 
scritti dal  Tasso  nel  XY  e  XVI  della  Ge- 
rusalemme : 

questo  è  il  porto  del  mondo,  e  qui  il  ristora 
delle  sue  noie  e  quel  piacer  si  sente 
che  già  sentì  ne'  secoli  dell'oro 
l'antica  e  senza  fren  libera  gente. 

Ignis  ardens:  lat.  fuoco  ardente,  deno- 
minazione data  al  successore  del  papa 
Leone  XIII,  secondo  la  celebre  profezia 
di  S.  Malachia,  vescovo  irlandese  del  se- 
colo XII. 

Ignoti  ladri  :  non  paia  stranezza,  ma 
certo  è  che  questi  duo  vocaboli  sono  così 
spesso  fra  di  loro  congiunti  da  acquistar 
forza  di  locuzione.  La  quale  non  derivò 
dal  fatto  che  i  ladri  non  hanno  costume 
di  lasciare  il  loro  biglietto  con  su  il  nome 
(che  sarebbe  domandare  di  troppo),  ma 
dalla  impunità  di  cui  sogliono  di  solito 
godere  nelle  loro  imprese  :  sono  anche 
chiamati  nel  linguaggio  giornalista  i  so- 
liti ignoti.  Questa  locuzione  fa  il  paio  con 
l'altra:  severa  o  rigorosa  inchiesta,  su 
cui  un  futuro  Manzoni  potrebbe  forse  fare 
sfoggio  di  umore  come  già  il  grande  Lom- 
bardo fece  su  le  Gride  spagnuole  contro 
i  Bravi  {Promessi  Sposi,  cap.  I). 

Il  bello  è  lo  splendore  del  vero:  locu- 
zione attribuita  a  Platone  senza  alcun  fon- 
damento di  testi,  manifestamente  dedotta 
dalle  idee  platoniche  della  medesimezza 
del  Vero  e  del  Bello.  Frase  fatta. 

Il  ben  dell'intelletto:  emistichio  dante- 
sco (Inf.  Ili,  16)  stravolto,  come  al  solito, 


231 


111 


ad  alti'O  senso.  Dante  ragiona  dei  dannati 
che  hanno  perduto  Dio  (il  ben  dell'intel- 
letto); il  popolo  intendo  la  ragione^  il 
senno.  Solita  sorto  dei  versi  danteschi  di- 
venuti popolari  ! 

Il  bruno  il  bel  non  toglie:  leggesi  nella 
Gerusalemme  liberata  XII,  21,  od  è  una 
reminiscenza  del  motto  biblico  Nigra  sum 
sed  foniiosa.  {Cantico  dei  cantici,  I,  4). 

Il  calcio  dell'asino:  è  quello  che  l'asino 
diede  al  leone  morente  per  vendetta,  onde 
il  leone  disse  :  fortes  indigne  tuli  miki 
insultare:  te  naturae  dedecus,  quod  ferre 
cogor^  certe  bis  vidcor  mori.  F'edro,  Fa- 
vole^ I,  20.  Dicesi  di  offesa  o  assalto,  an- 
che giusto,  ma  a  persona  la  quale  non  è 
più  in  grado  di  offendere  o  di  farsi  temere  : 
perciò  solo  è  atto  vile. 

Il  colto  e  l'inclita:  modo  abbreviato  che 
vuole  indicare  il  colto  publico  e  l'inclita 
guarnigione  ed  era  ed  è  locuzione  del 
linguaggio,  de'  comici,  de'  saltimbanchi 
etc.  Dicesi  s|)esso  per  celia. 

Il  di  cui,  il  di  lui,  il  di  lei,  il  di  loro: 
locuzioni  come  le  seguenti  :  la  di  lei  let- 
tera :  per  la  sua  lettera  ;  Dante  le  di  cui 
opere,  per  :  Danto  le  cui  opere,  hanno  fatto 
sciupare  parole  molte  e  vane  a  puristi  e 
grammatici.  La  questione  può  essere  sem- 
plificata in  questi  termini  :  tale  costrutto 
—  cioè  di  porro  un  compimento  pronomi- 
nale tra  l'articolo  ed  il  nome,  è  in  origine 
di  formazione  letterai'ia,  una  ricercatezza 
del  dire,  un'eleganza  che  in  poesia  e  in 
certi  casi  diffìcili  a  defìnirsi  può  anche 
oggi  piacere  ;  (quindi  non  mancano  esempi 
classici  ed  antichi  :  esempi  però  che  ri- 
sentono di  un  certo  giro  elegante  e  molle 
dato  alla  locuzione.  Ma  questa  locuzione 
trasportata,  cojne  molti  fanno,  nel  lin- 
guaggio familiare  e  commerciale  non  regge 
più,  0  per  lo  meno  stuona  appunto  perchè 
v'è  l'altra  espressione  più  semplice  e  na- 
turalo che  ricorre  all'  orecchio  ''di  chi  ha 
buon  gusto.  Lo  Grammatiche,  al  solito  non 
recano  questo  criterio  estetico  che  a  me 
par  degno  di  nota.  Sta  il  fatto  che  i  nostri 
migliori  autori  odierni  non  usano  la  locu- 
zione il  di  cui.,  la  di  lei  etc. 

Il  est  avec  le  elei  des  accommodements: 

scettica  (!  mondana  siMitcìi/a  IVaiun^se  tolta 
(come  par(0  dal  Tartufo  dei  Molière,  atto 


IV,  5,  ove  è  propriamente  scritto  :  Le  del 
défend.,  de  vrai.,  certains  contentements  : 
Mais  il  est.,  avec  lui,  des  acconimodc- 
ments.  V.  Accomodamento. 

Il  faut  que  jeunesse  se  passe:  bolla 
locuzione  francese,  piena  di  amabile  filo- 
sofìa, non  ignota  fra  noi:  bisogna  chela 
giovinexxa  j)assi,  cioè  conviene  avere  in- 
dulgenza per  gli  eiTori  che  la  inesperienza 
e  la  naturale  vivacità  fanno  commettere 
ai  giovani. 

Il  fine  giustificai  mezzi:  locuzione  va- 
riamento attribuita  al  Macchiavelli  ed  ai 
Gesuiti:  e  in  questi  e  in  quello  leggesi 
qualcosa  di  simile  come  concetto,, non  però 
nella  forma  sentenziosa,  popolare,  qui  ri- 
ferita. Cfr.  il  Principe  Cap.  XA^III,  P.  Vii- 
lari,  N.  Macchiavelli  e  i  suoi  tempi  Voi. 
Ili,  pag.  370-382.  Cfr.  pure  lo  seguenti 
sentenze  che  si  leggono  in  vaii  trattati  di 
casistica  moi'alo:  cum  finis  est  licitus. 
etiam  media  sunt  licita.  Cui  concessus 
est  finis,  concessa  etiam  sunt  media  ad 
flnem  ordinata,  etc. 

Il  gran  Pan  è  morto:  V.  Les  Dieux  s'en 
vont. 

Il  gran  rifiuto:  locuzione  tolta  e  torta 
spesso  in  senso  faceto  dal  noto  verso  in 
cui  Dante  incolpa  Celestino  V  (?)  d'aver 
rinunziato  al  Papato 

l'ombra  di  colui 
che  fece  per  viltate  il  gran  rifiuto. 
Tnf.  lir. 

Iliacos  intra  muros  peccatur  et  extra  : 

acuto  verso  d'Orazio  (Epist.  I,  2,  16)  e 
pieno  di  verità:  si  pecca  dentro  e  fuori 
le  mura  di  llion^  son  colpevoli  gli  uni, 
e  gli  altri  non  son  puri. 

Illico  et  immediate:  due  avverbi  latini: 
il  primo  vuol  dire  //,  sul  luogo,  [in  loco), 
e  r  altro  subito.  Dicesi  avverbialmento 
quando  si  vuole  che  una  cosa  sia  sulùto 
fatta. 

Illune:  senxa  luna,  neologismo,  caro  al 
linguaggio  poetico  e  allo  stilo  estetico  de" 
nostri  giorni. 

<.>h,  (lolliv  iiotlt»  illune 
placido  inciintomoiito  ; 
solo,  ivlijiiido,  il  volito 
lìomo  tra  timo  e  t\ino 

A.  (ÌRAK.  [  nnri(jt%iiii. 
Nuova  Antologia,  11  Febbrai»'  l'.uii). 


Ili 


232 


illusionista:  nool.,  dal  fr.  illusionniste 
invece  di  prestigiatore^  giocoliere. 

Illustrazione:  dicesi  con  aperto  galli- 
cismo [illustration)  di  persone  degne  e 
illustri,  che  fanno  onore  ad  un'  arte,  ad 
una  scienza,  ad  una  regione  :  spiace  ai 
jjuristi,  come  un  astratto  difforme  dall'in- 
dole nostra  della  favella,  Cfr.  Dante  : 

0  tu  che  onori  ogni  scienza  ed  arte. 

Spiaco  pure  ai  più  stitici  fra  i  puristi 
iUvMraxione  nel  senso  di  periodico  adorno 
di  disegni,  e  illusiraio  come  attributo  di 
libro  ornato  di  figuro  dichiarative.  Mala 
moda  di  intercalare  figure  nel  testo  per 
abbellimento  e  chiosa  ci  provenne  dalla 
Francia,  e,  con  la  cosa,  il  nome,  lllii- 
sir anione  nel  primo  senso  appartiene  a 
quei  molti  gallicismi  i  quali,  come  non 
entrano  nella  corrente  del  linguaggio  po- 
polare, così  sono  senza  sforzo  sfuggiti  in 
nobile  prosa.  Appartengono  tuttavia  alla 
lingua  dell'  uso. 

Illustre  e  illustrissimo:  vedasi  curioso 
effetto  dell'  abuso  che  toglie  valore  alla 
logica  grammaticale!  Il  superlativo  vale 
più  del  positivo,  ma  nel  caso  di  questo 
aggettivo  la  cosa  è  diversa,  giacché  illu- 
strissimo si  dice  di  ognuno,  specialmente 
non  illustre  ;  illustre  invece  è  solo  di  per- 
sone veramente  chiaro  per  notorietà  e  va- 
lore. Vero  ò  che  anche  dell'aggettivo  il- 
lustre che  sembra  contenere  un  granello 
di  incenso  e  di  gloria,  oggi  si  comincia 
a  far  uso  generoso  oltre  misura. 

Illustre  sconosciuto:  locuzione  lepida 
ed  ironica  dei  tempi  nostri  che  è  indizio 
del  costumo  :  vale  cioè  a  significare  certe 
persone  nulle  e  ignote  sino  a  ieri,  cui  la 
civiltà  democratica  offre  opportunità  di  ac- 
quistare di  colpo  autorità  e  stato  sì  da  dettar 
legge,  trinciar  giudizi,  montare  in  bigoncia 
o  sul  })iedostallo.  Suona  ironia  o  spregio. 

Il  nuovo  non  è  bello,  e  il  bello  non  è 
nuovo:  dicesi  di  opere  prive  di  invenzione 
e  di  perfezione.  L'acuta  frase  si  fa  deri- 
vare del  Lessing  {Briefen  die  N euste  Li- 
teratur  hetreffeìid)  onde  trasse  ispirazione 
Arrigo  Voss  per  questo  epigramma  : 

Anf  mehrere  Biicher. 

Xach  Lessing. 

JJein  rodseliges  Buch  mancherlei  Neues  und  Wahres, 

\A';!ro  das  Wahr  nur  neu,  ware  das  l^eno  nur  wahr  ! 


Ilota:  greco  EUdjrrjs,  latino  Hilòta^ 
nome  dello  popolazioni  Achee  ridotte  in 
istato  servile,  non  come  individuo  ma 
come  casta,  dai  Dori  od  Eraclidi  al  tempo 
di  Sparta.  Yoce  usata  oggidì  per  esprimere 
con  forza  di  esagerazione  lo  stato  di  di- 
pendenza economica  o  morale. 

Il  Paradiso  di  Maometto:  è  quello  che 
nel  Corano  è  promesso  ai  buoni:  più  di- 
vertente certo  di  quello  di  Cristo,  ma  non 
così  ricco  di  sensuali  piaceri  come  la  tra- 
dizione ed  i  commenti  hanno  insegnato. 
Maometto  promette  lo  uri,  esenti  da  ogni 
bruttura,  le  vergini  modeste,  le  care  spose, 
tutti  beni  che  in  terra  non  si  riscontrano 
di  frequente. 

Il  quarto  d'ora  di  Rabelais:  fr.  le  quart 
d'heure  de  Rabelais.,  dicesi,  con  molta  li- 
bertà e  con  largo  riferimento  per  signifi- 
care un  momento  di  incertezza  e  di  im- 
paccio, in  cui  conviene  risolversi.  Si  allude 
per  tale  motto  ad  un  brutto  quarto  d'ora 
che  passò  Francesco  Rabelais,  il  grande  au- 
tore di  Oargantua,  quando  al  ritorno  da 
Roma  si  trovò  a  Lione  senza  soldi  per 
continuare  la  via.  Per  ciò  si  valse  di  que- 
sta astuzia:  fatti  chiamare  i  medici  della 
città  e  fatto  giurare  il  segreto,  loro  disse 
che  i  Romani  gli  avevano  dato  un  veleno 
per  uccidere  il  re.  Fu  allora  denunciato, 
preso  e  condotto  sotto  buona  scorta  a  Parigi 
dove  egli  tutto  narrò  al  re  facendosi  beffa 
della  semplicità  de'  Lionesi.  Aneddoto  an- 
tico ma  poco  attendibile,  né  d'altra  parte 
persuade  la  spiegazione  che  un  fatto  cosi 
comune  come  la  mancanza  di  denari  abbia 
potuto  dar  vita  ad  una  locuzione  così  co- 
mune e  nella  quale  par  si  contenga  un 
senso  speciale  e  recondito. 

Il  regalo  che  fece  Marzo  alla  Nora: 
locuzione  toscana  e  vale,  regalo  meschino 
come  quello  che  fece  tal  Marzo  a  una  tal 
Nora  di  tre  noci  e  una  nocciola.  «  A})- 
pena  vedmi  l'involto  dirai  :  ecco  il  primo 
regalo  che  foce  Marzo  alla  Nora»  (Giusti, 
Lettere). 

Il  re  regna  ma  non  governa:  formula 
della  monarchia  costituzionale,  già  espressa 
dal  Thiers  nel  1830:  le  roi  règne  et  ne 
gouverne  pas.  Rex  regnai  sed  non  guber- 
nat  fu  pure  il  monito  dei  Polacchi  a  Si- 
gismondo III  loro  re. 


233 


Iinm 


Il  s'écoute  :  lotte ralmento  si  ascolta^  cioè 
■parla  ascoltando  il  suono  della  sua  voce  : 
s'ccouter  'parler  r=:  mettre  de  la  prétension 
et  une  reckerche  affectée  dans  sa  manière 
de  parler. 

Il  sol  di  ImqIìo:  locuzione  usata  nella 
frase  farsi  bello  del  sol  di  luglio,  cioè 
vantarsi  di  cosa  di  cui  non  si  ha  merito. 

Il  sole  d'Austerlitz:  il  raggio  di  sole 
che  npi)arvo  o  illuminò  la  vittoria  di  Na- 
poleone nella  gran  battaglia  di  Austerlitz, 
in  Moravia,  nel  1805,  detta  anche  la  bat- 
taglia dei  tre  imperatori.  Sole  altre  volte 
ricordato  :    Voilà  le  soleil    d''  Austerlitz/ 

Il  tempo  è  moneta:  versione  del  motto 
inglese  tiine  is  money.  V,  a  questo  motto. 

Il  ventisette  del  mese:  il  giorno  in  cui 
il  Governo  italiano  paga  i  suoi  impiegati 
e  ufficiali,  divenuto  sinonimo  di  stipendio, 
paga,  Es.  «  Per  molti  il  ventisette  del 
mese  è  il  solo  ideale.  » 

Il  vicin  mìo  grande:  V.  Carducci,  Rime 
Nuovo,    Giustizia  di  Poeta. 

Imano:  voce  araba  che  \i\\g  capo,  pre- 
sidente^ cui  i  mussulmani  danno  molte- 
plici significati.  Alcuni  capi  indipendenti 
in  Arabia  in  cui  risiede  il  potere  politico 
e  religioso,  son  detti  Imani.  Imani  furon 
detti  i  califfi  ed  il  sultano,  imani  i  preti 
maomettani  celebranti  nelle  moschee. 

Imbarazzo,  imbarazzare,  imbarazzante  : 
sono  gallicismi  (radice  celtica  bar  -^  asta, 
barra)  fatti  italiani  sino  dal  '500,  prima 
nel  senso  materiale  di  impedimento.,  poi 
in  quello  morale  di  impiccio.  Ma  per  quanto 
queste  voci  «  siano  entrate  nella  consue- 
tudine del  popolo  toscano,  che  hanno  per- 
duto oramai  ogni  impronta  di  gallicità  » 
(Rigutini),  certo  in  nobile  dottato  curerei 
di  evitarle. 

Imbarcadero:  spagnuolismo,  embarca- 
^/^/•o, dicendosi  in  italiano  imbarcatoio  (V. 
questa  parola):  ma  forso  a  noi  provenne 
più  direttamente  dal  fj-anceso  embarcadère. 
Sono  ponti  allungati  nel  mare  o  nei  laghi 
sino  a  trovar  gran  fondale  così  che  la  nave 
possa  accostarsi  por  lo  scarico  o  carico 
senz'altro  intermedio. 

Imbarcare:  imbarcarsi  in  un  affare  -- 
prendere  assunto  di  cosa  difficile  e  lunga. 
Imbarcare  imo  s.:-.  licenziarlo,  mandarlo 
via:  modo  faniiliaro. 


Imbarcatolo:  per  ponte  d'imbarco  è  pa- 
rola che  manca  a  molti  dizionari  :  «  ne- 
cessaria e  ben  acconcia  »  la  dice  il  Gu- 
glielmotti, op.  cit.,  se  non  che  molti  usano 
imbarcadero.  V.  questa  parola. 

Imbarcazione:  dicesi  in  marina  di  qua- 
lunque palischermo  grande  o  piccolo  :  spia- 
ce ai  puristi  perchè  deriva  dal  fr.  emba?-- 
cation.  «Tu  se  ami  tuo  paese  e  linguaggio, 
userai,  per  vocabolo  generico  palischermo, 
e  per  collettivo  barchereccio  ».  Così  il  Gu- 
glielmotti, op.  cit.  Eh,  padre  maestro,  ci 
vuol  altro  ormai  ! 

Imbecillità:  come  termine  medico  e  dei 
psichiatri  indica  il  primo  e  più  lieve  grado 
deW idiotismo.  La  graduazione  di  questa 
demenza  congenita  sarebbe  idiotismo, 
semidiotismo,  iìnbecillità.  L'  imbecillità 
appare  nella  seconda  infanzia  :  lentezza  e 
incertezza  nel  computo,  nell'  ortografia, 
nella  sintassi  ;  credulità  :  più  tardi,  senti- 
menti morali  appresi  dogmaticamente  ;  di- 
fetto di  critica  del  bene  e  del  male  :  ninna 
originalità:  non  conoscono  la  baldanza  della 
giovinezza  :  presto  si  fanno  maturi.  Pos- 
sono riuscire  benissimo  nella  vita.  Anzi!... 

Imborghesirsi:  ned.  diventare  borghese, 
acquistare  modi,  vita  di  borghese. 

Imbottar  la  nebbia:  bella  locuzione  fa- 
miliare toscana  che  vale  far  cosa  vana 
come  colui  il  quale  chiudesse  entro  botte 
la  nebbia. 

Imbotte:  V.  Intradosso. 

Imbrogliare:  term.  mar.,  avviluppare 
una  vela  cogl' imbrogli  per  sottrai'la  in  gran 
parte  all'azione  del  vento. 

Imbutita:  chiamano  i  meccanici  una 
lamiera  la  quale  sia  foggiata  a  cupola  o 
altrimenti  :  dal  fr.  emboiier  =  rendre 
une  jjlaquG  de  metal  convexe  d'un  coté 
et  concave  de  V  autre,  radico,  boUe.  In 
italiano  si  dovrebbe  dire  stozzata,  cioè 
foggiata  su  lo  stozzo. 

Immagazzinare:  neologismo  tolto  dal 
francosci  emmagasiner,  e  usato  nel  lin- 
guaggio scientifi(!o  e  tecnico  nel  senso  di 
concentrare  in  bj-ove  si)azio  gran  quantità 
di  energia.  Dicesi  altresì,  per  ostensione, 
in  senso  morale. 

Immancabilmente:  \)ov sicuramente, cer- 
to, sen\a  dubbio,  è  ripresa  dai  puristi  come 
voce  usata  alla  maniera  francese. 


Inim 


234    — 


Imp 


Immobiliare:  trovasi  usata  questa  pa- 
rola,' versione  del  fr.  ìmmobilier^  come 
attributo  generico  di  operazioni  riguar- 
danti i  beni  ìmvL\o\)\\\  {bona  immobilia) ^ 
cioè  case  e  terreni.  Es.  Ch'edito  ituTìio- 
biliare. 

Immobilizzare  :  per  rendere  immobile  ri- 
durre in  istato  da  non  potersi  muovere, 
operare,  esercitare  alcuna  azione,  ricorda 
il  francese  immobiliser,  in  italiano,  meglio 
immobilitare,  ma  questo  verbo  mi  pare 
alquanto  disusato. 

Immondo  :  parola  più  che  italiana  (non 
mondo,  immundus,  non  pulito,  impuro)  : 
ma  pan'à  soverchio  acume  il  dire  che 
questa  parola  è  spesso  usata  da  noi  con 
la  frequenza  e  il  senso  del  fr.  immonde  ? 

Immortali  :  erano  gii  Dei  presso  gli  an- 
tichi, contrapposti  ai  mortali,  cioè  agli 
uomini.  Ma  i  francesi  nella  geniale  loro 
enfasi  (geniale,  a  chi  piace!]  chiamano 
familiarmente  immortel  l'accademico  della 
loro  Accademia.  Les  quarante  immortels. 

Immortalizzare:  per  immortalare  è 
brutto  doppione  ed  inutile,  derivato  dal 
fr.  immortaliser  ;  e  così  dicasi  di  eter- 
ni%x,are  (fr.  éterniser)  per  eternare. 

Immunità:  (dal  lat.  in  e  munas  ^=:  sev- 
vizio,  immunis)  in  medicina  indica  la 
resistenza  organica  alle  sostanze  tossiche, 
ai  contagi,  allo  sviluppo  degli  agenti  pa- 
togeni. L'immunità  può  essere  innata  o 
acquistata,  come  ad  es.  col  vaccino  contro 
il  vainolo. 

Impagabile  :  nel  senso  iperbolico  di  cosa 
che  non  ha  prezzo,  inestimabile,  special- 
mente detto  in  senso  faceto  o  di  scherno, 
ò  il  francese  impayable  =  extraordinaire, 
bizarre,  plaisant.  In  italiano,  vai  tant'oro 
quanto  pesa,  e  infiniti  altri  modi  di  cui 
ò  ricca  la  favella  del  popolo. 

Impaperarsi  :  papera  (propr.  la  femmina 
del  papero)  è  lo  sbaglio  nel  parlare  e  nel 
pronunciare,  nel  gergo  teatrale  anzi  è  ^oce 
tecnica  :  dicesi  familiarmente  impaperarsi 
per  confondersi  nel  parlare,  prendere  delle 
])apere.  Y.  Papera.  \  Impappinarsi,  è  al- 
quanto diverso  e  vale  perdere  il  filo,  iìn- 
hrogliarsi. 

Impasse:  roneo.  ma  cieca,  via  senza 
uscita  (  J.  Cui  de  sae)  e  deriva  da  un  in 
negativo  e  passe  cioè  via  per  cui  non  si 


passa.  Parola  francese  non  infrequento 
fra  noi.  Es.  «  un  temperamento  che  desse 
modo  al  Governo  di  uscire  senza  disonore 
daìV  impasse  in  cui  si  è  cecamente  cac- 
ciato » .  E  chi  scrive  così  è  un  professore 
di  Università  italiana!! 

Impavesate:  ter.  mar.,  cassoni  che  cor- 
rono da  prua  a  poppa  sul  capo  di  banda 
delle  navi  da  guerra,  coperte  di  incerate, 
nei  quali  ripongonsi  le  brande  dei  marinai 
durante  il  giorno. 

Impeccabile:  letteralmente  che  non  ])uò 
j  peccare.  Questo  aggettivo  riferito  con  spe- 
ciale significato  al  contegno,  al  vestito, 
al  decoro  etc,  ricorda  V  irreprochable  fran- 
cese. Es.  «egli  è  d'una  squisita  cortesia 
e  d'una  notevole  amabilità,  modesto,  im- 
peccabile nel  suo  portamento  » . 
j       Impedenza:  Y.  Induttanza. 

Impedimenta:  e  talora  in  italiano  m- 
pedimenti,  voce  tecnica  del  linguaggio 
militare  de'  Romani  per  indicare  i  bagagli, 
i  carriaggi,  i  somieri,  le  provvigioni  che 
accompagnano  un  esercito  in  moto  e  ne 
ritardano  o  impediscono  lo  spedito  andare  : 
voce  così  espressiva  che  non  è  caduta 
dall'  uso.  Expediti  invece  erano  detti  i 
soldati  quando  non  erano  impediti  dai 
bagagli . 

Impegnarsi  a  fondo  :  dicesi  quando  uno 
neir  intraprendere  alcuna  azione  opera  in 
modo  risolutivo  così  da  non  potersi  ritrarre 
più  per  ricominciare.  Dal  linguaggio  delle 
armi  e  della  milizia  passò  la  locuzione  al 
linguaggio  politico  specialmente.  Delle  va- 
rie questioni  che  i  puristi  fanno  sul  verbo 
impegnare,  Y.  il  Eigutini,  op.  cit.,  che 
ampiamente  ne  ragiona. 

Imperativo  categorico:  (Kategorischer 
Iinporativ)  frase  usata  da  E.  Kant  nella 
sua  opera  filosofica  Grundlegung  der  Me- 
taphysik  der  Sitten,  per  indicare  la  legge 
morale  che  comanda  o  proibisce,  all' infuori 
di  ogni  considerazione  di  utile  o  di  piacere. 
«  Opera  unicamente  secondo  quella  mas- 
sima per  la  quale  tu  puoi  nello  stesso 
tempo  volere  che  essa  divenga  legge  uni- 
versale». Dicesi  talora  nell'uso  comune 
e  fuori  di  ogni  senso  metafisico,  impera- 
tivo categorico  per  ordine  assoluto,  con- 
dizione che  non  si  può  tralasciare. 

Imperialismo:  (fr.  im.pénalisme,  ingl. 


lni|) 


—     235 


Jmi 


imperialism)  sistcniu  di  governo  impe- 
riale, ambizione  di  costituire  un  impero. 
Questo  neologismo  è  usato  per  indicare  la 
tendenza  di  alcuni  pros})erosi  popoli,  ricchi 
e  forti,  da  costituirsi  in  forma  di  impero, 
sì  per  le  vaste  egemonie  e  domini  diretti, 
sì  per  r  intento  di  bastare  a  sé  né  aver 
bisogno  del  concorso  delle  altre  nazioni: 
(juesta  tendenza,  nel  quarto  d'ora  che  passa, 
e  fortissima  nei  popoli  di  razza  anglo-sas- 
sone e  germanica.  La  Pace  ne  lagrima, 
gì'  immortali  principi  dell'  '89  ne  soffrono, 
ma  la  realtà  procede  del  suo  passo  logico 
e  fatale. 

Impetiggine:  dal  latino  imp etere  ^^  at- 
taccarsi :  dermatite  caratterizzata  dalla 
formazione  di  pustule  onde  geme  ma- 
teria che  si  concreta  in  croste  gialla- 
stre. È  autoinoculabile  e  dovuta  all'ino- 
culazione di  microbi  generatori  speciali 
della  suppurazione  (streptococchi,  stafilo- 
cocchi). 

Impianto:  così  chiamano  i  tecnici  ed  i 
meccanici  un  insieme  di  macchine  orga- 
nicamente disposte  e  concorrenti  ad  un 
dato  scopo  tecnico. 

Impiegato  :  per  ufficiale  spiace  ad  alcuni 
severi  puristi  perchè  loro  ricorda  il  fr.  em- 
ployé.  Giustamente  osserva  il  Rigutini 
esser  più  facile  levar  di  mezzo  la  cosa  che 
la  parola.  Voce  accolta  dalla  Crusca. 

Impiegomania:  neologismo  del  linguaggio 
familiare  o  detto  talora  in  senso  faceto 
per  indicare  la  generale  tendenza  odierna 
di  procacciarsi  la  vita  diventando  ordigni 
delle  grandi  macchine  burocratiche  piut- 
tosto che  liberamente  svolgere  le  proprie 
forze. 

Impiparsi:  verbo  usato  nel  linguaggio 
familiare  e  plebeo  :  vale  infèschiarsene, 
ridersi  di  checchessia.  «  Faccia  di  me  ne 
impipo/»  Voce  usata  specialmente  nei 
dialetti  dell'Alta  Italia;  non  ignota  per 
altro  al  dialetto  toscano. 

Impolitezza:  per  scor^ma,  sgarbo,  fran- 
cese iìupolitesse.,  è  notato  dai  puristi  con 
giusto  orrore.  Ma  si  usaV  Oggi  non  mi 
pare.  Trattasi,  io  credo,  di  uno  dei  non 
pochi  barbarismi  effìmeri  :  si  trapiantano, 
ma  non  metton  radici. 

Impolìtico  :  esteso  oltre  al  senso  della 
politica,    nel    senso   cioè   di    imprudente 


spiace  ai  puristi,  perchè  forse  tale  esten- 
sione é  tolta  dal  francese. 

Imponente  :  per  grande,  maestoso,  for- 
midabile  eie.  ricorda  ai  puristi  l'uso  della 
parola  fr.  imposant.  V.  Imposant.,  e  perciò 
la  riprendono.  Dicono  infatti  i  francesi: 
[  figure  imposante;  cérémonie  imposante  ; 
j  forces  imposantes  etc,  e  così  noi.  Come 
I  ognuno  vede,  imponente  è  parola  italiana, 
ma  l'uso  che  se  ne  fa  è  straniero.  Solito  caso  ! 
Imporre:  usato  da  solo  in  modo  asso- 
luto, es.  uomo  che  impone,  aspetto  che 
impone,  spiace  ai  puristi,  E  in  fatti  modo 
francese,  e  così  ne  scrive  V  Académie:  ab- 
sol.  iviposer,  inspirer  du  respect.  Se  non 
che  cotesto  imposer  non  indica  solo  ri- 
spetto ma  suggestione,  timidezza  e  simili, 
anzi  molte  volte  il  rispetto  non  e'  entra 
come  in  questo  esempio  tolto  dal  Voltaire 
ove  Cesare  parla  di  Bruto.  Sa  fermeté 
m'impose,  etje  l'excuse  mhne  de  condam- 
ner  en  tuoi  l'autorité  suprème.  Così  pure 
é  usatissima  la  forma  riflessiv-a  imporsi 
che  vuol  dire  non  tanto  sopraffare  o  pre- 
dominare  quanto  rendersi  necessario,  au- 
torevole e  autoritario  più  per  audacia  ed 
arte  che  per  giusto  valore.  Come  abolire 
0  condannare  tali  vociV  Questioni  che  si 
impongono  per,  necessarie.,  urgenti^  è  lo- 
cuzione ripresa,  ma,  buona  o  cattiva  che 
sia,  essa  si  im^pone  nell'uso,  ed  anche  i  ben 
parlanti  non  saprebbero  farne  a  meno. 

Importanza:  nella  locuzione  annettere 
importanza  spiace  ai  puristi  ricordando 
r  anne.rer  o  attacher  importance  de"  fran- 
cesi. In  buon  italiano  dare  importanza. 
V'è  però  fra  i  due  modi  alcuna  lieve  dif- 
ferenza di  senso. 

Importo:  per  costo,  valuta  di  una  data 
cosa  è  ripreso  dai  puristi  come  deriva- 
zione abusiva  del  verbo  importare.  liO 
accoglie  la  Crusca  con  esempio  del  Cua- 
dagnoli . 

Impossibilitare  od  impossibilitato:  sono 
voci  di  Crusca  con  esemi»i  fin  del  'UGO: 
Sogneri,  Magalotti,  Muratori,  Botta:  non 
scrittori  artisti,  a  mio  vedere.  Sia  pur 
dunque  parola  buona,  certo  è  greve,  e 
sa  di  uliìci  ;  tanto  più  evitata  da  buoni 
scrittori  in  quanto  so(H!Orrono  altre  voci 
e  modi  più  t'acuii  o  snelli. 
Impossible  n'est  pas  un  mot  franpais; 


Imi 


236     — 


Imp 


«  iìnpossibile  »  non  è  parola  francese; 
motto  attribuito  a  Napoleone  I. 

Impressionabile  e  ImpreSiSionabilità:  neo- 
logismi necessari  e  caratteristici  per  indi- 
care specialmente  la  disposizione  morale 
atta  a  ricevere  le  impressioni  del  mondo 
esterno  con  più  violenza  e  turbamento  che 
—  forse  —  una  natura  sana  non  comporti. 
Il  popolo,  dice  il  Eigutini,  servesi  all'oc- 
casione di  altre  maniere.  Vero.  Vero  è 
e  ile  al  popolo  è  pur  poco  nota  1'  impres- 
sionabilità. Del  resto  accogliendo,  come 
la  Crusca  accoglie,  il  verbo  impressionare^ 
sia  pure  con  esempi  di  dubbia  autorità, 
potrebbero  i  puristi  accoglierne  anche  i 
derivati. 

Impressionismo:  V.  Impressionista. 

Impressionista:  chi  lavora  in  arte  se- 
condo la  impressione  cercando  di  ripro- 
durre la  realtà  impressionante^  e  si  suole 
dire  tanto  dello  scrittore  come  del  pit- 
tore. Per  ciò  che  riguarda  l'arte  del  det- 
tato, impressionista  è  colui  che  usa  una 
speciale  tecnica  o  maniera  di  scrivere  e 
descrivere,  cioè  a  tratti,  periodi  brevi, 
staccati,  tinte  forti,  crude,  rudi,  sinistre  etc. 
Maniera  che  vuol  sembrar  vera  e  sem- 
plice, quasi  rendendo  con  immediatezza 
la  prima  impressione  :  spesso  abusandone, 
è  maniera  artificiosa,  ove  non  soccorra 
arte  e  vera  commozione  estetica.  Più  spe- 
cialmente impressionista  dicesi  de'  pit- 
tori i  quali  difendendo  questa  loro  ma- 
niera, dicono  :  «  Non  si  cerchi  più  in  là 
nei  nostri  quadri  ;  noi  stessi,  dopo  il  mo- 
mento febbrile  e  intenso  dell'esecuzione, 
non  osiamo,  non  dobbiamo  toccarli  ;  sa- 
rebbe un  profanarli  :  così  vedemmo,  così 
era  la  nostra  impressione  e  prima  che  ci 
sfuggisse  0  si  modificasse  nella  natura 
ed  in  noi,  la  rendemmo  così  come  la  ve- 
dete » .  Di  qui  r  esagerazione  di  un  con- 
cetto giusto,  per  se.  Poiché  ogni  vero  ar- 
tista è,  e  deve  per  forza  essere  impres- 
sionista^i  ma  non  questo  solo  e  sempre 
giacche  l'arte  è  qualcosa  di  più  che  sem- 
plice impressione.  È  necessario,  ma  non 
sutfioiente  che  il  pittore  sappia  cogliere 
la  natura  all'istante,  nel  lampeggiare  di 
una  luce  o  di  una  tinta,  che  se  si  dilun- 
gasse in  minuzie,  gli  sfuggirebbe,  e  la 
visiono  si  modificherebbe,  ma  ciò   non  è 


tutta  r  arte.  Or  dunque  :  gli  impressio- 
nisti hanno  un  modo  speciale  (ed  è  il 
modo  detto)  di  vedere  e  di  rendere  la  na- 
tura e  se  ne  sono  fatti  un  cànone.  Dal 
detto  modo  speciale,  di  impressione,  pro- 
venne una  tecnica  speciale,  per  masse, 
per  macchie  più  o  meno  chiare  e  giusti- 
ficate. Ed  eccoci,  quasi  derivazione  par- 
ticolare di  costoro,  ai  macchiaiuoli.  (V. 
questa  voce).  Quanto  alla  ragione  etimo- 
logica della  parola,  impressioniste  è  voce 
del  gergo  francese:  qui  fait  de  la  pein- 
ture  ultra  réaliste,  benché  questo  ultra 
realista  noii  pare  esatto  ;  per  il  realista 
tutta  la  natura  obbiettiva  è  degna  di  ri- 
produzione, per  l'impressionista  quella  spe- 
cialmente che  eccita  la  commozione  esteti- 
ca. Derivato,  impressionismo.  Forse  non 
solo  la  voce  ma  l'esagerazione  della  cosa  ele- 
vata a  sistema  d'arte,  provenne  di  Francia. 

Impreteribile  e  Impreteribilmente:  voci 
pedantesche,  dice  il  Rigutini,  ma  non  gal- 
licismi ;  dal  latino  in-praeter-ire,  che  non 
può  0  non  devesi  tralasciare,  omettere. 
Accolte  dalla  Crusca  :  certo  non  sono 
gemme  di  parole! 

Impulsivo:  agg.,  talora  sostantivo,  da 
impulso,  lat.  impellere,  spingere.  Nel 
linguaggio  dei  fisiologi  e  filosofi  è  attri- 
buto di  quegli  individui  e  di  quei  tempe- 
ramenti che  sofi'rono  di  un  difetto  nel 
freno  della  volontà,  cioè  che  passano  dal 
pensiero  all'azione  in  modo  subitaneo  e 
irriflessivo.  L'impulso  grave  anormale  è 
segno  di  degenerazione  e  di  stato  patolo- 
gico, come  l'impulso  dell'omicida,  del  sui- 
cida, dell'  epilettico,  di  chi  è  portato  a 
distruggere.  Gli  individui  così  infelice- 
mente da  natura  temprati  benché  abbiano 
coscienza  de'  loro  atti  sono  indotti  a  com- 
pierli in  modo  irresistibile.  L'impulsività 
si  accompagna  ad  un  senso  di  angoscia 
che  cessa  con  la  soddisfazione  dell'  atto. 
A  codesta  impulsività  o  forza  irresistibile 
molti  delitti  sono  attribuiti.  La  qual  cosa 
è  pur  vera.  Vero  è  del  pari  che  ra- 
gioni di  interesse,  di  passione  o  di  par- 
tito portano  troppo  spesso  a  coprire  e 
adonestare,  con  1'  autorità  della  scienza, 
azioni  delittuose  le  quali  sono  dovute  a 
deliberato  proposito  di  male,  non  all'in- 
domabile forza  dell'impulso  anormale. 


23^ 


In:  sin  dove  si  arrivi  con  Fuso  di  que- 
sta proposizione  usata  alla  francese  in- 
vece dell'italiano  di  non  è  facile  stabi- 
lire. Corto  è  preponderante  sempre  di  più, 
come  da  esempi  :  Mantello  in  seta,  pan- 
tofole in  pelle,  letto  in  ferro,  bastimento 
in  acciaio  etc.  L'uso  buono  nostro  vuole 
che  si  adoperi  di  per  indicare  la  materia 
di  qualche  lavoro.  Dunque  letto  di  e  non 
in  ferro.  Dicesi  comunemente  delle  stoffe 
in  bianco^  in  celeste^  in  rerde^  etc,  come 
compimento  del  verbo  vestire,  e  non  è 
modo  conforme  all'  indole  della  nostra 
lingua.  Ora  senza  far  questione  di  pu- 
rismo e  di  grammatica,  anche  i  nostri 
pili  ardenti  sostenitori  del  parlare  e  scri- 
vere come  vien  viene,  devono  ammettere 
che  questo  doppio  uso  delle  preposizioni, 
(giacché,  esse  sono  come  i  perni  del  di- 
scorso) è,  non  un  pregio  ma  un  difetto  gran- 
de in  qualsiasi  linguaggio.  Un  maestro  di 
scuola  insegnerà  secondo  Fuso  o  secondo 
grammatica  V  Questa  grave  domanda  può 
altrui  sembrare  ingenua,  e  con  triste  argu- 
zia si  può  rispondere  :  «  ne  in  un  modo 
ne  nell'altro!»  Potrei  ribattere:  «molti 
in  verità  così  fanno  ».  |  Le  locuzioni  in  al- 
lora^ in  riguardo,  in  ajjpresso,  etc.  sono 
riprovate,  bastando  gli  stessi  avverbi  senza 
bisogno  deìViìi. 

Inalazione:  dal  latino  «"«/za/are  =  sof- 
fiare. Dicesi  in  medicina  delFassorbimento 
mercè  la  respirazione  di  gas,  vapori  o  li- 
quidi  polverizzati. 

In  alto  luogo:  ovvero  un  altissimo 
personaggio^  perifrasi  neologica  della  po- 
litica per  non  nominare  il  re  o  la  corte. 

In  alto  mare  :  dicesi  metaforicamente 
che  una  questione  è  ancora  in  alto  mare^ 
quando  è  ancora  insoluta  e  tarderà  molto 
a  venire  a  riva,  cioè  a  risolversi. 

Inanizione:  termine  scientifico  usato  dai 
medici  specialmente  per  inedia,  sfini- 
mento, estenuatone:  dal  basso  latino 
inanitio  e  per  via  diretta,  dal  fr.  inani- 
tion.  Lo  accoglie  la  Crusca  con  esempio 
del  Botta. 

Inattaccabile:  detto  di  persona,  repu- 
tazion<!,  condotta  pura,  integra,  che  non 
può  essere  riprosa,  incensurabile,  ricorda 
ai  puristi  il  fr.  inattaquahle.  Lo  accoglie 
la  Crusca.   li   (;rit(U'io  di   cui   si   valgono 


gli  Accademici  della  Crusca  nelFaccogliere 
0  nel  respingere  parole  di  provenienza  fran- 
cese 0  estensione  di  senso  dedotto  da  altre 
lingue,  non  è  dei  più  facili  a  comprendere. 
Ma  conviene  ammettere  che  la  cosa  è  molto 
difficile  e  il  giudizio  dei  più  incerti.  V.  la 
Prefazione. 

in  base  a  o  del...:  locuzione  comune 
specie  del  linguaggio  degli  uffici,  repu- 
tata viziosa  dai  puristi,  invece  delle  ma- 
niere buone,  in  conformità^  sul  fonda- 
mento etc.  Es.  In  base  al  verdetto  dei 
giurati  l'accusato  fu  assolto. 

In  camera  caritatis  :  dicesi  di  avver- 
timento 0  rimproveri  dati  in  segreto,  come 
preavviso  cortese,  senza  che  altri  lo  sappia. 

Incanagliarsi  :  è  versione  del  francese 
s'encanailler  =  se  lier  avec  de  la  ca- 
naille.  Il  verbo  buono  e  toscano  è  inga- 
glioffarsi del  quale  un  bell'esempio  è  nel 
Machiavelli  nella  nota  lettera  a  Fran- 
cesco Vettori  :  «  mangiato  che  io  ho,  ri- 
torno all'osteria:  quivi  è  Foste,  per  l'or- 
dinario un  beccaio,  un  mugnaio,  due  for- 
naciai! Con  questi  m  ingaglioffo  per  tutto 
dì  giocando  a  cricca,  a  tric-trac,  etc.  ». 
Notevole  e  miserevole  fortuna  delle  nostre 
parole,  il  Petrocchi  registra  fra  le  voci 
fuor  dell'  uso  ingaglioffare  e  fra  le  voci 
dell'uso  incanagliare!  La  Crusca  non  ac- 
coglie questa  voce. 

Incanalare  :  per  istradare,  avviare.^  met- 
tere su  la  buona  strada,  è  neol.  assai 
brutto. 

Incartamento:  «dicasi  coi  toscani  in- 
serto »  ammonisce  il  Rigutini  (cioè  il  fa- 
scicolo che  contiene  una  data  pratica  ri- 
guardante un  dato  affare).  Dicasi  purel 
se  non  che  mi  par  che  molti  invece  che 
dir  coi  toscani  inserto,  dicano  coi  fran- 
cesi dossier.  V.  questa  parola.  La  Crusca 
ha  accolto  incartamento. 

Incastellatura:  chiamano  così  i  mecca- 
nici lo  scheletro  od  ossatura  dolio  macchine 
fìsse,  a  guisa  di  castello.  V.  Baiy,  voce 
inglese,  che  è  pure  in  francese  fatta  bàli. 

In  cauda  venenum:  nella  coda  il  ve- 
leno, cioè  nelle  ultimo  parole  si  occulta 
la  puntura,  il  colpo.  Locuzione  latina, 
tolta  probabilmente  dalFoi)inìono  che  nella 
coda  di  al(!uni  animali,  s<!orpioni,  serpi,  etc, 
stessi»  la  violenza  del  veleno. 


Ino 


lacerti  del  mestiere:  locazione  antica 
a  cui  è  data  significazione  antifrastica, 
lepida  e  filosofica  per  accennare  alle  di- 
sgrazie ed  ai  pericoli  cui  si  va  incontro 
nell'adempimento  del  proprio  ufficio  o  do- 
vere. Ebbe  molta  divulgazione  perchè  fu 
usata  dal  povero  re  Umberto  quando  subi 
r  attentato  dell' Acciarito,  significando  la 
regalità  non  come  ufficio  divino,  ma  pa- 
reggiandola agii  altri  impieghi.  Dicesi  an- 
che incerto  professionale.  In  un  recente 
processo  per  diffamazione  tenuto  a  Roma, 
essondo  gli  avvocati  venuti  a  guerra  di 
calamai,  uno  degli  avvocati  ne  ebbe  rotto 
un  dente  e,  ribattute  le  ingiurie,  concluse 
testualmente  :  «  Io  non  presenterò  querela, 
considererò  l'incidente  come  incerto  pro- 
fessionale e  andrò  dal  dentista  a  farmi 
riparare  il  dente  ». 

In  ciiiesa  coi  santi,  etc:  locuzione  e 
sentenza  popolare  di  grande  saviezza  che 
vuole  che  F  uomo  sappia  vivere  confor- 
mandosi alle  persone  con  cui  fortuna  o 
necessità  lo  accomuna:  sentenza  fissata 
da  Dante  nel  canto  XXII  dell' /?2/(snio.- 

Ma  nella  chiesa 
co'  santi  e  in  taverna  co'  ghiottoni. 

Inchiesta:  per  investigazione  (lat.  in- 
quisitio)  è  nota  voce  del  linguaggio  tec- 
nico amministrativo,  che  pure  essendo 
tolta  dal  fr.  enquete,  apparteneva  già  da 
antico  all'italiano  (cfr.  il  verbo  inchie- 
dere -----  fare  inquisizione)  :  caso  non  raro  di 
antiche  parole  che  casualmente  risorgono 
per  l'affinità  delle  due  lingue  neo-latine. 
V.  Ignoti  ladri. 

Incidente  :  secondo  i  puristi  anche  que- 
sta è  voce  tolta  dal  francese  per  significare 
cosa  0  fatto  o  avventura  che  accade  nel 
corso  di  un  negozio.  Similmente  ritienesi 
gallicismo  nel  senso  di  questione  acces- 
soria. Voce  di  Crusca  in  tale  senso. 

Incidit  in  Scyllam,  cupiens  vitare  Clia- 
rybdim  :  cade  in  Scilla  (scoglio  su  le  co- 
ste d' Italia)  volendo  sfuggire  Gariddi 
(vortice  anticamente  famoso  nello  stretto 
di  Messina).  Dicesi  di  chi  volendo  sfug- 
gire un  male,  cade  in  un  altro.  Il  motto 
è  di  un  poeta  neo-latino  del  sec.  XIV. 
Oualtier  de  Lille,  Alexandreis^  lib.  V, 
vs.  301  :  parafrasi  tuttavia  di  un  antico 
adagio  greco. 


Incipit  Vita  Nova:  comincia  la  vita 
nuova  :  così  con  solenne  ed  occulto  par- 
lare l'Alighieri  comincia  l'opera  sua  La 
Vita  Nova,  dove  per  queste  parole  si 
vuole  intendere  o  la  giovinezza  (che  tale 
è  il  senso  dato  dagli  antichi  nostri  a  miovo 
e  novello)  oppure  ima  nuova  vita  rige- 
nerata da  Amore.  Come  molti  versi  o  emi- 
stichi danteschi,  anche  questo  motto  di- 
ventò popolare  e  si  usa  per  significare 
una  vita  migliore,  un  mutamento  di  male 
in  bene  nelle  operazioni  e  nelle  finalità 
dell'esistenza. 

Incognito  :  parola  italiana  usata  frequente 
nella  diplomazia:  è  voce  internazionale. 
Dicesi  di  principi  o  sovrani  che  viaggiano 
e  dimorano  in  terra  straniera  e  non  vo- 
lendo essere  conosciuti  o  trattati  secondo 
il  loro  grado,  non  portano  segni  e  seguito 
conforme,  e  spesso  assumono  altro  nome. 
Questo  segreto  convenzionale  di  raro  è 
ignorato,  ma  lo  si  rispetta  nelle  apparenze. 
Pur  viaggiando  in  incognito  il  sovrano 
gode  del  diritto  di  extraterritorialità.  Se 
però  noi  demmo  questa  voce  alle  lingue 
straniere  (francese,  inglese,  tedesco),  que- 
ste ne  fecero  un  sostantivo  avverbiale. 
Incognito  spiace  ai  puristi,  che  consi- 
gliano, da  privato^  privatamente. 

Incollatura  :  (fr.  encolure)  nel  linguaggio 
delle  corse  vale  a  dire  la  differenza  di 
un  collo  fra  cavallo  e  cavallo.  Es.  il  tal 
cavallo  vinse  per  un'incollatura. 

Incolonnare  :  nel  linguaggio  militare  di- 
cesi di  milizie  che  dalla  disposizione  di 
linea  spiegata  passano  a  quella  di  co- 
lonna. 

Incoloro:  per  sema  colore  ricorda  ai 
puristi  la  voce  francese  incolore,  lat.  in- 
color, ed  è  usato  specie  dagli  scienziati 
per  determinare  le  qualità  dei  corpi,  in- 
sieme a  inodoro  fr.  inodore.,  lat.  inodo- 
rus  e  insaporo .1  la  quale  ultima  è  fog- 
giata per  analogia,  e  vale  insipido.  La 
Crusca  non  accoglie  la  nuova  parola. 

Incombente:  lo  registra  il  Tramater 
come  voce  dell'uso,  ma  con  valore  di  ag- 
gettivo per  soprastante.,  premente^  latino 
incumbens,  e  va  bene.  Voce  pedantesca, 
talora  usata  nel  linguaggio  burocratico  per 
significare  il  dovere  d'ufficio.  Es.  «Soltanto 
alle   due   dopo  mezzanotte   comparve  un 


-     289 


Ino 


deloguto  di  P.  S.  por  gi' incoili benti  di 
leggo  ».  Lo  accoglie  il  Molzi  in  tal  senso 
conio  forma  noologica,  Corto  è  assai  brutta. 

Incombenzare  :  voce  nuova  da  ineom- 
henxa,  non  solo  registrata  ma  «  il  popolo 
toscano  la  ripete  tutti  i  giorni  »  dice  il  Ri- 
gutini  difendendola.  Alla  sua  volta  il  Tom- 
maseo, registrando  il  verbo,  ìinnota  :  «  Il 
l»opolo  proprio  non  lo  dice:  ma  la  gente 
che  vuol  parer  saputa.  È  parola  pesante  ». 
La  Crusca  non  la  nota.  Mi  par  da  vero 
pesante,  anche  se  di  uso  toscano. 

Income-tax:  locuzione  inglese  che  si- 
unillca  tassa  sul  reddito^  cioè  un  tanto 
|)er  sterlina  su  le  rendite,  emolumenti, 
profitti,  etc,  però  quando  il  reddito  superi 
una  certa  somma.  Ineome-tax  è  anche  nei 
diz.  francesi. 

Incompatibilità  di  carattere:  più  spesso 
<he  di  uomini,  si  dice  di  uomo  e  donna, 
0  specialmente  quando  uomo  e  donna  sono 
avvinti  dal  vincolo  coniugale  :  sia  la  di- 
versa natura  maschile  e  femminile,  sia 
diversità  di  educazione,  abito  morale,  in- 
telligenza ;  sia  effetto  dell'essere  astretti 
alla  medesima  catena  per  tutta  la  vita 
che  rende  più  acerbi  gli  animi  ed  ulce- 
ranti le  piaghe,  il  vero  è  che  questa  in- 
compatibilità di  carattere,  questa  impos- 
sibilità del  convivere  insieme  realmente 
sussiste  e  spesso,  cosa  notevole,  in  uomo 
e  donna  che,  singolarmente  presi,  sono 
buoni  e  da  bene.  )  Incom'patibilità,  per 
ostacolo^  impedimento^  etc,  è  voce  ripresa 
dai  puristi. 

Incompetente:  V.  Incompetenza. 

Incompetenza:  giuridicamente  si  dicedi 
un  giudice  che  non  ha,  per  giurisdizione, 
<)  territorio,  o  valore  della  causa  potere  di 
riconoscere  una  contestazione.  Talora  dicesi 
incompetente  per  non  diro  incapace^  igno- 
rante. 

Incompreso  o  genio  incompreso:  più  che 
nel  senso  proprio,  cioè  di  intelligenza  no- 
bile ed  alta  la  quale  o  non  è  intesa  dal 
publico,  0  non  vi  trova  corrispondenza, 
0  per  sua  infelicità  o  difetto  non  sa  met- 
tere in  comunicazione  l'anima  sua  con 
r  anima  delle  moltitudini,  si  dice  por 
i scherno  di  chi  molto  presume^  di  se,  ma 
non  dà  saggio  del  suo  valore. 

In  confronto:  terni,  giuridico  =  contro. 


Inconoscibile  :  ciò  che  non  è  e  non  può 

essere  conosciuto  perchè  trascende  l'u- 
mana natura.  Yale  conK;  agnosticismo^ 
cioè  la  teoria  di  quei  filosofi  (Kant,  Spencoi-) 
i  quali  ammettono  osservi  al  di  là  del  fe- 
nomeno e  del  relativo,  un  assoluto  il  quale 
è  di  tal  natura  che  non  si  lascia  intaccare 
dal  sapere  e  dalla  logica  umana.  Vero  è 
che  per  il  positivista  questa  realtà  assoluta 
considerata  come  inconoscibile,  è  cosa  in- 
differente né  forma  parte  necessaria  del 
suo  sistema. 

Incontinenza  :  nel  linguaggio  medico  in- 
dica emissione  involontaria  di  materia  fe- 
cale 0  di  urina  :  dal  latino  in  negativo  e 
continère. 

In  corpore  vili  :  e  compiutamente  :  fa- 
ciamus  experimentum  in  anima  (o  cor- 
pore vili)^  facciamo  la  prova  in  corpo  o 
in  anima  di  uomo  vile,  cioè  che  niun 
conto  è  che  muoia.  Così  la  leggenda  fa 
parlare  i  modici  al  letto  di  M.  Antonio 
Mureto,  umanista  del  '500,  il  quale  fug- 
giasco e  male  in  arnese,  non  era  sospet- 
tato né  si  credea  che  potesse  intendere  il 
linguaggio  della  scienza.  A  cui  Mureto 
rispose:  «Chiami  tu  vile  l'anima  per  cui 
non  disdegnò  G.  Cristo  di  morire?»  Altri 
altramente  racconta.  Comunque,  il  motto 
oggi  si  ripete,  o  sul  serio  o  più  spesso 
per  facezia,  quando  si  accenna  a  cose  nuove 
di  cui  si  fa  esperimento. 

Incrociar  le  braccia:  locuzione  icastica, 
di  probabile  provenienza  francese  e  vale 
rÌTìianere  inerte^  non  operare:  locuzione 
che  ricorro  talora  parlando  di  scioperi  : 
indica  il  concorde  e  fermo  rifiuto  al  la- 
voro da  parte  della  mano  d'opera. 

Incrociatore:  nave  da  guerra,  parzial- 
mente difesa  da  corazza,  di  grande  velo- 
cità e  potenza,  atta  a  tener  dovunque 
lunga  crociera. 

Incroyable:  V.  Moscardino, 

Incubazione:  dal  latino  in  e  cubare, 
giacere.  Nel  linguaggio  medico  indica  il 
tempo  che  passa  tra  il  momento  del  con- 
tagio e  r  apparire  dei  ])rimi  sintomi  dì 
una  malattia. 

incubi  0  sùccubi:  dal  hit.  in,  sub  e 
cubare  zzz  dormire:  secondo  la  scienza  mu- 
gica e  le  credenze  po})olari  erano  ritenuti 
demoni,   maschi   i   primi,    lemmine   i  so- 


Ino 


240 


condi,  che  si  accompagnavano  nel  sonno 
voluttuosamente.  Oltre  a  questo  senso 
erotico  (e  il  vocabolo  è  comune  a'  vari 
linguaggi),  vuol  indicare  allucinazione  j 
terrifica  che  si  prova  nel  sonno.  I  fran- 
cesi dicono  in  questo  secondo  significato, 
Cauchmar . 

Incunàbolo:  nel  linguaggio  dei  librai  e 
dei  bibliofili  indica  un  libro  o  un  opuscolo 
edito  nei  primi  tempi  della  stampa,  quando 
l'arte  era  ancora  nella  cuna.  Tal  voce  è 
latina,  incunahula^  fasce  in  cui  si  avvol- 
gono i  bambini.  Vuoisi  avvertire  che  gli 
incunabuli  sono  le  stampe  impresse  con 
caratteri  mobili,  là  dove  quelle  impresse 
con  caratteri  fissi,  cioè  incisi  sopra  tavo- 
lette, sono  libri  0  fogli  silograflci. 

In  cymbalis:  locuzione  latina,  fatta  ita- 
liana in  :  in  cimberli^  coi  verbi  essere  o 
andare^  detto  di  chi  è  allegro  per  baldoria 
e  libazioni  :  letteralmente  essere  fra  suoni 
di  cÌ7nbali,  i strumento  usato  nelle  feste 
dette  Baccanali.  Nel  dialetto  milanese  è 
comune  questa  locuzione,  essere  in  cim- 
balis  0  in  cimbalis  bene  soìiantibus  per 
dire,  essere  ubbriaco. 

Inde  irae  et  lacrymae:  da  ciò  Vira  e  il 
pianto.^  leggesi  in  Giovenale,  bat.  I,  568. 

Indelicato  :  eufemismo  neologico  che 
spesso  vale  truffatore.^  ladro.  Es.  Una 
serva  indelicata.  L'eufemismo  è  in  grande 
onore  ai  nostri  dì,  onde  lavoratori  della 
mensa  son  detti  i  camerieri,  deplorati  i 
ladri  del  publico  denaro,  etc.  In  occasione 
di  un  famoso  delitto,  invece  che  dire  che 
il  Tal  dei  Tali  andava  dietro  alle  servotte, 
si  scovarono  persino  gli  amori  ancillari! 

Indennità  di  guerra:  è  il  pagamento  di 
una  determinata  somma  che  ne'  prelimi- 
nari delia  pace  il  vincitore  impone  al 
vinto  affinchè  siano  sospese  le  armi  e  reso 
in  tutto  0  in  parte  il  territorio  occupato. 
E  codesto  pagamento  richiedendo  assai 
tempo,  l'occupazione  militare  suole  pro- 
lungarsi per  modo  che  i  territori  occupati 
valgano  come  di  sicurtà  o  malleveria.  V. 
la  voce  seguente. 

Indennizzare  e  indennizzo:  per  risarcire 
rifare  i  danni  e  le  spese.,  ammenda.,  etc. 
ricorda  ai  puristi  le  voci  francesi  indem- 
niser  e  indemnité.  Ma  è  tanto  tempo  che 
vivono  in  Italia  che  oramai  si  sono  accli- 


mato   in    tutti    i   dizionari,   comprosa    la 
Crusca. 

In  derno:  term.  mar.,  dicesi  della  ban- 
diera nazionale,  annodata  in  mezzo,  che 
lascia  uno  svolazzo  di  coda.  Si  alza  come 
segnale  di  pericolo. 

Indice  cefalico:  i  medici,  gli  antropo- 
logi, i  filosofi  distinguono  i  crani  umani 
in  due  specie  principali,  quelli  allungati 
(dolicocefali)  e  quelli  tondi  (brachicefali), 
senza  tener  conto  delle  divisioni  inter- 
medie. Ora  il  più  sicuro  criterio  per 
determinare  il  tipo  cranico, è  dato  dal- 
l' indice  cefalico  (o  cranico  se  lo  si  ot- 
tiene su  lo  scheletro).  Esso  si  trova  cosi: 
si  misura  la  larghezza  trasversale  del  cra- 
nio, e  moltiplicatala  per  100,  la  si  divide 
per  la  misura  di  lunghezza  o  diametro 
antere-posteriore.  Il  numero  che  risulta 
da  questo  rapporto  è  1'  indice.  Quando 
l'indice  è  75  o  meno,  il  cranio  è  dolicoce- 
falo, quando  è  83  ed  oltre,  brachicefalo. 

Indice  (mettere  all')  :  i7idice  dei  libri 
proibiti  è  l'elenco  dei  libri  che  la  Chiesa 
Romana  proibisce  di  leggere  perchè  con- 
tenenti dottrine  erronee:  da  ciò  la  frase 
mettere  all'  indice  per  dire,  mettere  al 
bando.,  considerare  come  pessimo  e  ri- 
provevole. 

In  diebus  illis  :  lat.  in  quei  giorni.. 
una  voltai 

Indietro  di  scrittura  :  locuzione  dialet- 
tale lombarda  [indree  de  scrittura)  e  vale 
scarso  di  mente.,  poco  perspicace,  e  anche 
essere  allo  scuro  di  qualche  cosa. 

Indigete:  ìdiimì^mo.indìges-getisziz  na- 
tivo del  paese  :  attributo  di  Enea  e  degli 
Eneidi,  progenitori,  secondo  la  leggenda, 
dei  Romani,  e  furono  adorati  come  divi- 
nità: poi  indigete  valse  ad  indicare  il 
nume  tutelare  e  del  luogo. 

Ma  tu  placavi,  Indigete  comune, 
Italo  nume,  i  vincitori  e  i  vinti. 

Carducci,  Alle  fonti  del  Clitiimno. 

Indirizzo  :  per  recapito,  ricorda  ai  più 
severi  puristi  la  voce  francese  adresse. 
Ma  avvertesi  che  lo  stesso  Tommaseo  è 
incerto  se  si  debba  chiamare  francesismo 
«  giacché  il  suono  e  il  senso  sono  italiani  ». 
E  ritenuta  invece  meno  buona  questa  pa- 
rola —  né  r  accoglie  la  Crusca  —  con 
valore  di   domanda.,   dimostrazione,  pe- 


l.id 


—    241    — 


Ind 


iixione^  cho  si  rivolgo  da  molti  ad  un 
dato  personaggio  o  assemblea  :  infatti  è 
voce  del  linguaggio  parlamentare  e  poli- 
tico francese. 

Individualismo  :  oltre  che  eccessivo  o 
esclusivo  amore  di  sé  stesso,  significa 
quella  dottrina  sociale,  politica  e  filosofica 
insieme  la  quale  considera  1'  azione  del- 
l'individuo e  la  sua  iniziativa  necessaria 
alla  civiltà  ed  al  progresso  umano:  per- 
ciò non  solamente  non  deve  essere  impe- 
dito che  in  minima  parte,  ma  le  fun- 
zioni dell'Ente  sociale  (Stato)  devono  es- 
sere ridotte  alle  più  piccole  proporzioni 
appunto  per  non  inceppare  1'  opera  del- 
l'individuo. L'opposta  dottrina  è  il  Socia- 
lismo. Sono  i  due  termini  di  lotta  della 
civiltà  presente  ;  e  se  mai  la  verità  fu 
nel  mezzo,  questo  è  il  caso.  Indimdua- 
lismo  è  voce  internazionale,  ted.  Indivi- 
dualismus,  ingl.  indimdualism,  etc.  In- 
dividualista^ il  sostenitore  di  questo  con- 
cetto. 

Individualità:  riferito  a  persona,  è  brutta 
astrazione  di  conio  francese,  ove  pure  è 
neologismo  :  ripreso  dai  puristi  :  certo  to- 
glie freschezza  ed  uso  a  tanti  bei  modi 
nostrani  per  indicare  persona  che  eccelle 
sugli  altri.  Individualità  è  termine  filo- 
sofico che  significa  ciò  che  distingue  un 
individuo  sì  che  esso  abbia  un'esistenza 
sua  propria.  Il  Petrocchi  accoglie  senza 
chiosa  i  due  sensi. 

Individualizzare:  neologismo  tolto  dal 
IVanceso  individualiser  ;  rendere  indivi- 
duale, distinto  da  ogni  entità  simile  :  le 
voci  nostre  sono  specificare^  individuare^ 
(d'uso  letterario).  Questo  verbo  né  il 
Tommaseo  né  altri  registrano  :  è  ac- 
colto dalla  Crusca  con  esempio  del  Gio- 
berti. 

Indiziàrio:  dicesi  nel  linguaggio  forense 
come  attributo  di  processo  in  cui  man- 
cano dati  positivi  di  fatto  per  accertare 
la  prova,  ma  da  cui  risultano  presunzioni 
(indizi)  più  0  meno  sicure. 

Indocti  discant  et  ament  meminisse  pe- 
riti :  sentenza  cho  obb(i  gran  fortuna  o  vuol 
dire:  gli  ignoranti  imparino  e  i  dotti 
siano  invogliati  a  ricordarsi.  L'Hónault 
la  pose  come  e})igrafo  al  suo  Compendio 
cronologico   della    Storia  di  Francia   o 

A.  I'anzini.  Sìipplemcnto  ai  Diximinri  italiani. 


disse  averne  avuta  l' ispirazione  da  due 
versi  del  Pope  nel  Saggio  sopra  la  cri- 
tica (740,  741). 

Indomani  (F):  per  domani  o  dimani  è 
una  fra  le  molte  voci  onde  i  puristi  guer- 
reggiarono come  i  greci  per  le  armi  d'A- 
chille. Difeso  dal  Viani,  Gherardini,  Nan- 
nucci,  respinto  dal  Fanfani,  Rigutini,  etc, 
ha  però  trovato  rifugio  in  qualche  diz. 
recente,  non  però  nella  Crusca  :  però  non 
molto  nell'uso,  giacché  mi  pare  che  più 
frequente  si  dica  il  giorno  dopo  che  V  in- 
domani. Certo  é  francesismo  (lendemain)^ 
venutoci  nel  '700;  certo  ancora  non  sarai 
tu,  povero  indomani,  a  spiantar  la  lin- 
gua italiana! 

Indomenicato:  è  il  fr.  endimanché.,  ve- 
stito da  festa  o  della  domenica:  neol. 
assai  goffo,  a  cui  però  non  manca  qual- 
che buon  esempio  di  scrittore.  Più  fre- 
quente, forse,  endiìnanché. 

In  domo  Retri:  familiarmente  vale,  in 
prigione.  E  si  aggiunge  :  dove  son  le 
finestre  seriza  vetri.^  cioè  le  inferriate 
(dalla  prigionia  di  S.  Pietro). 

Indovinare:  per  trovare^  pensare^  ese- 
guire bene  con  gusto^  con  arte^  riuscire., 
ricorda  troppo  il  deviner  de'  francesi  e 
come  tale  è  da  molti  riprovato.  Però  è 
voce  usatissima.  Es.  U7i  abito ^  una  festa 
indovinata. 

In  dubiis  àbstine  :  motto  della  saggezza 
latina  :  ìiell' inceo^texza  sospendi  ogni  de- 
liberaxione^  astieniti  dal  fare. 

Induttanza:  termine  di  fisica.  Quando 
un.  circuito  percorso  da  corrente  elettrica 
variabile  (alternata  od  intermittente)  com- 
prende delle  spiro  avvolte  su  di  un  nucleo 
di  materiale  magnetico  (ferro  o  ghisa),  la 
resistenza  cho  detto  circuito  oppone  al 
passaggio  della  corrente  è  maggiore  di 
quella  che  opporrebbe  se  non  esistesse  il 
nucleo  —  e  so  il  circuito  anziché  avvolto 
a  spira  fosse  a  filo  diritto.  In  tal  caso  la 
resistenza  prende  il  nomo  di  induttanza 
0  impedenza  o  resistenza  apparente. 

Induzione  :  termino  di  fìsica.  Induzione 
magnetica:  l'aziono  per  la  quale  un  pozzo 
di  forre  si  magnetizza  quando  é  posto  in 
un  campo  magnetico.  |  Induzione  elet- 
trostatica: il  presentarsi  delle  duo  cari- 
(iho   elettriche    opposto    in   un  conduttore 


Ine 


242 


Ini' 


per  la  presenza  di  un  altro  corpo  elettriz- 
zato che  si  trovi  elettricamente  isolato 
dal  primo.  Induzione  elettro-magnetica: 
il  suscitarsi  di  una  corrente  elettrica  in 
un  conduttore  quando  varii,  in  qualun- 
que modo,  il  campo  magnetico  in  cui  esso 
si  trova,  sia  il  campo  dovuto  a  calamite 
0  a  correnti.  |  Induzione  elettro-dinamica  : 
si  chiama  più  propriamente  così  la  sud- 
detta induzione,  quando  essa  è  dovuta  al 
moto  di  conduttori  percorsi  da  corrente, 
0  al  variare  dell'  intensità  di  questa. 

Ineffabile  :  vuol  dire  latinamente  indi- 
cibile, da  in  negativo  ed  effabilis  =  di- 
cibile :  quindi  gioia  o  dolore  ineffabile. 
Spesso  però  questa  parola  è  usata  lepida- 
mente per  significare  persona  che  per  le 
sue  non  coramendevoli  qualità  e  opera- 
5;ioni  non  è  degna  di  essere  nominata. 

In  erba:  propriamente  dicesi  del  grano 
0  dei  cereali  che  non  sono  ancora  maturi, 
ma  soltanto  in  erba,  senza  spiga  o  frutto, 
onde  le  locuzioni  vendere  o  comperare  in 
erba  per  dire  vendere  o  comperare  il  rac- 
oolto  sul  campo  prima  che  sia  maturo. 
Per  traslato  familiare,  spesso  faceto,  di- 
cesi di  persona  inesperta,  non  giunta  a 
compiutezza  dell'ufficio  a  cui  aspira  o  a 
cui  pretende  :  dottore  in  erba.,  giornalista 
in  erba. 

In  esito:  Y.  Esito. 

In  extenso  :  lat.  per  esteso. 

In  extremis:  V.  Extremis.  ì^el linguag- 
gio politico  dicesi  U7ia  nomiìia  o  promo- 
zione in  extremis  di  quelle  che  sogliono 
fare  abusivamente  i  ministri  o  altre  au- 
torità negli  ultimi  giorni  della  loro  carica 
allo  scopo  di  favorire,  ricompensare,  etc. 

In  faccia  a  Dio:  nelle  locuzioni  fami- 
liari e  facete,  come  ad  es.  gran  bevitore 
in  faccia  a  Dio.,  gran  cacciatore.,  etc, 
ricorda  il  biblico  Come  Nemrod  cac- 
ciatore robusto  in  faccia  a  Dio.  {Ge- 
nesi., X). 

Infallantemente:  per  infallibilmente  ha 
esempi  del  Segneri,  del  Eedi,  del  Maga- 
lotti, del  Filicaia.  Infallanter .,  in  latino 
barbaro,  lo  usa  il  Machiavelli  {Leggi  e 
Gomm.  I,  436)  «  L'imperatore  voleva  pas- 
sare infallanter  e  presto  »  e  un'altra  volta 
usa  infallantemente  :  esempio  citato  dalla 
Crusca.    Perchè    dunque    il    Fanfani    ri- 


prende tale  voce?  Certo  è  che  ha  in  se 
alcun  vizio  di  suono. 

in  famiglia:  nella  locuzione:  «fare  una 
cosa  in  famiglia.,  »  la  detta  parola  passa 
ad  acquistare  talora  un  senso  non  lusin- 
ghiero e  non  bello:  dalla  idea,  cioè,  di 
intimità  e  di  segretezza,  come  avviene 
in  famiglia,  viene  a  significare  astuzia, 
frode,  ingiustizia  per  cui  un  dato  affare 
si  tratta  e  compie  segretamente  fra  i  coin- 
teressati e  loro  amici  con  danno  e  pre- 
giudizio degli  altri.  Dicesi  anche  taglie- 
rini in  famiglia.,  che  è  propriamente  la 
minestra  fatta  in  casa  con  la  sfoglia. 

Infanta  e  infante:  (dal  lat.  infans-àntis 
z=z  infante,  propriamente  i=  che  non  parla 
ancora)  in  ispagnuolo  sono  due  voci,  usate 
anche  presso  di  noi,  specie  nell'uso  de' 
giornali,  per  indicare  la  figlia  ed  il  figlio 
del  re. 

Infantare:  verbo  letterario  e  disusato 
zi:  generare.  Lo  adoperò  il  Carducci  in  un 
suo  nobile  scritto  Mosche  cocchiere  e  vi 
aggiunse  questa  parentesi  :  «  certi  france- 
sismi del  Trecento  mi  piacciono  ». 

Infarto:  in  fr.  infarctus,  dal  latino  Ì7i- 
farcire  =  riempire  :  nome  dato  ad  un  ter- 
ritorio vascolare  ove  cessa  la  circolazione 
quando  la  regione  così  colpita  dì  morte 
non  è  la  sede  di  fenomeni  di  putrefazione. 
Così  dicesi  perchè  al  livello  dell'infarto  i 
tessuti  sembrano  infiltrati  e  gonfi. 

Infedele:  chi  abusa  della  fede  in  lui 
riposta  0  per  frodare  e  portar  via  o  per 
altra  illecita  azione.  Un  cassiere  che  fugge 
con  il  portafoglio,  è  un  impiegato  infe- 
dele; una  domestica  che  saccheggia  la 
casa,  è  semplicemente  infedele.  Questo 
significato  eufemistico  è  appunto  in  fran- 
cese: commis.,  agent  infidèle;  gardien, 
domestique  infidèle,  etc.  Del  resto  la  ten- 
denza agli  eufemismi  è  così  grande  oggidì, 
come  altra  volta  fu  detto,  che  si  è  in- 
certi se  questo  nuovo  senso  sia  di  schietta 
provenienza  francese.  V.  Indelicato. 

Inferi:  lat.  gli  dei  del  mondo  sotter- 
raneo., contrapposto  a  superi  gli  dei  del 
cielo.  Andare  agli  Inferi  =  morire. 

Inferire:  par.  inferto:  latinismo  usato 
nel  linguaggio  dei  tribunali  invece  di  dare., 
vibrare.  Es.  inferire  una  coltellata.  Nel 
linguaggio  marinaresco   inferire  vale  al- 


inf 


243 


Ini 


lacciare  l'anteiinale  delle  vele  ai  pennoni, 
agli  alberi  o  allo  draglie,  ed  anche  intro- 
durre il  filo  di  un  paranco  nei  rispettivi 
bozzelli,  e  così  di  una  drizza,  di  un  braccio, 
di  un  lavoro  ecc. 

Infeudare:  nel  senso  figurato  di  ren- 
dersi signore  e  donno  delle  azioni  di  altri, 
dirigerle  a  suo  grado  per  proprio  vantag- 
gio, con  tirannia,  quasi,  di  antico  feuda- 
tario, è  un  traslato  della  lingua  francese. 
Spiace  ai  puristi  come  «  locuzione  da  gaz- 
zettieri», e  consigliano  sottomettere^  fare 
a  se  ligio^  devoto^  servo ^  etc.  E  sta  bene. 
Ma  nessuno  negherà  che  il  traslato  non 
sia  felice  ed  efficace,  e  tanto  dell'uso  che 
il  toglierlo  è  impossibile.  Sono  casi  di  na- 
turale evoluzione  del  linguaggio  e  sotto- 
missione di  una  favella  più  evoluta  ad 
un'  altra,  alla  quale  conviene  sottostaro. 

Infìbulazione  :  V.  Appendice. 

In  fieri:  lat.  nel  diventare^  e  dicesi  di 
cosa  che  non  è  ancora  nell'atto,  ma  solo 
nell'intenzione  di  chi  la  cosa  vuole. 

Infirmare:  Yale  confutare,  o-ibattcre^  ren- 
dere men  saldo  {ìn-firmus)  e  dicesi  rife- 
rendosi ad  argomenti,  prove,  ragiona- 
menti etc,  poi  annullare^  distruggere:  è 
neologismo  tolto  dal  fr.  inflrmer^  derivato 
a  sua  volta  dal  latino  infirmare.  Il  Ri- 
gatini difende  questo  neologismo.  Difen- 
derli 0  no,  molti  di  questi  neologismi, 
tolti  dal  francese,  valgono  ad  esprimere 
con  precisione  netta  una  data  idea  in  un 
particolare  linguaggio  e  in  ciò  sta  la  loro 
ragione  d'essere. 

Influenza:  è  creduto  comunemente  nome 
nuovo  (di  conio  fiorentino)  di  malattia 
nuova  ;  nome  che  ottenne  larga  citta- 
dinanza all'estero.  Vero  è  che  Influenza, 
in  tal  senso,  fu  usato  anche  nel  '700  e 
la  malattia  è  nuova  solo  perchè  oggi 
assai  diffusa  o  ben  nota  nella  sua  natura. 
Ebbe,  nel  passato,  molti  e  vari  nomi 
(V.   Grippe). 

Influenzare,  e  influenza,  influire  e  in- 
fluente: (dal  ìiiiìWQ  in-Jluo  -_-  s(;orro  dentro, 
insinuarsi,  fluire.  Fortuna  influens,  cioè 
propizia,  loggesi  in  Seneca)  sono  voci  che 
dal  senso  astrologico  antico  (crodevasi, 
come  è  noto,  all'  influsso  degli  astri  sui 
corpi  e  su  lo  azioni  terrestri)  passarono 
al  senso  nostro  e  comune  di  potere,  aver 


credito,  autorità,  conferire,  dominare  qìg. 
Certo  il  nuovo  senso  estensivo  provenne 
a  noi  dal  valore  che  diedero  i  francesi 
alle  voci  corrispondenti:  influencer,  in- 
flueneCj  influer,  influent.  Però  «  se  ora- 
mai non  si  può  più  dare  lo  sfratto  ad  in- 
fluire, influente  ed  influenza,  darei  però 
lo  sfratto  al  più  brutto  e  più  francese,  in- 
fluenzare •»  così  il  Rigutini.  In  nobile 
dettato  i  buoni  scrittori  preferiscono  dire 
influsso  in  vece  di  influenza. 

In  folio:  lat.,  usato  nel  linguaggio  dei 
librai  e  de'  tipografi,  vale  del  maggior 
formato,  senza  cioè  ripiegare  il  foglio. 

Infornata  :  propriamente  quel  tanto  di 
pane  che  può  in  una  volta  capire  il  forno. 
Per  traslato  dicesi  di  nomine  tutte  in  una 
volta  ad  un  dato  ufficio.  Es.  la  infor- 
nata à.QÌ  senatori.  Non  è  da  vero  voce 
lusinghiera,  ma  per  compenso  è  il  fran- 
cese familiare  fournée  in  tale  senso. 

Ingaggiare  ed  ingaggio:  in  luogo  di 
arrotare,  assoldare,  arrotamento  sono  gal- 
licismi entrati  nell'uso  anche  del  popolo 
e  registrati  nei  dizionari.  Anche  la  locu- 
zione ingaggiar  battaglia  per  appiccare, 
impegnare,  attaccare,  è  gallicismo,  ma  an- 
tico e  difeso  da  molti  e  autorevoli  esempi. 
Del  resto  si  noti  che  la  voce  nostra  gaggio 
è  uguale  per  etimologia  e  senso  al  gage 
francese,  ma  è  fuor  d'  uso,  e  significava 
pegno,  stipendio,  ricompensa. 

Ingavonarsi:  ter.  mar,,  l'abboccarsi  di 
una  nave  por  effetto  di  gran  vento  sino 
a  mettere  le  murate  (fianchi)  e  talora  i 
boccaporti  in  mare. 

Ingranaggio:  francesismo  (engrenage), 
entrato  nell'uso  e  registrato  ne'  dizionari. 
Vi  risponde  la  parola  dentatura  (cfr.  ruota 
dentata)  ma  chi  l'intenderebbe?  Dicesi 
ingranaggio  in  senso  traslato. 

In  herba:  V.  Jn  erba. 

In  hoc  signo  vinces:  in  questo  segno 
vincerai!  sogno  apparso  in  cielo  presso 
la  Croco  di  Cristo  a  Costantino  che  mo- 
veva in  oste  contro  Massenzio.  Così  la 
leggenda  cristiana.  Volgesi  il  motto  ad 
altri  sensi  e  segui.  .  . 

Initium  sapientlae timor  Domini  :?7prm- 
cipio  della  sapienza  è  il  timor  di  Dio 
{Ecclesiastico ,  VI,  16)  il  che  può  anche 
intendersi  come  presumere  umilmente  di 


Ini 


—     244     — 


Inq 


sé,  0  avrebbe  gran  senso,  anche  per  chi 
non  segue  il  vessillo  di  Cristo! 

Iniziativa:  voce  riprovata  dai  puristi 
come  quella  che  deriva  dal  francese  ini- 
iiative:=:iV  aito  di  colui  che  inizia,  pro- 
muove con  acuto  ardimento.  Ma  chi  po- 
trebbe fare  a  meno  di  questa  voce  così 
comoda  ed  efficace?  Chi  direbbe  uomo 
sen%a  intrapresa  invece  di  uomo  senza 
iniziativa?  Certo  è  però  che  lo  scrittore 
artista  sa  trovare  nel  libero  giro  della 
frase  italiana  l' espressione  conforme  al 
genio  della  favella  e  che  significa  la  stessa 
cosa;  e  così  pure  il  popolo. 

In  jure  utroque:  Y.  Boctor^  etc. 

In  massa:  Y.  Massa  in  fine. 

In  medio  stat  virtus:  la  virtù  sta  nel 
mezzo,  antica  sentenza  latina  :  vera  e 
falsa  secondo  che  essa  è  intesa,  giacché 
se  è  esatto  che  la  virtù  è  lungi  dalle  esa- 
gerazioni, più  spesso  avviene  ciò  che 
acutamente  notava  il  Manzoni  {Promessi 
Sposi ^  cap.  XXII)  a  proposito  dei  pre- 
cettori di  Federigo  Borromeo  :  «  o  fossero 
di  quei  prudenti  che  s'adombrano  delle 
virtù  come  de'  vizi,  predicano  sempre 
che  la  perfezione  sta  nel  mezzo,  e  .  il 
mezzo  lo  fissano  giusto  in  quel  punto 
dov'  essi  sono  arrivati,  e  ci  stanno  co- 
modi I  »  Cfr.  Juste  milieu,  Cfr.  il  verso 
d'Orazio  [Satire^  I,  2,  24): 

dutri  vitant  stalli  vitia,  in  contraria  currunt. 

Ineccepibile:  Y.  Eccepire. 

Innesco:  il  cannello  fulminante  che  in- 
tromettesi  nel  focone  dei  cannoni. 

Inno:  nel  linguaggio  musicale  indica 
una  composizione  generalmente  patriot- 
tica, per  canto  e  strumenti.  Celebre  fra 
tutti  gli  inni  è  la  Marsigliese  di  Rouget 
de  risle  (1792);  il  God  Save,  the  Queen 
di  Carey,  l' inno  spagnuolo  di  Huerta, 
detto  di  Riego.  Il  Garibaldino,  di  Mercan- 
tini  e  Olivieri,  il  Fratelli  d'Italia.,  di  Ma- 
meli e  Novaro,  sono  inni  a  tutti  noti. 
L'inno  è  anche  un  pezzo  a  strofe  nel  canto 
cattolico. 

Inoculazione  :  nellinguaggio  medico  vuol 
dire  introduzione  nell'organismo  attraverso 
lesione  della  pelle  di  sostanze  contenenti 
germi  di  una  malattia  (microbi  patogeni 
0  virus).   Dicesi   anche  inoculazione  in 


senso  morale  e  traslato.  Dal  lat.  in-occu- 
lare^  nasconder  dentro,  indi  innestare: 
cfr.  occulto. 

In  odio:  termine  rituale  giuridico,  spe- 
cialmente negli  atti  esecutivi  :  vale  contro. 

I  nodi  vengono  al  pettine:  bella  locu- 
zione nostra,  tolta  dal  linguaggio  dei  tes- 
sitori, manifestamente:  e  vuol  dire  che 
ad  un  certo. punto  gli  errori  o  le  colpe 
maturano,  non  passano  senza  effetto,  ma 
se  ne  coglie  necessariamente  l'amaro  frutto. 

Inodoro  :  Y.  Incoloro. 

Inoltrare  :  brutta  voce  burocratica  e 
assai  comune,  invece  di  trasmettere^  man- 
dare. Es.  inoltrare  un'istanza,  una  sup- 
plica, un  atto. 

In  ordine:  per  ciò  che  riguarda,  con- 
cerne., rispetto.,  conforme.,  etc.  :'  modo 
brutto  del  linguaggio  degli  uffici. 

In  partibus:  locuzione  elittica  a  cui  si 
sottintende  :  episcopus  in  partibus  infide- 
lium.,  vescovo  nelle  terre  degli  infedeli, 
cioè  vescovo  titolare,  la  cui  diocesi  non 
esiste. 

In  pectore:  latinismo  in  petto.,  cioè  nel 
segreto,  internamente  senza  proclamarlo, 
caro  al  proprio  cuore,  e  di  cesi  parlando 
di  nomine,  di  elezioni,  candidature  etc.  Es. 
candidato  in  pectore.,  etc.  La  locuzione  in 
petto  è  delle  poche  nostre  entrate  da  antico 
nella  lingua  francese. 

In  più  spirabii  aere:  verso  del  Man- 
zoni, Cinque  maggio.,  divenuto  popolare 
per  dire,  mezzo .^  ambiente.,  argomento 
migliore.,  più  lieto.,  quasi  dove  ci  si  re- 
spira meglio. 

In  prima  linea:  locuzione  familiare,  e 
di  cesi  di  cose  di  molta  importanza  o  che 
debbono  essere  fatte  prima  di  ogni  altra: 
locuzione  che  sembra  tolta  o  dal  linguag- 
gio militare  o  forse  anche  dal  modo  con 
cui  i  treni  entrano  in  istazione,  cioè  in 
prima,  in  seconda,  in  terza  linea  o  binario 
secondo  che  sono  diretti,  o  misti,  o  merci. 
Es.  la  tal  cosa  passa  o  va  in  seconda 
linea ^  in  prima  linea  etc. 

Inquadrarsi  :  dicesi  neol.  per  estensione 
in  senso  morale  di  cosa  che  dentro  altra 
cosa  armonicamente  conviene  e  s'adatta 
come  entro  quadro. 

Inqualificabile:  per  turpe.,  indegno^  abo- 
7ninevole,  spregevole  è  neologismo  usatis- 


Inq 


245     — 


IllS 


Simo,  tolto  dal  francese  inqualifèable  = 
qui  ne  petit  se  qualifier.  Se  prend  sur- 
toìit  en  mauvaise  parte.  Conduite  inqua- 
lifiable.  Eiprovasi  dai  puristi. 

Inquietante  :  «  il  male  assunse  delle 
proporzioni  inquietanti.  Ecco  un  dis- 
corso tutto  quanto  improntato  di  francese 
eppure  o  assumere  e  proporzione  e  in- 
quietante e  l'articolo  del  sono  parole  ita- 
liane, italianissime,  ma  la  forma  di  questo 
parlare  è  tutta  gallica»,  così  il  Rigutini, 
il  quale  a  confenna  riporta  questo  giudizio 
di  G.  B.  Niccolini  :  «  quando  leggo  certi 
scritti,  novantanove  su  cento  le  parole 
sono  italiane,  ma  tutto  il  discorso  è  alla 
francese.  E  questo  è  il  gallicismo  più  dan- 
noso alla  lingua  nostra».  Il  ragionamento 
è  calzante,  ma  la  realtà  è  piii  forte  ancora. 
E  che  vale  condannare  queste  forme,  sia 
pure  barbariche,  quando  sono  già  pene- 
trate e  l'organismo  della  lingua  non  ha 
forza  di  espellerle?  V.  la  Prefazione. 

Insalutato  hospìte  :  ablativo  assoluto  la- 
tino che  letteralmente  significa,  essendo 
l'ospite  non  salutato.  Ha  valore  di  inter- 
calare e  dicesi  di  chi  se  ne  va  senza  com- 
miato 0  senza  farsi  vedere. 

Insaporo:  V.  Incoloro. 

Insaputa:  nella  locuzione  aW  insaputa 
ricorda  ai  puristi  il  fr.  à  l'insu. 

in  se  ipsa  :  lat.,  in  sé,  nella  cosa  stessa. 

In  seno  a....  :  es.  Ì7i  seno  alla  com- 
missione invece  che  dire  semplicemente  : 
nella  commissione.  E  metafora  comune 
e  burocratica,  ma  tutt' altro  che  graziosa  ! 

Inserzione:  l'atto  dell'inserire  (lat.  in- 
sèrere  =  innestare)  detto  specialmente  nel 
linguaggio  giornalistico  di  scritti,  o  avvisi, 
0  comunicazioni  messo  nei- giornali. 

Insieme:  avvertono  i  puristi,  si  costrui- 
sce con  la  preposizione  con  e  non  con  a. 
Insieme.,  fatto  sostantivo,  per  la  somma., 
il  tutto  insieme^  a'  più  rigorosi  puristi 
ricorda  V ensemble  de'  francesi. 

Insignificante  :  come  attributo  di  cosa 
di  nessun  conto  o  valore,  ricorda  ai  pu- 
risti il  fr.  insigni flafit.  Ma  so  insignifi- 
eante  si  accetta  nel  senso  di  cosa  ohe  non 
dice  nulla  come  gesto,  volto,  atto,  perchè 
condaimare  un  lieve  e  naturale  traslato  V 
forse  perchè  osso  è  in  francese  V  Anche 
questa  teoria  dei  gallicismi  ognuno  vodo 


quanto  sia  pericolosa  ed  incerta.  Y.  la 
Prefazione. 

Insinuante:  V.  Insinuaxione. 

Insinuazione:  ffr.  insinuation)  da  sé 
non  vale  che  un  insinuare^  un  infondere; 
.perchè  significhi  un  insinuar  di  soppiatto 
nell'animo  degli  altri,  un'accusa  indiretta 
e  maligna  a  carico  di  taluno,  vuole  ap- 
punto l'aggiunto  di  maligna.  —  Tale  il 
troppo  sottile  ragionamento  dei  puristi 
nel  condannare  l'uso  assoluto  di  tale  vo- 
cabolo. Anche  insinuante  per  lusinghiero 
spiace  ai  puristi  perchè  di  uso  francese. 
Il  Rigutini  vorrebbe  un  insinuantesi  per 
maggior  proprietà,  ma  chi  l'userebbe? 

Insolazione  :  nome  dato  ad  un  complesso 
di  fenomeni,  talora  mortali,  cagionati  sia 
dalla  irradiazione  solare  (insolazione)  sia 
dall'eccessivo  calore:  manifestasi  con  una 
cefalalgia  intensa,  tendenza  al  sonno,  sosta 
delle  secrezioni,  vomito,  allucinazione,  de- 
lirio, perdita  della  coscienza. 

Insolvibile:  detto  di  debitore  che  non 
può  pagare,  e  insolvibilità  l'astratto,  sono 
due  parole  notate  dai  puristi  come  im- 
proprie e  fuori  di  ogni  buona  regola.  De- 
vesi  dire  insolvente  e  insolvenza.  Ma  il 
vero  è  che  la  regola  dell'uso  ha  stabilito 
diversamente. 

Insondabile:  brutta  versione  letterale 
del  francese  insondable:  qui  ne  petit  ètrc 
sonde.  Evidente  caso  di  oblio  della  parola 
nostra  inesplorabile  e,  nel  tempo  stesso, 
influsso  della  parola  fr.  sonde.  Però  mi 
pare  barbarismo  assai  raro. 

In  sottordine:  per  subordinatamente^ 
è  il  fr.  en  sous  ordre. 

Inspirarsi:  fr.  s'inspirer:  non  è  detto 
del  poeta  o  dell'artista  soltanto,  ma  anche 
del  sarto  e  della  saita  la  quale  reoasi  a 
Parigi  0  a  Londra  ad  inspirarsi  su  lo 
ultime  creazioni  della  moda.  L'uso  di  tale 
verbo  in  tale  senso  proviene  dalla  solita 
inclinazione  iperbolica  che  è  tendenza  na- 
turale nella  lingua  francese,  dove  l'italiano 
si  attiene  a  maggior  semplicità. 

Installarsi:  por  insediarsi.,  mettei'si, 
accomodarsi,  prender  posto.,  collocarsi, 
etc,  è  la  versione  assai  brutta  del  fran- 
cese installer.  Es.  io  mi  sono  installato 
nel  mio  appartamento.  I  pom])ieri  si  sono 
installati  nella  loro  casorm;i. 


Ins 


—     246 


Int 


Installazione:  «non  comune  per  inse- 
diamento». Così  il  Petrocchi.  Vero  è  che 
nel  senso  di  impianto  di  macchine  e  or- 
digni con  iscopo  industriale  o  scientifico, 
è  voce  non  rara:  dal  fr.  installation. 

Instauratio  faclenda  ab  imis  funda- 
mentis:  V.  Ah  imis. 

Instltuendo:  vale  da  instituirsi.,  che 
deve  essere  instituito  :  neologismo  formato 
a  modo  del  participio  latino  di  necessità 
con  il  suffisso  in  dus-da-dum^  il  quale 
significa  che  una  data  cosa  deve  essere 
fatta,  participio  che  manca  alla  nostra 
lingua  0  che  acquistò  semplice  valore  di 
aggettivo,  come  onorando.  Si  potrebbe 
tuttavia  notare  ai  dì  nostri  una  certa  ten- 
denza a  rinnovare  questo  comodo  parti- 
cipio. Vero  è  che  essendo  difforme  dal- 
l'uso, sa  di  greve  e  di  pedantesco. 

Insuccesso:  neologismo  molto  comodo 
ed  usato,  ed  indica  il  contrario  di  successo. 
Es.  la  commedia  di  ier  sera  fu  un  insuc- 
cesso. È  voce  di  provenienza  francese, 
insuccès^  contrario  a  succès.  I  puristi  lo 
condannano,  ma  l'uso  vi  appone  la  sua 
sanzione  sovrana. 

Insufficienza  valvolare:  nel  linguaggio 
medico  vuol  dire  difetto  delle  valvole  d'un 
orifizio  cardiaco,  che  ha  per  effetto  il  ri- 
flusso 0  rigurgito  d'una  parte  del  sangue 
nella  cavità  del  cuore  (insufficienza  mi- 
trale, aortica,  tricuspidale). 

Insurrezionale:  agg.  da  insurrezione^ 
spiace  ai  puristi  perchè  tolto  dal  francese 
insurrectionnel.  Ma  se  vi  sono  le  parole 
insorgere  e  Ì7isurr exione ^  non  si  com- 
prende perchè  debba  essere  condannato 
l'aggettivo  per  la  sola  ragione  che  è  della 
lingua  francese. 

Intangibile:  lett.  che  non  può  essere 
toccata^  attributo  neologico  di  Roma,  ca- 
pitale d'Italia;  evidente  e  troppo  spesso 
enfaticamente  ripetuta  allusione  all'antico 
potere  dei  Pontefici  che  non  sarà  mai 
restaurato  !  Fu  detto  in  un  reale  dispaccio 
di  risposta  alle  congratulazioni  del  muni- 
cipio di  Roma  :  «  intangibile  conquista  » 
(20  settembre,  1886,  XVI  anniversario 
della  storica  data  della  breccia  di  Porta 
Pia). 

Integrale  :  per  intero^  benché  sia  voce 
nostra  antica,  tuttavia  il   recente  uso   si 


può  supporre  derivato  dal  francese  inte- 
grai =  total.,  entier.  Es.  pane  integrale., 
in  cui  hanno  parte  tutti  gli  elementi  co- 
stitutivi del  grano. 

Integrazione:  voce  generale  del  lin- 
guaggio matematico  e  filosofico,  dal  latino 
integer=:mÌQYO.i  completo:  indica  quel  pro- 
cesso 0  atto  per  cui  le  parti  si  coordinano 
fra  loro  organandosi  in  un  tutto.  JJinte- 
graxione  della  materia  (cioè  il  concentrarsi, 
aggregarsi)  è  uno  dei  più  importanti  fat- 
tori di  quel  fenomeno  dell'essere  e  della 
vita  che  va  sotto  il  nome  di  Evoluzione 
(V.  Spencer,  Primi  prioicipi,  §  97). 

Intelletto  d'amore:  altro  emistichio  di 
Dante  divenuto  frase  fatta,  e  torto  in  altro 
senso.  In  Dante  : 

Donne  che  avete  intelletto  d'amore 

(Vita  Nova.,  canzone  I)  vuol  dire  che  in- 
tendete amore  per  effetto  della  vostra  gen- 
tile natura.  Neil'  uso  invece  si  intende 
come,  intelligenza  e  buon  volere.,  ed  ha 
fatto  nido  questa  abusatissima  locuzione 
specialmente  nel  gergo  pedagogico  :  Libro 
fatto  con  intelletto  d' amore.,  Maestro  che 
insegna  con  intelletto  d'  amore.,  etc.  È 
spesso  il  sommo  del  complimento  laudativo 
di  chi  non  sa  come  ben  lodare. 

Intellettuale:  parola  antica  a  cui  è  dato 
oggi  un  nuovo  senso,  questo  forse  di  pro- 
venienza francese,  intellectuel  =  colto:  in- 
dica cioè  coloro  che  socialmente  vanno 
distinti  per  uso  e  raffinatezza  di  coltura  e 
di  conoscenza:  non  si  esclude  talora  un 
lieve  senso  ironico  e  spregiativo,  quasi 
che  queste  facoltà  intellettuali  sviluppando 
oltremodo  il  senso  critico  e  cosciente, 
troppo  valgano  a  dividere  gli  uomini  eletti 
dalla  comunità  e  dall'  uguaglianza  a  cui 
tende  il  moto  sociale.  Così  intellettuali 
sono  chiamati  quei  socialisti  che  si  stac- 
cano per  alcuna  aristocrazia  di  ingegno 
e  di  studio  dal  semplicismo  delle  molti- 
tudini e  dalla  grossolanità  tribunizia  dei 
colleghi.  Molte  volte  però  V intellettuale  è 
un  semplice  ostentatore  di  virtù  intellet- 
tuali che  non  possiede  :  giuoco  antico  e 
che  sempre  riesce  bene.  Vecchia  storia: 
quanto  meno  l'uomo  ha  di  dentro,  tanto 
più  cerca  di  esporre  di  fuori.  Intellettuale 
suona  talora  press' a  poco  come  esteta,  su- 


Illt 


247 


Int 


peruomo,  individuo  cioè  che  conscio  del 
suo  ingegno  straordinario  si  permette  il 
lusso  di  una  morale  per  conto  suo,  diversa 
da  quella  dei  poveri  diavoli. 

Intelligenti  pauca:  locuzione  latina  a 
chi  può  intendere  (occorrono)  poche  parole. 
Spesso  dicosi  con  intenzione  di  minaccia 
0  di  avvertimento. 

Intendami  chi  può,  eh'  i  m'intend' io:  lo- 
cuzione comune.  Leggesi  nella  Canzone 
del  Petrarca  :  Mai  non  vo^  più  cantar 
cotti'  io  coleva,  e  nell'  Orlando  Furioso 
XLIII,  5. 

Intendente:  il  magistrato  che  soprain- 
tende  alla  amministrazione  delle  finanze 
in  una  provincia.  La  parola  ci  venne  con 
le  amministrazioni  piemontesi  imposte  con 
non  intendente  uguaglianza  a  tutte  le  re- 
gioni d'Italia,  ed  e  voce  in  tale  senso  fran- 
cese, intendente  dove,  secondo  i  puristi, 
avrebbesi  dovuto  dire  soprintendente^  giac- 
che non  si  dice  intendere  ma  soprinten- 
dere ad  una  cosa.  Vano  ragionamento  con- 
tro il  fatto  e  l'uso.  Intendente  e  Inten- 
denxa  sono  accolti  in  tal  senso  dalla  Crusca. 

Intendenza  V.  Intendente. 

Intensificare:  per  rendere  intenso^  raf- 
forzare è  neol.  tolto  dal  neol.  francese 
intensifier. 

In  tenui  labor,  at  tennis  non  gloria:  si 
cita  di  solito  il  primo  emistichio:  anche 
un  umile  lavoro  costa  fatica  (Verg.  Georg. 
IV,  6). 

Intenzionato:  che  ha  intenzione^  per  i 
puristi  è  il  fr.  intentionnè  :  onde  le  locu- 
zioni bene  o  male  intenzionato.  Voce  del- 
l'uso, specie  negli  uffici,  ma  non  elegante, 
sì  che  raro  si  incontra  nell'uso  letterario 
né  del  popolo.  È  accolta  dalla  Crusca. 

Interdicere  acqua  et  igni  :  locuzione  la- 
tina viva  sino  ai  dì  nostri,  che  letteral- 
mente vuol  dire  interdire  ad  alcuno  l'ac- 
qua e  il  fuoco^  cioè  esiliare.,  bandire.,  con- 
siderare come  fuori   del  consorzio  civile. 

Interessato:  chiamasi  volgarmente  colui 
che  hu  un  interesse  qualsiasi  in  un'  im- 
presa, compagnia,  fabbrica  o  spedizione, 
0  in  qualsivoglia  altro  affare,  a  meno  che 
non  si  tratti  di  società  per  azioni  nel  qual 
caso  chiamasi  ax^ionista. 

Interesse,  interessante,  interessare: 
sono   fuor    di    dubbio    voci    derivati^    da 


assai  tempo  dal  francese  intérèt,  intéres- 
sant^  intéresser ;  ma  sono  così  usate  e* 
pronte  che  è  vano  condannarle  non  che 
discuterle.  È,  del  resto,  il  solito  caso  di 
una  voce  unica  e  pronta  che  rende  non 
dirò  inutili,  ma  toglie  vita  e  moto  a  molti, 
belli  ed  espressivi  sinonimi  nostri  :  pia- 
cevole., commovente,  attraente.,  gentile., 
grazioso^  amabile.,  importante,  piacente^ 
melanconico.,  etc,  ed  a  gran  numero  di 
locuzioni .  Interessante  per  importante  pare 
al  Rigutini  voce  «  insopportabile  »  e  «  in- 
sopportabile eufemismo  ■»  in  istato  interes- 
sante., detto  di  donna  incinta. 

Interfecto:  latinismo  (interfecfus)  del 
gergo  forense  invece  di  ucciso. 

Interferenza  :  dal  lat.  inter  e  ferre  = 
portare,  e  non  da  ferire:  è  voce  del  lin- 
guaggio dei  fisici  (fr.  inter fér enee.,  ted.  in- 
terferenz.,  ingl.  interference)  per  indicare 
il  fenomeno  per  cui  due  onde  luminose 
0  sonore  etc.  possono  elidersi  a  vicenda: 
produrre  cioè  o  l'oscurità  o  il  silenzio. 
Il  vocabolo  è  usato  per  analogia  ad  in- 
dicare lo  scambievole  distruggersi  in  un 
processo  fisiologico  o  psicologico. 

Interferire:  il  prodursi  dell'  interfe- 
renza. 

interim:  avverbio  latino  che  significa 
frattanto.  Dicesi,  sostantivando,  interiyn 
r  incarico  provvisorio  di  reggere  alcuni 
uffici,  specialmente  trattandosi  di  alti  uf- 
fici politici.  Dall'  uso  francese  dato  ad 
interim. 

Interino  :  da  interim  (V.  questa  parola) 
si  sono  da  noi  foggiato  le  seguenti  voci 
interino  o  interinale,  interinato  e  inte- 
rinalmente.,  detto  di  chi  regge  provviso- 
riamente un  ufficio,  ma  più  speciale  è 
l'uso  trattandosi  di  nK^dici  che  reggono  una 
condotta  nell'assenza  del  titolare.  Voci 
riprese  dai  puristi;  accolte  dalla  Crusca. 

Internare  :  nel  senso  di  chiudere^  rin- 
serrare, come  ad  es.  internare  uno  in  un 
manicomio,  è  neologismo  formato  sull'uso 
del  verbo  fr.  interner  .=:  enfermei\ 

Internazionale  (diritto)  :  complesso  di 
consuetudini  comunomento  osservato  dai 
Governi  civili  noi  reciproci  rapporti,  sì 
dei  Governi  fra  di  loro  come  de'  loro  sud- 
diti. Tale  fu  presso  i  Koniani  il^^^s  fctìale 
che  stabiliva,   (ierto   nonno   da   osservarsi 


Illt 


248 


Int 


prima  di  dichiarare  la  guerra:  nella  età 
nostra  codesto  diritto  formò  materia  degli 
studi  del  celebre  statista  Grozio  o  Grotius 
(1583-1645). 

internazionale  e  internazionalismo:  ter- 
mine storico  dato  alle  associazioni  dei  la- 
voratori delle  varie  nazioni  con  intento 
socialista  rivoluzionario.  Inspiratore  ne  fu 
Carlo  Marx  (V.  Marxisti)  in  Londra  nel 
1864.  I  Inteimazionalisti  fu  il  nome  che 
da  prima  ebbero  presso  di  noi  i  socialisti:^ 
oggi  pili  non  si  usa  in  tale  senso.  |  Questa 
nuova  idea  dell'internazionale  o  socialismo 
che  doveva  in  cosi  breve  tempo  così  po- 
tentemente divulgarsi  sino  a  farsi  ricono- 
scere come  partito  giusto  e  legale,  si  dif- 
fuse in  Italia  proprio  ne]  tempo  in  cui  la 
pianta  della  nazionalità,  con  tanta  cura 
di  serra  coltivata,  pareva  metter  radice. 
Avvenne  alle  due  idee  ciò  che  avviene  in 
natura  di  due  piante  vicine  :  la  più  rigo- 
gliosa visse  a  scapito  della  più  gracile.  | 
Internazionale  si  dice  come  attributo  di 
scuola  in  cui  principale  insegnamento  è 
quello  delle  lingue   straniere. 

Inter  nos:  fra  noi^  senza  che  nessuno 
ci  senta,  in  confidenza^  a  quattr'occhi; 
latinismo  di  uso  popolare. 

Internunzio  :  si  designano  con  tale  nome 
i  ministri  del  Pontefice  di  seconda  classe 
che  lo  rappresentano  negli  altri  Stati  e 
tengono  le  veci  del  nunzio  (lat.  nuntius) 
0  ambasciatore. 

Interpellanza:  nel  linguaggio  parlamen- 
tare è  l'atto  con  cui  un  deputato  domanda 
ad  un  ministro,  rappresentante  il  potere 
esecutivo,  risposta  o  spiegazione  su  aifari 
che  dipendono  direttamente  dal  Governo. 
L'interpellanza  può  dar  luogo  a  gravi  que- 
stioni così  che  i  ministri  ne  sono  avver- 
titi e  d'accordo  è  stabilito  il  giorno  per 
isvolgere  dette  interpellanze,  affinchè  possa 
esser  data  giusta  risposta.  Per  l'etimologia 
della  voce  notiamo  che  inteoyellanza  ci 
provenne  dal  francese  interpellatiun^  dal 
latino  interpellare  =  incalzare  alcuno  con 
domande,  interrompere  alcuno  con  oppo- 
sizioni. E  se  gli  istituti  politici,  militari 
e  amministrativi  togliemmo  di  Francia, 
qual  meraviglia  che  ne  abbiamo  anche 
le  voci? 

Inter  pòoula  o  in  pooula:  locuzione  la- 


tina, letteralmente,  fra  i  bicchieri  cioè 
col  bicchiere  alla  mano. 

Interpungere:  neoL,  mettere  lo  interpun- 
zioni, 0  punteggiatura. 

Intertrigine:  dal  latino,  inter  e  tero  = 
sfrego,  consumo:  eritema  intertrigo  :  in- 
fiammazione delle  pieghe  della  pelle,  specie 
in  quelle  persone  grasse  che  molto  sudano 
e  sono  poco  pulite. 

Intervento:  il  fatto  per  cui  uno  Stato 
interviene  diplomaticamente  o  militar- 
mente nelle  faccende  interne  di  un  altro 
Stato.  Tale  diritto  di  intervenire  nelle  cose 
d'Italia  si  arrogò  l'Austria  nella  storia  del 
Eisorgimento  politico  della  Penisola. 

Interview  e  Interviewer:  voci  inglesi 
introdotte  nel  dizionario  francese.  Y.  In- 
tervista. 

Intervista  e  Intervistare:  sono  due  neo- 
logismi che  hanno  preso  così  profonda  ra- 
dice fra  noi. da  divenire  dell'uso  comune  e 
quasi  naturali  nel  linguaggio,  sì  che  spesso 
intervista  sostituisce  le  parole  nostre  con- 
ferenza., abboccamento,  colloquio  etc.  Sono 
due  parole  inglesi,  ma  di  origine  latina, 
accolte  in  francese  :  interview  e  intervie- 
wer.  Nel  senso  giornalistico  —  che  tale 
è  il  suo  primo  significato  —  V intervista 
è  la  forma  determinata  di  un  dato  col- 
loquio a  scopo  d'informazione  publica.  Fu 
una  trovata  recente  di  M.  Callough,  di- 
rettore del  Globe  democrat  di  Saint-Louis. 
Al  di  qua  e  al  di  là  dell'Atlartico,  l'in- 
tervista è  diventata  oramai  lo  strumento 
indispensabile  della  cronaca  quotidiana. 
Normalmente  e  onestamente  ecco  come  av- 
viene l'intervista  :  Il  giornalista  —  quantità 
in  se  trascurabile  —  in  nome  del  proprio 
giornale  e  dei  suoi  lettori  —  quantità  e 
potenza  rispettata  e  temuta  anche  dai  re 
di  corona  —  forza  più  o  meno  la  consegna 
in  casa  di  X***,  o  realmente  celebre,  o  che 
ha  il  suo  quarto  d'ora  di  celebrità,  certo 
tale  che  su  di  esso  è  fissa  T  attenzione  del 
publico.  Il  giornalista  lo  prega  di  cantare. 
L'individuo  X***,  anche  se  ha  deliberato 
di  tacere,  canta,  il  più  delle  volte  mosso 
da  quella  mirabile  forza  che  fece  aprire 
il  becco  al  corvo  che  teneva  il  formaggio. 

0  qui  tuarum,  corvè,  pennarum  est  nitor 
quantum  decoris  corpore  et  vultii  gens 
si  vocem  haberes,  nulla  prior  ales  foret. 


Int 


249     - 


Iiiv 


La  cantata  si  stampa  poi  anche  per  te- 
legrafo 0  por  telefono.  Il  publico,  sovrano 
che  inghiotte  tutto,  anche  i  serpenti  — 
compra,  legge,  crede.  Tale  costumanza 
giornalistica  è,  come  ho  detto,  di  origine 
straniera,  e  se  è  indizio  e  prova  del  pro- 
gresso nell'arte  del  fare  il  giornale,  non 
è  certamente  indizio  del  trionfo  della  mo- 
destia e  della  semplicità  :  le  quali,  a  onor 
del  vero,  furono  doti  di  cui  andarono  a- 
dorni  i  nostri  italiani,  veramente  celebri 
e  grandi.  Anche  per  questa  ragione  Vin- 
tervietv  non  potea  esser  d'origine  italiana. 
Ovvio  poi  è  r  intendere  come  col  mezzo 
dell'intervista  possa  farsi  apparire  celebre 
qualunque  imbecille.  Anche  in  questo  caso 
il  publico  sovrano  beve.  Graziadio  Ascoli, 
sommo  fra  i  filologi  viventi,  in  una  let- 
tera inserita  nella  prefazione  di  un  libro 
intitolato  Interviste^  nega  con  dotte  ragioni 
che  uno  scrittore  di  pura  lingua  possa 
usare  questa  parola.  Ecco  il  succo  del  suo 
ragionamento:  «L'Inghilterra  ebbe  anti- 
camente dalla  Francia  l' entrevue  (inter- 
vieiv)  nel  senso  generale  di  abboccamento 
(a  cui  r  America  inglese  diede  il  nuovo 
significato).  La  Francia  odierna,  alla  sua 
volta,  adottò  senza  difficoltà  questo  nuovo 
uso  di  un  vocabolo  che  era,  in  effetto, 
cosa  sua  propria.  Nel  vocabolario  italiano, 
all'incontro,  V intervista  sarebbe  una  crea- 
tura manifestamente  intrusa  e  priva  di 
ogni  legittima  progenie.  La  ragione  della 
barbarie  è  dunque  ben  chiara  » .  (C.  Pala- 
dini, Interviste^  Bemporad ,  Firenze  1903). 

Intimidire:  che  propriamente  significa 
rendere  timido^  ha  uno  speciale  senso  neo- 
logico di  minacciare  o,  con  arte  di  co- 
perta prepotenza,  impedire  la  giusta  azione 
altrui.  Derivato:  intimidaxione :  voci  che 
hanno  mal  senso  ;  comunissimo  nel  lin- 
guaggio dei  legali. 

Intimo  colloquio:  locuzione  cauta  ed 
arguta,  si)esso  usata  per  indicare  velata- 
mente ciò  che  none  propriamente  un  col- 
loquio. Es.  la  signora  venne  sorpresa  in 
intimo  colloquio  col  signor... 

Intradosso:  superficie  interna  di  una 
volta,  arco,  ponto,  etc.  La  parola  è  tecnica 
ma  la  provenienza  è  francese,  intrados, 
opposto  di  extrados.  La  voce  nostra  buona 
è  imbòtte. 


introitare:  neologismo  formato  da  in- 
tròito (lat.  intròitus  —--  ingresso)  nel  senso 
di  incassare^  riscuotere:  spiace  ai  puristi 
e  in  verità  è  voce  non  di.  bel  suono  e 
non  mi  pare  necessaria. 

Intus  et  in  cute:  lat.,  dentro  e  dentro 
la  pelle.,  locuzione  usata  col  verbo  cono- 
scere., esaminare,  per  significare  che  se 
ne  sa  o  se  ne  vuol  sapere  addentro  di  una 
persona.  Se  non  erro,  mi  pare  che  questo 
conoscere  accenni  piuttosto  a  qualità  meno 
buone  e  degno.  Cfr.  Persio,  Sat.  Ili,  30. 

In  utroque  iure  :  cioè  nel  diritto  co- 
mune e  nel  diritto  canonico  od  ecclesia- 
stico. Formula  giuridica  oggi  disusata. 

Tibi  quoque  libi  quoque 
è  concessa  facoltà 
di  potere  in  iure  utroque 
gingillar  l'umanità. 

Giusti  {Gingillino). 

Invasatura:  term.  mar.,  quella  specie 
di  grossa  slitta  su  cui  si  appoggia  e  con 
cui  si  vara  la  nave.  Y.    Vasi. 

In  verità  vi  dico,  etc:  dicesi  quando  si 
voglia  affermare  con  solennità  cosa  di  cui 
grande  è  il  convincimento  e  il  bisogno  di 
convincere  altrui.  E  la  formula  di  Cristo 
negli  Evangeli  :  J.me7z  dico  vobis.,  etc. 

Inverso:  termine  dialettale  lombardo 
(invers)  e  vale  torbido.,  paturnioso.,  di 
mal  umore^  con  la  luna. 

Investitura:  voce  milanese  usata  invece 
di  contratto  di  locazione  o  d'  affitto,  o 
scritta. 

In  vino  vèritas:lat.  la  verità  si  trova 
ìlei  vino:,  cioè  chi  ha  bevuto  spesso  è 
costretto  a  manifestare  ciò  che  vuole  tenere 
occulto.  Sentenza  antichissima  e  volgare, 
ricordata  da  molti  autori  fra  i  quali  Teo- 
crito, che  tolse  da  Alceo  :  Oìvog,  co  (piXe 
nal,  Àéyerai  )^ai  àÀàòea  (  Tdilli,  XXIX,  1), 
e  Plinio  {Hist.  nat.  XIV,  28).  E  dai  Te- 
deschi fu  dotto:  Si  latet  in  vino  veri- 
tas^  ut  proverbia  dicunt,  invenit  venim 
Tento.,  vel  inveniet  (Sincorus  Junior,  Me- 
dulia  facetiarum^  Stuttgart  18(53,  pa- 
gina 267). 

In  vista  :  dioesi  che  una  persona  ò  in 
vista  (juaiido  il  suo  nomo  corro  vivo  e 
noto  per  ora  gentimu  :  so  a  questa  rino- 
manza non  corrispondo  il  reale  valore  ciò 
modiooremonto  im])orta:  basta  che  il  va- 


Inv 


250     — 


Ipe 


lore  attribuito  dall'opinione  publica  possa 
mutarsi  in  valore  commerciale. 

Invita  Minerva:  dal  noto  verso  d'Orazio 
ncìV  Arte  Poetica:  v.  385  :  Tu  nihil  in- 
vita dices  faeiesve  Minerva  :  a  dispetto 
di  Minerva^  cioè  senza  la  buona  indole, 
senza  le  doti  natwali^  non  riuscirai  a 
nulla:  Minerva,  figlia  di  Giove,  dea  della 
intelligenza  e  dell'arte. 

Invitare:  ^ev  comandare  più  o  meno  gen- 
tilmente, è  neologismo  di  cui  forse  troppo 
si  usa,  e  specie  nel  gergo  scolastico.  Per- 
chè dire  :  si  invitano  gli  scolari  alla  la- 
vagna, quando  possiamo  piii  brevemente 
dire  :  si  fanno  venire;  la  invito  ad  uscire, 
quando  si  tratta  di  un  vero  ordine?  E  il 
verbo  esortare?  «E  infine,  poi  che  ami- 
cizia mi  protestate,  io  vi  esorto  ad  ab- 
bandonare il  presente  ufficio  di  carnefice, 
non  di  giudice».  P.  Colletta,  Storia  del 
Reame  di  Napoli,  libro  V.  Oggi  si  sa- 
rebbe scritto  da  scrittore  dozzinale,  vi  in- 
vito. 

Involuzione  :  dal  lat.  in  e  volvere.  vol- 
gere in  dietro,  quasi  opposto  a  volgere 
in  fuori^  quindi  muoversi  rinserrandosi^ 
chiudendosi:  questa  parola  è  stata  di  re- 
cente tolta  dal  linguaggio  dell'algebra  e 
trasportata  nel  linguaggio  filosofico  e  an- 
tropologico per  indicare  un  processo  na- 
turale, opposto  ad  evoluzione.,  cioè  pro- 
gredire, ma  non  integrandosi  e  miglio- 
rando, ma  decadendo  e  invecchiando. 
(Cfr.  Spencer,  Primi  Principi). 

Involuzione  senile:  locuz.  della  scienza 
medica  per  indicare  quel  complesso  di 
modificazioni  regressive  che  subisce  l'or- 
ganismo per  effetto  della  vecchiezza. 

lolla:  Y.  Jolla. 

Ioni  :  termine  di  fisica.  Sono  i  gruppi 
atomici  carichi  di  elettricità  in  cui  si  scom- 
pongono le  molecole  dei  liquidi  sottoposti 
all'azione  elettrolitica  della  corrente  elet- 
trica continua  fatta  passare  attraverso  ad 
essi.  Ed  in  particolare,  gli  ioni  che  sotto 
detta  azione  si  sviluppano  al  polo  positivo 
(anodo)  diconsi  anioni  e  quelli  che  si 
svolgono  al  negativo  (catodo)  diconsi  cat- 
ioni. Nome  dato  dal  Faraday  ;  dal  gr.  lòv., 
part.  di  levai  ==  andare  :  àvà  =  in  su, 
uarà  =:  in  giù.  Si  hanno  anche  ioni  com- 
posti, cioè  formati  da  più  elementi,  p.  es. 


i  prodotti  della  dissociazione  elettrolitica 
dell'acido  solforico  (H,  SO^)  sono  costituiti 
da  duo  cationi  di  idrogeno  (H,)  che  vanno 
al  catodo  e  da  un  anione  (bivalente)  SO^, 
che  si  porta  all'anodo.  La  carica  elettro- 
negativa dell'anione  SO^  corrisponde  al 
doppio  della  carica  positiva  di  1  catione 
d'idrogeno.  Ogni  ione  monovalente  ha  una 
carica  elettrica  di  96540  coulomb.  Un  ione 
monovalente,  dunque,  è  la  quantità  di 
una  sostanza  qualsiasi  che  ha  una  carica 
elettrica  (negativa  o  positiva,  ma  libera, 
cioè  non  neutralizzata  dalla  carica  opposta) 
di  96540  coulomb.  Gli  ioni  a  più  valenze 
hanno  cariche  multiple  degli  ioni  mono- 
valenti. Questa  quantità  costante  di  energia 
elettrica  costituita  a  sua  volta  da  elettroni 
(cioè  dalle  quantità  elementari  di  energia 
elettrica  di  una  specie  di  atomi  elettrici 
liberi  e  indivisibili)  è  quella  che  accom- 
pagna la  materia  neutra  e  la  ti-asporta  al 
polo  positivo  0  negativo  a  seconda  che 
forma  l'anione  o  il  catione.  In  un  liquido 
0  in  una  soluzione,  la  corrente  elettrica 
non  passa  attraverso  se  non  vi  è  una  dis- 
sociazione, anche  minima,  delle  molecole 
nei  corrispondenti  ioni.  Questi  sono  i  vei- 
coli pel  passaggio  della  corrente  attraverso 
ad  un  liquido  (Molinari). 

lo  triumphe  :  esclamazione  di  gioia  e 
di  evviva  dei  soldati  romani,  accompa- 
gnanti il  carro  del  capitano  cui  era  dal 
senato  decretato  il  trionfo.  Cfr.  Orazio, 
carm.  4,  2,  49  ;  epod.  9,  21  e  23. 

Iper:  suffisso  usato  nel  linguaggio  scien- 
tifico e  in  ispecie  in  quello  dei  medici, 
e  serve  a  formare  un  numero  grande  di 
parole  in  cui  si  voglia  indicare  eccesso^ 
quantità  fuor  del  normale  etc.  (greca 
vjzéq).  Es.  iperacusia.,  eccesso  anormale 
della  facoltà  uditrice  per  cui  il  suono  dà. 
sensazione  dolorosa  ovvero  anche  essendo 
minimo,  è  avvertito  lo  stesso  ;  iperemia., 
eccesso  di  flusso  sanguigno  in  un  organo 
0  in  parte  di  esso;  iperestesia,  eccesso 
ed  esagerazione  dei  diversi  modi  onde  si 
manifesta  la  sensibilità;  ipertrofia,  ec- 
cesso anormale  di  nutrizione  di  un  or- 
gano etc.  ipercritico,  che  nello  studio  cri- 
tico degli  autori  vuol  di  troppo  approfon- 
dire l'esame  così  che  spesso  fa  dire  agii 
autori  cose  che  mai  non  si  pensarono  di  dire. 


Ipo 


251 


Ili- 


Iperacusia:  V.  lyer. 

Ipercritico:  V.  Iper. 

Iperemia:  V.  Iper. 

Iperestesia:  V.  Iper. 

I  placidi  tramonti  :  intendesi  della  Mo- 
narchia.^ cioè  il  finire  del  reggimento  mo- 
narchico nella  terza  Italia,  non  per  rivo- 
luzione, ma  per  forza  naturale  di  evo- 
luzione storica  e  politica.  Frase  e  concetto 
di  Alberto  Mario,  republicano  federalista. 

Ipnotismo:  (fjTrvo^  =  sonno),  stato  psi- 
chico particolare,  suscettibile  di  essere 
prodotto;  il  quale  mette  in  attività  ov- 
vero esalta  a  diversi  gradi  la  facoltà  della 
suggestione,  cioè  l'attitudine  ad  essere 
dominato  da  un'idea  altrui  e  ad  eseguirla. 

Ipodermico  :  gr.  vnò  =  sotto  e  òÉQjua 
=  cute.  Y.  Berma. 

Ipodermoclisi:  (gr.  vttó,  sotto,  k/.v^^co^ 
bagno,  lavo  e  òég/ua.,  pelle)  immissione 
sottocutanea  di  acqua  con  entro  sciolto 
del  sale  (cloruro  di  sodio)  :  uno  dei  più 
razionali  trovati  della  terapia  moderna, 
allo  scopo  di  supplire  alla  mancanza  di 
liquido  in  speciali  casi  di  grave  emor- 
ragia, uremia,  coma  diabetico. 

Ipparion  :  dal  gr.  r7r:7ro^  =  cavallo  :  ge- 
nere di  mammifero  fossile  progenitore  del 
cavallo  (epoca  terziaria). 

Ippocampo:  hippocampus  o  cavalluccio 
marino,  singolare  pesce  del  gruppo  dei 
lofobranchi.,  che  si  usa  disseccare  con- 
servando anche  in  tale  stato  per  la  du- 
rezza de'  suoi  tegumenti,  la  bizz-an-a  forma 
di  una  testa  di  cavallo  da  scacchi,  fina- 
mente lavorata.  Animaletti  dalla  vita  vi- 
vace e  gioconda,  specie  al  tempo  de'  loro 
amori.  Fornirono  all'  arte  il  motivo  del 
cavallo  marino  a  gran  coda  di  pesce. 

Ippogrifo:  da  tTurog.,  cavallo  e  yQvy>^ 
grifone.  Quadrupede  fantastico  biforme, 
metà  cavallo,  metà  grifone,  usato  talvolta 
negli  antichi  fregi.  Simbolo  di  Apollo. 
Nei  romanzi  cavalleroschi  è  il  cavallo  di 
alcuni  eroi.  V.  Ariosto,  Orlando  Furioso^ 
!V.   18. 

Ipse  dixit:  egli  cosi  disse.  V.  lurare 
in  verha  ìnagistri. 

Ipse  sua  melior  fama:  V.  Ich  Un  hes- 
ser  als  mein  lliif. 

Ipso  facto:  modo  avverbiale  latino, 
nello  stesso  fatto.,  subito. 


Iradè  :  voce  araba  che  significa  iwlerc. 
e  così  si  chiamano  i  decreti  od  ordini  del 
gran  Sultano. 

Ira  furor  brevis  est:  (Orazio  Epist.  I. 
2,  63)  ira  è  breve  furore  (Petrarca,  Son. 
CXCVI,  ed.  Mestica). 

Irascimini  et  nolite  peccare:  (Salmo, 
IV,  V.  4)  e  S.  Paolo  (lettera  agli  Efesini, 
Gap.  IV,  26)  riportando  il  motto,  v'  ag- 
giunge :  sol  non  òceidat  super  iracun- 
diam  vestram.,  così  il  senso  è  manifesto, 
cioè:  adiratevi.,  ma  non  al  punto  da 
commetter  peccato:  il  sole  non  tramonti 
su  la  vostra  ira.  Sia  dunque  ira  breve, 
non  tale  che  degeneri  in  odio.  Spesso  udii 
riportare  il  motto  nel  senso  di  invocazione 
di  quel  nobile  affetto  cho  è  lo  sdegno. 

Iridescente:  neologismo  tolto  dal  fran- 
cese iridescent.  In  buon  italiano,  iridato. 
Cosa  curiosa:  il  Petrocchi  registra  l'agg. 
iridescente  omettendo  iridato  con  valore 
di  aggettivo;  ma  solo  nota  iridare. 

Là  nella  stoppia  dove  singhiozzando 
va  la  tacchina  con  l'altrui  covata, 
là  dagli  stagni   lustieggianti,    quando 
lenta  vi  guazza  l'anitra  iridata 

Pascoli,  Romagna. 

Ironista:  da  qualche  tempo  appare  que- 
sta parola  che  è  manifesta  versione  let- 
terale della  voce  del  gergo  francese  iro- 
7iiste  =  gouailleur.,  moqueur.,  persifleur. 
railleur.  La  nostra  parola  ironico,  fatta 
sostantivo,  risponde  ^ÌVironiste  francese. 

Irredentismo:  nome  del  partito  politico 
che  tendeva  ad  annettere  alla  patria  Italia 
le  Provincie  nostre  non  riscattate  (non  re- 
dente) specie  intendendo  delle  terre  sog- 
gette all'Austria  (Tirolo,  Venezia  Giulia, 
ed  anche  la  Dalmazia).  Questo  partito  ebbe 
una  certa  vitalità  in  Italia  anni  addietro 
quando  era  più  vigilo  il  senso  nazionale 
per  opera  specialmente  e  fedo  di  M.  R.  Im- 
briani  e  di  altri  amatori  della  patria. 

Irreggimentare  :  neologismo,  che  lette- 
ralmente vorrebbe  dire  inscrivere  in  un 
reggimento.,  ed  è  usato  nel  senso  di  di- 
sciplinare in  compattezza  ubbidiente  forze 
sparso  0  disordinate:  usasi  talora  nel  senso 
di  imporre  un  comando  o  una  disciplina 
che  toglie  l'autonomia  e  la  libertà  i)or- 
sonnle. 

Irresponsabile:  per  estensione  del  noto 


Isa 


252 


Ist 


significato  {che  non  'può  essere  tenuto  res- 
ponsabile)^ vale  anche  i?icosciente.  Irres- 
ponsabile è  pure  attributo  del  potere 
regio,  giacché  secondo  la  costituzione,  res- 
ponsabili sono  i  ministri  del  re,  non  il 
re.  Ora  avviene  che  talora  si  dica,  potere 
irresponsabile,  fondendo  con  maligna  in- 
tenzione i  due  sensi. 

Isabella:  detto  di  un  noto  colore  giallo 
fulvo,  ma  chiaro,  specie  parlando  del  pe- 
lame 0  mantello  de'  cavalli.  Il  nome,  al- 
meno come  si  legge,  provenne  da  Isabella 
d'Austria,  figlia  di  Filippo  II,  re  di  Spagna 
e  sposa  ad  Alberto,  figlio  di  Massimiliano  II. 
Avendo  seguito  il  marito  nella  guerra 
contro  gli  Olandesi,  giurò  di  non  mutarsi 
di  biancheria  sino  alla  presa  di  Ostenda. 
Ma  questa  città  avendo  resistito  tre  anni, 
costrinse  la  regina  a  tenersi  indosso  per 
tanto  tempo  la  stessa  camicia:  la  quale, 
tolta,  die  nome  al  colore  che  aveva,  ri- 
cordando ai  posteri  la  pertinacia  muliebre 
e  la  sudiceria  insieme  di  questa  dama. 
Più  probabile  leggenda  è  che  si  tratta  di 
Isabella  di  Castiglia,  assediata  dai  Mori, 
la  quale  fece  cotal  voto  (e  fu  dalle  sue 
dame  imitata)  finche  non  fu  tolto  l' assedio  : 
questo  durò  nove  mesi  e  le  illustri  ma 
sudicie  camicie  vennero  appese  con  gran 
pompa  come  ex  voto  alla  vergine  !  I  dizio-  ■ 
nari  francesi  registrano  questo  vocabolo 
isabelle  e  probabilmente  noi  lo  togliemmo 
dal  francese. 

Isbà:  voce  russa,  capanna  coperta  di 
paglia,  casa  colonica. 

Is  feclt....:  locuzione  latina  comune, 
specie  nel  linguaggio  forense  quando  si 
ricerca  l'autore  di  un'azione  illecita  e  vie- 
tata, e  si  sottintende  cui  prodest  :  ne  fu 
autore  colui  al  quale  la  cosa  era  utile. 
Criterio  psicologicamente  acutissimo  se 
non  sempre  vero  nel  fatto:  leggesi  in  Se- 
neca, Medea^  V,  500. 

cui  prodest  scelus  is  fecit. 

Ismo  :  noto  suffisso  di  un  numero  gran- 
dissimo di  voci  astratte  in  cui  si  contiene 
di  solito  un  concetto  di  assoluto  e  di  ec- 
cesso. Buon  numero  di  questi  astratti  sono, 
come  è  di  volta  in  volta  notato,  di  pro- 
venienza inglese  o  francese,  né  tutti  mi 
paiono  necessari  :  e  per  qu.anto  la  tendenza 


ad  astrarre  sia  carattere  del  tempo  nostro, 
tuttavia  molte  astrazioni  sono  arbitrarie  o 
create  da  velleità  di  distinguere  secondo 
più  sottili  distinzioni  scientifiche.  Questo 
suffisso  in  ismo  è  specialmente  malvisto 
dai  puristi. 

Isobare  :  (gr.  loog  =  uguale  e  fiagóg  = 
grave)  voce  usata  dai  geografi,  ed  indica 
quelle  linee  le  quali  si  tracciano  su  le 
carte  e  congiungono  con  le  loro  curve  i 
paesi  nei  quali  la  media  barometrica,  ri- 
dotta al  livello  del  mare,  è  uguale. 

Isolatore  :  (elettricità)  sopporto  che  servo 
ad  isolare  elettricamente  dalla  terra  un 
conduttore.  Si  fanno  di  varie  sostanze, 
come  vetro,  porcellana,  osso,  guttaperca, 
ferro  smaltato. 

Isotermiche  o  isoterme:  (gr.  loog  — 
uguale  e  SeQ/Lióg  l—  calore)  linee  tracciate 
su  le  carte  geografiche  per  congiungerc  e 
segnare  i  paesi  in  cui  è  uguale  la  tempe- 
ratura media  annuale  pur  essendo  diversa 
la  latitudine.  Isochimène  (gì*,  ^^ijaóx  = 
inverno)  sono  le  linee  che  segnano  la 
uguale  temperatura  media  d'inverno  nelle 
varie  regioni  di  varia  latitudine. 

Israele  o  La  tribù  di  Israele  o  sempli- 
cemente la  tribù:  (da  Israele,  sopra  nome 
di  Giacobbe,  rimasto  ai  discendenti)  si 
dice  familiarmente  con  senso  di  spregio, 
alludendo  àgli  Ebrei,  alla  fratellanza  che 
li  lega,  alla  loro  preponderanza  economica. 

Issa!  comando  marinaresco  per  levare 
in  alto  la  bandiera  o  checchesia.  Oh,  issa! 
voce  di  eccitamento  reciproco  per  unire 
le  forze  di  molti  in  un  tempo  solo.  Suole 
pronunciarsi  in  cadenza  armonica,  a  bat- 
tuta musicale.  V.  Issare. 

Issare:  voce  comune  a  varie  favelle, 
in  spagnuolo  ix^ar^  in  fr.  hisser^  ed  è  a 
quanto  pare  di  origine  germanica,  hissen 
conforme,  secondo  il  Kluge,  all'alto  tedesco 
hetxen  =  cacciare,  spingere  :  è  parola  usata 
specialmente  nel  linguaggio  marinaresco 
per  indicare  il  levare,  inalberando  vele  e 
bandiere. 

Istantanea  :  agg.  diventato  sostantivo 
per  indicare  quella  fotografia  la  quale  è 
fatta  istantaneamente,  senza  posa,  di  cose 
e  persone  in  movimento.  Il  cogliere  istan- 
taneo è  uno  dei  diletti  signorili  del  tempo 
nostro  e  tutta  una    industria  si   è  creata 


I>r 


—     253     — 


Ito 


e  un  commercio  di  macchine  acconce  a  tale 
scopo.  Per  estensione,  dicesi  anche  di  cose 
scritte. 

Isterìa:  per  isterismo  è  voce  che  ta- 
luno usa  per  ignoranza  della  parola  no- 
stra e  ricordo  della  fr.  hystérie  o  dell' ingl. 
hysteria  o  del  ted.  hystérie.  y .  Isterismo. 

Isterismo  :  dal  gr.  voréga  =  utero,  ma- 
trice, cioè  letteralmente,  ultimo  organo. 
Con  questo  nome  è  chiamato  un  complesso 
di  sintomi  determinati  da  un'alterazione 
di  funzione  del  sistema  nervoso,  senza 
che  vi  corrispondano  manifeste  lesioni. 
Tali  sintomi  riguardano  tanto  gli  organi 
di  senso  che  di  moto  e  di  psiche  (anima) 
e  possono  consistere  tanto  in  un  eccesso 
come  in  un  difetto  di  funzione.  Con  ri- 
guardo alla  sensibilità  generale  e  ai  sensi 
specifici  si  può  avere  ipei'estesia  (aumento 
di  sensibilità)  e  anestesia  (perdita  di  sen- 
sibilità) :  riguardo  agli  organi  di  movi- 
mento, si  possono  avere  paresi,  contra- 
zioni, convulsioni.  Per  quanto  si  riferisce 
alla  psiche,  si  ha  instabilità  di  carattere, 
suggestionabilità,  simulazione,  ma  sopra 
tutto  mancanza  di  volontà.  Il  Charcot, 
famoso  medico  francese  delle  malattie  ner- 
vose (1825,  19)  ha  chiamato  grande  e 
piccolo  isterismo  —  secondo  1'  intensità 
dei  fenomeni  nervosi  —  un  certo  com- 
plesso di  sintomi  (sindrome)  isterici,  specie 
convulsivi,  che  si  presentano  transitoria- 
mente, ad  intervalli  di  tempo  non  sempre 
regolari.  L'isterismo  è  più  frequente  nelle 
donne  che  nell'uomo.  I  medici  possono 
negli  individui  isterici  rintracciare  costanti 
stigmate  che  sfuggono  ai  profani.  Col 
nome  di  isterismo  si  sogliono  chiamare 
volgarmente  quelle  disuguaglianze  di  umo- 
re, quelle  anomalie,  quei  pervertimenti 
talvolta  che  sono  frequenti  nelle  donne  e 
sembrano  inerenti  alla  loro  conformazione 
fisiologica.  Neil'  intuito  del  popolo  l'isteri- 
smo è  infatti  mal  di  donna,  mal  di  madre. 

Istero  -  epi iessia  :  nome  comunemente 
dato  dalla  scienza  medica  a  quei  casi  di 
isterismo  convulsivo  che  Charcot  definì 
grande  isterismo  [grande  hystérie)  ;  e  trae 
detto  nome  origine  dalla  difficoltà  di  dis- 
tinguere se  l'origine  dello  convulsioni  sia 
dovuta  all'isterismo  ovvero  all'epilessia. 

Isteron-pròteron  :  gr.  Dmegov  TrgóteQov 


cioè  prima  quel  che  è  dopo:  figura  reto- 
rica ohe  consiste  nel  mettere  prima  il 
concetto  che  nell'ordine  logico,  obbiettivo, 
cronologico  viene  dopo.  È  altresì  termine 
filosofico. 

Istologia  :  (gr.  lorós  —  tessuto  e  Xóyog  = 
discorso)  parte  dell'  anatomia  (anatomia 
microscopica)  che  studia  i  tessuti  onde  sono 
informati  gli  esseri  viventi.  Der.,  istòlogo. 

Istruzione  publica:  ne  gettò  le  basi 
fondamentali  in  Italia  la  legge  del  1859, 
detta  legge  Gasati  dal  nome  del  ministro. 
Legge  piemontese  applicata  a  tutta  la  Pe- 
nisola !  La  istruzione  publica  in  Italia  si 
divide  in  tre  rami,  al  primo  de'  quali  ap- 
partiene l'istruzione  superiore  od  univer- 
sitaria; al  secondo  l'istruzione  secondaria 
classica,  tecnica  e  normale  o  più  italia- 
ng,mente,  magistrale  ;  al  terzo  la  primaria, 
0  più  italianamente  elementare. 

Italianissimo  :  superlativo,  oggi  fuor 
d'uso,  e  che  valse  ad  indicare  i  fautori  del- 
l'italianità negli  anni  del  Eisorgimento  po- 
litico nostro,  quando  la  causa  del  diritto 
italico  aveva  consenso  di  affetto  e  di  aspi- 
razione anche  fuori  della  Penisola.  Anche 
il  vestire  esteriore  rendeva  segno  di  questi 
nobili  affetti.  Quale  cangiamento  oggi  in 
così  breve  tempo  !  «  Oggi  noi  siamo  troppo 
francesi,  troppo  inglesi,  troppo  tedeschi, 
troppo  americani  :  siamo  dottrinari,  posi- 
tivisti, evoluzionisti,  eclettici,  siamo  in- 
dividualisti, socialisti,  autoritari,  tutto 
fuor  che  italiani».  Cosi  il  Carducci  già 
dall'  '81  Per  Alberto  Mario;  e  dal  '81  ad 
oggi,  via,  abbiamo  progredito,  non  c'è  che 
dire  !  Ad  ogni  modo  V.  la  Prefazione  ove 
su  questa  materia  è  alcuna  chiosa  serena. 

Italianità:  astratto  di  italiano,  voce  neo- 
logica usata  per  indicare  il  sentimento 
nobilissimo  della  coscienza  nazionale,  ciò 
che  è  conforme  all'indole  italica:  così  di- 
cesi come  si  dice  grecità,  latinità^  etc. 
Es.  l'italianità  di  Trieste. 

Ite  :  suffisso  che  nel  linguaggio  medico 
designa  le  malattie  di  carattere  infiamma- 
torio. Es.  hroìichite.,  polmonite^  tonsillite. 

Ite  ad  vendentes  :  andate  dai  venditori. 
{Evangelo  di  S.   Matteo  XXV.  9). 

Item  :  avverbio  latino  (da  i-s  e  il  suffisso 
tem)  ugualmente,  medesimamente.,  od  era 
in  uso  nelle  enumerazioni  e  negli  olonchi. 


Iti- 


254 


Ivo 


I  tre  giorni  della  Merla:  V.  Merla. 

Itterizia:  {tureQos^  giallo)  sintomo  con- 
sistente in  una  colorazione  gialla  più  o 
meno  intensa  della  pelle  e  delle  mucose, 
dovuta  all'essersi  i  tessuti  impregnati  dai 
pigmenti  biliari,  normali  o  modificati  per 
malattia:  talora  l'itterizia  può  essere  cosa 
grave  perchè  indizio  di  malattie  del  fegato. 

lurare  in  verba  magistri  :  giurare  nelle 
parole  del  maestro  (Orazio,  Epist.  I,  1,14  ; 
Seneca,  Epist.  12.  9)  locuzione  che  ricorda 
Vlpse  dixit^  àvTÒ£  è<pa^  Magister  dixit^ 
degli  antichi  scolastici  i  quali  si  riferivano 
specialmente  all'autorità  indiscussa  di  Ari- 
stotele «  il  maestro  di  color  che  sanno  !  »  . 


Oh,  felici  intelligenze  di  un  tempo  che 
per  due  milioni  riposarono  sotto  la  guida 
di  Aristotele,  unico  e  immobile  !  Oggi  di- 
cesi jurare  in  verba  magistri  di  coloro 
che  affermano  non  per  propria  esperienza 
e  coscienza  ma  secondo  l'idea  dominante 
0  l'idea  altrui.  L'aristotelismo  è  spento, 
le  teorie  filosofiche  si  succedono,  ma  il 
iurare  in  verba  magistri  rimarrà  eterno 
come  l'umana  immutabile  natura. 

luta:  Y.  Juta. 

l 'vo  gridando:  pace,  pace,  pace:  così 
chiude  il  Petrarca  la  gran  canzone  oratoria 
e  profetica  Ai  Grandi  d'Italia.  Il  quale 
verso  diventò  motto  e  sentenza. 


Jabot:  parola  francese  di  dubbia  etimo- 
logia (secondo  il  Diez,  da  gibba  =  gobba) 
e  vuol  dire^o;^^o.  Questa  voce  è  frequente 
per  indicare  quel  rigonfiamento  formato 
dalle  lattughe  della  camicia,  oppure  da 
quella  pettorina  di  batista  o  di  seta  a  pizzi, 
ricami  e  sbuffi,  la  quale  è  di  uso  nelle 
vesti  muliebri  e  spesso  ha  la  missione  di 
adombrare  ciò  che  sotto  non  v'è. 

Jack  the  ripper:  voci  inglesi  che  signi- 
ficano Giovanni  lo  svenir atur e.  Questo 
nome  ricorse  ogni  tanto  nei  giornali  per 
indicare  uno  squartatore  di  femmine.  Il  più 
celebre  di  questi  sventratori  che  die  mo- 
tivo al  nome  fu  un  ignoto  assassino  il 
quale  in  Londra,  l'anno  1888,  nel  quar- 
tiere di  Whitechapel  fece  strage  di  alcune 
donne  di  mala  vita.  La  leggenda  e  il  ter- 
rore aumentarono  le  proporzioni  della  realtà; 
questo  nomignolo  diventò  comune  e  fu 
talora  volto  in  senso  faceto.  Né  è  mera- 
viglia che  il  fatto  si  ripeta  giacche  trattasi 
di  un  caso  patologico  di  perversione  ses- 
suale 0  sadismo,  come  altri  dice,  congiunto 
ad  istinti  sanguinari  e  feroci. 

Jacta  àlea  est:  il  dado  è  gettato.  È  il 
motto  attribuito  a  C.  G.  Cesare  con  allu- 
sione all'incerto  giuoco  dei  dadi,  quando, 
contro  l'ordine  del  Sonato,  passò  a  capo 
del  suo  esercito  il  Rubicone,  confine  an- 
tico d'Italia.  Cfr.  Svetonio,  Cesare  32; 
Plutarco,  Vita  di  Cesare.  Ripotesi  il  motto 
por  indicare  risoluzione  presa  da  cui  più 
non  si  rocodo. 

Jacquerie  o  Jaquerie:  voce  storica,  od 
indica  una  sollevazione  di  contadini  av- 
venuta   in    Francia    {lle-de-France)    nel 


1358  contro  la  nobiltà.  Il  nome  deriva 
da  Jacques  bonhomme^  appellativo  di 
scherno,  dato  dai  nobili  d'allora  ai  vil- 
lani. Dicesi  oggi  di  ogni  sedizione  vio- 
lenta; e  in  questi  tempi  nostri  di  lotta 
degli  agricoltori  contro  il  diritto  dei  pro- 
prietari, la  parola  francese  non  è  rara 
anche  fra  noi. 

Jager:  ted.  cacciatore:  soldato  di  spe- 
ciale milizia. 

Jais  :  a  questa  parola  viva  francese  ri- 
sponde esattamente  un  vocabolo  presso 
che  spento,  cioè  giaietto  o  giavazxo^  dal 
greco  yayàtrjg^  specie  di  lignite  bitumi- 
nosa che,  mischiata  con  scaglie  di  ferro, 
dà  un  bel  nero  lucido  e  duro  di  cui  si 
fanno  monili  per  lutto  e  conterie  per  ador- 
nare gli  abiti  muliebri.  I  tedeschi  dicono 
Flitter. 

Jamais:  talora  o  per  facezia  o  per  en- 
fasi è  usata  questa  negazione  a  cui  la 
Francia  ci  abituò,  che  tra  gli  alili  jamais 
fu  celebre  quello  del  ministro  francese 
Eugenio  Rouher  in  un  suo  discorso  in  cui 
affermava  che  Jamais  la  Francia  avrebbe 
permesso  agli  Italiani  l'occupazione  di 
Roma  :  Jamms  la  France  ne  supporterà 
une  ielle  violence  faite  à  son  honneur^ 
fatte  à  la  catho licite.' 

Jam  proximus  ardet  Ucalegon: /^  casa 
di  Ucalcgonte  oramai  arde.,  così  Enea 
{Eneide.,  II,  311)  narrando  l'incendio  di 
Troia.  L'emistichio  latino  usasi  oggi  fi- 
guratamente per  indi(*aro  che  l'incendio, 
cioè  il  pericolo  o  il  danno,  tocca  persona  o 
cosa  vicina.  Non  di  rado  vi  si  annette 
senso  faceto. 


Jaq 


—     256     - 


Joc 


Jaquette:  diminutivo  dì  jaque  z=z  giac- 
chetta^ nota  specie  di  abito:  ma  il  lin- 
guaggio elegante  della  moda  muliebre  usa 
spesso  la  voce  francese.  Y.  Manteau. 

Jarda:  misura  inglese  yard  =  tre  piedi, 
cioè  m.  0,9144. 

Jarretière:  (dal  hretone  garr  =z gamba., 
francese  jarret  da  cui,  verosimilmente,  il 
nostro  garettó)  indica  quella  segreta  parte 
dell'abbigliamento  muliebre  comunemente 
chiamato  legaccio  e  dalle  signore  giaret- 
tiera  che  ferma  la  calza  alla  coscia.  Il  Ghe- 
rardini,  valendosi  di  un  esempio  di  V.  Bor- 
ghini,  consiglia  la  voce  garettiera  come 
corretta.  Ma  chi  l'userebbe'?  E  garetta  non 
è  poi  lo  jarret  francese  per  quanto  che 
ne  dica  il  Tommaseo? 

Jatte  :  etimologicamente  è  la  nostra  ga- 
vetta^ gabata  in  ispagnuolo.  Se  non  che 
gavetta  è  confinata  ad  un  significato  assai 
umile,  indica  cioè  la  ciotola  de'  soldati; 
invece  jatte  è  la  scodella,  elegante  di  fine 
metallo  o  di  porcellana,  tutta  d'un  pezzo 
e  senza  orlo  che  serve  a  riporre  galan- 
terie 0  per  sopramobile.  Fortuna  delle 
parole  ! 

J'attends  mon  astre:  motto  antico  della 
casa  sabauda  come  attesta  la  vecchia  grafìa 
j'atans  mon  astre.,  e  pare  fosse  di  Ame- 
deo VI,  il  Conte  Verde.  Carlo  Alberto  lo 
assunse  come  sua  divisa. 

Jean:  Giovanni,  e  se  si  vuole  un  di- 
minutivo, Gianni;  parola  che  ha  diploma 
di  nobiltà  anche  in  Dante  : 

Quel  folletto  è  Griaiini  Schicchi. 

Inf.  XXX,  32. 

Pur  tuttavia  anche  questo  nome,  secondo 
il  vezzo  aristocratico  di  modificare  in  in- 
glese 0  in  francese  i  nomi  propri  di  uo- 
mini e  donne,  è  diventato  Jean.  All'orec- 
chio dei  signori  le  parole  così  modificate 
acquistano  non  so  quale  leggerezza  e  spi- 
ritualità, al  mio  orecchio  suonano  cosa 
misera  e  deplorevole.  V.  più  ampiamente 
questa  questione  alla  parola  Marie. 

Jehova:  o  italianamente  Qeova.,  il  Dio 
del  popolo  Ebraico,  il  Dio  biblico. 

Je  prends  mon  bien  où  je  le  trouve: 
motto  del  Molière,  vulgato  fra  noi,  specie 
per  indicare  uno  scettico  e  mondano  ec- 
clettismo.  Cfr.  il  motto  del  diritto:  ubi 
rem  meam  inverno.,  ibi  vindico. 


Jeune  homme  :  nel  ceto  mondano  pare 
più  elegante  del  nostro  giovanotto.  Av- 
verto che  jeune  hornme  in  fr.  non  ha  plu- 
rale :  des  jeimies  gens. 

Jeunesse  dorée:  nota  locuzione  figurata 
francese  per  indicare  la  gioventù  ricca, 
gaudente  e  mondana.  Questa  locuzione  si 
formò  in  Parigi  verso  la  fine  del  1794  per 
indicare  i  giovani  ricchi,  sostenitori  della 
contro-rivoluzione  del  Termidoro. 

Jingoista:  dall'inglese  Jin' go.,  nome  re- 
cente, detto  di  coloro  che  in  Inghilterra 
(guerra  del  Transvaal)  e  negli  Stati  Uniti 
(guerra  di  Spagna)  erano  caldi  e  clamo- 
rosi fautori  della  politica  imperiale  e  di 
conquista.  Il  vocabolo  risale  al  tempo  della 
guerra  russo-turca  (1877-78)  in  cui  una 
fazione  del  partito  conservatore  sospin- 
geva fieramente  il  governo  sotto  Beacon- 
sfield  (Disraeli)  a  sostenere  i  Turchi.  De- 
rivato :  Jin'  go  —  ism.  La  parola  proviene 
da  Jin'  go.,  esclamazione  senza  preciso  si- 
gnificato. Come  avviene  di  simili  voci,  fu 
prima  detto  per  dispregio,  quindi  accolto 
da  coloro  cui  era  diretto  come  epiteto  ono- 
revole. Questo  vocabolo  presso  di  noi  vale 
in  tanto  in  quanto  i  giornali  lo  hanno  di- 
vulgato. 

Jockey:  italicamente /a^^i^mo. Come  gli  in- 
I  glesi  allevarono  con  selezione  cavalli  e  cani, 
I  così  formarono  il  Jockey.,  individuo  impor- 
;  tante  perchè  dopo  ili  trainer^  V  allenatore^ 
è  massimo  coefficente  di  vittoria  nelle  corse. 
Il  jockey  da  lungi  pare  un  ragazzo  ;  da 
presso  un  vecchio:  cade  sovente  da  ca- 
vallo, ma  difficilmente  si  stronca  il  collo 
giacché  l'esalazione  dei  liquori  di  cui  è 
spesso  imbevuto,  forma  cuscino.  Per  com- 
penso il  jockey  mangia  poco  al  fine  di  con- 
servare il  peso  minimo,  muore  presto  ed 
ha  l'onore  d'averla  licenza  professionale 
dal  Jockey  Club.,  circolo  nobilissimo.  Anche 
in  Italia  fu  nel  1881  istituito  un  Jockey 
Club  in  Roma.  Gli  antichi  vincitori  dei 
giuochi  olimpici  erano  cantati  da  Pindaro 
ed  avevano  l'onore  di  combattere  a  fianco 
dei  re.  Il  jockey  moderno  si  accontenta 
di  guadagnare  molto  danaro,  come  da 
esempio  tolto  da  un  giornale  :  «  /  gua- 
dagni del  faoitino  Bigby  :  A  proposito  del 
fantino  Rigby,  mi  sembrano  interessanti 
queste   notizie.  Rigby   due  anni  or  sono 


Job 


257 


Jus 


vinse  il  Grand  Prix  di  Parigi  e  l'anno 
scorso  arrivò  terzo  nel  Derby  inglese.  Egli 
non  sarebbe  venuto  a  Roma  pel  solo  scopo 
li  vincere  il  forte  premio  del  Derby,  poiché 
t'gliha  provvigioni  fisse  di  50,000  lire  per  la 
prima  monta  e  di  25,000  per  la  seconda, 
il  che  forma  un  fisso  di  75,000  annue. 
Rigby  (aggiunti  i  regali  per  le  corse  vinte) 
;::uadagna  annualmente  dalle  150,000  alle 
200,000  lire.  Egli  arrivò  ieri  l'altro  a  Roma 
col  treno  di  lusso  da  Parigi,  e  ripartì  ieri 
sera  stessa  per  montare  nuovamente  do- 
mani a  Parigi.  Egli  venendo  a  Roma  non 
ha  voluto  altro  che  aggiungere  alla  lunga 
sua  lista  di  trionfi  anche  quello  del  Derby 
reale  di  Roma  ».  Segni  dei  tempi!  (Jockey 
è  pure  in  francese,  ed  è  diminutivo  di  Jaek^ 
nome  proprio  inglese  ::=  Giovanni). 

Johannisberg:  nomo  del  più  famoso  fra 
i  vini  renani,  cosi  chiamato  dal  villaggio 
omonimo  nell'antico  ducato  di  Nassau. 
Quei  preziosi  vitigni  appartennero  prima 
al  vescovo  di  Fulda,  alla  cui  smemora- 
tezza  nel  dar  l'ordine  della  vendemmia  si 
attribuisce  che  meglio  maturarono  le  uve 
onde  la  scoperta  dell'eccellenza  del  vino  ; 
poi  al  principe  d' Grange,  al  maresciallo 
Kellermann,  al  principe  di  Metternich  che 
vi  aggiunse  nuova  celebrità.  Questo  la- 
sciar le  uve  su  la  vite  quasi  marcire  di 
«  nobile  putrefazione  »  produce  speciali 
eteri  che  danno  a  quel  vino  il  suo  pre- 
zioso profumo.  Processo  consimile  avviene 
l)ei  vini  detti  delli  Castelli. 

John  Bull  :  sopranome,  adoperato  come 
rappresentante  collettivo  del  popolo  inglese 
e  divenne  popolare  dopo  che  Giovanni  Ar- 
buthnot  nel  1712  publicò  una  satira  po- 
litica intitolata  History  of  John  Bull^  il 
(juale  era  un  organista  di  corto  e  avrebbe 
(del  che  è  controversia)  composto  nel  1605 
l'inno  popolare  Ood  save  the  King  (Dio 
salvi  il  Re).  Questo  nome  che  letteralmente 
vuol  dire  Giovanni  il  Toro  (indicante  cioè 
forza.,  ostinazione)  fa  il  paio  con  Jacques 
Bonhomme  in  Francia,  Jonathan  in  Ame- 
rica e,  perchè  no?  Pantalone  in  Italia. 
Ek.  Pantalone  paga!  V,    linde  Sani. 

Jolla:  specie  di  palischermo  lungo  e  sot- 
tile con  prua  e  poppa  acuto  :  saettìa  o 
schelmo.  Inglese   Yole. 

Jonathan:   (il   fratello)  appellativo  con 

A.  I'a.nzini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani. 


cui  gii  inglesi  chiamano  i  loro  fratelli  di 
razza  (gli  Americani  degli  Stati  Uniti). 

Jongleur:  V.  Giullare. 

Jour  (ài  :  fr.  a  giorno:  locuzione  accolta 
dai  moderni  dizionari:  brillante  legato  a 
giorno.,  di  cui  si  vedono  le  due  facce,  orlo 
a  giorno.,  cioè  traforato  e  si  fa  togliendo, 
nel  punto  in  cui  si  vuole  orlare,  alcuni 
fili  alla  stoffa.  V.  Riviere.,  e  A  giorno. 

Jugo:  come  aggiunto  a  slavo.^  è  voce 
slava  (jigo)  che  vale  meridionale  :  «  Lin- 
gue, popoli  jugo  ziz  slavi»,  cioè  sloveni, 
croati,  serbi,  bulgari. 

Jujube  :  pasticche  pettorali  per  la  tosse, 
preparate  col  succo  della  giuggiola  (jujube). 
Questa  parola  francese  molti  in  Italia  pro- 
nunciano e  scrivono,  ju-ju. 

Julienne  (potage  à  la):  zuppa  di  varie 
verdure,  porri,  carote,  cipolle,  lattuga, 
fave,  piselli,  finamente  tagliate  e  rosolate 
col  burro,  cui  si  aggiungono  talora  cro- 
stini di  pane,  indi  il  brodo.  Questo  nome  in 
tale  senso  è  di  origine  ignota.  Il  Richelet 
nel  suo  dizionario  del  1732  non  registra 
questa  voce;  dunque  è  cosa  posteriore. 

Jungla:  voce  indiana,  jangaL  ingl.  e 
fr.  jungle  :  vale  propriamente,  deserto,  fo- 
resta., ed  è  usata  per  indicare  estesi  ter- 
ritori selvaggi  nell'India. 

Junior:  comparativo  latino  usato  in  in- 
glese (e  noi  riportiamo)  per  indicare  il  più 
giovane  (d'un  altro)  che  presso  di  noi  con 
bella  voce  già  si  diceva  novello.  Es.  Plinio 
novello. 

Jumper:  cavallo  da  ostacoli,  abile  al 
salto  ;  dal  verbo  inglese  tojump  zn  saltare. 

Junker:  giovane  nobile.,  nella  vecchia 
Prussia  così  sono  chiamati  i  seguaci  del 
partito  conservatore,  con  carattere  feudale: 
voce  equivalente  press' a  poco  alla  parola 
Agrarien.  V.  Agrari. 

Junkerpartei:  il  partito  germanico  della 
nobiltà  feudale.   V.  Junker. 

Jupe  :  sottana., gonnella.,  ma  il  linguaggio 
fine  della  moda  predilige  la  voce  francese. 
Jupon  è  poi  la  sottana  di  sotto.  Anche 
qui  a  chi  sottilmente  nota,  lo  voci  italiano 
hanno  sapore  quasi  volgare:  caso  fr(M|uento 
e  spiacente. 

Jury:  V.  Giurì. 

Jus:  voce  francese,  usata  talora  por 
vizio   invoco  di   sugo  (lat.  jus    r  brodo). 


Jus 


258 


Jvs 


Jus  primae  noctis:  diì^ìtto  della  prima 
notte:  antico  diritto  feudale  di  saggiare 
ciò  che  uno  de'  dieci  comandamenti  non 
concede  né  pur  di  desiderare.  Usasi  la 
locuzione  in  vario  senso,  spesso  faceto. 
NB.  Questo  jus  primae  noctis  da  molti 
è  negato  come  di  diritto,  il  che  non  to- 
glie che  in  alcuni  luoghi  e  tempi  potè 
esistere  come  fatto.  Certo  v'  era  una 
tassa  che  il  vassallo  doveva  pagare  al  si- 
gnore per  ottenere  il  permesso  di  prender 
moglie,  e  questa  tassa  dicevasi  marita- 
gium;  e  quasi  fosse  poco,  si  ragiona  al- 
tresì di  un'altra  tassa  per  la  redenzione 
del  jus  'primae  noctis  !  V.  A.  Fertile, 
Storia  del  Diritto  Italiano^  Padova,  Sai- 
min  1872,  Voi.  IH,  pag.  52,  nota  75. 

Juste  milieu:  locuzione  frequente  che  ri- 
sponde alla  nostra,  via  di  mexxo.  Questa 
locuzione  trovasi    nei  Pensieri  su  la  re- 


ligione del  Pascal  (III,  3),  ma  di  tale  lo- 
cuzione fece  a  sé  norma  politica  il  re  di 
Francia  Luigi  Filippo  (1830-1848)  dicendo: 
il  faut  chercher  à  nous  tenir  dans  un 
juste  milieu  (V.  Souvenir s  de  J.  I^affitte, 
in,  32). 

Juta:  è  il  nome  del  tessuto  fatto  colla 
fibra  del  Corchorus  olitorius  ed  anche 
del  Corchorus  capsularis,  due  tiliacee 
dell'Asia  meridionale  e  orientale. 

Jutifìcio  :  fabbrica  di  tela  juta. 

J'y  suis  et  j'y  reste:  fr.  ci  sono  e  ci 
rimango.  Questo  motto  ricorre  frequente 
specie  nel  linguaggio  giornalistico,  e  ot- 
tenne celebrità  come  risposta  del  generale 
MacMahon  quando,  nella  guerra  di  Crimea, 
settembre  del  1855,  dopo  avere  occupato 
le  trincee  davanti  a  Malakoff,  fu  consi- 
gliato di  abbandonarle  per  non  esporre  i 
suoi  al  fuoco  della  fortezza  nemica. 


1^ 


Kadosch  o  kadoche  o  cadoche:  dall'e- 
braico Kadasch  =  sacro,  alto  grado  nella 
Massoneria  di  rito  scozzese, 

Kaftan:  abito  nazionale  del  contadino 
russo  di  colore  azzurro  cupo  all'esterno, 
internamente  di  color  solferino,  lungo  oltre 
il  ginocchio  con  maniche  ampie,  riprese 
al  polso  e  larga  cintura  di  seta. 

Kaiser:  voce  tedesca  imperatore,  dal 
latino  Caesar.  C.  Giulio  Cesare,  alla  nuo- 
va podestà  imperiale  porse  il  proprio  no- 
me, e  questo  rimase  continuo  nella  storia 
e  nelle  varie  favelle  ancora  dopo  i  secoli 
e  i  fati,  come  eccitatore  di  gloria  e  di 
vasto  dominio  su  varie  genti   e   nazioni. 

Kakatoes  :  forma  francese,  invece  della 
forma  italiana  cacatù  o  cacatua:  ge- 
nere di  uccelli  rampicanti,  distinti  dagli 
altri  papagalli  per  una  cresta  di  penne 
sul  capo  che  erigono  a  loro  volontà.  Certo 
miglior  grafia  sarebbe  cacatua  perchè  an- 
che il  nome  scientifico  si  scrive  così  (ca- 
catua banksi^  Cac.  moluccensis ,  Gac. 
leadbeateri^   Cac.  tenuirostris^  ecc.). 

Kake-walk:  o  piii  di  frequento  cake- 
ivalk  =3  passeggiata  della  focaccia:  nome 
di  ballo  dei  negri  d'America,  bizzarro  e 
goffo:  ebbe  tuttavia  l'onoro  in  questi  tempi 
in  cui  scrivo  di  diventare  ballo  di  moda 
in  Inghilterra,  Francia,  e...  Italia.  (Il  no- 
stro senso  (estetico  vi  si  dovrebbe  rifiu- 
tare). 

Kaki  :  nome  di  frutto  di  origino  giap- 
ponese 0  cinese  [Diospyros  kaki). 

Kan  0  Khan  :  signore.  Titolo  dato  alla 
autorità  sovrana  in  Mongolia  o  in  Tar- 
taria.  In  Porsia  è  dato  ai  governatori  dello 


Provincie.  Nella  Russia  Asiatica,  nel  Cau- 
caso ai  capi  delle  tribù.  Con  grafìa  ita- 
liana can.  La  bella  Angelica  dei  nostri 
romanzi  cavallereschi  è  figlia  del  Oran 
Can  del  Gatai. 

Kanguroo  o  Cangurù  :  genere  di  mar- 
supiali originari  della  Nuova  Olanda, 

Kategorischer  Imperativ:  V.  hnpera- 
tivo  categorico^  frase  spesso  abusata  nel 
senso  di  comando  assoluto. 

Kedive:  gran  signore:  dal  1867  titolo 
ufficiale  del  viceré  dell'Egitto  (la  grafìa 
italiana    Chedive  non  parmi   attecchire). 

Kefir:  nome  russo,  dato  al  latte  di  ca- 
valla 0  di  vacca  sottoposto  a  speciale 
fermento  :  se  ne  forma  un  liquore  acidulo, 
gassoso,  lievemente  lassativo.  Questa  fab- 
bricazione di  latte  spumante  dalla  steppa 
passò  ai  nostri  laboratori,  essendosi  tro- 
vato efficace  in  alcune  malattie  di  sto- 
maco. La  fermentazione  è  ottenuta  a 
spese  dello  zucchero  del  latte  (lattosio^. 

Kellerina:  dal  tedesco  Kellerin  che  pro- 
priamente vuol  dire  cantiniera  (Keller  can- 
tina). Tale  uso  originariamente  comune  e 
semplice  in  Germania  ed  in  Isvizzera,  ac- 
quistò presso  di  noi  e  altrove  senso  di 
mondanità  indicando  le  lascivette  came- 
riere che  servono  di  richiamò  alla  greve 
e  acquosa  cervogia,  con  la  (juale  gli  accorti 
germanici  conquistarono  noi  del  paese  del 
vino.  Kellerina  poi  si  dice  di  qualunque 
cameriera  ch(ì  servo  nei  caffè. 

Kennel  club:  V.  Che  unii  club. 
Kennst  du  das  Land,  wo  die  Citronen 
bliih'n?:  verso  d(ìl  Goethe  nella  patetica 
canzoni»   d(>lla    Mignon,  ondo   la  perifrasi 


Kep 


260 


Kno 


il  paese  ove  fiorisee  l'arancio  per  indi- 
care' l'Italia. 

Képi:  voce  francese  che  significa  una 
specie  di  cappello  militare,  da  prima  adot- 
tato da  alcune  milizie  francesi  in  Algeria. 
In  italiano  è  stato  tradotto  in  chepi^  ed 
indica  il  cappello  da  parata  della  fanteria. 
Képi^  fr.  è  probabilmente  trasformazione 
del  tedesco  Kappe:  della  stessa  etimologia 
da  cui    cappa,   cappello,  cappuccio,  etc. 

Kermes:  grafia  che  si  alterna  con  l'altra 
chermes.  V.  Alchermes. 

Kermesse  :  parola  adoperata  ne'  Paesi 
Bassi  e  nel  Settentrione  della  Francia,  per 
indicare  la  festa  annuale  della  parrocchia. 
Pare  una  corruzione  dìKerk-misse=  messa 
della  chiesa.  Alla  funzione  religiosa  si 
univa  ogni  specie  di  baldorie,  spari,  balli, 
mascherate,  conviti,  mercato,  etc.  con 
tanta  licenza  da  essere  la  festa  infrenata 
dall'autorità  dei  governi.  Kermesse  poi 
indicò  senz'altro  una  fiera,  e  con  que- 
sto senso  venne  fra  noi.  Se  il  lettore  però 
ha  osservato  l'uso  che  da  noi  si  fa  di 
questa  parola,  non  gli  sarà  sfuggito  il  so- 
lito fenomeno,  cioè  che  si  dice  fiera  se 
si  tratta  di  un  villaggio,  oppure  la  fiera 
di  Porta  Genova  a  Milano,  la  fiera  di  Se- 
nigallia; e  invece  si  dirà  una  kermesse 
di  beneficenza  al  Pincio  con  intervento 
della  Regina;  l'esposizione  di  Parigi  è  una 
kermesse^  e  simili  :  insomma  la  parola 
straniera,  per  il  solo  fatto  che  è  tale,  in- 
chiude un  senso  di  nobiltà. 

Khaki:  tessuto  spigato  color  terra  che 
serve  alle  divise  militari  pei  soldati  in- 
glesi nelle  colonie.  Per  chi  ne  vuol  saper 
di  più ,  ecco  più  minute  notizie  :  la  guerra 
del  Transvaal  dimostrò  agl'inglesi  che  la 
tanica  rossa  dei  loro  soldati  era  un  ec- 
cellente bersaglio  alle  carabine  dei  boeri, 
e  han  dovuto  ricorrere  al  khaki.  Questa 
strana  parola  (chi  sa  dire  donde  venga?) 
non  significa  una  stoffa  speciale,  ma  una 
composizione  di  tinte,  molto  usata  dagli 
indigeni  dell'Indie,  dove  prima  l'hanno 
adottata  gl'inglesi  ;  è  un  colore  che  ricorda 
quello  di  un  canerino  incrociato,  tra  il 
giallo  e  il  verde.  Questa  tinta  giova  a 
meglio  dissimulare  i  soldati  ;  e  oltreché 
le  loro  uniformi,  in  khaki  furono  colorati 
tutti    gli    equipaggiamenti    della   campa- 


gna, i  carri,  le  ruote  dei  cannoni,  le 
tende,  ecc. 

Kimono  :  nome  dell'abito  nazionale  delle 
donne  giapponesi. 

Kinesiterapia:  {KÌvrjoig  =  moto  e  dega- 
jTEÌa  1=  cura)  nuova  parola  con  la  quale 
si  designano  quelle  cure  che  agiscono  sul- 
l'organismo, imprimendogli  movimenti  sia 
attivi  che  passivi:  cura  elettrica,  mas- 
saggio, ginnastica.  In  fr.  è  kinésithérapie. 

Kinetoscopio:  apparecchio  inventato  da 
Edison,  nel  quale  il  passaggio  rapido,  da- 
vanti agli  occhi,  di  una  serie  di  fotografie 
stereoscopiche,  riproducenti  le  diverse  po- 
sizioni che  uno  o  più  corpi  in  movimento 
hanno  ad  intervalli  di  minime  frazioni 
di  minuto  secondo,  offre  all'osservatore 
l'illusione  che  il  movimento  sia  ripetuto 
sotto  i  suoi  occhi.  Differisce  dal  kinema- 
tografo  (dei  fratelli  Lumière  di  Lione) 
perchè  quivi  le  proiezioni  delle  fotografie 
passano  davanti  uno  schermo,  mentre  nel 
kinetoscopio  si  osservano  mediante  lenti. 
La  grafia  di  queste  parole  con  la  lettera  e 
prevale  nei  libri,  ma  in  commercio  tende 
a  conservarsi  la  scrittura  straniera. 

King  :  così  chiamansi  i  libri  sacri  dei 
Cinesi,  contenenti  la  dottrina  e  la  morale 
di  Confucio.  Es.  i  cinque  Kings. 

Kirsch-wasser:  letteralmente  in  tede- 
sco acqua  di  ciliege  o  maraschino.  Li- 
quore forte  preparato  (almeno  dovrebbe 
esserlo)  con  la  distillazione  della  ciliegia 
agra,  detta  marasca.  Ha  un  lieve  profumo 
di  mandorla  amara,  e  le  migliori  qualità 
provengono  dalla  Selva  nera  e  dai  Yosgi. 
La  parola  tedesca  è  anche  in  francese. 

Kneipe:  propr.  bettola,  e  nel  linguaggio 
degli  studenti  bevuta.,  simposio.,  lat.  com- 
potatio.  Voce  tedesca  recente  (Y.  Kluge 
op.  cit.),  e  non  ignota  fra  noi. 

Kneipp:  V.  Cura  Kneipp. 

Knicicer-bocicer  :  nota  foggia  di  abito 
da  alpinista,  ciclista:  propr.,  le  grosse 
calze  0  gambali  di  lana.  Y.    Vestito. 

Knout  :  nome  del  terribile  staffile  russo, 
fatto  di  più.  nervi  di  bue  strettamente  in- 
trecciati e  terminanti  con  punte  di  ferro 
ritorto.  Al  tempo  della  servitù  della  gleba 
era  strumento  di  punizione  legale  ;  al  dì 
d'oggi  assicurano  che  serve  soltanto  come 
semplice  frusta.  Leggesi  talvolta  governo 


261     — 


Km 


dello  knout  por  indicare  spregiativamente 
il  governo  assoluto  della  Russia. 

Koch:  V.  Bacilli  di  Koch. 

Kodak:  nome  commerciale  di  una  so- 
cietà auìoricana,  estesissima,  fabbricatrice 
di  camere  fotografiche  e  di  ogni  più  raro 
e  nuovo  apparecchio  ottico.  Kodak  chia- 
mano senz'altro  la  stessa  macchina  foto- 
grafica. 

Kokoschnik  :  voce  russa;  indica  il  dia- 
dema che,  secondo  il  costume  nazionale, 
portano  le  donne  russe. 

Kola  (noci  di):  sono  i  semi  della  Ster- 
culia  aeuminata^  della  famiglia  delle  mal- 
vacee,  che  cresce  vicino  alla  costa  occi- 
dentale deir  Africa  equatoriale.  In  Europa 
queste  noci  si  usano  come  medicina  e  to- 
nico, come  surrogato  di  caffè,  e  per  pre- 
parare delle  bevande  amaro-stomatiche  : 
Elixi)\  liquore  di  Kola. 

Kolbach  e  colback:  in  francese;  in  ita- 
liano colbac  ovvero  colbak,  alla  francese. 
È  voce  turca  ed  indica  un  cappello  mi- 
litare ricoperto  di  pelo  a  forma  di  cono 
rovesciato,  in  uso  in  Turchia  dai  drago- 
manni, dagli  Armeni,  etc.  I  cacciatori 
francesi  a  cavallo  ne  fecero  uso  la  prima 
volta  in  Francia  al  ritorno  dalla  spedi- 
zione d'Egitto  nel  1799.  Tale  forma  di 
cappello  con  qualche  modificazione  e  ri- 
coperto di  pelle  di  foca  è  stato  adottato 
dalla  nostra  cavalleria  leggiera. 

Konak:  la  reggia  presso  i  Serbi. 

Kopek:  moneta  russa  del  valore  di 
quattro  centesimi.  Cento  di  queste  monete 
formano  il  rublo.  Copek  o  Kopek  è  scrit- 
tura francese  ;  in  russo,  Kopejka. 

Krach  o  Krack:  voce  neologica,  proba- 
bilmente onomatopeica  (Cfr.  Dante:  non 
avria  pur  dell'orlo  fatto  cric)  usata  nelle 
lingue  straniere  e  trasportata  nella  nostra 
per  indicare  una  crisi  bancaria,  un  im- 
provviso disastro  di  caso  di  commercio, 
di  grandi  aziende.  Tale  nome  fu  per  la 
prima  volta  usato  da  noi  negli  anni  1873, 
'74  quando  avvenne  lo  sfacelo  dello  Borse 
di  Commercio.  (V.  Nuova  Antologia^  vo- 
lume XXV,  pag.  417).  Il  diz.  olandese 
francese  d'Abraham,  Bluyo  (1811)  regi- 
stra questa  parola  in  tale  senso  di  mina. 

Krapfen:  in  tedesco,  e  nel  linguaggio 
di  cucina,  indicia  una  spociio   di    frittella 


di  pasta  alzata  con  lievito  di  birra  ed 
entro  uno  strato  di  conserva  :  dolce  noto 
e  comune  anche  da  noi,  specie  nelle  città 
grandi  e  d'inverno  in  cui  si  costuma  re- 
carsi nelle  pasticcerie  a  mangiarne,  te- 
nute come  sono  in  caldo  in  apposite  cre- 
denzine. 

Kraus  :  vocabolo  aperto,  della  moda  ma- 
schile :  indica  l'abito  a  falde.  V.  Vestito. 

Kremlin:  oppure -ffrew/,  tradotto  in  Crem- 
lino :  fortezza  di  Mosca,  antica  sede  degli 
Imperatori  di  Russia,  specialmente  noto 
alla  storia  d'occidente  per  essere  stata  ef- 
fimera e  fatale  stanza  di  Napoleone  I. 

Kren  :  è  la  Gochlearia  armoracia^  ori- 
ginaria dell'Europa  orientale  temperata. 
Essa  è  voce  slava,  introdotta  pur  anche 
in  tedesco.  Da  essa  è  derivato  pure  il 
cran,  cranson  francese  e  più  comune- 
mente, raifort.  Nomi  volgari  italiani,  ol- 
tre quello  di  barbaforte.,  sono  :  ar mora- 
eia.,  erba  forte.,  rafano  rusticano.^  rafano 
tedesco.  Questa  radice,  grattugiata,  serve 
di  condimento  e  salsa  alle  carni. 

Kreuzer:  da  kreux  lat.,  crux  =  croce; 
moneta  divisionale  che  in  Austria  sarebbe 
la  100''^  parte  del  fiorino  (Oulden).  Vero 
è  che  in  Austria  si  conteggia  per  corono 
e  centesimi  (Krone  e  Heller). 

Krug:  boccale^  così  con  voce  tedesca 
nelle  birrerie  si  chiama  talora  quel  reci- 
piente di  coccio,  elegante,  di  foggia  ci- 
lindrica, con  manico  e  coperchio  lavorato 
di  metallo,  della  capacità  di  circa  mezzo 
litro  entro  il  quale  ottimamente  si  con- 
serva la  birra  nel  tempo  che  si  beve.  La 
capacità  di  mezzo  litro  non  è  obbligatoria 
ai  bevitori  tedeschi. 

Kronprinz  :  voce  tedesca  e  significa  prin- 
cipe ereditao'io  della  corona.,  ed  è  for- 
mata da  iTro^ie  corona  e  Prm.^  =  prin- 
cipe. Parlandosi  del  delfino  di  Germania, 
questa  parola  ricorre  frequentissima. 

Krumiro:  nomo  di  tribù  bèrbero  anti- 
chissime, erranti  tra  il  Marocco  e  la  Tri- 
politania  (V.  Sallustio,  Oìugurtina).  La 
grafìa  nostra  Crumiro  non  è  dell'uso. 
Questa  parola  ha  avuto  una  ben  curiosa 
fortuna:  da  principio  indicò  qu(»sto  tribù, 
lo  quali  con  la  loro  rib(^llione  diodoro  [ire- 
tosto  alla  H^'rancia  di  occupare  la  Tunisia. 
Fu  usata  in  Francia  in  occasiono  di  scio- 


Krii 


—     262     — 


Kuv 


pero  come  termine  ingiurioso,  di  lì  passò 
a  noi  ed  è  usatissima  per  indicare  quegli 
operai  i  quali  rompono  la  legge  dello  scio- 
pero, ed  accettando  di  lavorare  secondo  i 
patti  rifiutati  dagli  altri  operai,  contri- 
buiscono a  rendere  meno  efficace  la  grande 
ed  aspra  lotta  che  il  Lavoro  manuale  muove 
al  Capitale.  Questo  neologismo  si  mostra 
pili  resistente  di  quello  che  si  potesse  pen- 
sare. Anche  quando  gli  studenti  proclamano 
lo  sciopero  (cosa  tanto  inutile  come  ridi- 
cola) gli  scolari  che  frequentano  lo  lezioni 
sono  chiamati  krumiri.  I  giornali  hanno 
foggiato  anche  l'astratto  Krumiraggio. 

Krumiraggio  :  V.  Krumiri. 

Krupp:  attributo  di  cannone  dal  nome 
di  Alfredo  Krupp  (1812-1887)  di  Essen, 
grande  industriale  e  creatore  di  una  fra  le 
più  grandi  e  celebri  fonderie  di  metalli 
del  mondo.  All'antico  cannone  di  bronzo 
egli  sostituì  r  acciaio  fuso  con  scienza  ed 
esperienza,  perfetta  ed  ingegnosissima,  in 
modo  che  la  terribile  arma  possa  reggere 
a  pressioni  di  gas  molto  superiori  di  quelle 
che  erano  possibili  con  altri  cannoni  dello 
stesso  spessore.  Il  cannone  Krupp  fece  le  sue 
grandi  prove  nella  guerra  franco-prussiana 
del  1870.  Da  quel  tempo  il  cannone  d'ac- 
ciaio, a  retrocarica,  fece  il  giro  del  mondo 
armato,  e  cominciò  quel  rapido  sviluppo 
che  doveva  condurlo  alla  potenza  ed  alla 
perfezione  attuale,  sempre  però  su  le  stesse 
basi  fondamentali.  Misere  glorie  dell'umano 
ingegno  ! 

Kugeihupfen  :  nome  tedesco  di  dolce  di 
lievito,  press'  a  poco  come  il  Panettone. 

Kulm:  parola  tedesca  che  significa  cz- 
ììia.^  vetta.  Diceasi  specialmente  di  alcuni 


monti  come  ad  es.  di  quel  celebrato  e  bel- 
lissimo monte  della  Svizzera  che  è  il  Ei- 
ghi.  Per  analogia,  credo,  si  disse  kulm 
altresì  della  cima  di  altri  monti,  frequen- 
tati e  forniti  di  sontuosi  alberghi.  Così 
trovo  scritto  «  Brunate  kulm  »,  detto  della 
cima  di  quel  grazioso  poggio  che  è  sopra 
Como. 

Kulturkampf:  voce  tedesca,  e  significa 
lotta  per  la  civiltà,  ma  con  speciale 
senso  evolutivo  della  filosofia  e  della  po- 
litica in  Germania  contro  il  Clericalismo 
0  partito  ultramontano,  come  quivi  è  detto. 
Questa  voce  fu  creata  dal  Virchow,  il  ce- 
lebre medico  da  poco  morto,  in  un  pro- 
gramma elettorale  del  partito  progressista 
da  lui  redatto  nel  1873. 

Kiimmel  :  nota  specie  di  rosolio  forte 
preparato  col  frutto  di  una  pianta  ombrel- 
lifera, Carum  Carvi.,  che  i  Tedeschi  chia- 
mano appunto  Kiimmel.,  e  in  italiano  Cu- 
mino 0  Cornino  tedesco.,  appunto  perchè 
i  tedeschi  usano  detti  frutti  per  porli  sul 
pane,  nei  cavoli  acidi  e  anche  come  anima 
in  certi  piccoli  confetti. 

Kuraro  :  questa  è  la  grafìa  con  cui  ge- 
neralmente presso  di  noi  trovo  scritto 
questo  potentissimo  veleno.  I  tedeschi  ed 
i  francesi  recano  scritto  Curare.,  il  Vil- 
lavecchia  pure  nel  suo  recento  Bìtì.  di 
merceologia  scrive  curare,  e  così  infatti 
io  riportai  (V.  a  questa  parola).  Mi  sem- 
brerebbe preferibile  curaro.  Questo  veleno 
vegetale  dell'America  meridionale  si  trae 
dalla  corteccia  di  una  specie  di  strychnos 
(onde  si  ottiene  la  stricnina).  Esiste  anche 
un  curaro  animale,  tolto  dalla  secrezione 
cutanea  di  uno  speciale  batracio. 


Làbaro  :  questo  nome  di  etimologia  in- 
certa (lat.  labarum^  gr.  Àufìagov)  fu  dato 
allo  stendardo  cristiano  di  Costantino  dopo 
la  sua  vittoria  su  Massenzio  :  era  un  qua- 
drato di  stoffa  preziosa  col  simbolo  di 
Cristo,  appeso  ad  un  pennoncello  sorretto 
alla  sua  volta  dall'asta.  Fu  dunque  simbolo 
di  fede,  (rammenta  la  visione  in  hoc  signo 
vinces)  e  perciò  si  dice  tuttora  «  labaro  » 
di  insegne  di  fede,  filosofica  e  civile.  Voce 
in  tal  senso  spesso  usata  enfaticamente. 

La  biscia  morde  il  ciarlatano:  bella  e 
acuta  locuzione  nostra,  non  troppo  facile 
però  a  spiegarsi  laddove  è  facile  inten- 
dersi. Include  scherno  e  mal  senso  come 
ben  dichiararono  le  parole  biseia  e  ciar- 
latano. «  L'effetto  di  operazioni  impru- 
denti 0  maligne  ricade  prima  di  tutto 
sul  loro  autore  ».  Es.  I  nuovi  pastori, 
blanditori,  dichiaratori  della  bontà,  bel- 
lezza, intelligenza,  virtù,  diritti  del  po- 
polo, spesso  dal  popolo  sono  o  abbando- 
nati 0  accusati  di  tradimento.  Dicono  allora 
gli  avversari  di  questi  pastori  :  La  6«scm 
morde  il  ciao'latano  ! 

Labor  omnia  vincit  |  improbus:  la  fa- 
tica aspra  vince  ogni  cosa.  Emistichio 
di  Vergilio  {Georg.  1,  145,  146)  vivo  nel- 
l'uso, h' improbus .^  che  puro  è  richiesto 
dal  senso,  spesso  è  tralasciato. 

Labor  's  party:  ingl.,  il  partito  del 
lavoro.^  cioè  il  partito  operaio.,  solitamente 
con  carattere  politico  e  di  classe. 

La  calunnia  è  un  venticello:  ottonario 
felice,  divenuto  poi)oliire  come  la  jniisica 
che  lo  riveste  :  Barbiere  dì  Siviglia.,  pa- 


La  capitale  morale:  bolla  frase,  con 
cui  Milano  si  incoronò  da  sé,  come  Na- 
poleone, quando  risorse  a  libertà,  e  no- 
verava nella  sua  «  cerchia  antica  »  uomini 
di  grande  valore.  Poi  fu  così  detta  per 
la  fiorente  sua  amministrazione  ed  istituti 
finanziari  e  di  beneficenza;  poi  in  oppo- 
sizione a  Eoma  etc,  ed  anche  ironica- 
mente. La  paternità  della  frase  non  riuscii 
a  trovare. 

La  carità  del  natio  loco:  [carità  nel 
senso  latino  di  amore)  emistichio  di  Dante, 
passato  con  largo  abuso  nel  linguaggio 
comune,  senz'  essere  però  stravolto  nel 
senso  come  avvenne  di  altri  versi  ed  emi- 
stichi danteschi,  (Inf.  XIV,  1). 

La  carrozza  di  tutti  :  titolo  perifrastico 
di  un  libro  di  E.  De  Amicis,  per  dire  il 
tranvai.  Locuzione  effimera,  ma  che  gode 
tuttora  di  una  certa  popolarità. 

Laccetto:  diminutivo,  fatto  italiano, 
del  lombardo  lacc  =  latte  :  indica  quella 
glandola  bianca  e  carnosa  che  è  nel  petto 
•del  bovino  giovane  e  che  scompare  nel- 
l'adulto: e  se  no  fanno  squisite  fritture: 
timo  è  la  voce  scientifica  ;  animella  in 
toscano  e  in  italiano.  Ora  in  Romagna 
questa  glandola  chiamano  il  latte.  Altro 
notevole  esempio  di  somiglianza  dei  dia- 
letti. Lacectt,  in  lombardo,  è  pure  il  latte 
magro  che  geme  dal  burro. 

Lacchè  :  dal  fr.  laqiiais,  domestico  o  val- 
letto, s[)ocialinonte  da  anticamera  o  da  car- 
rozza :  voce  da  gran  tcMnpo  fatta  italiana. 

Lacerator  di  ben  costrutti  orecchi:  verso 
del  Giorno  del  Parini  [Mattino.,  109)  vivo 
nell'uso. 


Lac 


264 


Laf 


La  compagnia  della  Lesina:  lesioia  vale 
anclie  avarixia  grande,  sordidezxa  (cfr. 
il  verbo  lesinare)  e  tale  senso  figurato 
sembra  essere  derivato  da  un  noto  e  cu- 
rioso libro  di  certo  Vi  alardi  «  Della  fa- 
mosissima compagnia  della  lesina^  Dia- 
loghi, capitoli^  ragionamenti^  etc.  Ve- 
nezia, Baglioni,  1664  ».  È  una  raccolta 
di  facezie  su  tutte  le  possibili  spilorcerie  : 
genere  di  libro  burlesco  di  cui  è  copia 
nella  nostra  letteratura  e  in  cui  fiorisce 
l'ingegno  italiano  (V.  Humour):  fra  le 
altre  taccagnerie,  v'era  quella  di  accomo- 
darsi di  per  se  scarpe  e  pianelle,  la  qual 
cosa  non  si  poteva  fare  senza  il  più  im- 
portante istrumento  dell'arte  di  S.  Cri- 
spino, cioè  la  lesina,  onde,  probabilmente, 
il  senso  figurato.  Anche  il  francese  de- 
rivò dall'  italiano  questa  estensione  di 
senso:  lésine  =i  épargne  sordide.  Nel 
citato  libro,  fra  gli  istrumenti  necessari 
a  que'  spilorci,  vi  fu  anche  la  lente  del- 
l'avaro. Eivive  nel  linguaggio  politico 
questa  locuzione  della  Compagnia  della 
lesina  per  indicare  quegli  uomini  politici 
che  sono  fautori  di  rigide  economie  nel- 
l'azienda dello  Stato.  Di  essersi  costituito 
egli  e  i  suoi  nella  famosa  compagnia  della 
Lesina  si  vantò  per  celia  il  marchese  A. 
di  Eudinì  in  Milano  tenendo  al  teatro 
della  Scala  un  suo  discorso  politico:  egli 
era  allora  Presidente  del  Consiglio  (9  no- 
vembre 1891).  V.  Piede  di  casa. 

La  corsa  alla  morte:  neol.  giornalistico, 
dedotto  dal  linguaggio  delle  corse,  per 
indicare  la  mania  suicida. 

Lacrima  Christi:  nome  di  un  preliba- 
tissimo  vino  di  lusso  della  regione  ve- 
suviana. Si  spreme  dall'  uva  aromatica, 
appassita,  detta  Qreco  o  Greca  della 
Torre.  Dopo  tre  o  quattro  anni  si  ottiene 
un  vino  ambrato,  dolce,  con  profumo  ca- 
ratteristico e  gradevole  :  si  esporta  in  bot- 
tiglie. 

Lacuale:  per  lacustre;  aggettivo  fog- 
giato arbitrariamente  per  l'influsso  del  so- 
lito suffisso  ale. 

Ladino:  agg.  da  latino:  nome  dato  ai 
dialetti  romani  o  romanzi  di  alcune  po- 
polazioni dell'  Engadina,  Canton  de'  Gri- 
gioni,  Tirolo.  L'Ascoli  aggiunge  il  Ladino 
alle  altre  lingue  romanze  o  neo-latine. 


Ladino:  (cioè  latino)  voce  meneghina, 
non  ignota  forse  ad  altri  dialetti  :  facile, 
scorrevole.,  pronto. 

Res-'iatt,  cospetton,  de  man  ladinna 

C.  Porta,  La  gverra  dì  jn-et. 

Cfr.  Dante,  Par.  Ili,  63: 

Sì  che  raffigurar  m'è  più  latino. 

Cfr.  per  l'uso  della  parola  e  per  l'affinità 
dei  dialetti  italici,  questo  passo  del  Varchi 
(Ercol):  «Questi  tali  maldicenti  si  chia- 
mano a  Firenze  male  lingue,  linguacce, 
etc.  e  con  meno  infame  vocabolo,  sbocca- 
ti, linguacciuti,  mordaci,  latÌ7ii  di  bocca  :  » 
ne  mancano  esempi  di  prosa  classica  di 
latino  in  senso  di  facile.,  piano,  etc. 

La  discordia  è  nel  campo  d'Agramante: 
locuzione  ironica,  viva  nell'uso  e  derivata 
dall'Ariosto  {Furioso^  XIV).  Vuol  dire  la 
discordia  è  nel  campo  nemico;  e  solita- 
mente si  intende  di  nemici  politici:  si  ac- 
capigliano fra  di  loro. 

Ladri  in  guanti  gialli  :  il  ladro  classico 
che  assaltava  alle  vie  certo  non  è  scom- 
parso, ma  l'evoluzione  della  civiltà  lo  va 
trasformando  nel  ladro  moderno,  elegante, 
in  guanti  :  il  quale  si  intromette  e  si  con- 
fonde nella  società  e  vi  esercita  il  furto 
in  moltissimi  ed  ingegnosissimi  modi.  La 
felice  locuzione  è  nostra  :  in  francese  gants 
jaunes  è  sopra   nome  dato  agli  eleganti. 

Lady  :  in  inglese  vale  sigìiora  ed  è  nome 
che  si  dà  alle  donne  che  appartengono 
alla  nobiltà.  Lady  si  adopera  quando  è  se- 
guito da  nome.  Mylady  nel  vocativo.  La 
signora  non  nobile  è  mìstress,  che  si  trova 
scritto  abbreviato  in  mrs. 

La  femme  (cherchez):  motto  francese 
dovuto  al  lepore  di  A.  Dumas  {Les  Mohi- 
cans  de  Paris.,  atto  III.  V.  7)  e  divenuto 
comunissimo  fra  noi  per  significare  la 
cagione  prima  ed  occulta  dei  fatti  umani, 
specie  delittuosi.  V.  Fumagalli,  Chi  l'ha 
detto  ? 

La  fiera  della  vanità:  Vanity  Fair: 
felice  titolo  di  un  romanzo  dell'umorista 
inglese  Thackeray.  Acquistò  valore  di  lo- 
cuzione. 

La  fine  fleur  du  panier,  ovvero  le  des- 
sou  du  panier:  uno  dei  tanti  modi  fran- 
cesi per  indicare  Veletta  della  società.  Me- 
tafora elegante  tolta  dalla  costumanza  che 


Laf 


265     - 


Lam 


lianno  i  commercianti  di  accomodare  il 
meglio  della   merce   al  sommo  del  cesto. 

La  fodera  mangia  il  dritto:  locuzione 
familiare  che  significa:  il  mezzo  per  rag- 
giungere un  dato  scopo  costa  più  dello 
scopo  raggiunto. 

La  foglia  di  fico:  i  velami  e  le  cautele 
del  pudore.  Più  spesso  in  senso  ironico. 
Y.  Appendice. 

La  gran  bestia:  V.   Gran  Bestia. 

Lagrime  di  cocodrillo:  lagrime  false, 
ipocrite  di  colui  il  quale  finge  dolersi  di 
sventure  che  egli  stesso  volle,  o  studiasi 
col  pianto  di  trarre  altrui  in  inganno. 
Questa  espressione  allude  alla  credenza 
che  il  cocodrillo  deplori  e  pianga  le  sue 
vittime  0  con  gemiti  si  studi  di  attrarle. 
In  fr.  parimenti  si  dice  larmes  de  croeo- 
dile,  e  in  tedesco  lirokodilsthrdnen. 

Laicizzazione:  (fr.  laicisation)  l'atto  del 
rendere  laico,  cioè  non  confessionale  :  uno 
dei  nuovi  e  molti  astratti  entrati  nell'uso: 
da  laico  =:  non  appartenente  ad  ordine 
ecclesiastico. 

Laisser  ailer:  è  in  fr.  il  nostro  :  lasciar 
correre. 

Lai  0  lais  :  nomo  di  antico  componi- 
mento lirico  francese,  di  brevi  versi  e  di 
argomento  grave  e  lamentevole.  Cfr.  la 
nostra  voce  poetica  lai: 

Nell'ora  che  comincia  i  tristi  lai 
la  rondinella  presso  alla  mattina. 

Dante,  Purg.  IX,  13,  14. 

Là  là  :  interiezione  familiare  francese, 
detta  tanto  per  tranquillare,  come  per  re- 
primerò altrui.  E  registrata  dal  Petrocchi. 

La  lettera  uccide,  etc.  V.  Lettera^  etc. 

La  legge  del  minimo  mezzo:  V.  Uomo 
economico. 

La  lotta  per  la  vita  o  per  l'esistenza: 
è  la  versione  della  nota  locuzione  inglese 
struygle  for  existence  o  for  life  (vedi 
Strugr/le.,  etc.)  la  quale,  dal  concetto  bio- 
logico intravvisto  e  spiegato  dal  Darwin, 
l)assò  nel  linguaggio  comune  per  indicare 
la  necessità  del  combattere,  aprirsi  una 
strada,  farsi  largo  fra  gli  uomini  tanto  por 
la  conquista  del  pane...  come  del  compa- 
natico. 

Lama:  nome  dato  ai  preti  della  reli- 
gione buddista  nel  Tibet  (^  nella  Mongolia. 


Il  gran  Lama  o  dalai-lama^  sacerdote 
supremo,  gode  di  venerazione  quasi  di- 
vina, ne  per  rito  sapendosi  del  suo  mo- 
!  rire  e  della  nuova  elezione,  è  da  quelle 
genti  reputato  immortalo. 

La  mano  sinistra  non  sappia  quel  che 
fa  la  sua  destra:  sublime  massima  di 
Cristo  che  insegna  il  modo  di  beneficai'e 
altrui.  {Evangelo  di  S.  Matteo,  VI,  3). 

Lambrequins:  voce  fi-ancese  talvolta  da 
noi  usata  per  vizio  ad  indicare  le  frange 
delle  tappezzerie. 

Lambris:  voce  francese,  usata  talora, 
per  vizio,  ad  indicare  le  tavole  di  legno, 
semplici  0  ad  intarsi,  che  rivestono  un 
tratto  di  parete  di  una  sala:  in  italiano, 
pannello. 

Lambrusco:  nome  del  più  pregiato  fra 
i  vini  emiliani  (Modena),  specie  del  terri- 
torio di  Sorbara:  rosso,  di  un  caratteri- 
stico frizzante,  e  spumante.  Vino  naviga- 
bile e  universalmente  noto.  La  parola  de- 
riva dal  lat.  labrusca  o  lambrusca.^  nome 
di  vite  selvatica.  La  Crusca  registra  lam- 
brusca (uva)  e  non  lambrusco  (vino). 

Lamiera:  ciascuna  di  quelle  piastre  me- 
talliche di  poco  spessore,  adoperate  nella 
costruzione  delle  macchine  e  per  fasciame 
nella  costruzione  dei  bastimenti  a  scafo 
metallico. 

Laminoir:  parola  francese,  usata  non 
nel  senso  di  laminatoio  :  =:  macchina  per 
laminare  metalli,  ma  nella  industria  tes- 
sile per  stiratoio:  macchina  per  tendere 
e  fare  i  fili. 

La  moglie  di  Cesare:  non  deve  essere 
ne  meno  sospettata^  e  con  le  parole  di 
Plutarco  [Vita  di  O.  Cesare,  X)  perchè 
io  non  volevo  non  che  altro  che  venisse 
in  sospetto  :  così  G.  Cesare  quando  ripudiò 
la  moglie  Pompea  perchè  P.  Clodio  tra- 
vestito da  senatrice  erasi  introdotto  in  casa 
di  lei  celebrandosi  le  feste  della  Dea  Bona, 
ancorché  contro  di  Clodio  per  nulla  si  que- 
relasse, nulla  simulando  di  sapere.  Eipe- 
tesi  il  motto  con  forza  di  traslato  ad  isti- 
tuzioni, a  coso  su  cui  pur  il  sospetto  non 
deve  cadere. 

La  monarchia  ci  unisce,  la  republica 
ci  dividerebbe:  opinione  di  F.  Crisj)!.  di- 
venuta famosa  e  iVeciuente. 

Lampas:  stolVn  di   seta,   già   originaria 


Lam 


—     266     — 


Lan 


della  Cina,  a  gran  disegni  e  di  colori  di- 
versi dal  fondo;  usasi  specialmente  per 
tappezzeria  e  per  mobili. 

Lampista:  fr.  lampiste  da  lampe  =  lam- 
pada. «  Volendo  formare  in  simile  modo  il 
vocabolo  ci  converrà  dire  lampadista  da 
lampada  »  :  questo  è  il  giusto  ragionamento 
del  Eigutini,  ma  converrà  trovare  poi  chi 
usi  questa  parola!  Il  vecchio  vocabolo  to- 
scano è  lumaio. 

Lampisteria:  luogo  dove  si  tengono  e 
accomodano  i  lumi  :  dal  fr.    lampisterie. 

Lampo  :  così  sono  chiamati  da  noi,  con 
neologismo  metaforico,  quei  treni  a  gran 
percorso,  con  carrozze  di  lusso  e  comu- 
nicanti fra  loro,  i  quali  hanno  una  velo- 
cità superiore  e  meno  fermate  dei  consueti 
diretti. 

La  natura  lia  orrore  del  vuoto:  V.  Na- 
tura abhorret  vaeuum. 

La  navicella  del  mio  ingegno:  locuzione 
metaforica  non  infrequente,  tolta  dalla  fa- 
mosa allegoria  dantesca  con  cui  si  dà 
proemio  al  Purgatorio. 

Per  correr  migliori  acque  alza  le  vele 
ornai  la  navicella  del  mio  ingegno, 
che  lascia  dietro  a  sé  mar  sì  crudele. 

Lanca:  dicesi  di  terreno,  o  bassura,  in 
generale  invasa  dalle  acque,  e  relitto  di 
letto  di  fiume. 

Lanciare  :  detto  di  cosa  o  persona  che 
si  mette  in  mercato  e  si  fa  audacemente 
e  accortamente  conoscere  al  publico,  è 
verbo  usato  in  modo  neologico  e  assai  co- 
mune. Es.  lanciare  un  libro.,  un  giornale., 
un  articolo  di  commercio.,  una  balle- 
rina. (?!)  Verbo  di  manifesta  provenienza 
francese:  lancer  quelqii'un  =  farlo  cono- 
scere. 

Lancieri  (Quadriglia  di):  noto  ballo  fi- 
gurato, di  origine  inglese,  introdotto  in 
Francia  verso  il  1868  ;  la  sua  tipica  mu- 
sica e  la  grazia  delle  figure  resero  il  ballo 
popolare  si  in  Francia  che  presso  di  noi. 
(Quadrine  des  Lanciers). 

Lancinante  :  come  attributo  di  speciale 
sensazione  di  dolore  fisico,  quasi  che  una 
lancia  vi  penetrasse,  è  termine  medico 
dell'uso,  notato  dalla  Crusca;  ma  dal  Pe- 
trocchi confinato  tra  le  voci  fuori  d'uso. 
More  solito! 

Landau:  voce   tedesca,  landau,   che  i 


francesi  pronunciano  secondo  l'indole  della 
loro  lingua,  lapidò.,  e  noi  di  solito  alla  fran- 
cese. La  scrittura  landò ^  accolta  dal  Pe- 
trocchi, mi  pare  poco  usata.  Nota  foggia 
di  vettura  signorile  a  quattro  ruote  con 
due  mantici  che  si  chiudono  a  piacere. 
Il  nome  deriva  dalla  città  di  Landau  in 
Baviera  ove  primamente  tali  legni  furono 
fabbricati. 

Landau  lette  :  diminutivo  francese  di  lan- 
dau.,  nota  specie  di  vettura. 

Landiord:  in  inglese:  Signore  di  terre., 
latifondista,  in  opposizione  a  tenant  zzi  af- 
fittaiuolo. 

Landsturm  :  voce  tedesca  che  nel  senso 
vale  come  leva  in  7nassa.  Oltre  l'esercito 
permanente,  la  riserva  e  la  landwehr,  la 
Germania  ha  la  landsturm^  chiamata  alle 
armi  di  tutti  i  cittadini  nei  momenti  di 
supremo  pericolo  :  comprendo  tanto  coloro 
che  per  varia  ragione  non  prestarono  ser- 
vizio militare,  come  i  soldati  che  per  ra- 
gione di  età  passarono  dalla  Landivehr 
aUa  detta  Landsturm.  La  Landsturm 
venne  chiamata  per  decreto  di  Federico 
Guglielmo  III  di  Prussia  nel  1813  nella 
epica  guerra  contro  Napoleone.  Quel  de- 
creto contiene  le  norme  che  regolano  que- 
sto supremo  istituto  di  difesa. 

Landwehr:  milizia  per  la  difesa  del 
paese  ;  istituto  militare  germanico  per  cui 
è  fatta  leva  di  popolo  già  esercitato  alle 
armi,  cioè  che  appartennero  al  servizio 
attivo,  in  caso  di  bisogno  di  aiuto  alle 
prime  linee  dei  combattenti.  Da  Land., 
paese  e  Wehr,  difesa. 

Langue  de  chat:  nome  dato  francese- 
mente ad  una  foggia  di  pasta  o  di  cioc- 
colata, simile  alla  lingua  del  gatto. 

Langue  verte:  locuzione  francese  per 
indicare  le  parole  neologiche  e  del  gergo, 
non  ancora  accolte  nei  lessici  letterari. 

Laniero  :  agg.  neologico  di  lana,  usato 
come  aggiunto  di  industria  ;  formato  forse 
a  somiglianza  di  cotoniera,  da  cotone. 

Lansquenet:  V.  Lanzichenecco. 

Lanterna!  (alla):  traduzione,  divenuta 
comune,  del  grido  francese  à  la  lanterne., 
mettre  à  la  lanterne  o  lanterner  (come 
dicevasi  allora).  Durante  la  rivoluzione 
francese  era  una  specie  di  supplizio  che 
la  plebaglia  furente  infliggeva  a  quelli  cui 


Laii 


—     267 


Lap 


sospettava  corno  aristoGratici  :  consisteva 
noli' impiccare  alle  cordo  dei  lampioni. 
Alla  lanterna  vale  a  morte.  N.  B.  Se  a 
quei  tempi  ci  fossero  state  le  micidiali 
condotturo  elettriche  per  la  illuminazione 
0  la  trazione! 

La  nuit  tous  les  chats  sont  gris  :  pro- 
verbio francese  che  vuol  dire  che  di  notte 
tanto  ò  facile  ingannarsi  intorno  alle 
persone  e  alle  cose  che  si  incontrano, 
come  non  è  facile  distinguere  le  persone 
belle  dalle  brutte.  De  Brieux  nelle  sue 
Origines  de  quelques  costumes  anciens^ 
così  spiega  togliendo  da  un  motto  greco: 
Hdoa  yvvì'j  toO  àùx^ov  àQÙévrog^  fj  avvi) 
ènri^  spenta  la  candela  ogni  donna  è 
uguale.  Questa  sentenza  è  pur  viva  nel 
nostro  popolo,  ma  dubito  forte  che  tutti 
gli  uomini  in  essa  concordino. 

Lanzichenecco  :  (dal  ted.  Land.,  paese 
e  Knecht,  servitore)  questi  pittoreschi  non 
meno  che  ribaldi  armigeri  tedeschi,  pre- 
toriani famosi  e  infami  nella  storia  d'Italia 
gentile  del  '500  —  più  comunemente  ri- 
cordati col  nome  di  Lanzi  —  introdussero 
da  noi  il  giuoco  d'azzardo  di  tal  nome, 
che  si  fa  con  le  carte  e  per  le  cui  regole 
rimando  al  Gelli,  op.  cit.  Noto  questo  nome 
perchè  spesso  l'udii  pronunciare  quasi  più 
elegantemente  alla  francese,  lansquenet. 
(«Oggi  zecchinetta»  avverte  il  D'Azeglio 
in  Nicolò  de'  Lapi^  cap.  IIj.  Dicesi  anche 
lanzichenecco  nel  mal  senso  di  gianniz- 
^ero.^  pretoriano.^  cioè  di  chi  si  vende  in 
sostegno  dell'altrui   violenza. 

La  parole  a  été  donnèe  à  rhomme  pour 
déguiser  sa  pensée:  la  parola  fa  data 
idi' uomo  per  mascherare  il  suo  pensiero^ 
motto  più  francesemente  arguto  e  para- 
dossale che  fine.  Ne  fu  data  la  paternità 
■A  vari,  fra  gli  altri  al  Talleyrand,  un 
.t'ro  parafulmine  di  motti  cinici,  ed  al 
V^oltaire.  Del  resto  non  è  improbabile  che 
lo  spirito  francese,  avido  di  formule  argute, 
siasi  in  diverso  persone  improntato  di  tale 
pensiero  comune,  indipendentemente  lo 
une  dalle  altre.  Assai  più  (ino  Arrigo  Heine 
nello  suo  Confessioni:  «  iddio  ci  ha  dato 
la  parola  perchè  ci  diciamo  alcun  che  di 
gentile  !  » 

Laparotomìa:  da  ÀarniQ)},  fianco  e  té/uveo.^ 
taglio  :  atto   operatorio  che   consiste  nol- 


r incidere  la  parete  addominale  e  il  peri- 
toneo allo  scopo  di  esplorare  gli  organi 
addominali  e  praticarvi  alcuna  operazione. 

Lapazza  o  Lampazza:  ter.  mar.,  pezzo 
di  legno  incavato  a  foggia  di  gorna,  il 
quale  si  applica  ad  un  albero  o  ad  un 
pennóne  avariato  per  fortificarlo,  fissan- 
do velo  con  solide  legature. 

Lapin:  in  francese  vuol  dir  coniglio, 
ma  è  certo  che  il  pellicciaio  elegante  vi 
dirà  che  il  tale  manicotto,  la  tal  collarina 
è  di  lapin  e  non  di  coniglio  :  ciò  avviene 
un  po'  anche  per  la  ragione  per  cui  Fra 
Cristoforo,  dicendo  omnia  munda  mundis, 
chiuse  la  bocca  a  Fra  Fazio,  che  non  sa- 
pea  di  latino. 

La  politica  delle  mani  nette:  fu  ingenuo 
vanto  del  ministro  Benedetto  Cairoli  dopo 
il  trattato  di  Berlino:  ripetesi  per  dileggio, 
né  a  torto,  giacché  politica  e  nettezza, 
cioè  rettitudine,  radamente  possono  con- 
cordare per  loro  natura.  La  frase  del  Cai- 
roli ripete  altra  consimile  del  ministro 
prussiano  von  Sohleinitz  nel  1859  :  die 
Politk  der  freien  Hand. 

L'appétit  vient  en  mangeant:  motto 
francese  non  ignoto  a  noi,  anche  alla 
gente  volgare.  Leggesi  in  Eabelais,  Gar- 
gantua^  I,  5  :  L' appetii  ment  en  mangeant., 
disoit  Angeston.,  mais  la  soif  s'en  va  en 
beuvant.  Secondo  altri  il  motto  è  pur  at- 
tribuito a  Giacomo  Amyot  (1518-1593) 
rettore  dell'  Abazia  di  Bellozane  a  Re 
Carlo  IX,  che  si  meravigliava  come  egli 
richiedesse  altresì  il  vescovado  d'Auxerre. 
L'appétit  vieni  en  mangeant^  avrebbe  ri- 
sposto r Amyot.  Cfr.  infine  Ovidio.  Mei. 
VII  7  :  cibis  omnis  in  ilio  eausa  cibi  est. 

La  propriété  c'est  le  voi  :  sentenza  del 
socialista  francese  Froudhon  nella  sua 
opera  Qu'esi-ce  que  la  propriété^  Il  motto 
è  più  sposso  ripetuto  in  francese  che  in 
italiano. 

Lapsus  càlami  :  lott.  sbaglio  o  scorsa 
della  penna:  locuzione  talvolta  eufemi- 
stica con  cui  si  scusa  l'orrore  della  monto 
nel  dettare  :  affino  a  lapsus  verbi. 

Lapsus  linguae  :  V.  Lapsus  calami. 

La  pudica  d'altrui  sposa,  a  te  cara:  stu- 
pendo verso  d(4  Farini  {Il  (MÌorno)  nella 
cui  ricercata  e  voluta  contorsione  si  svol- 
gono le  spire  serpentino  della  satira. 


Lar 


—     268 


T.at 


Larga  scala:  V.  Su  Larga  scala. 

Laringòlogo  :  medico  specialista  delle 
malattie  della  laringe. 

Laringoscopio:  ÀàQvy^,  laringe  e  ouo- 
jTElv^  esaminare.  Istrumento  composto  di 
un  piccolo  specchio  montato  su  di  un 
lungo  gambo  onde  si  illumina  ed'  esa- 
mina la  cavità  della  laringe. 

Laringotomìa:  voce  neol.  del  linguag- 
gio medico,  formata  da  laringe  {À,àQvy§)  e 
TÉjifvcù  taglio  :  operazione  che  consiste  ncl- 
r  incidere  in  su  la  linea  media  la  laringe 
ad  un  altezza  piìi  o  meno  grande. 

L'aritmetica  non  è  un'opinione:  frase 
arguta  che  spesso  si  ripete  a  proposito  di 
fatti  che  conviene  accettare  per  quello  che 
sono.  II.  Fumagalli,  op.  cìt.^  ne  dà  la  pa- 
ternità al  sen.  Filippo  Marietti.  Vero  è 
che  anche  l'aritmetica  è  sovente  un'opi- 
nione 0  almeno  è  facile  ad  un  buon  stra- 
tega far  manovrare  le  cifre  secondo  che 
più  talenta  o  secondo  la  credulità  altrui. 

L'arte  per  l'arte:  cioè  l'arte  fine  a  se 
stessa:  sentenza  attribuita  al  Cousin  e  in- 
finitamente e  oziosamente  ripetuta  e- di- 
scussa. Sentenza  vera,  ma  che  è  portata 
sino  alla  esagerazione  dagli  esteti.  L'altra 
sentenza  o  definizione  è  l'arte  per  la  vita, 
cioè  l'arte  con  azione  morale  e  sociale: 
vera  anch'essa,  se  rettamente  intesa. 

Larva:  il  primo  stadio  dell'insetto  dopo 
la  sua  uscita  dall'uovo. 

Lasciare  a  desiderare  o  lasciar  molto 
a  desiderare:  per  valer  poco,  essere  sca- 
dente, fiacco,  etc.  locuzione  con  figura  di 
attenuazione;  frequente  in  ispecie  nella 
burocrazia  scolastica  :  fr.  laisser  beau- 
coup  à  désirer. 

Lasciare  le  briglie  o  le  redini  sul 
collo  :  locuzione  traslata  dall'atto  di  colui 
che  abbandona  le  briglie  sul  collo  del  ca- 
vallo così  che  esso  può  andare  e  fare  ciò 
che  più  gli  talenta.  «  E  quel  DonEodrigo... 
ora  fa  il  diavolo  affatto,  a  quel  che  vedo, 
fin  che  Dio  gli  lascia  la  briglia  sul  collo.  » 
Manzoni,  P,  S.  cap.  XVII.  La  stessa  lo- 
cuzione è  in  francese  :  laisser  la  bride 
sur  le  con  à  quelqu'un. 

Lasciar  nella  penna:  familiarmente  di- 
menticare di  scrivere. 

Lasco:  term.  mar.,  dicesi  di  un  cavo  o 
di  una, manovra  che  non  è  tesa. 


La  spada  di  Damocle  :  il  tiranno  Dionigi 
di  Siracusa  che  viveva  tra  continue  paure 
di  morte,  per  far  capire  proprio  bene  al 
suo  cortigiano  Damocle  che  la  sua  van- 
tata felicità  era  alquanto  discutibile,  ebbe 
la  geniale  idea  di  offrirgli  un  paragone 
sensibile  :  lo  fece  sedere  infatti  a  splendida 
e  voluttuosa  mensa,  ma  sul  più  bello, 
volgendo  gli  occhi  in  su,  Damocle  si  ac- 
corse che  dal  palco  della  stanza  pende- 
vagli  sul  capo  una  ignuda  spada,  legata 
appena  ad  una  setola  di  cavallo.  Damocle 
impallidì  e  si  guastò  la  digestione  :  pregò 
il  troppo  acuto  spiegatore  di  lasciarlo  an- 
dar via  quod  iam  beatus  nollet  esse.  Onde 
si  dice  tuttora  per  indicare  un  pericolo 
sospeso,  continuo,  una  minaccia  di  male 
incessante.  Cfr.  Cicerone,  Tusc.  Disp. 
Y.  21. 

Lassa  :  francese  laisse,  nome  dato  alle 
serie  monoritmiche  dei  poemi  in  lingua  di 
oil  e  de'  poemi  provenzali  :  diconsi  anche 
francesemente  couplets.  La  lirica  italiana 
manca  di  tali  strofe  epiche  e  perciò  non 
ha  nemmeno  il  vocabolo  che  toglie  dal 
francese.  Il  D'Annunzio,  in  un  suo  ten- 
tativo epico  su  Garibaldi,  La  notte  di 
Caprera,  volle  innovare  questa  forma  an- 
tica della  lassa. 

Lassativo:  purgante  leggiero. 

Lasso  di  tempo:  è  riprovato  dai  pu- 
risti come  francesismo  {laps  de  temps). 
In  italiano  spazio,  corso.  Laps  è  dal  lat. 
lapsus,  «  ma  noi  non  ne  abbiamo  biso- 
gno »,  cosi  il  Rigutini,  ed  è  vero;  ed  ap- 
punto in  questa  ingombrante  copia  di  pa- 
role sì  nostrane  come  di  importazione 
straniera,  ma  significanti  tutte  la  cosa 
stessa,  che  consiste  uno  dei  maggiori 
danni  al  linguaggio. 

Last,  not  least  :  ultimo  non  infimo. 
(Shakespeare,    Oiulio  Cesare,  I;. 

Latere  (a):  V.  Legato. 

Latest  style:  ingl.,  ultima  moda  locu- 
zione talora  usata  per  vizio. 

Latet  anguis  in  herba:  si  occulta  il 
serpente  entro  l'erba.  Yergilio,  Ecloga 
III,  93. 

La  tetta  o  il  latte  dei  vecchi  :  perifrasi 
popolare  nostra  per  dire  il  vino. 

Laticlavio:  (lat.  latus  clavus)  orna- 
mento di   larga    striscia    di    porpora    che 


Lat 


—    269 


Lau 


ornava  la  tunica  portata  dai  senatori  al 
tempo  di  Roma  antica  (Impero).  Rivive 
questa  parola  talora  nel  linguaggio  gior- 
nalistico por  indicare  la  dignità  e  la  no- 
mina a  senatore. 

Latifundia  Italiani  perdldère:  i  latifondi 
(grandi  possessi  agricoli)  rovinarono  l'I- 
talia^ nota  e,  per  allusione  al  presente, 
ripetuta  sentenza  di  Plinio:  rovinarono, 
sì  per  l'accentramento  del  capitale  in 
mano  di  pochi,  come  per  il  prevalere  degli 
schiavi  in  vece  dei  liberi  agricoltori  ;  onde 
ne  conseguì  che  alla  coltura  intensiva  si 
sostituisse  quella  estensiva  ed  a  pascolo 
come  più  facile  e  più  rimunerativa  alla 
grande  proprietà,  con  danno  però  dell'in- 
tera nazione.  Inutilmente  contro  i  lati- 
fondi insorsero  le  leggi  dei  Gracchi. 

Latin  sangue  gentile:  stupenda  e  me- 
lodiosa associazione  di  tre  parole  in  cui 
è  un  grande  vero  storico  e  filosofico,  e  se 
avrai  in  mente  il  verso  seguente  : 

Sgombra  da  te  queste  gravose  some, 

lioò  la  soggezione  morale  degli  stranieri, 
apparirà  improntata  di  non  so  quale  pro- 
fetica tristezza.  Leggesi,  come  è  noto, 
nella  canzone  del  Petrarca  a'  grandi  di 
Italia,  e  si  avverta  di  dare  a  gentile  il 
senso  antico  e  che  tuttora  usa  il  popolo 
di  nobile  (geìierosus,  ingenuus).  Latin 
sangue  gentile  è  però  settenario  esclama- 
tivo così  abusato  da  potersi  considerare 
altresì  come  frase  fatta. 

Latitanza  :  (dal  latino  latère  =  nascon- 
dersi) l'imputato  di  un  delitto  che  si  na- 
sconde allo  ricerche  della  giustizia  è  detto 
latitante:  il  fatto  del  nascondersi,  latitanza. 

Latitudine  :  parola  del  linguaggio  fisico 
e  geografico  (lat.  latitudinern).,  usata  nel 
linguaggio  giudiziario  in  voce  di  esten- 
sione. Es.  la  latitudine  della  pena.  La- 
titudine usasi  anche  in  altri  sensi  tra- 
slati che  hanno  manifestamente  provo- 
rii(rriza  francese. 

Latte  alla  crème  :  locuzione  milanese 
per  indicare  un  bodino  o  dolco  di  croma, 
e  coniata  con  l'idea  di  avvicinarsi  ad  un 
probabile  modo  francese  :  vero  è  che  in 
francese  si  dico:  mufs  au  lait^  oeufs  à 
la  crème.,  crème  à  la  vanille^  cròme  au 
chocolat.  etc. 


Latte  di  gallina:  rosso  di  uovo  con 
latte,  brodo  o  acqua  zuccherata  :  in  fr. 
lait  de  poule. 

Lattivendolo  :  invoce  del  toscano  lattaio. 
non  piace  ad  alcuni  puristi,  e  cosi  dicasi 
di  fruttivendolo,  pollivendolo.,  erbivendolo 
in  vece  di  fruttaiuolo^  pollaiuolo.,  er- 
baiuolo; ma  sono  sottigliezze  e  lievi  dif- 
ferenze da  regione  a  regione,  delle  quali 
se  uno  dovesse  tener  conto  sarebbe  co- 
stretto ad  osservare  il  più  pitagorico  fra 
i  silenzi. 

Lattone  o  latta:  «colpo  dato  sul  cap- 
pello a  mano  aperta».  Cosili  Petrocchi. 
Ma  questa  è  voce  che  non  credo  esca  di 
Toscana! 

Lattoniere  :  per  stagnino  è  riprovato 
dal  Fanfani  e  manca  nei  dizionari.  Ma 
accettata  come  è  la  parola  latta  (dal  te- 
desco latte)  in  vece  di  ferro  bianco^  mi 
pare  che  convenga  accogliere  anche  il 
nome  che  ne  deriva.  Certo  che  si  ven- 
gono ad  avere  così  due  voci  uguali,  la 
qual  cosa  non  è  sempre  un  pregio  per  un 
linguaggio. 

Lattosio:  lo  zucchero  che  è  contenuto 
nel  latte. 

Lauda  o  laude  o  loda:  nome  di  com- 
ponimento poetico  in  lode  de'  Santi  e  spe- 
cialmente di  Maria  Vergine,  comune  e 
popolare  nel  finire  dell'Evo  Medio  e  nel 
Cinquecento  nostro.  La  scuola  estetica 
odierna  si  compiace  di  rinnovare  questa 
voce  nella  sua  forma  più  speciosa  di  lauda. 
•  Lauda  post  finem  :  lat.  loda  dopo  la 
fine.,  cioè  attendi  a  lodare  quando  tu  ab- 
bia conosciuto  l'esito  dell'impresa. 

Laudari  a  laudato  viro:  lat.  esser  lo- 
dato da  uomo  lodato  è  —  si  intende  — 
pura  e  vera  lode.  Leggesi  in  Cicerone 
(ad  Famil.  V.   12.  7). 

Laudator  temporis  aoti  :  così  Orazio,  nel- 
V  Epistola  ai  Fisoni.,  tratteggiando  le  varie 
età  dell'uomo  e  cogliendo  il  lato  tipico 
di  ciascuna,  definisce  con  stupendo  senso 
psicologico  e  fisiologico  il  vecchio  por  lo- 
datore del  tempo  passato .  Tale  definizione 
ha  valore  tuttora  di  modo  di  dire,  quasi 
brontolone.,  misoneista.  Il  passo  oraziano 
si  completa  aggiungendo  a  laudator  tem- 
poris aoti  lo  due  ])arolo  se  puero  ~z  (quan- 
d'egli era  itnuiiullo,  quindi    aspro   e  av- 


Lat 


270     — 


Lav 


verso  al  presente:  fenomeno  eterno,  do- 
vuto al  fatto  che  gli  anni  giovani  e  primi 
della  vita  hanno  maggior  peso  e  valore, 
e  che  in  quell'età  essendo  minore  l'espe- 
rienza e  l'osservazione,  più  degno  e  mi- 
gliore sembra  l'uomo,  e  logica  la  ragione 
della  vita. 

Latinorum  :  voce  popolare  e  spregiativa 
per  indicare  il  latino  e  le  dottorali,  in- 
comprensibili formule  latine.  Il  Manzoni 
fa  appunto  dire  a  Eenzo  :  «  che  vuol  che 
io  faccia  del  suo  latinorum,  ?  »  P.  S.  cap.  I. 

Latinucci  :  le  prime  traduzioni  ed  eser- 
cizi latini ,  che  si  sogliono  far  nelle 
scuole. 

Laughing  gas  :  voce  inglese  che  vuol  dire 
gas  l'idente  :  in  italiano  gas  esilarante  o 
del  paradiso.  E  un  protossido  di  azoto 
che  esercita  un'azione  anestetica,  breve 
e  locale,  quindi  adatto  per  l'estrazione 
dei  denti.  Probabilmente  il  nome  inglese 
ci  venne  con  1'  invasione  dei  dentisti 
americani. 

Lavabo  :  questa  voce  nei  dizionari  no- 
stri è  registrata  nel  senso  di  acquaio 
delle  sacrestie  :  luogo  dove  ci  si  può  la- 
vare. L'arnese  che  serve  a  quello  scopo., 
aggiunge  con  spiegazione  indeterminata 
il  Petrocchi.  Ora  lavabo  è  usato  appunto 
per  quel  meublé  de  toilette.,  souvent  en 
forme  de  ti-épièd,  qui  porte  un  pot  à 
l'eaii  et  sa  euvette.  Dunque  lavamano. 
Ma  un  lavamano  molto  elegante  è  spesso 
detto  lavabo.  Senso  eletto ,  moltissime 
volte  notato,  che  hanno  fra  noi  le  parole 
francesi.  In  milanese  lavabo  è  voce  del- 
l'uso. NB.  Questa  parola  è  stata  accolta 
senza  esempi  dalla  Crusca  per  indicare 
«  una  fontanella  o  piccola  vasca  adossata 
ad  un  muro,  anche  fuori  di  recinto  sacro, 
per  uso  di  lavarsi  più  specialmente  le 
mani  =;  lavamano  » .  In  vero  non  mi  pare 
facile  comprendere  i  criteri  con  cui  gli 
accademici  della  Crusca  accolgono  i  neo- 
logismi. 

Lavaggio:  voce  nuova,  tolta  dal  fran- 
cese, lavage  =  action  de  laver.  Come  ter- 
mine di  metallurgia,  di  chimica,  etc.  è 
voce  tecnica  invece  di  lavatura:  indica 
l'operazione  del  separare  i  metalli  mercè 
l'azione  dell'acqua. 

Lavandino:  voce  lombarda,   lavandin., 


che  significa  la  pila  o  vaschetta  ove  si 
lavano  e  riforniscono  le  stoviglie  ed  i 
piatti  :  acquaio  in  Toscana.  In  Romagna 
e  nel  Veneto  dicesi  scafa. 

Lavar  la  testa  all'asino:  modo  nostro 
familiare  che  significa  far  opera  vana., 
ma  dicesi  con  special  senso  di  chi  intende 
emendare  o  correggere  altrui  senza  pro- 
fitto. 

Lavarsene  le  mani  :  non  volere  aver 
brighe  o  affare  con  taluno  o  per  alcuna 
cosa  0  questione,  ma  si  dice  solitamente 
di  affari  che  non  appaiono  gran  che  si- 
curi 0  netti  0  che  volgono  al  male.  Lo- 
cuzione familiare  e  comune,  derivata  dagli 
Evangeli,  S.  Matteo  XXII. 

Lavativo:  nei  dialetti  e  nel  parlar  fa- 
miliare dell'  Alta  Italia  dicesi  lavativo 
—  traslato  altrettanto  efficace  quanto  vol- 
gare —  di  persona  uggiosa,  che  è  sempre 
fra  i  piedi,  o  che  non  risponde  alle  più 
esatte  norme  della  consuetudine  e  della 
delicatezza. 

Lavatura  dello  stomaco:  V.  Stomaco 
(lavatura  dello). 

La  verità  è  in  marcia  :  frase  di  E.  Zola 
a  proposito  del  processo  Dreyfus  (Y.  af- 
faire)., del  quale  il  grande  romanziere 
francese  si  fece  sostenitore  audace  e  ge- 
neroso. La  frase  francesemente  enfatica 
parve  acquistar  valore  di  intercalare.  Del 
resto  la  Verità  è  camminatrice  pessima. 
Dicono  che  faccia  lunghe  soste  in  fondo 
al  pozzo. 

Lavico  :  da  lava.,  nel  linguaggio  dei 
geologi,  attributo  delle  rocce  eruttive  in 
fusione,  cioè  della  varia  natura  delle  lave. 
In  fr.  lavique  :  manifesta  provenienza. 

Lavorare  (uno):  in  senso  un  po'  furfan- 
tesco dicesi  lavorare  uno  per  indurlo., 
ridurlo^  come  si  farebbe  di  docile  mate- 
ria, renderlo  maneggevole.,  in  modo  che 
esso  acconsenta  spontaneamente  a  fare 
ciò  che  noi  desideriamo. 

Lavoratori  della  terra:  perifrasi  neolo- 
gica ed  eufemistica,  apparsa  con  deter- 
minato senso  nel  linguaggio  politico,  forse 
per  evitare  la  parola  antica  e  che  deve 
saper  di  servile  o  di  volgare  :  contadino. 
Per  la  stessa  ragione  si  è  formata  l'altra 
perifrasi  di  lavoratori  della  mensa  per 
dire  i  camerieri,  lavoratori  del  libro  per 


271    — 


Lee 


dire   i   tipografi,  legatori,  etc.  Locuzioni 
probabilmente  effimere. 

Lavoratori  del  libro:  gli  operai  tipo- 
urafi,  legatori,  etc.  i  quali  operano  in- 
sieme alla  formazione  del  libro.  Perifrasi 
eufemistica  recente.  V.  Lavoratori  della 
terra.  E  l'autore  del  libro  perchè  opera 
con    l'ingegno  è  escluso    dai  lavoratori? 

Lawn-Tennis:  anche  questo  signorile 
giuoco  di  nome  inglese,  è  di  origine  ita- 
liana (V.  Foot-ball).  Il  Lawn- Tennis  è  lo 
antichissimo  giuoco  della  Palla-corda,  del 
quale  fu  scritto  un  trattato  sino  dal  1555. 
V.  Scaino,  Trattato  del  giuoco  della  palla ^ 
in  Venezia..  Ma  chi  fra  i  nobili  signori 
italiani  adopera  la  parola  palla-corda? 
Voce  semi-spenta  !  Per  le  regole  che  reg- 
gono questo  giuoco  la  cui  mondanità  ga- 
reggia e  forse  vince  Futilità  fisica,  Y. 
Baddeley.  Il  Lawn-tennis  etc.  Hoepli, 
Milano.  Si  giucca  usando  parole  inglesi. 
Le  modificazioni  introdotte  in  Inghilterra 
in  detto  giuoco,  l'influsso  grande  deUa 
moda  britannica,  il  carattere  internazio- 
nale delle  classi  ricche,  etc.  ed  altre  cause 
che  si  possono  aggiungere  non  sono  suf- 
ficienti a  spiegare  questo  abuso  e  questo 
compiacimento  di  termini  forastieri  — 
anche  dove  non  sono  richiesti  dalla  ne- 
cessità —  che  si  nota  in  Italia.  Conver- 
rebbe cercare  più  sottili  ragioni  che  qui 
non  hanno  loro  luogo.  Il  lawn-tennis  è 
una  varietà  di  tennis^  come  dice  la  pa- 
rola lawn  =  pianura,  prato  (etimologi- 
camente lawn  =  landa).  Tennis  poi  sa- 
rebbe una  corruzione  del  verbo  latino 
tenere;  quasi  tenete  o  tieni ^  detto  dal 
giuocatore  nell'  atto  di  lanciare  la  palla. 
Ma  non  ò  etimologia  sicura. 

Lazagnes  :  noto  questa  parola  per  biz- 
zarria :  però  non  è  di  mia  invenzione. 
Nella  lista  di  un  grande  ristorante  le  no- 
stre lasagne  erano  state  travestite  in  la- 
xagnes^  voce  incomprensibile  in  ogni  lin- 
gua, ma  che  dimostrava  nell'estensore 
della  lista  la  volontà  deliberata  di  volere 
con  vesto  francese  nobilitare  la  plebea 
voce  italiana.  Ciò  fa  il  paio  con  quest'al- 
tra: In  una  gran  vetrina  c'era  la  foto- 
grafia di  una  villa  da  vendere.  Tropjjo 
giusto  ohe  la  scritta  fosso  in  francese,  e 
il  commesso  scrisse,    Ville  à  vendre.  Ma 


l'infelice  nel  nobile  zelo  di  far  francese 
la  parola  nostra,  aveva  scordato  che  villa 
è  parola  pur  usata  in  Francia  e  che  ville 
vuol  dire  città.  Onde  gli  convenne,  mal 
suo  grado,  scrivere  ancora  in  italiano. 
Sciocchezze  indegne  di  un  lessico  !  dirà 
alcuno,  iti  vero.  Ma  queste  sciocchezze 
sono  in  così  grande  numero,  questa  igno- 
ranza e  questo  idioma  bastardo  sono  così 
trionfali  nella  nostra  italica  indifferenza, 
che  hanno  valore  di  sintomo  non  trascu- 
rabile. 

Lazzarone:  o  làz'x^aro.,  uomo  dell'in- 
fima plebe  napoletana.  Parola  e  cosa  del 
tempo  del  vicereame  di  Spagna  :  «  voce 
tolta  dalla  lingua  dei  superbi  dominatori, 
i  quali  prodotta  la  nostra  povertà  e  scher- 
nita, ne  eternarono  la  memoria  per  il 
nome  »  P.  Colletta.  Storia  del  Reame  di 
Napoli^  voi.  I.  Il  quale  nobilissimo  sto- 
rico nostro  tratta  diffusamente  dei  lazzari 
e  loro  opere  al  tempo  della  republica 
Partenopea.  Dicesi  lazzarone  anche  fuori 
di  Napoli  di  persona  oziosa  e  di  abbietto 
animo.  In  milanese,  laz7Mròn  :=  scam- 
pafatiche,  con  buona  dose  di  malizia. 

Leader  :  dal  verbo  inglese  to  lead  -zrz  gui- 
dare, dunque  capo^  guida^  duce.  Nel  lin- 
guaggio politico  la  parola  leader  occorre 
per  indicare  quel  personaggio  il  quale  per 
forza  di  idee,  carattere,  energia  di  azione, 
riesce  a  guidare  un  partito  e  ne  è  l'ora- 
tore ed  assertore  più  valido.  Vocabolo  del 
linguaggio  politico  inglese,  trasportato  nel 
nostro  senza  assoluta  necessità  :  usasi  al- 
tresì in  francese. 

Lebbra:  (ÀéjTQa  =  scaglia)  sinonimo,  ele- 
fantiasi dei  Oreci.  Malattia  dovuta  ad 
uno  speciale  bacillo  detto  .di  Hansen.  E 
caratterizzata  da  bernoccoli  e  noduli  sotto 
cutanei,  come  da  eruzione  e  turbamenti 
nervosi.  Malattia  contagiosa  a  corso  lento 
e  letale,  notissima  dalla  più  remota  an- 
tichità. 

Leccapiedi:  si  dico  volgarmente  di  vile 
e  interessato  adulatore.  In  fr.  Icche  cui 
-~  vii  flatteur. 

Le  colonne  d'Ercole:  dicosi  por  signi- 
ficare u!i  limito  morale  non  sorpassabilo, 
e  per  Io  più  si  dice  ironicamente  giacché 
oggi  non  è  ammesso  più  confino  al  pen- 
siero.  AllusioM(>  all(>   coloiiiK»  cln»  Ercole 


Led 


272 


Leg 


alzò  in  Calpe  e  Abila,  oltre  alle  quali  a 
ninno  era  co?icesso  andar  oltre  (Pin- 
daro). 

Ov'Ercole  segnò  li  suoi  riguardi, 
Acciò  che  l'uom  più  oltre  non  si  metta. 
Dante,  Inf.  XXVI,  108,  109. 

Le  dernier  cri  de  la  mode:  nuova  e  abu- 
sata locuzione  per  indicare  l'ultima  no- 
vità. L'italiano  direbbe,  nel  caso,  espres- 
sione; la  lingua  francese  seguendo  l'at- 
titudine sua  di  esagerare  iperbolicamente, 
adopera  la  voce  grido  che  per  noi  non 
Ila  senso  adatto.  Questo  dernier  cri  ri- 
corre abusivamente  nel  linguaggio  de' 
giornali  con  senso  esteso  e  vario. 

Le  fatiche  d'Ercole:  locuzione  mitolo- 
gica, per  lo  più  ironicamente  usata  o  per 
ischerno.  Ercole,  figlio  di  Alcmena  e  di 
Giove,  è  il  classico  lavoratore,  civilizza- 
tore del  mito  ellenico.  Per  comando  di 
Giove,  ed  ai  servigi  di  Euristeo,  re  di 
Micene,  compì  da  vero  globe-trotter^  le 
dodici  simboliche  imprese  o  fatiche.  Fu 
però  compensato  del  suo  lavoro,  che  ebbe 
in  premio  il  seggio  degli  Dei  in  Olimpo, 
e  gli  fu  data  in  isposa  Ebe,  celeste,  per 
compenso,  forse,  della  terrestre  Deianira. 

Lega:  nome  dato  alle  associazioni  ope- 
raie, specialmente  delle  campagne,  or- 
ganate rapidamente  in  questi  anni  con 
schietto  carattere  socialista.  La  lega,  come 
dice  il  nome,  tende  per  ora  al  fascio  ed 
alla  unione  delle  forze  per  la  resistenza 
contro  il  capitale  ed  il  miglioramento 
economico  della  classe.  S'è  formato  per- 
sino l'agg.  leghista^  l'operaio  ascritto  e 
militante  nella  lega,  contrapposto  all'o- 
peraio autonomo  che  accorre  tradendo  la 
causa  di  classe,  all'appello  del  capitale. 
y.  Krumiro. 

Legalitario:  nel  linguaggio  politico  si 
dice  di  que'  liberali  che,  pur  appartenendo 
teoricamente  ai  partiti  di  carattere  rivo- 
luzionario e  avendo  tradizioni  sospette, 
accettano  lealmente  ma  condizionatamente 
la  Monarchia  Sabauda  e  l'attuale  costitu- 
zione del  Eegno.  In  senso  più  largo,  le- 
galitario dicesi  di  qualunque  riformatore, 
anche  se  non  faccia  dichiarazioni  di  fe- 
deltà monarchica.  Questa  nuova  parola 
deve  essersi  foggiata  sul  légalitaire  fran- 


Legar  l'asino  dove  vuole   il  padrone  : 

locuzione  nostra  popolare,  riflesso  della 
stolta  prepotenza  di  chi  comanda  e  della 
abbiezione  di  chi  deve  ubbidire  :  vale  far 
l'altrui  volontà  senza  discutere,  sia  che 
ne  provenga  bene  o  male,  pur  di  vivere 
in  pace.  Usasi  spesso  tale  locuzione  nel 
modo  imperativo. 

Dove  vuole  il  padron  lega  il  somaro. 

Così  la  sapienza  di  Bertoldo  (canto  IV, 
stanza  76)  nel  poema  giocoso  Bertoldo^ 
Bertoldino  e  Cacasenno. 

Legar  la  vigna  con  le  salsicce:  nuo- 
tare in  ogni  abbondanza  tanto  da  usar 
le  salsicce  come  vimini.  Locuzione  viva 
tuttora  ed  usata  in  speciali  casi  e  più 
spesso  in  senso  ironico:  certo  di  forma- 
zione popolare.  Confronta  il  Boccaccio, 
Decameron,  giornata  VII,  novella  III, 
ove  Maso  descrive  a  Calandrino,  credulo 
e  semplice,  il  paese  di  Bengodi. 

Legarsela  al  dito:  dicesi  popolarmente 
di  chi,  ricevuta  un'offesa,  un  torto,  non 
lo  dimentica  più,  come  avviene  di  chi  per 
ricordarsi  di  alcuna  cosa  si  avvolge  e  lega 
un  filo  attorno  al  dito. 

Legato:  lat.  legatus  =  ambasciatore.  In 
tale  senso  dicesi  oggi  solo  dei  vicari  del 
Pontefice  esercitanti  la  sua  giurisdizione 
in  suo  nome.  Sono  detti  a  latere  quasi 
staccati  dal  fianco  del  Pontefice,  per  in- 
viarli in  missione.  Legati  nelle  antiche 
Provincie  italiane  soggette  al  dominio  della 
Chiesa,  erano  detti  i  prelati  mandati  a 
governarle.  Onde  il  nome  di  legazioni  a 
quelle  provincie  (Ferrara,  Bologna,  Forlì, 
Ravenna). 

Legatura:  termine  musicale:  linea  ri- 
curva che  abbraccia  due  note  per  formare 
di  entrambe  un'unica  durata.  Posta  al 
disopra  di  un  gruppo  di  note  diverse,  o 
di  un  inciso  musicale,  essa  indica  doversi 
eseguire  i  singoli  suoni  senza  staccarli, 
ma  congiunti  il  più  possibile  gli  uni 
agli  altri,  d'un  sol  fiato,  o  con  un'unica 
arcata,  negli  strumenti  a  corde,  o  senza 
rinnovare  il  colpo  di  lingua,  se  trattasi 
di  strumenti  a  fiato.  (A.  GaUi,  op.  cit.). 

Legazioni:  Y.  Legato. 

Leggenda  drammatica:  è  così  denomi- 
nato un  lavoro   vocale  e  strumentale  in 


—     273     - 


Lea 


cui  vi  ha  azione,  ma  non  sono  necessari 
nò  l'apparato  scenico  né  i  vestiari  (ad 
es.  la  Dannazione  di  Faust  del  Berlioz). 

Leggere:  nel  linguaggio  commercialo  ri- 
corre spesso  questa  locuzione  viziosa  al 
piacere  di  leggervi  cioè  di  avere  risposta^ 
leggero  i  vostri  caratteri;  oppure  ho  il 
piacere  di  leggervi^  per  dire  che  si  è 
avuta  risposta:  modo  tolto  dal  fr.,  au 
plaisir  de  vous  lire. 

Legge  Salica:  cioè  la  legge  dedotta 
dalla  giurisdizione  barbarica  degli  anti- 
chi Franchi  Salici  (secolo  V)  che  esclude 
lo  donne  dal  diritto  di  successione  al  trono: 
logge  conservata  nella  secolare  Monarchia 
francese  ;  trasportata  nella  Monarchia  Sa- 
bauda (Y.  Statuto,  2).  Dai  Franchi  Salici 
{salien.,  da  Saale.,  fiume  di  cui  in  origine 
abitavano  le  rive)  tribù  della  Franconia, 
entrati  in  Gallia  al  tempo  di  quelle  inva- 
sioni barbariche,  provennero  i  primi  re  di 
Francia  della  dinastia  de'   Merovingi. 

Leonardesco:  Y.  Raffaellesco. 

Leghista  :  nool.  giornalistico,  probabil- 
mente effimero,  ed  è  attributo  di  colui 
(;he  appartiene  ad  una  lega  così  detta  di 
resistenza  fra  gli  operai  e  lavoratori  :  isti- 
tuto politico  di  carattere  socialista.  I  le- 
ghisti sarebbero  opposti  ai  cosi  detti  km- 
miri.  Y.  questa  parola. 

Legittimista:  furono  detti  in  Francia 
(légitimiste)  i  partigiani  dei  legittimi  prin- 
cipi (Borboni),  cioè  di  quei  principi  che 
regnarono  per  diritto  tradizionale,  in  op- 
posizione ai  principi  che  ottennero  il  po- 
tere 0  per  tirannide  (colpo  di  Stato)  come 
i  Napoleonidi,  o  per  rivoluzione,  come  gli 
<  )rléans. 

Legum  omnes  servi  sumus,  ut  liberi 
esse  possimus:  tutti  siamo  servi  delle 
leggi  per  poter  esser  Uberi:  mirabile  senso 
romano  della  legge,  ridotto  in  questa  for- 
mula scultoria  da  Cicerone  {Pro  Cluent., 
LUI,  146). 

Leitmotiv:  voce  tedesca  che  vuol  diro, 
motiro  guida:  od  è  quel  ritornello  che, 
specie  nelle  opero  del  Wagner,  si  ripeto 
0  spunta  ogni  tanto,  sotto  diversa  foi'ma, 
annettendo  l'autore  a  quel  suono  uno  spe- 
ciale senso  esplicativo  del  concetto  filo- 
sofico dell'opera.  La  locuzione  è  usata 
anche  in  senso  estraneo  alla  musica  per 

A.  Fanzini.  Suppletnrnto  ai  Dixionari  italiani. 


indicare  il  pensiero  dominante,  il  solito 
ritornello,  l'argomento  che  torna  a  galla  etc. 

Le  leggi  son,  ma  chi  pon  mano  ad  esse?  : 
verso  dantesco  divenuto  popolare  (Purg. 
XYI,  97j.  È  il  concetto  del  Quis  custodiet 
custodem  e  del  niun  valore  delle  leggi 
senza  i  buoni  costumi. 

Lemming  :  nome  di  grosso  topo  migra- 
tore delle  regioni  artiche  (Myodes  lernmus 
0  Lemmus  norvegicus). 

L'empire  c'est  la  paìx:  parole  di  Luigi 
Napoleone,  presidente  della  Republica, 
pronunciate  a  Bordeaux  il  9  ottobre  1852: 
preludio  dell'Impero  e  del  Colpo  di  Stato. 

Lente  dell'avaro:  Y.  La  compagnia 
della  lesina. 

Lentiggine:  (Y.  Efelidi)  macchie  pig- 
mentarie della  pelle  che  appaiono  su  le 
mani,  sul  collo  e  specie  sul  volto,  più  vi- 
sibili di  estate  che  di  inverno  :  frequenti 
nelle  persone  di  carnagione  rossa.  Si  ma- 
nifestano al  tempo  della  seconda  infanzia. 

Leprosario  :  ospedale  pei  lebbrosi. 

Les  affaires  sont  les  affaires:  cinica 
sentenza  francese  che  vuol  dire:  ogni  con- 
siderazione di  carattere  morale  non  aver 
peso  negli  affari  :  sentenza  cinica  ma  vera, 
e  non  solo  in  Francia.  Il  motto  è  ripe- 
tuto sì  in  francese  che  in  italiano. 

Les  affaires,  c'est  l'argent  des  autres: 
Y.    Oli  affari.^    etc. 

Les  amis  de  nos  amis  sont  nos  amis: 
modo  francese,  talora  ripetuto  fra  di  noi  : 
gli  amici  dei  nostri  amici  sono  amici 
nostri. 

Lesbio  0  lesbico:  attributo  di  perver- 
tito senso  d'amore  fra  donne,  così  detta 
dall'isola  di  Lesbo.  Y.  Appendice  e  Y. 
Omosessualità. 

Les  Chassepot  (nos  fusils  Chassepot) 
ont  fait  merveille!:  (V.  Chassepot)  parole 
storicamoiite  famoso  e  infami  con  cui  il 
generale  De  Failly  annunciava  (9  novem- 
bre 1867)  alla  Francia  la  vittoria  di  Men- 
tana 0  le  buone  provo  dei  nuovi  fucili  a 
retrocarica,  fatte  per  la  prima  volta  su 
bersagli  umani. 

Les  dieux  s'en  vont:  dicosi  sul  serio  o 
por  colia  (juando  (jualcosa  di  storioamento 
grande  declina  nella  sua  parabola  storica, 
0  dicosi  anche  di  persone  di  cui  decado 
la  rinomanza.  Questo   motto   si  leggo  in 


Les 


274 


Let 


Chateaubriand.  {Martiri^  libro  XXIV)  a 
proposito  della  fine  dei  numi  Pagani  ;  ma 
è  una  reminiscenza  di  un  passo  di  Giu- 
seppe'Flavio,  de  Bello  judaico^  VI,  5,  31, 
in  cui  è  raccontato  come,  celebrandosi  la 
festa  della  Pentecoste,  fu  udito  nel  tempio 
un  gran  rumore,  indi  una  gran  voce  che 
diceva  :  allontaniamoci  di  qui  {/usTa^al- 
vcjjuev  èvreOdev.  In  Plutarco  (De  oraeu- 
lorum  defeetu)  è  pur  riportata  la  voce 
fatidica:  //  gran  Pan  è  morto! 

Lesèna  o  parasta  :  termine  architetto- 
nico ;  pilastro  che  aggetta  dal  muro.  In 
origine  non  era  fascia  decorativa,  ma  avea 
funzione  organica  costruttiva.  Talvolta 
però  si  tratta  di  un  semplice  motivo  di 
decorazione,  adoperato  allo  scopo  di  inter- 
rompere la  monotonia  delle  facciate. 

Les  Italiens  ne  se  battent  pas:  espres- 
sione ingiuriosa,  variamente  attribuita. 
Là  paternità  più  accreditata  è  quella  del 
generale  La  Moricière.  Essa  espressione 
non  sintetizza  del  resto  che  una  serie  di 
ingiurie  consimili,  una  specie  di  opinione 
publica  e  assai  antica  che  gli  stranieri 
avevano  dello  spirito  bellico  degli  italiani. 
Inutile  riportare  saggi  ed  esempi:  tuttavia 
eccone  due  tolti  a  caso,  l'uno  di  G.  Giorgio 
Allione,  astigiano,  poeta  del  secolo  XVI, 
il  quale,  a  proposito  della  battaglia  di 
Forno vo  o  del  Taro,  scriveva  : 

Ja  ne  soit  il  usance  a  voui  itaulx 

quen  champs  niortaulx  on  vous  saiche  attraper, 

l'altro  del  generale  Marbot  {Mémoires  du 
general  Bon  de  Marbot,  voi.  Il,  pag.  53, 
Paris,  libraire  Plon,  1892)  il  quale  con 
la  pili  grande  disinvoltura  e  naturalezza 
scrive  :  Lorsque  VEmpereur  (Napoleone  I) 
apprit  le  désastre  de  Baylen^  sa  colere 
fut  d'autant  plus  terrible^  que  jusque-là 
il  avait  considéré  les  Espagnols  comme 
aussi  làches  que  les  Italiens. 

Les  morts  vont  vite  :  versione  francese 
del  verso  tedesco:  Z)*e  Todten  reiten  schnell.^ 
i  morti  cavalcano  svelti,  che  è  il  ritor- 
nello della  ballata  romantica,  famosissima, 
del  Biirger,  intitolata  «  Leonora  »  ove  è  de- 
scritta la  fuga  macabra  della  fanciulla  al- 
lacciata allo  spettro  dell'amante  sul  cor- 
ridore. Il  primo  senso,  quello  che  vi  diede 
il  Biirger,  è  perduto,  e  con  felice  errore 
si  dà  al  motto   il  significato  che  i  morti 


si  allontanano  da  noi  in  fretta,  che  la 
morte  rapidamente  distrugge  la  memoria 
degli  estinti. 

Le  stalle  d'Augìa:  V.  Stalle  d'Augìa. 

Lestofante:  ciurmadore^   imbroglione. 

Letargo  :  gr.  Xr}dr}^  oblio  e  à^yià  pigrizia, 
quiete.  Nel  linguaggio  medico  indica  un 
sonno  profondo  e  continuo  nel  quale  l'in- 
fermo parla  quando  lo  si  sveglia  ma  non 
sa  ciò  che  ha  detto,  indi  ricade  nel  pri- 
miero stato. 

L'Etat  c'est  moi:  la  leggenda  racconta 
che  Luigi  XIV,  diciasettenne  ancora,  en- 
trando in  Parlamento  (che  allora  signifi- 
cava ben  altra  cosa  che  adesso)  in  abito 
da  caccia  e  frustino,  così  rispondesse  al 
presidente  che  gli  parlava  degli  affari  dello 
Stato.  Vero  o  falso  sia  il  motto,  esso  rende 
assai  bene  il  concetto  dell'autorità  monar- 
chica di  Francia,  accentrata  in  Luigi  XIV 
più  che  in  ogni  altro  re  di  Francia. 

Leotio  brevis:  lat.  lezione  breve.,  non  se- 
condo le  norme  e  l'orario  consueto,  ma  alla 
spiccia.  Locuzione  del  gergo  scolastico. 

Lettera  anonima:  o  lettera  cieca.,  cioè 
senza  firma,  e  dettata  in  modo  che  non 
riesca  possibile  accertarne  la  provenienza. 
La  lettera  anoniìtia  non  sempre  contiene 
notizie  false  ancorché  il  suo  intento  sia 
raramente  quello  di  illuminare  la  giustizia 
a  fine  di  bene;  ma  bensì  di  nuocere  al- 
trui soddisfacendo  così  alla  propria  ven- 
detta, in  modo  tanto  più  caro  in  quanto 
che  l'impunità  è  presso  che  assoluta.  Sa- 
rebbe interessante  studiare  l'influsso  che 
esercitò  la  lettera  anonima  nella  storia  di 
tutti  i  tempi  ;  e  non  meno  interessante 
sarebbe  studiare  il  processo  di  malignità 
e  di  viltà  nell'infinito  numero  di  autori  di 
lettere  anonime.  Ne  l'una  ne  l'altra  cosa 
è  possibile.  Molte  volte  la  lettera  anonima 
forma  un  vero  sfogo  e  svago  alla  invin- 
cibile perfidia  umana.  Lo  stesso  stile  delle 
lettere  anonime  è  una  rivelazione  di  mal- 
vagità lieta  e  sicura.  Che  più?  La  mac- 
china per  iscrivere  facilita  anzi  oggidì  una 
pratica  che  un  tempo  richiedeva  almeno 
dell'arte  e  dell'astuzia. 

Lettera  aperta  :  chiamano  lettera  aperta 
quello  scritto  di  giornale,  di  carattere  so- 
litamente polemico,  rivolto  per  artifìcio  in 
forma  epistolare  a  qualche  personaggio,  il 


Let 


—    275    — 


Lev 


quulo  della  questione  che  si  tratta  ha  re- 
sponsabilità 0   parte. 

Lettera  di  cachet:  V.  Cachet. 

Lettera  di  credito:  in  diplomazia  è  cosi 
detto  quel  documento  che  accredita  l'am- 
basciatore presso  un  altro  governo,  do- 
manda cioè  che  si  presti  intera  fede  su 
ciò  che  potrà  dire  del  suo  Stato.  In  fr. 
lettre  decréance,  cioè  «  credenziale  ».  Let- 
tera di  credito  è  detto  pure  nel  linguag- 
gio commerciale  per  lettera  che  serve  ad 
accreditare. 

Lettere  patenti  :  fr.  lettres  patentes.,  dal 
latino  patere  =  essere  manifesto.  Si  dice 
di  corti  atti  firmati  dal  Capo  dello  Stato 
e  ufiìcialmente  fatti  conoscere  al  popolo, 
come  i  proclami. 

Letto  di  giustizia:  fr.  Ut  de  justice: 
termine  storico  che  indicò  il  trono  ove 
sedeva  il  re  di  Francia  nelle  sedute  so- 
lenni del  Parlamento  ;  indi  la  seduta  stessa. 
Si  intende  prima  della  rivoluzione  fran- 
cese deir89;  e  valendo  allora  l'autorità 
regia  come  assoluta,  cosi  si  dice  oggi  letto 
di  giustima  per  significare  una  delibe- 
razione autoritaria  in  cui  il  piace  a  me 
e  basta  è  il  più  forte  argomento. 

Letto  di  Procuste:  locuzione  dell'uso 
per  indicare  qualcosa  di  meschino,  di  in- 
tollerando e  di  tirannico  insieme  {Ut  de 
Procuste^  anche  in  francese).  Il  quale 
Procuste,  ucciso  dal  mitico  Eroe  Teseo, 
aveva  costume  di  stendere  i  viandanti  in 
un  letto  assai  corto  e  ciò  che  ne  sorpas- 
sava delle  membra,  tagliava. 

Leucemìa:  dal  gr.  ÀevKÓg.^  bianco  e  aijua, 
sangue:  nome  di  malattia  studiata  pri- 
mieramente dal  Virchow  e  caratterizzata 
da  un'alterazione  del  sangue,  consistente 
in  un  aumento  considerevole  e  duraturo 
dei  globuli  bianchi  con  ipertrofia  degli 
organi  formati  da  tessuto  linfoido  (milza, 
gangli  linfatici,  etc).  Qualche  volta  si 
hanno  pure  alterazioni  del  midollo  delie 
ossa.  A  seconda  dell' oi'gano  interessato, 
si  distinguono  le  forme  seguenti  che  alle 
volto  passano  l'una  nell'altra:  Leucemia 
linfatica^  quando  v' è  inspessimento  dei 
gangli  linfatici;  leucemia  mielogena.,  se  Vi 
sono  alterazioni  del  midollo  dello  ossa;  leu- 
cemia splenica^  sii  vi  ò  qualche  tumore 
di   milza. 


Leucociti  :  ter.  med.  da  Aei^KÒ^  =:  bianco 
e  uvrog  zzz  capacità,  cellula  :  globuli  bian- 
ehi.,  uno  degli  elementi  del  sangue. 

Leucòma:  {kevKÓs  '—-  bianco  e  il  suf- 
fisso orna)  macchia  bianca  che  succede 
ad  una  piaga  o  ad  una  ulcerazione  della 
cornea. 

Leucorrea:  gr.  A^evuóg  =  bianco  e  Qéo) 
:=.  scorro.  Y.  Fiori  bianchi. 

L'Europa  sarà  republicana  o  cosacca: 
motto  attribuito  a  Napoleone  I,  ma  ve- 
ramente in  più  miti  termini  da  lui  espresso. 
Passando  in  rassegna  le  probabilità  di  es- 
sere ridato  alla  libertà,  così  si  esprimeva 
durante  il  suo  esigilo  a  S.  Elena  a  Las 
Cases  :  Enfin  une  dernière  chance.,  et  ce 
pourrait  étre  la  plus  probable.,  ce  serait 
le  besoin  qu'on  aurait  de  moi  contre  les 
Russes  ;  car  dans  l'état  actuel  des  choses^ 
avant  dix  ans.,  tonte  V  Europe  peut  étre 
cosaque.,  ou  toute  en  république.  {Memo- 
riale di  S.  Elena.,  ediz.  Lecointe,  1828, 
III,  pag.  Ili). 

Leva  in  massa:  locuzione  derivata  dal 
francese  levée  en  masse  (in  tedesco  Land- 
sturm)  chiamata  alle  armi  da  parte  del 
governo  di  tutti  i  cittadini  atti  a  portar  le 
armi  per  opporsi  ad  invasione  straniera, 
e  perciò  considerati  di  diritto  come  belli- 
geranti. 

Levante  o  Scali  di  Levante:  non  indica 
propriamente  l'Oriente,  ma  in  particolar 
modo  la  costa  occidentale  dell'Asia,  ba- 
gnata dal  Mediterraneo,  l'Egitto,  gli  an- 
tichi stati  barbareschi  di  Tunisi  e  di  Tri- 
poli, Cipro,  Creta,  la  Grecia. 

Levar  le  penne  maestre:  letteralmente 
è  togliere  agli  uccelli  le  penne  estreme, 
in  cui  si  librano  e  dirigonsi  a  volo.  Mo- 
ralmente, privare  alcuno  della  sua  mag- 
gior forza. 

Levata  di  scudi  :  per  dimostrazione  ostile 
e  clamorosa  è  versione  del  francese  levée 
de  boucliers,  che  in  origine  ebbe  vero  senso 
belligero. 

Lever  de  rideau:  letteralmente  alxar 
di  sipario.,  locuzione  francese  usata  an- 
che presso  di  noi  por  indicare  quella  breve 
rappresentazione,  o  nota,  o  di  lieve  argo- 
mento, che  precede  il  dramma  principale, 
quasi  per  lasciar  tempo  agli  spettatori  di 
arrivare. 


Lev 


-     276     - 


Lib 


Leviathan:  nome  ricordato  nel  libro  di 
Giobbe,  e  che  si  riporta  a  qualche  specie 
di  enorme  mostro  marino.  Fu  detto  dagli 
inglesi,  per  estensione,  delle  grandi  navi. 
Leviathan  è  il  titolo  della  più  celebre 
opera  di  Tommaso  Hobbes.  La  grafia  ita- 
liana lematàn  mi  pare  poco  dell'uso. 

Levis  8it  tibi  terra:  ti  sia  leggiera  la 
terra!  motto  augurale  che  soleva  scol- 
pirsi su  le  tombe  romane.  Cfr.  Euripide 
in  Aleeste^  462,  Kov<pa  ooi x^^v  ènàvcùde 
jtéooi. 

L'exactitude  est  la  poiitesse  des  rois  : 
massima  di  Luigi  XYJIL  Ripetesi  come 
motto. 

Lex  rei  sitae  :  termine  giuridico  latino, 
significante  che,  in  materia  di  diritto  in- 
ternazionale privato,  vale  la  legge  del 
luogo  (Stato)  ove  sono  i  beni  immobili. 

L'hasard  de  la  lorgnette  (à):  modo  fran- 
cese a  cui  risponde  il  nostro,  a  occhio  e 
croce. 

LIas:  è  il  nome  di  uno  dei  periodi  della 
lunghissima  era  geologica  secondaria.  Lia- 
sÌGO^  appartenente  al  Lias. 

Libare:  term.  mar.,  alleggerire\2in2i\Q 
del  carico;  o  per  mare  grosso,  o  per  avaria. 

Libecciata:  vento  impetuoso  di  libeccio 
(da  libitico.,  cioè  della  Libia),  intermedio 
tra  mezzogiorno  e  ponente. 

Libera  Chiesa  in  libero  Stato:  parole 
del  Cavour  morente,  il  quale  nella  libertà 
e  con  la  libertà  vedeva  la  soluzione  della 
così  detta  Questione  Romana.  Cfr.  Mas- 
sari, Il  conte  di  Cavour.^  ricordi  bio- 
grafici. 

Liberaloide:  Y.  suffisso  Oide. 

Libera  pratica:  V.  Pratica  (libera). 

Liberista  :  nel  linguaggio  politico  e  degli 
economisti  dicesi  di  chi  è  favorevole  al 
libero  scambio  fra  nazione  e  nazione,  senza 
restrinzione  ne  accettazione  di  alcun  da- 
zio protettore  di  prodotti  od  industrie.  I 
liberisti  puri  sono  altresì  contrari  ad  ogni 
intervento  dello  Stato  tra  capitale  e  la- 
voro, e  per  questa  ampia  applicazione 
della  libertà  stimano  che  si  possa  otte- 
nere il  massimo  del  benessere  economico 
e  sociale.  Liberista  è  voce  nuova,  la  quale 
probabilmente  è  stata  tolta  da  voce  con- 
simile straniera. 

Libero  docente:  V.  Docente. 


Libero-scambista:  cosi  si  chiama  il  li- 
berista (V.  questa  parola)  in  rapporto  al 
sistema  degli  scambi,  specialmente  inter- 
nazionali. Libero-scambista  è  la  versione 
del  francese  libre  échangiste. 

Libertà  di  stampa:  diritto  conquistato 
dalla  civiltà  occidentale  di  manifestare  il 
proprio  pensiero  per  mezzo  della  stampa, 
specialmente  i  giornali.  Suppone  come 
fondamento  la  libertà  del  pensiero.,  in  fr. 
liberto  de  la  presse.  V.  Quarto  potere. 

Libertario:  neol.  eufemistico  della  poli- 
tica, invece  della  parola  anarchico.  Devo 
essere  dal  francese.  V.  Socialista  libertario. 

Liberty  :  come  aggiunto  di  stile,  specie 
nelle  arti  dette  grafiche,  è  parola  spesso 
ricorrente  e  il  publico  grosso  vi  annette 
l'idea  di  stile  libero,  sciolto  dalle  pastoie 
accademiche  e  tradizionali.  Vale  nell'opi- 
nione comune  press' a  poco  come  stile  flo- 
reale 0  stile  nuovo  o  aesthetic  style  o  ars 
nova,  secessionista.  Liberty  è  il  nome 
del  proprietario  di  uno  stabilimento  di 
Londra  che  vende  mobili  di  ogni  stile, 
ma  specialmente  informati  a  quell'arte 
stilizzata  che  muove  dall'Inghilterra  ove 
ebbe  i  suoi  primi  banditori  in  Giovanni 
Ruskin  e  in  Guglielmo  Morris.  Quest'arte 
applicata  all'industria,  mobili,  stoffe,  pa- 
rati, architettura,  oggi  è  floridissima.  Io 
trovo  quest'arte  un  artificio  elegante  e  non 
una  forma  sorta  per  naturale  evoluzione; 
è  in  ciò  che  ha  di  bello,  una  imitazione 
dell'arte  nostra  quattrocentesca,  del  Ghi- 
berti,  del  Botticelli,  di  Leonardo  nostro 
grande.  Ma  siccom.e  ciò  può  spiacere  alla 
sovranità  del  publico,  così  dirò  in  altro 
modo,  cioè  come  attorno  al  Ruskin  al 
Morris  e,  più  presso  a  noi,  al  Webb,  ar- 
chitetto, al  Grane,  ornatista,  si  formò  tutta 
una  generazione  di  disegnatori,  di  illu- 
stratori, di  decoratori  i  quali,  per  l'ele- 
ganza dei  motivi,  delle  composizioni,  degli 
arabeschi,  fanno  veramente  pensare  ai 
nostri  maestri  del  rinascimento,  al  Bot- 
ticelli, al  Ghi berti,  al  Brunelleschi  a  Leo- 
nardo. Ed  invero  il  germe  dall'arte  loro 
è  qui  ;  ma  essi  non  li  copiano  servilmente; 
essi  ne  hanno  solamente  derivato  l'amore 
all'armonia,  e  il  piacere  del  nuovo.  Questa 
arte  nuova  —  sempre  secondo  l'opinione 
dei    suoi    innumerevoli    sostenitori  —  se 


Lib 


—     277 


Lif 


oggi  si  manifesta  con  esagerazioni,  squi- 
libri, pazzie,  le  quali  sono  dovute  all'ine- 
sperienza e  ignoranza  di  parecchi  apostoli 
e  seguaci,  contiene  tuttavia  il  germe  di 
un  rinnovamento  artistico.  Essa  arte,  li- 
berata dalle  esagerazioni  e  dalle  inespe- 
rienze, seguaci  e  compagne  di  tutte  le 
cose  nuove,  potrà  in  processo  di  tempo 
generare  un'altra  arte  nuova,  più  armo- 
niosa, geniale,  libera,  conforme  alle  nuove 
idee  ed  ai  nuovi  bisogni.  Affermano  in- 
tanto che  per  ciò  che  riguarda  le  stoffe, 
le  tappezzerie,  i  tessuti,  le  carte,  i  gioielli 
etc.  si  sono  ottenuti  prodotti  belli  e  piace- 
voli. Ecco  detta  così  la  cosa  in  modo  da 
accontentare  gli  amatori  del  nuovo  stile. 
Diremo  ancora  come  dall'Inghilterra  e  dal 
Belgio,  il  moto  si  diffuse  in  Germania,  in 
Austria,  in  America  e  in  Francia,  ed  è 
ora  entrato  in  Italia.  Dall'Inghilterra  il 
movimento  passò  nel  Belgio  per  opera 
particolarmente  degli  architetti  Horta  e 
Hankar,  e  d'un  ebanista  decoratore,  Ser- 
rurier-Lovy,  che  fondò  la  scuola  di  Liegi. 

Libro:  voce  usata  in  ogni  nazione,  nel 
linguaggio  diplomatico,  per  indicare  la 
raccolta  dei  documenti  che  il  governo  fa 
conoscere  alle  Camere  legislative  ed  alla 
nazione  intorno  ad  un  determinato  affare, 
specialmente  di  politica  estera.  Prende 
nomo  dal  colore  della  legatura  (V.  hlue- 
bookì. 

Libro  nero  :  a  somiglianza  dei  libri  di- 
plomatici, detti  dal  loro  colore  secondo  le 
\arie  nazioni,  dicesi  libro  nero  quello  della 
Questura,  che  contiene  la  triste  cronaca 
dei  delitti  e  delle  sventure.  Per  estensione 
familiare,  qualunque  registro  contenente 
note  di  biasimo  e  simili. 

Licantropia:  dal  gr.  ÀvnoseàvdQCjjtos^  e 
vuol  dire  uomo-lupo,  forma  di  pazzia  per 
cui  l'infermo  si  crede  tramutato  in  lupo: 
dev'essere  ciò  che  in  alcune  regioni  si 
dice  lupo  mannaro,  voce  antica  e  vol- 
gare, e  di  incerta  etimologia  {manuarius, 
che  cammina  con  le  mani;  humanarius, 
0  lupo  vianno,  cioè  lupo  uomo,  dal  te- 
desco Mann  z:z  uomoV)  Jyupo  mannaro  si 
dice  di  lupo  imaginario,  specie  di  spau- 
racchio. 

Licenziando:  che  deve  o  che  sta  per 
ottenere  la  licenza:  vocabolo  pedantesco 


delle  scuole,  foggiato  sul  participio  latino 
di  necessità,  uscente  in  dus-da-dum . 

Licet:  lat.  è  permesso,  e  siccome  nelle 
antiche  scuole  costumavano  gli  scolari, 
levando  il  pollice,  chiedere  licei  par  an- 
dare al  cesso,  così  licet  significò  il  cesso. 
Voce  alquanto  fuor  dell'uso. 

Lied  (e  Lieder  nel  plurale):  vocabolo 
tedesco  che  vuol  dire  canzone,  «  usato  ta- 
lora nel  nostro  linguaggio  musicale.  Il  Lied 
e  strofico  quando  la  musica  e  ripetuta  più 
volte  con  cambiamento  delle  parole,  ed  è 
libero  quando  la  musica  non  si  ripete  mai 
ma  segue,  dal  principio  alla  fine,  il  va- 
riare del  testo  letterario.  E  anche  un  vo- 
cabolo generico  che  designa  un  canto  o 
una  canzone  popolare,  una  melodia  con  pa- 
role, una  sorta  di  romanza,  ecc.  Schu- 
bert,  Schumann,  Roberto  Franz,  Brahms, 
ecc.,  hanno  Lieder  famosi  ».  (A.  Galli, 
op.  cit.) 

Lieux  d'aisances:  ne  più  né  meno  in 
francese  del  nostro  luogo  comodo,  ma  la 
voce  italiana  disdice  ai  da  poco  (che  sono 
i  più  e  i  da  più);  la  francese  invece  è 
decente.  Sventurata  sorte  della  nostra  fa- 
vella! Curiosa  è  la  versione  puramente 
fonetica  che  si  è  fatta  di  lieu  d'aisances 
in  luogo  di  decenza.  V.  Retrait  e  Water 
Closet  e  Luogo  di  decenza. 

Lievito:  dicesi  generalmente  di  ogni 
sostanza  adatta  ad  eccitare  la  fermenta- 
zione in  un  corpo.  Figuratamente  lievito 
(o  fermento)  vale  germe  o  residuo  di  vio- 
lenta passione  onde  si  svolge  e  determina 
un  sentimento  o  un'azione.  Per  lo  più  si 
intende  in  mal  senso.  Questa  estensione, 
così  comune  nell'uso,  è  in  fr.,  es.,  levain 
de  haine,  de  discorde  :  non  mancano  però 
antichi  nostri  esempi  :  «  Mangiano  onore- 
volmente, e  non  col  lievito  vecchio,  né 
con  lievito  di  malizia,  né  di  nequizia,  ma 
con  azzimo  di  purità  e  di  verità  ». 

Life-boat:  (pronuncia  Uf-bòt)  voce  in- 
glese: in  italiano  battello  di  salvataggio  {y) 
con  speciale  arte  costruito  per  resistere 
alle  onde  e  non  essere  capovolto  nò  som- 
morso.  È  di  lamiei-a  o  di  legno  a  com- 
partimenti stagni,  quindi  insommergibile 
anche  se  riempito  di  acqua.  Ha  stabilità 
massima  e  tiene  il  maro  egregiamente. 
Usasi  in  caso  di  naufragio  o  por  salvare 


Lif 


-     278     - 


Liu 


l'equipaggio  di  un  naviglio  in  pericolo. 
V.  Salvataggio. 

Lift:  voce  inglese,  equivalente  alla  fran- 
cese ascenseuì'.  V.  questa  parola. 

Light  weight:  dicesi  con  voce  inglese 
nel  gergo  dello  Sport  quel  cavallo  che 
nella  corsa  a  ragguaglio  {Handicap)  porta 
il  minimo  peso;  top  iveight.,  che  porta  il 
maggior  peso.  Questi  termini  inglesi  sono 
usati  anche  per  altri  generi  di  giuochi 
(Sport)  come  lotta,  etc. 

L igne  :  avoir  la  ligne  =  avoir  un  profil 
pur  dans  ses  contour s.  Così  i  francesi  e 
così  noi,  talora,  imitando. 

Lllas:  voce  francese,  fatta  italiana  in 
/^7/a,  frutice  che  fiorisce  in  primavera  ed 
ha  fiori  a  ciuffi,  (syringa  vulgaris)  onde 
il  nome  del  colore  tra  il  bigio  ed  il  rosso, 
che  in  buona  lingua  direbbesi  grisellino 
e  gridellino. 

Liliale  :  del  colore  e  della  delicatezza 
del  giglio  :  fra  le  voci  preziose,  care  agli 
esteti,  poche  furono  più  abusate  dell' agg. 
liliale.  Il  concetto  della  purità  e  del  pro- 
fumo oltre  che  del  colore  bianchissimo, 
deve  pervadere  gli  esteti  tanto  si  com- 
piacciono di  questa  parola.  Liliale  è  il 
francese  lilial.,  almeno  così  debbo  arguire 
dal  fatto  che  lilial  è  ne'  diz.  francesi  e 
liliale  non  è  ne'  diz.  italiani.  Dai  deca- 
denti francesi  deve  essere  provenuto  ai 
nostri  decadenti  per  il  tramite  del  d'An- 
nunzio. Del  resto  nulla  vieterebbe  a  noi 
questo  bel  latinismo  (lilium  =  giglio). 
Male  però  credono  gli  esteti  che  quattro 
pietre  levigate  formino  un  edifìcio,  o  una 
bacheca  da  fioraio,  un  giardino.  Voce 
nostra  antica  è  liliaceo. 

Lillipuziano:  per  significare  di  minima 
statura  o  levatura  morale.  Lillipuziani 
sono  gli  abitanti  di  Lilliput.,  non  più  alti 
di  5  0  6  pollici.  In  questo  paese  fanta- 
stico ci  trasporta  il  grande  umorista  e 
pessimista  inglese  I.  Swift  nel  suo  ro- 
manzo, Viaggi  di  Oulliver.  Il  nome  biz- 
zarro acquistò  valore  di  attributo  in  quasi 
ogni  lingua  eulta.  Francese,  lilliputien; 
tedesco,  lilliputaner . 

Liman  :  si  chiamano  così  certi  bacini 
di  evaporazione  naturali  che  si  formano 
durante  l'estate  in  Bessarabia,  a  sud  di 
Odessa  sul  Mar  Nero.  Queste  saline  na- 


turali, hanno  un'estensione  immensa  e 
producono  una  enorme  quantità  di  sale. 
Voce  registrata  nei  diz.  francesi. 

Limèna  :  vino  del  Veneto  (Padova)  rosso, 
tenue,  acidulo,  pregiato  specialmente  nella 
regione  ed  a  Venezia. 

Limitarsi  :  V.  Limitato. 

Limitato:  nel  senso  di  ristretto.,  an- 
gusto., detto  di  ingegno,  intelligenza,  etc. 
è  pei  puristi  il  borné  francese  ;  e  così  di 
conio  francese  è  il  li?ni tarsi  (se  borner) 
invece  di  contentarsi.,  bastare.,  restrin- 
gersi. 

Limited:  voce  inglese, /^m^7a/o,  circo- 
scritto. Nel  linguaggio  commerciale  signi- 
fica a  responsabilità  limitata  —  e  come 
da  noi  tale  frase  si  usa  per  i  soci  acco- 
mandanti di  una  società  in  accomandita 
per  azioni  e  per  i  soci  di  società  anonime 

—  così  la  parola  limited  si  usa  per  tutte 
quelle  società  commerciali  inglesi  (anche 
diverse  dalle  nostre  sopracitate),  in  cui  la 
responsabilità  di  tutti  o  parte  dei  soci  va 
soltanto  sino  alla  concorrenza  di  una  som- 
ma fissa,  0  di  una  quota  del  capitale,  ov- 
vero è  limitata  al  numero  delle  azioni 
possedute. 

Linciaggio  :  fr.  lynchage.  V.  Linciare. 

Linciare:  fr.  lyncher,  ìng.lynch{Lynch- 
Law  zzz  legge  di  Lynch)  cioè  giustizia  som- 
maria, sotto  forma  di  vendetta  di  popolo, 
tuttora  tollerata,  o  almeno  non  abbastanza 
repressa  negli  Stati  Uniti.  Il  verbo  deriva 
dal  nome  di  Giovanni  Lynch.,  colono 
irlandese  della  Carolina  meridionale,  vis- 
suto nel  secolo  XVII;  il  quale  esercitò 
in  quello  Stato  gli  uffici  di  capo  supremo 
della  giustizia,  e  non  bastando  i  tribunali 
ordinari  contro  i  ladroni  e  gli  schiavi  fug- 
giaschi, instituì  terribili  giudizi  sommari 
così  che  in  breve  liberò  la  terra.  Molti 
altri  Stati  dell'Unione  adottarono  in  se- 
guito come  legale  questo  provvedimento, 
il  quale  sopra  visse  (istituzione  obbrobriosa) 
alle  circostanze  che  poterono  in  certo  modo 
giustificare  l'opera  di  G.  Lynch.  Ma  le 
leggi  anche  obbrobriose  dei  popoli  fortu- 
nati e  potenti  non  hanno  —  purtroppo! 

—  virtù  di  eccitare  molto  lo  sdegno. 
Linea:  per  purezza  di  linee,  figura., 

persona.  V.  Ligne. 

Linea:  nel  linguaggio  marinaresco   in- 


Lin 


—     279    — 


Lio 


tendesi  la  linea  equatoriale  o  equatore. 
La  voce  linea  è  poi  usata  in  molte  locu- 
zioni marinaresche:  linea  di  galleggia- 
mento 0  linea  d'acqua^  linea  di  ormeg- 
gio, linea  di  bolina^  linea  di  rotta  etc. 

Linea  di  condotta:  ricorda  ai  puristi  il 
ir.  ligne  de  conduite.  Francese  pure  ri- 
tienesi  la  locuzione  in  linea  di. . . ,  invece 
che  a  modo.,  per,  come.,  etc,  linea  per 
fanteria. 

Liner:  voce  inglese  usata  per  indicare 
il  piroscafo  di  grandissima  velocità  e  re- 
golarità che  trasporta  passeggieri,  corri- 
spondenza ,  merci  preziose.  Opposto  di 
eargo-boat. 

Linfatismo  :  cioè  temperamento  linfa- 
tico. Stato  mal  definito  dell'organismo, 
determinato  da  una  predisposizione  all'in- 
gorgo rapido  e  facile  delle  glandolo  lin- 
fatiche, spontaneamente  o  sotto  l' influsso 
di  lieve  irritazione,  donde  la  facilità  a 
contrarre  la  tubercolosi.  In  fr.  è  lympha- 
tisme;  in  italiano  si  dovrebbe  formare 
l'astratto  da  linfatico^  onde  linfatieismo^ 
ma  non  è  dell'uso. 

Llnge  e  lingerie:  a  questa  parola  fran- 
cese tradotta  nella  brutta  voce  lingeria 
(che  non  mi  pare  gran  che  dell'uso)  rispon- 
derebbe esattamente  la  nostra  bella  pa- 
rola pannilino,  giacche  Unge  proviene  da 
Unum  =:  lino  ;  ma  il  vocabolo  italiano  è 
alquanto  disusato.  Toilettes  lingerie  sono 
chiamati  oggi  quegli  abiti  muliebri  di 
pannilini  per  lo  più  bianchi  o  di  colori 
svaniti,  in  uso  la  state  e  che  hanno  par- 
venza di  economia  e  disimpegno:  abiti 
chiari. 

Lingot:  parola  francese  tradotta  in  lin- 
gotto ed  usata  fra  i  termini  della  side- 
rurgia. Indica  un  pezzo  di  metallo  quale 
è  dopo  la  fusione.  Il  Littró  dice  proba- 
bile l'etimologia  dal  latino  lingua.,  a  ca- 
gione della  forma. 

Linfoma:  tumore  composto  del  tessuto 
adenoide  (varietà  di  tessuto  connettivo, 
ohe  si  trova  essenzialmente  nelle  glandolo 
linfatiche,  nella  milza,  nelle  tonsille)  il 
quale  si  sviluppa  di  solito  nello  glandolo 
linfatiche.  Da  linfa,  lat.  lympha  =  acqua 
e  il  suffisso  orna.  Dicesi  anche  linfade- 
nòma. 

Linoleum:  voce  straiii(!ra di  formazione 


commerciale,  da  Unum  ed  oleum.  Il  lino- 
leum è  una  mescolanza  di  sostanze  oleose, 
ossidate,  e  di  sughero  macinato,  onde  si 
spalma  un  tessuto  di  canapa  o  juta,  otte- 
nendo un  preparato  di  maggior  spessore  e 
più  resistenza  delle  solite  tele  cerate:  serve 
per  pavimenti,  coperture  e  simili  usi. 

Linon  :  voce  francese  :  specie  di  tela  di 
lino  chiara  e  delicata. 

Linotipista:  l'operaio  che  lavora  con 
la  Linotype.,  V.  questa  parola. 

Linotype:  nome  americano  di  macchina 
tipografica  da  comporre,  la  quale  rappre- 
senta uno  dei  più  notevoli  progressi  della 
meccanica  applicata  all'arte  di  Guttemberg. 
Questa  macchina  a  tastiera  compone  e 
fonde  la  linea  (ingl.  line)^  onde  il  nome. 
Guidata  da  una  sola  persona,  la  macchina 
produce  e  raccoglie  dello  linotypes  (linee 
tipografiche)  pronte  per  la  stampa  e  per 
la  stereotipia  con  grandissima  celerità. 
Dagli  Stati  Uniti  (1886)  furono  introdotte 
nell'Inghilterra  (1890)  e  di  lì  nelle  princi- 
pali tipografie  e  stamperie  di  giornali,  alla 
cui  celere  stampa  si  presta  egregiamente. 

Lion:  per  indicare  il  giovin  signore., 
il  quale  non  è  solo  del  tempo  del  Parini, 
ma  è  produzione  umana  sotto  tutte  le  la- 
titudini e  in  tutti  i  tempi,  non  si  poteva 
trovare  più  adatto  paragone  iperbolico  che 
confrontarlo  al  felis  leo.,  il  più  nobile  e 
superbo  animale  della  creazione  :  e  il  pa- 
ragone è  felice  tanto  preso  sul  serio  come 
per  celia.  Tanto  è  vero  che  fra  i  muta- 
bili nomi  creati  dal  popolo  per  indicare 
questa  classe  previlegiata,  la  voce  lion 
è  rimasta  resistente,  benché  relativamente 
antica,  e  da  noi  è  altresì  popolare.  Non 
così  ottenne  onore  di  popolarità  il  femmi- 
nile di  Lion^  Lionne,  la  quale  è  così  defi- 
nita da  uno  scrittore  francese:  e'étaient 
des  petits  etres  féminins,  riehement  ma- 
riés.,  coquets.,  jolis.,  qui  maniai^nt  par- 
faitement  le  pistolet  et  la  cravache^  mon- 
taient  a  cheval.,  prisatent  la  cigarette. 
Parigi,  la  città  della  moda  o  della  mon- 
danità, l'alma  mater  elegantiarum^  nel 
passato  secolo  no  ha  croata  unii  serie  di 
queste  parole,  indicanti  press'a  poco  1;» 
stessa  cosa,  e  ogni  tanto  sento  il  bisogno 
di  rinnovarle  o  appropriarsele  da  altra 
lingua,  se  lo  torna.  Eccono  alcuno:  Mu- 


Lio 


—     280    — 


Lit 


scadin^  (V.  moscardino);  Incroyable^ 
(der tempo  del  Direttorio);  Lion  (dall'in- 
glese?, del  tempo  della  Monarchia  di  lu- 
glio, 1830);  Coeodès,  (del  II  impero),  e  poi 
Fashìonables^  Psehutt,'  Oommeux^  Vian^ 
iSelect^  etc,  etc.  Anche  in  Italia  abbiamo 
le  parole  equivalenti,  anzi  ogni  dialetto  ha 
le  sue  :  il  milanese,  come  il  fiorentino,  come 
il  napoletano,  ne  crea  di  felicissime,  ma 
non  hanno  forza  estensiva  oltre  il  dialetto  ; 
e  la  gente  elegante  toglie  dal  francese. 

Lionne:  V.  Lion. 

Liparite:  roccia  eruttiva,  talvolta  di 
aspetto  granitico,  i  cui  principali  compo- 
nenti sono  il  quarzo  e  il  sanidino  o  or- 
tose  vetroso. 

Lipemania:  da  /.i'jt?;  =  dolore  e  juavla 
=  pazzia.  É  qualche  cosa  di  più  e  di  più 
grave  che  nialincoìiia^  triste%x,a,  misan- 
tropia ;  è  una  disposizione  abituale  dello 
spirito  a  considerare  le  cose  dolorose  con 
fissazione  invincibile  che  può  giungere 
sino  alla  pazzia.  Molte  volte  è  assoluta 
forma  e  manifestazione  di  demenza.  De- 
rivato lip  emaniaco. 

Li  pernia:  {àìjtos  ^=.  grasso  e  alina  = 
sangue  :  anormale  quantità  di  materie 
grasse  nel  sangue. 

Lipoma:  terni,  med.  (Àivos  =  grasso 
e  il  suffisso  orna.  Sinonimo  di  adipoma. 
Tumore  formato  di  tessuto  adiposo. 

Lipotimla:  terni,  med.  {àeìjteiv  =  la- 
sciare, e  Ovjnós  =  animo)  primo  stadio 
della  sincope  (svenimento),  cioè  perdita 
della  coscienza  e  della  conoscenza,  conser- 
vando però  la  respirazione  e  la  circolazione. 

Lippis  et  tonsoribus:  si  dice  noto  lip- 
pis  et  toìisoribus  per  dire  conosciuto  da 
tutti:  letteralmente  vuol  dire  ai  cisposi 
ed  ai  barbieri.  1  primi,  perchè  non  ci  ve- 
dono bene,  domandano  a  tutti  di  tutto,  i 
secondi,  perchè,  sino  dai  tempi  antichi, 
sono  famosi  per  sapere  bene  la  cronaca  mi- 
nuta. Le  due  parole  sono  tolte  da  un  verso 
di  Orazio  {Satire.,  I,  7,  3)  :  Omnibus  et 
lippis  notum  et  toìisoribus  esse. 

Liquidare:  dal  noto  senso  commerciale 
questo  verbo  spesso  è  usato  familiarmente 
nel  senso  di  finire.,  rovinare.,  spacciare. 
Es.  liquidare  uno.,  un  uomo  liquidato. 
Non  è  dal  francese.  Liquidare  ima  que- 
stioìie  vale  risorverla  risolutamente. 


Liquoroso:  per  spiritoso,  ricorda  il  fran- 
cese liquor  eux. 

Lirismo:  fr.  lirisme.,  entusiasmo  lirico 
(spesso  con  senso  caustico,  o  di  eccesso 
vizioso  e  artificioso). 

Lisi  :  nel  linguaggio  medico  significa  il 
benefico  e  graduale  risolversi  di  infermità, 
specialmente  acute  e  febbrili,  per  virtù 
sopratutto  del  gran  medico  chiamato  Na- 
tura: dal  greco  /Ivot^  =  soluzione. 

Liso  :  in  romagnolo  vale  logoro,  e  dicesi 
specialmente  delle  stoffe. 

Lissa:  termine  medico  in  vece  di  rab- 
bia canina.,  ( Avoca  =  rabbia ,  furore, 
rabbia  canina,  idrofobia)  :  lesione  speciale 
della  bocca  che  appare  nel  periodo  di  in- 
cubazione della  rabbia.  Consisterebbe  se- 
condo il  Marochetti  (1820)  nella  presenza 
di  tumori  piccoli  alla  estremità  dei  canali 
escretori  delle  glandolo  sottomascellari  e 
sottolinguali. 

Lissofobia:  terrore  o  paura  dell'infe- 
zione rabbica.  V.  Lissa  e  V.  Fobìa. 

Lista  Civile:  negli  Stati  costituzionali  è 
così  denominata  la  somma  che  le  Camere 
legislative  votano  per  le  spese  annue  del 
Capo  dello  Stato.  La  locuzione  ci  venne 
di  Francia,  liste  civile. 

Listò n  0  lista  :  voce  oramai  storica  del 
dialetto  veneziano,  che  vuol  significare 
l'andana  nel  mezzo  della  mirabile  piazza  di 
S.  Marco  in  Venezia,  per  cui  dame  e  cava- 
lieri, pedoni  e  pedine  sogliono  passeggiare. 

L' Italia  degli  Italiani  :  formula  moderna 
del  diritto  di  autonomia  nazionale,  come 
tante  altre,  quali  1'  America  degli  Ame- 
ricani (Y.  Dottrina  di  Monroe)  V  Egitto 
degli  Egiziani  etc.  Y.  Fumagalli,  Chi 
rUia  detto?  op.  cit. 

L'Italia  è  un'espressione  geografica  :  Y. 
Espressione  geografica. 

L'Italie  est  la  terre  des  morts:  storica 
ingiui-ia,  dedotta  dal  Dernier  chant  du 
pélerinage  d'Harold  del  Lamartine.  In- 
giuria vile  e  villana,  giustamente  rin- 
tuzzata in  vario  modo,  dal  generale  Pepe, 
dal  Giusti,  da  Marco  Monnier  ; .  non  man- 
cante però  di  verità  storica.  Cfr.  il  sonetto 
del  Carducci  a  G.  Mazzini,  il  quale  vide 

la  terra  Italia,  e  con  le  luci  fiso 
a  lei  trasse  jìer  mexxo  un  cimitero, 
e  un  popol  morto  dietro  a  lui  ?i  mise. 


Lit 


281 


Loc 


L'Italia  farà  da  sé:  motto  di  re  Carlo 
Alberto  noi  proclama  ai  popoli  della  Lom- 
bardin  e  della  Venezia  del  23  marzo  1848. 
Cfr.  E.  Masi,  Il  segreto  del  Re  Carlo  Al- 
berto^ Bologna,  Zanichelli,  pag.  181,  184. 
Vano  augurio  dei  maggiori  italiani  ! 

Litantrace:    (greco   ÀWog    —  pietra  e   j 
oj'<!^ij«^  =1^  carbone)  sinonimo  di  earbon- 
f ossile. 

Litterae  non  erubescunt:  variazione  di 
epìstola  enim  non  eruhescit.  V.  questo 
motto. 

Littera  enim  occidit,  spiritus  autem  vi- 
vifìcat:  la  lettera  uccide,  lo  spirito  vi- 
vifica {Epistola  di  S.  Paolo  ai  Corinti  II, 
3.  6)  sentenza  audace,  vera  e  felice  !  Essa 
è  penetrata  persino  nel  linguaggio  buro- 
cratico con  le  due  parole  lettera  e  spirito^ 
l'una  a  significare  l'interpretazione  ma- 
teriale, l'altra  l'interpretazione  del  pen- 
siero 0  dell'intendimento,  e  dicesi  spe- 
cialmente di  leggi,  deliberazioni,  regola- 
menti. 

Lituuo  :  lat.  lituus,  il  bastone  curvo 
degli  auguri,  usato  ne'  sacrifici  {litare  = 
propiziare)  indi  per  simiglianza  di  forma 
la  tromba  di  guerra,  specialmente  usata 
dalla  cavalleria.  C.  S.  Bach  chiama  lituus 
il  corno. 

Live  stocic:  locuzione  inglese  del  com- 
mercio :  bestiame  vivo. 

Livellare:  dal  senso  fisico  dell'essere 
allo  stesso  livello,  passò  al  senso  morale, 
e  per  virtù  di  metafora  pare  più  espres- 
sivo e  forte  di  pareggiare.,  eguagliare^ 
mettere  alla  pari.  Così  pure  usatissima  è 
la  locuzione  al  livello.^  sempre  nel  senso 
morale,  coi  verbi  essere  e  stare.  Se  anche 
sono  gallicismi,  convien  pur  dire  che  sono 
efficacissimi  e  costituiscono  una  metafora 
non  difforme  dall'indole  della  lingua  ita- 
liana. Ma  anche  non  fosse  così,  l'uso  di 
<|ueste  parole  è  tanto  volgato  che  ogni 
riprensione  di  puristi  è  vana  cosa.  liO  lo- 
cuzioni nostre  alla  pari,  allo  stesso  grado, 
a  petto.,  a  fronte.,  certo  soffrono  por  T  in- 
tromissione di  questo  prepotente  al  livello., 
ma  che  farci? 

Livello:  V.  Livellare. 

Livragare:  curioso  verbo  che  sta  — 
pallili  —  por  iscomparire;  formatosi  dal 
nome  del  tenente  Livraghi,  il  ([ualo  essendo 


capo  della  polizia  italiana  in  Africa  (Co- 
lonia Eritrea),  adoperò  senza  scrupoli, 
verso  gli  indigeni  quei  mezzi  punitivi  che 
il  sentimento  e  l'umanità  condannano,  ma 
che  la  necessità  può  giustificare,  special- 
mente trattandosi  di  popoli  malfidi  e  in- 
sensibili alla  clemenza.  Grande  fu  lo  scan- 
dalo in  Italia.  Il  sentimento  politico  pro- 
testò :  livragare  divenne  sinonimo  di 
sopprimere,  ziccidere  in  silenzio. 

Lobbia  (cappello  alla)  :  nota  foggia  di 
cappello,  alla  maniera  di  quello  usato  da 
Cristiano  Lobbia  (1832-1876). 

Lo  ben  dell'intelletto:  dicasi  il  e  non 
/o,  come  dice  taluno  forse  per  dar  sapore 
di  frase  antica  all'  emistichio  dantesco. 
V.  Il  ben  dell'intelletto. 

Locale  :  fr.  locai.,  come  sostantivo  è 
gallicismo,  ritenuto  necessario  dal  Rigu- 
tini,  invece  di  edifìcio,  indicandosi  per 
locale  «  un  luogo  rispetto  alla  sua  posizione 
e  all'essere  accomodato  a  certi  usi,  a  cui 
serve  o  può  servire  ».  La  Crusca  accoglie, 
senza  esempi,  il  nuovo  sostantivo. 

Località:  fr.  localitè,  per  luogo,  po- 
stura è  dal  Eigutini  chiamato  «  putrido 
francesismo  »,  ma  non  solo  l'uso  e  la  vi- 
vezza impediscono  a  tale  parola  di  putre- 
fare, ma  i  diz.  recenti  la  registrano  sen- 
z'altro. 

Localizzare:  voce  ripresa  come  galli- 
cismo (localiser,  da  locai  r=  circoscritto 
ad  un  luogo)  dai  puristi  :  certo  si  potrebbe 
dire  e  si  dice  circoscrivere.,  se  non  che 
questo  verbo  e  l'astratto  localixxaxione 
essendo  usati  nei  vari  linguaggi  con  si- 
gnificato scientifico,  tale  uso  influisce  su 
la  forza  della  parola. 

Lòcch:  voce  milanese.  V.   Teppista. 

Loch  :  nome  inglese,  notato  anche  in 
fr.  per  indicare  il  solcometro  a  barchetta., 
istrumento  usato  in  marina  per  conoscere 
il  corso  della  nave.  V.  Nodo. 

Lock-out:  in  inglese,  chiusura.,  od  è  pa- 
rola dell'uso  nello  scienze  politico-sociali 
per  indicare  la  sospensione  parziale  o  ge- 
neralo, da  parte  dei  i)adroni  o  proprietari, 
di  una  data  industria,  cagionata  da  man- 
cato accordo  o  infrazione  do'  patti  da  parte 
d(?gli  operai,  li  contrario  cioè  dello  scio- 
pero, Q,  in  altri  t(>rmini,  lo  sciopero  del 
capitalo.  1  giornali,  ])arondo  questa  voce 


Loc 


282 


L02: 


forse  poco  chiara  al  publico,  ne  fecero  la 
traduzione  con  la  parola  serrata. 

Loco  citato  :  lat.  nel  luogo  citato. 

Locomobile:  (fr.  locomobile).  Il  Lessico 
del  Fanfani  spiega  :  «  addimandano  la  mac- 
china che  mossa  dal  vapore  corre  sulle 
strade  ferrate  ».  Questa  è  la  locomotiva. 
La  locomobile  è  una  macchina  a  vapore 
fìssa  quando  lavora  ;  invece  la  locomotiva 
muovesi  quando  lavora. 

Locomotiva:  «ih.  locomotive).  Così  per 
locomobile  come  per  locomotiva  il  popolo 
dice  macchina.  Ma  ambedue  le  voci  sono 
oramai  necessarie  al  linguaggio  degli  scien- 
ziati, i  quali  non  potrebbero  contentarsi 
di  quel  termine  generico  »  (Rigutini).  Lo 
credo  anch'io! 

Loculo:  lat.  loculus  =  cassa,  urna  mor- 
tuaria. 

Locum:  nome  di  dolce,  comunissimo  in 
Turchia  :  consiste  di  una  speciale  crema 
candita,  di  media  consistenza,  dolcissima: 
v'è  di  color  rosso  e  bianco. 

Locus  minoris  resistentiae  :  locuzione 
e  sentenza  antica  del  linguaggio  medico: 
«il  luogo  (dell'organismo)  di  minor  re- 
sistenza (cioè  già  indebolito  e  colpito)  è 
quello  dove  le  infermità  più  facilmente  si 
palesano».  Si  dice  anche  estensivamente 
di  fenomeni  morali,  economici,  politici. 

Locus  regit  actum:  termine  latino  giu- 
ridico, usato  specialmente  in  diritto  com- 
merciale :  vuol  dire  che  le  formalità  di  un 
atto  devono  seguire .  le  leggi  del  luogo 
dove  esso  è  stipulato. 

Loden  :  vecchia  voce  tedesca  che  signi- 
fica una  specie  di  pannilano  con  ispeciale 
preparazione  in  modo  da  essere  impermea- 
bile. Comune  nel  Tirolo,  è  venuto  oggi  di 
gran  voga  fra  noi  ed  è  molto  usato  per 
difesa  dalle  intemperie.  Può  ricordare  l'or- 
baecio  de'  Sardi. 

Lodo:  m.  da  lode  :  antica  ed  ottima  voce 
tuttora  in  uso.  V.  Arbitraggio.  Il  lodo  è  la 
sentenza  degli  arbitri  nel  linguaggio  le- 
gale, ed  ha  valore  di  sentenza  appena  sia 
dichiarata  esecutiva  dal  magistrato. 

Loffio:  mencio.,  cascante,  da  poco.  Voce 
presso  che  spenta  nella  lingua  dell'uso, 
viva  nel  dialetto  milanese  (loffi)  e  nel 
veneziano  (slofìo).  Voce  di  origine  ger- 
manica, venutaci  forse  coli' invasione  lon- 


gobarda. Antico  tedesco  slaf  z=.  allentato, 
pigro. 

Logismografìa:  metodo  speciale  di  re- 
gistrazione in  partita  doppia,  trovato  dal- 
l'italiano Cerboni  {Brevi  elementi  di  lo- 
gismografìa). 

Loggia:  assemblea,  riunione  di  franco- 
muratori. Il  luogo  ove  detta  assemblea  si 
tiene.  In  questo  particolare  senso,  ora  ac- 
colto dalla  Crusca,  la  parola  ci  venne 
dall'inglese  lodge  (V.  Massone)  benché, 
come  etimologia,  loggia  sia  —  almeno  è 
la  più  probabile  opinione  —  di  origine 
tedesca  [laubia  =  laube  =;  pergolato, 
frascato).  «  Quello  che  i  Liberi  Muratori 
chiamano  loggia,  essi  (i  Carbonari)  ba- 
racca chiamavano  »  Botta,  Stor.  Ital.  4. 
252,  e  tale  è  appunto  il  senso  massonica 
di  lodge. 

Logistica:  sost.  fem.,  chiamasi  nel  lin- 
guaggio dell'arte  militare  quella  parte 
della  strategia  che  riguarda  l'approvigio- 
namento,  l'accampamento,  le  sussistenze, 
i  trasporti  —  prevede  e  provvede  insomma 
al  ben  essere  e  a  tutti  i  necessari  bisogni 
delle  grandi  masse  di  milizia  in  campo: 
parte  importantissima  in  cui  spesso  sta  il 
segreto  della  vittoria.  Questo  neologisma 
ci  proviene  dal  francese  logistique  (da 
XoyiOTiKÒs  :=  calcolatore).  I  nostri  diz.  non 
registrano  che  il  senso  di  tale  parola  nelle 
matematiche. 

Logomachia:  leggesi  in  S.  Vmlo  {Epi- 
stola prima  a  Timoteo.,  VI.  4)  voo&v 
jTEQi  ZrjTrjOeig  ual  Àoyojuaxlag.  Disputa., 
questione  sull'uso  e  valore  di  parole  e 
frasi:  termine  teologico  e  filosofico^  Co- 
munemente oggi  dicesi  per  questione., 
diatriba  vana  e  sofìstica. 

Logorrea:  {^òyog  :=  discorso  e  géoy 
=  scorro)  flusso  di  parole,  bisogno  infre- 
nabile di  parlare  che  provano  talora  certi 
alienati.  Dicesi  talora  di  chi  pur  non  es- 
sendo demente,  manca  del  buon  freno  della 
ragione  e  dell'  intelligenza  e  lascia  quasi 
sfuggirsi  le  parole  in  interminabili  ed  in- 
sulsi discorsi. 

Logos:  gr.  Àòyog  =  discorso.,  racconto., 
ragione.,  noxione.,  definizio?ieetG.^msigm- 
fica  parola  che  già  nella  lingua  ellenica 
—  genitrice  del  pensiero  —  indicava  le 
molteplici  manifestazioni  dell'  intelligenza 


Jjom 


—     283 


Lor 


0  della  ragione.  Passò  in  tutte  le  favelle 
culto  in  combinazione  {logia)  di  moltis- 
sime voci,  per  significare  i  vari  processi 
dello  studio  e  della  scienza.  Es.  Teologia^ 
Sociologia,  Antropologia. 

Lombarda:  attributo  dell'arte  che  sorse 
dalle  tradizioni  dell'  architettura  ed  arto 
romana,  fuse  con  la  bizantina  e  la  roma- 
nica francese.  Si  svolge  nella  valle  del  Po 
durante  i  secoli  Vili -XIV.  Prospera  spe- 
cialmente per  opera  degli  artisti  e  degli 
architetti  lombardi.  Giova  ricordare  come 
nell'Evo  medio  Lombardia  era  nome  dato 
a  tutta  la  valle  del  Po.  (In  Lombardi  o 
Latini  in  fatti  l'Alighieri  distingue  i  per- 
sonaggi italici  nella  sua  Divina  Gom- 
media). 

Longherina:  voce  marinaresca:  ciascuna 
di  quelle  due  travi  fissate  ai  lati  dello 
scalo  di  costruzione,  per  servir  di  guida 
all'invasatura  nell'atto  del  varo. 

Longipenne:  attributo  di  uccello  appar- 
tenente al  gruppo  dei  Longipenni  {Longi- 
pennes)^  così  chiamati  per  le  ali  lunghe 
ed  appuntite,  oltrepassanti  qualche  volta 
la  coda.  Ne  sono  esempi  i  gabbiani,  le 
starne,  lo  rondini  di  mare,  i  mignattini. 

Longue-vue:  V.  Lorgnon. 

L'ordine  regna  in  Varsavia:  motto  sa- 
tirico che  ricorda  la  terribile  o  sarcastica 
frase  di  Tacito  che  leggesi  nella  Vita  di 
Agricola^  capo  XXX  :  auferre,  trucidare^ 
rapere  falsis  nominibus  itìiperium  :  atque 
ubi solitudinem  faciunt^^pacem  appellant. 
Il  motto  originario  è  francese:  l'ordre  regne 
à  Varsavie  e  trae  motivo  dalle  parole  di- 
plomaticamente infelici  la  tranquillité  ré- 
gnait  à  Varsovie^  pronunciate  alla  ca- 
mera dei  Deputati  di  Francia  il  16  set- 
tembre 1831  dal  ministro  degli  esteri, 
conte  Orazio  Sebastiani  :  l'ordine,  cioè,  e 
la  tranquillità  dopo  l'eccidio  russo  della  no- 
bile città  polacca,  invano  sollevata  per  la 
libertà.  Il  motto  è  spesso  ripetuto  fra  noi, 
specie  nel  linguaggio  dei  giornali  con  senso 
sarcastico. 

Lord  Mayor:  è  il  titolo  del  sindaco  di 
Londra,  rappresentante  la  monarchia  nella 
ca])itale.  Recentomoiite  furono  (;osì  deno- 
minati anche  i  sindaci  di  Liverpool,  Man- 
chester od  altre  città  importanti  di  Scozia 
od  Irlanda. 


Lordosl  :  {koQÒòg  =  curvo)  deviazione 
della  colonna  vertebrale  a  convessità  an- 
teriore. 

Lord  :  voce  inglese,  seguita  dal  nomo 
proprio  :  è  titolo  che  non  appartiene  di 
diritto  che  ai  nobili  di  nascita  o  di  no- 
mina, come  i  membri  della  Camera  alta, 
che  è  appunto  detta  dei  Lords.  È  titolo 
altresì  portato  da  qualche  nobile  che  ne 
gode  per  diritto  ereditario  senza  aver 
seggio  in  detta  Camera.  Dicesi  per  cor- 
tesia de'  figli  maggiori  de'  conti,  duchi, 
marchesi.  Dicesi  anche  come  aggiunta 
onorifica  di  alcuni  grandi  ufficiali  dello 
Stato.  Nel  vocativo  si  dice  mylord. 

Lorette  :  la  definizione  di  questa  parola, 
ora  in  disuso,  è  data  garbatamente  dal 
Balzac  :  «  parola  decente  per  esprimere  lo 
stato  d'una  ragazza  o  la  ragazza  d'uno 
stato  difficile  a  dire,  e  che  nel  suo  pudore 
l'Accademia  trascurò  di  definire,  vista 
l'età  dei  suoi  40  membri...  »  La  lorette 
aveva  molte  analogie  con  la  grisette  (Y. 
questa  voce).  L'invenzione  del  nome  Lo- 
rette è  ordinariamente  attribuita  a  Nestore 
Roqueplan,  verso  il  1846,  il  quale  se  ne 
vanta  come  di  una  bella  parola  che  ha 
tolto  di  seggio  molte  brutte  parole.  Il  nome 
proviene  da  un  insieme  di  vie  ove  codeste 
ambulanti  del  marciapiede  si  aggiravano 
presso  la  chiesa  di  N otre-Dame  de  Lau- 
rette  in  Parigi.  Lorette  ha  oramai  ceduto 
il  campo  ad  altre  parole.  Avvertasi  tut- 
tavia la  ricchezza,  varietà  e  la  felicità 
della  lingua  francese  nel  determinare  con 
vari  vocaboli  la  donna  di  questo  stato 
sociale. 

Lorgnette:  V.  Lorgnon. 

Lorgnon  :  lente  concava  per  i  miopi,  con- 
vessa per  i  presbiti,  che  di  solito  si  tiene 
in  mano  per  un  manico  di  metallo  o  di 
tartaruga  che  fa  parte  del  cerchio  ondo  ò 
serrata  la  lente.  Lorgnon  e  lorgnette  de- 
rivano dal  verbo  fr.  lorgner  —  sbirciare. 
Noi  potremmo  diro  lente,  ooohialino.  ma 
di  solito  prevalgono  lo  voci  francesi  ove 
si  tratti  di  quegli  occhialini  eleganti  che 
costumano  lo  donno,  non  solo  per  correg- 
gere la  vista,  ma  altresì  ])er  darsi  con- 
tegno. L'abuso  delle  voci  francesi  jwrta 
ad  usare  ta volta  longue-vue.,  quasi  che 
ooohiale  o  cannoeehìal(\   parole   gloriose 


L(;r 


—     284    — 


Lue 


nella  storia  della  scienza  italica,  fossero 
in 'oblio. 

Loro:  è  chiamato  da  noi,  come  vezzeg- 
giativo, il  pappagallo,  questo  stridente 
animale  che  desta  così  facilmente  la  sensi- 
bilità affettiva  specie  delle  donne  !  E  voce 
spagnuolo-argentina,  loro^  lorito,  lorita^ 
che  vuol  dir  rosso ^  dal  colore  del  fondo  di 
questi  striduli  pennuti. 

Losanga:  per  rombo,  parallelogrammo 
ad  angoli  opposti  uguali  ma  non  rettangoli, 
è  gallicismo  sfuggito  ai  lessici  ed  ai  puristi 
(losange).  Losanga  è  in  francese  termine 
araldico,  anzi  questo  ne  è  il  primo  senso. 
Da  ciò  lo  Scheler  trae  l'arguta  e  inge- 
gnosa etimologia  da  louange  =  lode.  Cfr. 
la  parola  nostra  lusinga. 

Losca:  term.  mar.,  apertura  circolare 
per  dove  passa  la  testa  del  timone. 

Losco:  per  analogia  allo  sguardo  non 
diritto,  guercio  (luscus)^  si  dice  familiar- 
mente di  figura  o  per  sofia  di  dubbia  ret- 
titudine morale,  nelle  cui  operazioni  non 
ci  si  vede  chiaro  o  si  vede  sporco. 

Lo  spavento  del  malvagio  dev'essere 
combinato  con  l'innocenza  del  colpevole: 
goffa  sentenza,  resa  popolare  dal  popolare 
attore  comico  milanese  E.  Ferravilla,  in 
una  commediola  dialettale:  riproduce  ad 
arte  la  sentenza  di  Gaetano  Filangieri  che 
si  legge  sul  frontone  del  Palazzo  di  giu- 
stizia di  Milano  :  lo  spavento  del  malvagio 
dev'essere  combinato  con  la  sicurezza 
delV innocente.  N.B.  Udii  1'  arguto  e  scet- 
tico popolo  nostro  spesso  parafrasare  la 
grave  sentenza  cosi:  «  lo  spavento  del- 
l'innocente dev'essere  combinato  con  la 
sicurezza  del  malvagio». 

Lo  spirto  è  pronto,  ma  la  carne  è 
stanca  :  verso  del  Petrarca  che  chiude  il 
sonetto  Rapido  fiume  etc,  ed  è  parafrasi 
del  motto  biblico  :  spiritus  quidem  prom,- 
ptus  est,  caro  auieiìi  infirma  (S.  Matteo 
XXVI,  41j. 

Lo  stile  è  l'uomo:  versione  della  famosa 
sentenza  del  Buffon:  le  style  est  l'homme 
méme\  cioè  nelle  opere  d'arte  si  riflette 
il  temperamento  dell'artista  e  il  suo  modo 
di  sentire.  (Cfr.  Recueil  de  V Acad.  des 
Sciences,  1753,  pag.  337).  Frase  fatta  ed 
abusata. 

Lotto:  per  parte,  porzione  (nelle  aste. 


nelle  vendite)  è  gallicismo  ripreso  dai  pu- 
risti (fr.  lot,  dal  tedesco).  Accogliesi  nel 
senso  noto  di  Giuoco,  Augurabile  che  con 
la  cosa  sparisca  anche  il  nome!  Lotto  di 
cavalli,  nel  gergo  dello  sport,  di  cesi  abu- 
sivamente por  gruppo  di  cavalli. 

Lotty  :  diminutivo  inglese  di  Carlotta, 
Carolina.  Grandissimo  è  il  numero  dei 
nomi  femminili  stranieri  di  cui  si  com- 
piacciono le  nostre  donne.  Ciò  è  creduto 
aggiungere  leggiadria,  non  è  così?  V. 
Marie. 

Louisette  e  Louison:  parola  del  gergo 
francese  che  significa  la  ghigliottina. 

Loulou:  voce  vezzeggiativa  del  gergo 
francese,  fra  amici  ed  amanti,  non  ignota 
fra  noi  in  certo  gergo:  lulù. 

Loure:  voce  francese  di  dubbia  etimo- 
logia che  significò  cornamusa,  poi  il  ballo 
della  cornamusa,  ed  indica  una  antica 
danza  campestre,  di  carattere  grave,  nella 
misura  tripla  composta  (74). 

Loustic:  anche  questa  rara  voce  ho  tro- 
vata in  libri  italiani  !  !^Essa  è  di  forma 
francese,  ma  deriva  dal  tedesco  lustig  = 
gaio,  gioviale,  0  anche,  il  buffone  della 
compagnia. 

Loyalisme:  voce  inglese  del  linguaggio 
politico,  tradotta  in  lealismo:  indica  la 
fedeltà  alla  Corona. 

Loyd  :  questo  nome,  oggi  notissimo,  fu 
dato  in  Londra  ad  una  compagnia  che 
venne  a  formare  come  una  succursale 
della  Borsa,  dove  sì  trattava  di  assicura- 
zioni marittime,  di  spedizioni,  armamento 
di  navi,  etc.  Questa  compagnia  marittima 
ebbe  il  suo  nome  da  un  caffè,  tenuto  nel 
secolo  XVIII  in  via  de'  Lombardi  {Lom- 
bard  Street)  da  un  tale  Lloyd,  nel  quale 
caffè  si  univano  i  detti  armatori,  assicu- 
ratori, sensali.  A  simiglianze  di  codesto 
istituto  di  Londra,  altri  se  ne  formarono 
poi  nelle  grandi  città  di  commercio  ma- 
rittimo, conservando  per  analogia  il  nome. 

Lucarino  :  è  uno  degli  uccelli  cantatori 
dei  nostri  paesi,  piuttosto  piccolo,  giallo- 
verdastro  e  cenerino,  con  macchie  nere 
su  la  testa  e  alla  gola.  Il  suo  nome  scien- 
tifico è  Ghrysomitris  spinus.  Altra  grafia 
è  lucherino  (dal  lat.  ligurinus). 

Lucelina:  nome  volgare  dato  in  Milano 
al  petrolio  (il  quale  in  alcune  terre  del" 


Lue 


285    — 


Lup 


l'Italia  centrale  è  detto  canfmo^  che  pro- 
priamente era  un  olio  illuminante  otte- 
nuto dalla  pece  greca  ed  usato  prima  del 
petrolio). 

Lucido  intervallo  :  sospensione  tempo- 
ranea nei  pazzi  dello  idee  deliranti  :  di- 
cesi familiarmente  per  indicare  im  mo- 
ìnento  in  cui  il  buon  senso  e  V intelligenza 
facciano  lume  nelle  tenebre  della  coscienza 
0  del  cervello.  Leggesi  nell'Ariosto,  Or- 
lando Furioso^  XXIV,  3  : 

or  che  di  monte  ho  un  lucido  intervallo. 

Lucus  a  non  lucendo:  etimologia  a  con- 
trariis,  ricordata  con  compiacenza  dagli 
antichi  e  tuttavia  ripetuta  come  esempio 
di  assurda  derivazione  o  —  ironicamente 
—  di  rapporto  illogico  tra  causa  ed  ef- 
fetto. Letteralmente  vuol  dire  il  bosco  (lu- 
cus) è  chiamato  cosi  perchè  non  splende. 
Questa  etimologia  assurda,  ed  esempio  di 
assurdo,  è  citata  da  Quintilliano  (De  Instit. 
orai.  I,  6)  ed  è  attribuita  ad  un  gram- 
matico di  nome  Licomede.  Fa  il  paio  con 
l'altra:  canis  a  non  canendo^  ed  altre 
se  ne  sogliono  inventare. 

Lubbione:  per  loggione  è  ned.  recente, 
formatosi  sul  piemontese  e  lombardo  lobia 
:=  loggia.  Lo  accoglie  il  Petrocchi.  Vero 
è  che  mi  pare  parola  sciatta  ed  evitata, 
anche  nel  parlar  familiare.  Per  l'etim., 
V.  loggia. 

Ludo  :  lat.  ludus  =z  giuoco,  esercizio, 
scuola,  spettacolo.  Latinismo  già  usato  in 
grave  senso,  oggi  talora  per  lepidezza  o 
in  senso  spregevole. 

a  la  vecchiezza  io  questi  ludi 
invidiar  non  so. 

Carducci,  La  Consulta  Araldica. 

•fr.  altresì  Dante,  Inf.  XXIl,   118. 
0  tu  che  leggi,  udirai  nuovo  hido. 

Ludro:  voce  veneta  e  lombarda  (luder) 
e  significa  astuto  e  birbante  nel  tempo 
stosso,  cavalicr  d'industria.,  e  dicesi  an- 
che per  celia.  Dal  tedesco  luder. 

Lue:  dal  lat.  lues  =  contagio.,  peste., 
voce  usata  dai  medici,  specialmente  in- 
tendendo la  lue  sifilitica:  fanno  anche 
l'agg.  luetico. 

Lunch  e  luncheon  :  voce  inglese.  Vuol  diro 
eolaxionc.,  ma  (icco:  i  gran  signori,  la  no- 
l)ilo  e  ricca  gente  dopo  alcun  svago,  caccia, 


diporto,  offre  non  un  ristoro,  ma  un  lunch, 
il  quale  non  potrà  essere  che  splendido. 
Così  parlando  di  banchetti  ufficiali,  di 
ricevimenti  di  carattere  politico  usasi  di 
solito  questa  voce  inglese,  la  quale  è 
pure  accolta  nei  dizionari  recenti  della 
lingua  francese. 

Lunel:  specie  di  vino  bianco  francese 
di  lusso  e  assai  pregiato  :  dal  nome  della 
città  di  Lunel  nella  Linguadoca. 

L^unghla  del  leone:  (lat.  exungueleo- 
?^em)  cioè  dall'unghiadistinguiamo  il  leone, 
cioè  da  piccolo  cenno  o  saggio  appare  l'im- 
pronta dell'uomo  geniale  e  forte. 

Lunula:  parte  dell'unghia  di  forma  se- 
milunare, di  colore  bianchiccio  o  meno 
colorata  che  il  resto,  presso  la  matrice 
della  detta  unghia. 

Luogo:  aver  luogo  per  accadere,  avve- 
nire, seguire  come  :  in  questo  secolo  hanno 
avuto  luogo  molti  politici  rivolgimenti  ;  o 
per  farsi.,  compiersi.,  tenersi.,  come  :  Va- 
dunan%,a  avrà  luogo  nel  prossimo  mese., 
«  è  un  francesismo  de'  più  sfoggiati,  e  di- 
ciamo anche  de'  più  frequenti  »  (Rigutini). 
Ed  è  oramai  divenuto  tanto  comune  che 
chi  l'usa  avverte  a  fatica,  anche  se  per- 
sona colta,  che  è  francesismo. 

Luogo  comune:  press' a  poco  come  frase 
fatta,  cioè  espressione  o  locuzione  d'ef- 
fetto, in  origine,  ma  che  per  il  troppo 
ripetersi  e  non  sempre  a  proposito,  ha  sa- 
pore di  enfasi  e  di  artificio  retorico.  .Dal 
fr.,  lieux  communs. 

Luogo  di  decenza:  curiosa  e  deforme 
versione  del  francese  lieux  d' aisances. 
V.  questa  locuzione. 

L'uovo  di  Colombo:  dicesi  di  cosa  che 
tutti  sanno  fare,  e  chi  fosse  vago  di  leg- 
gero la  storia  di  questa  locuzione  che  è 
divenuta  popolare,  può  leggere  ne  La 
Historia  del  Mondo  Nuovo  di  M.  Giro- 
lamo Benzeni,  milanese,  stampata  in  Ve- 
nezia nel  1565,  lib.  I,  cap.  V.  Simile 
facezia  è  dal  Vasari  attribuita  al  Brunel- 
lesco,  ma  riferita  sempre  a  Cristoforo  Co- 
lombo. I  tedeschi  hanno  puro  questa  espres- 
sione proverbiale,  Das  Ei  des  Columbus; 
e  così  i  Francesi. 

Lupa:  chiamano  gli  agricoltori  con  tal 
nomo  (V.  Lupus)  una  malattia  deirolivo 
e  del  gelso,  che  corrode  e  infradicia  l'in- 


Liip 


—     286 


Lvd 


terno  del  tronco.  Yale  carie.  Si  cura  con 
un'operazione  che  i  toscani  chiamano  Seat-' 
tivatura  (asportazione  di  ciò  che  è  cattivo, 
guasto). 

Lupa:  occorre  talora  questo  nome,  specie 
in  poesia,  per  significare  spregiativamente 
la  Curia  Romana,  Roma  papale: 

Dal  Tebro  fiutando  la  preda 

la  lupa  vaticana  s'abbatte  su  V  Eridano. 

Carducci,  Alla  Città  di  Ferrara. 

Tale  senso,  come  è  noto,  è  tolto  3alla 
interpretazione  del  simbolo  Dantesco  della 
Lupa.  Inf.  Canto  I. 

Lupo  mannaro:  V.  Licantropia. 

Lupus:  dal  lat.  lupus;  allusione  all'o- 
pera corroditrice  di  questa  malattia.  Affe- 
zione della  pelle,  di  origine  tubercolare, 
con  una  tendenza  ad  invadere  e  distrug- 
gere. La  voce  lupo  parmi  meno  usata  e, 
in  molti  lessici,  ommessa. 

Lupus  in  fabula:  antico  proverbi?)  latino, 
usato  quando  sopragiunge  colui  di  cui  si 
parla,  e  toglie  a  noi  facoltà  di  ragionarne 
ancora.  L'origine  del  proverbio  è  da  ciò 
che  il  viso  del  lupo  reputavasi  pauroso  a  tal 
punto  da  togliere  altrui  la  favella.  Cfr. 
Eeloga  X,  53;  Ter.  Adelph.  4,  1,  31,  etc. 

Lusingarsi  :  per  il  semplice  sperare., 
credere  etc.  è  neol.  ripreso  dai  puristi 
come  gallicismo  (se  flatter)^  giacche  a  lu- 
singa e  lusingare  si  annette  mal  senso 
di  blandimento,  allettamento  e  simili. 
Troppo  sottile  ragionamento  e  troppo  ri- 
gore, tanto  più  che  il  passaggio  ideolo- 
gico alla  illusione  o  lusinga  della  spe- 
ranza è  così  naturale  ;  e  poi  la  voce  an- 
tica classica  lusinga,  non  è  dal  francese? 


Lussazione  :  term.  med.  (lat.  luxare  = 
lussare,  slogare)  spostamento  permanente 
di  due  superfici  articolari  che  hanno  più 
0  meno  perduto  i  rapporti  che  normalmente 
avevano  l'una  verso  l'altra. 

Lussuoso  :  agg.  di  lusso,  è  assai  fre- 
quente. Noi  potremmo  rinnovare  l'antico 
senso  all' agg.  lussurioso  o  usare  la  pa- 
rola sfarzoso  o  simili.  Invece  preferiamo 
fare  italiana  la  voce  francese  luxueux^ 
ben  distinta  nel  senso  da  luxurieux. 

Lustrare:  nell'uso  familiare  di  alcune 
regioni  dell'  Italia  settentrionale  vale  adu- 
lare. Ma  usasi  in  special  senso  e  modo 
che,  come  tutte  le  sfumature  del  linguaggio, 
è  difficile  determinare. 

Lutolento:  aggettivo  disusato,  dal  lat. 
lutum  =  fango,  melma  e  perciò  fangoso., 
chiazzato  di  fango.,  color  del  fango:  lo 
rinnovò  il  Carducci  nel  (^a  ira  : 

Su  i  colli  de  le  Argoune  alza  il  mattino 
brumoso,  accidioso  e  lutolento. 

Lutreola:  carnivoro  del  gruppo  delle 
martore,  affine  alla  puzzola,  ma  che,  per 
i  piedi  palmati,  viene  anche  chiamata 
Lontra  minore.^omì  scientifici:  Putorius 
lutreola,  Lutra  minor. 

L'uva  non  è  matura:  così  diceva  la 
volpe  che  non  poteva  co'  salti  raggiun- 
gere l'uva  :  nondum  matura  est.,  nolo  acer- 
bam  sumere  (Fedro),  e  cosi  dicesi  di 
chi  ad  arte  spregia  beni  che  non  può  ot- 
tenere. 

Lyddite:  nome  inglese  di  esplodente  a 
base  di  acido  picrico,  così  detto  dal  luogo 
ove  furono  fatte  le  esperienze.  I  francesi 
dicono  melinite  =  melinite. 


1^ 


Ma:  nell'uso  familiare  questa  congiun- 
zione avversativa  talora  è  usata  con  forza 
di  sostantivo,  e  vale  obbiezione,  impedi- 
mento^ diffieoltà  e  simili.  Es.  vi  sono  pa- 
recchi ma.  Tale  uso  ha  esempi  classici  e 
antichi. 

Macabro  :  attributo,  un  tempo,  del  nome 
danza:  serie  di  imagini  e  danze  rappre- 
sentanti la  morte  e  il  trionfo  della  morte, 
in  uso  nell'Evo  medio,  con  intento  reli- 
gioso e  morale.  Oggi  dicesi  di  ogni  nar- 
razione 0  realistica  rappresentazione  o  de- 
scrizione che  si  compiaccia  nel  richiamo 
della  morte.  Il  Du  Gange,  lo  Scheler  fanno 
derivare  tale  voce  da  chorea  m^achabaeo- 
rum,  e  lo  Scheler  avverte  come  nell'antico 
francese  del  secolo  XII  si  incontri  macabre 
zzz  m,achabée.  Altri  dall'arabo  mak  bara  =: 
canto  funerario.  Anche  lo  Zambaldi  fa  de- 
rivare macabro  dalla  danza  de'  Maccabei^ 
sette  fratelli  ebrei  che  insieme  alla  madre 
e  ad  Eleasar  patirono  il  martirio  sotto  An- 
tioco Epiphanes,  e  probabilmente  ebbero 
parte  nelle  danze  do'  morti  delle  antiche 
leggende. 

Macadamizzare  :  cioè  selciare  le  strade 
se(;ondo  il  sisttuna  ritrovato  da  Mac  Adam, 
ingegnere  inglese,  1756-1836;  e  consiste 
iu  un  selciato  compresso  artificialmente 
con  macchino  a  gi-andi  ruote  così  che  i 
ciottoli  formino  un'  amalgama  fortissima. 
Alcune  nostro  strade  nazionali,  specie  del 
Veneto,  formano  un  Mac-Adam  naturalo  e 
antichissimo.  (Dal  fr.  macadamiser). 

Macao  :  nome  di  noto  o  comune  giuoco 
d'  azzardo  :  di  origino  ungherese. 

Macaroni  :  nel  gorgo  francese  vale  iéa- 


liano  ;  ciò  non  suona  molto  gentile  alle 
orecchie  nostre,  giacche  maccherone  vale 
per  noi  baccellone^  scimunito.  Vero  è  che 
i  francesi  danno  questo  nome  solo  per  al- 
lusione al  cibo  nostro  prediletto. 

Maccheroni  con  io  sbruffo  :  V.  Sbruffo. 

Macchiaiuolo  :  neologismo  del  linguag- 
gio dei  pittori,  e  come  neologismo  locale 
fiorentino,  registrato  dal  Petrocchi  «  che 
schizza,  fa  alla  macchia  ».  Diconsi  mac- 
chiaiuoli quegli  artisti  che  fanno  canone 
precipuo  dell'arte  loro  il  vedere  la  natura 
a  macchie,  il  rendere  codeste  macchie, 
senza  tanti  impicci  di  contorni,  di  con- 
trasti, di  luci.  Giacché  altro  è  il  rendere 
il  chiaro-scuro,  il  contrasto  delle  luci  e 
delle  ombre,  e  altro  è  la  macchia  :  ma- 
niera speciale  che  trascura  tutto  e  non 
rende  la  visione  completa,  bensì  in  un  atto 
transitorio,  in  quel  momento  cioè  che 
l'occhio  comprende  la  natura  allo  stato  di 
masse,  o  —  come  appunto  dicesi  —  di 
macchie  non  definite,  e  che  vanno  di  mano 
in  mano  delineandosi  e  definendosi.  Hanno 
—  come  è  naturale  e  come  si  capisce  — 
punti  di  affinità  e  di  contatto  cogli  Im- 
pressionisti. (V.  questa  parola).  È  da  no- 
tare però  che  il  modo  tutto  speciale  e  ca- 
ratteristico di  visione  e  quindi  anche  di 
esecuzione  e  di  tecnica  dei  maechiaiuoli 
è  quasi  esclusivo  di  una  scuola,  o,  por 
meglio  diro,  di  un  gruppo  di  artisti  fio- 
rentini, cui  appunto,  e  quasi  solo  ad  ossi, 
si  dà  codesto  appellativo.  Sopranonio  o 
nomo  non  si  sa  bone  so  da  loro  stessi 
adottato  o  so  piuttosto  a  loro  api)ioppato 
por  distintivo,  o  anche  co!i  intento  di  cri- 


Mac 


—     288     — 


Mac 


tica,  del  quale  però  vanno  orgogliosi.  Se 
non  loro  caposcuola,  certo  portabandiera 
(caporale  della  piccola  schiera)  fu  Tele- 
maco Signorini,  morto  sul  finire  del  1900. 
Scrisse  per  alcuni  anni  il  Oaxxettino  com- 
battendo l'Accademia,  gli  Accademici,  i 
vecchi  cànoni  dell'arte,  e  battendo  i  so- 
stenitori di  essi  a  dritto  e  a  rovescio.  Fu 
certamente  innovatore  geniale  e  vivace  ; 
se  non  che  il  torto  del  suo  gruppo  fu  di 
esagerare  (come  sempre  degli  innovatori), 
dando  importanza  eccessiva,  unica  a  una 
norma  particolare  dell'  arte,  che  non  è 
però  tutta  l'arte.  Di  lui  così  dice  il  Pan- 
zacchi  nel  Libro  degli  Artisti^  Cogliati, 
1902,  pag.  519,  in  nota:  «Telemaco  Si- 
gnorini, fiorentino,  morto  vecchio  di  re- 
cente, fu  il  più  autorevole  di  quei  pittori 
detti  macchiaiuoli^  che  intorno  al  '60 
cercarono  di  rinnovare  con  la  sincerità 
dell'impressione  l'arte  imbastardita  dai 
romantici  e  dagli  ultimi  avanzi  dei  neo- 
classici. Fu  un  singolare  artista  i  cui  me- 
riti vanno  di  giorno  in  giorno  facendosi 
più  chiari  » . 

Macchietta:  voce  familiarmente  usata 
neir  Alta  Italia  per  significare  persona 
bizzarra,  che  pel  costume  o  pel  vestire  è 
ridicolmente  e  piacevolmente  notevole. 
Comune  nel  Veneto,  non  ignota,  credo, 
in  Toscana. 

Macchina:  è  detta  talora  antonomastica- 
mente  la  bicicletta.  Montare  in  macchina, 
cioè  inforcare  la  bicicletta.  E  infatti  la 
bicicletta,  fra  le  macchine  dell' industre 
secolo  XIX,  una  delle  più  geniali. 

Macchina  elettorale:  locuzione  anglo- 
americana, usata  nel  linguaggio  interna- 
zionale giornalistico  per  indicare,  tanto  il 
comitato  elettorale,  come  il  complesso  dei 
mezzi  e  delle  forze  messe  in  opera  per 
riuscire  nelle  elezioni.  Presso  di  noi  ha 
mal  senso. 

Macchina  infernale:  ordigno  esplodente 
di  distruzione,  bomba  :  fr.  machine  in- 
fernale. 

Macchina  utensile:  i  tecnici  e  gli  in- 
gegneri meccanici  usano  questa  denomi- 
nazione generica  per  indicare  tutte  quelle 
varie  macchine  le  quali  fanno  agire  un 
utensile  (sega,  pialla,  trapano,  tornio,  etc.) 
adempiendo  in  modo  più  complesso,    po- 


tente, perfetto,  rapido  il  lavoro  che  com- 
piva, 0  potrebbe  compiere,  la  mano  del- 
l'uomo. Gli  ingegneri  milanesi  dicono 
invariabilmente  utènsile,  ed  è  accento 
errato.  (V.  Accento)  Cfr.  il  fr.  machine- 
outil.,  ted.   Werkxeugmas chine. 

Macchinario:  il  complesso  delle  mac- 
chine necessarie  per  compiere  una  com- 
plessa funzione  meccanica  od  industriale. 

Mac  Parlane:  specie  di  pastrano  d'in- 
verno. Voce  inglese  accolta  anche  in  fran- 
cese: pardessus  sans  manches  avec  pé- 
lerine.  Da  un  nome  proprio  scozzese.  Per 
questa  complicata  questione  dei  nomi  degli 
abiti  maschili,  V.   Vestito. 

Màchefer:  fr.,  scoria  che  si  estrae  dalla 
combustione  del  ferro  :  da  mdcher  =: 
schiacciare  e  fer  =  ferro. 

Machiavellismo:  per  arte  fraudolenta  e 
violenta  di  governo  è  vocabolo  consacrato 
dall'uso,  e  in  Italia  e  fuori.  Machiavé- 
lisme:  —  leggo  in  un  autorevole  testo 
francese  —  système  politique.,  qui  se 
trouve  développé  dans  le  livre  de  Ma- 
chiavel  «  le  Prince  »:  seri  à  designer  toid 
système  de  gouvernement  et  tonte  poli- 
tique  ayant  pour  base  le  despotisme.  le 
pouvoir  absolu  sans  frein.,  et  pour  moyens 
d' action  le  mensonge^  l'hypocrisie  et  Ics 
procédés  les  plus  contraires  à  l'equité. 
È  una  delle  tante  ingiustizie  storiche,  le 
quali  si  possono  correggere  forse  nell'opi- 
nione, non  nella  parola.  Essa  ingiustizia 
si  formò  per  due  cause:  primamente  per 
avere  sintetizzato  nel  grande  statista  fio- 
rentino gli  errori  e  le  opinioni  dei  tempi, 
secondo  per  essere  stato  il  Machiavelli  sin- 
cero nella  vita  e  negli,  scritti.  Il  diritto 
che  egli  insegna  non  discorda  pur  troppo 
dalla  realtà  della  vita  e  degli  uomini,  e 
la  sua  politica,  mutate  le  forme,  è  quella 
che  ancora  impera  nel  mondo.  Ora  l'uma- 
nità non  fu  ne  è  disposta  a  critica  benevola 
verso  chi  osò  rivelarla  ignuda.  NB.  Nic- 
colò Machiavelli  morì  povero  e  i  potenti 
della  terra  lo  lasciarono  in  abbandono. 
Figli  di  Machiavelli  si  legge  talora,  ri- 
ferito agli  Italiani:  perifrasi  di  cui  troppo 
lungo  sarebbe  il  discutere  :  vale  quasi 
eredi  della  politica  del  Machiavelli  (!  '?) 

Macis  :  rivestimento  carnoso  o  arillo 
della  noce  moscata  (seme  della  Myristica 


Ma 


289     - 


Mad 


nioschata  o  fragraiis)  che  serve  por  aroma, 
modicamouto,  essenza. 

Mackintosh:  nome  dell'inventore  della 
ommatura  dei  tessuti.  Dicesi    anche    di 
-pecio  di  impermeabile. 

Macramè:  frangia,  passamano^  e  por 
«astensione  si  dice  di  certi  lavori  che  si  ese- 
.uuiscono  mediante  nodi  e  intreccio  di  cor- 
doncini 0  grossi  fili  ;  e  se  ne  fanno  galloni, 
reticelle,  etc.  In  genovese,  asciugaììiani. 

Macro  :  prefisso  greco,  jun^oòg  --  grande, 
lungo,  che  si  trova  in  composizione  di 
molte  voci  mediche  e  scientifiche  :  marro- 
stomia,  gran  bocca;  macropodia^  grandi 
piedi;  macroglossia^  grande  lingua;  nia- 
rrouielia,  grandi  membra  ;  macropsia^ 
vista  esagerata,  che  vede  gli  oggetti  mag- 
giori del  vero;  macrochiria^  grandi  mani 
ere.  includendovi  sempre  il  concetto  di 
anomalia  e  di  mostruosità. 

Macrocosmo  (e  microcosmo)  :  inaxQÒg^ 
grande  e  jlukqós^  piccolo  +  ;fóo/fo^,  uni- 
verso, termini  filosofici  :  il  gran  mondo 
(macrocosmo)  detto  dell'universo,  in  op- 
posizione all'uomo  (microcosmo  o  piccolo 
tu  ondo). 

Macte  animo  o  macte  virtute:  espres- 
sione latina  di  esortazione   e  di  augurio. 

Madam:  inglese,  signora^  mylady.  si 
adopera  soltanto  nel  vocativo. 

Madama:  fr.  madame  per  signora  è  voce 
notata  dai  puristi.  Ma  per  signora  di  gran 
paraggio  e  riferentesi  a  nobili  e  reali  donne 
di  Francia,  ha  esempi  della  più  pura  clas- 
sicità nostra  !  Madama  poi  in  senso  le- 
pido e  faceto,  è  popolare.  Certo  potrà  es- 
sere difettoso  il  madama  dei  subalpini,  ado- 
perato invece  di  signora,  ma  è  cattivo  uso 
regionale.  Madamigella  poi  non  mi  pare 
gran  che  dell'uso,  o  se  si  dice,  dicosi 
francesemente.  Madaì il  igeila^  come  ma- 
dama^ talora  è  parola  adoperata  in  senso 
hjpido.  V.  Madamina.  Madame  storica- 
jncnto  fu  titolo  dato  in  Francia  alle  fan- 
ciullo reali,  ancorché  zitello,  ma  con  l'ag- 
giunta del  nome.  Parlando  di  regine  e 
imperatrici  non  dicesi  madame  la  Beine., 
ma  usasi  madame  come  vocativo,  par- 
lando, scrivendo.  In  italiano  bone  vi  ri- 
spondo la  bolla  voce  signora.,  e  Signora 
chiamò  il  Carducuù  la  regina  Margherita 
di  iSavoia,  del  quale  vocabolo  gli  fu  fatto 

A.  I'anzini,  Supplruipnfo  ni  Dixionari  italiani 


rimprovero  come  di  plebea  ignoranza,  al 
che  il  grande  Poeta  rispose  :  «  e  se  io  le 
dissi  Signora^  non  è  vero  che  mi  correg- 
gessi :  volevo  dire  Maestà.,  non  sono  av- 
vezzo a  parlare  con  le  regine.  Cotesto  è 
un  madrigale  ignorante.  Come  al  Ee  nel 
vocativo  si  dice  Sio-e,  così  alla  Maestà  della 
Regina  d'Italia  si  dice  Signora.,  come 
Sefiora  a  quella  di  Spagna  e  Madame  a 
quella  di  Francia,  quando  ce  n'era.  Cor- 
tigiani delle  gazzette,  imparate  almeno  le 
prime  creanze  del  servaggio  !  »  {Eterno 
Femminino  regale) . 

Madamina:  idiotismo  lombardo  che  si- 
gnifica la  sartorclla,  o  la  sartina,  o  la 
crestaia.  Le  eleganze  di  questo  tipo  fem- 
minile sono  varie  secondo  il  paese  e  le 
abitudini,  ma  identica  e  caratteristica  ne 
è  la  psicologia  ed  il  costume.  V.  Orisette^ 
Midinette.  Per  Madamina^  V.  una  gra- 
ziosa descrizione  de  Le  giovani  di  bottega., 
0  sia  le  Madamine.  Corriere  milanese 
delle  dame.,  10  luglio  1819,  pagina  227. 

Madapolam  :  tela  candida  e  fine  per  ca- 
micie. Madapolam,  oggi  villaggio  dell'India 
meridionale,  fu  centro  importante  di  com- 
mercio del  cotone  durante  il  florido  pe- 
riodo della  Compagnia  delle  Indie  orien- 
tali, e  diede  il  nome  a  questo  tessuto. 

Made  in  Germany:  e  anche  made  in 
Italy  (fatto  in  Germania,  etc.)  è  marca 
commerciale  che  si  suole  apporre,  come 
richiesta,  ai  manufatti  che  hanno  maggior 
probabilità  di  spaccio  nelle  esportazioni 
in  Inghilterra  e  nelle  colonie  inglesi. 

Mademoiselle:  fr.,  per  istitutrice.,  da- 
migella di  compagnia.,  specialmente  se 
francese.  V.  Miss.,  Frdulein. 

Madiere  o  madiero:  ciascuno  di  quei 
principali  pezzi  di  costruzione,  che  pian- 
tati di  traverso  su  la  chiglia  del  basti- 
mento, formano  la  prima  baso  e  il  primo 
innesto  di  tutte  le  coste  del  medesimo  (Gu- 
glielmotti, op.  cit.). 

Madro:  nel  nostro  gergo  dei  comici  così 
è  chiamata  con  ironico  e  felice  traslato  al 
genere  maschile,  la  madre  della  giovine 
attrice.  Ella  ne  custodisce  hi  virtù  pori- 
colata  come  fosse  una  virtù  pericolante. 
Insomma,  una  apocio  di  allenatrioo  natu- 
rale alla  vita  del  palcoscenico.  Tipo  co- 
mico 0  antipatico  nel   tempo  stosso. 

19 


Mae 


—    290     - 


Mag 


Maestra:  nel  ling.  mar.,  indica  la  mag- 
gi-or vela  del  bastimento,  così  quadro  come 
latino,  e  insieme  la  più  bassa  e  centrale. 
Detto  dell'albero  della  nave,  V.    Albero. 

Màfia  e  non  màffìa:  associazione  o  con- 
sorteria, con  forte  carattere  di  setta  e  di 
violenza,  fiorente  —  ancorché  illegale  —  in 
molte  terre  di  Sicilia.  (V.  perle  affinità  di  fi- 
losofia storica,  Manzoni,  P.  S.  Gap.  I.)  «La 
parola  màfia  viene  dal  gergo  delle  carceri 
donde  uscì  solo  nel  1860  per  mezzo  di  una 
commedia  del  signor  Rizzotto,  che  descrisse 
l'associazione  ivi  esistente.  Fu  allora  ado- 
perata per  indicare  un  altro  fatto  sociale 
che  prima  non  aveva  avuto  un  proprio 
nome  » .  P.  Villari,  nota  alle  sue  Lettere 
meridionali.  V.  Allongi,  La  Mafia.,  Remo 
Sandron,  1904.  L'etimologia  della  parola 
non  è  certa.  Lo  Zambaldi  op.  cit.  dice: 
forse  dall'arabo. 

Mafioso:  o  imitando  il  suono  dialettale, 
Tnafiuso.,  settario  appartenente  alla  mafia; 
0  dicesi  genericamente  di  persona  parti- 
giana, come  camorrista. 

Magattèll  :  voce  milanese  vale  burattino., 
cioè  il  fantoccio  che  si  manovra  dal  di 
sotto  introducendovi  la  mano.  Il  Cheru- 
bini spiega  la  parola  come  una  corruzione 
di  un  imagitelli^  lat.  imaguncula  =  pic- 
cola imagine. 

Magazine:  (pronuncia  tnag-a-%èn)  voce 
inglese,  usata  per  indicare  quelle  Riviste, 
adorne  di  vignette  che  sono  come  un  ma- 
gazzino 0  miscellanea  di  vari  scritti  di 
natura  dilettevole,  varia  e  pratica  per  la 
coltura  democratica  e  spicciola  dei  nostri 
giorni.  La  prima  stampa  di  tal  genere  in 
Inghilterra  fu  il  Oentleman'  s  magaxine 
nel  1731.  Molte  riviste  italiane  si  sono 
informate  a  tale  costume  straniero,  facendo 
delle  vignette  e  delle  curiosità  il  princi- 
pale loro  pregio.  E  un  progresso? 

Magazzeno:  per  magazzino  è  versione 
della  equivalente  parola  francese,  che  si 
pronuncia  magasen.  Appartiene  al  nu- 
mero di  quei  gallicismi  che,  se  anche  non 
sono  evitati,  sono  generalmente  ricono- 
sciuti come  difettosi. 

Maggiostrìna:  voce  milanese  acconcia- 
mente e  talora  lepidamente  detta  per  in- 
dicare il  cappello  di  paglia  (la  paglietta) 
che  si  porta  in  sul  venire  della  buona  sta- 


gione. Maggiostrinna  inoltre  è  diminutivo 
dialettale  lombardo  di  magiòstra  =  fragola. 
Avvertasi  che  maggiostra  e  magiòstra  per 
grossa  fragola.,  è  voce  registrata  anche 
ne'  diz.  italiani  (Scarabelli,  Gherardini)  e 
dal  Petrocchi  fra  le  voci  morte. 

Maghetto  :  emiliano  e  romagnolo,  ma- 
cone  umbro,  indica  il  ventriglio  dei  polli, 
dal  tedesco  magen.  Voce  press' a  poco  co- 
mune nei  vari  dialetti  italici,  venuta  forse 
col  dominio  de'  Longobardi.  In  milanese 
magòn  =  stomaco  dei  bovini,  e  accora- 
mento fverosimilmente  dal  riflesso  doloroso 
nell'epigastrio,  quando  si  è  afflitti). 

In  cà  del  pover  omm  gh'è  sto  magòn 
tucc  se  lamenten  e  tucc  han  reson  ! 

(Maggi,  Fai.  FU.  I,  0). 
Nel  milanese  volgare  per  indicare  il  ven- 
triglio ne'  polli  dicesi  perdée. 

Magiòstra:  per  fragola  è  puramente  dia- 
lettale lombardo.   Y.  Maggiostrìna. 

Maglieria:  neol.  nel  significato  di  ne- 
gozio di  maglie  ovvero  di  ogni  genere  di 
maglie. 

Magna  Chàrta:  è  per  gl'inglesi  press'a 
poco  ciò  che  lo  Statuto  Albertino  per  gli 
italiani.  La  Gran  Caita  data  sin  dal  1215, 
e  fu  per  domanda  de'  baroni  d'Inghilterra 
concessa  da  re  Giovanni  Senza  Terra,  e 
poi  confermata  nel  1624  da  suo  figlio  Ar- 
rigo III.  Questo  Statuto  che  stabilisce  il 
diritto,  la  giustizia  e  la  libei-tà  del  popolo 
rivendicandolo  da  ogni  illegalità  e  vio- 
lenza, è  sino  ad  oggi  considerato  come  il 
fondamento  vivo  e  solenne  delle  franchigie 
costituzionali  dell'Inghilterra,  e  molto  valse 
ad  educare  quel  popolo  ai  liberi  ordina- 
menti. 

Magnalio:  lega  di  magnesio  ed  alluminio 
in  proporzioni  diverse  secondo  lo  scopo 
cui  deve  servire  (90  7o  di  al.  e  10  7o  di 
magn.,  oppure  80  7o  di  al.  e  20  7o  di 
magn.,  od  anche  proporzioni  differenti  da 
coteste). 

Magnanimi  lombi  :  =  nobili  ed  illustri 
progenitori  (Parini,  Mattino,  2)  locuzione 
fatta  comune  ed  usata  ironicamente,  se- 
condo il  senso  del  Poeta. 

Magna  parens  frugum:  così  Vergilio 
chiama  l'Italia  gran  genitrice  di  biade. 
Salve,  magna  parens  frugum.,  Saturnia 
tellus.    {Oeorgiche.,   II,    173).    Saluto    so- 


Mai 


291 


Mai 


lenne  cui  i  tempi  e  i  fati  aggiunsero  senso 
sacro  e  profondo. 

Magna  pars:  lat.  gran  parte:  ricorre 
questa  locuzione,  tolta  da  Vcrgilio,  per 
indicare  che  alcuno  è  operatore  od  autore 
massimo  in  qualche  cosa  iquaeque  ipse 
ìniscrrima  vidi  \  et  quorum  pars  magna 
fui.,  che  io  stesso  il  vidi,  ed  io  gran  parte 
fui,  Eneide.,  II,  5,  6.) 

Magnate:  (dal  lat.  magnus  z=  grande) 
titolo  dato  in  Polonia  e  in  Ungheria  ai 
membri  dell'alta  nobiltà.  Oggi  titolo  ono- 
rifico. 

Magnis  ìtinerìbus:  propr.  in  latino  a 
grandi  giornate,  e  dicesi  delle  milizie  che 
muovono  a  grandi  tappe,  cioè  rapidamente: 
per  estensione  :  i?z  riassunto.,  per  sommi 
capi. 

Magone:  voce  dialettale  lombarda.  Y. 
Ma-ghetto. 

Magrone  :  chiamano  gli  agricoltori  e  gli 
allevatori  quei  suini  i  quali  sono  bensì 
sviluppati,  ma  non  sono  ancora  stati  sot- 
toposti all'ingrassamento. 

Mahdi  :  il  Messia  dei  maomettani  che 
convertirà  tutto  il  mondo  all'islamismo  e 
compirà  l'opera  di  Maometto.  Celebre  fi-a 
cotesti  presunti  profeti,  risorgenti  ogni 
tanto  in  Oriente,  fu  Achmed  Suleiman  che 
destò  enorme  fanatismo  fra'  suoi  seguaci 
{Dervisci.,  V.  questa  voce)  nel  Sudan.  Fu 
signore  del  Cordofan,  ruppe  presso  El  Obeid 
l'esercito  egiziano,  si  impadronì  di  Cartum, 
chiave  dell'Egitto,  nel  1885,  invano  eroi- 
camente difesa  dall'inglese  Carlo  Gordon 
che  vi  incontrò  la  morte.  Morte  fieramente 
vendicata  e  città  ripresa  in  questi  ultimi 
tempi  dagli  inglesi,  i  quali  non  vogliono 
onte  su  le  loro  bandiere.  La  grafìa  madì 
è  poco  seguita  nell'uso. 

Maidico:  da  mais  gli  scienziati,  i  tec- 
nici, etc.  hanno  fatto  questo  aggettivo. 
Es.  malattie  maidiche  (la  pellagra).  Po- 
vero Fanfani,  anche  por  questa  parola  è 
morto  a  tempo,  che  se  l'avesse  intesa.  Dio 
sa  quanto  no  avrebbe  sofferto!  V,  iMais. 

Mail-coacii:  (i)ronunciame/-cocc)o  s^^e- 
eoach  o  anche  stage:  è  l'antica,  grave  o 
gi'ande  vettura  postale  a  tiro  a  quattro. 
Gli  inglesi,  che  non  buttan  via  niente, 
l'hanno  rinnovata,  e  con  che  lusso!  per 
le  corse  :  sui  sodili  in  alto  stanno  signori 


e  dame,  dentro,  i  domestici.  Li  guida  uno 
de'  signori  e  dietro  stanno,  di  solito,  due 
tubatori,  a  diletto  anch'essi  delle,  ahi,  non 
più  docili  plebi  :  docili  tuttavia  alla  con- 
templazione dell'  ozio  e  della  vanagloria 
altrui.  Mail  coach  è  voce  inglese  accolta 
altresì  in  francese. 

Maillectiort:  nome  che  danno  i  francesi 
(e  si  usa  fra  noi)  al  metallo  bianco,  o 
argentano,  o  alfenide,  o  packfong.,  secondo 
la  varia  composizione  del  rame,  dello  zinco 
e  del  nichelio. 

Main  gauciie:  mariage  de  la  main 
gauche  :  matrimonio  della  mano  sinistra 
0  Morganatico  [matrimonium.  ad  morga- 
naticam  o  ad  legem  salicam).,  propria- 
mente è  quel  rito  pel  quale  i  principi 
sposano  in  seconde  nozze,  solitamente, 
donne  inferiori  di  grado;  ed  offresi  la 
mano  sinisti'a  :  i  figli,  benché  legittimi, 
non  partecipano  della  eredità,  né  del  nome, 
né  del  grado.  La  costumanza  è  antica,  di 
origine  germanica,  a  noi  venuta  coi  Lon- 
gobardi. Nell'uso  comune  si  dice  di  per- 
sona qualificata  che  sposi  donna  di  im- 
pari condizione,  e  prevale  in  tal  caso  la 
espressione  francese. 

Maionese  o  maionesa:  Y.  Mayonnaise. 

Maire:  in  Francia  il  primo  ufficiale  mu- 
nicipale :  sindaco,  gonfaloniere.,  podestà 
in  nostra  lingua.  Maire.,  dal  lat.  m,ajor 
--  maggiore. 

Mais  :  grano  turco,  formentone,  granone, 
mèlica.  La  parola  mais  (di  Haiti)  passò 
in  Francia  e  quindi  fra  noi.  È  una  delle 
voci  che  fa  veder  rosso  al  Fanfani  :  usata 
nei  libri,  ma  non  attecchita  nel  popolo. 

Maitre  d'iiotel:  a  questo  prevalente  vo- 
cabolo francese  risponde  la  nostra  bella 
maggiordomo  :  siniscalco,  cioè  maestro 
di  casa,  e  scalco  dicevasi  di  colui  che  ta- 
gliava lo  vivando  prima  di  porle  su  la 
mensa  e  a  questa  presiedeva.  Scalcare 
l'arto  del  tagliar  lo  vivando:  parole  quasi 
spente. 

Maiuscola:  si  scrive  in  italiano  con  let- 
tera maiuscola:  a)  la  prima  lettera  del 
periodo,  del  verso  (oggi  pel  verso,  col  forte 
esempio  dol  Carducci,  la  minuscola)  e,  se- 
condo i  più,  la  prima  lettera  dolio  oita- 
zioui  0  di  un  discorso  diretto,  cioè  dopo 
i  due  punti:   ma  non  è  legge;  b)  i  nomi 


Ma.) 


292 


Ma 


propri  0  usati  come  tali  come:  Senato, 
Parlamento,  Camera;  i  sopranomi  come 
Griso,  Azzeccagarbugli;  i  numerali  opi- 
nativi, proposti  ad  un  nome  proprio,  es. 
Carlo  Terzo,  Pio  Settimo;  i  nomi  dei 
popoli,  es.  i  Francesi,  i  Eussi  ;  il  Noi  e 
il  Nostro  dei  sovrani.  Re  e  Dio  a  chi  pare 
e  piace,  secondo  le  opinioni,  benché  il  se- 
condo nome,  come  simbolo  e  segno  della 
maggiore  delle  idealità  umane,  dovrebbe 
essere  onorato  della  maiuscola  ;  e)  i  titoli 
dei  libri  ;  d)  i  nomi  delle  solennità.  Pasqua, 
Natale.  Ma  si  vorrà  accusarmi  di  esser 
pedante  e  sottile  critico  se  dico  che  og- 
gidì, nel  considerare  come  propri  i  nomi 
comuni,  si  abusa  e  si  imita  un  po'  troppo 
da  vicino  la  maniera  tedesca  che  scrive 
con  maiuscola  ogni  sostantivo  ? 

Major  e  longinquo  reverentia:  sentenza 
latina  (Tacito,  Ann.  I,  47j  a  cui  risponde 
l'adagio  italiano:  confidenza  toglie  rive- 
renza, 

Maki:  nome  dato  a  parecchie  Proscim- 
mie o  Lemuri,  ma  specialmente  al  Lemur 
Gatta  del  Madagascar. 

Mala  cosa  nascer  povero!:  V.  Pauper 
uhique  iacet. 

Malandrinaggio  :  astratto  di  malandrino, 
cioè  la  vita,  e  il  costume  di  darsi  a  co- 
tale genere  di  esistenza  delittuosa. 

Malapena  fa):  a  fatica.,  a  stento:  lo- 
cuzione dell'uso. 

Malaria:  e  derivato  malarico.  Questo 
infausto  nome  italiano  (inala  aria)  è  usato 
anche  fuori  del  confine  del  bel  Paese  :  in 
francese  vale  paludisme.,  o  fièvres  palu- 
stres.  La  malaria  è  una  malattia  che  si 
manifesta  per  lo  più.  con  parossismi  feb- 
brili e  forme  intermittenti,  determinata, 
secondo  gli  studi  del  Golgi,  ed  altri,  dal 
ciclo  evolutivo  che  compirebbero  nel  sangue 
umano  speciali  elementi  cellulari,  detti 
sporozoi,  innestati,  come  avrebbero  dimo- 
strato le  recenti  ricerche  del  Grassi,  Ba- 
stianelli  etc.  dalla  zanzara  con  la  sua  pun- 
tura. Sarebbe  specialmente  il  genere  Ano- 
pheles  che  ospiterebbe  il  parassita  mala- 
rico onde  l'uomo  è  infettato.  V.  Anofele. 

Malarico  :  neol.  V.  Malaria. 

Malattie  professionali  :  sono  chiamate 
quelle  infermità  in  cui  specialmente  si 
incorre  esercitando  un  dato  mestiere. 


Malattie   segrete 


Malattie   vene- 


Malattie  veneree:  sono  chiamate  quelle 
infermità  che  si  contraggono,  solitamente, 
per  contatto  sessuale  con  individui  infetti. 
Da  Venus  z=.  Venere.,  dea  dell'amore.  Di- 
consi  anche  malattie  segrete  perchè  tali 
morbi  che  vanno  da  forme  lievi  e  passeg- 
gere a  forma  gravissima,  quale  è  la  sifì- 
lide [lue  venerea  o  morbus  gallicus).,  at- 
taccandosi per  eifetto  di  disonesti  amori, 
suole  chi  ne  è  colpito  tacerli  e  occultarli. 
Vero  è  che  si  potrebbero  chiamar  segrete 
anche  per  altra  cagione  che  non  è  il  caso 
di  spiegare. 

Mala  vita:  nome  dato,  nell'Italia  meri- 
dionale, indi  esteso  ad  altre  regioni,  ad 
associazioni,  come  la  camorra,  la  màfia, 
che  hanno  per  intento  il  mutuo  concorso 
e  soccorso  nell' operare  fra  adolentemente  o 
violentemente. 

Mal  della  lupa:  termine  volgare  di  quella 
forma  di  malattia  che  i  medici  chiamano 
bulimia. 

Mal  du  pays:  z^  nostalgia.  Non  è  lo- 
cuzione comune,  ma  la  gente  mondana 
usa  talora  questa  locuzione  francese  per 
indicare  quel  desiderio,  simile  ad  uno 
sconsolato  male,  che  vince  e  annienta  co- 
loro che  non  resistono  a  vivere  in  terra 
straniera.  Il  francese  ha  pure  la  parola 
nostalgie  {vóatog  =  ritorno  e  dÀyog  = 
dolore),  ma  l'usa  specialmente  nel  linguag- 
gio della  medicina. 

Male  della  montagna  :  turbamento  pro- 
fondo che  colpisce  talora  nelle  ascensioni 
alpine  :  si  manifesta  come  un  principio  di 
asfissia,  stanchezza  e  abbattimento  grande, 
disturbi  di  stomaco,  respirazione  spessa. 
Proviene  specialmente  dalla  rarefazione 
dell'aria. 

Maledictus  homo  qui  confìdit  in  homine: 
{Geremia.,  XVII,  3j  maledetto  l'uomo  che 
ripone  la  sua  fede  nell'uomo. 

Malesuada  Fames:  fame  consigliera  di 
male  (Vergilio,  Eneide.,  VI,  27(3),  et  tiir- 
pis  Egestas .,  i  due  mostri  che  stanno 
all'ingresso  dell' Averne.  Questo  umano 
pensiero  fu  già  espresso  da  Euripide (E'/e^^ro^ 
376j:  à?.Xèiei  uóoov  nevia.  òiòàouei  ò'àv- 
òga  Tf]  XQ^f9'  uauóv  :  la  povertà  è  di  per  sé 
una  malattia,  e  insegna  all'uomo  il  male 


Mal 


—    293    — 


Mani 


per  mozzo  della  necessità.  Cfr.  il  Pari  ni, 
//  Bisogno. 

Malgrado:  «  vale:  pur  non  essendo  o 
andando  a  grado.,  pur  non  piacendo  :  e, 
siccome  piacere  e  dispiacere  sono  propri 
soltanto  dogli  esseri  animati,  così  quella 
preposizione  non  può  essere  riferita,  come 
il  fr.  malgré,  a  nomi  indicanti  cose,  e 
usurpar  quindi  F ufficio  di  nonostante.  — 
Errarono  quindi  il  Foscolo,  Lettera  :  7ni 
scrive  che,  malgrado  alcuni  debiti  (...mal- 
gre  quelques  dettcsj...  s'è  ad  ogni  modo 
concertato  col  Ministero  della  guerra. 
Manz.,  XXXYIII:  malgrado  quest' aiuto 
(malgré  ce  secours)  le  cose  si  rincam- 
minarono. Il  fr.  malgrè.,  riferito  a  cose, 
corrisponde  dunque  a:  non  ostante.,  rife- 
rito a  persone,  corrisponde  a  :  malgrado. 
La  lingua  italiana  è  più  varia  ed  etimo- 
logica della  francese  ».  Così  il  sig.  AUan 
op.  cit..,  ma  dagli  stessi  esempi  autore- 
voli appare  quanto  sia  forte  ed  antico  l'uso 
di  questo  malgrado  pure  in  eccellenti 
scrittori.  Malgrado  mio.,  tuo.,  suo.,  sono, 
per  le  ragioni  dette  sopra,  da  ritenersi 
modi  italiani  schiettamente,  ne  urge,  come 
vorrebbero  alcuni  scrupolosi  di  purità, 
costituirli  con  a  mal  grado  mio  ovvero 
mal  mio  grado.  Tengasi  a  mente  l'esempio 
del  Caro  nella  versione  dell'Eneide,  lib.  I: 

Ciente  inimica  a  me,  malgrado  mio, 
naviga  il  mar  tiireno. 

Maligno:  in  medicina  dicesi  di  mali  che 
presentano  un  carattere  grave  od  insidioso, 
0  d'un  tumore  suscettibile  a  generalizzarsi 
e  addurre  la  morte  dell'infermo. 

Mal  lei  na:  V.  Morva. 

Malo  periculosam  libertatem  quamquie- 
tum  servitium  :  classico  aforismo  e  formula 
liberalo  :  antepongo  una  perigliosa  li- 
bertà ad  una  tranquilla  servitù.,  cioè  pre- 
ferisco la  libertà  con  tutti  i  suoi  mali,  al 
governo  tirannico  con  tutti  i  suoi  benefici. 

Malthusianismo  ossia  legge  di  Malthus: 
tendenza  della  popolazione  ad  aumentare 
in  proporzione  geometrica,  mentre  i  mezzi 
di  sussistenza  aumentano  in  proporziono 
aritmetica,  onde  quella  soverchiando  su 
questi,  no  consegue  che  in  un  dato  jìunto 
dell'avvenire  gli  alimenti  più  non  baste- 
ranno a  sostentare  l'umano   genere.  Ne- 


cessaria cosa,  quindi,  prevenire  questo 
avvento  col  regolare  e  diminuire  il  fatale 
aumento  della  popolazione  {Essay  on  the 
Principles  of  Population^  1798).  Molte 
critiche  vennero  fatte  alle  due  leggi  del- 
l'aumento della  popolazione  e  dell'alimento. 
Notevole  però  è  il  fatto  che  il  principio 
di  Malthus  confortò  il  Dai'win  ed  il  Wallace 
alla  teoria  della  lotta  per  l'esistenza  pel 
mondo  animale  (òtruggle  for  Existence): 
la  quale  lotta  è  fondamento  della  Selezione 
naturale.  Malthusiano  è  termine  comune 
e  familiare  per  significare  chi,  ad  arte,  li- 
mita la  prole  o  non  ne  vuol  sapere  di  fi- 
gliolanza. 

Malto:  imalt)  orzo  tallito  o  germogliato, 
cioè  il  prodotto  intermedio  che  si  ottiene 
co'  cereali  nella  fabbricazione  della  birra, 

Maltusiano:  V.  Malthusianismo. 

Malva  :  da  questo  noto  nome  di  erba 
emolliente  e  lassativa  con  cui  si  fanno  ein- 
piastri,  sono  chiamati  con  voce  familiare 
di  gorgo  e  con  senso  spregiativo  in  molte 
regioni  d'Italia  quelli  che  seguono  le  opi- 
nioni temperate  in  politica:  i  cosi  detti 
moderati,  V.  questa  parola.  Col  decadere 
però  dell'influsso  e  della  potenza  di  questo 
partito  non  ha  più  sua  ragione  d'essere  la 
parola  di  scherno:  decade  infatti  dall'uso. 

Malversazione  e  malversare:  neologismo 
tolto  dal  francese  malverser  e  malversa- 
tion.  In  buon  italiano  prevaricare,  pre- 
varicazione 0  peculato  (latino  peculatus) 
truffa,  baratteria;  cioè  il  delitto  del  pu- 
blico  ufficiale  che  distrae  o  sottrae  denaro 
di  cui  abbia  per  ufficio  l'amministrazione. 

Maman:  V.  Mammà. 

Mamellone:  por  estensione  di  mamellon, 
capezzolo  della  mamella,  chiamano  i  fran- 
cesi il  poggio  0  il  colle  staccato,  ovvero 
il  sommo  del  monte  che  esce  in  tal  forma, 
e  infine  ogni  protuberanza  o  tubercolo. 
Questo  mamellone  e  il  mamellonato  [ma- 
mellonné)  che  ne  deriva,  si  leggono  tal- 
volta presso  di  noi.  Corti  francesismi  non 
valgono  più  o  mono  degli  altri,  ma  quando 
non  sono  necessari,  sono  esteticamente 
difformi,  malamente  formati,  non  i)Ossono 
a  meno  di  generare  un  senso  di  disgusto, 
anche  so  si  è  italicamente  indifierenti  ad 
ogni  decoro  del  linguaggio. 

Mammà  e  papà:   non  |)iac('ioiuì  ad  ni- 


Mam 


21)4 


Man 


cuni  puristi  e  sono  ritenuti  per  gallicismi, 
mànian  e  papà.  Certo  maman  fu  voce 
francese  scritta  da  buoni  autori  nostri, 
sul  principio  del  secolo  scorso,  e  può 
darsi  che  l'imitazione  di  Francia  abbia 
rafforzato  l'uso  delle  due  parole  in  vece 
di  babbo  e  mamma.,  ma  possono  anche  ri- 
tenersi papà,  viavià  per  voci  naturali. 
Giustamente  il  Pascoli  in  una  sua  nota 
in  Fior  da  fiore,  pag.  89,  scrive  :  «  Papà: 
si  vuole  che  non  sia  italiano  papà!  Vorrà 
dire  che  i  bimbi  coi  loro  labbruzzi  fanno, 
senza  che  nessuno  abbia  loro  insegnato, 
dei  gallicismi/  E  si  dica  altrettanto  di 
mammà.  0  bambini  :  dite  papà  e  mammà 
quanto  vi  pare  e  piace  :  sono  parole  della 
lingua  universale».  Manifestamente  il  Pa- 
scoli è  sotto  l'impressione  delle  belle  mi' 
nerbate  che  il  troppo  feroce  e  poco  fine 
P.  Fanfani  minaccia  a  chi  usa  papà  e 
mammà. 

Mammana:  per  levatrice.,  antica  voce, 
viva  nei  dialetti  dell'Italia  centrale.  Nel 
Veneto,   Comare. 

Mammut:  elefante  fossile  della  Siberia, 
i  cui  avanzi  si  rinvengono  pure  in  quasi 
tutti  i  paesi  d'Europa,  compresa  l'Italia. 
È  V Elephas  primigenius  dei  paleontologi. 
L'avorio  fossile  della  Siberia  proviene  ap- 
punto dalle  immense  zanne  di  questo  gi- 
gantesco proboscidato  quaternario,  il  quale 
era  provvisto  di  pelliccia  e  di  criniera. 

Managgia:  esclamazione  napoletana,  e- 
stesa  a  quasi  tutta  l'Italia  meridionale  e 
centrale,  =:  male  o  malanno  abbia.,  ma- 
ledetto sia.,  malannaggia.  Mannaggia 
Vanema  toja,  e  *  muorte  tuoje^  è  l'in- 
fame e  tipica  bestemmia  napoletana. 

Managgia  La  Rocca  (generale):  ma- 
schera e  macchietta  romanesca,  recente: 
tipo  di  Eodo monte.  Capitano  Spaventa, 
Ammazza  sette  e  Stroppia  quattordici,  etc. 
Eicorre  talora  nel  linguaggio  de'  giornali. 

Manchette  :  polsino.  Coup  de  manchette 
nel  linguaggio  della  scherma  indica  il  colpo 
di  taglio  con  cui  si  cerca  di  ferire  l'av- 
versario al  polso  della  mano  che  tiene  la 
sciabola. 

Manchon  :  in  francese  significa  mani- 
cotto., cioè  quella  nota  specie  di  pelliccia 
in  cui  le  signore  nascondono  le  mani,  e 
non  polsini  come   dicono    alcuni    da  noi 


(Milano)  storpiando  il  francese  e  l'italiano 
insieme.  Per  significare  i  polsini.,  i  francesi 
dicono  m.anchettes. 

Mandarinismo:  come  è  noto,  mandarini 
(parola  sanscrita,  mantrin  =  consigliere, 
introdotta  dai  Portoghesi  in  Cina)  sono 
chiamati  gli  impiegati  e  gli  ufficiali  che 
amministrano  quell'Impero,  famoso  per  la 
sua  immobilità  conservatrice.  Si  tratta  di 
un  vero  esercito  burocratico  di  impiegati, 
reclutati  e  promossi  per  esame,  spesso 
ignoranti,  concussionari,  venali.  Secondo 
comune  opinione,  noi  per  mandarini  in- 
tendiamo gli  alti  ufficiali  di  questa  buro- 
crazia, e  fondendo  insieme  i  concetti  su 
espressi  con  quello  di  grande  autorità  in- 
feudata in  persona  che  si  gode  la  sinecura 
di  un  alto  ufficio,  creammo  questo  astratto 
per  indicare  uno  stato  sociale,  una  ten- 
denza morale  che  è  non  solamente  nel- 
l'impero giallo  ma  anche  nel  dolce  nostro 
Paese!  Fra  i  neologismi  ho  trovato  anche 
questo,  mandarinismo  intellettuale  per 
indicare  la  bramosia  di  titoli,  diplomi, 
onori  ufficiali,  accademici,  gradi  che  sono 
più  0  meno  segreto  sogno  de'  nostri  dotti, 
letterati,  scienziati,  etc. 

Mandrillo:  scimmia  della  famiglia  dei 
cinocefali:  dicesi,  volgarmente,  di  uomo 
lussurioso. 

Mandrino  :  francese  mandrin.,  voce  usata 
nel  linguaggio  dei  meccanici  ed  indica  la 
parte  del  trapano  o  di  qualsia  perforatrice 
a  cui  si  adatta  l'utensile  che  serve  ad  al- 
largare fori  già  fatti  :  allargatolo  dicono 
pure  i  meccanici.  In  tedesco  Dorn. 

Manducemus  et  bibamus,  cras  enim 
moriemur:  filosofia  della  vita  quale  S.  Paolo 
{Epist.  I  ad  Corinth.,  15,  32)  riferisce  con 
dispregio  a  Sardanapalo,  l'antico  re  edo- 
nista. La  sapienza  della  dottrina  del  quale 
re  è  altresì  riferita  nelle  comuni  parole 
latine:  edamus,  bibamus.,  post  niortem 
nulla  voluptas.  Filosofia  che  è  più  facile 
vilipendere,  come  fecero  gli  stoici  e 
cristiani,  che  combattere  con  valide  ra- 
gioni. 

Maneggio  :  per  cavallerixxa  è  riprovato 
dal  Fanfani  :  per  raggiri.,  arti.,  intrighi 
dal  Eigutini.  Neologismi  derivati  dal  fr. 
manège. 

Maneggione  :  termine  milanese  maneg- 


M:U1 


295 


Man 


giòn  _-  faccendoiio,  ministro  maggiore  di 
osti,  catfettiori  e  simili. 

Mane  Thecel  Phares:  parole  fiammanti 
di  incerto  senso,  apparse  al  convito  di 
Baldassarre,  re  di  Caldea,  profetanti  la  ro- 
vina di  lui  {Daniele^  cap.  V,  25).  Si  ri- 
petono per  antonomasia  quando  si  voglia 
indicare  avvertimento  pauroso  ed  oscuro. 

Mangiar  il  pan  pentito:  locuzione  nostra 
popolare  che  '&\^n\V\.Q,di  pentirsi,  quasi  man- 
giare il  pane  bagnato  o  condito  dalle  la- 
grimo  del  pentimento,  che  sanno  di  sale 
e  di  amaritudine  più   di  ogni  altra. 

Mangiar  la  foglia:  comprendere  avolo 
e  a  iempo^  ma  senza  farne  mostra,  e  si 
intende  solitamente  comprendere  che  altri 
trama  a  nostro  danno  o  con  nostro  sfrut- 
tamento. Viva  locuzione,  dedotta  probabil- 
mente dall'osservazione  di  alcuni  animali 
che  per  l'istinto  loro  finissimo  conoscono 
il  cibo  velenoso  o  malefico  al  fiuto  o  al 
primo  assaggio.  Il  Tommaseo  scrive:  «forse 
dai  bachi  ».  Si  potrebbe  anche  spiegare 
cosi  :  il  sapore  della  foglia,  corno  limone, 
vite,  pesco,  basta  a  farci  conoscere  il  frutto: 
da  ciò  la  locuzione. 

Manglier:  è  il  nome  francese  della  Rhi- 
xophora  Mangle^  piccolo  albero  delle  la- 
gune e  delle  spiaggie  marine  dell'Ame- 
rica intertropicale  e  del  Malabar,  la  cui 
corteccia  astringente  è  adoperata  come 
gargarismo  ed  emostatico.  Dal  suo  tronco 
cola  un  succo,  che  disseccato  riceve  il 
nomo  di  kino  o  chino  della  Colombia  (Ca- 
legari). 

Manica:  fu  detto  già  per  banda^  com- 
pagnia di  soldati  :  oggi  dicesi  familiar- 
mente nelle  locuzioni  :  manica  di  birbanti, 
di  farabutti,  e  simili.  Di  manica  larga  o 
di  manica  stretta  è  traslato  familiare  per 
dire  persona  facile  o  difficile  a  concedere, 
e  si  intendo  di  chi  è  investito  di  alcuna 
autorità  morale,  come,  confessore,  mae- 
stro,  etc. 

Maniche  a  vento  o  trombe  a  vento:  in 
marineria  sono  cosi  chiamati  i  ventilatori: 
gran  tubi  metallici,  oventualnKinte  di  tela, 
emergenti  in  vari  punti  d(3lle  soprastrut- 
ture. Terminano  a  cuffia  girevole  sull'asso 
verticale,  in  modo  da  prejidor  aria  fi-osca 
e  condurla  ne'  locali  inferiori,  specie  delle 
macchino. 


Manicomiale:  agg.  neol.  e  arbitrario  da 
manicomio. 

Maniero:  ab  itax,io  ne  nobile  e  forte  fuori 
della  città.  Questa  parola  il  Petrocchi  re- 
gistra come  voce  fuor  d'uso.  Nel  senso, 
però,  di  castello  antico  mi  pare  voce  viva. 

Man  mano:  questa  locuzione  che  spiace 
ai  puristi  (V.  il  paragrafo  A.  in  fine)  ha 
valore  dall'uso,  presso  che  comune.  Il 
Pascoli,  scrittore  di  molta  autorità  in  fatto 
di  lingua,  non  dubita  di  usarla: 

Man  mano  intrecciavi  i  capelli 
min  mano  allungavi  le  vesti. 

Myrjcae  fi  due  cugini). 

Mannequin:  dal  neerlandose  manneken 
diminutivo  di  mann  che  in  tedesco  vuol 
dire  uomo,  dunque  piccolo  uomo.,  ometto. 
In  italiano  o  si  pronuncia  alla  francese, 
0  si  traduce  per  manichino  che  certo  è 
brutta  voce.  Mannequin  è  il  modello  di 
legno  snodato  che  serve  ai  pittori  :  indica 
altresì  quel  fantoccio  di  vimini  che  serve 
alle  sarte  per  provarvi  le  vesti  :  e  in  questo 
senso  l'udii  in  Romagna  chiamare  la  pupa., 
nel  ferrarese  la  putta^xa  (da  putta).  Di- 
cesi anche  di  chi  agisce  non  da  sé,  ma 
per  impulso  altrui:  fantoccio^  burattino., 
testa  di  legno.,  bamboccio.  Non  mancano 
nomi  in  italiano.  In  tedesco  Bilste,  Glie- 
derpuppe. 

Mano  :  innumerevoli  sono  le  locuzioni 
formate  con  la  parola  mano^  e  si  trovano 
in  ogni  lessico.  Notiamone  qualcuna  :  giu- 
rare in  mano  di,  etc.  cioè  in  presenza 
di  chi  è  investito  di  una  data  autorità: 
tnano  regìa  già  si  disse  l'autorità  civile 
nelle  cose  ecclesiastiche.  Dice  in  alcune 
regioni  il  popolo  mano  regia  per  indicare 
facoltà  piena  di  fare:  mano  nera^  {mano 
negra)  nome  di  una  setta  anarchica  spa- 
gnuola  (1878,  1883),  dimostrata  inven- 
zione della  polizia  :  di  seconda  mano., 
dicosi  di  notizie  attinto  non  alla  fonte  o 
al  documento,  ma  copiando  da  altii,  o 
di  merci  acquistato  non  dai  produttori,  ma 
dai  rivenditori. 

Mano  morta:  dioesi  oggidì  dei  boni  ina- 
lienabili dolio  istituzioni  perpetuo,  special- 
mente^ di  beneficenza,  dei  boni  delle  fab- 
briche 0  l'abbricerio,  onde  la  così  dotta 
tassa  di  mano  morta,   c^ho  tiene  lo  veci 


Man 


Mai- 


di  quella  di  successione.  I  possessi  delle 
corporazioni  religiose,  cui  la  legge  non 
concede,  non  essendo  soggetti  a  succes- 
sione, sarebbero  mani  morte.  Come  ter- 
mine storico  dell'antico  diritto  feudale, 
mano  morta  vale  forxa  morta^  stato  cioè 
di  persona  che,  essendo  vassalla,  non  po- 
teva testare  ne  disporre  de'  suoi  beni;  i 
quali  naturalmente  ritornavano  al  feuda- 
tario. Diritto  di  mano  m^orta  era  dunque, 
il  diritto  da  parte  del  signore  feudale  di 
ereditare  da  coloro  che  dimoravano  nel 
feudo,  essendo  in  i stato  servile.  La  Eivo- 
luzione  di  Francia  abolì  tale  diritto. 

Manovra  :  per  esercizio  militare,  movi- 
mento dei  treni,  etc.  è  riprovato  dai  pu- 
risti come  gallicismo,  e  cosi  il  verbo  ma- 
novrare: fr.  ìnanoeuvre  e  manoetwrer. 
Meglio  possiamo  dire  che  si  tratta  di  uno 
dei  tantissimi  neologismi,  non  creati  da 
noi,  ma  provenuti  dal  francese  e  oramai 
indispensabili.  Il  Rigutini  ammettendo  la 
necessità  di  tali  voci,  consiglia  di  non 
usarle  in  senso  figurato. 

Manovra:  nel  ling.  mar.  così  si  chia- 
mano complessivamente  tutti  i  cavi  e  i 
cordami  dell'alberatura  delle  navi,  e  si 
distinguono  in  manovra  dormiente  o  fissa 
e  manovra  volante  o  corrente. 

Mansion  House:  V.  City. 

Manu  militari  :  lat.  con  mano  militare, 
cioè  usando,  nell'esecuzione  di  leggi  o  de- 
creti, il  diritto  della  forza,  quando  la  forza 
del  diritto  pare  insaffioiente. 

Manustuprazione:  Y.  Onanismo  in  Ap- 
pendice. 

Manteau  :  francese  :  nel  linguaggio  della 
moda  occorre  talvolta  in  vece  di  man- 
tello. «  Questi  vocaboli,  assolutamente  non 
necessari  e  che,  usati,  indicano  inferio- 
rità intellettuale,  sono  assolutamente  da 
combattersi,  anche  registrandoli  nei  vo- 
cabolari. Nell'Alta  Italia,  specie  in  Lom- 
bardia e  in  Piemonte,  e'  è  poi  una  vera 
mania  di  tutto  infranciosare.  Bisogna  sen- 
tire il  linguaggio  delle  modiste  !  Sono 
analfabete,  che  usano  tutte  le  voci  scritte 
come  sono  nei  cataloghi  o  nelle  corrispon- 
denze che  vengono  da  Parigi  !  »  Questo 
sfogo  d'indignazione  non  è  mio.  A  che 
vale  sdegnarsi?  Ma  è  del  dotto  prof.  Ca- 
legari,  il  quale  ebbe  occasione  di  rivedere 


le  bozze  di  quest'opera,  e  poiché  così  scrisse 
in  margine,  non  mi  parve  da  scancellare 
tale  chiosa.  Ma  avvertasi:  il  prof.  Cale- 
gari  è  un  italiano  irredento. 

Mantecare:  questo  verbo  nel  dialetto 
milanese  è  usato  in  uno  speciale  senso 
culinario:  dare,  cioè,  il  lucido  e  l'amal- 
gama —  rimestando  e  ingrassando  come  si 
farebbe  per  una  manteca  —  al  classico 
risotto  (manteecà). 

Marabout:  dall'arabo  marabath  zi:  de- 
voto a  Dio,  nome  dato  ai  seguaci  di  una 
speciale  setta  della  religione  maomettana, 
diffusa  nell'Africa  settentrionale.  Le  forme 
marabut  o  marabutto^  registrate  nei  di- 
zionari italiani,  mi  paiono  meno  frequenti 
della  grafia  alla  francese.  Ve  altresì  una 
specie  di  cicogna  indiana  o  africana  le  cui 
penne  sono  tenute  in  grande  pregio  (c^- 
conia  marabou)  e  scrivesi  marabù,  o,  alla 
francese,  marabout. 

Marais:  voce  francese  che  significa  un 
terreno  incolto  acquitrinoso,  valle^  come 
dicesi  nel  ferrarese.  Pare  che  marais  ri- 
sponda esattamente  all'antica,  anzi  morta 
parola  nostra  marese  =  stagno  ;  voce  cor- 
rotta dal  latino  mare.  (Secondo  lo  Zaccaria, 
op.  cit..,  ìiiarais  e  marese  sarebbero  voci 
di  origine  germanica). 

Maramaldo:  por  «traditore,  e  vile  si- 
cario che  infierisce  sui  deboli  e  sui  vinti  » 
è  voce  usata.  Fabrizio  Maramaldo  fu  uc- 
cisore di  Francesco  Ferrucci  a  Gavinana 
(3  agosto  1530j,  il  quale  gli  buttò  le  terri- 
bili parole  :  «  tu  ammazzi  un  uomo  morto!  » , 
che  uccisero  per  eterna  infamia  il  nome 
di  Maramaldo.  Cfr.  B.  Varchi,  Storia 
Fiorentina^  lib.  XI;  Ed.  Alvisi,  Lo^  òa^- 
taglia  di  Gavinana,  Bologna,   1881. 

Maraschino:  noto  rosolio,  fatto  con  spe- 
ciali ciliegie  dette  marasche  (da  amarasca 
=  amara).  Celebre  fra  gli  altri  quello  di 
Zara,  la  nobile  città  italica,  sola,  di  là 
dal  mare!  Queste  specie  di  marasche,  col- 
tivate a  tal  uopo  in  Dalmazia,  sono  colte 
quando  non  sono  ancora  mature,  pigiate, 
fatte  fermentare,  indi  distillate,  dolcificate 
e  messe  in  commercio  in  bottiglie  rive- 
stite di  trecce  di  paglia. 

Marasma  senile:  termine  medico,  da 
f.iaQaiv£lv  =  disseccare:  processo  l'egolare 
di  atrofia  che  colpisco   la    più  parte  dei 


Mar 


—    297     — 


Mai- 


tessuti  quando  si  è  vecchi  onde  il  savio 
motto  degli  antichi  che  «  la  vecchiaia  è 
morbo  per  se  stessa  ». 

Marbré:  voce  dei  salumai  milanesi,  fog- 
giata con  l'intento  di  accostarsi  all'ideale 
di  una  parola  francese,  che  poi  non  c'è 
in  quella  lingua  in  tale  senso:  marmo- 
rixxafo:  e  si  dice  di  carni  di  varie  specie 
che  mosse  e  cucinate  in  istampo,  imitano 
lo  venature  del  marmo.  Cfr.  Notes^  Vol- 
taire^  Gompteur. 

Marca  (alta):  fuor  del  comune,  raro^ 
alla  moda,  appartenente  all'aristocrazia 
della  cosa  o  del  ceto  di  cui  si  tratta,  è 
brutta  locuzione  neologica  provenutaci  dal 
fiancese:  vin  de  marqiie^  personnage  de 
marque  =:  en  vue^  à  la  mode^  che  va 
per  la  maggiore. 

Marca  di  fabbrica:  segno  esteriore  che 
un  fabbricante  impone  a'  suoi  prodotti  per 
distinguerli  da  quelli  consimili  di  altri 
fabbricanti.  Fr.  marque  de  fabrique.  Dicesi 
anche  spesso  in  senso  faceto,  figuratamente, 
per  impronta,  suggello,  carattere.  V.  Eti- 
chetta. 

Marcare  :  per  segnare  o  notare  (con 
segni),  porre  mente,  dare  riliet'o  o  scol- 
pire (un  suono),  pi'oviene  dal  fr.  marquer., 
e  perciò  è  ripreso  dai  puristi.  Mi  pare 
gallicismo  comunemente  evitato.  V.  Mar- 
cato. 

Marcato:  per  scolpito^  rilevato.,  spic- 
cato è  ti'aslato  di  conio  francese,  marque. 
In  buon  italiano  marcato  vale  soltanto 
bollato.,  segnato  cioè  con  la  marca  o  mar- 
chio. Così  dicasi,  di  marcare  e  di  marca- 
mente. 

Marchesana:  questa  signorile  e  antica 
l)arola  in  luogo  di  marchesa^  titolo  nobi- 
lesco, è  dal  Petrocchi  confinata  tra  le  voci 
morto.  Piace  ad  alcuni  moderni,  specie 
fra'  seguaci  della  scuola  estetica,  richia- 
niarl;i  all'onore  dell'uso. 

0  quando  ne  lo  sale 
Io  marchesane  udiano  Isotta  o  i  fieri 
^iovani  Orlando. 

Cauducci,  Alla  città  di  Ferrara. 

Marchesa  Travasa:  press'a  poco  corno 
Donna  Fabia  (V.  (questa  parola).  La  mar- 
chesa Paola  Travasa 

Vilna  di  primin  ihuiiii/z  do  Loniliardia, 


è  quella  famosissima  matrona  che  posse- 
deva la  non  meno  famosa  cagna  maltesa 

tutta  pòi,  tutta  goss,  e  tutta  lard, 
che  in  cà  Travasa,  dopo  la  Marchesa, 
Teva  la  bestia  de  maggior  riguard. 

Essa,  la  marchesa  con  la  sua  cagna,  vive 
nell'immortale  poesia  sociale  del  Porta, 
La  nomina  del  capellan^  e  qui  a  Milano 
il  nome  ricorre  con  valore  antonomastico. 

Marchese:  per  mestruo,  V.  Appendice. 

Marchese  Colombi  (il):  V.  Colombi.  Qui 
vuoisi  aggiungere  che  la  popolarità  di 
questo  nome  è  specialmente  dovuta  alla 
irresolutezza  stupida  di  questo  personaggio, 
consegnata  nel  verso  : 

tra  il  si'  e  il  no,  son  di  parer  contrario. 

Marcia  e  marciare:  per  cammino  e 
camminare^  non  si  possono  nemmeno  più 
chiamare  neologismi,  essendo  da  grandis- 
simo tempo  penetrati  nella  lingua  italiana. 
Marcia  è  alquanto  posteriore.  Voci  accolte 
anche  da  eccellenti  scrittori.  Così  il  Car- 
ducci nel  (Ja  ira  dice  : 

Marciate,  della  patria  incliti  figli. 

Chi  però  volesse  aver  cura  della  purità 
del  linguaggio  farebbe  bene  a  non  usare 
queste  voci  se  non  in  senso  militare. 

Marciapiede:  parola  francese,  marche- 
pied,  che  il  Fanfani  annota  fra  le  voci 
corrotte,  ma  sdegnosamente  ammette  avere 
avuto  da  tempo  cittadinanza  italiana  come 
fisciù.,  canapé^  benché  affermi  doversi 
usare  dai  ben  parlanti  il  verbo  andare 
sostantivato,  pi.  andari  =  viottolo,  sen- 
tiero. Ma  chi  l'intenderebbe?  Avvertasi 
però  che  in  fr.  marchepied  vale  più  spe- 
cialmente predella.,  montatoio,  sgabello, 
e  che  per  esprimere  quella  parte  della 
strada  che  è  rialzata  per  maggior  comodo 
dei  pedoni,  dicesi  trottoir,  voce  che  spunta 
talora  anche  da  noi.  Povero  Pietro  Fan- 
fani! Dopo  avere  accolto  marciapiede  a 
gran  fatica,  ecco  apparo  trottoir. 

Marcio  in  Danimarca  (c'è  del):  V.  Pu- 
trido. 

Marcita:  milanese  marscida^  prato  al- 
lagato con  un  volo  d'acqua  per  averne 
l'erba  più  rigogliosa  e  a  più  tagli.  Carat- 
toristi(!a  dol  paesaggio  e  della  campagna 
della  bassa  TiOmbardia. 


Mar 


—     298     — 


Mai- 


Marconigramma:  dispaccio  ottenuto  col 
sistema  Marconi  :  radiotelegramma.  (Di 
queste  nuoTC  parole  fu  discusso  filologi- 
camente nel  ilfar;i.occo,  giornale  letterario, 
8.  15  Febbraio  1903.  V.  Radiotelegrafìa). 

Mareggiata  :  tcrm.  mar.  ;  movimento 
tempestoso  del  mare  su  le  coste. 

Maretta:  piccola  agitazione  del  mare, 
con  onde  brevi,  spesse,  spumanti.  Ter- 
mine popolare  e  insieme  del  linguaggio 
marinaresco. 

Margarina  :  corpo  cristallino  che  si  trova 
nel  tessuto  adiposo  e  da  considerare  come 
una  mescolanza  di  stearina  e  palmitina. 
Forma  in  buona  parte  il  burro.  Chiamasi 
collo  stesso  nome  il  burro  artificiale. 

Margaritas  ante  porcos:  le  gemme  da- 
vanti ai  porci.,  0  come  si  dice  volgarmente 
dar  lo  zucchero  all'asino.,  cioè  beneficare, 
esser  gentile  con  chi  non  è  degno  :  dal- 
l'Evangelo di  S.  Matteo,  VII,  6:  neque 
niittatis  margaritas  vestras  ante  porcos. 

Margine:  per  posto.,  luogo.,  spazio  è 
comunissimo  specialmente  nel  linguaggio 
degli  uffici.  Es.  non  c'è  margine  per  la 
tal  spesa,  largo  m,argine.  «Questi  mar- 
gini sono  presi  di  netto  dal  francese 
marge»  (Rigutini).  Ma  per  quanto  galli- 
cismo, la  lingua  dell'uso  sembra  che  non 
no  possa  fare  a  meno. 

IWariage  de  la  main  gauche:  V.  Main 
gauche. 

Mariano  :  agg.  di  Maria.  Es,  Mese  Ma- 
riano. 

Marianna:  fr.  Marianne:  la  repuhlica 
francese  democratico-sociale.,  nome  con- 
venzionale che  si  venne  formando,  se  non 
erro,  negli  ultimi  tempi  della  monarchia 
di  Luigi  Filippo  d'Orleans  e  valse  ad  in- 
dicare il  nuovo  ideale  politico  de'  Fran- 
cesi. Il  nome  dura  tuttora  fra  noi  in  senso 
lepido,  specie  nel  linguaggio  giornalistico. 
La  Marianna,  personiflnation  de  la  Ré- 
publique.  (G.  Delessalle,  Dict.  Argot- 
Franpais,  Paris,  Ollendorff,  1896). 

Marie:  così  in  francese,  e  talora  in  in- 
glese, Mary,  accade  di  sentire  in  certo 
linguaggio  e  in  certo  ceto  mutato  il  dolce 
nome  di  Maria.  Eleggo  a  caso  questo 
nome,  consacrato  dall'arte  del  Petrarca, 
di  Dante,  del  Manzoni  e  del  Carducci, 
per  accennare  al  vezzo  che  le  nostre  donne 


hanno  di  usare  come  più  eleganti  e  ga- 
lanti i  nomi  corrispondenti  stranieri;  ef- 
fetto di  mondanità,  come  un  tempo  in 
Roma  imperiale  prevalevano  i  nomi  greci: 
aggiungivi  alquanto  di  mancanza  o,  meglio, 
di  oblio  di  decoro  nazionale  ;  per  la  quale 
cosa  avviene  del  pari  che  i  nostri  musi- 
cisti eleggano  argomenti  e  titoli  strani  e 
barbarici  alle  loro  opere,  le  nostre  lette- 
rate assumano  nome  straniero  di  battaglia, 
etc.  etc.  Così,  a  proposito  di  nomi,  in  un 
giornale  letterario  leggevo  una  relazione 
di  un  romanzo  francese,  la  cui  eroina  si 
chiamava  Jacqueline  (Jacopa)  e  lo  scrit- 
torello  nostro  si  smammolava  e  sospirava: 
«  Udite  come  suona  leggiadro  e  muliebre 
questo  nome  che  è  sì  plebeo  in  italiano». 
Anche  qui  è  questione  d'  intenderci  :  i 
suoni  sono  belli  o  bratti  anche  secondo 
l'orecchio  che  ci  si  fa.  Francesca,  senza 
fallo,  ha  meno  agile  suono  di  Franchie: 
proviamo  a  sostituire  in  Dante: 

Frandne,  i  tuoi  martiri 

A  lagrimar  mi  fanno  tristo  e  pio. 

E  una  stonatura!  Appunto  perchè  il  se- 
greto di  un  linguaggio  consiste  in  una 
speciale  simpatia  e  luce  che  i  suoni  hanno 
con  sé,  e  non  sono  soltanto  semplici  desi- 
gnazioni di  oggetti.  Per  questo  basterebbe 
il  volapfilk.  Vi  sono  certi  nomi  che  le 
nostre  gentili  donne  portavano  un  tempo 
con  tutta  la  completa  magnificenza  de' 
suoni  italici  e  cui  oggi  le  signore  evite- 
rebbero di  eleggersi  a  battesimo.  Vedi  ad 
esempio  i  dolci  e  bei  nomi  delle  gentili 
donne  nel  Decameron.,  e  cfr.  il  seguente 
passo:  «Ed  aprendo  la  porta,  quivi  si  era 
Madonna  Jacopa.,  nobilissima  donna  di 
Roma,  con  due  suoi  figliuoli,  senatori  di 
Roma  e  con  grande  compagnia  di  uomini 
a  cavallo  »  (Fioretti  di  S.  Francesco.  IV 
Considerazione).  Verità  vuole  tuttavia  che 
si  ricordi  come  questo  mal  vezzo  di  dare 
alle  donne  nome  francese,  inglese,  etc. 
trovi  una  qualche  eccezione  nell'aristo- 
crazia storica:  ma  ciò  avviene  più  per 
rispetto  alla  tradizione  che  all'italianità. 

Marieuse  :  celle  qui  aime  à  s'entre- 
■mettre  pour  procurar  des  mariages. 

Marina:  neol.  a  cui  i  puristi  consigliano 
di  sostituire  la  più  eletta  voce,  marineria:. 


Mar 


299 


Mar 


significa  tutto  il  servizio  navale  di  uno 
Stato.  Es.  la  mar  ina  italiana^  francese  etc. 
Distinguesi  in  marina  da  guerra  o  militare, 
0  in  marina  mercantile  o  di  commercio. 

Marina:  oltre  ai  noti  significati,  questa 
parola  ò  usata  per  indicare  quella  parte 
del  mare  che  è  presso  la  spiaggia  e  dove 
l'acqua  è  poco  fonda.  Così  intesi  dire  sul 
lido  adriatico  da'  marinai,  e  tale  senso 
risponde  eziandio  ad  un  uso  antico  e  clas- 
sico della  parola.  Onde  andare  in  marina^ 
detto  delle  navi,  vale  volgarmente  are- 
narci far  naufragio  sul  lido. 

Marinage  :  voce  tecnica  fr.,  tradotta 
talora  in  marinaggio  :  indica  il  materiale 
scavato  nelle  gallorie  e  l'operazione  dello 
scarico. 

Marino  per  marinaio:  è  il  fr.  marin  e 
dicesi  specialmente  di  marinaio  provetto, 
rotto  alla  vita  del  mare.  Voce  riprovata 
dai  puristi,  né  a  torto. 

Marionetta:  voce  venutaci  di  Francia 
ed  accettata  da  gran  tempo.  La  mario- 
netta, di  solito,  si  muove  coi  fili  dall'alto: 
i  burattini  si  fanno  dal  disotto,  introdu- 
cendo la  mano  entro  il  fantoccio.  Mario- 
netta, dunque  è  il  fr.  niarionnette^  altera- 
zione di  mariolette^  diminutivo  di  mariole.^ 
nome  dato  in  antico  a  figurine  rappresen- 
tanti la  Vergine  Maria  (Littré)  o  da  Ma- 
rion  (Marie),  nome  di  bambola  o  Mariole 
=  bambola,  come  dicesi  nel  dipartimento 
della  Marna  (Scheler).  La  voce  «  mario- 
netta» è  tanto  penetrata  nell'uso  che  sa- 
rebbe pedanteria  non  accoglierla. 

A  te,  porgente  su  l'argenteo  Silo 
lo  braccia  a  l'avo  da  l'opima  cuna, 
no  la  testante  ilarità  senile 
parve  la  vita  accorrere  con  una 

Marionetta  in  mano. 

Carducci  (Carlo  Goldoni,  1). 

Maritarsi  :  vale  prender  marito  e  di- 
cesi della  donna,  «  e  sebbene  qualche  e- 
sempio  non  manchi  por  ammogliarsi,  pure 
non  consiglierei  di  adoperarlo  in  questo 
senso  che  sarebbe  il  se  marier  dei  Fran- 
cesi, i  quali  lo  dicono  tanto  della  donna 
quanto  dell'uomo  ».  Rìgutini. 

Maritozzo  :  nomo  di  un  dolce  di  lievito, 
fatto  con  olio  ed  uva  secca,  che  mangiasi 
in  Quaresima,  comune  nelle  Marche  e  in 
Eomagna. 


Marmellata  :  è  uno  dei  tanti  vocaboli 
derivati  dal  francese  (ìnarmelade)  e  pe- 
netrati nell'uso:  del  quale  però  non  man- 
cano antichi  ed  autorevoli  esempi.  In 
puro  italiano,  conserva  di  fruita.  La  pa- 
rola francese  proviene  alla  sua  volta  dallo 
spagnuolo  mermelada,  cioè  la  conserva 
fatta  di  mele  cotogne  (membrillo  e  nel 
portoghese  marnielo  lat.  melimelum). 

Marocca:  dicesi  in  milanese  della  parte 
più  cattiva  di  checchessia,  ogni  rifiuto 
di  mercanzia.  Forse  è  la  stessa  che  la 
parola  disusata  marame,  detta  probabil- 
mente a  somiglianza  delle  cose  che  sono 
rifiutate  dal  mare. 

Marquise  :  tenda,  tendone^  tettoia.,  so- 
prafenda: così  detta  parce  qu'  il  protège 
les  marches  oii  degrés  duperron:  ovvero 
de  la  marquise,  grande  darne.,  que  l'on 
garantii  de  l'inclevienee  de  l'air.  (Littré). 

Marron  :  per  indicare  il  colore  marrone, 
nel  linguaggio  della  moda  prevale,  per 
vero  abuso,  la  voce  francese. 

Marrone  :  nella  locuzione  veneta  e  lom- 
barda, far  marrone  significa  esser  colto 
in  fallo,  ma  non  di  cose  gravi;  e  come 
modo  efficace  quale  la  piiì  parte  delle  lo- 
cuzioni nate  dal  genio  del  popolo,  fu  usata 
dal  Manzoni  nella  prima  stampa  de'  Pro- 
messi Sposi  «  sono  io  che  ho  fatto  un 
marrone.  (V.  Indice  analitico  metodico 
dei  P.  S.  del  prof.  Boraschi,  ed.  Brida. 
Milano)»  .  Certo  è  che  in  altre  parti  d'Italia 
non  essendo  intesa,  produce  pessimo  ef- 
fetto. Del  resto  marrone  equivale  nella 
buona  lingua  a  marachella.  Marrone  per 
errore  si  vorrebbe  far  derivare  da  voce 
tedesca.  Cfr.  E.  Zaccaria,  op.  cit. 

Marrons  glacés  :  locuzione  francese  co- 
munissima  per  significare  i  «  marroni  can- 
diti ». 

Marsala:  il  più  famoso  e  il  più  uni- 
versale fra  i  vini  spiritosi  ed  igonìci 
d'Italia:  ricorda  lo  Xeres  ed  il  Madèra: 
ha  sapore  caratteristico,  dovuto  a  speciale 
fabbricazione.  Fabbricasi  in  grandi  stabi- 
limenti detti,  con  voce  regionale,  Bagli, 
in  provincia  di  Trapani.  L'industria  del 
Marsala  é  dovuta  al  sig.  Giovanni  Wood- 
house  di  Liverpool,  che  uvea  in  animo  di 
imitare  il  Madera.  B.  Inghnnt  e  Vincenzo 
Florio   ne  seguirono   l' esempio,    ondo   i 


Mar 


—     300 


Ma 


nomi  delle  principali  marche  di  fabbrica 
di' tale  vino-liquore. 

Marsigliese  :  V.  Allons  enfants  de  la 
patrie. 

{Marsina  :  voce  registrata  dal  Gherardini, 
op.  GÌt.,  per  indicare  «  quel  vestimento 
che  i  Toscani  chiamano  gmbba^  i  francesi 
habit,  i  veneziani  velada  e  i  milanesi 
marsina.  Hanno  ammesso  i  giustacori^ 
ribatexzato  le  marsine  e  le  croate.  Ma- 
galotto.  Var.  Operet.  452  »  in  dialetto 
milanese  infatti  abbiamo  marsina.,  mar- 
sinòn.^  marsinìn.  Il  Petrocchi  pone  tale 
parola  tra  quelle  fuor  d'uso,  mentre  è 
tuttora  dell'uso  per  giubba  o  falda  come 
dicono  in  Toscana.  V.  Frac  e  per  questa 
complicata  questione  delle  vesti  maschili, 
V.    Vestito. 

Marsupiali:  (dal  lat.  marsupium  r=: 
borsa)  mammiferi  la  cui  prole  nasce  in 
uno  stato  di  imperfetto  sviluppo,  onde  è 
dalla  madre  accolta  in  una  borsa  addo- 
minale dove  si  attacca  alle  mammelle  e 
ci  sta  per  il  tempo  necessario.  Tali  i 
Canguri,  il  Lupo  Australe,  le  Sarighe  ; 
i  due  primi  generi  sono  propri  dell'Au- 
stralia. 

Marsupio:  gruzzolo,  pecunia.,  voce  dia- 
lettale lombarda  marsuppi.,  lat.  marsu- 
pium rzz  borsa. 

Martin  pescatore:  fr.  martin  pecheur, 
uno  dei  vari  nomi  dati  all'alcione  o  Uc- 
cello Santa  Maria.  V.  Coccal.  I  diz.  hanno 
marin  pescatore.,  voce  malnota  ai  natu- 
ralisti. 

Martinitt:  chiamano  in  Milano  gli  or- 
fani dell'orfanotrofio,  perchè  in  origine 
ricoverati  nel  convento  di  S.  Martino  de' 
Somaschi  in  Porta  Nuova.  Il  nome  de' 
Martinitt  ricorre  anche  nella  storia  delle 
Cinque  giornate  (marzo  J848)  per  la  parte 
notevole  che  vi  esercitarono. 

Martire  a  buon  mercato:  locuzione  le- 
pida e  caustica,  non  rara,  specie  nel  lin- 
guaggio politico,  per  significare  colui  che 
sfrutta  e  sconta  alla  banca  del  popolo  al- 
cuna sofferta  persecuzione,  per  avere  aiuto 
a  salire.  Noto  del  resto  è  l'abuso  che  si 
fa  di  questa  solenne  parola  (gr.  /uciqtvq 
r=  testimone  della  fede). 

Marxismo  :  una  delle  più  notevoli  suddi- 
visioni del  partito  socialista.  Y.  Marxista. 


Marxista:  socialista,  seguace  delle  dot- 
trine di  C.  Marx,  di  Treveri  (1811-1883;: 
il  maggior  apostolo  ed  assertore  di  quella 
scuola  che  si  suole  chiamare  del  socia- 
lisìno  scientifico  e  della  universale  fra- 
tellanza dei  lavoratori  manuali.  Der.  Mar- 
xismo. Carlo  Marx,  ottenne  popolare  ri- 
nomanza specialmente  per  un  poderoso 
lavoro  di  critica  su  la  società  borghese  e 
sul  sistema  capitalistico  (//  Capitale).  Egli 
fu  organatore  del  socialismo  sotto  il  primo 
nome  di  Internazio?iale.  Suo  motto  di- 
venuto impresa  e  stemma:  Lavoratori  di 
tutto  il  mondo,  unitevi  ! 

Mary  :  così,  cioè  anglicamente,  e  anche 
non  trattandosi  di  donne  inglesi,  si  scrive 
talvolta,  e  si  pronuncia  Meri.,  il  dolce 
nome  di  Maria,  che  il  Petrarca,  Dante, 
il  Manzoni,  il  Carducci  con  tale  suono 
celebrarono.  Se  codesta  è  una  maniera 
aristocratica  per  distinguere  la  dama  e  la 
pedina  che  portano  lo  stesso  nome,  eli'  è 
distinzione  davvero  miserevole. 

Salve  beata!  in  quale  età  scortese 
quel  sì  caro  a  ridir  nome  si  tacque? 

Domanda  il  Manzoni  nell'inno  II  nome 
di  Maria.  In  senso  profano  si  potrebbe 
rispondere  :  Talora  nella  nostra  !  V.  Marie. 

Maryland  :  nome  di  tabacco  originario 
del  Maryland  (Stati  Uniti). 

Maschera:  talora  è  così  denominato 
l'inserviente  ed  usciere,  il  cui  ufficio  òdi 
osservare  chi  entra  e  chi  esce  dal  teatro. 

Mascotte:  voce  del  gergo  francese  fé- 
tiche  de  joueur:  il  corno. 

Mascula:  latinismo,  detto  di  donna  che 
abbia  in  sé  alcun  che  di  maschile. 

Masochismo  :  voce  scientifica  derivata 
dal  nome  di  Leopoldo  Sacher  -  Masoch, 
romanziere  tedesco,  (1835-1895).  Costui 
nelle  sue  opere  fu  divulgatore  e  perciò 
diede  nome  a  quel  pervertimento  del 
senso  che  consiste  nella  voluttà  delle 
obbrobriose  sevìzie.  Opposto  di  sadismo. 
V.  Appendice. 

Massa:  voce  di  primo  ordine,  univer- 
sale, potente  atta  a  vari  sensi:  risponde 
al  concetto  della  collettività  di  molte  cose 
0  persone,  indicate  nel  loro  complesso. 
Essa  pure  è  una  di  quelle  parole  fortu- 
nate che  balzano   di    seggio    molte    altre 


Mas 


301     — 


Mas 


voci,  avendo  ampio  signiliuato.  In  questa 
sua  estensione  è  ripresa  dai  puristi.  Però 
Mitondiamoci  :  massa  è  voce  più  che  an- 
tica, gr.  //d^a,  lat.  massa:  come  unità, 
congerie  di  materia,  di  milizie,  etc.  ha 
esempi  classici  nella  nostra  lingua.  Ma 
luso  molteplice  e  speciale  che  se  ne  fa 
oggi  è  cosa  propria  dell'età  nostra.  In 
tnassa:  fr.  en  masse. 

Massacro  e  massacrare:  sono  parole 
riprese  dai  puristi  come  non  buone,  avendo 
noi  trucidare.,  far  strage.,  fare  un  ma- 
cello; strage.,  eccidio.,  scenipio. 

La  strage  e  il  grande  .scempio 
elle  fece  l'Arbia  colorata  in  rosso. 
Dantk,  Inf.  X. 

«  Massacro  »  è  voce  di  origine  teutonica 
(basso  tedesco  mastken.,  onde  il  moderno 
metxcln)  accolta  nel  francese  in  massacra., 
massacrer  ;  e  per  questa  via  ci  provenne 
di  recente.  Voci  usatissime. 

Massaggio:  V.  Masseur. 

Masseur  e  massage:  questa  parola  fu 
poi  tradotta  in  massaggio.,  invece  la  prima, 
e  così  il  fem.  masseuse.,  è  pronunciata 
alla  francese.  La  parola  è  di  etimologia 
incerta,  o  da  fnàoocù  rzz  impasto,  o  dal- 
l'arabo mass  —  palpeggiare,  e  significa 
la  stropicciatura  energica  dopo  il  bagno 
per  provocare  la  riazione  del  sudore  e 
agire  sui  tessuti  e  sui  muscoli  così  che 
ne  deriva  un  vero  benessere  e  un  aumento 
di  energia.  Questo  è  antico  uso  orientale  ; 
più  probabile,  dunque,  l'etimologia  dal- 
l'arabo. Per  altro  come  forma  di  voluttà 
non  era  ignoto  ai  Romani,  pei  quali  i 
bagni  formavano  un  vero  diletto  sensuale. 

Percurrit  arjiU  corpus  arte  tractatrix, 
Marziale  (IH,  82). 

Clomo  cura  modica  no'  dolori  articolari, 
nell'ortopedia,  per  ridar  vita  ai  tessuti 
stanchi  o  malati,  il  massaggio  è  di  in- 
venzione relativamente  reconto,  e  richiedo 
una  speciale  perizia.  Dovesi  tale  processo 
curativo  specialmente  al  medico  Giovanni 
Mezgor  di  Amsterdam  (n.  nel  1839j,  e  la 
tecnica  di  tale  operazione  distinguesi  ta- 
lora con  lo  seguenti  voci  francesi,  effeu- 
rage^  friction.,  pétrissage.,  tapotement. 
Masseuse:  V.  Masseur. 


Massimario:  neol.  raccolta  di  massime 
0  precetti  su  di  un  dato  oggetto. 

Masslnelli  :  al  pari  del  Tecoppa,  è  crea- 
zione felice  e  spontanea  dell'attore  mila- 
nese Edoardo  Ferra  villa  :  ambedue  rispec- 
chiano un  certo  lato  dell'anima  popolare 
milanese  :  Massinelli  (La  class  di  asen) 
è  il  tipo  del  giovane  pieno  di  idiota  e  lieta 
bonarietà;  Tecoppa  del  delinquente,  ma 
non  brutale.  Questi  nomi  hanno  una  certa 
estensione,  anche  fuori  di  Milano,  e  spe- 
cialmente il  secondo  ricorre  nel  gergo  dei 
giornali. 

Massone:  V.  Frammassone.  Nell'uso 
però  occorre  spesso  di  udire  o  di  leggere 
termini  simbolici  di  questa  setta,  e  perciò 
qui  si  dichiarano  a  un  dipresso,  senza  pre- 
tendere di  dare,  sia  di  essi  che  delle  parole 
massoneria  e  massone.,  una  spiegazione 
storica,  enciclopedica  o  altro.  Secondo  i 
Massoni,  concetto  fondamentale  della  Mas- 
soneria è  la  ricostruzione  morale  della 
Società,  onde  i  simboli  dell'arte  muraria. 
[La  Massoneria,  quale  è  modernamente, 
ha  origine  dall'Inghilterra].  Compasso: 
simbolo  de'  giusti  limiti  verso  il  suo  si- 
mile: linea  di  barriera  contro  l'errore. 
Livello:  difesa  contro  le  seduzioni  del- 
l'orgoglio. Squadra  e  filo  a  piombo:  le 
azioni  umane  secondo  equità  e  giustizia. 
Cazzuola:  è  il  simbolo  che  —  mediante 
il  cemento  della  libertà,  dell'eguaglianza, 
della  fratellanza,  —  serve  a  costruire  il 
grande  edificio.  Compasso  e  squadra  in- 
trecciati, rappresentano  l'uno  il  ciclo,  l'al- 
tra la  terra.  Il  Delta  raggiante  (  J)  o  Gloria, 
è  simbolo  del  G.*.  A.*.  D.'.U.*.  (grande 
architetto  dell'universo)  cioè  Dio.  1  mae- 
stri delle  logge  hanno  costume,  quando 
si  rivolgono  ai  fratelli,  di  mettere  accanto 
al  nome  questi  tre  punti  simbolici  del 
Delta  raggiante,  onde  Tre  puntini  vaio 
popolarmente  massone.  Trentatrè:  è  il 
Supremo  grado  della  Massoneria  di  Rito 
Scozzese.  Trentatrè  ò  altresì  il  numero  di 
supremi  consigli  massonici,  ondo  trentatrè 
vale  popolarmente,  massone.  Qualun(|uo 
sia  il  loro  grado  nella  vita  e  i  loro  titoli 
nella  gerarchia  della  Setta,  i  massoni  si 
denominano  fra  loro  fratelli.  Chi  è  fuori 
del  Tempio  della  Massoneria,  è  un  profano 
zzz  fuori  del   tempio,  profanus.  Loggia: 


Mas 


302 


Mat 


con  questo  nome  è  propriamente  chiamato 
il'  laboratorio  ove  lavorano  i  massoni; 
trad.  della  parola  ing,  lodge^  fr,  loge.  (Y. 
Loggia).  La  città  dove  è  unaloggia  si  chiama 
Oriente.,  e  ogni  loggia  ha  un  titolo.  Ve- 
nerabile: fr.  venerable.,  trad.  dell' in  gì. 
worshipful  master.,  è  detto  il  presidente 
di  una  loggia.  Gran  loggia:  nome  dato 
al  potere  centrale  che  regge  le  logge  mas- 
soniche di  un  paese  o  nazione:  dicesi 
anche  Grande  Oriente.  Il  capo  di  una 
Grande  loggia  è  detto  il  Gran  Maestro. 

Massoterapia:  (fr.  massothérapie).  Da 
massaggio  e  deQajieìa  =  cura  :  voce  me- 
dica che  vuol  dire  uso  terapeutico  del 
massaggio. 

Master:  comune  voce  inglese,  uguale  a 
maestro,  mastro  in  italiano.  Ma  dicesi 
inglesemente  e  mondanamente  master.,  il 
direttore  d'una  partita  di  caccia  o  il  pili 
esperto  in  qualunque  di  tali  nobili  esercizi. 

Mastite  :  termine  medico,  da  juaoTÓgz^: 
mammella  e  il  solito  suffisso  in  ite.,  nomò 
generico  di  tutte  le  affezioni  di  carattere 
infiammatorio  della  mammella. 

Mastro  Impicca:  locuzione  popolare:  il 
boia. 

Matador:  parola  spagnuola,  dal  latino 
mactator  =  uccisore.  Nome  dato  al  to- 
reador cui  spetta  nella  corrida  di  ucci- 
dere il  toro  con  la  spada  e  a  piede. 

Matamoros  :  lett.  uccisore  di  mori., 
personaggio  comico  della  commedia  spa- 
gnuola, affine  al  nostro  Capitan  Fracassa, 
discendente  dall'immortale  Pirgopolinice 
plautino  (Miles  gloriosus).  In  fr.  Mata- 
more. 

Match:  voce  inglese  (pronuncia  mete) 
che  vuol  dire  scommessa.,  partita  nelle 
corse  di  ciclisti,  di  cavalli,  di  corridori, 
di  automobili,  etc.  ;  talvolta  però  dicesi 
lepidamente  anche  in  senso  morale.  Per 
chi  ama  le  curiosità  linguistiche,  eccone 
una  :  «  Machk  (scommessa)  di  Lire  450. 
Società  ippica  Riminese  »  (manifesto  del 
21  agosto  1900).  Il  non  erudito  estensore  del 
manifesto  credette  di  mancare  ad  un  suo 
dovere  non  adottando  la  parola  nuova:  che 
abbia  sbagliato  era  troppo  naturale;  gra- 
zioso invece  è  quella  parola  scommessa 
fra  parentesi.  Essa  vuol  dire:  «  questo 
machk  voi  non   capirete,  e   anch'  io  non 


so  come  ben  scriverlo,  però  è  parola  che 
io  non  posso  ommettere.  »  Tratta  vasi  di 
una  cuccagna,  vecchio  diporto  italiano  ! 
Noto  queste  sciocchezze  perchè  a  mio  av- 
viso hanno  valore  :  documentano  cioè  il 
fascino  che  su  la  nostra  ignoranza  hanno 
le  parole  straniere,  quasi  recassero  un 
suggello  di  superiorità  umana,  e  spiegano 
una  delle  ragioni  del  decadere  della  favella 
italiana. 

Mate:  {ilex  paraguayensis)  arbusto  che 
fornisce  una  specie  di  tè,  usato  nelF  Ame- 
rica meridionale.  Mate  è  voce  spagnuola. 

Materiale  :  scolastico,  ferroviario.,  scien- 
tifico., di  guerra  in  luogo  di  arredo  è 
voce  riprovata  dal  Fanfani,  ma  consacrata 
dall'  uso.  Certo  è  alla  fi-ancese. 

Materialismo  storico:  o  determinismo 
economico,  è  la  dottrina  che  ricerca  i 
motivi  dei  fatti  sociali,  politici  etc.  deri- 
vandoli specialmente  dalla  loro  ragione 
economica.  N.  B.  Buona  chiave  moderna 
senza  dubbio  è  questa,  ma  da  sola  non 
basta  ad  aprire  e  spiegare  il  segreto  delle 
umane  azioni. 

Materializzazione  :  neol.  di  «  mostruosa 
lunghezza  »  (Rigatini)  foggiato  sul  neol. 
fr.  matérialisation. 

Materia  peccans:  lat.  materia  pecca- 
trice, voce  generica  e  vaga,  usata  dagli 
antichi  medici  per  indicare  gli  agenti  spe- 
cifici delle  infermità. 

Matinée:  fr.  abito  elegante  di  colori 
vivaci,  estivi  che  portasi  al  mattino  (di 
giorno).  Sopraveste  che  le  signore  indossano 
per  far  le  loro  mondizie  e  nel  pettinarsi. 

Matinée:  voce  francese,  letteralmente 
mattinata,  cioè  lo  spazio  di  tempo  dal- 
l'alba  sino  al  mezzodì;  poi  nell'uso  delle 
grandi  città  sino  all'  ora  del  pranzo;  e 
infine  significò  quegli  spettacoli  che  si 
danno  in  questo  periodo  diurno,  onde  una 
matinée  musicale,  alle  due  o  alle  tre  dopo 
mezzodì,  una  matinée  di  fanciulli,  etc. 

Matricolino:  (da  matricola  —  ruolo)  lo 
studente  universitario  appena  iscritto  allo 
Studio:  gli  studenti  del  primo  anno;  e 
per  estensione,  inesperto. 

Mattaccino:  ballo  giocondo  del  secolo 
XYI.  Il  Doni  lo  dice  dismesso  sino  dal  suo 
tempo,  e  cioè  verso  la  metà  del  secolo 
XYII.  Erano  detti  ìnattaccini  anche  i  sai- 


Mat 


303     — 


Med 


tatori  e  i  pantomimi.  Annibal  Caro  chiamò 
con  tal  nomo  certi  suoi  sonetti  burleschi 
contro  il  Castolvetro. 

Mattanza:  la  grande  uccisione  dei  tonni 
che  si  fa  in  quella  singolare  pesca.  Dallo 
spagnolo  ìnactama^  lat.  mactare  =:  sa- 
crificare, uccidere. 

Mattatoio:  macello  publico. 

Mattinale:  per  mattiniero  è  versione 
del  francese  matinal.  V.  suffisso  ale. 

Mattinata:  per  spettacolo  diurno  è  ver- 
sione del  francese  matinée^  con  la  quale 
parola  indifferentemente  si  alterna.  Matti- 
nata neir  italiano  classico  è  la  canzone 
del  mattino,  come  serenata  la  canzone  della 
sera,  onde  il  bel  verbo  morto  mattinare. 
A  mattinar  lo  Sposo  percliè  l"ami, 

Dante,  Par.  X,  141. 

Mattoide  :  che  ha  del  matto,  neol.  scien- 
tifico del  Lombroso,  divenuto  popolare, 
specie  includendovi  idea  di  alcuna  genia- 
lità. V.   Oide. 

Mauser:  nome  di  uno  speciale  fucile  a 
retrocarica,  dall'inventore  Guglielmo  Mau- 
ser (1834-1882jdi  Oberndorf. 

Mauve:  malva.,  ma  nel  linguaggio  della 
moda  per  varie  ragioni,  non  esclusa  quella 
che  si  copia  come  vien  viene  dai  giornali 
stranieri,  si  antepone  dire  il  colore  di  una 
stofìa  in  francese:  mauve,  del,  bleu^  etc. 
sopprimendo  la  voce  colore  e  il  segnacaso. 
Certa  gente  elegante  che  si  riempie  la 
bocca  con  «  un  beli' abito  mov»^  sapesse 
almeno  di  aver  detto  semplicemente  malva. 

Mayonnaìse:  la  voce  fr.  s'alterna  con 
la  traduzione  7naionesa  o  maionese.,  nome 
di  salsa  per  condire  i  pesci  lessati  e  le 
carni  fredde.  Si  prepara  così:  si  frullano 
i  tuorli  d'uova  (uno  per  persona  è  d'assai) 
fin  che  sono  diventati  candidi  e  spumosi, 
poi  frullando  sempre,  vi  si  stilla  olio  fine 
d'oliva  quantum  sufficit.,  succo  di  limone 
e  sale  poi.  Secondo  alcuni  lessicografi 
maifonnaise  è  corruzione  di  bayonnaise., 
della  città  di  Bayonno.  Altri  scrive  ma- 
honnaise^  dalla  città  di  Mahon. 

Max  :  Massimiliano  :  diminutivo  tedesco 
non  infrequente.  V.  Jean  e  Marie. 

Maximum:  superlativo  neutro  latino, 
venutoci  dalla  Francia  por  indicare  il  più 
alto  gi'ado  a  cui  possa  ossero  portata  una 


cosa:  nel  computo  dello  pene,  il  limite 
massimo  a  cui  si  possa  arrivare  :  simil- 
mente dicesi,  in  opposito  senso  della  parola 
minimum.  11  Petrocchi  registra  tali  gal- 
licismi. Il  Rigutini  non  li  nota  né  meno. 
Al  Fanfani  la  veste  latina  li  fa  parere 
latinismi,  e  però  li  tratta  con  relativa  be- 
nevolenza. 

Mazurica:  noto  ballo  di  origine  e  nome 
polacco.  Il  tempo  forte,  cioè  il  primo  dei 
tre  tempi,  è  segnato  con  fiero  batter  di 
tallone,  specie  presso  gli  Austriaci  e  gli 
Ungheresi.  Divenne  di  moda  a  Parigi  al 
tempo  del  secondo  Impero  :  presso  di  noi 
ballo  e  nomi  popolari.  La  forma  it.  di  ma- 
zurca mi  pare  meno  comune. 

Mazziniano:  seguace  delle  idee  del  Maz- 
zini. Talora  intendesi  per  cotesta  parola 
il  republicano  rigido  nelle  antiche  formule, 
che  poco  si  è  evoluto  nella  modernità. 
N.B.  Non  dimenticare,  comunque  sia,  che 
G.  Mazzini,  diede  —  più  di  ogni  altro  — 
vita  e  coscienza  nuove  a  questa  antica 
patria. 

E  un  popol  morto  dietro  lui  si  mise. 

G.  Carducci,  Maxxini. 

Mea  culpa,   mea   maxima   culpa:  per 

mia  colpa.,  per  mia  somma^  colpa.,  lat. 
della  liturgia  della  messa,  divenuto  co- 
mune. 

Mechitarista:  appartenente  alla  congre- 
gazione dei  mechitaristi.,  congregazione 
monastica  e  letteraria  degli  Armeni,  che  ha 
sua  sede  principale  in  Venezia,  isoletta 
di  S.  Lazzaro  o  degli  Armeni.  Ne  fu  fon- 
datore Pietro  Mechitar  (1676,  1749)  ed  è 
riconosciuta  dal  Pontefice. 

Medaglia  di  presenza:  Vedi  Oettone. 

Medaglia  o  medaglietta:  la  medaglia 
d'oro,  contrassegno  dei  deputati:  usasi 
familiarmente  por  la  stessa  deputazione, 
ufficio,  onore  del  deputato.  «Es.  aveva  già 
25  anni  di  medaglietta,  quando  por  la 
prima  volta  salì  al  seggio  presidenziale  ». 

Medela:  latinismo  \)oi' medicina.,  rime- 
dio. 

Me  de  mi:  mio  di  me.  Sogliono  talora 
i  milanesi  ripetere,  quando  parlano  il  din- 
letto,  il  concotto  del  possesso  prima  con 
l'aggettivo,  indi  col  genitivo  possessivo. 
Questo  i)articolaro  i\v\  linguaggio  potrebbe 


Med 


304 


Meg 


essere  argomento  di  studio  se  qui  fosse  il 
luogo.  Dice  Giovannin  Bongee  :  /'  è  la 
famm  de  moa  de  tni. 

Medianico  :  V.  Medium. 

Medianità:  neol.  e  astratto  di  medium.^ 
V.  questa  parola. 

Medicale:  (Vedi  suf.  ale)  medicai  c'è 
in  inglese  ed  in  francese,  non  in  italiano: 
evidente  caso  di  oblio  che  in  italiano  me- 
G?/co,  oltre  che  nome,  è  altresì  aggettivo, 
cioè  dicesi  di  cosa  o  di  persona  attendente 
alla  medicina. 

Medico:  detto  di  donna  per  medichessa.^ 
è  neol.  alla  francese.  Es.  la  donna-ìnedico^ 
fr.  femme  médecin.  V.  Professore  e  Dot- 
tore. 

Medice,  cura  te  ipsum:  medico  cura 
te  stesso!  proverbio  riportato  da  G.  Cristo, 
nell'Evangelo  di  S.  Luca  IV,  23. 

Medicina  legale:  ramo  delle  conoscenze 
mediche  che  trattano  della  relazione  della 
medicina  col  diritto. 

Medio-evo:  dicesi  familiarmente  di  isti- 
tuti e  costumanze  che  sembrano  opposte 
ed  in  contrasto  con  la  modernità  pratica, 
attiva,  scientifica.  Ma  in  verità  non  sem- 
pre si  tratta  di  usi  antiquati.  Anche  molte 
costumanze  modernissime  potrebbero  me- 
ritare r  epiteto  spiegativo  di  medio-evo  ! 

Mediocribus  esse  poetis,  |  Nonhomines, 
non  Dìi,  non  concessene  columnae:  oion 
gli  uomini.,  non  gli  Dei,  non  le  vetrine 
dei  librai  permettono  ai  spoeti  di  essere 
mediocri.  Acuta  e  vera  sentenza  di  Orazio, 
[De  arte  poetica,  371). 

Medio  tutissimus  ibis:  nel  mexxo  an- 
drai sicurissimo  (Ovidio,  Met.  II,  137), 
sentenza  aurea  specialmente  in  senso  mo- 
rale, non  però  quanto  alle  strade;  che  se 
per  le  strade  era  vero  al  tempo  di  Ovidio, 
non  è  pili  al  tempo  degli  automobili  e 
delle  biciclette. 

Medium  :  voce  universale,  più  comune  di 
medio:  termine  relativo  al  fenomeno  del 
magnetismo  animale,  dell'  ipnotismo  e 
dello  spiritismo;  e  si  dice  di  persona  che 
parla  ed  opera  in  modo  che  si  supponga 
avere  egli  relazione  con  una  forza  estra- 
nea 0  con  uno  spirito  incorporeo.  Molti 
medium  e  spiritisti  si  vantano  di  operare 
contro  le  comuni  leggi  fìsiche,  altri  di 
essere  mozzi  di  comunicazione  {medium) 


tra  i  vivi  ed  i  morti.  Che  molti  dei  vanti 
e  delle  potenze  dei  medium  non  siano 
che  vanterie  od  astuzia  da  giocoliere,  è 
stato  provato  ;  ma  in  molti  altri  casi  i 
fenomeni  devono  essere  considerati  come 
sinceri.  Derivati  medianico  e  medianità. 
V.  Spiritismo. 

Meermoos:  termine  tedesco,  che  tradotto 
letteralmente  significa  musco  marino.  So- 
no chiamati  cosi  dai  fiori  cultori  i  sostegni 
di  certe  colonie  di  minutissimi  animali  ma- 
rini della  classe  dei  Brioxoi,  somiglianti 
a  muschi  e  tinti  artificialmente  in  verde. 
I  Meet:  (pronuncia  mit).,  ritrovo  di  eaccia., 
ì  nel  pili  frequente  uso  della  parola.  E  voce 
inglese,  dal  verbo  meet  =  incontrarsi.  Cfr. 
meeting. 

Meeting:  (pronuncia  miting)  comizio: 
voce  inglese,  entrata  anche  nel  dizionario 
francese,  ma  che  va,  se  non  erro,  scadendo 
dall'uso  presso  di  noi.  Deriva  dal  verbo 
meet  =  incontrarsi,  dunque  riunione,  ac- 
colta^ concione.,  parlamento,  assemblea^ 
e  alla  lettera  comixio.,  da  cum  e  ire  = 
andare  insieme.  Mitingaio  V  oratore,  il 
frequentatore  do'  comizi,  ma  con  senso 
di  spregio.  Eloquenza  mitingaia.,  cioè  tri- 
bunizia :  di  molto  rimbombo  e  poco  senso, 
molta  violenza  e  poco  buon  senso.  Voce 
condannata  dai  puristi. 

Mega:  gr.  juéyag  =  grande.,  una  delle 
parole  più  frequenti,  usata  specie  nel  lin- 
guaggio scientifico,  come  prefisso  compo- 
nente di  moltissime  parole.  V.  Logo. 

Megadine:  lett.  dal  greco  ^=  grande 
forxa  :  termine  nuovo  di  fisica  :  indica  la 
forza  di  un  milione   di    dine.    Una    dine 

1  gr. 
(V.  questa  parola)  è  =  Q7^'7^-,  dunque  una 

megadine  è  circa  un  chilogrammo.  Sistema 
assoluto  di  unità  di  forza,  adottato  nella 
fìsica. 

Megaohm  :  (dal  greco,  lett.  grande  ohm) 
nuovo  termino  di  elettrotecnica  :  indica 
la  resistenza  offerta  da  un  conduttore  alla 
corrente  elettrica,  quando  la  resistenza 
stessa  è  uguale  ad  un  milione  di  ohm. 
V.   Ohm. 

Megalòmane  :  V.  Megalomania. 

Megalomanìa:  voce  scientifìca  univer- 
sale, da/zé/a^  =  grande  e  juavìa  =  follia, 
dunque  delirio  di  grandezza  che  è  una 


Mog 


305    — 


Men 


delle  forme  più  comuni  di  pazzia,  e  con- 
sisto nel  credersi  re,  imperatore,  profeta, 
v>roe,  etc.  A  questa  parola  oggi  è  data 
un'estensione  di  troppo  maggiore,  e  in 
([uesto  senso  passò  dal  linguaggio  dei  me- 
dici al  linguaggio  comune,  significando  che 
non  sempre  il  megalomane  è  in  manico- 
mio né  sempre  la  megalomania  si  accom- 
pagna a  demenza  :  spesso  anzi  si  ac- 
compagna all'ingegno  pratico  e  attivo, 
costituendone  però  un  difetto,  giacche  il 
megalomane  nella  sconfinata  opinione  di 
sé,  manca  del  senso  critico  dell'opera 
propria,  che  è  tutta  bella,  degna,  perfetta. 
Questa  stessa  fiducia  e  inconsapevolezza, 
togliendo  però  dubbi  ed  esitazioni,  costi- 
tuisce una  forza  da  cui  l'ingegno  trae 
spesso  straordinario  vantaggio.  Avvertasi 
infine  che  il  grosso  publico,  essendosi  im- 
padronito di  questa  come  di  altre  parole 
scientifiche,  la  usa  e  l'abusa  con  diletto 
come  i  bambini  fanno  dei  balocchi  nuovi. 
Derivato  megalòmane. 

Megatèrium  e  megatèrìo:  specie  di  mam- 
miferi fossili,  dal  greco  itiéyag  =  grande 
e  dì'iQ  :=  animale,  mostro,  fiera. 

Mehr  Licht!:  }ìiù  /««ce.' parole  attribuite 
a  Volfango  Goethe  prima  di  morire.  Mi 
.Si  oscura  l'universo,  disse  Giovanni  Bovio, 
morente. 

Melange:  =  mescolanza:  nome  di  li- 
quore, ed  é  voce  creata  in  Milano,  sempre 
(;on  l'intento  di  accostarsi  all'ideale  di 
una  parola  francese  ;  la  quale  poi,  in  tale 
senso,  non  e'  è  in  quella  lingua. 

Melanzana:  più  coni,  petonciano  spiega 
il  Petrocchi  o  petrooiciano,  noto  frutto  del 
Solanum  melongena  L.,  solanacea  colti- 
vata nell'Europa  meridionale. 

Melinite:  V.  Lyddite. 

Melior  est  canis  vivus  leone  mortuo: 
l'Jfclesiastc^  IX,  40.  ondo,  probabilmente, 
il  nostro  adagio  :  meglio  un  asino  vivo  che 
un  dottore  morto. 

Melone:  è  nome  di  cucurbitacea  e  di 
frutto  notissimo  e  caro  al  dolco  estato  in 
ogni  regione  d'Italia,  fratello  giallo  della 
rossa  anguria:  ma  non  si  trova  —  di  so- 
lito —  registrato  noi  diz.  italiani  perchè 
quivi  vince  la  voce  toscana  popone  (Me- 
lopcpo^  ciicumis  melo). 

Membro  :  por  .tocio  di  Istituto  o  Acca- 


demia, Corporazione,  etc.  non  è  «  bellis- 
simo »  dice  saviamente  il  Eigutini.  Di 
fatto  è  ridicolmente  amfibologico.  Ripro- 
vevole pure  è  l'uso  di  membri  per  stanze 
di  una  casa,  ma  non  mi  pare  voce  molto 
usata  in  tale  senso. 

Memento  mori  :  ricordati  che  devi  mo- 
rire, motto  di  mortificazione  e  di  richiamo 
dei  Trappisti  e  degli  asceti,  dedotto  dal 
Memento  novissimorum  (  Ecclesiastico 
XXXVIII,  21)  e  dal  Memento  homo  quia 
pulvis  es  et  in  pulverem  reverieris  (cfr. 
Genesi,  III.  19). 

Meminisse  iuvabit:  V.  Forsan  et  haee 
olim  meminisse  iuvabit. 

Memorandum  :  latinismo  (da  ricordarsi) 
della  lingua  francese,  usato  per  indicare 
una  nota  diplomatica  contenente  l'esposi- 
zione sommaria  d'una  questione,  e  degli 
atti  che  un  governo  emanò  in  proposito. 

Ménage:  (dal  basso  latino  masnaticum 
0  ìnansionaticum.,  derivati  dal  verbo  ma- 
nere;  quindi  il  luogo  ove  si  sta,  la  dimoì'a, 
confronta  magione.^  maison)  :  ecco  un  bel- 
l'esempio della  differenza  tra  il  francese 
e  l'italiano  :  quello  adopera  una  sola  voce 
in  vari  sensi,  mentre  noi  adoperiamo  dei 
sinonimi  :  ménage  indica  sì  la  famiglia 
come  il  reggimento  della  famiglia,  come 
i  suoi  componenti,  o  la  famiglia  nel  com- 
plesso, come  ciò  che  è  necessario  alla 
casa,  come  l'unione  dell'uomo  e  della 
donna,  e  simili.  Onde  le  frasi  che  si  pos- 
sono fare  con  un'unica  voce  e  senso  lucido: 
Ménage  de  gart^on.,  entrer  en  ménage., 
ils  font  bon  ménage,  s'acheter  2in  mé- 
nage., il  y  a  quatre  ménages  dans  cette 
maison.,  tout  seri  en  ménage.,  mettrc  une 
fille  en  ìuénage.,  faiix  ménage.,  etc. 

Ménage  a  troie:  cioè  il  marito,  la 
moglie  e  Vantante  di  costei  in  pieno  ac- 
cordo. Locuzione  parigina,  e  cosa  di  questo 
mondo.  Cfr.  il  Parini: 

Tja  pudica  d'altrui  sposa,  a  te  cara. 

Menagère  :  voce  francése,  proferita  nel 
nostro  ceto  ricco  e  mondano  alla  buona 
parola  massaia.  Menagère  è  una  dolio 
tanto  voci  fr.  entrato  anche  in  tedesco; 
ma  di  tale  servitù  quel  popolo  tondo  a 
scuoterò  oramai  il  giogo. 

Ménagerie  :  in  vece  di  serraglio^  ricorro 
taìorji  neiruso,  corto  non  del  popolo,  bensì 


A.   Pan/ini.  Sujiplemmto  ai  Dixionari  italiani. 


Men 


306     -- 


Men 


delle  persone  di  mezza  coltura  o  che  vanno 
per  la  maggiore.  Ménagerie  è  da  ménage 
=  recinto  o  chiuso  per  gli  animali  nelle 
campagne,  poi  nel  significato  di  serraglio 
per  belve  e  strani  animali. 

Menare  a  bere  :  colui  che  mena  a  bere, 
specie  in  rapporto  alle  bestie  che  vivono 
a  torme,  è  più  esperto  degli  altri,  onde 
così  si  dice  familiarmente  di  persona  che 
la  sa  più  lunga,  ha  più  astuzie,  lacciuoli, 
esperienza,  quindi  trae  altri  ove  vuole  e 
con  sua  utilità. 

Menare  il  can  per  l'aia:  locuzione  nostra 
familiare,  tirarla  alla  lunga  con  scopo 
determinato,  specie  per  guadagnar  tempo. 

Menare  uno  per  il  naso  :  condurre  altri 
docilmente  e  stupidamente,  far  fare  ad  altri 
•ciò  che  si  vuole  ;  e  spesso  vi  è  inclusa  la 
idea  del  male  operare.  Locuzione  familiare, 
tolta  probabilmente  dal  modo  con  cui  si 
guidano  i  buoi  per  le  froge  col  mordacchie. 

Meneghino:  è  pei  milanesi  ciò  che  è 
Stenterello  pe'  Toscani,  Pantalone  pe'  Ve- 
neziani, etc,  maschera  arguta  e  di  molto 
buon  senso,  ancor  che  semplice  e  ville- 
reccia. Sembra  provenire  da  una  sincope  di 
Domeneghin,  (Domenico),  o  secondo  altri 
da  Domenega^  ossia  servo  della  domenica. 
Questa  seconda  spiegazione  sembra  più 
conforme  al  vero  :  solevano  le  dame  avere 
un  servo  pel  dì  della  domenica  perchè  le 
accompagnasse  alla  chiesa,  tenesse  il  libro, 
etc.  «  Una  satirica  descrizione  del  Mene- 
ghin^i  considerato  come  servitore  della 
domenica,  ci  ha  lasciato  Guido  Ferrari 
nel  voi.  VI,  p.  240  e  241  delle  sue  opere 
impresse  in  Milano  nel  1791  »  (Cherubini). 
Come  aggiunto  di  dialetto,  oppure  da  solo, 
meneghino  è  sinonimo  di  milanese.  Par- 
lar meneghino,  cioè  parlar  milanese  vol- 
gare. Dirla  in  buon  meneghino^  dirla 
chiara. 

Meneghino  (dialetto):  è  propriamente  il 
linguaggio  forte  e  storico  dei  sobborghi  e 
del  volgo  milanese,  linguaggio  dalla  tra- 
dizione letteraria  antica  e  gloriosa,  ultimi 
il  Tanzi,  il  Balestrieri,  il  Porta:  distin- 
guesi  dal  dialetto  milanese  odierno,  par- 
lato dalle  classi  medie,  in  quanto  questo 
è  raggentilito  e  più  facile  ad  essere  inteso. 

Meneur:  nel  senso  di  personne  qui  est 
à  la  téte  d'une   intrigtie^    d'un    mouve- 


ment  populaire,  qui  le  dirige.,  etc,  è  voce 
francese,  usata  per  vizio,  che  talora  si 
incontra,  specie  nel  linguaggio  dei  giornali. 

Meningite:  V.  Dura  madre. 

Meno:  è  riprovato  dai  puristi  e  dai 
grammatici  nelle  seguenti  locuzioni:  1)  A 
meno  che  in  vece  di  eccetto  che.  2)  Meno 
per  eccetto.,  fuor  che,  es.  tutti  meno  io. 
3)  Quanto  meno  per  almeno.  4)  Meno 
con  senso  negativo  per  wo,  usato  in  pro- 
posizioni disgiuntive  :  avvertimi  se  questa 
cosa  si  può  fare  o  meno.  5)  Nella  locu- 
zione: non  posso  fare  a  meno  di,  etc. 
più  schietto:  non  posso  fare  che  (Rigu- 
tini).  Quanto  al  più,  schietto.,  sostituirei 
più  classico  e  puro.  Certo  fuor  dell'uso 
corrente. 

Menopausa:  da  fjLfjv  z=.  mese  e  navoig 
-z  cessazione  :  termine  medico  che  signi- 
fica il  cessare  de'  mestrui  in  sui  cin- 
quant'anni.  Menopausa  artificiale  si  dice 
quando  avviene  in  seguito  ad  operazione, 
asportazione  dell'utero  o  castrazione  bila- 
terale. 

Mens  sana  in  corpore  sano:  sentenza 
latina,  fin  troppo  nota,  anzi  frase  fatta: 
è  un  emistichio  di  Giovenale  (Satira  X. 
356)  :  orandum  est.,  ut  sit  mens  sana  in 
corpore  sano.,  conviene  pregare  che  sia 
la  mente  sana  nel  corpo  sano. 

Mentalità:  stato  intellettuale.  Nuovo 
astratto,  dal  fr.  mentalité. 

Mentolo  :  (C  k,  H  jg  OHj  :  canfora  di 
menta:  è  la  parte  concreta  (steraoptene) 
che  si  separa  per  raffreddamento  dall'olio 
essenziale  di  menta  peperita.  Si  usa  in 
profumeria  e  specie  in  medicina  pei*  sali 
odorosi,  pastiglie,  etc. 

Mentore  :  nel  mito  di  Odisseo,  Mentore  è 
l'amico  dell'errante  re  di  Itaca,  precettore 
di  Telemaco.  Fénélon  nel  suo  Telemaco 
imagina  che  Minerva  accompagni  il  giova- 
netto sotto  le  spoglie  di  Mentore.  Dicesi 
Mentore  in  fr.  e  in  it.  di  guida  saggia  e 
paterna,  di  consigliere  fidato  :  spesso  in 
senso  ironico.  Da  fiévog  =  ardimento, 
animo,  volontà. 

Menu  :  notissima  voce,  con  cui  si  in- 
dica la  serie  dei  piatti  e  la  qualità  loro 
negli  alberghi,  e  ne'  pranzi  :  si  scrive  in 
eleganti  cartoncini,  posti  avanti  ai  con- 
vitati 0  in  mezzo  alla  tavola.  Lista  è  la 


Moli 


307     — 


Mei- 


parola  che  vi  risponde  precisamente  ed 
ha  esempio  antico  in  tale  senso.  Nel  libro 
citato  dello  Scappi,  la  lista  delle  vivande 
('  detta  servhto  di  cucina.  Ma  avessimo 
anche  mille  parole,  menu  è  la  voce  del- 
l'uso,  spesso  alternata  con  la  sua  tradu- 
zione, minuta.  I  germanici,  pur  essi  as- 
serviti a  moltissimo  voci  francesi,  dicono 
parimente  mente;  ma  come  popolo  forte 
che  ha  senso  del  suo  essere  e  volontà  di 
essere,  e  però  onora  il  proprio  linguaggio, 
tonde  a  purificarlo  in  molte  parole,  e  ad 
OS.  in  questa.  A  menu  sostituisce  la  pa- 
rola, Speisenfokje.  Le  goffaggini  poi  di 
termini  culinari,  appartenenti  ad  un  lin- 
guaggio che  non  è  più  di  alcuna  nazione, 
ma  che  pompeggiano  sicuramente  anche 
in  banchetti  solenni  ed  ufficiali,  si  pre- 
sterebbero ad  arguta  trattazione,  se  qui 
fosse  il  caso. 

Menuisier:  fr.  falegname. 

Menzogne  convenzionali:  titolo  di  un 
acuto  e  bel  libro  paradossale  e  pur  vero 
di  Max  Nordau,  divenuto  locuzione  co- 
mune (Die  konventioneUen  Liigen  der 
Kultur menschheit) .  Dicesi  di  quelle  ipo- 
crisie che  tutti  usano,  riconoscono  per 
tali,  dispregiano  forse  nel  segreto  della 
coscienza  —  quando  e'  è  —  ma  all'esterno 
onorano  e  vogliono  onorate.  È  spesso  la 
moneta  spicciola  del  commercio  della  vita. 

Mercante  :  voce  usata  in  Lombardia  e 
nell'Emilia  per  indicare  il  merciaiuolo 
(0  merciaìolo  come  vuole  il  Petrocchi) 
cioè  chi  vende  tutte  le  cose  minute  oc- 
correnti ai  sarti  e  alle  donne  per  cucire. 
Il  dialetto  lombardo  fa  largo  uso  della 
voce  mercante,  seguita  dal  segnacaso  di, 
per  determinare  il  genere  in  cui  si  merca, 
in  vece  di  un  sol  nome;  sino  a  mercante 
di  vino^  in  vece  di  oste. 

Mercante  di  carne  umana:  come  ter- 
mine storico  fu  i)ropriamente  il  negriero 
che  vendeva  gli  schiavi  d'Africa  ai  coloni 
d'America:  dicesi  di  chi  sfrutta  senza 
umanità  e  pietà  l'opera  del  suo  simile, 
0  più  specialmente  di  chi  incetta  e  mer- 
canteggia donne  per  la  ju'ostituzione.  \ . 
Schiave  bianche. 

Mercante  d'ebano:  il  mercanto  di  schiavi. 
Col  nomo  convenzionalo  legno  d'ebano 
orano  donoiìiinati   i  negri  d'Africa  di  cui 


si  faceva  grande  tratta  per  le  Americhe 
nel  secolo  XVIII  e  principio  del  XIX. 
Marchand  de  bois  d'ébène. 

Merci  :  voce  viva  francese  cui  rispondo 
la  nostra  bolla  e  morta  parola  antica, 
m>ercede  e  mercè.  In  vece  di  graxie^  o 
per  lezio  o  sul  serio,  dicesi  talora  merci. 

Merda!:  versione  della  storica  escla- 
mazione di  Cambronne.  V.  Hugo  ne'  suoi 
Miserabili  (2^^  parte,  lib.  I,  cap.  XIV) 
descrivendo  la  battaglia  di  Waterloo,  dice: 
«  un  generale  inglese,  Colville  secondo 
gli  uni,  Maitland  secondo  gli  altri,  gridò: 
bravi  francesi,  arrendetevi!,  e  Cambronne 
rispose:  Merde! 

Merdocco:  V.  Depilatorio. 

Merenda:  dicesi  nel  Veneto  (marenda) 
per  colazione^  mentre  il  suo  significato  più 
comune  e  conforme  all' uso  toscano,  è  il  lieve 
pasto  tra  il  pranzo  e  la  cena. 

Meringa:  specie  di  dolce  leggero,  ri- 
pieno di  crema  o  di  lattemiele  :  fr.  mé- 
ringue,  voce  di  dubbia  etimologia,  o 
dallo  spagnuolo  melindre.,  radice  mei  = 
miele,  frittella  di  miele  e  farina,  o  da 
Mehringen^  nome  di  villaggio  tedesco. 

Merinos:  alla  francese,  ò  grafia  e  pro- 
nuncia forse  più  comune  di  merino.^  ita- 
liano e  spagnuolo:  nome  di  fine  tessuto, 
proveniente  dalla  lana  della  pecora  Me- 
rino (ovis  aries  hispanicaj  che  per  essere 
molto  produttiva,  servì  a  migliorare  molte 
altre  razze  europee. 

Meritare  conferma:  nel  linguaggio  gior- 
nalistico è  usata  questa  singolare  locu- 
zione per  dire  che  una  notizia  è  data  sol- 
tanto come  probabile,  quindi  che  deve 
essere  confermata. 

Merla:  i  tre  giorni  della  merla,  locu- 
zione lombarda  (i  trii  dì  de  la  merla) 
che  vuol  indicare  i  tre  giorni  più  freddi 
dell'anno,  cioè  i  tre  ultimi  di  gennaio. 
Di  questa  locuzione  ho  raccolto  due  leg- 
gende :  la  prima  di  una  merla  che  avendo 
nidificato  ansii  tempo  gli  ultimi  tre  dì  del 
gennaio  (che  si  dico  avesse  soltanto  2S 
giorni),  questo  por  punirla,  chiose  al  feb- 
braio (che  aveva  31  giorni)  tre  dei  suoi 
più  freddi  giorni:  l'altra  di  una  giovano 
sposa  di  nome  Merla  che  nel  traversare 
il  Po,  gelato,  fu  inghiottita  o  tre  dì  ri- 
mase nascosta,  (^  questi  tro  giorni   dalla 


Mer 


308     — 


Met 


Merla  ebbero  nome.  L'antico  e  disusato 
proverbio  toscano:  «  La  Merla  ha  passato 
il  Po  »,  ha  relazione  con  questa  leggenda? 

Merlano:  (voce  lombarda,  dal  francese 
merlan)  noto  pesce  dei  nostri  mari,  della 
famiglia  dei  gadidi  (ordine  dei  malacot- 
teri)  ;  della  lunghezza  media  di  dieci  o 
quindici  cm.,  di  facile  digestione,  specie 
lessato,  eccellente  poi  in  tutte  le  salse  e 
forse  è  per  codesto  che  non  ci  intendiamo 
a  chiamarlo.  Il  merlan  francese,  è  il  Mer- 
langus  vulgaris^  che  sul  nostro  lido  adria- 
tico dicesi  Merluxxo^  a  Venezia  è  chia- 
mato Lovo^  in  Toscana  Nasello^  in  Istria 
Molo^  in  Lombardia,  francesemente,  Mer- 
lan. luljornh^vàìdi  ^qy  merlu%xo  si  intende 
il  baccalà,  che  è  il  merluzzo  grande  (Oa- 
dus  Morrhua)  dei  mari  del  Nord  e  che 
in  commercio  si  trova  essiccato  ;  e  secondo 
la  preparazione,  è  detto  baccalà  o  Stoc- 
co fisso.  (V.  questa  parola). 

Merletta  :  in  romagnuolo,  saliscendi. 

Merluzzo:  V.  Merlano. 

Mésallianoe:  fr.  alleaQiza.,  matrimonio 
con  persona  di  condizione  inferiore  e  bassa 
per  cui  ne  deriva  danno  e  disdoro.  Il  pre- 
fisso mese  uguale  all'italiano  w^5 che  tro- 
viamo in  misleale  [sleale],  miscredente,  mi- 
saventura,  misfatto,  etc,  dal  latino  minus. 

Mesmerismo:  dottrina  del  Mesmer  sul 
magnetismo  animale  (Francesco  Mesmer 
di  Iznang,  lago  di  Costanza,  1734-1815). 

Messagerie  :  fr.  stazione  ed  ufficio  onde 
partono  vetture  o  navi.  La  vettura  o  la 
nave  stessa. 

Messaggio:  fr.  7nessage.,mg\esemessage^ 
nel  linguaggio  diplomatico  indica  le  co- 
municazioni che  il  capo  del  potere  ese- 
cutivo rivolge  al  potere  legislativo.  Il  Pe- 
trocchi registra  tale  senso  neologico,  ma 
a  me  pare  che  in  italiano  si  dica  discorso, 
e  che,  se  usiamo  la  voce  messaggio^  è  spe- 
cialmente riferendoci  a  governi  stranieri. 

Messalina:  (Yaleria)  imperatrice  roma- 
na (15,  48  dell'  era  volgare)  moglie  del- 
l'imperatore Claudio.  Dicesi  antonomasti- 
camente  di  donna  rotta  ai  piaceri  e  ses- 
sualmente degenerata  {et  lassata  viris.^ 
necdum  satiata  recessit.  Così  fu  detto 
di  Messalina). 

Messa  nera  :  fr.  messe  noìre  :  parodia 
audace  e  sacrilega  della  messa  Cristiana 


in  onore  di  Satana  -  la  forza  naturale,  mi- 
steriosa e  ribelle  -  celebrata  dagli  stregoni 
e  dalle  streghe  nell'  Evo  Medio.  V.  la 
ricostruzione  in  Michelet,  La  Sorcière.  Di- 
cesi oggi  messa  nera  di  certe  rituali  orgie 
con  cui  a'  degenerati  sessuali  e  sociali 
sembra  di  adonestare  il  loro  perverti- 
mento. 

Messianico:  agg.  da  Messia.,  francese 
messianique.,  inglese  messianic.  Storica- 
mente è  la  speranza  del  popolo  ebreo  in 
un  Re,  spirituale  e  temporale,  che  riu- 
nendo e  liberando  Israele,  riconducesse 
l'età  dell'oro  su  la  terra.  Questo  è  il  nome 
che  ricorre  nelle  Sacre  Carte  (Vecchio 
Testamento)  Mashiach.,  da  mashaìi  un- 
gere, voce  ebraica,  V  unto  del  Signore. 
Questa  speranza  in  un  Messia  (Liberatore 
Duce,  cfr.  il  Veltro  Dantesco)  si  incontra 
anche  nella  tradizione  di  altri  popoli,  op- 
pressi e  divisi,  e  prende  nome  dalla  più 
famosa  di  questo  tradizioni  che  è  appunto 
quella  degli  Ebrei. 

Messianismo:  fr.  messianisme.,  credenza, 
attesa  di  un  messia. 

Messidoro  :  da  messis  =  messe  e  òcòqov 
=  dono  :  decimo  mese  del  calendario  re- 
publicano  francese  (dal  18  giugno  al  18 
luglio). 

Era  un  giugno  maturo,  era  un   bel  giorno 
del   vital  messidoro 

Carducci,  Rimemìyranxe  di  scitola. 

Messo  t'ho  innanzi:  omai  per  te  ti  ciba: 

uno  dei  tanti  versi  danteschi  (Paradiso 
X,  25  )  divenuti  popolari  :  questo  entrato 
specialmente  a  mo'  di  frase  fatta  nel  gergo 
delle  scuole. 

Mestruazione  e  mestrui  :  dal  latino  me?i- 
strua  mensile:  fenomeno  fisiologico  con- 
giunto al  fenomeno  della  riproduzione,  che 
appare  nella  donna  dal  tempo  della  pu- 
bertà alla  menopausa,  e  consiste  in  uno 
scolo  sanguigno  per  le  vie  genitali,  e  si 
riproduce  ogni  mese,  fatta  eccezione  del 
tempo  della  gravidanza  e  talora  dell'allat- 
tamento. Diconsi  anche  Regole  e  così  in 
fr.,  règles.  V.  Marchese. 

Meta:  parola  che  non  esce  dall'uso  dia- 
lettale milanese,  usata  dal  Manzoni,  P.S., 
cap.  XII  e  dichiarata  con  le  parole  :  «  così 
chiamano  qui  la  tariffa  in  materia  di  com- 
mestibili »,  calmiere. 


Met 


-     309     - 


Met 


Metà:  familiarmente  e  borghesemente  e 
talora  come  celia  si  dice  per  moglie^  specie 
nella  locuzione  la  mia  metà.  Registrano 
tale  senso  il  Tommaseo,  il  Rigutini,  etc. 
Cosi  pure  in  francese,  ma  moitié  =  ma 
femme. 

MexaPaìvojHEv  evTEOdev:  Y.  Les  Dieux 
s'rn  vont. 

Metallo  bianco  o  metallo  Britanniao  me- 
tallo Inglese:  lega  il  cui  componente  prin- 
cipale è  lo  stagno  e  gli  altri  sono  il  piombo 
l'antimonio,  lo  zinco,  il  rame  in  composi- 
zione variabile  secondo  gli  usi  cui  deve 
servire.  Ha  colore  bianco  lucente  ed  ha, 
come  è  noto,  svariatissimi  usi.  Distinguesi 
dal  pahfong. 

Metamorfosare:  per  trasformare^  spe- 
cialmente nella  forma  riflessa,  è  neologismo 
tolto  dal  fr.  métamorphoser:  gr.  /lera/uoQ- 
(pòcù  zrz  trasformo.  Voce  ripresa  dai  puristi, 
certo  non  bella  e  non  registrata  comune- 
mente. 

Metempirico:  termine  filosofico  neol., 
dovuto  a  Giorgio  Enrico  Lewes,  e  vale 
meiafisieo^  trascendentale.^  riferito  a  ciò 
che  è  do^po  l'esperimento  (/netà  =  dopo 
ed  è^imeigia  =  prova)  ciò  che  non  è  ve- 
rificabile entro  i  limiti  di  una  possibile 
esperienxa. 

Metano:  V.  Grisou. 

Meteorismo:  termine  medico:  gonfiamento 
dell'addome  e  anche  dello  stomaco  per  ef- 
fetto dei  gas  quivi  contenuti.  Da  jtierécjQog 
=  elevato,  in  alto,  (onde  poi  meteore^ 
fieréoQa.,  i  fenomeni  atmosferici  che  av- 
vengono in  alto,  nel  cielo).  Vale  press' a 
poco  corno  tiìiipanismo. 

Metodo  storico:  chiamasi  in  letteratura 
quel  processo  di  critica  obbiettiva  e  scien- 
tifica che  parte  dal  fatto  e  dal  documento 
sincerato  e  vero,  quale  appunto  si  preten- 
de nella  storia.  Si  contrapone,  in  certa 
maniera,  al  metodo  estetico  di  cui  tanto 
si  abusò  pel  passato.  Il  metodo  storico  rap- 
presenta negli  studi  di  ricorca  e  di  lette- 
ratura quel  positivismo  che  pervade  og- 
gidì r  umano  pensiero.  Ma  avvertasi  che 
in  arte  il  documento  di  per  so  poco  vale 
quando  non  è  vivificato  dal  sentimento  e 
illuminato  dall'  intelligenza,  o  che  l'intui- 
zione e  r  estetica  hanno  la  loro  ragione 
d'essere,  e  sono  cose  positivo  osso  puro. 


Dal  Muratori  al  Bartoli,  al  Carducci,  al 
D'Ancona,  il  metodo  storico  ebbe  pur  fra 
noi  cultori  insigni  che  rinovarono  l'atmo- 
sfei'a  e  gli  studi  letterari  in  Italia.  Però 
abusato  talora  nelle  scuole  nostre,  non  poco 
contribuì  a  disamorare  i  giovani  da  quegli 
studi  che  gli  antichi  dissero,  anzi  tutto 
ed  a  ragione,  belli  ed  umani. 

Metraggio:  1'  atto  del  misurare  per  me- 
tri, metratura.  Nel  linguaggio  comune 
del  commercio  questa  voce,  tolta  dal  fran- 
cese métrage^  col  solito  suffisso  in  aggio^ 
è  prevalente. 

Metrite  :  nome  generico  dato  a  tutte  le 
affezioni  infiammatorie  dell'  utero.  Da 
jiirjTQa  =  utero,  matrice. 

Metropolitana:  nome  delle  ferrovie  che 
servono  al  trasporto  entro  l'ambito  delle 
grandi  città  o  metropoli,  come  Londra, 
Vienna,  Parigi:  sono  ferrovie  talora  aeree 
0  sotterranee. 

Mettendolo  Turpino,  anch'io  l'ho  messo: 
così  umoristicamente  l'Ariosto  {Orlando 
Furioso.,  XXVIII,  2)  chiede  scusa  del 
bellissimo,  ma  troppo  realistico  racconto, 
in  cui  l'Oste  fa  la  psicologia  dell'animo 
muliebre  ;  ne  riversa  cioè  la  colpa  su  l'ar- 
civescovo Turpino  cui  la  leggenda  attri- 
buisce l'epica  storia  di  Orlando.  Ripetesi 
talora  il  verso  in  senso  analogo. 

Metter  dell'acqua  nel  suo  vino:  mode- 
rarsi., temperarsi.,  diventar  meno  violento 
e  più  cauto  nelle  proprie  idee  e  nello  pro- 
prie azioni,  e  si  dice  talora  ironicamente 
quando  ciò  accade  non  tanto  per  sopragiun- 
gere del  senno  prudente,  quanto  per  neces- 
sità e  forza  delle  cose.  Locuzione  dedotta 
dal  francese:  viettrc  de  l'eau  dans  sonvin. 

Metter  dentro  alle  segrete  cose:  V.  Se- 
grete cose. 

Mettere  a  dormire:  si  dice  familiarmente 
che  una  questione,  una  pratica  etc.  è 
me.ssa  a  dormire  quando  per  deliberato, 
e  spesso  tacito  consenso,  non  se  no  fa 
più  parole,  la  si  considera  corno  esaurita 
e  risolta,  benché  tale  non  sia. 

Mettere  agli  archivi:  gli  archivi  (lat. 
archium.,  dal  gr.  àiì^afoi;  —  antico)  sono 
il  luogo  ove  si  mettono  e  custodiscono  i 
documenti  e  le  scritturo  i)ublicho  o  pri- 
vato dopo  che  lo  coso  e  operazioni  a  cui 
esso  servivano,   vennero  adempiuto.  Spos- 


Mot 


310     - 


Met 


so  però  le  carte  si  ripongono  per  sempre 
senza  risolvere  la  cosa  di  cui  trattano. 
Da  ciò  il  modo  di  dire  mettere  agli  archivi^ 
usato  specie  nel  linguaggio  politico,  per 
dire  «  non  più  trattare,  seppellire  una  que- 
stione » .  Avvertasi  che  la  locuzione  mettere 
agli  archivi  ricorda  la  fr.  equivalente 
mettre  aux  archi^es. 

Mettere  alla  porta:  licenziare  in  modo 
brusco,  scacciando  :  fr.  mettre  à  la  porte. 

Mettere  all'indice:  V.  Indice. 

Mettere  all'ordine  del  giorno:  V.  Ordine. 

Mettere  a  posto  :  cioè  far  star  a  dovere. 
includendo  il  concetto  di  azione  personale 
energica  in  sostegno  del  proprio  diritto, 
e  di  prepotenza  o  turbolenta  usurpazione 
od  esorbitanza  da  parte  altrui. 

Mettersi  a  posto:  trovare  impiego,  da 
vivere,  accasarsi^  farsi  la  posizione^  il 
nido.^'il  covo  e  simili.  (Locuzione  lombarda). 

Mettere  con  le  spalle  al  muro:  ligura- 
tamente  vale,  ridurre  altrui  al  punto  che 
più  non  possa  indietreggiare,  cioè  tergi- 
versare, sfuggire;  sia  quindi  obbligato  a 
da]'  battaglia. 

Mettere  il  cervello  o  la  testa  a  partito  : 
dicesi,  0  come  esortazione  o  come  asser- 
zione, di  persona  che  fu  innanzi  incurante 
de'  fatti  suoi,  trascurato,  dissipato  etc. 

Mettere  il  lucchetto:  chiudere,  e,  figu- 
ratamente, impedire  di  parlare.  Alcun  tem- 
po fa  era  in  uso,  specie  nel  giornalismo, 
la  locuzione  la  cuffia  del  silenzio. 

Mettere  in  libertà:  licenziare  da  alcun 
servizio. 

Mettere  in  opera:  locuzione  dei  mecca- 
nici e  degli  industriali  per  indicare  l'as- 
setto di  servizio  e  il  buon  funzionamento 
di  macchine,  utensili,  organi  delle  fab- 
briche, etc.  Questa  messa  in  opera  richie- 
de aumento  di  responsabilità  e  quindi  di 
spesa.  Brutto  neol.,  dal  francese. 

Mettere  in  quarantena:  detto  di  notizie, 
vale  ritenerle  sospette,  metterle  quindi 
sotto  osservazione  come  si  fa  delle  navi 
che  si  ritengono  infette. 

Mettere  in  rilievo:  V.  Rilievo. 

Mettere  in  tacere:  non  più  trattare  o 
parlare  di  una  data  cosa,  ovvero  operare 
abilmente  in  modo  che  di  una  questione 
spesso  incresciosa  o  pericolosa  o  per  sé  o 
per  amici,   non  più  si  abbia  a  rinnovare 


parola.  Se  la  giustizia  ne  soffre,  altri  ne 
gode.  L'arte  del  mettere  in  tacere  è  antica 
quanto  il  mondo,  spesso  è  buon  spcdiente 
politico:  così  i  senatori  romani,  comperati 
da  Giugurta,  avrebbero  messo  in  tacere 
assai  volentieri  lo  scandalo  d' Africa:  omnis 
invidia  prolatandis  comsultationihus  di- 
lapsa  foret.  (Sallustio,   Oiiigurtina). 

Mettere  i  punti  sugli  i:  rompere  il  ri- 
serbo, quindi  dire  le  cose  chiare  e  con 
significazione,  dichiarare  i  nomi  delle  per- 
sone :  in  fr.  v'è  pure  mettre  les  points  sur 
les  i. 

Mettere  una  nota  gaia,  triste  etc:  dicesi 
tanto  dei  colori,  come  delle  parole,  dello 
espressioni  e  anche  di  persone  :  locuzione 
tolta  dal  linguaggio  musicale  :  panni  re- 
cente e  non  certo  di  provenienza  francese. 

Mettere  una  pulce  nell'orecchio:  indur- 
re in  alcuna  persona  dubbio  e  sospetto. 

Mettere  una  questione  sul  tappeto:  met- 
terla in  discussione,  proporla^  esami- 
narla: è  il  fr.  ìnettre  une  affaire.,  une 
question  sur  le  tapis  (cioè  sul  tappeto  che 
ricopre  il  tavolo). 

Metter  la  mano  sul  fuoco:  affermare 
in  modo  sicuro,  mallevare.  Locuzione 
nostra  familiare,  tolta  più  che  dal  ricordo 
liviano  di  Scevola,  dalle  prove  del  fuoco 
in  uso  ne'  tempi  di  mezzo  :  e  vuol  dire 
«  sono  così  certo  della  verità  che  porrei  la 
mano  nel  fuoco,  sicuro  di  non  ardere  ». 

Metter  la  museruola  o  mettere  il  ba- 
vaglio: locuzione  figurata  che  vuol  dire 
costringere  altrui  con  violenza  al  silenzio 
e  alla  sottomissione.  Cfr.  mettere  il  luc- 
chetto. 

Metter  le  cose  a  posto:  figuratamente 
vale  stabilire  la  verità  o  F  ordine  delle 
idee  e  de'  fatti  perben  giudicare  di  alcuna 
questione.  Si  suole  così  dire  in  opposizione 
a  chi,  nel  confondere  o  tacere  ad  arte  i 
fatti,  si  studia  di  svisare  il  vero  aspetto 
di  una  questione. 

Metter  le  gambe  sotto  la  tavola:  met- 
tersi a  tavola,  ma  includendovi  la  buona 
idea  di  godere  tranquillamente  della  mensa, 
senza  altro  curare. 

Metter  le  mani  avanti  :  chi  sta  per  ca- 
dere mette  istintivamente  le  mani  avanti 
per  difesa.  Questa  locuzione  si  trasporta 
in  senso  morale  riferendosi  al  premunirsi 


Met 


311 


Mez 


che  uno  fa  contro  un  colpo  dell'  avversario, 
una  possibile  obbiezione  od  attacco. 

Metter  nel  sacco  :  locuzione  usata  fami- 
liarniente  \iq\-  stravincere^  far  di  altri  ciò 
che  si  vuole.  V.  Manzoni  P.  S.  cap.  I.  I 
tedeschi  dicono  parimente  den  Andern  in 
den  Sack  stecken. 

Mettersi  in  evidenza:  mettersi  in  mo- 
stra, operare  in  modo  che  il  publico  ap- 
prenda il  vostro  nome  e  le  vostre  virtù 
e  ad  esse  ricorra  onde  voi  ne  abbiate  lucro 
ed  onore.  Locuzione  foggiata  su  la  fran- 
cese se  mettre  en  evidence  =  se  montrer 
aree  l'intention  de  se  faire  remarquer. 
Queste  frasi  fatte  che  contengono  un  pen- 
siero e  risparmiano  al  pensiero  la  fatica 
di  formare  la  frase,  sono  una  peculiarità 
della  favella  francese.  L'uso  nostro  se  ne 
impadronì  e  non  vale  rimprovero  di  pu- 
risti 0  di  grammatici.  Certo  per  chi  ha 
il  gusto  della  italianità  sono  una  stona- 
tura . 

Mettersi  in  libertà  :  locuzione  fami- 
liare nostra  che  vale,  di  solito,  togliersi 
il  giacchetto  e  stare  in  maniche  di  camicia. 
Talora  la  libertà  si  limita  al  colletto, 
alla  cravatta,  etc.  Nelle  nostre  famiglie 
di  modesta  borghesia,  di  estate,  si  suole 
invitare  gli  ospiti  a  mettersi  in  libertà: 
invito  che  non  sempre  può  considerarsi 
come  una  gentilezza. 

Mettersi  nei  panni  (o  anche  nei  piedi): 
vale  investirsi  dell' altrui pa/rte^  posizione^ 
pericolo.  «  Credi  pure,  ch'io  so  mettermi 
ne    tuoi  panni.  »  (Manzoni,  P.  S.  VII). 

Mettersi  o  infilarsi  la  giornea:  vecchia 
locuzione  nostra  che  vale  assumere  tuono 
disconve?iiente  di  sentenx,iosa  autorità.,  e 
dicesi  per  ispregio  :  da  giornea.,  antico 
nome  di  zimarra,  aperta  sul  dinanzi,  veste 
oratoria  o  curiale. 

Metuens  magis  quam  metuendus:  tiìtio- 
roso  piuttosto  che  tale  da  incutere  paura., 
<;osi  Sallustio  (Giugurtina.,  XX)  chiama 
Aderbale  :  locuzione  icasticamente  la- 
tina. 

Mévente  chiamano  i  francesi  quello  che 
in  Toscana  dicesi  benissimo  rinvilio.,  cioè 
il  diminuire  del  valore  e  del  credito  di 
una  merce.  Mévente.,  da  me  {minus  -zr. 
meno)  e  venie.,  =  vendita. 

Mezza  calzetta:  locuzione  spregiativa, 


milanese:  dicesi  in  ispecie  di  donna  che 
vuol  parere  e  valere  più  che  non  sia. 

Mezzadria  o  mezzeria:  sistema  colonico 
per  cui  il  frutto  del  terreno  è  diviso  in 
parti  uguali  ed  eque  tra  colono  e  padrone. 
Tale  sistema  è  molto  antico,  specie  in 
Toscana  e  in  Romagna  dove  la  proprietà 
è,  0  meglio,  era,  assai  divisa.  Mezzadro 
0  mezzaiuolo.,  il  colono  che  coltiva  il  ter- 
reno con  tale  patto. 

Mezza  figura:  parlando  di  persone  de- 
stinate ad  alti  uffici  di  governo,  chiamansi 
mezze  figure  quegli  individui  che  non 
hanno  ne  un  fiero  ingegno,  né  una  volontà 
rigida,  né  una  capacità  di  operare  rinno- 
vando 0  riformando,  ma  sono  docili  stru- 
menti delle  volontà  altrui  e  si  muovono 
facili  agli  urti  impressi  dagli  opposti  par- 
titi e  interessi.  Queste  mezze  figure  sono 
quelle  che  le  democrazie  odierne  di  solito 
preferiscono  ed  eleggono,  giacché  dalle 
volontà  geniali  facilmente  potrebbero  es- 
sere dominate. 

Mezzania  :  la  parte  di  mezzo  alla  lun- 
ghezza di  ogni  bastimento.  Dividevasi 
l'asse  maggiore  in  tre  quartieri  :  di  prua, 
di  poppa  e  di  mezzania.  Sezione  di  mezzo. 

Mezzanino  :  a  questa  parola  è  dato  a 
Milano  un  senso  alquanto  diverso  che  nel- 
l'uso comune  italiano  (V.  e  correggi  Am- 
mezzato)., indica  cioè  le  bassissime  stanze 
sotto  il  primo  piano  dei  palazzi,  abitate 
dai  familiari  e  da  povera  gente.  Probabil- 
mente sono  detti  mezzanini  perché  il 
piano  (si  tratta  di  solito  di  antichi  palazzi) 
che  per  rispetto  alla  facciata  appariva 
unico,  rispetto  all'uso  era  diviso  in  due. 
L'igiene  odierna  li  condanna.  Oggi  questi 
piani,  pur  alquanto  occultati  tra  i  piani 
principali,  sono  detti  ammezzati,  e  deb- 
bono rispondere  a  certo  leggi  igeniche. 

Mezzanotte  :  come  punto  geografico  op- 
posto a  mezzogiorno.,  cioè  t^qv  settentrione 
0  nord  è  ripresa  dai  puristi  come  voce 
«  discretamente  ridicola  »  (Rigutini). 

Mezzo:  al  pi.  per  av&ri^  sosfanxe,  de- 
nari., etc.  è  dai  puristi  ritenuta  voce  di 
cui  troppo  si  abusa.  |  Mezzo  per  fuodo., 
via.  come  tentai  ogni  mexxo.,  non  pare 
ai  puristi  di  schietta  italianità  |  Mezzi 
vocali  per  voce  è  del  pari  locuzione  ri- 
presa I  «  Sconcissimo»  ciiiama  il  Rigutini 


Mez 


—    312     — 


Mie 


il  modo  di  dire  a  mexxo  invece  di  per 
'ìiié%X;0  Es.  a  me%x,o  stampa.  Che  dire  poi 
della  scrittura  a  72  "• 

Mezzo  :  quando  è  messo  dopo  altro  nu- 
merale, resta  0  dovrebbe  restare  invariato. 
Es.  sono  le  tre  e  mexxo.^  cinque  lire  e 
mexxo. 

Mica:  (lat.  w^^ca,  bricciola)  è  particella 
rafforzativa  e  riempitiva,  non  negazione 
in  se  solamente  (come  quidem  in  latino). 
Perciò  è  idiotismo  lombardo  usare  mica 
senza  negazione.  Es.  io  so  ìiiica.  Tanto 
però  è  r  uso  di  questo  mica  {minga  e 
mia)  che  fanno  i  lombardi  che,  nell'  0- 
pinione  erronea  essere  l' italiano  molto 
diverso  dal  loro  dialetto,  quasi  altra  fa- 
vella, non  pochi  indotti  temono  di  usare 
mica  anche  dove  è  bene  usata  :  es.  io 
non  so  mica.  Bel  resto  litiga  è  forma 
letteraria  antica,  viva  in  altri  dialetti  no- 
stri, veneto^  romagnolo. 

Mica  male:  per  discreto^  abbastanza 
bello^  buono^  è  locuzione  milanese  che  non 
esce  dal  linguaggio  familiare.  Cfr.  per  ciò 
che  di  elementi  gallici  ha  il  dialetto  lom- 
bardo, il  fr.  pas  mal. 

Micca:  e  diminutivo  micchetta.,  nel  dia- 
letto milanese  significa  pane,  panino: 
deriva  dal  latino  mica.,  bricciola,  pizzico, 
mica  panis  (Lo  Zaccaria,  op.  cit.  pro- 
pone un'etimologia  tedesca:  in  fr.  miche 
--  pagnotta).  Micca  è  parola  usata  anche 
in  Romagna,  e  dicesi  mecca  =  il  pane  di 
farina  gialla.  Le  affinità  nei  vari  dialetti 
italici  ci  si  mostra  sempre  m.aggiore  come 
pili  ci  addentriamo  negli  studi  di  essi. 
Appare,  per  così  dire,  unica  la  radice  di 
piante  che  sopra  il  suolo  stanno  divise  e 
lontane. 

Micidiale:  (da  omicidiale)  antica  parola 
nostra  che  con  forza  di  sostantivo  (omicida) 
fa  usata  fin  dal  Boccaccio  :  «  non  volere 
divenire  micidiale  di  chi  mai  non  t' of- 
fese »,  {Decameron^  Giornata  II,  novella 
IX).  Questa  antica  voce  rivive  oggidì, 
specie  nel  linguaggio  degli  antropologi, 
per  significare  coloro  i  quali  recano  le 
stimate  degenerative  del  sanguinario. 

Micro:  vale  piccolo.,  gr.  /umoóg.,  ed  en- 
tra come  prima  parte  in  composizione  di 
moltissime  parole,  neologiche  la  più  parte, 
del   linguaggio  scientifico,  per  esprimere 


il  concetto  di  piccolezza,  contrapposto  a 
quello  di  grandezza,  che  suole  esprimersi 
con  macro  {fiaugóg)  0  con  mega,  {/néyag) 
grande. 

Micròbio:  pi.  micròbi,  devesi  ritenere 
miglior  lezione  di  mìcrobo.,  almeno  por 
ragione  etimologica  (da  //tK^ó^  =  piccolo  a 
^/o^  =  vita,  cioè  animali  di  piccola  vita). 
Probabilmente  la  forma  mìcrobo  0  microbo 
ci  derivò  dal  fr.  microbe.  Il  Petrocchi  ne 
dà  una  spiegazione  che  si  può  benevol- 
mente chiamare  ingenua  :  «  animaletti  mi- 
croscopici scoperti  dal  prof.  Pacini  nei 
corpi  dei  colerosi  »,  e  quelli  che  non  sono 
nei  corpi  dei  colerosi?  Microbio  è  nome 
generico  come  l'altra  parola  microrga- 
nismo., e  comprende,  oltre  ai  bacteri, 
altre  specie,  come  gli  infusori,  le  muffe, 
gli  agenti  della  fermentazione,  etc.  (V. 
protisti.,  bacteri  e  bacilli).  Questa  parola 
microbio  è  diventata  popolare  ed  è  usata 
anche  in  senso  traslato. 

Microcefalo:  termine  medico  da  jumQÒg 
r=  piccolo  e  uecpahj  =  testa.  Sviluppo  del 
cranio  e  del  cervello,  inferiore  al  normale. 
Si  accompagna  di  solito  all'idiotismo  ed 
al  cretinismo.  Anche  questa  parola  della 
scienza  è  entrata  nell'  uso  ed  abuso  del 
parlare  comune  e  vale  stupido.,  eretino  etc. 

Micrococco  :  nome  dato  a  bacilli  0  bacteri 
in  forma  di  grani,  da  jLuuaós  =  piccolo, 
e  coccus  =  grano  0  bacca. 

Microfarad  :  (gr.  letteralmente  piccolo 
farad)  Nome  di  capacità  elettrostatica  :  e- 
quivale  ad  un  milionesimo  di  farad:  viene 
comunemente  usato  come  unità  di  misura 
per  esprimere  la  capacità  dei  condensatori 
elettrici  e  delle  condutture  elettriche,  quali 
sono  i  campi  telegrafici  subacquei,  le  linee 
telegrafiche  e  telefoniche  aeree  e  sotterra- 
nee etc. 

Micromania:  neologismo  foggiato  ana- 
logicamente di  megalomania:  dal  greco 
juiuQÓg  =1  piccolo  e  jLiavia  :  tendenza  dello 
spirito  a  pensare  e  sentire  bassamente  di 
sé  :  vi  si  annette  sempre  un  significato 
morboso  e  anormale.  E  l'opposto  dell'abu- 
sato vocabolo  ììiegalomanìa.,  cioè  il  sentire 
esageratamente  di  sé,  onde  i  due  nomi 
megalòmane  e  micr ornane. 

IVIicrorganismo:  neol.  scientifico  dal  gr., 
piccolo  essere  organÌ7i%ato.  \ .  Microbio. 


Mid 


-     313     - 


Mil 


Midinette:  altro  e  nuovo  nomo  che  l' i- 
ncsauribilo  genio  del  gergo  parigino  creò 
l'cr  indicare  la  sartorella  (Y.  grisette^  ma- 
damina), così  detta  dalla  refezione  del 
mezzodì  (midi). 

IMidriasi:  (juvÒQÌaois^  da  ajuvÒQÓs  = 
oscuro)  dilatazione  anormale  della  pupilla 
con  immobilità  dell'iride:  der.  midriatico: 
termino  medico. 

Mielite:  A&. /uveXós  =  midolla:  nome 
dato  alla  più  parte  delle  malattie  intrin- 
seche della  midolla  spinale. 

Migliore  della  sua  fama:  locuzione  pro- 
babilmente dedotta  da  Ovidio,  ipsa  sua 
fama  melior  {Ep.  ex  Ponto,  I,  2,  143) 
C'fr.  il  verso  dello  Schiller  {Maria  Stuar- 
da. Ili,  4),  Ich  bin  tesser  als  viein  Ruf. 

Miglioria:  neologismo  notato  da  Rigu- 
tini  come  non  buono:  «se  di  terreni  Ja 
voce  italiana  è  bonificamento^  se  di  ma- 
lattia miglio'ì'amento  ». 

Mignardise:  =  delicatezza,  damigìiard, 
grazioso,  delicato  :  voce  francese  da  noi 
usata  per  significare  una  specie  fine  di 
merletto  per  guarnizione. 

Mignon:  vocabolo  francese  che  vuol  dire 
gentile.,  favorito:  nella  nostra  lingua  so- 
vente aggiunto  di  oggetti  di  forma  piccina 
e  aggraziata.  Deriva  dall'alto  tedesco 
Minna  Minnja.  Nel  tedesco  medioevale 
V  '  è  Minne  =  amore,  che  oggi  è  voce 
poetica.  Cfr.  Minnesinger  =1  poeta  d'  a- 
more.  Altri  da  mine  =  aria  del  volto, 
ma  non  si  ritiene  buona  etimologia.  La 
parola  mignon  fu  tradotta  già  da  antico 
in  mignone.,  e  noto  è  l'esempio  del  Redi 
(Ditirambo): 

Qualclie  nuovo  smisurato 

sterminato  calicione 

sarà  somi)re  il  più  mignono. 

Migraine:  in  certo  linguaggio  mondano 
la  voce  fr.  pare  più  elegante  della  sorella 
italiana  emicrania.  Solito  caso  !  Dal  gr. 
ìj/iiavs^  metà  e  uQavLov.,  cranio:  sindrome 
caratterizzato  da  accessi  di  cefalalgia  inton- 
sa, il  più  di  sovente  da  un  sol  lato  e  avente 
sede  nella  regione  temporale  od  orbitale: 
vi  si  accompagna  un  generale  malessere, 
con  nausea  0  vomito.  E  il  nomo  della 
malattia  che  più  si  pi'osta  ad  ossero  usata 
comò  scusa,  specialmente  presso  le  damo. 


Mikado:  titolo  dell'imperatore  del  Criap- 
pone,  lett.  il  Venerabile:  capo  spirituale 
e  temporale  del  Giappone.  Prima  dell'ul- 
tima rivoluzione,  la  quale  trasformò  il 
Giappone,  modernizzandolo  alla  maniera 
del  nostro  occidente,  il  Mikado  era  una  spe- 
cie di  nume  in  terra,  invisibile,  intangibile, 
sacro.  La  scrittura  italiana  micado  è  poco 
dell'uso,  0  ciò  avviene  per  molti  termini 
stranieri,  che  noi  scriviamo,  di  solito,  se- 
condo la  grafia  francese  od  inglese. 

Milady:  forma  italiana  e  francese  del- 
l'ingl.  my  lady  _=  mia  signora.,  titolo  che 
si  dà,  conversando  0  scrivendo,  a  dama  in- 
glese, moglie  di  un  lord  0  d'  un  barone. 
Voce  registrata  noi  diz.  francesi. 

Milàn  e  poeu  pù:  nota  espressione  di 
campanilismo  che  fa  il  paio  con  altra  non 
meno  orgogliosa,  chi  volta  el  cuu  a  Mila?i^ 
le  volta  al  pan.  Sono  del  resto  espressioni 
assai  antiche  e  registrate  dal  Cherubini 
(op.  cit.J.,  il  quale  vi  aggiunge  questa  : 
Milan  l'è  el  giardin  de'  l'Italia.,  savia- 
mente però  avvertendo  che  ciò  si  deve 
intendere  soltanto  della  floridezza  econo- 
mica !  Cfr.  la  più  recente  espressione  Mi- 
lano., capitale  morale  (V,  La  capitale  etc.) 
Del  resto  di  questi  orgogli  cittadini  altri 
esempi  abbondano.  Es.  Vedi  Napoli  e  poi 
mori.,  Roma  è  caput  munni  e  Cifalii  se- 
cunni,  etc. 

Miles  gloriosus:  lat.  soldato  glorioso, 
attributo  di  Pirgopolinice,  V  immortale 
spaccone,  1'  arcifanfano  insuperabile  di 
Plauto,  capostipite  della  numerosa  fami- 
glia dei  Matamoros,  Capitan  Spaventa, 
Capitan  Fracassa.  Nome  usato  tuttora  per 
significare  m\\  millantatore^  un  rodomonte. 

W\\\2iTA2À0\dL2i miliardo  (V.  questa  voce) 
è  parola  non  registrata  nei  diz.  italiani.  È 
forse  il  caso  di  affermare  che  manca  la  pa- 
rola perchè  manca  la  cosa.  I  miliardai  sono 
solitamente  di  provenienza  americana  e  co- 
stituiscono i  nuovi  Re,  dol  ferro,  dell'ac- 
ciaio,  del  petrolio,  della  borsa,  etc.  V. 
Re  etc.  Trovo  anche  usato  miliardario. 

Miliardo:  è  il  francese  mil  Hard,  che 
cacciò  di  nido  la  voce  italiana  bilUone  0 
bilione.,  somma  di  mille  milioni. 

Milieu:  voce  francese  dal  molteplice  si- 
gnificato: mex^o,  centro,  posto  d'onore, 
temperamento  ,    ambiente  {  affetti,    lela- 


Mil 


314 


Min 


zioni,  Juogo)  il  fluido  che  ne  circonda^ 
etc. 

Militare  in  favore:  locuzione  neol.  che 
vale  operare  favorevolmente^  convergere 
ad  un  dato  fine^  tornar  di  lode^  testi- 
moniare a  vantaggio,  etc.  E  locuzione 
derivata  dal  fr.  cela  milite  en  sa  faveur. 

Militarismo  :  da  un  neol.  fr.  militari- 
smc.  Sarebbe  propriamente  non  solo  l'or- 
dinamento militare,  ma  il  preponderaie  so- 
verchiando e  opprimendo  della  classe  o 
casta  militare  su  gli  altri  ceti  sociali.  E 
militarista  dicosi  chi  è  sostenitore  di  tale 
istituto.  Come  tutti  i  suffissi  in  ismo  con- 
tiene r  idea  dell'eccesso  della  cosa. 

Militarista:  V.  Militarismo. 

Militarizzazione:  ridurre  a  sistema  mi- 
litare. Questo  neologismo  non  è,  che  io 
mi  sappia,  in  francese:  certo  è  tolto  dal 
neol.  militar iser  =  rendre  militaire. 

Military:  corse  al  galoppo  riservate  ai 
soli  ufficiali  in  servizio  con  cavalli  di  ser- 
vizio. Furono  istituite  dal  Ministero  della 
guerra  con  apposite  norme  e  premi  ad 
imitazione  di  altri  paesi,  come  incitamento 
agli  ufficiali  a  provvedersi  di  buoni  ca- 
valli di  servizio.  Non  potevasi  dal  Mini- 
stero italiano  trovare  una  parola  italiana  ? 

Mille  e  una  notte:  racconti  orientali 
che  si  fingono  narrati  da  Scheherazade  al 
sultano  di  Persia  Schariar,  il  quale,  tradito 
dalla  sultana  e  fattala  uccidere,  per  evi- 
tare il  pericolo  di  nuovi  tradimenti  nelle 
future  spose,  solo  di  un  giorno  le  faceva 
partecipi  al  talamo,  indi  le  mandava  a 
morte.  La  bella  Scheherazade,  figlia  mag- 
giore del  gran  vizir,  seppe  col  fascino  di 
meravigliosi  racconti  opportunamente  in- 
terrotti e  continuati  per  mille  e  una  notte, 
rimuovere  il  Sultano  dal  feroce  proposito. 
Tale  la  favola.  «  Mille  e  una  notte  »  dicesi 
come  termine  di  paragone  e  sinonimo  di 
tutto  ciò  che  è  meraviglioso,  magico,  così 
in  italiano  come  in  ogni  lingua  eulta. 

Millimetrista:  fra  le  parole  di  forma- 
zione abusiva,  scioccamente  bizzarre  ed 
inutili,  noto  anche  questa,  per  indicare  il 
pedante  che  misura  col  millimetro  e  nulla 
vede  all' infuori  dei  particolari.  Es.  il  mil- 
limetrista non  cerchi  il  pel  nell'uovo. 

Milodonte:  (Mylodon)  mammifero  fossile 
dell'ordine  dei  Maldentati  o  Sdentati.,  af- 


fine al  gigantesco  Megaterio  (Megathe- 
rium).^  i  cui  resti  trovansi  pure  nei  ter- 
reni d'alluvione  dell'America  meridionale. 

Milord:  forma  francese  e  italiana  della  for- 
ma inglese  my  lord  =:  mio  signore.  Voce 
comune  alle  lingue  europee.  La  forma  ita- 
liana milorde  e  milordo.  quale  è  nei  nostri 
dizionari,  non  è  la  più  frequente  nell'uso, 
se  non  del  popolo.  Frequento  quivi  pure 
è  il  diminutivo  milordino  per  galante., 
damerino. 

Milordo:  nel  dialetto  contadinesco  di 
alcune  terre  di  Romagna,  milordo  e  mi- 
lorda  (ing.  my  lordjyaìgonobello.,  elegante^ 
vestito  a  festa^  etc.  Lo  stesso  in  milanese 
milord^  milordin^  fa  el  milordin.,  e  così 
in  altri  dialetti.  Quale  curiosa  istoria  di 
questa  parola  si  potrebbe  fare  ! 

Mimare:  versione  del  fr.  mimer  =  imi- 
tare co'  gesti,  fare  il  mimo,  così  goffa  che 
si  può  notare  solo  come  bizzaria  di  voce 
abusiva. 

Mimetismo:  voce  scientifica  (dal  gr. 
ILdjur}Ois,  imitazione)  fr.  mimétisme  ingl. 
mimicry:  mezzo  di  difesa  usato  da  certe 
specie  di  animali,  i  quali  imitano.,  cioè 
prendono  l'aspetto  di  altre  specie  ben  di- 
fese, cioè  più  adatte  alla  lotta  per  la  vita. 
Questo  interessante  fenomeno  fu  dal  Dar- 
win detto  di  analogia  o  di  adattamento. 
E  nella  vita  degli  uomini  non  avviene 
forse  un  fenomeno  consimile"?  (Cfr.  l'ode 
del  Parini  a\V Impostura).  Affine  al  mi- 
metismo è  V  adattamento  protettivo  del 
colore  che  riscontriamo  in  molti  animali, 
cioè  di  assumere  il  coloro  del  luogo  cir- 
costante: gli  animali  del  deserto  hanno 
il  color  fulvo  delle  arene  ;  gli  animali 
delle  nevose  regioni  artiche  si  vestono  di 
candore;  i  pesci,  come  le  scorpene,  i  gran- 
chi, le  meduse,  si  occultano  per  l'aspetto 
simile  alle  acque  ed  agli  scogli. 

Mina:  francese  mine  =  fisonomia,  cera. 
Parola  non  usata  oltre  le  terre  subalpine. 

Minare:  nel  senso  figurato  di  consu- 
mare, distruggere.,  scahare.,  recar  danno 
di  nascosto  è  modo  neologico  tolto  dal  fr. 
miner  :  cette  maladie  le  mine,  le  temps 
mine  tout^  etc, 

Minente:  voce  romanesca:  popolana  di 
transtevere,  transtev crina. 

Minestrone:  è  non  solo  accrescitivo  di 


Min 


—    315    — 


Mis 


minestra,  ma  una  specie  di  minestra  assai 
grossolana  e  comune  in  Lombardia,  da  cui 
si  estese  poi  alle  altre  cucine  conservan- 
done il  nome:  «  propriamente  quella  mine- 
stra in  cui  entrano  a  compagnia  riso,  fa- 
giuoli.  cavoli  cappucci  e  spesso  anche  se- 
dani, carote  ed  altro  »;  così  nelle  elette  sue 
spiegazioni  il  Cherubini,  (op.  cit.)  e  in 
queir  «  altro  »  intendi  cotenne,  lardo,  erbe 
aromatiche. 

Mi  nette:  V.  Fair  e  minette^  nell'Ap- 
pendice. 

Mingere:  lat.  mingere  talora  usato,  o 
per  colia  o  come  termine  più  decoroso, 
perchè  meno  compreso,  invece  di  urinare. 

Minimum:  V.  Maxiviu?n. 

Minnesanger  0  Minnesinger:  voce  storica 
tedesca,  da  Minne  =:  amore  e  Sdnger  = 
cantore,  cioè  trovatore,  citharoedus,  poeta 
d'amore  che  componeva  e  andava  can- 
tando versi  d'  amore.  Secoli  XII  e  XIII. 

Minuta:  per  lista  delle  vivande.  V. 
Menu. 

Minuta  :  termine  culinario  milanese  che 
consiste  in  un  piatto  di  carni  prelibate, 
come  creste,  fegatini,  granelli,  etc.  cotti 
nel  burro  con  sale,  pepe,  farina,  indi 
funghi  0  tartufi.  Si  bagnano  poi  con  brodo 
0  vino  bianco.  Non  si  dimentichi  che  la 
cucina  milanese,  ancorché  un  po'  grosso- 
lana e  greve,  ebbe  un  tempo  meritata  e 
gran  rinomanza.  Cucina  classica! 

Mirabolano:  spaccone,  conta-frottole. 

M  i  rabo I ante  :  per  stupefacente,  meravi- 
glioso, ma  con  speciale  senso  lepido  e  di 
scherno,  è  dal  fr.  myrabolant.  V.  lo  Sche- 
ler  {op.  cit.) 

Miraggio:  fr.  mirage,  fenomeno  ottico 
dovuto  alla  rifrazione  della  luce,  per  cui 
appaiono  nell'orizzonte  false  imagini  di 
paesaggio.  In  italiano  dicesi  con  bella  pa- 
rola che  ha  sapore  di  romanzo,  fata  mor- 
gana.  I  francesi  traendo  molti  vocaboli 
dal  linguaggio  scientifico  e  fisico,  hanno 
dato  a  tale  voce  il  senso  di  illusione, 
sogno,  e  hanno  trovato  in  noi  buoni  imi- 
tatori. 

Mise:  sost.  fem.  francese  dal  verbo  met- 
tre,  lat.  mittcre  r:  mettere.  Voce  usata  da 
noi  per  indicare  il  modo  di  vestire.  Nel  qual 
senso  è  neologismo  pure  in  francese,  re- 
gistrato dal  Dizionario  dell'Accademia  solo 


dall'edizione  del  1834.  Usata  pure  è  nella 
locuzione  Mise  en  scène  per  indicare  i 
preparativi,  le  cure,  l'allestimento  d'uno 
spettacolo  scenico,  la  scena. 

Mise  en  scène  :  oltre  che  nel  linguaggio 
teatrale  (Y.  mise),  è  locuzione  talora  usata 
nel  linguaggio  giuridico  per  indicare  il 
complesso  dei  raggiri  fraudolenti,  atti  ad 
ingannare  l'altrui  buona  fedo. 

Misògino:  dicesi  di  uomo  che  sente  re- 
pulsione patologica  per  la  donna  nei  rap- 
porti sessuali  (dal  gr.  fiioelv  =:  odiare,  e 
yvvi^  ZZI  donna).  Dicesi  anche  di  chi  av- 
versa la  compagnia  delle  donne. 

Misoneismo  e  Misoneista:  voci  neolo- 
giche, usate  ed  abusate  per  indicare  chi 
è  avverso  delle  cose  nuove.  Vi  si  connotte 
nell'uso  comune  il  senso  d'anomalia  e 
difetto  di  giudizio  in  cotesta  avversione, 
quasi  che  l'accogliere  tutti  i  prodotti  della 
civiltà  e  del  costume  sia  un  dovere  nel- 
l'uomo moderno,  e  grave  colpa  il  contrario: 
difetto  come  del  gufo  che  rifugge  dalla 
luce.  Dal  greco  jluosìv  =  odiare  e  veòg 
=  nuovo.  Fr.  misoneiste. 

Miss:  voce  inglese  vale  «  signorina  tì>,  pre- 
feribilmente seguita  dal  nome  proprio.  Le 
giovanotte  italiane  di  ricca  e  nobile  condi- 
zione costumano  aver  seco  una  governante 
0  precettrioe,  la  quale,  se  inglese,  chia- 
mano usualmente  col  nome  loro  di  miss. 
V.  Fraiilein.  N.  B.  La  lingua  italiana  è 
insegnata  solitamente  dalla  balia. 

Missione:  «questa  voce  nel  senso  di 
mandato,  ufficio  e  sim.  ha  veramente 
origine  in  quelle  parole  del  Vangelo  Ego 
mitto  vos,  ecc.  dette  da  Gesù  Cristo  a'  suoi 
discepoli.  Onde  bene  si  dirà:  La  missione 
e  l'apostolato  della  Chiesa,  del  sacerdozio 
e  sim.,  tenendosi  sempre  dentro  ai  confini 
religiosi.  Ma  i  Francesi  prima  di  noi  la 
estesero  a  qualsivoglia  mandato  ed  ufficio, 
per  piccolo  o  umile  o  inconcludente  che 
sia:  tantoché  noi,  ripetendo  quest'uso, 
l'applichiamo  indifferentemente  tanto  al- 
l'ufficio dogli  Apostoli,  quanto  a  quello 
dei  pubblici  spazzini».  (Rigutini).  Solito 
caso  di  estensione  di  senso  al  modo  francese. 

Missiva:  propr.  la  lettera  che  si  n\anda 
por  prinia,  in  opposizione  a  responsirn. 
Per  lettera  è  dal  fr.  missive  (lat.  mittcre). 

Mister  o  Mistress  :  in  inglese  significano 


Mis 


—     816     — 


Mod 


signore,  signora^  innanzi  al  nome  proprio, 
parlando  o  scrivendo.  Abbreviato,  Mr.  e 
Mrs.  Mistress  è  specialmente  detto  di  si- 
gnora che  eserciti  un'  arte  o  una  profes- 
sione. 

Mistero:  nella  comune  locuzione  far 
mistero^  detto  di  cosa  di  poca  importanza, 
spiace  e  ricorda  ai  puristi  la  locuzione  fr. 
fair  e  mystère  d'une  chose. 

Mistificare:  verbo  usatissimo  nel  senso 
di  abusare  delValtrtti  buona  fede  per 
farsene  giuoco  o  trarne  vantaggio:  pro- 
viene dal  francese  ìnystifier  neologismo, 
del  resto,  anche  in  francese.  V.  il  Littré 
a  questa  voce.  Noi  abbiamo  moltissime 
voci  :  burlare ,  cannonare  ,  ingannare  , 
ciurmare^  etc.  Eppure  a  mistificare  si 
annette  un  senso  —  come  dire  ?  —  di 
modernità  e  di  perizia  nell'inganno,  così 
che  tale  voce  predomina  senza  concor- 
renti in  certo  suo  speciale  significato. 
Non  mi  pare  peraltro  che  il  popolo  la  usi. 

Mistificazione:  V.  Mistificare.  (Il  Pe- 
trocchi registra  il  nome,  non  il  verbo). 

Mistrà:  acquavite  di  anici  o  fumetto, 
come  si  dice  in  Toscana.  Mistrà  è  voce 
ampiamente  dialettale.  (Veneto,  Emilia, 
etcj. 

Mistral  :  parola  francese,  dall'antico  pro- 
venzale maestrale  usata  su  le  coste  del 
Mediterraneo  :  in  italiano  maestrale  o  ìiiae- 
stro.,  vento  tra  la  tramontana  e  il  ponente. 

Misura  di  carbone  (a)  :  locuzione  fami- 
liare che  significa  ricambiare  ad  usura, 
ma  in  mal  senso,  come  ad  es.  di  contu- 
melie ,  di  offese.  Il  motto  deve  trarre 
origine  dall'abitudine  che  dovevano  un 
tempo  avere  i  carbonai  di  essere  generosi 
nel  dare  la  loro  merce,  non  badando  troppo 
per  il  sottile  al  peso. 

Mitilo  :  {mytilus  edulis)  genere  di  mol- 
luschi bivalvi,  con  conchiglia  nero-azzur- 
rognola, di  forma  triangolare  :  sono  forniti 
delle  cosidette  glandole  del  bisso,  desti- 
nate a  produrre  certi  fili  cornei,  di  cui 
l'animale  si  vale  per  attaccarsi  ai  corpi 
sottomarini,  ai  quali  aderisce  così  salda- 
mente, che  anche  la  più  violenta  forza 
delle  onde  non  può  strapparlo.  Volendo 
cangiar  di  sito,  fila  un  nuovo  bisso,  e  rompe 
l'antico,  e  ripetendo  questa  operazione  più 
volte,  procede  lentamente   innanzi.   Sono 


detti  anche  volgarmente  peoci^  o  pidocchi 
di  mare  sul  litorale  adriatico,  arselle  sul 
litorale  tirreno,  coxx,e  nell'Italia  meridio- 
nale. 

Mitingaio:  dalla  voce  inglese  meeting^ 
accolta  pure  in  francese,  e  vale  letteral- 
mente comizio ^  si  è  formato  l'aggettivo 
mitingaio.^  spesso  attributo  di  eloquenza. 
V.  Meeting. 

Mobilio:  è  voce  ripresa  per  ìnobilia, 
che  letteralmente  in  latino  vuol  dire  le 
cose  mobili.  Peggior  scrittura,  mobiglia. 

Mobilium  turba  Quiritium:  incostante 
folla  dei  Quiriti  (Romani)  Orazio,  Odi., 
I,  1,  7. 

Mobilizzare  :  detto  degli  eserciti,  è  neo- 
logismo di  provenienza  francese  mobiliser. 
In  italiano  c'è  il  verbo  mobilitare,  presso 
che  disusato. 

Modalità:  voce  del  linguaggio  filosofico, 
astratto  di  modale  (ragione  formale  del 
modo).  Come  neologismo,  in  senso  con- 
creto, per  forìna,  accessorio.,  accidente., 
es.:  «  non  rimane  che  intenderci  su  di  al- 
cune modalità  »,  riprendesi  dai  puristi 
come  estensione  della  parola,  conforme 
all'uso  del  fr.  modalité. 

Modanatura:  terni,  arch.,  nome  generico 
dato  ai  corpi  più  o  meno  sporgenti  che 
entrano  nel  comporre  il  profilo  di  una 
cornice. 

Moderato:  nel  noto  senso  politico  ci 
deve  essere  provenuto  dal  francese  modéré., 
voce  quivi  usata  sino  dal  tempo  della  Ri- 
voluzione e  del  Direttorio.  Moderato.,  voce 
del  resto  più  che  ottima  da  moderare., 
temperare,  frenare,  regolare,  è  nome  dato 
presso  di  noi  a  coloro  che  nella  politica  ita- 
liana seguono  le  idee  monarchiche  costi- 
tuzionali, lì  moderato,  secondo  etimologia, 
sarebbe  l'ideale  degli  uomini  politici,  se 
non  che  vedi  al  paragrafo  In  medio  stat 
virtus  una  sentenza  del  Manzoni. 

Moderatore:  in  meccanica,  apparecchio 
che  serve  a  moderare,  rallentare  i  mavi- 
menti. 

Modestia  a  parte:  locuzione  ironica  o 
lepida  che  dicesi  come  preavviso  o  a  mo' 
di  parentesi,  quando  si  vuole  enunciare 
un  fatto  0  un'opinione  che  suona  non  il 
semplice  contrario  di  modestia,  ma  anzi 
la  più  sfacciata  opinione  di  se. 


.Mod 


—    317    — 


Moni 


Modista:  neol.  dal  Ir.  ìiiodiste^  voce 
sancita  dall'uso  ancorché  non  assoluta- 
mente necessaria,  avendo  Titalianola  voce 
crestaia^  da  cresta,  gala.  «  Modista,  spiega 
il  Petrocchi,  lo  stesso  che  crestaia,  ma 
(jucsta  ha  più  dell'  ordinario  e  spregia- 
tivo ».  Così  forse  a  Firenze,  o  per  effetto 
della  voce  «  moda  »  che  denota  finitezza  e 
scienza  della  cosa,  o  perchè  la  voce  fran- 
cese ha,  come  di  solito,  senso  nobile  per 
noi. 

Modulo:  con  tale  nome  indicano  i  tec- 
nici ed  i  meccanici  un  numero  od  una 
grandezza  di  riferimento  per  determinare 
altri  numei-i  od  altre  grandezze  simili. 

Modus  est  omnibus  rebus:  v'è  misura 
in  tìitte  le  cose.  Plauto,  Poenul  I.  229. 

Modus  vivendi:  lat.  modo  di  vivere, 
K'cordo  e  concessione  reciproca,  pur  di 
vivere  in  pace,  'fra  parti  contendenti  ed 
opposte.  Modus  vivendi  è  pure  termine 
diplomatico  per  indicare  il  complesso  delle 
condizioni  secondo  le  quali  due  o  più  Stati 
determinano  i  loro  reciproci  rapporti  con 
cui  intendono  vivere,  agire,  negoziare. 

Mofetta:  fenomeno  vulcanico  consistente 
neir  emanazione  di  acido  carbonico,  e 
che  segna  la  fine  delle  eruzioni.  (Grotta 
del  cane).  Cfr.  Mefite. 

Mògano:  Vedi  Acagiù. 

Moire:  stoffa  marezzata  di  seta  o  di 
lana,  così  manufatta  sotto  l'azione  dei 
cilindri  da  ricevere  un  certo  splendore  o 
lividore  ad  onde  o  chiazze  di  vago  e  can- 
giante effetto.  Oggi  più  specialmente  in- 
tendesi  di  stoffe  di  seta,  e  le  prime  fab- 
briche furono  in  Francia,  (Lione,  Nimes, 
Tours). 

Molca:  forma  fr.  più  comune  dell'  ita- 
liana ìiioca:  usasi  per  indicare  il  caffè  che 
viene  dalla  Moka,  città  dell'Arabia,  ed  è 
fra  le  specie  più  reputate,  quando  avviene 
di  trovarne  in  commercio.  E  forse  per  la 
stessa  acuta  ragione  che  lucìis  deriva  a 
non  lucendo ,  .che  i  caffettieri  gridano 
moka/  alle  loro  bevande  appunto  per  l'as- 
senza completa  del  prezioso  aroma.  Moka 
per  caffè  è  puro  voce  del  gergo  francese. 

Molazza:  apparecchio  di  macinazione 
(e  talora  di  miscela)  con  una  o  due  molo 
ad  asso  orizzontalo,  rotolanti  sur  un  piatto 
pure  orizzontale,  (per  macinare  terra,  pula 


di  riso,  ecc.)  Voce  comune  in  Lombardia 
(dal  lat.  mola  :=  macina). 

Molerà:  chiamano  i  milanesi  (e  credo 
tutti  i  lombardi)  le  pietre  arenarie. 

Moietta:  voce  dialettale  e  familiare  del- 
l' alta  Italia  per  arrotino  (dal  lat.  mola 
=  mola,  macina). 

Molla,  molla!:  (V.  Mollare)  classico 
grido  delle  nostre  folle,  caratteristicamente 
usato  per  impedire  agli  agenti  della  forza 
publica  di  trarre  in  arresto  :  si  contrapone 
all'altro  non  meno  tipico  grido  dialettale 
ciappa  ciappa  (acchiappa)  che  urlasi,  spe- 
cie contro  ladruncoli,  borsaiuoli.  Molla.' 
voce  di  comando  marinaresco. 

Mollare:  allottare^  lasciare:  voce  spe- 
ciale del  linguaggio  marinaresco;  mollar 
le  vele  =  scioglierne  i  gerii  e  spiegarle  ; 
inoliar  gli  ormeggi  =  scioglierli  a  terra 
e  ricuperarli  a  bordo  quando  la  nave  si 
disormeggia  per  salpare  ;  mollar  le  scotte 
=  allascaiie  quando  si  poggia  o  si  molla 
in  T^o^^di'.  mollare  in  poppa  =  poggiare 
fino  ad  avere  il  vento  in  poppa. 

Moiietton:  voce  francese:  mou  (latino 
mollis  zzz  molle):  stoffa  di  lana  o  di  co- 
tone 0  anche  di  seta,  pelosa  da  una  o  da 
ambo  i  lati,  dolce  e  calda:  se  ne  fanno 
coperte,  camiciuole,  sottovesti;  serve  per 
imbottire  e  coprire.  Più  usato  è  il  color 
bianco.  Milanese,  mollettòn. 

Moloch:  voce  fenicia  =  Re,  Signore. 
Deità  mostruosa  e  feroce  di  forma  umana 
con  testa  taurina,  adorata,  un  tempo,  in 
Oriente  (Fenici,  Cartaginesi)  e  onorata  di 
vittime  umane.  In  tutte  le  letterature  il 
nome  di  Moloch  è  simbolo  di  ogni  costume 
0  istituzione  disumana  e  violenta,  che  do- 
manda sacrificio  di  bene. 

Moltiplica:  voce  ripresa  da'  puristi  in 
vece  di  moltiplicaxione.  Questa  abbre- 
viazione notasi  anche  in  altre  parole  come 
bonifica,  qualifica,  modifica^  notifica, 
etc. 

Momento  psicologico:  si  dice  per  mo- 
mento opportuno,  favorevole  per  fare  al- 
cuna cosa.  11  motto  è  riferito  come  di  ori- 
gine francese  e  in  tale  caso  avrebbe  rap- 
porto storico  con  1'  assedio  di  Parigi  del 
1871.  Per  bombardare  Parigi  con  isporanza 
di  pronta  rosa,  attondevasi  il  inoììtcnto 
psicologico   in    cui    la   città,    divisa   dal 


Mon 


318 


Mon 


mondo,  stretta  da  un  cerchio  di  ferro, 
affamata,  non  isperando  soccorso,  avrebbe 
giudicato  inutile  ogni  ulteriore  resistenza 
e  difesa. 

Mona:  voce  veneziana,  stupido^  sciocco 
V.  Appendice. 

Monatto  :  nome  storico  dei  lugubri  e 
truci  becchini  della  poste  di  Milano,  nome 
salvato  dall'oblio  dalla  mirabile  narrazio- 
ne che  A,  Manzoni  fa  della  peste  nel  cap. 
XXXII  de'  P.  S.  Quivi  vedine  pure  l'e- 
timologia probabile,  cioè  dal  tedesco  mo- 
natlich^  quasi  assunto  di  mese  in  mese. 

Mondana:  in  fr.  mondaine  dicesi  di 
donna  che  ama  la  vita  e  i  piaceri  mon- 
dani', nell'italiano  classico  —  benché  raro 
ne  fosse  1'  uso  —  mondana  o  donna  di 
mondo  vale  meretrice.  Nell'italiano  del- 
l'uso odierno  ambedue  i  sensi  hanno  va- 
lore. Certo  prevale  quello  francese  che 
non  ha  mal  senso.  Però  non  oserei,  come 
fa  il  Petrocchi,  collocare  mondana  del  se- 
condo senso  tra  le  voci  morte,  giacche,  o 
per  influsso  dell'antico  valore  o  piuttosto 
per  effetto  del  neol.  fr.  demi-mondaine 
z^  f emme  galante^  l'antico  significato  ri- 
sorge per  indicare  cortigiana^  di  alto 
grado ^  etera. 

Mondarisi:  gli  operai  della  campagna 
(opera)  che  attendono  alle  mondature  del 
riso. 

Mondo  politico,  letterario,  artistico  etc. 
per  il  ce^o,  o  più  semplicemente,  gli  ar- 
tisti.^  i  letterati.^  etc.  è  maniera  iperbolica 
alla  francese,  ripresa  dai  puristi.  Accogliesi 
mondo  quando  esprime  totalità  in  senso 
vero  e  grande,  come  il  mondo  Cristiano. 

Monferrina:  danza  originaria  del  Mon- 
ferrato (Piemonte)  :  è  in  sestupla  di  cro- 
me a  movimento  vivace. 

Monismo:  dal  gr.  jnòvos  =  solo;  voce 
universale  del  linguaggio  filosofico,  e  suole 
applicarsi  a  quei  sistemi  ideologici  i  quali 
considerano  in  tutto  l'universo  l'opera  e 
la  manifestazione  di  un  solo  principio  effi- 
ciente. (Scuola  Eleatica,  Spinoza,  Scho- 
penhauer, Hegel,  derivato  ìnonista). 

Monitor:  da  alcuni  italianizzato  in  mo- 
nitore. Bastimento  a  vapore,  corazzato  e 
rostrato,  senza  alberatura,  raso  su  l'acqua, 
con  pochi  e  grossi  cannoni.  D'uso  per  le 
coste,  laghi,  fiumi.    Fu  inventato,  deno- 


minato e  terribilmente  sperimentato  dagli 
Americani  nella  guerra  di  secessione  del 
1864. 

Mono:  gr.  juàvog^solo.,  unico.,  semplice., 
elemento  costitutivo  di  moltissime  parole 
di  carattere  scientifico,  in  ogni  culto  lin- 
guaggio. 

Monoculus  in  terra  caecorum  {re.x  est): 
(è  re  colui  che  possiede)  un  sol  occhio 
in  terra  di  ciechi:  locuzione  latina  usata, 
ironicamente,  per  esprimere  la  relatività 
del  valore,  del  sapere,  dell'intelligenza. 
Dev'  essere  motto  di  antica  formazione 
popolare.  V.  Beati  monoculi,  etc. 

Monofìsiti  :  (da  /nóvos  =  solo  e  q)vaig  -- 
natura)  nome  di  seguaci  di  setta  cristiana 
in  oriente  del  V  secolo,  la  quale  pur  am- 
mettendo l'unione  delle  due  nature  in  Cri- 
sto, affermò  che  la  natura  umana  fu  come 
assorbita  da  quella  divina  :  opinione  di- 
chiarata eretica.  La  chiesa  Armena  è  e- 
rede  di  questa  eresia. 

Mongioia:  Y.  Mont-joie. 

Monomanìa:  gr.  fiòvog  =  unico  e //aWa 
e  secondo  l'introduttore  della  parola  che  fu 
l'Esquirol,  questo  /navia  sarebbe  da  /<?}v?^ 
=z  luna,  onde  maniaco  dei  greci  z—  lu- 
natico dei  latini.  Questa  parola,  divenuta 
universale,  volle  indicare  in  origine  una 
pazzia  parziale  o  melanconia,  per  distin- 
guerla dalle  forme  più  gravi  della  demenza. 
«Lesione  parziale  dell'intelligenza,  degli 
affetti  0  della  volontà»  (Esquirolj. 

Monosillabi:  per  le  regole  su  gli  ac- 
centi dei  monosillabi,  V.  qui.,  qua. 

Monotremi:  nome  dell'infimo  ordine  dei 
mammiferi,  formato  dalle  due  specie  au- 
straliane Echidna  e  Ornitorinco.,  munite, 
la  prima,  di  una  bocca  tubolare  cornea, 
la  seconda  di  un  becco  piatto,  simile  a 
quello  dell'anitra.  I  monotremi  si  propa- 
gano per  uova,  ma  si  considerano  come 
mammiferi  in  quanto  nutrono  i  loro  pic- 
coli con  una  specie  di  secrezione  lattea. 

Monsieur  Alphonse:  Y.  Alphonse  nel- 
l'Appendice. 

Monsieur  de  la  Palice:  Y.  Palice. 

Monsieur  de  Paris:  nel  gergo  francese 
vale  il  carnefice. 

Monsignore:  titolo  che  noi  diamo  spe- 
cialmente ai  vescovi.  In  Francia  Monsei- 
gneur  era  titolo  altresì  dei  principi  e  del 


Mon 


—     3i9 


Mop 


Ko.  Sotto  Luigi  XIV  designò  specialmente 
il  Doliino.  Monsignore  il  re  o  lo  re  leg- 
gesi  nelle  antiche  nostro  prose  ove  si 
j)arla  dei  re  di  Francia. 

Monstre  :  nel  linguaggio  popolare  la 
lingua  francese  seguendo  l'indole  sua  iper- 
bolica, chiama  monstre  tutto  ciò  che  è 
anormale,  fuor  del  costume,  assai  grande, 
(juindi  un  bouquet  monstre^  un  établisse- 
ment  monstre,  etc.  In  tale  senso  da  noi  si 
usa  talora  questa  parola,  e  in  ciò  sta  la  ser- 
vile imitazione.  Monstre^  dal  latino  mon- 
struni  (qiiod  ìnoneat  voluntatem  deorum). 

Montagnardo:  e  così  la  voce  montagna 
nel  noto  senso  politico,  provengono  dal  fr. 
montagnard  e  montagne.  Al  tempo  della 
Convenzione  di  Francia  i  più  accesi  Gia- 
cobini sedevano  a  sinistra  e  in  alto  :  da 
ciò  il  nome  tramandatosi  ne'  Parlamenti. 

Montarsi  la  testa:  V.  Montatura.^ 

Montatura  :  nel  linguaggio  familiare 
usasi  per  esageraX'ione,  cosa  artificial- 
mente ad  arte  montata  con  un  dato  fine. 
Così  dicesi  montarsi^  ìuontarsi  la  testa 
por  esaltarsi,  scaldarsi  la  testa.  V.  au- 
tosuggestione. Il  fr.  ha  appunto  monter 
la  lète.  Talora  montatura  equivale  a  mac- 
chinaxione.1  trama. 

Monte  (a):  nel  giuoco  delle  carte  la 
locuzione  andare  o  mandare  a  monte  per 
annullar  la  partita,  è  locuzione  tanto  to- 
scana come  della  più  parte  de'  nostri  dia- 
letti. Dicesi  anche  di  progetto,  divisamente 
mancato.  A  mo7ite  zzi  non  se  ne  tenga 
conto,  non  se  ne  parli  più,  (familiarmente 
l>arlando). 

Monte  di  Venere:  Y.  Appendice. 

Monteur:  cosi  nel  linguaggio  dell'in- 
dustria meccanica  si  chiama  con  voce 
francese  quell'operaio  che  monta  e  com- 
pone nel  loro  luogo  definitivo  i  vari  pezzi 
di  una  macchina. 

Montìsta:  nel  dialetto  lombardo,  i  loca- 
tari del  monte  di  Pietà. 

Mont-joie  (Saint-Denis):  grido  di  guerra 
de'  Francesi  nell'  Evo  Medio,  dal  monte 
presso  Parigi  ove  S.  Dionigi  ebbe  la  gioia 
0  compenso  del  martirio  :  Montegioia^  o 
Mongioia.  «  Mongioia  cavalieri  »  è,  ad 
es.,  il  grido  dei  signori  francesi  alla  bat- 
taglia di  Benevento  come  racconta  G.  Vil- 
liiiii  nella  sua   Cronica,  VII,  S,  0.    Sin- 


golare la  forza  che  aveva  l'italiano  nostro 
antico  di  assimilare  i  nomi  stranieri,  an- 
che i  più  difficili  !  Hawkwood  diventava 
V  Acuto  ;  Yalois,  Valese,  etc.  e  questa 
assimilazione  si  compiva  in  modo  naturale 
e  popolare.  Oggi  questo  importante  feno- 
meno più  non  si  avverte. 

Monroe  (dottrina  di)  :  così  sono  chia- 
mati certi  principi  di  diritto  internazio- 
nale espressi  da  Giacomo  Monroe,  presi- 
dente degli  Stati  Uniti  dal  1817  al  1825, 
in  suo  messaggio  del  2  dicembre  1823. 
Il  concetto  ne  è  quésto:  il  sistema  colo- 
niale europeo  non  può  applicarsi  alle  nuove 
condizioni  dell'America  però  che  tutto  il 
gran  continente  è  formato  di  Stati  che 
hanno  i  medesimi  diritti  delle  nazioni  eu- 
ropee per  quel  che  riguarda  la  loro  indi- 
pendenza. Il  fatto  della  prima  occupazione 
0  della  esplorazione  non  costituisce  un 
diritto  di  sovranità  per  gii  Europei  su 
quel  continente,  i  cui  possessi  non  possono 
d'ora  innanzi  dipendere  che  da  trattati  o 
da  guerre.  La  dottrina  di  Monroe  si  venne 
in  questi  tempi  sempre  più  concretando 
nel  concetto  dover  essere  l'America  degli 
Americani,  (specialmente  di  quelli  degli 
Stati  Uniti,  vero  imperialismo  di  razza!) 

Montura  :  per  divisa^  tini  forme  non  è 
voce  «  franciosa  »  come  dice  il  Fanfani, 
ma  d'origine  —  credo  —  lombarda.  Il  Pe- 
trocchi la  fa  derivare  dal  francese,  ma 
monture  vuol  dire  altra  cosa,  cioè  caval- 
catura. Per  dire  montura  nel  senso  di 
assisa,  in  fr.  si  dice  uniforme.  Del  resto 
questa  montura  è  voce  dell'uso  da  tempo. 

Monumenti  Vespasiani  :  così  sono  detti 
talora  gii  orinatoi  publici  in  forma  di  edi- 
cola e  di  torrette,  dal  nome  dell'impera- 
tore Vespasiano  quod  etiam  nrinae  rec- 
tigal  comtnentus  esset  (Svetonio,  Vespa- 
siano., XXIII).  Ma  tale  nome  a  simiglianti 
opere  è  di  primo  conio  francese  respa- 
sienne  zzz  urinoirs  publics  sous  forme  de 
petites  guérites  ou  de  colonnes. 

Mops  :  noto  e  piccolo  cane  di  lusso  ; 
assai  bruttino  e  comico  con  c^uel  suo  muso 
nero  e  rincagnato  a  mo'  del  molosso  (bull- 
dog) a  cui  rassomiglia:  polo  lucido  e  raso 
color  catto  latte,  orecchio  corto  che  oggi 
più  non  costuma  cimare.  Posa  circa  kg. 
sei,  ma  ha  il  difetto  dì  facilmente  impili- 


Mor 


—     320 


Mor 


giiare  e  allora  è  assai  brutto.  È  di  carat- 
tere bizzarro  e  ineguale  e  non  brilla  per 
molta  intelligenza  ed  affetto.  Pare  di  prove- 
nienza dall'estremo  oriente.  Le  tappe  certe 
di  questa  bestiola  sono  dal  Capo  di  Buona 
Speranza  all'Olanda.  Nel  XVII  secolo  pas- 
sò assai  pregiato  in  Inghilterra  e  vi  ebbe 
il  nome  di  Pug-dog.  La  Francia  l'ac- 
colse nel  XVIII  secolo,  ed  ebbe  F  onore 
di  vederselo  presentato  a  corte  da  mada- 
ma di  Pompadour,  e  un  gentiluomo  per 
quel  suo  muso  nero  lo  chiamò  Carlin^ 
ricordandogli  la  maschera  nostra  di  Ar- 
lecchino, e  tal  nome  colà  gli  rimane.  Noi 
lo  chiamiamo  Mops^  voce  tedesca,  da  una 
radice  mup=far  boccacce,  ghigno,  rictus. 
Cfr.  Kluge,  op.  cit.^  In  italiano  Mtiffolo. 

Morbido:  in  latino  morbidus  xaìe  am- 
malato infermiccio.,  da  ìnorbus.  In  ita- 
liano morbido  ha  il  senso  di  molle,  gentile., 
cedevole  al  tatto.,  non  ha,  che  io  sappia,  il 
senso  di  morboso  o  patologico  mentre  tale 
senso  ha  appunto  in  francese  morbide,  in 
inglese  morbid. 

Morbin  :  voce  caratteristica  veneziana 
che  significa  la  vivezza,  la  bizzarria  rigo- 
gliosa petulante,  specie  di  chi  è  giovane  ed 
ha  de'  frulli  pel  capo  :  ruxxo.^  voglia  di  ri- 
dere e  di  far  ridere.  Morbino  è  altresì  voce 
romagnola  (V.  Dix^.  del  Mattioli,  Imola, 
Galeati  1879)  ne  mancano  esempi  classici, 
del  Doni  (Attav.  p.  21)  e  di  altri.  Così 
registrata  è  la  frase  :  fare  uscire  il  mor- 
bino ad  alcuno.,  cioè  levare  il  ru%%o.,  far 
star  a  cervello. 

Morbus  gallicus:  V.  Appendice. 

More  0  more  di  rovo:  noto  frutice  di 
una  specie  di  rovo  spontaneo  e  comune 
{Rubus  fructicosus^  L).  Mangiansi  natu- 
rali 0  se  ne  fanno  pregiate  conserve  o 
sapori  e  siroppi  medicinali. 

Moresca:  una  specie  di  danza  delle 
spade,  già  in  voga  in  tutti  i  paesi  dove 
si  conservava  la  tradizione  delle  guerre 
dei  Cristiani  contro  i  Saraceni.  Con  essa  si 
rappresentavano  le  lotte  contro  gli  Arabi. 

More  solito,:  modo  avverbiale  latino, 
secondo  il  solito  (costume),  e  per  lo  più 
si  dice  del  ripetersi  di  fatto  o  di  abitudine 
riprovata. 

Moretto:  volgarmente  e  familiarmente 
di  cesi  di  quegli  uomini  politici  di  minor 


conto,  i  quali  seguono,  sostengono,  intri- 
gano fanno  il  galoppino  per  altro  uomo  po- 
litico di  maggior  conto  o  capo  partito.  I 
moretti  parlando  di  deputati,  servono  a  for- 
mare la  maggioranza.  Vi  si  annette  spre- 
gio e  mal  senso.  Il  significato  dev'essere 
tolto,  per  estensione,  dall'uso  di  tenero 
piccoli  mori  come  paggetti  e  servitorelli. 
Così  costumavano  anche  i  ciarlatani  di 
piazza.  Voce  di  gergo  politico,  caduta 
alquanto  in  disuso. 

Morfinismo:  (da  morfina  che  è  un  al- 
caloide dell'  oppio)  la  malattia  e  1'  abuso 
della  morfina,  la  quale  a\'endo  un'azione 
sul  sistema  psico-motore,  induce  un  senso 
di  fittizio  benessere  che  assomiglia  alla 
più  perfetta,  fisiologica  sanità:  lucidezza 
mentale,  forza  di  muscoli,  vivace  fantasia, 
lietezza,  etc,  onde  è  che  molti  ne  abusano 
senza  ragione  medica,  e  il  piacere  è  si  forte 
che  il  morfinomane  soggiace  sovente  al- 
l'uso del  lento  e  delizioso  veleno.  Altro 
anestetico  inebriante  à  la  cocaina.,  alca- 
loide della  coca.  Agisce  press' a  poco  come 
la  morfina  e  produce  gli  stessi  sintomi,  de- 
generando talvolta  in  manifesta  follia  con 
idee  deliranti,  esaltamento,  allucinazioni. 
Onde  le  voci  cocainismo.^  cocainista. 

Morganatico  :  V.  Main  gauche. 

Morgue:  voce  francese  che  vuol  dire 
«  cella  mortuaria  »,  ove  si  espongono  i  ca- 
daveri degli  sconosciuti  per  il  riconosci- 
mento. L'  origine  del  vocabolo  è  dubbia. 
Morgue  =  viso  e  però  morgue  il  luogo 
ove  si  riconosce  il  volto  ?  Veramente  mor- 
gue vuol  dire  viso  fiero.,  7ninaceioso .,  e 
morguer,  guardar  fissamente,  minacciare. 
Il  passaggio  da  questo  al  primo  senso  non 
è  chiaro.  Però  dalla  seguente  spiegazione 
dal  Littré:  Morgue:  endroit  à  V  entrée 
dhme  prison.,  où  l'on  tient  quelque  temps 
ceux  que  l'on  écrouè,  afin  que  les  gui- 
chetiers  puissent  les  regarder,  les  exami- 
ner,  pour  les  reconnaitre  ensuite,  si  può 
intendere  il  passaggio  di  morgue  nel  senso 
di  cella  mortuaria  pel  riconoscimento.  E. 
Poe,  il  mirabile  novelliere  americano,  ne 
fa  il  nome  di  una  via  nel  suo  Assassinio 
della  Via  Morgue.  In  milanese  brugna^ 
V.  Cherubini,  op.  cit. 

Morituri  te  salutant:  V.  Ave.  Gaesar, 
etc. 


Mor 


S21     - 


Mot 


Mortadella:  specie  di  salame  cotto,  di 
gran  molo  e  di  t'orma  ovoidale  :  speciale 
di  Bologna.  Deriva  da  mirto ^  lat.  myrta- 
tum.  I  Mortadella,  chiamano  in  vece  in 
Milano,  oltre  la  moi-tadella  bolognese,  una 
specie  di  salame  di  fegato  (salam  de  fideg) 
assai  drogato  e  sapido. 

Morte:  detto  specialmente  di  pesci,  uc- 
cellagione etc,  significa  volgarmente  in 
alcune  regioni  nostre  il  vero  e  proprio 
modo  di  cucinare^  speciale  ed  adatto. 
Es.  l'anguilla  su  lo  spiedo,  i  calamaretti 
fritti,  l'anitra  arrosto,  è  la  loro  morte. 

Morte  dei  conte  Ugolino  (far  la):  fami- 
liarmente e  facetamente  vale  morir  di 
fame.,  di  inedia.  Espressione  faceta  tolta 
dal  noto  tragico  canto  dell'inferno  Dan- 
tesco. 

Morte  civile  fr.  morte  civile  :  termine 
giuridico:  perdita  cioè  dei  diritti  civili  e 
politici  in  seguito  a  condanna,  come  de- 
portazione, pena  capitale,  ergastolo  a  vita. 
Distrugge  il  diritto  di  proprietà  e  i  legami 
civili  del  matrimonio.  La  morte  civile  fu 
abolita  in  Francia  per  legge  del  31  maggio 
1855.  Dicesi  presso  di  noi  morte  civile 
per  significare  1'  ostracismo  e  1'  anatema 
che  la  società,  indipendentemente  dalla 
legge,  infligge  a  persona  divenuta  indegna 
di  appartenere  all'  umano  consorzio. 

Mortificare  o  necrotizzare:  neol.  del 
linguaggio  medico,  colpire  di  cancrena 
{mors=^  morte,  veugóg  ^  morte):  fr.  7nor- 
tification  =  cancrena,  necrosi. 

Morto  un  papa,  se  ne  fa  un  altro  !  :  lo- 
cuzione italiana  se  altra  mai!  Dicesi  per 
significare  che  è  facile  supplire  persona 
con  altra  persona.  Vero  è  che  gli  uomini 
si  susseguono,  non  sempre  si  assomigliano. 

Morva  (corruzione  di  morbus)  :  nome 
scientifico  di  una  terribile  malattia  infet- 
tiva, propria  de'  cavalli  e  degli  asini,  vol- 
garmente dotta  cimurro  (scolo  nasale).  Essa 
è  dovuta  ad  un  bacillo,  speciale  dei  cavalli, 
ma  che  può  trasmettersi  agli  altri  animali, 
ed  altresì  all'uomo.  Quando  le  fosso  nasali 
non  sono  intaccate,  la  malattia  prende  il 
nomo  di  farcino.  Malleina,  è  poi  chia- 
mato un  mezzo  diagnostico  della  morva, 
0  consiste  in  un  siero  che  si  inietta  nel- 
l'animale sospetto,  produco  reaziono  feb- 
brile se  l'animale  è  affetto  da  morva. 

A.  Panzini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani. 


Moscardino  :  dal  francese  muscadin 
così  detto  dal  muschio  (fr.  muse)  o  da 
altri  profumi  di  cui  facevano  uso  gli  ele- 
ganti. Museadins  furono  detti  gli  ele- 
ganti al  tempo  del  Direttorio,  e  sotto  il  no- 
me di  jeunesse  dorée  rappresentarono  la 
reazione  monarchica,  e  specialmente  la 
reazione  della  mondanità,  del  lusso  e  delle 
eleganze  contro  1'  ostentazione  democra- 
tica e  plebea  del  tempo  precedente,  cioè 
del  governo  detto  del  Terrore.  Parlait-on 
sans  jurer,  sans  fair  e  des  solecismes  ?  on 
etait  un  muscardin.  Les  femmes  étaient 
aussì  appellées  ìnuscadines  lorsqu' elles 
ne  sentaient  pas  Vail  ou  l'eau-de-vie.  Ai 
moscardini  successero  al  tempo  del  Diret- 
torio gli  incroyables  per  la  ridicola  e  fat- 
turata eleganza,  indi  i  dandys.,  i  fashio- 
nables^  i  lions.,  etc.  Moscardino  è  voce 
divenuta  persino  dialettale  (Romagna).  V. 
Lion. 

Moscato:  più  comune  di  «moscado»,  dal 
basso  lat.  muscatus^  che  ha  sapore  di  mus- 
chio: aggettivo  e  sostantivo  di  note  va- 
rietà di  vitigno  e  di  vino,  eccellente  per 
dolci  e  frutta  (dessert).  Il  moscato  di  Mon- 
tefiascone  presso  Bolsena,  ha  il  leggendario 
nome  di  Est^  Est.  (Y.  questa  voce).  Il  mo- 
scato di  Siracusa  per  il  vellutato  e  l'aroma 
non  teme  confronto  con  nessun  vino  con- 
simile. Si  produce  con  1'  uva  detta  mo- 
scatella. Gareggia  con  i  famosi  moscati 
di  Lunel,  Frontignan,  Setubal. 

Móscio:  vizxo.,  floscio,  non  fresco,  non 
eretto.  Aggettivo  usatissimo  nell'  Italia 
centrale,  quanto  mal  noto  nelle  province 
settentrionali  :   registrato  in  ogni  lessico. 

Mosquito:  è  nome  comune  di  alcune 
zanzare,  veri  flagellatori  dei  luoghi  pa- 
ludosi in  molti  paesi  tropicali.  Per  la 
maggior  parte  appartengono  al  genere  dei 
Simulium.  Mosquito,  lat.  musca.,  ò  voce 
spagnuola,  accolta  in  inglese. 

Mostacciuolo:  termine  lombardo  de'  pa- 
sticcieri :  significa  una  pasta  con  droghe  e 
zucchero,  biscottata  e  in  forma  di  spola. 

Mot  de  la  fin:  locuzione  francese  regi- 
strata nei  diz.  d'Argot.,  per  indicare  un 
motto  lepido,  un  frizzo,  spesso  in  fino  del 
discorso:  locuzione  usatissima  fra  noi. 

Motetto  :  «  composizione  in  contrapunto 
osservato,  e  con   dotti    artifici,  destinata 

21 


Mot 


—     322    — 


Mue 


alla  chiesa.  Vi  ha  pure  un'  altra  forma 
congenere,  elaborata  sul  canto  fermo  con 
fuga  a  due  o  a  tre  soggetti,  svolti  indi- 
pendentemente l'uno  dall'altro.,  pur  rispet- 
tando le  leggi  dell'armonia.  È  anche  una 
composizione  affine  alla  cantata,  ma  più 
severa  di  questa.  Il  vocabolo  proviene  dal 
latino  motetus^  quasi  a  significare  piccolo 
moto  ».  (A.  Galli,  op.  cit.). 

Motivare  :  voce  del  linguaggio  forense, 
ripresa  dai  puristi,  derivata  dal  francese 
motiver  nel  senso  appunto  di  esporre  i 
motivi  di  una  sentenza,  e  dicesi  anche  in 
senso  non  giuridico  per  spiegare  i  motivi 
di  una  dichiarazione  qualsiasi.  Ma  i  fran- 
cesi non  hanno  l' astratto  motivazione, 
voce  arbitraria  che  non  di  rado  si  incontra 
presso  di  noi,  specie  nel  linguaggio  cu- 
riale :  aggiungivi  anzi  anche  motivato, 
nello  stesso  senso. 

Motivazione  e  motivato:  V.  Motivare. 

Motivo:  sinonimo  di  sinfonia  o  canti- 
lena :  è  il  germe  da  cui  si  sviluppa  ogni 
composizione,  consta  talvolta  di  poche 
note. 

Motivo  per  cui:  locuzione  conclusiva 
ripresa  dai  puristi  ;  certo  troppo  sciatta  e 
volgare  in  vece  di  onde,  perciò,  per  questo, 
tanto  anzi  è  sciatta  che  talora  dicesi  le- 
pidamente. 

Motociclistico  :  agg.  da  motociclo. 

Motociclo:  la  bicicletta  fornita  di  mo- 
tore. Diminutivo  motocicletta.  Evidente- 
mente dal  fr.  motocycle. 

Motu  proprio:  o  proprio  motu,  lat.,  di 
Tnoto  proprio:  dicesi  più  particolarmente 
delle  Bolle  o  altri  atti  del  Pontefice  per 
indicare  che  la  deliberazione  contenuta 
in  tale  documento  fu  presa  di  spontanea 
volontà,  non  per  influsso  d'altri.  Dicesi 
anche  dei  sovrani  temporali.  |  Motu  pro- 
prio dicesi  comunemente  di  quelle  ono- 
rificenze che  si  vogliono  far  credere  pro- 
vengano proprio  da  deliberata  elezione 
del  Capo  dello  Stato,  il  quale  si  accorge  do- 
versi onorare  un  dato  cittadino  ;  e  perciò 
hanno  maggior  pregio  solendo  la  maggior 
parte  delle  onorificenze  essere  date  per 
proposta  gerarchica  o  per  diritto  di  grado 
0  per  altre  non  confessabili  ragioni.  Una 
delle  tante  ipocrisie  convenzionali  ! 

Motus  in  fine  velocior:  lat.,  più  veloce 


è  (ovvero  sia)  il  moto  verso  la  fine.  Sen- 
tenza di  speciale  sapore  scolastico. 

Mouflon  :  nome  dato  al  montone  selvag- 
gio che  bene  alligna  in  Sardegna  ed  in  Cor- 
sica, e  in  italiano  dicesi  muflone  o  rnuf- 
flone.  Ma  nel  commercio  e  nell'uso  prevale 
la  parola  francese  per  indicare  la  pelliccia 
di  codesto  animale,  che  è  grigia,  densa, 
lanosa  e  dolce  al  tatto  ;  e  serve  per  collari, 
manicotti,  etc.  Per  l'origine  della  parola, 
cfr.  il  Du  Cange,  op.  cit.,  alla  voce 
Musmo. 

Mousseline  :  (da  Mossul,  città  della 
Turchia  Asiatica)  è  il  più  fine  e  più  leg- 
gero dei  tessuti  di  cotone.  Originario  del- 
l'India e  dell'oriente,  oggi  si  fabbrica  con 
pari  arte  in  Europa.  Benché  italianizzata 
in  «  mussolina,  »  sovente  è  preferita  la  pa- 
rola francese. 

Movimentato  :  per  agitato,  mosso,  vario, 
vivace,  animato  (detto  specialmente  di 
spettacoli  e  di  azioni)  è  il  francese  mou- 
vementé. 

Mozione  :  nel  linguaggio  parlamentare 
è  parola  frequente  in  vece  di  proposta, 
ed  è  neologismo  di  origine  francese,  mo- 
tion.  In  buon  italiano  mozione  vuol  dire 
l'atto  del  muovere,  come  \di  mozione  à.QgYi 
affetti.  Ma  nel  notare  i  gallicismi  bisogna 
pur  pensare  che  gli  istituti  amministrativi 
politici,  militari  della  terza  Italia  sono 
presso  che  tutti  di  provenienza  francese; 
inutile  quindi  querelarci  se  «  il  linguag- 
gio parlamentare  attinge  col  bigonciuolo 
alla  cisterna  francese  »  (Eigutini). 

Mozzarella  :  voce  napoletana  (muzxa- 
rellaj  ;  indica  una  specie  di  cacio  (pro- 
vatura)  fresco  :  posto  su  la  pizza  come 
condimento,  chiamano  mozzarella  in  car- 
rozza. 

Mr:  inglese,  abbreviazione  di  Mister, 
Signore. 

Ms:  abbreviazione  di  manoscritto  e  mss. 
al  plurale. 

Much  ado  about  nothing  :  molto  rumore 
per  nulla.  Titolo  d'  una  nota  commedia 
dello  Shakespeare,  passato  in  francese  e 
talora  anche  presso  di  noi. 

Muezzin:  voce  araba  che  vuol  dire  ban- 
ditore, il  quale  dall'alto  de'  minareti  chia- 
ma alla  preghiera.  Voce  entrata  nell'uso 
delle  lingue  europee. 


Miif 


-^    323    — 


Mus 


uftì  :  dottore  della  legge  maomettana 
investito  di  certi  poteri  religiosi  e  legis- 
lativi. Oran  Muftì  =  il  gran  pontefice 
nella  religione  di  Maometto;  interprete 
del  Corano  e  gerarca:  investe  con  la  spada 
il  Sultano  del  suo  potere  assoluto.  È  an- 
che nominato  col  titolo  di  Scheilc  el  Islam. 

Mughetto  :    oltre   che   nome   del   noto 
fiore    gentile,    è    nome   di   una    malattia 
grave  in  se,  e  come  sintomo,  che  coglie    [ 
specialmente  gli   infanti,  ed  è  così  detta    j 
per  il  suo  color  bianco  come  il  fior  del 
mughetto.   Malattia    parassitaria    dovuta   ! 
allo  sviluppo  su  certo  mucose  (la  mucosa 
della  bocca  in  ispecie)  di  un  microrgani- 
smo detto,  oidium  albicans. 

Mujich  0  mujìck:  forma  alla  francese 
(moujik)  di  una  parola  russa  di  tale  suono 
che  vale  «  contadino  »,  già  servo  della 
gleba,  paziente,  credente,  devoto  (fin  che 
dura!j.  Tipo  riccamente  rappresentato  nella 
letteratura  russa,  di  gran  moda  oggi  nel 
nostro  occidente. 

Mulier  recte  olet,  ubi  nihii  olet:  la  doli- 
na ha  buon  'profuìuo  quando  non  odora 
di  nulla.  (Plauto  Mosiellaria,  I,  3,  141). 
Della  propensione  della  donna  per  i  pro- 
fumi —  che,  come  pur  da  questo  passo 
appare,  è  antichissima  —  se  ne  occupò 
r  odierna  scienza  antropologica.  Quanto 
alla  sentenza  plautina  molto  vi  sarebbe  a 
che  dire. 

Multa  renascentur  (voeabula)  :  ìnolti 
vocaboli  rinasceranno.,  e  cadranno  di 
quelli  che  oggi  sono  in  onore.  Così  Orazio 
nella  sua  Arte  Poetica  razionando  del 
naturale  evolversi  del  linguaggio.  Multa 
renascentur  dicesi  anche  in  senso  esteso. 

Multi  sunt  vocati,  pauci  vero  eleoti: 
molti  sono  i  chiamati  ma  pochi  gli  eletti 
'S.  Matteo,  XX,  16),  parole  che  dal  su- 
blimo senso  religioso  sono  torte  nelF  uso 
ji   comuni  significati  e  riferimenti. 

Mundus  vult  decipi:  il  mondo  mwl  es- 
sere Ingannato,  e  talora  si  aggiungo  ergo 
decipiatur.,  e  però  lo  si  inganni.  Tale 
sentenza  si  legge  in  latino  nei  Paradoxa 
di  Seh.  Franclcs.,  L553.  tj  ])ur  attribuita 
al  Cardinale  Carlo  Caraffa,  nipote  di  Paolo 
IV  (V''.  Giac.  Aug.  de  Thou,  Historia  sui 
temporis.,  lib.  XVII,  1556). 

Municipalizzazione:  intondosi  porquesta 


parola  un  istituto  economico  e  sociale  a 
cui  tendono  i  socialisti  specialmente  :  esso 
consiste  nel  togliere  ai  privati  l'esercizio 
di  alcuni  uffici  e  servigi  cittadini  per  af- 
fidarli invece  al  Municipio,  cioè  alla  città 
intera  (la  Comune  o  il  Comune)  in  modo 
che  essa  abbia  ogni  utilità  e  lucro.  Se  ne 
è  formato  anche  il  verbo  fnunicipali^- 
zare. 

Muor  giovine  colui  ch'ai  ciel  è  caro: 
V^.  "Ov  01  tìeol  cpiÀovoiv.,  etc. 

Mrs:in  inglese  abbreviazione  di  mzs/7-ess, 
signora. 

Muraglia  della  Cina:  storicamente  e 
geograficamente  è  la  nota  muraglia,  tur- 
rita, costrutta  dai  Cinesi  nel  secolo  III 
a.  Cr.  contro  le  invasioni  nordiche.  Per 
allusione  al  carattere  stazionario  della  ci- 
viltà cinese,  dicesi  talora  gran  muraglia 
0  muraglia  della  Cina  per  indicare  bar- 
riera morale  che  impedisce  o  si  oppone 
ai  moti  progressivi  ed  evolutivi  della  ci- 
viltà. 

Murata:  quella  parte  del  fianco  della 
nave  che  va  da  prua  a  poppa  al  di  sopra 
della  suola,  o  soglia,  o  friso.  (Si  danno 
questi  nomi  ad  una  specie  di  robusto  li- 
stello rilevato  fuori  di  bordo,  che  costi- 
tuisce come  un  fregio  delle  navi). 

Muschio:  base  preziosa  di  molti  profumi: 
è  il  prodotto  di  secrezioni  di  follicoli  sotto 
cutanei,  raccolti  in  una  borsa  situata  pres- 
so l'ombelico,  del  maschio  di  una  specie 
di  capriolo  detto  Portamuschio  {Moschus 
moschiferus.,  L.)  speciale  dell'Asia. 

Musette:  nome  di  un  ballo  campestre, 
semplice  e  grazioso,  così  denominato  dal- 
l' istrumento  musicale  con  cui  si  ballava, 
che  è  detto  dai  francesi  musette^  diminu- 
tivo di  muse.,  tibia  otricularis  dogli  an- 
tichi, cornamusa.  V.  Loure. 

Musivo:  a  mosaico.  (Cfr.  l)u  Gange, 
op.  cit.). 

Musmè:  voce  giapponese,  giovarle  donna. 

Mussare:  questo  verbo,  traduzione  fo- 
nica del  niousser.,  francese,  l'ho  intesa  più 
frequentemente  in  Toscana  che  altrove  in 
luogo  della  nostra  parola  spumare.  Pi 
fatto  il  Petrocchi,  toscano,  accanto  a  mus- 
sare nota:  di  vino  o  d'altro  liquore  che 
spumeggia.  (Jiustamente  il  Fanfani  nel 
suo  Lessico  condanna  questa  juirola.  Ciò 


Mus 


324 


Myo 


però  non  toglie  che  talora  i  toscani,  con- 
siderando la  lingua  italiana  come  una  loro 
privativa  di  cui  fanno  elargizione,  trattino 
come  gemmo  non  solo  i  loro  ribòboli  e  i 
loro  idiotismi,  ma  anche  guardino  con 
molto  compatimento  certi  errori  che,  se  fos- 
sero di  altre  regioni,  rampognerebbero. 

Mussulmano  :  aggiunto  talora  della  pa- 
rola indifferenxa  o  di  altra  voce  di  simile 
senso,  e  vale  a  significare  il  sommo  del- 
l'apatia e  della  incuria;  concetto  tratto 
dal  fatalismo  che  la  religione  di  Maometto 
inspirò  a  suoi  seguaci. 

Mutato  nomine  de  te  fabula  narra- 
tur:  «si  allude  a  te,  fatta  eccezione  pel 
nome  che  è  mutato»  fOrazio,  Sai.  I,  1, 
69,  70j. 

Mutatis  mutandis:  specie  di  ab.  ass. 
latino  che  significa  mutate  le  cose  che 
debbono  essere  mutate;  se  non  che  quel 
mutandis  si  presta  talora  a  un  grossolano 
doppio  senso  con  mutande^  parte  del  ve- 
stimento intimo. 

Mutismo:  neol.  dal  francese  mutisme, 
lo  stato  di  chi  è  muto,  ^nutolexza  e  mu- 
texxa.  Dicesi  più  specialmente  per  indicare 
il  silenzio  deliberato  ed  ostinato.  Il  Fan- 
fani,  condannando  questa  voce,  osserva 
che  essa  confonde  i  due  sensi  distinti  nella 
nostra  favella  di  mutexxa  (vizio  organico) 
e  di  taciturnità^  silenzio,  star  zitto  (pro- 


posito, 0  abitudine  di  non  parlare).  Mu- 
tismo è  parola  accolta  nei  diz.  recenti. 

Mutuo  ammortizzabile:  Y.  Quota  d'arn- 
ìnortatnento . 

Mutuo  incensamento:  locuzione  satirica 
che  significa  la  lode  dei  consorti  e  delle 
chiesuole  letterarie  o  politiche.  Locuzione, 
come  a  me  pare,  tolta  dallo  scambievole, 
cioè  mutuo  incensarsi  dei  sacerdoti  nelle 
cerimonie  solenni  della  Chiesa.  Tale  modo 
di  dire  non  è  certo  francese,  bensì  nostrano 
e  relativamente  recente.  Dicesi  anche  «So- 
cietà di  mutuo  incensamento»:  tale  nome 
intesi  essere  stato  dato  alla  gente  che  con- 
veniva nel  salotto  della  contessa  Maffei. 
Ma  il  Barbiera,  autore  del  bel  libro  lì  Sa- 
lotto della  Contessa  Maffei^  rifiuta  tale 
paternità  al  motto,  osservandomi  anzi  tutto 
che  la  locuzione  è  più  antica  (della  cosa 
non  parliamone!),  inoltre  che  in  casa 
Maffei  non  si  incensava  alcuno,  spesso 
anzi  avveniva  l'opposto. 

Myosotis:  nome  francese  di  un  noto  fio- 
rellino azzurro  e  grazioso  che  cresce  ne' 
luoghi  umidi  e  coltivasi  per  ornamento 
{Myosotis  palustris).  Il  nome  deriva  dal 
greco  juvodÓTT]  =  orecchio  di  topo,  di  fatti 
in  francese  dicesi  anche  oreille  de  souris. 
In  tedesco  Vergismeinnicht  =  non  ti 
scordar  di  me.  La  forma  italiana  e  regi- 
strata. Miosotide^  è  poco  usata. 


3iT 


N  :  questa  lettera  nei  prefissi  in^  con^ 
davanti  alle  consonanti  labiali  m^  è,  j9,  si 
muta  in  m  per  ragione  di  affinità  elet- 
tiva: così  in  e  mutabile^  fanno  in  com- 
posizione immutabile;  con  e  baciare  fanno 
combaciare'^  in  e  porre^  imporre.  Dinanzi 
ad  l  poi,  si  muta  in  /  cioè  si  assimila, 
dinanzi  ad  r  si  muta  in  r:  il  che  mani- 
festamente appare  dalle  parole  illecito 
collegare^  irragionevole,,  correggere.,  com- 
poste da  in  privativo  e  lecito,,  etc.  Si  perde 
di  regola  davanti  ad  s  impura:  istrumento 
istanxa^  coscienza,,  costituire  etc.  |  N. 
simbolo  di  ennesima  (attributo  di  potenza), 
Y.  questa  parola. 

N.  N  :  formula  di  persona  ignota,  è  ini- 
ziale del  latino  nescio  nomen.,  non  so  il 
nomo. 

Nabab:  grafia  francese  di  nome  arabo, 
dato  ai  governatori  e  capi  dell'India  mao- 
mettana. Per  estensione  Nabab  dissero 
in  Francia  dogli  inglesi  che  dalle  Indie 
tornavano  con  grandi  ricchezze.  Parimenti 
dicesi  presso  di  noi  Nabab  (meno  co- 
mune nababbo)^  di  persona  ricchissima  ma 
con  un  lieve  senso  ironico  all'ostentazione 
della  ricchezza. 

Nacchere:  «(castanuelas^  spagnuolo), 
strumento  originario  di  Spagna  e  noto  già 
sotto  l'Impero  romano.  È  formato  di  due 
pezzi  di  legno  concavi  adattati  l'uno  sul- 
l'altro nel  modo  dei  gusci  di  ostriche,  e 
che  si  cozzano  in  modo  da  produrre  un 
rumore  non  antimusicale.  Il  suonatore  ha 
uno  di  questi  strumenti  nella  mano  destra 
(è  lo  strumento  i)iii  piccolo  o  più  acuto) 
dotto  hembra;  noll>ltra  mano  tiene  il  })iii 


grande,  detto  macho.  Le  nacchere  anda- 
luse si  denominano  patillos  e  pitos:  sono 
più  piccole  delle  comuni  e  usate  dalle 
donne.  Le  più  grandi  sono  le  castagnetas 
gallegas.,  proprie  ai  contadini  della  Ga- 
lizia. »  (A.  Galli,  op.  cit.). 

Nadir:  noto  termine  astronomico,  dal- 
l'arabo nathir  =  di  fronte,  cioè  il  punto 
che  sovrasta  il  nostro  capo  (zenit). 

Nankin:  tela  di  cotone  d'un  color  giallo 
speciale,  o  bianco:  da  Nankin  (solita  scrit- 
tura francese)  città  della  Cina. 

Napoletana  o  cricca:  nel  giuoco  del 
tresette  dicesi,  accusando,  quando  si  pos- 
siede r  asso  il  due  e  il  tre  dello  stesso 
seme  o  colore,  o,  elitticamente:  quella  di 
spade  0  fiori  etc. 

Narcòsi:  sonno  artificiale  con  sospen- 
sione della  sensibilità,  dovuto  all'  azione 
di  ipnotici  {ojjpio,  morfina,  cloroformio, 
etc).  Dal  gr.  vàQHcooig  =  torpore. 

Nargliilè:  nota  specie  di  pipa  turca  o 
persiana  ad  acqua.  Voce  persiana. 

Nasello:  V.  Merlano, 

Nata:  por  indicare  la  parentela  di  na- 
scita di  una  signora  che  ha  marito,  ri- 
corda il  née  de'  francesi  ;  la  qual  voce 
s'  emploie  pour  indiquer  le  noni  de  fa- 
mille  que  portait  une  femme  avant  du 
mariage.  L'uso  nostro  porterebbe  a  metterò 
prima  il  cognome  della  famiglia  propria, 
poi  quello  assunto  dal  marito,  preceduto 
da  Ì7i  0  da  ne' . 

Nativo:  nel  senso  di  indigeno^  selvaggio 
no!i  è  il  natif  do'  fi'ancosiV 

Natura  abliorret  vaouum:  la  natura 
abborrc  dal  ruoto:   sentenza  della  anti- 


Nat 


—     326     — 


Nav 


chissima  scuola  peripatetica,  ripetuta  da 
Cartesio. 

Naturista:  è  il  tedesco  NaturmensGhen'^ 
Y.    Vegetariano. 

Naturàiia  non  sunt  tùrpia  :  sentenza 
latina  alquanto  verista  ancorché  vera, 
spesso  usata  a  giustificazione  di  atti  in- 
verecondi: le  cose  naturali.,  cioè  che  sono 
in  natura.,  non  sono  vergognose.  La  pa- 
ternità del  motto  non  riuscii  a  trovare  : 
probabilmente  è  di  formazione  popolare. 

Naturalismo  o  naturalesimo:  neol  lat. 
naiuralis.,  ingl.  naturalismi  fv.  natura- 
lisme^  ted.  Naturai ismus.  Termine  filo- 
sofico; indica  la  teoria  che  l'universo  può 
e  deve  essere  compreso  per  mezzo  delle 
scienze  fisiche  (naturali),  e  più  special- 
mente che  ogni  processo  mentale  e  psichico 
può  essere  ricondotto  nelle  categorie  delle 
scienze  naturali:  esclude,  cioè,  ogni  in- 
framettenza  di  concetti  metafisici  e  tra- 
scendentali (quindi  è  sinonimo  di  Materia- 
lismo 0  Positivismo.,  V.  quest'ultima  pa- 
rola). In  teologia  il  naturalismo  esclude 
il  sopranaturale  e  considera  i  fatti  della 
religione,  sia  riferendoli  a  leggi  naturali, 
sia  al  concetto  del  «divino»,  ma  identi- 
ficato col  naturale  ordine  dell'  Universo. 
(Il  Carducci,  ad  es.  spiegando  il  concetto 
del  suo  Inno  a  Satana  scrive  «  di  avere 
adombrato,  come  in  una  lirica  potevasi,  il 
naturalismo  panteistico,  politeistico,  arti- 
stico, storico  etc.»).  In  arte,  è  la  dottrina 
che  considera  il  vero  fine  dell'  arte  nel 
riprodurre  e  seguire  la  natura.  Sinonimo 
di  realismo,  se  non  che  questo  tende  piut- 
tosto alla  riproduzione  e  copia  minuta  ed 
accurata  dei  particolari  veristi.  Cfr.  Emi- 
lio Zola,  Le  Roman  expérimental. 

Naturalizzare  e  naturalizzazione:  neoL: 
dal  fr.  naturaliser .,  naturalisation.,  con- 
cedere ad  uno  straniero  i  diritti  di  nazio- 
nalità e  di  cittadino. 

Naturam  expeiles  fu  rea,  tamen  usque 
recurret:  scaccerai  la  natura  (cioè  l'istin- 
to naturale)  con  la  forza  (lett.  con -la 
forca).,  ma  essa  ritornerà  continuamente. 
Orazio,  Epistole^  I,  10,  24.  E  i  francesi: 
chassex,  le  naturel^  il  revient  au  galop. 

Natura  non  faoit  saltus:  la  natura 
non  fa  salti.,  cioè  in  natara  si  procede 
per  gradi.  Motto  spesso  citato  in  sostegno 


delle  teorie  evoluzioniste.  Esso  motto  è 
variamente  attribuito,  a  Linneo  {Philoso- 
phìa  botanica,  cap.  XXVII),  a  Leibniz 
{Nouveaux  essais,  IV,  16).  Il  Fournier 
{Esprit  des  autres.,  cap.  VI)  dice  di  a- 
verlo  trovato  come  citazione  in  un  raro 
libello  da  lui  ristampato:  Discours  véri- 
tables  de  la  vie  et  mori  du  géant  Theuto- 
bocus,  sotto  la  forma:  natura  in  operatio- 
nibus  suis  non  facit  saltum.  Tolgo  que- 
ste preziosità  erudite  dal  Fumagalli  {Chi 
Vha  detto  ?),  ma  credo  vero  autore  del 
motto  sia  la  antica  umana  esperienza. 

Nauto-podismo:  fra  le  voci  di  formazio- 
ne abusiva  e  verosimilmente  effimera,  ma 
certo  difforme,  è  nota  questa,  che  significa 
la  perizia  e  l'esercizio  nel  nuotare  e  nel 
camminare.  Voce  dello  Sport. 

Navaja:  (lat.  novacula)  voce  spagnuola 
che  significa  una  specie  di  gran  coltello 
à  serramanico. 

Navàscia:  voce  lombarda:  recipiente 
quadrilungo,  a  foggia  di  nave  (onde  il  nome) 
ove  si  raccolgono,  trasportano  e  pigiano 
le  uve  per  indi  versarle  nel  tino.  Il  Cheru- 
bini (op.  cit.)  mette  in  raffronto  dinavascia 
la  castellata  de'  Bolognesi. 

Nave  :  genericamente  vuol  dire  qualsiasi 
bastimento  grande  a  vela  o  a  vapore:  spe- 
cificatamente, veliero  a  tre  alberi  quadri 
e  bompresso,  j  Nave  a  palo:  con  tre  al- 
beri quadri  e  un  palo,  albero  cioè  senza 
pennoni  e  che  porta  solo  la  vela  aurica. 

Navette:  (diminutivo  di  na«;/5)  così  per 
similitudine  chiamano  i  francesi  la  spola 
de'  tessitori,  e  pure  traducendo  il  suono 
v'è  chi  dice  navetta.,  specie  fra  i  tessitori. 
Nel  linguaggio  mondano  e  de'  giornali  si 
incontra  non  raro  la  locuzione  francese, 
tolta  dalla  similitudine  della  spola,  fare 
navette  {faire  la,  navette)  per  dire  andar 
e  venire,  far  il  galoppino,  andar  su  e  giù. 
Una  scrittrice,  italiana,  di  alcuna  rino- 
manza tanto  per  far  italiana  la  frase,  dice 
far  la  spola.  (!?) 

Navigabile:  attributo  di  vini  che  pos- 
sono essere  per  le  loro  qualità  alcooliche 
e  chimiche,  trasportati  oltremare,  sensa 
alterarsi  o  patire. 

Navigare  necesse  est,  vivere  non  est 
necesse  :  navigare  è  cosa  necessaria,  vi- 
vere non  è  necessario ^niÌQO  motto  (Ansa), 


Nav 


327 


Nec 


cui  il  d'Annunzio,  ingegno  fortemente 
assimilatole,  ridusse  a  verso  in  un  volu- 
me di  liriche  intitolato  Laudi  delle  cose 
create,  e  diede  al  detto  motto  valore  di 
si  m Itolo,  ricorrente  e  significante. 

Naviglio:  nome  dato  nell'alta  Lombardia 
ai  canali  navigabili  per  mezzo  dei  quali 
«  il  Verbano,  il  Lario,  l'Adda,  il  Ticino 
hanno  fra  di  loro  non  interrotta  comu- 
nanza di  navigazione»  così  il  Cherubini  nel 
suo  diz.  milanese.  Tali  canali  risalgono 
all'evo  medio  e  in  quel  tempo  in  cui  le  vie 
di  comunicazione  non  erano  come  oggidì, 
segnarono  pei  commerci  e  per  gli  scambi 
un  vero  e  grande  progresso  di  civiltà. 

Nazionalista:  neologismo  formato  su  di 
un  neologismo  francese,  nationalìste,  esa- 
gerato sostenitore  della  forza  e  del  diritto 
della  nazione:  oltre  che  in  questo  senso 
la  parola  talora  è  usata,  con  velato  intento 
di  scredito,  in  vece  di  amante  della  patria 
0  patriotta.  Per  la  storia  o  evoluzione  di 
un'idea  (Patria)  questa  parola  naziona- 
lista ha  notevole  importanza.  V.  Patriot- 
tardo. N.B.  Non  si  dimentichi  però  che 
spesso  il  sacro  nome  di  Patria  secondo  la 
morale  utilitaria  dei  nostri  tempi,  fa  sfrut- 
tato come  monopolio  e  per  disonesto  fine 
da  chi  avrebbe  dovuto  onorarlo  e  non  vi- 
lipenderlo. 

Nazionalizzazione:  neologismo  anche  in 
francese,  nationalisation^  dal  verbo  na- 
tionaliser^  na%ionali%%are:  il  quale  verbo 
come  il  derivato,  non  trovo  che  nel  Tra- 
mater.  Nazioìialixzaxione  nel  nuovo  sen- 
so dato  dai  socialisti,  indica  1'  atto  del 
rendere  collettiva,  cioè  della  nazione,  la 
privata  ricchezza.  Quanto  alla  parola,  che 
a  noi  più  importa,  notiamo  che  certe  voci 
sesquipedali  in  izxazione  variano  dalle 
corrispondenti  francesi  da  cui  sono  tolte 
per  il  fatto  che  il  tronco  e  sfumato  accento 
francese  dà  snellezza,  il  che  non  è  in  ita- 
liano. Non  dico  che  non  siano  necessarie 
se  così  vuole  l' uso,  (si  volet  usus),  ma 
certo  sono  deformanti . 

Né  apostati  né  ribelli  :  titolo  di  un 
famoso  scritto  del  Mazzini  (1860)  in  cui 
pi  conciliano  le  duo  necessità  di  serbar  fede 
all'idea  ropublicana  e,  per  amoro  di  unità, 
di  non  opi)orsi  al  motto  monarchico  uni- 
tario: Italia  e  Vittorio  Emanuele.  Ricorro, 


con  qualche  modificazione  del  senso,  nel 
linguaggio  politico. 

Nebbiolo  di  barbaresco:  vino  rosso  del 
Piemonte,  affine  al  Barolo,  ma,  a  diffe- 
renza di  questo,  di  breve  durata  e  di  pro- 
duzione ristretta:  però  gode  meno  fama, 
né  questa  si  spande  mercè  l'esportazione. 
V'è  altresì  il  nebbiolo  spumante. 

Nebulosa:  termine  astronomico,  quasi 
nèhule  o  nebbie  del  cielo.  Per  estensione 
si  dice  di  cosa  incerta,  di  cui  non  si  può 
prevedere  la  fine  essendo  in  via  di  forma- 
zione. 

Neccio:  aferosi  di  castagnaccio,  stiac- 
ciata di  farina  di  castagne  cotte  fra  due 
testi.  Voce  d'uso  regionale,  toscana. 

Necessaire:  così  si  chiama  in  Francia 
e  da  noi  quell'astuccio  o  cassettina  o  bor- 
setta elegante,  per  lo  più  di  cuoio,  spesso 
annessa  alle  valige,  che  contiene  quanto 
è  necessario  per  la  mundizia  o  per  lavori 
muliebri  e  ci  si  intende  col  dire  senz'altro 
necessaire.  Cassettina^  astuccio.,  astiic- 
cino^  necessario.,  saranno  voci  più  che 
buone,  e  molti  lessicografi  le  consigliano, 
ma  hanno  il  grave  torto  di  essere  ambigue 
non  dell'uso  e  però  poco  intose. 

Necesse  est,  ut  eveniant  scandala:  è 
necessario  che  scandali  avvengano.  (E- 
vang.  di  S.  Matteo,  XVIII,  7). 

Necessitare:  con  valore  intransitivo  è 
modo  neologico.  Es.  necessita  che  cosi  si 
faccia.  Neil'  uso  classico,  necessitare  r=; 
lat.  cògere^  forzare  fatalmente,  e  con  va- 
lore attivo. 

Necrobiosi:  veKQÓg  —.  morte  e  ^lóc:  — 
vita.  Modificazione  nella  struttura  di  un 
organo  o  di  una  parte  di  un  organo  a  cui 
venne  a  mancare  la  circolazione,  ma  che 
si  trova  difeso  dall'infezione. 

Necrofilia:  (dal  greco  vekqó^  =  morto  e 
(piÀla  -:  amore,  passione)  termine  medico 
e  legale  per  indicare  quel  pervertimento 
del  senso  genitale  che  spinge  ad  atti  car- 
nali con  cadaveri.  Vampirismo,  fr.  rav?- 
pirisme. 

Necroforo:  eufemismo  nostro  foggiato  dal 
greco  {vf'HQO(pÒQog)  per  non  usare  le  voci 
popolari  becchino  o  beccamorto.  \  Necro- 
foro è  nome  che  i  naturalisti  danno  a  certi 
coleotteri  <;he  costumano  soppollìre  piccoli 
animaluzzi  por  doporvi  lo  uova. 


Nec 


328 


Neo 


Necròsi:  termine  medico,  da  vekqÓ£  =: 
morto  :  mancanza  di  vita  in  un  organo  ; 
dicesi  specialmente  per  indicare  la  can- 
crena delle  ossa. 

Necrotizzare:  neol.med.  V.  Mortificare. 

Né  eletti  né  elettori:  formula  politica 
del  partito  cattolico  intransigente  che  vieta 
a'  suoi  di  partecipare  alla  vita  politica 
della  Terza  Italia.  Fu  suggerita  da  Don 
Giacomo  Margotti  direttore  dell'  Unità 
Cattolica  di  Torino,  nel  1860. 

Nec  tecum  vivere  possum,  nec  sine  te: 
(Marziale,  Epigr.  XII,  47)  ne  con  te^  né 
senza  di  te  io  posso  vivere:  stupenda  sin- 
tesi dei  patimenti  e  delle  misteriose  con- 
tradizioni d'Amore!  Mi  pare  che  questa 
sia  la  comune  dicitura,  ma  in  Marziale  è: 
nec  possum  tecum  vivere^  nec  sine  te. 
Cfr.  Ovidio  {Amores^  III,  11,  39):  nec 
sine  te^  nec  tecum  vivere  'possum. 

Nefrite:  da  ve(pQÒs  =  rene:  voce  ge- 
nerica che  vale  a  designare  tutte  le  in- 
fiammazioni acute  0  croniche  dei  reni. 

Negativa:  termine  fotografico  per  indi- 
care rimagine  prodotta  nella  camera  oscu- 
ra, dove  le  parti  in  luce  sono  rappresen- 
tate da  macchie  nere  e  viceversa. 

Negativo:  nelle  locuzioni  risposta  ne- 
gativa^ star  su  la  negativa.,  e  così  l'av- 
verbio negativa^nente^  spiace  ai  puristi 
come  maniera  alla  francese.  Fosse  anche, 
sono  di  que'  molti  gallicismi  dovuti  al 
maggior  sviluppo  della  prosa  francese  su 
la  prosa  italiana.  Il  Viani  difende  la  voce. 

Negligé:  fr.  dal  verbo  negliger^  latino 
neglegere=  trascurare.  Indica  propriamen- 
te r abito  da  mattina  (matinée)  che  può 
essere  graziosamente  negletto.  Così  dicesi: 
la  tal  signora  sta  meglio  in  negligé  che 
in  toilette.  Sciammanata.,  alla  carlona^ 
alla  buona  come  consiglia  il  Fanfani  vi 
corrispondono  fino  ad  un  certo  punto.  Ma 
per  una  signora  ricca  ed  elegante  come 
si  direbbe  alla  carlona  o  sciamìnanata? 
Voce  affine  a  negligé  per  uso  e  per  senso 
è  deshabillé  e  matinée. 

Né  te,  benché  negletta^  in  manto  adorna 
Giovanotta  beltà  vince  o  pareggia 
Tasso. 

Negligeable:  fr.,  come  attributo  di  quan- 
tità^ in  luogo  di  trascurabile,  è  più  che 
frequente.  Solito  ingiustificato  abuso. 


Negriero:  attributo  di  naviglio  che  at- 
tende al  turpe  traffico  dei  negri:  negriero 
il  capitano  e  l'equipaggio.  Voce  ormai  sto- 
rica. iV^egri'ero  talora  dicesi  familiarmente 
di  padrone  crudele  ed  esoso,  incettatore 
di  lavoratori  in  condizione  quasi  servile. 

Negus  neghesti:  voce  amarica  che  si- 
gnifica re  dei  re  ed  indica  la  somma  au- 
torità nell'Impero  feudale  di  Etiopia.  Nome 
noto  nei  dì  nefasti   d' Italia. 

Neh:  presso  i  lombardi  non  è  soltanto 
particella  interrogativa  =  n'è  vero  (trovasi 
talora  scritto  anche  nevvero)  e  come  tale 
usata  e  abusata  anche  dopo  un'  afferma- 
zione di  cui  noi  soli  possiamo  dire  se  sia 
vera  o  falsa  la  cosa;  ma  ha  anche  il  si- 
gnificato di  Ehi!  Bada  a  me!  sta  attento 
a  quanto  ho  detto  !  Secondo  i  puristi  de- 
vesi  dire  eh?  o  n'é.,  o  è. 

Nèmesi  :  presso  i  greci,  Né/tieois  =  la 
dea  della  Vendetta  e  della  Giustizia  pu- 
nitrice  :  vale,  pena  vendicatrice. 

Nemo  ad  impossibilia  tenetur:  latino 
nessuno  è  tenuto  a  far  l'impossibile. 

Nemo  potest  duobus  dominis  servire: 
nessuno  può  servire  due  padroni  (S.  Mat- 
teo, VI,  24)  massima  di  gran  rettitudine, 
che  dicesi  a  proposito  di  chi  vuol  tenere 
il  piede  in  due  staffe  'seguendo  per  oppor- 
tunità due  principi  diversi. 

Nemo  propheta  in  patria:  sentenza  di 
Cristo,  divenuta  popolare,  che  leggesi  nei 
Vangeli  (S.  Luca,  IV,  24,  S.  Matteo  XIII, 
7,  etc.)  nessuno  è  profeta  in  patria.,  cioè 
nessuno  può  esercitare  fascino  di  autorità 
e  di  miracolo  dove  tutte  le  sue  coso,  anche 
minime  e  misere,  di  sé  e  de'  suoi  sono 
note  all'universale. 

Nemrod:  usasi  per  cacciatore  appassio- 
nati ssimo  (robustus  venator  coram  Domi- 
no). Fu  secondo  la  Genesi  (X,  8)  primo 
re  e  fondatore  di  Babilonia. 

Neo  :  prefisso  formativo  di  gran  numero 
di  parole,  specialmente  scientifiche  :  gr. 
vèog  =  nuovo,  recente. 

Neo-criticismo  o  neo-Kantianismo:  nome 
universalmente  dato  alla  filosofia  di  E. 
Kant  risorta  nel  sec.  XIX. 

Neolìtico:  attributo  di  età  o  periodo, 
da  vEÓg  =  nuovo  e  /ddog  z=z  pietra.  Voce 
usata  dagli  archeologi  por  significare  quel 
periodo  di  antichissima  vita  umana,  de- 


Neo 


329    — 


Neu 


termi  liuto  dall'uso  dolln  pietra  o  selce  por 
le  opero  dell'  industria  e  della  guerra. 
Neolòtico  è  il  periodo  più  vicino  a  noi, 
cioè  delle  pietre,  foggiate  ad  istrumenti, 
levigate:  archeolitico  o  paleolitico,  delle 
pietre  appena  scheggiato. 

Neoplasma:  term.  medico,  dal  gr.  véog 
~  nuovo  e  ttàcloocò  =^  formo.  Usasi  questa 
voce  per  designare  la  produzione  di  tes- 
suti morbosi,  e  in  particolare  dei  tumori. 

Neoplastico:  V.  Neoplasma. 

Neo-platonlcismo  :  il  risorgere  e  trasfor- 
marsi della  filosofia  di  Platone  in  Alessan- 
dria, come  principale  centro,  per  l'influsso 
del  pensiero  orientale  e  cristiano. 

Nepotismo:  propr.,  come  termine  storico, 
indica  la  politica  di  alcuni  Papi  (special- 
mente nei  secoli  XV  e  XVI)  di  giovare 
e  fare  uno  stato  ai  nepoti,  sottoponendo 
gli  interessi  della  Chiesa  a  quelli  fami- 
liari. Così,  ad  es.,  ebbero  stato  i  Farnesi 
ed  i  Medici.  Nepotisti  dicesi  dei  Papi  che 
seguirono  tale  politica.  L' arguto  nostro 
popolo  creò  la  sentenza  che  i  figli  dei 
preti  si  chiamavano  nepoti.  V.  Zi'  prevete. 

Nepotista:  V.  Nepotismo. 

Neque  semper  aroum  j  tendit  Apollo: 
non  sempre  Apollo  tende  il  suo  arco,  cioè 
Apollo  non  sempre  ferisce.  Orazio,  Odi., 
II,  10,  19-20.  (Cfr.  Iliade,  I,  59),  ma  il 
motto  è  usato  anche  nel  senso  che  con- 
viene riposare  e  darsi  svago  per  meglio 
ritemprarsi  al  lavoro.  Esopo,  sorpreso  a 
giocare  con  dei  ragazzi,  rispose  con  lo 
stupendo  apologo  dell'arco,  cui  conviene 
rallentare  se  si  vuole  che  abbia  forza 
quando  è  teso.  Il  motto  ricorre  anche  in 
più  largo  senso:  cioè  non  sempre  si  può 
e  in  tutte  le  parti  dimostrare  lo  stesso  va- 
lore (riferendosi  a  cose  d'arte). 

Ne  quid  nimis:  sentenza  delfica:  non 
alcunché  di  troppo.,  cioè  in  tutto  ci  vuole 
moderazione.  V.  Fumagalli  Chi  l'ha  detto? 

Nera:  come  attributo  di  aristocrazia., 
indica  quella  aristocrazia  clericale,  spe- 
cialmente in  Roma  e  negli  antichi  Stati 
della  Chiesa,  la  quale  è  tuttora  rimasta 
fedele  al  pajìa  come  sovrano  politico,  e 
considera  il  nuovo  governo  come  usurpa- 
tore di  legittima  autorità  :  aristocrazia 
bianca^  quella  che  partecipando,  riconosce 
il  nuovo  governo. 


!       Nesoit  vox  missa  reverti:  (Orazio,  Arte 
poetica^  'ò^i))  parola  detta  non  saritornare. 
Voce  dal  seu  fuggita 
poi  richiamar  non  vaio. 

Mi'.TASTASio,  Ipermestra,  II,  1. 

Ne  sutor  supra  o  ultra  crepidam  (lu- 
di caret):  che  il  calzolaio  non  giudicasse 
oltre  alle  scarjje:  è  il  motto  di  Apelle  al 
ciabattino,  al  quale  avendo  oppoi-tunamente 
notato  una  menda  de'  sandali  in  una  pit- 
tura d' Apelle,  presumeva  poi  di  giudicare 
coso  di  cui  non  poteva  avere  intendimento. 
Questo  motto  ha  valore  di  intercalare.  Si 
legge  in  Plinio  XXXV,  36,  22,  e  in  Va- 
lerio Massimo,  Vili,  123.  Cfr.  il  motto 
milanese:  offellèe  fa  el  to  mestèe. 

Net:  parola  inglese  che  significa  rete, 
usata  anche  da  noi  nel  giuoco  della  Palla 
corda  (Lawn-Tennis)  quando  la  palla  pas- 
sa nel  campo  avversario,  ma  lambendo 
l'orlo  della  rete.  (V.  Lawn-Tennis). 

Nettarsi  la  bocca:  dover  restar  senza^ 
e  indica  delusione  :  modo  familiare,  spesso 
usato  per  ischerno. 

Neurastenìa  o  nevrastenia  :  vsogov  = 
nervo,  a  privativo,  cioè  =  senza  e  cdévog 
=  forza:  nome  nuovo  di  malattia  non  nuo- 
va ma  in  questi  nostri  tempi  specialmente 
diffusa  e  studiata.  |  Neur astenia.^  come 
dice  la  etimologia,  significa  in  generale 
debolezza  nervosa.,  e  più  specificatamente 
si  intende  nel  senso  di  un  forte  grado  e 
forma  speciale  di  tale  debolezza,  con  sin- 
tomi tipici  di  carattere  patologico.  La  pa- 
rola «  neurastenia»  ci  provenne  dall'estero 
da  poco  tempo  :  come  vocabolo  occorse 
la  prima  volta  nel  Medicai  Bictionary 
del  Duuglison,  nel  1833.  Caratteri  fonda- 
mentali di  questa  specie  di  neurosi  sono: 
la  cefalalgia,  la  dispepsia  gastro-intestinale, 
l'insonnia,  la  sensazione  di  stanchezza,  la 
incapacità  di  fissare  l'attenzione.  A  questi 
sintomi  si  aggiungono  altri  turbamenti  ed 
incomodi  soggettivi  che  costituiscono  diffe- 
renti aspetti  di  questa  malattia,  la  quale 
da  forme  lievi  o  passeggero  può  assurgerò 
a  formo  gravissimo.  Il  rapporto  tra  la 
neurastenia  e  le  condizioni  della  vita  o- 
diorna,  specialmente  nello  grandi  città,  è 
così  manifesto  che  non  occorro  spendervi 
molto  parole.  La  differenza  tra  questa  vita 
0  quella  di  un  sessanta  o  cinquanta  anni 


Neu 


—     330     - 


Nih 


fa  è  così  grande  che  anzi  meraviglia  la 
resistenza  e  la  forza  di  adattamento  che 
l'uomo  possiede!  Ad  ogni  modo  è  certo 
che  l'eccesso  del  lavoro  intellettuale  odier- 
no, il  tormento  dell'ambizione  e  del  riu- 
scire, le  lotte  e  le  emozioni  delle  imprese 
commerciali,  le  cure  della  vita  publica, 
le  eccessive  pretese  sociali,  1'  avidità  di 
un  sempre  miglioro  benessere  del  lusso,  la 
vita  tumultuosa  delle  grandi  città  e  altre 
malsane  influenze  spiegano  il  diffondersi 
di  questa  malattia.  Come  della  parola  iste- 
rismo^ così  si  abusa  della  parola  neuraste- 
nia^  la  quale  è  adoperata  per  indicare  an- 
che un  passeggero  esaurimento  nervoso. 

Neurastènico  :  chi  soffre  di  neurastenia. 
V.  questa  parola. 

Neuropatia:  da  i'£0^ov  =  nervo  e  jràdog 
*-'-  affezione.  Con  questo  nome  i  medici  desi- 
gnano uno  stato  di  debolezza  del  sistema 
nervoso  centrale,  considerato  specialmente 
sotto  il  rapporto  delle  funzioni  psichiche. 
La  neurastenia,  ad  esempio.  Der.  neuro- 
patico. 

Neutralizzare:  neologismo,  dal  fr.  neu- 
traliser^  (lat.  neuter  =  ne  l'uno  ne  l'altro): 
dal  linguaggio  della  chimica  è  passato 
(solito  trapasso)  a  quello  politico  e  morale 
ed  è  assai  dell'uso.  Spiace  ai  puristi  che 
consigliano  rendere  inefficace.,  distrugge- 
re. V.  Paralizzare. 

Nevrastenia:  V.  Neurastenia. 

Nevrosi  :  (gr.  vevoov  =  nervo  e  il  suf- 
fisso osi,  gr.  oat^,  indicante  le  malattie  di 
forma  cronica),  nome  dato  genericamente 
ad  un  gruppo  di  affezioni  i  cui  sintomi 
dimostrano  un  turbamento  delle  funzioni 
del  sistema  nervoso,  senza  che  1'  esame 
anatomico  riveli  alcuna  manifesta  lesione 
degli  elementi  di  detto  sistema. 

Nevvero:  V.  Neh! 

Ni  cet  excès  d'honneur,  ni  oette  Indi- 
gnité:  dicesi  frequentemente  per  indicare 
l'esagerazione  in  bene  o  in  male  nel  giu- 
dicare cosa  0  persona.  E  un  verso  ales- 
sandrino del  Voltaire.  Et  je  n  ai  inerite  \ 
ni  cet  excès  d'honneur,  ni  cette  indignité. 

Nichelino:  le  monete  di  nichelio  da  20 
cent. ,  messe  in  circolazione  .in  questi 
tempi,  sono  spesso  così  chiamate.  Voce  di 
conio  popolare.  Diconsi  anche  ventino. 

Nickel:    o  nichel  e   italianamente   ni- 


chelio.^ nota  specie  di  metallo  bianco;  dallo 
svedese  nickel. 

Nictalopìa  o  nittalopia:  term.  med.,  in- 
debolimento della  vista  per  cui  gli  oggetti 
sono  meglio  distinti  con  luce  crepuscolare 
(letteralmente  del  greco,  vista  notturna). 
In  fr.  héméralopie. 

Niente,  buono  per  gli  occhi:  locuzione 
nostra  popolare  (con  forza  ironica)  che 
trae  origine  dalla  volgare  opinione  che  le 
infiammazioni  degli  occhi  si  guarissero  da 
sé,  né  richiedessero  cura  alcuna. 

Nietzschenismo:  le  teorie  del  filosofo 
poeta  Federigo  Nietzsche;  massimo  asser- 
tore dell'  individualismo  filosoficamente 
concetto  e  profeta  di  un'  umanità  supe- 
riore alla  presente,  nella  quale  il  super- 
uomo starà  all'uomo  presente  come  il  pi- 
tecantropo sta  all'uomo.  Questa  trascen- 
dentale concezione  aristocratica,  lampeg- 
gia tra  bellissime  fantasie  e  fulminee 
intuizioni  di  verità  audacissime  (V.  Su- 
peruomo ed  Esteta).  F.  Nietzsche  ^1844, 
1900)  nato  in  Sassonia,  fu  educato  per  la 
carriera  ecclesiastica  a  Bona  ed  a  Lipsia. 
Eeietta  questa  carriera,  fu  professore  di 
filosofia  a  Basilea  (1870).  Entusiasta,  indi 
nemico  di  quel  grande  epico  e  filosofo  della 
musica  che  fu  R.  AVagner,  ne  risente  il 
fascino  e  l' influsso  artistico.  Abbandonò 
nel  1880  l'ufficio  di  professore:  visse  di 
ricche  rendite  :  attività  intellettuale  inces- 
sante. Fu  nel  1889  colpito  da  inguaribile 
insania,  e  si  chiuse  nel  più  spaventoso 
stupore  la  mente  che  tanta  luce  geniale 
aveva  accolta.  NB.  Molti  senza  essere 
indicati  dal  Nietzsche,  si  credettero  e  si 
credono  in  dovere  di  rappresentare  i  fu- 
rieri 0  precorritori  di  questa  umanità 
nuova,  onde  il  tipo  dell'Esteta  e  del  Su- 
peruomo, lagrimevoli  nichilisti  morali,  ma 
senza  audacia,  né  ingegno,  né  convin- 
zione; bell'esempio  di  quel  fenomeno  che 
è  detto  con  voce  inglese  snobismo. 

Nigra  sum  sed  formosa:  son  bruna  ma 
bella.  {Cantico  de'  cantici  I,  4). 

NihiI  de  principe,  parum  de  Deo:  clas- 
sica norma  di  quieto  vivere  per  i  sudditi 
degli  antichi  governi  assoluti  o  teocratici: 
cioè  l'autorità  umana  e  divina  non  deve 
essere  discussa:  meno  se  ne  parla  e  me- 
glio è.    Questa  formula   é   ricordata  dal 


Xih 


—    381 


Nip 


(tìusIì  nel  Preferito  pia  che  perfetto  del 
verbo  pensare: 

Quand'era  canone 
Di  Galateo 
Nihil  de  Principe, 
Parum  de  Deo; 

Oh  età  pacifiche, 
Oh  benedetto  ! 
Non  c'impestavano 
Libri  e" mazzetto: 

Diccvasi  anche:  de  Deo  panca.,  de  rege 
ìnhil:,  ed  i  Veneziani:  di  Dio  si  parli 
poco,  della  Serenissima  ne  bene  ne  male. 
Più  precisa  forse  l'altra  lezione:  parum 
de  principe,  nihil  de  Deo. 

Nihil  diffìcile  amanti:  niente  è  difficile 
a  chi  av/a  (Cicerone,   Orat.  X,  33). 

Nihil  ex  nihilo:  lat.  mdla  (si  produce) 
dal  nulla.  Termine  scolastico  della  legge 
della  dipendenza  delle  cause.  Gol  niente 
non  si  fa  niente,  è  sentenza  di  popolo. 

Nihil  est  in  intellectu  quod  non  prius  non 
fuerit  in  sensu  :  lat.  nulla  v'è  nella  mente 
che  pi-ima  non  sia,  stato  nei  sensi.  (Locke, 
1632,  1704).  Motto  del  sensismo,  teoria 
filosofica  che  ogni  conoscenza  abbia  ori- 
gine dalla  sensazione,  non  escluso  le  idee 
intuitive.  Sentenza  di  uso  ed  abuso  sco- 
lastico, specie  fra  i  pedagogisti. 

Nihilismo:  dal  latino  nihil  =i  nulla.  La 
parola  fu  usata  la  prima  volta  nel  roman- 
zo del  Turghenieff,  Padri  e  figli,  il  cui 
protagonista  è  un  uomo  ateo,  materialista, 
negatore  di  tutto:  poi  fu  usata  da  Katkoff 
nella  Gazzetta  di  Mosca  per  indicare  i 
nemici  dell'ordine  publico  in  Russia.  Der, 
nichilista.  I  nichilisti  intendono  abbattere 
l'attuale  reggimento  assoluto  nella  loro 
patria  introducendovi  le  libertà  dell'Euro- 
pa occidentale.  Questo  movimento  politico, 
di  carattere  rivoluzionario,  non  si  scom- 
pagna dal  movimento  dell'ideale  socialista, 
che  è,  per  così  dire,  il  coloro  dominante 
del  tempo  nostro.  |  Nihilismo  è  altresì 
termine  universale  filosofico  per  indicare 
la  credenza  che  nulla  esiste  e  perciò  nes- 
suna scienza  è  possibile,  ovvero  che  la  fede 
nella  scienza  e  nella  morale  non  hanno 
base  nella  realtà.  Le  teorie  sull'annien- 
tamento della  volontà  e  dell'essere  (Nir- 
vana, Behopenhauei",  Leopardi)  possono 
considerarsi  (!ome  nihiliste. 

Nihil  sub  sole  novum  o  novi:  niente  di 


nuovo  sotto  il  sole.  {Ecclesiaste.,  \,  10). 
Verità  millenaria  che  gli  uomini  fanno 
bene  ad  obliare  altrimenti  molta  tristezza 
e  molta  inerzia  graverebbe  su  di  loro. 

Nil  admirari:  non  meravigliarsi  di  cosa, 
alcuna.  (Orazio  Epist.  I,  6,  1)  è  frutto  di 
saviezza,  di  esperienza  ...  e  di  scetticismo. 

Ninfomania  :  dal  gr.  vvjnxprj  =:  ragazza, 
sposa  e  juavia  =  pazzia,  lat.  nymphoma- 
nia,  voce  comune  alle  lingue  neolatine  : 
è  quello  che  il  popolo  dice  furore  uterino 
e  che  gli  scienziati  designano  con  molti 
altri  nomi  come  andromania^  tentiggine, 
erotomania,  etc.  V.  Appendice. 

Ninco-Nanoo:  sopranome  di  famosissimo 
brigante,  noto  antonomasticamente  come 
il  Passatore,  Gasparone,  Fra  diavolo.  Muso- 
lino,  etc.  Ninco-Nanco  fiori  al  tempo  de' 
Borboni  ed  era  di  Avigliano  in  Basilicata. 

Ninfa  Egeria:  Egèria  fu  ninfa  o  camena 
italica,  cui  la  leggenda  sacrò  il  bosco  e 
la  fonte  in  una  valle  presso  Aricia  :  fu 
sposa  di  Numa  Pompilio,  secondo  re  di 
Roma,  e  consigliera  negli  ordinamenti  re- 
ligiosi (consueto  espediente,  fondato  su  la 
superstizione,  di  fare  ratificare  dagli  Dei 
le  leggi  umane!).  Dicesi  tuttora  Ninfa 
Egeria  per  significare  inspiratore,  consi- 
gliere 0  consigliera  occulta  e  sagace:  più 
spesso  si  dice  in  senso  ironico.  Es.  il  tale 
è  la  sua  Ninfa  Egeria. 

Niobe  delle  Nazioni:  cosiilByron((7/#i/- 
de-Harold's  pilgrimage,  canto  IV)  chia- 
mò r  Italia,  dal  nome  della  greca  Niobe, 
impietrita  dal  dolore  per  la  morte  de'  suoi 
figliuoli.  «La  Niobe  delle  nazioni  !  essa  vi 
stende  senza  prole  e  senza  corone  nel  suo 
muto  linguaggio  un  vaso  vuoto  tra  lo 
sue  mani  avvizzite:  un  vaso  la  cui  santa 
polvere  fu  sparsa  molto  tempo  fa:  la  tom- 
ba di  Scipione  non  contiene  più  ceneri. 
I  mausolei  non  sono  più  dimora  di  eroi. 
Trabocca,  o  vecchio  Tevere  !  vicino  al 
marmoreo  desorto  gonfia  le  tue  onde  gial- 
lastre per  inondare  le  afflizioni  di  Roma.  » 
NB.  Da  allora  ad  oggi,  non  c'è  che  dire, 
della  strada  se  no  è  fatta  ! 

Nipotismo:  V.  Nepotismo. 

Nipple:  così  chiamano  i  meccaniei  od  i 
ciclisti  quella  madrevite,  che  nelle  ruote 
dello  biciclette  serve  ad  unire  o  tenderò  il 
raggio  al  cerchio.  Ingl.  nipple. 


Nir 


332 


Nod 


Nirvana:  voce  sanscrita  =  annientamen- 
to, divenuta  comune  ad  ogni  linguaggio. 
Nella  religione  Indiana  il  Nirvana  è  lo  stato 
della  perfetta  beatitudine  dell'anima  uma- 
na dopo  morte,  che  si  fonde  e  confon- 
de col  Divino,  F  Eterno,  l'Assoluto,  poi 
che  ebbe  fine  il  suo  trasmigrare  nelle  for- 
me dell'essere.  Il  Nirvana  però  può  essere 
raggiunto  anche  in  vita.  Esso  è  lo  stato 
dell'anima  umana  che  ha  distrutto  in  sé 
il  senso  del  desiderio  di  vivere.  Il  mondo 
intero  individuale  includendo  1'  idea  di 
morte,  è  illusione.  Il  Nirvana  è  la  libertà 
dall'illusione  e  nel  tempo  stesso  termine  e 
fine  della  lotta  per  l'esistenza  individuale, 
e  compenetrazione  dell'anima  con.  l'ani- 
ma benedetta  di  Brama.  Lo  Schopenhauer 
nella  sua  filosofia  rinnovò  il  concetto  del 
Nirvana.  Questa  voce  dal  bel  suono  e 
dalla  grande  tristezza  spesso  ricorre  con 
senso  vario  e  generico,  per  indicare  l'ane- 
lito alla  pace  suprema;  l'amore  alle  belle 
cose  create,  compendiate  in  Dio  ;  la  fine 
dell'aspra  guerra  della  vita. 

Nisi  caste  saltem  caute:  lat.  se  non 
castamente  ahneno  prudentemente^  con- 
siglio attribuito,  non  so  con  quanta  verità, 
ai  gesuiti  ed  ai  preti,  specie  per  quel  che 
riguarda  le  manifestazioni  del  senso. 

Nistagmo  :  oscillazione  frequentissima 
0  rotazione,  involontaria,  dei  globi  ocu- 
lari con  battito  spasmodico  delle  palpebre, 
simile  a  quello  di  persona  che,  oppressa 
dal  sonno,  si  sforza  per  restare  sveglia. 
Sono  moti  di  natura  congenita,  ovvero 
sintomo  di  lesione  dei  centri  nervosi.  Dal 
greco  vevorà^cù  =z  crollo,  faccio  ondeg- 
giare. 

Nitimur  in  vetitum  semper,  cupimusque 
negata:  sempre  tendiamo  a  ciò  che  è 
proibito  e  desideriamo  le  cose  negate. 
(Ovidio,  Amores^  III,  4,  17). 

Ni  ve  cadente,  schola  vacante:  due  abla- 
tivi assoluti,  cari  agli  scolari  perchè  for- 
mano un  aforismo  e  una  legge  non  scritta 
in  alcun  regolamento  ma  nota  sin  da 
tempo  e  applicata  talvolta:  quando  cade 
la  neve  non  si  va  a  scuola.  Cessa  una 
noia,  la  scuola;  appare  un  piacere,  la  neve. 

Nobiliare:  agg.  di  nobile,  appartenente 
alla  nobiltà,  come  titolo  nobiliare.^  è  il  fr. 
ìiobiiiaire.  La  nostra  voce  buona  è  nobi- 


lesco^ ma  essa  sembra  includere  alcun 
senso  di  spregio. 

Nobis  nomi.navit:  lat.  «  ci  nominò.,  cioè 
nominò  a  noi,  cioè  il  Capo  dello  Stato 
francese  nominò  (propose)  a  noi.,  Ponte- 
fice;» così  è  scritto  nella  formula  delle  san- 
zioni papali  dei  vescovi  di  Francia.  Giacché 
secondo  il  concordato  del  1801  tra  Pio  VII 
e  la  republica  francese  (Consolato),  si  stabilì 
che  la  nomina  dei  vescovi  di  Francia  fosse 
fatta  dal  capo  dello  Stato:  a  questa  nomi- 
na poi  il  Pontefice  dà  l'istituzione  Canoni- 
ca. Conventio  inter  summu7n  Pontificem 
Pium,  VII  et  gubernum  GalUcanum.  Art. 
IV.  Consul  primus  Oallicanae  reipubli- 
cae  archiepiscopos  «nominabit».  Sum- 
mus  Pontiflx  institutionem.  canonicam 
dabit.  Così  negli  atti  concistoriali  di  no- 
mine recenti  si  legge  (era  presidente  della 
Republica  il  Carnet)  :  «  nominationem  » 
per  illustris  viri  Francisci  Mariae  Sadi 
Carnot,  GalUcae  Eeipublicae  Praesidis. 

Noblesse  oblige:  squisito  e  cavalleresco 
motto  francese  da  noi  comunissimo,  e  si- 
gnifica che  l'aver  titolo  di  nobiltà  o  bel 
nome  impone  doveri  che  altri  non  ha  in 
pari  grado.  La  sentenza  è  attribuita  al 
duca  de  Levis  (Maximes  et  Réflexions). 
Vedi  anche  Boezio  (De  consolai.  Philo- 
sophiae.,  Ili,  6)  e  in  molti  altri  scrittori 
si  potrebbe  trovare  tale  pensiero.  Ma  è  la 
struttura  della  frase  che  dà  valore  ! 

Noce  :  voce  del  gergo  francese,  vale  bal- 
doria (debauché):  onde  la  locuzione  faire 
la  noce.  Il  nostro  modo  andare  a  no^%e 
ha  altro  senso. 

Noctuas  Athenas  afferre  :  (Cicerone)  por- 
tar nottole  ad  Atene  (e  si  aggiunge:  vasi 
a  Samo,  ....  acqua  al  mare,  ....  legna  ai 
boschi;  etc),  locuzioni  vive  tuttora  per 
dire  :  far  cosa  di  cui  è  gran  copia,  e  per- 
ciò inutile. 

Nocumentum  documentum  :  cioè  quae 
nocent.,  docent:  motto  latino  efficace  per 
l'alliterazione;  e  si  riferisce  al  concetto, 
esser  il  dolore  ottimo  maestro  (peccato  che 
lasci  troppa  traccia  del  suo  insegnamento  !  j 
In  greco  nadéjiiaTa  juadéjuara. 

Nodo:  term.  marinaresco,  indica  ilmiglio 
marino,  così  chiamato  dai  nodi  del  cor- 
dino detto  di  loch;  onde  far  tanti  nodi  al- 
l'ora., significa  che  il  bastimento  percorro 


—     333     - 


Non 


uuìtG  mif^lia  all'  ora.   Il  miglio  marino  è 
di  m.   1851,  85. 

Noisette  :  voce  francese  comunissima 
nelle  espressioni  della  moda:  cappello  noi^- 
i<ette,  giacca  noisette,  e  simili  :  appartiene 
al  numero  delle  parole  introdotte  e  usate 
per  semplice  vizio  :  possiamo  dire  e  dicia- 
mo infatti  nocciola^  che  è  la  cosa  mede- 
sima. 

Noli  me  tangere:  non  toccarmi! {Vang. 
di  S.  Giovanni^  cap.  XX,  17).  Questa 
locuzione  fu  usata  dagli  antichi  medici 
per  significare  certe  ulceri  cutanee,  cui  i 
divei'si  topici  (medicamenti  esterni)  non 
facevano  che  irritare:  trattavasi  di  epite- 
liomi 0  cancroidi.  Dicesi  anche  della  Bal- 
samina, genero  di  piante. 

Nomi  femminili  stranieri:  V.  Marie. 

Nòmina  sunt  òmina:  i  nomi  sono  au- 
gurio, sentenza  latina  che  vale  per  quello 
che  vale,  e  cui  dà  forza  1'  alliterazione. 
Certo  è  però  che  nel  nome  è  alcuna  for- 
tuna 0  significato,  tanto  è  vero  che  alcuni 
cui  il  proprio  e  naturale  nome  parve 
avere  umile  suono  o  senso,  se  lo  mutarono. 

Nominativamente:  fr.  nominativement., 
«  dirai  nominatamente  »  (Rigutini).  Dirai, 
ma  di  solito  non  si  dice. 

Nominor  quoniam  leo:  'perchè  mi  chia- 
mo leone.  È  il  diritto  per  cui  il  Leone 
alla  giovenca,  alla  capra,  ed  all'agnello, 
compagni  nel  lavoro  della  caccia,  nega 
facoltà  di  partecipale  alla  preda,  ma  tutta 
per  sé  la  si  prende.  (V.  Fedro,  favola  V). 
L'emistichio  latino  è  spesso  ripetuto  per 
significare  il  diritto  della  forza,  eterno, 
fatale,  per  quanto  dalle  varie  civiltà  coo- 
nestato talora  di  belle  parvenze. 

Non  :  con  le  voci  negative  niente.^  nulla 
nessuno  sogliono  i  lombardi  specialmente 
ommettere  il  non  es.  io  so  nulla.,  vedo 
niente.  La  costruzione  è  logica  e  confor- 
me al  latino  nil  scio.,  nil  video:  ma  l'uso 
toscano,  accolto  spontaneamente  da  tutti 
gli  scrittori  italiani,  vuole  che  si  aggiunga 
questa  negativa  pleonastica,  non.  L'esem- 
pio di  Dante  l'anima  semplicetta  che  sa 
nulla  si  può  considerare  come  un  latini- 
smo, ma  non  è  sufficiente  a  giustificare 
questo  non  grave  idiotismo:  il  quale,  del 
roste,  anche  in  Lombardia,  tende  a  re- 
stringersi alle  persone  non  colte.  |  «Nello 


locuzioni  dubitative  anziché  non  è  meglio 
scrivere  7io.  »  per  es.  dimmi  se  devo  ve- 
nire o  no.,  cosi  i  puristi,  ma  non  mi  pare 
che  si  usi  molto,  se  non  da  taluno  e  per 
affettazione. 

Non  bene  oiet,  qui  semper  bene  olet: 
non  sempre  sa  di  buono  chi  è  sempre 
profumato.  (Marziale,  Epigrammi.,  II, 
12,  4). 

Non  c'è  di  ohe:  «  una  frasuccia  barba- 
rica galante  é  questa.  Quand'uno  ci  rin- 
grazia, in  vece  di  dire,  rispondendo,  se- 
condo le  circostanze  e  le  persone  :  nulla, 
niente,  cosa  di  poco,  non  occorre,  non 
serve,  non  mette  conto,  ho  fatto  l'obbligo 
mio,  di  che?  di  che  cosa?  non  occorron 
cerimonie;  ripetono:  non  c'è  di  che.  E 
perché  si  preferisce  dir  così  ?  perchè  le 
frasi  di  casa  a  molti  citrulli  san  di  povero; 
mentre  le  franche  san  più  d'aristocratico. 
Chi  si  contenta  gode.»  (G.  Romanelli,  op. 
cit.). 

Non  compos  sui,  o  non  compos  mentis: 
termine  latino  per  indicare  quello  stato 
di  turbamento  mentale  per  cui  l'uomo  non 
é  padrone  di  sé,  delle  sue  azioni  e  parole. 
Tei'mine  filosofico  insieme  e  popolare. 

Non  dolet  o  Paete,  non  dolet:  stoica 
parola  di  Arri  a,  moglie  di  Cecina  Peto, 
che  die  col  ferro"  primo  esempio  al  marito 
del  come  darsr  la  morte  che  Claudio,  im- 
peratore, avea  comandata.  (V.  Plinio  il 
giovane,  Epistola,  III,  16).  Non  dolet  ha 
valore  di  motto. 

Non  è  la  via  dell'orto:  la  via  dell'orto 
é  breve,  facile,  nota  :  onde  si  dice  «  non  é 
la  via  dell'orto»  -per 'màÌGdiYQ  viaggio  lungo 
e  difficile.,  negoxio  che  richiede  tempo  t 
periTiia.  Bel  modo  familiare. 

Non  erat  hio  locus:  non  era  quivi  il 
suo  posto.  Savio  giudizio  di  Orazio  {Arte 
Poetica.,  19)  dotto  a  proposito  delPoppor- 
tunità  e  convenienza  in  materia  di  arte. 
Non  expedit:  non  è  spedìente.,  non  é 
necessario,  cioè  é  proibito.  E  il  divieto 
che  la  Curia  i)apale  tuttora  impone  ai 
credenti  di  partecipare  con  voto  alla  vita 
politica  della  Nazione  italiana.  |  Non  expe- 
dit è  formale  rituale  della  Cancelleria  apo- 
stolica quando  dovesi  non  concodero  al- 
cuna cosa  richiesta.  In  questo  caso  del 
voto  politico,  por  meglio  spiegare,  a  non 


Non 


-     334     — 


Non 


expedit  il  S.  Ufficio,  con  decreto  del  giu- 
gno 1886,  aggiungeva  prohibitionem  im- 
portai. 

Non  forse:  formula  interrogativa,  pre- 
ziosa, cara  al  d'Annunzio  ed  ai  suoi  se- 
guaci in  estetica. 

Non  fumum  ex  fulgore  etc.  :  «  dallo 
splendore  il  poeta  7ion  si  pensa  di  derivare 
il  fumo;  ma  dal  fumo  si  studia  di  derivare 
la  luce  onde  no  tragga  meravigliose  cose». 
Così  Orazio  neWArte  Poetica^  rendendo 
con  bella  comparazione  il  concetto  che 
nelle  opere  d'arte  scritte  non  è  il  pomposo 
e  abbagliante  proemio  quello  che  importa, 
ma  il  successivo,  profondo,  ordinato,  logico 
svolgersi  dei  fatti  in  cui  si  compie  il  tema 
proposto.  E  insieme  vuol  dire  che  è  «luce» 
ciò  che  dall'opera  d'arte  deve  derivare  a 
chi  ode  0  legge. 

Xoìi  fumum  ex  fulgmr,  sed  ex  fimio  dare  lucem 
cogitai,  ut  speciosa  dehinc  miracula  jyromat. 
De  Arte  Poetica,  143,  144. 

Non  ignara  mali,  miseris  sucourrere 
disco:  conoscendo  che  cosa  è  sventura^ 
so  soccorrere  agli  sventurati.  Cosi  Bidone 
ad  Enea  {Eneide.  I,  (330j,  ed  è  il  verso 
che  secondo  G.  Giacomo  Rousseau  conte- 
neva più  di  ogni  altro,   umana  sapienza  ! 

Non  in  (e  comunemente  de)  solo  pane 
vivit  homo:  sentenza  e v an-gelica  (S.  Mat- 
teo IV,  4)  fatta  popolare,  nel  senso  che 
oltre  al  pane  materiale,  l'uomo  abbisogna 
del  pane  dello  spirito,  di  alcun  conforto 
morale,  di  alcuna  letizia  dell'anima,  etc. 

Non  intervento:  (fr.  oion  intervention) 
sistema  di  politica  internazionale  che  con- 
siste nel  non  intervenire  negli  affari  degli 
altri  Stati,  quindi  non  permettere  che  altri 
intervenga. 

Non  liquet:  lat.  non  è  chiaro. 

Non  multa,  sed  multum:  sentenza  latina 
dedotta  secondo  alcuni  da  Plinio  il  gio- 
vane (Epist.  VII,  9),  secondo  altri  da  Quin- 
tiliano (De  instit.  orat.,  X,  1,  59)  e  vuol 
dire  che  nell' apprendere  non  giovano  le 
molte  cose  ma  l'intensità  in  alcune  poche. 
N.  B.  Ciò  che  si  acquista  in  estensione, 
si  perde  in  intensità. 

Non  olet:  (il  danaro)  non  ptix^xa  :  così 
Vespasiano,  imperatore,  al  figlio  Tito  che 
lo  rimproverava  di  avere  imposto  balzelli 


suir  orina,  mostrando  il  danaro  ricavato 
dalla  imposta.  Motto  ricavato  popolarmen- 
te da  Svetonio  (  Vita  di  Vespasiano.,  23)  e 
da  Dione  Cassio  {Hist.  LXVI,  14)?  V.  Mo- 
numenti Vespasiani. 

Non  omnia  possumus  omnes:  non  tutti 
possiamo  tutte  le  cose.  (Vergilio,  Egloghe., 
Vili,  63). 

Non  omnis  moriar:  no7t  interamente  io 
ìYiorrò  così  Orazio  [Odi.,  Ili,  30,  6)  pre- 
sentendo la  immortalità.  Quel  vano  let- 
terato che  fu  r  Algarotti  adattò  il  motto 
a  sua  epigrafe. 

Non  (o  nec)  plus  ultra:  non  più  in  là., 
locuzione  latina,  comune  anche  al  fran- 
cese, per  indicare  un  termine  non  sorpas- 
sabile.  Motto  che  si  vuole  da  Ercole  im- 
presso su  le  colonne  che  da  lui  ebbero 
nome  e  furono  ritenute  confine  del  mondo. 

Non  parlar  di  corda  in  casa  dell'im- 
piccato: non  toccare  argomenti  che  pos- 
sano ricordare  altrui  cose  tristi  o  vergo- 
gnose: locuzione  familiare. 

Non  possumus:  ?io?^ ^^ossmmo.  Risposta 
di  Pio  IX  a  Napoleone  III  esortante  il 
pontefice  a  cedere  le  Romagne  al  re  Vit- 
torio Emanuele  II.  (Febbraio  1860).  Non 
possumus  è  del  resto  formula  di  rito,  di 
venuta  popolare  per  quella  occasione,  ed 
è  ripetuta  spesso  per  celia. 

Non  riuscita:  ^qy  mala  o  cattiva  riu- 
scita è  maniera  ripresa  dai  puristi,  come 
gallicismo  :  nooi  réussite  manque  de  rétcs- 
site. 

Nosco  te  ipsum:  conosci  te  stesso  V. 
rv&di  osaróv. 

Non  scholae  sed  vitae  discimus  (Seneca 
il  giovane,  Epist.  106):  non  si  impara 
per  la  scuola  ma  per  la  vita.  Sentenza 
usata  e  abusata  nelle  scuole  :  frase  fatta. 

Non  sens:  V.  Nonsenso. 

Nonsenso  o  non  senso:  dal  fr.  no7i  sens, 
locuzione  con  valore  di  sostantivo  che 
i  francesi  tolsero  alla  lor  volta  dall'in- 
glese :  non  sense.  Es.  questa  frase  è 
un  non  senso.  Non  sens  est  un  anglici- 
sme  fort  usile.,  et  que  les  dictiotmaires 
ont  très-bien  fait  d'admettre.,  ne  fut-ce 
que  pour  caractériser  la  moitié  de  leurs 
définitions  (Ch.  Nodier). 

Non  tacebo:  lat.  non  tacerò.  Fu  motto 
eroico  di  T.  Campanella. 


Non 


335    — 


Not 


Non  (propriamonto  nun)  te  ne  incarica: 

non  incaricartene  !  non  occupartene  /, 
motto,  intorcalaro,  sentenza  di  filosofia 
egoista,  scettica,  servilo  del  popolo  napo- 
letano: se  il  motto,  come  forma,  è  tipi- 
camente napoletano,  come  trista  norma 
del  quieto  vivere  è  del  mondo  intero. 

Non  ti  curar  di  lor,  ma  guarda  e  passa: 
liorruzioue  popolare  del  verso  dantesco 
non  ragioniam  di  lor ^  ma  guarda  e  passa ^ 
Inf.  ni,  49.  E  passa  via  !  altri  aggiungo 
per  più  lepidezza. 

Non  uccellare  a  pispole:  la  'pìspola  è 
un  uccelletto  da  selva  tutto  piume  e  non 
vale  la  spesa  di  prenderlo:  onde  la  frase 
di  sapore  toscano,  vale  figuratamente,  nel 
linguaggio  familiare,  tendere  a  qualcosa 
di  solido  ed  importante,  avere  nobile 
meta  davanti  a  sé. 

Non  voglio  la  morte  del  peccatore  ma 
che  si  converta  e  viva:  (Ezechiele,  XXXIII 
14)  ripetesi  spesso  in  senso  faceto. 

Normale  etc.  :  da  norma.,  ottima  voce 
classica  (cfr.  lat.  norma.,  da  nosco)  si  sono 
formate  le  seguenti  voci  neologiche  nor- 
7nale.  normalità.,  normalista  (e  pop.  nor- 
malina.,  allieva  di  scuola  normale),  nor- 
malmente.  ed  il  contrario  anormale  etc. 
Per  i  puristi  queste  voci  sanno  di  pro- 
venienza francese,  là  dove  la  parola  buona 
sarebbe  regolare  e  suoi  derivati,  e,  delle 
scuole,  magistrale.,  ma  penso  che  agli 
stessi  puristi  riesca  difficile  evitare  que- 
ste parole,  tanto  piìi  che  hanno  valore 
tecnico  e  scientifico.  Y.  Normale  (Scuola) . 

Normale  (scuola):  divisione  di  scuola 
secondaria,  destinata  alla  educazione  ed 
istruzione  dei  maestri  e  maestre  elemen- 
tari. È  divisa  in  sei  anni,  tre  comple- 
mentari e  tre  propriamenti  detti  normali. 
I  puristi  vorrebbero  magistrale  e  non  nor- 
male. Evidente  influsso,  nel  nomo  e  nel- 
r  istituto,  del  normal  school.,  inglese  e  école 
normale  francese  (In  ted.  Lehrerseniinar). 
Normalista:  e  talora  popolarmente  tior- 
maiiua.,  allieva  di  scuola  normale. 

No  restraint:  in  inglese  vale  mancanza 
di  eostri r\ ione.,  ed  ò  termine  medico  quasi 
universale  per  indicare  1'  abolizione  di 
ogni  mozzo  violento  e  coercitivo,  quale 
in  passato  usavasi  ne'  manicomi. 
Nosocomio:  por  ospedale.,  da  vònoc;  - 


malattia  e  Hojuelv  =  curare.  Neologismo 
non  bello  e  non  necessario,  venuto  forse 
al  linguaggio  de'  medici  per  via  della 
Francia,  nosocome. 

Nòstras:  dicono  i  medici  di  alcune  for- 
me di  malattie  che  sono  endemiche,  cioè 
del  paese,  come  ad  es.  cholera  nostras:  dal 
latino  nostras-àtis  =  nostrano,  del  paese. 

Nostro  (il):  voce  convenzionale  del  lin- 
guaggio letterario  che  si  incontra  in  ta- 
luni libri  e  specie  nelle  biografie  e  rasse- 
gne e  vuol  dire  V  Autore  o  il  Personaggio 
di  cui  si  ragiona.  Ora  questo  Nostro 
non  solo  è  inelegante,  ma  panni  anche 
sgarbato  {La  Nostra  non  si  dice!) 

Nota  ancor  questa  :  locuzione  di  sapore 
ironico  o  faceto.  Dedotta,  probabilmente, 
dall'ode  //  Cinque  Maggio  del  Manzoni  : 

Bella  immortai  !  benefica 
fede,  ai  trionfi  avvezza  ! 
scrivi  ancor  questo,  allegrati 
chò  pivi  superba  altezza 
al  disonor  del  Golgota 
giammai  non  si  chinò. 

Notabilità:  al  pari  di  ^nediocrità.,  celcr- 
brità,  nullità.,  etc.  sono  astratti  di  pro- 
venienza francese,  usati  nel  linguaggio 
comune  in  vece  delle  parole  concrete  cor- 
rispondenti. Voci  riprese  dai  puristi.  Certo 
il  buon  uso  letterario  si  astiene,  di  solito, 
da  questi  vocaboli. 

Notes:  plurale  di  note  francese;  voce 
spesso  usata  in  Lombardia  nel  senso  di 
librettino.,  taccuino.  Questa  parola  che 
non  e'  è  in  francese,  ove  si  dice  agenda 
ovvero  carnet^  si  deve  essere  formata  da 
noi  in  questo  modo,  che,  vedendo  scritta 
su  que'  taccuini  di  fabbrica  francese  la 
parola  notes.,  il  popolo  l'ha  presa  per  il 
nome  proprio  del  libretto.  Questo  notes 
accresce  la  serie  delle  parole  francesi  fatto 
in  Italia,  e  specialmente  a  Milano,  corno 
Voltaire,  Marbré.,   Cendrier,  etc. 

Nottambulo:  è  voce  non  registrata  noi 
nostri  dizionari,  comunissima  però  nel- 
l'uso, probabilmente  tolta  dal  fr.  noctant- 
bule  zz:  celui  qui  passe  les  nuìts  à  se 
promener  ou  à  s'amuser.  I  nostri  dizio- 
nari registrano  nottambulo  conio  sinonimo 
di  sonnambulo.  Vero  ò  cho  neiruso  si  dice 
«  nottambulo  »  di  chi  ha  costumo  di  far  dì 
giorno  notte  e  viifovorsa.  «  Ecco    onesto 


Not 


—     336 


Num 


uomo  che  è  divenuto  andator  di  notte, 
apritor  di  giardini  ».  (Boccaccio). 

Nottata:  V.  Appendice. 

Notte  bianca:  locuzione  senza  dubbio 
efficace,  tolta  dal  francese  nuit  bianche, 
per  indicare  una  notte  nella  quale  non  si 
dorme,  qual  che  ne  sia  la  cagione. 

Nottola:  per  civetta,  dicesi  oramai  sol- 
tanto nella  locuzione  portar  nottole  ad 
Atene.  Y.  Noetims  Athenas  afferre. 

Notturno  :  «  componimento  musicale  in 
forma  di  rondò,  di  canxone  od  anche  di 
sonata,  e  il  cui  carattere  è  un  abbandono 
dell'anima  alla  poesia,  all'idealità  serena, 
dolce  e  contemplativa».  (Galli,  op.  cit.) 

Notus  in  Judaea:  {Salmo  LXXV,  1) 
■Micosi  di  persona  assai  nota  e  non  sempre 
gloriosamente  nota.  Vale  come  il  seguente. 

Notus  lippis  et  tonsoribus:  Y.  Lippis 
et  tonsoribus. 

Nous:  gr.  vovg  mente,  ted.  Nus,  ingl. 
nous:  termine  filosofico  dovuto  ad  Anas- 
sagora: vale  ragione,  pensiero,  intelli- 
genza, facoltà  jyensante,  considerata  non 
come  subbiettiva  o  come  entità  psichica, 
ma  come  obbiettiva  ed  astratta. 

Nous  arrivons  toujours  trop  tard  :  di- 
cono i  carabinieri  dell'  Offenbach  nel!'  o- 
peretta  giocosa  Les  Brigands.  Locuzione 
caustica,  talora  usata  nel  linguaggio  della 
politica  e  del  giornalismo. 

Nozze  d'  argento:  celebrazione  delle 
nozze  dopo  25  anni  di  vita  coniugale;  noxx,e 
d'oro,  dopo  50  anni. 

Nuance:  voce  francese  di  moltissimi 
significati,  troppo  di  frequente  e  per  vizio 
ripetuta  da  noi  che  abbiamo  le  voci  cor- 
rispondenti di  sfutnatura,  grada%,ione,  sì 
nel  senso  proprio  come  nel  senso  traslato. 

Nubifragio:  per  acquazzone,  rovescio, 
scossone,  è  voce  ripresa  dai  puristi.  Cfr. 
Fanfani  ed  Arlia,  op.  cit.,  Suppletnento. 

Nucleo:  lat.  nucleus,  in  filosofia  natu- 
ralo (fisiologia)  indica  il  centro  attivo  ed 
organico  della  cellula  (la  quale  è  consi- 
derata come  l'elementare  unità  della  vita, 
e  consta  della  membrana  e  del  protopla- 
sma, di  cui  il  nucleo  è  parte). 

Nugae:  (pronunzia  nuge)  voce  latina 
che  talora  si  incontra  per  significare  cose 
di  poco  conto,  lievi  difetti,  bazzecole. 

Nulla  dies  sine  linea:    nessun  giorno 


senza  ima  linea,  motto  che  1'  antichità 
attribuì  ad  Apelle  (Plinio,  Hist.  Nat. 
XXXY,  36)  e  si  ripete  con  senso  pedago- 
gico per  significare  l'esercizio  giornaliero. 
Fu  pure  motto  di  E.  Zola.  Occorre  anche 
nel  parlare  familiare,  nel  linguaggio  dei 
giornali,  in  senso  ironico,  quasi  per  dire  : 
ogni  giorno  se  ne  ode  una  di  tal  genere, 
se  ne  scoprono  seìnpre  di  nuove. 

Nullaggine:  Y.  Nullità. 

Nullatenente:  «voce  nuova  e  mal  for- 
mata per  proletario  •>•>  (Rigutini).  Se  ne  è 
fatto  anche  l'astratto  nullatenenza.  Yoci 
di  conio  burocratico  e  proprio  superflue. 
Y.  Fanfani  ed  Arlia,  op.  cit. 

Nullità:  detto  di  persona  che  non  vale 
nulla,  inetto,  è  perfetto  francesismo  an- 
corché comodissimo  nell'uso.  Get  homme 
est  d'une  parfaite  nullité.  Si  è  formata  an- 
che la  voce  nullaggine,  ripresa  dai  puristi . 
N.  B.  I  dialetti  nostri  per  esprimere  questo 
concetto  di  nullità,  specialmente  riferito 
a  persone  cui  la  fortuna  o  la  trafila  dei 
consorti  eleva  ad  alti  uftìci,  hanno  una 
tale  ricchezza  di  voci  realistiche  e  crude, 
secondo  il  genio  della  nostra  favella, 
che  proprio  questo  astratto  filosofico  di 
nullità  può  ritenersi  superfluo,  anche  se 
comodo  nell'uso,  come  ho  detto. 

Nullum  magum  ingeniunm  sine  mixtura 
dementiae  est:  nessun  grande  ingegno  e 
senza  mescolanza  di  pazzia  (Seneca,  De 
tranquillitate  animi,  XVII,  10).  Come  si 
vede,  la  teoria  Lombrosiana  su  la  natui-a 
del  genio  (Y.  Genio)  era  già  nella  coscienza 
del  popolo,  e  ben  da  antico:  si  intende 
in  ciò  che  in  essa  teoria  è  di  vero,  cioè  il 
predominio  di  una  virtìi  del  pensiero  su 
le  altre,  ed  eccesso  di  sensibilità,  e  quindi 
squilibrio  e  diversità  dal  tipo  normale 
dell'uomo:  benché  anche  questo  squilibrio 
non  sempre  si  riscontri  negli  uomini  com- 
piutamente geniali. 

Numeno:  [voovjuevov  :=  ciò  che  è  cono- 
sciuto dalla  vovg  =  mente)  voce  filosofica 
(Platone,  Kant)  usata  per  indicare  1'  og- 
getto del  puro  pensiero  o  della  intuizione 
razionale,  libero  da  ogni  elemento  del  sen- 
so. Ted.  e  ingl.  noumenon,  fr.  noumène. 

Numerario:  per  moneta  metallica  in 
circolazione  é  dal  fr.  numeraire.  Yoce 
ripresa  dai  puristi,  sancita  dall'uso. 


\  uni 


337 


Nut 


Numerizzare:  nool.  \)ei' numerare.  Que- 
sto verbo  frequentissimo  si  è  formato  abu- 
sivamente e  inutilmente,  almeno  a  me 
pare,  per  effetto  del  suffisso  ixxare.  Av- 
vertasi che  in  francese  non  c'è  nitméri- 
scr.,  ma  numéroter . 

Numero:  fr.  numero  (voce  tolta  dall'i- 
taliano), è  parola  usata  francesemente  per 
indicare  qualità  egregia  \  le  parti  di  uno 
spettacolo  di  varietà.  Come  avvertimento 
ortografico,  i  numeri  componenti  una  data 
0  una  cifra,  non  si  dividono.  (V.  Divisione 
delle  parole).  Tuttavia  mi  sembra  un  or- 
rore evitato  dal  semplice  buon  senso.  V. 
Fanfani  ed  Arlia,  op.  cit.,  Supplemento. 

Numero  cento  (il):  il  eesso^  così  detto 
negli  alberghi  dal  100  che  sovra  è  scritto 
per  evitare  la  parola  determinata  :  fr.  le 
numero  cent. 

Numero  Deus  ìmpare  gaudet:  il  Dio  si 
allieta  del  numero  dispari  (Verg.  Eeloga 
Vili,  75),  allusione  alle  antiche  opinioni 
su  le  proprietà  mistiche  e  simboliche  dei 
numeri,  per  cui  1,  3,  9,  avevano  speciale 
valore  di  bene. 

Numero  unico:  giornale  che  si  publica 
in  determinate  circostanze  e  per  una  sola 
volta. 

Numero  uno!:  vale  bellissimo^  eccel- 
lente.^ egregio.,  cioè  che  non  ha  secondo. 
Lo  nota  il  Tommaseo  nel  suo  Dizionario 
come  «modo  basso».  Anche  in  fr.  nu- 
mero un=  de  premier  ordre;  forma,  credo, 
parallela.  L'esempio  del  Petrarca: 

Vergine  saggia,  o  del  bel  numer'  una, 
delle  beati  vergini  prudenti, 
anzi  la  prima  e  più  cara  lampa, 

non  ha  che  vedere  con  la  locuzione  asso- 
luta numero  uno. 

Numquam  est  fide! is  cum  potente  so- 
cietas  :  l'alleanza  con  un  potente  (e  pre- 
])otonte)  7ion  inai  è  sicura.  Sentenza  di 
Fedro,  promessa  alla  favola  Y  del  libro  L, 


ove  narra  di  alcuni  umili  od  imbelli  ani- 
mali che  strinsero  patto  col  leone,  ma 
cacciata  una  bella  preda,  quegli  tutta  per 
sé  la  si  tolse,  per  queste  ragioni,  cioè 
che  egli  si  chiamava  leone,  e  poi  perchè 
era  il  più  forte.  V.  Nominor  quoniam 
leo. 

Nunc  dimitte  servum  tuum:  ora  licenzia 
il  tuo  servo,  cioè  or-a.,  o  Signore.,  fammi 
morire  (accomiatami  dalla  vita)  che  muoio 
lieto  per  aver  risto  il  Messia.  Così  il 
vecchio  Simeone.  Questo  motto  della  chie- 
sa ripetesì  più  spesso  in  senso  profano. 

Nun  te  ne  incarica:  V.  Non  te  ne  in- 
carica. 

Nuovi  tormenti  e  nuovi  tormentati  : 
noto  verso  dell'Inferno  dantesco  (VI,  4), 
divenuto  popolare. 

Nurago,    pi.    nuraghi    o  nuraghe  :  con 

voce    sarda  :    è    nome    di   certe    speciali 

costruzioni  in  forma   solitamente  di  cono 

tronco,    in   grande  numero  sparse  per  la 

Sardegna:   architettura  primitiva  di  stile 

I    ciclopico,   del  cui  ufficio  non  v'è  fra  gli 

archeologi    concorde  sicurezza.  Probabil- 

!    mente,  tombe.  «L'isola  bella  dei  nuraghi», 

I    perifrasi  del  Carducci  (Mosche  cocchiere) 

per  dir  la  Sardegna. 
j  Nurse:  voce  inglese  (contrazione  di  ?^wr^ce 
!  =  nutrice)  che  significa  nutrice.^  cioè  gorer- 
1  nante.,  e  dicesi  della  donna  che  bada  i  bimbi, 
j  e  anche  infermiera.  Nursery.,  una  stanza 
!  della  casa,  lasciata  per  libertà  e  giuoco  dei 
!    bambini. 

Nursery:  \.  Nurse. 
Nutrimentum  spiritus:  nutrimento  dello 
spirito.,  motto  che  Federico  il  Grande  di 
Prussia  fece  apporre  alla  Biblioteca  reale 
di  Berlino  (1780),  il  quale  ricorda  l'altro 
motto  Medicina  animi  (  Tv^ììS  'lavQefov) 
che  secondo  Diodoro  Siculo  stava  sull'in- 
gresso della  biblioteca  del  re  Osimandia 
in  Egitto. 


A.  Panzini,  Supplnnento  ai  Dixionari  iialiani. 


t):  per  /^o,  V.  Avere  ed  Essere. 

Obbligante  :  per  gentile,  cortese,  è  antico 
gallicismo  (obligeant) .,  che  ha  esempi  sino 
dal  600.  Vero  è  che  oggi  mi  pare  al- 
quanto fuori  dell'  uso.  Del  pari  i  puristi 
riprendono  il  verbo  obbligare  nel  senso 
morale  di  astringere  con  benefici.  Obbli- 
gare (lat.  ab  e  ligare  =  legare)  vale  pro- 
priamente imporre  obbligo.^  costringere.^ 
onde  nel  senso  morale  bisognerebbe  dire 
almeno  obbligare  a  sé.  (Rigutini). 

Obbligare:  V.  Obbligante. 

Obesità:  V.  Polisarcia:  le  due  voci  si 
equivalgono,  se  non  che  questa  è  più  della 
scienza  medica,  quella  del  comune  lin- 
guaggio: lat.  obesus.  Trattasi  sempre  di 
una  viziosa  disposizione  del  tessuto  adi- 
poso, cagione  di  molti  disturbi,  della  quale 
cosa  è  mal  fatto  congratularsi  come  fanno 
gli  stolti. 

Obice:  nei  giornali  che  danno  notizie 
della  guerra  che  si  combatte  (1904)  tra  il 
Giappone  e  la  Eussia,  accade  sovente  di 
leggere  obice  nel  senso  di  bomba.,  proiet- 
tile. In  un  periodico  trovo  questa  noterella, 
cosa  veramente  preziosa,  non  per  se,  ma 
per  il  fatto  che  si  osi  disputare  dottrinal- 
mente di  parole  in  difesa  dell'  italianità 
senza  tema  di  parere  o  da  poco  o  angusto 
di  mente.  Riporto  lo  scritto  :  «  Barbarismo 
giornalistico.  Accade  spesse  volte  di  leg- 
gere, fra  le  notizie  della  guerra,  che  la 
tal  corazzata,  giapponese  p.  es.,  ha  lan- 
ciato su  di  un  incrociatore  russo  tanti 
obici.,  che  questi  obici  scoppiarono,  ecc. 
ed  ancora  giorni  fa  sul  Corriere  della 
Sera  si  lesse  che  un  soldato  d'artiglieria. 


in  Francia,  veduto  in  terra  un  obice  privo 
di  miccia,  ne  accese  la  polvere  con  un 
zolfanello,  ecc.  Questa  parola  obice.,  usata 
in  questo  senso,  è  il  più  madornale  spro- 
posito che  si  possa  scrivere,  e  che  farà 
sorridere  tutti  i  militari,  d'  artiglieria  spe- 
cialmente, ammenoché,  con  molta  maggior 
ragione,  non  li  faccia  piangere  sul  bar- 
barismo invadente  della  lingua  giorna- 
listica, prodotta  in  massima  parte  da  sola 
pigrizia  di  aprire  un  dizionario  qualunque. 
Obice,  in  italiano,  non  significa  già  un 
proiettile,  bomba  o  granata.,  come  signi- 
ficherebbe in  francese  la  parola  obiis^  di 
cui  è  la  negligente  e  pedestre  traduzione, 
ma  bensì  è  il  nome  di  quel  cannone  (che 
credo  ora  disusato)  che  lanciava  le  bombe 
0  granate,  e  che  in  francese  si  chiama 
obusier.  Ne  viene  da  ciò  che  uno  scrit- 
tore francese,  non  militare,  che  dovesse 
tradurre  in  francése  le  notizie  su  ram- 
mentate, dovrebbe,  in  base  al  dizionario, 
scrivere  che,  nella  tale  e  tale  altra  batta- 
glia, furono  lanciati  tanti  obusiers^  cioè 
tanti  cannoni  ;  notizia  che  farebbe  certa- 
mente trasecolare  quanti  1'  avessero  a  leg- 
gere, dato  che  lo  scrittore  avesse  il  me- 
desimo coraggio  degli  italiani  nello  scri- 
verla. Dovrebbe  dunque  rimanere  in  mente 
a  tutti  che  obtis  si  traduce  per  bomba., 
e  che  al  contrario  obice  corrisponde  non 
già  a  obus.,  ma  ad  obusier.,  che  è  un  pezzo 
d'  artiglieria,  e  non  un  projettile  ».  Cime! 
a  questi  barbarismi  siamo  così  abituati 
da  non  avvedercene  più  !  Quanto  ad  obice., 
poi,  pensi  il  lettore  alla  frase  volgare  e 
di   gergo,    oh.  che  obice!  in  sostituzione 


ohi 


—     339     — 


Odi 


doiralti-a,  oh,  che  e***!  per  dire  che  for- 
tuna /,  e  comprenderà  come  obice  debba 
indiearo  xx^^xmto  cannone  e  non  bomba! 

Obloc  :  voce  straniera,  usata  in  marina 
per  indicare  i  finestrini  rotondi  ne'  fianchi 
de'  piroscafi.  Y.  Port-hole. 

Obsequium  amicos,  veritas  odium  parit: 
l(t  contpiacen^a  produce  gli  amici,  la  ve- 
rità produce  Iodio.  (Terenzio,  Andria  I, 
l,  48).  NB.  Perciò  forse  la  verità  è  co- 
stretta a  stare  nel  pozzo  ! 

Obus:  fr.,  V.  Obice: 

Oc:  termine  letterario:  lingua  dell'oc 
(langue  d'oc)^  nome  del  dialetto  francese 
che  nell'evo  medio  si  parlava  e  scriveva 
a  mezzodì  della  Loira.  (Provenzale  antico). 
Lingua  d'o'il,  nome  del  dialetto  francese 
che  poi  prevalse  dal  tempo  d'Ugo  Cape'to 
e  d'onde  derivò  il  francese  odierno:  si 
parlava  e  si  scriveva  a  settentrione  della 
Loira.  Le  due  denominazioni  provengono 
dal  diverso  modo  del  pronunciare  l'affer- 
mazione (sì)  oui.  Cfr.  Dante  : 

del  bel  paese  là  dove  il  .sì  suona. 
Per  l'etimologia,  oc  deriva   dal   lat.   hoc 
=  ciò,  ciò  appunto^  quindi  sì:  o'il,  onde 
poi  oui,  parimenti  è  dal  latino,  hoc  +  il- 
lud  0  secondo  altri  hoc  -\-  ille. 

Ocarina:  strumento  jnusicale  di  terra 
cotta  di  forma  e  capacità  ovoide,  recen- 
temente inventato  da  un  tal  Donati  di 
Budrio. 

Occa:  nome  di  peso,  usato  in  Turchia 
e  nelle  terre  di  Levante:  varia  fra  i  1200 
ed  i  1300  grammi. 

Occhietto:   chiamano  i  tipografi  la  pa- 
gina  che    precede   il   frontespizio,  e    nel 
centro  della  quale  è  il  solo  titolo  dell'o- 
pera. Ne'  libri  antichi    V occhietto  spesso 
tien  luogo  del  frontespizio.  Si  vuole  che 
esso  sia  stato  così  detto,  dacché  intorno 
al  titolo  si  soleva  fare  un  cerchio  tondo, 
e  più  spesso  ovale  a  forma  dell'occhio. 
Occhio  di  bue:  V.  Oeil  de  boeuf. 
Occhio  pollino  o  di  pernice:  nome  vol- 
.  garmento  dato  a    nota  speci<5  di  calli  (fr. 
oeil  de  perdrix). 

Occhio  per  occhio,  dente  per  dente: 
(Esodo,  XXI,  21)  cioè  la  pena  del  taglione, 
jus  talionis^  cr)ntra])asso,  di  rendere  offesa 
per  offesa,  la  quale  se  non  è  più  nelle  leggi 
civili,  è  più  sposso  nell'umana  anima. 


Occitanico:  provenxale^  da  oc  o  lingua 
dell'oc,  detto  del  provenzale  antico.  Y.  Oc. 
Occorrenza:  vale  bisogno,  affare^  cosa 
che  occorre  (familiarmente  anche  bisogno 
corporale)  :  nel  senso  di  caso,  circostanza., 
spiace  ad  alcuni  rigidissimi  puristi.  Y. 
Fanfani,  op.  cit.,  Y.  Gherardini,  Appen- 
dice alle  Oraynmatiche^  pag.  491  e  se- 
guenti. I  diz.  registrano  i  due  sensi. 

Occultismo:  nome  dato  a  quelle  pretese 
conoscenze  naturali  che  sono  ottenute  con 
processi  misteriosi  ovvero  con  segreta  e 
magica  arte.  L'alchimia  e  l'astrologia  nel 
medio-evo;  nel  tempo  nostro  lo  spiritismo, 
la  teosofia^  la  chiromanzia  contengono  vari 
elementi  di  occultismo.  Queste  dottrine 
non  entrano  nell'orbita  della  scienza  mo- 
derna: almeno  così  oggi  si  deve  dire. 

Ochsenmaulsaiat:  voce  di  vivanda  te- 
desca, che  letteralmente  vuol  dire  insa- 
lata di  muso  di  bue.  Nervetti  o  muscoli 
preparati  con  molta  cura,  sotto  aceto. 

Oclocrazia:  gr.  òx^o-KQaria  =  governo 
di  moltitudini  (spesso  nel  senso  di:  co- 
stituito da  tirannide  plebea). 

0  con  questo  o  su  questo  :  versione  dal 
greco:  motto  attribuito  alle  madri  spartane 
neir  atto  che  consegnavano  lo  scudo  ai 
figliuoli,  cioè  0  con  lo  scudo  (vincitori)  o 
su  lo  scudo  (morti).  Y.  Plutarco,  Lacae- 
narum  Apophthegmata.,  XY. 

Oculos  habent  et  non  videbunt:  hanno 
gli  occhi.,  ma  non  vedranno  (Salmo  CXIII, 
e  CXXXIY). 

Oda:  per  ode  {(bòi)  —  canto)  è  voce 
fuor  d'  uso  (Petrocchi).  Piacque  però  al 
Foscolo,  piace  alla  odiei-na  scuola  estetica 
(d'Annunzio).  È  il  caso  di  dire  con  Orazio  : 
multa  renascentur  quae  jam'  cecidere... 
vocabula  etc. 

Odeporico:  grecismo  alquanto  disusato 
(òòoiJioQiKÓs) :  attinente  a  strada.,  riaggi., 
descrizione  di  itinerari. 

Oderint  dum  metuant:  ////  odino,  pur- 
ché mi  tonano.  LVccius,  Atrrus.,  in  Cice- 
rone,  De  officiis,  I,  28,  97). 

0  di  Giotto:  è  il  circolo  perfetto,  fatto 
a  mano  libera  e  mandato  per  saggio  della 
sua  perizia  da  Giotto  a  Benedetto  IX.  On- 
do il  modo  antico  di  dire,  esser  più  tondo 
dell'o  di  Giotto. 

Odi  profanum  vulgus  et  arceo:  odio  il 


Odo 


340 


Oil 


profano  (indegno  di  essere  ammesso  nel 
tempio)  volgo  e  me  ne  scosto.  Orazio,  Ode 
I,  lib.  III.  Locuzione  eretica  agli  orecchi 
di  taluno,  se  detta  in  senso  politico,  ma 
che  non  cesserà  di  esser  vera  e  ripetuta 
in  senso  filosofico  morale,  come  appunto 
intese  il  gran  poeta  latino.  Cfr.  Vii  niag- 
gioranxa. 

Odorare  il  vento  infido:  familiarmente 
vale  fiutare  il  'pericolo  e  quindi  cercare 
fuga  e  scampo,  e  si  dice  di  gente  che  ha 
conti  da  rendere  alla  giustizia.  Dicesi 
anche  per  celia.  Cfr.  il  Manzoni,  P.  S. 
Gap.  XI. 

leva  il  muso,  odorando  il  vento  infido. 

Oeil  de  boeuf:  fr.,  occhio  di  bue.,  cioè 
lìnestrina  ovale  (onde  il  nome  storico  del- 
l'anticamera regia  in  Versaglia). 

Offellèe  fa  el  to  mestèe:  sentenza  del 
dialetto  milanese,  nota  oltre  i  confini  di 
quel  dialetto.  Già  C.  M.  Maggi  si  era  si- 
]nilmente  espresso  :  /  mestee  i  ha  da  fa 
chi  je  sa  fa.  Cfr.  Ne  ultra  crepidani. 

Olfenbachiano:  suona  buffonesco.,  ridi- 
colo :  da  Giacomo  Offenbach  (1819-1880; 
di  Colonia,  ma  francese  di  elezione  e 
di  vita  ;  fecondissimo  autore  di  operette 
comiche. 

Offrire  il  fianco:  porgere  in  una  que- 
stione il  lato  pili  debole  o  vulnerabile. 

Oga  Magòga:  dicesi  per  beffa  di  paese 
lontanissimo  e  incerto.  Nella  Bibbia  Gog 
è  la  personificazione  del  popolo  nemico  di 
Israele,  poi  gog  niagog  passò  a  significare 
paese  straniero  e  lontano. 

Ogiva:  nervature  che  s'incontrano  dia- 
gonalmente nelle  volte  della  architettura 
gotica  e  vi.foi'manb  scompartimenti  ango- 
lari. Der.  ogivale.  Etim.  incerta.  Y.  Zam- 
baldi,  op.  cit.  Perchè  poi  il  Petrocchi  ponga 
«  ogiva  »  fra  le  voci  antiquate,  non  so. 

0  gran  bontà  de'  cavalieri  antiqui!: 
(Ariosto,  Orlando  Furioso^  I,  22.)  Dicesi 
tuttora  in  vario  senso  e  con  intenzione 
di  ironia  o  di  celia. 

Ohm  :  questo  è  nome  di  matematico  e  fi- 
sico tedesco  insigne  (Simone  Ohm,  1789- 
1854).  Per  deferenza  ai  suoi  lavori  venne 
dato  il  nome  di  ohm  all'unità  pratica  di 
resistenza  elettrica:  resistenza  offerta  ad 
una  corrente  costante  da  una  colonna  di 


mercurio,  alla  temperatura  del  ghiaccio  fon- 
dente, della  sezione  di  un  millimetro  qua- 
drato e  della  lunghezza  di  106  centimetri, 
che  è  r  ohm  legale.  L'  ohifi  internaxio- 
nale  poi  è  il  valore,  dell'  ohm  quale  venne 
definito  dalla  Conferenza  tenuta  a  Chicago 
nel  1893  dai  delegati  dei  governi  e,  ri- 
sponde al  valore  vero  dell'unità  pratica 
di  resistenza  elettrica:  è  definito  dagli 
stessi  elementi  che  definiscono  Vohm  le- 
gale., salvo  che  la  lunghezza  della  colonna 
di  mercurio  deve  -essere  di  cm.   106,  3. 

Oide:  suffisso  in  origine  delle  scienze 
fisiche,  indi  frequente  in  molte  voci,  la 
più  parte  neologiche,  come  mattoide., 
socialistoide.,  anarcoide  etc.  Su  tale  de- 
sinenza mi  piace  riportare  questa  nota 
fra  seria  e  faceta  che  leggo  in  un  gior- 
nale :  «  Oide  è  una  desinenza  condiscen- 
dente e  compiacente  che  viene  dalla  parola 
greca  elòog,  che  vuol  dire  species.,  forma., 
statura.,  modus.,  status  re*;  cioè  apparenza, 
sembianza,  imagine,  visione,  forma,  sta- 
tura, modo,  stato  di  una  cosa,  a  seconda 
dei  casi.  Questa  desinenza  nelP  appicci- 
carsi al  sostantivo  italiano,  perdette  Vep- 
silon  greco  davanti  all'o  con  cui  finivano 
i  primi  sostantivi  italiani,  e  così  abbiamo 
Yoide.,  e  abbiamo  la  fabbrica  di  tutti  i 
sostantivi  italiani  in  oide  che  ci  abbiso-, 
gnino  ;  come,  per  esempio,  monarcoide, 
clericaloide,  republicanoide,  liberaloide,  e 
via  via,  coniatene  quanti  ne  volete,  fino  al 
rompiscatoloide.  QneWeidos.,  che  diventa 
poi  oide.,  è  dunque  significatore  ora  di 
apparenza,  ora  di  forma,  ora  di  statura, 
ora  di  modo,  ora  di  stato:  ma  non  proprio 
della  sostanza  della  cosa  :  significa  solo 
quel  che  sembra  una  data  cosa.  Questa 
sua  facoltà  rende  Voide  idoneo  ad  es- 
sere adoperato  come  espediente  per  trarsi 
d'imbroglio  quando  non  si  sa  bene  de- 
finire un  soggetto,  una  persona,  un'  opi- 
nione, un  modo  di  pensare,  di  agire.  » 
Vocabolo  che  è  segno  dei  tempi! 

Oidio:  (da  o)óv  =  uovo)  genere  di  fun- 
go parassitario:  nefasta  crittogama  che  si 
manifesta  in  forma  di  bolle  sui  pampini 
e  impedisce  il  crescere  e  il  maturare  del 
grappolo.  In  Romagna  i  villani  la  dicono 
manna. 

OVI:  lingua  d'oU.  V.   Oc. 


Oini 


341 


Omn 


0  imitatores,  servum  pecus:  o  imita- 
tori^ servile  gregge!  (Orazio,  Epistole,  I, 
li»,   19ì. 

Oleum,  et  operam  perdidi:  motto  latino 
di  Plauto  {Paenidus^  I,  2,  119;:  ho  per- 
duto l'olio  e  la  fatica^  cioè  ho  fatto  fa- 
tica vana.  Cfr.  il  nostro  motto  perdere  il 
ranno  ed  il  sapone. 

Olièna:  (dal  nome  del  territorio  di  Olie- 
na)  vino  sardo  di  molto  commercio,  sapido, 
alcoolico,  con  aroma  speciale.  Buon  vino 
da  arrosto. 

Olim  :  av.  lat.,  una  volta,  in  quel  tempo 
(cfr.  il  pronome  latino  olliis  z^  ille).  Dicesi 
talora  in  senso  sarcastico  per  indicare  il 
mutato  animo  o  partito  o  stato  di  una 
persona. 

Olimpo:  nel  gergo  familiare  talora  è 
usata  questa  parola  per  indicare  il  ceto 
chiuso  dell'aristocrazia,  specie  se  dato  a 
vita  mondana  :  cui  l'ammirazione  del  vol- 
go e  l'invidia  degli  altri  fanno  da  incen- 
siere e  cornice. 

Olla-podrìda:  si  pronuncia  oglia  po- 
drida,  o  vuol  dire  in  ispagnuolo  olla,  pen- 
tola putrefatta:  cioè  usando  il  contenente 
pel  contenuto,  carni  e  verdure  di  ogni 
svariata  specie  cotte  insieme  :  cibreo.  I 
francesi  tradussero  la  parola  spagnuola  in 
potpourri.  T.  questa  voce. 

Olii  essenziali:  o  eteri  volatili,  nome 
dato  a  un  gran  numero  di  sostanze  odorose, 
dall'aspetto  oleoso,  che  divengono  volatili 
per  il  calore,  e  sono  prodotte  da  piante 
mercè  la  distillazione. 

Oltramontano:  V.    Ultramontano. 

Oltre  il  rogo  non  vìve  ira  nemica:  verso 
di  Vincenzo  Monti  (In  morte  di  Ugo  Bas- 
ville,  I,  49),  rimasto  popolare. 

Oltremare:  nome  di  colore  azzurro  pre- 
zioso che  sino  alla  metà  del  secolo  scorso 
si  otteneva  polverizzando  e  trattando  il 
lajìislazzuli  naturale. 

Orna:  suffisso  l-appresentante  la  finale 
groc:i  ...6>/<a,  usato  dai  modici  per  indi- 
care i  tumori  neo-plastici:  sarcoma.,  car- 
cinoma..^ epitelioma. 

Omaggio:  «(homage)  da  homo,  perchè  nel 
medioevo  un  uomo  era  uomo  dell'altr' uomo. 
E  non  tanto  dalla  feudalità  oltramontana, 
non  mai  radicata  molto  [)rofondamonte  in 
Italia,  quanto  dalla  servile  imitazione  dello 


frasi  francesi,  venne  questa  voce,  ignota  al 
popolo.  Così  le  donne  italiane  ricevono 
omaggio:  così  si  sente  dire:  rendere  omag- 
gio al  vero,  come  se  questo  fosse  un  uomo 
a  cui  recare  tributo.  Meglio  rendere  onore. 
E  nelle  conversazioni  patrizie:  io  vi  pre- 
sento i  miei  omaggi  per  :  vi  presento  i 
miei  ossequila  i  miei  convenevoli.  E  non 
è  raro  ricevere  un  libro  con  scritto  sul 
frontispizio:  omaggio  dell'autore',  espres- 
sione che  rappresenta  1'  autore  in  ginoc- 
chio neir  atto  di  offrire  il  suo  volume. 
Basta:  dono  dell'autore.»  Così  il  signor 
Allan,  op.  cit.  ed  è  nel  vero,  ma  l'uso  ha 
imposto  ormai  questa  e  tante  altre  parole 
in  cui  rifulge  1'  iperbole  sgarbata  e  dif- 
forme al  genio  della  nostra  favella. 

Omaggio  (In)  :  per  in  conformità.^  per 
rispetto.,  conforme.!  in  onore,  rendendo 
onore,  QÌG.  es.  in  omaggio  al  vero,  è 
maniera  dell'uso:  ripresa  dai  puristi. 
Omaggio  dell'autore:  V.  Omaggio. 
Omaro:  nomo  scientifico  del  gambero  di 
mare,  homarus  vulgaris.,  in  fr.  homard. 

Omelette  :  parola  francese,  usata  special- 
mente nell'Alta  Italia  invece  di  frittata: 
riprendesi  a  ragione  dai  puristi  ancorché 
i  cuochi  potrebbero  fare  qualche  differenza 
tra   frittata  e  omelette.    L'  etimologia   di 
questa  voce  è  incerta  :    da  oeufs  mèlés  ? 
!    ovutn  molle  ?  \  Omelette  soufflée  chiamano 
I   da  noi  una  specie  di  frittata  dolce  :  oine- 
^   lette  à  la  confiture  una  specie  di  frittata 
dolce  con  ripieno  di  conservo  e  sapori. 

0  mia  anima  profetica:  locuzione  dal- 
l'inglese, 0  my  prophetic  soni!  (Aìnleto). 
I       Omne  ignotum  prò  magnifico  est:  stu- 
I    penda  sentenza  di  Tacito  {Agricola^  XXX), 
ogni  cosa  di  cui  non  si  ha  noxione.  si 
ritiene  meravigliosa. 
Omne  trinum  est  perfectum:  ogni  com- 
I   plesso  di  tre  (solitamente  dicesi  di  persone 
e  spesso  in  senso  caustico)  è  cosa  perfetta. 
Sentenza   latina,  dedotta   verosimilmente 
dalla  scienza  cabalistica  che  dà  il  tre  per 
perfetto  numero.    Cfr.  il  motto    Tres  fa- 
cilini collegium.,  e  Numero  Deus,  otc.  e 
ricorda  il  ti-e  ricorrente  in  Dante. 

Omne  vivum  ex  ovo:  ogni  essere  viro 
proviene  da  uovo,  a  foriamo  che  vuoisi 
dedotto  da  0.  Harvey  (Kvereitationes  de 
generatione  animalinm).  se  \)uvo  non  è 


Omn 


—     342     — 


Onn 


di  Ibrniazioue  popolare  per  significare  il 
fatto  che  la  vita  nasco  dalla  vita,  cioè  la 
teoria  della  biogenesi  (Redi,  Spallanzani, 
Pasteur,  Tyndall,  Roberts,  Dallinger)  Y. 
Oeneraxione  spontanea. 

Omnia  mea  mecum  porto  :  ho  con  ine 
ogni  mia  ricehe'vxa,  sentenza  variamente 
attribuita,  cioè  a  Simonide  od  a  Biante, 
due  dei  sette  savi  del  tempo  antico  (oh, 
savio  limitato  numero!)  V.  Cicerone,  Pa- 
radoxa  I,   1. 

Omnia  munda  mundis:  tutto  è  puro  nei 
puri!  (S.  Paolo  a  Tito,  I,  15j.  V.  Man- 
zoni, P.  S.  cap.  Vili. 

Omnia  tempus  habent:  tutte  le  cose  han- 
no il  loro  tempo  {Ecclesiaste^  III). 

Omnia  vinoit  amor:  amore  vibice  ogni 
cosa.  Verg.  (Egloga  X,  69).  Cfr.  Sofocle 
neW Antigone  (coro):  Amore  invincibile 
nella  battaglia^  etc. 

Omertà:  voce  dialettale  sicula:  il  sen- 
timento cavalleresco  individuale  :  indi  il 
punto  d'  onore  degli  appartenenti  alla 
màfia  e  quindi  per  estensione  ad  ogni 
specie  di  mala  vita.  Per  effetto  della 
omertà  il  ferito  non  rivelerà  il  nome  del 
feritore,  il  mafioso  manterrà  il  segreto, 
si  atterrà  a  certe  norme  che  costituiscono 
una  specie  di  onore  e  cavalleria  furfante- 
sca. Omertà  da  umiltà,  simulata  sotto- 
missione di  chi  si  acconcia  all'offesa,  me- 
ditando vendetta?  o  dallo  spagnuolo  honibre 
3=  uomo,  quasi  virilità?  Del  i-esto  V omertà 
se  più  specialmepte  designa  il  senso  d'o- 
nore fra  i  delinquenti  volgari,  soggetti  alle 
comuni  leggi,  come  fenomeno  di  coesione 
morale  e  di  istintiva  difesa  reciproca  si 
riscontra  fra  tutti  coloro  che  operano  in 
modo  immorale  o  anti-sociale  come  oggi 
si  dice. 

Omosessualismo  od  omosessualità:  da 
òjtiòs  =^  simile,  uguale  e  sexus  =  sesso. 
Parola  scientifica,  usata  in  medicina  ed 
in  medicina  legale  per  indicare  un  per- 
vertimento sessuale  di  individui  i  quali 
hanno  un'inversione  dell'istinto,  pur  a- 
vendo  gli  organi  normalmente  conformati. 
Dicesi  anche  uranismo.  V,  Appendice. 

Onanismo:  da  Onan  personaggio  biblico 
(V.  Genesi,  38,  9;:  Bem  detestalrileni ! 
V,  Appendice. 

Onde  Sam  :   traduzione    francese    dal- 


!   Tingi.    Uìicle  Sam-,   lo   xio    Sam:  deno- 

i   minazione  generica    dell' americano  degli 

1    Stati  Uniti.  L'origino  di  questa  locuzione 

si  dice  sia  stata  la  seguente  :  durante  la 

nota  guerra  di  secessione  (1861-1865),    i 

{    soldati  erano  avvezzi   ad    accogliere    con 

giubilo  i  carri  delle  provvigioni,  che  erano 

segnati  con  la  sigla  U.  S.  (United  States). 

{   I  soldati  li  chiamavano  i  carri  dell'  Uncle 

I   Sam.  Cfr.  John  Bull,  Pantalone,  etc. 

I       Onde  fare,  onde  addivenire  etc.  (cioè 

;  onde  =  per,  o  affinchè)  :  è  modo  usatis- 

j    Simo  nel  linguaggio  comune,  specie  degli 

I    uffici,    e   del   commercio.    Senza   sentirci 

I    rizzare  i  capelli  come  avveniva  a  quel  ge- 

!    niale  purista  del  marchese  Basilio  Puoti, 

certo  è  locuzione  tutt'  altro  che  bella  ed  e- 

letta  e  non  confortata  da  esempi,  e  in  fatto 

coloro  che  appena  hanno  un  po'  di  senso 

estetico  e  riflessivo  nello  scrivere,  la  evi- 

I   tano,  tanto  più  che  può  benissimo  essere 

I    sostituita  dal  per.  Onde  vale  da  dove  come 

I   donde.,  cioè  è  avverbio  di  moto  da  luogo. 

Vale  anche  per  di  che.,  con  che:  Es. 
! 
j  Onde  le  fiere  tempie  erano  avvinte. 

Dante,  Inf.  IX. 

pur  che  abbia  onde  io  possa  vivere,  ben- 
ché mi  sappia  un  poco  di  ricercato.  Onde 
ha  pure  senso  causale  =  laonde, 

onde  al  segno  ch'io  marco 
va  stridendo  lo  strale 
dalla  cocca  fatale. 

Pauini,  Educazione. 

Onde  Hertziane  (e  non  Herxiané)  :  sono 
onde  elettro-magnetiche,  prodotte  nell'etere 
e  nei  mezzi  ('?)  dielettrici  da  scariche  elet- 
triche oscillanti,  come,  in  certi  casi,  sono 
le  scariche  delle  bottiglie  di  Leida.  Tali 
onde  si  propagano  con  la  velocità  della 
luce,  si  riflettono,  si  rinfrangono  come  le 
onde  luminose.  Sono  queste  onde  le  mes- 
saggere dei  segnali  nella  telegrafia  senza 
fili  del  Marconi.  Sono  così  chiam.ate  dal- 
l'illustre Enrico  Hertz  (1857-1894)  che  le 
scoprì  e  studiò,  ed  il  Marconi  applicò. 

Onesto  lago  !  :  è  la  versione  dell'inglese 
the  honest  lago,  che  ricorre  sovente  nel- 
r  Otello,  e  nel  senso  proprio  di  onesto. 
Oggi  dicesi  sarcasticamente  di  chi  ha  par- 
venza di  onestà,  sotto  la  quale  occultasi 
frode  e  tradimento. 


Onn 


—     343     — 


Opo 


On  ne  peut  contenter  tout  le  monde  et 
son  pére:  arguta  sontonza  francese,  infor- 
mata al  solito  sonso  di  esagerazione  che 
è  proprio  di  quella  lingua:  non  è  possì- 
bile operare  in  modo  da  accontentare 
tutti.  V.  Pascal,  ottava  delle  Lettere  Pro- 
i)inciali,  V.  La  Fontainc,  Favole  (Le 
Menìiier  et  son  fdsj. 

On  n'est  trahi  jamais  que  par  les  siens: 
a  questo  modo  francese,  non  infrequente, 
corrisponde  l'italiano:  dagli  amici  ini 
guardi  Iddio  che  dai  nemici  mi  guardo  io. 

"Oi^  ol  ìieoì  (piÀodoiv  ànodvì}GKei  véog  : 
famoso  verso  di  Monandro,  conservatoci 
da  Plutarco  {fragni.  124,  ed.  Kock).  Q)uem 
dii  diligunt  adolesceìis  moritur  (Plauto, 
Bacch.  IV",  7,  8).  Muor  giovane  colui 
ch'ai  ciol  è  caro,  tradusse  il  Leopardi  met- 
tendolo a  motto  della  lirica  Amore  e  Morte. 

Onor  d'Imperatori  e  di  Poeti:  così  il 
Petrarca  (Sonetto  CCXXV,  ed.  Mestica) 
chiama  l'alloro  (indicato  anche  coi  fega- 
tini nel  loro  omento).  Verso  fatto  popolare. 

On  revient  toujours  |  à  ses  premiers 
amours:  (Etienne,  Joconde,  musica  di 
Jsouard  a.  Ili,  se.  I)  motto  francese,  di- 
venuto proverbiale  anche  fra  noi,  special- 
mente quando  si  vuole  significare,  con 
modo  faceto,  il  ritorno  alle  abitudini  di 
un  tempo. 

Onta:  nella  locuzione  ad  onta  ^qy  no- 
nostante, malgrado.,  è  modo  ripreso,  ap- 
punto per  il  grave  senso  della  parola  onta 
che  mal  si  adatta  a  lieve  senso  di  avver- 
sione. Mal  detto  :  «venne  ad  onta  del  cat- 
tivo tempo»,  ben  detto:  «la  virtù  trionfa 
ad  onta  dell'invidia».  (ìiìB.  Rarum  f). 

Ontogenìa  od  ontogénesi:  voci  univer- 
sali, usate  in  biologia  ed  in  filosofia:  intro- 
dotto dall' Haeckel  e  formate  dal  greco  oìv- 
òvrog  ==  onte,  e  yévog  z=z  genere.  Servono 
queste  parole  ad  indicare  lo  sviluppo  del- 
l'individuo  in  opposizione  allo  sviluppo 
della  specie  (Filogenesi).  In  altri  termini 
l'ontogenesi  è  un  compendio  più  o  meno 
ampio  della  evoluzione  della  specie.  Così 
ad  esempio,  l'uomo,  nell'utero  materno, 
passa  attraverso  varie  forme  dell'  essere 
animale  prima  di  giungere  a  quello  stadio 
ultimo  che  lo  caratterizza  (Rosmini). 

Ontologia:  iò>t>  -  oito^,  ente  e  Aóyo^, 
scienza)   voce   universale  del  linguaggio 


filosofico:  la  dottrina  o  scienza  di  ciò  che 
in  realtà  esiste  ed  è  conosciuto. 

Opera:  come  termine  del  linguaggio  mu- 
sicale, indica  un  «lavoro  artistico  por  eccel- 
lenza, nel  quale  si  associano  un'  azione 
drammatica  e  la  poesia  alla  musica,  la  danza 
0  la  mimica  alla  pittura:  si  distingue  in 
biblica.,  idillica,  semiseria.,  buffa.,  roman- 
tica., nella  leggenda  e.  nell'  operetta.  Il 
primo  saggio  si  ebbe  in  Firenze  colla 
Dafne  (1584),  poesia  di  Rinuccini,  mu- 
sica di  Jacopo  Peri.  Gli  stessi  diedero  poi,^ 
nel  1600,  la  Euridice»  (A.  Galli,  op.  cit.). 
Opera,  adunque,  parola  di  Creazione  italia- 
na in  tale  senso,  si  estese  poi  agli  altri  lin- 
guaggi d'Europa  con  i  suoi  suoni  italici.  È 
il  dominio  dell'idea  e  del  pensiero  che  è 
indicato  dal  dominio  della  parola. 

Opere  vive:  (term.  mar.)  la  carena,  cioè 
le  parti  della  nave  che  stanno  al  disotto 
del  piano  di  galleggiamento,  contraposto 
ad  opere  morte,  che  son  quelle  che  stanno 
al  di  sopra  dell'acqua:  le  prime  sono  vi- 
tali alla  stabilità  della  nave,  le  seconde 
possono  senza  grave  danno  essere  tolte; 
onde  i  nomi. 

Oplà:  esclamazione  onomatopeica  nel- 
l'atto del  salto. 

Oplite:  gr.  ÒTTÀltì^s-)  da  ònXov  =z  arma; 
il  soldato  dell'antica  Grecia,  coperto  di 
greve  armatura. 

Opoponax:  òjtojiàua^^  gomma  resinosa 
che  si  ottiene  con  incisioni  alle  radici  della 
I  pianta  chiamata  Pastinaca  Opopanax^ 
j  originaria  di  Seria.  Serve  come  medica- 
mento ed  è  più  nota  come  profumo.  La 
forma  italiana  oppoponaco,  registrata  nei 
vecchi  lessici,  mi  pare  poco  dell'uso.  Pre- 
vale la  forma  francese. 

Oportet  ut  scandala  eveniant:  variante 
di  Necesse  est.,  ut  scandala  eveniant.  (V. 
a  queste  pai-ole).  Si  dice  nel  senso  :  «  è  bene 
che  il  bubbone  morale  scoppi  ».  NB.  di 
questi  necessari  beni  la  terza  Italia  ha 
grande  dovizia  ! 

Oportet  ut  unus  moriatur  prò  populo  : 
è  utile  che  uno  muoia  per  il  popolo, 
cioè  una  vittima  è  necessaria.  Storica- 
mente è  il  consiglio  del  sommo  sacerdote 
Caiafa  che  propone  la  morte  di  Cristo  (S. 
Giovanni,  Evangelo,  XVllI,  14).  Caiafa 
ciò  diss(i  nel  senso  che  conveniva  por  tah» 


Oi.o 


344     — 


Ore 


morte  o  per  tal  sangue  cein(3iitai-e  la  Si- 
nagoga: i  Cristiani  l'interpretarono  invece 
nel  senso  del  fatale  olocausto  dell'Uomo 
Dio  per  l'uman  genere. 

Opossum:  Didelphis  virginiana^  specie 
di  sariga  o  didelfìde,  particolare  dell' A-  j 
merica.  lu' Opossum  è  alquanto  maggiore 
dello  scoiattolo;  il  suo  pelo,  rossastro,  me- 
schiato  di  giallo,  serve  per  pelliccerie. 
Opossum  è  voce  data  dagli  anglo-ameri- 
cani :  notata  in  francese. 

Opoterapìa:  terni .  med. ,  da  òm')s=^  succo  e 
OsgaTTEia  =  cura  (Landouzy),  sinonimo  di 
organoterajjia.  Cura  consistente  nell'uso  di 
estratti  preparati  con  organi  animali.  Tale, 
ad  es.,  il  metodo  detto  di  Brown-Séquard. 

Opportunismo  :  partigiano  delle  riforme 
e  delle  modificazioni  quali  il  progresso  e 
la  necessità  di  mano  in  mano  richiedono, 
fr.  opporhmisme,  voce  creata,  dice  G.  De- 
lesalle,  op.  cit.,  dal  Gambetta.  Voce  che, 
insieme  al  der.  opportunista^  acquistò 
mal  senso,  indicando  la  subordinazione 
delle  opere  umane  al  concetto  di  utile  e 
di  convenienza.  Vocabolo  divenuto  comune, 
tanto  e  bello  specchio  dei  tempi! 

Opportunista:  V.  Opportunisìno. 

Optare  :  per  scegliere  tra  duo  parti  od 
uffici,  è  latinismo  usato,  specie  nel  lin- 
gmìggio  parlamentare.  Così  dicasi  della 
^Q.Yola.  opxdoìie  (dal  latino  optionem).  Voci 
non  eleganti,  le  quali,  scrive  il  Tomma- 
seo «  usavano  alcuni  in  Italia,  anche 
prima  di  questa  invasione  di  locuzioni 
straniere  » .  La  grafia  italiana  sarebbe  ottare^ 
«ma  avendo  riportata  tale  voce  in  Italia 
i  Francesi,  era  naturale  che  si  dovesse  ac- 
cetterò anche  la  loro  grafìa».  Rigutini. 

Opzione:  fr.  option.  V.   Optare. 

0  quam  cito  transit  gloria  mundi!:  o 
come  presto  trapassa  la  gloria  del  mondo: 
leggesi  in  Tommaso  e  Kempis  {De  imitai. 
Ghristi  I,  3.  6).  La  formula  rituale  nelle 
elezioni  de'  pontefici,  e  divenuta  popolare, 
è:  sic  transit  gloria  mundi.  Cfr.  Dante: 
Xon  è  il  mondan  romore  altro  che  un  fiato 
Di  vento, Purg.  XI,  100. 

Ora  (cavallo)  :  è  il  lavoro  compiuto  in 
un'ora  dalla  potenza  di  un  cavallo  dina- 
mico, 0,  come  si  dice  comunemente,  ca- 
vallo-vapore: è  di  270000  (duecentoset- 
tantamila)  chilogrammetri. 


Ora  incominoian  le  dolenti  note:  Cfr. 
E  qui  cominciane  etc. 

Orario:  nella  locuzione  velocità  oraria^ 
e  simili  cioè  dell'ora^  è  neologismo. 

Oratorio:  come  vocabolo  del  linguaggio 
musicale,  indica  un  «componimento poetico 
e  musicale  sviluppatosi  dai  salmi  e  cantici 
dei  confratelli  della  Congregazione  dell'  Ora- 
torio ;  questa  era  stata  instituita  in  Eoma 
da  San  Filippo  Neri  allo  scopo  di  disto- 
gliere il  popolo  dagli  spettacoli  mondani. 
Poscia  si  drammatizzarono  i  racconti  bi- 
blici ponendo  in  versi  le  parabole  del 
Vangelo.  Animuccia  e  Palestrina  furono 
i  primi  a  scrivere  laudi  per  l'oratorio.  Le 
azioni  sacre  si  celebravano  di  solito  in 
una  sala  attigua  alla  chiesa  dove  proce- 
devasi  al  servizio  divino;  e  questa  sala 
chiamata  oratorio,  die  il  nome  al  componi- 
mento di  cui  parliamo.»  (A. Galli,  op.  cit.) 
Tale  genere  musicale  è  rinnovato  dal- 
l'abate Porosi.  (V.  Ricreatorio). 

Orazio  sol  contro  Toscana  tutta:  Ario- 
sto, Orlando  Furioso,  XVIII.  65  :  verso 
popolare  spesso  ripetuto  per  celia. 

Orbacelo:  voce  sarda  orbaci:  panno 
di  grossa  lana,  dall'italiano  albagio,  voce 
disusata  per  indicare  una  specie  di  panno, 
solitamente  bianco. 

Orbetto:  nel  gergo  dei  giornali  è  detto 
talora  il  puhlico.  Quanta  filosofia  in  que- 
sta lepida  denominazione  ! 

Orchestra:  (ÒQxrjOtQa)  nel  teatro  greco, 
fu  lo  spazio  fra  la  scena  e  gli  spettatori, 
nel  quale  agiva  il  famoso  coro  antico. 
Oggi  per  orchestra  si  intende  la  scelta  e 
riunione  degli  istrumenti  più  importanti 
e  caratteristici,  imaginati  e  perfezionati, 
dagli  antichissimi  tempi  ai  dì  nostri.  «Al- 
l'India, ai  Persiani,  agli  Arabi  andiamo 
debitori  degli  strumenti  d'arco  ;  all'Egitto, 
alla  Palestina,  alla  Grecia  devonsi  gli 
strumenti  monoplettrici  e  a  pizzico  (la 
cetra,  l'arpa,  gli  antecessori  dei  liuti,  dei 
mandolini  e  dello  •  chitarre),  il  clarinetto 
favÀóg).,  gli  ottoni  (oàXjny§)  nella  loro 
forma  primitiva,  i  sistri,  ì  crotali;  ai  Se- 
miti il  rvjUJtavov  a  verghe  metalliche, 
percosso  a  mano  (strumento  cui  si  può 
far  risalire  l'origine  del  pianoforte):  agli 
Egizi,  dell'epoca  Alessandrina.  Vidraulos 
(donde  il  nostro  organo)  ;  infine,  agli  Eu- 


iTd 


345 


Ori 


ropoi  i  più  ingegnosi  porfozionamonti  dei 
diversi  agenti  sonori,  che  condussero  ai 
mirabili  lavori  di  uno  Stradivarius,  di  un 
Erard,  di  un  Bohm,  di  un  Dennher,  di 
Sax,  di  Stozel,  ecc.,  ecc.  (Tutti  questi 
strumenti  sono  meravigliosamente  imitati 
e  riuniti  nel  grande  organo  pneumatico 
niuderno).  »  A.  Galli,  op.  cit. 

Ordinariato:  grado  nella  gerarchia  sco- 
lastica universitaria  :  si  dice  di  quei  pro- 
fessori che  sono  di  nomina  stabile,  ordi- 
nari  (contraposto  a  straordinari). 

Ordinativo  di  spesa:  è  l'atto  prelimi- 
nare, col  quale.  nell'Amministrazione  fi- 
nanziaria, si  impegna  una  sposa. 

Ordine  (impiegato  d'):  si  dice  nel  lin- 
guaggio burocratico  di  quell'ufficiale  al 
quale  non  spetta  se  non  la  parte  materiale 
vd  esecutiva.  Impiegato  di  concetto^  in- 
vece, è  detto  quell'ufficiale  cui  è  affidata 
facoltà  di  ideare,  proporre,  dettare.  Antica 
divisione. 

Ordine  del  giorno:  locuzione  del  lin- 
guaggio parlamentare,  tolta  dal  francese, 
ed  è  forma  elittica  che  vale  ordine  delle 
cose  da  trattarsi  nella  giornata,  cose  da 
trattarsi.  Mettere  all'ordine  del  giorno 
vale  mettere  in  discussione,  o  in  consulta 
come  si  dicea  in  antico.  Passare  all'or- 
dine del  giorno  vale  passar  oltre.  Dicesi 
poi  familiarmente  essere  all'ordine  del 
giorno  per  essere  cosa  abituale,  comune, 
ma  si  intende  di  cose  non  belle,  solitamente. 
Infine  ordine,  nella  locuzione  curialesca  e 
d'ufficio  in  ordine.,  usasi  invece  di:  rispetto 
rt,  cii'ca  a,  conforme  (modo  riprovato). 

Orecchioni:  malattia  infettiva,  epide- 
mica, contagiosa,  caratterizzata  dalla  tu- 
mefazione simultanea  o  successiva  di  certe 
glandolo,  specialmente  delle  glandolo  sali- 
vari. Il  nomo  scientifico  è  parotite  epide- 
iiiica.  Il  Petrocchi  avverte  che  è  voco 
più  comune  gattoni  (?j  |  Orecchioni  pure 
diconsi  le  parti  sporgenti  del  cannone  che 
servono  a  tenerlo  sospeso  sul  (-arru  (affusto). 

Orecchioniere:  gli  incavi  nello  così  detto 
«•osco  del  carro  (affusto),  ove  posano  gli 
orecchioni  del  cainione. 

Ore  delle  galline  o  dei  polli  (andare 
a.  letto  alle)',  vale,  per  nota  e  facile  simi- 
litudine, andare  a  letto  prestissimo,  quasi 
prima  che  cali  il  sol(\ 


Oremus  :  voce  latina  della  liturgia,  pre- 
ghiamo; dicesi  familiarmente  con  esteso 
senso  profano  ed  ironico. 

Ore  piccole:  le  ore  dopo  la  mezzanotte, 
dotte  manifestamente  «piccole»  dai  pochi 
suoni  che  bastano  a  batterle  in  confronto 
ai  molti  che  occorrono  per  le  ore  prima 
di  mezzanotte. 

Organdi:  parola  francese:  tessuto  di  co- 
tone fine  e  leggiero,  specie  di  mussolina 
0  tarlatana  :  serve  per  tende,  abiti  bian- 
chi da  estate,  otc. 

Organico:  voce  del  gergo  amministra- 
tivo, usata  in  vece  di  ruolo.,  ordinamento, 
secondo  i  casi  :  ripresa  dai  puristi. 

Organizzare:  «  ci  viene  dal  fr.  organi- 
ser,  ma  non  è  forma  barbarica,  sì  bene 
su  l'analogia  di  armonixxare  e  altri  tali  » 
Tommaseo.  Voce  usatissima  in  senso  tra- 
slato. Più  pura  voce  e  più  antica,  usata 
da  qualche  moderno,  è  organare. 

Organo:  per  portavoce,  interprete  e  le 
locuzioni  farsi  od  essere  l'organo  di  etc, 
si  riprende  dai  puristi.  Comuni  nel  lin- 
guaggio giornalistico  e  della  politica. 

Orgoglio:  per  vanto,  gloria^  onore, 
detto  di  persona,  sa  pei  puristi  di  galli- 
cismo. «  Per  i  francesi  orgoglio  è  bella 
alterezza,  ma  per  noi,  nelV orgoglio  sen- 
tiamo l'alterigia  insolente  ».  (Rigutini). 
Così  dicasi  di  orgoglioso. 

Orientarsi  :  in  senso  traslato  di  racca- 
pcxxarsi,  ritrovarsi,  trovar  la  tramon- 
tana., pei  puristi  è  neologismo  che  sa  di 
francese.  Ma  è  voce  entrata  pienamente 
nell'uso  e  bene  fece  il  Petrocchi  ad  acco- 
glierla. Nello  stesso  senso  fu  da  noi  co- 
niata la  parola  orixxontarsi.  \  Nel  lin- 
guaggio marinaresco  orientare  significa 
bracciare  i  pennoni  o  disporre  le  antenne 
in  guisa,  che  le  vele  facciano  con  hi  dire- 
zione del  vento  l'nngolo  più  favorevole  al 
cammino  del  bastimento.   Par.  orientato. 

Origine  della  specie:  teoria  del  modo 
come  nacquero  lo  diverse  specie  dogli 
animali:  lo  due  teorie  -finora-  sono:  per 
Creazione  (Genesi)  e  ])er  evoluzione  {Ori- 
gin  ofSpecies  hy  Means  of  Naturai  Sele- 
ction  -  I)i\Y\xìn).  La  leggenda  biblica  dice 
che  Dio  creò  ciascuna  specie,  diretta- 
mente e  non  mercè  un  pi'ogrosso  evolu- 
tivo. Lji  ttun-ia   darwiniann    non    inelude 


Ori 


346 


Osili 


(come  può  sembrare)  la  negazione  della 
Causa  causante  e  non  causata  (Dio).  Molti 
filosofi  si  studiarono  di  conciliare  la  teoria 
biblica  con  la  teoria  scientifica  o  darwi- 
niana. 

Orizzontale:  traduzione  neol.  della  voce 
del  gergo  francese  horixontale  =  femme 
galante.  V.  Appendice. 

Orizzonte:  nelle  locuzioni  traslate  come 
gli  orizzonti  della  scienza^  ?  nuovi  oriz- 
zonti^ ingegno  di  vasti  orizzonti  (per 
larga  veduta)  e  simili,  è  ripreso  dai  pu- 
risti come  voce  francese. 

Orlo  a  giorno:  V.  A  giorno. 

Ornamentare  e  ornamentazione  :  invece 
di  ornare  e  ornamento^  voci  usate  nel 
linguaggio  delle  arti,  sono  riprese  dai  pu- 
risti perchè  tolte  dal  fr.  ornanienter,  or- 
namentation :  certo  sono  superflue. 

Oro  falso  :  lega  di  rame  con  quantità 
variabili  di  altri  metalli  (zinco,  stagno, 
etc.)  serve  per  dorature  false,  nastri  da 
avvolgere  su  fili,  passamani,  etc.  Dicesi 
anche  Similoro,  Oro  di  Mannheim^  Prin- 
cisbecco, Orpello,  Oro  canterino. 

Orologio  dei  morti:  così  la  superstizione 
e  l'uso  chiamano  quel  tie-tio  monotono 
che  si  ode  la  notte  e  proviene  dal  rodere 
che  fanno  ne'  vecchi  mobili  alcuni  piccoli 
coleotteri    (anobi)  con  le  loro  mandibole. 

Orripilante  e  orripilazione:  dal  fr.  hor- 
ripilation  e  horripiler  (neol.  anche  in 
francese)  :  dal  lat.  horrere  =  drizzarsi,  e 
pihis  =:  pelo:  brivido,  pelle  d'oca. 

Or  sì  or  no  :  questo  modo  avverbiale 
ricori-e  frequente  nelle  scritture  letterarie 
per,  ogni  tanto.,  ad  intervalli.,  ed  è,  credo, 
una  reminiscenza  del  Carducci: 

Or  ni  or  no  su  rotte  aure  il  lamento 
vieii  del  mortorio,  o?-  si  or  no  si  vede 
scender  tra  boschi  il  coro  grave  e  lento. 

Rime  e  Ritmi,  f Esequie  della  GuidaJ. 

Ortodossa  (chiesa)  :  dicesi  la  chiesa  cri- 
stiana scismatica  dell'Oriente. 

Ortodossia:  noto  termine  teologico  (gr. 
ÒQi&óg  -^  diritto  e  óó^a  =  opinione)  che  si- 
gnifica perfetta  conformazione  al  dogma. 
Dicesi,  per  estensione,  delle  opinioni  mo- 
rali e  politiche,  fide  ed  ossequenti  alle 
leggi  che  reggono  alcun  ordinamento. 

Ortopedia  :  da  ÒQdòs  -  :  diritto  e  miig  = 


fanciullo,  parola  creata  dall' Andry  (1741), 
il  quale  le  diede  questo  senso  :  arte  di 
prevenire  o  di  correggere  nei  fanciulli  le 
deformità  del  corpo.  Oggi  cotesta  defini- 
zione è  estesa  altresì  agli  adulti. 

0  rus  !  :  lat.,  «Oh,  campagna  !  »  Y.  Bus. 

0  sancta  simplicitas!  :  esclamazione  at- 
tribuita a  (jr.  Huss  sul  punto  di  morte 
vedendo  un  villano  che  nel  suo  ingenuo 
fanatismo  recava  legna  pel  rogo.  Dicesi 
eufemisticamente  in  vece  di  imbecille. 

Oscar  lo  sa,  ma  noi  dirà:  versetto  del 
Ballo  in  maschera;  usasi  talora  con  in- 
tenzione di  scherno  o  di  giuoco. 

Oscurantismo:  ingi.  obseurantism.,  ted. 
ObsGurantisìuus.,  fr.  obscuranti.^me^  dal 
lat.  obsGurare  ^=  ottenebrare:  neol.  usato 
per  indicare  l'opposizione  al  progresso  in- 
tellettuale e  alla  luce  della  verità  scien- 
tifica, la  quale  opposizione  proviene  o 
dalla  ignoranza  o  dalla  paura  degli  effetti 
che  tale  luce  produrrebbe  su  istituzioni 
tradizionali  o  su  la  fede.  Derivato,- oscw- 
rantista.  Tale  voce  spiace  ai  puristi  :  ci 
basti  regresso^  dice  il  Fanfani  :  vero  è 
che  regresso  non  è  proprio  oscuranti smo. 
Tenebrone.,  pure  proposto  dal  Fanfani  per 
oscurantista,  sarà  voce  toscana  ma  non  è 
dell'uso.  Questi  due  neologismi  mi  pare 
che  fossero  più  usati  una  volta. 

Osi  (.  .  .  càoig):  suffisso  che  designa  le 
malattie  di  carattere  cronico.  Es.  tuber- 
colosi. 

Osmaniè  :  nome  di  ordine  cavalleresco 
creato  in  Turchia  nel  1861  dal  Sultano 
Abd-ul-Aziz-Khan. 

Osmio:  metallo  raro,  che  si  trova  in 
natura  associato  al  platino  e  combinato 
all'iridio. 

Osmosi  :  (dal  verbo  greco  (hdéco  :=z  spin- 
gere, premere,  precipitare)  passaggio  reci- 
proco di  due  liquidi  attraverso  un  mezzo 
che  li  separa.  Termine  di  fisica,  di  medi- 
cina, e  si  dice  altresì  in  senso  morale. 
Composte  di  osmosi  sono  le  due  voci  en- 
dosmosi ed  esosmosi^  la  prima  usata  per 
indicare  la  corrente  osmotica  dal  di  fuori 
al  di  dentro  (évòov  —  entro),  quindi  la 
corrente  pili  forte:  la  seconda  per  indicare 
la  corrente  osmotica  dal  di  dentro  al  di 
fuori  (è|  :=  fuori),  quindi  la  corrente  più 
debole.  Derivato  da  osmosi  è  l'aggettivo 


»>H11 


—     347     - 


Ost 


'■iHiotieo,  formatosi  inanitbstainente  sul 
tVaiicose  osmotique. 

Osmotico:  fr.    osmotique.   V.    Osmosi. 

Osservare  :  vi  face  io  osservare  o  vi 
osservo  che  in  luogo  di  vi  avverto.,  vi  dico 
<oii()  n\oili  che  spiacciono  ai  puristi. 

Ossessione:  dal  lat.  ohsequm\  quindi 
(|uasi  «persecuzione»:  nel  linguaggio  me- 
dico vuol  dire  turbamento  della  volontà  che 
si  osserva  no'  degenerati.  Consiste  in  una 
idea  fissa,  timore  o  impulso  indomabile, 
(he  si  impadronisce  dell'infermo  ancor  che 
«questi  sappia  por  coscienza  di  questo  do- 
minio cui  deve  soggiacere:  onde  ne  deriva 
angoscia  grande  che  solo  cessa  con  l'ub- 
bidire all'impulso.  Familiarmente  ha  più 
mite  senso.  Ossesso.,  in  antico,  valeva  in- 
demoniato. 

Ossificazione  :  produzione  casuale  dì  tes- 
suto osseo  a  detrimento  di  un  altro  tes- 
suto (fenomeno  patologico). 

Ossigenata  (acqua):  H-  0\  o  perossido 
d'idrogeno:  fu  scoperta  da  J.  Thénard  nel 
1818.  Ha  azione  analoga  al  cloro,  decolo- 
rante e  disinfettante.  Nota  alle  signore 
per  variare  il  colore  dei  capelli  in  tinte 
auree. 

Osso-buco:  (milanese  oss  bus),  nome  di 
vivanda  in  umido,  fatta  col  garretto  dei 
vitelli  giovanissimi.  Piatto  milanese,  noto 
altresì  alle  altre  cucine  d'Italia. 

Ostacolare  :  per  imjjedire  è  voce  neo- 
logica (anzi  «  vociaccia  »,  Rigutini)  degli 
uffici  e  dei  giornali.  Non  è  in  francese. 
Per  bizzarria,  nel  verso  dantesco  : 

non  imjìedir  lo  suo  fatale  andare 

sostituisci  ostacolare  e  udrai  bel  suono  ! 
Ostello  :  per  casa,  albergo,  palagio  è 
posto  dal  Petrocchi  fra  le  voci  fuor  d'uso. 
E  va  bene  !  leggesiperò,  sia  pure  in  poesia, 
nel  Manzoni,  Natale: 

ad  E f rata, 
vaticinato  ostello, 

nel  (Jai'ducci,  forse  con  voluto  francesismo, 
trattando  di  cose  di  Francia,   (^a  Ira: 

Su  rOstel  di  Città  stendardo  nero, 
ned  Leopardi  (A  Silvia): 

D'in  sul  verone  del  paterno  ostello. 

Ostello,  (fr.  hotel).,  è  una  dello  tante  voci 


alla  francese  che  por  la  mescolanza  delle 
lingue  romanze  nel  trecento  e  nel  due- 
cento, abbondano  nella  prosa  classica  an- 
tica. V.  Hotel. 

Ostensibile  :  brutta  voce  degli  uffici,  dai 
fr.  ostensible  (lat.  ostèndere).,  in  it.  visibile. 

Osteo  :  gr.  òoréov  =  osso,  in  medicina 
è  prefisso  componente  di  un  numero  grande 
di  vocaboli  di  cui  ecco  alcuni  (Cfr.  ogni 
buon  dizionario  medico)  :  osteologia  = 
parte  dell'anatomia  che  tratta  della  ossa, 
osteoide  =:  attributo  di  speciali  tumori, 
osteoma  ==  tumore  formato  da  tessuto 
osseo,  osteoclasia  =  metodo  terapeutico 
che  consisto  nel  correggere  corte  defor- 
mità delle  ossa  e  dello  articolazioni,  sia 
I  con  isforzo  manuale,  sia  col  sussidio  di 
\  speciali  ìstrumentì,  osteoblasti  =  cellule 
che  sì  trovano  nel  midollo  dell'osso  e  del 
periostio  ed  elaborano  la  sostanza  ossea 
(da  fiXaoràvcù  zzi  germoglio,  pullulo,  na- 
sco), osteoper  io  stile  =  infiammazione  a- 
Guta  0  cronica  del  periostio  e  dell'osso 
sottoposto,  osteoporosi  :=  rarefazione  del 
tessuto  osseo,  detta  anche  osteomalacia 
senile,  osteoìnalaeia  zzz  malattia  assai  rara 
del  sistema  osseo,  che  appare  talvolta  nelle 
donne  dopo  parecchi  parti:  caratteriz- 
zata clinicamente  da  un  rammollirsi  delle 
ossa,  ed  anatomicamente  da  un  riassorbi- 
mento dei  salì  calcarei  della  sostanza 
ossea. 

Osteriggio  :  terni,  mar.,  specie  di  abbaino 
con  vetri,  difeso  da  grate  dì  ottone,  po- 
sto in  coperta,  e  serve  a  dar  luce  agii 
alloggi  sottostanti. 

Ostile:  (lat.  hostis  ir:  nemico  publico), 
«  dicesi  di  atto  e  parola  non  di  persona  ». 
così  il  Tommaseo.  Certo  ostile,  ostilità, 
ostihnente  sono  dì  que'  latinismi  perve- 
nutici da  assai  tempo  per  via  del  francese 
hostile.,  hostilité,  hostilement  e  oramai  en- 
trati nell'uso.  Ben  nota  però  il  Rigutini 
dicendo  che  il  popolo  ignora  tali  voci. 

Ostrega,  ostregheta  :  nota  esclamazione 
veneziana  che  verosimilmente  nasconde 
quella  così  comune,  ma  blasfema  di  ostia. 
Cfr.  Bio,   Oribbi,  Madosca,  otc. 

Ostruzionismo:  ingl.  obsfrnctionism. 
dal  lat.  ob-siruo,  che  letteralmente  vuol 
dire  :  fabbricare  di  rimpetto,  chiudere, 
sbarrare.,  ostruire.   Metodo   di    lotta    nei 


Ote 


848     — 


Oiiv 


parlamenti  odierni  per  cui  una  minoranza 
si  vale  di  mezzi  apparentemente  legali 
per  impedire  una  data  discussione.  Ben 
considerando,  si  tratta  di  una  intricata 
questione  di  diritto  degli  uni  per  impe- 
dire il  diritto  degli  altri,  e  anche  in  ciò 
è  applicabile  l'arguta  osservazione  di  A. 
Manzoni  che  in  questioni  di  diritto  incerto 
v'è  «  opportunità  di  fare  una  guerra  ogni 
volta  che  una  testa  dura  s'abbatta  in 
un'altra  della  stessa  tempra»  (P.  S.  Gap. 
IV).  L'ostruzionismo  fiorì  presso  di  noi  al 
tempo  del  ministero  Pelloux.  La  parola 
ostruxionismo  proviene  dalla  storia  par- 
lamentare inglese  ;  ebbe  il  caso  più  tipico 
al  tempo  in  cui  si  discusse  l'autonomia 
dell' L-landa  (Home  rule). 

Otello:  dicesi  per  estensione  antonoma- 
stica  di  amante  o  marito  ridicolmente 
0  terribilmente  geloso.  Così  parimenti  in 
francese.  Dal  noto  personaggio  Shakespea- 
riano che  uccise  la  sposa  Desdemona, 

0  tempora,  o  mores  :  nota  esclamazione 
enfatica  ciceroniana  o  teìnjn^  o  costumi! 
cioè  0  tempi  e  costumi  corrotti^  divenuta 
di  comune  cognizione,  ma  spesso  ripetuta 
per  celia:  se  ne  è  fatta  anzi  dall'allegro 
nostro  popolo  persino  la  versione  macche- 
ronica, 0  tempo  delle  more!  Leggesi  in 
più  passi  del  grande  Latino:  Gat.  I,  1-2; 
Pro  rege  Deiot.  IX.  31;  In  Vcrremll,  45,. 

ote-toi  de  là  que  je  m'y  mette  :  motto 
fr.  di  Saint-Simon  :  a  noi  inutile,  avendo 
il  consimile  in  nostra  lingua: 

E  tutto  si  riduce,  a  parer  mio, 
(Come  disse  un  poeta  di  Mugello) 
A  dire  :  Esci  di  II,  ci  vo'  star  io. 

Giusti  fSonettoj. 

Tuttavia  il  modo  francese  ricorre,  come 
ad  es.  «  tale  è  la  politica  parlamentare 
in  Italia,  politica  da  corridoio,  politica  da 
anticamera,  che  si  riassume  nella  vecchia 
sentenza  :  ote-toi  de  là  que  je  m'y  mette^ 
e  si  risolve  in  ultima  analisi  in  un  enorme 
sciupio  di  tempo,  di  tutto  il  tempo  dispo- 
nibile » .  Convengo  nella  cosa,  ma  non  si 
poteva  dire  in  italiano? 

Otite  :  da  ovg^  cùróg  =  orecchio  :  nome 
dato  a  tutte  le  infiammazioni  acute  e  cro- 
niche dell'orecchio.  Da  questa  radice  greca 
ot  derivano  le   molte   voci   della   scienza 


medica  che  trattano  delle  malattie  e  delle 
cure  dell'orecchio,  come  otorrea  =:  scolo 
dall'orecchio,  otoscopia  =  esame  dell'o- 
recchio, otalgia  -~  dolore  all'orecchio, 
etc,  come  meglio  può  leggersi  in  un  di- 
zionario medico. 

Oto  rino-laringoiatra  :  voce  della  scienza 
medica,  certo  non  bella  :  vale  medico 
delle  orecchie.^  del  naso,  della  laringe. 

Ottavino  :  «  è  un  piccolo  flauto  le  cui 
note  corrispondono  un'ottava  sopra  quelle 
del  flauto  propriamente  detto.  Noto  ai 
classici,  lo  vediamo  impiegato  da  Gluck 
nella  sua  Ifigenia  in  Tauride.  Vi  ha  in 
do  e  in  re  bemolle.  »  (A.  Galli,  op.  cit.). 

Ottobrata  :  chiamano  a  Roma  le  scam- 
pagnate che  si  fanno  in  quel  dolce  mese 
ai  vicini  castelli,  ove  il  vino  nuovo  brilla 
e  scintilla. 

Out:  fuori:  parola  inglese,  usata  nel 
giuoco  della  palla-corda  {Lawn-Tennis ^  V. 
questa  parola)  quando  la  palla  cado  fuori 
delle  linee  esterne:  in  italiano,  fallo. 

Outillage:  voce  francese,  usata  dai  te- 
cnici e  dai  meccanici  per  indicare  il  for- 
nimento e  il  complesso  delle  macchine  e 
degli  utensili  (outil,  dal  lat.  uiilis)  ne- 
cessari ad  un  dato  lavoro.  Così  è  del  pari 
usato  il  verbo  outiller  =  montare,  for- 
nire, guarnire. 

Outsider:  ingl.  =  esterno.  Voce  del 
gergo  delle  corse.  Così  è  chiamato  quel 
cavallo  che  non  gode  opinione  di  proba- 
bilità di  vittoria.  Se  vince,  è  un  ignoto 
che  diventa  illustre  in  un  attimo.  Molti 
book-makers  in  tali  occasioni  scappano. 
La  parola  è  pure  in  francese.  Outsider  : 
eheval  que  l'on  considère  comme  n'ayant 
pas  de  chaiice  de  gagner  la  eourse. 

Ouverture:  apertura,  voce  francese  che 
secondo  i  musici  non  può  essere  sostituita 
da  sinfonia,  preludio,  introdazione.  'L'ou- 
verture è  una  composizione  strumentale, 
preposta  al  dramma  e  che  riassume  il 
carattere  dell'opera.  G.  B.  Lulli,  riforma- 
tore musicale,  lo  Scarlatti  e,  più  deter- 
minatamente, il  Rameau  nella  sua  Nais., 
costituirono  nella  sua  forma  moderna  la 
ouverture.  |  Ouverture:  in  francese  vale 
anche  confessione.,  confidenza,  proposta 
relativa  ad  un  affare,  né  tale  senso  ci  è 
ignoto. 


(  >va 


349 


Ozo 


Ovariotomia:  asportazione  delle  ovaie, 
specialmente  di  una  cisti  dello  ovaie. 

Over-coat:  letteralmente  soprabito^  voce 
inglese,  abusivamente  usata.  V.  Vestito. 

Ovo  :  «  molto  più  comune  di  uovo.  Ova 
è  più  usato  di  ovi  e  più  ancora  di  uova 
e  uovi.  Ovino^  ovina  e  ovini.  Ovueeio; 
ofHicce e omccci».  Così  ì  sigg.  Morandi,  Cap- 
[)uccini,  manzoniani  della  più  pura  acqua, 
nella  loro  grammatica.  Anche  il  Petrocchi, 
ben  si  sa,  abolisce  il  suono  del  dittongo 
e  avveiie  che  «  uovo  è  meno  comune  di 
ovo.,  e  ovi  meno  comune  di  ova  ».  Dopo 
tanta  complicazione  se  le  uova  si  rompono 
•  '  si  fa  una  frittata,  qual  meraviglia?  Non 
era  più  semplice  dire  che  uovo  (giacché 
questo  dittongo  si  pronuncia  in  gran  parte 
d'ttalia  e  scrittori  moderni  e  grammatici  di 
valore  ne  convengono)  al  pi.  fa  uova?  Vedi 
ciò  che  è  detto  al  paragrafo  uo.  A  proposito 
di  uova,  ci  fu  quel  mercante  che  scrisse 
su  la  sua  bottega  Ovi  cotti.  Venne  un 
amico,  che  sapeva  di  grammatica,  e  disse: 
juacchè  ovi/  si  dice  ovai  E  il  mercante 


corresse  :  ova  eotta.  Ripassò  il  gram- 
matico e  disse  ancora  :  macche  cotta,  si 
dice  cotte.  E  il  mercante  corresse:  ove 
cotte. 

Oxford:  specie  di  tessuto  di  cotone. 

Ozena:da  ò^£fv= puzzare,  affezione  della 
mucosa  nasale  (pituitaria)  di  cui  il  prin- 
cipale sintomo  è  un'esalazione  dalle  na- 
rici simile  a  quella  di  cimice  schiacciata. 
Il  senso  dell'olfatto  ne  è  diminuito.  L'e- 
same diretto  dimostra  l'atrofìa  della  mu- 
cosa e  la  presenza  di  croste  e  di  pus  nelle 
pareti  delle  fosse  nasali. 

Ozi  di  Capua:  la  leggenda  storica  at- 
tribuisce alla  dimora  ed  alle  delizie  della 
città  campana,  Capua,  l'affievolirsi  della 
forza  e  del  genio  di  Annibale  :  la  locuzione 
passò  in  proverbio. 

Ozono:  è  una  modificazione  polimera 
dell'ossigeno  per  effetto  dell'  elettricità: 
la  sua  molecola  sembra  formata  di  tre 
atomi  invece  di  due.  Manifestasi  con 
speciale  odore,  onde  il  nome,  dal  gr. 
ò^eiv  =  puzzare,  odorare. 


Pacchebotto  :  neologismo  tolto  dal  fran- 
cese paquebot^  tolto  a  sua  volta  dall'in- 
glese pack  0  packet  z=  pacco,  valigia,  e 
boat  =1^  nave.  Paeket-boat,  è  il  battello 
de'  pacchetti  postali  che  fa  servizio  rego- 
lare tra  porto  e  porto,  dunque  «  postale  »  : 
generalmente  sono  piroscafi  piccoli  e  me- 
diocri. Questa  voce  pacchebotto,  assai 
brutta,  oggi  va  scomparendo.  Le  antiche 
nostre  città  marinare  avevano  in  tal  senso 
la  voce  feluca. 

Pacchiana  e  diminutivo  Pacchianelia: 
voce  del  dialetto  napoletano:  pacchiano 
è  l'uomo  del  contado  (cfr.  il  latino  paga- 
nus)  onde  il  femminile  vale,  villanella 
indi  forosetta. 

Pacchiare:  verbo  toscano  e  classico  per 
mangiare  con  ingordigia.  Cfr.  il  mila- 
nese paccià^  pacciada^  ma  è  in  ambi  casi 
voce  volgare  e  ristretta  nell'uso. 

Pace  e  gioia  sia  con  voi:  saluto  del 
conte  di  Almaviva,  travestito  da  Don  A- 
lonso,  a  Don  Bartolo,  nel  Barbier  di  Si- 
viglia. Il  verso  del  libretto  è  :  Pace  e  gioia 
il  del  vi  dia.  Ricorre  talora  la  locuzione 
in  senso  ironico  e  lepido. 

Pacfong  o  Christofle:  nome  di  una  nota 
lega  metallica  che  somiglia  all'argento: 
in  it.,  argentana  o  argentano. 

Paole:  nome  dato  alle  grandi  aree  di 
ghiaccio  galleggiante  nei  mari  polari.  (Cfr. 
per  l'etimologia  la  parola  pacco.) 

Pacificazione:  voce -nostra,  dal  lat.  pa- 
cificationeni ;  se  non  che  l'uso  e  l'abuso 
che  se  ne  fa  oggidì  nel  senso  politico  di 
concordia,  ricorda  piuttosto  la  parola  fr. 
pacification. 


Pacifista:  neol.  assai  brutto  per  indi- 
care i  sostenitori  della  Pace,  cioè  di  quegli 
istituti  politici  che  tendono  ad  abolire*  o, 
per  lo  meno,  a  diminuire  le  guerre,  rite- 
nute mezzo  barbarico  di  risolvere  le  con- 
tese fra  Stato  e  Stato,  popolo  e  popolo. 
Pacifista  è  traduzione  di  voce  coniata  in 
Francia  (cfr.  il  verbo  pacifier). 

Pacotigiia  :  dal  fr.  pacotille  (voce  della 
stessa  etimologia  che  le  parole  paquet, 
pacco):  merce  di  qualità  scadente.  Il  Fan- 
fani  consiglia  l'antica  voce  spurghi.  Se 
non  erro,  questa  varrebbe  più  tosto  ad  in- 
dicare fondi  di  magazzino.  Familiar- 
mente dicesi  pacotigiia,  in  senso  esteso  e 
morale. 

Paddolc:  voce  inglese  dello  sport:  re- 
cinto, chiuso,  pe'  cavalli.  Paddok  è  cor- 
ruzione di  parrok.,  cfr.  jjarfc  i=  parco. 

Padri  coscritti:  versione  del  Patres 
conscripti  (inscritti  nella  lista  de'  sena- 
tori) :  storicamente,  i  Senatori  di  Roma 
antica,  in  cui  risiedeva  la  forza  e  la  sta- 
bilità dell'impero:  per  celia  o  per  vezzo 
familiare  si  dice  specialmente  dei  consi- 
glieri del  Comune. 

Padusa:  nome  delle  antiche  acque  sta- 
gnanti tra  il  Po,  il  cordone  litorale  adria- 
tico ed  i  piimi  colli  dell'Appennino.  V. 
Emilio  Rosetti,  La  Romagna.,  ed.  Hoepli, 
pag.  507. 

Perpetuo  quindi  un  gemito  vagava 
su  la  tristezza  di  Padusa  immot». 
ne  le  fosche  acque. 

Carducci,  Alla  città  di  Ferrara. 

Paesano:  per  contadino  è  idiotismo 
lombardo,  paisàn.,  fr.  pai/san. 


l'a: 


351 


Pai 


Paesi  bassi  :  V.  Appendice.  Similmente 
nel  ^ergo  francese,  pays  bas. 

Paesistico:  agg.  di  formazione  abusiva 
e  arbitraria,  da  paese.  Es.  «  la  mina  di 
certe  bellezze  artistiche  e  paesistiche  è 
inevitabile  ».  NB.  Questi  esempi  sono 
sempre  tolti  da  quegli  scrittori  nostri  che 
vanno  per  la  maggiore  e  sono  vantati 
come  salute  di  quest'umile  Italia. 

Pagaia:  specie  di  remo  usato  dagli  in- 
diani por  vogar  su  le  piroghe,  fatto  come 
pala  e  adoperato  senza  scalmo  od  appoggio. 
Pagaia  doppia,  cioè  a  doppia  pala,  come 
usasi  no'   sandolini. 

Paga  Pantalone  o  Pantalon  paga:  motto 
che  paro  in  antico  (sec.  XV)  volesse  si- 
gnificare la  republica  di  Venezia  farà  le 
spese  per  tutti.  Secondo  altri  il  motto  è 
più  recente  e  si  rapporta  ad  una  satira 
in  cui  Venezia  a  Campoformio  fece  le 
spese  per  tutti.  (V.  Fumagalli,  Chi  l'ha 
detto  ?)  Oggi  Pantalone  è  il  popolo  ita- 
liano, che  nel  pagare  imposte  e  nel  pro- 
testare gode  di  un  ben  noto  primato.  Cfr. 
Jacques  Bonhoìnme  in  Francia  ;  John 
Bull  in  Inghilterra  ;  TJncle  Sam  negli 
Stati  Uniti,  etc. 

Pagherò  :  V.  Tratta. 

Paglia:  chiamano  i  tecnici  certe  incri- 
nature che  si  generano  durante  la  cottura 
dei  metalli  :  sono  dette  paglie  dalla  forma 
che  assumono. 

Paglietta:  nota  voce  spregiativa  napo- 
letana per  avvocato.,  estesa,  nell'uso  fami- 
liare, fuori  della  regione.  Paglietta  è  pioiìi. 
il  cappello  di  jjaglia.,  e  l'estensione  del 
nome  dev'essere  provenuta  da  antico  uso 
in  Nai)oli  di  portare  gli  avvocati  cappelli 
neri  di  paglia. 

Pagliuolo  0  pagliuolato:  terni,  mar., 
il  tavolato  che  copre  il  fondo  di  un  bat- 
tello 0  di  una  nave.  In  origine  pagliuolo 
era  la  camera  nella  stiva,  coperta  di  pa- 
glia., ove  si  riponevano  le  provvisto  e  il 
biscotto. 

Pagnottista:  voce  neol.  nostra,  regi- 
strata dal  l'ctrocchi  come  termine  spre- 
giativo di  chi  serve  (meglio  di  chi  è  im- 
piegato) solo  per  la  paga.  Voce  di  forma- 
zione e  di  uso  plebeo. 

Paguro:  o  granchio  eremita;  nomo  di 
un  crostaceo  fra  i  più  ingegnosi  (>  curiosi. 


il  quale  avendo  il  succolento  addome  privo 
di  difesa,  suole  occultarlo  entro  le  con- 
chiglie dei  molluschi.  Se  però  non  trova 
la  conchiglia  vuota,  mangia  il  mollusco 
e  si  impadronisce  della  sua  casa.  Stringe 
poi  lega  offensiva  e  difensiva  con  le  rose 
di  mare  (attinie).,  le  quali  co'  loro  organi 
urticanti  difendono  il  crostaceo  dai  ne- 
mici: alla  sua  volta  il  paguro,  moven- 
dosi, offre  all'attinia  che  ha  sul  dosso, 
facoltà  di  meglio  nutrirsi. 

Pain  d'épices:  voce  fr.  usata  abusiva- 
mente per  Pan  .speziale.  V.  questa  voce. 

Paino  :  per  ganimede,  bellimbusto  è  voce 
popolare  del  dialetto  romanesco  e  dell'I- 
talia centrale.  AhbreYÌazìone  dì pavoncÌ7io? 

Palafitte:  avanzi  di  pali  che  si  ritro- 
vano confìtti  per  lo  più  nel  fondo  dei  laghi 
e  su  le  rive.  Sono  residui  di  antichissimi 
villaggi  lacustri  che  gli  uomini  primitivi 
costruivano  ed  abitavano  per  averne  di- 
fesa contro  uomini  e  fiere. 

Palafitticoli:  abitanti  delle  palafitte  la- 
custri. 

Palamidone:  nome  dato  da  alcuni  sarti 
a  quella  specie  di  cappotto  d'inverno  che 
segna  la  vita  come  una  redingote.  V. 
alla  voce  Vestito.  T^alamidone  in  antico 
indicò,  sciocco,  spilungone,  uomo  insi- 
pido ancorché  di  persona  grande.  (G. 
Giolitti,  uomo  politico,  diede  voga  a  questa 
foggia  d'abito,  onde  fu  lepidamente  de- 
nominato). 

Palanca,  palancone,  palanchetta:  vive 
voci  lombarde  e  venete  per  indicare  le  mo- 
nete di  rame.  Palanca  por  soldo  è  voce 
italiana,  notata  nei  lessici.  Certo  un  lom- 
bardo od  Un  veneto  eviterebbero  di  scri- 
verla per  timore  di  parer  sciatti.  V.  ciò 
che  è  detto  alla  parola  Schiampa.  Pa- 
lanca ricorre  nel  senso  di  danaro.,  (fr.  ar- 
gent!)  la  gran  molla  dello  umane  azioni! 

Palchettista:  termine  usato  a  Milano 
per. indicare  il  proprietario  od  usufrut- 
tuario di  un  palco  al  teatro. 

Paletot:  V.  Paltò. 

Pai  Icaro:  nome  di  soldato  greco. 

Palingenesi:  voce  univereale  iìlosofìca 
[jràkiv  di  nuovo  e  yFVFni<;  =  nascita): 
dottrina  secondo  la  (juale  l'anima  passa  at- 
traverso una  successione  di  rinascite  (me- 
tenì|)sieosi).   In  teologia  vale  il  rinnoNarsi 


Pai 


352 


Pmn 


del  mondo  dopo  la  sua  distruzione.  Fa- 
miliarmente, specie  nel  linguaggio  poli- 
tico, talora  è  detto  palingenesi  il  pre- 
sentarsi a  nuovo  di  alcun  personaggio, 
con  nuovo  aspetto,  o  programma,  o  ordine 
di  idee  (consumate  o  fatta  prova  infelice 
dello  prime;,  Yi  si  intende  senso  ironico. 

Palinodìa:  nei  dizionari  questa  voce 
greca  è  notata  nel  senso  di  ritrattaxione. 
Ora  nel  linguaggio  dei  giornali  questa 
parola  ricorre  non  per  indicare  una  vera 
e  propria  ritrattazione,  ma  quelle  abili, 
spesso  sofistiche  spiegazioni  ed  aggiunte 
che  coloriscono  a  nuovo  ciò  che  fu  detto, 
senza  propriamente  disdirsi  e  riconoscere 
l'errore. 

Palinsesto:  codice  antico  membranaceo, 
su  le  cui  pagine  era  già  scritta  un'opera, 
che  di  poi  cancellata,  fu  sostituita  da 
un'altra  negli  spazi,  onde  il  nome,  dal 
gr.  nàkiv  =  di  nuovo  e  i^)à(ù  :=  raschio. 
Sono  ricordevoli  le  scoperte  del  Mai  nei 
palinsesti  delia  Vaticana,  specialmente 
perchè  ne  originò  la  nota  gran  canzone 
giovanile  del  Leopardi.  Tal  voce  oggi  u- 
siaino  facetamente  per  indicare  qualche 
scritto  pieno  di  correzioni  e  cancellature. 

Patisse  0  Palice  (monsieur  de  La)  : 
fu  prode  cavaliere  francese  e  morì  alla 
battaglia  di  Pavia,  1525.  A  lui,  per  una 
delle  tante  bizzarrie  della  storia,  vennero 
attribuite  molte  sentenziose  insulsaggini, 
note  sotto  il  nome  di  Vérités  de  M.  de 
La  Patisse,  onde  il  nome  del  buon  guer- 
riero suona  come  «  sentenzioso  imbecille  ». 

Palla  del  forzato:  propriamente  era  la 
palla  di  ferro  legata  al  piede  de'  forzati: 
dicesi  in  senso  morale,  press'apoco  come 
camicia  di  forxa^  camieia  di  Nesso. 

Pallido:  ipev confuso.,  lenite^  debole,  non 
determinato  in  senso  figurato,  è  esten- 
sione, verosimilmente  dedotta  dal  francese 
(pale  =  sans  force).  Es.  una  pallida  idea. 

Pàlmola:  nel  linguaggio  dei  meccanici 
indica  una  sorta  di  eccentrico,  destinato 
a  trasformare  un  moto  continuo  di  rota- 
zione in  un  movimento  rettilineo  inter- 
mittente. 

Palo:  term.  mar.  V.  Nave  a  palo. 

Palpazione:  nel  linguaggio  medico  in- 
dica un  metodo  di  esplorazione  che  con- 
siste neir  applicare  le  dita  o  la  mano  nelle 


parti  esteriori  del  corpo  e  nelle  cavità 
accessibili,  per  conoscere  col  tatto  le  qua- 
lità fìsiche  del  tessuto:  elasticità,  consi- 
stenza, vibrazione,  temperatura,  sensibi- 
lità dei  diversi  organi.  Palpaxione.,  voce 
classica  e  antica  che  rivive,  parmi,  per 
effetto  del  fr.  palpation. 

Palpitante  di  attualità:  (V.  Attualità) 
goffo  e  riconosciuto  gallicismo  senza  dub- 
bio, tuttavia  assai  diffuso,  forse  perchè 
nell'uso  vi  si  annette  intenzione  di  lepore. 
Questione.,  argomento palp itante  per  viva., 
ardente.,  del  momento  è  locuzione  ripresa. 

Paltò  e  Paletot:  V.  Pardessus  in  fino 
e  più  ampiamente,  alla  parola  Vestito. 
La  etimologia  di  paletot  è  incerta.  Il  Lit- 
tré  sostiene  la  derivazione  dall'olandese 
paltsrok  =  abito  da  pellegrino.  Il  Diez  e 

10  Scheler  da  un  palle-toque  =  mantello 
con  cappuccio.il  Carena,  op.  eit..,  propone 
soprabitone  e  tunicone.  Ma  altro  è  il  pro- 
porre, altro  l'usare. 

Paltoniere  :  voce  classica  e  antica,  da 
paltone  =  propr.  chi  va  lemosinando. 
Voce  di  incerta  etimologia.  V.  Zambaldi  : 
Vocabolario  Etim.  It.  Il  Eigutini  dice 
che  nell'uso  parlato  non  c'è  più;  il  Pe- 
trocchi la  pone  fra  le  parole  fuor  d'uso. 

11  vero  è  che  si  usa  talvolta,  non  nel 
senso  di  pitocco.,  ma  di  mascalzone. 

Pamela  :  sorta  di  cappello  di  paglia,  da 
donna:  a  larga  tesa  e  semplice  :  usato  in 
Toscana,  nel  contado:  ma  come  foggia  sem- 
plice ed  elegante  è  in  onore  anche  nelle 
città,  specie  da  giovinette. 

Pampa  :  (al  plurale  prevale  la  desinenza 
straniera  paìnpas)  :  nome  delle  pianure 
steppose  ad  occidente  del  basso  Paranà  e 
del  Eio  della  Piata  (America  meridionale]. 

Pamplilet  :  voce  francese,  derivata  dal- 
l'inglese: vale  opuscolo.,  breve  scritto  di 
carattere  polemico.  Talvolta  si  usa^jam- 
phlet  nel  senso  di  libello  satirico  o  diffa- 
matorio. Questa  parola  per  le  odierne  con- 
dizioni della  stampa,  non  ha  piìi  le  ragioni 
d'essere  e  il  valore  che  ebbe  verso  la  metà 
del  secolo  scorso.  (V.  Fanfani  ed  Arlia,  op. 
cit.).  Pamphlétaire  :  autore  di  pamphlets. 

Pampèro  :  nome  di  vento  caldo  che  spira 
di  settentrione  su  le  Pampe  (di  setten- 
trione, essendo  quelle  steppe  nell'emisfero 
australe). 


Tan 


353     - 


Pan:  gr.  Hdp  =  tutto,  uomo  di  nota 
divinità  agi-osto  presso  i  Greci.  Pan  o 
Pane,  ricorro  come  simbolo  delle  forze 
che  sono  nelF universale  natura;  divinità 
della  materia,  nume  della  Natura,  ondo 
panteismo^  panteistico  otc.  noti  termini 
filosofici. 

Panache:  fr.  pennacchio.  Nel  linguag- 
gio dello  sport  o  de'  cavallerizzi,  dicesi 
faire  panache  (locuzione  di  gergo  francese), 
quando  nel  salto  il  cavallo  inciampa  e  si 
capovolge  con  sotto  il  cavaliere.  Passare 
o  filare  per  le  orecchie^  quando  il  cavallo 
s'arresta  davanti  all'ostacolo  e  il  cavaliere, 
per  l'impulso  ricevuto,  salta  al  di  là  del 
cavallo.  Salto  del  montone  dicesi  quando 
il  cavallo  sbarrando,  cerca  di  balzar  di 
groppa  il  cavaliere. 

Panadora:  per  credenza  da  cucina  è 
voce  lombarda  che  non  esce  dall'uso  dia- 
lettale: spagnuolo,  aparadora. 

Panama:  specie  di  cappello  leggero  a 
larga  tesa  e  cocuzzolo  tondo,  fatto  con  lo 
stelo  di  una  speciale  palma  americana. 
Per  la  difficile  e  paziente  lavorazione, 
per  il  pregio  intrinseco  del  cappello  che 
è  pieghevole  e  soffice  comò  un  guanto,  e 
più  per  effetto  della  moda,  raggiunse  prezzi 
elevatissimi,  presso  che  favolosi.  La  città 
di  Panama  —  onde  il  nome  —  è  il  contro 
ove  sono  recati  questi  cappelli  per  l'espor- 
tazione: essi  si  fabbricano  in  tutta  l'Ame- 
rica centrale  e  meridionale,  specie  nell'E- 
quatore, nella  Columbia  e  nel  Guayaquil. 

Panama:  ed  il  grazioso  diminutivo  ?;a- 
namino,  e  auGÌae  panaviista,  voci  volgari, 
specie  del  gergo  giornalistico,  per  indicare 
scandalo  finanx^iario^  truffa  publìca.  E 
cosi  si  dice  per  analogia  al  noto,  anzi 
clamorosissimo  fallimento,  con  corruzione, 
frode,  fui-to,  dell'Impresa  o  Società  fran- 
cese dell'istmo  di  Panama. 

Panammo,  panamista:  V.  Panama. 
Voci  di  gergo  e  creazione  giornalistica  e 
politica:  probabilmente  effimere. 

Pan  de  mej  :  in  milanese  vale  paìie  di 
miglio,  dall'antico  uso  di  unire  il  miglio 
al  pane. 

Perchi"'  a  Milan  si  maii-jia  pan  di  miglio':' 

BURCHIRLLO. 

Oggi  per  pan  di  miglio  intendosi  il  pane 
giallo  0  di  formentone,  e  più  comunemente 


un  dolce  di  pasta,  assai  lieve  in  cui  alla 
farina  bianca  è  mescolata  la  gialla. 

Pandemia  :  (da  jtag  =  e  òrjiuos  =  po- 
polo) dicesi  di  malattia  che  colpisce  qua^i 
tutti  gli  abitanti  di  una  regione  (colera, 
peste).  Kiferito  quest'aggettivo  a  Venere, 
vale  meretrice  publica. 

Pandora:  inàvòcàga  =  la  dotata  da  tutto) 
la  prima  donna  formata  da  Vulcano  con 
la  creta  e  dotata  da  tutti  gli  Dei  di  tutte 
le  grazie:  mandata  da  Giove  in  punizione 
agli  uomini  con  un  vaso  od  urna  conte- 
nente tutti  i  mali,  perchè  Prometeo  avea 
rapito  il  fuoco  dal  Cielo.  Antico  mito  che 
ampiamente  si  legge  in  Esiodo,  /  giorni 
e  le  opere.  Confronta  il  mito  di  Eva  nella 
Genesi.  Onde  la  nota  locuzione  il  -vaso  di 
Pandora  por  indicare  tutti  i  mali. 

Pane  di  mistura:  in  milanese  (pan  de 
mistura)  è  il  pano  mescolato  di  farina 
bianca  e  di  granturco,  ovvero  di  segale, 
miglio  0  saggina: 

se  ho  sete,  bevo  dell'acqua  pura  : 
Se  Ilo  fame,  mangio  pan  di  mistura, 

nella  nota  poesia  lo  Spaxxacamino  di  I. 
Cantù.  Pa?i  poss,  pure  in  milanese  vale 
pane  vecchio,  secco,  raffermo.  Pan  luster, 
pane  fine  lucido  con  chiara  d'uovo.  Pan 
de  semola,  V.  Semola. 

Panello:  forme  compresse,  costituite  da' 
residui  dell'estrazione  di  semi  oleosi,  che 
servono  per  mangime  o  per  concime. 

Panem  et  circenses:  (Giovenale,  Sai. 
X.  81)  pane  e  giuochi  del  circo/  sintesi 
delle  aspirazioni  della  plebe  romana  al 
tempo  della  decadenza  dell'Impero.  Dicesi 
riferendosi  a  consimili  sentimenti  nei  tempi 
nostri,  0  per  scherzevole  satira. 

Panerà:  voce  lombarda  :  joawwa,  crema 
del  latte. 

Paneròpoli  :  la  città  della  panerà,  dotto 
lepidamente  o  causticamente  di  Milano. 
La  paternità  della  parola  è  attribuita  ad 
Ugo  Foscolo,  il  quale  con  questo  nomo 
data  parecchie  sue  lettere  da  Milano,  e 
contro  Milano  elevò  no'  Sepolcri  —  come 
è  noto  —  monumento  di  sdegnosa  satira. 
Così  nelle  noto  dichiarativo  dell'  Yperca- 
lipsis,  spiega  Asinus:  Populus  Medio- 
lanus  (Caput  Quintum)  o  Babylo  mi- 
nima:  Mediolanum.   (Caput  septimum, 


A.  Fanzini,  Supplemento  ai  Dixioìiari  italiani. 


•23 


Pan 


354 


Pan 


deeimum).  La  locuzione  Capitale  7)iorale, 
detta  di  Milano,  è  attribuita  al  Bonghi 
nella  Perseveranza  (V.  Capitale  morale). 

Panettone:  (da  pane)  classico  e  antico 
dolce  milanese,  noto  universalmente.  Esso 
è  una  variazione,  difficile  a  prepararsi, 
della  comune  specie  dei  dolci  a  base  di 
uova,  farina  e  lievito. 

Pangermanismo  :  (fr.  pangermanisme) 
0  p anger manesimo  :  (greco  jràv  =  tutto), 
movimento  politico  che  tende  a  riunire 
in  unità  potente  tutti  i  popoli  di  razza 
germanica.  Vi  si  annette  idea  di  egemo- 
nia etnica.  Il  pangermanisìno^  come  ten- 
denza unitaria,  è  più  proprio  dai  tedeschi 
austriaci. 

Pangioss  (dottor)  :  nome  che  il  Voltaire 
nel  suo  Candido  dà  ad  un  filosofo  otti- 
mista di  cui  la  formula,  ironicamente 
espressa,  è  la  seguente,  ben  nota  :  tout  va 
le  mieux  du  tnonde  dans  le  meilleur  des 
mondes  possibles.  Il  nome  di  Pangioss 
acquistò  valore  estensivo,  cioè  ricorre  per 
significare,  ironicamente,  certi  ottimisti  o 
troppo  semplici  o  tali  per  opportunità. 

Panificazione  :  per  lavorazione  per  pane, 
neol.,  manifestamente  dal  fr.  imniflcation. 

Panna:  «  voce  antica  e  comunissima, 
passata  da  noi  alle  altre  nazioni,  sincope 
di  capanna:  indica  quella  disposizione  di 
velatura  a  capanna,  cioè  a  doppio  pendio 
in  contrasto  col  vento,  perchè  le  forze 
uguali  e  contrarie  da  una  parte  e  dall'al- 
tra restino  elise,  e  il  bastimento  immobile, 
quanto  è  possibile,  in  mare.  Cosa  diver- 
sissima da  Cappa^  quantunque  gli  idioti 
confondano  le  due  manovre  »  (Gugliel- 
motti, op.  cit.).  Il  Littré  fa  derivare  tale 
parola  (fr.  panne)^  da  un  fem.  del  lat. 
pannus  =  stoffa,  riferito  alla  vela.  Nel 
linguaggio  degli  automobilisti  dicesi  più 
spesso  alla  francese  panne^  intendendo 
le  fermate  involontarie,  per  guasti. 

Panne  :  fr.,  sosta  o  fermata.  V.  Panna. 

Panneau  :  usasi  da  taluno  questa  voce 
francese  per  indicare  quei  quadretti  di- 
pinti su  legno  0  stoffe  che,  senza  cornice, 
si  appendono  per  adornare  le  pareti. 

Pannicelli  caldi:  sarebbero  propriamente 
i  fomenti,  che  hanno  un  valore  curativo 
minimo,  palliativi  e  nulla  più.  Nel  lin- 
guaggio della  politica,  specialmente,  que- 


sta locuzione  si  riferisce  a  quelle  leggi, 
a  quelle  riforme  blande  che  tengono  a 
bada,  piuttosto  che  avere  atto  efficace  e 
risolvere  una  questione. 

Pannicolo  o  pannicolo  adiposo:  lat. 
panniculus,  da  JJam^^^s  :=  stoffa,  nome 
dato  agli  strati  grassi  sottocutanei. 

Panoramico:  agg.  da  panorama.  Dal 
fr.,  panoramique. 

Panslavismo  :  (greco  jràv  =  tutto)  ten- 
denza delle  varietà  etniche  del  popola 
slavo  a  fondersi  in  unità  politica.  Impe- 
rialismo di  razza. 

Pan  speziale:  chiamano  a  Bologna  e 
altrove  certe  larghe  e  vistose  ciambelle, 
condite  con  ispezie,  miele  e  frutta  candita. 
In  fr.  jìciin  d'épices.  Corrisponde  alle  an- 
tiche liba  latine?  Panmelato,  inEomagna. 

Pantagruelico:  fr.  pantagruélique^  se- 
condo natura  e  costume  di  Pantagruel  (per- 
sonaggio del  Rabelais)  che  fu  un  gran 
bevitore  e  mangiatore  ;  indi  dava  alle  cose 
del  mondo  la  giusta  importanza,  cioè  ninna. 

Pantalone:  V.  Paga  Pantalone. 

Pantaloni:  «  per  calzoni  è  voce  francese, 
introdotta  senza  alcun  bisogno  nella  lin- 
gua italiana,  per  opera  specialmente  dei 
sarti  e  per  il  solito  brutto  vezzo  dell'imi- 
tazione ».  Rigutini.  La  voce  fr.  pantalon 
pare  che  derivi  dall'abito  della  nota  ma- 
schera veneziana  Pantalone,  cosa  non  im- 
probabile, data  la  diffusione  nel  '600  e 
nel  '700  dello  maschere  italiane. 

Pantesilea:  {jrevdìplÀeia).,  nelle  leg- 
gende eroiche  dell'Eliade,  fu  regina  delle 
Amazzoni,  alleata  di  Priamo,  vinta  da 
Achille:  dicesi,  talora,  di  donna  dagli 
spiriti  pugnaci,  che  assume  attitudini 
donch  isciottesche . 

Pantheon  :  voce  greca  che  vale  ad  ogni 
nume.  Tale  nome  fu  da  Agrippa,  genero  di 
Augusto,  dato  al  tempio  eretto  in  Roma 
in  onore  di  Giove  e  degli  altri  Dei  dopo 
la  battaglia  d'Azio.  Il  nuovo  senso  di 
tempio  consacrato  alla  memoria  di  uo- 
mini illustri,  fu  dato  dai  francesi  quando, 
con  decreto  dell'  Assemblea  Nazionale, 
1791,  destinarono  la  chiesa  di  S.  Geno- 
veffa a  sepoltura  di  uomini  benemeriti  ; 
e  secondo  la  tendenza  classica  del  tempo, 
il  nome  greco  «  Panthéon  »  sostituì  quello 
della  Santa,  con  la   scritta    famosa    Aux 


Tali 


855 


Par 


graiids  hommes  la  patrie  reconnaissante. 
S.  Croco  in  Firenze  (V.  Foscolo,  Sepolcri) 
è  il  nostro  gran  Panteon.  A  Londra,  l'Ab- 
bazia di  Westminster.  Il  tempio  Romano 
di  Agrippa  o  la  Rotonda,  accogliendo  le 
salme  dei  re  sabaudi,  da  taluno  considerasi 
come  Panteon,  secondo  il  senso  francese. 
La  grafìa  Panteon  parmi  poco  dell'uso. 
Pantografo  :  da  jtùv  =  tutto  e  ygcKpco 
=  scrivo  :  strumento  che  serve  a  copiare 
meccanicamente  i  contorni  di  qualunque 
disegno  sia  in  grandezza  naturale  sia  in 
altra  scala.  Tale  istrumento  era  già  noto 
in  Roma  nel  1631.  Fu  poi  perfezionato  in 
Francia. 

Papà:  V.  Marna.  Bellissima  per  ironia 
è  la  locuzione  figlio  dì  papà  per  indicare 
il  titolo  più.  ragguardevole  che  taluni  gio- 
vani hanno  per  ottenere  privilegi,  uffici 
ed  onori,  cioè  l'essere  figlio  di  un  padre 
illustre  0,  meglio,  potente.  È  il  meno 
giusto,  anzi  il  più  ingiusto  dei  diritti  ere- 
ditari, di  cui  tanto  oggi  si  discute.  La 
nostra  vita  publica,  a  base  di  clientela  e 
di  dinastie  private,  è  ricchissima  di  questi 
figli  di  papà,  saliti  come  zucche  in  alto, 
e  senza  fatica!  Il  Giraud,  noto  e  mordace 
commediografo,  intitolò  una  sua  commedia 
Il  figlio  del  signor  Padre,  ma  la  locu- 
zione deve  essere  di  formazione  popolare. 

Papa:  nel  gergo  francese  vale  come 
bonario,  tranquillo  popolano  o  borghefie. 
Ricorre  in  papà  nelle  nostre  traduzioni 
da  quella  lingua. 

Papabile  :  dicesi  del  cardinale  che  è  in 
predicato  di  divenire  papa:  fr.  papable. 

Papaina  :  (pepsina  vegetalo,  sangue  ve- 
getale) fermento  che  si  ricava  dal  succo 
della  Carica  papaya.,  L.,  grosso  albero  ori- 
ginario delle  Molucche.  Usasi  in  medicina. 
Come  la  pepsina  animale  scioglie  l'albumina 
o  la  fibrina,  facilitando  così  la  digestione. 

Papa  Nero  :  nel  gorgo  politico  :  il  ge- 
neralo dell'Ordine  de'  Gesuiti. 

Papa  rosso:  voce  del  gergo  politico  por 
HJgnificare  il  (irande  Maestro,  o  capo  su- 
premo della  Massoneria.  V.  Massone. 

Papaveri  (alti)  :  le  persone  di  maggiore 
autorità  e  potenza,  che  fanno  il  sereno  e 
la  pioggia.  Riferimento  all'antica  leggenda 
romana  di  Ta^iuinio  il  Superbo,  che  al 
figlio  Sesto  ins(>gnò,  per  un  mosso,  in  ([ual 


modo  farsi  tiranno  di  Gabio.  Il  messo  troncò 
nel  giardino  i  più  alti  papaveri,  simbolo 
de'  cittadini  più  cospicui  che  doveano 
esser  tolti  di  mezzo.  Cfr.  Erodoto  e  la  ri- 
sposta di  Trasibulo  a  Periandro. 

Papeliilo  0  papelito:  voce  spagnuola, 
sigaretta. 

Pàpera:  lett.  la  «  giovane  oca:  »  nel  lin- 
guaggio teatrale  è  l'errore  del  comico 
nel  pronunciar  le  parole,  specie  con  iscani- 
bio  ridicolo  delle  sillabe.  Es.  M felice.'  Il 
beveno  celesti,  per  il  veleno  bevesti.  Cfr. 
l'altra  nota  e  comune  locuzione  prendere 
un  granchio. 

Paper-Hunt:  voce  ijiglese  dello  spoi't.,  che 
vuol  dire  :  caccia  alla  carta.  È  una  caccia 
finta,  in  cui  un  cavaliere  facendo  le  veci 
di  volpe  0  di  altro  animale,  parte  prima  e 
lascia  traccia  di  sé  con  lo  spargere  pezzi 
di  carta  :  gli  altri  inseguono. 

Papeterie  :  voce  francese  abusivamente 
usata  per  indicare  la  cartella  oyq  sta,  l'oc- 
corrente per  iscrivere. 

Papillote:  voce  fr.,  tradotta  in  papi- 
gliotti,  indica  i  diavoletti  in  cui  le  donne 
arricciano  i  capelli.  Deriva  dal  papillote 
forma  antica  di  j^^^piUon,  latino  papilio 
=  parpaglione  (farfalla). 

Pappa  fatta:  locuzione  familiare  specie 
in  unione  ai  verbi  trovare,  volere.  Dicesi 
di  chi  desidera  i  benefici  senza  sobbar- 
carsi alla  fatica  necessaria  per  conseguirli. 
Paprica  :  ted.  Paprika,  e  il  pepe  rosso 
di  Caienna,  fornito  dai  frutti  del  Gapsi- 
cum  fructescens ,  L.,  originario  d'America 
e,  in  commercio,  da  alcune  S])ecie  di  pe- 
peroni (Capsicum  annuuin). 

Papula:  lat.  papUla  =  bolla,  pustola: 
lesione  semplice  della  pelle,  determinata 
da  un'elevazione  di  forma  e  dimensioni 
variabili,  di  colore  solitamente  roseo,  for- 
mata da  una  infiltrazione  della  superficie 
della  pelle.  Scompare  dopo  alquanto  tempo 
senza  lasciar  cicatrice. 

Para:  fgr.  migà  r.  fuori,  al  di  là)  pre- 
fisso usato  in  patologia  per  indicare  uno 
stato  contrario  alla  salute  e  alla  norma  : 
es.  parale.via,  paralisi,  paranoia,  etc. 

Para:  è  il  nom(>  dato  alla  miglior  specie 
di  caucciii  o  gomma  elastica.  Proparasi 
nella  Colombia,  spin-ialmente,  ed  è  a  sot- 
tilissimi strati  0  fogli. 


Par 


356     — 


Par 


Paradello  :  nelle  lagune  di  Comacchio 
(valli)  così  è  chiamata  una  lunga  pertica 
forcuta  di  cui  si  valgono  quei  pescatori 
(fiociniìii)  e  marinai  per  ispingere  i  loro 
navicelli  piatti  su  quelle  basse  acque, 
malo  acconce  alla  manovra  del  remo. 

Paraggio:  ter.  mar.,  tratto  di  mare  nelle 
vicinanze  di  una  terra  che  resta  determi- 
nato dalla  posizione  di  questa.  Dicesi  ;pa- 
raggio  per  vicinanze  e  talora  estensiva- 
mente con  senso  morale.  N.  B.  Eegistro 
questa  parola  così  comune  perchè  nel  Pe- 
trocchi è  confinata  tra  le  voci  fuor  d'uso. 
Ma  è  una  ossessione  cotesta  di  far  morire 
le  parole  vive! 

Paralalla  :  terni,  med.,  turbamento  della 
favella  con  sostituzione  nella  pronuncia 
d'un  suono  ad  un  altro. 

Paralisi  infantile:  V.  Eelampsia. 

Paralisi  progressiva:  affezione  caratte- 
rizzata anatomicamente  da  lesioni  dei  cen- 
tri nervosi  e  clinicamente  dal  progressivo 
indebolirsi  della  mente,  turbamenti  soma- 
tici, difficoltà  di  parlare,  tremori,  etc. 

Paralizzare:  una  delle  molte  voci  che 
dal  linguaggio  scientifico  e  naturale,  sono 
trasportate  con  odierna  tendenza  figurata- 
mente nel  linguaggio  morale  :  rendere  vano,  j 
inefficace,  inoperoso,  distruggere,  e  usando  i 
un  altro  traslato  neologico,  neutralixxare. 
Paralyser^  fig.  =  frapper  d'inertie.  Es. 
paraìyser  des  efforts.  Tale  senso  estensivo 
è  pur  dato  alla  voce  paralisi.  V.  Elet- 
trizzare. 

Paramano:    nell'arte    muraria    è    così 
detto  un  mattone  alquanto  maggiore  dei 
comuni,  preparato  con   terra   più   fine   a 
spigoli  vivi  e  regolari,  ed  a  facce  perfet- 
tamente piane  :  si   usa   per   rivestimento 
esterno  di  quelle  murature  che  non  ven- 
gono intonacate  al  di  fuori  e  che  si  chia- 
mano   murature    con    mattoni    in    vista. 
Qualche  volta  si  impiega,  non   già  come   j 
semplice    rivestimento   esterno  dei  muri,    ! 
ma  per  la  loro   costruzione  anche  all'in-    | 
terno,  e  ciò  quando   vogliasi   avere  una 
muratura  molto  resistente. 

Paramezzale :  terni,  mar.,  lungo  pezzo 
di  costruzione  o  di  lamiera,  che  va  da 
prua  a  poppa  sopra  i  madieri  delle  coste, 
quasi  legamento  longitudinale  della  nave. 

Parananza:  è  nel  volgare  marchigiano 


il  largo  grembiule  o  zinale  (da  zinna  = 
mammella):  traversa  nel  Veneto:  davan- 
tale  nel  contado  romagnolo:  scossai.,  in 
Lombardia. 

Paranco:  sistema  composto  di  due  boz- 
zelli e  di  un  cavo  inferito  nelle  pulegge 
di  quelli:  usato,  in  ispecie,  nelle  manovre 
navali,  V.  Bozzello. 

Paranòia:  neol.  universale,  usato  per 
la  prima  volta  dal  Vogel  (1772)  ed  esteso 
dal  Kahlbaum  (1863)  per  indicare  quella 
forma  di  demenza  che  comunemente  dicesi 
monomania.  Deriva  da  nagà  e  vovg  = 
mente.  (V.  Para).  Definiscono  con  tal 
nome  i  medici  un  sorgere  lento  di  un  si- 
stema di  idee  deliranti,  il  quale  dura  lun- 
gamente immutato  e  non  conduce,  in  ge- 
nerale, a  demenza.  Il  paranoico  rappresenta 
la  esagerazione  estrema  di  ciò  che  fu  chia- 
mato sistema  egocentrico.  Il  paranoico  si 
crede  il  punto  a  cui  tutto  converge  ;  tutti 
si  occupano  di  lui  ;  tutto  accenna  a  lui; 
tutto  è  fatto  per  lui.  I  medici  distinguono 
e  suddividono  la  paranoia  in  isvarìatis- 
sinio  forme.  Questa  voce  scientifica  ebbe 
grande  diffusione  ed  è  divenuta  familiare 
tanto  da  essere  abusata  o  male  usata  al 
punto  da  chiamare  paranoia  persino  la 
fissazione  o  mirabile  monomania  dell'uomo 
geniale. 

Paranòico  :  termine  neol.  del  linguaggio 
scientifico,  entrato  con  uso  ed  abuso  anche 
nel  linguaggio  comune  ;  ed  è  agg.  e  sost. 
da  paranoia  o  paranèa.  Y.  questa  voce. 

Paranza:  e  dim.  paranzella,  vale  come 
tartana  o  bilancella;  piccolo  veliero  da 
pesca,  con  un  solo  albero  latino  e  più 
fiocchi.  I  Coltello  in  uso  ne'  duelli  dalla 
Mafia. 

Parapioggia:  per  ombrello,  è  ritenuto 
francesismo  (parapluie).  Quanto  alla  eti- 
mologia di  ombrello^  V ombra  pare  che 
c'entri  assai  poco,  bensì  la  parola  latina 
imber  =:  pioggia,  gr.  ò/ufigos.  L'ombrello 
da  sole  comunemente  è  detto  parasole. 

Parassitismo  :  astratto  di  parassita,  in- 
teso in  senso  sociale  e  politico.  Come  gli 
animali  e  le  piante  hanno  i  loro  parassiti, 
così  l'organismo  sociale  ha  coloro  i  quali 
vivono  ed  ingrassano  succhiando  il  sangue 
vivo  della  Nazione.  E  come  l'individuo 
sudicio  e  inèrte  abbonda  di  parassiti  quali 


l'ar 


357 


Par 


jiidocchi,  pulci  etc,  così  uno  Stato  mal 
governato  abbonda  di  individui  sanguisu- 
ghe (V.  Succhione)  o  di  ceti  sociali  che  si 
nutrono,  imponendosi  come  necessari. 

Paratìa  :  ter.  mar.,  tramezzo  di  tavole  o 
di  lamiere  che  divide  gli  alloggi  o  la  stiva 
in  compartimenti  separati  :  nelle  odierne 
grandi  costruzioni  di  navi  di  ferro  cotesto 
paratie  si  fanno  stagne,  cioè  in  modo  da 
dividere  la  nave  in  tante  sezioni  sì  che 
se  in  una  avviene  una  falla,  l'acqua  non 
penetra  nelle  altre,  quindi  il  naviglio  non 
cola  a  fondo. 

Parcella:  si  dice  così  alla  specifica  del 
procuratore  e  dell'avvocato.  E  la  nota 
delle  spese  o  delle  eompetenxe  od  onorari. 
Si  dice  anche  notula. 

Pàrcere  subiectis  et  debellare  super- 
bos:  Verg.,  Eneide  VI,  858:  perdonare 
ai  vinti  e  debellare  chi  resiste.  Sintesi 
della  romana  sapienza  politica,  che  con- 
cilia in  modo  non  illogico  ne  vile  il  fatale  e 
tristo  diritto  della  forza  con  l'umana  pietà. 

Parce  sepulto:  sono  le  dolenti,  tragiche 
parole  dello  spirito  di  Polidoro  ad  Enea  : 
Quid  miserum^  Aenea .^  laceras?  jam 
parce  sepulto  [Eneide  III,  41):  ma  le  gravi 
parole,  secondo  l'indole  nostra,  sono  volte 
in  senso  lepido:  quasi  valgono:  il  morto 
giace,  il  vivo  si  dà  pace. 

Parco  d'artiglieria:  locuzione  del  lin- 
guaggio militare  per  indicare  il  luogo  oc- 
cupato dall'artiglieria  e  tutto  ciò  che  oc- 
corre all'aziono  ed  alla  potenza  di  questa 
arma.  Similmente  %\&\q(ì parco areostatico. 

Pardessus  o  surtout:  due  voci  che  si 
equivalgono  nel  senso,  e  noi  bene  rende- 
remmo con  soprabito.  Vero  è  che  la  voce 
soprabito  non  di  rado  genera  confusione 
giacché  in  molti  luoghi  per  soprabito  in- 
tendono quel  capo  di  vestiario  a  falde  che 
si  sovrapone  alla  sottoveste  o  corpetto 
fr/ilet),  e  che  nel  veneto  dicono  velada.,  a 
Napoli  sciassa,  a  M'ìhmo  marsina,  e  i  sarti 
più  sposso  dicono  o  dorsaij  o  kraus  con 
altra  voce  della  moda.  Ora  lo  parole  par- 
dessus 0  surtout  sono  penetrato  sin  nel 
dialetto  por  indicare  nettamente  quel  ])a- 
strano,  leggero,  di  mezza  stagiono  con 
maniche,  bavaro,  risvolti,  una  o  duo  bot- 
toniero secondo  la  moda,  lungo  un  po' 
meno  del    paletot,    che    si    sovrapone   al 


giacchetto  o  all'abito  a  falde.  Tanto  per 
intenderci  a  Firenze  e  a  Napoli  lo  dicono 
chemise.  Con  ispeciale  taglio  dicesi ra^/rt?^. 
Il  Fanfani  e  l'Arlia,  op.  cit.  propongono  la 
parola  capjìa.  Ma  convorrebbe  trovare  an- 
che le  persone  che  accettino  la  ])arola  in 
questo  senso.  E  non  basta  :  codesto  indu- 
mento è  chiamato  da  alcuni  anche  .^polve- 
rino^ con  la  quale  parola  più  esattamente  e 
comunemente  si  dovrebbe  intendere  quella 
sopraveste  leggera  che  molti  portano  di 
state  in  viaggio  e  difende  dalla  polvere,  jll 
paletot  voce  tanto  comune  che  il  Petrocchi' 
la  accoglie  sotto  la  forma  paltò.,  paltòn., 
paltoncino,  è  più  greve  e  da  inverno, 
pastrano.  Il  Cherubini  ricorda  il  paletot 
nel  figurino  francese  del  10  luglio  1838. 
Carrier  delle  dame,  e  la  dice  «  foggia  di 
vestire  allora  derisa».  In  milanese  dim. 
paltorìn. 

Pare  aux  cerfs  :  spieghiamo  in  francese: 
nom  d'un  ancien  quartier  de  Versailles, 
bati  sur  l' emplacement  d'un  ancien  pare 
aux  cerfs....  Louis  XV  y  possedait  une 
petite  maison  et  y  a  entrenu  quelques 
jeunes  fllles. 

Veniano  i  giovinetti  e  le  donzelle 
a  inginocchiarsi  con  Tinfamia  in  man. 
e  del  suo  bruto  sangue  un  volgo  imbello 
murò  il  parco  de'  cervi  al  re  Cristian. 

Cauducci,    Versaglia  in  Giambi  ed  E]M>di. 

Trovasi  usato  pare  aux  cerfs  estensiva- 
mente. 

Pardon  :  non  solo  questa  parola  francese 
è  da  antico  radicata  nell'italiano  nel  senso 
di  scusa.,  0  del  verbo  scusare,  ma  spesso 
si  trova  usata  con  valore  avversativo, 
lievemente  caustico,  di  chi  si  corregge  di 
un  errore  od  ommissioiie  che  vuol  parere 
involontaria  mentre  è  ad  arto. 

Pareri  di  Perpetua  (iì:  nei  Promessi 
Sposi  Perpetua  consiglia  il  suo  padrone 
Don  Abbondio,  di  ricorrerò  all'  autorità 
del  Cardinale  Federico  Borromeo,  come  a 
sommo  gerarca  o  superiore  diretto  contro 
la  prepotenza  di  Don  Rodrigo.  /  pareri 
di  Perpetua!  esclama  poi  il  povero  prete 
quando  il  Cardinale  gli  chiedo  conto  della 
sua  opera  e  lo  rimprovera  perchè  non  si 
rivolse  a  lui.  Ondo  si  dico  *  pareri  di 
Perpetua  per  indicare  il  consiglio  più 
semplice    v    logico,    o    troppo    semplice. 


Par 


358 


Par 


quindi  senza  valore.  NB.  Don  Abbondio 
non  potendo  indovinare  che  il  cardinale 
Borromeo  costituiva  un'eccezione  umana, 
aveva  ragione  da  vendere  quando  scartò, 
come  troppo  semplice,  il  consiglio  della 
sua  serva-padrona. 

Paresi  :  gr.  nà^eoig  =  debolezza,  re- 
missione. Paralisi  lieve,  consistente  nel- 
l'indebolimento della  contrattilità. 

Pària:  voce  sanscrita  che  storicamente 
vale  uomo  nato  nell'ultima  casta  degli 
Indiani  che  seguono  la  legge  di  Brama: 
gente  spregiata  e  avuta  in  niun  conto. 
Dicosi  comunemente  di  persone  che  non 
hanno  valore  sociale  se  non  come  capite 
censi. 

Pari-mutuel:  espressione  francese  delle 
corso,  non  di  grande  uso  fra  noi,  e  ri- 
sponde alla  parola  ben  nota  totalizzatore, 
cioè  ufficio  di  ripartizione  uguale  su  le 
puntate  di  un  cavallo  vincitore. 

Paris  vaut  bien  une  messe:  motto  at- 
tribuito al  buon  Re  Enrico  IV  di  Navarra, 
quando  con  l'abiura  al  partito  degli  Ugo- 
notti fu  re  di  Francia  :  primo  ed  ottimo 
della  dinastia  de'  Borboni.  Il  motto  spesso 
volgesi  ad  altro  e  vario  senso  per  indi- 
care una  necessaria  rinuncia  ovvero  tran- 
sazione con  la  propria  coscienza  allo  scopo 
di  ottenere  un  bene  reale  e  maggiore. 

Parlar  grasso  :  cioè  liberamente,  sboc- 
cato, specie  di  argomenti  erotici  e  sensuali. 

Parlare  in  difficile:  locuzione  volgare 
milanese  che  vuol  dire  parlare  in  ita- 
liano^ il  quale  ai  lombardi  pare  tanto  più 
difficile  in  quanto  in  loro  è  viva  la  er- 
ronea opinione,  anche  di  persone  colte, 
che  soltanto  nel  fiorentino  stia  la  buona 
italianità  dei  suoni. 

Parlare  in  punta  di  forciietta:  cioè 
«  con  affettazione  di  sceltezza  :  imagine 
tolta,  0  dal  soverchio  acume  o  dalla  de- 
licatezza che  richiedesi  a  maneggiar  cosa 
che  si  regge  sopra  una  punta»:  (Tommaseo): 
in  altri  termini  è  un  traslato,  dal  modo 
prezioso  e  schifiltoso  che  taluni  hanno  di 
mangiare  (portandosi  a  pena  uno  scelto 
bricciolo  di  cibo  alle  labbra  su  la  punta 
della  forchetta)  al  modo  prezioso  di  par- 
lare. 

Parlour  :  inglese,  parlatolo  o  sala  di 
conversazione. 


I       Parmigiano  :  è  detto  in    cojnmercio   il 
\   formaggio  lodigiano.  La  Camera  di  Com- 
i    mercio  di  Milano  (6  feb.  1895)  decise  che 
I   per  «  consuetudine  generale  nelle  contrat- 
tazioni coir  estero,  ed  anche  in  molti  casi 
per  quelle  all'interno,  per  formaggio  Par- 
migiano s'intende  il  formaggio  di  Milano 
!   e  di  Lodi,  e  per  formaggio  Reggiano   si 
I   intende  quello  di  Parma  e   di   Roggio  ». 
Questa  stranezza  ha   la    sua    spiegazione 
nella  popolarità  e  divulgazione  della  voce 
parmigiano,  fin  da  antico,  come  puoi  ve- 
I    dere  nella  famosa  novella   del  Boccaccio 
;    di   Calandrino.  In  fr.  parmesan. 
Parnassiani  :  Y.  Decadente. 
Parola:  per  parola  d'onore,  forma  elit- 
tica. 

Parole  di  colore  oscuro:  emistichio 
1  dantesco  (Inf.  Ili,  10)  che  il  popolo  usa 
1  facetamente  per  indicar  cosa  che  non  ca- 
I  pisce  0,  meglio,  non  vuol  capire,  là  dove 
;  in  Dante  i  nove  terribili  versi  posti  su 
I  l'ingresso  dell'Inferno,  (Per  me  si  va,  etc.) 
sono  assai  manifesti  e  sono  detti  oscuri 
in  altro  senso. 

Pàroli;  nel  linguaggio  dei  giocatori  di 
azzardo  dicesi  quando  chi  punta  raddoppia 
la  posta.  Dal  fr.  paroli.  (Origine  ignota, 
I    scrive  il  Littré). 

Parone:  (da  padrone)  il  capitano  o  il 
proprietario  di  una  piccola  nave  pesche- 
reccia 0  anche  di  commercio.  Voce  vol- 
gare del  litorale  adriatico. 

Parquet:  voce  fr.,  da  noi  comune,  co- 
stante in  Lombardia,  per  indicare  un  pa- 
vimento, a  scompartimento,  specie  se  di 
legno.  Parquet.,  da  pare  =  parco,  vuol 
significare  recinto.,  parehetto^  se  dir  si 
potesse,  ed  indicò  lo  spazio  ne'  tribunali 
riservato  alla  corte. 

Parrocchetto  (vela  di):  V.  Gabbia. 
Parte  Civile:  è  il  nome  che  prende  una 
persona  che  abbia  interesse  in  una  causa 
penale  quando  vi  comparisce,  si  fa  rap- 
presentare e  spiega  e  sostiene  l'esistenza 
del  reato  e  il  proprio  diritto  a  conseguire 
il  l'isarcimento  d'un  danno  sia  materiale, 
sia  morale. 

Parterre:  voce  fr.,  abusivamente  usata 
nel  ceto  mondano  per  aiuola  e  per  platea 
de'  teatri.  Del  resto  questo  parterre  per 
«  luogo  non  grande  con  aiole,  panche   e 


Far 


—     359     - 


Pas 


alberi  »  come  spiega  il  Petrocchi,  ò  da 
assai  tempo  entrato  nell'uso  e  registrato. 
Come  il  solito,  i  gallicismi  usati  a  Firenze 
hanno  onoro  di  registrazione,  ma  converrà 
pronunciare  proprio  alla  fiorentina  par- 
tèrre!  Il  buon  Fanfani  però  protesta,  «Sì 
signori,  in  Firenze  così  addimandasi  un 
Publico  (Giardino  fuori  di  Porta  San  Gallo, 
è  per  ciò  che  la  voce  non  è  francese?  ». 

Partibus  (in):  V,  In  partibus. 

Participio  di  necessità:  cosi  chiamano 
i  grammatici  quella  forte  e  sintetica  forma 
verbale,  propria  della  lingua  latina,  che 
contiene  il  concetto  della  necessità  :  aman- 
dus  =-^^  che  deve  essere  amato.  Ora  questa 
forma  va  divenendo  neologica  in  molte  voci, 
educando^  instituendo^  contennendo^  eri- 
(jendo,  Lìeenxiando  etc.  Sarà  comoda,  certo 
non  è  estetica  e  si  confondo  col  gerundio. 

Partire  in  guerra:  è  la  traduzione  del- 
l'idiotismo francese  partir  en  guerre  = 
partir  pour  la  guerre.  Spesso  tale  locu- 
zione si  adopera  in  senso  figurato  e  con 
forza  caustica,  quasi  di  chi  piglia  lo  slan- 
cio per  un  goffo  assalto.  Nel  linguaggio 
giornalistico  è  molto  comune.  Locuzione 
probabilmente  effimera. 

Partita  d'onore:  per  duello,  è  locuzione 
comunissima.  Trae  la  sua  origine  dal  fran- 
cese partie  d'honneur.  Così  dicasi  di  par- 
tita di  caccia,  di  piacere,  per  diverti- 
mento., solazX'O,  scampagnata.  La  lingua 
italiana,  nota  il  Rigutini,  non  conosce 
altre  partite  che  quelle  del  giuoco. 

Partita  doppia  (giocare  a):  vale  tenere 
i  piedi  in  due  staffe.,  seguire  occulta- 
mente due  partiti  opposti,  far  due  parti 
in  commedia.^  in  modo  che  se  la  va  male 
per  un  verso,  vada  bone  per  l'altro.  Que- 
sta locuzione  deve  essere  tolta  dal  lin- 
guaggio di  borsa,  riferendosi  a  quei  giuochi 
di  speculazione  per  cui  perdendo  in  una 
data  partita,  si  guadagni  dall'altra. 

Partiti  popolari  :  nuova  denominazione 
politica  italiana,  usata  per  indicare  l'unione 
di  quei  partiti  (dal  radicale  al  socialista) 
i  quali  pur  dis(!ordando  nella  finalità  e 
nei  mezzi,  concordano  nel  reggimento  so- 
vrano del  popolo,  nell'incremento  di  esso, 
economico  e  morale,  o  nell'opposizione  ai 
partiti  conservatori  e  di  casta.  Quanto 
codesta  divisione  politica,   che   paro  così 


netta  o  sicura,  risponda  alla  realtà  ed  al 
fatto  economico,  non  è  qui  il  luogo  di 
esporre.  La  locuzione  partiti  popolari  fu 
specialmente  usata  e  consacrata  nello  ele- 
zioni politiche  del  1900  allo  scopo  di  re- 
sistere in  fascio  al  ministero  Pelloux. 

Parturient  montes,  nascetur  ridiculus 
mil8  :  i  monti  avranno  le  doglie  del  parto, 
ne  verrà  fuori  un  ridicolo  topo,  così  Orazio 
con  acuta  imagine  nella  sua  Arte  poetica 
(vs.  139)  parla  di  quelle  opere  il  cui  grande 
e  reboante  proemio  non  corrisponde  all'o- 
pera, gracile  e  misera.  In  tal  senso  è  ri- 
petuta la  frase  latina  e,  piìi  generalmente, 
per  significare  che  le  premesse  saranno 
sproporzionate  al  mezzo  ed  al  fine. 

Parure:  nome  fem.  dal  verbo  francese 
parer  (ì^imo  parare)  adornare.  In  italiano 
v'è  la  parola  finimento,  che  è  composto 
della  collana  e  degli  orecchini  ;  ma  la  pa- 
rola parure  prevale  nel  ceto  mondano  e 
nel  linguaggio  delle  mode. 

Parva  sapientia  :  lat.  piccola  sapienza! 
dalla  nota  sentenza  videbis,  fili  mi,  quam 
parva  sapientia  regitur  mundus.  Della 
varia  attribuzione  di  questa  massima.  V. 
Fumagalli,   Chi  l'ha  detto  "^ 

Parvenu  :  lett.  arrivato,  cioè  villan 
rifatto,  pidocchio  rifatto,  che  sono  le 
voci  nostre  equivalenti.  Ma  in  francese 
non  v'è  quel  grave  senso  di  spregio  che 
v'è  in  italiano,  e  che  certo  non  risponde 
più  bene  ad  un  fatto  sociale  così  comune 
al  dì  d'oggi  come  l'arricchire  rapidamente. 
Cfr.  il  motto,  enrichissez  vous. 

Pasciuti:  è  (o  credo  possa  essere)  la 
scrittura  italiana  di  Patchouli.  V.  questa 
voce. 

Pascere  :  bella  voce  antica  e  disusata  : 
primavera.  Rivivo  nel  poetare  degli  esteti: 

Ber^auio,  nella  prima  primavera. 
ti  vidi  al  novel  tempo  del  pascere. 
G.  n'Ax.NU.NZio. 

Pas  de  zèle  :  A^.  Surtout  pas  de  xèle. 

Pasquinata:  satira,  beffa  di  Pasquino. 

Pasquino:  (V.  il  lungo  studio  di  Luigi 
Morandi  n{>lla  prefazione  alle  opere  del 
Belli,  Lapi,  Cittcì  di  Castello^  1889).  La 
celebrità  dei  motti  satirici  di  l*asquino 
risalo  al  principio  del  '500  e  rappresenta 
lo  spirito  satirico,  scottioo,  critico  del  po- 
polo romano,  in  rapporto  al  dominio  pn- 


Pas 


—     360 


Pas 


pale.  È  l'anima  del  popolo  penetrata  nel 
tronco  informe,  marmoreo  che  venne  sca- 
vato e  rizzato  in  via  di  Parione  presso  la 
bottega  di  un  sarto  di  nome  Pasquino  che 
godea  fama  di  uomo  assai  arguto  e  sati- 
rico. Da  esso  l'informe  busto  prese  nome. 
La  moderna  libertà  di  stampa  tolse  va- 
lore e  forza  alla  satira  di  Pasquino.  Pa- 
squino diede  nome  ad  un  noto  giornale 
satirico,  nel  modo  stesso  che  L'onim  de 
preia  (l'Uomo  di  pietra)  statua  marmorea 
che  era  in  una  casa  della  Corsia  de'  Servi 
(ora  Corso  V.  E.)  in  Milano,  die  titolo  ad 
un  giornale  satirico  milanese. 

Passabilmente:  per  discretamente^  me- 
diocremente, così  così,  abbastanza^  es. 
io  sto  passabilmente,  ricorda  ai  puristi  il 
passablement  de'  francesi. 

Passacaille:  fr.,  dallo  spagnuolo  ^assa 
calle.,  cioè  a  dire  ballo  per  le  vie.  Nome 
di  ballo  assai  vivace  e  leggiadro,  press' a 
poco  come  la  gavotta  e  il  minuetto  ;  assai 
in  voga  nel  sec.  XVII.  Passacaille  è  tanto 
il  ballo  come  la  musica.  G.  S.  Bach  elevò 
a  grande  severità  questo  genere  mondano. 
La  forma  italiana  passacaglia  mi  pare 
poco  usata. 

Passaggio:  per  passo,  squarcio,  brano 
di  scrittura  od  autore,  ricorda  ai  puristi 
il  fr.  passage. 

Passare  all'ordine  del  giorno:  V.  Ordine. 

Passare  il  Rubicone:  vale  acquistare 
nuova  coscienza,  assumere  attitudine  ri- 
soluta e  chiara  entrando  in  altro  campo 
di  idee,  seguendo  altro  più  vero  e  miglior 
partito:  motto  derivato  dal  varcare  che 
fece  Cesare  in  armi  il  confine  d'Italia  (Ru- 
bicone) contro  il  divieto  del  Senato.  V. 
Jacta  alea  est.  Intesi  anche  dire  passare 
l'Acheronte. 

Passare  in  giudicato:  dicesi  delle  sen- 
tenze che  diventano  definitive  e  non  su- 
scettibili di  ricorso.  Dicesi  di  questione 
già  decisa  e  finita. 

Passata  la  festa,  gabbato  lo  santo: 
ottenuto  il  beneficio  si  dimentica  il  be- 
nefattore e  il  santo  che  si  pregò  per  la 
grazia  :  dioesi  anche  nel  senso  :  le  cose 
hanno  valore  secondo  il  tempo.  Il  motto 
è  di  origine  napoletana,  probabilmente  dai 
voti  fatti  a  S.  Gennaro. 

Passatella:  voce  romanesca.  Y.  Tocco. 


Passeggiata  militare:  diccsi  di  impresa 
di  guerra  facile  a  compiersi.  È  versione 
del  francese,  Promenade  militaire;  mar- 
che de  quelques  heures  qu'on  fait  fair  e 
à  un  régim,ent  autour  du  lieti  de  sa 
residence.,  afin  d'exercer  les  soldats.  Fi- 
gurato Cette  expédition  ne  fut  q'uiie  pro- 
menade. 

Passe-partout:  fr.,  così  è  detta  la  chiave 
unica  che  apre  tutte  le  serrature  di  una 
casa  0  di  uno  stabilimento.  Per  amplia- 
zione  poi  dicesi  :  l'oro  è  un  passe-partout., 
(apre  tutte  le  porte),  questa  lettera  è  un 
passe-partout,  etc.  Così  si  chiamano  inol- 
tre certe  cornicette  di  cartone. 

Passe- pied:  nome  di  antica  danza  vi- 
vace, in  tripla  semplice  :  la  parola  fran- 
cese trovasi  anche  tradotta  in  passa-piede. 

Passerella:  in  marina  indica  quel  ponte 
posto  nel  senso  longitudinale  dei  piroscafi 
che  mette  in  comunicazione  il  palco  del 
comando  col  cassero.  Ponticello  di  sbarco. 
Usasi  anche  ^qx  cavalcavia.  Dal  fr.  pas- 
serelle. 

Passerotto:  per  sproposito.,  ha  esempi 
classici  del  '500.  V.  Gherardini,  op.  cit., 
Dicevasi  familiarmente  di  errore  di  stampa, 
gambero  giornalistico,  etc.  Da  passerotto 
(passero  da  nido),  che  facilmente  si  prende; 
così  facilmente  si  cade  nell'errore. 

Passibile:  propriamente  vale  atto  o  dis- 
posto a  patire:  nel  gergo  curiale  per 
indicare  chi  è  condannato  a  patire  una 
pena,  è  pei  puristi  voce  tolta  dal  fr.  pas- 
sible.  Di  cesi  anche  nel  senso  che  può 
sostenere  (suscettibile)  nel  linguaggio  am- 
ministrativo. Es.  la  tassa  sui  fabbricati 
è  passibile  di  aumento.  «  Maniera  sgua- 
iata »  fRigutini). 

Passim:  lat.,  da  ogni  parte,  senz'ordine, 
in  ogni  luogo.  Dicesi  spesso  per  accen- 
nare ad  una  parola  o  frase  o  idea  ripetuta 
assai  volte  nel  corso  di  un'opera. 

Passionale:  nei  nostri  diz.  vale  Libro 
contenente , gli  atti  dei  Santi  Martiri, 
Passionarium.  Nel  senso  di  appassionato 
è  neol.  dal  fr.  passionel.  Eppure  v'è  un 
esempio  del  Carducci  :  «  Una  musica  fan- 
tastica attrasse  le  coppie  entro  un  cerchio 
magico  e  con  le  cadenze  via  via  più  pas- 
sionali, le  trascinò  a  turbine».  Carducci, 
versione  di  un  passo  dello  Schurc,  Histoire 


Pas 


361     — 


Pat 


du  Lied.  Ma  forse  si  può  trattare  di  un 
effetto,  non  avvertito,  nel  tradurre  dal 
francese. 

Passo  di  carica:  Y.   Caricare. 

Passò  quel  tempo,  Enea:  (che  Dido  a 
te  pensò):  verso  metastasiano  rimasto, 
come  altri  di  questo  facile  poeta,  popolare. 
(Didone  abbandonata^  II,  4). 

Tempo  era,  temijo  fu, 
quel  ,che  era  non  è  più  I 

e  spesso  si  dice  in  materia  d'amore,  in 
cui  è  noto  quanta  importanza  abbia  il 
fuggevole  momento,  come  ben  sa  e  av- 
verte la  psicologia  muliebre. 

Pastello  (pittura  a):  si  dicono  pastelli 
i  dipinti  eseguiti  con  matite  di  vario  co- 
lore :  nei  quali  si  impastano  e  digradano 
le  tinte  con  lo  sfumino.  Non  pare  che  gli 
antichi  usassero  tale  genere  di  pittura. 
Fiorì  verso  la  metà  del  sec.  XYIII. 

Pastetta:  voce  napoletana:  lett.  farina 
spenta  nell'acqua  e  sbattuta  con  un  po' 
d'olio,  la  quale  serve  per  far  frittelle.  In 
senso  traslato  vale  imbroglio,  sotterfugio 
elettorale.  Voce  la  quale  insieme  alla  cosa 
è  ben  nota  anche  fuori  di  Napoli.  A  Na- 
poli certe  cose  si  fanno  ancora  con  allegra 
ingenuità  ! 

Pastrocchio:  voce  volgare  e  familiare, 
romagnola  e  veneta  (coi  suoi  derivati):  è 
l'antica  parola  classica  pastocchia  (da 
pasta)  e  vale  intruglio,  indi  finzione, 
imbroglio,  cosa  mal  fatta.  Cfr.  il  mila- 
nese pastrùgn  r:=  intruglio,  pastricgnòn 
pasticcione  e  il  verbo  impastocchiare. 

Patati-patata  :  voce  del  gergo  frfincese 
per  esprimere  un  continuo  chiacchierio. 

Patatrac  :  suono  onomatopeico  che  espri- 
mo il  rumore  di  un  corpo  che  si  sfascia 
e  cado  ;  familiarmente  vale  mina.,  sfacelo. 
Fr.,  patatras. 

Patchouli:  olio  essenziale,  estratto  dalla 
distillazione  degli  steli  e  delle  foglie  di 
una  pianta  tropicale  Pogostemon  patch- 
ouly:  uno  dei  profumi  vegetali  più  forti 
e  graditi.  V.  Pasciull. 

Pàté:  rad.  pàté  =  pasta;  è  il  nostro 
pasticcio;  ma  per  indicare  certi  pasticci, 
farciti  di  carni,  la  cucina  francese  ha  dato 
voga  alla  i)arola  d(il  pro])rio  idioma.  Ks. 
PMé  de  foie. 

Pàté  d'ancien  :    por  patina    di    iiìonu- 


menti,  quadri  etc,  è  Jocuzione  usata  da 
alcuni  per  leziosaggine,  vizio,  od  oblio 
della  voce  nostra. 

Patente  (lettera):  termine  più  special- 
mente storico  per  indicare  le  lettere  col 
regio  sigillo,  contenenti  disposizioni  di 
legge  0  privilegi.  Specie  di  motu  proprio. 
Queste  lettere  patenti  si  riferiscono  di  so- 
lito al  tempo  dello  antiche  monarchie:  fr. 
lettres  patentes,  dal  lat.  patere  :-  essere 
aperto,  manifesto. 

Paterno  (il  governo)',  locuzione  usata 
per  lo  più  ironicamente  per  significare  i 
governi  italiani,  specialmente  quello  del- 
l'Austria dopo  la  Santa  Alleanza,  i  quali 
consideravano  i  sudditi  come  pupilli  sotto 
tutela,  cui  conveniva  guidare,  specialmente 
dopo  quella  gran  dissipazione  del  periodo 
rivoluzionario  e  napoleonico.  Il  concetto 
politico  infatti  della  Santa  Alleanza  era 
che  i  principi  dovessero  reggere  i  popoli 
da  buoni  padri  di  famiglia.  Dicesi  oggidì 
in  mal  senso  di  governi  e  reggitori  quando 
sembrino  volersi  di  troppo  inframettere 
negli  affari  de'  cittadini,  recando  offesa  a 
quel  concetto  di  autogoverno  e  di  libertà 
che  è  0  vorrebbe  essere  una  conquista 
della  età  presente. 

Pathèmata  mathèmata:  antico  motto 
della  sapienza  greca:  letteralmente  vuol 
dire  i  patimenti  sono  ammaestramenti, 
cioè  gran  maestro  è  il  dolore.  Ricorda 
l'esametro  Vergiliano:  non  ignara  inali., 
miseris  sucurrere  disco  (Eneide,  I,  630). 
Si  tratta,  però,  di  un  maestro  che  è  bene 
non  invocare,  tanto  più  che  viene  da  se  o 
i  suoi  ammaestramenti  non  sono  sein])ro 
sicuri. 

Pathos:  V.  Patos. 

Patio:  voce  spagnuola,  dal  latino  pà- 
tukis  z=.  aporto,  cortile,  atrio,  e  anche 
campo.  Voce  notata  anche  in  francese. 

Patoà:  V.  Patois. 

Patois:  dialetto,  vernacolo,  ed  è  voca- 
bolo francese  (comune  fra  noi,  in  alcuno  re- 
gioni. La  etimologia  eomunomonte  accolta 
dal  buon  Ménage,  dal  Littró,  dallo  Scholor, 
è  dal  latino  patrius  o  patriensis. 

Patos  :  0  più  di  frequente,  seguendo  lo 
grafìe  straniero,  pathos  (greco  mtdoj;)  i_ 
passione,  ciò  che  uno  soffre  S(>nza  sua  vo- 
lontiì.  Tern\ino  filosofìco,  comune  ai    lin- 


Pat 


362     — 


Pav 


guaggj  culti.  Hegel  usò  questo  termine 
per  significare  la  passione  che  muove  le 
umane  operazioni.  Patos  dicesi  anche  per 
sentimento,  commozione  estetica,  artistica. 
(Cfr.  patetico). 

Patria  potèstas  :  lat.  la  potestà  o  di- 
ritto del  padre  (o  della  madre)  sui  figli 
minorenni,  secondo  le  leggi:  storicamente 
patria  potèstas  indica  il  diritto  assoluto 
che  in  Roma  antica  il  padre  avea  sui 
figliuoli  e  su  la  famiglia. 

Patrìotta:  è  voce  relativamente  recente, 
come  è  noto,  venutaci  con  la  Rivoluzione 
francese  e  con  Napoleone,  i  quali  dando 
agli  Italiani  l'idea  nazionale  moderna,  ci 
diedero  pure  il  vocabolo.  Anzi  in  quei 
tempi  patriota  (grafia  più  conforme  al  fr. 
patriote)  valse  come  giacobino.,  republi- 
cano;  e  anche  oggi  il  senso  politico  non 
è  disgiunto  talora  da  tale  parola;  ed  è 
per  ciò,  forse,  che  patrio  non  è  proprio 
uguale  a  patriottico.  Patrìotta.,  patriot- 
tico., patriottismo  sono  appuntati  dal  Fan- 
fani,  ma  certo  la  Nuova  Crusca  li  do- 
vrà accogliere  come  sono  accolti  e  fatti 
italiani  nell'uso.  Qui  si  notano  soltanto 
come  storia  della  parola.  I  puristi  con- 
sigliano la  grafia  patriotto.,  la  quale  dal 
Petrocchi  è  dichiarata  più  popolare.  Parmi 
invece  fuor  di  Toscana  più  comune  pa- 
trìotta. Patrìotta  è  popolare  per  coìnpa- 
triotta.  Patriotta  per  liberale^  spesso  in 
senso  caustico,  è  pur  del  popolo.  Che  bel 
patrìotta! 

Patrocinio  gratuito:  Y.  Gratuito  pa- 
trocinio. 

Patta:  term.  mar.,  ciascuno  di  quei 
triangoli  di  ferro  fucinato  alle  estremità 
delle  marre  dell'ancora,  che  serve  a  far 
presa  nel  fondo.  Son  dette  anche  Palme. 
Voce  antica. 

Patte  d'oie:  lett.  in  francese  zafnpa 
d'oca.,  0  zampa  di  gallina  come  noi  si 
dice,  cioè  quella  ruga  all'angolo  dell'oc- 
chio che  si  parte  in  tre  solchi. 

Pattes  de  mouche:  fr.,  letteralmente 
%ampe  di  ìnosca;  detto  di  scrittura  sot- 
tile 0  minuta. 

Pattinaggio:  V.  Pattino.  Dal  fr.  patinage. 

Pattinatore:  fr.  patineur.  V.  Pattino. 

Pàttino:  noto  zoccolo  di  acciaio  che  si 
adatta  alla  scarpa   per  isdrucciolare   sul 


ghiaccio:  dal  fr.  patin^  rad.  patte  (cfr, 
piede  che  ha  la  stessa  etimologia).  È  pa- 
rola ripresa  dai  più  rigorosi  puristi.  Del 
resto  non  mancano  antichi  esempi  :  zoccolo 
da  ghiaccio  si  potrebbe  dire,  ma  non  usa, 
e  così  sdrucciolare  sul  ghiaccio  è  meno 
comune,  per  chi  attende  a  tali  esercizi, 
di  pattinare;  der.  pattinaggio,  pattina- 
tore. Pattino  è  anche  termine  dei  mec- 
canici, e  vale  genoricamen,te  anche  testa 
a  croce,  attacco,  cioè,  dell'asta  dello  stan- 
tuffo con  la  biella  (crosse  de  tige  fr., 
Kreuzkopf,  tod.,  cross-head,  ingl.)  Y. 
Skating -ring. 

Pauperismo:  è  woQQÌngl..,  pauperism., 
notato  come  neol.  in  francese  :  è  la  miseria 
considerata  non  negli  individui  singoli, 
ma  nel  complesso.  L'epidemia  della  po- 
vertà., come  disse  il  Fontenay. 

Pauper  ubique  jacet:  il  povero  dovun- 
que giace.  Così  Ovidio  {Fast  I,    218).   E 
Perpetua  a  Renzo  :    «  Mala   cosa    nascer 
poveri,  caro  Renzo!  »  E  Agnese  al   car- 
dinal Borromeo  :  «  I  poveri,  ci  vuol  poco 
a  farli  comparir  birboni  ».  Promessi  Sposi., 
Gap.  XXIY.  Del  resto  questi  pensieri  di 
vera  sapienza  puoi  leggere  anche  nei  mi- 
rabili colloqui  di  Don  Chisciotte  con  Sancio 
Pancia.  Ed  è  per  questo  che  Cristo,  non 
potendo  aprire  ai    poveri    le    porte    della 
terra,  assicurò  quelle  del  Cielo. 
!        Pavana:  nome  di  antica  danza  di  ori- 
gine spagnuola,  figurata,  magnifica  e  so- 
I   lenne.  Danzavasi  con  cappa  e  spada,  e  le 
I    dame  con  diadema  e   strascico.    Il  nome 
j   sembrerebbe    derivare    da  padovana    =: 
danza  del  contado  di    Padova.   Nel  lin- 
guaggio mondano  tale  parola  ricorre  più 
spesso  alla  francese,  pavane. 

Pavesare:  pavese  denotò  in  antico  una 
specie  di  scudo  (probabilmente  da  Pavia) 
0  rotella  ;  e  molti  pavesi  formando  testu- 
I  dine  eccellente  per  la  loro  quadratura  e 
dando  bellissima  vista  per  i  loro  vivaci 
dipinti,  ne  venne  pavesare  =  difendere  con 
pavesi  e  pavesata  =  difesa.  Indi  pavesare 
si  usò  nel  senso  di  ornare  e  pavese  nel 
senso  di  banderuola  messa  alla  maniera 
de'  pavesi,  massime  sui  navigli,  in  segno 
di  festa  :  dove,  come  la  bandiera  porta  lo 
scudo  principale,  così  le  banderuole  portano 
emblemi  e  colori  bizzarri  e  svariati   alla 


i'ilV 


363 


Pel 


injiiiiera  })i(vosc.  Questo  senso  traslato, 
cioè  pavoiser  da  pavois  =  stendere  les 
pavots  lung'o  i  bordi  delle  galee  o  navi, 
indi  ornare,  tu  da  prima  usato  dai  fran- 
cesi. ¥gv  tappexxare^  ornare^  detto  di  sale, 
stanze,  spiace  ai  puristi  :  ma  solitamente 
si  dice  dell'  ornar  con  bandiere,  come  av- 
viene nelle  navi. 

Pavese:  gala  di  bandiere  su  le  navi: 
ufficialmente  anzi  in  marina  dicesi  gala. 
V.  Zuppa  alla  pavese. 

Pavimentare:  dicesi  delle  case,  degli 
edilìzi.  Ma  delle  vie  e  delle  piazze  dicesi 
lastricare.  Secondo  quanto  ne  ragiona 
acutamente  il  Rigutini,  op.  eit.  il  pavi- 
mentare., col  suo  derivato  pavimentaxione., 
provenne  dall'  ignoranza  o,  meglio,  oblio 
della  voce  lastricare,  o  dall'imitazione  del 
verbo  pavcr  de'  francesi. 

Pazza  gioia:  parole  usate  nella  locu- 
zione familiare  e  di  senso  spesso  ironico, 
darsi  alla  pazza  gioia,  :  godere  eccessi- 
vamente di  alcun  fatto  senza  pensare  se 
esso  sia  da  vero  cagione  di  gioia. 

Pazzariello:  nome  dato  in  Napoli  ad 
una  specie  di  banditore  popolare,  il  quale 
vestito  con  abiti  chiassosi,  con  bastone  in 
mano  e  seguito  di  flauti  e  tamburi,  tra 
lazzi  e  motteggi  di  buffone,  grida  la 
merce.  Antichissima  forma  nostrana  di 
publicità. 

Pazzia  morale:  pervertimento  dei  sen- 
timenti naturali,  impulsi,  affetti,  inclina- 
zioni, abitudini  senza  che  vi  corrisponda 
alcuna  manifesta  lesione  dell'intelligenza 
0  delle  facoltà  ragionative,  senza  illusioni 
pazzesche  ovvero  allucinazioni  come  occor- 
rono nei  dementi.  Come  la  pazzia  morale  è 
difficile  a  riconoscere  (quanto  pochi,  ohimè, 
sono  i  sani  morali!),  così  ebbe  altro  defini- 
zioni :  pazzia  lucida.,  pazzia  ragionante., 
imbecillità  morale,  etc. 

Pazziare:  voce  napoletana,  scherzare., 
dire  0  fare  per  celia.,  giocare. 

Peohblende:  voce  tedesca,  usata  per 
indicai'*'  i  minerali  d'ìiranio. 

Pecorella  smarrita:  locuzione^  iigurata 
che  ris(Mite  alcun  che  delia  nota  parabola 
evangelica,  per  indicare,  con  alcun  senso 
faceto,  giovane  donna  la  quale  sia  uscita 
dal  regolane  sonti(>ro  dellii   virtù. 

Peoten:   hit.,  CdV. /^^//mr'),  nomo  scien- 


tifico di  una  specie  di  molluschi  bivalvi, 
di  cui  la  varietà  più  nota  è  il  Pecten  ja- 
cobaeus  :  esso  fu  già  negli  antichi  tempi 
usato  come  ornamento  de'  cappelli  e  dei 
mantelli  dei  pellegrini  reduci  da  Terra- 
santa  e  da  S.  Giacomo  di  Com])Ostella 
(onde  il  nome).  V.  Cappa  Santa,  e  cfr. 
Pettine. 

Pedalare:  neol.,  detto  del  correre  in 
bicicletta:  fr.  pédaler. 

Pedana:  tavolato  sul  quale  si  fa  la 
scherma. 

Pede  poena  claudo:  lat.  il  ca.stigo  (se- 
gue) a  pie'  zoppo.  (Orazio). 

Pederastia:  da  jraig  i_:  fanciullo  ed 
ègàco  _:  amo:  inversione  sessuale  del- 
l'uomo. V.  Appendice. 

Pedicure-manicure:  neologismo  eufemi- 
stico, quanto  inelegante  e  goffo  che  talora 
(fr.  manicure  e  pedicure)  si  legge  invece 
di  callista.  Il  personaggio  che  risponde 
a  cotesto  nome  sarebbe  lo  scienziato  e 
l'esteta  delle  mani  e  dei  piedi. 

Pedigree:  voce  inglese,  n^q genealogia., 
e  specialmente  registro  genealogico  degli 
animali  di  puro  sangue. 

Pedivella:  chiamano  il  braccio  di  leva 
del  pedale  della  bicicletta. 

Pedooomio:  dal  greco  nal^  =  fanciullo, 
e  uofAElv  =3  curare  :  ospedale  pei  fanciulli. 
Neologismo,  non  bello,  del  linguaggio 
medico. 

Peerage:  ingl..  grado  e  condizione  dei 
Pari  d'Inghilterra,  la  paria  ed  anche  il 
libro  d'oro  o  almanacco  dei  pari  e  nobili 
d'Inghilterra. 

Pelandrone:  nota  voce  piemontese,  ji^rr- 
lan.,  palandran,  largamente  diffusa  fuor 
della  regione,  e  specie  nelle  caserme  per 
disutile.,  scansafatiche. 

Pèle  mele:  alla  rinfusa,  parola  fr.  di 
dubbia  etimologia.  Più  probabile  origine 
è  che  la  voce  pèle  sia  di  creazione  fan- 
tastica per  assonanza  con  tm'le,  da  méler 
-rr-  mischiare.  Peli-meli  è  anche  in  inglese. 

Pellagra:  voce  di  dubbia  etimologia,  pro- 
babilmente vale  come  pelle  agra,  arsa,  a- 
sciutta.,  squamata.  Lo  prime  notizie  di  tale 
infermità  vennero  di  Spagna  verso  il  1785. 
Malattia  di  natura  mal  conosciuta:  da  al- 
cuni autori  attribuita  al  cattivo  alimento 
del  formontoiu>  guiistoe  mal  eotto.  (V.  Mai- 


Pel 


364     — 


Fen 


dico)  da  altri  ad  iusuffìconza  alimentare. 
Manifestasi  clinicamente  con  turbamenti 
generali  fmag-rezza,  cachessia,  diarrea)  eri- 
temi pellagrosi  nelle  parti  scoperte,  mani, 
collo:  demenza. 

Pelle  di  Dante:  V.  Dante. 

Pelle  d'oca:  stato  transitorio  e  speciale 
della  pelle,  cagionato  dall'erezione  dei  fol- 
licoli pelosi.  Ciò  accade  per  freddo  o  per 
paura.  I  francesi  dicono  ehair  de  poule^ 
per  la  simigiianza  appunto  con  la  pelle 
del  pollo  0  dell'oca. 

Pelote:  voce  francese,  dal  lat.  pila  =: 
palla;  usata  talora,  in  certo  linguaggio, 
in  vece  della  nostra  parola  cuscinetto  per 
ispilli.  I  Pelote  è  pur  nome  di  uno  speciale 
gioco  di  palla. 

Pelottone  :  dal  fr.  peloion  r-  nota  sud- 
divisione di  milizie:  manipolo,  squadra^ 
drappello.  Peloton  è  da  pelote  col  suffisso 
on.,  e  pelote  -zz  mucchio,  dal  lat.  p'ila  = 
palla.  Cfr.  l'antica  e  disusata  nostra  pa- 
rola pillotta  =  palla.  Come  appare,  a  noi 
non  mancano  parole  nostre  per  indicare 
una  piccola  mano  di  milizie.  Il  Fanfani 
giustamente  si  sdegna  di  questo  brutto 
vocabolo  plotone  o  pelottone,  più  giusta- 
mente ancora  cita  l'esempio  del  Manzoni: 

e  il  lampo  dei  iiuvnipoli 
e  l'onda  dei  cavalli, 

Ma  che  farci  V  Gli  odierni  istituti  militari 
ci  vennero  di  Francia,  e  plotone  ha  valore 
tecnico. 

Peltasta:  term.  storico,  jreÀTaOTi]^,  sol- 
dato dell'Eliade  antica,  armato  della  pelta 
0  rotella  (scudo  leggiero). 

Pelouse:  voce  francese,  frequente  nel 
linguaggio  delle  corse:  indica  il  prato  o 
il  terreno  coperto  d'erba  corta  e  spessa, 
come  una  peluria.  Dal  lat,  pihis  =:  pelo. 

Peluche:  tessuto  greve  di  lana,  di  co- 
tone 0  di  seta,  fabbricato  come  un  velluto, 
ma  di  cui  i  fili  sono  assai  più  lunghi. 
Serve  per  guarnizioni  di  cappelli  e  di 
abiti,  per  coprir  mobili,  etc.  Da  pilus, 
pelo.  In  vece  di  questa  voce  francese  molti 
usano,  specialmente  fra  il  popolo,  la  pa- 
rola buona  felpa. 

Pemmican  :  voce  francese  ed  inglese,  e 
significa  una  speciale  preparazione  di  carne 
in  poco  volume  e  di  grato  sapore  da  ser- 


vire per  lunghi  viaggi  e  spedizioni.  L'eti- 
mologia della  parola  è  data  come  origi- 
naria degli  indigeni  d'America. 

Penale  :  come  attributo  di  diritto,  con- 
traposto di  cìmle,  prevale  su  la  voce  an- 
tica criminale,  forse  perchè  nel  codice 
odierno  la  figura  giuridica  del  crimine, 
che  era  nel  codice  francese  e  sardo,  è  stata 
abolita.  Del  resto  criminalista  è  voce 
equivalente  a  penalista.  I  puristi  consi- 
derano questo  penale,  si  intende  come 
attributo  di  diritto,  un  gallicismo. 

Penchant  :  fr.  inclinazione,  propen- 
sione. Voce  usata  per  vizio  di  mondanità 
in  cei-to  linguaggio. 

Pendant:  riscontro,  ma  questa  buona 
parola  nostra  non  ricorre  più  così  pronta 
per  designare  due  oggetti  simmetrici  e 
contraposti,  e  si  usa  il  fr.  pendant.  Dicesi 
anche  di  persone,  in  senso  faceto  per  si- 
gnificare che  fanno  il  paio. 

Penetrarsi:  V.  Penetrato. 

Penetrato  :  per  convinto,  persuaso,  com- 
punto, compreso,  e  così  penetrarsi  = 
sentire  profondamente,  investirsi,  mettersi 
ne'  panni  altrui,  etc.  è  notato  dal  Rigu- 
tini  come  «  neologismo  quasi  irragione- 
vole ».  Fr.  pénétrer  e  pénétré. 

Pensarci  su:  sintesi  della  retorica  o 
arte  del  diro  e  dello  scrivere  del  Manzoni. 
Non  risulta,  che  io  sappia,  da  alcun  scritto 
manzoniano,  ma  dalla  testimonianza  del 
Bonghi.  «  Ricordo  ancora  quando,  poco 
lontano  da  casa  sua,  andando  l'un  dinanzi 
e  l'altro  dietro  per  la  strettezza  e  mala 
condizione  del  sentiero,  e  ragionando  di 
poetica,  di  Orazio,  del  Boileau,  dei  mo- 
derni, egli  mi  concluse,  che  tutta  la  poe- 
tica consisteva  nel  pensarci  su  » .  Prefa- 
zione dei  Promessi  Sposi  nelle  due  edizioni 
del  1840  e  del  1825  in  una  lettera  di 
Ruggero Bonghi,M\lsLno,  1903.  Cfr.  Danto: 

I'  mi  son  un  che,  quando 

amore  spira,  noto,  ed  a  quel  modo 

che  detta  dentro  vo  significando. 

Pensée:  fr.  viola  del  pensiero:  detto, 
talora,  di  color  viola  scuro. 

Pensione  :  in  buon  italiano  vale  stipen- 
dio, salario.  Per  retta,  doxxina,  è  il 
francese  pension.  Voce  del  resto  sancita 
dall'uso. 

Pentesilea:  V.  Pantesìlea. 


365 


L'er 


Pentimento:  pur  correx-ione  è  voce  ri- 
presa dai  puristi. 

Peocio:  V.  Coxxa. 

Pepinière:  radice  pépin  =  semente: 
pcpinus  nel  basso  latino.  Questa  voce 
francese  è  usata,  specie  in  senso  traslato, 
invece  della  nostra  semenzaio^  vivaio^ 
seminario.  Alcuni  dicono  anche  pepi- 
niera. Ma,  a  vero  dii*e,  semenzaio  ha 
piuttosto  cattivo  senso,  vivaio  è  delle 
piante,  e  seminario  Isemen)  dei  preti  e 
degli  ecclesiastici.  Capisco  che  si  potrebbe 
rinvigorire  una  di  queste  voci,  ma  per 
rinvigorire  ci  vuole  il  vigore.  Fortuna 
delle  parole! 

Pepsina:  nomo  di  medicinale:  gr.  néooco 
{)  jiéjivtò  =:  ammollire,  cuocere:  è  una 
materia  azotata  speciale,  che  si  ricava  dal 
quarto  scompartimento  dello  stomaco  dei 
ruminanti  giovani  :  specie  di  fermento  che 
serve  a  trasformare  e  sciogliere  le  mate- 
rie albuminoidi  in  peptoni,  cioè  le  rende 
digeribili.  La  pronuncia  toscana  pessina., 
mi  pare  poco  dell'uso. 

Peractis  peragendis:  ablativo  assoluto 
lat.,  eompiufo  ciò  che  si  doveva  fare. 

Per  angusta  ad  augusta:  motto  di  ec- 
celsa virtù:  per  vie  anguste.,  cioè  faticose, 
ad  auguste,  cioè  a  nobili,  grandi  cose. 

Perca!  e  percale:  fr.,  e  non  pereail: 
nota  specie  di  cotonina  robusta  e  serrata  : 
la  voce  fr.  si  alterna  con  l'italiana  per- 
calle 0  percallo.  È  parola  di  origine  per- 
siana. 

Percentuale  :  agg.  formato  da  per  cento: 
registro  questa  parola  perchè  secondo  i 
puristi  «  nuova  e  stranamente  formata  » 
e  «  chi  vuol  parlare  un  linguaggio  umano, 
non  che  italiano,  dirà  »  per  cento  e  non 
percentuale:  così  il  Eigutini.  La  ripro- 
vata parola  è  tuttavia  accolta  nei  diz. 
dell'uso,  e  se  ne  è  formato  anche  il  sost. 
La  percentuale.  Forza  dell'uso! 

Per  citazione  direttissima:  chiamasi 
secondo  il  nostro  codice  quella  forma  ra- 
pida di  procosso  senza  istruttoria  preli- 
minare, che  in  qualche  caso  di  arresto  (e 
della  opportunità  di  questa  procedura  è 
arbitro  il  Pi'oouratoro  del  re)  si  fa  davanti 
al  Pretore,  specialmente,  giacché  trattasi 
di  cause  som])lici  e  brevi. 

Perder  la  sinderesi:  V.  Sinderesi. 


Perder  l'erre:  dicesi  di  chi,  per  molto 
bere  essendoglisi  enfiata  la  lingua,  non 
può  pronunciar  l'erre;  essere  ubbriaco, 
esser  cotto.  Antica  locuzione  classica,  viva 
nel  linguaggio  familiare. 

Pereat:  lat.  perisca.,  muoia.,  cioè  ab- 
basso: voce  in  uso,  specie  dagli  studenti 
tedeschi. 

Per  fas  et  nefas  :  lat.  con  mezzi  leciti 
ed  illeciti.,  cioè  con  tutti  i  mezzi  pur  di 
riuscire. 

Perfettamente:  \.  Perfetto. 

Perfetto:  «per  i  francesi  —  scrive  il 
Eigutini  —  tutto  è  parfait  e  tutto  sta 
parfaitetnent.,  per  una  delle  solite  loro 
iperboli  » ,  onde  noi  dicendo  ad  es.,  perfetto 
gentiluomo.,  perfetto  cavaliere,  usiamo  di 
un  gallicismo,  mentre  dovremmo  dire. 
vero:  e  aggiunge:  «sconcissimo  l'usare 
perfettamente  con  senso  di  affermazione 
0  approvazione  per  sì,  sì  certo  » .  Con 
tutte  queste  buone  ragioni,  esso  è  uno 
dei  gallicismi  più  comuni  e  quasi  più  non 
ce  ne  avvediamo,  forse  perchè  così  alfine 
al  genio  della  nostra  lingua  da  sembrar 
modo  nostro. 

Pergamenata:  dal  fr.  parcheìninée,  detto 
di  carta  che  ha  l'aspetto  e  la  consistenza 
della  pergamena. 

Pericolo  giallo  (il):  timore  di  preponde- 
ranza della  razza  mongolica  (Cina,  Giap- 
pone). Tale  frase,  più -forse -di  opportunità, 
giustificazione  di  violenza,  che  di  verità, 
è  dell'imperatore  tedesco  al  tempo  della 
lega  europea  contro  la  Cina  (1900):  die 
gelbe  Gefahr. 

Perkins:  (riscaldamento  alla):  cioè  a 
termo-sifone^  (vapore,  acqua)  por  appar- 
tamenti: dal  nome  dell'inventore. 

Periculum  in  mora:  lat.  neW indugio 
sta  il  pericolo. 

Perinde  ac  cadàver:  lat.,  proprio  come 
un  cadavere:  formula  ipiM'bolica  della  sot- 
tomissione assoluta  alla  volontà  dei  pre- 
posti. Leggosi  nella  Regola  di  S.  Francesco 
d'Assisi,  ma  ebbe  rinomanza  solo  p(>r  l'ap- 
plicazione ohe  ne  fecero  i  gesuiti. 

Periodica:  parola  del  dialetto  napolo- 
tìino  che  significa  festieoiuola.,  rìtroro 
familiare,  ogni  corto  periodo  di  giorni. 

Periòstio:  gr.  jTei)(òort:ou.,  torni,  anat., 
membra  fibrosa  che  ricopre  lo  ossa  e  con- 


Per 


366 


lYr 


tribuisco  al  loro  sviluppo  e  alla  loro  nu- 
trizione. Periostite  =:  la  malattia  del 
periòstio  :  nome  generico  dato  a  tutte  le 
infiammazioni  acute  o  croniche  del  pe- 
riostio. 

Periostite:  V.  Periostio. 

Periscòpio  :  che  mele  attorno,  voce  fog- 
giata dal  greco  e  detta  di  certi  apparecchi 
nelle  navi  sottomarine  per  dirigerne  il 
corso.  Sono  basati  su  la  rifrazione  dei 
raggi. 

Peritale:  agg.  del  linguaggio  forense 
ed  amministrativo  ;  che  si  riferisce  a  pe- 
rizia, es.  prove  peritali. 

Peritare:  verbo  neol.,  valutare,  esti- 
mare, far  perizia. 

Perititi  ite  :  voce  medica  da  nEql  -=.  at- 
torno e  TV(pÀós  =  cieco:  infiammazione 
del  peritoneo  che  circonda  1'  intestino 
detto  cieco. 

Perizia:  voto  di  persone  pratiche,  detti 
periti,  intorno  ad  una  data  arte  o  scienza 
su  cui  ò  controversia,  o  per  accertare  un 
fatto,  Deriv.  neologici,  periziare  e  peritare. 

Perizia  arbitrale:  nomina  di  un  perito 
arbitro,  la  cui  sentenza  non  si  può  impu- 
gnare se  non  per  manifesta  iniquità. 

Periziare:  altro  neoì. -pei-  far  perizia. 

Perlziore:  latinismo  peritiorem  z=  più 
perito,  cioè  perito  arbitro  o  superiore  ai 
periti  :  tale  il  giudico.  Voce  curialesca. 

Per  la  contradizìon  che  noi  consente: 
Dante,  Inf  XXVII,  120.  Così  dice  il 
Diavolo  a  S.  Francesco  portando  all'in- 
ferno l'anima  di  Guido  feltresco,  il  quale 
non  potea  operare  il  male  e  insieme  pen- 
tirsi, cioè  salvarsi.  Formula  logica,  ri- 
masta popolare,  almeno  fra  la  gente  di 
media  coltura. 

Permè  :  voce  milanese  recente,  non  no- 
tata nò  nel  Cherubini  né  nell'Angiolini  ; 
vale  mezza  porzione  e,  con  grossolana 
arguzia,  dicono  anche  in  senso  figurato 
in  vece  di  saggio,  campione.  Altri  scrive, 
secondo  etimologia,  per  me. 

Per:  nel  frontespizio  dei  libri  invece 
di  da  è  gallicismo  brutto  foggiato  ^ulpar 
francese  :  del  resto  si  potrebbe  difendere 
come  arcaismo  (in  latino  il  mezzo  con  per- 
sona esprimesi  con  per)  o  sostenere  come 
elegante  forma  classica  nostra.  Tutto  si  può 
difendere  ;  vero  è  che  questo ^er  sembra  vo- 


ler dive  ez\2i\\à.ìo  a  vantaggio  dell'autore: 
anfibologico,  dunque,  senza  contare  che  il 
per  classico  ha  altro  uso  e  snellezza.  Questo 
goffo^ernon  è  oggidì  più  molto  usato,  anche 
perchè  si  costuma  mettere  il  nome  dell'au- 
tore in  testa  del  frontespizio.  |  Il  per  in 
corrispondenza  di  troppo  è  locuzione  fran- 
cese, anzi  «  puzzolente  francesismo  ». 
(Fanfani).  Es.  È  troppo  astuto  per  essere 
ingannato,  deve  dirsi  :  è  tanto  astuto  da 
non  poter  essere  ingannato,  oppure  è  cosi 
astuto  che  è  impossibile  ingannarlo.  Ma 
l'uso  ha  virtù  di  togliere  persino  il  puzzo. 

Perpetua  :  nome  di  creazione  geniale 
come  altri  nomi  do'  Prom,essi  Sposi: 
Don  Abbondio,  Azzeccagarbugli,  etc. 
Perpetua  è  la  serva-padrona  di  Don  Ab- 
bondio, ed  è  passata  in  proverbio  per  in- 
dicare specialmente  le  domestiche,  già 
oltre  alla  età  sinodale,  de'  sacerdoti.  V. 
Pareri  di  Perpetua  (i). 

Performance:  vocabolo  inglese,  letteral- 
mente =r  rappresentazione.  Da  noi  si  usa 
molto  per  indicare  un  fatto,  un  avveni- 
mento, una  prova  di  sport  [come  la  corsa 
di  un  corridore  o  di  un  ciclista,  il  galoppo 
ottenuto  da  un  cavallo  etc,  p.  es.  si  dice: 
«  abbiamo  assistito  ieri  a  una  bella  per- 
formance del  tal  corridore,  che  ha  fatto 
il  tal  percorso  in  tanti  minuti  ....  »  o 
anche  :  «  la  sua  performance  (=  risultato 
ottenuto)  è  stata  di  tanti  Km.  alFora»]. 

Per  quel  che  fa  (o  che  dà)  la  piazza: 
propriamente  secondo  il  prezzo  del  mer- 
cato :  e  per  estensione,  secondo  le  condi- 
zioni di  tempo,  di  luogo,  di  costume: 
modo  nostro  familiare,  vale  come,  cosi 
cosi,  non  c'è  male,  o  conviene  conten- 
tarsi. 

Persecuzione  (delirio  di):  tra  le  varie 
forme  di  delirio,  la  più  frequente  e  per- 
sistente è  quella  per  la  quale  il  malato 
attribuisce  le  sue  pene,  turbamenti,  ter- 
rori etc,  all'opera  di  occulti  nemici.  Senza 
però  ricorrere  ai  casi  tipici  di  pazzia  da 
manicomio,  esiste  se  non  il  delirio,  il 
sospetto  di  persecuzioni  in  molte  persone 
che  passano  per  normali  e  sane,  e  mi  piace 
aggiungere  che  non  sempre  la  malattia  è 
cagione  di  tale  sospetto. 

Personale:  agg.  sost.,  per  indicare  tutti 
coloro  che  sono  addetti  ad  un  publiro  uf- 


Pei- 


367 


Pet 


ficio,  è  il  personnel  fraucose.  Brutta  voce 
burocratica.  La  mia  opinione  personale, 
per  la  mia'  propria  opinione  è  modo  di 
diro  ripreso   dai  puristi  come  gallicismo. 

Pertransiit  benefaciendo  :  lat.  passò 
operando  il  bene:  dotto  primamente  come 
sintesi  della  vita  di  Gesù  Cristo.  Mirabile 
locuzione,  spesso  ripetuta  come  frase  fatta. 

Perù  :  nella  locuzione  vale  un  Perii, 
V.  Eldorado.  Valere  un  Perù  dicesi  di 
solito  ironicamente. 

Per  un  punto  Martin  perse  la  cappa: 
punto  qui  sta  latinamente  per  punteggia- 
tura. Allusione  al  noto  verso  scritto  su 
la  porta  della  badia  di  cui  era  abate  co- 
desto Martino.  Porta,  patens  esto,  nulli 
claudatur  ìionesto,  (porta,  sta  aperta,  non 
chiuderti  ad  alcun  galantuomo)  mettendo 
invece  la  virgola  dopo  nulli,  il  verso 
viene  a  dire  :  porta,  non  aprirti  ad  alcuno, 
chiuditi  ai  galantuomini.  Per  tale  errore, 
volontario  o  fortuito,  la  leggenda  narra 
che  Martino  perde  la  dignità  del  suo 
grado.  V.  Anecdotes  historiques  di  Etienne 
di  Borbone,  domenicano  del  sec.  XIV. 
Altra  leggenda  v'è  pure  in  italiano.  Y. 
Fumagalli,  op.  cit. 

Perversione:  voce  universale  scientifica: 
(lat.  ^>»er«;ers«'o-=  sconvolgimento)  vale  come 
depravaxione  o  degenerazione  o  altera- 
zione patologica  degli  istinti,  dei  senti- 
menti, delle  idee.  La  perversione  del  senso 
morale  si  riscontra  in  molti  casi  di  iste- 
rismo e  di  pazzia,  detta  appunto  «  morale  ». 
Cosi  le  perversioni  sessuali  sono  state 
studiate  come  sintomo  di  malattie  men- 
tali. (Ahimè  quanto  pochi  i  veramente 
sani!) 

Pesage:  fr.,  dicesi  anche  ì-eeinto  del 
peso.  Nelle  corse  è  come  sarebbe  la  sa- 
crestia nelle  chiese,  il  saneta  sanctorum. 
Quivi,  nel  pesage,  si  pesano  i  fantini,  si 
contemplano  i  cavalli  otc.  ed  è  così  ono- 
revole luogo  che  chi  vuol  entrare  paga 
di  molto,  ma  può  imparare  eziandio  molte 
cose  (eccettuata  la  lingua  italiana). 

Pescagione  e  pescare  :  detto  delle  navi, 
indica  la  misura  dell'immersione  dello 
carene  nell'acqua. 

Pesce  d'aprile:  fr.  poisson  d'avril,  in 
tedesco  Aprilscherx:  noto  scherzo  di  far 
correr  la  gènte  il  di   primo   d'aprile   con 


falsa  notizia.  Da  che  proviene  la  locu- 
zione? V'è  chi  spiega  ptoisson  d'avril 
come  una  corruzione  di  passion  d'a^'ril^ 
perchè  Cristo  passò  da  Erode  a  Pilato  e 
ciò  avvenne  in  aprile  :  altri  perchè  il  sole 
entra  nella  costellazione  dei  Pesci,  altri 
dà  spiegazioni  che  sembrano  più  inven- 
tate per  ispiegare  che  persuasive.  Cfr. 
Pico  Luri  da  Vassano,  op.  eit. 

Pesce  grosso:  è  in  natura  quello  che 
mangia  i  piccini,  onde  il  bellissimo  nostro 
motto  il  pesce  grosso  divora  il  piccolo  : 
per  estensione  metaforica  si  dice  pesce 
grosso  di  coloro  che  nella  vita  prendono 
assai  posto  e  per  reputazione,  autorità, 
forza,  potrebbe  divorare  e  divorano  infatti, 
moralmente,  i  propri  simili. 

Pesce:  nel  gergo  degli  stampatori  è  il 
salto  fatto  nella  composizione,  l'opposto 
del  doppione,  che  è  la  parola  o  la  frase 
stampata  due  volto. 

Peseta:  diminutivo  di  peso  =  moneta: 
voce  spagnuola  che  significa  una  moneta 
d'argento  del  peso  di  cinque  grammi  e 
del  valore  di  quattro  reali.  Oggidì  è  la 
unità  monetaria  della  Spagna  :  press' a 
poco  la  nostra  lira. 

Peso  :  per  pesante,  «  più  comune  e  po- 
polare »,  avverte  il  Petrocchi.  Così  a  Fi- 
renze e  nei  volgari  di  alcune  regioni  :  ma 
comunemente  si  dice  pesante. 

Peste  :  lat.  pestis  =:i  flagello.  Nome  in 
antico  dato  a  tutte  le  grandi  epidemie. 
Dicesi  oggi  specialmente  della  peste  bub- 
bonica :  malattia  infettiva,  epidemica,  con- 
tagiosa, caratterizzata  da  acuta  febbre, 
bubboni,  emorragie.  È  dovuta  ad  un  mi- 
crobo speciale,  il  bacillo  di  Yersin. 

Petente:  \ìqv richiedente  «latinismo  cru- 
dissimo usato  per  colui  che  chiede  alcun 
che  con  istanza  »  (Rigutinij.  Anzi  tanto 
crudo  che  non  è  digeribile.  Ma  non  mi 
paro  molto  dell'uso. 

Pétillant  :  scoppiettante,  crepitante,  sfa- 
villanie,  lucente,  vivace.  Voce  francese 
abusivamente  usata  talora  in  certo  lin- 
guaggio. 

Petit-bleu:  nel  gorgo  francese  familiare, 
vale  dispaccio  (dal  colore  della  carta). 

Petite  et  dabitur  vobis:  chiedete  e  ri 
sarà  dato.  Evangelo  é\  S.  Matteo,  Vili,  7. 

Petitio  principi!:  \.  Petizione,  ete. 


Pet 


-     368     - 


Pia 


Petit  mattre:  dicesi  di  giovane  che  af- 
fetta gran  sicurezza  e  pretensione  :  è  una 
di  quelle  felici  parole  francesi  le  quali  si 
sono  da  tempo  imposte  e  sono  accolte 
anche  da  buoni  scrittori,  pur  non  man- 
cando modi  nostri  equivalenti. 

Petit  sou  :  fr.,  soldino. 

Petizione  di  principio  :  sofisma  che  con- 
siste nel  supporre  come  dimostrato  ciò 
che  è  da  provarsi  (lat.  petitio  principii; 
dal  greco  rò  è^  àg/Jig  alTElgdai  Aristotile). 

Pettinatura  alla  Brutus:  dicono  i  bar- 
bieri francesemente  quelle  co'  capelli  a 
spazzola.  Tale  denominazione  classico-ro- 
mana è  del  tempo  della  Eivoluzione  fran- 
cese, quando  le  code,  i  tuppè,  i  ricci,  la 
cipra  furono  aboliti  e  onorata  invece,  nei 
nomi  e  nelle  fogge,  l'austerità  republi- 
cana  dell'antica  Eoma. 

Pettine:  Y.  Peeten.^  ^eiio  pettine  \)Qv 
la  forma  di  una  delle  valve,  festonata  in 
modo  da  aver  sembianza  di  pettine.  Gli  altri 
molluschi  bivalvi  che  sono  privi  di  questa 
valva  così  formata  e  non  hanno  la  spor- 
genza ove  è  la  cerniera,  non  sono  detti 
pettini;  ma  hanno  nomi  vernacoli,  come 
cappa.  peverax^M  o  poverazza^  calciìiello, 
sul  litorale  adriatico. 

Pezza  processuale:  nel  gergo  forense 
vale  le  pagine  del  processo  penale.  In- 
flusso del  nome  fem,  fr.  pièce. 

Pezze  giustificative:  fr.  pièces  justifi- 
catives.^  documenti  che  servono  a  giusti- 
ficare un  fatto. 

Pezzi  grossi:  termine  nostro  volgare 
per  indicare  le  persone  di  molta  autorità 
e  potenza,  quelle  che  fanno  a  loro  talento 
la  pioggia  e  il  bel  tempo. 

Pfennig  :  moneta  minima  divisionale  ger- 
manica :  la  centesima  parte  del  marco, 
cioè  un  quarto  di  piìi  del  nostro  centesimo. 

Pfui!:  esclamazione  di  repulsione  e  di 
spregio  presso  1  tedeschi. 

Phaéton  :  Y.  Faetòn. 

Philister:  ==  filisteo:  voce  tedesca,  usata 
per  significare  il  borghese  pacifico,  un  po' 
gretto,  un  po'  rustego.  misoneista,  come 
si  direbbe  oggi,  cioè  alieno  e  sospettoso  del 
movimento  moderno.  Per  gli  studenti  ger- 
manici, viventi  in  ispecié  di  corporazioni, 
è  dichiarato  Philister.,  sia  chi  non  appar- 
tiene più  al  ceto  studentesco,   ovvero  sia 


chi  è  nemico  degli  svaghi  e  degli  alletta- 
menti giovanili.  Dell'origine  di  questa  pa- 
rola Y.  //  dizionario  della  Conversazione 
del  Meyer.  Tale  uso  del  vocabolo  risale 
al  1785,  e  probabilmente  si  rapporta  a 
conteso  studentesche  contro  popolani  nella 
città  di  Iena,  ove  i  nemici  agli  studenti 
ebbero  per  reminiscenza  biblica  il  nome 
spregiativo  di  Filistei. 

Pliysique  du  ròle:  locuzione  francese 
frequente,  usata  tanto  sul  serio  come  per 
giuoco,  per  indicare  che  una  tale  o  un 
tale  par  nato,  cioè  ha  l'aspetto  adatto  alla 
parte  (ròle)  che  deve  rappresentare  nella 
commedia  del  palcoscenico  o  in  quella 
maggiore  e  tragica,  talvolta,  della  vita. 

Piace  a  me  e  basta:  risposta  di  A.  De- 
pretis,  ministro,  rimasta  viva  talora  nel- 
l'uso e  nei  ricordi  del  Parlamento. 

Piancito  :  voce  regionale  per  pavimento. 

Piada:  specie  di  pane  azimo  in  forma 
di  schiacciata  o  spianata  sottile,  cotta  sul 
testo  :  costuma  nel  contado  riminese.  La 
ricorda  il  Pascoli  leggiadramente  ne'  suoi 
Poemetti,  ove  la  lirica  intitolata  il  Desi- 
nare portava  nella  prima  stampa  il  titolo 
di  Piada.  Dal  latino  patena? 

Pianger  miseria:  locuzione  familiare 
dolersi  delle  proprie  strettezze  e  delle 
molte  necessità:  ma  solitamente  si  dice 
di  chi  ad  arte  si  infinge  di  essere  biso- 
gnoso. 

Pianta:  per  ruolo.  Yoce  del  gergo  bu- 
rocratico. 

Piantar  baracca  e  burattini:  lasciar 
che  tutto  vada  in  malora,  abbandonare 
all'incuria,  o  per  malanimo  o  per  dispetto. 
Modo  nostro  volgare  e  comune. 

Piantar  carote:  infilar  bugie.,  dirle  o 
sballarle  grosse. 

Piantonare:  Y.  Piantone. 

Piantone  :  per  soldato  di  servizio,  senza 
armi  è  il  fr.  planton.  Essere  di  piantone, 
fr.  ètre  de  planton.  In  italiano  piantone 
vale  pollone.  Il  verbo  piantottare  per 
guardare,  sorvegliare  impedendo,  non  è, 
che  io  mi  sappia,  in  francese. 

Piarda  :  parola  usata  nell'idraulica  pa- 
dana per  indicare  la  scarpata  che  sta  tra 
il  pelo  dell'acqua  ed  il  ciglio  del  piano, 
sommerso  solo  nelle  piene. 

Piattaforma:    per   caposaldo.,    base   di 


Pia 


—    369 


Pie 


un  programma  politico,  è  neologismo  che 
dall'America  derivò  all'Inghilterra:  plat- 
form  r=  a  declaration  of  principles^  po- 
liticai, religious^  or  otherivise. 

Piattello:  V.  Pitocchetto. 

Piatto;  in  fr.  plat,  figuratamente  vale 
inelegante^  volgare  (cfr.  Platitiide).  Tanta 
è  la  forza  dell'influsso  francese  che  trovo 
scritto  in  un  libro  piatto  realismo.  A 
questo  punto  si  arriva! 

Piatto  forte:  il  piatto  più  sostanzioso 
di  un  pasto  :  dicesi  anche  in  senso  esteso 
e  figurato,  specie  quando  vi  si  vuole  ag- 
giungere del  caustico.  Piatto  forte  è  quello 
che  i  francesi  dicono  pièce  de  résistance. 

Piazza  (la):  in  certe  locuzioni,  come 
comanda  la  piaxza^  far  quello  che  vuole 
la  piaxxa^  vale  il  popolo^  ma  inteso  nel 
mal  senso  di  plebe,  o  rappresentanti  di 
plebe,  con  speciale  significazione  di  spregio 
alla  ignoranza,  volubilità,  prepotenza  delle 
moltitudini,  agitate  dalle  passioni. 

Piazza:  per  j9os^o,  es.  letto  a  due  piaxxe, 
trovare  una  buona  piazza^  e  peggio  an- 
cora, far  piaxxa  per  fare  posto^  sono 
locuzioni  volgarissimo,  entrate  pur  troppo 
anche  nell'uso  del  popolo,  specie  delle 
grandi  città.  Dall'uso  del  francese  j^/ace. 
I  I  comici,  i  giocolieri  etc,  chiamano  la 
piaxxa,  la  città  od  il  villaggio  dove  eser- 
citano la  loro  arte. 

Piazzare  :  voce  dello  sport.  Con  questo 
barbarismo  si  stabilisce  l'ordine  con  cui 
cavalli  0  corridori  passano  il  ti'aguardo 
alla  meta.  Quelli  che  arrivano  primi,  ge- 
neralmente non  oltre  il  tre,  si  chiamano 
pìaxxati. 

Piazzare  :  per  mettere  in  posixione^ 
collocare.,  brutto  neol.  dal  fr.  piacer. 

Pìazzista:  agente  di  commercio  che  fa 
affari  per  conto  di  terzi  nella  città  o  cir- 
condario. 

Piccante:  é  considerato  dai  puristi  come 
gullicismu  (piquant)  non  in  sé,  ma  per 
l'uso  che  se  ne  fa  in  vece  di  arguto.,  mor- 
dace, bixxarro.,  curioso.,  frixxante  etc. 
Es.  un^avventura  piccante  (contiene  in  sé 
l'idea  di  fatto  licenziosotto,  gustoso;  non  ò 
cosi?).  Anche  aria  piccante  (parmi  raro) 
salsa  piccante.^  per  dria  frixxante.,  salsa 
forte  sono  locuzioni  riprose.  Voce  del- 
l'uso. 

A.  I'anzini.  Supplemento  ai  Dixionari  italiani. 


Piccarsi  :  per  pretendere,  ha  esempi  clas- 
sici della  fine  del  '500.  Trovasi  registrato 
in  ogni  lessico,  fr.  se  piquer  =  se  vanter., 
avoir  des  prétentions  à. 

Piccato:  fr.  piqué:  punto.,  offeso.,  indi- 
spettito. Nel  linguaggio  della  cucina  al- 
cune carni  diconsi  piccate  in  vece  di 
lardellate.,  isteccate.,  che  è  dal  fr.  piquer. 
Francesismo  già  notato  dal  Cherubini  nel 
suo  diz.  milanese. 

Picctietto:  \>QV  piolo.,  paletto^  cavicchio., 
è  il  fr.  piquet.  Lo  accoglie  il  Petrocchi  : 
«  quei  legnetti  che  si  piantano  in  terra 
per  tener  salde  le  tende  de'  campi  »,  di 
fatto  è  voce  specialmente  militare,  come 
è  del  linguaggio  militare  picchetto  per 
piccola  guardia  o  drappello  di  soldati; 
uffixiale  di  picchetto.,  cioè  ufficiale  della 
guardia.,  che  così  si  dovrebbe  dire,  ma 
non  si  dice  sì  perchè  nessuno  intende- 
rebbe in  tale  senso,  sì  perchè  quando  si 
ricevono  istituti  dall'estero,  è  necessario 
far  buon  viso  alle  parole  straniere,  e  noi 
togliemmo  i  nostri  istituti  militari  dalla 
Francia,  anzi  la  Francia,  prima  con  Na- 
poleone, formò  un  esercito  nazionale  ita- 
liano. I  Picchetto  è  pure  una  nota  specie 
di  giuoco  con  le  carte:  sempre  dal  fran- 
cese. (Y.  piquet). 

Piccioletti  ladruncoli  bastardi:  così 
chiude,  fi'emendo,  il  Carducci  il  2*^  sonetto 
della  collana  (Heupudor  !)  in  Oiainbi  ed 
Epòdi,  e  vuole  indicare  i  moderni  ladri 
del  publico  erario  o  i  la(h-i  in  guanti  gialli, 
da  l'aurea  lente  all'occhio  (caramella), 
concussionari,  barattieri.  V.  Deplorato., 
Salvataggio.,  Succhione.,  Oportet  ut  scan- 
data  eveniant. 

Piccioletto  verso:  dicesi  in  vario  senso, 
e  si  logge  nel  Carducci,  Idillio  Marem- 
mano: 

che  sudar  dietro  al  piccioletto  verso! 
meglio  oprando  oljiiar,  senza  indagarlo 
questo  enorme  mister  do  l'universo! 

Picciotto:  voce  napoletana  che  significa 
persona  di  grado  inferiore  nella  Camorra. 
V.  questa  voce.  Noi  dialetto  siciliano  pie- 
ciottu  vale  ragaxxo,  giovane. 

Picco:  nel  linguaggio  marinaresco  è  il 
mozzo  pennone  che  si  appoggia  all'albero 
e  serve  ad  inferire  la  randa.  Andare  a 
picco  :z:z  affondare.  Dicosi  anche  andare 

21 


Pie 


370     — 


Pie 


'per  occhio.  «A  picco,  spiega  il  Gugliel- 
motti, vale  a  piombo,  vertioalmente^  che 
le  cose  appiccate  cadono  a  perpendicolo, 
quindi  profondarsi  a  piombo  nel  mare  ». 
Picco  per  punta  di  monte  erta,  difficile 
ad  ascendere,  in  forma  di  guglia  è  notato 
dai  puristi  (fr.  pie).,  e  così  è  notato  il  detto 
modo  avverbiale  a  picco  per  a  perpendi- 
colo (fr.  à  pie)  :  l'uso  sancisce  tale  voce, 
registrata  del  resto  in  ogni  lessico  mo- 
derno. 

Piccolo  :  così  è  chiamato  negli  alberghi 
e  ne'  caffè  dell'Alta  Italia  il  garzoncello 
che  fa  il  suo  tirocinio  aiutando  e  servendo 
il  cameriere.  Questo  vocabolo  piccolo.,  in 
tale  senso,  è  usato  anche  in  Germania. 

Piccolo  circuito:  meglio  corto  circuito 
(elettrotecnica)  :  vuol  dire  interposizione  di 
un  conduttore  di  poca  resistenza  fra  due 
reofori  :  ne  consegue  riscaldamento  ed  in- 
cendio. Ciò  può  avvenire  tanto  per  causa 
involontaria  come  per  imperizia.  L'incen- 
dio della  preziosa  biblioteca  di  Torino 
(1904)  fu  dovuto  a  tale  causa.  V.  Corto 
circuito. 

Piclc-frean  :  noto  termine  inglese  di  pa- 
sticcei'ia;  e  sono  così  detti  certi  biscottini 
bianchi,  chiusi  in  lattoni,  di  varie  forme 
geometriche,  abilissimamente  preparati  con 
farina  e  latte,  così  da  resistere  per  grande 
tempo  e  reggere  alla  più  grande  esporta- 
zione. Non  piccola  fonte  di  lucro  per  quel 
popolo  industre! 

Piclc-poclcet:  parola  inglese  che  vuol 
dire  alla  lettera  becca-tasche.,  cioè  il  no- 
stro borsaiuolo  o  tagliaborse.  La  parola 
pick-pocket  è  registrata  nei  dizionari  fran- 
cesi, ed  i  tagliaborse  di  Londra  hanno 
nominanza  di  veri  artisti  del  genere.  Con- 
siderando però  che  questa  comoda  indu- 
stria è  anche  italiana,  e  come  destrezza 
anche  da  noi  non  si  canzona,  così  la  voce 
inglese  deve  ritenersi  superflua,  se  pure 
non  è  detta  con  riguardo  ai  borsaiuoli 
stranieri . 

Pictoribus  atque  poetis  :  ai  pittori  ed 
ai  poeti  semjjre  fu  concessa  una  ragio- 
nevole facoltà  di  osare  ciò  che  piii  loro 
piacesse.  Così  Orazio  nella  sua  Arie  poe- 
tica concede  agli  artisti  libertà  piena  di 
concezione:  ma  entro  i  limiti  del  vero  e 
del  ragionevole. 


Pidria:  voce  antica  e  ampiamente  dia- 
lettale, non  registrata:  vale  imbuto  e  più 
specialmente  quel  largo  imbuto  di  legno 
che  s'usa  pel  vino  e  che  toscanamente  si 
dice  pévera.  Pidrioeu,  in  milanese,  pe- 
driolo   in  Eomagna. 

Pièce:  parola  francese  dai  molteplici 
significati  che  in  senso  generico  vuol  dire 
parte  di  un  tutto  :  in  italiano,  pezzo.  La 
etimologia  è  incerta  e  difficile.  Pièce  in 
francese  si  dice  di  ogni  oggetto  che  forma 
parte  di  un  insieme,  così  pièces  son  dette 
le  stanze  di  un  appartamento;  pièce.,  un'o- 
pera drammatica,  musicale  etc. 

Pied-à-terre:  alloggio  in  città  o*  luogo 
ove  non  si  dimora  abitualmente,  ma  di 
passaggio.  Es.  ho  un  pied-à-terre  a  Mi- 
lano. Per  erronea  significazione  udii  dire 
a  Wiìsixio  pied-à-terre.,  -^qy  umile  ^pedestre  ^ 
gretto.,  detto  di  persona.  In  francese  è 
terre  à  terre  :  alter  terre  à  terre  =:  faire 
peu  de  progrès.,  avoir  des  vues  peu  éle- 
vées.  (V.  Notes,   Gonteur  etc). 

Piede:  come  misura  inglese  (footj  vale 
m.  0.3048.  Come  è  noto,  gli  inglesi  non 
hanno  ancora  aderito  al  sistema  metrico  de- 
cimale e  conservano  le  loro  antiche  misure. 

Piede  di  casa:  l'economia  domestica, 
il  treno  di  casa.  Il  senatore  Giuseppe 
Colombo  trasportò  questa  locuzione  lom- 
barda al  senso  politico  (1889)  per  indi- 
care una  politica  di  economia  nazionale 
e  di  spese  conformi  alla  potenzialità  ed  ai 
reali  bisogni  della  nazione.  La  politica 
del  piede  di  casa,  per  gli  oppositori  volle 
indicare  una  politica  gretta  e  inadeguata 
all'avvenire  di  una  grande  nazione. 

Pierreries:  dice  francesemente  talora 
la  gente  mondana  ed  elegante  invece  del- 
l'italiano, pietre  preziose. 

Pierrot:  nome  fr.  (diminutivo  di  Pierre 
=  Pietro)  di  nota  maschera  ;  abito  e  volto 
candido;  anima  candida  e  maltrattata. 
Di  origine  italiana.  Comune  travestimento 
di  carnevale. 

Piétiner  sur  place:  locuzione  del  gergo 
francese  :  ne  pas  avancer^  _^jerc?re  son 
temps  à  des  riens;  non  concluder  nulla. 
Pieliner  (da  pied)  vale  calpestare.,  muo- 
vere i  piedi.,  dunque  fare  come  i  guer- 
rieri del  palco  scenico  col  lovo  partiam  ! 
partiam!  e  sono  sempre  lì. 


Pie 


—     371 


Pio 


Pietra:  molte  locuzioni  proprie  e  figu- 
rato sono  fatte  con  questa  parola  :  'pietra 
angolare  o  fondamentale  =  prima  pietra 
di  un  edificio,  e  con  senso  mistico  e  fi- 
gurato, hase^  fondamento^  cfr.  il  motto 
evangelico:  tu  sei  Pietro  e  sopra  questa 
pietra  edificherò  la  mia  chiesa.  S.  Matteo, 
XVI.  Pietra  filosofale:  preteso  segreto 
degli  alchimisti  di  trasformare  i  metalli 
in  oro.  Dicesi  fig.  di  cosa  rara  e  preziosa, 
anzi  introvabile.  Pietra  dello  scandalo., 
espressione  figurata  tolta  dall'Evangelo 
che  vale,  cagione  di  scandalo.  Pietra 
miliare,  che  segua  il  progresso  nella  via  ; 
■e  fig.  fatto  0  persona  che  segna  il  pro- 
gresso umano.  Prima  pietra,  quella  che 
collocasi  con  grande  solennità  nel  luogo 
ove  deve  sorgere  alcun  monumento  o  no- 
bile edificio.  Formansi  locuzioni  molte, 
come  :  portar  la  sua  pietra  ad  un  edificio 
ZZI  cooperare  ad  una  data  impresa:  met- 
tere una  pietra  sul  passato  =  seppellire 
la  memoria  di  un  fatto,  specie  di  fatto 
triste  per  cominciar  vita  nova  :  getta/)'  la 
prima  pietra  zz  accusar  per  primo.  Cfr. 
S.  Giovanni,  8:  Qui  sine  peccato  est  ve- 
strum.,  primus  in  illam  lapidem  mit- 
tat^  etc.  Locuzioni,  del  resto,  notate  in 
ogni  buon  lessico. 

Pigiama:  voce  straniera  della  moda 
maschile  (credo  anglo-indiana)  :  indica  una 
specie  di  corpetto  con  brache  da  portarsi, 
giacendo  o  dormendo,  dagli  uomini  :  lo 
stesso  indumento,  ma  unito,  in  uso  dalle 
donne  inglesi  invece  della  camicia  da 
notte,  è  detto  combination. 

Pigliar  con  le  mode  (da):  si  pigliano 
con  le  molle  le  coso  sudice,  e  moralmente 
si  dice  di  persona  abbietta  e  spregevole  il 
cui  contatto  profanerebbe.  Locuzione  fa- 
miliare :  dicesi  anche  di  errori  grossolani. 

Pigliare  una  gatta  da  pelare,  o  a  pe- 
lare una  gatta:  accingersi  ad  impresa 
penosa  e  che  riuscirà  a  danno  (antica  lo- 
cuzione familiare).  V.   Gatto. 

Pigliar  la  lepre  col  carro:  locuzione 
nostra  familiare:  usare  gran  circospe- 
vione.,  andare  adagio.,  con  prudenza. 

Pigotta:  in  milanese  vaio  bambola^ 
pupa.  Pigotta  de  Pranza.,  nel  '700  e  oltre, 
ora  detto  il  Figurino  della  moda:  nel 
dialetto  Veneziano,  piavola  de  Franxa. 


Pii  desideri:  desideri  che  non  escono 
dallo  stato  di  voto.  Si  dice  ironicamente. 
V.  Fumagalli,  op.  cit..,  Pia  desideria. 

Pilaf:  specie  di  risotto,  comunissimo 
in  Turchia,  cotto  di  solito  nel  brodo  di 
castrato,  a  volte  con  entro  del  pollo. 

Pilotare:  dal  fr.  piloter.,  ingl.  to  pilot., 
far  da  pilota,  guidare  temporaneamente 
un  naviglio  per  passi,  canali,  porti  diffi- 
cili. Brutto  neologismo  giornalistico,  pro- 
babilmente effimero.  Pilottare  per  noi  è 
l'ungere  l'arrosto. 

Pilsen:  nome  di  una  birra  leggera  friz- 
zante e  bionda,  assai  comune  oggi  in 
Italia  :  prende  nome  dalla  città  di  Pilsen 
in  Boemia  ove  si  fabbrica. 

Pimento:  è  il  pepe  di  Gaienna:  e  l'una 
e  l'altra  parola  occorrono  in  senso  tra- 
slato e  morale  per  indicare  «  eccitamento, 
allettamento,  stimolo  afrodisiaco  » . 

Pimpant  :  del  provenzale  pimpar.,  pipar 
=  render  elegante  ;  altri  da  pompant  for- 
ma corrotta  da  poìnpe  =  pompa  :  termine 
familiare  francese,  detto  di  persona  vestita 
in  modo  ricercato  e  vistoso. 

Pimperimpara  (polvere  di)  :  motto  dei 
giocolieri,  con  valore  magico,  quando 
fanno  loro  arti  di  prestigio.  Dicesi  fa- 
miliarmente e  per  scherno  di  rimedio 
buono  a  nulla.  In  fr.  poudre  de  perii m- 
pinpin. 

Pince-nez:  fr.,  occhiali  (a  molla). 

Ping-Pong:  (vocabolo  ingl.  onomatopeico) 
indica  una  specie  di  gioco  di  società  che 
assomiglia  al  Tennis  (Pallacorda),  ma  si 
gioca  sopra  una  tavola,  con  piccole  palio 
di  celluloide  e  piccole  racchette  o  spatole 
di  legno  (dette  in  inglese  bats).  Per  le 
regole  di  questo  giuoco  V.  il  manuale: 
Ping-pong.,  by  Arnold  Parker.,  London 
T.  Fisher  Unwin.,  1902.  Dicesi  anche 
Table- Tennis. 

Piombo  (cappa  di):  dicosi  di  msopjoor- 
tabile  peso  morale.  Dev'essere  remini- 
scenza delle  orrende  cappe  di  piombo  cho 
Danto  pone  agli  ipocriti. 

Pioniere:  fr.  pionnier  \àiipìon„  piéton., 
in  italiano  pedono)  operaio,  soldato  cho 
apro  il  cammino;  gtcastatoro  corno  boa 
suggerisce  il  Kaufani.  Ma  oggi  «pioniere» 
forse  per  similitudini  dei  coloni  olio  avan- 
zavano incivilondo  o  riducondo  a  coltura 


Pio 


—     372 


Pir 


le  vergini  terre  d'America,  vuol  dire  più 
nobile  cosa,  cioè  colui  che  audacemente 
avanza,  aprendo  la  via  delle  idee.  Pio- 
niere della  civiltà  !  frase  fatta,  locuzione 
abusata!  In  buon  italiano  araldo^  antesi- 
gnano. 

Piovere  sul  bagnato:  bella  locuzione 
nostra  popolare,  e  dicesi  quando  a  disgra- 
zia si  aggiunge  disgrazia;  male  cade  su 
male,  e  minore  diviene  la  resistenza  del 
sopportare  e  consolarsi. 

Piovorno  :  antica  parola  rinnovata  dal 
Carducci  in  Miraìnar^  (Odi  Barbare)  e  vi 
nota  :  «  mi  tengo  di  aver  rinnovato  un  bel 
aggettivo  dantesco  del  verso  91  del  XXV 
Purg.,  se  non  che  io  in  vece  di  piorno  vor- 
rei poter  leggere  e  senza  esitazione  scrivo 
piovorno  che  è  la  forma  integra,  come 
parmi  d'aver  sentito  dire  alcuna  volta  in 
contado  non  so  più  se  di  Toscana  o  di 
Eomagna.  Aer  piovorno  vale  pieno  di 
nuvoli  acquosi,  altro,  insomma,  da  pio- 
voso ». 

Piovra  :  dal  fr.  pieuvre  ^-  etim.  a  polipo. 
■Animali  molluschi  cefalopodi  che  vivono 
nel  mare  e  raggiungono  talora  proporzioni 
enormi:  forniti  di  grandi  tentacoli  con 
ventose,  con  questi  istrumenti  si  procac- 
ciano il  cibo.  DÌQQSÌ  piovra  per  estensione 
figurata  per  significare  persona  o  istituto 
che  strugge  e  assorbe  inesorabilmente  al- 
trui. Vittore  Hugo  estese  a  tale  senso  la 
parola  pieuvre.  In  senso  più  mite  e  tenue 
noi  diremmo  sanguisuga.^  mignatta.,  se 
non  che  queste  due  voci  hanno  piuttosto 
inclusa  l'idea  della  seccatura  che  del  vero 
e  grande  danno.  V.  Succhione.  Ancora  : 
pieuvre  =f emine  galante  qui  vide  la  ho  arse 
e  la  cervelle  de  ses  adorateurs.  Così  nel 
gergo  francese  e  così  pure  piovra  talora 
presso  di  noi. 

Pipa:  genere  di  anfibi  anuri  del  Brasile 
e  della  Guaiana,  simili  a  grossissimi  rospi. 

Pipare  o  far  la  pipa:  nel  dialetto  mar- 
chigiano e  romanesco  vale  boccheggiare, 
e  si  dice  degli  animali  in  fin  di  vita: 
locuzione  volgare  dedotta  manifestamente 
dalla  simiglianza  che  il  muovere  delle 
labbra  di  chi  muore  ha  con  l'atto  di  chi 
tira  il  fumo  della  pipa. 

Pipelet:  voce  del  gergo  parigino,  in 
vece  di   portier,    concierge.    Deriva    dal 


nome  di  un  goffo  portinaio  ne'  «I  Misteri  di 
Parigi»  di  E.  Sue.  Ha  senso  ingiurioso^ 
almeno  così  dicono  i  dizionari  del  gergo 
(d'Argot).  Da  noi  si  usa  talvolta  per  celia 
in  vece  di  portinaio.  V.  Concierge  e  Suisse. 
Pipi:  V.  Appendice.  (Nel  Giambo  A 
proposito  del  processo  Fadda  il  Carducci 
in  vece  del  verso  che  si 


qualcosellina  al  sole 

aveva  scritto  originariamente  'pipi  o  pi- 
spolino). 

Piqué:  dal  verbo fr._p«^g^*er  ^punteggiare 
0  picchiettare,  è  nome  di  una  nota  stoffa, 
di  cotone,  formata  di  due  tessuti  :  il  su- 
periore tramato  a  rombi  o  quadratini  con 
filo  fine,  e  forma  il  dritto,  l'altro  con 
filo  grosso,  e  forma  come  l'imbottitura. 
Adoperasi  per  sottogonne  d'inverno,  ba- 
vaglini, sottovesti  etc.  Da  noi  scrivesi 
anche  piquet  che  in  francese  ha  diverso- 
senso  :  ma  la  libertà  nostra  di  scrivere  le 
parole  come  più  talenta,  è  assai  grande. 

Pique-nique  :  «merenda,  colazione  o  sol- 
lazzo »  in  cui  ognuno  paga  la  sua  parte  o- 
porta  qualcosa  da  mangiare.  Vocabolo  di 
introduzione  recente  nella  lingua  francese, 
11  dizionario  dell'Accademia  non  lo  regi- 
stra che  nell'edizione  del  1740.  iScrivesi 
anche  pie  nic.  In  inglese  è  pick-nick.  Il 
motto  pare  di  origine  inglese,  almena 
stando  alle  più  probabili  etimologie,  per 
le  quali  cfr.  lo  Scheler.  In  italiano  si  dice 
fare  alla  romana.,  quando  ognuno  paga 
il  suo,  in  toscana  dicono  a  testa  e  borsa^ 
Vero  è  che  pique-nique  indica  anche- 
pranxo.,  refezione.,  il  che  non  è  delle  lo- 
cuzioni nostre,  e  come  tutte  le  voci  fran- 
cesi 0  inglesi,  include  idea  di  mondanità. 
0  di  eleganza.  Pique-nique  udii  dire  in 
vece  di  pick  frean,  errore  dovuto  alla 
somiglianza  dei  due  suoni. 

Piquet:  giuoco  francese  assai  compli- 
cato: si  fa  con  32  carte,  cioè  scartando- 
i  2  e  i  4.  Si  va  a  100  o  a  150  punti, 
perciò  in  molti  luoghi  è  detto  Cento  o 
Ceniocinquanta. 

Piramidale  :  detto  per  grandissimo  a 
per  lo  più  in  senso  faceto,  ricorda  la  voce^ 
di  gergo  fr.  pyramidal  =  enorme.,  colos- 
sal.  V.    Colossale. 

Pirctiio  e  pircio  :  avaro.,  tirchio.  Voce^ 


Pir 


—    373 


Pit 


antiquata,  viva  però  nei  dialetti  dell'Italia 
centralo. 

Pirelli  :  voce  effimera  del  gergo  lom- 
bardo per  indicare  l'imbottitura  di  gomma 
che  talvolta  usano  le  donne  (da  G.  B. 
Pirelli,  introduttore  in  Italia  della  indu- 
stria e  della,  tecnica  della  gomma). 

Pirgopolinìce  :  è  l'immortale  spaccone 
plautino,  protagonista  della  commedia  Mi- 
les  Oloriosus.  Y.  questa  parola.  Qui  ag- 
giungerò come  alcuni  dotti  negano  che  il 
Capitan  Fracassa  della  Commedia  d'arte 
del  500  nostro  sia  una  derivazione  del- 
l'antico Miles  Gloriosus.  Cosa  difficile  ad 
affermare  o  negare.  Certo  il  Capitan  Fra- 
cassa contiene  altresì  elementi  di  satira 
contro  la  spavalderia  spagnolesca  e  diventa 
il  bravo,  il  guappo^  il  camorrista^  il  Ru- 
gantino romanesco. 

Pirlare:  verbo  dialettale  lombardo  (pir- 
la): torcere,  rotare.  V.  Plillare. 

Pirodraga:  V.  Draga. 

Piròsi:  termine  medico  per  indicare  il 
bruciore  di  stomaco.,  da  jtvQÓco  i=  brucio: 
senzazione  di  bruciore  che  parte  dall'epi- 
gastrio e  risale  sino  alla  gola,  accompa- 
gnandosi, talora,  ad  eruzione  di  liquido 
acido  e  bruciante.  Sintomo  di  dispepsia. 

Pirossilina:   uno   dei   tanti    nomi   del 
cotone  fulminante  (noto  esplodente). 
.     Pirouette:  fi'.,  non  è  infrequente,   pur 
essendovi  la  parola  nostra  piroletta. 

PÌ8  alter  (au)'.  locuzione  francese  che 
pare  più  elegante,  in  certo  linguaggio, 
delle  nostre  per  mal  che  la  vada.,  alla 
peggio  dei  conti.,  alla  più  disperata  etc. 

Piscinina:  voce  del  dialetto  milanese, 
piccina;  e  come  piccolo  vuole  indicare  il 
garzoncello  dei  camerieri  negli  alberghi 
e  nelle  trattorie,  così  piscinina  è  la  aiu- 
tante delle  sarte  e  crestaie,  la  bambina 
che  fa  le  commissioni,  porta  le  scatole, 
compra  lo  colazioni  allo  operaie  e  adempie 
ad  altri  piccoli  e  non  sempre  leciti  ser- 
vizi. E,  insomma,  la  futura  sartorella  o 
madamina,  la  crisalide  in  zoccoli,  grem- 
biule e  testa  scoperta.  In  francese,  trottin. 

Pissenlit:  enfant  qui  pisse  au  Ut;  pi- 
sciotto.,  marmocckio.,  ma,  come  al  solito, 
la  parola  francese  pare  più  garbata,  pur 
significando  lo  stesso. 

Pista:  il  terreno  battuto,  destinato  allo 


corse,  specialmente  ciclistiche  :  neologi- 
smo formato  su  la  traduzione  fonetica  dal 
francese  piste.,  la  qual  parola  in  italiano 
è  pesta.  Vale  anche  traccia.,  es.  seguir 
la  pista. 

Pistolotto  :  corruzione  di  epistola.  Di- 
cesi con  senso  di  spregio  di  lettere,  arti- 
coli, scritto  alcuno,  specie  di  carattere 
polemico,  cui  si  voglia  togliere  o  che  vera- 
mente non  abbia  alcun  valore  e  non  con- 
tenga alcun  efficace  ragionamento.  Pisto- 
lotto., definiscono  alcuni  lessici  per  breve 
scritto. 

Pistone:  è  in  ogni  lessico,  detto  di 
istrumenti  musicali  e  della  tromba  del- 
l'acqua: riferito  a  macchina  in  vece  di 
stantuffo,  deve  essere  dal  fr.  o  dall' ingl. 
piston  (dal  lixt.p insere  =  pestare,  pigiare). 

Pitecàntropo:  voce  formata  dal  greco 
mdrjKOg  =  scimmia  e  àvdQonos  =  uomo, 
uomo-scimmia.  Si  intende  dai  naturalisti 
per  tale  vocabolo,  non  gli  uomini  viventi, 
ma  un  tipo  che  sarebbe  scomparso  e  segnò 
il  passaggio  evolutivo  (filogenesi)  fra  l'an- 
tropomorfo e  l'uomo.  V.  Homo  Sapiens. 

Pitèco  :  nome  generico  di  scimmia.^  gr. 
mdrjuog  lat.  pithècium.  Dotto  titolo  spre- 
giativo, riferito  a  persona. 

Pitocohetto  0  piattello:  giuoco  italiano 
di  ventura  o  d'azzardo,  che  si  giucca  in 
quattro.  Distribuite  nove  carte  a  testa, 
ne  rimangono  quattro  coperte.  Per  aver 
queste,  si  rinuncia,  con  iscarto,  a  quattro 
delle  proprie  e  si  offre  a  gara  una  somma 
oltre  la  posta.  Se  le  carte  così  composte 
danno  punti  35,  (altrove  37)  dello  stesso 
seme,  si  vince  la  somma  che  è  sul  piat- 
tello, altrimenti  l'otìi'erta  perduta  aumenta 
l'intera  somma  che  è  nel  piattello;  onde 
il  nome. 

Pitone:  genero  di  serpenti  di  gran  mole, 
affini  al  boa,  propri  delle  regioni  torride. 

Pittima:  ottima  voce  italiana  e  dicesi 
specialmente  nel  parlar  familiare  di  per- 
sona fastidiosa,  noiosa,  cacadubbi.  Noto 
questa  parola  perchè  osservai  che  molti 
la  reputavano  voce  dialettale,  quasi  in- 
degna del  linguaggio  letterario.  È  infatti 
voce  del  dialetto  lombardo,  del  dialetto 
bolognese,  petma,  etc.  Pittima  proprìa- 
mento  ò  una  specie  dì  cmpiastro  ondo 
dioosi,  di  persona  fastidiosa,  pittima ,  come 


Più 


—     374 


Pia 


familiarmente  dicesi  empiastro.  Gr.  ènl- 
•drjiua  =  ciò  che  è  sopraposto.  V.  ciò  che 
è  detto  alla  voce  Schiampa. 

Più  meglio:  «  basterebbe,  certo,  meglio; 
ma  il  popolo  in  meglio  non  ci  sente  più 
tanto  il  senso  comparativo.  Così  è:  le  pa- 
role si  logorano  come  le  monete  ».  In  tal 
modo  annota  il  Pascoli  in  una  postilla  in 
Fior  di  fiore.  Credo  abbia  torto  non  nello 
spiegare,  ma  nel  giustificare  l'errore. 

Più  vero  e  maggiore:  locuzione  perle 
più  usata  in  senso  beffardo,  formatasi  dai 
versi  del  Carducci  nella  -  forse  -  inop- 
portuna Ode  Alla  figlia  di  F.   Crispi. 

Quando  novello  Procida 

e  più  vero  e  migliore,  innanzi  e  indietro 

arava  ei  l'onda  Sicula. 

Alla  figlia  di  F.  Crispi. 

Per  la  storia  del  motto,  tanto  era  in  quel 
tempo  (1895)  l'odio  e  la  fazione  contro  il 
Crispi  che,  cosa  incredibile,  molti  italiani 
si  ricordarono  della  grammatica  e  accu- 
sarono il  Poeta  di  un  più  maggiore  o 
pili  m^igliore  che  fosse:  da  ciò  —  forse 
—  la  popolarità  del  motto. 

Più  chiare  e  maggiori, 

dice  Dante  parlando  delle  stelle.  Purg. 
XXVII,  90. 

Pivello:  voce  lombarda  ed  emiliana 
«  tra  noi  modernissima  che  pare  tratta 
dal  Puellus  de'  Latini  »  (Cherubini)  :  di- 
cesi di  giovincello  pretensioso  per  petu- 
lanza ed  eleganza.  In  dialetto  romanesco, 
pivello  --=  ragazzino. 

Pizza:  nome  volgare  di  una  vivanda 
napoletana  popolarissima.  Consiste  la  pizza 
in  una  specie  di  sfoglia  o  stiacciata  di  fa- 
rina lievitata  moltissimo.  Cosparsa  di  pomi- 
doro, formaggio  fresco,  alici,  etc,  a  pia- 
cimento del  cliente,  mettesi  al  forno  dove 
gonfia  e  cuoce  lì  per  lì.  Se  ne  fanno  an- 
che di  dolci  e  finissime.  Anche  in  altre 
parti  dell'Italia  GQnirsLÌQ  pixxa  è  sinonimo 
di  torta,  ma  non  dolce. 

Pizzardone  :  voce  romanesca,  la  guar- 
dia di  città  (da  pizzarda  =:  beccaccino  : 
allusione  alla  feluca  in  punta.  Cfr.  in 
milanese  eapellon^  dalla  tuba  già  usata 
dalle  guardie  municipali;  la  Oondoleta^ 
a  Venezia;  La  si  decida  a  Firenze). 

Pizzicato  :  «  modo  di  suonare  uno  stru- 
mento a  corde:  queste  vengono  fatte  vi- 
brare col  polpastrello  della  parte  superiore 


del  dito.  Odiernamente  il  vocabolo,  sostan- 
tivato, esprime  pure  un  pezzo  di  musica  ». 
(A.  Galli,  op.  cit.). 

Pizzioarolo:  voce  romanesca:  in  toscana 
pizzicagnolo.  V.   Salsamentario. 

Pizzico  magnifico  (pagare  a)  :  pagare 
a  riprese,  a  volontà  del  debitore  e  senza 
norma  di  quantità  e  di  data.  Nel  Veneto 
dicesi  a,  pizego  magnifico. 

Pizzighino:  specie  di  tresette  in  due. 
V.   Terzilio. 

Pizzutelio:  nome  volgare  di  un'ottima 
uva  da  tavola,  di  buccia  consistente,  di 
polpa  carnosa  con  acini  lunghi.  Il  Lazio 
ne  è  il  maggior  centro  di  produzione. 

Placard:  fr.,  affisso,  tabella. 

Piacer:  parola  americana,  trasportata 
nell'inglese,  giacimento  aurifero. 

Placet:  (si  prega  di  non  pronunciare) 
placet  essendo  voce  latina  e  non  francese 
=  piace).  È  la  accettazione  da  parte  della 
autorità  civile  del  disposito  della  autorità 
ecclesiastica  alla  collazione  di  un  deter- 
minato benefìcio  (minore).  Questo  placet 
(o  regio  placet)  ha  per  effetto  l'immissione 
in  possesso  dei  beni  materiali  inerenti  al 
beneficio  stesso,  necessari  all'esercizio  di 
detto  ufficio.  È  in  altri  termini  ciò  che 
è  Vexequatur.^  se  non  che  questo  è  pei 
maggiori  benefici. 

Placidi  tramonti:  V.  1  placidi  tramonti. 

Plafond:  V.  Plafone. 

Plafone:  con  tal  brutto  suono  talora  in 
Milano  fanno  italiana  la  voce  dialettale 
plafon,  dal  fr.  plafond.,  derivato  a  sua 
volta  da  plat  e  fond.  È  il  soffitto  o  sop- 
palco 0  stoiato  fatto  di  cannucce  intona- 
cate di  calce,  che  nell'architettura  citta- 
dina ha  sostituito  il  lacunare  e  gli  stucchi 
delle  antiche  architetture  regali. 

Plagas  (dire)  :  locuzione  familiare  :  vale 
dir  m,ale^  inveire.^  etc.  Cfr.  dire  vaca  e 
V.  Raca. 

Plaintif:  per  lagrimoso,  lamentevole.,  è 
voce  francese  abusivamente  usata. 

Planche:  fr.  tavoletta. 

Plancia:  dal  fr.  planche.,  basso  latino 
planca.,  inispagnuoloj^/awc^a.  È  voce  usata 
nel  linguaggio  delle  caserme  per  indicare 
Fassa  dove  i  soldati  depongono  i  loro  ar- 
nesi. Nel  linguaggio  dei  giornali  trovo  spesso 
plancia  nel  senso  di  polite  delle  navi. 


Pia 


375     — 


Più 


Plaqué:  V.  Doublé. 

Plaquette:  voce  fr.,  di  gergo,  abusiva- 
mente usata  per  opuscolo  (petite  brochure). 

Plastron:  ingl.  e  fr.,  dal  basso  lat. 
plnstrum,  it.  piastra:  dicesi  nel  linguaggio 
della  moda  di  quella  forma  di  cravatta  a 
nodo  fatto  che  ricopre  lo  sparato  della  ca- 
micia e  si  usa  specie  d'inverno.  Dicesi 
anche  degli  abiti  muliebri. 

Platea  :  nel  senso  di  piano  delle  fonda- 
ììienta  ove  posano  le  fabbriche  è  voce 
classica  che  il  Petrocchi  si  affretta,  come 
suo  costume,  a  collocare  fuori  dell'uso.  Il 
fatto  è  che  è  invece  dell'uso.  Certo  que- 
st'uso deve  essere  ai  nostri  tecnici  pro- 
venuto dall'imitazione  del  fr.  platee.  Sa- 
rebbe ad  ogni  modo  non  nuovo  caso  di 
belle  parole  nostre,  richiamate  in  vita  per 
effetto  casuale  della  somiglianza  tra  le  due 
lingue  neo-latine. 

Plateau:  <(  un  plateau  d'argento,  un  bel 
plateali  in  regalo  »,  dicesi  nel  ceto  mon- 
dano. La  voce  nostra  è  vassoio.,  o  piatto., 
0  guantiera.,  o  coppa. 

Platitude:  termine  francese  usato  nel 
linguaggio  aristocratico  per  indicare  ce 
qui  est  plat  dans  les  sentiments.,  cioè 
volgarità,  semplicità,  sciattezza.  V.  Piatto. 

Platonico:  come  attributo  di  voto,  de- 
siderio., vale  lieve,  parvente.,  privo  di  ogni 
sforzo  e  intenzione  di  raggiungere  la  realtà. 
Senso  esteso  di  platonico  =  ideale. 

Plaudite,  oives!  lat.,  applaudite.,  o  cit- 
tadini: clausola  dell'antica  commedia  la- 
tina. Dicesi  estensivamente,  spesso  per 
ironia. 

Plètora:  voce  medica,  dal  gr.  nÀrjdÓQì] 
=  abbondanza  di  umori  e  di  sangue.  Nel 
senso  traslato  e  figurato  è  neologismo  : 
probabilmente  dal  francese. 

Pliant:  in  fr.  vale  che  è  agevole  a  pie- 
garsi; qui  est  aisé  à  plier.  Siège  pliant  o 
sostantivamente  pliant.,  è  chiamato  quello 
sgabello  formato  di  duo  telai  incrociati  o 
fissi  per  lo  mezzo  con  una  vite  e  tesi  ad 
una  estremità  da  un  rettan goletto  di  tela 
su  cui  si  siedo:  in  uso  in  villa,  al  mare, 
su  le  tolde  de'  bastimenti.  Trespolo, 
capretta.,  iccase.,  brandina  ;  ma  prevale  il 
francese  pliant. 

Plinto:  lat.  plinthus  gr.  nUvdos  :- 
mattone  :  il  ])iano  inferiore  dello  colonne, 


de'  pilastri  :  dado,  zoccolo  di  forma  qua- 
dra: fr.  plinthe. 

Plissé:  parlando  di  stoffe  dicesi  talvolta 
così  francesemente  in  vece  di  pieghettato 
0  increspato.  V.  Manteau. 

Plongeur:  nome  francese  derivato  dal 
verbo  plonger.,  immergere.  Il  pescatore  di 
perle  o  di  corallo  che  si  tuffa  e  dura  sot- 
t'acqua è  plongeur;  e  così  dicesi  l'acro- 
bata che  salta  a  capo  fitto  dall'alto,  su  di 
una  rete.  L'italiano  ha  tuffarsi  e  atttcf- 
farsi;  attuffatore  lo  si  trova  in  qualche 
lessico,  ma  certo  non  è  dell'uso. 

Plotone:  (V.  Pelottone)  è  una  parte 
della  compagnia,  comandata  da  un  subal- 
terno. 

Plum-calce:  nomo  inglese  di  dolce:  let- 
teralmente/bp<^ccm  di  prugne  fplum.,  lat. 
prunum^  col  cangiamento  dell'r  in  l). 

Plumeau  :  voce  francese  :  «  pennacchio 
per  ispolverare  ». 

Plum  pudding  :  letteralmente  bodino  di 
prugne.,  classico  dolce  inglese,  specialmente 
in  onore  per  le  agapi  di  Natale.  E  una 
specie  di  bodino  cotto  a  bagno-maria  con 
molte  sorti  di  uva  passa.  Le  prugne  danno 
il  nome  al  dolce,  ma  non  c'entrano. 

Plump:  voce  tedesca  che  vuol  dire  goffo; 
sembra  rendere  col  suono  un  po'  della 
pesantezza  e  della  mancanza  di  disinvol- 
tura, teutonica. 

Plus  9a  change,  plus  o'est  la  mème 
ohose:  tale  motto  felice  e  amabilmente 
assurdo  riconosce  per  padre  Alfonso  Karr, 
e  per  essere  più  nel  vero,  vuol  essere 
preceduto  da  due  paroline  :  cu  politiqut. 
Cfr.  A.  Karr,  En  fumante  Paris,  Levy, 
1861  pag.  54. 

Plus  valore:  è  il  mchr  Werth  A\  Carlo 
Marx,  da'  francesi  tradotto  in  plus-valeur 
e  in  Italia  divenuto  plus-\dXove^  avver- 
tendo che  quel  plus  non  è  voce  latina 
ma  francese  :  almeno  cosi  è  probabile.  La 
parola  è  difficile  a  spiegare.  Secondo  Carlo 
Marx  anche  il  lavoro  è  una  merce  ohe 
nella  e  per  l'umana  società  devo  ossero 
scambiata  con  altra  merce  di  ugual  valore. 
Ora  il  capitale  comperando  il  lavoro,  lo 
ricompensa  in  modo  sproporzionato,  cioè 
inferiore,  giacché  obbliga  il  lavoratore  a 
lavorare  uu  tempo  superiore  a  quello  ohe 
gli  è  neoossario  per  produrre  la  sua  forza 


Più 


376 


Pok 


di  lavoro,  cioè  i  mezzi  di  sussistenza: 
la  diiferenza  non  pagata,  cioè  una  parte 
del  valore  prodotta  dal  lavoro  che  il  ca- 
pitalista gode,  ma  non  paga,  è  il  j)lus 
valore.  Per  tal  modo  si  spiegano  dal  Marx 
gli  enormi  profitti  ^el  capitale.  La  teoria 
marxista  del  plus  valore  presuppone  il 
concetto  che  il  capitale  sia  lavoro  passato 
e  perciò  non  deva  fruttare  ;  e  altri  pre- 
supposti difficilmente  accettabili  pur  bi- 
sogna fare.  Non  si  dimentichi  però  che 
il  Marx  volle  con  cotesta  sua  metafisica 
filosofia  combattere  la  tirannide  capitalista 
della  grande  industria,  e  che  se  il  dogma- 
tismo può  essere  falso,  ciò  non  implica  che 
tutta  la  teoria  sia  falsa. 

Pluteo:  term.  arch.  ^qW^Jì.  pluteus  = 
riparo,  parapetto,  spalliera.  Yitruvio  chia- 
ma pluteus  una  specie  di  balaustra  che 
si  collocava  attraverso  gli  intercolonni  dei 
templi  e  serviva  come  suggesto  pei  libri  o 
piedestallo.  Pluteo  dicesi  ora  in  taluni 
casi  di  scaffale  di  biblioteca. 

Pneumatico:  sost.,  il  noto  rivestimento 
di  gomma  delle  ruote  delle  biciclette  :  (fr. 
jmeumaiique.,  e  abbreviato  pneu). 

Pneumocooco  :  o  mierococcus  Pasteuri; 
il  microbio  agente  patologico  della  polmo- 
nite. V.  Baeteri.  Da  jtvsvjiACàv  rr  polmone 
e  coccus.,  KÓKKOg  =:  uocciolo,  granellino, 
che  tale,  press' a  poco,  appare  la  forma 
di  questi  baeteri. 

Pochade:  (propr.  schizzo.^  abbozzo)  è 
parola  fr.,  divenutaci  comune  per  indi- 
care quella  nota  specie  di  commedia  o 
farsa  in  più  atti,  dalle  trovate  inverosimili 
e  dal  fondo  scurrile,  scettico,  elegante: 
delizia  delle  platee  e  corruzione,  dicono, 
dell'Arte.  Ve  ne  sono,  fra  le  moltissime 
sciatte  e  plebee,  di  assai  fini  e  felici  per 
paradossali  buffonerie.  Spesso  la  pochade 
è,  forse  involontariamente,  satira  e  rive- 
lazione della  morale  utilitaria,  borghese. 

Podismo  e  podistico:  duo  neologismi 
usati  per  indicare  quella  branca  de'  giuo- 
chi ginnastici  (sport)  che  consiste  nel 
camminare  e  far  gare  a  chi  più  resiste 
camminando,  (gr.  tiovs  noòòg  =.  piede). 
Brutti  neologismi  di  diretta  importazione 
francese,  podisme.^  podiste. 

Poetae  nascuntur,  oratores  fìunt:  lat., 
si  nasce  poeta  e  si  diviene  oratore  :  Yieta 


sentenza  scolastica  attribuita  a  Cicerone 
0  a  Quintiliano. 

Poignant:  participio  del  verbo  fr.  poin- 
dre^  pungere.^  dunque  pungente  ;  cioè  stra- 
ziante., doloroso.,  acuto,  lacerante. 

Poigne:  nella  locuzione  A  poigne.  V. 
a  questo  motto.  Locuzione  effimera. 

Point  d'argent,  point  de  Suisse:  la  più 
probabile  origine  della  locuzione  è  che 
essa  sia  stata  pronunciata  dagli  Svizzeri 
stessi  quando  si  accomiatarono,  non  pagati, 
da  re  Francesco  I  di  Francia  (1521).  Come 
è  noto,  al  tempo  della  Einascita  e  neirevo 
moderno  gli  svizzeri  andavano  a  stipendio 
militare.  Il  motto  si  ripete  non  tanto  per 
significare  la  venalità  di  quel  popolo, 
quanto  nel  senso  che  senza  quattrini  l'orbo 
non  canta,  cioè  che  nulla  si  fa  senza 
denaro. 

Pointer:  letteralmente  in  inglese  vuol 
dire  che  punta.,  quindi  cane  da  fermo: 
sarebbe  una  specie  di  bastardo  originario 
dal  vecchio  cane  inglese,  incrociato  col 
volpino  (fox-hound) .,  ma  perfetto  ed  omo- 
geneo ;  anzi  «  un  monumento  artistico  di 
valore  inestimabile  ».  per  via  di  selezione. 
Così  il  Vecchio,  con  goffa  iperbole,  nel 
suo  manuale  11  Cane  (Hoepli),  pag.  159. 

Point  tournant:  fr.,  epoca.,  punto  ove 
la  storia  —  quasi  a  dire  —  svolta  e  co- 
mincia nuovo  tempo:  «  secol  si  rinnova  ». 
Ad  as.  il  5  Maggio  1789,  il  20  Settem- 
bre 1870. 

Pois  :  questa  innocente  parolina  è  stata 
per  qualche  tempo  persecutrice  di  un  a- 
mico  mio,  il  quale  non  era  molto  pratico 
di  francese  e  trovava  nelle  liste  degli  al- 
berghi sempre  questi  pois  e  spesso  petits 
pois.  Lo  giudicava  un  piatto  di  gran  va- 
lore e  specie  quel  petit  lo  metteva  sull'at- 
tenti e  però  se  ne  asteneva.  Quando  co- 
nobbe che  i  pois  non  erano  che  dei  piselli 
e  dei  pisellini  ne  fu  assai  lieto,  molto  pia- 
cendogli tale  legume.  |  A  pois  chiamansi 
nel  linguaggio  della  moda  quelle  stoffe 
che  sono  stampate  con  disegni  a  bollicine. 

Poivre  et  sei:  fr.,  pepe  e  sale.,  detto  di 
color  grigio. 

Poicer  :  vocabolo  inglese  usato  per  indi- 
care un  giuoco  di  carte  che  assomiglia  al 
goffo.,  genovese,  in  grande  uso  presso  gli 
americani,  come  il  wist  in  Inghilterra. 


Poi 


—     377 


Poi 


Polarizzarsi  :  in  senso  morale  (politico- 
sociologico)  vale  come  orientarsi^  conver- 
gere di  anime  e  coscienze  ad  un  dato 
punto,  (come  il  polo  è  guida  alle  navi). 
Brutto  neologismo.  Polarix>xare^  detto  della 
luce  «significa  ordinare  le  vibrazioni  delle 
particelle  di  etere  lungo  un  raggio  lumi- 
noso per  modo  che  tali  vibrazioni  si  fac- 
ciano normalmente  col  raggio  tutte  nella 
stessa  direzione  »  (Murani).  Questa  parola 
ricorre  con  altri  significati  in  elettricità 
od  in  matematica. 

Polarizzazione:  l'atto  del  polarixxare. 

Polemica:  dal  gr.  jióÀejttos  =  guerra, 
dicesi  (e  qualche  decennio  fa  il  vocabolo 
era  di  grande  uso)  di  contese  per  le  stam- 
pe, specialmente  di  carattere  letterario. 
Onde  le  voci  polemista^  polemi^xare. 

Polena:  terni,  mar.,  statua  o  busto,  re- 
lativo al  nome  del  bastimento,  che  sporge 
dall'estremità  del  tagliamare  ;  ovvero  ador- 
namento di  scoltura  nel  luogo  istesso. 

Poli  :  gr.  jTOÀvg  =  molto,  prefisso  usato 
in  composizione  di  gran  numero  di  parole, 
specialmente  scientifiche,  per  indicare  il 
concetto  della  complessità  e  moltipli- 
cità. 

Poliambulanza:  recente  istituto  sanita- 
rio, specie  nelle  grandi  città,  in  cui  si 
curano  e  si  dà  consalto  delle  varie  ma- 
lattie {noÀvg  =1  molto)  ambulatoriamente. 
V.  Ambulatorio.  Voce  ripresa  dai  puristi, 
ma  confermata  dall'uso. 

Poliandra:  gr.  jioÀvavògog  =  ehe  ha 
(o  richiede)  inulti  uomini,  detto  di  donna. 
y.   Appendice. 

Policlinico:  da  jtoÀvg  =  molto  e  kàìvt) 
=  letto.  Stabilimento  destinato  alla  cura 
delle  malattie  od  all'insegnamento  pratico 
della  medicina. 

Poliedrico  :  fr.  polyédrique^  dai  molte- 
plici aspetti,  come  un  poliedro. 

Poliedro:  questo  noto  termine  geome- 
trico spesso  è  adoperato  neologicamente 
in  senso  morale  per  significare  i  vari 
aspetti  0  le  molte  facce  di  una  questiono 
o  di  un  fatto. 

Poligrafare:  trarre  copio  col  poligrafo. 

Poligrafo  :  por  autore,  scrittore  che 
tratta  di  vari  argomenti  sarà  di  buona 
italianità,  corto  non  è  bello  e  ricorda  ri- 
dicolmonto  quell'apparecchio  di  i)asta  di 


colla  di  pesce  e  di  glicerina  che  serve  a 
trarre  copia. 

Polìmero:  (da  noXvg  rj=  molto  e  juegóg 
=  parte,  quindi  multiplo,  molteplice)  di- 
cesi di  «  una  sostanza  che  contiene  gli 
stessi  componenti  di  un'altra  sostanza  ma 
in  quantità  multipla:  p.  es.  il  glucosio  (o 
zucchero  d'uva)  è  costituito  da  carbonio, 
ossigeno  e  idrogeno  come  l'acido  acetico, 
ma  nella  sua  molecola  vi  è  il  triplo  di 
ogni  costituente.  Così  se  la  molecola  del- 
l'acido acetico  contiene  2  atomi  di  car- 
bonio, 2  di  ossigeno  e  4  di  idrogeno,  la 
molecola  del  glucosio  contiene  6  atomi  di 
carbonio,  6  di  ossigeno  e  12  di  idrogeno. 
Queste  due  sostanze  polimero  hanno  le 
stesse  qualità  di  componenti  (non  la  stessa 
quantità)  ed  hanno  proprietà  fisiche  e 
chimiche  differenti  »  (Molinari). 

Polisarcia:  dal  gr.  noÀùg  =  molto 
oàQ^  =z  carne.  Sinonimo  di  obesità,  che 
è  un'ipertrofia  generale  del  tessuto  adi- 
poso, cioè  una  malattia.  Avviso  a  quei 
semplici  che,  vedendo  alcuno  pingue,  se 
ne  congratulano  come  di  salute  floridissima! 

Politela:     V.   Thalweg. 

Politica  della  foglia  di  carciofo:  locu- 
zione storica.  Carlo  Emanuele  III  re  di 
Sardegna,  successo  al  padre  Vittorio  Ame- 
deo II  (1730),  seguì  nella  guerra  inter- 
europea della  successione  al  trono  di  Po- 
lonia le  parti  di  Francia  con  la  promessa 
che  al  finire  della  guerra  gli  sarebbe  toc- 
cato il  milanese.  (Era  un  far  conto  su 
la  pelle  dell'Austria,  alla  quale  pei  trat- 
tati del  1713-1714,  di  Utrecht  e  Rastadt, 
era  toccata  la  Lombardia).  Alla  sua  volta 
l'Austria  avea  oiferto  patti  anche  più 
grassi  per  trarre  dalla  sua  quel  re,  ma 
questi  era  solito  dire  che  T  Italia  era  come 
un  carciofo  di  cui  bisognava  mangiare  lo 
foglie  a  una  per  volta,  cioè  che  per  allora 
s'accontentava  della  Lombardia:  detto  che 
rimase  memorabile  e  che  «  dimostra  come 
già  da  tempo  pensasse  Casa  Savoia  alla 
unificazione  d'Italia  »  :  così  i  monarchici. 
Vero  è  che  i  republicani  torcono  la  frase  ad 
altro  senso  maligno,  e  riferendosi  al  recento 
regno  di  Vittorio  Emanuele  I[,  alludono  al 
modo  corno  tutta  la  penisola  cadde  sotto 
il  dominio  dei  Savoia,  un  poco  por  volta. 

Politica  sporca:  così   chiama  offioace- 


Poi 


378 


Pom 


mente  il  popolo  gli  artifici,  le  arti,  le  vili 
premure,  fatte  manifestamente  per  ingra- 
ziarsi altrui  a  proprio  beneficio. 

Polizìa  del  costumi:  i  provvedimenti 
amministrativi  contro  la  prostituzione,  la 
stampa  oscena  e  simili. 

Polka:  danza  rapida,  in  dupla  di  semi- 
minime; suo  ritmo:  una  semicroma  in 
levare,  tre  crome  in  battere,  l' ultima 
delle  quali  col  punto.  Questa  nota  danza 
e  musica  di  origine  polacca,  come  dice 
il  nome,  fu  introdotta  in  Francia  nella 
prima  metà  del  sec.  XIX.  Di  lì,  verosi- 
milmente, in  Italia.  La  scrittura  polca^ 
quale  trovo  nei  dizionari  moderni,  parmi 
assai  poco  usata. 

Pollice  verso:  lat.,  col  pollice  rove- 
sciato, segno  con  cui  nel  circo  romano  si 
negava  dal  publico  grazia  o  mercè  al 
gladiatore  ferito.  La  locuzione  vive  tut- 
tora per  significare  in  certi  casi  riprova- 
zione, persecuzione,  condanna. 

Pollino:  voce  milanese,  pollin,  per  tac- 
chino^ V.  Dindo.  Il  Cherubini  op.  cit., 
scrive  :  «  Il  Pollin  è  da  noi  detto  così 
pel  verso  che  ei  fa,  e  perchè  imitando  tal 
verso  lo  chiamiamo  a  noi  gridando:  Poi 
poi  poi  polì  0  poli  poli,  polì  come  «polì  » 
fa  il  tacchino  giovane.  È  però  vero  che 
molti  anni  sono  l'ironia  trasfonde  vasi  dal 
volgo  nella  consimile  voce  allorché  la 
usava  per  celia  a  indicare  tutt' altro  uc- 
cellacelo che  non  sia  il  tacchino  »,  cioè 
l'aquila  bicipite  della  Casa  d'Austria.  Ma 
il  Cherubini  stampava  il  suo  bel  Vocabo- 
lario nel  1841  e  la  prudenza  nelle  parole 
non  era  mai  troppa.  L'etimologia  del  Che- 
rubini è  assai  dubbia,  mentre  soccorre 
l'altra  più  semplice,  pullus  =  il  nato 
giovine  di  ogni  animale.  Pollino,  in  ita- 
liano, è  il  pidocchio  dei  polli. 

Polo:  giuoco  derivato  dalle  colonie  in- 
glesi dell'India,  diifuso  in  InghilteiTa, 
Germania,  America  del  Nord.  Consiste  in 
una  gara  tra  due  squadre  di  cavalieri  che, 
montando  cavalli  a  ciò  addestrati,  si  con- 
tendono una  piccola  palla  con  lunghi  ba- 
stoni a  punta  ricurva. 

Polo-bicicletta:  giuoco  del  polo  fatto 
con  la  bicicletta. 

Polònio:  si  crede  un  elemento  o  nuovo 
corpo  radio    attivo,    non    ancora    isolato. 


Scoperto  e  nominato  Polonium  in  onoro 
alla  sua  patria  (la  Polonia)  dalla  signora 
Sklodowska  Curie.  V.  Badium. 

Pomino:  nome  di  vino  toscano  (non  di 
vitigno,  ma  di  luogo). 

Pomo  di  Paride:  il  cherchez  la  femme 
(V.  La  femme)  ha  il  più.  classico  docu- 
mento nella  storia  di  questo  famoso  Pomo: 
senz'osso  non  sarebbe  avvenuta  la  guerra 
di  Troia,  non  la  morte  di  Ettore,  non  il 
sacro  romano  impero,  non  avrebbe  can- 
tato Omero,  non  Vergilio  avrebbe  dettato 
V Eneide.  Mi  si  permetta  tale  facezia.  Ma 
come  è  noto  dalle  antiche  leggende  elle- 
niche, fa  questo  fatai  pomo  la  cagione  di 
tanto  male  e  di  tanto  bene.  L'antropo- 
morfo Zeus  (Giove),  non  volendo  per  sue 
buone  ragioni  di  pace  in  famiglia  decidere 
la  questione  della  bellezza  tra  Giunone, 
Minerva  e  Venere,  le  mandò  a  farsi  giu- 
dicare dal  pastorello  Paride  che  pasturava 
agnello  sul  monte  Ida.  Paride  era  figlio 
del  buon  re  Priamo,  signore  di  Ilio  (Troia). 
Ciascuna  delle  tre  dee  cercò  di  accapar- 
rarsi il  voto  del  giovanetto  con  vaghe 
promesse:  la  possanza,  il  genio  offrirono 
Giunone  ePallade.  Venere  invoce  promise 
Elena,  la  bellissima,  la  figlia  di  Leda  e 
di  Tindaro,  la  moglie  dell'infelice  Mene- 
lao. E  Paride  non  resistette  e  die  il  pomo 
della  bellezza  a  Venere  onde  le  implaca- 
bili ire  delle  dee  offese,  il  ratto  di  Elena, 
l'impresa  di  Troia  e  quel  che  seguì. 

Pompa  e  pompare:  per  tromba  e  trom- 
bare sono  gallicismi  sanciti  ormai  dall'uso 
e  registrati.  V.  Pompiere. 

Pompadour  (abito  alla):  cioè  secondo 
lo  stile  e  la  moda  di  questa  regina  delle 
eleganze  e  delle  grazie  in  Francia  al  tempo 
di  Luigi  XV  di  cui  fu  favorita  (Giovanna 
Antonietta  Poisson  da  Parigi,  marchesa 
di  Pompadour,  1721-1764).  NB.  Il  nome 
di  molte  persone  illustri,  o  storicamente 
celebri,  rimase  spesso  consegnato  a  vesti, 
vivande,  masserizie,  etc.  Vanità  della  vital 

Pompiere:  voce  ormai  accolta  e  neces- 
saria per  indicare  le  guardie  del  fuoco  o 
vigili.  «  In  tempo  del  cessato  Pegno  d'I- 
talia, spiega  il  Cherubini,  op,  cit.,  il  no- 
stro Municipio  istituì  una  compagnia  mi- 
litare di  100  giovani  destinati  a  spegnere 
gli    incendi,    i    quali    furono    denominati 


Poni 


379     — 


Por 


mappatori  pompieri,  dai  ferri  e  dalle 
trombe  {pompes^  fr.)  che  adoperarono  a 
tal  uopo  ».  Così  ne  vennero  pur  le  voci 
nuove  pompa  e  pompare  (fr.  pompe  e 
pomper)  invece  di  tromba  e  trombare. 

Pompierata:  faeexia  volgare  o  bisticcio:, 
dal  pseudonimo  il  Pompiere  di  uno  dei  col- 
laboratori del  Fanfulla  antico  (quando  si 
stampava  a  Firenze).  Voce  effìmera  del 
gergo  dei  giornali. 

Pompieristico:  da  pompiere.  Es.  gara 
pompieristica.  Voce  abusiva  ed  effìmera: 
documento  però,  con  altre  consimili,  della 
deplorevole  libertà  con  cui  si  trattano  da 
noi  le  parole. 

Pompon  :  nappa,  nappina;  così  di  fatti 
si  chiama  nell'esercito  quella  pallottola 
di  lana  sul  sommo  del  caschetto.  Ma, 
come  ornamento  muliebre,  prevale  la  voce 
francese  pompon. 

Poncho:  pronunciasi  pondo,  ed  è  voce 
dell'America  meridionale  che  signifìca  una 
foggia  speciale  di  mantello  tutto  di  un  pezzo 
con  un'apertura  nel  mezzo  per  la  testa. 
G.  Garibaldi  trasse  d'America  in  Italia 
tale  costume  di  vestito,  e  sol  per  ciò  die 
valore  alla  parola,  e  i  diz.  la  registrano, 

Poncio:  V.  Poncho. 

Poney:  nome  inglese  [pronuncia  poni] 
di  una  razza  di  cavalli  a  lungo  pelo,  assai 
docili  e  di  piccolo  corpo,  atti  ad  esser 
guidati  da  giovanetti  e  da  donne.  Sono 
originari  di  Scozia  e  d'Irlanda, 

Ponte  dell'asino:  si  dice  di  difficoltà 
grande  che  si  incontra  ad  un  certo  punto, 
ma  per  gli  inesperti  soltanto  ed  i  princi- 
pianti. Questo  ponte  dell'asino  sarebbe  il 
noto  teorema  di  Pitagora,  primo  passo 
difficile  nello  studio  della  geometria  e  che 
può  porgere  criterio  su  la  capacità  dello 
scolaro  a  proseguire  in  questa  disciplina. 
Secondo  altri  pons  asinorom  è  nome  dato 
nel  medio  evo  ad  un  diagramma  illustra- 
tivo dei  termini  di  un  sillogismo.  In  fr. 
poni  aux  (Ines  ha  lo  stesso  senso  ohe  in 
italiano  e  dal  Gonin  ò  fatto  derivare  da 
un'antica  farsa  (Littré).  In  tedesco  Esels- 
brucken  indica  la  traduzione  lettei-alo  de' 
classici  por  facilità  degli  scolari  (Inertiae 
adiumenturn).  V.  Bigino. 

Ponte:  noi  ling.  mar.,  indica  ciascuno  di 
quei  piani  orizzontali  in  cui  è  divisolo  scafo. 


Pontificare:  familiarmente  si  dice  di 
quelle  persone,  dette  intellettuali,  che  as- 
sumono abitualmente  contegno  e  parole  di 
somma  e  dogmatica  autorità  e  dignità,  a 
modo  di  Pontefici,  Vale  anche  dominare 
nelle  idee,  nei  consigli.  (N.  B.  Il  valore 
intrinseco  non  è  necessaria  condizione  per 
pontificare,  anzi!)  Pontificare  anzi  è  in 
tale  senso  tolta  dal  gergo  francese,  pon- 
tifier  rz:  se  donner  des  aires  importants^ 
poser  pour  essayer  d'en  imposer. 

Pontile  :  chiamano  in  alcune  regioni 
nostre  quel  ponte  di  asse  che  si  getta 
dalla  calata  al  bordo  delle  navi  o  piroscafi 
che  approdano.  Serve  per  l'imbarco  e  lo 
sbarco.  E  voce  buona,  ommessa  in  molti 
lessici. 

Pontone:  barca  di  fondo  piatto  con  la 
quale  si  gettano  i  ponti  militari  fr.  ponton. 

Pontoniere:  per  soldato  addetto  alla  co- 
struzione dei  ponti,  è  dal  fr,  pontonnier. 

Pope  :  scrittura  fr,  di  parola  russa,  pop: 
vale  curalo,  prete,  e  si  dice  familiarmente, 
cioè  parlandone  in  terza  persona. 

Popola  :  nel  dialetto  milanese  vale  ra- 
gazza, fanciulla;  come  popò  vale  bam- 
bino :  cfr.  il  romanesco  pupo  (putelo, 
putela,  in  veneziano)  dal  lat.  piqìus,  pic- 
pulus. 

Popolari  (i):  i  fautori  o  ascritti  ai  così 
dettìpartitipopolari.  Cfr.  questalocuzione. 

Popolarizzare  :  neologismo  frequentis- 
simo e  registrato,  tolto  dal  francese  po- 
pulariser.  La  regina  Margherita  di  Savoia 
nella  pietosa  sua  preghiera  per  l'ucciso 
Re  scrive  al  vescovo  Bonomelli  di  rolga- 
rizxare  e  non  popolarixxare  detta  pre- 
ghiera. 

Poppiere:  marinai-o  di  poppa,  e  dioesi 
in  particolare  del  rematore  che  voga  ai 
banco  di  poppa.  Poppiero:  attenente  alla 
parte  della  poppa,  così  :  Faccia  poppiera 
della  vela  o  dell'albero,  Sistema  velico 
poppiero,  etc. 

Populus  Romanus...,  moritur  et  ridet: 
il  popolo  romano. ...  muore  e  ride.  Sal- 
viano.  De  Oub.  Dei,  lib.  VU,  o  aggiunge: 
et  ideo  in  omnibus  fere  partibus  mundi 
risus  nostros  laeltrgniae  consequuntur  : 
ao  venit  eiiant  in  prae senti  super  nos 
illud  Domini  dicium:  rae  robis  qui  ri- 
detis.^  quoniam  flebitis. 


Por 


—     380 


Por 


Porchetta:  così  chiamano  con  voce  vol- 
gare nell'Italia  centrale  una  speciale  ma- 
niera di  ammanire  il  porco  giovane,  e 
consiste  nel  cuocerlo  per  intero  infisso  ad 
un  palo,  entro  il  forno  con  molte  droghe  e 
finocchio.  Vendesi  entro  madie,  spesso  al- 
l'aperto. Cibo  greve  e  appetitoso.  Deve  ri- 
salire a  costumanze  culinarie  antichissime. 
Eicordo  nella  Gambalunghiana  di  Rimini 
questa  curiosa  monografia  :  Porcus  Tro- 
janus^  0  sia  la  Porchetta^  Cicalata  ne  le 
nozze  di  Messer  Carlo  Ridolft  con  Ma- 
donna Rosa  Spina,  Don  Luigi  Nardi, 
Arimino  ^  1813. 

Pornografìa  :  per  scritto  o  staìnpa  oscena 
(fr.  pornografie)^  non  è  voce  registrata  tra 
gli  usuali  di2.  italiani  e  se  notata,  non  è  nel 
senso  qui  detto,  ma  nel  senso  meno  comune 
di  trattato  intorno  alla  'prostituzione  o  di 
tendenza  a  idealizzare  le  oscenità.  Dal 
gr.  jTÒQvog  =  cinedo  e  yQàcpcù  =  scrivo, 
tratto.  Der.  pornografico. 

Porro  unum  est  necessari um:  lat.,  or 
d'una  cosa  solo  fa  bisogno  (cioè  amare 
il  Signore  Iddio  e  il  prossimo,  per  essere 
salvi)  così  Cristo  in  S.  Luca  X,  42.  Ei- 
petesi  il  motto  con  altro  senso,  e  il  Porro 
unum  acquistò  forza  di  sostantivo  per 
indicare  condizione  indispensabile. 

Porta:  aggiunto  di  scala  aerea,  che  si 
arma  e  si  adatta  meccanicamente,  pezzo 
per  pezzo,  su  di  un  carro  speciale:  così 
detta  dal  nome  dell'  inventore  Carlo  Porta, 
operaio  milanese  (da  non  confondere  col 
poeta  omonimo). 

Porta  (la)  :  o  la  Sublime  Porta  sono  i 
nomi  con  cui  in  di]3lomazia  è  designata 
la  corte  ed  il  governo  del  Sultano.  Cfr. 
SvQa  =  porta,  corte  (cfr.  Anabasi.^  I). 

Portafogli  :  dal  portafogli  usato  dai  mi- 
nistri, la  lingua  francese  estese  il  senso, 
come  è  sua  natura,  sino  a  significare 
V  ufficio .1  la  funzione^  la  carica  del  7ni- 
nistro.  Tale  estensione  è  pure  presso  di 
noi,  onde  ministro  senza  portafogli  (mi- 
nistre sans  portefeuillej  colui  che  fa  parte 
di  un  ministero  senza  aver  funzioni  am- 
ministrative. Portafoglio  è  ritenuta  grafia 
meno  buona,  certo  è  più  dell'uso. 

Portale:  per ^jor^o?ze,  detto  specialmente 
in  architettura  delle  porte  monumentali 
de'  templi,  è  il  fr.  portail. 


Portare  i  calzoni  :  V.   Calzoni. 

Portare  il  cappello  su  le  ventitré:  cioè 
inclinato,  come  appunto  è  il  sole  su  le 
ore  23,  nel  tempo  in  cui  si  contavano  le 
ore  dall'una  alle  ventiquattro,  cominciando 
dal  tramonto. 

Portare:  per  condurre  è  «  alquanto  » 
(Eigutini)  abusivo,  pure  d'uso  comune  e 
familiare,  e  panni  pedanteria  condannarlo 
se  non  forse  in  nobile  scrittura.  |  TjO  locu- 
zioni portare  a  credere  (per  conduce^  rfà, 
induce)  portare  a  cognizione  (per  notifi- 
care., far  noto)  sono  riprese  dai  puristi.  | 
Portare  deputato^  designare,  presentare 
come  deputato. 

Portar  su  gli  scudi  :  fr.  élever  sur  le 
pavois^  antico  costume  dei  Franchi  di 
innalzare  il  re  eletto  su  di  uno  scudo  o 
pavese  e  così  fargli  fare  il  giro  del  campo 
perchè  il  popolo  in  armi  vedesse  ed  ap- 
provasse. 

Porte-enfant:  voce  foggiata  alla  fran- 
cese e  così  comune  che  trapassò  al  dia- 
letto :  indica  quel  trapuntino,  più  o  meno 
adorno,  che  si  ripiega  a  mo'  di  busta  e 
serve  a  reggere  i  neonati.  Borsa.,  borsa 
da  bambino  dice  ancora  taluno  del  popolo. 
V.    Oarde  enfant. 

Porter:  nome  dato  ad  una  specie  di 
birra  inglese,  assai  scura  e  forte. 

Porteur:  per  indicare  il  portatore  che 
insieme  alle  guide  aiuta  a  compiere  le 
ascensioni  degli  alti  monti,  leggo  e  odo 
frequentemente  usata  la  parola  francese 
in  cambio  della  italiana. 

Port-hole  :  ingl.,  il  finestrino  tondo  delle 
cabine  dei  bastimenti. 

Portière:  portiera.,  tenda.,  posta  di  so- 
lito davanti  ad  una  porta,  o  per  riparo 
dall'aria  o  per  bellezza.  Voce  francese 
usata  abusivamente. 

Portina:  voce  dialettale  milanese,  vale 
battente  dell' uscio. 

Portland:  varietà  di  cemento  naturale 
inglese  ;  nome  dato  poi  a  cemento  artifi- 
ciale di  uguale  composizione. 

Porto  (vino  di):  'vino  di  Op orto:  nota 
specie  di  vino  di  lusso  portoghese,  spe- 
cialmente alcoolizzato  per  la  esportazione. 

Porto  d'arme:  fr.  port  d'arane:  cioè  la 
facoltà  del  poter  portar  armi,  che  i  magi- 
strati  concedono    a    chi  ne  fa  debita  ri- 


Pos 


381 


Pot 


chiesta:  tale  locuzione  sarà  calcata  sul 
port'arme,  francese  :  vero  è  che  di  cotesto 
porto  ^er  portatura,  ì\  portare,  che  spiaco 
al  Pantani,  non  manca  di  ottimi  esempi 
classici. 

Posa  0  posare:  per  aria^  darsi  aria, 
dell'aria  sono  voci  riprese  dai  puristi 
come  gallicismi  fposer  figuratamente  vale 
se  lenir  dans  une  attitude  trop  étudiée)  : 
Posare  una  questione^  per  proporla  è 
puro  schietto  modo  francese. 

Poseur:  propr.  colui  che  inette  in  posa 
ed  è  parola  francese  per  indicare  persona 
affettata  nel  parlare  e  nel  comportarsi. 

Positivismo:  nome  con  nuovo  senso 
dato  da  Augusto  Comte  (17'j8-1856)  alla 
propria  filosofia,  la  quale  si  fonda  sul 
metodo  e  sul  risultato  delle  scienze  posi- 
tive e  sperimentali,  matematica,  astrono- 
mia, fisica,  chimica,  biologia,  sociologia, 
non  tenendo  conto  delle  speculazioni  me- 
tafisiche. Più  largamente  dicesi  di  ogni 
filosofia  la  quale  non  ammette  alcun  prin- 
cipio se  non  rigorosamente  dimostrato  e 
fondato  sui  fatti.  Nel  senso  popolare  po- 
sitivismo e  positivista  si  dice  di  persona 
che  cura  anzi  tutto  l'affare,  e  in  ogni  cal- 
colo e  ogni  operazione  ha  per  obbietto  il 
lucro,  né  si  lascia  indurre  da  idealità  o 
sentimenti.  Uomo  positivo  per  sodo^  as- 
sennato, prudente,  che  sta  al  reale  ed  al 
fatto,  spiace  ai  puristi,  ma  è  una  logica 
estensione  del  senso  filosofico,  e  d'altronde 
la  parola  è  nostra  ed  antica:  positivo, 
da  porre  =.  certo,  reale,  sicuro. 

Posizione:  nel  linguaggio  commerciale 
vale  inserto,  pratica,  fascicolo,  incarta- 
mento riguardante  un  affare  od  una  per- 
sona. V.  Incartaìnento  e  Dossier.  Voce 
ripresa  dai  puristi. 

Possibilista  :  nel  linguaggio  politico 
suona  come  opposto  ad  utopista,  e  si  dice 
di  chi  si  preoccupa  sopratutto  della  pos- 
sibilità di  mettere  in  atto  corte   riforme. 

Postaio:  voce  vernacola  milanese  (po- 
stèe) :  rivendugliolo  di  coso    mangerecce. 

Posteggiatore:  suonatore  ambulante  di 
mandolini,  chitarre,  tromboni,  otc.  Così 
noi  dialetto  di  Napoli,  ove  di  cotesta 
gente  è  copia  più  che  grande  e  ove  il 
genio  del  canto  e  del  suono  è  connaturato 
nel  popolo,  tanto  che   esso    valso  più  di 


ogni  altra  gente  italiana  a  persuadere 
agli  stranieri  che  italiano  e  cantarino 
siano  la  cosa  istessa. 

Postergare  :  posporre,  mettere  dojm  (dal 
lat.  post  e  tergum)  nel  linguaggio  notarile 
e  degli  uffici.  Es.  postergare  tm' ipo- 
teca. 

Post  factum  lauda:  lat.  aspetta  a  lo- 
dare, cioè  :  loda  una  cosa  dopo  averne 
visti  gli  effetti. 

Post  factum  nullum  consilium:  lat., 
«  cosa  fatta  capo  ha  »,  cioè  «  compiuta 
una  cosa,  è  inutile  tornarvi  su  :  ciò 
che  è.  è  ». 

Post  fata  resurgam:  lat.,  «risorgerò 
dopo  i  fati  ».  Uno  dei  molti  motti  della 
Fenice. 

Post  hoc,  ergo  propter  hoc  :  lat.  dopo 
ciò,  dunque  a  cagione  di  ciò,  noto  so- 
fisma, ripetuto  spesso  dagli  antichi  sco- 
lastici per  designare  l'errore  di  coloro  cho 
considerano  come  causa  un  fatto  che  non 
ha  nessun  rapporto  causale,  ma  soltanto 
di  precedenza  di  tempo.  Qualche  volta 
però  si  dice  sul  serio  e  non  sempre  il 
sofisma  è  ragionamento  fallace. 

Post  nùbila  Phoebus:  lat.,  dopo  le 
nubi  (la  pioggia),  il  sole.  Dicesi  figura- 
tamente. 

Post  prandium  stabis,  post  coenam  am- 
bulabis  :  aforismo  della  scuola  medica 
Salernitana:  dopo  il  pranxo  riposerai., 
dopo  la  cena  passeggerai. 

Posto  di  blocco:  V.  Blocco  q  Sistema 
di  blocco. 

Post  prandium:  lat.,  dopo  il  pranxo., 
il  tempo  lieto  che  sussegue  a  lauto  ban- 
chetto. 

Pot-au-feu:  fr.,  nome  di  vivanda:  lesso 
con  verdura  e  legumi. 

Potage:  il  potage  de'  francesi,  come 
dice  il  nomo  stesso  (da  potare,  lat.  beì'e)., 
non  risponde  se  non  in  parto  alla  nostra 
minestra.  Certo  pei  francesi  il  potage  è 
la  base  del  pranzo  come  da  noi  la  mine- 
stra e  senza  di  essa  non  sembrerebbe  di 
pranzare.  La  differenza  sta  in  ciò  che  per 
noi  la  minestra  è  abbondante,  densa  di 
riso  0  di  pasta  con  uova  e  di  legumi: 
può  diventare  anche  minestrone,  e  per 
molto  famiglie  il  desinare  è  tutta  mine- 
stra. Nella  cucina  francese   è   un    brodo 


Pot 


—     382     — 


Pou 


leggero,  anche  se  consommé^  con  varia 
arte  condito  di  carni  e  rare  verdure.  Lo 
Scappi  (op.  cit.)  in  tal  senso  usa  la  voce 
brodetto. 

Potea,  non  volle,  or  che  vorrla,  non 
puote  :  verso  sentenzioso  del  Clasio,  Fa- 
vole., I  due  Susini.,  rimasto  popolare. 

Potenza  (ennesima)  :  dicesi  in  modo 
familiare  e  comune  per  grado  filassimo., 
cosagrandissima.  Es.  elevare  all'ennesima 
potenza  :  locuzione  tolta  dalle  matema- 
tiche, nella  quale  scienza  la  lettera  n  è 
usata  per  indicare  un  numero  intero  non 
determinato. 

Potenziale  :  «  (sostantivo)  :  voce  di  elet- 
trologia. Potenziale  elettrico  (o  magnetico) 
di  un  punto  è  l'espressione  del  lavoro 
occorrente  a  trasportare,  da  quel  punto, 
a  distanza  infinita  l'unità  di  quantità  di 
elettricità  (o  di  magnetismo)  vincendo  la 
resistenza  delle  forze  elettriche  o  magne- 
tiche. (Aggettivo)  :  voce  di  meccanica, 
a)  Lavoro  potenmale  o  lavoro  disponibile, 
0  quantità  di  energia  che  può  raccogliersi 
per  la  condizione  di  un  corpo  quando 
questo  è  soggetto  di  foize  che  tendono  a 
produrvi  un  dato  effetto,  mentre  questo 
viene  impedito  —  come  può  dirsi  di  una 
molla  in  istato  di  compi-essione,  di  un 
peso  impedito  da  una  fune  di  cadere,  del 
vapore  chiuso  in  una  caldaia,  h)  Funzione 
potenziale:  nella  teorica  della  gravita- 
zione universale  è,  ammessa  vera  la  legge 
neutoniana,  l'integrale,  esteso  ai  limiti  del 
corpo  attraente,  del  prodotto  dell'elemento 
della  sua  massa  per  l'inversa  della  di- 
stanza di  esso  dal  punto  attratto.  »  (F. 
Grassi). 

Potere  discrezionale  :  Y.  Discrezionale. 

Potere  irresponsabile:  Y.  Irresponsa- 
bile. 

Potin  :  voce  del  gergo  familiare  e  popo- 
lare francese  che  vuol  dire  baccano.,  ca- 
gnara., pettegolezzo. 

Pot  pourri:  piatto  di  varie  carni  con- 
dite e  cotte,  anzi  sfatte  (pourir)  con  vari 
legumi,  ed  è  versione  dello  spagnuolo 
olla  podrida.  Figuratamente  si  dice  di 
ogni  composizione,  specie  letteraria,  senza 
ordine,  senza  criterio  di  scelta,  e  senza 
gusto.  Musicalmente  pot  pourri  v .de  un 
pezzo  strumentale  composto  di  motivi  di 


una  0  di  parecchie  opere,  od  anche  di 
temi  di  valzer.,  di  marcie,  di  canzoni., 
etc.  E  una  scelta  di  motivi  favoriti. 

Pouf:  voce  onomatopeica  che  indica  il 
rumore  d'un  corpo  che  cade.  Questa  pa- 
rola francese  ci  è  comune  per  indicare 
un  sedile  in  forma  di  cuscino,  ovvero  un 
divano  rotondo  con  una  spalliera  a  ci- 
lindro nel  mezzo.  Era  usato  il  pouf  per 
indicare  quella  gabbietta  di  balena  con 
cui  le  signore  ampliavano,  secondo  la  moda 
d'anni  fa,  certe  parti  più  notevoli  del  loro 
corpo;  ed  è  tuttora  in  uso  popolarmente 
in  qualche  nostra  regione  nell'espressione 
far  puf^er  dire  andar  via  senza  pagare. 
Fair  e  pouf  =^  quitter  son  logement  sans 
payer.,  locuzione  di  gergo. 

Poule:  così  alla  francese,  più  di  sovente 
che  con  la  pai'ola  italiana  gara,  si  chiama 
quel  giuoco  del  domino  o  del  biliardo  in 
cui  ogni  giocatore  sborsa  una  quota  sta- 
bilita e  la  somma  va  al  vincitore. 

Pound  :  è  la  libbra  inglese  del  peso 
di  453  grammi.  E  detta  pound  anche  la 
sterlina  =  20  scellini,  L.  25  di  nostra 
moneta. 

Pourboire  :  fr.  mancia,  e  se  vuoisi 
un'altra  voce  esattissimamente  uguale  a 
pourboire,  ma  non  è  dell'uso,  abbiamo 
propina  che  è  di  squisita  fattura  classica 
[jrQomvco  e  in  latino,  propino].  NB.  Forse 
è  per  delicato  riguardo  a  tale  origine  clas- 
sica che  questa  voce  è  riserbata  per  indi- 
care quelle  prebende  che  si  prelevano  su 
le  tasse  d'esame  e  si  danno  liberalmente 
ai  professori  per  le  fatiche  dell'esaminare. 
Di  solito,  la  propina  serve  non  a  bere, 
secondo  etimologia,  ma  a  mangiare. 

Pour  cause  :  modo  francese  comune, 
specie  nel  gergo  dei  giornali,  a  cui  ri-^ 
sponde  il  nostro,  c'è  la  sua  buona  ra- 
gione, c'è  il  suo  perchè.  Es.  «  Non  l'ho 
fatto,  e  pour  cause».  Come  in  altri  simili 
casi  il  motto  francese  sembra  avere  spe-^ 
ciale  e  più  spirituale  senso. 

Pour  la  bonne  bouche:  fr.,  letteral- 
mente significa  serbare  per  ultimo  il  boc- 
cone migliore  affinchè  dia  sapore  alla 
bocca,  e  per  estensione,  la  cosa  più  bella 
e  gradita  dirla  per  ultima  :  spesso  il  motto 
è  usato  in  senso  ironico.  Cfr.  il  motto 
latino  dulcis  in  fundo. 


l*ou 


383 


Pre 


Pour  le  roi  de  Prusse  (lavorare)  :  cioè 
per  un  ingrato,  senza  alcun  lucro,  per 
la  gloria.  Per  l'origine  storica  del  motto, 
V.  Fumagalli  (op.  cit.)  :  Il  a  travaillé 
poiir  le  roi  de  Prusse. 

Pourparler:  infinito  sostantivato,  dal- 
l'antico verbo  francese  por  parler  (da  pour 
€i  parler),  nel  senso  di  abboccamento,  con- 
ferei, a,  preliminari,  accordi,  trattative. 

Poutrelie  :  per  trave,  asta,  sbarra,  di 
ferro  (a  doppio  T  solitamente),  specie  oggi 
che  le  costruzioni  murarie  si  fanno  mercè 
il  ferro,  è  voce  comunissima  fra  i  tecnici. 
E  il  francese  poutrelie,  diminutivo  di  pou- 
ire,  basso  latino  j9w/^e^r2*m  ==  trave  squa- 
drata :  leggesi  tradotta  in  putrella. 

Poverazza  :  o  peveraz^ia,  è  il  nome 
dialettale  della  Venus  Gallina,  mollu- 
sco bivalve  col  guscio  di  fuori  ruvido  e 
cinero,  entro  bianco  e  lucido  :  il  mollu- 
sco quivi  contenuto  è  di  forte  saper  di 
mare.  Se  ne  fa  gran  pesca  in  inverno  lun- 
go il  lido  adriatico  :  cibo  più  greve  e  rozzo 
dell'altro  bivalve,  tellina  o  calcinello.  Il 
Tommaseo  spiega  erroneamente  poverazza, 
specie  di  grossa  chioccia.  Il  Mattioli  nel 
suo  diz.  romagnuolo,  Imola,  Galeali,  1879, 
cita  un  esempio  del  Dati:  «  Un  gonzo 
essendo  a  un  cojivito  di  magro  dov'era 
una  minestra  di  telline  e  di  poveracce., 
della  qual  non  avea  mai  più  mangiato, 
ne  prese  egli  in  bocca  una  gran  cucchia- 
iata, né  potendo  ingoiarla  né  masticarla, 
badava  a  quel  che  facevano  li  altri  ».  Y. 
Pettine  e  Pecten. 

Pozzo  di  S.  Patrizio:  cioè  senza  fondo, 
dove  tutto  si  inabissa  e  si  perde  :  locu- 
zione familiare  e  popolare,  dedotta  dalla 
antica  leggenda  del  secolo  VI  che  rac- 
conta come  S.  Patrizio  per  convincere  gli 
Irlandesi,  aprì  una  miracolosa  caverna  o 
pozzo  che  menava  all'altro  mondo.  Leg- 
genda dal  Purgatorio  di  S.  Patrizio. 

Praesente  cadavere:  lat.,  presente  il 
cadavere,  locuzione  usata  in  vario  senso 
e  dedotta  dal  rito  dello  successioni  de' 
Pontefici,  nelle  quali  il  cardinale  Ca- 
merlengo logge  il  testamento  del  Papa 
defunto,  praesente  cadavere. 

Praesumptio  juris  et  de  iure  e  juris 
tantum:  queste  duo  formulo  vengono  dal 
diritto  romano  e  si  mantengono  vive  nel 


linguaggio  foiense.  La  praesumptio  iuris 
et  de  iure  è  quella  che,  data  dalla  legge, 
si  ritiene  per  sua  natura  incontrastabile 
e  non  ammette  prova  in  contrario.  La 
praesumptio  juris  tantum  si  deduce  pa- 
rimenti dalla  legge,  ma  ammette  prova 
in  contrario.  La  nostra  legge  definisce 
così  le  presunzioni  :  le  conseguenze  che 
la  legge  ed  il  giudice  deducono  da  un 
fatto  noto  per  risalire  ad  un  fatto  ignoto. 

Pràgnanter:  V.  Pregnante. 

Praline:  chiamano  i  francesi  la  man- 
dorla tostata  nello  zucchero.  La  etimolo- 
gia del  nome  sembra  essere  da  cotal  Pralin 
0  Praslin,  cantiniere  del  maresciallo  Du- 
plessis,  che  per  primo  preparò  in  tal  modo 
le  mandorle.  Così  il  Menage,  accolto  dal 
Littré  e  dallo  Scheler.  Ho  inteso  a  Milano 
tradurre  volgarmente  la  locuzione  francese 
con  mandorle  alla  perlina  (!). 

Pratica:  prender  pratica  o  aver  pra- 
tica significa,  nel  linguaggio  marinaresco, 
prender  od  aver  licenza  dall'autorità  ma- 
rittima locale  quando  si  giunge  in  porto, 
di  poter  comunicare  cogli  abitanti  del 
luogo  e  con  la  terra,  cioè  di  sbarcare,  dopo 
essersi  però  assoggettati  alle  visite  sani- 
tarie e  doganali. 

Praticare:  per  fare,  ricorda  ai  puristi 
il  fr.  pratiquer  =  faire:  pratiquer  un 
trou,  une  ouverture.^  un  cheynin.  Eppure 
(forza  dell'uso  Ij  ecco  un  esempio  di  sti- 
lista fin  troppo  insigne,  e  buon  conoscitore 
della  lingua  nostra,  il  d'Annunzio: 

Quattro  di  bosso  ei  fecemi  cannelle 
ineguali,  e  assai  bene  le  polì. 
La  più  corta  alla  spalla  m'inserì 
e  strinse  con  cerate  funicelle. 
In  bocca  tre  l'artiere  me  Jie  messe, 
runa  pivi  lunga,  l'altre  due  minori  ; 
nella  più  lunga  numerosi  fòri 
praticò,  cho  diverso  voci  desse. 

Preadamitico:  lett.,  anteriore  ad  Adamo: 
voce  iperbolica  per  significare  familiar- 
mente cose  non  moderne  :  dicesi  speciul- 
mento  di  oggetti  e  arnesi  meccanici. 

Precedente  :  con  forza  di  sostantivo  por 
vita  0  fatti  precedenti  o  antefatti,  è  tolto 
dal  fr.  précédent,  ed  è  voce  usata  specie 
in  politica  0  nel  linguaggio  giudiziario. 
Spiaco  ai  puristi  :  ma  l'uso  non  ne  sa- 
prebbe faro  a  mono  ancho  nel  linguaggio 
comune. 


Pre 


384 


Pie 


Precisare  :  per  determinare,  esporre^ 
spiegarsi  bene,  è  tal  e  quale  il  préciser 
francese  (Eigutini).  Verbo  sancito  dall'uso 
e  registrato  nei  dizionari  recenti. 

Prefettizia:  V.  Redingote  e  Vestito. 

Prefisso:  V.  Suffisso. 

Pregiudiziale  :  si  dice  di  eccezione  che 
procede  il  giudizio  di  merito  o  anche 
d'ordine.  Così  nel  linguaggio  forense.  Nel 
linguaggio  parlamentare  si  dice,  analoga- 
mente, di  eccezione  che  precede  la  dis- 
cussione del  merito.  Opporre  la  pre- 
giudiziale significa  appunto  opporre  ec- 
cezioni tali  che  valgono  a  indurre  il 
magistrato  o  l'assemblea  a  non  occuparsi 
del  merito,  a  rimandarne  la  trattazione 
senza  esame. 

Pregnante:  in  retorica  è  voce  tolta  dal 
tedesco  (prdgnant),  ancorché  di  origine 
nostra  (cfr.  pregno).  È  aggettivo  attribu- 
tivo di  frase.,  parola.,  e  simili,  quando 
esse  contengono  oltre  al  loro  proprio  si- 
gnificato, un  secondo  senso,  dedotto  dal 
primo  :  non  è  estensione  o  derivazione  di 
senso,  ma  densità  di  significato,  quasi  pa- 
rola pregna  di  più  sensi. 

Preludio:  «prefazione  str.umentale  pre- 
posta all'opera  in  musica,  genere  inau- 
gurato verso  la  metà  del  secolo  XIX. 
Wagner  ha  quello  del  Tristano  ed  Isotta., 
che  è  di  bellezza  incomparabile.  E  la  sin- 
tesi psicologica  dell'opera.  Yi  ha  pure  il 
preludio  classico,  che  è  una  introduzione 
alle  Fughe.  »  (A.  Galli,  op.  cit). 

Première:  voce  francese,  la  prima.,  quasi 
esclusivamente  usata  per  indicare  la  prima 
recita  di  un  dramma  o  d'un' opera.  Cosi 
dicesi  :  «  Il  tale  non  manca  mai  alle  pre- 
mières :  c'èra  gente  come  ad  una  pre- 
onière  ».  In  Italiano,  prima  rappresen- 
tazione. 

Prender  cappello:  V.   Capello. 

Prender  due  colombi  ad  una  fava: 
nota  locuzione  nostra  che  vale  come  fare 
un  viaggio  e  due  servizi.,  raggiungere, 
cioè,  due  intenti  con  una  sola  opera- 
zione. 

Prendere  il  toro  per  le  corna:  affron- 
tare risolutamente  una  questione. 

Prendere  in  giro:  V.  Qiro. 

Prender  posizione:  (intendi,  di  com- 
battimento) locuzione  dal  linguaggio  mi- 


litare estesa  a  quello  politico  :  disporsi 
alla  lotta. 

Prender  un  bagno:  modo  ripreso  dai 
puristi  per  fare  un  bagno.,  bagnarsi. 
Locuzione  conforme  alle  lingue  straniere. 

Prerafaellita  o  pre rafael lista:  nome  as- 
sunto dei  seguaci  di  quella  sòuola  pittorica 
ed  estetica  fondata  in  Inghilterra  (1847-49, 
da  Dante  Gabriele  Rossetti,  Millais,  Holman 
Hunt,  Pre-raphaeliteBrother,  hood)  con  in- 
tento di  ritornare  in  pittura  alla  purità  ed 
alla  semplicità  dell'arte  italiana  prima  di 
Raffaello  e  così  con  rinnovata  arte  e  tecnica 
produrre  moderne  e  profonde  espressioni 
di  sentimento.  La  parola  è  inglese  :  prera- 
phaelite  e  v'  è  anche  l' astratto  preraphae- 
litisme.  Questo  movimento  artistico  si 
estese  alla  poesia  ed  alla  letteratura. 

Presenza  di  spirito:  gallicismo  ripreso 
da'  puristi  per  presenza  d'animo.,  ]jron- 
tezza  d'animo.  Locuzione,  però,  confer- 
mata dall'uso. 

Presenziare:  per  essere  presente.,  assi- 
stere è  «  brutto  neologismo  »  (Rigutini). 
Non  è  però  dal  francese.  Lo  accoglie  il 
Petrocchi,  notando  non  popolare. 

Preservativi  :  Y.  Appendice. 

Pressa  :  per  macchina  che  imprime  è 
dal  fr.  presse  (da  presser.,  latino  pressare. 
frequentativo  di  premere  =  premere, 
calcarei.  Estendendo,  con  l'elasticità  che 
ha  quella  lingua,  ponesse  poi  indica  la 
stampa.,  il  giornalismo  etc.  L'italiano 
classico  ha  le  voci  pressa  =  calca,  pres- 
sare =  incalzare  {far  la  prescia  o  la 
pressa.,  aver  prescia.,  è  modo  vivo  nel 
popolo  per  far  fretta)  dalla  stessa  origine 
latina.  (Cfr.  Dante,  Purg.^  YI,  8:  a 
cui  porge  la  man  piii  non  fa  pressa). 
Bi  potranno  condannare  come  gallicismi 
pressa  —  macchina,  pressante  =  urgente? 

Presse-papier:  in  ìtaììsino  ferma  carte. 
Eppure  è  d'uso  non  raro  la  voce  fran- 
cese ! 

Pressione  :  nella  locuzione  far  pres- 
sione, è  uno  dei  tanti  neologismi  traslati 
dal  senso  fisico  al  senso  morale  per  for- 
zare^ violentare.  E  gallicismo  come  di- 
cono i  puristi?  Se  ne  può  dubitare  con- 
siderando la  generale  tendenza  odierna  del 
volgere  a  senso  morale  le  voci  scienti- 
fiche. 


Pre 


—    385 


Pri 


Prestazione:  dicesi  nel  linguaggio  bu- 
rocratico dei  commercianti  di  tutti  quei 
servigi  personali  che  rivestono  un  carat- 
tere intellettuale,  non  manuale. 

Prestidigitatoree  prestidigitazione:  sem- 
brano al  volgo  voci  più .  elette  di  presti- 
giatore e  giuochi  di  prestigio  o  giuoco 
dei  bussolotti:  Dal  fr.  prestidigitateur  e 
prestidigifatioti. 

Prestigio:  vale  in  italiano  il  prestigio/re^ 
cioè  fattucchieria^  fascino.  Nel  senso  di 
«  forza,  influenza  abbagliante  »  come  re- 
gistra il  Petrocchi,  è  voce  neologica  tolta 
dai  francesi  è  usata  in  ispeciali  locuzioni 
come  il  prestigio  della  autorità,  togliere 
ogni  prestigio:  voce  ignobile,  traslata  a 
senso  nobile  in  modo  diffoi-me  all'indole 
della  nostra  favella  (Rigutini). 

Prestinaio:  V.  Prestino. 

Prestino:  termine  dialettale  lombardo, 
prestin  =  forno,  di  buona  origine  latina 
pistrinum.  Prestinaio  =  fornaio  (pre- 
stinèe).  Prestin  è  voce  ricordata  dal 
Manzoni  ne'  Promessi  Sposi. 

Pretaglia:  spregiativo  di  preti,  fr.  pré- 
traille. 

Preterintenzionalità:  dal  lat.  praeter 
=  al  di  là  e  l'astratto  di  inten%ione: 
voce  usata  dai  legali  per  indicare  un  ele- 
ìuento  morale  per  cui,  solitamente,  è  di- 
minuita la  responsabilità  del  delitto  (esso 
sortì  un  effetto  che  non  era  nell'intenzione). 

Pretestare:  neol.  addurre  a  pretesto^ 
come  giustificazione  o  ragione.  Dal  fr, 
prétexter. 

Pretoriani  :  propriamente  le  milizie  del 
Pretorio,  che  formavano  una  speciale 
guardia  del  corpo,  istituita  da  Augusto  : 
divenne  importantissima,  violenta,  faziosa, 
talora  arbitra  dell'impero.  Adoperasi  oggi 
questa  voce  storica  in  senso  spregiativo 
di  «satellite,  seguace,  partigiano  »,  presso 
a  poco  come  giannizzero. 

Prevenire:  por  dare  avviso,  informare 
«  è  scorrettissimo  »  (Rigutini).  Prevenire 
vale  avvisare  anticipatamente.  Questo 
prevenire  per  avvisare  si  dico  con  spe- 
ciale significato  di  nimicizia  o  di  minaccia. 

Preventivare:  voce  del  linguaggio  am- 
ministrativo, notata  come  non  buona  dai 
puristi  por  sta?ixiare,  stabilire.,  derivata 
da  «preventivo»  :  accolta  noi  diz.  recenti. 

A.  Pan/ini,  Supplemento  ai  Dixioìiari  italiani. 


Preventivo:  sost.,  invece  della  voce 
italiana  bilancio  o  tavola  di  previsione 
(quanto  si  stanzia  o  stabilisce  di  spesa) 
è  voce  del  linguaggio  amministrativo,  ve- 
nutaci di  Francia  (préventif)  al  tempo 
del  Regno  Italico.  Spiace  ai  puristi  e  per 
la  provenienza  e  per  il  fatto  illogico  che 
nulla  previene.  Ma  la  logica  dell'uso  e 
della  conquista  è  più  forte  di  quella  de' 
grammatici.  Del  resto  anche  misure  pre- 
ventive^ carcere  preventivo^  censura  pre- 
ventiva etc.  sono  del  pari  locuzioni  fog- 
giate sul  modo  francese. 

Prevenuto:  per  accusato.,  imputato  di 
un  delitto,  è  il  fr.  prévenu.  «  Sconcio  gal- 
licismo »  (Rigutini). 

Prevenzione:  per  preoccupazione.,  cioè 
disposizione  favorevole  o  contraria  prima 
del  giudizio,  spiace  ai  puristi,  e  così  il 
part.  prevenuto.  Fr.  prévention,  prévenu. 
Ma  non  solo  l'uso  antico  sancisce  queste 
parole,  ma  preoccupazione  suole  usarsi 
in  senso  alquanto  diverso. 

Previo  :  lat.  praévius  da  prae  e  via  == 
che  precede,  che  va  innanzi,  previo,  ha 
buoni  esempi  sin  dal  primo  Seicento.  Vero 
è  che  oggi  questo  previo  è  usato  più  che 
come  agg.,  con  valore  assoluto,  previo 
esame.,  previo  avviso,  nel  linguaggio  de- 
gli uffici  in  ispecie.  «  La  natura  di  questa 
voce  non  è  tale,  che  possa  permettere  si 
fatto  uso  »  (Rigutini). 

Priapismo:  Y.  Appendice. 

Prillare:  girare  attorno .^  dare  il  giro., 
specialmente  detto  del  filo  o  simili  :  antico 
verbo,  vivo  nei  vernacoli.  In  lombardo, 
con  metatesi,  pirlarc  (pirla). 

Prima  caritas  incipit  ab  ego:  lat.  il 
primo  amore  coìnincia  da  me.,  dicesi  a 
giusta  spiegazione  o  affermazione  di  egoi- 
smo, dove  l'egoismo  risulta  dal  deliberato 
errore  ab  ego  invece  che  a  me. 

Prima  digestio  fit  in  ore -.la  prima  dige- 
stione si  con/pie  in  bocca  per  azione 
della  saliva  e  dei  denti.  Si  suolo  dire  con- 
sigliando altrui  a  mangiare  adagio  e  calmo. 
Antico  aforismo  modico,  altrettanto  vero 
secondo  fisiologia  (luanto  poco  mosso  in 
pratica. 

Primario  :  nella  locuzione  scuole  pri- 
marie |)(u-  scuole  0  istruzione  elementare, 
è  locuzioiK^  tolta  dal  francese  école  e  m- 


26 


Fri 


386     — 


Pro 


struction  ijrimaire.  Per  quanto  l'uso  san- 
cisca sì  fatta  voce,  non  è  men  ragionevole 
l'osservazione  de'  puristi  che  egli  è  uno 
sconvolgere  il  senso  nostro  di  'primario 
=  eccelso,  alto. 

Primati:  (lat.  primus)  ted.  Primaten^ 
fr.  e  ingl.  primates:  il  primo  e  più  alto 
ordine  dei  mammiferi,  dalle  scimmie  al- 
l'uomo incluso. 

Primavera  sacra:  V.   Ver  sacrum. 

Primipara:  dal  latino  prima  e  parere 
=:  partorire  :  donna  che  partorisce  per  la 
prima  volta.  Primaiola,  sarà  egregia  voce 
toscana,  certo  è  meno  dell'uso. 

Primo  avulso,  non  deficit  alter  :  (Eneide^ 
VI.  143)  :  strappato  il  primo^  vien  fuori 
il  secondo^  cioè  ce  n'è  gran  copia,  e  si 
dice  in  mal  senso  figurato  e  con  ironia. 
Yergilio  parla  di  vero  ramo,  sacro  a 
Proserpi  na. 

Primum  vìvere  deinde  philosophari  : 
lat.,  prima  vivere  (cioè  pensare  alle  ne- 
cessità della  vita)  e  poi  filosofare  (cioè 
alla  metafisica  della  vita). 

Primus  Inter  pares:  lat.,  pri^no  fra  gli 
uguali:  motto  riferentesi  a  differenza  di 
grado,  gerarchico,  non  di  dignità  o  di 
casta. 

Principiis  òbsta:  opponiti  ai  principi^ 
cioè  vedi  di  non  cominciare^  perchè  tardi 
si  appresta  il  rimedio  quando  i  mali^ 
per  lasciarli  fare^  hanno  preso  forxa. 
Bella  sentenza  di  Ovidio  {Bem.  Amoris^ 
91,  92)  divenuta,  da  antico,  frase  fatta  negli 
ammaestramenti  morali  e  pedagogici. 

Principio  edonistico:  V.  Edonismo. 
Qui  si  aggiunge  che,  secondo  gli  ultimi 
e  più  raffinati  coltivatori  di  questa  filosofia, 
essa  sarebbe  una  specie  di  aroma  estetico 
che  deve  penetrare  la  vita  e  le  operazioni 
dell'uomo;  perciò  arte  edonistica  od  ede- 
nica è  una  sapiente  disciplina  per  cui 
cerchiamo  di  assaporare,  il  meglio  ed  il 
più  profondamente  possibile,  le  gioie.  Tipi 
nell'arte,  taluni  eroi  di  romanzi  francesi  ; 
presso  di  noi  ad  es.  lo  Sperelli  nel  ro- 
manzo il  Piacere  del  d'Annunzio.  Il  prin- 
cipio edonistico  è  la  norma  per  raggiun- 
gere questo  fine  :  per  es.  ritmo  dei  piaceri 
affinchè  nel  periodo  di  tregua  si  riacquisti 
energia  per  godere  di  nuovo.  NB.  Occor- 
rono a  tale  fine  cinquantamila  lire,  almeno, 


di  rendita,  buon  gusto  e  parecchio  egoi- 
smo. Filosofia  che  è  specchio  dei  tempi: 
ideale  della  civiltà  borghese  e  scettica. 

Privatista  :  scolaro  che  proviene  dall'in- 
segnamento paterno,  che  ha  studiato  pri- 
vatamente. 

Privazione:  per  disagio^  eure^  fatiche, 
patimenti  etc,  senza  il  compimento  della 
cosa  di  cui  uno  si  priva,  è  notato  come 
gallicismo.  Voce  consacrata  dall'uso. 

Pro:  è  notevole  Fuso  e  l'abuso  recente 
di  questa  preposizione  latina  (in  favore^ 
in  difesa)  ne'  più  svariati  significati  e 
ad  ogni  occasione  :  prò  patria^  prò  monti- 
bus^  prò  deficienti^  prò  scola ^  prò  Ar- 
menia etc.  A  quando  |?ro  lingua  italiana^ 

Pro  aris  et  focis:  in  difesa  degli  al- 
tari e  dei  focolari  (Cicerone,  Pro  Roscio 
Amer.^  cap.  V).  Il  motto  ripetesi  per  le- 
gittimare alcuna  giusta  e  disperata  guerra. 

Probatorio:  latinismo  usato  nel  lin- 
guaggio giuridico,  da  prohare^  provare  : 
attributo  di  tutto  ciò  che  ha  attinenze 
con  le  prove  in  una  data  causa;  quindi, 
argomento^  sistema^  m,e%zo^  elemento  pro- 
batorio. 

Probitas  laudatur  et  alget:  stupendo 
motto,  riferito  all'umanista  Flavio  Biondo: 
la  onestà  è  lodata^  ma  basisce  dal  freddo! 
Cfr.  Homo  bonus  semper  tiro  est. 

Probiviri  :  sono  una  specie  di  amiche- 
voli compositori,  chiamati  a  dirimere  spe- 
cialmente le  questioni  fra  capitale  e  lavoro. 

Problematico:  per  incerto^  dubbio  è 
notato  dai  puristi,  come  gallicismo  :  j9ro- 
blématique  =  douteux^  equivoque.  Voce 
confermata  dall'uso. 

Pro  captu  lectoris  habent  sua  fata 
libelli:  V.  Habent  sua  fata  libelli. 

Procedurale:  attinente  a  procedura:  fr. 
procédural.  Anche  procedura,  (fr.  proce- 
dure) per  processo.,  procedimento.^  corso 
della  causa  è  voce  che  spiace  ai  puristi 
ma  è  oramai  conquistata  dall'uso  e  ne- 
cessaria. Dicesi  anche  processuale. 

Procuratore  del  re:  V.  Publico  Mi- 
nistero. 

Procureuse:  leti,  procuratrice:  voce  del 
gergo  francese  cui  rispondono  le  parole 
nostre  mex^zana,  ruffiana. 

Prodiero:  term.  mar.,  aggiunto  di  cosa 
attinente  alla  prora. 


Pro 


—     887 


Pro 


Prodigare:  significa  dare^ genericamen- 
te^ qualche  cosa  di  gran  pregio  per  una 
grande  causa.  Es.  prodigò  le  sostanze 
e  la  vita  in  jyro  della  patria.  —  L'abuso 
alla  maniera  francese  consisto  (solito  caso) 
nel  pici^are  questo  vocabolo  a  cose  o  me- 
diocri 0  di  piccolo  conto.  Es.  le  prodigò 
carexxe  per  le  fece  molte  carezze.,  la  cir- 
condò di  carezze. 

Prodigioso:  da  prodigio  nz  cosa  mo- 
strata dagli  Dei,  cosa  portentosa,  mira- 
colo: è  iperbolicamente  riferito  a  cose 
minimo  o  indegne,  e  in  tale  caso  ritiene 
dell'uso  del  fr.  prodigieux. 

Prodursi:  per  presentarsi  al  publico, 
comparire  su  la  scena ^  etc.  è  neol.  che 
ricorda  ai  puristi  il  se  produire  =  s'in- 
troduire.,  se  faire  connaitre  honorable- 
ment,  s'avancer.  Yero  è  che  a  cotesto 
prodursi,  usato  familiarmente,  va  con- 
giunto un  senso  faceto. 

Produzione:  per  dramma  o  commedia 
0  tragedia  è  notata  come  voce  inutile  e 
impropria  dai  puristi,  e  di  conio  francese. 

Professional  beauty:  locuzione  inglese  ; 
vale  bellezza  celebre.  Es.  «  la  C***  godeva 
fama  universale  solo  come  canzonettista, 
e  più  ancora  come  professional  beauty. 
lersera  si  è  rivelata  un'artista  etc.  »  Noi 
diremmo  :  bella  donna  di  professione. 

Professionale  :  detto  di  scuole  che  hanno 
intento  tecnico  e  pratico,  è  neologismo  ri- 
preso dai  puristi,  e  foggiato  sul  francese 
école  professionelle  =:  om  l'on  prepare  à 
différeììts  métiers.  Io  stesso,  già  tempo, 
non  comprendevo  bene  che  volessero  dire 
queste  scuole  professionali^  perchè  davo  a 
professione  un  alto  senso.  Ma  trovando 
questa  locuzione  negli  autorevoli  scritti 
degli  uomini  che  «  siedono  »  su  le  cose 
delhi  Istruzione,  accusavo  la  mia  igno- 
ranza. Credo  che  lo  stesso  fenomeno  av- 
venga nella  mente  del  buon  popolo,  il 
quale  udendo  su  autorevoli  labbra  voci 
ostrogote,  questo  ritiene  nobili  e  degne,  e 
le  proprio,  paesane  e  natie,  condanna,  j 
Rivalità  professionali.^  meglio  di  profes- 
sione 0,  come  dico  il  popolo,  di  mestiere. 

Professo:  il  vero  gesuita. 

Professionali  (malattie):  quelle  deri- 
vanti dal  niostiero  esercitato. 

Professore:  d(5tto  di  donna,  per ^jro/t\s- 


soressa  o  professora  è  francesismo  :  le 
feminin  professeuse,  bien  que  employé 
par  Voltaire,  ne  parait  pas  devoir  réus- 
sir.  Aujourd'hui,  on  s' accoutùme  à  dire 
professeur  au  feminin.,  comme  on  dit 
une  femtne  auteur  (Littré).  V.  Dottore, 
e  così  trovo  citata  la  voce  autore  per  au- 
trice.^ e  uno  scrittore  odierno  vi  annota  : 
«  L'Autore,  dico;  e  lo  dico  per  seguir  la 
moda,  perchè  con  questo  gallicismo  di  pre- 
fisso mascolino  al  nome  femminino  pare  di 
onorar  meglio  una  scrittrice,  una  dottoressa, 
una  pittrice,  una  poetessa.  »  Fenomeno  di 
snobismo!  Per  ciò  che  riguarda  l'abuso  di 
questa  parola,  ecco  quanto  leggo  nel  dizio- 
nario degli  Americanismi  (lohnS.  Farmer, 
AìnericanismsoldknetvQto,.)'.  «  Professor: 
parola  male  usata  in  America,  cioè  data 
senza  eccezione  a  chiunque  eserciti  una 
professione  qualsiasi.  Simile  abuso  sta 
diventando  di  moda  in  Inghilterra.  Un 
lusti'ascarpe  in  Nuova  Jork  una  volta 
scrisse  professore  ».  Noi  sino  a  questo 
punto  non  siamo  ancora  arrivati,  però...  ! 

Pro  forma  :  lat.  popolare,  in  apparenza, 
per  salvar  le  apparenze. 

Progetto,  progettare:  per  disegno^  di- 
segnare, proporsi,  ricordano  ai  puristi  le 
voci  fr.  projet  e  projeter.  Più  offende  la 
locuzione  per  progetto,  detto  di  chi  fa  a 
posta,  per  proposito.  Yoci  e  locuzione 
sancite  dall'uso.  Vero  è  che  il  popolo  per 
significare  per  progetto  ha  vivi  ed  efficaci 
suoi  modi  e  voci. 

Prognatismo:  voce  della  scienza  antro- 
pologica, da  JTQÒ  =  innanzi  e  yvàdog  — 
mascella:  dunque  sporgenza  delle  man- 
dibole., cioè:  disposizione  del  volto  in 
modo  che  la  linea  dalla  fronte  al  mento 
si  protenda  in  avanti.  Questa  caratteri- 
stica è  dato  importante  sì  nella  storia 
della  evoluzione  della  specie  come  nello 
studio  delle  razze  umano. 

Programma  minimo:  dicono  oggi,  spe- 
cialmente i  socialisti  per  indicare  quella 
piccola  parte  del  loro  programma  di  rifor- 
ma sociale  od  economico  che  ora  yìossono 
0  vogliono  ridurre  in  effetto. 

Progressione  geometrica:  si  dico  por 
indicare  uno  sviluppo  grandissimo  o  ra- 
pido :  la  locuzione  è  tolta  dalle  matema- 
tiche, nello  (|umIì  si  dico  geometrico  quel 


Pro 


388 


Pro 


rapporto  costante  fra  numero  e  numero 
(ragione)  che  è  superiore  all'unità.  Con  la 
ragione  2  la  progressione  è  1,  2,4,8, 16etc., 
con  la  ragione  3,  la  progressione  è  1,  3, 
9,  27  etc.  Dicesi  geometrica  perchè  occorre 
più  frequentemente  in  questa  scienza.  Su 
questo  principio  numerico  si  fonda  quel- 
l'antico e  noto  racconto  del  premio  chiesto 
dall'inventore  della  scacchiera. 

Prolasso:  term.  med.,  dal  latino  prò 
=  in  avanti  e  labi  i=  cadere  (part.  lapsus). 
Caduta  o  abbassamento  di  un  organo  o  di 
una  parte  di  esso  per  effetto  di  rilassa- 
mento degli  organi  di  sostegno. 

Proletariato:  ^2i proletario^  lat.  proleta- 
rius.  Antico  vocabolo  della  costituzione  di 
Servio  Tullio,  che  indicava  il  cittadino  del- 
l'ultima classe  sociale,  ricco  di  sola  prole 
(onde  il  nome),  non  di  averi  :  serviva 
la  patria  soltanto  col  far  figliuoli  :  censiti 
per  testa  (capite  censi).  Proletariato  oggi 
è  sinonimo  di  pauperismo.,  indica  cioè  la 
miseria  considerata  non  nell'individuo  ma 
nella  società. 

Proletariato  intellettuale:  locuzione  nuo- 
va, indice  de'  nuovi  tempi.  Vale  ad  in- 
dicare il  numero  grandissimo  di  coloro 
che,  datisi  agli  studi,  alla  carriera  degli 
uffici  0  insigniti  di  laurea,  non  trovano 
uffici  ovvero  remunerazione  o  grado  cor- 
rispondente agli  studi  fatti  (o  indicati  su 
le  vane  patenti  o  lauree).  Inetti  a  la- 
vori manuali  o  ad  intraprese  audaci,  for- 
mano una  pietosa  zavorra  sociale  da  cui 
in  gran  parte  si  genera  il  malcontento 
de'  nostri  tempi.  Ma  oltre  a  queste  vittime, 
per  così  dire,  dell'alfabeto,  della  scuola  e 
della  civiltà,  si  possono  comprendere  sotto 
il  nome  di  proletariato  intellettuale  i  veri 
lavoratori  del  pensiero,  i  plasmatori  di 
idee  e  di  anime,  gli  amatori  dell'arte  e 
dell'ideale,  a  cui  la  civiltà  industriale  e 
positiva  spesso  è  matrigna. 

Proliferazione:  voce  scientifica  univer- 
sale (fuorché  in  tedesco  in  cui  dicesi 
Zellvermehrung).,  dal  lat.  proles  eferre: 
indica  il  moltiplicarsi  delle  cellule  perla 
divisione  delle  precedenti  cellule. 

Promenoir:  vocefr.,  abusivamente  usata 
per  ballatoio^  terrazza,  loggia. 

Prometter  Roma  e  toma  :  modo  nostro, 
cioè  prometter  mari  e  ìnonti.  Questo  toma 


è  probabile  corruzione  di  et  omnia  r=  e 
ogni  cosa.  V.  altresì  Roma  e  toma. 
Promissio    boni    viri    est   obbligatio: 

lat..,  la  promessa  deWuomo  onesto  è  ob- 


Promoveatur  ut  amoveatur:  sia  pro- 
mosso affinché  sia  rimosso.,  allontanato. 
Sentenza  di  curia  :  norma  di  governo  che  si 
applica  con  quegli  impiegati,  che,  ricono- 
sciuti inetti  all'ufficio,  o  sospetti,  vengono 
per  effetto  di  protezione  e  di  clientela  de- 
stinati a  più  elevato  grado. 

Pronta  cassa:  per  pagamenti  in  con- 
tanti., spiace  a'  puristi.  «  Pronta  cassa  per 
dare  o  per  ricevere  ?  »  (G.  Eomanelli,  op. 
cit..,  pag.  59,  nota).  La  facezia  è  forte,  ma 
l'uso  è  più  forte  :  la  locuzione  commer- 
ciale si  deve  essere  formata  sull'inglese 
ready  money.  Dicesi  anche  a  pronti  = 
a  contanti. 

Pronti  (a):  V.  Pronta  cassa. 

Pronunciamento:  ribellione  militare  dei 
capi  con  intento  politico.  Voce  e  cosa 
spagnuola  (pronunciamiento). 

Pronunciarsi  :  per  decidersi.,  dichia- 
rarsi^ è  notato  dal  Rigutini  come  «  uno 
dei  gallicismi  più  crudi  »,  anzi  «  crudi, 
crudi  »  secondo  il  Fanfani  :  infatti,  se 
prononcer  =  manifester  son  sentiment. 
Voce  dell'uso  ancor  che  cruda  e  accolta 
nei  diz.  recenti. 

Propos  (l'à-)  :  sostantivato,  vale  in  fr. 
opportunità. 

Propre  e  propreté  :  parole  francesi  a  cui 
è  abilmente  connesso  il  doppio  senso  di 
correttezza,  di  decoro  e  di  pulizia  :  spesso 
tradotte  in  proprio  e  proprietà. 

Propter  vitam  vivendi  perdere  caussas  : 
stupendo  emistichio  di  Giovenale  {Satire., 
Vili,  84)  rimasto  popolare  nelle  regioni 
colte  :  per  amor  della  vita.,  perder  la  ra- 
gion del  vivere.  Giovenale  si  riferisce  a 
chi  trascura  l'onore  per  conservare  l'esi- 
stenza. 

Proravia  e  poppavia:  tali  espressioni 
sono  usate  in  marina  in  luogo  di  dire  an- 
teriormente., posteriormente.,  di  qualsiasi 
oggetto  che  è  sulla  nave,  e  siccome  la 
posizione  di  ciò  che  è  a  bordo  è  riferita 
sempre  rispetto  alla  prora  e  alla  poppa, 
i  due  termini  proravia  e  poppavia  esclu- 
dono ogni  dubbia  interpretazione. 


Pro 


389 


Pru 


Prosit:  cong.  latino,  vi  faccia  prò, 
prosito:  formula  d'augurio, specie  al  finire 
dello  mense.  I  tedeschi  usano  dire  prosit 
nell'atto  del  bere,  toccando  le  tazze  per 
propinare. 

Protesi  :  da  jtqó  e  ridrjjtu  =  pongo  : 
parte  della  chirurgia  che  si  propone  di 
sostituire  un  organo  o  parte  di  esso  con 
un  apparecchio  artificiale,  simile  più  o 
meno,  all'organo:  es.  protesi  dentaria. 
Protesi  in  grammatica  è  l'aggiunta  di 
una  lettera  o  sillaba  alle  parole,  come 
istiidio  :  da  non  confondere  con  protasi^ 
che  deriva  da  jr^ó  e  ràoooy  =  di- 
spongo. 

Protettore:  nel  linguaggio  della  galan- 
teria dicesi  di  chi  fa  le  spese  a  donna  di 
ventura  :  fr.  protecteur  =  entreteneur. 

Protezionismo:  sistema  economico  che 
vuol  difendere  le  industrie  nazionali,  per 
mezzo  delle  dogane,  dalla  concorrenza  dei 
prodotti  forastieri  :  der.  protezionista  :  fr. 
protectionisnie  e  protectionniste.  V.  Li- 
bero scambista. 

Protezionista:  V.  Protezionismo. 

Protista  :  dal  gr.  Ttgcótog  =  primo  : 
vocabolo  strettamente  scientifico,  proposto 
dall' Haeckel  nella  sua  opera  magistrale 
Das  Protistenreich  (1878)  per  significare 
i  viventi  più  semplici,  gli  elementi  pri- 
mitivi della  struttura  organica  (semplice 
protoplasma  senza  nucleo). 

Proto:  gr.  jcqòtos  =  primo;  antica 
voce,  viva  sul  litorale  nostro  adriatico, 
per  dire  il  mastro  d'ascia.,  capo  della  mae- 
stranza: (dicesi  comunemente  delle  mae- 
stranze dogli  stampatori  tipografi). 

Protocollare:  brutto  verbo  neologico 
formato  da  ijrotocoUo,  dal  basso  latino 
protocollum,  dal  greco  nQÓrog  zzz  primo 
e  KÒ^Xa  =:;  colla  :  registro  incollato  ove 
si  riportano  gli  atti.  Protocollo.,  in  diplo- 
mazia vale  il  resoconto  o  il  processo  ver- 
bale delle  conferenze  tenute  tra  i  ministri 
de'  vari  Stati. 

Protocollo  :  Y.  Protocollare. 

Protoplasma:  da  jTQÒrog  =  primo  e 
nkàofia  :-  formazione:  è  la  parte  vitale 
della  cellula  la  qualo  è  considerata  corno 
la  più  olomontare  unità  organica  od  ana- 
tomica. Noi  mozzo  del  protoplasma  trovasi 
il  nucleo.  Possiede  sensibilità,  moto  e  fa- 


coltà di  nutrirsi.  La  parola  fu  introdotta 
da  von  Mohl,  naturalista  di  Stuttgarda 
(1805-1872). 

Provando  e  riprovando:  (Dante,  Par. 
Ili,  3),  parole  torte  in  altro  senso  quale 
motto  della  gloriosa  scuola  sperimentale 
del  Cimento,  (Accademia  fiorentina  del 
Cimento,  1657),  giacche  in  Dante  ripro- 
vando non  vuol  dire  provar  di  nuovo., 
ma  confutare^  rigettare. 

Provinciale:  nel  senso  di  mal  pratico 
degli  usi  e  delle  eleganze  cittadine,  è  il 
fr.  provincial;  e  ciò  si  comprende  in 
Francia,  dove  ciò  che  non  è  parigino  è 
provinciale  ;  ma  per  l'Italia  dalle  molte 
città,  la  parola  provinciale  non  ha  che 
valore  di  importazione.  V.  però  ciò  che 
è  detto  alla  locuzione  Romano  de  Roma. 

Provocatore  (agente)  :  nel  linguaggio 
politico  e  giornalistico  è  dato  questo  nome 
a  colui  che  ad  arte  provoca  disordini  nelle 
manifestazioni  popolari  allo  scopo  di  dare 
poi  pretesto  alle  persecuzioni  o  repressioni 
poliziesche,  h' agente  provocatore  spesso 
è  un  servizievole  personaggio  ideale  che 
aiuta  a  spiegare  ciò  che  spiace  di  confes- 
sare. Fr.  agent  provocateur. 

Pròvola  e  provatura:  nome  di  latticini 
0  formaggi  napoletani,  in  forma  di  grossa 
pera. 

Provvigione  :  il  compenso  dato  a  chi  si 
incarica  della  esecuzione  di  un  affare  per 
conto  nostro. 

Provvisorio,  provvisorietà,  provvisoria- 
mente :  detto  di  cose  fatte  per  provvedere 
al  momento  «  sono  voci  che  non  haniio 
storia  in  Italia  »  ma  che  è  necessario  ac- 
cettare dacché  le  voci  transitorio.,  pas- 
saggero,  momentaneo.,  e  sim.  non  espri- 
merebbero l'intero  concetto  (Rigutini). 

Proximus  ardet  Ucalegon  :  già  brucia 
la  casa  del  vicino  Ucalegonte^  così  Enea, 
narrando  la  distruzione  di  Troia.  L'emi- 
stichio Vergiliano  è  ripotuto  sposso  con 
senso  traslato  per  indicare  un  pericolo 
che  si  appicca  al  vicino  ;  spesso  dioosi  in 
suono  faceto. 

Prude:  V.  Pruderie. 

Pruderie:  non  vuole  indicare  solo  il 
riserbo,  la  circospezione,  la  saggezza  ;  ma 
l'eccesso  ridicolo  (il  cho  ò  più  frequento 
nella  donna)  di  questo  virtù.    I   francesi 


Psc 


390 


Pun 


hanno  prud' honime  e  prude  femme^  o 
semplicemente  prude^  detto  di  donna  che 
ostenta  repulsione  per  tutto  ciò  che  non 
è  conforme  alle  norme,  al  decoro,  alla 
virtù  di  convenzione  e  di  moda. 

Pschutt:  voce  di  gergo  francese:  vale 
elegante^  sommo  dell'eleganza.  Y.  Lion. 

Pseudo:  gr.  yjevòrjg  =  fallace,  non 
vero,  parvente.  Prefisso  comodo  ed  usa- 
tissimo, specie  nel  linguaggio  della  scienza, 
a  formare  gran  numero  di  parole  in  cui 
si  voglia  indicare  il  concetto  di  parvenza, 
0  simiglianza,  o  falsità. 

Pseudo  membrana:  essudato  patologico 
che  si  produce  di  solito  alla  superficie 
delle  mucose. 

Psiche:  per  specchiera^  fr.  psyché. 

Psiche:  ywxv  ^^  greco  vuol  dire  fiato^ 
respiro^  cioè  il  segno  visibile  e  sensibile 
del  vivere,  quindi  forx^a  vitale^  anima^ 
appunto  come  anmius  e  anim,a  in  latino 
che  vogliono  dire  nulla  più  che  fiato, 
spiro.  (Cfr.  àvEfiog  =  vento).  Ma  aniìtia 
sembra  ai  moderni  filosofi  e  fisiologi  in- 
cludere l'idea  di  spiritualità,  cioè  di  forza 
vitale  fuori  della  materia:  appunto  ciò 
che  i  credenti  e  i  cristiani  intendono  per 
la  parola  anima.  Ora  i  filosofi  volendo 
semplicemente  indicare  le  forze  vitali  che 
cadono  sotto  il  loro  esame,  dicono  psiche. 
Da  psiche^  poi,  si  forma  un  numero  gran- 
dissimo di  vocaboli,  aventi  attinenza  con 
le  scienze  naturali  e  con  la  filosofia.  NB. 
Non  è  però  a  credere  che  tutti  quelli  che 
usano  ed  abusano  di  questa  parola  psiche 
siano  filosofi  o  fisiologi. 

Psico  :  (dal  gr.  y)vxì]  =  anima)  elemento 
primo  0  prefisso  di  molte  parole  scientifiche 
e  filosofiche  per  indicare  ciò  che  in  varia 
misura  ha  relazione  con  l'animo. 

Psicofìsica:  {xpvxr]  =  anima  e  (pyotuòg 
=r  naturale)  sinonimo  di  psicologia  spe- 
rimentale 0  fisiologica  :  studio  delle  rela- 
zioni tra  gli  stimoli  e  le  impressioni  fisiche 
e  la  intensità  delle  sensazioni  morali. 

Psicopatìa:  dal  gr.  yjv/j)  =  anima  e 
jiàdog  -^  malattia  :  dunque  malattia  men- 
tale., derivato  psicopatico. 

Psicòsi:  dal  gr.  ywyj]  =  spirito,  e  il 
suffisso  osi  che  indica  le  forme  di  malattia 
cronica  :  termine  generico  usato  special- 
mente in  patologia,  per  indicare  un  anor- 


male stato  della  mente  con  disordine  delle 
sensazioni,  degli  affetti,  della  coscienza. 
Mania^  paranoia.,  pazzia  morale,  lipe- 
mania:  in  latino  vesania. 

Psittacosi  :  dal  gr.  yurrauós  — ~  papa- 
gallo:  malattia  infettiva  trasmessa  all'uomo 
dal  papagallo  infetto  e  dovuta  ad  uno 
speciale  bacillo  (di  Nocard).  Manifestasi 
con  febbre,  sconcerti  intestinali  e  dell'ap- 
parato respiratorio. 

Psoriasi  :  da  ymco  =;  gratto.  Affezione 
cutanea  che  si  manifesta  con  isquame 
secche,  brillanti,  che  si  tolgono  col  grat- 
tare e  lasciano  sotto  una  superficie  rossa, 
lucente  sanguinosa. 

Ptomaine  :  da  jTTcó^a  =  cadavere  (Sel- 
mi 1881),  nome  generico  dato  ai  numerosi 
alcaloidi  (inoffensivi  o  tossici)  che  nascono 
dai  cadaveri  in  putrefazione. 

Publicista:  neol.  usatissimo  per  scrit- 
tore ne'  giornali  o  per  le  riviste.  Nel  senso 
di  scrittore  politico  o  di  diritto  publico., 
mi  pare  alquanto  disusato.  In  ambo  i  casi, 
dal  fr.  publiciste. 

Publico  Ministero:  si  scrive  abitual- 
mente P.  M.  È  l'ufficio  che  sostiene  l'ac- 
cusa nelle  liti  penali.  Ha  speciali  incarichi 
e  ingerenze  anche  nelle  cause  civili.  Presso 
le  Cassazioni  e  presso  le  Corti  d'Appello 
vi  sono  i  Procuratori  Generali  e  i  Sostituti 
Procuratori  Generali  ;  presso  i  Tribunali,  i 
Procuratori  del  re  e  i  Sostituti  Procura- 
tori del  re.  Sono  detti  anche  nel  linguag- 
gio forense:  Rappresentanti  il  P.  M.,  ov- 
vero Rappresentanti  la  Legge. 

Puddìng  :  voce  inglese,  accolta  in  fran- 
cese in  Pouding.  In  italiano  più  spesso 
si  dice  hodino  che  pudding  :  ora  questo 


bodino  sarà  versione  del  fr.  boudin.,  ma 
indica  torta  dolce,  come  appunto  in  in- 
glese pudding.  Y.  Bodino  e  V.  Plum- 
pudding. 

Puffìno  :  (genere  Pufflnus)  uccelli  d'alto 
mare  chiamati  Berte. 

Pugnetta  :  V.  Appendice. 

Punch:  voce  inglese:  in  fr.  ponche: 
deriva  dal  sanscritto  panch  =  cinque, 
cioè  i  cinque  ingredienti  di  cui  è  formata 
tale  bevanda,  spirito,  acqua,  limone,  zuc- 
chero, spezie.  È  ricordato  sino  dal  1609. 
La  parola  è  fatta  italiana  in  ponce,  pon- 
cino,  il  che  non  toglie  che  molti  pronun- 


Tul 


—     391 


Pur 


cino  alla  straniera.  |  Punch  indica  anche 
una  specie  di  pastrano  senza  maniche  e 
mantellina. 

Pulcre,  bene,  recte  :  bello^  bene^  benis- 
simo. Orazio,  Arte  Poetica,  428. 

Puleggia:  fr.  poulie^  dall'ingl.  pulley^ 
rad.  pulì  =  tirare,  è  voce  dei  meccanici 
più  usata  che  le  nostre  caruceola  e  gi- 
rella. Notata  da  antico  ne'  lessici  nostri. 

Pulì  :  nelle  latrine  ad  acqua  (water-clo- 
set)  dette  dal  popolo  lombardo  inglesi., 
sul  manico  della  catenella  per  ismuovere 
la  pila  dell'acqua,  è  scritto  pulì  in  luogo 
di  tira.,  e  sono  fabbricate  in  Italia.  «  No- 
tate anche  codesto  ?  »  altri  può  chiedere. 
Certo  sono  inezie,  ma  come  indice  e  sin- 
tomo, servono  anche  le  inezie. 

Pullmann:  nome  dato  a  speciali  vetture 
ferroviarie,  lunghissime,  di  gran  lusso, 
comunicanti  fra  di  loro  e  così  bene  posate 
su  le  ruote  che  lo  scotimento  o  rullio  del 
treno  vi  è  minimo.  Il  nome  proviene  dal- 
l'inventore americano.  Pullmann  city  è 
nome  di  un  sobborgo  di  Chicago  (Stati 
Uniti)  ove  sono  lo  officine  di  queste  car- 
rozze. V.  Sleeping-car. 

Pulvis  es:  sei  polvere.  V.  Memento 
mori  e  cfr.  il  motto  d'Orazio,  {Odi  lY, 
7,  16):  Pulvis  et  umbra  sumus. 

Punica  fides:  lat.,  fede  cartaginese., 
cioè  mancanxa  di  fede.  Antichissima  lo- 
cuzione sopravissuta  sino  al  dì  d'oggi. 

Punta:  nella  locuzione  fare  una  punta 
per  spingersi  in  armi  sino  ad  un  dato 
punto  estremo,  è  voce  del  linguaggio  mi- 
litare, tolta  dal  fr,  faire  une  pointe.  Dare 
una  scappata  è  altra  cosa  e  non  si  dirà 
certo  di  milizie. 

Puntata:  «è  voce  tutta  nostra  ed  è, 
pare  a  me,  ben  formata»  (Rigutini).  Usasi 
per  indicare  un  fascicolo  di  periodico  o 
di  opere  in  corso,  stampato  a  fascicoli; 
cioè  quel  tanto  di  fogli  che  il  legatore 
ferma  con  un  punto. 

Punti  neri:  cioè  segni  furieri  di  sven- 
tura: locuzione  metaforica  di  probabile 
provenienza  francese,  poifits  noirs,  attri- 
buita a  Napoleone  III  in  un  suo  discorso 
del  26  Agosto  1867  :  Depuis  quatorxe  ans 
beauGoup  de  nies  espérance.i  se  sont  réa- 
lisées.  Gependatd  des  poinis  noirs  sont 
venus  assombrir  notre  hori%on. 


Punto:  nelle  note  locuzioni  punto  di 
vista.,  punto  d'appoggio,  punto  cuhni- 
nante.,  punto  di  partenza.,  punto  d'onore., 
ricorda  ai  puristi  i  modi  equivalenti  fran- 
cesi point  de  vue.,  point  d'appui,  point 
eulminant.,  point  departage.,  point  d'hon- 
neur  (forma  tipica  di  puntiglio  al  tempo 
di  Luigi  XIV,  fra  gentiluomini,  cagione 
di  infiniti  duelli.  «  Senza  sfide  !  Senza 
bastonate!  Addio  il  punto  d'onore  ».  Man- 
zoni, Promessi  Sposi.,  cap.  V).  E  aggiungi: 
punto  critico  =:  momento  tipico  e  difiì- 
cile  (point  eritique).,  punto  morto  (point 
mort)  sì  in  meccanica  che  in  senso  mo- 
rale, punto  interrogativo  (un)  =  un'in- 
cognita, il  lato  cioè  di  una  questione  pro- 
posta come  una  domanda,  ma  su  cui 
sembra  difiìcile  arrischiare  il  giudizio. 
Dicesi  anche  di  persona.  Tutti  questi  ;pww^*, 
quale  ne  sia  la  loro  origine,  sono  sanciti 
dall'uso.  I  Punto:  nel  ling.  mar.,  indica 
il  luogo  occupato  dal  bastimento  in  mare  : 
onde  la  locuzione  fare  il  punto  =  deter- 
minare coi  metodi  della  navigazione  sti- 
mata 0  dell'astronomia  nautica  l'incrocio 
(punto)  della  longitudine  e  della  latitudine. 
I  Punto  nel  linguaggio  di  Borsa  indica  la 
unità  di  moneta  legale  (lira,  marco,  corona). 
Es.  la  rendita  è  ribassata  di  un  punto. 

Punzonare  e  punzonatrice:  didi punzone^ 
voci  ristrette  al  linguaggio  dei  meccanici. 

Pupa:  per  bambola.,  pupattola.,  e  dal 
puro  latino  pupa:  dicesi  in  Romagna,  nel 
Lazio  e  in  molti  paesi  dell'Italia  centrale. 
Dicesi  anche  di  donna  stupida  ancorché 
appariscente.  Pigotta  in  milanese.  Pupo 
in  dialetto  romanesco  significa  anche  bimbo 
piccino,  lattante. 

Pupazzettare:  disegnare  pupi  o  pupazzi 
0  pupazzetti,  specie  di  caricature  tirate 
giù  alla  brava,  ne'  giornali.  Il  giornalismo 
romano  ebbe  rinomanza  per  cotale  genere 
di  vivaci  satire,  al  tempo  dei  Ministen 
Deprotis  e  Crispi  specialmente. 

Pupo:  V.  Pupa. 

Pur  che  il  reo  non  si  salvi,  il  giusto 
pera:  verso  sontenzioso  del  Tasso,  Gerusa- 
lemme Liberata.,  11,  12,  rimasto  popolare. 

Puree:  voce  di  incorta  etimologia  tran- 
cose:  alcuni  la  vogliono  derivata  dal  vtM-bo 
purer,  puriiìcare,  e  mi  pare  più  probabile, 
altri  da  porrcela,    (ofr.    porrum^   legume 


Pur 


—     392 


Pur 


con  cui  si  fanno  minestre)  altri  da  'pipe- 
rata,  (cfr.  il  lat.  piper,  pepe)  perchè  il 
pepe  è  condimento  di  questa  vivanda. 
Puree  :  mseulum  pisorum  depuratum  et 
colatura.  (Richelet).  Noi  potremmo  benis- 
simo dire  crema  di  piselli,  di  patate,  di 
fagiuoli,  e  così  si  dice,  oppure  fagiuoli, 
piselli  passati  (al  setaccio).  Nell'uso  è 
prevalente  la  parola  pure.  Il  Rigutini  sug- 
gerisce il  sost.  passato^  ma  chi  l'usa?  In 
alcune  regioni  dell'Italia  centrale,  le  pa- 
tate schiacciate  (specie  ^ì  puree)  sono  dette 
mdchées  (scritto  un  po'  come  si  vuole), 
e  letteralmente  vale  masticate.  Ma  in  fran- 
cese non  esiste  tale  parola  in  tal  senso. 

Puritanismo:  ingl.  puritanism.^  dal  lat. 
purus  =  puro  :  nome  dato  al  movimento 
politico  e  religioso  che  guidò  la  rivolu- 
zione inglese  e  condusse  alla  Republica 
sotto  il  Cromwell.  Il  puritanismo  sorse 
nel  XYI  secolo  come  reazione  alla  rilas- 
satezza dei  costumi  del  tempo  ed  alla 
chiesa  di  Roma. 

Puritano  :  seguace  della  setta  evangelica 
del  puritanismo.  V.  questa  parola.  Per 
estensione  dicesi  di  persona  che  ostenti 
grande  severità  ne'  costumi  e  ne'  prin- 
cipi politici.  Così  pure  in  fr.,  puritain. 

Purista:  è  parola  già  notata  in  ogni 
dizionario  :  se  non  che  mi  pare  necessario 
fare  una  distinzione:  come  scuola  lette- 
raria, puristi  furono  detti  quegli  ingenui 
esteti  —  cosi  li  chiamerei  con  nuova  pa- 
rola —  i  quali  innamorati  della  pura  e 
semplice  bellezza  dell'aureo  Trecento,  a- 
vrebbero  a  quella  sacrificata  persino  la 
naturale  evoluzione  del  linguaggio  (il  Ce- 
sari, il  Puoti,  il  Ranalli  ed  altri,  fra  i 
quali  molti  preti,  specie  in  Romagna,  come 
ad  es.  il  canonico  Balsimelli,  a  cui  no- 
minare il  Manzoni  era  un  amareggiare  la 
vita).  Puristi  poi  sono  detti  quei  letterati 
ed  amatori  della  lingua  italiana  i  quali, 
neir accogliere  nuove  parole,  domandano 
che  siano  necessarie,  conformi  al  genio 
della  nostra  lingua,  e  di  buona  formazione, 
e  non  —  come  spiega  il  Petrocchi  — 
«  che  non  vogliono  ammettere  nella  lingua 
se  non  parole  vidimate  dai  classici  antichi», 
la  qual  cosa  è  assurda  ed  offensiva  per 
valentuomini  come  il  Tommaseo,  l'Ugo- 
lini, il  Fanfani,  il  Rigutini,  etc.  per  non 


citare  se  non  i  più  noti.  Evidentemente 
il  Petrocchi  confonde  il  dogmatismo  este- 
tico della  scuola  del  Cesari  con  le  dottrine 
di  quei  nostri  letterati,  i  quali  per  quanto 
possono,  si  argomentano  di  porre  un  ar- 
gine all'invadere  del  forastierume,  spesso 
illogico  e  goffo,  nella  favella  italiana.  I 
puristi,  in  questo  secondo  senso,  hanno, 
se  mai,  un  solo  torto,  cioè  di  restringersi 
troppo  grettamente  all'esame  della  parola 
e  non  riconoscere  il  fatto  fatale  che  alla 
servitù  delle  idee  segue  la  servitù  del  vo- 
cabolo. Del  resto  la  nobile  schiera  nella 
universale  indifferenza  degli  italiani,  nel 
diffondersi  delle  più  barbare  voci,  vantate 
come  conquista  di  libertà,  cede  ormai,  ed 
era  la  sola  sincera  difesa.  Derivato,  Pu- 
rismo. 

Puro  sangue:  vale  cavallo  di  ra%%a: 
fr.  pur  sang. 

Purus  grammatious,  purus  asinus  :  sem- 
plice grammatico.,  semplice  asino,  antica 
sentenza  latina  che  contiene  altrettanta 
verità  quanto  odio;  detto  di  chi  non  sa 
vedere  più  in  là  delle  leggi  formali  della 
grammatica,  la  quale  saviamente  intesa, 
è  pure  il  fondamento  di  ogni  buon  studio. 

Pus:  (lat.  pus.,  ptcris.,  gr.  Jtvog  =  mar- 
cia, sanie)  è  voce  del  linguaggio  medico, 
estesa  anche  all'uso  comune,  per  indicare 
un  noto  essudato  patologico  di  consistenza 
fluida,  d'aspetto  cremoso,  viscido,  di  color 
giallo  verdognolo  o  biancastro  il  quale  tiene 
sospese  delle  cellule,  dette  globuli  del  pus. 

Pusterla:  termine  lombardo:  «specie 
di  seconda  porta  che  per  lo  passato  si 
usava  quasi  sempre  tra  la  porta  da  via  e 
il  cortile  delle  nostre  caso,  e  in  vece  della 
quale  usa  oggidì  comunemente  un  cancello 
di  ferro  0  di  legno  »  Cherubini.  Posteria 
0  jiostierla.,  in  antico,  piccola  porta  di 
città,  in  opposizione  alla  porta  principale. 
La  Pusterla  de'  Fabbri,  recentemente  e 
inconsultamente  abbattuta  in  Milano,  ri- 
cordava una  di  cotali  antiche  porte. 

Pustza:  campagna  (per  il  pascolo  dei 
cavalli)  in  Ungheria. 

Puta-caso  :  per  ipotesi.,  per  esempio., 
dal  lat.  pula  =  reputa,  credi. 

Puteale  :  lat.  pùteal  da  puteus  =  pozzo, 
bocca  di  pozzo  :  per  lo  più  di  marmo  con 
fregi  come  ne  provano  gli  antichi  avanzi. 


Put 


—     393 


Put 


Era  anche  ne'  templi  por  le  acque  lustrali. 
Cfr.  la  voce  del  dialetto  veneziano  vera 
0  vera  dei  poxxi. 

Putifarre  :  la  moglie  di  Putifarre,  mini- 
stro del  Faraone,  tentò  di  sedurre  il  gio- 
vane Giuseppe  (V,  Casto  Giuseppe)^  il 
quale  resistendo  alle  avide  brame,  ne  ebbe 
strappato  il  mantello,  che  dalla  rea  fem- 
mina fu  mostrato  come  documento  di  ac- 
cusa contro  il  troppo  virtuoso  giovane. 
Questo  noto  e  tipico  racconto  biblico  diede 
vita  alla  locuzione  la  moglie  di  Putifarre 
con  riferimento  a  casi  consimili  e  con  senso 
caustico,  che  è  tanto  facile  intendere  come 
inutile  spiegare.  La  psicologia  e  la  fisio- 
logia muliebre  vi  sono  assai  bene  adom- 
brate. Nel  gergo  francese  trovo  putiphar- 
der  =  violer^  prendre  de  force. 

Putrella:  V.  Poutrelle. 

Putrido  {c'è  del  putrido  in  Danimarca): 


nota  locuzione  per  significare  corruxione^ 
marcio,  guasto  organico.   (Amleto  I,  4). 

Putrescat  ut  resurgat:  iìnputridisca 
per  risorgere  :  legge  della  materia  che  si 
rinnova,  trasportata  al  senso  morale.  Sen- 
tenza probabilmente  dedotta  da  S.  Paolo. 
{Ai  Corinti,  Gap.  XV,  53):  Oportet  enim 
corruptibile  hoc  induere  incorruptioneìn 
(in  q^el  corpo  stesso  risorgeremo  che 
adesso  portiamo). 

Puttaniere:  voce  antica  e  classica,  viva 
e  popolare  oggidì,  qui  notata  perchè  in 
molti  lessici  comuni  è  ommessa,  o  per 
oblio  0  per  ragione  di  inutile  decoro.  È 
sinonimo  alquanto  spregiativo  e  plebeo 
di  donnaiuolo.  «  Acciò  che  io  taccia,  per 
meno  vergogna  di  voi,  i  ghiottoni,  i  ta- 
vernieri, i  puttanieri  »  Boccaccio,  Lettera 
messer  Pino  de'  Bossi.  Udii  come  eufe- 
mismo, sottaniere. 


Q 


Quacchero:  nome  dato  ai  seguaci  di 
una  e  forse  la  più  semplice  e  radicale 
delle  sette  cristiane,  successive  alla  ri- 
forma luterana:  Dio  è  nella  coscienza; 
escluso  quindi  ogni  rito,  ogni  culto,  ogni 
gerarchia  :  semplicità  di  vita,  pace  ed  a- 
more  fraterno.  Tale  setta  fu  fondata  in 
Inghilterra  verso  il  1550.  Il  nome  deriva 
dal  verbo  inglese  to  quake  =  tremare,  agi- 
tarsi per  effetto  della  ispirazione  divina  nel 
predicare.  Noi  si  dice  talora  qitaeehero  o 
alla  quacehera  per  significare  alla  buona^ 
demoeratiGamente,  e  spesso  più  che  le 
convenienze  non  consentano,  esclusa  ogni 
idea  religiosa.  Cfr.  Le  memorie  di  Pisa 
del  Giusti. 

Quadrato:  ter.  mar.,  sala  comune  degli 
ufficiali  sopra  una  nave  da  guerra. 

Quadrato:  ricorre  spesso  la  locuzione 
crescere  o  aumentare  in  proporzione  o 
ragione  del  quadrato.  Questa  frase  è  usata 
per  significare  un  modo  complesso  di 
variazione  tra  due  fenomeni  :  variazione 
riconosciuta  vera  in  numerosi  fatti  natu- 
rali. Si  dice  crescere  in  ragione  del  qua- 
drato quando  un  fenomeno  crescendo  con 
una  ragione  che  chiameremo  m,  l'altro 
correlativo  cresce  in  ragione  àìmyC^m: 
se  il  primo  dunque  è  2  il  secondo  è  4, 
se  il  primo  è  4,  il  secondo  è  16  etc. 

Quadratura  del  cìrcolo:  cercare^  volere 
la  quadratura  del  circolo  vale  cercare^ 
volere  una  cosa  illogica  e  impossibile.  Que- 
sta locuzione  è  tolta  dal  linguaggio  della 
geometria,  per  il  fatto  che  la  superficie 
del  cerchio  non  si  può  rappresentare  con  un 
numero  finito,  qualunque  unità  si  scelga. 


Quad riciclo  :  velocipede  a  quattro  ruote. 

Quadriglia  :  fr.  quadrille^  noto  nome  di 
centra  danza  nazionale  francese.  Questo 
senso  alla  parola  (quadrille  nel  suo  primo 
senso  =  compagnia  di  cavalieri  armati  e 
adorni  per  torneare  e  correre  in  giostra) 
risale  alla  fine  della  prima  metà  del  se- 
colo scorso.  La  quadriglia  è  fra  i  nostri 
baUi  più  comuni  e  si  balla  col  comando 
alla  francese,  storpiato  poi  come  si  sa  e 
può  in  Italia,  ma  francese,  e  ciò  da  assai 
tempo,  come  puoi  vedere  in  una  ben  nota 
lettera  del  Giusti. 

Quadriglia  di  lancieri  :  V.  Lancieri. 

Quadrilatero:  nel  linguaggio  militare: 
territorio  difeso  da  quattro  fortezze.  Come 
termine  storico  Quadrilatero  fu  detto  in 
Italia  quello  stabilito  dall'Austria  nel  suo 
dominio  d'Italia  fra  l'Adige  ed  il  Mincio, 
con  le  città  forti  di  Mantova,  Verona, 
Legnago  e  Peschiera  ;  questa  città  pur 
ricordata  da  Dante  come 

bello  e  forte  arnese 
da  fronteggiar  Bresciani  e  Bergamaschi. 

Inf.  XX,  70. 

Quadruplette:  fr.,  bicicletta  a  quattro 
posti  (oggi  non  più  usata  come  per  il  pas- 
sato;. 

Quaerenda  pecunia  primum  est,  virtus 
post  nummos  :  prima  bisogna  cercare  il 
denaro,  la  virili  dopo  il  danaro.,  (Orazio 
Epist.  I,  53,  54).  Ciò  dimostra  che  anche 
ai  tempi  pagani  la  virtù  ignuda,  senza 
abbigliamento,  piaceva  poco  o  pareva  di- 
fetto. Per  codesto  il  mondo  è  rimasto 
uguale.  Cfr.  la  moderna  parola  affarismo: 


Qua 


—    395     — 


Qua 


mutano  le  parole,  rimangono  le  cose  e  i 
sentimenti  umani. 

Quaerens  quem  dèvoret:  cercando  chi 
divorare:  espressione,  prima,  delle  sacre 
carte  per  significare  lo  spirito  del  Male. 
{Sobri  estote  et  vigilate;  quia  adversa- 
rius  vester  diabolus^  tanquam  leo  ru- 
giens  circuita  quaerens  quem  devoret. 
Lettera  prima  di  S.  Pietro,  Gap.  V  ver- 
setto 8). 

Quai:  argine^  diga  lungo  un  fiume, 
presso  un  porto,  lungo  una  ferrata,  fatta 
di  pietra  da  taglio  per  rendere  più  age- 
vole il  cammino  e  lo  scarico  delle  merci. 
Proviene  dal  celtico  kae  :=  recinto,  bar- 
riera. A  questa  voce  francese,  bene  os- 
serva il  Fanfani,  rispondono  le  seguenti 
voci  nostre  :  lungo  se  trattasi  d'un  fiume, 
come  lung'Arno^  lungo  Po.,  lungo  Tevere: 
banchina  se  do'  porti  :  andana  o  mar- 
ciapiede (?)  delle  stazioni  :  e  fondamenta^ 
aggiungo,  sono  dette  a  Venezia  quelle 
vie  che  fiancheggiano  un  canale  o  la  la- 
guna :  meno  bene  giudica  il  Fanfani  dove 
osserva:  «  abbiamo  a  ricorrere  ai  nostri 
vicini  perchè  ci  facciano  la  carità  del  loro 
quai'i  del  loro  quai  che  si  adatta  a  tre 
cose  distinte,  dove  che  noi  per  ognuna 
abbiamo  la  sua  voce  propria!  »,  giacché 
è  appunto  la  nostra  ricchezza  di  sinonimi 
che  nuoce  tanto  maggiormente  quanto 
minore  ne  è  l'uso  e  lo  studio;  e  allora 
avviene  che  tutti  questi  sinonimi  sono 
abbandonati  talvolta  in  cambio  di  un'unica 
voce,  sia  pur  essa  straniera,  anzi....! 

Qualifica:  per  qualificaxione  è  una 
abbreviazione  nostra,  ripresa  dai  puristi  : 
certo  assai  nell'uso  come  rettifica.,  ìnol- 
tiplica^  bonifica,  etc.  Il  Petrocchi  la  re- 
gistra e,  mi  pare,  a  ragione. 

Qualis  artifex  pereo  !  :  che  artista  muore 
in  me!:  cosi  dicendo,  secondo  Svetonio, 
mori  Nerone.  Vere  o  no,  queste  parole 
lumeggiano  stupendamente  quel  celebrato 
tiranno. 

Qualis  dominus  talis  et  servus:  lat., 
quale  il  padrone,  tale  il  servo.  (l*etro- 
nio  Arbitro,  Saiyricon,  58j. 

Qualis  pater,  talis  filius:  sentenza  la- 
tina, popolare,  in  cui  è  il  senso  e  l'intuito 
della  ereditarietà  della  specie:  i  figli  dei 
gatti  raspano.   Intendesi   di   solito  delle 


eredità   non   buone.   Cfr.    il  Rabelais  nel 
suo  Pantayruel,  lib.  Ili,  cap.  41  : 

saepe  solet  similis  filitis  esse  patri, 
et  sequitìir  leviter  filia  matris  iter. 

Quand  meme  :  quand'anche.  Es.  je  réus- 
sirai  quand  meme.  Questo  quand  méme 
leggesi  come  conclusione  intercalare,  in 
vece  di  modi  nostri,  ad  ogni  costo,  a 
dispetto  dei  santi,  etc.  e  pare  caustica- 
mente elegante.  Solita  fortuna  dei  modi 
francesi  ! 

Quando  c'è  la  salute  c'è  tutto:  locu- 
zione lepida  e  caustica  recente,  usata  in 
vario  senso.  È  dovuta  a  L.  A.  Vassallo 
(Gandolin)  nella  sua  commedia  //  Pro- 
fessor Papotti. 

Quandoque  bonus  dormitat  Homerus: 
talora  sonnecchia  anche  il  buon  Omero, 
poeta  sovrano,  avverte  Orazio  {Art.  Poet. 
359),  cioè  in  arte  anche  il  maestro  non 
sempre  è  pari  a  se  stesso.  Dicesi,  comu- 
nemente, come  scusa  di  passi  imperfetti 
di  insigne  maestro. 

Quanquan:  V.   Cancan. 

Quantìté  négligeabie:  quantità  trascu- 
rabile, cosa  da  poco,  inezia,  locuzione 
fr.  usata  per  abuso. 

Quantum  mutatus  ab  \\\q  \  quanto  mu- 
tato da  quello  (che  era  una  volta)  !  Dicesi 
più  sovente  per  celia,  e  sono  le  parole  di 
Enea,  quando  rivede  in  sogno  il  morto 
e  sanguinante  Ettore.  (Vergilio,  Eneide, 
II,  274). 

Quantum  satis:  lat.,  quanto  basta  (an- 
tica formula  farmaceutica,  spesso  rivolta 
a  sensi  lepidi  e  faceti). 

Quarantena:  propr.  spazio  di  quaranta 
giorni,  durante  i  quali  una  nave,  ritenuta 
infetta,  deve  stare  segregata  al  Lazzaretto. 
Onde  la  locuzione  figurata  mettere  in  qua- 
rantena, detta  di  notizie  non  certe. 

Quarantottesco:  cioè  del  1848.  Dicasi 
oggi  in  senso  ironico  o  beffardo  di  azioni  e 
parole  che  abbiano  affinità  coi  sentimenti 
di  ardore  bollico,  di  fedo  nella  patria,  di 
gentile  baldanza,  coso  proprie  di  (juegli 
anni  1848-1849,  che  furono  tra  i  più  vivaci 
del  patriottismo  italiano.  Contrastano  o  non 
sembrano  sinc^ore  nel  positivismo  odierno. 

Quarantotto:  vive  in  Milano  la  locu- 
zione familiare  e  popolai*e  fare  o  essere  un 


Qua 


396 


Que 


quarantotto^  cioè  un  subbuglio^  un  tu- 
multo^ una  confusione  :  manifesto  riGordo 
delle  Cinque  giornate  del  marzo  1848. 

Quartetto  :  «  termine  musicale:  ogni  com- 
posizione per  quattro  voci  o  per  quattro 
strumenti  ;  ma  classicamente  intendesi  una 
forma  musicale  di  solito  per  due  violini, 
viola  e  violoncello,  analoga,  quanto  alla 
condotta  tonale  ed  ideologica,  alla  Sin- 
/bm«  in  quattro  tempi».  (A.  Galli,  op.eit.) 

Quartiere:  nel  ling.  mar.,  intendesi 
ciascun  albero  co'  suoi  attrezzi  e  con  le 
sue  vele,  onde  si  dice  quartiere  di  prua^ 
quartiere  di  'poppa. 

Quartier  latino:  in  Parigi  quartier  la- 
tino è  il  boulevard  Saint-Michel  e  le  vie 
adiacenti,  abitate  dagli  scolari  o  studenti. 
I  romanzi,  le  istorie,  le  cronache  hanno 
reso  popolari  presso  di  noi  certi  nomi 
delle  vie  di  Parigi,  e  ciò  da  assai  tempo. 

Quartigliere:  nel  gergo  della  caserma  è 
così  chiamato  il  soldato  che  è  di  guardia 
e  pulisce  la  camerata. 

Quartiròlo:  milanese  quartiroeù,  specie 
di  formaggio. 

Quarto:  nel  linguaggio  mar.,  è  la  du- 
rata di  quattro  ore  di  guardia,  rispondente 
press' a  poco  alle  vigiliae  presso  iEomani. 

Quarto  d'ora  di  Rabelais  (il):  il  7no- 
mento  di  pagare.  Y.  //  quarto  d'ora  di 
Rabelais. 

Quarto  potere:  cioè  la  stampa^  il  gior- 
nalismo. Secondo  una  divisione  che  noi 
togliamo  dai  francesi,  il  primo  è  il  potere 
regio,  il  secondo  il  potere  legislativo  (de- 
putati e  senatori),  il  terzo  è  il  potere  giu- 
diziario (magistratura).  Forse  ora  sarebbe 
più  ragionevole  invertire  la  numerazione. 

Quarto  stato  (il):  al  tempo  della  rivo- 
luzione di  Francia,  1789,  tre  erano  gli 
stati  0  classi  sociali.  Clero,  Nobiltà,  Bor- 
ghesia 0,  come  noi  diremmo,  cittadinanza. 
La  rivoluzione  fu  il  trionfo  della  bor- 
ghesia che  dominò  nel  secolo  XIX  e  nel 
secolo  nostro.  Il  quarto  Stato,  è  detto  oggi, 
per  analogia,  il  popolo  dei  lavoratori  ma- 
nuali, le  plebi  agricole,  i  proletari,  ecc., 
che  domandano  la  loro  emancipazione 
economica  e  il  loro  trionfo  civile  come 
già  ottenne  la  borghesia  sui  due  Stati 
privilegiati.  {Si  puedes.,  come  diceva  il 
Ferrer  ne'  Promessi  Sposi). 


Quasimodo:  nome  di  personaggio  deforme 
nel  romanzo  di  Y.  Hugo,  Nostra  Donna  di 
Parigi.  Acquistò  per  il  passato  valore  an- 
tonomastico  anche  presso  di  noi. 

Quattro  noci  in  un  sacco:  locuzione 
usata  per  indicare  pochi,  ma  che  fanno 
baccano.  Spesso  fu  cosi  detto  del  partito 
republicano  nostro,  in  senso  di  spregio 
pel  numero  scarso  de'  suoi  aderenti  ri- 
spetto agli  altri  partiti.  «  Yoi  spicciolati 
in  tante  sette  quante  sono  le  formole  se 
non  le  idee,  quante  le  vanità  se  non  le 
ambizioni  sì  che  gli  avversari  possono 
dire  di  voi  —  E'  fanno  di  gran  rumore, 
ma  sono  quattro  noci  in  un  sacco  I  »  Car- 
ducci, Per  la  morte  di  O.   Garibaldi. 

Quattro  occhi  (a)  :  in  eonfidenxa^  senxa 
che  altri  ci  senta:  ma  spesso  si  dice  di 
osservazione  o  nota  la  quale  per  oppor- 
tunità 0  riguardo  vuoisi  fare  in  segreto. 

Quelli  della  balia:  cioè  i  mesi  passati 
a  balia.  Dicesi  per  ischerno  di  chi  vuol 
farsi  più  giovane  che  non  sia.  Così  in 
fr.,  oublier  les  mois  de  nourrice. 

Quem  Deus  vult  perdere  dementat:  lat., 
Dio^  0  Giove  toglie  il  senno  a  colui  che 
vuol  perdere.  Dicesi  anche  :  Quos  vult 
perdere  lupiter  dementat  prius.  Per  l'o- 
rigine di  questa  profonda  sentenza,  cfr.  il 
Fumagalli,  (op.  cit.J 

Questa  o  quella  per  me  pari  sono: 
verso  del  Piave  nel  Eigoletto,  divenuto 
popolare  e  detto  talora  in  senso  faceto. 

Questi:  non  di  rado  mi  è  avvenuto  di 
leggere  il  seguente  errore  :  di  questi,  a 
questi.,  etc,  riferendosi  al  numero  sin- 
golare. L'errore  deve  provenire  da  una 
reminiscenza  di  buona  grammatica,  la 
quale  avverte  che  al  nominativo  soggetto 
e  con  forza  di  sostantivo  si  dice  lettera- 
riamente questi  e  quegli.,  ma  non  però 
nei  casi  obliqui,  ne'  quali  si  deve  sempre 
dire  di  questo,  a  questo,  questo,  da  questo. 
Invero  preziosa  e  degna  di  nota  questa 
reminiscenza  grammaticale  !  NB.  Come  è 
noto,  A.  Manzoni  nella  seconda  edizione 
dei  Promessi  Sposi  tolse  tutti  i  questi 
ed  i  quegli,  tutti  gli  egli  —  se  non  al- 
cuno rimasto  per  caso  o  riferito  a  Dio  — 
tolse  del  pari  anche  egli  ed  egli  pure  ed 
il  pronome  ella.  Se  con  ciò  il  grande 
Lombardo    rese   un   servizio   alla   lingua 


One 


—     397     — 


Qui 


italiana  privandola  di  un'eleganza  e  di  una 
vera  ricchezza,  non  e  il  caso  di  disputare. 
Sta  il  fatto  che  queste  voci  essendo  vitali, 
vivono  a  dispetto  di  chi  lo  volle  morte. 
Cfr.  FJlrno. 

Questionario  :  raccolta  di  questioni^ 
neol.  dal  fr.  questionnaire  :  voce  accolta 
dall'uso  e  dai  lessici.  V.  Fanfani  ed  Arlia, 
(op.  cit.) 

Questioni  bizantine  :  V.  Bizantinismo. 

Queue  :  coda.  Sovente  in  vece  che  dire 
mettersi  in  fila  o  far  la  coda  quando 
c'è  gran  gente  ad  un  passaggio,  si  pro- 
nuncia alla  francese:  far  la  queue.  Co- 
munissima  voce  nei  comandi  delle  danze. 

Qui,  qua:  con  l'accento,  non  è  buona 
scrittura.  Scrivasi  qui.,  qua.  Gli  altri 
monosillabi  che  escono  in  dittongo  rac- 
colto hanno  invece  l'accento,  come  può, 
pie.,  die.,  etc.  I  monosillabi  semplici  non 
hanno  accento,  quindi  si  deve  scrivere 
do.,  fa,  fo,  fu.,  fra,  me,  no.,  prò.,  pre.,  sa, 
so,  SIC,  sta,  sto,  te,  tu,  tra  tre;  qui,  qua. 
Ecco  quei  monosillabi  che  talora  vanno 
segnati  da  accento,  o  da  apostrofe,  se- 
condo l'uso  vario  a  cui  si  prestano  nel 
discorso  :  che  (imperocché)  :  dà  (verbo), 
da  (preposiz.),  da'  (dai):  6Z^  (giorno),  di' 
(imperativo  del  verbo  dire),  di  (preposiz.): 
fé'  (per  feo,  voce  poetica  in  luogo  di  fece), 
fé  (fede):  là  (avverbio),  la  (articolo  o 
pronome):  ne  (congiunzione,  vale  per  lo 
più  e  non),  ne'  (nei)  :  se'  (sei,  verbo),  se 
(congiunzione)  :  s^(per  così  o  affermando), 
Si  (pronome)  :  'vcq  u'  (in  poesia  per  ove):  vo 
(vado),  vo'  (voglio).  Le  preposizioni  tra'  pe' 
su'  co'  cantra' ,  si  usano  da  taluno  con 
certo  artificio  di  imitazione  toscana,  in 
luogo  di  tra  i,  per  i,  su  i,  con  i,  contra  i. 
V.   Colla. 

Quia:  lat.,  perchè,  cioè  la  causa.  Es. 
ed  eccoci  al  quia. 

Qui  amat  periculum,  in  ilio  peribit: 
chi  ama  il  pericolo  perirà  in  esso.  (Ec- 
clesiastico, ili,  27). 

Qui  in  altum  mittit  lapidem,  super  ca- 
put eius  cadet:  chi  getta  in  alto  una 
pietra,  gli  cadrà  su  la  testa  [Ecclesiaste, 
XXVII,  28);  bolla  e  gravo  imagino  sim- 
bolica che  allude  al  ricadere  del  malo 
sull'autore  stosso  del  male. 

Quid:  lat.,  alcuna  cosa.  Ricorro  talora 


questo  neutro  latino  per  indicare  cosa 
indeterminata  o  non  facilmente  definibile  ; 
es.  un  certo  quid. 

Quid  agendum  :  lat.,  che  fare?  che  ab- 
bisogna? a  quale  rimedio  appigliarsi? 

Quidam:  lat.,  un  certo,  un  tale,  pro- 
nome usato  per  indicare  indeterminatezza 
qualitativa.  Vive  nell'uso:  un  gqtìo  qui- 
dam, un  quidam  qualsiasi  e  suona  sprezzo. 

Quid  de  jure?:  locuzione  degli  avvo- 
cati per  significare  che  cosa  risulta  logi- 
camente secondo  la  legge. 

Quid  est  veritas:  lat.,  che  cosa  è  la 
verità?  Domanda  cui,  più  si  pensa,  più 
si  sprofonda  il  pensiero.  Ma  certo  Pilato 
rispondendo  a  Cristo,  non  ci  pensò  tanto 
{S.  Giovanni,  XVIII,  38)  :  «  Io  a  questo 
fine  sono  venuto  nel  mondo,  di  rendere 
testimonianza  alla  verità:  chiunque  sta 
per  la  verità,  ascolta  la  mia  voce.  Dissegli 
Pilato  :  che  cosa  è  la  verità  ?  E  detto 
questo  di  nuovo  uscì  ». 

Quid  non  mortalia  pectora  cogis,  auri 
sacra  fames?:  V.  Auri  sacra  fames. 

Quid  novi?:  che  c'è  di  nuovo?  formola 
latina,  comune,  con  forza  di  intercalare. 
Ricorda  Aristotele,  [Rist.  Anim. ,  VIII,  28 1: 
det  cpÈQEi  TL  Ai^vT]  uaivóv  e  Plinio:  {Sto- 
ria Nat.  Vni,  17):  semper  Africa  aliquid 
novi  affert. 

Quidquid  delirant  reges,  plectuntur  Ar- 
chivi :  le  follie  dei  re  le  scontano  i  po- 
poli, cioè  non  v'è  piii  sicurexxa  pei  go- 
vernati, quando  i  governanti  perdono  la 
bussola  (Orazio,  Epistole,  1,  2,  14). 

Quieta  non  movere:  lat.,  noiimuovert 
le  cose  tranquille,  massima  di  vile  pru- 
denza 0  di  conoscenza  che  l'edificio  è  così 
marcio  che,  pur  toccandolo,  tutto  cadrebbe. 
Eppure  molti  istituti  si  reggono  su  tale 
assioma  !  Dicesi  anche  nel  senso  del  noto 
adagio  :  Non  stuxxicare  il  can  che  dorme. 

Qui  giace  TAretin  poeta  tosco  |  che 
disse  mal  d'ognun  fuor  che  di  Cristo  | 
scusandosi  col  dir  non  lo  conosco  :  noto 
epigramma  e  sintesi  della  vita  o  doli' in- 
gegno di  Pietro  Arotino,  specie  di  gran 
publicista  vonalo  del  Cinquecento.  Ripe- 
tesi  il  caustico  motto  con  ampio  senso. 
Il  motto  è  attribuito  comunomento  al 
Giovio. 

Qui  gladio  ferit  gladio  perit  :  ohi  ferisce 


Qui 


398 


Quo 


di  spada  di  spada  muore^  così  Cristo  a 
Pietro  che  lo  voleva  con  l'arme  difendere. 
Potente  variante  della  legge  mosaica  non 
uccidere  I 

Qui  me  délivrera  des  Grecs  et  des 
Romains?  verso  fortunato  e  specioso,  più 
arguto  che  profondo,  che  leggesi  in  una 
Elegia  di  un  poeta  francese  di  nome  Ber- 
choux  (1765-1839).  Ed.  Michaud,  1829, 
voi.  IV,  pag.  107.  Secondo  il  Fournier, 
L'Esprit  des  autres,  il  Berchoux  avrebbe 
tolto  questo  verso  da  un'epistola  di  Ber- 
nardo Clément  di  Bigione,  il  quale  avea 
scritto  :  Qui  nous  délivrera  des  Grecs  et 
des  Romains?  lì  difetto  e  la  grettezza 
delle  nostre  scuole,  dette  classiche,  pos- 
sono spiegare  il  favore  dell'arguta  e  melo- 
drammatica apostrofe  francese. 

Qui  mi  cascò  l'asino:  familiarmente  e 
lepidamente  vale  qui  mi  sono  arenato^ 
non  fui  più  capace  d'andare  avanti. 

Quinci  e  sguinci  (parlare in...):  ossia m 
punta  di  forchetta^  con  vocaboli  altisonanti, 
pedanteschi,  preziosi.  Il  granduca  Ferdi- 
nando II  di  Toscana,  a  tergo  di  una  sup- 
plica scritta  in  quinci  e  squinci,  a  pro- 
posito di  un  ponte  che  voleasi  rifatto  a 
spese  dello  Stato,  scrisse  :  «  Talor,  qualor, 
quinci,  sovente  e,  guari,  rifate  il  ponte 
co'  vostri  denari  ». 

Quintetto:  «qualunque  componimento 
musicale  a  cinque  voci  o  a  cinque  stru- 
menti. Quando  è  strumentale,  la  sua  forma 
ha  analogia  con  quella  della  Sinfonia  clas- 
sica». (A.  Galli,  op.  cit.) 

Qui  oblige  s'oblige:  chi  obbliga  altrui 
obbliga  se,  motto  di  N.  Roqueplan. 

Qui  prò  quo:  locuzione  latina  venutaci 
dal  fr.  quiproquo^  parola  formatasi  dalla 
facilità  dello  scambiare  una  lettera  per 
un'altra:  vale  familiarmente  equivoco.^ 
malinteso,  ma  dicesi  di  cosa  di  poco 
conto. 

Quis  custodiet  custodes:  chi  custodirà 
i  custodi?  motto  acutissimo,  proverbiale, 
tolto  da  Giovenale  {Sat.  VI,  347).  Sed  quis 
custodiet  ipsos  custodes?  E  Platone  {De 
Republica^  III,  13;  «  Certo  sarebbe  ridi- 
colo che  il  custode  avesse  bisogno  di  cu- 
stode ».  Eppure!  ! 

Qui  se  rassemble,  s'assemble:  motto 
francese    a    cui    risponde    esattamente   il 


nostro,  Dio  li  fu  e  j^oi  li  accompagna  o 
li  appaia. 
Qui  si  parrà  la  tua   nobilitate:   {Inf. 

II,  6)  noto  verso  dantesco,  usato  quando 
si  mette  alcuno  al  paragone  di  qualche 
prova. 

Quitte:  voce  fr.,  letteralmente  ^  qui- 
tato,  cioè  chi  ha  pagato,  che  è  libero  de' 
suoi  debiti^  sbarazzato,  che  è  pari.,  dal 
latino  qtiietus,  onde  quittance  e  quittancer. 
In  italiano  vi  corrispondono  le  forme  clas- 
siche quitare^  quitanxa  e  quitato,  che  il 
Petrocchi  nòta  fra  le  voci  morte.  Quitan- 
%are  o  quietanzare,  quietanza  o  quitanza 
sono  le  voci  usate  oggidì  e  su  le  quali 
male  concordano  i  puristi. 

Qui-vive?:  fr.,  chi  va  là?  grido  della 
sentinella.  Essere  o  stare  sul  chi  vive 
per  stare  attenti,  all'erta,  è  il  fr.  étre 
sur  le  qui-vive. 

Qui  vivrà  verrà:  locuzione  francese  tra- 
dotta in  :  chi  vivrà  vedrà.^  e  cui  risponde 
la  nostra  al  bel  veder  ci  manca  j^oco,  op- 
pure se  son  rose.,  fioriranno. 

Quod  Deus  avertat  :  che  Dio  ciò  allon- 
tani^ formula  esclamativa  di  scongiuro,  pro- 
babilmente corrotta  dal  vergiliano  [Eneide 
II)  quod  Dii  omen  avertant.^  oppure.  Di 
talem   terris    avertile  pestemf    {Eneide, 

III,  620). 

Quod  Deus  coniunxit,  homo  non  separet: 
ciò  che  Dio  congiunse  l'uomo  non  divida^ 
è  il  famoso  principio  perentorio  evangelico 
(S.  Alatteo)  su  cui  il  diritto  canonico  fonda 
il  dogma  della  indissolubilità  del  matri- 
monio religioso. 

Quod  differtur  non  aufertur:  motto  la- 
tino, ciò  che  si  differisce  non  si  toglie^ 
cioè  rimandare  una  cosa  non  vuol  dire 
non  farla.  Intendesi  con  discrezione  ! 

Quod  erat  demonstrandum  :  versione 
della  formula  greca  òjzeq  èòsi  òel^ai  con 
cui  finisce  la  più  parte  dei  teoremi  di  Eu- 
clide. Usasi  oggi  in  vario  senso,  spesso 
ironico,  per  notare  l'ommissione  di  un 
fatto  0  di  una  idea  logica  senza  cui  la 
conclusione  non  regge  o  sarebbe  diversa. 

Quod  non  fecerunt  barbari,  fecerunt 
barbari  ni  :  una  delle  più  note  e  acute  pa- 
squinate, riferita  ad  Urbano  Vili  (Maffeo 
Barberini!  che  tolse  i  mirabili  bronzi 
onde  erano  rivestite  le  travi  del  Pantheon 


Quo 


399    - 


Quo 


in  Roma  (Rotonda)  per  fonder  cannoni  e 
il  baldacchino  di  S.  Pietro.  Tale  profana- 
zione fu  al  principio  del  Seicento. 

Quod  scripsi,  scripsi  :  Evang.  di  S.  Gio- 
vanni, XIX,  22  :  ciò  che  scrissi,  scrissi^ 
formola  divenuta  comune,  detta  per  signi- 
ficare la  intenzione  di  nulla  modificare 
cosa  stabilita  e  voluta. 

Quod  superest  date  pauperibus:  ciò  che 
2'i  avmixa  date  a  chi  non  ha:  nota  for- 
mola evangelica,  più.  forse  di  norma  u- 
mana  e  di  fratellanza  sociale  che  di  ca- 
rità. La  sua  indeterminatezza,  a  giudizio 
di  chi  è  savio,  non  toglie  ma  aggiunge 
valore. 

Quolibet:  (dal  lat.  quod  libet  =:  ciò  che 
piace,  tutto  ciò  che  viene  in  mente)  voce 
francese  che  in  antico  valse  ad  indicare 
qualsiasi  problema  scolastico,  più  bizzarro 
che  utile;  indi  termine  generico  per  si- 
gnificare giuoco  di  parola^  bisticcio^  fred- 
dura e  simili,  ma  include  senso  di  facezia 
scurrile  e  volgare. 

Quondam:  lat.,  una  volta^  untem/po. 

Quorum  pars  magna  fui:  emistichio 
vergiliano  {Eneide^  II,  6)  usato  per  signi- 
ficare che  chi  racconta  fu  testimone  o  par- 
tecipe del  fatto,  come  appunto  Enea,  proe- 
miando alla  sua  narrazione  di  Ilion  di- 
strutta. 

Quos  ego!  i  quali  io...!  e  si  sottin- 
tende un  punirò  o  voce  consimile.  Così 
Nettuno,  Dio  del  Mare,  minaccia  i  venti 
scatenati  dall'ira  di  Griunon e, ^contro  Enea. 
(Vergilio,  Eneide.^  I,  135).  È  uno  dei  più 
celebri  e  noti  esempi  di  quella  figura  re- 
torica che  i  grammatici  chiamano  prete- 
rixione.  Usasi  con  forza  di  sostantivo  in 
senso  di  minaccia  potente,  e  talora  per  celia. 

Quotato:  in  borsa:  dicesi  di  quei  va- 
lori che  sono  scritti,  registrati,  indicati 
nei  bollettini  o  listini  della  Borsa,  e  per- 
ciò sono  quivi  commerciabili,  giacché  non 
tutti  i  valori  sono  trattati  presso  le  Borse. 
Quotato  alto  si  dice  di  quel  valore  che 
ha  un  prezzo  elevato  rispetto  al  suo  red- 
dito; l'opposto  è  quotato  basso.  \  Quo- 
tato, nel  linguaggio  delle  corse  vale  va- 


lutato., stimato.  Un  cavallo  è  detto  quotato 
alla  pari  quando  il  bookmaker.,  tenitore 
delle  scommesse,  paga  una  lira  per  una 
lira  scommessa;  quotato  a  tre.,  quando 
per  una  lira  scommessa  ne  paga  tre;  a 
dieci.,  quando  ne  paga  dieci  ;  a  una  metà., 
quando  paga  mezza  lira,  e  questo  valore 
(V.  cote)  risulta  dalle  probabilità  che  ha 
il  corridore  di  vincere  e  dal  numero  delle 
scommesse.  Questo  verbo  quotare  in  tale 
uso  e  senso  è  dal  fr.  coter.  L'antico  quo- 
tare nostro  voleva  dive  giudicare  in  quale 
ordine  la  cosa  .sia.  Y.    Quotizzare. 

Quote  d'ammortamento  :  quando  si  con- 
trae un  mutuo  col  patto  di  estinguere  a 
grado  a  grado  capitale  ed  interesse,  si  dice 
che  si  contrae  un  mutuo  ammortizzabile. 
Le  rate  di  estinzione,  comprendono  due 
partite,  l'una  serve  a  pagare  gli  interessi, 
l'altra  ad  estinguere  gradatamente  il  ca- 
pitale, 0  vera  sorte,  come  si  dice  comune- 
mente in  qualche  luogo.  Quest'ultima  si 
chiama  quota  d' ammorta^nento . 

Quot  homines,  tot  sententiae  :  lat.,  tanti 
uomini^  altrettante  opinioni.  Terenzio 
{Formione.,  II,  4,  14),  e  Cicerone,  {De  Fi- 
nibus,  I.  5).  Cfr.  l'adagio  nostro  comune: 

"Vari  sono  degli  uomini  i  cerveUi, 

a  chi  piaccion  le  torte,  a  chi  i  tortelli. 

Quotizzare:  neol.  -pev  sottoscrivere,  ob- 
bligarsi, etc.  è  il  fr.  cotiser  r=  régler  la 
quote-part.  Più  frequente  in  tale  senso  è  il 
verbo  quotare.  I  verbali  quotizzazione 
(fr.  cotisation)  e  quotizzo  notati  dal  Ri- 
gutini  come  barbarismi,  per  ripartizione 
di  capitale  o  spesa  tra  più  persone  od 
enti  interessati,  mi  sembrano  anche  meno 
usati  del  verbo. 

Quot  servi,  tot  hostes  :  lat. ,  quanti  servi, 
tanti  nemici.  Paolo  Pesto,  De  verborum 
significatione,  ed.  Mùller,  pag.  261. 

Quousque  tandem  abutère,  Catilina,  pa- 
tientia  nostra?  famoso  od  enfatico  prin- 
cipio della  prima  Catilinaria  di  Cicerone, 
divenuto  popolare,  (»  passato  a  lepido  senso. 
E  fino  a  quando,  Gatilina,  abuserai  della 
nostra  pazienza? 


12 


Rabagas:  titolo  e  personaggio  principale 
di  una  fra  le  più  felici  commedie  di  Vit- 
toriano Sardou.  Eabagas  è  un  avvocato 
republicano,  feroce  odiatore  del  suo  prin- 
cipe, amico  del  popolo  e  gran  retore.  Chia- 
mato dal  Principe  a  reggere  lo  Stato,  trova 
che  la  forca  e  la  carcere  sono  ottimi,  anzi 
unici  mezzi  di  cura  per  il  popolo  ribelle. 
Nome  antonomastico  ed  epiteto  ingiurioso 
per  indicare  un  voltafaccia^  fedifrago^ 
imbroglione  politico.  In  Romagna  questa 
parola  francese  ha  avuto  forse  più  fortuna 
che  altrove. 

Rabat:  nome  francese  del  baverine,  di- 
viso in  due  bande  e  listato  di  bianco,  che 
portano  i  preti  francesi.  {Babai ^  da  rabat- 
tre.,  cioè  chose  rabattue). 

Rabboso  :  vino  del  veneto  (Treviso)  co- 
lor rubino  vivo,  profumo  di  marasca,  aci- 
dità notevolissima.  Di  molto  consumo  lo- 
cale e  ricercato. 

Rabelesiano  :  dal  fr.  rabelaisien  :  agg. 
da  Rabelais,  il  nobile  scrittore  dal  grande, 
caustico  riso  e  dal  sicuro  intelletto.  (Fran- 
cesco Rabelais^  1495-155S,  di  Chinon, 
autore  della  istoria  o  romanzo  Gargantua 
e  Pantagruel).  Rabelesiano,  vale  ridente 
e  schernevole. 

Rabotare  :  V.  Raboteuse. 

Raboteuse  :  voce  che  non  esce  dal  lin- 
guaggio degli  incolti  nostri  meccanici 
dell'Alba  Italia  in  vece  di  piallatrice.  (In 
Toscana  spiana).  Macchina-utensile  che 
serve  a  piallare  :  fr.  rabot  =  pialla.  Usato 
è  altresì  il  verbo  rabotare  =  2)i<^llci''>"e. 

Raca:  nella  locuzione  dire  raca  vale 
come  dire  plagas.,  dir  male  :  è  locuzione 


tolta  dagli  Evangeli  (S.  Matteo,  VI,  22)  : 
qui  autem  dixerit  fratri  suo^  raca  :  reus 
erit  concilio.  {Raca  vale  stolto). 

Raccordo  :  neol.,  dal  fr.  raccord  =  col- 
legamento :  voce  usata  dai  meccanici  o  in- 
gegneri per  indicare  un  passaggio  graduale 

0  curva,  la  quale  congiunge  due  linee 
riuscendo  tangente  ad  entrambe  (strade  fer- 
rate, strade,  canali,  macchine). 

Race-horse:  ingl.,  cavallo  da  corsa. 

Racèmo  :  lat.  racemus,  grappolo. 

Raddobbo:  term.  mar.;  lavoro  di  ripa- 
razione fatto  al  bastimento  per  sofferte 
avarie,  o  per  vetustà  :  raddobbare  =  ri- 
parare. 

Radiare  :  per  cancellare.,  cassare,  ripren- 
desi  dai  puristi  come  gallicismo  {radier). 
Voce  degli  uffici  e  curiale. 

Radicale:  nel  noto  senso  politico  è  il 
liberale  spinto,  riformatore,  proprio  dalle 
radici,  almeno  secondo  etimologia.  Neol. 
dal  francese  radicai.  Radicai  è  voce  usata 
pure  dai  tedeschi.  Nei  composti  dicesi, 
radico,  etc,  giacche  questo  partito  assai 
duttile  a  dispetto  della  tenace  etimologia, 
si  presta  a  moltissime  combinazioni. 

Radicalismo  :  fr.  radicalisme,  ingl,  ra- 
dicalism.  La  dottrina  politica  liberale, 
essenzialmente  riformatrice  ed  innovatrice. 

1  riietodi  del  partito  radicale. 
Radicitus:  lat.,  dalle  radici. 

Radio  :  questo  nuovo,  mirabile  corpo 
semplice  che  rivela  l'intima  natura  della 
materia,  e  per  le  sue  proprietà  sembrò 
avere  insperate  azioni  curative,  fu  di  re- 
■  conte  isolato  dai  coniugi  Currie,  chimici 
francesi.  E  fu  per  l'appunto   la   signora 


Wad 


401     — 


Rat' 


Curio  che,  facondo  delle  ricerche  su  la 
facoltà  che  hanno  alcuni  minerali  di  ura- 
nio (Pechblende)  di  emanare  raggi,  non 
luminosi,  ma  dotati  di  proprietà  chimiche, 
elettriche,  fisiologiche,  giunse  per  via  di 
processi  di  separazione  ad  isolare  dal  detto 
minorale  questa  sostanza.  Per  la  straor- 
dinaria potenza  dei  raggi  emanati,  la  deno- 
minò antonomasticamento  con  la  desinenza 
neutra  alla  latina  come  sogliono  dare  i  fran- 
cesi a  certe  voci,  radium:  noi  alterniamo 
per  ora  la  voce  fr.  con  l'italiana  radio. 
(In  latino  è  radius  =  raggio).  V.  Radio- 
attività. 

Radio-attività  :  facoltà  che  hanno  alcuni 
corpi  di  emanare  dei  raggi  dotati  di  azioni 
chimiche,  elettriche,  fisiologiche,  onde  ra- 
dio-attivo è  detto  il  corpo  stesso  che  ha 
questa  virtù.  Tali  corpi  sono,  finora,  l'ura- 
nio, il  polonio,  il  radio,  il  torio  e  l' attimo. 

Radio-attivo:  V.  Radio-attività. 

Radiografìa:  lat.  radivi  =  raggio  e 
yQà(pco  =z;  scrivo  :  è  l'impressione  ottenuta 
per  mezzo  dei  raggi  X  [V.  Grookes  {tubi 
di)]  su  di  una  lastra  sensibile,  dinanzi 
alla  quale  fa  posto  l'oggetto  di  cui  si  vuole 
avere  Timagine  radiografica.  Dicesi  an- 
che schiagrafia  (da  ouià  =  ombra,  figura 
apparente  e  yQà(pcù  =  scrivo,  disegno),  o 
fotografia  dell'invisibile. 

Radiotelegrafare:  V.  Radiotelegrafia. 

Radiotelegrafìa:  da  radius  =  raggio 
TéÀog  =  fine  e  ygàcpoj  i=  scrivo.  E  il  noto 
nome  dato  alla  telegrafia  così  detta  senza 
fili,  che  G.  Marconi  genialmente  applicò 
su  la  teoria  delle  onde  hertziane.  Ora 
questa  parola  parve  un  tantino  lunghetta, 
specialmente  col  verbo  radio-telegrafare., 
per  una  cosa  tanto  rapida,  e  i  giornali 
italiani  che  qualche  volta  si  ricordano  che 
esiste  una  lingua  italiana,  ne  discussero 
(V.  Marzocco,  8,  15  febbraio  1908).  Si 
propose  di  portar  via  quel  tele  e  veniva 
radiografia.  Ma  si  confondeva  con  radio- 
grafia —  impressione  coi  raggi  X  o  del 
Roentgen  !  Alloi-a  se  ne  occuparono  uomini 
illustri,  fra  gli  altri  il  filologo  Comparetti 
proponendo  aetigrafia  (greco  àuxis  r"  rag- 
gio solare)  ed  il  D'Ovidio  proponendo  ac<«- 
nografèa  (che  deriva  lo  stesso  da  àutig., 
senonchè  toglie,  come  più  proprio,  dal  tema 
che  ò  àuxiv).  Ribatte  il  Comparetti  essere 


actinografia  parola  già  spesa  nelle  scienze 
fisiche  etc.  etc.  Come  si  vede  i  tornei  ac- 
cademici sono  sempre  quelli  che  più  di- 
lettano la  nostra  gente.  (V.  Reclame).  Se 
radiotelegrafare  (ove  occorra)  è  lungo,  altri 
-  fuor  dell'accademia,  bene  o  male  secondo 
filologia  -  lo  accorderà  e  noi  lo  subiremo  ! 

Radium:  V.  Radio. 

Radoteur  :  voce  francese  :  è  proprio 
uguale  al  nostro  rimbambito;  ma  così 
non  deve  parere  ad  es.  ad  uno  degli  scrit- 
tori nostri  più  in  vista,  il  quale  nella  J7- 
lustraxione  Italiana  del  20  gennaio  1902, 
scrive:  «Un  vecchio  giornalista,  un  po' 
radoteur.,  un  po'  troppo  etc.  ».  (V,  Revolté). 

Radunar  le  fronde  sparse:  locuzione  o 
frase  fatta  per  raccogliere  :  dal  noto  passo 
dantesco  («  raunai  le  fronde  sparte  »,  Inf. 
XIV,  2),  se  non  che  in  Dante  il  senso  non 
è  metaforico,  ma  ragionasi  di  vere  fronde 
che  sono  raccolte. 

Raffaellesco:  secondo  l'arte  di  Raffaello 
Santi  (Sanzioj,  il  purissimo,  elegantissimo, 
il  quale  nella  verità  e  nella  tradizione, 
assomma  tutte  le  virtù  dell'arte  pittorica 
del  nostro  Cinquecento.  Per  estensione  vale 
-puro.  Es.  volto  raffaellesco  =  dai  contorni 
classicamente  perfetti  e  soavi.  E  cosi  altri 
aggettivi  sono  formati  da'  nomi  di  sommi 
artefici,  come  giottesco.,  fidiaco  (purissi- 
mo), leonardesco,  donatellesco .,  ti%ianesco., 
secondo  l' arte  e  le  linee  di  Giotto,  Leonardo, 
Donatello,  Tiziano,  etc.  ;  aggettivi  assai 
acconci  a  ben  rendere  con  un  paragone  noto 
i  vari  aspetti  delle  varie  bellezze,  così 
difficili  a  determinare  (specie  di  bellezze 
e  forme  muliebri). 

Ràffica:  aumento  improvviso  e  violento 
del  vento,  ma  di  breve  durata. 

Raffinato:  per  delicato,  squisito.,  fine 
spiace  ai  puristi  (fr.  r affine).  Vero  è  che 
talora  raffinato  non  sempre  corrisponde  a 
queste  voci.  Es.  uomo  raffinato.,  può  in- 
dicare altresì  la  s(iuisi tozza  o  delicatezza 
nel  vizio,  nel  piacere,  nella  filosofia  edo- 
nistica, etc. 

RafToler:  verbo  francese:  andar paxxo, 
amare.,  piacere  esageratamente.,  etc.  Es. 
Gette  mère  raffole  de  son  enfant.  Il  raf- 
fole  de  la  musìque.,  etc. 

Ràfie  :  voce  francese  di  gergo,  usata  per 
vizio  in  voce  di  retata,  repulisti. 


A.  Pa.nzini.  Supplemento  ai  Diximiari  italiani. 


2G 


Eai 


—     402 


Rai 


Ràgade  :  term.  medico,  Qayùg  =  i-ott\xra,: 
spaccature  delle  parti  molle,  alle  mani, 
alle  labbra  etc,  prodotte  per  lo  più  da 
agenti  irritanti:  (setola). 

Ragazza  allegra:  Y.  Donna  allegra. 

Raggia:  specie  di  pesci,  così  detti  dalla 
loro  forma  raggiosa  :  lat.  raja,  fr.  raje. 

Raggiera:  adornamento  del  capo  delle 
contadine  della  Brianza,  formato  da  spa- 
dino d' argento  che  formano  attorno  al 
capo  raggiera  o  corona  di  raggi. 

Raggi  X  :  o  raggi  di  Roentgen  che  ne 
fu  lo  scopritore.  [F.  Crookes  {tubi  di)]. 
Tali  raggi  non  solo  permettono  la  così 
detta  fotografia  di  ciò  che  è  occulto  e  in- 
visibile all'occhio  (Y.  Radiografìa).,  ma 
hanno  speciale  potere  come  i  corpi  radio- 
attivi. 

Raggi  Roentgen:  ovvero  raggi  X:  Y. 
questo  paragrafo. 

Ragion  di  Stato:  considerazione'  di  in- 
teresse publico  a  cui  è  subordinato  il  go- 
verno dello  Stato.  (Ragione  di  Stato  è  il 
titolo  della  maggior  opera  di  G.  B.  Bo- 
terò, 1540-1617,  specie  di  codice  delle 
monarchie  assolute  che  dominarono  in 
quei  tempi). 

Ragione  sociale:  è  il  nome  che  viene 
assunto  da  un'azienda  commerciale  quando 
si  tratta  di  Società;  per  es.  Ditta  Rossi 
&  C.  (fr.  o^aison  sociale). 

Ragioniere:  si  suole  dire  anche  di  donna, 
in  vece  di  ragioniera^  da  che  si  cominciò 
a  conferire  alle  donne  tale  diploma.  Y. 
Professore. 

Raglan  :  nota  specie  di  pastrano,  con 
alcune  bizzarre  od  eleganti  varietà  di 
taglio  che  lo  distinguono  dalla  forma  co- 
mune di  tali  indumenti.  Il  nome  deriva 
da  lord  Raglan,  generale  inglese,  morto 
di  colera  all'assedio  di  Sebastopoli  (1788- 
1855)  :  in  origine  fu  un  impermeabile. 
Yedi  giuochi  della  storia  :  molti  personaggi 
lasciano  il  loro  nome  congiunto  a  nomi 
di  vesti  0  di  vivande  !  Y.  alla  parola 
Vestito. 

Ragnare  :  in  romagnolo  vuol  dire  leti- 
care: nel  vernacolo  lucchese  rugnare  = 
grugnire,  e  rugliare  =  urlare,  sonar  cupo. 
Devono  essere  verbi  della  stessa  radice 
di  grugnire  =  lat.  grunnire. 

Ragoùt:  sost.  verbale  fr.  di  ragoiìter., 


che  significa  eccitare  il  gusto,  l'appetito. 
Non  mi  pare  che  risponda  alla  voce  «  stu- 
fato »  come  è  detto  nel  Lessico  del  Fanfani 
ed  Arlia.  Nel  Napoletano  intesi  di  fre- 
quente ricordare  con  la  voce  ragù.,  la 
carne  drogata  e  steccata  di  lardo  il  cui 
sugo  0  brodo  si  versa  sui  maccheroni.  In 
altre  parti  d'Italia  quella  salsa  di  carne 
che  serve  a  condire  il  riso,  la  pasta, 
i  legumi  si  chiama  concia.,  sugo,  su- 
ghillo,  bagna.  A  Bologna,  la  patria  oltre 
che  di  Irnerio,  di  Iacopo  della  Lana, 
del  Guinizelli,  anche  delle  auree  taglia- 
telle, diconsi  tagliatelle  pasticciate  quelle 
con  sopra  il  pasticcio^  per  l'appunto  il 
ragoiit.,  fatto  di  filetto,  fegatini,  tartufi, 
lardo,  droghe  e  simili  finezze.  Nel  senso 
di  piattello  stuzzicante,  a  ragoiit  rispon- 
derebbe il  nostro  intingolo.,  manicaretto. 

Ragù:  Y.  Ragout. 

Ralc  0  rach  :  scrittura  francese  di  voce 
araba  che  vale  distillato.  Nota  specie  di 
liquore.  Y.  Arale. 

Raid  :  ingl.,  vale  incursione  armata, 
raxxia,  e  per  estensione  la  parola  è  tra- 
sportata nel  linguaggio  dello  sport  per 
indicare  una  gara  di  corsa  equestre  tra 
punti  lontani. 

Railway  e  Railway-company:  per  ria 
ferrata.,  società  delle  etc,  occorre  ne' 
giornali  ricordando  le  ferrate  inglesi.  Yero 
é  che  questo  rail  =  rotaia,  guida  (voce 
accolta  nel  francese  moderno)  è  stato  con- 
segnato nel  codice  penale  italiano,  §  657. 
E  facile  pensare  con  quanto  amaro  gusto 
il  Fanfani  ha  infilzato  questo  svarione  dei 
nostri  mandarini  burocratici  !  A  conforto 
del  Fanfani  si  può  assicurare  che  rail 
non  si  usa  più,  se  non  nel  derivato  de- 
ragliare. Y.  questa  voce. 

Rajaii:  titolo  dei  principi  indiani,  oggi 
tributari  dell'Inghilterra.  Maharajah  i= 
gran  principe  da  cui  dipendono  altri  rajah. 
La  grafia  italiana  raià  parmi  poco  dell'uso. 

Ralinga:  o  gratile.,  term.  mar.,  cavo 
catramato  a  tre  legnuoli,  o  cavo  di  fili  di 
acciaio,  poco  torto,  che  si  cuce  ingiro  alla 
vela  per  rinforzarne  i  lati. 

Rallié:  da  rallier  =  rilegare,  racco- 
gliere, nel  linguaggio  del  giornalismo  e 
della  politica  francese  sono  così  denomi- 
nati  quei   deputati    francesi    della    parte 


l\am 


—     403 


Rap 


clcttiT,  di  destra,  i  quali  aderirono  al  go- 
verno republicano  (1893). 

Ramadan  :  la  Pasqua  presso  i  Mussul- 
mani. 

Ramages  (à)  :  a  rame  e  a  rame  e  fiori; 
è  detto  di  speciale  stampo  o  tessuto  nelle 
stoffe  muliebri  :  codesto  oggi  è  disegno  di 
gran  moda,  anche  per  influsso  dell'arte 
nuova  0  floreale.  Damascato^  come  pro- 
pone il  Rigutini,  non  mi  pare  che  corrispon- 
da. Jìamage^  è  antica  voce  fr.  che  vuol 
dire  ramo  o  rama.  «  Trinata  a  ramucelli 
I  d'alloro  una  sottana  »,  esempio  citato 
dal  Fan  fa  ni  per  sostituire  r  amaggio. 

Ramassa  :  per  scopa  è  voce  dialettale 
piemontese,  non  ignota  fuor  della  regione, 
specie  nel  linguaggio  delle  caserme;  così 
il  verbo  ramassare  {ramasse). 

Rambla:  vocabolo  spagnuolo  di  origine 
araba  (ramba)  che  vuol  dire  terreno  sab- 
bioso, ed  è  a  noi  termine  noto  per  indi- 
care le  passeggiate  o  i  giardini  publici 
di  alcune  principali  città  della  Spagna. 

Ramie  :  pianta  tessile  appartenente  come 
la  canapa  alla  famiglia  delle  Orticacee, 
detta  anche  Ortica  della  Cina  (Bohe- 
meria).,  assai  coltivata  nell'estremo  oriente 
e  da  poco  tempo  introdotta  in  Italia.  Pianta 
perenne  detta  anche  seta  vegetale. 

Rammollimento  cerebrale:  (eneefaloma- 
lacia).,  denominazione  sotto  la  quale  si 
descrivono  le  lesioni  del  cervello,  conse- 
cutivo alla  obliterazione  delle  arterie  di 
quest'organo  (embolia,  trombosi),  e  le 
manifestazioni  sintomatiche  che  ne  risul- 
tano. Si  distingue  una  forma  acuta,  apo- 
plettiforme,  come  avviene  nell'emorragia 
cerebrale,  ed  una  forma  cronica  progres- 
siva. 

Rammollito  :  questo  neologismo  por  im- 
becille è  tolto  dal  fr.  ramoli  =  imbéeile., 
quasi  affetto  da  ramìnollimento  cerebrale. 

Randa:  vela  aurica,  di  forma  quadri- 
latera che  si  distendo  tra  il  picco  (pen- 
none superiore,  appoggiato  con  la  gola 
all'albero)  l'albero  e  la  boma  (pennone 
inferiore).  Nelle  navi  che  hanno  una  randa 
per  albero,  quella  di  poppa  è  detta  anche 
brigantina. 

Ranella:  V.  Rosetta. 

Ranetta:  chiamano,  traducendo  dal  fr. 
reinette,  o  meglio  rainette,  una  delle  innu- 


merevoli varietà  del  Pirus  Malus^  ossia 
Melo.  Rainette  dal  francese  raine  (lat. 
rana)  :  picchiettata  o,  forse,  verdolina 
come  la  rana. 

Rangiarsi:  V.  Arrangiare.  È  fra  le 
voci  più  volgari  ed  è  pure  del  dialetto 
milanese  (rangiàss  e  rangiàa)  anche  nel 
senso  di  azximarsi,  farsi  bello. 

Rango:  voce  francese  rang.,  da  assai 
tempo  fatta  italiana,  e  specialmente  usata 
in  alcune  locuzioni  come  stare  in  rango, 
ballerina  di  rango  francese^  persona  di 
alto  rango.,  etc.  È  ripresa  dai  puristi,  ma 
essa  è  una  di  quelle  voci  forastiere  che 
sono  notate  e  sfuggite  anche  da  scriventi 
e  parlatori  mediocri.  Vi  suppliscono  le 
parole  condizione^  grado^  ordine^  stato, 
ceto.  Pili  dell'uso  è  questa  parola  nel  lin- 
guaggio militare,  in  vece  di  ordine^  or- 
dinanza, fila,  riga. 

Ranz  des  vaches  :  nome  francese  di  fa- 
moso e  antico  canto  pastorale  dei  monta- 
nari svizzeri. 

Rapè:  part.  del  verbo  fr.  rdper  =  ra- 
spare, costantemente  congiunto  a  tabacco 
0,  senz'altro,  rapè  invece  che  dire  «  tabacco 
grosso  »  da  fiuto. 

Rapide:  così  sono  dette  certe  correnti 
gorgoglianti  e  ondose  de'  fiumi  per  effetto 
delle  grandi  pendenze.  In  ingl.  rapid.,  fr. 
rapide.  Cotesto  rapide  essendo  special- 
mente ne'  grandi  fiumi  d'Africa  e  Ame- 
rica, è  naturale  che  le  denominasse  altro 
popolo  che  l'Italiano. 

Rapière  :  nome  di  spada  francese,  lunga, 
stretta,  atta  solo  a  colpire  di  punta,  quindi 
per  duello:  con  gran  coccia  traforata.  Di 
moda  nei  secoli  XVI  e  XVII.  In  italiano 
striscia.  Dicesi  anche  nel  senso  che  noi 
diciamo  durlindana. 

Rapinatore  :  antica  voce  nostra  dal  verbo 
rapinare,  che  appare  spesso  ne'  giornali 
por  in^iicaro  i  borsaiuoli,  i  tagliaborse,  i 
ladri  da  strada,  i  tagliaoantoni,  etc. 

Rapporti  intimi:  vale  talora,  por  eufe- 
mismo pudico,  rapporti  carnali.  V.  Rap- 
porto. 

Rapporto:  por  relazione  tra  persone, 
OS.  oss(>re  in  buon  rapporti  ;  por  rispetto, 
quanto,  circa,  os.  la  terra  è  piccola  viì\ì- 
porto  al  sole:  rapporto  per  punto,  que- 
stione.,   OS.  «  su  (luosto   rapporto  non  ho 


Rar 


404 


Rat 


difficoltà  »  è  maniera  ripresa  dai  puristi 
come  gallicismo.  La  sancisce  l'uso.  Rap- 
porto è  antica  ed  ottima  voce  per  notifi- 
cazione, ragguaglio^  avviso^  riferto^  de- 
nunzia. Voce  viva  negli  uffici. 

Rara  avis  in  terra:  Giovenale,  [Sat., 
VI,  5,  165),  uGGello  raro  in  terra:  vale 
nell'uso  come  mosca  bianca. 

Rari  nantes  in  gurgite  vasto:  (Vergilio, 
Eneide^  I,  118)  rari  naufraghi  spersi 
pel  vasto  gorgo.  Il  poeta  descrive  stupen- 
damente la  terribile  tempesta,  suscitata 
contro  Enea  dall'ira  di  Giunone:  Ricorre 
tale  emistichio  in  senso  faceto  :  quattro 
cappelletti  nel  brodo  possono  essere  rari 
nantes  in  gurgite  vasto. 

Ras:  capo.,  governatore  nell'impero  feu- 
dale d'Abissinia. 

Rassegnare:  usato  riflessivamente  nel 
senso  di  firmarsi^  sottoscriversi  è  voce 
dell'uso  nelle  corrispondenze  ordinarie  di 
affari.  Es.  ko  l'onor  di  rassegnarmi. 
Deve  essere  un' eYOÌVizìone  del  rassegnare 
nel  senso  di  presentare.,  dichiararsi  ser- 
vitore., se  non  che  in  tale  uso  suole  rice- 
vere l'oggetto  (e  non  è  modo  di  pura 
classicità).  Es.  le  rassegno  il  mio  ossequio., 
rassegnare  le  dimissioni  (modo  burocra- 
tico). I  francesi  hanno  signer.,  soussigner., 
e  probabilmente  questo  rassegnarsi  = 
firmarsi  deve  essersi  formato  anche  per 
l'influsso  del  francese. 

Rastaquouère  e  Rasta:  voce  di  gergo 
francese,  pervenutaci  col  giornalismo  :  vale 
avventuriero.,  cavaliere  d'industria.,  per- 
sonaggio cosmopolita  che,  sotto  l'aspetto 
di  gran  signore,  non  nasconde  che  un 
abile  imbroglione  :  rastaquoèrisme.,  gran 
parvenza,  gran  tono,  e  sotto  miseria  e 
delitto.  Tipi  e  costumi  che  sono  naturale 
prodotto  del  tempo  odierno  e  della  gran 
vita  della  civiltà  industriale.  La  parola  è 
fatta  derivare  dalle  due  voci  spagnuole, 
r astar  e  euero.  Secondo  altri  più  sempli- 
cemente sembra  essersi  formato  tal  nome  : 
cioè  da  suoni  simili  alla  voce  rastaquouère 
che  un  attore  francese,  Brasseur,  pronun- 
ciava in  suo  esotico  linguaggio  nella  parte 
di  un  brasiliano  furente  e  di  grande  par- 
venza, in  uno  scherzo  comico  di  Meilhac 
e  Halèvy,  rappresentatosi  in  Parigi  al 
Palazzo  Reale  il  9  maggio  1863,  intitolato 


Il  Brasiliano.  Questa  parola  rastaquouère 
ha  fatto  per  qualche  tempo  pompa  di  se 
nel  giornalismo  italiano  che  tanto  toglie 
e  si  compiace  di  parole  francesi.  Come  la 
più  parte  delle  voci  del  gergo,  effimera. 

Ratafià:  nome  di  noto  liquore  o  acqua- 
vite, ottenuta  con  la  distillazione  delle 
susine  (Svizzera,  Francia,  Austria,  Friuli). 
In  francese  ratafià.,  che  secondo  il  Ménage 
è  parola  di  origine  indiana  :  altri  da  rata 
fiat  conventio.  dal  bicchiere  che  si  beve 
nello  stringere  patti.  Fantasia  degli  eti- 
mologisti I  il  Littré  nel  Supplemento^  da 
racle  0  arack  =  acquavite  di  riso  +  tafia, 
acquavite  di  canna  di  zucchero  :  voci 
orientali. 

Rate:  part.  del  verbo  fr.  rater  =  far 
cilecca:  disgraziato.,  fallito  moralmente. 
Es.  «  V'è  un  altro  personaggio  :  an  rate 
che  le  delusioni  hanno  fatto  filosofo  ». 
Ora  rate  in  tale  senso,  è  voce  di  gergo  : 
individu  qui  n'a  pas  réussi  dans  la  car- 
rière et  qui  ne  réussit  en  rien.  NB.  È 
uno  dei  fenomeni  più  singolari  la  facilità 
con  cui  scrittori  italiani,  anche  di  una 
certa  rinomanza,  abboccano  a  queste  ef- 
fimere voci  di  gergo  francese,  con  le  quali 
pare  che  il  loro  dire  e  il  loro  dettato  ac- 
quisti quella  snellezza  che  non  sanno  otte- 
nere con  l'uso  sapiente  della  propria  lingua. 

Rateale:  neol.  invece  che  a  rate. 

Ratier  :  nome  fr.  di  una  specie  di  cani, 
così  chiamati  dalla  perizia  loro  nel  pren- 
dere i  topi  (rats).  V.    Terrier. 

Ratifica  :  per  ratificazione  (conferyna, 
lat.  ratum  habere)  è  un  accorciamento 
neologico  nostro  come  verifica,  moltiplica., 
bonifica.,  etc.  Spiace  ai  puristi,  lo  sancisce 
l'uso,  specialmente  trattando  di  cose  co- 
muni; nel  linguaggio  diplomatico  prevale 
ratifi.cazione^  voce  classica  invece  di  rati- 
fica., forse  per  effetto  del  fr.  ratification. 

Ratificazione:  nel  linguaggio  diploma- 
tico è  l'atto  con  cui  il  capo  di  uno  Stato 
approva  conferma  e  dichiara  di  accettare 
ciò  che  è  stato  convenuto  e  stipulato  in 
suo  nome  dall'agente  diplomatico  cui  era 
stato  concesso  pieno  potere.  La  ratifica- 
zione vale  quindi  l'esecuzione  del  trattato. 

Rato:  (lat.  ratus  =  creduto,  ratificato, 
determinato:  cfr.  rata  parte  e  rata).  In 
diritto  canonico,  matrimonio  rato.,  usasi 


Kav 


405 


Ree 


per  distinguerlo  da  matrimonio  consumato. 
Secondo  la  chiesa  il  matrimonio  consumato 
non  può  essere  sciolto:  quello  rato^  sì, 
quando  cause  di  nullità  esistevano  prima 
dell'atto  matrimoniale. 

Ravioli  :  V.  Cappelletti. 

Ravissant:  part.  pres.  del  verbo  fran- 
cese ravir.,  rapire  :  nell'uso  mondano  di- 
cesi talora  per  hello,  incantevole,  attraente., 
la  quale  ultima  parola  risponde  presso  a 
poco  al  medesimo  concetto  etimologico 
del  ravissant  francese. 

Ravvicinamento  :  nel  senso  di  eoncilia- 
xione.,  dev'essere  il  fr.  rapprochement  = 
réconciliation . 

Razionale:  voce  antica  del  linguaggio 
filosofico  :  oggi  usata  e  abusata  come  at- 
tributo di  azione  o  di  cosa  compiuta  se- 
condo i  più  rigorosi  dettami  della  scienza, 
dell'esperienza,  dell'arte.  Così  dicasi  del- 
l'avverbio razionalmente.  Un  cappello, 
un  paio  di  scarpe,  un  colletto,  possono 
aver  l'onore  di  essere  chiamati  razionali. 

Razionalismo  :  voce  comune  a  tutte 
le  lingue  colte,  dal  lat.  ratio  ^  ragione. 
Indica  la  teoria  filosofica  che  la  facoltà 
la  quale  specialmente  distingue  l'uomo, 
cioè  la  ragione  {animale  ragionevole  è 
detto  l'uomo,  anche  familiarmente)  è  som- 
ma e  autonoma  sorgente  di  conoscenza. 

Razza  (di):  detto  di  animali,  vale  di 
buona  raxxa.,  di  buon  sangue^  e  dicesi 
specialmente  di  cavalli  ;  e  talora  per  esten- 
sione, come  gentiluomo  di  ra%%a.^  cioè 
che  conserva  la  gentilezza  avita.  Dal 
francese  :  cheval  de  race.,  noble  de  race. 

Razza:  nome  di  pesce  di  fondo,  dal 
corpo  piatto  e  di  forma  romboidale,  lat. 
raja. 

Razzia:  (fare  una  razzia),  voce  araba, 
accolta  in  francese  e  trasmessa  a  noi  :  a 
mio  avviso  necessaria  per  indicare  con 
nomo  propi-io  quelle  incursioni  belligere 
a  scopo  di  preda  che  sogliono  fare  alcune 
tribù  e  popoli  semibarbari  dell'Africa.  E- 
stosa  ad  altri  sensi  ed  usi  nostrani  per 
retata  (senza  contare  le  voci  sinonimo 
regionali),  può  essere  evitata.  L*erò  non 
mi  pare  frcfiuonte.  Voce  ripresa  dai  puristi. 

Ready  :  parola  inglese,  pronto.  Kicorro 
ad  cs.  nel  giuoco  della  pallacorda  (V. 
Lawn-Tennis). 


Reali  :  per  indicare  il  re  e  la  regina 
parmi  neologismo.  Reali  e  Reali  d'Italia 
ricorrono  nell'  Eterno  femminino  regale 
del  Carducci.  Influsso  del  classico  reali 
=  stirpe  reali. 

Realizzare:  è  neol.  dal  fr.  réaliser.  I 
puristi  contrapongono  le  seguenti  parole 
nostre  :  effettuare^  avverare.,  attuare.,  com- 
piere (detto  di  speranze.,  disegni.,  e  simili), 
riscuotere  (detto  di  crediti),  ricavare.,  ri- 
durre in  danaro  (detto  di  cose  vendute). 
Ma,  come  il  solito,  la  forza  della  voce 
unica  dà  valore  alla  parola.  Similmente 
dicasi  di  realizzazione  (fr.  réalisation) 
la  quale  non  mi  sembra  molto  dell'uso. 

Realizzazione:  V.  Realizzare. 

Reattivo  :  termine  di  chimica,  detto 
di  elementi  che  a  contatto  di  altri  ele- 
menti comportano  in  modo  loro  caratteri- 
stico (reazione),  così  da  servire  alla  ri- 
cognizione di  questo.  E  vocabolo  rela- 
tivamente nuovo:  equivale  a  reagente., 
^fr.  réactif). 

Reazione  del  Widal:  V.  Widal. 

Rebours  (à)\  non  sarà  cosa  rara  il  leg- 
gere 0  l'udire  ad  es.  «  La  storia  bisogna 
insegnarla  à  rebours  »,  etc.  A  rebours 
in  francese  =  à  rebrousse-poil.,  di  cou- 
trapelo,  cioè  alla  rovescia.  Voce  francese 
usata  per  vizio. 

Rebus:  nota  specie  di  indovinello,  soli- 
tamente con  figure,  enigma.,  Dicesi  anche 
in  senso  morale.  Rebus  è  parola  di  prove- 
nienza francese,  e  pare  che  derivi  dal 
latino  rebus  ^^  dalle  cose. 

Rebus  sic  stantibus:  lat.,  così  essendo 
(stando)  le  cose;  ablativo  assoluto,  usato 
con  forza  causale. 

Receiver:  (ingl.,  ricevitore)  il  condotto 
(0  recipiente)  attraverso  cui  passa  il  va- 
pore che  ha  lavorato  nel  cilindro  ad  alta 
0  a  media  pressione  per  passare  rispetti- 
vamente nel  cilindro  a  media  o  a  bassa 
pressione.  Voce  dei  meccanici. 

Recensione  :  lat.  recensire  :  esame  com- 
parativo di  qualche  scrittura;  e  nell'uso 
comune  letterario  chiamansi  recensioni 
lo  critiche,  solitamente  laudative,  ohe  ap- 
paiono su  le  colonne  dei  giornali  o  dei 
})eriodici  e  servono  —  oltre  che  a  far 
conoscere  un  libro  —  a  facilitami^  lo 
spaccio.  Spesso  la  recensione  è  una  forma 


Eec 


—     406     — 


Ree 


di  publicità.  Se  ne  è  fatto  il  verbo  recen- 
sire (fr.  recenser)^  part.  recensito.  (V. 
Reclame). 

Recensire:  V.  Recensione. 

Reception  :  parola  francese  ed  inglese  : 
ricevimento^  accoglienza. 

Rècere  :  (lat.  reicere.,  da  re  e  jacio  = 
butto  via)  usasi  talora  come  voce  più 
decorosa  perchè  meno  intesa,  invece  di 
vomitare^  specie  in  senso  morale  di  fare 
schifo. 

Recesso:  nel  linguaggio  forense  indica 
il  recedere^  cioè  il  ritirare  di  un  atto, 
di  una  causa. 

Reciotto  :  vino  veronese,  di  lusso,  rosso, 
dolcigno,  spumante.  Si  produce  con  uve 
mezzo  appassite,  ed  è  di  consumo  locale. 

Rècipe:  lat.,  prendi.  Nelle  ricette  di 
una  volta,  che  erano  scritte  in  latino,  si 
metteva  in  testa  recipe.,  cioè  prendi.  Onde 
recipe  volle  indicare  ricetta.  Ma  in  tale 
senso  è  voce  morta.  Si  dice  invece  recipe 
per  formula,  lista  di  ingredienti  o  meglio 
di  elementi  morali  mercè  i  quali  si  ot- 
tiene una  data  opera,  o  si  addiviene  adatti 
a  reggere  un  dato  ufficio.  Si  dice  fami- 
liarmente ed  ironicamente,  cioè  in  mal 
senso,  giacché  i  componenti  di  un  fatto 
etico  non  sono  classificabili  e  non  hanno 
dose. 

Reclame  :  voce  francese  universalmente 
usata  ed  intesa  :  lett.  richiamo.,  la  quale 
è  voce  viva  e  di  popolo,  ma  si  intende 
per  lo  più  degli  allettamenti  usati  in 
caccia  per  chiamare  uccelli  (V.  Dante, 
Inf.  Ili,  116):  publicità  sostituisce  in 
molti  casi  reclame;  grido  fu  parola  con 
molta  reclame  proposta  da  un  letterato 
che  va  per  la  maggiore,  in  vece  di  re- 
clame. (E  per  alcun  tempo  si  assistette 
al  più  comico  spettacolo,  cioè  al  nobile 
sdegno  dei  giornali  italiani  per  espellere 
la  impura  voce,  come  se  ci  fosse  stata 
quella  sola  !)  Strombazzata  e  Stamburata 
proposte  dai  puristi,  sono,  è  vero,  voci  di 
popolo,  ma  non  rispondono  esattamente 
a  reclame.,  appunto  perchè  esprimono  la 
parte  più  brutta  e  meno  dignitosa  di  ciò 
che  si  intende  per  la  parola  reclame. 
Noi  avremmo  potuto  dar  nuovo  senso  alla 
parola  richiamo;  ma  ciò  è  ufficio  di  popolo, 
non  di  grammatici.  Reclame  è  l'opuscolo 


stesso  che  serve  alla  publicità.  Nei  giornali 
vi  sono  gli  avvisi-reclame  che  non  rispon- 
dono alla  voce  neol.  soffietto^  la  quale  se- 
condo il  Rigutini  sarebbe  una  garbata  so- 
stituzione di  reclame.  Inutile  avvertire 
come  reclame  sia  voce  penetrata  nell'uso 
del  popolo,  e  intesi  anche  fatta  maschile  :  il 
reclàm.  Quanto  alla  natura  della  reclame 
noteremo  che  essa  è  oramai  un'arte  di 
commercio  che  si  vale  di  speciali  e  inge- 
gnosissimi mezzi,  non  per  ingannare,  in 
via  assoluta,  il  publico,  ma  per  dare  ad 
un  prodotto  commerciale  quella  rinomanza 
che  costituisce  parte  del  suo  valore  e  lo 
rende  più  commerciabile  di  un  altro  pro- 
dotto di  ugual  pregio.  Lo  studio  della 
reclame  sta  in  questo,  cioè  obbligare  la 
gente  ad  avere  in  mente,  ripetere  un  dato 
nome  di  prodotto  commerciale  ;  e  ognuno 
di  leggieri  intende  quanto  sia  difficile,  e 
nel  grande  numero  e  nella  indifferenza 
del  publico  e  nella  vita  intensa  moderna, 
fermare  questa  attenzione.  Molte  volte  il 
nome  stesso  del  prodotto,  breve,  facile  a 
ritenersi,  distinto  dagli  altri,  è  parte  del 
segreto  della  reclame.  Non  farà  quindi  me- 
raviglia se  la  reclame  si  vale  di  ogni 
mezzo  per  riuscire.  La  reclame  è  cinica 
come  l'età  nostra  industriale:  si  vale  — 
ripeto  —  di  tutto:  dei  versi  dei  poeti,  del 
quadro  dell'artista,  del  pensiero  del  filo- 
sofo e  del  santo,  delle  più  macabre  tro- 
vate pur  di  fermare  l' attenzione.  L'America 
è  la  maestra  di  questa  forma  di  progresso. 
La  reclame  si  esercita  non  soltanto  in 
commercio,  ma  serve  in  arte,  in  lettera- 
tura, in  politica,  etc.  Far  della  reclame 
vale  divulgare.^  far  conoscere  e  simili. 
La  reclame  pel  filosofo  libero  può  consi- 
derarsi come  una  di  quelle  forme  di  ti- 
rannidi cui  conviene  onorare  se  si  desi- 
dera aver  valore  nella  vita.  Essa  è  una 
necessità  della  vita,  fondata  sull'eterna 
dabbenaggine  e  buaggine  del  publico  :  ma- 
teria eterna,  inesauribile  di  sfruttamento; 
e  più  forse  che  su  la  buaggine,  sul  fatto 
che  l'uomo  manca  di  criterio  cosciente, 
pure  apparendo  il  contrario,  e  perciò  si 
lascia  imbevere  e  guidare  da  giudizi  al- 
trui. Confortiamoci  tuttavia  perchè  si  tratta 
di  cosa  antichissima.  Non  fece  Vergilio 
la  reclame  alla  casa  Giulia  ?  E  Achille  se 


Ret 


407     — 


Red 


non  avesse  trovato  in  Omero  talem  prae- 
eonem^  sarebbe  stato  cosi  noto  nei  secoli'? 
Vieti  argomenti,  del  resto,  cui  già  accen- 
nava Sallustio  nelle  sue  Storie.  Certo  l'au- 
dacia, la  spudoratezza  della  reclame  è 
cosa  tipica  della  civiltà  moderna,  specie 
di  quella  che  io  chiamerei  intellettuale. 

Recluta  e  reclutare:  «  sono  il  fr.  reerue 
e  reeruter  sciupati.  Pure  entrarono,  con 
altri  termini  della  milizia,  nella  nostra 
lingua  sino  dal  Seicento»  Rigutini.  Forma 
doppione  con  la  parola  coscritto^  benché 
recluta  è  propr.  la  cerna  (voce  antica, 
ricorrente  ad  es.  ne  Le  ìnemorie  di  un 
Ottuagenario  del  Nievo)  e  coscritto  si 
dice  anche  in  senso  esteso  per  inesperto^ 
semplice  (lat.  tiro^  tironis).  Reclutare  e 
reclutamento  sì  per  leva^  levare,  come 
estensivamente  per  raccogliere^  trovai'e 
fautori,  aderenti  eto.  spiace  ai  puristi,  ma 
l'uso  sancisce  tali  voci.  La  pronuncia 
buona  è  reelàta^  ma  nell'uso  mi  pare  che 
prevalga  l'altra  di  recluta. 

Reclutamento  :  fr.  recrutement.  V.  Re- 
cluta. 

Record  :  ingl.,  vale  registro^  documento., 
testimone.  Questa  voce  passò  nel  gergo 
francese  in  senso  di  gara.,  concorso.,  spe- 
cie nel  linguaggio  delle  corse  e  dei  giuochi; 
indi  per  estensione  tenere  un  record,  sta- 
bilire un  record  fdétenir  un  record.,  éta- 
blir  un  record)  significò  essere  proclamato 
il  più  forte,  il  più  abile,  fare  ciò  che 
in  un  dato  genere  non  fu  ancora  fatto. 
Un  po'  sul  serio,  un  po'  per  lepidezza 
questa  parola  con  le  sue  locuzioni  si  è 
fortemente  radicata  nell'uso  italiano,  ed  in 
senso  morale!  La  locuzione  per  così  dire 
tecnica  delle  corse,  sarebbe  questa:  «  il 
signor  X***  ha  battuto  il  record  dell'ora 
0  del  chilometro,  detenuto  prima  dal  si- 
gnor Y***  »,  cioè  ha  percorso  il  chilometro 
nel  minor  tempo,  ovvero  ha  fatto  in  un'ora 
il  maggior  numero  di  chilometri,  il  quale 
meritò  prima  spettava  al  signor  Y***.  Bi- 
sogna convenire  che  come  barbarie  di 
parole  e  di  locuzione  è  un  record  inusi- 
tato al  tom])o  del  Tommaseo  e  del  Puoti. 

Recordman:  voce  inglese,  passata  al 
francese  moderno  o  che  talora  occorre  nel 
nostro  linguiiggio  dello  sport:  colui  che 
è  vincitore  di  una  gara. 


Recto:  V.  Retto. 

Reculade:  voce  francese.  Per  etimolo- 
gia è  la  nostra  parola  rinculata  o  rin- 
Giilo.  (detto  specialmente  delle  armi  da 
fuoco).  Figuratamente,  per  fuga^  ritirata  : 
come  il  solito,  la  voce  francese  pare  più 
decorosa  pur  significando  lo  stesso. 

Redatto  :  participio  di  redigere.  Y.  que- 
sta parola,  (compilato,  steso ^  scritto). 

Redde  rationem  :  (dall'Evangelo)  rendi 
il  conto.,  e  leggesi  nella  locuzione  chia- 
mare al  redde  rationem.,  cioè  a  render 
conto  e  ragione  dell'opera  propria:  ha  il 
senso  di  redarguire.,  punire. 

Re  del  ferro,  della  Borsa,  dell'acciaio, 
del  petrolio,  del  cotone,  delle  carni  sa- 
late, etc.  :  la  grande  civiltà  industriale  e 
democratic^a  degli  Stati  Uniti  ha  creato 
per  alcuni  audaci  e  fortunati  accentratori 
e  sfruttatori  di  ricchezze,  specie  naturali, 
questo  titolo  :  il  quale  fra  i  molti  valori 
ha  quello  di  spiegare  la  ragione  storica 
del  nome  re.  Era  in  antico  re  il  più  forte, 
colui  cioè  che  più  di  ogni  altro  valeva  a 
regere.,  o  per  amore  o  per  forza,  i  suoi 
simili.  NB.  Nel  modo  stesso  che  una 
forza  governa  la  materia  e  la  dispone 
secondo  certe  leggi,  così  una  ferrea  legge 
sembra  stratificare  in  determinato  modo 
le  classi  sociali,  secondo  il  loro  potere. 

Redigere,  redazione,  redattore  e  redat- 
trice: sono  voci  neologiche,  usate  spe- 
cialmente nel  linguaggio  giornalistico  e 
provenuteci  dal  fr.  rediger.,  rédaction., 
rédacteur.,  rédactrice  (lat.  redigere  = 
ordinare).  Anche  i  buoni  scrittori  non 
saprebbero  fare  a  meno  di  queste  parole  : 
sono  altresì  voci  della  burocrazia  per 
compilare.,  stendere.,  scrivere.  «Tale brutto 
barbarismo  è  tra'  più  schifosi  »,  (Fanfani), 
ma  proprio  conviene  accettarlo! 

Redingote  :  nota  specie  di  abito  ma- 
schile da  cerimonia,  detto  talora  stiffelius., 
doppio  petto.,  finanxiera.,  prcfettixia:  è 
parola  francese,  tolta  a  sua  volta  dall'in- 
glese riding  ooat,  che  in  origine  significò 
un  giacchetto  lungo,  per  cavalcare:  i  duo 
solitari  ed  inutili  bottoni  alle  reni  ricor- 
dano una  lunzione  che  non  ò  più,  cioè 
di  reggerci  lo  falde  nell'atto  del  cavalcare. 
(V.    Vestito). 

Redo  e  redame  :  redo   parola   morta   o 


Eee 


408     — 


Reg 


notata  fra  le  voci  morte  (erede^  figlio)^ 
vive  nel  linguaggio  dei  zootecnici,  es. 
vacca  con  redo  (cioè  col  suo  vitellino). 
Redo  per  vitello  oltre  che  voce  del  lin- 
guaggio scientifico  è  altresì  pura  voce 
toscana  de'  contadini. 

ReeI  :  aspatoio^  voce  inglese  che  è  in 
uso  presso  i  tessitori.  E  una  macchina 
che  serve  a  fare  matasse,  svolgendo  il 
filo  dai  fusi  che  provengono  dalle  mac- 
chine da  filare  (ring  o  self  actingì  o  da 
ritorcere  (doubling). 

Referee  :  ingl.,  arbitrio^  giudice  inap- 
pellabili del  campo ^  voce  usata  nel  giuoco 
del  Foot-ball.  Y.  questa  parola. 

Referendum:  lat.,  (per  riferire)  nome 
di  istituto  politico  svizzero  di  carattere 
democratico  che  riporta  —  in  taluni  casi 
0  dietro  richiesta  —  ai  cittadini  stessi, 
anziché  a'  suoi  rappresentanti,  il  diritto 
di  votare,  deliberando,  intorno  a  leggi  e 
cose  della  amministrazione  e  del  governo. 
In  tale  senso  è  istituto  recente  (come  è 
detto  alla  frase  ad  referendum)  data,  cioè, 
dal  tempo  della  Rivoluzione  Francese  ed 
è  —  sebbene  giuridicamente  diverso  da 
Cantone  a  Cantone  —  il  tratto  più  carat- 
teristico della  moderna  vita  publica  della 
Svizzera.  Vero  è  che  la  tradizione  di  com- 
missari 0  deputati  ad  audiendum  et  re- 
ferendum risale  in  Isvizzera  alla  fine 
dell'Evo  Medio.  Referendum^  per  voto^giu- 
dizio  popolare^  è  detto  frequentemente  fra 
noi  anche  trattando  di  questioni  non  poli- 
tiche né  amministrative.  Vale  interrogare 
le  persone  competenti  affinchè  dicano  il 
loro  giudizio  intorno  ad  una  data  questione. 

Refìlare  :  per  dare^  plebea  voce  del  gergo 
(Milano).  Nel  diz.  deìV Argot  del  Delesalle 
(op.  cit.)  trovo:  refiler  zn  rendre^  resti- 
tuer^  donner  :  refiler  des  beignes  =  don- 
ner  des  coups. 

Refi  le  (dare  un):  cioè  una  strapazzata^ 
una  tirata  d'orecchi  etc.^  è  volgare  locu- 
zione milanese. 

Refrain  :  voce  fr.,  ritornello:  xìqovyq  nel 
linguaggio  musicale:  «  secondo  l'opinione 
di  Gaston  Paris,  nelle  antiche  melodie  la 
voce  arrestandosi  per  cantare  di  nuovo, 
e  passando  istantaneamente  da  una  ad 
altra  nota,  si  spezza  (frangitur)^  e  di  qui 
venne  il  vocabolo  refrain.  Tra  gli  antichi 


Galli  questi  refrains  erano  non  solo  cantati 
ma  anche  danzati.  Oggi  il  refrain  è  una 
sorta  di  periodo  musicale  ricorrente  alla 
fine  di  ogni  strofa  nelle  canzoni»  (A.  Galli, 
op.  cit.). 

Refrattario  :  è  notato  nei  diz.  nel  senso 
di  disertore  o  di  persona  che  si  sottrae  agli 
ordini  altrui  (parola  venutaci  con  la  Rivo- 
luzione). Nel  senso  fisico,  refrattario  dicesi 
di  un  corpo  che  resiste  all'azione  chimica. 
Ora  spesso  questo  vocabolo  è  usato  per 
indicare  persona  non  tanto  ribelle,  quanto 
non  modificabile  dall'azione  sociale  e  dal- 
l'ambiente. Di  solito  tale  voce  ha  senso 
nobile  e  generoso.  Lo  scrittore  francese 
Giulio  Vallés  (1833-1885),  dettò  un  geniale 
libro  1  refrattari  ove  esalta  questi  spiriti 
indocili  e  indomiti.  L'opera  e  il  titolo 
influirono  nel  nuovo  senso  della  parola? 
Nel  citato  diz.  del  Delessalle,  Réfrac- 
taire  =  homme  de  ialent  qui  se  neglige. 

Refurtiva  :  latinismo  del  linguaggio  dei 
legali,  invece  che  dire  la  cosa  rubata 
(res  =  cosa). 

Refuso:  nel  gergo  degli  stampatori  è 
la  lettera  che  nella  composizione  e  nella 
stampa  ha  preso  posto  di  un'altra.  I  re- 
fusi solitamente  avvengono  perchè  la  cas- 
settina  di  una  lettera  contiene  qualche 
lettera  che  dovrebbe  essere  in  altra  cas- 
setta. Il  compositore,  come  si  sa,  non 
guarda,  ma  prende  alla  cieca,  onde  avviene 
che  invece,  ad  es.,  di  comporre-  impie- 
gato del  demaglio.,  scriva  del  demonio. 
Errori  mostruosi  e  goffagini  stupende  si 
devono  al  caso  del  refuso,  alcuni  sono 
celebri.  Es.  ici  le  prétre  Óte  sa  calotte., 
col  refuso  fu  stampato  :  ici  le  prétre  óte 
sa  Gulotte.  Il  refuso  di  solito  avviene 
quando  lo  scompositore  non  sta  attento 
ove  getta  le  lettere. 

Regàglie  :  frastagUe  o  frattaglie  dei 
polli  cioè  creste,  bariglioni,  granelli,  fe- 
gato, cuore.  Ottima  voce,  che  molti  non 
userebbero  in  polita  scrittura  per  timore 
di  parer  sciatti  e  vernacoli. 

i^egesta:  termine  di  storia  de'  tempi 
di  mezzo.  Repertorio  cronologico  ove  sono 
registrati  gli  atti  publici  o  privati  in  un 
dato  periodo  di  tempo.  I  diz.  hanno  re- 
gesto. Farmi  più  comune  la  fonna  latina 
regesta  =  registro. 


Iv'eg 


—    409 


Rei 


Reggente:  nel  linguaggio  della  buro-^ 
i  luzia  scolastica  è  cosi  detto  il  professore 
di  scuola  secondaria,  la  cui  nomina  è 
rinnovata  ogni  tre  anni  ;  e  si  intende  con- 
fermato in  ufficio  anche  senza  il  rinnova- 
mento del  decreto.  Il  decreto  di  nomina 
è  fatto  dal  Ministro.  Titolare  invece  è 
il  professore  che  dopojl  periodo  di  reg- 
genza —  il  quale  è  illimitato  —  ottiene 
stabilità  d'ufficio  e  nomina  dal  capo  dello 
Stato  :  onde  i  due  astratti  reggenxa  e  tito- 
larità. La  titolarità  si  può  avere  anche 
per  nomina  o  concorso. 

Regìa:  per  appalto  ci  è  rimasta  nella 
locuzione  regìa  dei  tabaechi.  Dal  fr.  regie., 
rad.  réger  =  reggere.,  amministrare.  (Ad- 
ministrations  chargées  de  la  perception  de 
certaines  taxes  indir ectes^  ou  de  eertains 
Services  publics  :  la  regie  des  tabaesj. 

Regia,  crede  mihi,  res  est  succurrere 
lapsis  :  è  cosa  —  credi  —  degna  di  re, 
soccorrere  agli  infelici  fai  caduti)  Ovidio, 
{Epistole.,  II,  9,  11).  Stupendo  verso,  e 
forse  il  dolore  del  triste  esiglio  glielo  fece 
dire! 

Regime  :  «  lat.  inutile.  Se  in  senso  po- 
litico, governo;  se  in  senso  medico  dieta, 
reggimento  di  vita  »  (Rigutini).  Neol.  di- 
rettamente dal  fr.  régiTìie  (lat.  règim,en)., 
tanto  è  vero  che  talora  sì  usa  la  schietta 
voce  francese,  come  nelle  locuzioni  ancien 
regime  =:  il  governo  prima  della  Rivo- 
luzione, opposto  a  nouveau  regime  ~,  le 
forme  di  governo  sorte  dalla  rivoluzione  : 
(•  in  senso  esteso,  alla  maniera  antica., 
come  usava  una  volta.,  etc.  La  pronuncia 
regime  è  ripresa,  benché  nelFuso  si  al- 
terni con  quella  di  regime.  Del  resto  re- 
gime è  accolto  in  tutti  i  lessici  moderni, 
nei  due  sensi  anzi  detti. 

Regina  Claudia:  è  il  frutto  rotondo, 
solitamente  verde,  pruinoso,  grosso,  sa- 
porito e  dolce  di  una  varietà  del  Prunus 
domestica.,  ossia  del  susino.  Il  nome  è  dal 
fr.  Beine  Claude^  la  quale  Regina  di  Fran- 
cia che  molto  amava  questo  frutto,  lasciò 
tale  memoria  di  sé. 

Regina  Madre  :  per  indicare  la  madre 
del  re,  comk;  si  suole  chiamare  Margherita 
di  Savoia  dopo  la  morto  di  Umberto  I,  è 
locuzione  tolta  dal  francese  :  reìne  mère. 

Regis  ad  exemplum  totus  oomponitur 


orbis  :  lett.  tutto  il  mondo  si  compone 
.<iecondo  l'esempio  del  re.,  cioè,  nell'uso, 
i  dipendenti  vanno  su  le  orme  dei  capi 
e  si  intende  in  cose  non  buone.  Questa 
sentenza  è  in  Glaudiano.,  De  Quarto  con- 
sulatu  Honorii.,  299-301,  ove  leggesi: 
componitur  orbis  \  regis  ad  exemplum. 

Regnicolo  :  dal  latino  regnum  e  colere., 
parola  nostra  antica  che  diceasi  specie 
degli  abitatori  del  Reame  o  Regno  di 
Napoli.  Nel  senso  amministrativo  e  poli- 
tico, cioè  in  opposizione  a  straniero,  cioè 
per  indicare  l'abitante  naturale  del  paese, 
che  gode  diritti  che  gli  stranieri  non  han- 
no, parmi  sia  dedotto  dal  fr.  régnicole. 

Regolamentare  :  per  conforme  alle  leggi, 
ai  regolamenti.,  alle  norme  è  neol. ,  dovuto 
al  fr.  réglementaire . 

Regolarizzare  e  regolarizzazione:  per 
regolare.,  regolarità  (se  la  qualità)  rego- 
latezza  (se  l'abitudine),  sono  voci  foggiate 
su  le  fr.,  régulariser  e  régularisation., 
anche  per  il  forte  influsso  del  suffisso 
zione^  che  tende  ad  esprimere  la  cosa  in 
atto  più  tosto  che  in  fatto. 

Regressione  :  (lat.  regressus  =  ritorno) 
ingl.  regression.,  fr.  retour  au  type:  in 
biologia  vale  :  ritorno  di  un  tessuto  o  di 
un  organo  ad  una  delle  fasi  anteriori  alla 
sua  evoluzione.  In  sociologia  regressione 
talora  è  voce  usata  come  equivalente  di 
regresso^  decadimento. 

Regret  e  regretter:  voci  francesi  non 
rare  in  certo  linguaggio  in  cambio  di 
rincrescimento^  rimpianto.,  dolersi. 

Reichstag  :  noto  nomo  della  dieta  della 
federazione  Germanica. 

Reis  :  (dal  latino  regius  r:r  regale)  mo- 
neta minima  nominale  del  Portogallo  e  del 
Brasile.  Vale  L.  0,006. 

Reisebilder  :  imagini  di  viaggio:  titolo 
di  una  tra  le  più  cospicu(5  e  libero  opero 
del  sommo  lirico  ed  umorista  tedesco,  Ar- 
rigo Heine,  primieramente  edita  nel  182t), 
«  primo  libero  respiro  in  un'atmosfera 
grave  e  affannosa»  (Ristorazione  del  1815). 
Dicesi  talora  Reisebilder  per  significai^ 
vivaci  e  geniali  descrizioni  di  viaggio. 

Reludioata:  termine  lat.  giuridico,  rosa 
giudicata,  e  si  dice  di  sentenza  passata 
in  giudicato,  e  familiarmente  passare  in 
re  iudicata  si  dico  di  questione  gin  decisa. 


Rei 


—    410 


Ren 


Relais:  fr..  da  re  e  laisser  =  lasciare, 
cambio  di  posta.  Nel  linguaggio  telegra- 
fico è  così  chiamato  anche  da  noi  un  ap- 
parecchio il  quale  automaticamente  serve 
a  rafforzare  la  corrente  elettrica  affinchè 
questa  possa  compiere  un  dato  percorso. 
La  parola  italiana,  da  alcuni  usata,  è 
soccorritore.  I  francesi  non  hanno  buttata 
via  la  loro  antica  parola,  bensì  l'hanno 
adattata  al  nuovo  senso. 

Belata  rèfero  :  riferisco  ciò  che  si  rac- 
conta; motto  latino,  e  si  dice  con  intenzione, 
0  di  significare  più  che  non  si  dica,  o  per 
scagionarsi  della  responsabilità  delle  cose 
dette.  Cercarne  remote  origini  parmi  so- 
verchio acume.  V.  per  chi  ne  vuole  sa- 
pere di  pili,  Fumagalli.   Chi  l'ha  detto  ? 

Relativamente  :  è  termine  opposto  ad 
assolutamente:  ma  in  vece  di  rispetto., 
riguardo  a,  per^  in  qitanto  a  etc,  spiace 
ai  puristi  come  gallicismo.  Ma  per  quanto 
gallicismo  e  «  lungo  come  un  serpente  » 
(Tommaseo),  vive  nell'uso  né  manca  di 
buoni  esempi.  Eh,  di  parole  lunghe  come 
veri  serpenti  quei  valenti  puristi  ne  tro- 
verebbero sì  al  giorno  d'oggi,  che  sono 
così  difficili  che  io  le  consiglio  a  chi  abbia 
bisogno  di  starnutire  ! 

Relativo:  nelle  locuzioni  così  comuni 
come  le  seguenti  :  le  spese  relative  (occor- 
renti), carrozza  coi  relativi  cavalli.,  caffè 
con  relativo  zucchero  (qui  il  relativo  è 
inutile  0  si  dice  per  grossa  ostentazione 
di  lepore),  ricerche  relative  a  cioè  con- 
cernenti^ riguardanti,  è  aggettivo  ripreso 
dai  puristi  come  gallicismo  :  confermato 
dall'uso,  specie  degli  uffici.  Relativo  è 
opposto  di  assoluto. 

Religione  dell'umanità:  locuzione  abu- 
sata che  trae  origine  dal  sistema  di  Au- 
gusto Comte  (1798-1857),  filosofo  francese 
positivista,  il  quale  considerò  l'Umanità 
come  un  ente  supremo,  degno  di  culto. 

Relitto  :  (lat.  relictus  =  abbandonato) 
come  termine  dei  periti  vale  piccolo  ap- 
pezzamento chiuso  entro  altre  proprietà. 
Relitto  dei  fiumi,  terreno  abbandonato 
dalle  acque  (V.  Golena).,  relitti  del  mare, 
terreni  che  il  mare,  ritraendosi,  lasciò 
asciutti. 

Relitti  :  (lat.  relictus)  terni,  mar.,  avanzi 
di  naufragio,  venuti  a  galla  o  gettati  su 


la  costa  dal  mare.  Questa  parola,  non 
notata,  traduce  la  francese  épave  (basso 
latino  espavus,  lat.  expavidus^  pauroso., 
indi  sperso). 

Remington:  specie  di  fucile  a  retroca- 
rica, e  macchina  da  scrivere  :  dal  nome 
dell'inventore  (Philo  Remington  di  Nuova 
York). 

Remontoir:  voce  fr.  e,  interamente, 
montre  à  remontoir^  poi  remontoir  sol- 
tanto, cioè  l'orologio  non  a  chiavetta,  ma 
che  si  carica  dal  centro  del  quadrante  per 
mezzo  di  due  ruote  dentate  che  in  esso 
sono  e  formano  il  remontoir.  Orologio  a 
ripetizione  o  ripetizione  senz'altro,  chia- 
mavano i  nostri  vecchi  quell'orologio  da 
tasca  che  suonava,  ripeteva  le  ore. 

Renaissance:  in  certo  linguaggio  oc- 
corre frequente  di  udire  :  stile  renaissance  ; 
una  casa,  una  stanza  stile  [senza  in.,  ben 
inteso]  renaissance.  In  italiano  v'è  Rina- 
scita. Degno  di  triste  meditazione  è  il 
fatto  che  nella  nazione  la  quale  prima, 
nel  XY  secolo,  irradiò  il  mondo  con  la 
civiltà  esplodente  dall'anelito  e  dal  con- 
corso di  molteplici  elementi  di  pensiero 
e  di  opere  e  denominò  con  voce  propria 
la  cosa,  si  usi  la  forma  francese  della  pa- 
rola. Il  dire  che  si  allude  alla  rinascita 
di  Francia  è  artificio  di  ragionamento. 

Renard  :  fr.  volpe.,  ricorre  nel  linguaggio 
letterario  nominando  il  Roman  du  renard., 
noto  romanzo  allegorico  francese  dell' evo- 
medio.  I  Ricorre  nel  linguaggio  della  moda. 
Così  nell'anno  1900  furono  imposti  dalla 
Francia  alle  donne  certi  collari  fatti  di 
pelli  di  volpi  caudate  ed  unghiate,  che  esse 
portavano  con  gran  disinvoltura  al  collo, 
dando  sembianza  di  Ercole  che  è  avvolto 
nella  pelle  del  leone  Nemeo.  Questi  collari 
erano  semplicemente  chiamati  renard.,  se 
fatti  di  volpe.  V.  Manteau. 

Rendersi  defunto:  goffa  locuzione,  talora 
usata  per  lepore.  Y.  Defunto. 

Rendez-vous  :  ritrovo.,  appuntamento. 
Yoce  francese  divenuta  mondana,  quindi 
universale,  e  però  fu  accolta  anche  in  te- 
desco. Notevole  però  è  il  fatto  che  mentre 
da  noi  molte  parole  tendono  a  cadere  e 
se  ne  sostituiscono  senza  discernimento 
di  straniere  o  di  ibride,  in  Germania  ap- 
pare la  tendenza  a   richiamare  la   lingua 


lìoii 


411 


Res 


alla  sua  purità.  Così  in  cambio  di  rendez- 
rour  torna  in  onore  la  voce  letteraria  e 
poetica  Stelldiehein. 

Rendiconto:  per  rendimento  di  conti  è 
neol.  derivato  dal  fr.  eompte-rendu  (V. 
Conto  reso).  Spiace  ai  puristi,  ma  nel 
linguaggio  amministrativo  è  voce  tecnica. 
Rendiconto^  per  relazione^  rapporto  mi 
pare  poco  dell'uso  :  piuttosto  si  usa  reso- 
conto e  se  ne  forma  il  derivato  resocon- 
fista:  voci  anch'esse  riprese. 

Rendimento:  detto  delle  macchine,  si- 
gnifica il  loro  effetto  utile.  Tanto  è  mi- 
gliore una  macchina  quanto  pivi  il  rendi- 
mento si  approssima  al  consumo  del  com- 
bustibile. Voce  tecnica  dei  meccanici. 
Dicesi  anche  in  senso  morale  per  indicare 
il  frutto  proficuo  del  lavoro  rispetto  allo 
sforzo  compiuto  nel  lavoro  stesso. 

Rene  mobile:  è  quella  malattia  nella 
quale  il  rene  ha  perduto  la  sua  stabilità 
nella  sede  normale  ed  è  suscettibile  di 
spostamenti  più  o  meno  notevoli.  È  più 
frequente  nelle  donne,  e  riguarda  in  ispecie 
il  rene  destro. 

Renseignement  :  fr.  informazione^  rag- 
f/uaglio. 

Rentier  e  petit  rentier:  fr.,  invece  di 
possidente^  benestante,  possidentuccio  è 
voce  non  rara.  Distinguono  molti  reìitier 
^a  possidente  per  questo  senso,  che  il  pos- 
sidente ha  beni  stabili,  il  rentier  invece 
è  colui  che  impiega  i  suoi  capitali  indi- 
rettamente, cioè  nella  produzione  della 
ricchezza  e  perciò  li  investisce  in  rendita, 
obbligazioni,  azioni  :  ciò  che  i  tedeschi  di- 
cono con  intenzione  Gouponsscheerer  = 
tagliatore  di  cedole. 

Rentrée:  faire  une  rentrée  =  revenir 
en  scène  avec  éclat.  Così  nel  gergo  fran- 
(;ose  e  così  presso  di  noi  nel  linguaggio 
l)olitico  e  giornalistico,  per  indicare  il  riap- 
parire clamoroso  di  qualche  personaggio 
in  voga,  sul  palcoscenico  del  teatro  e... 
del  teatro  della  vita.  Voce  effimera. 

Reòforo:  (gr.  géa  =:  scorro  e  (pégo)  = 
porto)  nomo  dato  ad  istrumenti  di  varia 
forma  che  si  adattano  alla  estremità  degli 
elettrodi  por  condurre  la  corrente  elet- 
trica. 

Reperto:  latinismo  del  linguaggio  cu- 
riale: il  trovato.  Si  dice  reperto  medico 


nel  linguaggio  medico  legale  l'atto  in 
cui  un  medico  accorso  o  chiamato  a  con- 
statare un  omicidio  o  un  ferimento  o  una 
lesione,  rende  conto  di  quanto  ha  visto  e 
presagisce  la  durata  della  malattia. 

Reportage:  (V.  Reporter),  il  servizio 
d'informazione  in  un  giornale. 

Reporter:  ingl.,  relatore.,  informatore: 
voce  passata  al  francese  ed  a  noi  per 
indicare  il  giornalista  a  cui  è  affidato 
l'ufficio  d'informazione  dei  fatti  diversi  e 
della  cronaca.  Reportage  e  reporter  sono 
parole  nuove  pur  nel  francese. 

Repoussoir:  voce  usata  nel  gergo  fran- 
cese :  femme  laide  à  coté  d'une  autre  qui 
estjolie  (elle  repousse  les  galants)  :  dunque 
brutta  donna  posta  per  contrasto  accanto 
a  bella  donna.  0  vanità  !  Repoussoir  pro- 
priamente è  il  ferro  per  cacciare  i  chiodi. 

Reprimenda:  per  sgridata.,  rabbuffo  è 
voce  ripresa  dai  puristi  (fr.  réprimande). 
Ma  si  usa? 

Reprimere  e  non  prevenire:  formula 
liberale  di  governo,  che  ottenne  una  cei-ta 
celebrità  perchè  usata  e  vantata  da  due 
ministri,  da  G.  Zanardelli,  e  anteceden- 
temente da  Bettino  Ricasoli  nel  1861  :  Il 
governo  libero  deve  reprimere.,  prevenire 
giammai. 

Reprise  :  nel  linguaggio  teatrale  in  fran- 
cese significa  remise  en  scène  au  théatre. 
La  voce  italiana  ripresa  (lat.  reiteratio^ 
ripetizione)  si  alterna  alla  voce  francese. 

Reps:  tessuto  di  seta  o  di  cotone  con 
trama  forte,  a  linee  orizzontali  o  verticali. 
Di  seta,  serve  per  abiti,  di  cotone  anche 
per  sottovesti,  ed  è  una  specie  di  fustagno 
(piqué).  La  parola,  francese,  è  di  incorta 
etimologia. 

Requisizione:  domanda  fatta  dalla  au- 
torità (specialmente  militare)  di  mettere 
a  sua  disposizione,  per  publici  servizi, 
viveri,  mezzi  di  trasporto,  etc.  Requisi- 
zione è  antica  nostra  parola  che  vaio  ri- 
chiesta., istanza.  Rivivo  in  questo  senso 
per  effetto  della  sua  sorella  francese  ré- 
quisition.  La  riprendo  il  Fanfani  in  questo 
senso  di  contribuzione  forzata. 

Resa:  nel  gergo  giornalistico  ò  voce 
usata  ])er  indicare  il  numero  delle  copio 
di  giornale  invendute  e  ((uindi,  corno  por 
patto,  restituito. 


Re^ 


—    412    — 


Ret 


Respectable:  questa  voce  inglese  che 
talora  s'incontra  in  libri  o  giornali,  è  di 
largo  uso  e  consumo  presso  gli  inglesi,  e 
vale  ad  indicare  il  decoro  della  elevazione 
sociale  al  di  sopra  di  un  certo  comune  grado: 
appellativo  commerciale,  quello  che  nel 
gergo  dei  nostri  commercianti  è  la  parola 
Spettabile.  Y.  questa  parola. 

Rèspice  fìnem:  lat.,  guarda  tifine^ 
cioè  riserva  il  giudizio  alla  conclusione 
dei  fatti,  e  si  suol  dire  con  intenzione. 

Responsabile  e  responsabilità:  sono 
neologismi  venuti  con  le  leggi  francesi, 
résponsable^  e  o'ésponsabilité  (obbligo  di 
rispondere  delle  proprie  o  delle  altrui 
azioni):  li  sancisce  pienamente  l'uso  e  la 
storia,  e  da  tempo:  Variante  meno  comune 
è  resptonsale.  V.  Fanfani,  op.  eit. 

Responsale:  è  voce  non  bella  che  ta- 
lora si  legge  e  si  ode  in  vece  di  respon- 
sabile. V.  questa  parola. 

Restaurant:  vocabolo  francese,  tradotto 
qualche  volta  in  ristorante  o  anche  in 
ristoratore.  ^q\V  hotel  si  alloggia  e  si 
pranza,  nel  restaurant  si  fanno  solamente 
i  pasti.  Yi  corrisponderebbe  la  parola  trat- 
toria., ma  un  «esercizio  di  primo  oi-dine», 
come  si  dice,  crederebbe  di  scendere  al 
grado  di  un' esteri  uccia  se  accogliesse  il 
vocabolo  italiano.  Il  Rigutini  propone  come 
minor  male  ristoratore.  Il  Lessico  del  Fan- 
fani, propone  osteria.^  voce  a  cui,  come 
ben  nota  il  Rigutini,  si  connette  nell'uso 
un  senso  «troppo  vile».  Restaurant^  come 
hotel,  è  parola  conquistata  dall'uso. 

Restaurazione:  ristabilimento  di  dina- 
stie 0  governi,  abbattuti:  con  speciale 
intendimento  storico  dicesi  delle  dinastie 
restaurate  negli  aviti  domini  dopo  la  Ri- 
voluzione e  Napoleone  (1815). 

Restrizione  mentale:  è  una  menzogna 
ammantata  o  larvata  o  talora  giustificata 
con  un  sofisma,  per  modo  che  abbia  par- 
venza di  verità.  Es.  «E  in  casa  il  tale?  » 
Risposta:  «  Qui  non  c'è!  »  e  chi  risponde 
intende:  «Qui,  in  questa  stanza»,  il  che 
non  contradice  alla  verità,  benché  nel  fatto 
sia  una  menzogna.  Codeste  restrinxioni 
mentali  sono  attribuite  alla  ipocrisia  gesui- 
tica. Il  vero  è  che  non  solo  i  seguaci  di 
Loiola  fanno  uso  di  tali  sofismi.  Osserva  ciò 
che  avviene  nella  nostra  vita  politica  !  La 


restrin%ione  mentale  si  può  considerare 
come  un'estensione  del  distingue  frequen- 
ter  degli  scolastici  antichi. 

Résumé  :  fr.,  sunto.,  compendio.,  più  fre- 
quente nella  locuzione  en  résu7né,  in 
breve.,  per  sommi  capi.,  recapitolando. 
(Dal  latino  red  e  sumere).  Yoce  usata 
per  vizio. 

Re  Tentenna:  Y.  Re  Travicello. 

Retenzione:  Y.  Ritenzione. 

Reticente:  neologismo  abbastanza  strano 
come  formazione,  per  indicare  persona 
che  tace,  non  palesa  la  verità.  (Cfr.  re- 
ticenza). 

Retrait:  Y.  Ritirata. 

Retraite:  fr.,  in  certo  ceto  mondano 
usasi  per  ritiro.,  oratorio  e  simili. 

Retrattilità:  term.  med.,  facoltà  che 
posseggono  certi  tessuti  di  ritornare  su 
di  sé  stessi,  accorciandosi. 

Re  Travicello  :  re  da  burla.,  da  parata, 
di  carta  pesta.,  che  sta  dove  si  mette., 
come  il  Re  Travicello  che  Giove  mandò 
ai  ranocchi.  L'espressione  è  dovuta  ap- 
punto al  Giusti  che  ne  intitolò  una  delle 
migliori  sue  satire  (cfr.  Fedro,  Favole., 
I,  2:  Ranae  regem  petentes).  Dicesi  con 
intenzione  oltraggiosa,  dell'autorità  regia 
costituzionale.  Non  minore  fortuna  ebbe 
l'altra  locuzione  Re  Tentenna.,  che  fu  ti- 
tolo di  satira  di  D.  Carbone  (1847)  allu- 
siva ai  tentennamenti  di  Carlo  Alberto. 

Retriever:  voce  inglese  usata  dai  cino- 
fili (che  bella  parola!)  o  cacciatori  per 
indicare  il  cane  che  riporta  la  selvaggina 
uccisa  col  fucile. 

Retroattività:  Y.  Retroattivo. 

Retroattivo  o  retroattività:  sono  due 
parole  venuteci  con  la  legislazione  fran- 
cese del  tempo  Napoleonico,  rétroactif., 
rètroactivitè.  Giustamente  osserva  il  Ri- 
gutini che  tali  voci  «  hanno  preso  tra  noi 
stabile  dimora  ».  Dire  che  la  legge  non 
guarda  indietro  sembrerebbe  affettazione. 
Retroattivo  (lat.  retro  =  indietro  ed  agere 
=:  operare),  che  opera  sul  passato,  che 
forza  su  fatti  avvenuti  antecedentemente 
alla  promulgazione  della  legge. 

Retrocessione:  atto  per  cui  si  cede  al- 
trui il  diritto  che  questi  prima  ci  aveva 
dato  :  restituzione. 

Retrocesso:  neoL,  diminuito  di  grado. 


Ret 


—     413     - 


Eev 


Retrodatare:  voce  del  gergo  ammini- 
strativo: trasportare  una  data  ad  un 
tem'po  anteriore  (retro). 

Retroscena:  propriamente  ciò  che  si 
trova  od  avviene,  non  sul  palco  scenico, 
ma  dietro  la  scena  del  teatro  :  quindi  per 
estensione  figurata,  il  lato  meno  attraente 
0  più  attraente  —  secondo  i  casi  —  di 
un  dato  affare:  le  segrete  operazioni  e 
maneggi  che  spiegano  il  vero  perchè  di 
un'azione.  Retroscena  è  neol.  comune, 
tralasciato  di  solito  dai  dizionari  e  traduce 
bene  la  parola  francese  coulisse .  V.  questa 
voce. 

Retroussé:  detto  di  naso,  è  il  nostro 
naso  all'insti.  Ma  la  voce  francese  deve 
alle  orecchie  della  gente  mondana  aver 
sapore  di  più  finezza.  «  E  per  lunghe  ore, 
specialmente  nelle  mattinali,  quanti  bei 
nasini  retroussés^  quante  pupille,  azzurre 
come  il  cielo  su  cui  si  disegna  lo  sfondo 
delle  vie  Ludovisi,  di  porta  Pinciana,  etc.» 
E  sono  sempre  esempi  di  scrittori  che 
vanno  por  la  maggiore  ! 

Retrovia:  voce  del  linguaggio  militare, 
usata  per  lo  più  al  plurale  per  indicare 
quelle  operazioni,  quelle  difese,  e  quelle 
comunicazioni  per  le  qu^li  l'esercito  com- 
battente si  trova  in  contatto  sicuro  con 
le  basi  di  rifornimento  e  di  azione. 

Rettifica:  ^per retti fleazione^  V.  Revoca. 

Retto:  e  più  comunemente  recto^  dicesi, 
nel  linguaggio  dei  librai  e  degli  stampa- 
tori, la  carta  del  libro  numerata  da  una 
sola  parte,  e  verso  l'altra  di  dietro  senza 
numero. 

Retto  (intestino):  ultima  porzione  del 
condotto  intestinale  dal  colon  all'orificio 
anale. 

Rettorlca:  per  nota  e  facile  estensione 
di  questa  antica  parola  (PrjTOQiKrj  rzi  l'arte 
del  dire),  essa  vale  non  solo  sfoggio  inu- 
tile di  frasi  adorne  e  sonanti.^  ma  sem- 
plicemente chiacchiere^  parole  senza  ap- 
poggio nei  fatti  o  nella  logica. 

Reucllniana:  noto  attributo  dì  pronun- 
cia del  greco  (dal  nome  dell'umanista 
Reuchlin,  1455-1522).  L'altra  pronuncia 
è  detta  Erasmiana,  da  Erasmo  :  la  prima 
pecca  di  iotatismo^  la  seconda  di  etacismo, 
dal  prevalere  dei  due  suoni  vocali  *  ed 
e  conforme  alle  duo  ijronuncie;  giacché  con 


quale  suono  i  greci  antichi  pronunciassero 
la  meravigliosa  loro  favella,  non  è  proprio 
certo  e  conosciuto. 

Revanche:  V.  Rivincita. 

Revenant:  parola  francese,  talora  usata 
per  vizio  in  vece  di  spettro^  spirito^  fan- 
tasma, detti  revenants^  cioè  ritornanti^ 
dalla  supposizione  volgare  che  ritornino 
dall'altro  mondo.  Es.  «Questa leggendaria 
logorrea  di  morale,  bandiera,  sociali  giu- 
sti'zie,  popolo,  che  non  tocca  una  sola 
delle  cause  dei  mali  presenti,  è  ben  la 
fioca  voce  di  un  revenant  del  48,  voce 
che  non  ha  in  nulla  l'accento,  la  vibrazione 
dei  tempi,  delle  cose,  dei  bisogni  dell'og- 
gi ».  Così  uno  scrittore  che  passa  per  au- 
torevole ed  è,  anche  lui,  salute  d'Italia. 
Si  dirà  :  oggidì  più  non  usa.  E  allora  per- 
chè abboccare  con  tanta  facilità  a  voci 
straniere,  riconosciute  inutili? 

Réverie  e  réve:  voci  francesi,  abusiva- 
mente usate  per  sogno.,  fantasia.,  etc, 
specie  nel  parlare  signorile  e  mondano. 

Revers:  fr.,  nel  linguaggio  della  moda, 
i  rivolti  0  mostre  dell'abito. 

Reversino:  V.  Reversis. 

Reversione  :  o  atavismo  o  sopravivema 
(fr.  ingl.  ted.  reversion,  dal  lat.  re-ver- 
tere)  in  biologia  vale  :  ritorno  dopo  molte 
generazioni  ed  incroci  al  tipo  della  specie 
primitiva:  in  psicologia:  apparizione,  per 
effetto  della  ereditarietà,  di  caratteri  che 
erano  propri  degli  antenati  o  avi  e  che 
normalmente  sono  a  pena  avvertiti.  Di 
questo  fenomeno  molto  si  vale  la  scuola 
antropologica  criminale  italiana  (Lombroso, 
Ferri,  Garofalo,  etc.)        . 

Reversis  o  reversi  :  nome  francese  di 
antico  giuoco  di  carte.  11  nomo,  tradotto 
in  reversino.,  dice  in  che  osso  consista, 
cioè  che  si  fa  il  contrario  che  negli  altri 
giuochi:  chi  fa  meno  punti,  vince.  V. 
il  Golii,  op.  cit. 

Revlrement:  è  voce  francese  che  vale 
virata  di  bordo,  cioè  cambiamento  di 
mura  della  nave  por  l'azione  delle  vele 
e  del  timone  (V.  Virare):  nel  senso  iìgu- 
rato,  in  fr.,  vale  mutamento.,  voltafaccia, 
e  anche  virar  dì  bordo.,  o  virata  di  bordo, 
in  senso  traslato.  Ma  revirement  in  corto 
linguaggio  giornalistico  -  mondano,  puro 
modo  più  bello.  Solito  caso  ! 


Eev 


—    414 


Rie 


Revisore  :  nel  linguaggio  degli  stampa- 
tori è  colui  il  quale  rivede  letterariamente 
e  scientificamente,  secondo  il  caso,  le 
stampe  di  un  libro  ;  mentre  il  correttore 
non  attende  se  non  alla  parte  tipografica. 

Revoca  :  i  puristi  vogliono  rivocazione^ 
cfr.  qualifica,  moltiplica^  rettifica^  ricu- 
pero^ etc.  Forme  abbreviate,  sancite  dal- 
l'uso. 

Revolté  :  leggo  in  un  articolo  di  fondo  del 
sig.  F***:  «  Da  quel  poca,  infatti,  che  si 
è  saputo  dell'assassino  del  re,  sembra 
essere  un  orgoglioso  e  un  revolté^  che  le 
vicende  dell'emigrazione  hanno,  come  Ca- 
serio,  come  Angiolillo,  come  Luccheni, 
sperduto  a  caso  per  il  vasto  mondo  ».  E 
anche  questo  signore  è  uno  dei  molti  numi 
tutelari  del  dolce  Paese!  Non  per  altro 
ho  riportato  questo  revolté^  che  certo  non 
è  ne  meno  di  uso  ristretto  in  vece  di  ri- 
belle^ se  non  per  dimostrare  con  copia  di 
prove  come  neglettamente  scrittori,  rite- 
nuti buoni,  scrivano  la  loro  lingua. 

Revolver  (tornio  a)  :  meccanismo  appli- 
cato ad  un  tornio  per  cambiare  automa- 
ticamente gli  iitensìli  che  debbono  com- 
piere il  lavoro  del  tornire. 

Revolver:  voce  inglese  di  nota  arma 
(dal  verbo  to  revolve^  volgere,  lat.  vòlvere) 
accolta  in  francese  e  fatta,  talora,  italiana 
in  ritioltella. 

Revolverata:  colpo  di  rivoltella. 

Revulsione:  term.  med.,  (dal  lat.  re- 
veliere)  atto  terapeutico  che  consiste  nel 
produrre  un  afflusso  di  sangue  in  un 
punto  più  0  meno  lontano  da  un  organo 
malato  allo  scopo  di  liberare  quest'organo 
(ventose,  salassi,  cauteri,  vescicanti,  etc.) 
Derivato,  revulsivo. 

Revulsivo  :  Y.  Revulsione.  Questa  voce 
ricorre  anche  in  senso  morale  per  rimedio^ 
sfogo  e  simili. 

Rex  regnat  seti  non  gubernat:  Y.  lire 
regna ^  etc. 

Rez-de-ohaussée:  voce  francese  da  rez 
(lat.  7'asus  =r  raso,  resente),  e  chaussée 
=r  via  (Y.  questa  voce),  quindi  apparta- 
mento a  pian  terreno.  [Re%,-de-chaussée^ 
chiamano  i  francesi  quei  noti  capannoni^ 
che  si  usano  per  le  officine  o  stabilimenti 
industriali,  e  che  presso  di  noi  sono  chia- 
mati sovente  col  nome  inglese  di  shed. 


Rialzista:  chi  in  Borsa  fa  operazioni 
che  agevolano  il  rialzo  dei  prezzi. 

Riassorbimento  :  terni,  med.,  sparizione 
parziale  o  totale  di  un  organo  o  di  un 
prodotto  patologico,  solido,  liquido,  gassoso 
per  effetto  dell'essere  i  suoi  elementi  un 
poco  per  volta  stati  ripresi  dalla  circola- 
zione sanguigna  e  linfatica.  |  Febbre  di 
riassorbimento ,  elevazione  termica  dovuta 
ad  alterazione  del  sangue  per  riassorbi- 
mento di  materiali  tossici  o  per  effetto 
di  ferita  settica  ;  e  tale  è  in  essenza  anche 
la  febbre  delle  malattie  interne,  per  alte- 
razione del  sangue,  prodotta  dai  bactèri 
(tossine). 

Riazione:  forma  variante  di  reazione 
(lat.  re-àgere  =  operare  in  senso  opposto), 
noto  termine  di  chimica,  trasportato  in 
senso  morale,  e  vale  opposizione,  quasi 
naturale  e  spontanea  forza  che  si  oppone 
ad  altra  forza,  principio  che  si  svolge  per 
effetto  specialmente  di  violenza  subita. 
In  questo  senso  filosofico  e  morale  è  voce 
antica  :  «  azione  per  cui  il  paziente  agisce 
vicendevolmente  contro  l' agente,  per  qua- 
lità contraria  a  quella  che  dall'agente 
riceve,  e  nella  stessa  parte  per  cui  l'a- 
gente agisce  e  allo  stesso  tempo  ». 

Ribassista  :  nel  linguaggio  di  Borsa 
colui  che  specula  sul  ribasso  dei  valori. 

Ribes:  in  it.  e  in  fr.,  da  l'arabo  ribas, 
noto  frutice  dell'Europa  media  e  setten- 
trionale. Ribes  rubrum^  L.  Eccellente  per 
fare  conserve,  specialmente  commisto  con 
lamponi. 

Ribote  :  fr.,  gozzoviglia^  da  cui  ribotta^ 
voce  notata  da  tempo  ;  ma  parmi  poco 
dell'uso.  Ribotta  è  pur  notata  nel  Cheru- 
bini (op.  cit.) 

Ricambio  materiale  :  tutto  il  movimento 
della  vita,  tutte  le  manifestazioni  vitali 
sono  essenzialmente  fondate  su  quel  mo- 
vimento continuo  di  entrata,  di  elabora- 
zione e  di  uscita  delle  sostanze  provenienti 
dal  mondo  esterno,  il  qual  movimento  ha 
luogo  nell'organismo. 

Ricevitore  del  Registro:  detto  anche 
ufficiale  del  registro  è  l'impiegato  che 
dipende  dal  Ministero  delle  Finanze,  ha 
sede  nelle  città  ove  ha  sede  un  Tribunale 
ed  anche  talvolta  una  Pretura,  ed  ha  per 
specialissima  missione  quella  di  registrare 


l\ÌC 


415    - 


Rif 


gli  atti  e  i  contratti  che  gli  vengono  pre- 
sentati, imprimendo  cosi  agli  stossi  la  data 
cei-ta.  Dipende  direttamente  dall'Inten- 
denza di  Finanza.  Esige  la  tassa  degli 
atti.  Molti  confondono  le  imposte  con  le 
tasse.  11  ricevitore  del  registro  esige  le 
tasse,  Vagente  delle  imposte  esige  le  im- 
poste 0,  per  meglio  dire,  non  le  esige,  ma 
le  impone.  Chi  le  esige  è  l'Esattore  Era- 
riale, Provinciale  o  Comunale.  NB.  A 
tale  proposito  l'Autore  di  questo  dizionario 
propenderebbe  un  tantino  per  1'  opinione 
di  padre  Cristoforo,  pur  conoscendo  che 
sarebbe  un  volere  «  mandare  il  mondo 
sottosopra  ».  {Promessi  Sposi.,  cap.  V). 
È  ben  vero  che  Tacito  {Storie^  lY)  os- 
serva :  Neque  quies  gentium,  sine  armis; 
neque  arìna  sine  stipendiis^  neque  sti- 
pendia sine  «  tributa  »  haberi  queunt. 

Richiamo:  nel  linguaggio  degli  stam- 
patori era  la  parola  o  sillaba  che,  posta 
in  pie  di  pagina,  attaccava  con  quella 
che  cominciava  la  pagina  appresso.  Ora 
non  usa  più  di  mettere  il  richiamo,  se 
non  nelle  imitazioni  eleganti  —  oggi  di 
moda  —  delle  stampe  del  Cinquecento. 

Ricreatorio:  istituto  di  ricreazione  (gin- 
nastica, etc.)  per  il  popolo.  (V.  Oratorio). 
Questo  recente  istituto  di  carattere  demo- 
cratico ha  per  iscopo  di  porger  utile  di- 
letto e  ritrovo  ai  giovinetti  di  bassa  con- 
dizione, togliendoli  alla  corruzione  delle 
strado  e  all'ozio  delle  bettole. 

Rictus:  (lat.  rictus  =  apertura  della 
bocca)  contrazione  spasmodica  dei  muscoli 
del  volto  sì  da  porgere  l'aspetto  del  riso 
forzato  {rictus  del  tetano).  Usasi  anche 
per  ghigno.,  smorfia  abituale. 

Ricuperare:  terni,  mar.,  tirare  a  sé 
l'imbando  di  una  corda,  manovra  o  catena 
tino  a  metterla  in  forza. 

Ricupero:  per  ricuperazione  o  rieupe- 
r amento,  V.  Revoca. 

Rideau:  tenda.,  tendina  (da  rider  = 
increspare).  Voce  francese  comunissima, 
usata  por  abuso. 

Ridentem  dicere  verum  |  quid  vetat?: 
che  cosa  vieta  il  dire  la  verità  in  forma 
.^cherxosa  ?  (Orazio,  Sat.  I,  V,  24).  Eppure 
la  vesto  del  riso  non  parvo  sufficiente  ta- 
lora e  occorse  la  vesto  dol  simbolo,  e  non 
bastò.  Oimè,  la  verità  ignuda  non   muta 


dimora  dal  fondo  del  pozzo  per  mutar  di 
tempi  !  Cfr.  il  motto  della  antica  sapienza  : 
la  verità  procaccia  odio^  e  l'ossequio 
gli  amici.  Confronta  altresì  la  sapienza 
dei  versi  omerici,  là  dove  Calcante,  in- 
dovino e  sacerdote  e  perciò  uomo  che  sa 
le  leggi  del  mondo,  prima  di  rivelare  la 
vera  cagione  dell'ira  di  Apolline,  domanda 
la  protezione  di  Achille  contro  Agamen- 
none, potente  e  prepotente.  Iliade,  lib.  I, 
74-83. 

Ridicule  :  così  è  francesemente  chiamata 
quella  tasca  o  borsetta  dì  seta  o  di  raso, 
a  ricami  e  trine,  di  proporzioni  più  o 
mono  grandi,  che  le  signore  portano  seco 
sul  braccio  e  dove  ripongono  le  loro  cian- 
frusaglie, chiavi,  fazzoletto,  borsellino  etc. 
Ma  è  costume  antico  ;  risale  al  tempo 
del  Direttorio.  Allora  quella  borsetta  si 
chiamava  rétieule  :  da  reticula  latino,  di- 
minutivo di  rctes  =:  rete.  Quindi  per  una 
corruzione  di  suoni  facilmente  spiegabile, 
rétieule  diventò  ridicule  cioè  la  ridicola  : 
notata  nei  diz.  d'Argot.  Non  ò  voce  co- 
mune fra  noi. 

Ridosso:  terni,  mar.,  luogo  riparato 
dall'impeto  del  vento  e  del  mare,  come 
il  sottovento  di  un'isola,  o  di  una  punta, 
0  di  un  capo,  o  di  altro  bastimento. 

Riducibile:  nel  significato  esteso  di  do- 
mabile., deve  essere  dal  fr.  réductible.  E 
così  è  dell'uso  irriducibile  per  indoma- 
bile, dal  fr.  irréducUble. 

Ridurre  al  silenzio:  parlando  di  batterie 
e  di  cannoni,  dicesi  per  smantellare,  ri- 
durre in  istato  da  non  poter  più  rispon- 
dere. Usasi  estensivamente  in  senso  mo- 
rale. 

Ridurre  il  piede  di  casa:  mettersi  in 
econoììiia.  V.  Piede  di  casa. 

Rien  ne  va  plus:  formula  doi  biscaz- 
zieri di  Montecarlo,  quando  tutte  le  poste 
sono  state  messe  e  più  non  si  punta  per- 
chè sta  per  cominciare  il  giuoco  della 
girella  (roulette).  Dicesi  in  senso  estoso. 

Rientrato:  dicosi  per  scherno  ed  isprezzo 
in  certo  linguaggio,  specie  dei  giornali, 
per  andato  a  male,  non  avvenuto.,  non 
riuscito  come  si  sperava  o  voleva. 

Rifare  la  verginità:  locuzione  di  gergo 
giornalistico  e  politico:  vale  rimettere  a 
nuovo,  smacchiare,  far  comparire  freschi 


Eif 


—     416     — 


Rìm 


e  puri  individui  bacati  e  disonesti,  me- 
diante le  note  opere  di  salvataggio  (V. 
questa  parola).  La  indifferenza  smemorata 
dell'ottimo  Pantalone  è  il  più  grande  sus- 
sidio in  codeste  operazioni  da  consorti. 

Riffa:  parola  che  ricorre  nella  locuzione 
ampiamente  dialettale,  e  toscana,  o  di 
riffa  0  di  raffa  =  a  tutti  i  costi.  In  mi- 
lanese o  de  riff  o  de  raff.  Ma  non  esce 
dal  parlare  familiare.  Fr.  colite  que  conte. 
Biffa .^  per  lotteria  privata.,  è  voce  notata. 

Rifilare  :  bassa  voce  di  gergo  (piemon- 
tese), formata,  forse,  su  la  voce  di  gergo 
francese  refiler.  Vale  dare,  restituire  con 
senso,  spesso,  furfantesco.  V.  Refilare. 

Riflessi  tendinei  :  sono  contrazioni  o 
scosse  più  0  meno  complicate,  più  o  meno 
durature  che  si  provocano  eccitando  mec- 
canicamente i  tendini.  L'abolizione  o  l'e- 
sagerazione di  questi  riflessi  è  indizio  d'a- 
normale eccitabilità  del  sistema  nervoso. 
Vi  sono  varie  specie  di  riflessi  tendinei 
che  prendono  nome  dai  tendini  su  cui  si 
provocano;  il  riflesso  tendineo  più  frequen- 
temente studiato  è  quello  del  ginocchio. 

Riflesso  (fenomeno)  :  atti  di  movimento 
0  di  secrezione  che  succedono  a  fenomeni 
di  sensibilità  senza  coscienza  :  atti  nei 
quali  l'impressione  e  la  trasmissione  hanno 
luogo  come  in  ogni  altra  circostanza,  ma 
la  parte  corrispondente  alla  percezione 
manca.  Moto  o  atto  riflesso  chiamasi  quel 
moto  che  si  compie  lienza  il  concorso  della 
volontà,  come  il  serrar  le  pupille  all'ap- 
pressarsi di  una  punta,  la  deglutizione, 
etc.  L' eccitazione  trasmessa  dalle  fibre 
sensitive  o  centripete,  è  riflessa  dalla  cel- 
lula nervosa  centrale,  indi  inviata  per 
mezzo  di  una  fibra  centrifuga  ad  un  or- 
gano più  0  meno  lontano  (muscolo,  glan- 
dola). 

Riflettore  :  apparecchio  che  riflette  e 
rimanda  a  distanza  raggi  luminosi.  Es. 
riflettore  elettrico,  (fr.  réflecteur). 

Rìfolo:  term.  mar.  folata.,  buffo  divento 
istantaneo  che  si  ripete  ad  intermittenza. 
Se  più  violento,  dicesi  ràffica.  Il  Petrocchi 
pone  a  torto  il  vocabolo  rìfolo  fra  le  pa- 
role fuori  d'uso.  Voce  vivissima  su  l'A- 
driatico, anche  a  Zara,  cara  città  ita- 
liana ! 

Riformista:  parola  coniata  per  influsso  del 


fr.  réformiste  ==  partigiano  delle  riforme 
(politica,  religiosa,  etc).  Voce  corrente. 
In  italiano  converrebbe  dire  riformatore. 
Solito  doppione  ! 

Rigàglie:  V.  Regàglie. 
Rigente  :  latinismo  poetico,  rigens.,  fred- 
do, intirizzito.,  duro  pel  freddo. 

Rlght  man  in  the  rìght  place:  motto 
inglese  comune,  variamente  attribuito,  e 
vuol  dire  un  uomo   capace  di  un   dato 
lavoro.,  deve  stare  nel  posto  che  gli  com- 
pete. Teoria  naturalo,   liberale,  ottima   e 
j   di  eccellenti  risultati.  È,  in  fondo,  la  se- 
!   lezione  dei  migliori  :  cosa  proprio  contraria 
I   alla  selezione  dei  meno  adatti  e  dei   più 
protervi,  contrarissima  alla  molto  onorata 
sentenza  di  governo  promoveatur  ut  amo- 
!   veatur.  Cfr.  Dante,  Par.  Vili,  in  fine. 

Rigidità  cadaverica:  fenomeno  di  indu- 
1  rimento  muscolare  e  perdita  della  ela- 
[  sticità,  che  si  manifesta  nei  cadaveri  poco 
j  tempo  dopo  avvenuta  la  morte.  Esso  è  do- 
j  vuto  alla  coagulazione  della  fibrina  mu- 
i    scolare  (miosina). 

Rigollot:  specie  di  carte  senapate,  forti; 
dal  nome  dell'inventore. 

Rigelo  :  voce  del  gergo  francese,  burle- 
sco., buontempone. 

Rigorismo  e  rigorista:  termini  comuni 
del  linguaggio  filosofico,  usati  da  E.  Kant 
con  uno  speciale  significato,  cioè  per  in- 
dicare una  concezione  ascetica  e  anti-edo- 
nistica  della  morale  :  morale  austera.  Poi 
furono  usati  in  più  largo  senso  :  metodi- 
camente e  deliberatamente  severo. 
Rilevare:  V.  Rilievo. 
Rilievo:  per  osservazione,  opposizione 
è  il  fr.  relief:  rilievo  =  avanzi  del  pranzo 
è  pure  il  fr.  relief  ^iz  restes  d'u?t  repas. 
Mettere  in  rilievo.,  per  dar  risalto^  far 
che  alcuna  cosa  o  idea  spicchi,  emerga 
su  le  altre,  come  suole  in  architettura  il 
rilievo:  rilevare  per  notare.,  sia  in  senso 
di  lode  che  di  biasimo  :  per  ribattere.,  ri- 
spondere vivacemente.,  cogliendo  il  lato 
manchevole  od  offensivo  del  discorso  altrui: 
per  coìnprendere  (poco  usato),  sono  voci 
e  modi  dedotti  dal  senso  figurato  del  fr. 
relever.  Non  è  a  dire  se  spiacciano  ai  pu- 
risti, ma  l'uso  li  va  sempre  più  confer- 
mando. 

Rimaner  nella  tromba:  V.  Trombato. 


417 


Rin 


Rimarcabile:  per  notevole^  importante 
e  così  rimarcare  per  notare^  osservare^ 
appartengono  a  que'  gallicismi  {remar- 
quable^remarquer)  i  quali, benché  comuni, 
non  mi  paiono  molto  fusi  nella  lingua 
dell'uso,  e  però  sono  agevolmente  sfug- 
giti. 

Rimarcare:  per  osservare^  notare  «  è 
lirutto  (5  inutile  gallicismo  come  i  suoi 
verbali  rimarcabile  e  rimarchevole  »  (Ri- 
gatini). Non  mancano  però  buoni  esempi 
di  tale  verbo.  V,  Rimarcabile  e  marca. 

Rimarco:  (dal  fr.  remarqué)  nota,  os- 
serraxionp  :  solitamente  si  dice  con  in- 
tenzione di  biasimo.  Brutta  parola. 

Rimedio  eroico  :  rimedi  eroici;  in  far- 
maceutica sono  detti  quei  rimedi  che  in 
piccole  dosi  producono  grandi  effetti  (al- 
caloidi, veleni),  e  perchè  si  sogliono  usare 
in  casi  gravi,  così  rimedio  eroico  trapassò 
nel  linguaggio  comune  familiare  per  in- 
dicare risoluzioni  decisive,  supreme,  contro 
mali  morali. 

Rimessa:  di  fondi  o  di  effetti  è  voce 
propria  del  linguaggio  commerciale,  e  vale 
invio  di  danari  (fondi)  o  di  cambiali. 

Rimonta:  per  rifornimento  di  cavalli, 
è  voce  del  linguaggio  militare  :  dal  fr. 
reììionte  =  achat  de  chevaux  pour  re- 
monter  un  régiment.  Nel  senso  di  rifare, 
rimettere  a  nuovo,  detto  di  cappelli,  scarpe, 
(e  così  il  verbo  rimontare),  è  parola  a 
cui  gli  stessi  puristi  fanno  per  necessità 
buon  viso  (dal  fr.  remonter  =  remettre  à 
nenf,  remettre  en  ètat  d'aller). 

Rimpallo:  nel  giuoco  del  biliardo  in- 
dica il  ritorno  della  palla  avversaria  su 
la  palla  che  l'ha  colpita. 

Rimpasto:  voce  usata  nel  linguaggio 
della  politica  per  significare  una  nuova 
combinazione  ne'  consigli  della  città  o 
dello  Stato  con  esclusione  di  antichi  e  am- 
missione di  nuovi  personaggi.  Voce  che 
occorre  specialmente  nella  locuzione  rm- 
pasto  ministeriale.  «  Maniera  sgarbata  » 
e  «  metafora  da  fornai  »,  la  dico  il  Rigu- 
tini,  il  quale  propone  modificaxione,  par- 
ziale nmtaxione  del  Ministero. 

Rimpatrio  :  voce  neologica,  sancita  dal- 
l'uso. 1  puristi  consigliano  il  rimpatriare 
I  )  rimpatriarnento . 

Rimpiazzare:  per  surrogare,  sostituire 


è  gallicismo  ripreso  giustamente  dai  pu- 
risti {remplacer),  ma  non  mi  pare  che  esca 
da  un  certo  gergo  burocratico  o  commer- 
ciale ;  meno  usata  ancora  mi  pare  la  «  vo- 
ciaccia  »  (Rigutinij  rimpiazzo,  per  scam- 
bio, sostituzione,  surrogazione.  Questo 
rimpiazzo  è  per  effetto  del  francese  ;  ma 
non  è  francese  in  cui  si  dice  remplace- 
ment.  Ri?npiazzare  e  rimpiazzo  sono 
parole  notate  nel  Petrocchi  (edizione  mag- 
giore). Evidentemente  devono  essere  due 
gallicismi  nobilitati  dall'  uso  fiorentino. 
V,  Mussare. 

Rimpiazzo  :  V.  Bùnpiazzare. 

Rinascenza:  voce  dell'uso,  foggiata,  pro- 
babilmente, sul  francese  renaissance.  In 
buon  italiano  rinascita  o  rinascimento. 
V.  queste  parole. 

Rinascita:  meglio  di  rinascimento  (V. 
renaissance).  E  nomo  dato  al  meraviglioso 
fenomeno  storico  da  cui  procede  tutta  la 
civiltà  moderna.  Si  manifesta  in  Italia  nei 
secoli  15'^  e  16°,  come  risveglio  di  anime 
dal  letargo  delle  età  di  mezzo.  Propa- 
gasi poi  a  tutta  r  Europa  civile.  Uma- 
nesimo ,  naturalesimo ,  ricerca ,  verità 
insomma  ed  esperienza,  progredienti,  con- 
traposte al  misticismo,  dogmatismo,  im- 
mobilismo, terrore  del  Medio  Evo.  Segno 
suo  più  palese  e  parvente  è  il  risorgere 
dell'arte  e  delle  lettere  greche  e  romane. 
In  arte  è  lo  studio  della  natura  amorosa- 
mente sentita,  potentemente  resa:  Luca,  Si- 
gnorelli,  il  Carpaccio,  Giorgione,  il  Dona- 
tello, il  Botticelli:  in  architettura,  da  prima 
l'imitazione  romana  sostituita  all'arte  go- 
tica, imitazione  resa  poi  originale  e  gentile 
e  nostra  con  elementi  molteplici,  stupenda- 
mente fusi  in  unità  :  in  filosofia,  la  libertà 
del  pensiero  :  nella  scienza,  lo  studio  del 
vero.  (V.  Risorgimento). 

Rinfrescare:  noi  linguaggio  marinaresco 
si  dice  del  vento  quando  aumenta  dì  in- 
tensità e  di  forza. 

Ring  :  in  tedesco  anello,  indica  per  e- 
stonsione,  una  speciale  forma  di  trust  o 
sindacato,  o  monopolio  (linguaggio  com- 
merciale). V.  Cartel.  \  Ring  è  puro  voce 
inglese  del  linguaggio  dei  tessitori  :  vaio 
filatoio  ad  anelli:  il  nome  proviene  da 
ciò  che  la  torsioiui  è  fatta  da  un  anellino 
che    gira    velocissimo  intorno  al   fuso.  | 


A.  Pa.nzini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani 


Ein 


418     — 


Ris 


Ring^  è  pur  voce  dello  sport:  vale  chiuso^ 
recinto.  Ring  è  pur  voce  inglese. 

Ring  Doubling  Frame:  voce  ingl.  del 
linguaggio  dei  tessitori  :  più  comunemente, 
doubling;  macchina  che  serve  per  accop- 
piare per  mezzo  di  torsione  due  o  piìi  fili 
dei  fusi  provenienti  dalle  macchine  da  fi- 
lare {rings  o  selfacfings). 

Ring  Spinning  Frame:  e  più  comune- 
mente Ring:  voci  inglesi  del  linguaggio 
dei  tessitori  :  filatoio  continuo  ad  anelli. 
Serve  per  filare  catena  o  trama  :  compie, 
con  metodo  diverso,  lo  stesso  ufficio  del 
selfacting. 

Ringstrasse  :  nome  di  una  strada  di 
Vienna,  fra  le  più  belle,  detta  appunto 
via  anulare  o  via  circolare  perchè  co- 
strutta air  ingiro  su  gli  abbattuti,  anti- 
chi bastioni.  Ricorre  questa  voce  estensi- 
vamente. 

Rinofonia:  o  rinolalia.,  nome  dato  in 
medicina  alle  modificazioni  del  suono  per 
effetto  della  risonanza  delle  cavità  nasali. 
Ciò  può  avvenire  tanto  per  mancanza  della 
permeabilità  del  naso  come  per  esagera- 
zione di  questa  permeabilità.  Volgarmente  : 
voce  nasale.  Dal  gr.  Qig  =  naso,  onde  le 
molte  voci  scientifiche  rinite  =z  infiamma- 
zione delle  fosse  nasali,  rinologia,  studio, 
scienza  del  naso,  rinoscopia,  esame  del 
naso,  rinorrea  scolo  dal  naso,  etc. 

Rinvio  :  termine  giuridico  :  l'atto  di  dif- 
ferire, rimandare  ad  altro  tempo  giudizio 
0  discussione  davanti  ad  un  tribunale  o 
ad  una  commissione  :  differimento.,  aggior- 
namento. Spiace  ai  puristi  come  gallici- 
smo (renvoi)  e  così  dicasi  del  verbo  rin- 
viare. Ma  sono  voci  ormai  di  carattere 
tecnico. 

Ripareila:  V.  Ranella. 

Riporto  :  «  Voce  usata  in  Banca  e  in 
Borsa.  In  Banca  significa:  vendere  a 
contanti  per  riacquistare  contemporanea- 
mente a  termine  titoli  della  stessa  specie  ; 
in  Borsa  significa  :  rimettere  ad  una  li- 
quidazione successiva  un  contratto  che 
doveva  avere  esecuzione  immediata  » 
(Prof.  C.  Bellini).  Tale  senso  è  tolto  dal 
francese  repori. 

Rira  bien  qui  rira  le  dernier:  riderà 
bene  chi  riderà  ultimo^  noto  e  comune 
motto  francese,  cui   si  accosta   il   nostro 


non  dir  quattro  se  non  l'hai  nel  sacco, 
(il  quale  adagio  si  riferisce  volgarmente 
a  quel  villano  che  toglieva  i  tordi  dalla 
rete,  schiacciava  la  testa  e  li  metteva  nel 
sacco.  Tre  vi  entrarono,  ma  il  quarto 
scappò). 

Risacca:  terni,  mar.,  ritorno  dell'onda 
quando  è  respinta  da  un  ostacolo. 

Risata  omerica:  V.  Asbestos  ghelos. 

Riscaldamento  alla  Perlcins:  V.  Per- 
kins. 

Riscaldarsi  a  freddo:  non  è  dal  fran- 
cese. Si  dice  però  in  francese:  à  froid 
per  dire  sans  étre  échauffé.,  sans  émotion, 
sans  emportement.  Faire  de  l'enthousia- 
sme.,  de  la  colere  ù  froid^  sans  verve  ni 
passion  réelle  (Littré).  Da  ciò  forse  la 
nostra  locuzione. 

Risconto:  da  riscontare,  significa:  ri- 
vendere cambiali  già  prima  scontate,  cioè 
comprate. 

Riserva  (senza)  :  per  assolutamente^  sen- 
za eccexione,  è  la  locuzione  francese,  sans 
réserve. 

Riserva  metallica:  quel  fondo  di  moneta 
metallica  che  gli  istituti  di  credito  sono 
obbligati  a  tenere  nelle  casse  per  garanzia 
dei  biglietti  fiduciari  a  corso  libero,  auto- 
rizzato dal  Governo. 

Riservista:  soldato  che  forma  parte  della 
Riserva  :  dal  francese  rèserviste. 

Risi  e  bisi:  riso  e  piselli.,  nome  dialet- 
tale di  minestra  che  è  speciale  della  cu- 
cina veneziana.  V.  Risotto. 

Riso  in  cagnóni  :  locuzione  milanese 
che  non  indica  il  classico  risotto,  ma  il 
riso  cotto  neir  acqua,  indi  condito  con 
burro  fritto  e  parmigiano  o  con  acciughe, 
funghi,  ecc.  Onde  1'  antiestetica  voce  ca- 
gnoni? Pare  da  can  che  in  milanese  vuol 
dir  baco,  appunto  perchè  il  riso  bianco 
per  effetto  dei  puntini  scuri  del  burro 
fritto  assomiglia  a  dei  bachi.  Almeno  cosi 
mi  fu  detto.  V.  Risotto. 

Risorgimento:  con  questa  parola  più 
specialmente  si  intende  il  risorgere  ad 
unità  e  a  libertà  della  patria  nostra  (1796 
ovvero  1814-1870).  In  senso  letterario  e 
filosofico  risorgimento  talora  si  usa  per 
Rinascita  (v.  questa  parola)  o  Rinasci- 
mento. Sono  questi  i  due  grandi  momenti 
della  storia  e  del  pensiero  d'Italia. 


Kis 


419 


Ris 


Risorsa  :  per  iìiex,%,o^  s'pediente^  provento^ 
emolumento,  guadagno.,  compenso,  aiuto, 
profitto,  etc,  etc,  è  dai  puristi  condan- 
nata come  parola  francese,  ressouree  (da 
source  =  sorgente).  E  voce  ormai  usatis-, 
sima  presso  di  noi  e  servì  altresì  al  titolo 
di  un  bellissimo  scritto  del  Carducci,  Le 
risorse  dì  S.  Miniato  al  Tedesco.  Chi 
[)iù  ne  vuol  sapere  legga  ciò  che  piace- 
voleggia il  Rigutini  facendo  il  processo 
di  detta  parola  nel  principio  dei  suoi  Neo- 
logismi, etc.  (op.  cit.). 

Risotto:  il  riso  divide,  come  territorio 
-astronomico,  l'Italia  superiore  (Veneto 
Lombardia)  dall'Italia  meridionale.  Qui  il 
cibo  quotidiano  sono  i  maccheroni,  cotti 
con  speciale  arte,  cioè  in  molta  acqua  e 
al  dente,  e  sono  conditi  semplicemente, 
con  copia  di  pomidoro  e  formaggio  di  Sar- 
degna, assai  piccante.  Nell'alta  Italia  do- 
mina il  riso:  esso  forma  il  cibo  presso 
che  quotidiano.  Fra  le  maniere  di  prepa- 
rare il  riso,  la  più  tipica  è  quella  del  ri- 
sotto alla  milanese,  cioè  con  zafferano.  È 
bellissima  nel  suo  studio  di  toscana  eletta 
purità  la  spiegazione  del  risotto  quale  dà 
il  Cherubini  {op.  cit.):  «  Soffritto  che  tu 
abbia  nel  burro  alquanto  midollo  di  manzo 
e  una  cipollina  trita,  vi  metti  il  riso  :  uq 
po'  abrostito  eh'  ei  sia,  tu  lo  inondi  di 
buon  brodo,  indi  lo  regali  di  cervellata  e 
di  cacio  lodigiano  grattato  ;  lo  lasci  così 
cuocere  e  beversi  tutto  di  brodo,  dopo  di 
che  lo  ingialli  con  una  preserella  di  zaffe- 
rano ».  Varietà  prelibate  del  risotto  sono: 
con  i  funghi,  coi  tartufi,  con  la  luganega 
(salciccia),  con  code  di  gamberi  (detto  alla 
•  ei-tosina,  cioè  di  magro).  Quanto  poi  al 
riso  in  brodo,  oltre  al  minestrone,  già  qui 
notato,  sono  da  ricordare  le  seguenti  mi- 
nestre, buone  specialmente  per  chi  piace," 
giacche  «  fra  noi  —  cito  ancora  le  pure 
espressioni  del  Cherubini  —  il  riso  in 
zuppa  si  vuol  maritare  con  erbaggi  e  le- 
gumi e  carnaggi  di  più  specie  »,  onde 
riso  e  rape,  riso  e  cavoli,  riso  e  xucche, 
riso  e  piselli  (V.  risi  e  bisi),  riso  e  fava 
riso  e  corata,  etc.  Il  così  dotto  riso  in 
cagnoni  è  una  varietà  di  risotto,  cotto 
cioè  prima  nell'acqua,  colato,  indi  condito 
lon  burro,  aglio,  acciughe,  cacio,  funghi, 
(te.  (V.  Riso  in  cagnoni).  Hi  questo  com- 


binazioni, molte  sono  comuni  col  Veneto. 
A  Venezia  sono  caratteristiche  le  minestre 
di  riso  con  alcuni  pesci,  come  seppie,  tel- 
line, arselle  (peoci).  Nel  Comacchiese  si 
preparano  eccellenti  risotti  con  le  anguille. 
L'Emilia  e  la  Toscana  segnano  poi  una 
zona,  per  così  dire,  di  separazione  tra  il 
regno  del  riso  e  quello  dei  maccheroni. 
In  questa  parte  centrale  d'Italia  predo- 
minano le  minestre  di  pasta  fatta  in  casa, 
senza  verdura  se  non  quanto  basta  per 
dare  aroma  al  brodo.  Oltre  alle  classiche 
tagliatelle  bolognesi,  ricordiamo  le  mine- 
stre di  pasta,  farcita  o  drogata,  come  i 
passatelli,  i  cappelletti,  i  tortellini,  sì  in 
brodo  come  asciutti,  ed  anche  qui  la  varietà 
è  così  grande  nella  unità  che  ad  es.  Parma 
ammannisce  e  condisce  diversamente  da 
Bologna,  Bologna  da  Ravenna.  V.  a  questo 
oggetto  il  bel  libro  citato  dell' Artusi.  E 
come  per  le  vivande,  così  pel  vino:  bevesi 
vino  di  Gragnano  in  Napoli,  Canina  e 
Sangiovese  in  Romagna,  Carmignaiio  e 
Chianti  in  Toscana,  vino  delli  Castelli  in 
Roma.  Sì  mangiando  risotto  a  Milano, 
come  spaghetti  a  Napoli,  o  fettuccine  a 
Roma,  io  mi  sento  italiano,  e  godo  del- 
l'italianità sì  del  Barolo  a  Torino  come 
del  Sassella  valtellinese  :  e  mi  parrebbe 
peccato  guastare  questa  stupenda  varietà 
gastronomica,  né  por  questo  mi  sento  meno 
unitario.  Per  ciò  che  riguarda  la  lingua 
italiana,  vi  sarebbe  a  diro  qualcosa  di  si- 
mile in  opposizione  a  quei  fanatici  della 
scuola  e  teorici  che  vorrebbero  sotto  la  mec- 
canica unità  della  parlata  fiorentina  ridurre 
l'italiano.  Curassero  e  difendessero  costoro 
altra  cosa  che  le  parole  edj  suoni  !  curas- 
sero l'italianità  dell'idea  e  del  pensiero! 
piuttosto  la  logica  grammaticale  sintattica, 
nostra!  e  quanto  all'unità  formale  e  ma- 
teriale lasciassero  la  cura  al  tempo  ed  alla 
legge  storica  naturale  evolutiva  !  V.  Car- 
ducci, Mosche  Cocchiere,  e  mi  scusi  ohi 
legge  se  questo  paragrafo,  mescolando 
così  vari  ingredienti,  e  riuscito  proprio 
un  risotto. 

Risotto  al  salto  :  cosi  chiamano  a  Milano 
il  classico  risotto  con  lo  zafferano  il  (jualo, 
rimasto  freddo  o  a  mozza  cottura,  è  poi 
fatto  saltare  e  rosolare  in  padella  con 
altro  burro.  Gli  abili  cuochi  ne   formano 


Eis 


—     420     - 


Riv 


certe  lune  sceme  o  mezze  lune,  fumanti 
e  appetitosissime. 

Rispettabile:  per  bello^  buono^  consi- 
derevole, come  un  capitale  rispettabile^  è 
modo  ripreso  dai  puristi.  Lo  sancisce  l'uso. 

Rispondere  per  le  rime  :  cioè  a  tuono, 
a  modo  e  forte,  cioè  con  pari  violenza  ed 
acredine.  Questa  locuzione  trae  origine 
dal  costume  popolare  delle  proposte  e  ri- 
sposte in  rima,  ed  accademico  di  rispon- 
dere ai  sonetti  con  sonetti  di  uguali  rime. 
Di  solito  quei  letterati  non  si  scambiavano 
frasi  gentili  0  complimenti,  ma  acerbi  motti: 
dicevasi  anche  risposta  alle  consonanze. 

Risponder  picche:  così  si  dice  quando 
si  rimane  delusi  nella  domanda  :  locuzione 
familiare  e  faceta.  Non  è  dal  francese,  e 
verosimilmente  deve  essere  dedotta  dal 
giuoco  delle  carte  (picche,  fiori,  cuori, 
quadri). 

Rispondo  che  non  rispondo:  vecchia 
locuzione  del  linguaggio  parlamentare, 
rimasta  viva  sino  ad  ora  :  fu  pronunciata 
nel  Parlamento  Subalpino  dal  Ministro 
G.  Filippo  Galvagno. 

Ristorante:  Y.  Restaurant. 

Risùcchio:  term.  mar.,  movimento  vor- 
ticoso dell'acqua  a  guisa  di  spirale  all'in- 
giii,  che  tende  ad  affondare. 

Risus  abundat  in  ore  stuitorum:  il  riso 
abbonda  su  le  labbra  degli  stolti  :  antico 
motto  latino,  di  formazione,  credo,  popo- 
lare :  di  molto  consumo  nelle  scuole.  Cfr. 
l'altro  motto,  il  riso  fa  buon  sangue.  La 
sapienza  del  popolo  ha  di  solito  proverbi 
di  opposto  senso,  cioè  che  si  elidono, 
come  ad  es.  chi  dorme  non  piglia  pesci .^ 
e  l'altro  la  forhina  viene  dormendo. 

Ritardatario:  detto  di  chi  arriva  in 
ritardo,  riprendesi  come  il  fr.  retardaire. 
Ma  chi  usa  più  la  voce  indugiatore?  chi 
userebbe  il  tenebrone^  suggerito  dal  Fan- 
fani? 

Ritenere:  per  credere,'  tenere.,  senten- 
ziare, giudicare  è  neol.  superfluo,  ripreso 
dai  puristi. 

Ritenzione  :  (lat.  re-tinere  =  ritenere) 
term.  med.  :  dice  esservi  ritenzione  quando 
una  sostanza  liquida  o  solida,  destinata 
ad  essere  espulsa  dall'organismo,  resta 
ne'  serbatoi  che  la  contengono  e  per  il 
suo  accumularsi  o  per  la    sua    presenza 


diviene  cagione  di  malattia  (placenta,  bile, 
urina). 

Ritirata:  la  parola  fr.  retrait  (lat.  re- 
traheré)  ha  dato  origine  a  questa  assai 
goffa  parola  ritirata^  nota  per  le  stazioni 
d'Italia.  Non  mancano  parole  nostre:  cesso 
(secesso.,  cioè  luogo  appartato).,  licet^  luogo 
comodo.,  latrina.,  lat.  latrina  da  lavatrina^ 
(cacatoio).,  ma  hanno  senso  ed  uso  plebeo. 
(V.  Lieux  d'aisanee).  Il  dialetto  milanese 
ha  la  buona  voce  camer.,  la  lingua  clas- 
sica agiamento  e  privato  («  Che  dagli 
uman  privati  parea  mosso  »,  Dante  Inf. 
XYIII),  ma  sono  vocaboli  caduti  in  disuso 
e  appartengono  all'archivio  storico  della 
lingua.  Per  indicare  tale  luogo  decorosa- 
mente v'è  chi  dice,  pur  usando  un  galli- 
cismo, gabinetto:  altri  dice  stanzino,  o 
con  voce  apertamente  straniera  retrait., 
water-closet .,  do  set. 

Ritornare  :  ne]  senso  di  restituire^  ri- 
mandare riprendesi  dai  puristi  come  uso 
conforme  al  retourner  de'  francesi.  Ma 
mi  pare  poco  usato. 

Riuscito  :  usato  assolutamente  per  bello, 
è  neol.  tolto,  secondo  i  puristi,  dal  francese 
réussi  ^  beau.,  brillanta  ed  è  notato  in  tale 
senso  nei  diz.  d'Argot. 

Riva  (a)  :  o  arriva  voce  comune  e  no- 
strana del  linguaggio  marinaresco,  da  riva 
nel  senso  di  luogo  estremo,  sommità.  A 
riva  vale  alla  sommità  degli  alberi  o  dei 
pennoni.  A  riva!  voce  di  comando. 

Rivalsa:  da  rivalere.,  è  neologismo  (  «  inu- 
tile » ,  nota  il  Rigutini)  per  risarcimento., 
rifacimento. 

Rivelare  :  i  puristi  non  hanno  torto 
quando  notano  che  rivelare  in  italiano 
ha  senso  grave  e  solenne,  quasi  togliere 
il  velo  che  ricopre  cose  misteriose  o  no- 
bili :  nel  senso  comune  di  mostrare.,  dar 
a  vedere.,  etc.  è  un'estensione  conforme 
al  francese.  Ma  la  forza  dell'uso  vale  più 
di  ogni  buona  ragione. 

Rivelazione:  lat.  revelare.,  manifestare: 
in  teologia  significa  manifestazione  di 
Dio  per  opera  di  agenti  naturali  od 
umani.,  e  più  specialmente  la  comunica- 
zione della  volontà  e  del  pensiero  divino 
per  mezzo  di  uomini  inspirati  (profeti). 
Ogni  religione  suppone  una  maniera  di 
rivelazione,  la  quale  ha    valore    secondo 


Riv 


421 


Roc 


la  fede  ed  i  tempi.  |  Dicesi  familiarmente 
rivelaxione  \)er  >  manifestazione  non  so- 
spottatii  del  valore  e  dell'ingegno. 

Rivetto  :  voce  abusiva,  usata  da  alcuni 
meccanici  ed  in  commercio  (fr.  rivet)  per 
indicare  i  chiodi  a  due  teste. 

Rivière:  o  rivière  de  diamants  ^coWana,^ 
così  detta  per  estensione  di  rivière  =  rivo, 
riviera,  come  è  spiegato  da  questo  gra- 
zioso bisticcio.  —  Oh/  la  magnifique 
rivière!  D'oii  lui vient-elle?  —  Parbleu! 
d'oà  viennent  toutes  les  rivières  :  des  pe- 
tits  riiisseaux!  Questa  voce  francese  non 
è  rara  nel  nostro  ceto  elegante. 

Rivière:  fr.,  specie  di  punto  a  giorno 
formato  cioè  togliendo  i  fili  dalle  stoffe. 

Rivincita:  i  puristi  osservano  che  ri- 
vincita in  buon  italiano  vale  vincer  di 
nuo'vo^  ma  non  vale  la  revanehe  francese 
che  deriva  da  re  e  vanger,  cioè  ricatto^ 
vendetta.  Il  vero  è  che,  o  per  influsso 
del  francese  o  per  spontanea  estensione 
della  parola,  rivincita  vale  oramai  tanto 
l'una  che  l'altra  cosa.  Dirò  ancora  che  i 
francesi  ci  hanno,  dal  1871  in  poi,  così 
abituati  alla  loro  voce  revanehe  che  noi, 
sia  pure  per  celia,  chiamiamo  talora  re- 
vanehe la  stessa  2^  partita  del  giuoco. 

Rivoltante:  per  ributtante^  stomache- 
vole è  il  fr.  révoltant.  Es.  «  eccezion  fatta 
degli  sposi  novelli  le  cui  smancerie  in 
publico  sono  comiche  e  spesso  rivoltanti  ». 
(Sempre  esempi  di  scrittori  che  vanno 
per  la  maggiore,  mosche  cocchiere  e  sa- 
lute di  quest'umile  Italia!).  Il  dialetto 
veneziano  ha  la  incisiva  voce  stomeghexi 
z:^  far  stomaco.,  far  venir  su  la  cena  di 
Natale^  etc,  etc.  Corto  bisogna  volger  la 
frase  italianamente,  cioè  pensare  in  italiano. 

Rivoluzionare:  dal  fr.  révolutionner^ 
verbo  neologico  usato  e  abusato,  che  non 
vuol  dire  soltanto  far  insorgere^  ribellare., 
abbattere.,  sconvolgere  per  effetto  di  rivo- 
luzione, ma  contiene  il  concotto  di  rinno- 
rare  per  effetto  di  nuovi  istituti,  scoperte, 
invenzioni  e  simili.  Il  Rigutini  osserva 
con  senso  di  biasimo:  «  i  francesi  che  di 
rivoluzioni  si  intendono  molto,  hanno  fatto 
il  verbo  révolutionner.,  etc.  »  e  gli  italiani 
che  regolarono  i  loro  moti  secondo  i  moti 
di  Francia  V  Evvia  !  si  può  davvero  ac- 
cettare qualche  vocabolo  ! 


Rlvoluzionarfsmo:  uno  dei  tanti  ismi 
di  fabbrica  italiana,  foggiati  per  arbitrio, 
e  senza  necessità. 

Rizza:  terni,  mar.,  ciascuna  di  quelle 
corde  che  servono  a  legare  solidamente  e 
stabilmente. 

Roast-beef:  voce  inglese  e  vuol  dire 
bue  arrostilo.,  la  quale  conforme  alla  pro- 
nuncia, si  scrive  in  francese  e  in  italiano 
rosbif;  in  Toscana  rosbiffe.  A  rigor  di 
termini  ogni  pezzo  di  bue  arrosto  è  rosbif 
ma  nella  cucina  inglese  sotto  questo  nome 
si  comprende  tutto  il  controfiletto  dell'a- 
nimale. Si  cuoce  a  vivo  fuoco,  e  agli  inglesi 
sembrerebbe  guastarlo  aggiungendo  altro 
condimento  che  il  pepe  e  il  sale.  Quando 
è  rosolato  bene  all'esterno,  sanguinante 
dentro,  ritienesi  di  ottima  cottura.  Il  sugo 
servesi  a  parte  in  una  salsiera  e  con  forti 
droghe.  Passando  in  Francia  il  rosbif  si 
è  raggentilito,  con  alcuna  modificazione 
nell'arte  della  cottura.  Il  rosbiffe  con  co- 
desto travestimento  toscano  in  iffe^  è 
sfuggito  alla  severa  caccia  del  Fanfani, 
ed  è  voce  accolta  nel  Petrocchi  e  nei  diz. 
moderni  dell'  uso. 

Robe  :  voce  fr.  della  moda  :  è  il  vestito 
da  donna,  giacchetto  e  sottana.  Cfr.  la 
nostra  voce  classica  roba  per  veste  :  «  Vii 
tonaca  t'ammanta  e  ti  dismanta  la  roba 
pomposa  »,  Boccaccio,  e  robone.,  la  veste 
magnifica  de'  cavalieri,  dottori,  magistrati, 
rimasta  nel  francese,  che  robe  vale  toga., 
abito  dottorale.,  onde  gens  de  robe,  no- 
blesse  de  robe. 

Robinetto  :  per  chiavetta  è  il  fr.  robinet., 
voce  oramai  di  uso  comune.  Robinet  è 
detto  da  robin.,  sopranome  del  montone, 
perchè  i  primi  robinctti  si  facevano  in 
forma  di  testa  del  montone. 

Robiola:  dal  milanese  robÌQ'Ma:  pani 
0  forme  di  vallonea  e  di  residui  di  pelle 
che  si  usano  per  ardere  :  in  fr.  motte  à 
brùler.  Verosimilmente  dal  nome  di  certi 
piccoli  formaggi  a  formetta  schiacciata  ; 
toscanamente,  raviggiuolo  o  reriggìuolo. 

Rocaille:  voce  francese,  e  si  dico  talora 
per  indicare  quei  lavori  artificiali  (come 
grotte,  sodili,  etc.)  fatti  di  pietre,  tufo, 
conchiglie,  che  usano  nei  giardini.  Gusto, 
non  fine  corto,  che  risalo  ai  secoli  XVII 
e  XVIII. 


Eoe 


422 


Rom 


Rocambole:  nome  che  si  pronuncia  an- 
che italianamente  :  è  il  protagonista  di 
una  serie  di  romanzi,  dettati  dalla  infa- 
ticabile Ce  perchè  no?)  geniale  penna  di 
Ponson  du  Terrail  (1829-1871):  il  quale 
Rocambole  su  la  gran  scena  di  Parigi 
compie  le  più  inverosimili  ed  audaci  im- 
prese, di  male  prima  e  poi  di  bene,  che 
fantasia  possa  pensare.  Il  nome  diventò 
proverbiale  per  indicare  un  abile  avven- 
turiero. 

Rocambolesco:  si  dice  come  attributo 
di  impresa  furfantesca  audace,  dramma- 
tica, inverosimile,  secondo  l'arte  del  fa- 
moso Roeamhole  (V.  questa  parola). 

Ròccolo:  voce  ampiamente  dialettale 
che  vale,  press' a  poco,  ragna,  sottilissima 
rete,  usata  per  uccellare.  (V.  il  Che- 
rubini, op.  Git.  che  a  lungo  ne  ragiona). 
Voce  usata  popolarmente  in  Lombardia 
in  senso  morale  per  trappola^  richiamo^ 
per  invescare,  irretire. 

Rocking-chair  :  voce  inglese  a  cui  ri- 
sponde esattamente  la  nostra:  sedia  a 
dondolo. 

Rococò  0  roccocò  :  nome  che  i  francesi 
diedero  ad  un  noto  loro  stile  architetto- 
nico del  tempo  di  Luigi  XV  (secolo  XVIII) 
e  che  è  caratterizzato  da  bizzarre  e  stra- 
vaganti esagerazioni  e  ridondanze.  E  una 
derivazione  del  nostro  barocco.  Rococò 
deriva  da  rocaille^  specie  di  pietra  molto 
usata  in  detto  stile.  Del  quale  stile  i  fran- 
cesi incolpano  il  Bernini  nostro,  che  a 
lungo  dimorò  in  Francia. 

Rococò  :  =  vieux.,  suranné^  ridicule,  nel 
linguaggio  familiare  francese  ;  e  così  presso 
di  noi,  e  familiarmente. 

Rodin  :  noto  personaggio  àoiV Ebreo  Er- 
i-ante di  E.  Sue.  Simboleggia  il  gesuita 
nelle  più  spiccate  manifestazioni  difettive, 
attribuite  a  questa  setta  religiosa.  Il  nome 
ebbe,  un  tempo,  un  certo  valore  antono- 
mastico. 

Rogare:  verbo  dialettale  della  media 
Italia  (lat.  rogare).,  brontolare^  minac- 
ciando e  pretendendo.,  onde  Rogantino 
0  Rugantino,  noto  nome  di  nota  ma- 
schera romanesca,  ultima  discendente  di 
Pirgopolinice,  Capitan  Spavento,  Mata- 
moros,  etc.  |  Rogare  è  pur  verbo  del  dia- 
letto romanesco.  |  Rugare  in  milanese  vale 


frugare.,  stuzzicare,  tramestare,  strofi- 
nare., tanto  in  senso  proprio  come  in  senso 
morale,  ma  ha  altra  origine  =  cioè  a  fru- 
gare 0  frucare  in  italiano. 

Rogatoria:  antica  voce  del  linguaggio 
forense  che  vive  nella  frase  assumere  per 
rogatoria  un  teste  lontano  ovvero  un  mi- 
nistro del  re  :  cioè  delegare  ad  un  giudice 
di  assumere  la  deposizione  e  spedirne  il 
processo  verbale  all'autorità  delegante  an- 
z^ichè  far  comparire  il  teste  lontano  o  il 
ministro  a  deporre  in  giudizio. 

Roggia:  voce  lombarda  ant.  ronsgia  e 
rosgia;  fossa  derivata  da  fiumi  per  irri- 
gazione 0  per  muovere  mulini  o  gual- 
chiere. 

Rola:  voce  del  dialetto  romagnolo,  vale 
focolare  (Metatesi  di  lares?). 

Role:  (lat.  rotulus)  per  ufficio,  jìarte., 
voce  francese  usata  per  vizio. 

Roma  locuta  (est)  causa  finita  (est)  : 
i?oma  (come  suprema  autorità  della  Chiesa 
ha  dato  la  sua  sentenza)  ha  parlato,  e  la 
causa  è  finita.  Il  motto  che  si  ripete 
parlando  di  Autorità,  o  Tribunali,  o  per- 
sone presso  le  quali  risiede  la  facoltà  del 
giudicare  e  dirimere  comunque  le  questioni, 
deve  essere  di  antica  formazione  popolare  : 
altri  ne  vuol  trovare  le  origini  in  S.  Ago- 
stino, Serm.   131 ,  10. 

Roma 0  Morte:  locuzione  storica  (1862- 
1870):  noto  grido  e  programma  logico 
garibaldino  e  del  così  detto  partito  di 
azione  :  soffocato  ad  Aspromonte  ed  a 
Mentana,  trasse  la  monarchia  Sabauda 
sul  Campidoglio.  Per  l'origine  del  motto 
cfr.  il  Guerzoni,  Garibaldi,  voi  II,  pag. 
302-303. 

Roma  per  toma  (capire)  :  vale,  fami- 
liarmente, intendere  una  cosa  per  un'al- 
tra, fare  il  sordo.  Antica  locuzione,  notata 
nel  Cherubini.  V.  Prometter  Roma  e  toma. 

Romanesco  :  il  dialetto  parlato  in  Roma 
e  assurto  a  dignità  di  arte  per  opera  di 
G.  Belli  e  ai  dì  nostri,  del  Pascarella. 

Romanista  :  studioso  delle  lingue  romane 
0  romanze  (neo-latine). 

Romano  de  Roma:  fiase  tipica  di  cui 
si  serve  il  popolano,  specialmente  di  Trans- 
te  vere,  per  distinguersi  dai  non  romani, 
dimoranti  a  Roma  :  traduzione  libera  del 
civis  romanus  sum. 


Kom 


423     — 


R08 


Romanzatore  :  per  romanxiere^  è  antica 
parola  nostra  dal  Petrocchi,  come  al  so- 
lito, collocata  fra  le  voci  morto,  ma  che 
vedo  oggi  rifiorire  :  manifesto  influsso  della 
scuola  estetica.  È  il  caso  di  ripetere  con 
Orazio  :  inulta  renaseentur  vocabula  ! 

Rompente:  part.  sostantivato  di  rom- 
pere^ lo  scoglio  a  fior  d'acqua  o  la  riva 
ove  l'onda  si  rompe  e  spumeggia,  impe- 
dita nel  suo  corso;  l'onda  stessa  o  caval- 
lone. Dicesi  anche  frangente. 

Rondeau  :  V.  Rondò. 

Rond  de  cuir:  è  la  ciambella  di  cuoio 
su  cui  l'impiegato  sopra  pone  la  parte  più 
sedentaria  del  proprio  corpo,  quindi  l'im- 
piegato stesso.  Rond  de  cuir  =  employé 
de  boureaii.  Voce  del  gergo  familiare. 

Rondine  o  rondinella  di  mare:  elegan- 
tissimo uccello;  appartiene  al  genere  ster- 
na,  molto  affine  al  gabbiano.  V.   Cacai. 

Rondinella  pellegrina  :  Y.  Solitaria 
7irir  oblio. 

Rondò  :  «  (fr.  rondeau)  sviluppo  variato 
della  canzone.  Consta  di  un  periodo  prin- 
cipale e  di  due  o  più  episodi  in  una  to- 
nalità diversa  dalla  prima  e  d'impianto 
del  pezzo.  Caratterizza  il  rondò  il  ritorno 
del  motivo  principale  dopo  ciascun  episo- 
dio. »  (A.  Galli  op.  cit.).  «In  tale  senso 
conviene  tenercelo  come  ci  teniamo  ou- 
verture, stiite  ;  ma  per  piazxaletto  a  capo 
di  un  viale  è  da  lasciarsi  ai  francesi  », 
così  il  Rigutini.  I  Rondeau  infine  è  nome 
di  un'antica  forma  di  componimento  poe- 
tico francese. 

Ronzinante:  (spag.  Rocinante)  nome 
famoso  del  cavallo  di  Don  Chisciotte,  pa- 
ziente, intelligente  e  fedele  compagno  del- 
l'Eroe dalla  Triste  Figura.  Usasi  in  alcune 
locuzioni  con  senso  estensivo,  come  infor- 
care il  suo  Ronzinante.  (Cfr.  il  fr.  roncin., 
o.  il  nostro  ronzino). 

Rasbiffe  e  rosbif:  V.  Roast-beef. 

Rose,  0  anemoni  di  mare,  o  ortiche  di 
mare  :  come  sono  dotte  a  Napoli  :  voci 
volgari  àdW Attinia.  (V.  questa  parola). 

Roseola:  (da  rosii)  terni,  med.,  eruzione 
di  macchie  rosee  su  la  pelle,  senza  o  con 
lievissimo  rialzamento:  spariscono  dopo 
qualche  giorno  lasciando  una  tenue  squa- 
ma. È  sindrome  di  alcuno  malattie  o  stati 
patologici  :  macchie  lenticolari  della  febbre 


tifoide,  del  vero  tifo,  della  sifilide,  etc.  e 
di  alcune  specie  di  avvelenamenti.  Cosi 
pur  si  dice  roseola  del  noto  fenomeno 
vaso-motore,  per  effetto  di  emozione  (pu- 
dore). 

Rosetta  o  Rondella  :  (traduzione  del  fr. 
rondelle,  o  con  voce  dialettale  milanese, 
ranella)  chiamano  i  meccanici  quella  ro- 
tella 0  cerchietto  di  metallo,  di  cuoio  o  di 
altra  materia,  forata  per  lo  mezzo,  che 
serve  per  alcuni  meccanismi  (ingl.  washer^ 
ted .    IJntermutterscheibe) . 

Rosière  :  è  detta  in  Francia  quella  pul- 
cella  che  ha  ottenuto  il  premio  della  virtù, 
fu  cioè  coronata  di  rose,  il  fiore  della 
Voluttà  destinato  in  questo  caso  a  lau- 
reare la  castità  pudica.  Costume  ancor 
vivo  in  certe  terre  di  Francia,  sostituito, 
però,  l'oro  o  la  dote  alle  effimere  rose.  La 
tradizione  attribuisce  cotesto  costume  a 
S.  Médard.  Ma  forse  a  quei  tempi  era  più 
facile  trovare  cotali  pulcelle. 

Rosminiano  :  dicesi  non  soltanto  di  que' 
sacerdoti  che  appartengono  all'ordine  fon- 
dato da  A.  Rosmini  (1797-1855),  ma  equi- 
vale altresì  a  prete  liberale,  dotto,  evan- 
gelico, non  intransigente. 

Rosso  0  scarlatto  :  dicesi  familiarmente, 
riferendosi  alla  bandiera  rossa  del  partito 
republicano,  di  persona  che  abbia  in  po- 
litica opinione  apertamente  republicana, 
rivoluzionaria  :  dicesi  anche  di  giornali. 

Rossòli:  0  ròssoli.^  dal  colore  rosso  au- 
rato, 0  barboni^  dalle  due  barbe  o  barbigli 
mobili  che  hanno  sotto  la  bocca,  chiamasi 
volgarmente  sul  litorale  Adriatico  la  triglia 
piccola  (mullus).  La  triglia,  quando  è 
grossa,  è  fra  i  pesci  più  pregiati,  fin  dai 
tempi  dei  buongustai   dell'  antica  Roma. 

Rossumata  :  voce  lombarda  estesa  oltre 
al  dialetto  (rossumàda  e  ressumàda)^ 
deriva  da  rossumm^  mil.,  rosso  d'uovo., 
quindi   rosso   d'uovo   sbattuto   con   vino. 

Rostbraten  :  se  in  qualche  birreria  od 
albergo  si  vedrà  su  le  note  o  si  udrà  dal 
cameriere  questa  dura  i)arola  tedesca,  non 
v'è  a  credere  che  sia  un  piatto  speoialo 
e  raro:  vuol  dire  braginola  nulla  più 
(auf  deìn  Roste  braten  :-  cuocere  in  gra- 
ticola), come  pot-au-feu  vuol  dir  lesso  con 
verdure  cotte.  È  vero  che  gli  uomini 
mangiano   anche  con   la  fantasia,   o   ciò 


Kos 


—     424 


Ruc 


spiega  in  parte  il  perchè  di  molte  bizzarre 
od  ostrogote  parole  nel  linguaggio  delle 
trattorie. 

Rosticiana  :  voce  dialettale  milanese 
(rostiscianna)  :  carne  per  lo  più  di  porco, 
fatta  saltare  a  fettine  in  padella  con  gran 
copia  di  cipolla.  E  la  nobile  parola  antica 
arrostieciana^  braciuola  di  porco  arrostita, 
reg.  dal  Petrocchi  fra  le  voci  morte.  Y. 
ciò  che  è  detto  alla  parola  schiampa. 

Rotabile:  voce  generica  per  veicolo^ 
ripresa  dai  puristi,  poiché  rotabile  vale 
©varrebbe  ehe  può  essere  rotato.  Voce 
degli  uffici  e  dei  giornali. 

Rotacismo  :  {Qcjrauiojiiog  =  viziosa  ri- 
petizione delle  erre)  indi  per  estensione 
scientifica,  la  difficoltà  o  l'impossibilità 
di  pronunciare  questa  lettera  (fenomeno 
che  appare  ne'  bambini,  indi  dispare). 

Rota  0  Ruota  (Santa  Ruota)  :  tribunale 
stabilito  in  Roma  verso  il  1326  da  papa 
Giovanni  XXII  per  giudicare  le  cause 
importanti  degli  Stati  della  Chiesa  e  de' 
paesi  cattolici.  Detto  Ruota  sia  perchè 
questi  affari  prima  di  essere  giudicati  fa- 
cevano il  giro  (ruota)  dei  tre  uffici  in  cui 
i  12  giudici  erano  partiti,  sia  dalla  dispo- 
sizione dei  seggi  a  modo  di  tavola  rotonda 
così  da  impedire  ogni  preminenza. 

Rotlisohild:  nome  della  più  grande  casa 
bancaria  del  secolo  XIX,  fondata  dall'ebreo 
Anselmo  R.  (1743-1812)  di  Francoforte 
sul  Meno  :  nome  divenuto  sinonimo  di 
persona  doviziosissima.  Es.  «  il  furto  è 
sempre  un  furto  sia  che  lo  commetta  un 
miserabile  o  un  Rothsehild  ». 

Rotina:  V.  Routine. 

Ròtolo  :  misura  di  peso  napoletana,  di 
poco  inferiore  al  chilo. 

Rotta  :  dal  fr.  route.^  è  voce  del  linguag- 
gio marinaresco  per  indicare  la  risultante 
della  forza  motrice  del  bastimento,  onde 
le  frasi  far  rotta,  dar  la  rotta  (assegnare 
ai  timonieri  la  direzione),  rotta  corretta, 
stimata,  navigata.  La  registra  il  Tom- 
maseo :  manca  in  molti  lessici  dell'  uso. 
Yoce  necQSsaria. 

Rotti  :  spiceioli,  frazione  non  solo  di 
unità,  ma  di  decine  e  di  centinaia. 

Rottura:  per  principio  di  inimicizia, 
discordia  è  voce  classica.  Cfr.  tuttavia 
il  francese  rupture  =  division  entre  per- 


sonnes  unies  par  traile,  par  amitié,  etc. 
Cfr.  il  modo  nostro  essere  in  rotta. 

Ròtula:  latinismo  del  linguaggio  ana- 
tomico, osso  della  gamba,  di  forma  irre- 
golare, situato  davanti  al  ginocchio  :  co- 
munemente, rotella. 

Roulement:  Y.  Rullio. 

Roulette:  tradotta  da  alcuni  in  ridetta, 
è  diminutivo  di  roue,  ruota.  Questo  giuoco 
d'azzardo  o  di  ventura  dal  nome  francese, 
che  trionfa  a  Montecarlo  ed  altrove,  vi- 
ceversa poi  è  giuoco  italiano,  antichissimo, 
come  ce  lo  provano  i  bandi  fiorentini  che 
lo  proibivano  «  anche  nelle  case  private 
sotto  pena  a'  cittadini  di  scudi  dieci  d'oro». 
Come  si  chiamava  V  La  girella  o  girello. 
Altra  voce  nostra  semi-morta. 

Routler:  neol.  fr.  per  significare  il  ve- 
locipedista viaggiatore,  non  corridore;  su 
strada,  non  su  pista  (Y.  Pista):  coureur 
vélocipédiste  qui  court  sur  route. 

Routine:  dal  fr.  route  =  rotaia,  car- 
reggio, carreggiata,  poi  col  traslato  forte 
e  felice  de'  francesi,  la  pratica  l'abitudine  o 
tradizione  che  fa  ripetere  automaticamente 
la  stessa  cosa,  anche  se  la  ragione  emenda 
e  rinnova.  Dicesi  specialmente  degli  uf- 
fici. E  come  è  difficile  al  somiere  uscire 
di  carreggiata,  cosi  alle  amministrazioni  il 
lasciare  la  vecchia  pratica  :  onde  il  senso 
di  spregio  alla  voce  routine,  tradotta  anche 
in  rotina.  1  fr.  hanno  anche  routinier. 
Es.  «  Perisca  l'Italia  e  la  monarchia,  ma 
si  salvi  la  Routine!  ». 

Rovescio  :  per  disgrazia  è  il  fr.  revers, 
revers  de  fortune  (senso  figurato  di  revers, 
lat.  reversus). 

Rowing  Frame:  ingl.,  banco  a  fusi. 
Vocabolo  che  non  esce  dal  linguaggio 
dell'  industria  tessile.  Serve  per  prepa- 
rare le  spole  di  stoppino  da  mettere  su 
le  macchine  da  filare  {rings  o  selfac- 
tings). 

Rublo  :  moneta  russa  d'argento,  del  va- 
lore di  circa  lire  2,50  di  nostra  mo- 
neta. 

Ruche:  fr.  striscia  di  tela  di  lino  o  di 
seta  0  di  bisso  o  di  merletto,  pieghettata, 
e  che  serve  ad  ornare  i  vari  indumenti 
muliebri.  È  cosi  detta  per  simiglianza  col 
favo  degli  alveari,  ruche  propr.  =  arnia, 
bugno. 


Uud 


4*J5     — 


Euo 


Rudement:  nel  gergo  familiare  francese, 
r=  beaucoup.  très. 

Rufina:  nome  di  vino  toscano  di  molto 
pregio,  simile  al  Chianti:  più  austero  e 
meno  vellutato:  dal  nome  del  luogo,  in 
provincia  di  Firenze. 

Ruga:  voce  milanese  per  ruta:  erba 
ruga  volgarmente  è  detta  in  Milano  la 
grappa  in  cui  è  infusa  questa  nota  erba 
aromatica.  |  Ruga  in  bolognese  vale  bruco 
e  anche  compagìiia  di  persone. 

Rugantino:  V.  Rogare. 

Rugare:  V.  Rogare. 

Rugiadoso:  per  «gesuita,  untuoso»  pie- 
tista, clericale  è  notato  nel  Petrocchi.  Ma 
è  neologismo  che  non  mi  pare  che  esca 
dal  linguaggio  giornalistico.  Senso  figurato, 
quasi  a  dire  per  ironia  «  stillante  della 
rugiada  dell'amore  e  del  compatimento 
cristiano  ».  Così  almeno  suppongo.  Il  Car- 
ducci in  Confessioni  e  Battaglie  (Vale) 
rinnova  quest'aggettivo  nel  bel  senso  an- 
tico di  florido  :  «  Quale  egli  entrò  fiorente 
di  forza,  rugiadoso  d'ideale,  nella  prima- 
vera sacra  del  1848,  tale  egli  esce  da 
questa  ombra  bizantina  di  trasformismo». 

Ruit  hora:  V.  hora  ruit. 

Rulare  o  rolare:  voce  deforme  che  ta- 
lora si  ode  —  specie  nel  linguaggio  dei 
cuochi  —  in  vece  di  rotolare  (fr.  rouler). 

Rule  Britannia  !  Britannia  rules  the 
waves:  impera.^  o  Britanìiia!  La  Bri- 
tannia è  signora  dei  mari  :  sono  le  prime 
parole  dell'inno  nazionale  inglese,  tolto 
da  un  coro  ^q\V  Alfred  di  Giacomo  Thom- 
son, scritto  nel  1740.  Cfr.  il  Yergiliano: 
Tu  regere  imperio  populos^  Romane.^  me- 
mento. Altri  tempi  :  cfr.  Barite  :  Parfl^o^^so 
XVI,  73: 

Se  tu  ri},^uardi  Luni  ed  Urbisaglia 
Come  son  ite,  e  come  so  ne  vanno 
Diretro  ad  esse  Chiusi  e  Siniyaslia; 

Udir  come  le  schiatte  si  disfanno 
Non  ti  parrà  nuova  cosa  nò  forte. 

Rullio:  oltre  che  dello  navi,  si  dice 
anche  delle  locomotive  e  delle  carrozze 
dei  treni,  indica  cioè  le  oscillazioni  intorno 
all'asse  longitudinale.  È  voce  tecnica,  ep- 
pure tanta  è  la  forza  del  servire  al  fran- 
cese che  trovo  questo  periodo  in  un  au- 
tore, che  al  solito,  va  per  la  maggiore  : 
«  queste  vetture  hanno  permessa  una  dol- 


I    cozza  del  cosi  detto  roulement  che  prima 
j    era  sconosciuta  ».  Un  poeta  non  potendo 
in  verso  mettere  roulement.  e  non  ricor- 
dando  o  non   garbandogli    rullio.,    adatta 
la  parola  rullo  che  per  noi  ha  altro  senso, 
i    ed  ha  la  fortuna  di  trovare  un  altro  poeta 
[    e  professore  di  Università  che  lo  difende: 
:    è  il  caso  di  riportare  il  passo:  «L'autore 
I    non  può   essere  né  un   adoratore  né  un 
giocoliere  della  parola.   Egli   non   ama  e 
non   cerca   la    parola  per  sé  stessa:    ma 
della  parola  ha  il  vero  rispetto,  che  troppi 
non    hanno,    considerandola   nella    vitale 
sua  connessione  col  sentimento  e  con  l'idea. 
Primo,  se  non  unico,  ufficio  della  parola, 
è  l'esprimere.  Perciò  egli  non  si  sbigot- 
tisce né  di  barbarismi,  né  di  neologismi, 
quando  gli  pajono  espressivi  ed  acconci; 
j   e  dirà  liberamente  nord.,  sud.^  rullo  (nel 
I   senso  francese  di  roulement).,  pioniere,  e, 
:   se  occorre  anche  bereeaux.,  ecc.  E  se  sente 
I   il  bisogno  di  una  parola  che  non  c'è,  non 
esiterà  a  coniarla  ;    per  esempio  ynigra- 
bondo  » .  Arturo  Graf  in  Nuova  Antologia., 
fase.  775  del  V  aprile  1904.  NB.  Quando 
si  dice  nascere  fortunati! 
Rullo:  V.  Rullìo. 

Rum  :  il  vero  rum  è  acquavite  di  canna 
di  zucchero  :  ing.  ruTU.,  fr.  rhum  o,  me- 
glio, scrive  il  Littré,  rum.,  toscanjimente 
rumme  :  la  parola  e  la  cosa  ci  vennero  in 
origine  dall'Inghilterra  e  pare  fosse  in  ori- 
gine voce  di  gergo  e  significasse  btiono 
(buona  bevanda). 

Rumores  fuge:  fuggi  le  ciarle  o  meglio 
in  senso  filosofico,  fuggi  le  umane  contese. 
(Dionisio  Catone,  Disticha  de  moribus., 
lib.  I). 

Run:  ingl.,  correre.  Nel  gergo  di  Borsa 
è  così  detto  quel  panico  che  fa  sì  che  i 
depositanti  accorrano  agli  sportelli  di  una 
Banca  o  cassa  di  Risparmio  quando  si 
diffonde  voce  di  fallimento  e  temono  che 
i  depositi  siano  in  pericolo. 

Ruota  del  timone:  quella  ruota  a  ma- 
nubri, situata  a  poppa  o  sul  palco  di  co- 
mando, con  la  quale  si  manovra  il  timone. 
Ruota  0  Dritto  di  poppa  :  pezzo  di  co- 
struzione piantato  su  la  estremità  posteriore 
della  chiglia  per  formare  la  poppa,  sul 
quale  s'impernia  il  timone.  Infd  di  ruota: 
andatura  di   un   veliero,    quando   naviga 


Euò 


—     426     — 


Rut 


col    vento    in    direzione    della    ruota    di 

poppa. 

,     Ruòta   di    prua  :   pezzo   di   costruzione 

dritto  od  alquanto  ricurvo,  ohe  si  pianta 

su  la  estremità  anteriore  della  chiglia  per 

formare  la  prua. 

Bush  :  voce  inglese  (letteralmente,  slan- 
ciarsi^ precipitarsi)  usata  talora  nelle 
corse  dei  cavalli  per  indicare  l'ultimo 
sforzo  per  raggiungere  la  meta. 

Rupia:  ingl.  rupee,  (India)  =  L.  2,376. 
E  l'unità  monetaria  dell'India  inglese:  è 
moneta  d'argento. 

Rus:  0  rus^  quando  ego  te  aspieiam: 
0  campagna^  quando  io  ti  potrò  rivedere^ 
e  prosegue  :  «  quando  potrò  godere  l'oblio 
della  faticosa  vita,  ora  nella  lettura  di 
antichi  autori,  ora  nel  sonno  e  nella  pace 
del  tempo,  trascorso  senza  far  nulla  ?  ». 
Così  felicemente  Orazio  nella  satira  VI 
del  libro  II  che  comincia  :  Hoc  erat  in 
votis;  e  vi  si  sente  un  anelito,  che  par 
dell'oggi,  per  la  libertà,  la  pace  e  la  bel- 
lezza della  vita  campestre,  come  la  può 
intendere  un  filosofo  ed  un  poeta. 


Ruse  :  francese,  è  proprio  la  nostra  pa- 
rola astuxia^  e  rusé  =  astuto^  scaltrito^ 
senza  contare  i  molti  e  arditi  e  bei  modi 
di  popolo:  eppure  in  certo  linguaggio  le  due 
voci  francesi  sono  dell'  uso  !  Vera  mi- 
seria ! 

Rusticana  (cavalleria)  :  noto  titolo  di 
una  novella  del  Verga  cui  aggiunse  for- 
tuna la  fortuna  del  musicista  P.  Mascagni. 
E,  come  è  noto,  la  storia  di  un  duello  fra 
contadini  siciliani.  Dicesi  nel  parlar  fa- 
miliare cavalleria  rusticana  per  garba- 
tezza da  villano. 

Rustica  progenies  semper  villanafuit:  la 
razza  dei  villani  fu  sempre  i^illana.,  antico 
motto  di  sapore  maccheronico  e  di  uso  popo- 
lare. Contiene  il  pensiero  dell'ereditarietà 
del  costume  e  dei  modi,  e  talora,  faceta- 
mente, vale  grossolano.,  rozzo.,  ineducato. 

Rutilante:  è  antica  voce  nostra,  dal 
latino  rutilare  =  rosseggiare,  rifulgere, 
scintillare.  Ma  l'uso,  specie  in  senso  tras- 
lato che  si  fa  talora  di  questa  parola, 
deve  essere  effetto  del  francese  ruiilant  = 
Gom,e  oro^  bellissimo.,  etc. 


S:  questa  consonante,  come  è  noto, 
serve  ad  indicare  il  genitivo  delle  lingue 
a  tipo  germanico  e  vale  il  nostro  di.  Non 
so  per  quale  vezzo,  o  per  necessità  di 
commercio,  talora  ho  visto  nomi  italiani 
così  scritti:   Garloni's.   Oinori's,  etc. 

Sabbie  bollenti  :  chiamano  i  tecnici 
(geologi)  certe  sabbie  sommosse  da  acque 
sorgive  ;  specie  di  fango,  che  pullula,  non 
bolle.  I  francesi  dicono  sables  éboulants 
che  vuol  dire  scoscendenti.  Mi  sorge  il 
dubbio  che  questo  bollenti  possa  essere 
uno  svarione.  Non  sarebbe  il  primo  caso  1 

Sabreur:  voce  del  gergo  francese  (let- 
teralmente, sciabolatore)  militaire  fanfa- 
ron.  Il  tipo  dell'ufficiale  millantatore  e 
belligero  è  piuttosto  francese  che  italiano  ; 
ad  ogni  modo  in  dispetto  ed  odio  degli 
istituti  militari,  la  parola  sabreur  non  è 
rara,  specie  nel  linguaggio  giornalistico. 
Dal  plautino  Pirgopolinice  a  Managgia  la 
Rocca,  la  lingua  italiana  ha  copia  di  voci 
indicanti,  press' a  poco,  questo  personaggio, 
né  dovrebbe  parer  necessario  ricorrere  al 
francese. 

Saccarina:  prodotto  derivato  dal  ca- 
tramo, scoperto  da  Fahlberg  e  Remsen,  e 
dagli  stessi  preparato  e  messo  in  com- 
mercio come  dolcilìcante.  È  una  polvere 
bianca  con  leggero  odore  di  mandorle 
amare,  ed  ha  una  potenza  dolcificante 
500  volte  superiore  allo  zucchero. 

Saccarometro  :  specie  di  densimetro  su 
la  cui  scala  si  legge  direttamente  il  tanto 
per  cento  in  zucchero  delle  soluzioni  o  sg- 
roppi in  cui  viene  immerso. 

Sachet  :  il  sacchettino  ove  si  contengono 


essenze  e  polveri  profumate,  il  quale  si 
pone  fra  i  pannolini  :  è  usata  di  solito  la 
voce  francese. 

Sachet  de  noce  :  locuzione  francese  per 
indicare  il  sacchetto  ricamato  ed  adorno, 
con  cifra  o,  se  si  tratta  di  nobili,  con 
corona,  il  quale  ripieno  di  confetti,  la 
sposa  manda  in  dono  alle  sue  conoscenze, 
nell'occasione  delle  nozze. 

Sacrebleu  =  sacredieu  =  sacrelotte  = 
sacristi  :  jurons  qui  se  disent  à  propos 
de  tout  et  de  rien.  Modi  blasfemi  non 
ignoti  a  noi,  specie  i  due  primi  che  sono 
quasi  popolari  :  regali  della  invasione  na- 
poleonica! V.  Sacrenòn. 

Sacrelotte:  V.  Sacrebleu. 

Sacrenòn  :  esclamazione  volgare  che 
(la  nota  il  Cherubini,  Voc.  Milanese)  ci 
provenne  dalla  molto  francesemente  sonora 
e  scrosciante  bestemmia,  Sacre  noni  de 
Dieu. 

Sacrificare  :  propriamente  si  dice  di  cose 
ed  atti  solenni  (lat.  sacra  facere)  :  nel 
senso  di  privarsi  di  qualche  cosa  (da 
poco)  a  vantaggio  altrui.,  è  estensione 
non  bella  che  noi  togliemmo  dal  francese 
{sacrifier).  Vero  è  che  l'uso  antico  e  to- 
scano iu  questo  senso  rende  i  puristi  be- 
nevoli verso  tale  gallicismo.  Lo  stosso  si 
dica  di  sacrificio  per  rinuncia  di  cosa 
gradita  ;  privatone,  seccatura.,pena,noia. 

Sacrificio:  V.  Sacrificare. 

Sacristi  :  esclamazione  blasfema  fran- 
cese uguale  a  sacrebleu^  sacrelotte,  oto. 
A  corta  gente  sacristi  paro  più  corretta 
e  dicevole  voce  della  nostra  Cristo.'  Vol- 
gari tutte! 


Sac 


428 


Sai 


Sacro  Romano  Impero:  nome  dato  al- 
l'Impero d'occidente,  ristabilito  da  Carlo 
Magno  nell'Ottocento,  indi  all'Impero  di 
Germania,  che  ne  fa  successore. 

Sadismo:  varietà  di  pervertimento  ses- 
suale (opposto  a  masochismo)  per  cui 
l'uomo  prova  eccitamento  e  diletto  nel 
seviziare  e  martoriare  la  donna.  Tale  pa- 
rola, non  ignota  alla  scienza  medica,  de- 
riva dal  francese.  ]  Sadisme=form.e  de  dé- 
pravation  particulière  et  stupéfiante  doni 
était  atteint  le  marquis  de  Sade  (1740- 
1814),  autore  di  romanzi  su  la  lussuria 
sanguinaria;  morto  demente. 

Sage  femme:  fi-., /e2'a^r*ce  (mammana, 
comare). 

Saggio  o  tasso  :  sono  voci  che  hanno 
lo  stesso  valore,  e  vogliono  significare  la 
misura  percentuale  dell'interesse  e  dello 
sconto.  Avvertasi  che  la  voce  tasso  è  dal 
francese  taux.  In  buon  italiano,  ragione. 

Sago  0  sagù  :  fecola  che  si  ricava  dal 
midollo  di  alcune  palme  e  specialmente 
dal  Sagus  Raphia.  Il  sago  del  commercio 
è  formato  da  granellini,  duri,  cornei,  di 
saper  dolciastro.  Gonfia  nell'acqua  calda 
e  serve  per  minestra  (a  chi  piace). 

Saignant  :  voce  francese  invece  di  san- 
guinante^ detta  delle  carni  ;  il  cui  bello 
è  che,  tagliandole,  gettino  abbondante 
sugo  nel  piatto  (come  costolette,  arrosti, 
etc).  È  voce  frequente,  specie  nel  linguag- 
gio dei  cuochi  e  dei  buongustai. 

Saìnt-Barthélemy  (la):  tanto  nel  senso 
storico  della  nota  strage  compiutasi  in  Pa- 
rigi degli  Ugonotti,  per  opera  de'  Cattolici 
(24  agosto  1572),  come  in  senso  figurato  ed 
esteso,  pare  in  certo  ceto  e  in  certe  scrit- 
ture più  efiicace  o  elegante  che  la  notte 
di  S.  Bartoloììieo. 

e  a  Dio  chiede  perdono 
Della  notte  di  San  Bartolomeo. 

Carducci^  P'a  Ira. 

Sainte-Nitouohe:  V.  Santarellina. 

Sala  di  convegno:  è  detta  la  sala  di  ri- 
trovo 0  di  conversazione  degli  ufficiali. 

Sai  ama:  la  salama  di  Ferrara:  tor- 
nirne dialettale  di  specialità  gastronomica 
di  quella  città,  «ome  la  mortadella  di  Bo- 
logna, i  cotechini  di  Cento,  i  salami  di 
Felino,  etc.  La  salama  è  un  farcito  delle 
pili  fini  carni  suine,  con  marsala  e  droghe: 


cuocesi  con  grande  cura  affinchè  nel  bol- 
lore non  si  apra,  e  più  è  vecchia,  più  è 
pregiata.  È  cibo  di  forte  sapore. 

Salamander:  ted.  salamandra.,  nome 
dato  dagli  studenti  germanici  (Salaman- 
derreiben)  ad  una  loro  cerimonia  convivale 
per  onorare  altrui,  propinando.  Consiste 
nel  levare  ad  ordinate  riprese  ed  al  co- 
mando di  un  anziano  le  tazze  dopo  averle 
strofinate  e  percosse  :  bevesi  in  un  fiato. 
Tale  costumanza  risale  al  principio  del 
secolo  XIX.  Il  perchè  del  bizzarro  nome 
non  risulta  manifesto. 

Salapuzio  :  latinismo  rinnovato  dal  Car- 
ducci. Salaputium  è  denominazione  di 
uomo  piccolo,  astioso,  libidinosetto.  (Ca- 
tullo, 53,  5.  Seneca,  coiitr.  7,  4  (19),  7). 

Salasso  :  il  nome  di  questo  antico  atto 
terapeutico,  condannato  dalla  medicina 
moderna  (oggi  però  in  alcune  infermità 
rimesso  in  onore),  talora  è  usato  per  fa- 
cile ,  familiare  estensione,  a  significare 
sborso^  spesa,  diminuzione  notevole  e  ne- 
cessaria di  quel  sangue  della  vita  sociale 
che  è  il  denaro. 

Sale:  per  mare  (lat.  saZ,  gr.  fiA^),  è 
antica  voce  disusata  e  poetica  {l'alto  sale., 
Dante  Par.  II)  che  la  odierna  scuola  degli 
esteti  ha  rinnovato  (d'Annunzio). 

Saliente:  spiace  ai  puristi  questo  neoL, 
tanto  nel  senso  materiale  di  sporgente., 
rilevato.,  come  nel  senso  morale  di  grave., 
importante^  di  gran  rilievo^  essendo  tra- 
duzione del  fr.  saillant. 

Salizàda:  voce  veneziana,  selciata.,  cioè 
strada  lastricata.  Tale  voce  vernacola,  data 
a  talune  vie  di  Venezia,  ebbe  origine  da 
qualche  prima  strada  interna  che  fu  la- 
stricata, e  da  salixo  =  selciato,  fu  detta 
salizàda.  Cfr.  per  l'etimologia  il  francese 
chaussée. 

Salle-à-manger  :  questa  locuzione  fran- 
cese per  stanza  da  pranzo  deve  essere 
da  assai  tempo  nell'uso  familiare  milanese. 
Sala  a  mansgè  registra  il  Cherubini,  tra- 
ducendo poi  in  un  salotto  da  pranzarvi., 
quasi  che  stanza  da  pranzo  o  tinello  gli 
paressero  troppo  poco  toscani  ! 

Salmis:  voce  francese  di  incerta  etimo- 
logia (V.  lo  Scheler),  tradotta  in  salmi. 
Con  tale  nome  si  chiama  una  maniera 
speciale  di  cucinare  in  umido,  specialmente 


Sai 


—     429     — 


Sai 


la  selvaggina,  cioè  tenendola  prima  e  per 
lunghe  ore  in  infusione  con  vino  e  spezie. 

Salòlo  :  è  un  composto  risultante  dalla 
combinazione  dell'acido  salicilico  col  fe- 
nolo, che  si  usa  in  medicina  come  anti- 
settico e  come  antipiretico  (polvere  bianca 
cristallina,  insipida). 

Salon  e  salone  :  salone  in  italiano  vuol 
dire  gran  sala,  nel  senso  di  salotto  è  la 
parola  salon.  francese.  In  alcuni  paesi 
la  bottega  da  barbiere  pir  elegante  della 
città  ha  per  antonomasia  il  titolo  di  Sa- 
lone; nuova  prova  che  ciò  che  è  eccel- 
lente ama  la  voce  straniera,  o  in  altri 
termini,  la  voce  straniera  ha  senso  di  ec- 
cellenza. I  Salon  dicesi  anche  la  galleria 
ove  si  fa  in  Parigi  l'esposizione  periodica 
di  pittura,  scoltura  etc,  quindi  l'esposi- 
zione stessa.  In  origine  essa  si  faceva  nel 
grand  salon  del  Louvre,  onde  il  nome. 

Salon  (vettura)  :  V.   Vettura  Salon. 

Salsamentario:  ricorre  nell'alta  Italia: 
si  riprende  come  voce  di  non  buona  for- 
mazione, ma  parmi  assai  poco  usata.  Più 
usato  è  il  nuovo  vocabolo  salumiere  in- 
vece di  salumaio  e  pizzicagnolo,  toscano. 
E  così  tende  a  prevalere  la  parola  salu- 
meria. 

Salsapariglia:  dallo  spagnuolo  zarza 
=  rovo  (cfr.  zarzuela)  e  Parillo,  nome 
di  medico  che  prima  l'usò.  È  la  radice 
di  alcune  specie  di  Smilax^  pianta  ame- 
ricana, a  cui  fu  in  passato  attribuita  gran 
virtù  come  tonico  alterante,  antireumatico, 
antisifilitico.  Entra  nella  composizione  di 
molte  specialità  farmaceutiche. 

Salso:  dicono  volgarmente  a  Milano 
(sals)  per  erpete.,  eritema. 

Saltamartino:  voce  volgare;  vale  grillo, 
locusta,  dicesi  anche  di  bimbo  che  mai 
non  sta  fermo,  che  ha  l'argento  vivo  ad- 
dosso. «  Difficile  però  ò  determinare  con 
precisione  la  specie  cui  viene  attribuito, 
variando  a  seconda  dei  luoghi.  In  gene- 
rale però  viene  dato  agli  ortotteri  salta- 
tori, cioè  all'una  o  all'altra  specie  di 
Grillo  0  di  Locusta  »  (Culegari). 

Saltare  agli  ocelli  :  è  dai  puristi  notato 
come  francesismo:  sauter  anxyeux:  ita- 
lianamente, dar  nell'occhio.  Ma  dar  nel- 
l'occhio non  è  propriamente  il  saltar  agli 
occhi,  0  almeno  sono  due  locuzioni  usate 


con  senso  diverso.  Certo  non  si  dirà  un 
vestito  sfarzoso  salta  agli  occhi  e  un 
errore  dà  nell'occhio. 

Saltarello:  non  è  soltanto  diminutivo 
di  salto,  ma  altresì  nome  di  danza  del- 
l'Italia meridionale  e  di  Roma,  in  misura 
sestupla  di  crome  (tripla  composta)  e  in 
movimento  vivace. 

Saitar  la  barra:  locuzione  delle  caserme; 
vale  uscire  dal  quartiere  in  modo  clande- 
stino, saltando  impedimenti  ed  eludendo 
custodie  ;  la  qua!  cosa  spesso  fanno  i  sol- 
dati di  notte  per  attendere  a  gozzoviglia  e 
per  svago. 

Salto  del  montone:  V.  Panache. 

Salto  nel  buio:  per  estensione  figurata 
vale  impresa  disennata,  coatta,  disperata 
di  cui  non  si  possono  prevedere  le  con- 
seguenze. Locuzione  familiare. 

Saltuario,  saltuariamente  :  per  a  pezzi, 
a  sbalzi,  a  pezzi  e  bocconi,  senz'ordine. 
«  Voci  sfarfallate  »  nota  il  Eigutini.  (op. 
cit.J . 

Salus  populi  suprema  lex  esto:  sinte- 
tico principio  e  criterio  dell'arte  del  go- 
vernare, scultoriamente  così  espresso  in 
Cicerone  {De  legibus.  III,  3)  :  la  salvezza 
del  popolo  sia  legge  suprema. 

Salute,  0  genti  umane  affaticate:  fa- 
moso verso  del  Carducci  nel  Canto  del- 
l'Amore. 

Salvagente  :  nota  specie,  di  galleggiante, 
per  lo  più  anulare,  di  tela  imbottita  di 
sughero,  che  si  getta  in  mare  per  dare 
temporaneo  appoggio  a'  naufraghi,  o  caduti 
in  mare.  E  detto  anche  gavitello  di  sal- 
vamento. 

Salvaguardare:  neol.  foggiato  sul  verbo 
fr.  sauvegarder  :  «  goffissimo  »  lo  dice  il 
Rigutini  :  aggiungi  «  inutile  »  avendo  tu 
telare,  proteggere,  custodire,  difendere. 

Salvataggio:  per  salvamento  spiace  ai 
puristi  come  tòlto  dal  fr.  sauvefagr.  Opere, 
Compagnia,  Battello  di  salvataggio  (V. 
Life  boat)  sono  voci  così  dell'uso,  che 
niuno  dice  altrimenti.  Con  senso  traslato 
chiamasi  salvataggio  nel  gergo  dei  gior- 
nali e  della  politica  l'arto  e  il  segreto 
concorso  del  partito,  dei  consorti  oto.  per 
salvare  uno  dei  loro  (trattasi  di  poi-sonaggì 
di  nome  e  autorità),  il  quale  nello  sfrenato 
arti    odierno    di    concussione,    baratteria 


Sai 


430 


Bau 


e  di  lapidazione  del  publico  danaro  fu 
per  avventura  disgraziata  sorpreso  dal- 
l'onesto Pantalone  pagatore  :  se  non  si 
può  salvare,  si  confondono  le  cose  per 
modo  che  il  detto  Pantalone  crede  di  aver 
sbagliato  nel  vedere.  V.  Succhione. 

Salvation  Army  :  esercito  delia  salvezza: 
istituto  inglese  evangelico  con  iscopo  di 
missione  e  di  bene:  diffonde  cioè  Te  van- 
gelo ed  esercita  una  potente  azione  umana 
e  sociale  (ed  igenica:  guerra  ai  liquori!) 
in  prò  dei  miseri  e  dei  derelitti  dalla  so- 
cietà e  dalla  legge.  Questa  istituzione  è 
diffusa  in  molte  parti  del  mondo  e  spe- 
cialmente nelle  colonie  inglesi.  Togliendo 
da  S.  Paolo,  ha  assunto  per  la  sua  orga- 
nizzazione simboli  e  nomi  belligeri  ;  cioè 
è  l'esercito  combattente  e  vigile  contro  il 
Male  (Satana)  :  onde  il  nome  di  generale 
al  comandante  supremo  (che  è  il  vecchio 
Booth,  fondatore  di  tale  istituto),  di  alfieri, 
alfieresse,  capitani,  capitanesse.  Grido  di 
guerra  (War  Gry)^  il  giornale  di  propa- 
ganda che  in  molte  nostre  città  si  vende, 
anche  per  i  publici  ritrovi,  dalle  giovi- 
nette affigliate  a  questa  religione  e  vestite 
di  nota  e  speciale  assisa.  Queste  forme 
stravaganti  e  simboliche ,  consone  del 
resto  allo  spirito  anglo-sassone,  mal  reg- 
gono al  contatto  dello  spirito  scettico 
e  sereno  degli  italiani.  Questa  società 
ha  il  quartiere  internazionale  in  Londra, 
ha  diffusione  in  48  nazioni  :  in  Italia  ha 
il  quartier  generale  a  Milano  :  dispone  di 
fortissimi  redditi  che  investe  in  colonie 
e  stabilimenti  per  esercizio  di  bene.  Si 
adatta  con  tutte  le  religioni,  senza  legame 
ad  alcuna  ;  si  adatta  agli  usi  e  alle  leggi 
delle  varie  nazioni,  ma  non  si  occupa  di 
politica.  I  Salutisti  (sic!)  ammettono  e 
dichiarano  la  possibilità  di  raggiungere 
la  perfezione  secondo  la  parola  e  per  la 
grazia  di  Cristo.  Questa  -società  data 
dal  1865. 

Salve  :  imperativo  del  verbo  latino  sal- 
vère,  formola  di  saluto  ospitale,  che,  rin- 
novando antica  gentilezza,  è  scritta  sul 
limitare  di  molte  case  moderne. 

Salvietta  :  per  tovagliuolo^  è  notato  dai 
più  rigorosi  puristi  come  gallicismo  (ser- 
viette^  da  servir).  «  Non  comune  per  to- 
vagliuolo »,  nota  il  Petrocchi.  Vero  è  che 


fuor  di  Toscana  è  molto  comune.  Del  r.esto 
ha  esempi  sino  dal  Seicento. 

Sambuco:  battello  leggero  per  canali, 
lagune,  stagni. 

Samos  :  nome  di  vino  bianco  dolce,  aro- 
matico dovrebbe  essere  proveniente  dal- 
l'isola di  Samo  (Mare  Egeo).  In  commercio 
prevale  la  scrittura  Samos .^  francese,  alla 
nostrana  Saìno.  Col  nome  di  Samos  si 
importa  in  Italia  dalla  Grecia  un  liquido 
fabbricato  con  fichi  secchi  e  usato,  pur 
troppo,  per  preparare  a  Milano  e  altrove 
del  Marsala. 

Samovar  :  voce  universalmente  accolta 
per  indicare  la  macchina  per  fare  il  tè  : 
varia  di  forma  secondo  che  lo  richiede  la 
mondana  eleganza  occidentale  o  la  neces- 
sità del  rigido  clima  russo.  Sainovar  è 
scrittura  francese  di  voce  russa,  derivata 
dal  tartaro. 

Sanatòria:  disposizione  con  cui  l'auto- 
rità sancisce  un  atto  non  regolare.  «Voce 
nostrale  che  dovrebbe  prendere  il  posto 
nel  linguaggio  parlamentare  della  locuzione 
inglese,  bill  d' indennità  ^  .  Rigutini,  (op. 
cit.). 

Sanatorium:  neologismo  di  foggia  la- 
tina, dal  verbo  saziare  ;  tolto  dalle  lingue 
straniere.  È  nome  dato  a  certi  stabilimenti, 
posti  in  condizioni  determinate  di  clima 
e  destinati  alla  cura  di  malattie  croniche 
(come  la  tubercolosi  polmonare,  le  affezioni 
cardiache  e  nervose,  etc.)  con  mezzi  spe- 
cialmente di  igiene  e  di  dieta.  Si  dice  e 
scrive  anche  sanatorio. 

San  Colombano  o  vino  di  Montevecchia: 
nomi  di  due  vini  lombardi,  notevoli  non 
solo  perchè  in  provincia  povera  di  viti 
(Milano),  ma  perchè  per  la  loro  limpi- 
dezza e  il  bel  colore  rubino  hanno  alcun 
pregio.  Vini,  però,  di  consumo  locale  : 
colline  di  S.  Colombano  al  Lambro  e  di 
Montevecchia  (Brianza). 

Sancta  sanctorum  :  lat.,  la  parte  più 
segreta  del  tempio  ebraico,  e,  per  esten- 
sione familiare,  spesso  ironica,  il  luogo 
ove  pochi  e  privilegiati  hanno  accesso, 
specie  intendendo  dei  luoghi,  dove  «  il 
destin  degli  uomini  si  cova  ». 

Sanculotto:  la  voce  non  è  bella  ma 
l'uso  l'ha  consacrata,  ed  è  traduzione  di 
sans-culottes.  cioè  i  senza  brache  o  sbra- 


San 


431     — 


San 


cuti.  Le  eulottes^  cioè  i  calzoncini  corti 
sino  al  ginocchio,  erano  del  vestire  del 
secolo  XVIII.  La  Rivoluzione  di  Francia 
rinnovò  oltre  al  resto,  anche  i  calzoni  lun- 
ghi ;  però  quelli  che,  in  odio  all'antico, 
adottarono  questo  indumento,  furon  detti 
sans-culottes^  ed  erano  del  più  forte  lie^ 
Vito  plebeo  di  Parigi,  e  les  culottes  ari- 
stocratiche vennero  inalberate  come  in 
segno  di  spregio.  Questa  voce  storica  ta- 
lora è  usata  per  indicare  quelli  che  dalla 
democrazia  tolgono  il  meno  buono,  cioè 
r invidia,  l'intransigenza  settaria  e  feroce. 

Sandolino:  noto  palischermo  a  fondo 
piatto,  con  poppa  e  prua  aguzze,  capace 
di  una  sola  persona,  o  due  al  più,  con 
remo  a  pagaie.  Parrebbe  voce  nuova: 
vero  è  che  sandalo  per  specie  di  nave  è 
antica  nostra  voce. 

Sandwich  :  voce  inglese,  derivata  da  un 
nome  proprio  (lohn  Montagne,  conte  di 
Sandwich,  morto  nel  1792,  il  quale  usava 
farsi  recare  tali  serviti  sul  tavolo  da  giuoco: 
ecco  come  si  può  conservare  un  nome!): 
indica  due  fettine  di  pane  con  entro  alcuna 
fine  vivanda.  Vedi  alla  parola  tartina. 
Avete  mai  visto  nelle  grandi  città  certe 
miserabili  schiere  di  uomini,  infagottati 
in  livree  goffe  e  vistose,  chiusi  fra  un 
cartellone  davanti  e  uno  di  dietro?  Si  chia- 
mano, per  similitudine  dei  panini,  uomini- 
sandwich.  Servono  di  publicità  ambulante. 
Non  solo  i  così  detti  immortali  principi 
deir89,  ma  la  semplice  dignità  umana, 
anteriore  all' 89,  si  trova  offesa  da  sì  fatto 
costume  esotico,  ma  V  arte  del  richiamo 
ha  buona  bocca,  inghiottisce  questo  ed  al- 
tro. In  francese  homme  sandwich.  V. 
Reclame, 

Sanfason:  V.  Sans  fapon. 

Sanfedista:  da  santa  e  fede:  nome  di 
partito  italiano  che  si  oppose  prima  alle 
idee  della  Rivoluzione  poi  al  Carbonarismo: 
sostenitore  ad  oltranza  del  più  fiero  asso- 
lutismo e  dei  diritti  del  Trono  o  dell'Al- 
tare. 

Sangiacato:  V.   Vilayet. 

Sangiovese:  nome  di  vitigno  e  di  vino 
rosso,  da  pasto  e  da  bottiglia,  armonico 
no'  suoi  componenti,  di  pronta  beva,  gra- 
devolmente amarognolo.  Nel  Riminose  ò 
meno  alcoolico  o  si  presta  come  occolleut(^ 


vino  da  pasto.  In  Toscana  prevale  la  voce 
Sangioveto. 

Sangue  bleu  o  azzurro:  di  nobile  schiatta, 
detto  per  lo  più  facetamente  di  quella  gente 

che  incoccia  maledettamente 
d'esser  di  carne  come  tutti  siamo 
e  vorrebbe  per  babbo  un  altro  Adamo. 
Giusti. 

Sangue  di  drago:  resina  prodotta  dai 
frutti  del  Galamus  draco  (Willd)  pianta, 
rampicante  della  famiglia  delle  palme  (Su- 
matra, Bornoo).  Usavasi  in  medicina  : 
usasi  nella  fabbrica  di  vernici. 

Sangue  freddo  :  è  il  fr.  sang-froid. 
contenente  un  traslato  efficace  e  bello,  con- 
forme a  quell'idioma.  In  italiano,  calma 
con  acconcio  contributo,  grande.,  terribile^ 
etc.  rende  bene  il  sang-froid.  Vero  è  che 
sangue  freddo  è  oramai  modo  pronto  e 
dell'uso,  pur  familiare. 

Sanitario:  agg.  che  si  riferisce  alla 
salute  ;  quindi  detto  di  medico  (ufficiale 
sanitario)^  tende  ad  usarsi  come  sostan- 
tivo :  i  sanitari  per  dire  i  medici.  Spiace 
ai  puristi,  anzi  «  inaccettabile  »  lo  dice 
il  Rigutini.  Non  è  dal  francese. 

San  Miciiele:  in  Milano  far  San  Michele 
vale  far  San  Martino.^  sgomberare.^  mu- 
tare alloggio^  sì  nel  senso  proprio  come  nel 
senso  figurato:  dall'antica  costumanza  di 
disdire  gli  appartamenti  per  il  29  Set- 
tembre. 

Sans  adieux  :  è  modo  elegante  e  mon- 
dano, insegnato  dai  francesi  invece  di  ar- 
rivederci. 

Sans  fa9on  :  fr.,  per  alla  buona^  alla 
mano.,  in  confidenza.,  sen%a  cerimonie., 
alla  carlona.,  è  tanto  frequente  che  da 
chi  è  trascurato  nel  parlare  si  è  foggiato 
persino  la  parola  sanfasson  o  sanfason  e 
sanfassona  (alla)  :  ma  intendesi  special- 
mente di  vesti  0  maniera  trasandata  e 
sciatta. 

Sans-géne  :  locuzione  familiare  francese, 
lett.  senxa  soggezione.  I  francesi  usano 
sans-gène  come  attributo,  es.  Madame 
Sans-géne.,  che  per  noi  è  diflfìoilmente 
traducibile  se  non  girando  la  frase  con 
liberi  e  franchi  modi  nostrani.  Gena  e 
genant  sono  due  voci  galliche  del  dialetto 
piemontese,  soggezione.,  fastidio^  fasti- 
dioso. Por  retimologia,  V.  Oena, 


San 


432 


San 


Sans  rancune:  locuzione  fr.,  letteral- 
mente senza  risentimento  e  si  dice  talora 
nel  linguaggio  mondano  come  clausola 
finale,  di  solito  dopo  aver  discusso  con 
taluno,  senza  benefìcio  d'intesa.  E  amici 
come  prima  diremmo  noi. 

Sans  tambour  ni  trompette:  locuzione 
avverbiale  fr.,  senza  tamburo  ne  tromba^ 
cioè  zitti  e  quieti,  alla  chetichella. 

Santa  Alleanza:  nome  della  alleanza 
firmata  in  Parigi  il  26  settembre  1815 
dopo  la  seconda  abdicazione  di  Napoleone, 
personalmente  dai  sovrani  di  Austria, 
Prussia  e  Russia,  cui  convennero  quasi 
tutti  i  sovrani  d'Europa.  Fu  detta  Santa 
dal  sentimento  religioso,  mistico  che  la 
informava.  Aveva  per  iscopo  di  rafforzare 
due  edifìci  morali,  scossi  dalla  Rivoluzione, 
l'autorità  della  religione  e  l'autorità  dei 
sovrani,  fondata  sul  principio  del  diritto 
divino. 

Santa  bottega:  perifrasi  oltraggiosa  po- 
polare per  indicare  la  Chiesa  :  la  quale 
dantes  exaudit,  non  dantibus  ostia  clau- 
dit.  Confronta 

«  la  venal  prece  » 
del  Foscolo  (I  Sepolcri). 

Santa  canaglia:  locuzione  francese,  tolta 
da  un  verso  di  Augusto  Barbier  (La  curée 
in  Giambi,  I830j. 

à  travers  la  mitraìlle 
et  sous  le  sabre  detesté, 
La  grande  populace  et  la  sainte  canaille 
Se  ruaient  a  l'immortalité. 

Santa  canaglia  ripetè  il  Carducci  ne'  suoi 
Giambi  ed  Epodi.  N.  B.  Fra  epiteti  di 
lode  da  una  parte  e  di  vituperio  dall'al- 
tra al  popolo,  la  risultante  precisa  quale 
sarà'? 

Santa  carabina  :  locuzione  di  Garibaldi 
in  difesa  dell'armamento  nazionale,  o  «li- 
bere armi  »  come  diceva  il  Cattaneo,  era 
una  delle  idee  cardinali  dell'Eroe.  «  Finché 
sulla  terra  ci  saranno  oppressori  ed  op- 
pressi, avrò  sempre  un  culto  per  te,  santa 
carabina  ». 

Santarellina:  santarello  e  santarella 
diceasi  in  antico  di  persona  molto  divota, 
poi  ironicamente  di  donna  che  sotto  la 
vereconda,  innocente  e  pudica  parvenza 
altro  nasconde  :  madonnina  infilzata, 
santificetur .  In   Santarellina  fu  tradotto 


il  titolo  dell'operetta  notissima  Mam'- 
zelle  Nitouche.  In  francese  Sainte-Nitou- 
che  dicesi  di  fanciulla  innocente,  schiva 
di  cose  mondane,  (elle  n'y  touche  pas). 

Santa  Ruota:  V.  Ruota. 

Sante:  fr.,  vale  salute.  Sante:  nella 
nostra  cucina,  specie  d'albergo,  ricorre 
sovente  questa  locuzione  zuppa  sante  per 
indicare  una  minestrina  leggera  con  ver- 
dure e  crostini.  È  parola  non  francese, 
in  questo  senso,  ma  della  stessa  famiglia 
del  vino  brulé,  del  cendrier,  del  coute 
qui  GoUte,  etc.  etc.  ;  cioè  parole  franco- 
subalpine e  milanesi,  create  sotto  la  pro- 
tezione della  Madonnina  del  Duomo.  In 
francese  sarebbe  julienne  avee  croitton. 
NB.  Abbiamo  anche  la  cioccolata  «sante». 

Santificetur:  lett.  in  latino  sia  santi- 
ficato. Voce  familiare.  V.  Santarellina. 

Santippe:  fu  il  nome  della  moglie  del 
grande  filosofo  greco  Socrate,  la  quale  a 
comune  testimonianza  degli  storici,  fu  così 
importuna  e  bisbetica,  che  Socrate  prima 
di  disputare,  avanti  alla  morte,  della  im- 
mortalità dell'anima,  come  è  scritto  nel 
sublime  dialogo  del  Fedone,  ricusò  la  vi- 
j  sita  della  moglie  e  la  scacciò  dal  carcere. 
In  verità  Socrate  non  fu  molto  cavaliere 
verso  una  signora,  ma  se  egli,  pazientis- 
simo e  buonissimo,  giunse  a  tal  punto, 
conviene  dire  che  la  misura  era  al  colmo. 
Dicesi  Santippe  di  ogni  moglie,  o  facente 
le  veci  di  moglie,  noiosa,  gretta,  appic- 
cicaticcia.  sospettosa,  vendicativa,  lin- 
guacciuta, gelosa,  etc.  come  molte  sono 
tuttavia.  Santippe  (Xanthippe,  Eavdinnr]) 
si  presterebbe  ad  una  assai  lepida  mono- 
grafia ;  notevole  ad  ogni  modo  è  come  la 
Grecia  antica,  maestra  di  ogni  modello, 
non  abbia  dimenticato  questo,  notevole, 
della  moglie  intolleranda.  Santippe  ri- 
corre antonomasticamente.  Così  si  dice 
che  Gemma  di  Manette  Donati,  moglie  di 
Dante  fosse  una  Santippe,  ma  chi  ne  sa 
nulla  ?  Nemmeno  quelli  che  fanno  profes- 
sione di  ermeneutica  dantesca:  così  Ma- 
netta Corsini,  moglie  del  Macchiavelli 
ebbe  rinomanza  di  essere  una  Santippe, 
ma  pare  a  torto,  e  trovò  più  di  un  difen- 
sore fra  gli  odierni  studiosi  (I.  Giampietri, 
il  Tommasini,  il  Yillari).  Sorte  dei  grandi 
uomini  !  Yero  è  che  le  mogli  dei  grandi 


San 


-     433     - 


Sat 


uomini  potrebbero  dire  non  essere  costoro 
i  più  adatti  alla  vita  familiare. 

Santo  Uffizio  :  titolo  della  congregazione 
dell'  Inquisizione  stabilita  in  Roma  (Italia, 
Spagna,  Portogallo,  Indie)  allo  scopo  di 
perseguire  ed  estirpare  eretici,  giudei, 
infedeli.  Rimonta  al  secolo  XII  e  non  fu 
abolita  definitivamente  che  nel  1820  in 
Ispagna,  il  solo  paese  ove  si  era  conser- 
vata. Ne  è  vestigio  La  Congregazione 
dell'Indice.  I  metodi  terribili  e  feroci  di 
procedura  (denunzia  segreta,  testimonianza 
occulta,  tortura,  rogo)  animati  dal  più 
folle  fanatismo  religioso,  hanno  reso  tri- 
stamente celebre  il  Santo  Uffizio,  sì  che 
il  nome  sopra  vive,  con  forza  antonoma- 
stica,  alla  cosa.  Famosa,  su  le  altre,  fu 
la  Inquisizione  di  Spagna  e  il  nome  del 
grande  inquisitore  della  Castiglia,  Torque- 
mada,  frate  domenicano  (1428,  1498)  vive 
popolarmente  come  sinonimo  di  martoria- 
tore  e  di  persecutore  fanatico. 

Sanzionare:  non  è  da  sanzione^  ma  è 
derivato  dal  fr.  sanetionner.  Spiace  ai 
puristi  i  quali  ricordano  aver  noi  il  verbo 
sancire  e  «  se  questo  sembri  oggi  troppo 
solenne,  dicasi  confermare.,  approvare  » 
(Rigutini). 

Sapa:  «termine  letterario  non  comune» 
spiega  il  Petrocchi. 

A  casa  mia  mi  sa  meglio  una  rapa 
Ch'io  cuoca,  e  cotta  su'n  stecco  m'inforco, 
E  mondo,  e  spargo  poi  di  aceto  e  sapa, 

Ariosto.  (Satira  IV,  43-45). 

Sapa  0  savore  è  il  mosto  cotto,  tuttora 
usato  per  condimento  o  salsa,  nel  contado. 
Voce  oggi  ristretta  ad  alcuni  vernacoli  ; 
di  quelle  belle  voci  che  meriterebbero  di 
essere  rinnovate  e  non  si  usano  lettera- 
riamente, anche  da  chi  le  sa,  per  timore 
che  siano  volgari.  Vedi  ciò  che  è  detto 
alla  parola  Schiampa. 

Sapèque:  nome  di  moneta  minima  ci- 
nese, secondo  la  scrittura  francese.  Come 
è  noto,  le  monete  cinesi  sono  perforate 
nel  mozzo  o  si  portano  come  de'  rocchi. 

Saper  di  forte  agrume  :  locuzione  tolta 
da  Dante,  Paradiso^  XVII,  117: 

a  molti  fla  savor  di  forte  agrume. 

Vale  spìaeere.,  essere  sgradito,  offendere., 
urtare,  e  generalmente  si  dice  quando  si 


espongono  opinioni  e  fatti  informati  di 
verità  e  lealtà  in  contrasto  con  altri  fatti 
ed  idee  da  altri  sostenuti. 

Sapevamcelo  !  :  esclamazione  familiare 
ironica  quando  avviene  o  è  ammessa  cosa 
di  facile  previsione,  da  altri  negata  con 
arte  o  frode. 

Saputo  :  per  intendente.,  dotto,  savio  è 
alquanto  fuori  dell'uso,  usato  invece  con 
senso  di  canzonatura.  Cfr.  Saputello. 

Sarabanda  :  «  danza  d' origine  spagnuola, 
nella  misura  tripla  semplice  e  in  movi- 
mento grave.  Incomincia  in  battere  ed  ha 
nella  prima  misura  il  secondo  tempo  pro- 
lungato col  punto»   (A.  Galli,  op.  cit.). 

Sarafan:  abito  nazionale  delle  donne 
russe:  sottana  e  bustina  congiunte,  di  co- 
lore rosso  0  turchino. 

Sardigna  :  voce  milanese,  non  registrata 
nel  Cherubini  ne  nell'Angiolini  (op.  cit.) 
per  indicare  il  carnaio,  Sardigna  era  luogo 
in  Firenze  sull'Arno  fuor  Porta  S.  Friano^ 
in  cui  si  gettavano  le  bestie  morte  o  ca- 
rogne. Ha  esempi  classici  del  Macchia- 
velli,  del  Pananti,  del  Redi:  allusione 
all'aria  di  Sardegna.  V.  Marziale  IV,  (50. 
V.  Gherardini  op.  cit. 

Sargasso  (Sargassum):a.\gsL  detta  «uva 
di  mare  ».  La  specie  sarg.  bacciferiim  si 
trova  negli  Oceani  Atlantico,  Indiano  e 
Pacifico.  Tra  le  Azorre  e  l'America  forma 
il  mare  dei  sargassi. 

Sassella  :  ottimo  vino  da  bottiglia  della 
Valtellina  :  così  detto  dal  luogo.  Invec- 
chiando diventa  pregiatissimo  e  gode  fama 
anche  all'estero.  I  vini  valtellinesi  (Sas- 
sella, Inferno,  Grumello)  sembrano  segnare 
in  quelle  estreme  parti  la  ragione  geogra- 
fica del  confino  d'Italia.  Il  Carducci  ad 
una  bottiglia  di  Valtellina  del  1848  dedicò 
una  splendida  sua  odo  barbara: 

E  tu  pendevi  tralcio  da  i  retici 
balzi  odorando  florido  al  raurmure 
do'  fiumi  da  l'alpe  volgenti 
cernii  in  fuga  spumo  d'argento. 

Satin  :  così  si  chiama  un  tessuto  sem- 
plice, liscio  di  cotone,  che  imita  assai 
bene,  anche  al  tatto,  la  seta.  Usasi  di 
solito  per  soppannare  o  foderare.  Satin 
deriva  da  seta,  quindi  sarebbe  in  italiano 
setino.  In  voce  si  dico  quasi  costantemente 
alla  francese,  satin. 


A.  Pan/ini,  Supplemento  ai  Dixioiuiri  italiani. 


28 


Sat 


434 


Sca 


Satinare  :  fr.  satiner^  dare  il  lucido 
come  del  raso  :  carta  satinata  V.  Satin. 

Satiriasi  :  da  làtvQog  =  satiro.  Esa- 
gerazione dei  desideri  sessuali  dell'uomo. 

Satiro:  il  nome  di  questa  agresta  e 
lasciva  divinità  antica  (làtvQog)^  è  oggi 
usato  per  indicare  persona  che  commette 
apertamente  atti  contrari  al  pudore  ed 
alle  buone  leggi  di  natura.  Satiriasi  in- 
fatti è  voce  medica  per  indicare  l'esage- 
razione dei  desideri  sessuali  nell'uomo. 

Sauericraut:  Y.  Ghoucroute. 

Saut-de-iit:  voce  di  gergo  francese,  lett. 
salto  dal  letto,  cioè  vestaglia^  veston  de 
appartement. 

Sauté:  fr.,  letteralmente  saltato^  ed  è 
parola  del  linguaggio  di  cucina  per  indi- 
care quella  special  cottura  che  si  fa  della 
carne,  ponendola  senz'altro  e  per  breve 
tempo    nella    teglia    con    burro  od   olio. 

Sauterie:  fr.,  balletto,  quattro  salti  in 
famiglia. 

Sauterne  o  Sauternes  :  dal  villaggio  di 
questo  nome  (nel  dipartimento  della  Gi- 
ronda)  trae  nome  un  pregiato  vino  bianco, 
prodotto  in  fortunati  terreni,  alquanto  a 
mezzodì  di  Bordeaux.  La  rinomanza  di 
questo  vino  è  relativamente  recente.  Le 
uve  dei  vitigni  Sémillon  e  Sauvignon 
sono  colte  a  varie  riprese  e  in  avanzata 
maturanza  e  la  preparazione  ne  è  per- 
fetta. Esilarante,  profumato,  ambrato,  ha 
nel  tipo  detto  Ghateau-Yquem  la  sua  pili 
aristocratica  eccellenza.  Se  ne  vendette 
a  prezzi  favolosi.  NB.  Molti  di  questi  vini 
sono  talvolta  fabbricati  con  uve  d' Italia 
e  di  Spagna. 

Sautoir:  [es.  catene  sautoirs  oro  giallo]. 
Oggi  le  donne  hanno  di  moda  codeste 
lunghe  catene  che  girano  il  collo  e  cadono 
in  punta  a  mezza  vita,  e  servono  più  per 
vaghezze  che  per  uso  e  ve  ne  sono  anche 
di  conterie  e  di  vii  prezzo  così  da  appa- 
gare le  vanità  delle  più  povere.  Il  nome 
proviene  da  questo  che  dicevasi  e  dicesi 
portare  un  ordine  cavalleresco  en  sautoir., 
quando  il  cordone  che  lo  regge  cade  sul 
petto  in  modo  da  formare  i  due  bracci 
superiori  di  una  croce  di  S.  Andrea.  Cosi 
il  Toson  d'  Oro,  così  i  prelati  portano  le 
loro  croci.  Sarebbero  dunque  catene  en 
sautoir  e  non   catene    sautoir.    La    qual 


voce  per  chi  vuol  andar  più  in  là,  pro- 
viene dal  basso  latino  saltatoria  =  staffe^ 
e  ne'  trofei  ponevansi  dietro  lo  scudo  in 
forma  di  croce  di  S.  Andrea. 

Savio:  dicono  i  milanesi  per  buono., 
ubbidiente.,  docile.,  quieto  (dei  bambini). 

Savoir-viyre  e  savoir-faire:  due  tipiche 
locuzioni  francesi,  che  si  pronunciano  più 
di  spesso  così,  ed  indicano  quell'abilità 
naturale  ed  acquisita,  che  è  propria  di 
coloro  che  sanno  stare  al  mondo  e  sanno 
specialmente  l'arte  di  muovere  gli  altri  a 
loro  tornaconto. 

Sbalorditivo:  agg.  usato  con  forza  e 
senso  iperbolico,  invece  di  incredibile.,  non 
comune  e  simili. 

Sbarcar  il  lunario  o  la  vita:  vivere, 
cioè  risolvere  il  primo  problema  dell'esi- 
stenza che  è  quello  del  mangiare,  vestire, 
alloggiare,  quasi  mettendo  a  proda  tutti 
i  giorni  del  lunario  senza  troppa  preoccu- 
pazione né  fatica,  e  parimenti  senza  troppa 
gioia  e  fortuna. 

Sbarrare:  in  alcuni  dialetti  significa 
il  trarre  calci  de'  cavalli,  etc.  (dall'antico 
senso  del  verbo). 

Sbruffo  (insalata.,  maccheroni  con  lo)  : 
nell'Alta  e  nella  Media  Italia  talora  si  ode 
codesta  locuzione  riferita  a  sconcissima 
costumanza  della  plebe  napoletana,  e  con- 
sisterebbe nel  condire  cotali  cibi  spruz- 
zandoli con  condimenti  da  prima  posti 
e  mescolati  in  bocca.  Vuoisi  avvertire  che 
tale  uso  è  malevolmente  fantastico  e  tale 
locuzione  è  ignota  al  dialetto  napoletano. 

Sbruffo:  =:::  spruzzo:  voce  usata  spe- 
cialmente nella  locuzione  familiare  ed  an- 
tica dar  lo  sbruffo.,  cioè  dar  di  nascosto 
roba  0  danari  per  ottener  privilegio  e  fa- 
vore, corrompendo  altrui. 

Scacchista:  neoì., giocatore  di  scacchi. 

Scadenza:  nella  locuzione  a  lunga.,  a 
breve  scadenza.,  vale  tardi  o  presto  :  dallo 
scadere  delle  cambiali. 

Scala:  nella  locuzione  su  larga.,  su  pic- 
cola scala.,  V.  Su  larga  scala. 

Scalcinato:  curioso  vocabolo  delle  ca- 
serme, detto  di  soldato,  ufficiale,  reggi- 
mento, male  in  arnese,  poco  ordinato, 
inelegante,  impacciato. 

Scaldarsi  a  freddo:  V.  Riscaldarsi  a 
freddo. 


Se  a 


435 


Sch 


Scali  di  Levante:  V.  Levante. 

Scaloppina:  V.  Escalope:  questa  parola 
in  francese  antico  vale  guscio,  conchiglia, 
h' escalope  forse  fu  così  detta  perchè  la 
fetta  di  carne  è  rotolata  a  modo  di  con- 
chiglia (Littré). 

Scamone:  (scamòn)  chiamano  i  ma- 
cellai milanesi  la  groppa  di  culaccio  de' 
bovini. 

Scandere:  noto  verbo  dell'uso  scolastico 
e  vale  misurare  i  versi  e  anche  far  ben 
sentire  le  sillabe.,  con  intenzione.  Il  par- 
ticipio, ove  occorra,  è  scanso  (lat.  scando^ 
scandi,  scansum^  scandere). 

Scantinare:  termine  dialettale,  volgare: 
vale  venir  meno  all'impegno.,  quasi  sto- 
nare ;  da  cantino  (ultima  corda  del  violino). 

Scappamento:  parola  usata  nello  studio 
0  teoria  delle  macchine  a  vapore  e  dei 
motori  a  gas  :  indica  lo  scaricarsi  del  va- 
pore 0  del  gas  dal  cilindro  dove  ha  lavorato. 

Scaramanzia:  termine  volgare  toscano, 
ampiamente  esteso;  corrotto,  forse.,  da  chi- 
romanzia. Il  Petrocchi  spiega  disdetta 
alle  carte:  piuttosto  stregoneria  per  isfug- 
gire  alla  disdetta,  e  dicesi  solitamente  per 
celia. 

Scaranto:  voce  regionale  (Veneto)  data 
a  delle  concrezioni  calcaree,  di  poco  spes- 
sore, che  si  trovano  nei  terreni  alla  pro- 
fondità di  30  ovvero  40  cm. 

Scarpa  :  specie  di  staffa  di  ferro  in  cui 
viene  fermata  una  delle  ruote  de'  grevi 
carriaggi  per  impedire  che  giri,  e  perciò 
rallentare  il  corso  nelle  pericolose  discese. 
Senso  classico  e  popolare  della  parola,  non 
sempre  notato. 

Scarico:  nel  linguaggio  del  commercio 
vale  uscita  di  merce  o  di  denaro.  A  mio 
scarico  o  a  mio  discarico.,  espressione 
usata  per  significare:  a  sollievo  della  mia 
responsabilità. 

Scarlatto:  in  senso  politico  V.  Rosso. 

Scarpone:  voce  del  gergo  delle  caserme  : 
ufficiale  non   elegante  (ordinario,  rozzo). 

Scarroccio:  V.  Deriva. 

Scartamento  ridotto:  nelle  vie  ferrate 
(eccetto  in  Russia)  la  distanza  fra  le  due 
guido  interne  è  di  m.  1.445  {scartarnento 
normale).  Ma  per  ragioni  di  varia  oppor- 
tunità vi  sono  brevi  lineo  secondario  in 
cui  la  distanza  è  di  molto  minore  e  queste 


strade  diconsi  a  scartamento  ridotto. 
Questa  locuzione  è  usata  anche  in  senso 
morale,  spesso  ironicamente  per  dire  Ì9i 
proporzioni  minori  del  nortnale  e  del 
giusto.  Scartamento  non  piace  ai  puristi, 
ma  con  loro  pace  scartamento  rimane 
nell'uso  e  carreggiata  è  il  solco  dei  carri. 

Scatola  a  stoppa:  (meccanica)  tradu- 
zione del  fr.  botte  à  etoupes  (ingl.  stuf- 
flng  box).,  più  italianamente,  scatola  di 
guarnizione  o  scatola  di  tenuta  :  è  una 
disposizione  meccanica  che  concede  all'a- 
sta di  uno  stantuffo  di  uscire  senza  che 
il  vapore  ne  spanda. 

Scavezzo  :  attributo  di  fucile,  trombone, 
pistola  che  abbia  la  cassa  in  due  pezzi, 
in  modo  che  volendo  il  calcio  si  ripieghi 
sul  fusto  e  l'arme  possa  esser  nascosta  o 
meglio  portata.  Erano  proibite  come  armi 
insidiose.  Voce  antica,  vive  ancora  in 
qualche  dialetto. 

Sceicco  :  parola  araba  che  vuol  dir 
vecchio.,  ed  è  titolo  dato  ai  capi  delle  tribù 
arabe,  perchè  tale  autorità  di  solito  è  con- 
ferita agli  anziani. 

Scellino  :  ingl.  schilling  =  12  pence  = 
L.   1.26  di  nostra  moneta. 
1       Scelotirbe:  ter.  med.,  vacillamento,  tra- 
scinamento delle  gambe  nel  camminare, 
dovuto  a  debolezza  degli  arti  inferiori. 

Scendere  in  piazza:  in  opposizione  ai 
rivoluzionari  da  salotto  o  teorici,  si  dice 
scendere  in  piazza  per  agire  in  modo 
rivoluzionario.,  in  modo  attivo  (le  vie  e 
specialmente  le  piazze  sono  il  precipuo 
campo  di  queste  battaglie). 

Scent:  ingl.,  oc^ore.- appare  talora  questa 
parola,  trattandosi  di  nobili  cacce,  per  in- 
dicare la  traccia  della  selvaggina,  che  i 
cani  seguono  al  fiuto. 

Givan  seguendo  e'  braccia  il  lungo  odore. 
Poliziano,  Stanxc,  I,  30. 

Sceriffo:  ingl.  sheriff  (shire-reeve).,  go- 
vernatore di  una  contea  o  provincia,  capo 
dell'amministrazione  civile  con  moltissime 
attribuzioni.  Allo  sceriffo  negli  Stati  Uniti 
spetta  il  fare  eseguire  lo  sentenze  delle 
Corti  di  giustizia. 

Sohako:  nome  fr.  di  ])esante  cappello  mi- 
litare, vario  di  forma  e  di  ornamenti  se- 
condo lo  nazioni  od  i  tempi.  È  voce  un- 
gherese, passata  in  molti  linguaggi. 


Sch 


—     436 


Sch 


Schatulle:  V.  Chatulle. 

Schedare  :  notare  sopra  una  scheda  il 
titolo  e  le  altre  notizie  di  un  libro,  appo- 
nendovi i  numeri  dello  scaffale,  del  pal- 
chetto, e  quello  del  posto,  che  lo  assegna 
in  libreria.  Dal  lat.  scheda  :  neol.  del  lin- 
guaggio dei  bibliofili  e  dei  librai. 

Schedario:  tutte  le  schede  di  una  bi- 
blioteca raccolte  nelle  cassette  per  ordine 
alfabetico  e  sillabico. 

Schemnitz:  città  dell'Ungheria,  che  dà 
nome  ad  eccellenti  pipe  di  terra  (pipe  di 
Schemnitz). 

Scherzare  :  usano  a  Milano  questo  verbo 
transitivamente  :  scherzare  uno^  nel  senso 
di  farsi  giuoco  o  beffe  di  qualcuno,  min- 
chionare^ canxonare^  e  non  solo  nel  dia- 
letto, ma  altresì  nel  linguaggio  familiare  : 
idiotismo  a  cui  non  è  facile  sottrarsi  ;  co- 
munissimo, ad  es.,  nelle  scuole. 

Scherzo:  nel  linguaggio  musicale,  de- 
nominazione, dato  da  Beethoven  ad  un 
brano  capriccioso,  bizzarro,  a  piccole  frasi  : 
ha  movimento  vivo,  brioso,  ritmico.  Però 
il  nome  di  Scherzo^  come  quello  di  Ca- 
priccio^ era  noto  anteriormente,  tanto  nei 
canti  popolari  quanto  nella  musica  stru- 
mentale (XVII  secolo). 

Schiacciante:  V.  Schiacciare. 

Schiacciare:  per  ymcerefpreponderando, 
annientando)  è  estensione  tolta  dal  fr.  écra- 
ser^  specialmente  nella  forma  del  part. 
schiacciante.!  es.  prove  schiaccianti  per 
inofpugnahili.  Inutile  dire  che  è  verbo 
fieramente  ripreso  dai  puristi.  Ricordo  tut- 
tavia questo  passo  del  Cardacci  :  «la  storia 
così  viva  non  pur  nei  libri  ma  nelle  me- 
morie schiaccia  al  confronto  ogni  poetica 
descrizione  » .  Qa  Ira.,  pag.  239  in  «  Con- 
fessioni e  Battaglie  »,  serie  terza,  ed.  Som- 
maruga.  Io  credo  che  il  Carducci  abbia, 
senza  aver  punto  subito  l'influsso  dell' é- 
craser  francese,  dato  naturalmente  forza 
di  traslato  al  verbo  schiacciare.  In  altri 
termini,  vi  sono  affinità  di  pensiero  mo- 
derno che  conviene  tener  a  mente  prima 
di  condannare  senz'altro  con  la  parola 
yaUicismo  ! 

Schiampa  o  stiampa:  forma  romagnola 
del  toscano  schiappa  o  stiappa.  in  mila- 
nese, sceppa.,  scheggia  di  legno  spaccato 
per  l'atto  dello  schiappare  (milanese  scejo- 


pà,  e  sceppadura  =  fessura,  screpolatura). 
«  I  non  toscani,  per  via  dell'educazione 
scolastica,  ripudiano,  sempre  e  in  tutto, 
il  loro  vernacolo,  credendo  ch'esso  sia  al 
bando  della  letteratura.  Io  voglio  mostrar 
loro  che  possono,  molto  spesso,  usare  bel- 
lamente e  rettamente  in  italiano  vocaboli 
del  loro,  a  torto  ora  prediletto  ora  spre- 
giato, linguaggio  materno  ;  sia  perchè  quei 
vocaboli  sono  comuni  al  parlar  toscano, 
vivo  e  puro  dei  monti  :  sia  perchè  sono 
necessari  o  almeno  utili,  pur  non  essendo 
toscani.  Cito  ad  esempio,  per  il  primo  ri- 
spetto, la  parola  schiampa  o  stiampa.^ 
che  un  buon  romagnolo  si  periterebbe  di 
usare,  scrivendo  o  dicendo  per  il  pablico  ; 
e  per  il  secondo,  il  bellissimo  vede  svede., 
che  un  buon  siciliano  non  oserebbe,  credo, 
tradurre  così  per  gli  altri  italiani  che  pure 
hanno  bisogno  di  tanto  breve  e  chiara 
espressione».  Nota  del  Pascoli  alla  2"^  ediz. 
dei  Ganti  di  Gastelvecchio.  NB.  L'Autore 
riporta  questo  passo  per  confermare  con 
una  geniale  autorità  un  pensiero  più.  volte 
ripetuto  nel  corso  di  questo  lavoro. 

Schiappa  :  e  dim.  schiappino.,  milanese 
sceppin.,  dicesi  familiarmente  di  chiunque 
mal  conosca  l'arte  sua,  specialmente  di- 
cesi in  modo  assai  familiare  di  chi  è  ine- 
sperto nel  giuoco.  Non  è  ailche  toscano  ? 
Sì,  certo.  Cfr.  schiampa  e  il  napoletano 
fesso. 

Schiave  bianche:  nuova  perifrasi  ed 
eufemismo  :  quasi  «  vittime  sociali  »  come 
una  volta  eraao  gli  «  schiavi  »,  o,  meglio, 
«  schiave  bianche  »,  cioè  di  nostra  razza, 
avvilite  all'obbrobrio  di  servitù  come  le 
schiave  di  razza  nera.  Tale  eufemismo  ci 
provenne  dall'inglese,  per  indicare  \q  pro- 
stitute e  specialmente  quelle  donne  che 
sono  tratte  alla  mala  vita  con  ingannevoli 
pretesti  da  incettatori,  cosa  pur  troppo 
vera  e  vero  male  sociale.  Ma  la  odierna 
pietà  non  esagera  compassionandole  di 
troppo  come  fanciulle  deboli  e  indifese'? 
Non  è  fare  della  retorica  umanitaria  e  del 
comodo  semplicismo  addebitando  tutta  la 
colpa  del  male  alle  contingenze  sociali? 
Così  io  aveva  scritto,  quando  mi  capitò 
sotto  mano  un  bello  e  franco  libro  della 
signora  Neera  (Anna  Radius)  Le  idee  di 
una  donna  (Milano,  Libreria  ed.  Naxio- 


Sch 


437 


Sci 


naie,  1904),  la  quale  a  proposito  di  schiave 
bianche,  scrive  a  pag.  191  :  «  Ricordato 
le  infingarde  che  non  amano  il  lavoro? 
le  vanerelle  tutte  prese  dalla  loro  bellezza? 
le  squilibrate?  le  sciocche?  le  impudenti? 
le  insensibili?  le  irriducibili?  E  non  avete 
mai  pensato  che  costoro  erano  altrettante 
candidate....  alla  «  schiaviti!  »  ?  Senza 
dubbio  la  maggior  parte  aiutate  da  circo- 
stanze favorevoli  entrano  nelle  rotaie  della 
vita  comune  ;  ma  basta  un  urto,  una  pic- 
cola occasione,  un  cattivo  esempio,  qual- 
che disgrazia,  perchè  si  buttino  alla  mala 
vita.  Sarà  giusto  dire  che  la  colpa  fu  della 
società,  della  miseria,  della  mancata  edu- 
cazione? E  tutte  quelle  che  resistettero? 
Quante  ne  conobbi  fra  le  tentazioni  e  la 
miseria,  le  quali  avrebbero  veramente 
avuto  un  attenuante  al  cadere,  nate  da 
genitori  abbietti  ;  cresciute  alla  ventura, 
analfabete,  eppure  salvate  dalla  rettitudine 
dei  loro  sentimenti  !  Perchè  non  si  vuole 
tener  conto  di  questo  fattore  altissimo  in 
una  questione  dove  le  ragioni  psichiche 
militano  per  lo  meno  alla  pari  colle  cir- 
costanze esterne  ?  Ah  !  troppo  comodo  par- 
tito è  quello  di  gettare  ogni  responsabilità 
sulle  braccia  vaghe  della  miseria  e  della 
ignoranza  !  ». 

Schiavista:  neol.  dal  fr,  eselavagiste. 

Schiavone  :  nome  storico:  dato  agli  Il- 
lirici al  servizio  della  Serenissima  di  Ve- 
nezia. I  Schiavo  per  slavo,  dicesi  tuttora 
nel  Friuli  ed  a  Trieste.  Si  tratta  di  uno 
scambio  fonetico  del  gruppo  iniziale  si  in 
se,  e  ciò  da  antico,  onde  nel  corrotto  suono 
parve  avvalorarsi  il  concetto  di  inferiorità 
di  stirpe  presso  gli  italici. 

Schioccare:  e  toscanamente  s^^'occare; 
il  colpo  secco  della  frusta,  e  di  suoni 
simili. 

Schloss  :  voce  tedesca,  castello. 

Schnitt  :  taglio,  in  tedesco.  Nel  linguag- 
gio dello  birrerie  così  chiamano  quel  se- 
condo servito  che  non  riempie  il  bicchiere 
se  non  a  mezzo. 

Schooner:  voce  inglese,  da  alcuni  ma- 
lamente italianizzata  in  scuna.  È  la  nostra 
(joletta;  veliero  a  duo  grandi  alberi  incli- 
nati indietro  o  duo  grandi  rande.  Schoo- 
ner deriva  da  parola  inglese  che  significa 
andar  via  liscio,  scivolare. 


Schottisch:  (scozzese)  nome  di  danza 
moderna  in  misura  dupla, 

Schwarz  brod  :  tedesco,  pane  nero,  pan 
di  segala. 

Sciabica:  (Oallinula  chloroptis),  detta 
anche  Gallinella  d'acqua,  è  affine  alla 
vera  fòlaga  (Fulica  atra). 

Sciampagnino:  bibita  effervescente,  al- 
coolica,  che  vorrebbe  imitare  lo  Sciam- 
pagna. 

Sciantiglioni  o  cintiglioni:  voce  poco 
frequente,  ma  non  del  tutto  scomparsa 
dal  linguaggio  de'  barbieri  e  parrucchieri, 
con  la  quale  si  indicano  quei  peli  che 
molti  lasciano  crescere  su  le  tempie  e  al 
sommo  delle  gote.  La  voce  è  milanese, 
sciantigliòn,  e  si  deve  essere  formata 
nella  capitale  delia  Cisalpina  alla  venuta 
de'  Francesi,  che  allora  tal  foggia  di  barba 
era  di  moda,  e  deve  essere  come  una  cor- 
ruzione di  échantillon,  quasi  campione 
di  barba.  I  francesi  dicono  favoris.  Scian- 
tigliòn è  voce  notata  dal  Cherubini,  Voc. 


Sciapo  :  per  insipido,  senza  sale,  in- 
sulso, è  voce  del  dialetto  marchigiano  e  di 
alcune  terre  di  Toscana  (non  sapido). 

Sciccheria:  parola  volgare  per  eleganza, 
lusso,  derivata  popolarmente  dalla  voce 
francese,  così  comune  fi-a  noi,  chic.  Y. 
questa  parola. 

Scintoismo:  culto  religioso  naturalista 
dei  Giapponesi,  anteriore  al  Buddismo. 

Sciocco:  detto  di  vivande  per  insipido, 
senza  sale  o  condimento  ha  esempi  clas- 
sici :  vero  è  che  nell'uso  è  specialmente 
toscano. 

Sciopero  generale:  atto  minaccioso  di 
solidarietà  di  tutte  le  classi  operaie,  le 
quali,  nella  lotta  contro  il  capitale,  cre- 
dono di  aver  diritto  di  sospendere  ogni 
moto  della  complessa  vita  odierna,  ces- 
sando dal  lavoro.  Questa  specie  di  jus 
talionis,  spesso  sostenuto  in  difesa  di  una 
sola  classo  operaia  in  lotta  coi  suoi  im- 
prenditori, non  ha  dato  finora  risultati 
persuasivi. 

Sciopticon  :  specie  di  lanterna  magica. 
Da  ciHià  -  -  ombra. 

Sciovinismo:  V.  Chaunnisme:  parola 
giustamente  ri  prosa  dai  puristi  ma  cui  le 
frasi    nostre   amore,  idee  di  campanile, 


Sci 


438     — 


Scu 


rispondono  solo  in  parte.  Lo  sciovinismo 
più  che  come  corruzione  o  degenerazione 
dell'amor  patrio,  vale  ad  indicare  quello 
spiacente  orgoglio  cittadino,  spesso  istin- 
tivo, che  fa  deviare  dal  retto  giudizio. 

Scine  est  reminisci  :  lat.,  sapere  equi- 
vale a  ricordarsi.  Cfr.  Dante,  Par.  V, 
41,  42: 

che  non  fa  scienza, 
senza  lo  ritenere,  avere  inteso. 

Sciupateste:  parola  felicemente  compo- 
sta: leggesi  nel  Oingillino  del  Giusti. 

Gran  sciupateste  d'università, 

e  si  suole  dire  specialmente  di  maestri 
0  professori,  con  riferimento  al  difficile 
magistero  dell'insegnare,  il  quale  quando 
non  è  veramente  ben  e  umanemente  fatto, 
è  di  dubbia  utilità. 

Scleròsi  :  (gr.  okXìiqòs  =  duro)  term. 
med.,  indurimento  patologico  di  un  organo 
0  di  un  tessuto  per  effetto  di  ipertrofia 
del  tessuto  connettivo  che  entra  nella  sua 
struttura. 

Sclerotica:  membrana  dura,  opaca,  e- 
sterna  del  globo  dell'occhio,  la  superfice 
del  quale  copre  per  circa  quattro  quinti. 
Ha  la  forma  d'una  sfera,  troncata  sul  da- 
vanti . 

Scocciare:  tipico  ed  eloquente  verbo 
del  dialetto  napoletano,  esteso  ad  altri 
dialetti  dell'Italia  meridionale  e  anche 
centrale,  e  vuol  dire  rompere:  usasi  anche 
senza  il  facile  e  sottinteso  oggetto,  e  si- 
gnifica seccare.^  tormentare^  assillare^  im- 
portunare. Derivati  sono  scocciatore  e 
scocciatura.  La  forza  che  quivi  ha  questa 
parola  è  segno  della  forza  e  dell'  esten- 
sione che  ha  la  cosa.  Un  arguto  scrittore 
di  giornali  nota  :  «  Avviso  ai  filologi  :  scoc- 
ciatura non  è  ancoi'a  parola  italiana  ma 
si  ritiene  che  la  Crusca  finirà  con  l'ad- 
dottarla  ».  Se  non  la  Crusca,  il  Petrocchi 
registra  la  locuzione:  scocciare  i  cor- 
belli. 

Scoliòsi  :  {oKOÀLÒs  =:=  storto)  deviazione 
laterale  dei  rachitici;  term.  medico. 

Sconfessare:  nel  nuovo  senso  di  no?i 
riconoscere.^  dividere  la  propria  respon- 
sabilità da  quella  di  altri.,  non  dichia- 
rarsi solidale,  etc.  anzi  disapprovare^  è 
secondo  i  puristi  voce  foggiata  sul  conio  del 
dèsavouer.,  francese.  Rinnegare,  ri/provare 


sono  sinonimi,  ma  egli  è  pur  vero  che 
nelle  parole  vi  sono  certe  sottili  sfumature 
che  è  facile  avvertire  dall'uso,  difficile  il 
determinare  per  definizioni. 

Scoprire  la  corona:  nel  linguaggio  po- 
litico, secondo  l'ordinamento  costituzio- 
nale monarchico,  vale  far  cadere  la  re- 
sponsabilità di  alcun  atto  su  quel  potere 
che,  secondo  i  criteri  di  detta  costituzione, 
è  chiamato  irresponsabile,  cioè  il  monarca. 

Scoprir  gli  altarini  :  venir  a  conoscere 
le  magagne.,  ciò  che  avviene  in  segreto. 
Locuzione  familiare  dedotta  dal  fatto,  che 
non  sempre  quello  che  s'asconde  sotto  il 
candido  velo  dell'altare  è  del  pari  candido 
e  puro. 

Scratch  :  voce  ingl.  dello  sjport  (vale 
scancellare.,  raschiare).  Scratch  è  la  corsa 
in  cui  i  corridori  {podisti.,  oh,  bella  pa- 
rola!) ed  i  ciclisti  partono  alla  medesima 
distanza.  In  una  corsa,  poi,  proporzionale 
fra  corridori  di  dispari  forza  (V.  Handi- 
cap)., è  chiamato  scratch  quegli  che  parte 
alla  massima  distanza,  cioè  che  concede 
degli  «  abbuoni  »  agli  altri  concorrenti. 
(Oh,  anima  del  marchese  Basilio  Puoti!). 

Scripta  manent,  verba  volant:  lat.,  gli 
scritti  rimangono  e  le  parole  volano. 
Motto  latino  popolare,  vale  l'altro:  carta 
canta  e  villan  dorme. 

Scrofola  :  (da  scrofa.,  per  analogia  coi 
tumori  ganglionari  del  porco).  Con  tale 
nome  si  designa  uno  speciale  temperamento 
di  alcuni  individui  sui  quali  facilmente 
attecchisce  il  bacillo  della  tubercolosi  ed 
altri  germi  di  malattie.  In  Toscana  dicesi 
volgarmente  gàngola  corruzione  di  glan- 
dola. Yoce  notata  dal  Petrocchi  come  voce 
italiana,  ed  è  regionale. 

Scrubber:  voce  inglese  usata  in  mec- 
canica :  indica  un  apparecchio  che  serve 
per  lavare  (purificare)  il  gas:  lavatore. 

Scuna:  V.  Schooner. 

Scuola  criminale  positivista  :  locuzione 
dei  seguaci  della  scuola  lombrosiana  (Ferri, 
Garofalo  etc),  la  quale  studia  non  il  de- 
litto in  astratto,  ma  il  delinquente:  con- 
cede alla  umana  società  il  diritto  di  difesa 
contro  i  delinquenti,  non  di  punizione, 
giacché  ritiene  il  delitto  conseguenza  delle 
condizioni  sociali  e  somatiche  :  escluso, 
quindi ,    il    libero   arbitrio  e    il  conscire 


Scu 


439 


Seg 


sibì.  NB.  Dove  aia  il  vero  lo  dirà  miglior 
scienza. 

Scuola  internazionale:  V.  Int&rnaxio- 
nale  in  fine. 

Scuola  Manohesteriana:  V.  Sistema  M. 

Scuola  normale:  V.  Normale. 

Scusar  senza:  per  fare  senza,  fare 
a  meno ,  è  tipica  locuzione  milanese 
{scusa  senza)^  che  se  evitata  nelle  scrit- 
ture ,  ricorre  nel  parlar  familiare  della 
regione. 

Season:  voce  inglese,  stagione,  ma  la 
gente  mondana  adopera  la  voce  inglese 
con  forza  antonomastica,  e  il  motivo  è 
questo  :  gli  inglesi  più  che  altri  popoli 
hanno  costume  e  danari  per  dividere  il 
loro  tempo  ne'  luoghi  di  maggior  diletto 
0  per  bellezza  di  natura,  per  arte  e  per 
moda.  Ognuno  di  questi  luoghi  ha  il  suo 
periodo  fisso  di  maggior  frequenza  e  que- 
sto si  chiama  season  (sison). 

Season  :  ballo  figurato  :  quattro  passi 
a  mano,  inchino  e  due  giri  di  polca. 

Secessionista:  neol.  usato  in  arte.  La 
esposizione  dei  pittori  in  Monaco  di  Ba- 
viera prese  per  la  prima  volta  il  nome 
di  secessione^  ed  essi  si  nominarono  se- 
cessionisti: «  ma  di  fatto  l'esempio  era 
già  stato  dato  dal  gruppo  di  artisti  fran- 
cesi, i  quali,  costituitisi  in  società,  non 
esposero  più  al  Salon  e  impiantarono  le 
loro  esposizioni  al  Ghamp  de  Mars  :  al- 
lora la  parola  secessione  non  era  ancor 
stata  inventata.  Dunque  :  la  secessione  si 
verifica  di  fatto  e  non  ancora  di  nome  a 
Parigi  ;  poi  di  fatto  e  di  nome  a  Monaco 
di  Baviera,  indi  successivamente  a  Vienna. 
Due  0  tre  anni  or  sono,  per  varie  e  svariate 
cause  si  andava  delineando  una  secessione 
anche  a  Milano,  per  opera  della  Società 
Leonardo  da  Vinci  ;  ma  poi  non  ebbe  se- 
guito. In  sostanza  si  tratta  di  questione 
vecchia,  verificatasi  sempre  nei  centri  di 
arte  vitale.  È  positivo  che  gli  Enti  uffi- 
ciali che,  coir  aiuto  dello  Stato,  fanno  le 
grandi  esposizioni,  di  necessità  sono  con- 
servatori e  lenti  nell'accettare  le  formole 
nuove,  lo  manifestazioni  nuovo  non  ancor 
pervenuto  a  maturità.  Gli  artisti  giovani, 
che  a  tali  manifestazioni  nuove  addiven- 
gono, sono  pioni  di  coraggio  e  di  slancio, 
veri  novatori,  non  si   piegano   ma   persi- 


stono e  vanno  ad  esporre  altrove  le  loro 
opere  »  (G.  Garetti). 

Secolo  fai)  :  cioè  nella  vita  mondana 
in  opposizione  a  vita  religiosa  e  contem- 
plativa, nella  quale  le  cose  del  mondo 
sono  0  devono  essere  obliate  e  neglette; 
e  però  al  secolo  dicesi  del  nome  e  cognome 
dei  religiosi,  i  quali  entrando  in  una  reli- 
gione, assumono  semplice  ed  altro  nome. 
Es.  Suor  Teresa,  al  secolo  Elisa  Meli. 

Seconda  di  cambio  :  propriamente  è  la 
seconda  tratta  o  cambiale  che  si  manda 
nel  dubbio  che  la  prima  sia  andata  smar- 
rita. Per  estensione  si  dice,  per  lo  più 
con  intenzione  e  senso  ironico  o  faceto, 
di  fatto  che  si  ripete. 

S'écouter  parler:  V.  Il  s'ecoute. 

Secretaire:  per  scrittoio,  scrivania^ 
voce  francese,  usata  per  vizio. 

Sedan:  nome  della  famosa  battaglia 
(dalla  città  di  Sedan)  che  nel  1870  ca- 
gionò la  caduta  del  secondo  impero  na- 
poleonico. Usasi  antonomasticamente  per 
«  sconfitta  grande  ,  risolutiva  di  una 
guerra  ». 

Sed  nunc  non  erat  hic  locus:  dicesi  delle 
cose  anche  buone  ed  oneste,  ma  che  hanno 
il  difetto  grave  di  essere  fuori  di  posto. 
Orazio  {Arte  Poetica,  19)  col  suo  acuto 
buon  senso  pone  questa  sentenza  per  quel 
che  riguarda  certi  ornamenti  artistici , 
belli  in  sé,  ma  fuori  di  tema:  pei  quali 
non  era  quivi  il  suo  posto. 

Se  donner  des  allures:  modo  francese, 
darsi  l'aria,  darsi  del  peso,  dell'impor- 
tanza e  altri  modi  di  cui  è  ricco  il  genio 
del  popolo. 

Seducente:  pev attraente,  in  senso  buono 
però,  è  voce  ripresa  dai  puristi  (fr.  sé- 
duisant). 

Sedurre:  per  piacere  (es.  mi  seduce 
l'idea^  etc.)  ricorda  ai  puristi  il  fr.  sé- 
duire  =plaire,  persuader. 

Seduta:  per  tornata,  adunanza,  ricorda 
ai  puristi  il  fr.  séanee. 

Sega  :  V.  Appendice. 

Segala  cornuta:  o  grano  speronato;  è 
un  prodotto  anormale  (fungo)  che  sì  svi- 
luppa su  lo  spighe  di  alcuni  cereali,  spe- 
cialmente della  segala.  ITsasì  per  oocitaro 
i  moti  dell'utero  ed  affrettare  i  parti. 

Segavecchla:  la  Befana:  termino  ro- 


Seg 


440    — 


Sem 


magnolo  volgare,  segaveccia,  specie  di 
fantoccio  che  si  porta  a  torno  di  mezza 
Quaresima,  ripieno  di  frutta  secca  :  si 
rompe  e  i  frutti  si  dispensano  alla  folla. 

Segrete  cose  (metter  dentro  alle)  : /ar 
parteeipe  altrui  dei  disegni^  dei  riposti 
consigli.  Si  dice  per  facezia  o  con  inten- 
zione. Dal  noto  verso  dantesco  {Inf.  Ili), 
stravolto  ad  altro  senso,  come  è  il  caso 
solito  dei  versi  di  Dante. 

Segreto  di  Pulcinella:  dicesi  volgar- 
mente per  significare  cosa  che  tutti  sanno 
e  che  è  ridicolo  tenere  più  occulta.  La 
loquacità  e  la  melensaggine,  scurrile  e 
lepida,  della  famosa  maschera  napoletana 
spiega  la  locuzione. 

Seguace  di  Loiola:  Vale  per  ispregio 
Gesuita  V.   Gesuitismo. 

Sehnsucht:  ted.  tensione  nervosa  nel  de- 
siderio., desiderio  ardente. 

Seìches:  si  chiamano  con  questo  nome 
locale  le  oscillazioni  della  superficie  dei 
bacini  lacustri,  studiate  con  interesse  spe- 
cialmente sul  lago  di  Ginevra.  Pare  che  il 
fenomeno  abbia  per  causa  le  influenze 
atmosferiche.  Il  vocabolo  italiano  corri- 
spondente a  «  seiches  »  manca,  se  pure  non 
si  vuole  accogliere  la  versione  fonetica 
sesse^  che  suole  usarsi  presso  il  lago  di 
Garda  per  indicare  lo  stesso  fenomeno. 

Selcino  :  l'operaio  che  selcia  le  strade, 
il  selciatore.,  o,  meglio,  selciaio.  Y.  Fan- 
fani  ed  Avlìa.  ^fop.  cit.J. 

Select  :  ~z  choisi^  distingue.  Le  ìuonde 
select  =1  le  grande  monde.  Voce  nuova 
francese,  tolta  dall'inglese,  ne  ignota  fra 
noi.  V.  Pschutt.,  Lion,  High-life. 

Selettivo  :-C!/«e  ha  carattere  di  selezione 
(fr.  sélectif). 

Selezionare  e  selezionato:  neol.  da  se- 
lezione.  Y-,  questa  voce. 

Selezione  :  termine  scientifico  comune 
(lat.  selectioneni.,  fr.  sélection.,  ingl.  sele- 
ction)  cioè  scelta  di  progenitori  (animali 
e  piante)  meglio  adatti  a  produrre  per 
via  di  evoluzione  uno  sviluppo  nei  nati 
e  nei  prodotti  di  bellezza,  grandezza,  bontà 
maggiore.  Voce  scientifica,  e  come  molte 
voci  scientifiche,  estesa  oggidì  ad  ampio 
senso  ed  uso.  Der.  selezionare. 

Selfacting  Mule:  voce  inglese  dei  mec- 
canici e  dei  tessitori:  filatoio  automatico . 


Selfacting  Twiner:  voce  inglese  dei  tessi- 
tori e  dei  meccanici:  ritorcitoio  automatico. 

Selfgovernement:  parola  inglese  che 
vale,  governo  esercitato  da  sé,  cioè  governo 
diretto  per  opera  de'  cittadini,  come  in 
vera  repubblica. 

Self  help  :  bello  e  fiero  motto  inglese, 
titolo  di  un  famoso  libro  di  Samuele  Smi- , 
les:  Aiutati.,  o,  come  venne  tradotto:  Chi 
si  aiuta.,  Dio  l'aiuta.  Voce  usata  talora 
abusivamente,  es.  «  Il  self  help  è  proprio, 
non  soltanto  degli  individui,  ma  anche 
degli  Stati;  e  chi  non  sa  aiutarsi  da  sé, 
invano  spera  nella  Divina  Provvidenza, 
etc.  »  (NB.  Sono  sempre  passi  di  scrittori 
autorevoli  e  che  vanno  per  la  maggiore  !). 

Selfìnduzione:  anglicismo  {self=z  stesso), 
usato  abusivamente  da  alcuni  scrittori  ed 
elettrotecnici,  a  cui  non  troppo  soccorre 
il  senso  dell'italianità.  Autoinduzione  è 
la  parola  buona.  (V.  Auto  e  induzione). 

Self-made  man  :  tipica  locuzione  inglese 
del  sano  individualismo  democratico,  uomo 
fatto  da  sé,  figlio  delle  proprie  azioni, 
giunto  a  prospero  stato  per  suo  valore. 

Seitz  (acqua  di):  nota  acqua  minerale 
artificiale  che  prende  nome  dalle  sorgenti 
di  Niederselters,  villaggio  della  Prussia. 

Semaforo:  term.  mar.  È  una  stazione 
di  segnali  da  costa,  la  quale  con  un  suo  al- 
bero semaforico  a  bracci  o  con  altro  sistema 
di  segnalazione  può  comunicare  coi  basti- 
menti che  passano  nelle  sue  vicinanze  e 
con  altri  semafori  in  vista.  —  Dal  gr. 
Oì]juaivco  =  segno,  indico  e  cpSQoy  zr.  porto. 

Semeiotica:  o  sintomatologia.,  è  voce 
del  linguaggio  medico,  derivata  dal  greco 
i  {07]jU£icoTiKr])  e  significa  studio  o  esame 
I  dei^segni  o  sintomi.  Codesti  segni  mor- 
bosi si  raccolgono  coli' ispezione,  palpazio- 
ne, percussione,  ascoltazione  dell'infermo, 
esame  chimico  e  microscopico  dei  prodotti 
di  secrezione  e  di  escrezione,  del  sangue, 
delle  orine,  del  vomito,  etc. 

Seme!  abbas,  semper  abbas:  lat.,  una 
volta  abate  si  è  sempre  abati.,  cioè  il  ca- 
rattere sacerdotale  è  indelebile  :  dicesi 
anche  in  senso  di  spregio  per  indicare  la 
impronta  ecclesiastica  che  rimane  tuttavia 
in  chi  fece  abiura. 

Semel  in  anno  licet  insanire:  una  volta 
all'anno  è  lecito  far  pazzie^    antica    e 


Sem 


441 


Scn 


popolare  sentenza  latina  che  vuoisi  deri- 
vata da  un  passo  di  Seneca,  conservato 
da  S.  Agostino  nel  libro  De  civitate  Dei^ 
VI,  10  :  huie  tamen  furori  certum  tem- 
piis  est.  Tolerabile  est  semel  anno  insa- 
nire. Si  dice  quando  si  condona  o  si  scusa 
alcuna  colpa  altrui,  specie  di  lievi  e  gio- 
vanili colpe,  dovute  all'esuberanza  naturale 
degli  anni. 

Se  Messenia  piange,  I  Sparta  non  ride: 
se  V  uno  si  trova  in  cattiva  condixione, 
l'altro  non  gode.  (V.  Monti,  Aristodemo^ 
II,  7).  Ricorda  il  verso  del  Petrarca: 
S'  Affrica  pianse^  Italia  non  ne  rise 
(Trionfo  d'Amore,  lY,  83). 

Semi-ignoto:  press'a  poco  nel  senso  di 
Cameade.  V.  questa  parola. 

Semola  :  mentre  in  tutta  Italia  la  semola 
vuol  dir  crusca.,  cioè  la  buccia  del  grano 
separata  dal  fiore  con  lo  staccio,  in  Milano 
significa  il  fior  fiore.,  onde  -pan  di  semola 
il  pane  più  fine.  Perchè  tale  idiotismo  in 
cui  cadono  anche  le  persone  colte  ?  Forse 
dal  tedesco  Semmel  che  indica  panino? 

Semplicista  e  semplicismo:  V.  Sim- 
pìiste. 

Senatores  boni  viri,  senatus  autem 
mala  bestia:  i  senatori  sono  buoni  uo- 
mini (presi  ad  uno  ad  uno)  ma  il  senato 
(cioè  la  collettività)  è  una  mala  bestia  : 
la  prima  parte  di  questa  sentenza  è  Cice- 
roniana, la  seconda  di  manifesta  formazione 
e  intuizione  popolare  del  formarsi,  in  certi 
casi,  di  uno  spirito  collettivo  negli  indi- 
vidui che  costituiscono  un'assemblea,  una 
scolaresca,  un  consesso,  etc,  spirito  o 
anima  comune,  ben  diversa  da  quella 
delle  singole  persone.  Dicesi  anche  face- 
tamontc  boni  viri  per  Senatori. 

Senatoriale:  voce  abusiva  per  senato- 
rio., cioè  dell'ordine  del  senato:  fr.  séna- 
torial. 

S'endimancher:  V^.  Indomenicato. 

Senectus  ipsa  est  morbus:  la  vecchiaia 
è  di  per  sé  sola  un'infermità.  (Terenzio 
Phorm.  IV,  I,  9). 

Senno  di  poi  [il)',  è  quello  di  cui  sono 
pieno  le  fosso,  quindi  giudizio  di  nessun 
valore  perchè  seguo  al  fatto. 

Séno  (in);  invece  che  dire  semplice- 
mente Ì7i  es.  in  seno  alla  commissione., 
è  brutto  traslato  del  linguaggio  degli  uf- 


fici. Così  si  abusa  di  in  seno  per  entro, 
allegato.,  inchiuso. 

Se  no,  no  !  :  periodo  ipotetico,  ridotto  a 
brevissima  e  laconica  formula  assoluta. 
Il  Fumagalli  (op.  cit.).,  ne  trova  l'origine 
nello  spagnuolo  sino.,  no.  condizione  di 
sudditanza  dell'Aragona  ai  re  di  Spagna 
a  patto  che  questi  rispettassero  gli  antichi 
statuti  0  privilegi  (fueros)  di  quella  terra. 
Ma  forse  è  un  ricercar  troppo  lontano  e 
difficile  di  cosa  semplice  e  vicina.  Giu- 
seppe Mazzini  nella  famosa  sua  lettera  al 
re  Carlo  Alberto  vi  prepone  a  motto:  se 
no.,  no. 

Sensazionale  :  a  sensazione.,  uno  dei 
pili  crudi  barbarismi  e  dei  più  radicati 
nell'uso,  specialmente  per  effetto  del  gior- 
nalismo. Deve  essere  neologismo  anche 
in  francese ,  sensationnel.  Dall'  inglese 
sensational.  (V.  Fanfani  ed  Arlia  op.  cit.) 
Il  sensazionale  sembra  contenere  sì  l'idea 
della  commozione  come  quella  dell'impres- 
sione, del  colpo,  della  meraviglia,  non 
esclusa  l'iperbole.  Es.  Notizie  sensazio- 
nali., prezzi  sensazionali. 

Senso  :  nelle  locuzioni  :  a  senso  dell'ar- 
ticolo tale  di  legge.,  per  secondo  il  tenore 
0  secondo  che  è  disjjosto;  tn  senso  affer- 
mativo per  affermativamente;  infine  senso 
per  direzione.,  lato.,  parte.,  riprendesi  dai 
puristi . 

Sensoriale:  per  sensitivo.,  sensibile.,  è 
dal  fr.  sensorial.  Ecco  un  esempio,  tolto 
da  uno  di  quelli  scrittori  il  cui  giudizio 
ha  valore  fra  noi  come  moneta  corrente  : 
«  ecco,  a  più  determinata  conclusione,  il 
compiuto  trionfo  dell'arte  di  un  sensoriale., 
sottile  auditivo.,  straordinario  visiro  ». 

Sensorio:  voce  usata  dai  medici  per 
indicare  lo  stato  più  o  meno  vigile  dei 
sensi.  In  fr.  sensoriuìn.,  dal  latino  sensus 
=  senso,  il  complesso  dei  sensi,  il  cer- 
vello, focolare  e  centro  cui  mettono  capo 
le  senzazioni. 

Senza  cessa  :  per  senza  posa.,  (fr.  sans 
cesse)  ò  un  orrore,  raro,  se  si  vuole,  ma 
riscontrato  talora  nei  giornali,  o  prove- 
niente da  manifesta  dimenticanza  della 
parola  italiana,  infiusso  della  parola  Iran- 
cese  e,  sopratutto,  incuranza  dello  scrivere 
italiano.  NH.  Incuranza,  ben  si  sa,  quando 
si  scrive  in  prosa,  che  quando  gli  italiani 


Sen 


-     442 


Ses 


si  vestono  del  peplo  poetico,  allora  pescano 
le  parole  rare  in  fondo  alla  cassa. 

Senza  dir  né  can  né  bestia:  locuzione 
familiare:  vale  senza  dir  nulla  e  per  lo 
più  s'accompagna  col  verbo  andarsene^ 
cioè  andarsene  villanamente^  senx^a  sa- 
lutare. Trovo  questa  locuzione  nel  dialetto 
romanesco.  Belli,  La  ineurotiazxiotie  de 
Napujjone  : 

Eppoi,  pe'  giunta,  jje  vortò  la  sschina 
Senza  dijje  nnè  asino  nnè  bbestia. 

Senza  patria  (i)  :  traduzione  del  fr.  sans 
patrie  per  significare  spregiativamente  i 
socialisti,  i  quali  non  soltanto  subordinano 
il  concetto  di  patria  a  quello  dell'umana 
solidarietà,  ma  talora  negano  (e  in  ciò  sta 
l'errore)  il  valore  presente  di  questa  pa- 
rola. Ciò  anzi  è  iattanza  italiana  special- 
mente. Più  acuto  forse  è  il  ricambio  di 
insulto  che  i  socialisti  fanno  a  certi  pa- 
triotti  di  valersi  della  patria  come  di  un 
banco  e  di  ottima  fede  da  sfruttare.  V. 
Patriottardo  e  Nazionalista. 

Oh,  buon  principio, 
a  che  vii  fine  convien  che  tu  caschi  ! 

Septicemìa:  (da  orjjiTmós  =  corrotto 
e  nljua  =  sangue),  dunque  sangue  guasto^ 
corruzione  del  sangue.  Termine  medico 
che  indica  in  modo  generico  quelle  ma- 
lattie cagionate  dalla  introduzione  nel 
torrente  della  circolazione  di  microbi  che 
vi  si  sviluppano.  Meno  comune  la  forma 
assimilata,  setticemìa. 

Serenella:  chiamano  con  tal  nome  a 
Milano  e  in  altri  luoghi  della  Lombardia 
la  Syringa  vulgaris.,  arbusto  dalle  grandi 
pannocchie  di  fiori  odorosi,  più  comune- 
mente gridellini,  ma  anche  bianchi  oppure 
quasi  porporini,  coltivata  in  tutti  i  giar- 
dini. In  italiano  Siringa.  V.  Sicomoro. 

Serge:  fr.,  in  italiano  sargia  e  saia 
(dal  lat.  sarica.,  tunica  o,  meglio,  da  se- 
rica., veste  di  seta)  stoffa  leggera  di  lana 
e  di  seta  di  fine  e  liscio  tessuto. 

Sero  venienti  bus  ossa:  a  chi  tardi  ar- 
riva., le  ossa,  è  motto  latino  rispondente 
al  nostro,  chi  tardi  arriva  male  alloggia. 

Serramanico:  attributo  di  coltello  la 
cui  lama  si  ripiega  nel  manico,  come  i 
temperini  :  se  non  che  il  coltello  a  ser- 
ramanico usasi  di  solito  per  altro  ufficio 
che   per  temperare,  e  però   ha  una  forte 


molla  che  assicura  la  lama  affinchè  non 
si  pieghi  nell'atto  del  vibrare. 

Serra  :  nel  senso  di  stufa.,  stanza,  te- 
pidario^ è  parola  ripudiata  dai  puristi  come 
gallicismo  {serre  =  luogo  ove  si  riparano 
le  piante  che  temono  il  soverchio  freddo). 
V.  il  Fanfani  ed  il  Rigutini  {op.  cit.):  la 
difende  il  Yiani,  ma  specialmente  la  di- 
fende l'uso,  che  l'adopera  anche  in  senso 
traslato.  Credo  che  gli  stessi  puristi  deb- 
bano pensarci  per  accorgersi  della  impu- 
rità della  parola. 

Serrata:  V.  Lock-out.  Come  termine 
storico  Serrata  del  Gran  Consiglio  della 
Eepublica  di  Venezia  è  detta  quella  legge 
che  Pietro  Gradenigo  stabilì  nel  1296  (?), 
per  la  quale  era  riconosciuta  la  ereditarietà 
di  quanti  in  quel  tempo  componevano  quel 
supremo  Consiglio,  con  esclusione  di  nuove 
future  elezioni.  Questa  parola  è  usata 
anche  dagli  economisti  e  giornalisti  invece 
di  Lock-out:  dunque  non  è  vero  che  non 
si  può,  ma  è  vero  che  non  si  vuole  o  non 
si  cura  di  usare  voci  nostre  ! 

Serventese:  V.  Sirventese. 

Servilismo:  disposizione  cortigianesca 
ed  abbietta  di  servire  potenti,  prepotenti 
0  fortunati  :  è  neologismo  ripreso  dai  puristi 
(fi-,  servilisme).,  invece  di  «  servilità  ». 

Servo-motore  :  (meccanica),  apparecchio 
destinato  a  manovrare  automaticamente  il 
regolatore  di  una  macchina,  usufruendo 
di  questa  nei  momenti  di  regime  tur- 
bato. 

Servum  peous:  V.  0  imitatores,  etc. 

Sesquipedalia  verba:  parole  lunghis- 
sime (propriamente  di  un  piede  e  mszzo); 
così  denominava  Orazio  alcune  parole  dif- 
formi per  la  loro  lunghezza  Certo  v'è 
un'estetica  delle  parole  secondo  il  genio 
di  un  linguaggio,  e  certe  voci  sesquipedali 
odierne,  certi  scioglilingua  sono  orribili  I 

Sesse  :  V.  Seiches. 

Sessennio:  (lat.  sexennium^  periodo  di 
anni  seij,  nelle  leggi  delle  amministrazioni 
italiane  è  l'aumento  del  decimo  dello  sti- 
pendio per  alcune  categorie  di  impiegati 
(professori)  ogni  sei  anni.  Un  tempo  il 
sessennio  correva  parallelo  alle  promozioni: 
oggi,  per  ragioni  meramente  fiscali,  la 
promozione  annulla  il  sessennio. 

Séssola:  è  voce  usata  nel  littorale  adda- 


ses 


443 


m 


tico  dai  marinai  ad  indica  una  specie  di 
cucchiaio  di  legno  di  corto  manico  con  il 
quale  si  vuota  l'acqua  entrata  o  filtrata 
ne'  battelli,  o  palischermi.  Il  Petrocchi 
nota  sessola  fra  le  voci  morte  in  vece  di 
rota\x,a,  mescola^  conca.  Le  parole  ita- 
liane che  non  sono  vive  nel  volgare  fio- 
rentino, sono  sempre  morte  per  i  manzo- 
niani, ciò  si  sa  !  E  v'è  chi  dà  a  costoro 
ragione!  Sessola  chiamasi  popolarmente  la 
conca  di  legno  per  pulir  civaie  od  altri 
usi  (infilar  perle,  a  Venezia). 

Sesta  giornata  (eroe  della):  locuzione 
storica,  viva  tuttora.  Le  giornate  di  Mi- 
lano nel  1848,  furono  5.  Nel  sesto  giorno 
quando  gli  austriaci  ebbero  lasciato  la  città, 
apparvero  in  piazza,  feroci  e  belligeri, 
quelli  che  nei  dì  della  battaglia  si  erano 
occultati  nelle  cantine. 

Set:  voce  ingl.,  vale  partita.  Dicesi  nel 
giuoco  del  Lawn-Tennis.  V.  Questa  parola. 

Sette  dormienti  (i):  leggenda  araba  di 
sette  giovani  che,  fuggendo  le  persecu- 
zioni contro  i  Cristiani,  nell'isola  d'Efeso 
dormirono  per  200  anni,  dal  250  d.  C. 
all'  anno  450  d.  C.  e ,  desti ,  predirono 
mirabili  cose,  fra  le  altre  la  venuta  di 
Maometto.  Dicesi  estensivamente  in  senso 
faceto. 

Settembrista:  fr.  septembriseur^  ter- 
mine storico,  riferito  a  quei  massacratori 
fanatici  che  ebbero  parte  nelle  stragi  dei 
prigionieri  politici  al  tempo  della  Rivolu- 
zione di  Francia  (settembre,  1792).  |  Ri- 
corre talora  questa  parola  estensivamente. 

Setter  :  nome  inglese  di  una  nota  e  bella 
varietà  di  cani  da  caccia,  di  pelo  seta- 
ceo. (V.  Angelo  Vecchio  //  Cane,  Manuale 
lioepli). 

Sette  sigilli:  librum....  signatuìn  si- 
gillis  septeni^  libro  chiuso  con  sette  si- 
gilli, dice  S.  Giovanni  della  sua  Apocalisse 
(v.  1),  e  dicesi  anche  di  altre  opere  scritte 
il  cui  senso  è  occultato  sotto  simbolo,  o 
pretende  a  profonde  significazioni. 

Settico:  (gr.  OYinrmòs,  da  (3ì)jToy  - 
j)utrofaccio)  :  si  dice  degli  accidenti  cau- 
sati dai  micròbi,  sia  per  essi  stessi,  sia 
per  effetto  delle  loro  tossine.  Es.  Ferita 
settica.^  non  purgata  da  possibili  agenti 
patogeni,  quindi  infetta.  Voce  modica,  da 
non  confondere  con  scettico! 


Settimo,  non  rubare!:  oioè  settimo  co- 
mandamento è  qicello  che  vieta  il  flirto^ 
e  si  dice  come  avvertimento,  premessa, 
condizione  a  molte  cose  (per  lo  pili  in 
senso  ironico). 

Settimo  sacramento:  nota  perifrasi  per 
indicare  il  matrimonio. 

Settlement:  voce  inglese  che  significa 
stabilimento.^  colonia;  ed  è  il  nome  dato 
ai  territori  concessi  agli  stranieri  nell'in- 
terno delle  città  della  Cina. 

Settore:  neol.  per  medico.,  operatore 
(dal  lat.  secare  =  tagliare). 

Seve  :  in  fr.  è  la  linfa  delle  piante,  indi 
umore  vitale.,  vigore,  essenza.,  nerbo  in 
senso  esteso.  E  proprio  necessaria  tale 
voce?  non  deve  muovere  a  sdegno,  o  piut- 
tosto far  pena  veder  letterati  usare  tale 
voce  come  se  le  parole  italiane  non  ren- 
dessero il  pensiero?  Es.  «Un  dì  Giuseppe 
Verdi,  scrivendo  alla  contessa  Maffei.  a 
proposito  dei  Promessi  Spoiji.,  scopriva 
con  sicuro  istinto  l'intima  seve  dell'arte, 
etc.  ».  NB.  Inutile  ripetere  che  questi 
esempi  sono  sempre  tolti  da  quegli  scrit- 
tori nostri  che  sono  salute  dell'umile  Italia, 
che  quando  scrivono  in  rima  estetica,  bi- 
sogna vedere  che  belle  parole  pulite  sca- 
vano fuori!  Pulite  in  verso,  e  in  prosa 
sudicie.  Come  i  villani  che  si  lavano  bene 
il  giorno  di  Pasqua!  È  questione  di  di- 
gnità e  di   logica,  non  di  purismo! 

Sfatare  :  per  screditare.,  è  buona  e  an- 
tica voce.  Es.  opinioni  sfatate. 

Sfera:  è  da  molti  familiarmente  chia- 
mata la  lancetta  dell'orologio,  scambiando 
così  il  giro  percorso  in  figura  di  sfera  col 
nome  dell'indice  che  detto  giro  percorre. 
Compatibile  errore,  cui  dà  forza  l'uso.  Le 
locuzioni  sfera  d'axione.,  sfera  d'attività 
(per  campo),  persona  di  bassa  sfera  (per 
condizione,  estrazione),  sono  ripreso  dai 
puristi. 

Sfintere:  gr.  (i(piyHTì)Q^  ^di.  otpiyyeiv  = 
serrare,  chiudere  :  sono  cosi  denominati 
alcuni  muscoli  in  forma  d'anello  ohe  ser- 
vono a  chiuderò  le  aperture  o  condotti 
naturali ,  così  lo  sfintere  delle  labbra, 
delle  palpebre.  Sfintere  dell'ano:  hi» uno 
tal  nome  due  muscoli  che  circondano  l'e- 
stremità inferiore  dell'intestino  rotto.  Uno 
è  interno,  è  foggiato  ad   anello,    formato 


Sfi 


—     444 


Sic 


da  fibre  muscolari  lisce  come  quelle  degli 
intestini,  le  quali  per  la  loro  natura  sono 
indipendenti  dalla  volontà  ;  questo  sfintere 
sta  sempre  contratto  per  trattenere  le  ma- 
terie fecali  che  si  accumulano  nell'inte- 
stino retto.  L'  altro  è  esterno,  costituito 
da  due  fasci  muscolari  foggiati  come  due 
parentesi  (),  formati  da  fibre  striate;  è 
sempre  rilassato,  non  contraendosi  che 
subordinatamente  alla  volontà.  In  forma 
esclamativa  che  sfintere!  è  voce  volgare 
per  dire  che  fortuna!  Simili  plebee  espres- 
sioni sono  che  c***.^  che  obice!  V.   Obice. 

Sfioratore:  (idraulica)  bocca  a  stramaz- 
zo, aperta  nel  ciglio  di  un  serbatoio  d'ac- 
qua allo  scopo  di  scaricare  l'acqua  ecce- 
dente e  conservare  il  livello  ad  un  deter- 
minato punto. 

Sfociare:  è  verbo  notato  nel  senso  di 
sgombrare^  spurgare  la  foce  :  nel  senso  di 
metter  foce.^  o  più  semplicemente  sboccare 
è  brutto  neologismo,  caro  ad  alcuni  geo- 
grafi. 

Sfoglia:  nome  volgare  dell'Adriatico, 
dato  alla  sògliola  (Rhombus  Solca).  Non 
manca  chi  per  maggior  eleganza  usa  no- 
minare questo  squisito  pesce  piatto  col 
nome  francese:  es.  soles  frites^  soles  au 
gratin  :  certo  così  accade  di  leggere  scritto 
nelle  note  d'albergo  (V.  Sfoglia). 

Sfondar  le  porte  aperte:  locuzione  fa- 
miliare ironica,  detta  di  chi  si  sforza  a 
dimostrare  cosa  evidente  che  non  richiede 
dimostrazione. 

Sfottere:  verbo  di  uso  volgare,  raffor- 
zativo di  fottere.,  nel  senso  di  'persegui- 
tare., ridurre  a  male:  non  ignoto  nel 
gergo  delle  caserme. 

Sfregio  :  nel  dialetto  napoletano  indica 
il  colpo  di  rasoio,  dato  a  tradimento  sul 
volto,  solitamente  a  scopo  di  vendetta 
amorosa. 

Sfroso:  voce  milanese  s/ros,  da  frode, 
contrabando:  indica  sì  l'azione  come  la 
merce.  Der.  il  verbo  sfr osare.,  da  frau- 
dare. 

Sgravio:  lo  sgravare.,  a  questa  antica 
parola  è  stato  dato  nuovo  valore  di,  alle- 
gerimento^  diminuzione  di  imposte. 

Shake  liand:  la  stretta  (propriamente 
scossa)  di  mano  all'  inglese. 

Shako:  Y.  Schako. 


Shampooing:  voce  inglese:  passata  in 
francese  :  lavage  et  friction  de  la  lete.,  e 
probabilmente  ai  nostri  barbieri  provenne 
per  via  della  Francia.  Correggi  la  grafia 
Ghampoing.,  a  pag,  88. 

Shed:  V.  Rex  de-chaussée. 

Sherry  Brandy  :  Sherry  è  la  traduzione 
inglese  di  Xei'es,  famoso  vino  di  Spagna 
e  brandy  vuol  dire  spirito,  dunque  spirito 
0  liquore  assai  fino  ottenuto  con  la  di- 
stillazione delle  uve  di  Xeres,  ciò  che 
per  i  francesi  è  il  cognac. 

Shirting  :  tela  candida  e  fine  per  cami- 
cie. Ingl.  shirt  =r  camicia. 

Shook  :  termine  medico.  Y.  choc.  Shock 
è  voce  ingl.  ted.  e  fr.,  talora  usata  anche 
da  noi  (colpo).  Cfr.  to  shake  ■=  Scuotere, 
crollare. 

Shocking  :  voce  inglese,  passata  nel 
gergo  francese  {c'est  shocking  !  zzz  e' est 
révoltant.,  choquant)  e  non  ignota  fra  noi, 
ma  se  si  dice,  è  più  per  celia  e  per  affet- 
tazione dell'affettata  pudicizia  inglese,  che 
sul  serio. 

Shrapnel:  nome  di  proiettile  delle  arti- 
glierie, di  cui  è  regolato  lo  scoppio  (dal 
nome  dell'  inventore). 

Shunt  (derivazione)  :  voce  inglese,  usata 
dagli  elettricisti.  «  È  un  conduttore  di 
nota  resistenza  elettrica  posto  in  deriva- 
zione su  la  corrente  principale,  allo  scopo 
di  suddividere  quest'ultima  su  due  vie, 
in  guisa  che  solo  una  frazione  conosciuta 
di  essa  percorra  il  conduttore  principale. 
Si  usa  specialmente  nella  misura  d'inten- 
sità di  corrente  per  mezzo  del  galvano- 
metro,  quando  questo  non  sia  capace  di 
portarla  tutta  »  (Prof.  Luigi  Sartori). 

Shylock:  è  il  nome  dell'ebreo  avaro  e 
vendicativo  nel  noto  dramma  dello  Sha- 
kespeare, //  Mercante  di  Venezia.  Dicesi 
per  antonomasia  di  persona  esosamente  e 
malignamente  avara  e  speculatrice  dell'o- 
pera altrui. 

Siam  traditi,  o  Regina:  (Metastasio, 
Bidone  abbandonata.,  I,  16)  uno  dei  non 
pochi  esempi  di  versi  metastasiani,  rimasti 
popolari  ;  se  non  che  il  popolo  d'Italia,  se- 
guendo r  indole  sua  lieta  e  scettica,  lo 
parafrasa  in  siam  fritti.,  siam  fottuti^  etc. 
e  vi  annette  senso  di  lepidezza. 

Si  caecus  caecum  ducit,  ambo  in  fo- 


Sic 


445 


Sii 


veam  cadunt:  lat.,  se  il  cieco  guida  il 
cieco^  ambedue  cadono  nella  fossa.  Sen- 
tenza a  forma  di  parabola  per  significare 
che  uno  stolto  è  mala  guida  e  consigliere. 

Sic:  lat.,  così.,  cioè  cosi  proprio.,  e  po- 
nesi  fra  parentesi  citando  testualmente 
passi  altrui  di  cui  si  vuol  far  notare  con 
intenzione  malevola  la  stranezza  o  l'errore 
di  giudizio  0  di  forma. 

Sic  itur  ad  astra:  così  si  arriva  alle 
stelle!  (Verg.  En.  IX.  641),  cioè  così  si 
eterna  il  proprio  nome,  si  acquista  gloria. 
Ma  quasi  sempre  il  motto  latino  è  ripetuto 
in  senso  faceto  od  ironico. 

Si  charta  cadit  tota  scientia  vadit: 
specie  di  verso  dall'intonazione  macche- 
ronica, detto  di  chi  non  sa  senza  l'aiuto 
del  suggeritore  o  del  manoscritto. 

Sicomoro  :  benché  il  sicomoro  sia  tut- 
t'altra  cosa  (Ficus  Sycomorus  dell'Egitto), 
tuttavia  nei  paesi  nostri  la  Siringa  (Vedi 
Serenella)  è  talvolta  chiamata  sicomoro  e 
propriq  dalle  persone  piii  istruite  1  (Calc- 
gari). 

Sic  transit  gloria  mundi  :  parole  rituali 
nelle  elezioni  dei  Pontefici,  significante 
r  infinita  vanità  delle  cose  umane.  V. 
Fumagalli  (op.  cit.)^  e  cfr.  i\q)1' Imitazione 
di  Cristo  (I,  3,  6)  il  motto  :  0  quam  cito 
transit  gloria  mundi!  Presso  il  popolo 
è  riferito  a  persone  e  cose  mondane,  e  con 
intenzione  di  filosofica  indifferenza  per  il 
loro  decadere  e  scomparire. 

Sicut  erat  In  principio:  o  soltanto  si- 
Gut  erat:  locuzione  liturgica:  si  dice  fa- 
miliarmente col  verbo  ritornare  od  essere., 
a  modo  di  sostantivo.  Es.  siamo  al  sicut 
erat.,  cioè  come  era  prima.  Cfr.  Plus  p<i 
change.,  ctc. 

Sic  vos  non  vobis:  così  voi.,  non  per 
voi  (cioè:  così  voi  lavorate,  ma  il  frutto 
del  lavoro  non  è  vostro).  Triste  e  popo- 
lare legge  di  ingiustizia  umana  da  Ver- 
gilio  (  Vita  di  V.  di  Donato)  espressa  coi 
noti  versi  : 

Sic  vos  non  vobis  nidiflcatis  aves, 
Sic  vos  non  vobis  veliera  l'ertis  oves, 
Sic  vos  non  vobis  mellificatis  apes, 
Sic  vos  non  vobis  t'ertis  aratra  bovos. 

E  dalle  bestie  agli  uomini: 

non  veste  seta  chi  filò  gli  stanai. 

Sicut  mater,  ita'etfilla  eius:  (Ezechiele, 


XVI,  44)  quale  è  la  madre.,  tale  è  la  figlia: 
concetto  dell'ereditarietà  morale  noto  ed 
espresso  da'  più  remoti  tempi.  (V.  Fuma- 
galli op.  cit.)  Cfr.  la  novella  di  Griselda 
in  principio.  {Decameron.,  giornata  X, 
novella  X).  Nel  popolo  spesso  udii  il  motto 
qualis  pater ^  talis  fìlius. 
■  SI  dice:  locuzione  usata  a  modo  di  so- 
stantivo :  I  «  si  dice  » ,  cioè  le  congetture., 
le  dicerie.,  solitamente  con  senso  malevolo. 

Sledi  e  favella  :  così  Bidone  a  larba 
[Bidone  abbandonata.,  atto  I)  :  la  gravità 
melodrammatica  metastasiana  è  volta  in 
beffa,  e  talora  vi  si  aggiunge  siedi  favella 
e  taci.,  ovvero  favella  e  taci! 

Siero  di  Behring:  specifico  contro  la  di- 
fterite. Mirabile  trovato  della  terapia  mo- 
derala. V.  Sieroterapia.,  V.   Group. 

Sieroterapia:  (da  serum  lat.,  siero  e 
deQaneia  =  cura)  neologismo  del  linguag- 
gio medico  che  indica  un  recente  metodo 
di  cura  delle  malattie  infettive.  Esso  con- 
siste nel  trarre  profitto  delle  proprietà 
curative  del  siero  di  alcuni  animali,  vac- 
cinati contro  queste  malattie.  Questo  siero 
è  solitamente  usato  per  iniezioni  sottocu- 
tanee e  talvolta  intra  venose. 

Sifilicomio:  ospedale  ove  si  cura  la  si- 
filide. 

Sigaraio  :  non  è  solo  1'  operaio  che  fa 
i  sigari,  ma  nell'uso  indica  il  venditore 
ambulante  di  sigari  (caffè,  stazioni). 

Signora  :  per  maestra.,  insegnante.,  pro- 
fessoressa con  l'aggiunto  della  disciplina 
insegnata,  è  «  idiotismo  vizioso  del  gergo 
scolastico  milanese  ».  Così  la  Sig.""  Rosa 
Errerà  (op.  cit.).,  perchè  «vizioso»?  Si 
sottintende  la  signora  maestra  o  profes- 
soressa (anzi  no,  professore!).  Cfr.  il  te- 
desco Herr  Professor^  Signor  professore., 
la  quale  parola  è  da  quel  popolo  sempre 
detta  con  grande  osservanza  e  rispetto. 

Signora  :  per  moglie  è  voce  e  uso  della 
nostra  borghesia.  Es.  salutami  la  tua 
signora.  L'uso  di  tale  parola,  specie  fra 
persone  amiche  o  di  umile  stato,  mi  ha 
sapore  d'affettazione  o  di  ironia  involon- 
taria. In  fr.  è  semplicemente  femme,  ov- 
vero madame.,  seguito  dal  nomo  del  marito, 
se  molta  non  è  la  confidenza. 

Sila:  gran  bosco  di  Calabria,  rimasto 
storicamente  famoso   per   i   suoi    ricordi 


Sii 


—     446     — 


Siili 


briganteschi.  Dicesi  bosco  della  Sila  e- 
stensivamente  per  indicare  luogo  o  accolta 
di  persone  fra  le  quali  non  v'è  sicurezza, 
ma  continuo  sospetto  di  tradimento,  spo- 
liazione, 0  sorpresa. 

Silaggio:  (V.  Silo)  parola  abusiva,  dal 
fr.  silage.  In  italiano  infossamento^  con- 
serva di  foraggio  verde.  Non  è  parola^ 
frequente. 

Sileni  leges  inter  arma:  tacciono  le 
leggi  fra  le  armi  (Cicerone,  Pro  Milone.^ 
IV),  cioè  la  forza  del  diritto  cede  al  di- 
ritto della  forza. 

Silhouette:  fr.,  è  propriamente  il  pro- 
filo tracciato  con  l'ombra.  Chiamavasi  con 
tal  nome  un  certo  signore  vissuto  nel  se- 
colo XVIII,  che  in  un  suo  castello  diletta- 
vasi  a  tracciar  sulle  mura  i  profili  secondo 
l'ombra.  Il  nome  rimase  alla  cosa.  Ombra 
0  profilo^  secondo  il  caso,  sono  le  voci 
che  vi  corrispondono.  Che  bella  silhouette, 
per  bella  figura,  figurina  (di  donna),  è 
frequente.  Il  Melzi  registra  siluetta,  ma 
si  usa? 

Sillabarista:  neol.  non  bello,  usato  dalla 
r.  commissione  dei  libri  di  testo,  per  in- 
dicare un  autore  di  sillabari. 

Si  loca:  cosi  a  Napoli:  a  Roma,  est 
locanda  {-z::!  lat.  è  da  affittare):  nell'Alta 
Italia,  d'affittarsi;  in  Toscana,  appigio- 
nasi., è  intitolata  la  scritta  che  ponesi  su 
le  case  da  appigionare  o  affittare.  i^Questo 
verbo,  secondo  l'uso  toscano,  dicesi  me- 
glio dei  fondi  rustici,  che  delle  case,  bot- 
teghe, etc). 

Silo  :  nel  linguaggio  degli  agricoltori 
sono  così  chiamate  le  fosse  di  muratura 
0  naturali  ove  si  stratificano  e  chiudono 
i  vari  foraggi  verdi  :  i  quali  così  compressi 
e  sottratti  all'azione  dell'aria  e  dopo  tenue 
e  non  dannosa  fermentazione,  si  conser- 
vano freschi  e  perciò  formano  ottimo  man- 
gime nelle  stagioni  successive.  L'esempio 
di  tali  fosse  ci  è  dato  dagli  arabi  dell'Africa 
settentrionale  per  difendere  i  foraggi  dal- 
l'arsione del  sole,  dagli  incendi,  dai  furti. 
Dicesi  anche  per  indicare  le  fosse  da  grano. 
Silo  è  in  fr.  e  in  ingl.,  silos  in  spagnolo. 
In  latino  sirus  =  cripta  :  Quidam,  gra- 
naria habent  sub  Terris  speluncas  quas 
vocant  oetQovg^  ut  in  Cappadocia^  etc. 
Varrone,  de  r.  r.,   57. 


Silografia:  V.  Xilografia. 

Silurare:  neol.  abusivo  e  probabilmente 
effimero  :  colpire  di  siluro  o  torpedine, 
noti  istrumenti  di  distruzione  bellica  in 
mare.  Si  è  fatto  anche  il  verbo  toi'pe- 
dinare. 

Siluro:  nome  dato  dall' ammiraglio  Saint- 
Bon  a  quei  noti  sottomarini  esplodenti  che 
si  lanciano  dalle  navi  contro  le  navi  ne- 
miche. Dal  nome  di  noti  pesci  forniti  di 
organi  elettrici. 

Silvestro  (notte  di  San):  l'ultima  notte 
dell'anno  che  si  suole  in  molti  paesi  ve- 
gliare sino  all'attesa  del  nuovo  anno, 
banchettando  e  bene  propiziando. 

S'il  vous  piaìt:  è  la  formula  urbana 
francese,  più  tipicamente  garbata  del  bitte 
tedesco,  del  please  inglese:  risponde  al 
sodes  latino,  al  di  graxia  italiano. 

Simboli  massonici  :  V.  Massone.  Qui 
aggiungo  la  parola  dormiente  che  a  quel 
paragrafo  fu  omessa,  e  si  dice  di  quel 
massone  il  quale  pur  non  cessando  d'esser 
massone  (cfr.  il  motto  Semel  abbas.,  sem- 
per  abbas)^  pur  tuttavia  non  ha  più  parte 
attiva  e  viva  nei  consigli  e  nelle  opere 
della  setta. 

Simbolismo:  gr.  ov/ufioÀov  =  segno 
convenzionale:  in  arte  è  detto  simbolismo 
la  tendenza  estetica  la  quale  si  vale  di 
simboli  (naturali,  tradizionali,  convenzio- 
nali), per  esprimere  un  dato  contenuto 
ideale  o  morale.  Il  simbolismo  è  cosa 
propria  dei  popoli  primitivi:  modernamente 
risorse  per  raffinatezza  estetica  e  filosofica 
di  alcuni  scrittori.  Anche  la  moda  di  que- 
sta scuola  letteraria,  come  il  verismo  di 
tipo  zoliano,  come  la  scuola  dei  decadenti 
e  degli  esteti,  ci  venne  di  Francia.  Le 
symbolisme  n'est  qu'une  exagération  du 
sensationnisme  (école  fac-similant  exac- 
tement  la  vision).,  un  terme  ingénieux 
inventé  par  le  parti  auquel  apparati  en- 
core  trop  matérielle  la  vision  subiective 
et  trop  peu  plastique  l' idée  (A.  d'Esco- 
railles.  Le  Décadent). 

Similia  (et)  :  lat.  e  cose  simili  o  simili 
persone.,  e  dicesi  spregiativamente. 

Similia  similibus  curentur:  afoiismo  su 
cui  ha  fondamento  in  medicina  il  tratta- 
mento omeopatico.  Y.  Contraria  contra- 
riis  curentur. 


Sim 


—     447 


Sia 


Simoun  :  scrittura  francese  di  voce  araba, 
vento  africano,  secco,  soffocante  che  spira 
dal  mezzodì  :  si  risente  nell"  Italia  meri- 
dionale: siroceo. 

Simpatia  :  gr.  ovv  =  insieme  e  nàdog 
=:  affetto:  affinità  e  propensione  reciproca, 
incluso  il  senso  di  somiglianza  e  attrazione 
vicendevole.  Dal  senso  fisiologico  e  natu- 
rale questa  parola  è  passata  al  senso  mo- 
rale, conforme  air  uso  francese  di  sym- 
pathie.  Ciò  spiace  ai  puristi;  ma  per 
quanto  possa  giustificarsi  tale  avversione 
alla  detta  parola,  il  vero  è  che  simpatia 
ed  antipatia  sono  pur  di  comune  uso  po- 
polare. Così  dicasi  degli  agg.  simpatico 
ed  antipatico.  In  nobile  prosa  mi  paiono 
voci  evitate  nel  semplice  senso  di  bello, 
attraente^  geniale^  caro.  Es.  una  città 
simpatica^  certo  non  si  direbbe. 

Simpatizzare:  neol.  non  bello,  dal  fr. 
sìfmpatiser.  Y.  Simpatia.  Vero  è  che  in- 
cludendovi il  senso  di  affinità  elettiva^ 
non  mi  dispiace,  o  almeno  può  giustificarsi. 

Simpliste:  termine  filosofico  usato  dai 
francesi  per  indicare  chi  per  vizio  di  ragio- 
namento, non  considera  che  un  solo  aspetto 
e  il  più  semplice  e  facile  di  un  fenomeno 

0  di  una  questione  :  traducesi  per  sempli- 
cista, voce  che  in  italiano  vale  herbarius, 
botanico^  cioè  colui  che  conosce  la  virtù 
delle  erbe  dette  seTnplici,  e  le  custodisce. 

1  francesi  hanno  anche  l'astratto  simpli- 
sme.  Unilaterale  e  unilateralità  non  mi 
pare  che  vi  corrispondano  a  pieno. 

Sindacato  :  (fr.  syndicat)  nome  dato  in 
commercio  all'unione  o  coalizione  tempo- 
ranea di  un  dato  numero  di  capitalisti  allo 
scopo  di  compiere  insieme  certe  opera- 
zioni finanziarie.  (V.  Trust^  Cartel^  Ring). 

Sinderesi  (perder  la):  familiarmente  vale 
vagellare^  dar  nel  matto.  Sinderesi  (ovv- 
rrjQrjOLs)  è  termino  della  filosofia  scola- 
stica, e  significò  il  principio  innato  della 
coscienza  che  è  insito  in  ogni  uomo,  il 
quale  principio  rivolge  l'uomo  al  bene  e 
lo  rimuove  dal  male. 

Sindrome:  termine  medico,  dal  greco 
oovÒQo/iìj  =  concorso.  Riunione  di  un 
gruppo  di  sintomi  che  si  riproducono  nello 
stesso  tempo  e  in  un  certo  numero  di  ma- 
lattie. Es.  «  È  probabile  che  in  costoro 
(Napoleone,  Tolstoi,    Leopardi,    Manzoni, 


etc.)  si  troverebbe  la  sindroìne.,  della  pa- 
ranoia »,  Lombroso,  Genio  e  Begenera- 
xione. 

Sinecura:  ingl.  sinecure.,  fr.  sinecure, 
(lat.  sine  =  senza,  e  cura):  dicesi  di 
ufficio  di  poca  fatica  e  minore  responsa- 
bilità. Cfr.  le  vecchie  parole  beneficio, 
canonicato. 

Sine  die  :  usasi  nella  locuzione  «  riman- 
dare sine  die  » ,  cioè  indefinitam,ente 
(lett.  in  latino,  senxa  giorno). 

Sine  fine  dicentes:  locuzione  tolta  dalla 
liturgia  :  sine  fine  dicentes  Sanctus,  San- 
ctus, Sanctus. 

Slcating  =  slcating  ring  :  «recinto  o  luogo 
per  correre  sui  pattini»:  neologismo  pur 
m  francese,  enceintepour  lepatinage,  dal- 
l'ingl.  skate  =:  patino  e  ring  =  circolo, 
sala.  Il  Fanfani  ed  Arlia  propongono  Cir- 
colo degli  sdrucciolatori,  e  va  bene,  ma 
chi  l'userebbe  ed  intenderebbe? 

Slcilied:  ingl.,  dicesi  dell'operaio  pro- 
retto, cui  è  necessario  conoscere  la  sua 
arte;  diverso  dal  manuale,  semplice  mac- 
china umana.  Non  sarà  voce  frequente, 
ma  si  legge.  Es.  «  Dopo  che  è  stato  nella 
scuola  industriale  di  Prato,  che  è  fra  le 
migliori  d'Italia,  e  ha  avuto  una  educa- 
zione buona,  che  ha  potuto  diventare  an- 
che in  patria  un  operaio  skilled  fra  i  tes- 
sitori di  seta  e  ben  pagato...  ». 

Sine  Cerere  et  Libero  friget  Venus: 
lett.  senxa  Cerere  e  senxa  Bacco  Ven&re 
ha  freddo,  cioè  Amore  (cioè  l'impeto  ero- 
tico) si  accompagna  a  ben  mangiare  e  ber 
meglio.  Verso  di  poeta  (Terenzio,  Eunuco, 
IV,  5,  6)  ed  esperienza  di  popolo. 

Sine  ira  et  studio:  lat.  senxa  odio  né 
amore,  cioè  spassionatamente. 

Sine  qua  non  :  abbreviazione  dell'antico 
termine  di  logica  conditio  sine  qua  non, 
per  indicare  la  conUixione  necessaria, 
sufficiente. 

Sinfonia:  nel  senso  di  prefazione  stru- 
mentale di  un'opera  fu  nome  dato  dal 
Cavalli  nel  suo  Giasone  (1(549). 

Sinistra  (la):  nel  noto  senso  politico  è 
parola  di  provenienza  francese  :  la  gauche 
z=z  ensemble  dcs  députés  ou  des  sénateurs 
qui  siègent  à  la  gauche  du  président  de 
l'assemblée;  e' est  le  parti  progressiste 
et  avance. 


Sin 


—     448 


Sir 


Sinite  parvulos  venire  ad  me:  sublime 
detto  di  Cristo  (S.  Marea,  X,  14)  :  lasciate 
che  i  fanciulli  vengano  a  me.  Inspirò 
certo  al  Carducci  la  strofa  : 

SoiTidean  da  i  celesti  occhi  profondi 
I  pargoletti  al  bel  profeta  umil  ; 
Ei  lacrimando  entro  i  lor  ricci  biondi 
La  mano  ravvolgea  pura  e  sottil. 
Giambi  ed  Epodi  fPer  G.  Monti  e  G.  TognettiJ. 

Sinodale  (età):  V.  Età  critica.  «  Sa- 
peva (Perpetua)  fargli  a  tempo  tollerare 
le  proprie  (fantasticaggini)  che  divenivan 
di  giorno  in  giorno  più  frequenti  da  che 
avea  passata  l' età  sinodale  dei  quaranta  » . 
Promessi  Sposi.  Cap.  I. 

Si  non  caste,  saltem  caute  :  variante  di 
nisi  caste^  saltem  caute.  V.  questo  pa- 
ragrafo. 

Sintonismo:  termine  di  fisica:  si  dice 
di  due  corpi  o  sistemi  materiali  che  hanno 
lo  stesso  periodo  di  oscillazione.  Si  dice 
anche  delle  oscillazioni  elettro-magneti- 
che. Dal  gr.  oòv  =  insieme;  róvos  = 
tono,  tensione,  intensità  e  il  suffisso  ismo. 

Sint  ut  sunt  aut  non  sint:  o  siano 
come  sono  o  non  siano,  famosa  risposta 
attribuita  al  P.  Lorenzo  Ricci,  generale 
dei  Gesuiti,  a  papa  Clemente  XIV  che  lo 
sollecitava  di  una  riforma  dell'ordine. 
Dicesi  estensivamente  per  significare  come 
certi  istituti  non  possano  modificarsi  senza 
cambiare  la  loro  essenziale  natura. 

Sionismo:  da  Sio7i,  antico  nome  di  Ge- 
rusalemme, capitale  e  centro  antico  del 
popolo  Ebreo.  Con  questo  nome  si  designa 
da  qualche  tempo  un  movimento  sociale 
in  tutta  Europa  diffuso  fra  gli  Ebrei,  il 
quale  intende  di  ricostituire  un  nuovo 
Regno,  il  regno  Giudaico,  per  il  popolo  di 
Israele,  come  compenso  e  conforto  a  quelli 
del  loro  popolo  che  soffrono  povertà,  per- 
secuzione (Russia,  Austria).  Il  primo  con- 
gresso dei  Sionisti  fu  tenuto  in  Basilea, 
l'anno  1897,  ed  ebbe  questo  intento:  crea- 
zione di  un  asilo  nazionale  in  Palestina; 
la  suddivisione  e  la  riunione  di  tutti  gli 
ebrei  in  ispeciali  istituzioni  locali  e  gene- 
rali, adatte  alle  leggi  dei  vari  paesi;  rin- 
vigorimento della  consapevolezza  del  pro- 
prio valore  e  della  coscienza  popolare  ; 
pratiche  per  ottenere  le  adesioni  dei  go- 
verni, quando  siano  necessarie.  Nell'ultimo 


congresso  di  Basilea  del  23  agosto  (1903), 
furono  i  russi  che  si  mostrarono  i  più 
incrollabili  nel  volere  la  Palestina  come 
patria.  Dopo  aver  visto  l'impossibilità  di 
stabilirsi  nella  penisola  del  Sinai,  il  go- 
verno inglese  propose  loro  di  cedere  l'U- 
ganda, permettendo  la  formazione  di  uno 
Stato  ebraico  sotto  il  protettorato  inglese. 
Da  ciò  nacquero  le  discordie,  volendo 
l'Herzl  ed  il  Nordau  nominare  una  com- 
missione per  istudiare  il  progetto,  ed  op- 
ponendosi i  russi  che  volevano  o  Gerusa- 
lemme 0  niente.  Questo  movimento  sociale 
—  di  cui  vario  può  essere  il  giudizio  — 
è  avversato  dagli  ebrei  milionari  i  quali 
non  hanno  bisogno  della  Palestina,  avendo 
il  mondo  intero  in  loro  balia.  |  Uhi  num- 
mus,  ibi  patria,  variante  del^^«è^  Petrus, 
ibi  Ecclesia,  proposta  da  me.  Autore,  a 
consumo  della  nuova  civiltà. 

Sionista:  fautore  del  Sionismo.  V.  que- 
sta parola. 

Sior  Todaro  brontolon:  titolo  di  una 
fra  le  geniali  commedie  del  Goldoni,  di- 
venuto antonomastico  per  indicare  persona 
malcontenta,  bisbetica,  brontolona.  Si  dice 
comunemente  per  celia. 

Si  parva  licet  componere  magnis:  (Verg. 
Georg.  lY,  176)  se  e  lecito  jìaragonare 
queste  cose  piccole  con  quelle  sì  grandi. 
Il  Poeta  raffronta  il  lavorio  delle  api  con 
l'impresa  dei  Ciclopi.  È  questo  fra  i  motti 
latini  uno  dei  più  divulgati. 

Sir:  ingl.,  sire,  latino  senior,  signore. 
Posto  davanti  al  nome,  diventa  titolo  ono- 
rifico di  cavaliere  o  baronetto.  Adoperato 
senza  nome  come  vocativo,  vale  signore. 

Sirdar:  titolo  di  capo  militare  in  alcune 
terre  dell'Asia  (Indostan)  :  fu  pur  dato  a 
generali  inglesi  in  spedizioni  d'oriente. 

Sirena:  apparecchio  acustico  per  for- 
mare una  data  nota  musicale:  specie  di 
tromba  acustica  potentissima,  per  segnali 
(navi,  opifici).  Francese  sirène. 

Siringa  di  Pravatz:  geniale  invenzione 
medica  che  permise  l'introduzione  di  so- 
stanze medicamentose  nel  torrente  san- 
guigno con  punture  sotto  cutanee  od  in- 
tra venose. 

Sir  Roger  (de  Goverley)  :  nome  ingl.  di 
ballo,consimileallaquadrigliaedailancieri. 

Sirventése  (nome  maschile  o  femminile;: 


Sis 


449 


Siz 


ò  la  canzono  eroica  provenzale  (sirventes) 
de'  trovatori;  entrata  nella  metrica  nostra 
del  Trecento.  Noto  questa  parola  perchè 
manca  a  molti  dizionari  moderni. 

La  signora  Lucia,  da  la  cui  bocca, 
Tra  l'ondeggiar  de  i  candidi  capelli, 
I^a  favella  toscana,  cli'ò  sì  sciocca 
Nel  manzonismo  de  gli  stenterelli, 

Canora  discendea,  co  '1  mesto  accento 
De  la  Versilia  che  nel  cuor  mi  sta. 
Come  da  un  sirventese  del  trecento, 
Piena  di  forza  e  di  soavità. 
G.  Carducci,  Rime  miove.  Davanti  San  Guido. 

Sismico:  (gr.  OEiOftòs  (yfjsJ  =  scoti- 
mento, terremoto),  attinente  a  terremoto. 
Si  dice  p.  e.,  i  'periodi  sismici^  per  in- 
dicare le  varie  fasi  del  fenomeno. 

Si  stava  meglio  quando  si  stava  peggio: 
questa  sentenza  comune  anche  oggidì,  al- 
lude al  tempo  quando  l'Italia  era  poli- 
ticamente soggetta  ai  passati  governi  e 
divisa  in  molti  Stati  (si  stava  peggio  per 
ciò  che  riguarda  il  progresso  e  la  dignità 
nazionale),  ma  le  condizioni  del  vivere 
materiale,  nonché  altre,  erano  migliori. 

Sistema  di  blocco:  è  la  traduzione  del- 
l'inglese block  system^  inventato  dall'in- 
glese Cooke.  Esso  consiste  nel  dividere 
una  linea  ferroviaria  in  tanti  tronchi  in 
modo  che  un  treno  non  possa  percorrere 
uno  dei  detti  tronchi  se  prima  il  treno 
precedente  non  lo  ha  lasciato.  Ciò  avviene 
per  avvisi  dati  ai  treni  in  vario  modo, 
di  solito  con  apparecchi  elettrici  ovvero 
automatici  della  macchina  stessa.  Serve 
ad  evitare  nelle  linee  di  gran  percorso 
che  due  treni  si  incrocino  o  che  l'uno 
raggiunga  l'altro.  Block  in  inglese  vale 
anche  intoppo^  sbarramento. 

Sistema  manciiesteriano:  è  sinonimo  di 
libero  scambio:  tale  nome  provenne  dalla 
lega  di  Manchester  (Inghilterra)  in  seguito 
a  deliberazione  di  questa  città  (1838)  di  so- 
stenere la  libertà  del  commercio.  No  fu- 
rono capi  il  Cobden,  il  Bright,  lo  Smith. 
Segnò  la  fine  del  sistema  protettore,  il 
quale  oggi  è  caldeggiato  dal  ministro  in- 
glese C  ham  boriai  n. 

Sistema  o  scuola  edonistica:  è  l'antica 
teoria  filosolica  edonistica,  cioè  del  piacere 
(V.  Edonismo  e  Principio  edonistico)^ 
trasportata  nel  campo  dell'oconomia  poli- 
tica. Indica  cioè  quella  dottrina  ohe  pone 


in  ragguaglio  il  desiderio  e  il  bisogno 
dell'uomo  con  lo  sforzo  che  esso  compie 
per  conquistare  cose  che  gli  sono  neces- 
sarie :  dottrina  del  valore  delle  cose,  non 
valutate  in  se  ma  in  rapporto  al  loro  va- 
lore subbiettivo.  In  questo  calcolo  l'uomo 
{homo  aeconomicus)  per  forza  di  istinto 
non  erra.  (Edgeworth,  Pareto,  Pantaleoni). 

Sitofobia:  voce  del  linguaggio  medico 
(gr.  olrov  ==  cibo  e  (pòjios  =  terrore),  ri- 
fiuto assoluto  a  cibarsi  :  sintomo  frequente 
nei  pazzi. 

Sitting-room:  lett.,  in  inglese  la  stanza 
dove  si  sta,  salotiino  da  lavoro^  tinello. 

Sit  venia  verbo:  lat.,  domando  scusa 
della  espressione . 

Si  vera  sunt  exposita:  lat.,  se  le  cose 
dette  sono  vere^  inciso  condizionale  che 
suole  mettersi  dopo  affermazioni  mal  si- 
cure. 

Si  vis  me  fiere,  dolendum  est  Primum 
ipsi  tibi  :  lat.  se  vuoi  che  io  pianga 
(cioè  che  mi  commuova)  bisogna  che  tu 
prima  ti  sia  commosso.  Nota  e  profonda 
norma  di  arte,  la  quale  però  conviene  di- 
scretamente intendere.  (Orazio,  Arte  Poe- 
tica, 102,  103).  (NB.  È  ciò  che  manca  al 
d'Annunzio,  il  quale,  per  ciò  solo,  non 
può  raggiungere  l'agognata  eccellenza). 

Si  vis  pacem  para  bellum:  se  vuoila 
pace  prepara  la  guerra  :  antica  sentenza, 
alla  cui  verità  nuoce  forse  l'abuso  e  l'in- 
tento politico  con  cui  si  ripete.  La  parola 
pace  sta  forse  per  dar  forza  al  contrasto 
della  frase  ;  per  la  verità  sarebbe  stato  più 
proprio  dire  sicurexxa.  (Questo  aforismo 
probabilmente  è  dedotto  da  vario  sentenze 
classiche  (Cfr.  Vegezio.  Epit.  rei  militar, 
III,  prologo,  e  vedi  diffusamente  iì%\Vop. 
cit.,  del  Fumagalli,  Chi  l'ha  detto?  Cfr. 
eziandio  la  sentenza  di  Tacito  riportata  in 
fine  del  paragrafo  Ricevitore  del  Registro). 
NB.  In  nessun  tempo  il  motto  è  stato 
applicato  così  bene  come  nel  progressivo 
nostro  tempo  che  vede  l'Europa,  anzi  il 
mondo,  mutati  in  caserma  e  arsenale! 

Sizing  machine:  voce  inglese,  usata  dai 
tecnici  0  dai  tessitori  :  macchina  per  im- 
bozzimare l'ordito  in  siibbli.  Questa  mac- 
china dà  la  bozzima  (colla)  alla  catena,  i 
cui  fili,  disposti  su  un  certo  numero  di 
subbli,   passano  dapprima   nella   bozzima 


A.  Panzini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani. 


Sku 


450 


Sno 


bollente,  vengono  spremuti  da  appositi 
cilindri,  indi  sono  asciugati  su  cilindri 
riscaldati  a  vapore,  e  finalmente  avvolti 
sul  subbio  che  verrà  indi  messo  sul  telaio. 

Skunk:  nome  della  Moffetta  variabile 
0  fetente  dell'America  settentrionale  (Me- 
phitis  varians)^  carnivoro  affine  al  tasso: 
serve  per  pelliccerie. 

Skupcina:  è  il  nome  del  parlamento 
serbo,  formato  di  una  sola  camera,  tre 
quarti  dei  quali  sono  elettivi,  un  quarto 
di  nomina  sovrana. 

Sky:  voce  nordica;  specie  di  pattini  di 
legno,  lunghissimi,  che  si  adattano  ai  piedi, 
por  camminar  su  la  neve.  Trovo  anche  il 
nome  sìdatore. 

Slanciato  :  per  snello^  svelto^  ricorda  ai 
puristi  il  francese  élancé.  Anche  slancio 
per  ardore^  anima^  passione  ricorda  ai 
puristi  il  fr.  élan.  E  ardita  metafora,  san- 
cita dall'uso. 

Sleeping  car:  fu  la  società  franco  belga, 
costruttrice  di  tali  perfetti  e  ben  noti  vei- 
coli ferroviari,  che  corrono  su  le  princi- 
pali linee  dirette,  la  quale  diede  tale  nome 
inglese  alle  carrozze  PuUmann.  (V.  questa 
parola).  Sleeping  car  fu  tradotto  in  vagone 
a  letto.  (Pezo  el  tacon  ch'el  buso!). 

Slivovitg  :  acquavite  di  prugne,  che  si 
prepara  per  fermentazione  e  distillazione 
delle  prugne  (specialmente  della  varietà 
di  color  violetto  e  di  forma  allungata)  in 
Austria,  Germania,  Alsazia.  Si  prepara 
come  il  Kirschwasser^  e  la  resa  è  di  8  a 
16  litri  d'acquavite  a  51°,  per  100  kg.  di 
prugne. 

Sloop:  voce  inglese,  indica  un  battel- 
letto  a  un  solo  albero,  gran  randa  e  contro 
randa,  due  o  tre  fiocchi,  velocissimo.  E, 
insomma,  un  piccolo  cutter.,  scialuppa., 
lancetta. 

Slow  :  terni,  mar.  ingl.  =i  avanti  a- 
dagio.  V.  Half. 

Slubbing  Frame:  voce  ingi.  dei  tecnici 
e  dei  tessitori  ;  banco  a  fusi  in  grosso. 
È  la  macchina  che  avvolge  in  fusi,  previo 
stiramento  e  leggiera  torsione,  il  nastro 
che  proviene  dai  laminatoi,  formandone 
uno  stoppino  soffice. 

Smaltitoio:  per  orinatoio^  pisciatoio,  è 
voce  registrata  ed  usata,  specialmente  nel 
linguaggio  degli  uffici,  come  piij  decorosa. 


Smanare:  nel  dialetto  romagnolo {smanè) 
vale  disordinare  (Cfr.  la  voce  amman- 
nare  =  far  fasci,  e  ammannire)  e  anche 
svestirsi. 

Smania:  oltre  che  agitazione.,  vale 
smanceria.,  leziosaggine.,  moine.,  carezze 
in  akuni  dialetti  (Marche,  Romagna). 

Smanioso  :  in  alcuni  dialetti  (Marche, 
Eomagna)  vale  smanceroso.,  schifiltoso. 

Smart:  ingl.,  arguto^  lepido.,  originale. 

Smistamento:  si  à.\OQ  staz,ione  di  smi- 
stamento quella  dove  i  convogli  di  merci 
sono  scomposti  nei  carri  o  carrozzoni  de- 
stinati alle  varie  direzioni.  In  fr.  triage. 
Nelle  stazioni  ove  è  grande  arrivo  di  treni, 
vi  sono  stazioni  speciali  a  tale  effetto. 
S'mistamento  è  neol.  di  conio  burocratico, 
da  misto  (treno  misto)  e  Vs  privativo. 
V.  Fanfani  {op.  cit.)\  il  quale,  inutile  dire, 
riprende  tale  parola:  la  conferma  l'uso. 

Smistare:  V.  Smistamento. 

Smoking:  propriamente  in  inglese  smo- 
king-coat  (abito  da  portare  nelle  sale  ove 
si  fuma),  indi,  nota  forma  di  giacchetto 
nero  elegante,  di  speciale  foggia,  che  usasi 
per  disimpegno  ne'  ritrovi  serali.  Vedi 
più  ampiamente  questa  questione  dei  nomi 
degli  abiti  alla  parola  Vestito. 

Smoking-room:  corrisponde  in  inglese 
al  fr.  fumoir:  saletta  dove  è  permesso 
fumare  e  v'è  ogni  apparecchio. 

Smontare:  voce  di  gergo  familiare:  quan- 
do ad  alcun  oratore  o  conferenziere  o  di- 
citore per  effetto  di  interruzioni,  risa,  mal 
animo  o  scarsezza  dell'uditorio  è  fatta  per- 
dere la  forza  e  il  calore  oratorio  e  persua- 
sivo, né  trova  più  la  parola,  si  dice  che 
è  smontato. 

Snob:  parola  inglese,  relativamente  re- 
cente, accolta  nei  linguaggi  culti  d'Eu- 
ropa per  indicare  quella  persona  la  quale 
opera  e  parla  in  modo  da  parere  diverso 
da  ciò  che  è  in  realtà  (più  elegante, 
più  ricco,  più  spregiudicato,  più  libero, 
più  intelligente,  più  moderno,  più  mon- 
dano, più  scettico,  etc),  cioè  ohe  per 
smania  di  essere  distinto,  esagera  senza 
discernimento  e  convincimento  una  data 
tendenza  o  costumanza  :  ovvero  esagera 
il  contrario,  se  ciò  accenna  ad  essere  di 
moda.  È  cosa  mondana  andare  a  teatro  e 
non  badare  allo  spettacolo?  Lo  sìiob  andrà 


ISno 


—     451 


Soc 


oltre  sino  a  ciarlare,  disturbare,  far  conto 
d'essere  in  casa  propria.  Ve  un  autore 
in  voga  ?  Lo  snob  compra  e  loda  il  libro 
senza  capirlo  e  nemmeno  sforzarsi  di  giu- 
dicarlo, etc.  L'abuso  in  Italia  di  dare,  o 
di  imporsi,  specie  alle  donne,  nome  stra- 
niero, è  ad  es.,  fenomeno  di  snobismo. 
Lo  snob  opera  con  convinzione  e  molte 
volte  è  auto-suggestionato,  nel  modo  stesso 
che  il  goldoniano  Lelio  è  convinto  di  non 
mentire,  ma  dire  spiritose  invenzioni.  Il 
grande  umorista  inglese,  Thackeray  (1811- 
1863)  si  compiacque  molto  dello  studio  di 
questa  vanità  e  miserabilità  umana.  E 
certo  filosoficamente  studiando  e  insistendo, 
questo  mondo  di  snob  tanto  si  allarga  da 
non  aver  più  confine.  Non  si  tratta  di  cosa 
nuova,  ma  di  una  forma  di  vizio,  con- 
genito con  la  natura  umana  il  quale  in  un 
dato  clima  sociale  prende  speciale  sviluppo 
e  contrasegni.  Sono  la  ipocrisia  e  la  va- 
nità che  contribuiscono  a  formare  lo  sno- 
bismo per  maggior  difesa  e  maggior  go- 
dimento dell'individuo.  Cfr.  negli  animali 
il  fenomeno  curioso,  detto  mimetismo.  La 
moda  e  la  reclame  hanno  nello  snobismo 
il  loro  massimo  sussidio. 

Snobismo:  astratto  di  snob.  V.  questa 
parola,  in  francese  snobisìne. 

Sobriquet  :  per  nomignolo^  sopranome^ 
detto  per  celia,  è  una  di  quelle  voci  fran- 
cesi, le  quali,  benché  rare,  non  sono  del 
tutto  inusitate  fra  noi,  specie  in  certo  lin- 
guaggio giornalistico,  mondano. 

Soccorso  di  Pisa:  V.  Vettura  del  Negri. 

Socialismo:  questo  vocabolo,  di  non 
agevole  definizione  ma  facilmente  inteso 
e  universale  (ted.  Sozialt'smus^  ingl.  so- 
cialism),  è  di  formazione  relativamente 
recente  (1835).  Il  filosofo  socialista  fran- 
cese, Pietro  Leroux  (1797-1871;  ne  vanta 
la  paternità  come  opposizione  ed  antitesi 
ad  individualismo.  In  questo  concotto 
infatti  sta  l'essenza  filosofica  del  sociali- 
smo. Vero  è  ohe  tanto  V individualismo 
come  il  socialismo  non  sono  due  verità  di- 
stinte 0  due  fedi  assolute,  ma  piuttosto 
due  modi  diversi  di  considerare  le  coso 
umane,  secondo  il  temperamento  delle  per- 
sone, lo  condizioni  storiche  ed  economiche, 
la  suggestiono  dei  tempi. 

Socialista  libertario  :  sinonimo  eufemi- 


stico di  anarchico:  dottrina  economica  in 
opposizione  a  quella  dei  socialisti  collet- 
tivisti e  statolatri.  Voce  recente,  coniata 
probabilmente  su  esemplare  francese. 

Socialisti  addomesticati  :  attributo  neo- 
logico del  gergo  politico  per  indicare  quei 
socialisti  che,  più  o  meno  apertamente, 
passando  dalla  teoria  alla  pratica,  si  ac- 
costano all'ordine  sociale  e  politico  costi- 
tuito, non  con  intendimento  ostile,  ma  di 
graduale  riforma  :  fenomeno  di  adattamento 
e  di  remissione  che  la  forza  delle  cose 
impone  ad  ogni  partito,  specie  quando, 
con  l'aumento  dell'estensione,  diminuisce 
l'impulso  della  violenza.  Ciò  non  toglie 
che  queìV addomesticati,  dato  dai  rivolu- 
zionari ai  moderati  socialisti,  con  quella 
imagine  così  ben  tolta  dalle  belve  ridotte 
a  mansuetudine,  non  abbia  forte  sapore 
caustico.  Locuzione  effimera,  qui  segnata 
come  ricordo  dei  tempi  presenti. 

Socialistoide  :  dicesi  di  persona  che 
propende,  amoreggia  con  le  teorie  de'  so- 
cialisti. È  proprio  il  coloro  del  tempo!  V. 
il  suffisso  oide. 

Socializzare:  neol.,  vale  rendere  so- 
ciale^ cioè  di  proprietà  comune,  e  special- 
mente si  intende  di  quelle  proprietà  le 
quali  ottenendo  incremento  e  frutto  dal- 
l'universale ed  essendo  di  universale  uti- 
lità, si  crede  utile  e  civile  che  siano  sot- 
tratte al  dominio  privato. 

Società  :  (lat.  societas)  per  umano  con- 
sorzio^ richiederebbe  un  aggettivo  come 
umana.,  civile.  Ma  l'uso  ne  fa  a  meno  e 
sfida  il  francesismo,  se  pure  è  tale.  I  fran- 
cesi, conforme  la  loro  indole,  estendono 
società  nel  senso  di  mondo.,  conversaxione., 
vita  elegante  e  mondana.,  e  tale  uso  noi 
accogliemmo,  nello  locuzioni,  ad  es.,  vi- 
vere in  società.,  andare  in  società.,  l'alta., 
la  buona  società.,  etc.  I  puristi  hanno 
ragione  di  condannare  tali  modi,  ma  chi  li 
usa  non  ha  torto  di  usarli,  trovandoli 
pronti  e  sottomano.  Sono  poi  comuni  ad 
altri  linguaggi. 

Società  internazionale  per  la  Pace: 
istituto  umanitario  o  politico  che  ha  per 
intonto  di  dirimere  lo  eauso  dello  guerre 
e  risolverlo  por  mezzo  di  arbitri.  (V.  Tri- 
bunale dell'Aia).  \a  Unione  lombarda  per 
l'Italia   venne   costituita    in  onte   morale 


SOG 


—     452 


Sol 


con  r.  decreto  del  15  febbraio  1891  :  ha 
por  massimo  assertore  Teodoro  Moneta. 

Sociologia:  questa  comune  parola  di 
ibrida  formazione  (dal  lai.  socius  =  com- 
pagno e  kòyog  =  trattato)  è  di  creazione 
relativamente  recente.  La  usò  da  prima 
il  filosofo  francese  Augusto  Comte  (1789- 
1857)  come  vocabolo  acconcio  per  la  divi- 
sione del  suo  Cours  de  Philosophie  positive 
(1838).  Nuova  conferma  ebbe  il  vocabolo 
dallo  Spencer,  nel  1873,  con  l'opera  Study 
of  Sociologie.  Nel  Comte  l'intendimento 
era  di  dimostrare  come  la  iimana  società 
possa  essere  studiata  con  metodi  positivi. 

Sociologo:  dotto  di  sociologia. 

Sodale  :  per  compagno.,  specie  di  studi 
0  di  intellettualità,  è  antico  e  vieto  lati- 
nismo (sodales)  che,  non  so  con  quale 
fortuna,  appare  talora  come  voce  neolo- 
gica. Cfr.  sodalizio. 

Soda-water:  inglesemente,  in  vece  di 
acqua  di  soda.,  è  scritta  comune. 

Sofferenza  :  crediti  in  sofferenza  sono 
quelli  che,  per  le  condizioni  poco  buone 
del  debitore,  si  sa  già  di  non  poter  rea- 
lizzare per  intero,  cioè  al  cento  per  cento. 

Soffietto  :  nel  gergo  giornalistico  vuol 
indicare  lo  scritto,  di  solito  preventiva- 
mente accordato,  a  scopo  di  lode  o  di  re- 
clame. 

Sofisticare  :  per  falsificare  è  voce  viva, 
non  fuori  dell'uso  come  mette  il  Petrocchi. 

Soigné  :  fr.,  in  vece  di  accurato.,  ben 
fatto.,  appuntino.,  sembra  a  taluno  voce 
di  maggiore  efficacia.  Es.  «  un  pranzetto 
molto  soigné  !  » .  Miserie  ! 

Soirée  :  voce  francese  di  vecchia  data 
fra  noi:  «meglio  italianizzarla  e  dire  se- 
rata »  (Rigutini).  Vero  è  che  si  pronuncia 
e  scrive  alla  francese  per  indicare  la  ve- 
glia elegante  e  mondana.  La  grafia  soaré. 
notata  nei  lessici  della  corrotta  italianità, 
mi  pare  poco  frequente.  Il  popolo  conserva 
la  voce  veglia  o  conversazione. 

Soirée  dansante:  V.  Danzante. 

Solàmen  (est)  miseris  socios  habuisse 
malorum  :  è  conforto  pei  miseri  aver 
compagni  di  sventura,  antica  e  popolare 
sentenza  latina,  variamente  attribuita.  V. 
Fumagalli   Chi  l'ha  detto? 

Soldato  del  papa  :  nel  gergo  francese 
soldat  du  pape  =  mauvais  soldat.  E  così 


si  disse  presso  di  noi,  dal  tempo  che  il 
Papa  aveva  esercito  proprio,  tanto  che 
correva  il  motto  che  quattro  soldati  del 
papa  non  erano  capaci  a  levare  una  rapa. 
Fra  quelle  milizie  raccogliticce  e  merce- 
narie ve  n'erano  pure  di  discrete,  come  ad 
es.  i  carabinieri.  Fra  le  milizie  papali  di 
infausta  memoria  sono  da  ricordare  i  cen- 
turioni, reclutati  dopo  i  fatti  del  1831. 
Barbacani,  caccialepri.,  etc,  furono  ei)i- 
teti  spregiativi  dei  militi  papalini. 

Sole  dell'avvenire  :  è  quel  sole  simbolico 
che  conforterà  l'uman  genere  nella  futura 
civiltà  socialista.  Nell'attesa  che  nasca, 
questo  sole  riscalda  V Inno  dei  Lavora- 
tori {spunta  il  Sol  dell'  Avvenir  )^  versi 
del  socialista  F.  Turati. 

Selenite  :  nome  di  nuovo  esplodente. 
La  selenite  è  la  polvere  per  il  fucile  da 
guerra  italiano,  composta  di  nitroglicerina, 
cotone,  collodio  e  piccola  quantità  di  olio 
minerale  :  composizione  analoga  a  quella 
della  balistite,  se  non  che  il  tenore  in 
nitroglicerina  è  alquanto  più  basso.  Ha 
la  forma  di  piccoli  tubi;  di  qui  il  nome 
(da  ocùÀr]v  =  tubo). 

Solenoide  :  termine  di  fisica  :  dal  greco 
(ocoÀfjv  =  condotto,  tubo)  e  il  suffisso 
oide:  si  chiama  con  questo  nome  una 
speciale  disposizione  di  conduttore  elet- 
trico (reoforo):  esso  «  ordinariamente  è  un 
filo  di  rame  :  è  avvolto  ad  elica  ed  a  spire 
isolate  attorno  ad  un  cilindro,  con  l'ul- 
timo tratto  disposto  secondo  l' asse  del 
cilindro  per  una  lunghezza  uguale  a  quella 
del  detto  asse.  Quando  il  solenoide  è  per- 
corso dalla  corrente  elettrica,  l'effetto  che 
ne  risulta  è  di  creare  un  campo  magne- 
tico, comportandosi  come  una  calamita. 
Se  nell'interno  di  questo  solenoide  vi  è 
una  sbarra  di  ferro  dolce  fnucleo),  esso 
pure  si  calamita  appena  il  solenoide  è 
percorso  dalla  corrente  elettrica  ;  ma  perdo 
ogni  magnetismo  al  cessare  della  corrente 
(calamita  temporanea]»  (prof.  L.  Sartori). 
Questa  virtù  di  acquistare  e  perdere  d'un 
tratto  la  virtù  di  essere  calamita,  fa  sì 
che  si  possa  trasmettere  un  movimento  a 
distanza,  onde  è  che  il  solenoide  è  usato 
per  il  telegrafo,  per  gli  orologi  elettrici, 
per  far  scoppiar  mine,  etc. 

Solfara  meglio  che  Zolfara:  è  il  nomo 


Sol 


45.^ 


Sop 


che  si  dà  in  Sicilia  alle  cave  di  zolfo. 
Solfatara  è  il  nome  proprio  di  un  cratere 
spento  a  Pozzuoli,  che  dà  pure  solfo,  e 
questo  nome  venne  esteso  ad  altri  crateri 
in  condizioni  analoghe. 

Solfatara:  V.  Solfara. 

Solfeggio:  sistema  di  lettura  musicale 
a  mezzo  dei  monosillabi  Do.,  Re,  Mi.,  Fa., 
Sol.,  La.,  Si,  tolti  (i  primi  seij  dalle  prime 
sillabe  di  ciascun  emistichio  dell'inno  a 
San  Giovanni,  e  adottati  da  Guido  d'Arezzo 
per  imprimere  nella  memoria  degli  scolari 
i  tipi  fonici  degli  elementi  più  comuni  del 
canto  liturgico  e  delle  note  finali  dei 
?nodi  del  suo  tempo  (  Ut  queant  laxis  — 
i?esonare  fìbris  —  I/ira  gestorum  —  Fa- 
muli tuorum  —  Solve  polluti  —  Lahiì 
roatum  —  iSancte  /oannes: 

«Affinchè  possano  risonare  le  fibre  indebolite, 
Guarda  le  azioni  de'  servi  tuoi, 
condona  ai  fallaci  le  colpe  del  labbro, 
0  San  Giovanni»). 

Solfo  0  Zolfo:  preferibile  la  prima  scrit- 
tura, sì  por  etimologia,  sì  perchè  il  sim- 
bolo chimico  di  questo  elemento  e  de'  suoi 
composti  è  S. 

Solìtalre:  .solitario;  ma  detto  dei  dia- 
manti che  sono  legati  soli,  è  comune  la 
voce  francese. 

Solitaria  neiroblio  :  ottonario  del  Grossi 
nella  nota  canzone  Rondinella  pellegrina, 
contenuta  nel  capitolo  XXVI  del  romanzo 
Marco  Visconti,  il  quale  ottonario  è  po- 
polare e  si  ripete  con  vario  senso  scher- 
zoso, specie  riferito  a  donna  ;  e  così  dicasi 
dell'  altro  verso  Rondinella  pellegrina 
(abbandonata  dall'amante,  in  cerca  di  av- 
venturo, etc). 

Solitario  :  nel  linguaggio  politico  ricorre 
talora  questa  parola  per  indicare  colui  il 
quale  è  indipendente,  non  ascritto  ad  al- 
cun partito.  La  qual  cosa  in  questa  nostra 
patria,  classicamente  consortesca,  non  è 
lodo.  Cfr.  Danto  : 

A  te  Ila  bollo 
averti  fatta  parte  per  te  stosso. 

Par.  XV ir,  ()8,  6'.). 

Solitudlnem  faoiunt,  pacem  appellant: 

fanno  deserto  (dosolaziono,  distruzione), 
e  la  chiamano  pace.  Tacito,  Agricola., 
XXX.  Cfr.  L'ordine  regna  in  Varsavia. 


Solivo:  =  solatio,  in  alcune  terre  di 
Toscana. 

Solustro  :  (solustre)  voce  romagnola  ó 
marchigiana  r=  riverbera  del  sole. 

Solvìbile  :  detto  di  persona  che  è  in  grado 
0  che  gode  opinione  di  potere  solvere,  cioè 
pagare  un  debito  contratto.  Astratto,  sol- 
vibilità. Fr.  solvahle,  solvabilité. 

Solvibilità:  fr.  solvabilité.  Cfr.  solvibile, 


Soma:  misura  di  capacità  de'  liquidi, 
specie  del  vino,  equivalente  a  circa  76  li- 
tri :  usata  nel  contado  Riminese. 

Somàtico  :  corporale,  fisico,  dal  greco 
ocòfia  =  corpo,  ed  è  agg.  spesso  usato 
dai  medici  per  significare  qualità  che  si 
riferiscono  al  corpo.  Nelle  malattie  men- 
tali dicesi  somatico  in  opposizione  a  psi- 
chico. 

Somatologia:  (gr.  otòjua  =  corpo  e  Àóyog 
=  trattato)  sinonimo  di  antropologia  fì- 
sica. 

Sombrero:  voce  spagnuola,  usata  anche 
in  francese  :  indica  un  cappello  a  larghe 
tese  per  ischermo  dal  sole.  Dicesi  talora 
facetamente  per  cappello  a  larghe  falde. 
Da  sombra,  spagnuolo,  lat.  umbra,  ombra. 

Someggiabile:  che  può  essere  someg- 
giato, portato  a  soma. 

Sonda:  fr.  so?ide.  Nell'uso  medico  di- 
cesi sonda  ogni  strumento  esploratore, 
destinato  a  percorrere  un  canale  qualun- 
que: dicesi  specillo  una  sonda  fatta  di 
un'asticella  metallica  ad  estremità  rigonfie, 
usata  per  verificare  la  profondità  delle  fe- 
rite. Sonde  piene  sono  le  aste  metalliche 
0  d'altra  materia  per  esplorare  cavità, 
donde  sonde  vescicali,  uterine,  etc  ;  sonde 
cave,  per  evacuare  o  introdurre  liquidi 
nelle  cavità  {sonde  o  siringhe  veseiealiy 
esofagee,  etc).  Sonda  e  sondare  sono  gal- 
licismi ripresi  dai  puristi  :  li  va  confor- 
mando l'uso.  Parlando  del  maro  però  si 
si  dice  scandaglio  o  scandagliare.  In 
senso  figurato  in  luogo  di  sondare  (parmi 
raro)  vi  sono  i  verbi  :  saggiare.,  provare, 
scandagliare,  specillare. 

Sonzo:  voce  vernacola  romagnola  {sonx), 
sndicio,  unto  (da  sj*^;/«  =i  grasso?). 

Soporìfero  :  die  induce  sopore:  dotto  di 
scrittura,  libro,  opera  d'arto,  vale  noiosa, 
insulsa,  che  addormenta  il  Iettare.  Voce 


Sop 


454     — 


Sos 


lepida,  ma  di  acerba  critica,  forse  la  più 
acerba  ! 

Sopprimere:  dal  lat.  suh  e  prèmere, 
vale  conculcare,  calcare.  Nel  senso  di 
togliere^  levar  via^  impedire  che  appaia, 
annidlare  (es.  sopprimere  una  frase)  è 
conforme  all'uso  francese  del  verbo  sup- 
primer.  Eicorre  taloi'a  questa  parola  nel 
senso  di  ammazzare;  e  così  dicasi  della 
voce  soppressione. 

Sopracciò  :  praefectus^  sopraintendente: 
ma  oggi  non  si  dice  che  in  senso  di  sprezzo, 
e  per  lo  più  al  plurale,  di  chi  fa  valere 
con  molta  arroganza  e  con  poco  discer- 
nimento e  giustizia  quella  autorità  di  cui 
le  gerarchie  burocratiche  sogliono  inve- 
stire assai  spesso  i  meno  degni.  Il  Pe- 
trocchi reca,   «  spreg.  saccente  ». 

Sopraluogo:  si  dice  in  linguaggio  fo- 
rense del  così  detto  «  accesso  sul  luogo». 
Quando  il  magistrato,  o  per  impulso  spon- 
taneo 0  per  iniziativa  di  una  delle  parti, 
ritiene  utile  di  recarsi  sul  luogo  della 
contestazione  o  del  commesso  reato  per 
attingere  direttamente  quelle  nozioni  di 
fatto  e  di  luogo  che  gli  possono  giovare 
nel  giudizio,  ordina  un  sopraluogo^  e  si 
trasferisce,  con  le  parti  e  col  cancelliere, 
sul  luogo.  Dicesi  familiarmente  in  senso 
esteso  e  faceto. 

Sopravento:  term.  mar.;  una  terra,  un 
bastimento,  un  oggetto  starà  sopravento 
al  proprio  bastimento  N  se  rimane  dalla 
parte  del  vento  relativamente  alla  per- 
pendicolare NE  abbassata  dal  centro  di 
gravità  del  bastimento  N  su  la  direzione 
assoluta  del  vento  ;  e  starà  sottovento  nel 
caso  opposto.  Segue  da  ciò  che  un  basti- 
mento N'  che  cammini  nelle  acque  di 
un  altro  A",  sta  sottovento  a  questo  della 
quantità  N'  B.,  e  per  trovarsi  egualmente 
avventato,  bisognerebbe  che  si  trovasse 
in  B.  Cfr.  la  frase  prendere  il  sopravento. 


Sopravivere  a  se  stesso:  comunemente 
si  dice  di  persona  la  cui  vita  dura  ancora 
mentre  la  gloria,  o  la  rinomanza,  o  la 
fortuna,  o  le  opinioni  già  lodate  ed  accolte 
—  vita  dell'anima  —  sono  morte  ovvero 
obliate. 

Sorbeltarsl  :  godersi  come  un  sorbetto, 
essere  costretto  a  sorbire  :  si  dice  in  vSenso 
morale  e  ironico  di  condizioni  e  persone  che 
bisogna  sopportare  per  forza  di  cose:  ef- 
ficace voce  regionale. 

Sordino:  propr.,  strumento  per  ammor- 
zare il  suono  :  in  romagnolo  vale  fischio 
sordo,  e  anche  peto.,  fatto  con  la  bocca  e 
per  dileggio. 

Sordità  verbale:  terni,  med.,  ò  quella 
alterazione  per  la  quale,  essendo  intatto 
l'udito,  le  parole  altrui  sono  percepite 
come  suoni,  ma  non  vengono  trasformate 
in  idee.  (Varietà  di  afasia). 

Sornacchiare  :  ronfare.,  russare.,  verbo 
d'uso  ampiamente  dialettale  e  toscano. 

Sorridere:  nel  senso  di  piace.,  alletta., 
par  bello,  es.  mi  sorride  l'idea  etc.  è 
dai  puristi  ritenuto  conforme  all'uso  esteso 
del  fr.  sourire.  Fosse  anche  gallicismo, 
non  mi  pare  estensione  difforme  all'indole 
dell'italiano. 

Sortie  de  bai  :  voce  francese  della  moda 
per  indicare  quelle  pellicce  o  quei  vistosi 
manti  con  cui  le  signore,  all'uscire  dal 
teatro  o  dalle  feste,  ravvolgono  e  difen- 
dono dal  freddo  le  già  esposte  o  lievemente 
coperte  nudità. 

Sortire  e  sortita:  della  differenza  fra 
sortire  ed  uscire  è  inutile  parlare.  E  fra 
le  nozioni  grammaticali  più  note.  Sortire 
vale  eleggere  in  sorte.,  avere.,  cavare  a 
sorte  e  non  andar  fuori  etc.  Nelle  sta- 
zioni ferroviarie  a  sortita  hanno  sostituita 
uscita  e  hanno  fatto  bene  e  il  publico  ci 
si  è  abituato  a  forza  di  sentir  gridare, 
uscita!  uscita  da  questa  parte!  Quando 
verrà  la  volta  della  parola  ritirata?  Sca- 
dono le  convenzioni  ferroviarie,  e  speriamo 
bene  !  Quanto  poi  al  voler  ritenere  gal- 
licismo questa  parola  invece  di  uscire, 
io  non  oserei,  pur  ammettendo  che  la  si 
usò  da  taluno  per  influsso  francese.  E 
voce  non  letteraria,  ma  popolare.  «  Sortire 
per  uscire  è  italiana,  ma  di  bassa  lega», 
così  il  Leopardi,  sopra  due  voci  italiane. 


Sos 


455     - 


Sou 


pag.  230,  neìV  Appendice  nell'Epistolario, 
ed.  Barbera  1878,  e  deve  esser  nel  vero. 
Se  poi  è  uguale  al  francese,  ciò  è  per 
l'affinità  tra  lo  due  lingue. 

Sosie:  fr.,  Sosia,  nome  di  un  perso- 
naggio da  commedia,  dato  per  estensione 
in  Francia  ad  ogni  persona  che  abbia  con 
altri  molta  rassomiglianza. 

Sostra  :  voce  milanese  per  negozio  o 
deposito  di  legna  e  carbone.  Sostraio^  il 
mercante  di  detto  combustibile.  Bracino., 
in  Toscana  è  il  venditore  della  carbonella. 

Sotnia:  voce  russa  =:  centuria.,  cen- 
tinaio. Es.  una  sotnia  di  cosacchi. 

Sottaniere  :  V.  Puttaniere. 

Sotto:  nelle  locuzioni  così  frequenti 
come  sotto  questo  rapporto^  sotto  questo 
aspetto.,  etc,  dai  puristi  riprendesi  come 
francesismo.  «  Dicasi  in  o  per  e  ogni  cosa 
sarà  a  suo  posto  »,  Fanfani.  Ma  sia  pur 
francesismo,  egli  è  che  questo  sotto  viene 
oramai  così  sotto  mano  e  pronto  che  dire 
in  0  per  è  oggetto  di  riflessione. 

Sotto-eccellenza:  così  —  con  vocabolo 
lepido  —  sono  denominati  nel  linguaggio 
familiare  della  politica  i  «  sotto  segretari 
di  Stato»,  poiché  pure  a  costoro,  sotto  il 
ministero  Crispi,  fu  esteso  l'onore  di  fre- 
giarsi come  i  Ministri  del  titolo  di  Eccel- 
lenxa.  Essendo  sotto  segretari.,  sono  anche 
.sotto-eccellenze. 

Sotto  il  velame  delii  versi  strani:  noto 
verso  di  Dante  {Inf.  IX,  36)  ripetuto  per 
significare  sotto  l'allegoria.,  o  simili. 

Sotto  l'usbergo  del  sentirsi  puro:  su- 
blime verso  di  Dante  (Inf.  XXVIII,  117), 
ove  pur  si  accenna  alla  coscienza,  cui 
basta  la  propria  sanzione,  ne  ha  bisogno 
di  testimonianza  o  approvazione  umana  : 
divenuto  luogo  comune. 

Sottomarino:  agg.  fatto  sostantivo  per 
indicare  quelle  navi  (si  è  tuttora  nella 
via  degli  esperimenti)  le  quali  possono 
navigare  sommerse,  e  sono  ideate  e  co- 
strutte solitamente  a  scopi  di  guerra. 

Sottomettersi  o  dimettersi:  dilemma 
non  irifroquonto  noi  linguaggio  politico: 
osso  primioramento  fu  usato  dal  Gambetta 
in  un  discorso  politico  contro  il  Governo 
del  Maresciallo  Mac-Mahon  :  Quand  la 
Francc  aura  fait  entendre  sa  voix  sou- 
veraine.,    croyex-le    bien^    messieurs.,    il 


faudra  se  soumettre  ou  se  déniettre  {Jour- 
nal des  débats,  18  agosto  1877). 

Sottovento:  V.  Sopravento. 

Soubrette:  voce  francese  di  origine  in- 
certa: la  servetta  della  commedia. 

Soufflé:  termine  fr.  di  cucina,  gonfio., 
montato;  es.  omelette.,  beignet  soufflé. 
Cfr.  le  nostre  voci  gonfietti  o  gonflotti, 
pezzetti  di  pasta  dolce  che  fi-itti,  rigon- 
fiano. V.   Tortello. 

Souffleur:  voce  francese,  talora  usata 
abusivamente,  pel  solito  vezzo,  invece  di 
suggeritore  (non  del  teatro).  >Es.  «  E  non 
occorre  dire  che  l' imperatore  la  rappre- 
senta a  perfezione  [la  parte]  e  assoluta- 
mente senza  bisogno  di  souffleur». 

Souffre-douleur:  dicesi  di  persona  espo- 
sta alle  beffe  o  alle  fatiche  o  agli  stra- 
pazzi. Es.  Questo  scolaro  è  il  souffre- 
douleur  dei  compagni  ».  Vittima.,  capro 
espiatorio  sono  le  voci  nostre;  mafra  la  gen- 
te mondana  la  parola  francese  non  è  rara. 

Soupe  à  la  sante:  nel  linguaggio  dei 
nostri  alberghi  e  trattorie  occorrerà  fre- 
quento di  sentirsi  offrire  una  soupe  à  la 
sante.  È  la  solita  minestra  di  ripiego,  e, 
quanto  alla  locuzione,  è  una  frase  fran- 
cese di  fabbrica  —  dirò  così  —  nazionale, 
come  è  spiegato  alla  parola  Sante.  In  un 
buon  libro  di  cucina  questa  minestra  è 
chiamata  brodo  con  erbucce. 

Souplesse  e  souple:  voci  francese  di 
largo  uso  in  un  certo  gergo  mondano. 
Con  esse  si  possono  recitare  le  esequie  a 
molte  parole  italiane,  come  agile.,  flessi- 
bile^ molle^  elastico.,  scorrevole.,  soffice  e 
relativi  nomi.  Così  udii  dire:  «Non  ha  la 
souplesse  nello  scrivere.  Le  gommo  delle 
biciclette  perdono  la  loro  souplesse.  Quella 
signora  ha  la  capigliatura  molto  souple  », 
etc.  Poi  si  finisce  col  trovare  che  l'ita- 
liano non  ha  voci  corrispondenti  1 

Soutache:  fr.,  treccia.,  spighettìna.,  cor- 
doncino^ passamano,  gallone  per  abiti. 

Souteneur:  voce  del  gorgo  francese,  non 
ignota  fra  noi:  celui  qui  vii  auj'  dépen- 
ses  des  prosi ituées  et  quon  appelle  ainsi 
par  ce  qu'  il  est  censo  /cs'  soutenir  quand 
ellcs  soni  insultées...  I  dialetti  nostri  sono 
ricchi  di  voci  molto  di  tale  senso,  che 
sombrano  troppo  plebeo  por  assurgerò  al 
linguaggio  corrente  o  comune.  Supplisce 


Sou 


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Spe 


il  francese,  la  lingua  dai  garbati  eufemi- 
smi. Dante  nella  sua  cruda  barbarie  di 
espressioni  (vero,  o  Saverio  Bettinelli?) 
chiamerebbe  i  souteneurs  col  loro  proprio 
nome  : 

Ruffian,  baratti,  e  simile  lordura. 

La  loro  professione  è  quella  eziandio  eser- 
citata da  Venedico  Caccianimico  il  quale 
dice  di  sé: 

I'  fai  colui  che  la  Ghisolabella 
condussi  a  far  la  voglia  del  iMarchese. 
{Inf.  XVIII) 

il  che  prova  che  da  che  mondo  è  mondo, 
corte  cose  e  persone  furono,  sono  e  sa- 
ranno. Notevole  e  nuova  è  invece  la  ten- 
denza moderna  ad  eliminare  quelle  voci 
che  in  sé  contengono  un  vivo  senso  di 
abbiezione. 

Souvenir:  fr.,  per  ricordo^  detto  di  og- 
getto, ricorre  press' a  poco  come  eadò^ 
anche  fra  il  popolo.  La  lingua  delle  ele- 
ganze e  delle  mondanità  sembra  dar  va- 
lore col  suo  suono  sino  agli  oggetti  che 
hanno  ugual  nome! 

Souvent  femme  varie  :  {fol  est  qui  s'y 
fie)  motto,  accolto  da  Vittore  Hugo  nel 
dramma  Le  roi  s'amuse  (atto  lY,  scena  2), 
parafrasato  nel  noto  verso  del  Piave: 
La  donna  e  mobile,  etc, 

e  variamente  attribuito,  V.  Famagalli, 
op.  cit. 

Sovracarico  intellettuale:  V.  Surme- 
nage. 

Sovversivo:  detto  genericamente  ed  in 
mal  senso  di  dottrine  o  di  persone  che 
hanno  come  precipuo  intento  il  sovvertire^ 
cioè  distruggerei' OYà.\n3iiTiQTiio  sociale-po- 
litico  odierno,  è  neologismo  comune,  de- 
dotto manifestamente  dal  fr.  subversif. 

Spada  di  Damocle  (la):  V.  La  Spada 
di  Damocle. 

Spaghetto:  nota  specie  di  maccheroni 
in  forma  di  spago.  Nel  parlar  familiare 
dell'Alta  Italia  vale  patirà^  es.  «  avere 
un  po'  di  spaghetto  ».  Spago  per  paura 
è  anche  toscano.  Y.  il  Petrocchi. 

Spagnolino:  specie  di  cane  da  fermo 
a  pelo  lungo  setaceo,  di  origine  iberica, 
come  dice  il  nome  :  per  le  sue  belle  forme 
fu  oggetto  di  selezione  e  di  incroci  ne' 


vari  paesi.  I  cinofili  usano  anche  la  voce 
francese  épagneul. 

Spagnolismo:  con  tale  nome  talora  si 
denomina  quella  tendenza  nelle  publiche 
amministrazioni  alle  inutili  e  fastose  for- 
malità, al  compiersi  delle  azioni  per  ge- 
rarchie ;  e  nella  vita  sociale  ad  un  com- 
plesso di  cerimonie,  fasto,  senso  di  casta, 
etc  :  che  furono  le  peggiori  qualità  eredi- 
tate dal  popolo  spagnuolo,  per  tanto  tempo 
dominatore  della  Lombardia  e  del  Reame. 

Spahi  :  nome  francese  di  cavaliere,  ap- 
partenente ad  una  milizia,  la  più  parte  in- 
digena, dell'Algeria. 

Spallone:  da  spalla;  così  volgarmente 
sono  chiamati  i  portatori  delle  merci  di 
contrabando. 

Spaniel  :  (voce  inglese)  specie  di  cane 
da  caccia,  inglese,  assai  pregiato  per  le 
forme  eleganti  —  dicono  i  cinofili,  meglio 
direi  strane,  essendo  di  bassa  e  speciale 
forma  —  il  pelo  setaceo,  l'agilità,  l'ol- 
fatto onde  levano  la  sei  vagina.  Il  Goelcer 
Spaniel  nero  del  paese  di  Galles  è  fra  i 
più  stimati. 

Sparafucile:  propr.,  chi  impaurisce  spa- 
rando il  fucile,  minacciando  a  vuoto,  indi 
scherano.,  bravaccio.,  in  senso  spregiativo 
e  figurato. 

Sparar  le  ultime  cartucce:  locuzione 
tolta  dal  linguaggio  militare  per  dire 
far  gli  ultimi  sforxi.,  tentar  le  .ultime 
prove.,  resistere  ancora.,  intendendo  come 
non  sia  possibile  resistere  più  oltre,  ed  è 
cosa  necessaria  darsi  per  vinti. 

Spartèa:  pianta  tessile,  dalle  cui  fibre 
si  fabbricano  quei  cavi  detti  libani,  in 
uso  dai  pescatori.  Y.  Halfa. 

Sparteina:  alcaloide  dello  Spartium 
Scoparium.  Eccitante  del  cuore. 

Spartiacque  :  termine  geografico  :  il  con- 
fine tra  due  regioni  fluviali,  Y.  versante. 

Spasimante:  per  amatore.,  dicesi  fami- 
liarmente in  alcune  regioni  nostre;  ma 
con  lieve  senso  ironico  dello  sdilinquire 
del  corteggiatore. 

Speaker:  oratore.  E  il  nome  dato  in 
Inghilterra  all'eletto  dalla  Camere  dei  Co- 
muni, specie  di  Presidente  della  Camera 
presso  di  noi.  L'elezione  dello  Speaker 
si  compie  con  quella  serie  di  cerimonie 
antiche  che  presso   di  noi  non   sarebbero 


Spe 


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Spe 


possibili  e  farebbero  sorridere,  e  pure,  in 
quell'ossequio  alla  tradizione,  costituiscono 
una  delle  più  notevoli  e  nobili  forze  del 
popolo  inglese.  Lo  Speaker  è  circondato 
da  una  specie  di  maestà.  Egli  incarna  in 
sé  tutta  l'autorità  della  Camera  dei  Co- 
muni ;  designa  i  relatori  e  gli  oratori,  di- 
rige le  discussioni,  dà  o  toglie  la  parola, 
richiama  i  deputati  all'ordine  ;  infine  è  il 
depositario  esecutivo  dei  poteri  discipli- 
nari dell'assemblea. 

Specchietto:  (per  le  allodole),  trappola 
per  i  minchioni  e  per  il  publico. 

Specchio  :  chiamano  i  meccanici  la  su- 
perficie lavorata,  piana  o  cilindrica,  su 
cui  scorre  il  cassetto  di  distribuzione  delle 
motrici  a  vapore.  Si  precisa  meglio  di- 
cendo specchio  del  cassetto  di  distribu- 
zione e  corrisponde  esattamente  al  te- 
desco Schieber-spiegel.  I  francesi  per  in- 
dicare il  cassetto  di  distribuzione  dicono 
tir  air  de  distribution. 

Specialista  :  chiunque  —  e  specialmente 
dicesi  di  studiosi,  scienziati,  fisici  special- 
mente, medici,  etc.  —  abbia  compiuta 
conoscenza  non  solo  di  una  data  disciplina, 
ma  più  specialmente  di  una  branca  o 
parte  di  essa  :  la  qual  cosa  con  l'ampliarsi 
mirabile  delle  discipline  scientifiche,  è  og- 
gidì cosa  necessaria.  Specializzarsi^  ac- 
quistare questa  speciale  conoscenza.  Sono 
due  parole  tolte  dal  fr.  spécialiste  e  spé- 
cialiser  di  cui  gli  stessi  puristi  non  po- 
trebbero fare  a  meno.  «  Difficilmente  si 
troverebbe  altro  vocabolo»  (Rigutini). 

Specialità:  ^^av  prodotto  speciale^  par- 
ticolare, cosa  eccellente  nel  suo  genere, 
uomo  -valente  in  una  data  disciplina  o 
scienza,  è  un  astratto  ripreso  dai  puristi 
e  ritenuto  gallicismo.  Lo  conferma  l'uso. 

Specializzarsi:  V.  Specialista. 

Specifico:  parlando  di  malattie  si  in- 
tende determinare  con  tale  aggettivo  quelle 
infermità  che  fonnano  una  specie  a  parte, 
e  di  cui  la  causa  è  sempre  la  stessa:  la 
sifilide  ad  esempio.  Spesso  dicono  i  me- 
dici specifico  come  termino  convenzionale 
por  evitare  nomi  di  malattie,  gravi  e  noti. 
Dicosi  inoltre  specifico  di  medicamenti 
che  hanno  un  infiusso  speciale  su  qualche 
processo  morboso,  ad  os.  il  chinino  su  lo 
febbri  malariche. 


Specimen:  voce  ingl.  e  fr.,  dal  latino 
specimen  (da  spedo  =  guardo),  indica 
saggio,  modello,  etc.  Voce  straniera,  usata 
per  vizio. 

Speculare,  speculatore,  speculazione: 
dal  noto  senso  filosofico  queste  parole  sono 
passate,  in  modo  conforme  all'estensione 
del  francese  (spéculer,  spéculateur,  spé- 
culation),  al  linguaggio  del  commercio  e 
della  borsa  :  trafficare,  commerciare,  etc. 

I  puristi  riprendono  tale  uso. 
Spèculum  :  (in  lat.  =:  specchio)  è  termine 

medico  di  istrumento  a  forma  tubulare  o 
a  valve  per  dilatare  e  quindi  a  speculare, 
cioè  osservare  lo  stato  interno  di  alcune 
cavità  naturali  (vagina,  ano,  orecchie, 
naso)  direttamente  o  per  mezzo  di  super- 
fici  riflettenti.  Noi,  credo,  togliemmo  tale 
latinismo  dal  francese.  La  voce  spècolo, 
notata  in  qualche  lessico,  mi  pare  meno 
usata  di  spèculum. 

Spedare:  term.  mar.,  staccar  l'ancora 
dal  fondo. 

Spedizione  :  voce  abusiva  delle  sarte  a 
Milano,  per  indicare  le  piccole  spese  ine- 
renti alla  fattura  degli  abiti. 

Speech:  voce  inglese  che  vuol  dire  di- 
scorso. Vi  dev'essere  qualcosa  di  reciso,  di 
penetrante,  di  persuasivo,  in  quello  spicc 
(così  si  pronuncia),  giacché  in  taluni  casi 
lo  si  preferisce.  Es.  «  Sorse  allora  Fon. 
X***  e  pronunciò  uno  splendido  speech  ». 
Anche  nel  prendere  questi  anglicismi  non 
abbondiamo  di  originalità  giacché  sono 
quasi  tutti  di  derivazione  francese  :  speech., 
in  gergo  francese  vale  appunto  allocution, 
discours. 

Spelèo:  attributo  di  orso  (Ursus  spe- 
laeus),  cioè  delle  spelonche,  così  detto 
perchè  questo  grande  e  feroce  orso  fossile 
viveva  nello  caverne  (si  dico  anche  orso 
delle  caverne)  del  periodo  glaciale,  durante 
il  quale  deve  aver  dato  del  filo  da  torcere 
ai  nostri  progenitori,  che  pure  cercavano 
rifugio  nello  caverne. 

Spencer:  così  oggi  chiamano  i  sarti 
corti  giacchetti  posanti,  usati  specialmente 
come  sopravesto  d' inverno  dagli  ufficiali, 
adorni  di  polo  d'Astrakan  e  di  passamani. 

II  nomo  ò  dovuto  ad  un  corto  conto  Spen- 
cer, morto  nel  184v^.   V.    Vestito. 

Speranzoso  :   sarà    vocabolo  molto  oo- 


Spe 


—     458     — 


Spi 


modo  ed  avrà,  anzi  ha,  esempi  classici 
(Segneri),  ma  che  proprio  sia  bello  e  da 
ripetersi  come  oggi  si  ripete,  io  non  oserei 
di  affermare. 

Spernacchio:  voce  vernacola  del  veneto, 
usata  anche  sul  litorale  romagnolo  dai 
marinai  :  vale  aria  ragna,  a  striscio  come 
di  lana,  indizio  di  pioggia.  Cfr.  Spar- 
naxjxare.  Cfr.  il  motto,  cielo  a  pecorelle^ 
acqua  a  catinelle. 

Spese  improduttive:  locuzione  neologica 
eufemistica,  usata  nel  linguaggio  della 
politica  e  del  giornalismo  per  significare 
i  due  bilanci  della  guerra  e  della  marina, 
impo'oduttwi.^  cioè  non  profìcui,  anzi  per- 
niciosi, alla  umana  società  secondo  i  con- 
cetti dei  socialisti  e  dei  sostenitori  della 
pace  universale. 

Spessore  :  per  spessezza^  grossezza  è 
neol.  dal  fr.  épaisseur  :  ripreso  dai  puristi. 

Spettabile:  aferesi  di  rispettabile^  è  ag- 
gettivo comunissimo  del  gergo  commer- 
ciale. Es.  Spettabile  ditta.  Credo  che 
questa  brutta  parola  sia  per  effetto  del 
respectable  inglese.  V.  questa  parola. 

Ujrevòs  ^Qaòéog  :  Y.  Festina  lente. 

Spezzare  una  lancia  (in  favore  di,  etc.)  : 
è  locuzione  dell'antico  linguaggio  caval- 
leresco, sopravissuta  in  senso  morale,  e 
vale  come  farsi  campione.,  difendere, 
sostenere.  Cfr.  lancia  spezzata. 

Spia  :  pertugio  circolare  nelle  porte  delle 
carceri  e  simili  per  ispiare  il  contegno 
del  prigioniero.  Dicesi  anche  spiarola. 

Spiana  :  V.  Raboteuse. 

Spianare  le  costure  o  le  costole:  ri- 
batterle col  ferro  e  si  dice  degli  abiti,  e 
per  estensione  familiare,  bastonare. 

Spiccare:  per  spedire^  dare  un  ordine., 
un  mandato  è  modo  neol.,  ripreso  dai 
puristi. 

Spigolistra  o  spigolistro:  per  bacchet- 
tone., ipocrita.,  picchiapetto.  Voce  classica 
e  antica  ohe  par  nuova  perchè  talora 
usata,  specie  ne'  giornali,  e  non  intesa. 
Spigolistro  —  spiegano  i  lessici  —  che 
sta  nascosto  per  gli  spigoli  o  cantucci 
delle  chiese. 

Spina  di  pesce  (a)  :  «  nelle  costruzioni 
lombarde  del  secolo  IX  e  successivi  tempi 
si  trovano  murature  a  spina  di  pesce, 
cioè  colle  pietre  così  disposte  da  assomi- 


gliare alle  spine  di  pesce.  Es.  ad  Agliate 
nella  basilica  di  Ansperto.  Altre  volte,  se 
i  muri  sono  di  mattoni  si  trovan  soltanto 
ad  intervalli  dei  corsi  di  pietre  disposte 
similmente  a  spina  di  pesce  ;  esempio  : 
nella  facciata  di  S.  Vincenzo  in  Prato  in 
Milano.  I  sistemi  costruttivi,  una  volta 
adottati,  sono  conservati  a  lungo,  massime 
nella  campagna,  fuori  dei  grandi  centri, 
cosicché  non  sempre  la  disposizione  a 
spina  di  pesce  risale  a  tempi  così  lon- 
tani »  (G.  Carotti).  Si  dice  comunemente 
dei  pavimenti. 

Spina  ventosa  :  antico  term.  med.,  usato 
così  anche  in  francese:  così  detto  dall'a- 
spetto enfiato.  Varietà  di  tubercolosi  ossea 
che  si  riscontra  al  livello  delle  falangi 
delle  mani  e  dei  piedi. 

Spincionare:  il  cantare  del  fringuello. 

Che  già  spincionava  il  fringuello. 

Pascoli,  Myrieae,  Alba. 

Spingere  le  ricerche,  le  indagini:  per 

condurre.,  fare.,  o  indagare^  ricorda  ai 
puristi  il  modo  francese,  pousser  les  re- 
cherches. 

Spinite:  da  spina  (dorsale)  ed  il.  suf- 
fisso ite.  Tabe  dorsale,  sinonimo  di  atassia 
locomotrice.  Affezione  della  midolla  spi- 
nale, caratterizzata  dalla  incoordinazione 
dei  movimenti,  dall'abolizione  dei  moti 
riflessi  e  da  diversi  turbamenti  subbiet- 
tivi  ed  obbiettivi  della  sensibilità. 

Spinone:  specie  di  ottimo  cane  da  fer- 
mo, simile  per  la  struttura  al  bracco,  co- 
perto però  di  un  pelo  duro,  folto,  spinoso, 
che  gli  dà  aspetto  brutto  e  selvaggio. 
Colore  roano -marrone,  o  bianco  sporco 
con  macchie  di  color  marrone.  I  cinofili 
lo  vantano  italiano. 

Spinster:  parola  inglese,  zitella.,  zi- 
tellona, parola  specialmente  usata  per 
indicare  la  donna  del  così  detto  «  terzo 
sesso,  cioè  non  destinata  alla  procreazione 
od  al  piacere,  ma  la  donna  del  lavoro. 
Spinster  è  dal  verbo  spin  =:  filare,  «  né, 
a  mio  credere,  a  caso  la  lingua  inglese, 
tanto  filosofica  nelle  sue  più  volgari  espres- 
sioni, adopera  una  stessa  parola  (spinster) 
a  significare  zitella  e  filatrice.,  quasi  ad 
indicare  ciò  che  probabilmente  avveniva 
di  fatto  nei  tempi  primi  in  cui    l'idioma 


Spi 


—    459     — 


Spo 


venne  formandosi  e  che  ad  ogni  modo  ri- 
sponde ai  dettami  inviolabili  della  natura 
che  soltanto  la  donna  nubile  deve  rivolgere 
alla  produzione  l'opera  sua».  (Achille  Loria 
La  Sociologia^  Verona,  Drucker,  1901). 

Spinte  0  sponte:  modo  avverbiale  del 
linguaggio  familiare  :  joer  amore  o  per 
forxa.  Sponte  è  latino,  e  vale  spontanea- 
mente^ e  quello  spinte  è  avverbio  foggiato 
alla  latina,  per  analogia  e  per  lepore. 

Spionaggio  :  neol.  dal  fr.  espionnage, 
il  mestiere  della  spia^  il  far  la  spia. 

Spione:  accrescitivo  di  spia.  Eppure 
la  prevalenza  di  questa  parola  nel  lin- 
guaggio de'  giornali,  mi  fa  pensare  che 
provenga  per  influsso  del  francese  espion. 

Spiritismo:  se  antichissima  è  la  cre- 
denza di  miracoli  operati  da  agenti  incor- 
porei, nel  senso  moderno  la  parola  spiri- 
tismo ricevette  valore  dalle  esperienze 
fatte  nel  1848  nella  famiglia  del  Sig.  Fox 
in  Hydeville  (Nuova  York)  e  di  lì  ripetute 
e  diffuse  per  tutto  il  mondo  civile  e  spe- 
cialmente nei  paesi  anglo-sassoni.  V.  Me- 
dium e  Occultismo.  Spiritismo  «  è  la  pa- 
rola comunemente  accettata  per  signifi- 
care tutti  quei  fenomeni  provocati  dai 
mediums  per  una  forza  X  che  ancora 
non  conosciamo  »  (A.  Piippalardo,  nella 
prefazione  del  Manuale  Hoepli ,  Spiri- 
tismo). 

Spirito:  per  opinione  {spirito publico) , 
per  brio.,  arguzia.,  lepore.,  lepidezza.,  ti- 
more, per  anima,  cuore,  mente.,  ricorda 
ai  puristi  l'estensione  francese  della  parola 
esprit.  Così  sono  riprese  le  locuzioni  spi- 
rito delle  leggi  (per  .lignificato.^  ragione)., 
spirito  di  parte.,  di  corpo  (per  amore, 
passione).,  far  dello  spirito  (dire  delle 
arguxie,  dei  frixzi).  Le  conferma  l'uso. 
Quanto  a  spirito.,  nella  locuzione  uomo 
0  donna  di  spirito.,  e  all'aggettivo  spi- 
ritoso., osserva  il  Tommaseo  (Unità)  «  che 
esso  concerne  non  tanto  la  vivacità  dei 
modi  quanto  la  prontezza  dell'ingegno  e 
dell'animo  :  tiene  insieme  del  tempera- 
mento e  dei  progi  intellettuali  e  morali  ». 
Con  le  quali  parole  si  viene  ad  ammettere 
che  lo  voci  spirito  e  spiritoso  malo  si 
tradurrebbero  per  brio  o  argutexxa,  brioso 
od  arguto. 

Spirito  denaturato:  spirito  roso  inetto 


agli  usi  della  nutrizione  umana,  e  desti- 
nato solamente  per  applicazioni  industriali 
0  per  sviluppo  di  calore. 

Spirito  forte  :  è  il  fr.  esprit  fort^  detto 
di  chi  ostenta  superiorità  alle  opinioni 
comuni,  specialmente  in  materia  di  fede. 

Spiritose  invenzioni  :  così  Lelio  nel 
Bugiardo  goldoniano  chiama  le  bugie,  e 
così  talora  si  dice  (Atto  I,  scena  4). 

Spirituale  :  nel  senso  di  grazioso,  fine, 
arguto,  che  denota  ingegno  e  spirito,  è 
un'estensione  conforme  —  se  non  vogliamo 
dire  tolta  —  al  francese  spirituel:  es. 
wi  volto  spirituale.,  una  risposta  spiri- 
tuale, una  signora  spirituale. 

Spiritualità  :  ingl.  spirituality,  fr.  spi- 
ritualité:  disposizione  ingenita  della  mente 
nel  lasciarsi  influire  dalle  idee  e  dare  alle 
cose  dello  spirito  grande  importanza. 

Spiritus,  ubi  vult,  spirat:  lat.,  lo  spi- 
rito  spira  ove  vuole.  Evang.  di  S.  Gio- 
vanni, III,  8.  Spesso  si  dice  in  senso 
profano,  cioè  vuol  dire  che  il  pensiero 
dell'artista  e  del  filosofo,  quasi  acceso  e 
mosso  dal  Dio,  non  conosce  barriere  e 
confine.  Dicesi  anche  ironicamente. 

Spitze:  ted.  punta,  cima,  detto  di  alcune 
sommità  alpine. 

Spleen:  voce  inglese,  accolta  in  fran- 
cese: non  ignota  fra  noi:  vuol  dire  milza, 
lat.  splen,  OjrÀrjv.  Questo  nome  è  dato 
ad  una  specie  di  melanconia  {fiéXag  =  nera 
e  xoÀr)  =  hiìe),  forma  di  psicosi  che  deprime 
e  domina  con  senso  di  pena  chi  ne  è  sog- 
getto e  che  si  attribuiva  ad  un  umor 
nero  del  quale  la  milza  era  pretesa  sor- 
gente. Gli  inglesi  sotto  le  brume  del  loro 
clima  par  che  ne  soffrano,  non  raramente. 
Allora  il  cielo  d'Italia  servo  d'antidoto: 
ed  io  nella  mia  dimora  nella  penisola  di 
Sorrento,  li  ricordo  questi  lunghi  e  medi- 
tabondi anglosassoni  contemplare  la  pic- 
cola italiana  che  balla  al  suon  del  tam- 
burello 0  il  guaglione  che  fa  il  pulciuolla 
sguaiato  loro  dinanzi.  Allora  le  severe 
labbra  si  spianano  al  sorriso  ed  è  gettata 
la  moneta,  avidainont(>  raccolta.  Patnrnr, 
mattana,  luna  a  tra r orso,  pi'oposte  dal 
Fanfani,  non  vi  corrispondono  che  in  parte. 
La  scrittura  splin,  accolta  in  alcuni  les- 
sici, mi  pare  poco  usata.  .Aggettivi  sple- 
nioo  e  splenetico. 


Spo 


—     460 


Squ 


Splendido:  questo  aggettivo  nostro,  u- 
sato  alla  maniera  straniera,  è  dei  più  co- 
muni. Voce  elegante,  a  trentatrè  contesi- 
mi al  pezzo.  Tutto  è  o  può  essere  splen- 
dido :  un  motto  arguto,  una  risposta  pronta, 
vivace,  diventa  spendida.  «  È  splendida  I  » 
per  dire  «  È  graziosa!  »,  Dicesi  con  vero 
abuso  :  «  Una  notte,  i  tartufi,  un  pranzo, 
un  risotto,  una  barba,  la  fanteria,  l'arti- 
glieria, la  morte,  la  vita,  un  libro,  un 
abito  è  0  sono  splendidi  ». 

Spoglia:  per  sfoglia  (falda  di  pasta)  è 
voce  regionale,  cui  non  mancano  buoni 
esempi.  Y.  Tommaseo  Dizionario. 

Sponda:  termine  molto  familiare  e  po- 
polare in  molte  nostre  regioni  per  indicare 
un  protettore.^  un  patrono  che  fa  da  sponda 
contro  i  possibili  urti,  cioè  o  per  avan- 
zare piìi  presto  che  per  le  vie  regolari 
0  per  ammorzare  i  colpi  che  potrebbe  dare 
talora  la  Griustizia. 

Spongata:  specie  di  torta  da  credenza 
ripiena  di  marzapane,  specialità  di  Bre- 
scello  (Guastalla).  Dolce  natalizio. 

Sporadico:  (ojzeìqsiv^  disperdere),  si  dice 
di  malattia  quando  questa  colpisca  una 
persona  separatamente  :  è  cioè  l'opposto 
di  epidemico  ed  endemico,  detto  di  quei 
mali  che  attaccano  contemporaneamente 
una  popolazione.  La  parola  sporadico  dal 
linguaggio  medico  è  trasportata  al  lin- 
guaggio letterario  e  filosofico  come  attri- 
buto di  fenomeno  o  fatto  isolato,  che  ap- 
pare a  rari  intervalli. 

Sporgere  querela  :  per  dare^  muovere 
querela  è  neologismo  del  gergo  curiale  : 
ripreso  dai  puristi. 

Sport:  voce  inglese  di  origine  latina. 
Sport  è  abbreviazione  di  disport.,  desport 
=  diporto  (da  dis  e  portare  =  portar 
fuori  dal  lavoro  e  dalle  cure),  dunque 
svago,  divertimento.,  giuoco.  Questa  voce 
universale  e  tanto  nota  che  è  inutile 
spiegare,  si  è  imposta  nell'uso  ed  è  più 
facile  celiare  amaramente  con  sporto  e 
sporta.,  come  fa  il  buon  Fanfani,  che  evi- 
tarla. L'Inghilterra  ha  rinnovato  nel  tem- 
po moderno  l'importanza  che  gli  antichi 
—  e  specialmente  quel  mirabile  popolo 
che  fu  il  greco  —  diedero  agli  esercizi 
corporali,  e  congiunsero  l'utile,  il  diporto 
0  svago  con  l'eleganza    e    con    la  moda 


senza  di  che  questi  molteplici  giuochi  ed 
esercizi  non  avrebbero  il  favore  che  hanno  : 
con  la  cosa,  imposero  il  nome  :  solita 
legge  !  Consoliamoci  con  l' origine  latina 
della  parola.  In  verità  l'antica  Eoma  non 
cessa  di  dispensare  consolazioni  ai  suoi 
tardi  nepoti  !  Da  sport  si  è  fatto  l'agget- 
tivo sportivo.  Si  dice  anche,  talora,  teìnpo 
sportivo  per  indicare  quel  tempo  grigio, 
piovorno,  che  sembra  più  somigliante  a 
quello  inglese  :  tempo  adatto  per  le  corse. 
Miserie  I 

Sposar  vacca  e  vitello:  locuzione  al- 
trettanto felice  quanto  plebea  e  scher- 
nevole :  significa  sposar  donna  inciìita  di 
altro  uomo.  Trovo  questa  locuzione  pur 
nel  gergo  in  fj-ancese  :  épouser  la  vache 
et  le  veau. 

Spostato  :  per  indicare  persona  che  è 
faori  del  suo  posto  sociale,  il  cui  ufficio 
nella  vita  è  difforme  alle  attitudini  ed 
all'ingegno,  aireducazione  ricevuta  etc, 
sembra  al  Rigatini  vocabolo  «  accettabi- 
lissimo e  necessario  ».  Lo  credo  anch'io  ! 
È  uno  dei  caratteri  del  tempo  nostro  ! 

Sprachverein;  ìq^.^  società  della  lingua^ 
nome  di  sodalizio  germanico,  ampiamente 
diffuso,  che  ha  per  iscopo  lo  studio  e  la 
conservazione  (purità)  della  lingua  tedesca 
nelle  colonie  stabilite  all'estero.  NB.  Se  la 
nostra  Dante  Alighieri  sottraesse  parte 
della  sua  attività,  data  alle  conferenze 
ed  all'ermeneutica  dantesca,  e  tutelasse 
un  pochino,  non  dirò  la  purità,  ma  il 
decoro  della  favella  italiana,  in  casa  pro- 
pria, non  sarebbe  una  bella  cosa? 

Spratico:  esercizio  obbligato  della  scher- 
ma (voce  speciale  dell'Italia  meridionale). 

Spumone:  nota  specie  di  dolce,  di  par- 
venza come  di  spuma. 

Spunto:  nel  linguaggio  musicale  così 
sono  chiamate  le  prime  battute  di  un  mo- 
tivo musicale,  onde  dammi  lo  spunto 
vale  dimmi  il  principio  di  una  data  aria, 
così  che  poi  è  facile  ricordare  ciò  che  se- 
gue. Spunto  è  voce  passata  anche  nel 
gergo  letterario  per  significare  il  principio 
felice  di  un  discorso,  di  uno  scritto. 

Spuzzetta:  nel  dialetto  veneziano  spux- 
zetta  vale  vanerella.,  pretensiosa.,  fra- 
schetta. Ricorre  spesso  questa  voce  nel 
Goldoni.  La  registra  il  Cherubini,  fop.  cit.) 


Squ 


—     461 


Sta 


=  «  fumosetta  »,  con  esempio  del  Maga- 
lotti {Fiore  d'Arancio^  242). 

Squadracela  :  peggiorativo  di  squadra  : 
voce  già  usata  in  Romagna  ove  significò 
certo  faziose  associazioni  per  le  quali  la 
politica  era  pretesto  a  mal  fare. 

Squagliarsi:  propr.  s^n^^^ers^*.  Familiar- 
mente non  farsi  più  vedere^  scomparire^ 
ma  con  speciale  senso  di  chi  va  via  per 
non  rispondere  delle  proprie  azioni.  Voce 
romanesca  in  tale  senso,  estesa  nel  gior- 
nalismo e  nell'uso  a  tutta  Italia. 

Squalificare:  verbo  usato  nel  linguag- 
gio delle  corse  (sport):  vale  eseludere  un 
corridore  dal  concorso  e  dal  premio  per 
infrazione  ai  regolamenti:  poi,  in  senso 
esteso,  ricorre  talora  per  sereditare.  Neol. 
dedotto  dal  fr.  disqualifier. 

Square:  giardinetto,  per  lo  più  cintato 
che  serve  per  adornare  una  piazza  publica  : 
deriva  dall'inglese  square  =  piazza  qua- 
drata: c'è  anche  in  francese. 

Squero:  (con  Ve  aperta)  voce  veneziana, 
vale  piccolo  cantiere  (in  antico  dicevasi 
squadro). 

Squilla  :  nome  di  crostaceo  appartenente 
al  sottordine  degli  Stomatopodi.  La  Squilla 
mantis  è  un  animale  piuttosto  snello,  che 
ricorda  quell'insetto  che  porta  il  nome  di 
Mantis  religiosa.  Sopratutto  la  forma  e 
la  maniera  di  tenere  i  piedi-artigli,  arti- 
colati come  lame  di  temperino,  che  essa 
lancia  su  la  preda,  sono  caratteri  comuni 
con  la  mantide.  V.    Cannocchia. 

Stabbiarolo  :V.  Stabbio. 

Stabbio:  concio,  concime,  sughi.,  le- 
tame (dal  latino  stabulimi  =  stalla),  è 
voce  classica,  viva  nel  dialetto  di  Roma- 
gna e  Toscana.  Vedi  ciò  che  è  detto  alla 
parola  Schiampa. 

Varco  allo  Stabbio 
che  aduna  a  sera 
i  Birrocratici 
di  bassa  sfora. 

Giusti,  Gingillino. 

ondo  stabbiarolo,  lo  spazzino.  Voce  re- 
gionale. 

Stabilimento:  bene  osserva  il  Rigutini 
che  «  tutto  in  Francia  è  un  ctablissement^ 
e  tutto  por  conseguenza  in  Italia  ò  sta- 
bilimento  »  o  pei'ciò  ([uesta  voce  ha  tolto 
di  seggio  molto  parole  proprio  e  parti- 
colari.  Ma  ohe  farci? 


Stabilitura:  voce  lombarda  dell'arte  mu- 
raria :  è  il  fine  intonacato  superficiale  o 
scialbo  che  si  sovrapone  al  rinzaffo. 

Sta  come  torre  ferma,  che  non  crolla  | 
giammai  la  cima  per  soffiar  de'  venti  : 
noti  versi  di  Dante  (Piirg.  V.  14,  15), 
espressione  della  più  alta  individualità 
eroica  della  coscienza,  di  se  cosciente  e 
gaudente  :  divenuti  così  comuni  da  con- 
siderai'si  come  frase  fatta. 

Staff:  voce  inglese  che  vale  bastone. 
E  nome  dato  ad  una  antica  forma  di  ap- 
parecchio così  detto  di  blocco  (V.  questa 
voce)  che  ha  per  ufficio  di  regolare  il  mo- 
vimento dei  treni  nelle  linee  ad  un  solo 
binario  ed  impedire  quindi  ogni  scontro. 
Consiste  in  un  bastone  metallico  di  spe- 
cial foggia,  che  il  macchinista  ricevo  dal 
capostazione  o  toglie  da  apposito  apparec- 
chio, senza  il  quale  bastone  non  può  far 
partire  il  treno,  giacché  esso  bastone  co- 
manda quel  tratto  di  linea.  Ora  essendovi 
in  un  tratto  tra  due  stazioni  un  solo  ba- 
stone, è  impossibile  che  due  treni  si  in- 
crocino. Così  press'a  poco.  Tale  sistema 
inglese  è  stato  adottato  nella  ferrovia 
elettrica  della  Valtellina.  (Lecco-Sondrio). 

Staffa  :  chiamano  volgarmente  a  Milano 
un  bicchier  di  vino  di  circa  mezzo  quinto, 
propriamente  il  bicchier  della  staffa  (el 
biccer  de  la  staffa)  che  si  soleva  offrire 
al  viandante,  già  montato  in  arcione.  In 
fr.  le  vin  de  Vétrier.  Bicchiere  della  staffa 
è  del  resto  modo  diffuso  per  indicare  il 
bicchiere  del  saluto,  della  partenza.  A. 
Scarlatti  in  un  suo  libro  di  cose  curiose 
e  bizzarre  {M  ab  hic  et  ab  hoc,  serio  se- 
conda, pag.  70)  dà  del  motto  una  spie- 
gazione storica  :  sarebbe  stato  il  mare- 
sciallo francese  Francesco  Bassompierre 
che  neir accomiatarsi  dai  deputati  di  al- 
cuni cantoni  della  Svizzera  —  ove  orasi 
recato  per  assoldare  mercenari  —  sostituì 
ad  un  cratère  che  quegli  gli  offerivano, 
uno  de'  suoi  enormi  stivaloni  e  riempitolo 
di  vino,  propinò  e  fece  propinare. 

Stafilococco:  nome  di  microrganismi 
di  forma  tonda,  granulare  (coecus)  olio  si 
raggruppano  in  forn\a  di  grappoli  [nra- 
(pvÀi'j).  Spesso  questi  microbi  sono  giMie- 
ratori  del  pus. 

Stage-coach  o  coach:  stage  in  inglese 


•Sta 


462 


Sta 


vale  paleo  (lat.  staticum^  da  stare) ^  ed 
indica  congiunto  a  eoach^  quella  specie 
di  gran  vettura  signorile,  chiusa,  a  quattro 
ruote,  che  ha  sedili  in  alto,  su  cui  sie- 
dono vistosamente  dame  e  signori  ;  tratta 
da  una  o  più  pariglie  di  cavalli,  è  in  uso 
ne'  passeggi,  nelle  corse,  nelle  gite. 

Staggi:  chiamano  in  Eomagna  i  relitti 
sabbiosi  del  mare  (dal  lat.  stadia  ìnaris). 

Stagione  morta:  tempo  in  cui  certe  pro- 
fessioni 0  certe  aziende  o  stabilimenti  so- 
gliono naturalmente  avere  meno  lavoro 
0  spaccio  che  di  consueto  :  fr.  ìnorte-sai- 
son. 

Stagno:  voce  vernacola  milanese  (stagn): 
vale  sodo  (detto  specialmente  delle  carni). 

Stalle  d'Augìa  (lej:  sono  le  stalle  del 
re  Augìa,  non  pulite  da  trenta  anni  e  fetenti 
a  tal  punto  che  Ercole  vi  fece  passare 
per  lo  mezzo  i  fiumi  Alfeo  e  Peneo  e  così 
in  un  giorno  le  ebbe  nettate  ;  e  questa 
fu  una  delle  sue  dodici  famose  fatiche.  Vive 
la  locuzione  per  indicare  putredine  morale, 
più  spesso  che  materiale,  cui  conviene 
spazzare  con  mezzi  energici  come  quelli 
usati  dal  buon  Eroe. 

Stallone  :  cavallo  da  razza  :  usasi  esten- 
sivamente nel  senso  spregiativo  di  uomo 
«  atto  solo  a  procreare  ». 

stallone  ignobil  della  razza  umana. 

Parimi,  Mattino,  308. 

«  Parola  indecorosa  »  nota  il  Cantù  sì, 
ma  molto  efficace. 

Stampa  gialla  (la):  i  giornali  imperia- 
listi, nazionalisti,  belligeri  d'America  e 
d'Inghilterra.  Locuzione  usata  al  tempo 
della  guerra  tra  la  Spagna  e  gli  Stati 
Uniti,  tra  l'Inghilterra  e  le  republiche 
Africane. 

Stampato:  «sebbene  traduca  V imprimé 
fr.,  pure  non  gli  farei  sempre  mal  viso, 
perchè  ci  sono  stampati  pei  quali  sarebbe 
troppo  onorevole  la  voce  staìnpe  » .  (Ri- 
gutini,   op.  cit.). 

Stampiglia:  è  voce  usata  da  molti  per 
stampino.  Riprendesi  tale  uso  dai  puristi. 
Yedi  il  senso  delle  due  parole  in  ogni  di- 
zionario. 

Stand  :  voce  tedesca  da  stehen  -sz  stare, 
per  indicare  il  campo  del  tiro  o  bersaglio. 
Stand   in   inglese    vale    poi,  fra   i  molti 


sensi,  anche  tribuna  delle  corse  e  tale 
parola  «  per  anglomania  »  è  trasportata 
nel  nuovo  francese,  e  quindi  fra  noi. 

Standard:  {stendardo.,  modello.,  regola., 
norma.,  tipo)  è  voce  inglese  usata  in 
commercio,  per  indicare  che  la  qualità 
di  una  merce  o  di  un  prodotto  dell'  in- 
dustria è  quella  tipica,  normale  (quindi 
eletta).  Si  adopera  specialmente  nel  com- 
mercio dei  metalli  preziosi  il  cui  prezzo 
viene  appunto  riferito  al  titolo  standard. 
I  Standard.,  riferito  a  cavallo  nel  gergo 
dello  sport.,  vale   cavallo   tipo.,   modello. 

Standard  ofiife:  locuzione  inglese  che 
vale  norma.,  tenore  di  vita.,  tipo  di  vita 
in  una  data  cojidizione  economica  e  so- 
ciale. I  Standard  non  solo  significa  ban- 
diera., stendardo,  ma  la  norma.,  il  tipo., 
la  regola  accettata  e  ammessa  dall'  uso, 
dall'opinione,  dall'autorità  o  da  tutte  que- 
ste forze  insieme.  Così  si  dii'à:  liomer's 
lliad  is  the  standard  of  heroic  poetry. 

Stand  by:  term.  mar.  ingl.  =  finito. 
V.  Ralf. 

Stante:  in  forza  di  preposizione  z=z  per., 
a  cagione  ha  esempi  classici  del  Seicento 
(Dati,  Galileo).  Ciò  però  non  vuol  dire 
che  sia  bello. 

Stanza  di  compensazione:  meglio  che 
camera  di  compensazione.  Istituto  di 
commercio  dove  reciproci  debiti  e  crediti 
si  compensano  e  vengono  estinti  sino  alla 
loro  concorrenza.  Servono  a  risparmiare 
moneta,  della  quale  non  si  fa  uso  che  per 
il  pagamento  della  differenza  dei  debiti. 
Sono  istituti  autonomi,  spesso  dipendenti 
0  collegati  a'  Banchi,  e  ne  usufruisce  solo 
chi  vi  è  abbonato  ed  inscritto.  Gli  inglesi 
dicono  clearing-house.  Al  pari  di  molte 
istituzioni  di  carattere  commerciale,  la 
stanza  di  compensazione  è  cosa  italiana  e 
assai  antica.  Eicorda  la  Stanza  dei  pu- 
blici  pagamenti  in  Livorno,  e  V.  Eomeo 
Bocchi,  Anima  e  corpo  delle  monete.  Le 
stanze  di  compensazione  vennero  di  nuovo 
stabilite  dopo  l'abolizione  del  corso  for- 
zoso (1881). 

Star:  nome  commerciale  di  speciale 
rasoio  americano,  che  permette  di  radersi 
da  sé,  senza  pericolo  di  ledere  la  pelle. 
Star  in  inglese  vale  stella;  suppongo 
quindi  che  nella  mente  americana  —  per 


st» 


463 


Sta 


cui  tutto  ciò  che  è  americano  vince  ogni 
^pera  umana  —  voglia  diro  stella  dei  rasoi. 
Voce  effimera,  non  cara  ai  barbieri. 

Star  del  credere:  voce  del  linguaggio 
commerciale  :  dicesi  anche  semplicemente 
del  credere:  è  quel  compenso  che  dal  com- 
mittente viene  corrisposto  al  commissio- 
nario, quando  questi  garantisce  il  buon 
fine  di  un'operazione  a  credito.  Perciò 
l)uò  dirsi  una  specie  di  premio  di  assi- 
curazione contro  i  rischi  del  credito  :  onde 
la  frase  :  vendere  con  o  senza  lo  star  del 
credere. 

Stare  alla  finestra:  per  estensione  figu- 
rata vale:  stare  a  vedere  quel  che  suc- 
cede; non  pigliar  parte  attiva  ad  un'azione, 
ma  sorvegliarla.  Si  dice  con  speciale  si- 
gnificato, quasi  non  approvando  o  non 
avendo  fede  in  ciò  che  avviene  e  volendo 
giudicare  dagli  effetti. 

Stare  o  essere  su  grande  piede  :  vale 
vivere  largamente  (V.  Piede  di  casa). 
Questa  locuzione  è  fatta  derivare  dalla 
moda  medioevale  delle  scarpe  alla  polena 
{à  la  poulaine).,  cioè  con  la  gran  punta 
all' insù,  introdotta  nella  moda  da  Gof- 
fredo Plantageneto,  conte  d'Angiò  per  oc- 
cultare un'escrescenza  carnosa.  E  siccome 
costui  era  arbitro  delle  eleganze  a  quei 
tempi,  così  venne  imitato  a  gara,  e  quelli 
che  più  erano  ricchi  e  potenti,  più  si 
aiTOgavano  il  diritto  di  portar  lunga  la 
punta. 

Starosta  :  voce  slava  che  vale  anziano., 
cioè  il  capo  o  sindaco  di  un  villaggio. 
Nome  storico,  già  dato  ai  dignitari  polac- 
chi, investiti  con  potere  ereditario  del 
governo  di  una  provincia. 

Star  sul  chi  vive:  V.   Qui  vive? 

Starter:  voce  inglese  dello  sport.  In- 
dica il  giudico  della  partenza  nello  corse. 

State  contenti,  umana  gente,  al  quia: 
verso  di  Dante  (Purg.  Ili,  37),  nel  quale 
si  accenna  alla  verità  rivelata,  oltre  la 
quale  la  ragione  del  credente  non  deve 
andare.  Talora  così  si  dico  per  indicare 
la  sottomissione  alle  coso  quali  esse  sono, 
senza  volere  indagare  la  loro  intima  na- 
tura, escluso  ogni  concetto  metafisico. 

Stateve  buono!  state  bene,  formula  di 
saluto  e  di  commiato  nel  dialetto  napo- 
letano :  detto  anche  estensivamente  quando 


si  tronca  discorso  o  questione  senza  be- 
neficio d'intesa. 

Statizzazione  e  statizzare,  neologismi 
abusivi  del  giornalismo;  valgono  come 
socialìTiKaxione  e  socialixxare.  Non  sono 
tolti,  che  io  sappia,  da  altre  lingue,  ma 
bene  possono  testificare  la  libidine  del 
creare  voci  arbitrarie. 

Stato  d'anima:  formula  nuova  di  cosa 
antica,  tolta  dal  neologismo  francese  état 
d'dme.  V.  Paolo  Bourget,  Essais  de  psy- 
chologie  contemporaine.^  pag.  12.  V.  Le 
disciple^  pag.   168. 

Stato  d'assedio:  è  propriamente  il  reg- 
gimento politico  a  base  di  anormali,  se- 
vere e  immediate  leggi  militari,  quali 
sogliono  promulgarsi  nelle  città  assediate: 
sostituzione  di  leggi  militari  alle  leggi  civili 
che  un  governo  impone  in  circostanze  anor- 
mali. Dicesi  anche,  nel  parlar  familiare, 
di  transitorie  disposizioni  di  custodia  e  sor- 
veglianza. Dal  francese,  état  de  siege. 

Stato  di  Milano:  antica  determinazione 
storica,  risorta  al  tempo  dei  tumulti  del 
1898,  per  significare  una  tendenza  sepa- 
ratista ed  autonoma  :  indi  fu  ripetuto  per 
dileggio. 

Stato  interessante  (in)  :  V.  Interesse. 

Statolatra  :  voce  di  ibrida  formazione, 
da  Stato  e  Àargsia  =  culto,  adorazione, 
(Cfr.  l'antica  voce  latria  e  idolatria).,  dun- 
que alla  lettera  vale  adoratore  dello  Siato. 
Questo  neologismo  è  d'uso  nel  linguaggio 
politico  per  indicare  persona  la  quale 
nutre  somma  opinione  e  fede  nell'azione 
diretta  dell'ente  Stato.  Statolatra  può  es- 
sere tanto  il  conservatore  come  il  socialista, 
ma  più  comunemente  si  dice  di  quei  so- 
cialisti che  vedono  salute  di  riforme  sol- 
tanto nell'azione  del  Governo.  Socialisti  di 
Stato. 

Statolder:  {stadhouder)  voce  olandese 
che  vale  capo.,  governatore  dell'antica  re- 
publica  d'Olanda. 

Stato  maggiore:  corpo  di  utììciali  che 
prosiedo  all'ordinamento  e  agli  approvi- 
gionamonti  dell'esercito.  Tanto  il  nome  co- 
me l'istituto  militare  sono  di  provenienza 
francese  (Etat  major).  Dicesi  por  ostou- 
aiono  stato  maggiore  por  indicare  *  capi., 
i  maggiorenti  di  un  paitito;  ma  non  si 
direbbe  senza  intenzione  di   lieve  ironia. 


sta 


464 


Sti 


Stati!  quo:  lat.,  lo  stato^  cioè  le  condi- 
zioni in  cui  sono  (o  erano)  le  cose  :  nota 
locuzione  usata  specialmente  nel  linguag- 
gio diplomatico.  Es.  conservare  lo  statu 
quo^  i  fautori  dello  statu  quo. 

Stayer:  voce  ingl.  dello  sport.  Yale 
resistente^  e  si  dice  di  quel  corridore  che 
ha  fatto  prova  di  resistenza  su  lungo  per- 
corso. Noi  diremmo  di  fondo. 

Stazionare  :  neologismo  «  non  bello  » 
(Rigatini)  essere  di  stazione.  Per  essere., 
abitare.,  esser  di  presidio.,  non  mi  pare 
che  s'usi  molto,  come  appuntano  i  puristi; 
ma  sì  bene  nel  senso  di  restar  ferino  in 
dato  luogo  per  impegno  od  ufficio,  o  per 
deliberato  proposito  (fr.  stationner). 

Stazionarietà:  neologismo,  V essere  sta- 
zionario., non  andare  ne  avanti  ne  in- 
dietro. Uno  dei  tanti  astratti  di  cui  usa 
ed  abusa  l'italiano  moderno. 

Stazionario  :  fr.  stationnaire.,  è  detta 
quella  nave  da  guerra  che,  allo  scopo  di 
pulizia  0  di  protezione,  è  di  stazione  in 
qualche  porto  straniero. 

Stazione  di  salvataggio  :  term.  mar., 
luogo  di  costa  provveduto  di  barche  di 
salvamento  e  di  opportuni  attrezzi,  da  cui 
si  accorre  per  salvare  naufraghi.  V.  Sal- 
vataggio e  Life-hoat. 

Stazione  di  smistamento  :  V.  Smistare, 

Stazione  di  testa  o  di  regresso  :  (dicono 
anche  di  testata),  si  chiamano  quelle  sta- 
zioni che  non  hanno  prosecuzione,  edi  treni 
devono  tornare  indietro.  Tali  stazioni, 
come  quella  di  Eoma  ad  esempio,  per- 
mettono ai  treni  di  penetrare  nell'interno 
della  città,  il  che  non  avviene  con  le  sta- 
zioni dette  di  passaggio. 

Stazza:  term.  mar.:  misura  di  capacità 
interna  dello  scafo  delle  navi,  riferita  alla 
tonnellata  di  stazza.,  la  quale  è  un  volume 
di  metri  cubi  2.831685  pari  a  100  piedi 
cubi  inglesi.  Distinguesi  stazza  lorda  da 
stazza  netta:  stazza  lorda  indica  l'in- 
tera capacità  della  nave,  stazza  netta  è 
quella  dedotta  sottraendo  quelle  parti  di 
bordo  clie,  servendo  ad  altri  uffici,  non 
possono  essere  usate  per  stivare  merci. 
Der.  stazzare,  stazzatura,  stazzatore  (pe- 
rito). PerTetim.,  Gh\  stazzo., stanza:,  stare. 

Stazzare,  stazzatura,  stazzatore  :  V. 
Stazza. 


Steamer  :  voce  inglese,  accolta  anche 
nel  francese  moderno  :  nave  a  vapore^ 
(Ingl.  steam  ==  vapore). 

Stearina:  nome  dato  tanto  all'  acido 
stearico  (candele  di  stearina)  come  a  quel 
componente  di  ogni  corpo  grasso  che  è 
l'etere  glicerico  dell'acido  stearico. 

Steatite:  nota  specie  di  minerale  (sili- 
cato idrato  di  magnesia),  usato  per  segnare 
le  stoffe,  scrivere  su  le  lavagne,  etc. 
{oTearirrjs). 

Steeple-chase  :  voce  inglese  dello  sport; 
indica  una  corsa  con  ostacoli  artificiali, 
su  terreno  piano.  In  origine  era  su  terreno 
libero,  e  serviva  come  esercizio  a'  cava- 
lieri e  cavalli  per  la  caccia  della  volpe  : 
nominavasi  con  tale  nome  {eorsa  al  cam- 
panile) perchè  i  cavalieri,  designato  un 
campanile,  quivi  accorrevano  da  ogni  parte, 
affrontando  gli  impedimenti  del  suolo.  In 
certo  nostro  linguaggio  giornalistico  e 
mondano  dicesi  steeplechase  in  senso  figu- 
rato per  indicare  gara  con  ostacoli.,  con- 
corso., fare  a  chi  arriva  prima.,  etc. 

Stellage:  parola  tedesca  con  desinenza 
francese  (Y.  Kluge.,  op.  cit.).,  usata  nel 
linguaggio  di  Borsa:  indica  un  contratto 
col  quale,  mediante  il  pagamento  di  un 
premio  convenuto,  si  ha  la  facoltà  di  con- 
segnare al  contraente  o  di  ritirare  dallo 
stesso  ed  ai  medesimi  prezzi  una  data 
quantità  di  titoli.  Più  comunemente  da  noi 
dicesi  opzione. 

Stelloncino:  nel  gergo  giornalistico  vale 
press'a  poco  come  trafiletto:  questo,  breve 
scritto  tra  due  linee  ;  quello,  tra  stelle  o 
asterischi. 

Stenòsi:  term.  med.,  (orevó^,  stretto) 
restringimetito.  Es.  stenosi  del  piloro. 

Stetoscòpio  :  nome  di  istrumento  medico 
usato  nelle  diagnosi  per  fare  l'ascoltazione 
diretta  :  inventato  dal  medico  Eenato  Laén- 
nec  (1781-1826),  Lo  stetoscopio  è  un  tubo 
di  legno  o  di  metallo,  che  si  usa  come 
una  tromba  acustica,  applicando  su  la  re- 
gione da  ascoltare  la  parte  foggiata  a  cono, 
mentre  su  l'altra,  appiattita  (padiglione), 
si  adatta  l'orecchio  dell'esaminatore.  (Dal 
greco  otfjdos  =  petto  e  okottelv  =:  esami- 
nare). Si  dice  che  questo  istrumento  sia 
stato  suggerito  al  Laènnec  dalla  riluttanza 
di  una  dama  a  farsi  porre  l'orecchio   sul 


8te 


465    — . 


Sto 


petto  ;  perciò  valendosi  di  un  cartoccio  di 
carta,  notò  che  i  suoni  acquistavano  rin- 
forzo di  tonalità. 

Sterilizzazione  :  (fi",  stérìlisation)^  ter- 
mine di  medicina  e  di  fisica,  vale  rendere 
sterile^  nel  senso  di  privare  un  oggetto 
qualsiasi  dei  germi  che  può  contenere: 
ciò  si  ottiene  comunemente  per  calore 
secco  od  umido  o  per  antisepsi.  Derivati: 
sterilixxare,  sterilizzatore . 

Stiffelius  :  chiamano  i  sarti  l'abito  ma- 
schilo  chiuso  od  a  vita,  solitamente  di 
cerimonia,  detto  anche  prefettizia.  V.  Re- 
dingote. Più  ampiamente  vedi  alla  parola 
Vestito.  Questo  effimero  Stiffelius  è  no- 
tato nel  Petrocchi  :  deve  essere  da  un  nome 
proprio. 

Stigmatizzare:  neologismo  ripreso  dai 
puristi  por  censurare.^  biasiìnar e:  dal  fr. 
stigmatiser .,  figuratamente  =  imprimer 
le  cachet  de  la  honte.,  du  déshonneur. 
Cfr.  il  nostro  verbo  bollare. 

Stilare:  per  stendere,  detto  di  scritture., 
è  voce  curiale,  ripresa  dai  puristi. 

Stilata:  serie  di  colonne,  solitamente 
metalliche,  che  servono  di  sostegno  ai 
ponti  (voce  del  linguaggio  tecnico).  Dal 
greco  arvÀog  =  colonna,  pilastro. 

Stile  :  nel  linguaggio  delle  -corse,  fa- 
cendo nostra  l'estensione  che  gli  inglesi 
diedero  alla  parola  style  (lat.  stilus)  in- 
dica r  amidatura,  il  garbo  che  hanno  i 
cavalli  nel  correre.  «  Il  tal  cavallo  ha 
vinto  in  buon  stile!».  Anima  del  mar- 
chese Basilio  Puoti  come  placarti? 

Stilista:  è  notato  nei  diz.  moderni  e 
vale  chi  sa  maneggiare  lo  stile:  vero  è 
che  secondo  le  odierne  tendenze  estetiche, 
stilista  è  detto  specialmente  quello  scrit- 
tore che  tiene  sommo  conto  dogli  effetti  dello 
stile  ;  come  appunto  in  francese,  styliste., 
ingl.  stylist;  écrivain  qui  ne  s'occupe  que 
de  la  forme.  Lat.  stilus  =  modus  dicendi., 
et  .'icribendi. 

Stilistica:  per  retorica.,  insegnamento 
{[(AV  Arte  del  dire.,  è  nool.  ripreso  dai  pu- 
risti (V.  Fanfani,  op.  cit.).  Voce  frequente 
pur  nello  scuole,  anzi  nelle  scuole  I  In  fran- 
cese è  'A^\i\xiìio8tylistique.imìng\.styUstìc. 
Stilistica  è  voce  accolta  dal  Petrocchi. 

Stinta:  attributo  dell'anacoreta  siriaco 
S.  Simone  (V  soc.)  ohe  visse  assai  tempo 


sopra  una  colonna  (stilus,  o  stylus  in  la- 
tino; orvÀog,  in  greco  =  colonna,  pilastro). 
Ricorre  talora  questa  voce  per  indicare 
«  immobilità  morale  »  o  concetti  simili. 

Stilizzare:  neol.,  si  dice  quando  un 
artista,  una  scuola  artistica,  prendendo 
elementi  dal  vero,  li  trasforma  in  un  tipo 
armonico,  elegante,  concreto  che  viene 
poi  seguito  e  diventa  norma. 

Stilobate:  termine  architettonico (orv/lo 
^àTì]s):  piattaforma  a  gradinate  che  for- 
mava la  base  ornativa  degli  edifici  classici 
(greci  e  romani). 

Stimata:  gr.  orly/ua  =.  impronta,  ingl. 
e  ted.  Stigma,  fr.  stigmate,  in  medicina 
vale  impronta  lasciata  da  qualche  processo 
morboso,  ad  es.  stimate  del  vainolo  ;  sti- 
mate degenerative,  sono  impronte  che  si 
accompagnano  talora  ad  alterazioni  dei 
processi  psichici  (perversione  sessuale, 
anomalia  della  voce,  strabismo,  infanti- 
lismo, insensibilità,  assimetria  corporea, 
ritardo  nello  sviluppo,  etc). 

Stipsi  :  variante  di  stitichezza,  usata 
dai  medici. 

Stiracalzoni  :  istrumento  usato  per  te- 
nere tesi  i  calzoni  e  togliere  le  pieghe. 

Stivaggio:  term.  mar.,  l'arte  e  l'eser- 
cizio dello  stivare  o  stipare,  cioè  di  col- 
locare convenientemente  nella  stiva  le 
merci  del  carico  o  la  zavorra. 

Stivatore:  term.  mar.,  persona  pratica 
ed  abile  nello  stivare  bene  un  carico  di 
merci  :  ufficio  importante  per  la  buona 
navigazione  della  nave  ! 

Stoccata  :  è  il  colpo  diritto  nella  scherma, 
quindi  nel  parlar  familiare,  quasi  il  colpo 
al  portafogli,  cioè  richiesta  importuna  di 
danaro,  e  si  intende  comunemente  da 
persona  di  poco  credito  e  abituata  ad  im- 
portunare in  simile  modo  la  gente.  Anche 
la  locuzione  parare  una  stoccata,  per 
ricusare  di  dar  denaro,  è  tolta  dal  lin- 
guaggio della  scherma. 

Stock  :  parola  inglese  del  linguaggio 
commerciale,  usata  anche  in  francese,  ed 
indica  provvista,  cioè  la  quantità  di  mer- 
canzia 0  di  denaro  che  si  trova  in  un  dato 
mercato,  in  un  negozio,  in  un  magazzino, 
pronta  per  lo  scambio.  Udii  dire  stock^  por 
facezia  o  scherno,  in  scuso  esteso  o  figu- 
rato. [Stock  propr.  =  ceppo). 


A.  Fanzini,  Supplemento  ai  Dixionan  italiani 


80 


sto 


466     — 


Str 


Stock-fish  :  termine  inglese,  univer- 
salmente noto  in  commercio,  che  vuol  dire 
pesce  bastone;  non  è  termine  zoologico, 
ma  si  riferisce  alla  forma  che  assume  il 
merluzzo  (Y.  Merlano)  secco  e  salato,  di 
cui  è  gran  pesca  nei  mari  del  Settentrione 
e  nei  banchi  di  Terranova  in  ispecie,  e 
gran  commercio:  è  il  manzo  dei  poveri. 
Lo  stock-fish^  da  noi  è  detto  popolar- 
mente stoccoflsso  0  stoccafisso^  «vocabolo 
ridicolo  »,  nota  il  Fanfani,  pur  essendo 
costretto  a  fargli  buon  viso.  Forza  dell'uso  ! 

Stomaco  :  al  plurale  fa  stomachi  e  non 
stomaci^  come  accade  di  udire  nell'Alta 
Italia.  Del  resto  la  tendenza  dialettale  è 
di  far  forte  il  plurale  dei  nomi  che  al  sing. 
escono  in  co  e  ^o.  |  Stomaco  (stòmegh) 
per  seno^  mammelle^  usa  talora  anche 
la  gente  non  volgare  a  Milano  ;  e  invero 
quella  ammirabile  parte  del  corpo  mulie- 
bre chiamata  col  nome  del  triste  sacco, 
fa  brutto  effetto  ad  udire,  specie  per  chi 
non  ci  è  usato. 

Stomatite  :  dal  gr.  oròjua  =  bocca 
ed  il  suffisso  ite.  Nome  generico  che  i 
medici  danno  alle  infiammazioni  della  mu- 
cosa della  bocca. 

Stop:'term.  mar.  inglese  di  comando 
=  ferma.  V.  Half.  Lo  registra  anche  il 
Guglielmotti.  Stop  per  halte  (ferma),  è 
«  anglomania  »  del  nuovo  francese,  e  per 
questa  via  entrò  anche  da  noi. 

Store:  nei  cataloghi  trovo  frequente 
questa  parola  francese,  che  vuol  dire 
stuoia.,  storino.,  dal  latino  storca.  Vedi 
quanto  è  detto  alla  parola  manteau. 

Storm-wave:  letteralmente  in  inglese 
tempesta  di  onde;  in  italiano,  colpo  di 
mare. 

Stornare  e  storno  :  «  voci  proprie  del 
linguaggio  dei  computisti.  Stornare  vuol 
dire  girare  una  partita  da  un  conto  ad 
un  altro,  o  più  propriamente  eliminare 
una  registrazione  mediante  un'altra  regi- 
strazione in  senso  inverso.  Da  ciò  il  so- 
stantivo storno  e  la  frase  articolo  o  re- 
gistrazione di  storno.  Stornare  fondi  in 
materia  finanziaria,  significa  erogare  som- 
me stanziate  per  un  titolo  a  scopi  diversi, 
cioè  per  altro  titolo».  (C.  Bellini). 

Storiare  :  brutto  idiotismo  lombardo 
{storta)  invece  di  storcere. 


Stradivàrio:  agg.  di  violino  ed  anche 
sost.;  dal  nome  di  Antonio  Stradivari, 
cremonese,  celeberrimo  liutaio,  n.  nel  1644, 
m.  nel  1736.  Cfr.  A.  Mandelli,  Nuove  in- 
dagini su  A.  S.,  Editore  U.  Hoepli,  1903. 

Strafottente  :  voce  volgare,  mal  tradu- 
cibile :  dicesi  di  chi  sente  e  specialmente 
ostenta  dispregio  per  usi,  convenienze, 
persone  etc.  È  un  rafforzativo  (extra)  di 
fottere. 

Straglio  o  strallo:  verbale  di  staggere., 
voce  marinaresca:  affinchè  l'alberatura 
delle  navi  resti  salda  al  movimento  del 
mare  ed  allo  sforzo  che  il  vento  eser- 
cita sa  le  vele,  fa  mestieri  che  ogni 
albero  abbia  almeno  tre  sostegni:  uno 
di  prora  cui  si  dà  nome  di  straglio., 
e  due  laterali  e  poppieri  che  prendono 
nome  di  sartie.  Per  estensione,  ciascuna 
delle  vele  auriche  o  triangolari  che,  alla 
occorrenza,  si  attrezzano  su  lo  straglio. 
Vele  di  straglio. 

Stramonio  o  noce  spinosa  (Datura  Stra- 
monium)  :  pianta  solanacea  (annua  e  co- 
mune dei  luoghi  incolti)  le  cui  foglie  ed 
i  cui  semi  sono  narcotici.  Se  ne  fanno 
sigarette  per  chi  soffre  di  asma. 

Straordinario:  grado  accademico  nelle 
Università.  Secondo  la  legge  fondamentale 
della  P.  Istruzione  del  1859,  del  Casati,  il 
professore  straordinario  era  provvisorio 
(Capo  lY,  Leggi  e  Eegolamenti  sull'I. 
S.)  aumentando  poi  le  cattedre,  diventò 
grado  stabile,  benché  la  nomina  sia  an- 
nuale. 

Straorzare:  term.  mar.,  venire  repen- 
tinamente all'orza,  o  per  effetto  del  timone, 
0  per  effetto  del  vento,  ma  sopratutto  del 
mare.  Straor%,ata.,  mossa  repentina  del 
bastimento  che  volge  la  prua  all'orza, 
segnatamente  quando  corre  a  discrezione. 
Si  dice  anche  guizzata.  Straorzare.,  da 
stra  (lat.  extra)  indicante  eccesso,  ed  or- 
zare. Dicesi  anche  intransitivamente,  la 
nave  straorza. 

Strappo  :  nel  senso  di  infrazione.,  come 
strappo  al  contratto.,  strappo  ai  regola- 
menti, etc,  è  d'uso  comune,  non  notato 
nei  dizionari. 

Strato  sociale:  =  ceto.,  casta  sociale 
(dal  linguaggio  dei  geologi). 

Stremi,  stremii,  stremizzi:  per  impaur- 


Str 


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Str 


rire^  impaurito,  paura,  rimescolamento^ 
spavento  :  voci  dialettali  milanesi.  Cfr.  le 
voci  toscane  striminxire ,  strimixxire^ 
stremenxire  =i  rendere  stentato. 

Street:  ingl.,  strada  (lat.  via  strata^ 
da  stèrnere).  Cfr.  il  tedesco  strasse. 

Streptococco:  (da  orenTÓg  =  attorto 
e  KÓKKOS,  coccus  =  bacca,  grano),  nome 
generico  dato  ai  bacilli  di  forma  rotonda, 
i  cui  elementi  si  raggruppano  in  figura 
di  catena.  Ve  ne  sono  di  diverse  varietà, 
generatrici  di  mali  (patogeni). 

Strillone:  il  venditore  che  grida  il 
giornale  per  le  vie. 

Strofantina:  V.  Strofanto. 

Strofanto  :  strophanthus  ìiispida^  pian- 
ta sarmentosa  (liana)  delle  coste  della 
Guinea.  Dai  semi  dello  strofanto  per  mezzo 
di  tintura  (estratto),  si  toglie  un  principio 
attivo  (strofantina).,  usato  in  medicina 
come  eccitatore  dei  moti  cardiaci. 

Strollare:  voce  dell'arte  muraria  in 
Lombardia,  vale  spruxxare.  Operazione 
che  viene  eseguita  dall'imbianchino  col 
pennello  per  macchiare  di  punti  una  su- 
perfìcie a  tinta  unita  e  darvi  così  l'appa- 
renza di  una  pietra  come  il  granito. 

Stroma:  (gr.  orgcjjua  =  tappeto,  giaci- 
glio, strame):  nome  dato  in  istologia  alla 
trama  di  un  tessuto  :  essa  è  formata  ge- 
neralmente di  tessuto  connettivo  le  cui 
maglie  sostengono  le  cellule  e  le  forma- 
zioni cellulari. 

Stroncare:  dicesi  talora  nel  linguaggio 
letterario  di  critica  fredda  e  spietata  così 
da  uccidere  (obtruncare)  un'  opera  nel 
nascere. 

Strozzare  :  nel  giuoco  della  briscola, 
dicesi  quando  con  una  carta  maggiore  si 
supera  quella  dell'avversario. 

Strozzinaggio  :  l'arte  dello  stroxzino^ 
volgarmente  od  efficacemente  detto  per 
usuraio.,  quasi  che  stroxxa.,  avendo  messo 
la  corda  della  sua  legge  al  collo  dell'in- 
felice che  dovette  ricorrere  a  lui  per 
denaro.  In  dialetto  romanesco  lo  stiozzino 
è  detto  corvattaro.,  cioè  fabbricatore  di 
cravatte.  K  la  stessa  metafora  popolare. 

Strudel  :  in  tedesco  =  vortice.,  gorgo:  è 
da  noi  usato  questo  vocabolo  per  indicare 
una  specie  di  dolce  tedesco,  fatto  di  sfoglia 
con  latto  0  uova  ;  lievitata  e  cosparsa  di 


fette  di  mole,  uva  di  Corinto,  cannella, 
cedro,  burro,  etc,  indi  avvolta  su  se 
stessa  in  forma  di  budello  o  serpentaccio, 
e  cotto  al  forno. 

Struggle  for  existence:  famosa  locu- 
zione inglese,  usata  anche  da  noi  e  al- 
ternata con  la  nostrana  lotta  per  l'esi- 
stenxa  o  per  la  vita  e  con  l'altra  inglese 
—  ma  che  non  trovo  in  inglese,  bensì 
nel  nuovo  francese  —  struggle  for  life. 
Questa  locuzione  ha  due  significati  affini  : 
lotta  per  procacciarsi  i  mexxi  di  sussi- 
stenxa  fra  gli  animali,  quando  essi  ec- 
cedono per  numero  (Malthus)  :  sopravi- 
venxa  degli  organismi  più  adatti  alla 
lotta  per  la  vita  a  danno  dei  meno  adatti 
(Darwin).  Questo  secondo  concetto  nella 
recente  teoria  dell'evoluzione  per  effetto 
di  selezione  naturale  è  considerato  come 
massimo  coefficente  nel  modificare  la  spe- 
cie. Alla  divina  bontà  ed  alla  purità  di 
cuore,  in  questa  lotta  quale  ufficio  è  as- 
segnato? Cristo  le  ha  promesso,  come 
sicuro,  il  regno  dei  cieli.  Certo 

se  Cristo  ha  burlato,  oh  povero  me! 
E.  Praga,  Notte  dì  Carnevale  in  Penombre. 

Leggi  e  confronta  questa  bellissima  para- 
bola di  Efraimo  Lessino  :  «  La  pecora. 
La  pecora,  angariata  dagli  altri  animali, 
venne  a  lagnarsene  al  trono  di  Dio,  e  a 
pregarlo  di  sollevarla  un  po'  dalla  sua 
miseria.  Dio  l'ascoltò  benevolmente.  «Ve- 
do »  le  disse  «  povera  creatura,  che  avrei 
dovuto  armare  anche  te;  ma  vediamo 
se  c'è  ora  qualche  rimedio.  Scegli.  Vuoi 
che  guarnisca  la  tua  bocca  di  zanne  o  i 
tuoi  piedi  di  grinfie  ?  »  «  Oh  I  no  »  disse 
la  pecora  :  «  non  voglio  essere  un  animale 
di  rapina  ».  «  Bene  :  vuoi  che  metta  del 
veleno  nella  tua  saliva?  »  «  Oh  1  no:  es- 
sere come  una  vipera?  »  «  0  allora?  Darò 
forza  al  tuo  collo  e  porrò  duo  corna  sulla 
tua  fronte  ?  »  «  Oh  I  no  :  ho  paura  che  mi 
metterei  a  cozzare  ».  «  Però,  se  vuoi  che 
gli  altri  non  ti  nocciano,  bisogna  pur  cho 
tu  sia  in  grado  di  nuocerò  agli  altri!  ». 
«  Io,  nuocere?  E  allora,  padre,  lasciami 
come  sono  »  disse  la  pecora  con  un  so- 
spiro: «  potendo,  tomo  ohe  vorrei.  Ebbene, 
è  moglie  patirlo  il  male,  ohe  farlo  ».  Dio 
bonedì  la  pecora   pacifica.  E  il  figlio  dì 


Str 


468 


Sub 


Dio  la  pose  per  esempio  nelle  sue  para- 
bole ».  In  fine,  quanto  alle  lotte  e  alle 
difese  degli  animali  per  la  vita,  rileggi 
Tantica  sapienza,  quale  ad  esempio  ri- 
fulge nel  Protagora  di  Platone.  Gap.  XI, 
etc.  Ma  dopo  tante  osservazioni  filosofiche 
gioverà  un'osservazione  ancor  più  filoso- 
fica, ed  è  che  nell'  uso  si  dice  struggle 
for  life  per  indicare  che  non  si  bada  a 
mezX'i^  che  è  dritto  passar  su  tutto  pur 
di  riuscire.  Tale  senso  è  anche  nel  fran- 
cese moderno. 

Strusciare  :  voce  vernacola  romagnola, 
sciupare.,  consumare.,  sperperare  {stru- 
scio in  romanesco  :=  spreco).  Cfr.  in  mi- 
lanese i  verbi  :  strasà  e  strusa. 

Stud-book  (ingl.,  libro  della  razza  e- 
quina)  :  E  il  libro  d'oro  dei  cavalli  di  puro 
sangue.  Il  primo  stud-book,  come  criterio 
genealogico,  risale  al  1791.  In  Italia  lo 
Stud-book  fu  instituito  per  proposta  del 
comm.  L.  Gregori  al  Consiglio  d' Agri- 
coltura, e  il  primo  volume  fu  edito  dal 
Ministero  dell'Agricoltura  nel  1880.  NB. 
Se  il  lettore  di  questo  dizionario  ha  di- 
sposizione per  la  filosofia  comparata,  non 
mancherà  certo  di  notare  per  conto  pro- 
prio questa  bizzarra  coincidenza,  cioè  che 
quasi  nel  tempo  stesso  in  cui  per  effetto 
della  rivoluzione  di  Francia  si  distrug- 
geva il  libro  d'oro  degli  uomini,  si  istituiva 
quello  per  le  bestie. 

Stultum  est  dicere  «putabam»:  lat., 
è  cosa  da  stolto  dire  «  io  credeva  ».  Nel 
giustificarsi  di  qualche  errore  il  verbo 
«  credere  »  entra  come  massimo  coefìi- 
cente,  o  per  diritto  o  a  torto,  ^onde  il 
motto,  cioè  «non  è  buona  ragione  »  quindi 
«  è  da  stolto  ».  Locuzione  già  frequente 
nelle  scuole. 

Stupefacente:  nell'abuso  che  si  fa  di 
questa  parola,  ricorda  ai  puristi  il  fr. 
stupéfiant. 

Suaviter  in  modo,  fortiter  in  re  :  va- 
riazione del  motto  :  fortiter  Ì7i  re.,  suavi- 
ter iìi  modo.  V.  questo  paragrafo. 

Subingresso:  voce  del  gergo  giuridico 
che  vale  sottentrare.,  succedere  nei  diritti 
di  un  altro. 

Subire:  lat.  sub  ire  =  sottoporsi, 
assoggettarsi  di  buona  o  mala  voglia  a 
ciò    che    è    prescritto.    Presso   i  francesi 


subire  è  usato  in  senso  estensivo  come 
subire  un  ehangemeìit  =:  étre  changé., 
modifié;  subire  un  examen  =  le  passer., 
etc.  Tale  estensione  è  accolta  nell'italiano 
dell'uso,  invece  di  soffrire.,  patire^  fare., 
essere.,  etc.  È  riprovata  dai  puristi. 

Sub  iudice:  vale,  dubbio.,  incerto.,  in- 
deciso e  dicesi  di  questioni,  opinioni,  etc, 
Yedi  al  motto  Adhuc  sub  iudice  lis  est. 

Sub  Jove:  lett.  sotto  Giove  (Giove  vale 
etimologicamente  il  Cielo)  quindi  a  del 
sereno.,  à  la  belle  étoile.,  come  dicono  i 
francesi,  ai  quali  non  è  ignota  la  locu- 
zione latina. 

Man  et  sub  love  frigido 
Venator,  tenerae  coniugis  immemor, 

Orazio,  Odi,  lib.  I,  I,  25,  26. 

Sublunare  (mondo):  dicesi  facetamente 
per  indicare  il  nostro  mondo.,  la  Giostra 
umana  vita:  limitazione  dedotta  dall'an- 
tica opinione  astronomica  del  cielo  della 
luna  che  comprende  la  terra. 

Che  tutto  l'oro  che  è  sotto  la  Luna. 
Dante,  Inf. 

Subordinatamente:  avv.  in  modo  .su- 
bordinato. L'uso  di  questo  avverbio,  spe- 
cie nel  linguaggio  degli  uffici,  ricorda  ai 
puristi  il  subordonnément.,  francese.  Modi 
più  agili  e  nostri  sono:  sempre  che  ella 
approvi.,  accetti  ;  rifuettendomi  al  suo 
giudizio.,  direi.,  etc.  ;  umilmente  mi  fo 
a  notare.,  etc.  Ma  una  delle  ragioni  del- 
l'uso de'  modi  alla  francese  è  l'unità  e 
la  facilità  efficace  dell'espressione,  pur 
andando  contro  le  tenui  leggi  della  grazia 
e  dell'estetica. 

Subsannare:  latinismo  subsannare^  bef- 
feggiare, quasi  sanna  irrideo.,  cioè  scher- 
nisco facendo  boccacce:  ridere  mefisto- 
felicamente. Questo  antico  verbo  fu  rin- 
novato in  questo  ultimo  senso  dal  Carducci 
nella  sua  grande  ode  a  La  Chiesa  di 
Polenta.,  e  dichiarato  con  nota: 

di  dietro  al  battistero  un  fulvo 
picciol  cornuto  diavolo  guardava 
e  subsannava. 

Il  Tommaseo  registra  sossannare. 

Suburra:  lat.  Subura.  Nome  storico 
di  una  strada  dell'  antica  Roma  (tra  il 
Celio  e  l'Esquilino.  V.  Livio,  3,  13,  2), 
con  mercato  di  ortaggi,  taverne,  postri- 
boli :  quartiere  di  mala  fama:  vive  questa 


Mie 


—    469    — 


Sug 


antica  voce  per  indicare  in  modo  non 
sconvenevole  il  quartiere  o  la  via  della 
città  ove  sono  i  postriboli. 

Successful-man:  locuzione  inglese  che 
vaio  alla  lettera  :  uomo  pieno  di  buon  suc- 
cesso^ cioè  in  cui  valore  e  specialmente 
fortuna  s'adoprano  alla  riuscita  ed  alla 
conquista:  tali  -  fra  noi  -  il  Marconi,  il 
d'Annunzio,  il  Mascagni. 

Successo:  usato  da  solo,  cioè  senza 
determinazione  di  aggettivo  (buono  o  cat- 
tivo), è  parola  discussa  a  lungo  e  ripresa 
dai  puristi  come  senso  ed  uso  di  prove- 
nienza francese.  La  sancisce  l'uso.  Vedi 
Insuccesso. 

Succhiare:  V.  Succhione. 

Succhione  :  da  succhiare.,  è  propriamente 
il  ramo  rimessiticcio  ed  ingordo  che  il 
buon  agricoltore  recide  a  benefizio  dell'al- 
bero ;  è  detto  anche  hastardone  o  poppa- 
ione.  Con  senso  neologico  ed  esteso  fu 
usato  il  vocabolo  succhione  in  una  re- 
cente relazione  su  la  Marina  dell'  On. 
Eandaccio  :  fu  divulgata  da  E.  Ferri,  de- 
putato socialista,  sul  giornale  V Avanti 
(1904)  :  vale  come  mignatta.,  vibrione, 
sanciuisuga  o  parassita  del  publico  san- 
gue (denaro).  Può  benissimo  in  questo 
senso  balzar  di  seggio  la  parola  francese 
piovra.  Cfr.  Piccioletti  ladruncoli  ba- 
stardi^ Salvataggio.,  Necesse  est  ut  scan- 
dala  eveniant.^  Rifare  la  verginità.,  De- 
plorato., etc,  né  si  dimentichi  di  porre 
mente  alla  ricchezza  —  sia  pure  effimera 
—  di  queste  voci.  Filosofia  delle  parole! 

Succubi:  V.  Incubi. 

Suède  :  fr.  Svezia.  Nel  linguaggio  della 
moda  è  voce  non  infrequente  come  attri- 
buto di  guanti.  Es.  guanti  Suède.,  invece 
che  dire,  di  Svezia  o  svedesi.  V,  Man- 
teau. 

Suffìcenza:  nel  senso  di  albagia.,  boria, 
sicumera.,  è  il  fr.  suffisaìice;  eppure  parve 
voce  efficace  al  Carducci  che  l'usò  :  «  Asper 
con  quella  mutria  con  quella  suffìcenxa 
con  quel  sussiego  che  in  Italia  è  di  trop- 
pi.... ».  G.  Carducci,  Asprexxe  e  Barbie- 
rie. Ricordo  eziandio  che  il  D'Azeglio 
{Ettore  Fieramosca^  XII),  usando  la  pa- 
rola sufflsant.,  osserva  che  a  definire 
questo  concotto  «  gli  Italiani  mancano 
forse  di  vocabolo  adattato  ». 


Sufficit:  lat.,  basta:  quantum  sufficit 

0  quantum  satis  è  termine  dell'antica 
farmacopea,  quanto  basta.,  e  spesso  si  dice 
per  giuoco  e  in  vario  senso. 

Suffìsance:  V.  Sufficienza. 

Suffisso  :  dal  lat.  sub  =  sotto.,  dopo  e 
fixus  =  fisso.,  messo.,  infisso  (e  così  pre- 
fisso da  po'ae  prima.,  avanti).  I  prefissi 
ed  i  suffissi  sono  brevi  parolette  le  quali 
messe  prima  e  dopo  voce  radicale,  e- 
sprimente  l'idea,  il  concetto,  servono  a 
mettere  in  movimento,  per  così  dire,  que- 
sta idea  0  concetto,  lo  plasmano,  lo  mo- 
dificano, lo  moltiplicano,  lo  adattano  agli 
infiniti  bisogni  del  pensiero  e  del  discorso, 
formano,  cioè,  le  molte  parole  che  si  di- 
partono da  un  solo  concetto,  come  le 
branche  e  le    rame    da    un    solo    tronco. 

1  prefissi  ed  i  suffissi  non  esprimono  l'es- 
sere, ma  uno  special  modo  di  essere. 
Es.  ateismo;  a  prefisso  greco  (a)  con  va- 
lore privativo  e  negativo,  teo  =  dio  {Tdeóg) 
e  ismo  suffisso,  esprimente  un  modo  di 
essere  astratto.  Alcuni  suffissi  raggrup- 
pano, schierano  sotto  una  data  bandiera, 
concetti  differenti,  e  ciò  specialmente  ha 
valore  por  le  voci  scientifiche  e  filoso- 
fiche. Cfr.  i  suffissi  oide.,  ite,  l'usatissimo 
ismo.,  il  suffisso  ina  esprimente  gli  al- 
caloidi, come  Tnorfìna^  caffeina.,  etc.  Con- 
fronta del  pari  i  suffissi  come  atito  (gr. 
avróg.,  ingl.  self).  Molti  prefissi  e  suffissi 
sono  comuni  ai  vari  linguaggi.  Mirabile 
meccanismo  delle  parole  I 

Suggestionabilità:  attitudine  ad  essere 
eccitato  da  un'idea  altrui,  accolta  nel 
cervello,  e  ad  eseguirla. 

Suggestione:  dal  lat.  sub  e  gero  = 
porto  :  atto  per  cui  un'idea  è  introdotta 
nel  cervello  altrui  ed  accolta.  Voce  usata 
in  psicologia  ed  in  filosofia  e  quindi  nel 
linguaggio  comune,  ^qv  influsso.,  efficacia, 
azione  che  persone  e  cose  operano  su  noi 
senza  il  concorso  diretto  del  nostro  volere 
e  del  nostro  pensiero. 

Suggestivo:  ò  notevole  la  preponderanza 
e  l'abuso  di  questo  aggettivo,  tolto  dal 
significato  scientifico  di  suggestione:  una 
passeggiata,  un  abito,  la  trasparenza  di 
un  volo,  un  paio  di  stivaletti,  l'ora,  il 
cielo,  un  libro,  un  discorso,  etc.  sono  la- 
oilmonte    dotti    suggestiri.    K    una    delle 


Sug 


-     470     - 


Surn 


taDte  voci,  usate  a  proposito  ed  a  spro- 
posito, per  effetto  di  snobismo. 

Sughi:  voce  toscana:  letame^   stabbio. 

Sughino:  dim.  di  sugo-^  voce  roma- 
nesca, divenuta  comune.  V.  Ragout. 

Suicidarsi:  è  il  fr.  se  suieider.,  verbo 
ripreso  nel  diz.  dell'Accademia  francese 
come  barbarismo  illogico  e  da  sfuggirsi. 
Figurarsi  i  nostri  puristi  !  e  a  fil  di  logica 
hanno  ragione  giacche  suicidarsi  ripete 
due  volte  il  pronome  riflessivo.  Ma  l'uso 
vale  più  della  logica  :  le  due  voci  suicida 
e  suicidio  hanno  —  lo  penso  —  dato 
valore  a  suicidarsi  in  cui  il  pronome  del 
prefisso  non  è  più  avvertito.  Certo  uno 
scrittore  purgato  dirà  senza  sforzo  si  uc- 
cise^ meglio  che  si  suicidò^  che  è  voce 
anche  di  mal  suono,  e  l'umile  popolo  dirà 
in  tali  luttuosi  casi  :  si  è  ammaxxato^  si 
è  tirato^  si  è  sparato^  si  è  buttato  sotto 
il  treno,  etc,  ma  l'uso  comune  della  lingua 
corrente  si  attiene  al  verbo  suicidarsi.  \ 
Suicidarsi  moralmente.,  in  senso  iperbo- 
lico esteso,  vale  anche  rovinarsi.,  distrug- 
gere la  propria  riputazione.,  credito,  va- 
lore umano.  Y'è  anche  la  locuzione  «  sui- 
cidio morale  ». 

Suicidio  morale:  V.  Suicidarsi  in  fine. 

Sui  generis:  \dii.  di  propria  peculiare., 
natura.,  singolare.,  unico  :  dicesi  per  in- 
dicare un  individuo  o  una  cosa  che  è 
unico  saggio  del  suo  genere.  Vale  quindi 
bixxarro.,  originale. 

Suisse:  svixxero:  voce  francese,  non 
ignota  anche  presso  di  noi  per  indicare 
il  guardaportone  di  una  gran  casa,  in 
assisa  solenne.  Così  dicesi,  io  penso, 
dal  costume  che  avevano  gli  svizzeri  di 
andare  a  mercede  per  cotali  servizi  e  come 
uomini  d'arme,  in  Francia  e  in  Italia 
specialmente  (Cfr.  gli  Svizzeri  della  Corte 
papale).  I  francesi  distinguono  le  tre  voci 
graduate  concierge,  portier  (voce  umile), 
e  suisse.,  le  quali  il  Rigutini  propose 
di  tradurre  rispettivamente  per  portiere., 
portinaio,  guardaportone  a  chi  gli  avea 
proposto  la  bizzarra  frase  :  Je  ne  suis 
pas  un  portier.,  je  ne  veux  pas  qu'on 
m'appelle  suisse.,  et  je  me  tiens  à  mon 
titre  de  concierge.  Y.  Concierge  e  Pipelet. 

Suite:  voce  francese  del  linguaggio 
politico,  seguito^  lat.  cohors:  les  person- 


nes  employées  pour  le  service  de  l'am- 
bassade  ou  de  la  legation  et  les  personnes 
qui  sont  attachées  au  minisire  (V.  A 
la  Suite).  Siccome  poi  chi  è  del  seguito 
sta  dietro,  così  à  la  suite  vuol  dire  venir 
dopo.,  e  il  modo  francese  sembra  a  molti 
più  rappresentativo  che  le  locuzioni  nostre 
equivalenti.  |  Suite.,  si  dice  pure  abusi- 
vamente nel  giuoco  nel  senso  di  succes- 
sione., fila.,  infilzata.,  es.  una  suite  di  bei 
colpi.  I  Nel  linguaggio  musicale  suite  in- 
dica una  serie  di  pezzi  musicali. 

Su  larga  (o  vasta  o  piccola)  scala:  è 
una  delle  più  abusate  e  frequenti  locu- 
zioni alla  francese:  travailler  sur  une 
grande  échelle.  Estensione  del  linguaggio 
dei  disegnatori.  «  Nuova  e  goffa  maniera  » 
dice  il  Eigutini,  ma  non  per  ciò  gli  ita- 
liani avranno  riguardo  di  usare  tale  lo- 
cuzione :  essa  ricorre  così  pronta  che  molti 
non  saprebbero  come  esprimersi  altrimenti 
(in  grande.,  in  piccolo). 

Su  la  via  di  Damasco:  nota  locuzione 
per  significare  su  la  via  del  ravvedimento., 
verso  la  buona  via  del  ricredersi.  Saulo, 
mentre  recavasi  in  Damasco  (46  d.  C), 
per  isterminarvi  i  Cristiani,  fu  da  una 
visione  indotto  a  farsi  proselito  della  nuova 
fede  che  predicò  poi  col  nome  di  Paolo 
con  mirabili  e  accese  parole. 

Sulla:  invece  di  su  la,  V.  alla  parola 
colla. 

Sulky  :  veicolo  leggerissimo  a  due  ruote, 
dai  24  ai  30  kg.,  di  provenienza  ameri- 
cana, usato  nelle  corse  al  trotto  :  fu  intro- 
dotto in  Italia  verso  il  1881  ed  ha  sosti- 
tuito l'antico  nostro  sediolo.,  dalle  ruote 
altissime  e  dalle  forme  eleganti  ;  ma  avea 
il  difetto  di  pesar  troppo  e  di  non  essere 
così  sicuro  come  è  il  sulky. 

Sume  superbiam  quaesitam  meritis: 
prendi  la  dignità  conquistata  col  tuo 
valore  (Orazio,  II,  30,  14). 

Summum  jus,  summa  iniuria:  famosa 
sentenza  latina  (Cicerone,  De  off.  I,  X), 
spesso  usata  per  temperare  la  forza  del- 
l'altrui diritto,  e  vuol  dire  che  l'asso- 
luto esercizio  del  proprio  diritto  pur  se- 
condo legge  costituisca  massima  ingiustizia. 
Locuzione  felice  non  solo  per  la  concinnità 
e  la  euritmia  delle  parole,  ma  per  l'iper- 
bole 0  esagerazione  la  quale  pone  in  con- 


Sum 


471     - 


Sup 


trasto  la  inflessibile  legge  con  le  necessarie 
accondiscendenze  e  transazioni,  richieste 
dall'umanità  e  dalla  vita.  Trattasi  di  sen- 
tenza popolare,  come  dice  Cicerone  stesso 
nel  riferirla,  e  le  sue  parole  e  la  ragione 
per  cui  è  riferita  la  sentenza,  eccole  : 
«  Spesso  si  offende  la  giustizia  anche  per 
una  cavillosa  e  troppo  scaltra  e  maliziosa 
interpretazione  del  diritto,  onde  il  comune 
proverbio:  il  sommo  diritto  è  somma  in- 
giustizia ».  Cfr.  altresì  Terenzio,  Heau- 
ton.  IT,  V,  45. 

Summus  moderator:  moderator  in  la- 
tino vale,  in  senso  pregnante,  reggitore^ 
governatore.  Summus  studiorum  mode- 
rator talora  è  chiamato  il  Ministro  della 
Publica  Istruzione  (non  escluso  un  lieve 
senso  faceto  od  ironico).  Così  si  denominò 
il  medico-latinista  Guido  Baccelli. 

Sunt  bona  mixta  malis:  lat.,  le  cose 
buone  sono  'mescolate  alle  cattive.  Il  bene 
s'alterna  col  male. 

Sunt  laorimae  rerum  et  mentem  mor- 
talia  tangunt:  famoso  verso  di  Vergilio 
{Eneide^  I,  462)  v'è  il  dolore  per  le  cose; 
esso  tocca  l'animo  dei  mortali.  Comune- 
mente si  dice  soltanto  stmt  lacrimae  re- 
rum, e  a  quel  genitivo  rerum  si  suole 
dare  un  senso  soggettivo,  quasi,  animando 
la  materia,  si  volesse  dire  :  le  cose  hanno 
una  loro  tristezza.  Errore  di  interpreta- 
zione e  pur  felice  errore,  e  se  Vergilio 
tornasse  in  vita  loderebbe  tale  spirituale 
interpretazione,  chechè  ne  pensi  qualche 
gretto  e  pedante  erudito.  Confronta  il  si- 
mile caso  in    Vis  comica. 

Suonata:  dicesi  volgarmente  e  con  in- 
tenzione di  beffa  'prendere  una  suonata, 
0  con  forza  esclamativa  che  suonata!  per 
indicare  impresa  fallita,  andata  a  male, 
per  astuzia  altrui,  inettitudine  o  dabbe- 
naggine propria,  e  per  lo  più  dicesi  di 
affari,  quindi  con  sborso  e  perdita  di  da- 
nari. In  questo  senso  si  dice  anche  suo- 
nato^ familiarmente  e  con  senso  lepido, 
per  battuto.,  sconfitto.  Cfr.  il  verbo  suo- 
na/re  nel  senso  di  battere.,  come  è  detto 
nel  noto  proverbio  dei  'piff&rì  di  monta- 
gna che  vennero  per  suonare  e  furono 
suonati  (senso  esteso  dagli  strumenti  a 
percussione). 

Suonatori!  (buona  notte):  vale  faceta- 


mente è  finita.,  e  si  dice  in  vario  senso 
nel  linguaggio  familiare  (dal  commiato  ai 
suonatori  dopo  la  festa). 

Super  aspidem  et  basiliscum:  Salmo^ 
XC,  13:  «camminerai  sopra  l'aspide  ed 
il  basilisco  e  calpesterai  il  leone  ed  il 
drago  ».  Tale  scritta  vale  ad  indicare  la 
protervia  e  la  malvagità  demoniaca  o  la 
prepotenza,  domate  e  vinte.  Così  antiche 
scritture  rappresentano  il  papa  Alessan- 
dro III  che  calca  la  potenza  del  Barba- 
rossa. 

Superbo  :  per  bello.,  magnifico.,  ai  più 
sospettosi  puristi  pare  conforme  all'uso 
del  francese  superbe.  Certo  superbo  per 
assai  bello  è  antica  voce,  ma  certo  è  del 
pari  che  i  puristi  non  hanno  torto  ove 
questo  «  superbo  »  sia  riferito  ad  umili  cose  : 
una  superba  scatola^  un  paio  superbo 
di  scarpe^  etc. 

Superfetazione  :  come  termine  medico 
cioè  nuova  concezione  nel  corso  di  ima 
gravidanza  (super  foetum).,  la  voce  gia- 
ceva da  tempo  nei  nostri  dizionari  :  ma 
nel  nuovo  senso,  oggi  più  che  abusato, 
di  pleonasmo.,  superfluo.,  in  di  piti  eie, 
es.  «  questo  capitolo  non  c'entra  :  è  una 
superfetazione  »,  è  un  influsso  della  voce 
super fétation.,  francese,  oppure  super  fae- 
ta'tion.,  inglese. 

Superiore  :  senza  termine  di  paragone, 
cioè  nel  senso  di  grande.,  sommo.,  egregio., 
es.  il  tale  e  un  ingegno  superiore.,  è  a 
ragione  pei  puristi  il  fr.  supérieur.  \  Es- 
sere superiore  in  vece  di  sdegnare.,  non 
curare  è  modo  ripreso,  ma  dell'uso. 

Superuomo:  è  voce  tradotta  dal  tede- 
sco tfebermensch.,  neologismo  in  cui  si 
impernia  la  filosofia  del  grande  ed  infelice 
Federico  Nietzsche.  (V.  Nietzschenismo), 
Il  superuomo  nel  senso  di  quel  pensatore 
mirabile  e  folle,  è  l'uomo  nascituro,  che 
starà  alle  generazioni  presenti  come  que- 
ste stanno  al  quadrumane.  Leggi  :  Così 
parlò  Zaratustra  e  Al  di  là  del  bene  e 
del  male.  Questa  voce,  pur  durando  quel 
che  durerà,  ha  sùbito  acquistato  una  corta 
popolarità,  ma  in  senso  di  celia  e  di  scherno, 
prima  per  designare  i  seguaci  o  ostenta- 
tori della  filosolìa  del  Nietzsche,  quindi 
qualunque  persona  che  por  sogni  o  parole 
e  abito  ostenti    di    appartenere    ad    altra 


Sup 


472     — 


Sut 


più  eletta  umanità  che  la  misera  e  comune. 
Vantano  «  i  superuomini  »  una  morale 
propria  ed  individualistica,  un  codice  di 
vita  a  proprio  uso  e  consumo,  etc.  Y.  an- 
che alla  parola  esteta.  È  codesta  una  delle 
meno  simpatiche  forme  di  aristocrazia  in 
questa  età,  detta  democratica. 

Su  pi  ì  :  nome  dato  a  Eoma  a  certe  squi- 
site fritture  di  riso,  ripiene  di  fegatini, 
di  forma  tonda  od  oblunga  :  manifesta  cor- 
ruzione del  fr.  oublie.,  basso  lat.  ohlata.^  che 
voleva  dire  il  pane  o-fferto  nel  sacrifiGÌo 
della  messa.,  indi  si  perdette  il  senso 
sacro  e  significò  una  specie  di  dolce. 

Supplizio  di  Tantalo:  vedere^  sentire 
alcun  bene  e  non  poterlo  godere.  Dal  noto 
mito  del  frigio  Tantalo,  cui  nell'Ade  (In- 
ferno) si  avvallavano  le  fresche  onde  e  si 
levavano  le  dolci  poma. 

Supreme:  tradotto  anche  in  suprema: 
nome  dato  ad  una  delle  tante  salse,  fatte 
di  sughi  e  ristretti  di  carne,  di  cui  ab- 
bonda la  cucina  francese  :  supreme  di 
pollo.,  pollo  ammannite  in  questa  salsa. 

Surah:  nome  di  nota  stoffa  di  seta, 
spigata,  originaria  dell'India.  La  grafia 
surà  mi  pare  poco  usata.  Solito  caso  di 
queste  parole  straniere  che  non  si  assi- 
milano. 

Suranné:  vecchio.,  fuor  di  moda.,  ran- 
cido, voce  fr.,  talora  usata  per  vizio. 

Surge  et  ambula:  levati  e  cammina! 
così  Cristo  al  paralitico  della  piscina  pro- 
batica.  Dicesi  in  vario  senso  morale  per 
dar  vita,  animare. 

Surmenage  :  sostantivo  maschile,  dal 
verbo  francese  sur-mener.,  che  è  il  nostro 
menare.,  di  comune  etimologia  latina. 
Indica  l'eccesso  della  fatica.  Così  dicono 
i  francesi  surmener  un  cheval.,  je  suis 
surmené.  Con  senso  neologico,  surmenage 
=  ex  agération  de  travail  intellectuel  ou 
m^ateriel.  (Loredan  Larchey,  NouveoAi  Sup- 
plément  du  dictionaire  d'Argot).  Stra- 
pazzo., strapazzare.,  molto  si  accostano  a 
surmenage;  la  qual  voce,  ora  che  le  ma- 
lattie nervose  sono  un  po'  di  moda  e  un 
po'  male  comune,  odesi  frequentemente, 
stando  lo  strapazzo  prolungato  e  mentale 
a-  dette  malattie  come  causa  ad  effetto. 
Ho  trovato  spesso  la  parola  surmenage 
tradotta  in  sovraearico  intellettuale. 


Surriscaldare:  (termodinamica)  riscal- 
dare un  vapore  oltre  la  sua  temperatura 
di  saturazione.  Il  vapore  surriscaldato  si 
comporta  press' a  poco  come  un  gas,  e  si 
usa  in  alcune  macchine  a  vapore  allo 
scopo  di  elevare  il  rendimento  economico. 

Sursum  corda:  in  alto  i  cuori/  sublime 
motto  che  sta  nella  liturgia  della  Messa, 
al  Praefatio  (latino  cor-cordis  =:  il  cuore, 
plurale  corda). 

S  urto  ut:  Vedi  Pardessus.  Vedi  anche 
Vestito. 

Surtout  pas  trop  de  zèle:  questo  è  il 
modo  comune,  che  può  tanto  significare 
il  troppo  stroppia,  ne  quid  nimis,  come 
ritiene  un  po'  del  nun  te  ne  incarica^ 
di  napoletana  e  italiana  memoria.  Ma  la 
frase,  quale  è  attribuita  al  Talleyrand,  è 
piii  semplice  e  accorta:  Surtout  pas  de 
zèle^  cioè  «  ciò  che  è  eccessivo  è  inutile, 
spesso,  anzi,  dannoso  ».  «  JEn  1815^  après 
les  Cent  jours.,  M.  de  Talleyrand.,  nom- 
mé  ministre  des  Affaires  étrangères.,  réput 
la  visite  des  employés  de  son  adrìiini- 
stration.  Il  est  une  chose.,  Messieurs  — 
leur  dit-il  —  que  je  vous  recommande 
avant  tout  et  par  dessus  tout.,  e' est  de  ne 
pas  avoir  de  zèle.,  je  déteste  le  zèle  ». 
{Souvenir s  del  conte  de  Eéal). 

Suscettibile:  nel  senso  figurato  di  fa- 
cile ad  aversene  a  ìuale^  permaloso.,  ri- 
corda ai  puristi  il  fr.  susceptible ;  lo  stesso 
dicasi  di  suscettibilità. 

Suspicione  (legittima)  :  dicono  i  legali 
quando  un  processo  non  può  essere  svolto 
nella  sua  sede  naturale  senza  che  la  giu- 
stizia abbia  a  soffrirne  :  ciò  avviene  per 
il  giusto  sospetto  (lat.  suspicionem,)  che 
le  passioni  cittadine  abbiano  ad  influire 
in  favore  o  disfavore  dell'imputato.  La 
suprema  Corte  di  Cassazione  è  arbitra  di 
questo  trasferire  il  dibattimento  da  una 
ad  altra  sede. 

Sustlne  et  abstine:  motto  della  filosofia 
stoica  :  sostienti.,  astienti  (V.  Manuale  di 
Epttteto.,  nella  versione  del  Leopardi). 

Sutor,  ne  ultra  crepidam  :  V.  Ne  sutor 
supra  crepidam. 

Sutura  :  lat.  sutura  =  cucitura,  ter- 
mine medico,  riunione  per  mezzo  di  fili 
delle  parti  divise  di  una  ferita.  Sutura  è 
inoltre  termine    anatomico    ed    indica    la 


Suw 


473 


Syl 


unione  di  due  pezzi  ossei  mediante  den- 
tature ed  infossamenti  reciproci. 

Suwaroff:  nome  di  generale  russo,  a 
noi  specialmente  noto  nella  storia  per  le 
sue  vittorie  sui  francesi  nel  1799:  lasciò 
il  suo  nome  a  Milano  per  indicare  una 
specie  di  coturno  o  stivale  elegante,  quale 
usano  i  cavallerizzi.  Ma  per  quel  che  ne 
dicono  i  calzolai,  questa  parola  è  stata 
sostituita  da  altra  :  prova  evidente  della 
vanità  delle  cose  umane  anche  se  fondate 
su  le  scarpe  che  sono  il  fondamento  del 
vestire. 

Suzeraineté:  distinguono  i  francesi  sm- 
%eraineté  da  souveraineté^  sovranità.  Que- 
sto è  il  dominio  diretto,  quello  un  dominio 
indiretto  feudale,  dopo  aver  ceduto  al 
vassallo  il  reggimento  dello  Stato.  Così  il 
Sultano  è  suxerain  del  Bey  di  Tripoli 
e  degli  Imani  d'Arabia. 

Sventramento  :  per  demolizione^  è  brutta 
voce  metaforica,  messa  in  corso  dal  mi- 


nistro Depretis  quando  si  trattò  di  risa- 
nare i  quartieri  popolari  di  Napoli  dopo 
il  colera  del  1884. 

Sweating  system:  forte  e  tipica  espres- 
sione inglese  che  letteralmente  vuol  dire  : 
sistema  del  sudore,  cioè  dello  sfrutta- 
mento dell'operaio  nella  produzione  del 
capitale.  Locuzione  talora  usata  nel  lin- 
guaggio degli  economisti. 

Sviscerare:  detto  di  argomento,  sog- 
getto per  trattarne  compiutamente  è  dai 
puristi  ritenuta  metafora  incomporta- 
bile. 

Syllabus:  o  Sillabo,  voce  latina,  deri- 
vata dal  greco  che  vale  indice,  compen- 
dio. Voce  usata  da  Pio  IX  per  indicare 
una  raccolta  di  errori,  o  ritenuti  tali,  con 
cui  la  Chiesa  Romana  afferma  la  sua  su- 
premazia e  lancia  l'anatema  contro  quelli 
che  persistono  nell'errore  notato  nel  Sil- 
labus  {Syllabus  complectes  praecipuos 
nostrae  aetatis  erroi^es,  1864). 


Tabagismo:  intossicazione  cronica  per 
effetto  del  tabacco  (fr.  tabagisme). 

Table  à  the:  tavola  apposita  dove  si 
prepara  il  tè,  e  intorno  alla  quale  si  seg- 
gono gl'invitati.  Così  con  frase  francese 
nell'uso  e  nel  linguaggio  del  nostro  ceto 
elegante. 

Table  d'hote:  è  la  mensa  de'  grandi 
alberghi,  servita  ad  ore  e  prezzo  fìsso,  a 
tavola  comune  o  a  tavole  separate.  Ta- 
vola rotonda  sarebbe  la  voce  nostra,  ma 
non  è  molto  dell'uso. 

Table  tournante  :  locuzione  francese,  a- 
busivamente  usata  invece  di  tavolino  par- 
lante, (il  più  comune  degli  esperimenti  di 
spiritismo.  Y.   Tiptologia). 

Tableau  :  dal  latino  tabula.,  in  italiano 
quadro.  La  voce  francese  è  polisensa, 
come  molte  sue  consorelle.  Ogni  opera  di 
foggia  quadrata  è  un  tableau  :  in  tale 
senso  è  spesso  usata  da  noi,  come  pure 
con  forza  lepida  ed  esclamativa  quando 
si  scopre  qualcosa  di  inaspettato,  e  noi  po- 
tremmo dire  e  diciamo  anche  :  spettacolo  ! 
(Tableau  !  voce  del  gergo,  cui  è  sottinteso 
quel  tableau!). 

Tablier:  dal  lat.  i{aè^^Za.;  voce  francese 
che,  fra  molti  sensi,  signifìca  ^remòm/e; 
ma  per  indicare  certa  speciale  foggia  degli 
abiti  da  donna,  usasi  il  vocabolo  francese. 
y.  Manteau. 

Tablò  :  Y.  Tableau.  Trovo  tablò  regi- 
strato nel  diz.  del  Tommaseo  (?!) 

Tabloide  :  voce  del  linguaggio  farma- 
ceutico, pasticca.  Dall'inglese  tabloid., 
diminutivo  di  tablet  =  tavoletta. 

Taboggan  :  o  come  altrimenti  si  scriva. 


è  voce  e  cosa  degli  indigeni  del  Canada  : 
specie  di  slitta  usata  per  traversare,  ve- 
locissimi, quelle  gelate  regioni.  Passò, 
modificandosi,  a  significare  una  specie  di 
sport  di  tal  genere. 

Tabouret:  voce  fr.,  sgabello.,  ma  per 
indicare  quel  sedile,  di  solito  a  forma  di 
tamburo,  senza  spalliera  ne  bracciuoli, 
basso,  imbottito,  elegante  che  adorna  i 
nostri  salotti  prevale  la  parola  francese. 

Tabù  :  voce  della  Polinesia,  vale  sacro; 
«divieto  religioso  di  toccare  o  nominare 
persone  od  oggetti  »  :  se  il  tabù  è  speciale 
del  feticismo  della  Polinesia,  noi  ne  pos- 
siamo tuttavia  rinvenire  tracce  nella  storia 
delle  varie  religioni.  Si  dice  inoltre  tabù, 
in  senso  esteso  di  proibizione  assoluta  per 
effetto  di  superstizione  morale,  filosofica 
0  sociale.   Tabù  è  voce  universale. 

Tabula  rasa:  lat.  tavola  vuota^  ra- 
schiata; dove  non  c'è  nulla.,  fu  antico 
termine  filosofico,  adoperato  per  signifi- 
care l'anima  nello  stato  anteriore  alla 
esperienza  ed  alla  conoscenza  :  cera  da 
improntare  imagini  {ktjqivov  èufiayelov., 
Platone,  Theat.  191),  foglio  di  carta  ove 
nulla  è  scritto  ancora.,  sono  comparazioni 
metaforiche  equivalenti.  Da  ciò  il  senso 
della  frase,  quale  è  usata  familiarmente  : 
essere  tabula  rasa.,  tamquam  tabula  rasa 
=  non  aver  nulla  in  testa,  non  capir 
nulla,  conservare  la  più  ignorante  vergi- 
nità di  impronte  e  di  conoscenza.  Far 
tabula  rasa  per  portar  via  tutto ^  è  locu- 
zione notata. 

Tachicardìa:  terni,  med.  (gr.  raxvg  = 
veloce  e  uaQÒia  =  cuore  ;  Gerhardt,  1882) 


Tao 


—    475     — 


Tai 


acceleramento  del  ritmo  nei  battiti  car- 
diaci :  sintomo  che  si  manifesta  in  mol- 
tissimi casi  di  affezione  del  sistema  ner- 
voso, delle  vie  respiratorie  o  digestive  o 
dell'apparecchio  circolatorio:  brachicardia 
è  il  nome  del  fenomeno  opposto. 

Tàccola  :  per  lo  più  al  plurale  :  nome 
regionale  (Lombardia),  dato  ad  una  varietà 
di  piccoli  piselli  di  cui  si  mangia  anche 
il  tenero  baccello.  |  Tàccola^  poi,  vale  cor- 
nacchia (cor VHS  monedula) . 

Tacitare:  pagare  i  danni,  eliminare 
una  parte  in  causa  con  qualche  compenso. 
Voce  ripresa  dai  puristi  come  «  maniera 
strana»  (Rigutini)  ^ex pagare,  soddisfare. 
Non  esce  dal  gergo  curiale  e  dei  ragio- 
nieri. 

Tael  :  così  scritto  secondo  la  scrittura 
francese  che  noi  seguiamo  nei  nomi  orien- 
tali, è  nome  di  moneta  cinese.  Sono  pezzi 
di  puro  argento,  in  forma  di  barca  o  di 
cappello  da  prete,  bollati  dal  governo,  il 
cui  valore  e  volume  variano  dai  cinque 
ai  seimila  taels.  Il  valore  di  un  tael  è 
circa  L.  3.50  di  nostra  moneta. 

TafFetas:  il  più.  semplice  tessuto  di 
seta,  derivante  dall'incrocio  alternato  dei 
fili  d'ordito  con  quelli  di  trama;  perca- 
micette,  per  fodere,  per  sottovesti  oggi 
usatissimo.  In  italiano  v'è  taffettà  e  taf- 
fetà^ in  ispagnuolo  tafetan^  in  inglese  taf- 
fety.,  etc,  dal  persiano  taftah.  Voce  del 
resto  divenuta  italiana  e  antica,  qui  regi- 
strata solo  perchè  la  moda,  ripeto,  porta  a 
pronunciare  e  scrivere  alla  francese:  es.  taf- 
fetas  changeant.  Nel  senso  di  seta  spal- 
mata di  materia  medicamentosa  per  ferite, 
si  dice  anche  in  Firenze  drappo  inglese. 

Tafofobia:  (ràcpos  =  tomba  e  (pà^og 
=  paura)  neol.  del  linguaggio  medico: 
terrore.^  ossessione:  della  sepoltura,  d'es- 
sere sepolto  vivo.  V.  Fobia. 

Tagliamare:  term.  mar.,  quel  pezzo  di 
costruzione,  posto  davanti  alla  ruota  di 
prua.  È  il  primo  che  fende  lo  acque. 

Tagliando:  (da  tagliarsi)  comunemente 
al  1)1  aralo.  Voce  abusiva  e  brutta  del 
linguaggio  commerciale  e  di  Borsa,  invece 
di  cedola.  V.  Participio  di  necessità  e 
Coupoìi. 

Tagliare:  noi  gergo  dei  giocatori  in  Ro- 
magna vale  giocare  alla  bassetta.,  specie 


di  faraone  (giuoco  d'azzardo),  e  ciò  per 
l'uso  del  tagliare  il  mazzo  delle  carte  in 
vece  di  alzarle. 

Tagliare  i  panni  addosso:  familiarmente 
vale  esercitare  la  maldicenza.  I  diz.  re- 
cano tagliare  le  legne^  le  calxe^  la  giubba. 

Tagliar  la  testa  al  toro:  risolvere  la 
questione  con  argomenti  e  mezzi  deci- 
sivi, che  non  ammettono  riscossa  o  replica. 
Tale  colpo  negli  antichi  tornei  contro  il 
toro  era  definitivo,  onde  la  locuzione. 

Tagliata:  antica  e  bella  nostra  voce: 
movimento  tradizionale  della  scherma  ita- 
liana, pel  quale  rasentando  con  la  propria 
la  punta  dell'arma  nemica,  si  colpisce 
l'avversario  al  petto  in  fuori.  Questo  colpo 
oggi  è  detto  francesemente  coupé  (fioretto 
e  spada). 

Tagliatelle:  plurale  delle  così  chiamate, 
celeberrime,  tajadèl  di  Bologna  :  piatto 
egregio  e  succulentissimo,  che  in  Roma- 
gna ha  gran  voga,  ma  solo  in  Bologna 
raggiunge  talora  la  perfetta  eccellenza.  È 
una  minestra  asciutta,  fatta  con  la  sfoglia 
di  uova  e  farina,  condita  con  un  intingolo 
di  carne,  fegatini  e  parmigiano  :  se  ne 
fanno  di  larghe  e  verdi  col  succo  degli 
spinaci  0  di  altre  verdure.  Il  nostro  Fo- 
lengo pur  le  celebra,  se  non  erro,  nel  suo 
Baldo.  Cfr.  il  citato  bel  libro  di  cucina 
dell'Artusi.  Altrove,  più  toscanamente, 
tagliatelli  o  tagliatini.  V.  Risotto. 

Taglierini  fatti  in  casa  o  in  famiglia: 
locuzione  nostra  familiare  :  «  affari  brigati 
prima  e  combinati  fra  i  cointeressati, 
quindi  fatti  palesi  al  publico,  come  la  cosa 
più  naturale,  equa  e  spontanea  del  mondo.  » 
V.  In  famiglia. 

Taglio  (vini  da):  così  sono  chiamati 
quei  vini  che  hanno  in  esuberanza  uno 
0  tutti  questi  tre  componenti:  àlcole,  e- 
stratto  secco  e  sostanze  coloranti.  Servono 
a  tagliare,  cioè  a  correggere  con  opportune 
norme,  i  vini  detti  leggieri.  La  Puglia 
offre  eccollonti  vini  da  taglio  che  hanno 
larghissima  esportazione. 

Taille:  per  «conformazione  della  vita, 
della  persona»  è  voce  francese,  usata  ta- 
lora per  vizio  giacché  in  italiano  taglia 
vale  pross'a  poco  lo  stesso,  inoltro  v'ò  la 
parola  e'*7a,  vitina  che  corrispondo  al  senso 
del  francese  taille. 


Tai 


476 


Tan 


Tailleur:  e  voce  francese  di  assai  grave 
significato  presso  di  noi  per  indicare  l'o- 
peraio-sarto  che  è  maestro  nel  taglio  degli 
abiti.  Ora  invece  in  francese  tailleur  di- 
cesi specialmente  del  sarto,  padrone  di  ne- 
gozio. Cfr.  notes^  sante,  etc.  ed  altre  parole 
francesi  di  fabbrica  italiana,  qui  ordinata- 
mente notate.  L'operaio  che  taglia,  é  detto 
Goupeur.  Abito  tailleur^  detto  di  abito 
da  donna,  indica  quella  foggia  maschiliz- 
zante  oggi  di  moda,  tanto  per  influsso  delle 
teorie  femministe  come  per  maggiore  se- 
duzione. È  detto  tailleur  perchè  fatto  fare 
dal  sarto  (=:  tailleur)  e  non  dalla  sarta. 

Tait  0  thait:  V.   Vestito. 

Talis  pater  qualis  (o  talis)  fìlìus:  sen- 
tenza latina  corrotta  popolarmente  da  Qua- 
lis pater  talis  filius.^  in  cui  si  rispecchia 
il  concetto  della  ereditarietà  :  tale  è  il  pa- 
dre quale  è  il  figlio ^  i  figli  dei  gatti  ra- 
spano.^ ehi  di  gallina  nasce  eonvien  che 
rà%%oli.  Y.  8ÌGut  mater^  ita  et  filia  eius. 

Talus:  «inclinazione  naturale  dei  massi 
terrosi  »,  scarpata^  pendio;  vale  anche 
scarpa  conoide  di  deiezione  a  pie  dei 
monti.  Questa  parola  talus  (dal  latino  ta- 
lus ZZI  tallone)  è  in  inglese  ed  in  fran- 
cese, e  ciò  spiega,  se  non  giustifica,  l'a- 
buso che  alcuni  nostri  scienziati  fanno 
della  parola  straniera. 

Tam-tam  :  «  piastra  circolare  di  metallo, 
della  quale  i  soli  Chinesi  posseggono  il 
segreto  della  fabbricazione.  Si  mette  in 
vibrazione  percuotendola  con  una  mazza 
ricoperta  di  felpa.  Il  suo  uso  fu  intro- 
dotto in  Occidente  dopo  la  rivoluzione 
francese,  dapprima  nei  funerali,  poi  in 
teatro  nelle  scene  di  terrore;  oggi  lo  si 
adopera  per  far  del  fragore  ossessionale, 
anche  se  trattasi  di  un  dolce  idillio  d'a- 
more! »  (Galli,  op.  cit.).  Tam-tam  è  nei 
diz.  francesi. 

Tambour  battant  (à)  :  metafora  francese, 
tolta  dal  linguaggio  militare,  e  da  noi 
molto  usata,  specie  nella  forma  italiana 
a  tamburo  battente.  In  italiano,  su  due 
piedi^  a  sproìi  battuto.  Es.  «  Fu  uno  sba- 
glio indire  le  elezioni  a  tambour  battant  ». 

Tammany  Hall:  (lett.  Sala  della  Tam- 
many)  è  un  circolo  politico  (del  partito 
democratico)  di  Nuova  York.  Tammany  è 
il  nome  —  dicono  —  di  un  capo  indiano  : 


ha  per  emblema  una  tigre.  A  parte  le 
esagerazioni,  è  press'a  poco  ciò  che  sono 
tanti  circoli  elettorali  presso  di  noi,  con 
nome  che  maschera  il  loro  vero  essere. 
Per  il  partito  avverso  (republicano  con- 
servatore) la  Tammany  Hall  rappresen- 
terebbe una  specie  di  camorra  elettorale. 
Del  resto  è  noto  essere  i  due  grandi  par- 
titi americani  piuttosto  di  clientela  che 
di  principi,  di  sotto-classi  che  di  classi, 
di  interessi  che  di  idee. 

Tamponare  :  etimologicamente  =i-  tap- 
pare., essendo  la  voce  francese  tampon 
forma  secondaria  di  tapon,  voce  di  origine 
tedesca.  Come  termino  di  chirurgia,  cioè 
«  frenare  le  emorragie  introducendo  stuelli 
0  batufoli,  fortemente  compressi  nella  ca- 
vità onde  sgorga  la  emorragia  (fosse  na- 
sali, vagina,  utero,  piaghe;  sì  da  compri- 
mere i  vasi»,  parmi  voce  tecnica:  fr.  tam- 
ponner.,  tamponne'ìnent.  La  voce  nostra 
stuello  parmi  poco  usata.  Curiosa  è  la  defi- 
nizione che  il  Petrocchi  dà  al  verbo  stuel- 
lare—impedire emorragia  con  stoppa.  Con 
stoppa?  È  evidente  che  il  vocabolarista 
non  aveva  a  mente  le  norme  dell'asepsi. 

Tampone:  V.  Tamponare. 

Tandem  :  velocipede  ove  si  monta  in 
due,  l'uno  dietro  l'altro.  Il  prof.  L.  Ora- 
ziani, in  un  suo  squisito  poemetto  latino, 
Bicyclula  (la  bicicletta),  premiato  nel  1900 
al  concorso  di  Amsterdam;  così  descrive 
il  tandem: 

dmn  primo  spargit  sol  aureus  orbem 
lumine;  seu  tacitas  nullo  comitante  per  umbras 
longum  carpìs  iter,  seu  par  aetate  sodalis 
aut  simili  aut  tecum  duplici  super  axe  feratui\ 
quem  nos  barbarico  vocitemus  nomine  tandem. 

Questa  macchina  ciclistica,  già  in  grande 
uso,  è  decaduta  di  voga.  Tandem  in  in- 
glese ed  in  francese  è  anche  il  carrettino 
a  cui  sono  attaccati  due  o  piii  cavalli, 
l'uno  in  fila  all'altro.  Tandem,  in  mec- 
canica vale  disposizione  di  due  macchine, 
posta  l'una  dopo  l'altra,  le  quali  lavorino 
insieme.  Questi  diversi  tandem  devono  pro- 
venire dal  latino  tandem  =  finalmente., 
cioè  alla  lunga. 

Tandemìsta:  il  ciclista  che  monta  il 
tandem:  brutta  voce  del  gergo  ciclistico. 

Tante  cose:  per  tanti  saluti.,  compli- 
menti, è  il  fr.  bien  des  choses. 


Tan 


—     477 


Tas 


Tanto  nomini  nullum  par  elogium:  lat., 
a  cosi  gran  nome  nessuna  lode  è  pari^ 
motto  epigrafico  enfatico,  ma  pur  felice 
sì  che  acquistò  valore  di  intercalare  :  è 
sculto  sul  monumento  eretto  al  Macchia- 
velli  in  Santa  Croce  nel  1787  :  l'epigrafe 
è  dovuta  al  Ferroni.  Si  ripete  il  motto 
antonomasticamente,  talora  per  ironia. 

Tanto  tuonò  ohe  piovve  :  tanto  si  disse 
e  si  fece  che  si  raggiunse  l'intento.  E  di 
solito  si  intende,  in  quel  dire  e  in  quel 
fare,  ostinazione  e  volere  maligno  ad  un 
dato  fine.  Bella  locuzione  nostra,  dedotta 
dal  rapporto  del  tuono  alla  pioggia  come 
di  causa  ad  effetto.  Si  confronti  questa 
umoristica  osservazione  di  Socrate  :  «  San- 
tippe avendo  prima  detto  male  di  lui,  e 
poi  ancora  gettatogli  dell'acqua  adesso, 
Non  diceva  io,  ei  disse,  che  Santippe  poi 
che  ha  ben  tuonato,  era  per  piovere  ». 
Diogene  Laerzio,  Delle  vite  e  sentenze  de' 
filosofi  illustri.,  libro  II.  Y.    Santippe. 

Tantum  relligio  potuit  suadère  malo- 
rum  :  a  cosi  gran  delitto  indusse  la  re- 
ligione. Così  Lucrezio  nel  principio  del 
suo  Poema  parlando  del  sacrificio  di  Ifi- 
genia. Si  suole  dire  di  tutto  ciò  che  lega 
l'uomo  alla  religione,  superstiziosamente. 

Tapis  roulant:  nome  di  un  nuovo  ap- 
parecchio meccanico  :  consiste  in  un  piano 
mobile  e  saliente  che  trasporta  i  visita- 
tori. Usato  per  facilità  e  per  richiamo  ne' 
grandi  magazzini  di  Parigi  e  dell'estero, 
fu.  di  recente  introdotto  anche  a  Milano 
e  francesemente  nominato.  Ma  il  popolo 
umile,  più  savio  e  più  italiano,  dice  a 
Milano,  la  scala  che  cammina. 

Tappeto  verde  :  il  tappeto  del  tavolo  da 
giuoco  che  suole  coprirsi  di  sargia  verde, 
il  giuoco  stesso  (d'azzardo):  fr,  tapis  vert. 

Tappezzeria:  V.  Far  tappexxeria. 

Taquiner:  fr.,  contradire  per  cose  di 
poco  conto  (gergo  mondano). 

Tarantass:  nome  di  veicolo  russo  a 
quattro  ruoto,  senza  molle. 

Tarbouch  :  V.  Fex>.  I  levantini  usano 
la  voce  tarbouch. 

Tarde  venientibus  ossa:  variante  di 
sera  venientibus  ossa^  chi  tardi  arriva 
male  alloggia. 

Tarlatana  :  specie  di  mussolina  leg- 
gerissima,  di   solito   por   abiti  da   ballo, 


frane,  tarlatane,  voce  indiana  o  da  tar- 
lata? 

Tartarin  :  titolo  di  libro  e  personaggio 
del  geniale  scrittore  francese,  Daudet  :  mil- 
lantatore ed  esageratore  in  buona  fede.  Il 
nome  di  Tartarin  ebbe  certa  voga  in  Italia 
e  fu  usato  antonomasticamente.  Se  ne  fece 
anche  l'agg.  tartarinesco  :  voci  effimere. 

Tartina:  dal  fr.  tartine.,  e  in  francese 
vuol  dire  cantuccio  o  crostino  di  pane  con 
sopra  steso  del  burro  o  delle  conserve.  Da 
noi  tartina  si  dice  in  cambio  della  parola 
nostra  panino  gravido.,  che  in  francese 
invece  è  petit  pain  fourré.  Il  sandwich 
per  gli  inglesi  e  francesi  è  fatto  di  due 
panini  divisi  con  entro  una  pasta  o  di 
acciughe  o  di  fegato  d'oca  o  di  carne, 
etc,  e  se  ne  usa  specialmente  pel  tè. 
V.  Sandwich.  Tartine  è  da  tarte^  basso 
lat.  torta. 

Tartuferia:  neol.  effimero  dei  giornali, 
tolto  dal  fr.  moderno,  tartuferie  =  men- 
songe.,  fausseté,  làcheté.,  hypocrisie.  V. 
Tartufo. 

Tartufo  :  noto  titolo  del  capolavoro  del 
Molière  {Le  Tartufe^  1667)  e  personifica- 
zione della  fredda  e  perfida  ipocrisia  ge- 
suitica. Questa  felice  e  famosa  denomina- 
zione è  ritenuta  di  origine  italiana.  Cfr. 
questa  ottava  : 

Quasi  di  viver  Battistone  stufo, 
Egeno  affronta  con  un  punteruolo; 
E  perchè  quei  Tuccella  come  un  gufo, 
Salta  ch'ei  pare  un  galletto  niarauolo: 
E  tanto  fa,  di' Egeno  il  mal  tartufo 
Manda  cori  un  buffetto  a  far  querciuolo: 
E  poi  lo  piglia,  e  in  tasca  se  rimpiatta. 
Per  darlo  per  un  topo  ad  una  gatta. 

LiPPi  (1606-1664),  Malmant.  C^  X.  st.  47. 

Dico  in  nota  :  «  Il  mal  tartitfo  :  vuol  dire 
uomicciòlo  di  cattivo  animo,  che  i  Latini 
pure  dicono  homo  fungini  generis  ».  Non 
si  dimentichi  che  del  '600  la  coltura  ita- 
liana ora  ancora  coltura  europea  e  il  poema 
del  Lippi  correva  allora  ms.  in  Francia. 
V.   Oénin,  Recréat.  t.  I,  p.  292. 

Taso:  per  tartaro,  gromma  dello  botti, 
è  ottima  voce:  ma  molti  si  periterebbero 
d'usarla  per  non  parere  d'usare  voce  ple- 
bea. Vedi  ciò  che  è  dotto  alla  parola 
sohiampa.  Taso.,  secondo  lo  Zani  baldi  {op. 
ùit.).,  sarebbe  della  stessa  etimologia  di  /a■^«f, 
fr.,  --  mucchio,  voce  di  origino  todosoa. 


Tas 


478 


Tea 


Tasso:  V.  Saggio. 

Tata:  voce  fanciullesca;  in  alcune  no- 
stre regioni  vale  addio.  In  romanesco, 
babbo.  Nel  senso  di  fratello,  sorella  è 
voce  notata. 

Tattersall  :  stabilimento  di  compra  e 
vendita  publica  de'  cavalli.  Da  Londra 
il  nome  e  la  cosa  passò  alle  principali 
città  d'  Europa  conservando  il  nome,  il 
quale  proviene  da  Riccardo  Tattersall  che 
nel  1795  fondò  in  Londra  tale  istituto. 

Tatuaggio:  disegno  scolpito  nella  pelle, 
ordinariamente  con  polvere  di  carbone, 
inchiostro,  carminio  o  mattone  polveriz- 
zato. Nello  studio  del  tatuaggio,  carattere 
antropologico  importantissimo  che  spes- 
seggia tra  i  criminali  ed  i  pazzi  delin- 
quenti, vanno  considerate  sopratutto  le 
parti  del  corpo  preferibilmente  tatuate, 
ed  i  segni  raffigurati  ;  con  ciò  si  può 
quasi  determinare  il  grado  di  perverti- 
mento e  di  analgesia  d'un  individuo.  Ta- 
tuaggio^ dal  Ir.  tatouage  (ago-puntura), 
voce  haitiana. 

Tautologia:  gr.  ravró  =  lo  stesso  e 
Àóyog  =  discorso  :  voce  comune  ai  vari 
linguaggi  culti  ;  vale  «  inutile  ripetizione 
di  parole  esprimente  la  cosa  istessa  », 
ed  è  vizio.  Intendesi  anche  come  figura 
retorica.  Nelle  scritture  moderne  anche  di 
quelle  lodate  (anzi!)  è  frequentissima  una 
speciale  forma  di  scrivere  che  io  chiame- 
rei proprio  tautologia,  la  quale  consiste 
nel  ripetere  la  stessa  cosa,  spesso  ripi- 
gliando con  la  stessa  parola,  geminando 
uno  stesso  concetto  invece  di  tendere  drit- 
tamente al  fine,  amplificando,  cioè,  all'in- 
finito !  Eppure  piace  !  La  qual  cosa  dimo- 
stra che  ciò  che  noi  chiamiamo  in  mal 
senso  retorica,  cioè  gli  abusati  artifìci 
dello  scrivere,  è  sempiterna.  Spregiamo  i 
vizi  e  le  retoriche  di  un'  età  passata,  e 
non  ci  avvediamo  dei  vizi  e  della  reto- 
rica dell'età  nostra.  Proprio  come  colui 
che  ha  mala  luce! 

Tavola  molino  o  molinello  o  filetto: 
specie  di  giuoco  di  dama  fatto  su  tavola 
variamente  lineata  :  è  detto  molino  per- 
chè alternando  su  e  giù  una  pedina,  cioè 
facendo  mulinello,  si  fanno  tre  punti  su 
due  linee.  Giuoco  specialmente  noto  agli 
scolaretti  ed  ai  banchi  scolastici. 


Tavola  reale:  Y.  Tric-trac. 

Taverne:  voce  inglese,  dal  latino  ta- 
berna,  indica  quello  che  cabaret  in  fran- 
cese :  luogo  publico  ove  si  vendono  vino 
e  commestibili.  Nel  secolo  XVIII,  prima 
dell'istituzione  dei  caffè,  erano  luogo  di 
ritrovo  anche  per  la  gente  a  modo  ed 
elegante.  Ne  derivarono  gli  odierni  clubs. 

Tavoliere:  o  anche  tavolato  chiamano 
i  geografi  un  territorio  livellato  in  alto 
(altipiano,  pianoro),  e  specificatamente  que- 
sto nome  è  dato  alla  pianura  nella  pro- 
vincia di  Foggia,  tra  l'Appennino  ed  il 
monte  Gargano.  Tavoliere  delle  Puglie. 

Tavolino  0  tavola  parlante:  V.T«/)^o%m. 

Tavolo:  per  tavola  «non  si  conosce  in 
Toscana  »  (Rigutini)  e  perciò  riprendesi 
come  voce  regionale.  Tavolino  è  da  ta- 
vola, come  seggiolino  da  seggiola  e  non 
da  seggiolo.  «  Sono  figliuoli  di  madre 
senza  padre  ». 

Tazza  :  per  bicchiere  è  d'uso  poetico  : 
«  tra  le  tazze  e  i  coronati  vini  :...  »  Parini. 
Il  popolo  milanese,  usando  sovente  tazza, 
per  bicchiere,  non  si  deve  credere  che  ciò 
faccia  per  forte  impulso  poetico,  ma  per 
più  semplice  ragione,  come  io  credo;  è, 
cioè,  costume  lombardo  bere  il  vino  in  cio- 
tole di  terra  o  di  maiolica  (tazza),  e  di 
questa  usanza  non  solo  il  contado,  ma  al- 
tresì qualche  osteria  di  città  può  offrire 
testimonianza.  Da  ciò  l'estensione  della 
voce  tazza  per  significare  bicchiere. 

Tè  :  questa  è  la  grafia  comunemente 
accolta  per  indicare  la  nota  bevanda  per 
infusione  delle  foglie  del  tè  (Thea  chi- 
nensis).  Non  manca  però  chi  scrive  the 
alla  francese  (the),  ovvero  tea,  all'inglese. 

Te:  per  tu:  svenevolezza  del  parlare 
toscano,  a  cui  molti  —  non  toscani  — 
abboccano  come  ad  una  eleganza  peregrina. 
Certo  una  persona  colta  di  Toscana,  se 
anche  lo  dice,  ncn  lo  scrive. 

Tea  :  (o  thea)  attributo  di  speciali  rose, 
così  nominate  dal  profumo  del  tè. 

Tea-room  :  ingl.,  la  stanza  ove  sipretide 
il  tè.  Sotto  questo  titolo  trovo  in  un  au- 
torevole giornale  italiano  la  seguente  no- 
tizia di  cronaca  :  «  Tea-room.  —  E  il 
nome  di  una  istituzione:  una  specie  di  club 
femminile  che  distinte  signore  vogliono 
effettuare,  con  seri  intenti  sociali  e  di  be- 


Tea 


479 


Tel 


neflcenza,  in  una  casa  bella  e  in  posizione 
centrale.  La  Tea-room  dovrebbe  essere 
aporta  nelle  ore  pomeridiane  d'ogni  giorno 
dell'inverno  e  della  primavera,  a  guisa  di 
simpatico  centro  di  nobili  ed  efficaci  ini- 
ziative a  vantaggio  di  istituzioni  benefiche 
0  d'intraprese  a  scopo  di  lustro  cittadino, 
ed  anche  a  comodità  di  forastieri  di  pas- 
saggio. Tra  le  promotrici  notiamo  i  nomi 
più  cospicui  dell'alta  società  milanese,  le 
quali  hanno  aderito  all'idea,  sottoscriven- 
dosi come  socie  fondatrici  per  lire  100». 
Evidentemente  queste  nobili  socie  della 
Tea-room  non  sono  socie  della  Dante 
Alighieri^  o  almeno  non  conoscono  questo 
istituto  se  non  come  uditrici  (è  di  gran 
moda  in  questi  anni)  deUa  ingegnosissima 
ermeneutica  dantesca  che  si  suole  fare  o 
da  uomini  di  grido,  o  da  uomini  che  de- 
siderano salire  in  grido. 

Teak:  voce  inglese,  in  francese  tek  o 
teck^  voci  straniere  piii  usate  della  nostra 
teetona  :  Tectonia  grandis^  albero  delle  In- 
die orientali,  che  fornisce  un  legno  duro, 
ottimo  per  la  costruzione  di  navi  e  di 
edifici,  venendo  difficilmente  intaccato 
dagli  insetti. 

Teatro:  per  luogo  ove  succedono  fatti 
solenni,  ha  esempi  dal  Seicento.  Questa 
metafora  spiace  ai  puristi  ed  è  estensione 
conforme  al  francese  :  theatre  =  lieu  où 
se  passent  des  aetions  remarquahles ^  es. 
le  theatre  de  la  guerre.  Certo  la  metafora 
appare  goffa  se  dirò  :  la  casa  fu  il  teatro 
di  un  furto.  In  senso  lepido  od  ironico 
può  invece  riuscire  efficace,  es.  Napoli 
fu  il  teatro  delle  sue  gesta.  Insomma  vi 
sono  sfumature  nell'uso  delle  parole  che 
è  difficile  determinare.  In  milanese  è  un 
teatro  vale  è  cosa  da  ridere,  scena  buffa., 
e  simili. 

Teca  :  è  voce  greca  (drjKr])  che  si  usa  in 
archeologia  religiosa  cristiana  ;  vale  custo- 
dia., cassetta.!  reliquiario.  Cfr.  biblioteca. 

Tecoppa:  V.  Massinelli. 

Te  deum:  sono  le  prime  parole  dell'inno 
attribuito  a  S.  Ambrogio  :  te^  Deum^  lau- 
damus  zzz  noi  lodiamo  te,  o  Signoro,  e 
cantasi  altresì  nell'occasione  di  publici, 
fausti  avvenimenti.  Dicesi  in  modo  fa- 
miliare anche  con  forza  esclamativa  Te 
deum!  por  dire,  alla  fine.,  finalmente  ! 


!  Tega:  gr.  réysog.,  per  baccello  di  fava 
0  di  fagiuolo  0  di  pisello,  è  data  dal  Pe- 
trocchi come  voce  morta.  Vive  ampiamente 
nei  dialetti. 

Teiera:  vaso  per  l'infusione  del  tè;  dal 
francese  théière. 

Teint:  fr.,  propr.  tintura.,  colorito  del 
volto.,  cioè  cera^  colore.,  carnagione.  Que- 
sta inutile  voce  francese  è  usata  anche 
in  tedesco. 

Tela  juta:  V.  Juta. 

Telefonìa:  gr.  réXag  =  lontananza.,  fine 
e  (póvog  =  suono.  Voce  di  formazione  dot- 
trinale per  indicare  la  trasmissione  elet- 
trica dei  suoni  articolati  e  musicali.  I  primi 
tentativi  sono  dovuti  al  Eiess,  la  soluzione 
completa  del  problema  al  Bell. 

Telegraficamente:  avverbio  «  buono, 
buonissimo  per  far  rima  col  verso: 

precipitevolissimevolmente  » 
così,  con  ironia,  il  Fanfani.  Ma  accolto,  e 
come  non  accogliere?  l'aggettivo  telegra- 
fico., anche  l'avverbio,  pure  alquanto  lun- 
ghetto per  cosa  sì  breve,  si  impone  come 
necessario.  Sarebbe  ozio  il  discuterne. 

Telepatia:  (gr.  té^og  =  lontananza  e 
Tiàdog  =:  passione,  affetto)  trasmissione 
del  pensiero,  comunicazione  spirituale 
tra  persone  loìitane  senza  alcun  parvente 
mezzo  dei  sensi.  La  parola  «  telepatia  »  fu 
introdotta  da  F.  W.  H.  Myers  nel  1882. 
Di  questo  ancora  non  chiaro  fenomeno 
dell'anima,  Y.  fra  noi  Morselli,  I  fenomeni 
telepatici.  Pappalardo,  Telepatia.,  Manuale 
Hoepli.  Un  notevole  esempio  di  telepatia  è 
questo,  raccontato  da  Garibaldi  :  «  Solo  una 
volta  -  ho  raccappriccio  nel  raccontai'lo  - 
sull'immenso  Oceano  Pacifico,  tra  il  con- 
tinente americano  e  l'asiatico,  colla  Carmen 
ebbimo  una  specie  di  tifone.,  non  formi- 
dabile come  quelli  che  si  sperimentano 
sulle  coste  della  China,  ma  abbastanza 
forte  per  farci  stare  parte  della  giornata, 
19  marzo  1852,  colle  basse  gabbie  —  o 
dico  tifone,  perchè  il  vento  fece  tutto  il 
giro  della  bussola,  segno  oarattoristico  del 
tifone,  e  il  mare  si  agitò  torribilmonto 
come  suole  in  quel  grande  temporale.  Io 
ero  ammalato  di  reumatismi,  e  mi  trovavo 
nel  forto  della  tempesta  addormentato  noi 
mio  camerino  sopra  coperta.  Nel  sonno  io 
ero  trasportato  nella  mia  terra  natale  ;  ma 


Tel 


—     480 


Ten 


in  luogo  di  trovarla  quell'aria  di  Paradiso 
ch'ero  assuefatto  di  trovare  a  Nizza,  ove 
tutto  mi  sorrideva,  tutto  mi  sembrava  te- 
tro come  un'atmosfera  di  cimitero;  tra 
una  folla  di  donne  ch'io  scorgeva  in  lon- 
tananza, in  aria  dimessa  e  mesta,  mi  sem- 
brò di  -scorgere  una  barca  —  e  quelle 
donne,  quantunque  movessero  lentamente, 
avanzavano  però  alla  mia  volta.  Io  con 
un  fatale  presentimento  feci  uno  sforzo 
per  avvicinarmi  al  convoglio  funebre,  e 
non  potei  movermi,  avevo  una  montagna 
sullo  stomaco.  La  comitiva  però  giunse 
al  lato  del  mio  giaciglio,  vi  depose  la  bara 
e  dileguossi.  Sudante  di  fatica,  avevo  inu- 
tilmente cercato  di  sorreggermi  sulle  brac- 
cia. Ero  sotto  la  terribile  influenza  d'un 
incubo  —  e  quando  principiai  a  muovermi, 
a  sentire  accanto  a  me  la  fredda  salma 
d'un  cadavere,  ed  a  riconoscere  il  santo 
volto  di  mia  Madre,  io  ero  desto;  ma  l'im- 
pressione di  una  mano  ghiacciata  era  ri- 
masta sulla  mia  'mano.  Il  cupo  ruggito 
della  tempesta  ed  i  lamenti  della  povera 
Carmen  spietatamente  sbattuta  contro  ter- 
ra, non  poterono  dileguare  i  terribili  effetti 
del  mio  sogno.  In  quel  giorno  ed  in  quel- 
l'ora certamente  io  era  rimasto  privo  della 
mia  genitrice,  dell'ottima  delle  madri  ». 
Eammentiamoci  infatti  che  il  19  marzo  1852 
la  signora  Eosa  non  era  più.  Garibaldi 
di  Giuseppe  Guerzoni,  voi.  I,  pag.  398. 

Telepatico  :  agg.  di  telepatia^  Y.  questa 
parola. 

Telodinamico:  aggettivo  usato  in  mec- 
canica come  attributo  di  corda^  fune,  la 
quale,  accavalcandosi  a  carrucole,  trasporta 
la  forza  impressa  ad  una  di  esse  carru- 
cole, a  grande  distanza  :  trasmissione  te- 
lodinamiea  (da  réÀ,os  rz:  termine,  e  óu- 
vajuig  =  forza). 

Telum  (que)  imbelle  sine  ictu:  dardo  im- 
belle senza  forza  (Vergilio,  Eneide,  II, 
544)  dicesi  sdegnosamente  con  senso  di 
spregio  di  colpo  che  non  ferisce,  o  per 
viltà  e  debolezza  del  feritore  o  superiorità 
e  forza  di  chi  è  preso  di  mira. 

Tempesta  in  un  bicchier  d'acqua  :  dis- 
sidio, diatriba  di  breve  durata,  di  ninna 
conseguenza,  per  causa  futile. 

Tempi  borgiani:  cioè  da  ricordare  i  mi- 
sfatti della  casa  dei  Borgia:  frase  disdegnosa 


di  G.  Garibaldi  (1869,  scandali  della  Regia, 
attentato  Lobbia)  che  lo  spirito  italiano 
volge,  come  al  solito,  in  senso  di  beffa. 

Tempista  :  detto  del  musico  che  ben  sa 
e  tiene  il  tempo  musicale. 

Tempo  va  dintorno  con  le  force  (lo): 
famoso  verso  dantesco  (  Par.  XVI ,  9  ) 
spesso  citato  per  significare  l'opera  di- 
struggitrice  del  tempo  (force  =  forbici). 

Tempo  sportivo:  V.  Sport. 

Tenax  propositi  vir:  uomo  tenace  di 
proposito:  espressione  Oraziana  {Justum 
et  tenacem  propositi  virum,  Odi,  IH,  3) 
per  indicare  le  virtù  della  volontà  ad  un 
sicuro  fine  prefisso. 

Tender:  parola  inglese,  entrata  anche 
nel  vocabolario  francese  :  deriva  dal  verbo 
inglese  to  tend  per  attend  =  attendere, 
essere  in  servizio,  servire:  indica  il  carro 
che  è  unito  alla  macchina,  ove  è  la  prov- 
vista del  carbone  e  dell'acqua.  Provvedi- 
tore, magazzino,  serbatoio  ed  anche  ten- 
derò, proposti  dai  grammatici,  sono  ri- 
masti nel  serbatoio.  I  ferrovieri  dicono 
talvolta  carro  di  scorta,  e  dicono  bene, 
almeno  a  me  pare. 

Tenenza:  ufficio  grado  del  tenente:  es. 
la  tenenza  dei  carabinieri.  Deve  essere 
dal  francese  lieutenance. 

Tenere  :  nel  dialetto  napoletano  è  anche 
più  usuale  del  verbo  avere,  al  quale  si 
sostituisce,  come  nella  lingua  spagnuola. 
Dal  dolor  di  capo  o  di  denti  alla  febbre 
e  a  qualunque  malanno;  dalla  stanchezza, 
noia,  nausea,  al  vigore,  al  brio,  al  desi- 
derio, alla  speranza,  agli  anni  dell'età  e 
a  qualunque  oggetto  di  proprietà  o  di  pos- 
sesso, tutto  si  tiene.  Brutto  idiotismo. 

Tenere  :  le  locuzioni  tengo  a  dichiarare 
per  mi  preme,  voglio  dire,  etc.  {ci  tengo 
a  dichiarare  è  altra  cosa);  sapere  a  che 
tenersi,  per  so  che  devo  fare  ;  tenersi  tran- 
quillo, per  star  tranquillo,  sono  riprese 
dai  puristi  perchè  conformi  a  modi  fran- 
cesi. Ma  non  mi  sembrano  molto  dell'uso. 

Tener  ancor  del  monte  e  del  macigno  : 
locuzione  frequente,  tolta  dal  verso  dan- 
tesco {Inf.  XV,  63)  in  cui  il  Poeta  in- 
veisce contro  i  fiorentini: 

Ma  queiringTato  popolo  maligno, 
che  discese  di  Fiesole  ab  antico, 
e  tiene  ancor  del  monte  e  del  macigno. 


Ten 


—    481 


Tep 


Qui  la  rudezza  e  fierezza  della  origine  de' 
Fiorentini  sono  notate  in  mal  senso,  quasi 
opposte  a  gentile  :  nelle  comuni  locuzioni, 
invece,  in  cui  la  frase  è  riportata,  questa 
natura  di  selce  e  di  monte  spesso  ha  buon 
senso. 

Tenere  a  stecchetto:  dare  troppo  par- 
simoniosamente il  necessario  e  con  ri- 
gore eccessivo  :  antica  e  viva  locuzione 
nostra.  Stecchetto  quasi  stecchito?  o,  come 
spiega  una  nota  al  Mabnantile^  II,  22,  è 
forma  corrotta  di  stocchetto  da  stoccheg- 
giare =  difendersi  ?  Ingegnosa  è  la  spie- 
gazione che  mi  propone  il  sig.  Pietro  Galli, 
vice  bibliotecario  della  Gambalunghiana 
di  Rimini  :  tenere  a  stecchetto^  locuzione 
dedotta  dal  modo  come  si  alimentano  i 
nidiaci,  imboccandoli  con  uno  stecchetto. 
(Trovo  questa  spiegazione  anche  in  Pico 
Luri  di  Tassano,  op.  cit.^  pag.  207). 

Tenere  il  cartello:  nel  linguaggio  tea- 
trale cosi  si  dice  quando  un  dramma  si 
ripete  con  favore  sì  che  il  cartello  o  ma- 
nifesto della  recita  non  è  mutato  per  pa- 
recchie sere. 

Tenere  il  coltello  per  il  manico:  in  una 
questione  si  dice  che  il  tale  tiene  il  col- 
tello per  il  manico  quando  può  risolverla 
come  vuole,  trovandosi  in  condizioni  spe- 
ciali di  forza  e  di  fortuna. 

Tenere  i  piedi  in  due  staffe:  chi  tiene 
i  piedi  nelle  due  staffe,  meno  facilmente 
è  balzato  di  sella  :  chi  si  appoggia  su  due 
partiti  opposti,  chi  si  regola  in  modo  che 
mancando  un  sostegno,  abbia  l'appoggio 
dell'altro,  meno  facilmente  cade  nel  cam- 
mino della  vita.  NB.  Ciò  non  è  eroico  ne 
onesto,  ma  comodo  e  prudente. 

Tenere  la  smarra  :  nel  linguaggio  della 
scherma  vale  dirigere  gli  assalti  acca- 
demici. In  antico  :  spada  di  enarra  zir 
fioretto. 

Tennis:  forma  abbreviata  comune  di 
Lawn-Tennis.  V.  questa  parola. 

Tennista:  giocatore  di  Laion-Tennis 
(palla-corda).  Leggo  questa  parola  nel  ma- 
nuale di  detto  giuoco  (Baddeloy,  Iloepli, 
1898). 

Tentanda  via  est:  bisogna  tentar  la 
via.^  emistichio  di  Vorgilio  {Georgiche.,  III, 
8),  divenuto  motto. 

Tentazioni   di    S.    Antonio:    intondesi 


specialmente  delle  tentazioni  e  delle  se- 
duzioni carnali.  Leggi  il  Cavalca,  Vita 
di  S.  Aìitonio^  Cap.  YI:  Della  guerra 
che  'l  Diavolo  gli  mosse.,  e  come  vinse 
lo  spirito  della  fornicazione.  Diede  ispi- 
razione al  famoso  quadro  del  Morelli,  di 
tal  titolo. 

Tenuta:  per  assisa.,  abito  (militare),  di- 
visa è  il  fr.  tenue.,  {grande  tenue.,  tenue 
d'hiver.,  d'été).  Spiace  ai  puristi  e  i  les- 
sicografi evitano  d'accogliere  tale  senso 
di  tenuta.  V.  tuttavia  ciò  che  è  detto  alle 
voci  bivacco  e  distaccamento.  \  Anche 
la  locuzione  tenuta  dei  libri.,  per  com- 
putisteria è  ripresa  dai  puristi  (tenue  des 
livres) . 

Teobroma:  (Theobroma  Cacao)  lette- 
ralmente dal  greco,  vale  cibo  degli  Dei: 
Albero  dell'America  tropicale,  selvatico  e 
coltivato,  dell'altezza  media  di  7  m.,  con 
frutti  lunghi  circa  20  cm.,  larghi  10  e 
semi  lunghi  2  cm.  larghi  1.  Tali  semi, 
oltre  a  servire  di  eccellente  nutrimento 
agli  indigeni,  formano  l'ingrediente  prin- 
cipale della  cioccolatta. 

Teoria  :  per  processione.,  schiera.,  fila 
è  parola  molto  in  onore  presso  gli  esteti. 
Trovo  anche  i  pioppi  in  lunghe  teorie. 
Neologismo  copiato  dal  nuovo  francese, 
thèorie.,  in  tale  senso  {^ecjQia). 

Teosofia:  gr.  deooo(pla  r=  sapienza 
divina.,  noto  ed  antico  termine  filosofico, 
rinnovato  per  indicare  una  forma  di  pen- 
siero buddistico,  il  quale  dal  postulato  di 
un  principio  divino,  deduce  la  fondamen- 
tale legge  delle  cose;  un  movimento  vi- 
bratorio di  evoluzione  e  di  involuzione 
che,  applicandosi  alla  vita  fisica,  è  cagione 
di  un  processo  di  incarnazione  perpetua. 
Questa  specie  di  misticismo  importato 
dall'oriente,  ebbe  in  madama  Blavatsky 
un  apostolo  fervente  e  presso  gli  stranieri 
(anglo-sassoni)  ha  numerosi  seguaci.  Ingl. 
theosophy.  Una  dello  non  rare  formo  mi- 
stiche che  servono  di  surrogato  all'idea 
religiosa. 

Teppa:  V.  Teppista. 

Teppismo:  astratto  di  teppa.  V.  Tep- 
pista. 

Teppista:  questa  parola  milanese  è  stata 
dal  giornalismo,  speoiulmonto,  dilYusa  ol- 
tre la  regione  :  vale  faxioso^  prepotente., 


A.  L'anzini.  Sujrplemento  ai  Dixionari  italiani. 


Tep 


—     482 


Ter 


camorrista^  mafioso  e  simili, 
in  Milano  è  il  nome  dato  a  persona  ap- 
partenente alla  feccia  sociale  ;  disoccu- 
pati per  mestiere,  che  attendono  a  distrug- 
gere (vandalismo),  violentare,  mangiare  e 
bere  senza  pagar  scotto,  se  non  di  busse, 
e,  all'occasione,  a  rubare.  La  teppa  non  ha 
ordinamento  come  la  camorra  e  la  màfia. 
È  sopratutto  sfogo  di  brutalità.  Il  nome 
è  relativamente  recente.  Nel  Cherubini 
{op.  cit.  ed.  1841)  non  è  voce  notata  se  non 
nel  senso  di  muschio.,  borraccina.,  che 
tale  è  il  senso  di  teppa.  Il  basso  gergo 
-odierno  ha  i  sinonimi  ligera^  fil  de  fer. 
Di  questa  teppa.,  disdoro  della  capitale 
(che  si  vanta  del  titolo  di  morale.,  datole 
dal  Bonghi),  parla  a  lungo  il  Eovani  ne' 
suoi  Cento  Anni,  libro  XYIII,  §  9,  il 
quale  ne  racconta  le  origini  :  «  Tra  gli 
anni  1816  e  1817  non  pochi  di  codesti 
giovani,  attratti  da  un'indole  congenere, 
si  trovarono  insieme  e  si  confederarono  ; 
e  non  avendo  un  nemico  propriamente 
detto  da  combattere,  si  accinsero,  per  pas- 
satempo e  a  sfogo  di  umori  acri,  a  tribo- 
lare il  prossimo.  Cominciarono  da  prin- 
cipio con  alcune  risse,  spontaneamente 
offerte  dall'occasione,  di  poi,  l'esito  pili 
0  meno  fortunato  di  quelli,  li  venne  im- 
pegnando grado  a  grado  a  un  sistema  di 
offesa  e  di  difesa;  in  seguito,  acquistan- 
dosi qualche  fama  per  frequenti  e  chias- 
sose vittorie,  si  diedero,  come  avevan  fatto 
un  tempo  i  paladini  e  poscia  i  capitani 
di  ventura,  a  fiutare  dappertutto  dove  vi 
fosse  da  menar  le  mani,  da  metter  la  via 
a  rumore,  da  portare  lo  scompiglio  in 
qualche  pubblico  o  privato  convegno,  da 
disturbare  qualche  crocchio  di  persone. 
Codeste  loro  imprese,  al  pari  dei  melo- 
drammi, si  dividevano  in  serie,  semiserie 
e  buffe.  In  generale  però,  nella  loro  in- 
tenzione, meno  qualche  caso  di  ven- 
detta, non  avevano  mai  fini  ne  seri,  ne 
colposi,  bensì  avveniva  spesso  che  una 
soperchieria  fatta  da  essi  per  ridere  e  pas- 
sare il  tempo,  producesse  poi  degli  effetti 
gravi,  e  qualche  volta  anche  funesti  ». 
{La  Compagnia  della  Teppa).  1  teppisti 
ebbero  tale  nome  dal  luogo,  coperto  di 
muschio  0  borraccina  (teppa)  dove  avevano 
quartier  generale.  Almeno  cosi  è  probabile. 


I  Locch:  vale  stordito.,  intontito.,  (cfr.  il 
romanesco  tonto).,  e  pare  voce  di  origine 
spagnuola,  loco.  Dicesi  specialmente  per 
tnariuolo.,  barabba.,  gente  da  strada.,  specie 
di  teppista.,  ma  è  voce  che  non  esce  dal 
dialetto. 

Teratologìa:  voce  scientifica  comune, 
alle  lingue  eulte  :  (gr.  réQag  =  mostro  e 
Àóyo£  =:  trattato)  :  studio  delle  anomalie 
e  delle  mostruosità  degli  esseri  organiz- 
zati. 

Terebrante:  detto  di  dolore,  vale  per- 
forante (lat.  terebrare  =  forare).  Dal  fran- 
cese térébrant. 

Terminale:  agg.  di  termine.,  quindi^ 
naie.  Voce  antica  e  non  comune;  se  ta- 
lora la  si  riscontra,  è  —  credo  —  per 
effetto  del  francese  terminal.  Y.  ciò  che 
è  detto  alla  parola  Platea. 

Termine  (mezzo)  :  per  via  di  mezzo 
{ripiego.,  pretesto)^  riprendesi  dai  puristi 
come  gallicismo  :  così  riprendesi  inezia 
misura.  Anche  le  locuzioni  a  termini  di 
legge  (meglio,  caso  mai,  ai  termini  della 
legge)  per  secoìido.,  confarsne;  essere  in 
buoni  termini  per  essere  in  buon  accordo, 
in  armonia,  si  riprendono  dai  puristi  come 
gallicismi . 

Termochimica:  quella  parte  della  ter- 
mologìa {deQjnr]  =  caldo)  che  si  occupa 
dello  studio  delle  quantità  di  calore  che 
si  svolgono  nei  fenomeni  chimici.  Il  Ber- 
thelot  è  uno  dei  fondatori  di  questo  im- 
portante ramo  della  scienza. 

Termopili  (le):  noto  e  glorioso  nome 
storico  del  passaggio  litorale  che  dalla 
Tessaglia  conduceva  nella  Grecia  di  mezzo, 
difeso  da  Leonida  contro  i  Persiani.  Questa 
paròla  ricorre  estensivamente  per  indicare 
il  punto  strategico  della  difesa  militare 
di  un  dato  territorio. 

Terramara:  neologismo  del  linguaggio 
degli  archeologi.  Questa  parola  è  corru- 
zione di  contadini  emiliani  di  terra  marna. 
Essa  fu  accettata  ed  introdotta  nell'uso 
scientifico  dagli  illustri  archeologi  nostri, 
Pigorini  e  Strobel  :  i  quali  pure  formarono 
il  vocabolo  terramaricoli  por  indicare  gli 
abitanti  delle  terremare,  stazioni  della 
pura  età  del  bronzo  (prischi  Latini).  Sono 
le  prime  città  italiche. 

Terramaricoli  :  abitatori  (lat.  colere  = 


Ter 


—     483     — 


Ter 


abitare)  delle  terramare.  Terramara  è 
nome  dato  a  quelle  palafitte  (V.  Palafitte)^ 
che  si  costruivano  dagli  antichissimi  po- 
poli in  terra  asciutta,  ma  recinte  da  ar- 
gine e  fossa.  I  terramaricoli  sono  i  discen- 
denti dei  palafitticoli,  i  primi  Latini.  V. 
Terramara. 

Terranova  :  nome  di  una  fra  le  più  sti- 
mate razze  di  cani  da  guardia,  da  di- 
fesa e  insieme  di  lusso  :  grosso,  solitamente 
nero,  ricca  coda,  pelo  lungo  e  liscio,  testa 
massiccia,  muso  espressivo.  Il  nome  di 
questo  famoso  cane  da  acqua  proviene 
dall'  isola  di  Terranova  (New-Foundland)., 
ma  non  ne  pare  originario,  bensì  impor- 
tato, quindi  selezionato  al  tipo  presente 
dagli  inglesi.  «  Il  cane  terranova  è  sotto 
ogni  rapporto  uno  dei  migliori  compagni 
che  l'uomo. può  vantare  di  possedere», 
così  scrive  il  Vecchio  nel  citato  manuale 
Il   Cane. 

Terre  à  terre  :  locuzione  francese,  vale 
gretto.,  meschino.,  pedestre.  Alter  terre  à 
terre  =  star  rasente  al  suolo,  esser  me- 
schino di  idee. 

Terreno  :  nel  senso  figurato  di  soggetto.^ 
termine  di  un  argomento  o  questione., 
spiace  ai  puristi.  Modo  sancito  dall'uso 
ancorché  «  metaforacce  »  (Rigutini).  Così 
dell'uso  sono  le  locuzioni  scendere  sul  ter- 
reno =•  venire  a  duello.,  guadagnar  ter- 
reno =  avanzare  in  un  affare,  tastare  il 
terreno  ==  conoscere  l'intenzione  altrui, 
disputare  il  terreno  (a  palmo  a  palmo) 
=  difendersi  accanitamente  ;  ma  i  puristi 
lo  ritengono  di  provenienza  francese,  ga- 
gner  du  terrain.,  sonder  le  terrain.,  dispu- 
ter  le  terrain. 

Terribile  :  detto  iperbolicamente  per  cosa 
da  poco,  che  terribile  non  è,  risente  della 
maniera  francese.  Certo  è  molto  dell'uso, 
e  vorrei  dire  acclimato  fra  noi.  V.  la  lo- 
cuzione enfant  terrible. 

Terrier:  fr.,  specie  di  cane  bassotto: 
questo  cane  era,  in  origino,  impiegato  ad 
inseguire  volpi,  conigli  selvatichi  ne'  loro 
nascondigli  sotto  terra,  ondo  il  nome.  Oggi 
meglio  si  chiamorobbo  ratier  {rat.,  topo), 
giacché  oggi  il  terrier  è  cano  speciale  di 
scuderia  o  di  casa  por  dar  la  caccia  a'  topi, 
al  che  ò  abilissimo  e  coraggioso.  Innu- 
merevoli sono  lo  specie  dei  terriers.  I  ci- 


nofili distinguono  il  foxterrier.,  usato  nella 
caccia  alla  volpe,  dai  terriers  o  ratiers, 
cani  da  cortile  {bullterrier.,  terrier  inglese 
e  tedesco,  boston  terrier)  e  dai  terriers 
del  Yorkshire.,  tutti  coperti  di  mantello 
setoso,  e  dal  Skye-terrier.,  scozzese,  tre 
volte  pili  lungo  che  alto,  setoso  fin  sopra 
gli  occhi,  delizia  e  amore  delle  signore 
del  secolo  XX,  come  la 

vergine  cuccia  delle  Grazie  alunna 

era  delle  dame  incipriate  del  Settecento. 
Prova  della  persistenza  di  certe  degene- 
razioni morali. 

Terrificante  :  per  terribile.,  orribile.,  or- 
rendo., è  il  fr.  terriflant.  V.  Terrificare. 

Terrificare:  per  atterrire.,  far  terrore., 
è  neol.  inutile,  dal  fr.  terrifler.  Usato 
molto  é  il  part.  terrificante^  a  cui  per 
ignoranza  superflua  si  é  aggiunto  anche 
terrorificante.  Es.  «  Il  fumo  non  cessava 
di  uscire  dal  cratere,  e  le  detonazioni  e- 
rano  accompagnate  da  spaventevoli  ura- 
gani con  lampi  senza  interruzioni.  I  ba- 
gliori erano  terrorificanti  » . 

Terrore  (il):  noto  termine  storico,  La 
Terreur  i=  forma  di  governo  che  gravò 
su  la  Francia  dalla  caduta  dei  Girondini 
alla  morte  di  Robespierre  (1793-1794), 
onde  le  voci,  terrorisme  tale  metodo  di 
governo,  terroriste  =  partigiano  di  tale 
reggimento,  terroriser  =:  tenere  sotto  un 
governo  di  terrore.  Se  ne  formarono  in 
italiano  le  voci  terrorix%are^  terrorismo., 
terrorista.,  non  belle  certo,  ma  logiche  e 
necessarie,  specialmente  in  senso  storico. 

Terrorificante:  V.  Terrificare. 

Terrorizzare,    terrorista:   V.    Terrore. 

Tertoifel  o  Tartoifel  :  esclamazione  le- 
pida, che  talora  si  ode  ed  è  corruzione 
dialettale  del  tedesco  Der  Teufel  =  per 
il  demonio!  Esclamazione  che  é  ricordo 
di  triste  dominio. 

Terza  Italia:  cioè  l'Italia  doi  nostri 
tempi. 

Egli  vide  nel  ciel  crepuscolare 

col  cuor  di  Gracco  ed  il  pensior  di  Dante 

La  terxa  Italia. 

G.  Carducci,  Soìittto  a  O.  Maxxini. 
Prima  Italia,  capo  del  mondo  con  Roma 
antica  ;  seconda  Italia,  sodo  della  maestà 
della  chiosa  di  Roma;  terza  Italia  la  mo- 
derna, unita  in  nazione,  abolito  il  poterò 
!   politico  dei  Romani  Pontefici.  Teì'xa  Italia 


Ter 


484     — 


Tes 


è  locuzione  frequente  nelle  opere  del  Maz- 
zini, e  probabilmente  è  sua:  certo  sua  è 
la  concezione  di  una  nuova  Italia,  nuova 
luce  del  mondo. 

Terzi  (i)  :  cioè  le  terxe  persone.  Voce 
del  linguaggio  giuridico  :  tutti  coloro  che 
hanno  diritti  od  obblighi  verso  (in  con- 
fronto) l'attore.  Terxi^  nel  linguaggio 
amministrativo,  sono  i  consegnatari  ed  i 
corrispondenti  di  un'azienda.,  oppure  i 
soli  corrispondenti.,  oppure  tutti  coloro 
che  hanno  rapporti  di  qualsiasi  specie 
verso  un'azienda. 

Terziario:  aggettivo  usato  in  origine 
dai  geologi  per  significare  la  relativa  età 
dei  monti  (monti  primari,  le  Alpi  ;  secon- 
dari, gli  Appennini  ;  colli  terziari,  le  col- 
line) :  successivamente  fu  detto  dei  terreni 
e  delle  rocce  di  un'epoca  relativamente 
a  noi  prossima. 

Terzilio  o  tersilio:  nell'Italia  superiore 
e  media  indica  una  specie  di  tresette  in 
tre,  con  voce  toscana,  calabresella  :  se  in 
quattro,  è  detto  quartilio.,  ovvero  voglio., 
ovvero  misidìa  (dal  domandare  la  carta 
che  fa  quegli  che  è  di  mano),  ovvero  quo/- 
drigliato.,  secondo  le  regioni.  Il  tresette 
in  due  è  poi  detto  anche  pizxighino  dal 
prendere,  quasi  pizzicare,  le  carte  come 
fanno  a  vicenda  i  due  giocatori.  Nei  detti 
giuochi  il  tre  e  il  due  son  detti  venticin- 
que; il  due  e  Vasse  ventotto;  il  tre  e  l'asse, 
ventinove,  appunto  perchè  tale  è  la  somma 
del  valore  di  queste  carte  nel  giuoco  di 
scopa  0  primiera. 

Terzo  sesso:  come  nelle  api  c'è  il  ma- 
schio (fuco),  la  femmina  (regina),  e  le  api 
operaie,  così  per  derisione  si  dicono  del 
terzo  sesso  quelle  donne  che  si  vogliono 
maschilizzare,  che  vogliono  essere  operaie 
della  vita  senza  gli  impacci  della  femmi- 
nilità. Ciò  va  bene  per  le  brutte,  ma  per 
le  belle  è  una  gran  difficile  questione, 
quando  non  la  risolva  il  buon  senso  da 
parte  dei  due  sessi!  NB.  Certe  rigidezze 
teoriche  e  certi  fantasmi  bizzarri  ci  ven- 
gono dall'estero,  e  con  le  cose,  i  nomi. 
Noi  italiani  abbiamo  il  torto  di  abboccare 
e  scimmiottare,  laddove  la  natura  e  la 
storia  offrono  in  noi  esempio  di  libertà 
per  la  manifestazione  di  ogni  buona  e 
sincera  forza  di  natura,  compreso  il  fem- 


minismo saviamente  inteso;  e  ciò  fin  da 
antico.  Y.  Spinster. 

Terzo  Stato:  tiers  Etat^  era  detto  in 
Francia,  prima  della  Eivoluzione,  quel 
ceto  sociale  che  non  apparteneva  ne  alla 
nobiltà  né  al  clero,  borghesia.,  o  con  bella 
voce  nostra  oramai  perduta,  cara  al  Cat- 
taneo ed  al  Carducci,  cittadinanza. 

Tesata:  voce  dei  meccanici  per  indi- 
care la  lunghezza  o  portata  di  una  tra- 
smissione. 

Tesmofòro  :  gr.  deoitiocpÒQos^  =  legisla- 
tore. (Fu  epiteto  di  Demetra  (Cerere)  che 
regolò  il  consorzio  umano  con  le  leggi  del 
matrimonio  e  dell' agricoltura). 

Testa:  nelle  locuzioni,  domandar.,  vo- 
lere., offrire  la  testa  di  qualcuno,  vale 
domandare  etc,  il  sacrificio  ài  dlcmio^  cioè 
che  uno  faccia  da  vittima.,  o  per  espia- 
zione 0  per  soddisfazione  di  vendetta.  La 
frase  è  tolta  dalla  antica  barbarie  di  offrire 
al  vincitore  o  dal  volere  egli  il  capo  del 
nemico.  Erodiade  chiese  ad  Erode  Antipa, 
suo  sposo,  la  vita  di  Giovanni  Battista  e 
gliene  fu  offerto  il  capo;  Tolomeo  credè 
far  grato  dono  a  Cesare  regalandogli  il 
capo  di  Pompeo,  etc.  È  locuzione  derivata 
dal  francese,  demander  la  tete? 

Testa  a  croce:  Y.  Pattino. 

Testa  busa  :  (busa  =  vuota.  Cfr.  la 
voce  vernacola  buso  =  buco).  Questa  lo- 
cuzione fu  usata  dal  Manzoni  nella  prima 
edizione  dei  Promessi  Sposi.,  cap.  XI, 
pag.  214  delle  due  edizioni  raffrontate. 

Testa  di,  etc.  :  Y.  Appendice. 

Testa  di  legno:  vale  come  uomo  di 
paglia.,  prestanome.,  in  dato  negozio  od 
uffizio. 

Testa  di  Turco:  nel  gergo  francese 
téte  de  Ture  =  souffre  —  douleur  :  allu- 
sione alle  teste  di  Turco  nelle  fiere,  su  le 
quali  si  percuote  col  pugno  per  fare  saggio 
di  forza. 

Testata:  Y.  Stazione  di  testa.  Yoce 
ripresa. 

Teste  :  lat.  testis.,  latinismo  del  linguag- 
gio forense  invece  di  testimonio  o  testi- 
mòne.,  e  non  testimone  come  pronunciano 
alcuni  legali  nell'Alta  Italia.  Teste  spiace 
ai  puristi,  come  inutile  latinismo. 

Testimone:  Y.  Teste. 

Testis  unus,  testis  nullus:  motto  della 


Tet 


485 


Tif 


antica  sapienza  giuridica  e  vuol  dire  che 
la  testimonianza  di  un  solo  testimonio  non 
basta  davanti  ai  tribunali  a  stabilire  la 
verità  di  un  fatto. 

Tete  à  tete  :  fr. ,  vale  colloquio  intimo^ 
segreto^  od  è  locuzione  francese  usata  ta- 
lora in  vece  delle  nostre  da  solo  a  solo^ 
a  tu  pei'  tu,  a  quattro  occhi,  da  soli. 
Tete  a  lète  è  tradotto  anche  in  un  assai 
brutto  testa  a  testa  e  v'è,  fra  gli  altri, 
un  esempio  del  Manzoni  nella  prima  edi- 
zione dei  Promessi  Sposi,  cap.  X  :  Ri- 
inasta  poi  «testa  a  testa»,  seconda  ed.  : 
rimasta  poi  «  sola  »  con  ima  giovane 
contadina  inesperta,  non  pensava  più 
tanto  a  contenersi. 

Teterrimo  :  latinismo,  superlativo  di  te- 
ter  =  tetro,  brutto,  deforme,  orrido,  ver- 
gognoso. 

Tetti  (gridare  dai):  cioè  dall'alto,  in 
modo  che  tutti  sentano  e  sappiano  :  dicesi 
familiarmente  di  cosa  fatta  palese  senza 
più  alcun  riguardo. 

Teuf-teuf:  voce  onomatopeica  francese 
per  indicare  l'automobile. 

Thàlatta,  thàlatta,  |  Sei  mir  gegriist, 
du  ewiges  Meer:  mare,  o  mare!  salve, 
mare  eterno.  Così  comincia  Arrigo  Heine 
una  delle  sue  grandi  liriche  (Cannoniere) 
e  vi  pone  per  motto  il  saluto  dà^.arxa  dà- 
Àarra,  con  cui  i  greci  di  Senofonte  salu- 
tarono il  Ponto  (Anabasi  IV,  7,  24).  È 
infatti  il  mare  mirabile  cosa,  anche  perchè 
è  deserto  da  uomini. 

Tlialweg  :  voce  tedesca  vale  fondo  di 
valle,  asse  della  valle,  linea  di  impluvio 
0  impiumo.  Voce  usata  dai  tecnici  e  da 
quei  geografi  pei  quali  l'uso  di  voci  strano 
e  barbare  sembra  segno  di  maggior  sa- 
pienza. 0  non  c'è  un  testo  scolastico  di 
geografia  in  cui  invece  di  governo  è  pre- 
valentemente usato  il  vocabolo  politeia 
(gr.  noXiTeLaY'i  Poveri  bimbi  di  prima 
ginnasiale!  NB.  L'ortografia  moderna  te- 
desca scrivo  Taliveg. 

Tliat  Ì8  the  question:  (Amleto,  atto  III, 
scena  I)  «  Essere  o  non  essere,  ecco  il 
gran  problema  (that  is  the  question).... 
è  più  nobile  cosa  all'anima  il  patirò  i 
colpi  dell'ingiusta  fortuna,  o  ribellandosi 
contro  tanti  mali,  oi)porsi  al  torrente  o 
finirli?  »,  così  Amleto  comincia  il  suo  fa- 


moso monologo,  in  cui  parve  che  lo  Sha- 
kespeare aprisse  nuove  pieghe  dell'im- 
menso involucro  dell'anima.  Ma  il  popolo 
che  giustamente  ama  più  di  ridere  che  di 
pensare,  giacché  nel  ridere  è  la  soluzione 
pratica  dei  più  ardui  problemi  dell'essere, 
rivolse  il  that  is  the  question  a  cose  di 
minore  gravità,  anche  al  modo  di  far  co- 
lazione, di  pagar  un  debito,  etc,  e  così 
dicasi  del  to  he  or  not  to  be. 

Tlie  right  man  in  the  right  place:  V. 
Right  man,  etc. 

Thonné  :  non  è  parola  francese,  che  io 
sappia.  In  una  vecchia  e  reputata  enci- 
clopedia di  cucina  trovo  una  ricetta  per 
donner  au  veau  V  apparence  et  le  gout 
du  thon  marine.  Vitello  thonné  è  modo 
di  dire  creato  a  Milano  come  la  soupe  à 
la  sante.  V.   Tonno . 

Tic:  voce  fr.,  usata  anche  presso  di 
noi,  dal  tedesco  tiken  :=  toccare  lieve- 
mente. Indica  un  moto  convulso,  abituale 
e  cosciente,  risultante  dalla  contrazione 
involontaria  di  uno  o  più  muscoli  del 
corpo,  spesso  riproducente,  in  modo  in- 
tem.pestivo,  qualche  gesto  riflesso  o  auto- 
matico della  vita  ordinaria.  Congiunto  ad 
altri  fenonemi,  è  sintomo  di  alcune  forme 
di  degenerazione  del  sistema  nervoso.  |  Tic 
doloroso  della  faccia,  varietà  di  nevralgia 
facciale. 

Ticlcet:  per  biglietto,  tessera,  è  voce 
inglese  entrata  nel  gergo  francese,  quindi 
nella  nostra  favella  mondana  e,  specie, 
nel  gergo  anglo-francese  delle  corse:  ce 
mot  est  anglais  :  nous  dirions  en  fr.  billct 
ou  carte  (G.  Delesalle,  Dici.  Argot). 

Ti  conosco,  mascherina  1:  familiarmente 
vale  :  non  m'ingamii,  so  il  tuo  giuoco. 
Grazioso  traslato,  tolto  dalle  Donne  cu- 
riose, dello  Zanardini,  atto  IV,  scena  IV. 

Tiflite:  terni,  med.,  infiammazione  del- 
l'intestino cieco  {rvqyÀós,  cieco).  Questa 
voce  medica  perdette  di  valore  poiché  fu 
dimostrato  che  la  più  parto  delle  tifliti 
non  sono  che  peritoniti  localizzato  attorno 
all'intestino  cieco  ed  alla  sua  appendice. 

Tifóne:  (gr.  Tvquóg)  particolare  tempe- 
sta, a  tipo  rotatorio  e  traslatorio  insieme, 
dell' oceano  Indiano  :  comunemente  detto 
ciclone.  Le  trombe,  i  tornados,  il  simoun, 
etc.  sono  venti  teri-estri  di  tipo  oiclonioo. 


Tig 


486 


Tir 


La  regione  dei  veri  cicloni  è  quella  degli 
alisei,  e  la  traiettoria  seguita  è  pressoché 
quella  della  grande  corrente  equatoriale. 
I  diametri  di  questi  turbini  sono  di  pa- 
recchie centinaia  di  chilometri  e  la  velo- 
cità di  traslazione  da  12  a  14  chilometri 
all'ora. 

Tigia:  per  asta^  stelo  dello  stantuffo,  è 
parola  che  talora  ricorre  da  rozzi  mecca- 
nici in  Lombardia,  per  effetto  del  fr.  tige. 

Tilbury  :  parola  ingl.,  dal  nome  dell'in- 
ventore :  specie  di  elegante  baroccino  sco- 
perto. Voce  notata  nei  diz.  francesi. 

Timbro  e  timbrare:  dal  fr.  timóre^  tim- 
brerà in  italiano  bollo^  bollare.  Timbre  in 
fr.  {TVjUJtavov  rad.  tvjttcj  =  batto)  vale 
campana  fìssa  senza  battaglio,  bordoni 
tesi  per  dar  risonanza  sotto  la  pelle  del 
tamburo,  quindi  metallo,  pasta  di  voce  o 
di  suono  ;  tuttavia  la  locuzione  timbro  di 
voce  {timbre  de  la  voix)  è  sancita  dall'uso. 
Per  indicare  quel  carattere  che  distingue 
due  suoni  della  stessa  altezza  quando  sono 
prodotti  da  due  diversi  istrumenti,  i  fi- 
sici sogliono  dire  timbro. 

Time  Ì8  money  :  il  tempo  e  danaro.^ 
ed  è  il  famoso  motto  della  dominatrice 
razza  anglo-sassone,  nel  quale  forse  è  pili 
opportunità  e  impronta  dell'indole  di  quel 
popolo  che  vera  sapienza. 

Che  •"!  perder  tempo  a  chi  più  sa  più  spiace. 
Così  più  saviamente  Dante  nostro  {Purg. 
in,  78).  L'opinione  del  motto  inglese  è 
fatta  derivare  da  questa  sentenza  di  Ba- 
cone: Time  is  the  measure  of  business., 
as  money  is  of  wares.  Cfr.  Teofrasto  in 
Diogene  Laerzio  (V.  2;  n.  10,  40)  che 
avverte  :  jtoÀvTeÀèg  àvàÀcojua  elvai  ròv 
XQÒvov. 

Timeo  Danaos  et  dona  ferentes:  (Verg. 
Eneide,  II,  49).  Dicesi  di  benefìci  inte- 
ressati e  sospetti  [Temo  i  Greci  anche 
quando  arrecano  doni  —  il  famoso  ca- 
vallo di  Troja). 

Timòlo:  sostanza  contenuta  nell'olio  es- 
senziale del  timo  o  del  serpillo.  Usasi 
come  antisettico. 

Timpanismo:  lai.  ty^npanum  =  tam- 
buro :  voce  medica  :  turgore  dell'addome 
prodotto  dai  gas  intestinali. 

Tintinnabulo  o  tintinnabolo:  più  che 
voce   morta,    come   nota  il  Petrocchi,    è 


voce  pedantesca  (lat.  tintinnabuluìn  = 
campanello),  usata  talora  ad  arte  o  per 
celia. 

Tinto  retto  :  nel  gergo  familiare  nostro 
usato  è  talora  questo  sopranome  del  ce- 
lebre pittore  veneziano,  Jacopo  Eobusti 
(1512-1594)  come  allusione  a  persona  che 
suole  tingersi  nel  volto  o  ne'  capelli. 

Tintura:  medicamento  formato  dalla 
dissoluzione  dei  principi  attivi  d'una  o 
più  sostanze  medicinali  in  un  liquido  ac- 
concio (acqua,  alcole,  eterej. 

Tipo:  'per  individuo,  originale,  curioso, 
è  voce  familiare.  Così  in  fr.  type  =  in- 
dividue, excentrique,  originai.  Un  tipo,  un 
certo  tipo  si  dice  spregiativamente.  In 
fr.  type  zzl  individue  quelconque. 

Tiptologia:  (gr.  tvizicù  =  batto  e  kòyog 
^discorso)  dottrina,  ed  interpretazione  delle 
percussioni  del  tavolino  parlante  per  effetto 
di  spiritismo  :  fr.  typtologie,  ingl.  typtology. 

Tiragliatori  :  versione  del  fr.  tirailleurs, 
nome  di  milizia  francese,  instituita  nel 
1840,  destinata  a  far  faoco  in  ordine  sparso 
e  a  volontà  precedendo  il  grosso  dell'e- 
sercito. 

Tiramolla:  detto  delle  funi,  è  voce  no- 
tata dal  Tommaseo:  familiarmente  vale 
tergiversazioni,  indugi,  star  fra  il  sì  ed 
il  no  per  acquistar  tempo  e  consiglio.  Cfr. 
l'antica  canzonetta: 

Tiramolla,  morettina. 

Tirapiedi  :  parola  specialmente  lombarda 
[tirapee)  non  priva  di  forte  efficacia.  Ti- 
rapiedi era  detto  il  garzone,  l'aiutante  del 
boia,  che  tirava  i  piedi  all'impiccato.  Ti- 
rapiedi, nota  il  Cherubini,  è  nel  gergo  il 
religioso  che  conforta  i  morenti  all'ospe- 
dale. Tirapiedi  si  dice  con  isprezzo  ed  in 
gergo  familiare  l'aiutante  di  qualcheduno, 
che  gli  è  pedissequo,  adulatore  e  simili. 

Tirare:  nel  linguaggio  della  scherma 
vale  battersi,  ma  non  in  duello,  bensì  per 
esercizio.  (V.  anche  V Appendice). 

Tirare  a  palle  infocate:  muovere  guerra 
aspra  e  di  fazione  contro  persona  o  isti- 
tuzione :  frase  frequente  nel  linguaggio 
della  politica  e  dei  giornali. 

Tirar  giù  a  campane  doppie  :  dime  dì 
ogni  sorte  con  impeto  e  rabbia,  sfogarsi, 
dir  male,  etc,  locuzione  familiare,  tolta 
dal    suonare   doppio    delle   campane    che 


Tir 


—     487 


Toa 


l'una  succede,  rafforzando,  nell'intervallo 
dell'altra. 

Tirar  la  carretta:  locuzione  nostra  fa- 
miliare, efficace  se  non  eletta,  tolta  dal 
somiere  che  si  guadagna  la  vita  trasci- 
nando il  carretto  :  vale  vivere  miseramente 
dell'umile  o  mal  ricompensato  lavoro  quo- 
tidiano :  include  anche  l'idea  del  lavoro 
fatto  per  necessità  della  vita,  senza  en- 
tusiasmo ne  fede.  In  fr.  trainer  la  charme. 

Tirar  l'acqua  al  suo  mulino:  operare 
a  proprio  vantaggio.^  locuzione  popolare 
tolta  dal  mugnaio  che  sottrae  acqua  al- 
trui per  averne  in  maggior  copia  per  sé  : 
non  esclusa  quindi  l'idea  di  frode. 

Tirar  sassi  in  colombaia:  far  cosa  con- 
traria agli  interessi  propri  e  degli  amici 
e  soci  :  locuzione  familiare. 

Tirar  su  :  in  dialetto  bolognese  adulare.^ 
lusingare.^  lustrare,  dar  delVolio. 

Tirata  o  tiratina  d'orecchi:  lett.,  si- 
stema di  punizione  assai  comoda  e  natu- 
rale coi  bimbi  riottosi,  giacché  é  così  facile 
e  vengono  così  bene  sottomano,  le  orec- 
chie :  però  è  deformante,  e  poco  gentile. 
Per  estensione  vale  rabbuffo.,  rimprovero.^ 
e  talora  si  dice  in  senso  quasi  di  atte- 
nuazione come  a  dire  «  cose  da  fanciulli  !  ». 
Così  il  Carducci  dopo  aver  con  roventi 
parole  bollata  la  protervia  di  un  certo  gio- 
vinetto che  gli  avea  dedicata  una  lirica 
barbara  in  tutti  i  sensi  in  lode  delle  Ghite 
teutoniche  e  in  oltraggio  delle  Lucrezio 
italiane,  pallide  di  sifilide,  annota  :  «  La- 
sciando ristampare  questa  tirata  d'orecchi., 
avverto  per  la  terza  o  quarta  volta  i  si- 
gnori ragazzi  italiani  che  io  non  rasso- 
miglio a  Gesù  Cristo  né  meno  nel  Sinite 
parvulos»^  etc.  V.  Protesta.,  in  Confes- 
sioni e  Battaglie. 

Tire  à  quatre  épingles:  espressiva  lo- 
cuzione francese,  volgarizzata  in  «  essere 
tirato  a  quattro  spilli  v>,  cioè  essere  così 
bene  e  ricercatamente  vestito,  che  non 
c'è  una  piega  fuori  di  posto. 

Tiremm  innanz:  andiamo  avanti  (al 
patibolojl  fumosa  risposta  di  Antonio  Sciesa, 
popolano  milanese,  martire  dell'Indipen- 
denza italiana  (1851),  al  capitano  auditore 
che  por  indurlo  a  rivelare  i  complici,  lo 
fece  sotfermaro  dinanzi  alla  sua  dimora, 
promettendo  salva  la  vita.  Della  autenti- 


cità della  frase  umile  e  sublime  disputano 
gli  spolveratori  della  Storia.  Essa  frase  è 
consacrata  nella  tradizione,  come   da  e- 

sempio:    « noi   ricordiamo  Pasquale 

Sottocorno  lo  sciancato  che  tra  le  scariche 
va  ad  incendiare  i  ridotti  tedeschi;  noi 
ricordiamo  Carlo  Zima  che  incendiato  dai 
Croati,  si  avvinghia  alle  bestie  nemiche  e 
le  incatena  con  sé  ad  una  morte  ;  nói  ri- 
cordiamo il  Tiremm  innanx  dello  Sciesa. 
E  tirammo  innanzi,  col  re  che  fulminò  a 
S.  Martino,  con  Giuseppe  Garibaldi  mo- 
narchico che  ricacciò  coi  calci  dei  fucili 
alle  spalle  gli  imperiali  austriaci  da  Va- 
rese a  Como,  con  Giuseppe  Garibaldi  re- 
pubblicano che  raccolse  una  tedesca  ban- 
diera lasciata  sur  un  mucchio  di  morti 
tedeschi  dagli  imperiali  prussiani  ».  (Giosuè 
Carducci,  Confessioni  ebattaglie  .^Protesta). 

Tiretto:  voce  dialettale  e  familiare  mi- 
lanese (tirett).,  per  eassetto  e  cassettino, 
dal  fr.  tiroir.  Eipresa  dai  puristi  ;  vero 
è  che  è  spontaneamente  evitata,  come 
avviene  di  molti  francesismi. 

Titanico  :  come  attributo  di  ingegno., 
sformo.,  opera  e  simili,  vale  poderoso, 
forte  ed  audace  come  le  imprese  dei  Ti- 
tani, (i  figli  del  Cielo  e  della  Terra  che 
mossero  guerra  a  Giove). 

Tizianesco:  si  dice  specialmente  de' 
capelli  di  donna,  per  indicare  un  bel  co- 
lore aureo  e  fulvo,  quale  è  frequente  nei 
quadri  del  Tiziano.  Aggettivo  usato,  fra 
altri,  dal  Lanzi  nella  sua  Storia  della 
pittura^  I  giovani  tizianeschi,  dice  il 
Carducci  nell'ode  al  Cadore.  V.  Raffael- 
lesco. 

Tizio,  Caio,  Sempronio:  triade  di  nomi, 
comune  nelle  esemplificazioni  antiche,  oggi 
usata  per  designare  facetamente  tre  per- 
sone di  cui  è  inutile  fare  il  nome,  e  per 
lo  più  in  racconti  giocosi.  Titius,  Cajus 
et  Sempronius^  così  riuniti  come  designa- 
zione schematica,  ricorrono  in  Irnerio, 
giurista  bolognese  (V.  Gaudonzi,  Storia 
del  cognome  a  Bologna  nel  sec.  XIII. 
Bull,  dell' Ist.  stor.  ital..,  n.  19,  pag.  39. 

Toast:  voce  ingl.,  accolta  no'  dizionari 
francesi  o  da  noi  usata  nel  linguaggio  si- 
gnorilo 0  nello  relazioni  di  banchetti  di- 
plomatici in  voce  di  brìndisi.  V.  questa 
parola.   Toast  vaio  letteralmente  tostato., 


Tob 


488     - 


Tok 


cioè  fetta  di  pane  abbrustolito,  che  sole- 
vasi  inzujjpare  nel  bicchiere,  propinando. 

To  be,  or  not  to  be:  ingl.,  «  essere  o 
non  essere  »  filosoficamente  è  il  dilemma 
dell'esistenza,  se  essa  è  veramente  o  non 
è  illusione.  Cfr.  Cogito,  ergo  sum.  Ma  si 
dice  in  più  facili  e  miti  sensi.  Vedi  That 
is  the  question  e  vedi  Essere  o  non  essere. 

Toccante  :  per  commovente.,  è  brutto 
gallicismo  {touehant).  Ma  non  mi  pare 
molto  dell'uso.  (È  vero  che  toccare  vale 
compungere.,  commuovere.,  ma  si  richiede 
l'oggetto.  Es.  tocca  il  cuore.  Vedi  più 
ampiamente  il  Eigutini  {op.  cit.\  p.  50. 

Toccare  (un  porto):  detto  delle  navi, 
vale  entrare  e  fermarsi  per  breve  tempo 
in  detto  porto  o  rada.  Voce  classica. 

Toccasana  :  familiarmente  vale,  rimedio 
pronto.,  2Janacea  di  ogni  male.  Eicorre  in 
senso  morale. 

Toccio:  voce  del  dialetto  veneziano, 
l'intingolo.,  il  sugo  delle  vivande.,  in  mi- 
lanese pòccia.,  onde  i  due  corrispettivi 
verbi  tocciàr  e  poccià  =  intingere  :  da  un 
probabile  poculum  latino?  In  fiorentino 
volgare,  poccia  =  mammella. 

Tocco:  giuoco  plebeo  dei  bevitori  nel 
Napoletano  e  nell'Italia  meridionale.  Si 
numera  su  le  dita,  e  il  preferito  dalla 
sorte  nomina  un  padrone  e  un  sotto  pa- 
drone di  una  certa  quantità  di  vino  (cor- 
rispondente per  lo  più  ad  un  bicchiere  a 
testa),  i  quali  ne  diventano  arbitri  e  fanno 
bere  chi  vogliono.  Talora  il  giuoco  fi- 
nisce con  delle  risse  e  non  manca  il  clas- 
sico coltello.  Nel  Lazio  dicesi  passatella. 

Toeletta:  V.  Toilette. 

Togo:  voce  di  gergo  vale  buono.  Per 
l'etimologia,  V.  lo  Zaccaria  {op.  cit.). 

Toilette:   ecco  materia   a  scrivere  un 

volumetto.  Vediamo  di   riassumere:  Me- 

tastasio  nelle  Cinesi  ha: 

eccomi  alla  toeletta 
ritoccando  il  tuppè. 

Il  Parini  {Mattino,  482-483)  dopo  molto 

emendare,  lasciò  scritto: 

Ecco,  te  pure 
la  tavoletta  attende. 

Il  Monti,  nella  Feroniade.,  Ili,  la  chiama  : 

sacra 
alla  beltade,  inacessibil  ara 
che  non  hai  nome  in  cielo  e  tra'  mortali 
da  barbarico  accento  la  traesti 
cui  le  Muse  abborrir. 


Le  voci  proposte  dai  puristi  sono  abbi- 
gliatoio.,  specchio.,  (V.  Dante  Par.  XV), 
spogliatoio.,  ma  non  sono  concordi.  E  ac- 
cogliendo una  di  queste  voci,  come  for- 
mare la  frase  fare  toilette  più  facile  a 
condannare  che  a  togliere?  Il  Rigutini 
fondandosi  sull'uso  del  popolo,  accetta 
toeletta:  Ma  a  due  condizioni,  prima  che 
«  si  scriva  e  si  pronunzi  a  questo  modo, 
toeletta  »,  la  seconda  che  «  si  rigetti  per 
abbigliamento  di  una  signora,  come  si  ri- 
getti la  maniera  far  toelette.,  per  abbi- 
gliarsi »  perchè,  se  può  accordarsi  il  pas- 
saggio dalla  tela  che  si  stende  sul  tavolo 
(toile)  al  mobile  ed  alla  stanza  ove  ci  si 
veste,  non  regge  il  passaggio  all'abito  ed 
all'acconciatura.  Quanto  alla  prima  con- 
dizione la  scrittura  e  la  pronuncia  sono 
delle  più  incerte  :  toelette.,  teletta.,  toletta., 
toeletta.,  quanto  alla  seconda  davvero  non 
meritava  il  conto  di  accogliere  toelette  e 
poi  non  volere  i  sensi  estosi  e  derivati  in 
cui  sta  il  segreto  e  la  forza  del  vocabolo, 
anche  se  audaci.  Quanto  alla  scrittura, 
altri  infine  vorrebbe,  e  c'è  chi  usa.,  tavo- 
letta. Ma  chi  dirà  :  la  tal  signora  aveva 
una  bella  tavoletta?  Concludendo  :  la  voce 
è  da  antico  fra  noi  e  segna  il  dominio 
della  eleganza  francese  sino  dal  '700  :  non 
si  è  assimilata  alla  grafia  italiana:  pre- 
vale anzi  nell'uso  la  scrittura  e  il  suono 
francese  toilette.  Detto  specialmente  di 
signorili,  compiute  e  mondane  vesti  mu- 
liebri e  di  ricercati  abbigliamenti  e  mun- 
dizie,  la  parola  e  la  frase  sono  comuni 
anche  ad  altri  linguaggi. 

Toilette  :  detta  dei  condannati  alla  ghi- 
gliottina, consiste  nel  recidere  i  capelli 
e  tagliare  il  colletto  della  camicia  al  pa- 
ziente affinchè  la  mannaia  recida  meglio. 
Costume  e  locuzione  francese.  L'antica 
umanità  italica,  più  forte  che  le  disqui- 
sizioni dottrinali,  ha  abolita  la  pena  di 
morte  legale  fra  noi. 

Toilette  lingerie:  voce  effimera  della 
moda.  V.  Linge. 

Tolcay:  Tokay,  villaggio  dell'alta  Un- 
gheria, da  cui  proviene  il  famoso  vino  di 
questo  nome. 

L'unico  al  mondo  imperiai  Tokay 

Alfieri. 


Tol 


—    489 


Tor 


l'ungarese 
bottiglia,  a  cui  di  verdi  ellere  Bromio 
concedette  corona,  e  disse:  Or  siedi 
de  la  mensa  regina. 

Parini,  Il  Mattino,  81. 

Tole:  voce  fr.,  anticamente  taule^  dal 
latino  tabula  quindi  lamiera^  ferro  ri- 
dotto in  lamine.  Il  dialetto  milanese  ha 
la  voce  tolla.^  derivata  dal  francese  tole  e 
vale  banda.,  latta  (onde  la  locuzione  faccia 
de  lolla  =  (siGcìa  di  lamiera,  viso  di  bronzo, 
faccia  da  schiaffi,  impudente).  Alcuni  rozzi 
scrittori  di  meccanica,  trovando  in  fran- 
cese Iole  e  ricordando  il  lolla  milanese, 
ingannati  dal  suono,  credono  di  ben  tra- 
durre per  lolla.,  invece  di  lamiera.  In 
francese  quello  che  si  dice  in  milanese 
lolla  (latta)  è  fer  blanc. 

lolla:  voce  milanese,  V.  Toh. 

Tolstoismo  :  nome  dato  ad  una  tendenza 
filosofica,  propugnata  con  gli  scritti  e  con 
l'esempio  dal  romanziere  russo  Leone 
Tolstoi.  Difficile  a  definire:  misticismo 
cristiano,  idealità  socialista,  rinunzia,  ria- 
zione alle  nuove  forme  di  individualismo 
e  di  tirannide  moderna,  ne  sono  le  basi. 

Tornate  :  la  voce  è  di  origine  spagnuola 
tornata.,  e  a  sua  volta  gli  spagnuoli  la 
debbono  aver  tolta  dall'indiano  essendo 
questo  noto  frutto  originario  del  Perù  o 
del  Messico,  terre  primamente  (sec.  XYI) 
occupate  dagli  Spagnuoli.  I  francesi  oltre 
che  tornate  dicono  anche ^omme  d'amour: 
in  italiano  pomidoro.  Ma  nella  Lombardia 
e  nell'alta  Emilia  è  più  in  uso  e  volgare 
la  voce  tornate.  Non  esce  dal  dialetto. 

Tombino:  in  romagnolo  vale  ponticello 
di  piccolo  arco.  Tombin  in  milanese  vale 
chiavica.  Tombon.,  basso  archivolto  in  cui 
sprofonda  un  canaio  che  immette  in  un 
altro.  Quello  di  S.  Marco  è  tristamente 
celebre  pe'  suicidi.  Molti  luoghi  fra  Marca 
e  Romagna  hanno  il  comune  nome  di 
tomba  (luogo  elevato). 

Tommy:  vuol  dire  semplicemente  Tom- 
maso ;  ma  noi  ceto  mondano  paro  talora  pre- 
feribile il  nome  ingl.  V.  Snob  e  V.  Marie. 

Tommy  Aktins  :  nomignolo  familiare  del 
soldato  inglese. 

Tonnè  (vitello):  Non  è  parola  francese. 
V.   Thonné. 

Tonneau    {à)\    occorre    nel    linguaggio 


dello  s'port  questa  voce  francese  per  in- 
dicare gli  automobili  che,  oltre  ai  due 
posti  dinanzi,  hanno  anche  posti  poste- 
riori chiusi  (quasi  a  botte)  per  altri  pas- 
seggeri. 

Tontina:  voce  oramai  fuor  dell'uso, 
giacche  si  dice  assicurazione  su  la  vita. 
Tale  nota  forma  di  contratto  prende  nome 
da  Lorenzo  Tonti,  napoletano,  che  ne  fu 
trovatore  e  lo  propose  al  Mazzarino  (1653): 
onde  ebbe  nome  francese,  tontine.,  tra- 
dotto in  tontina. 

Tonto  :  intontito^  instupidito.  Voce  ro- 
manesca. 

Tony  :  in  inglese  vale  semplicione.  Ora 
in  molti  circhi  equestri  il  pagliaccio,  che 
fa  lo  stupido  di  mestiere,  è  chiamato  Toìiy  : 
così  è  che  questa  parola  è  usata  talvolta 
popolarmente,  in  ispeciali  locuzioni. 

Topica:  usano  questa  parola  familiar- 
mente a  Milano  per  sbaglio.,  granchio., 
sbadataggine.,  ciò  che  i  francesi  dicono 
bevue.,  gaffe.  Topica  è  la  nota  voce  dotta, 
sformata  a  tale  senso  dal  popolo  :  una  delle 
parole  pedantesche  dei  Don  Ferranti  del 
Seicento. 

Toponomàstica:  lett.  dal  greco,  nome 
dei  luoghi:  studio,  cioè,  sull'origine  dei 
nomi  dei  luoghi.  Sinonimo,  onomatolagia, 
scienza  recente.  Cultori  presso  di  noi,  il 
Flechia,  l'Ascoli  ed  altri. 

Top  weight:  Y.  Light  weight. 

Toque  :  voce,  pare,  di  origine  celtica, 
toc,  già  da  antico  passato  in  italiano  in 
tocco.,  e  valse  ad  indicare  il  beretto  pic- 
cino e  senza  orlo  de'  giudici  e  de'  let- 
tori :  uso  e  parola  quasi  in  disuso.  Ma  si 
dice  oggi  toque.,  in  francese,  per  indicare 
una  forma  di  grazioso  cappello  muliebre, 
tondo,  piatto  con  lieve  ala  rivoltata. 

Toracèntesi  :  termine  medico,  dal  greco 
idÓQa§  =  petto  e  uevrelv  =  forare  :  atto 
operatorio  che  consiste  nel  forare  la  pa- 
rete toracica  con  un  trequarti  per  estrarre 
il  liquido  prodottosi  nella  pleura  o  nel 
pericardio. 

Toracotomìa  :  termine  medico  ;  dal  greco 
dóga^  =  potto  e  tofu)  rr:  taglio  :  opera- 
zione chirurgica  che  consiste  nell'apertura 
del  torace. 

Torbido:  per  tumulto.,  soinmossa^  tur^ 
bamento.,  agitaxione  politica^  prodromi 


Tor 


—    490     — 


Tor 


di  una  rivolta^  è  voce  ripresa  dai  puristi 
come  gallicismo  (troubles). 

Torchère  :  fr.  da  torche^  in  italiano  tor- 
cia^ candelabro. 

Torchietto  di  Tanlongo:  locuzione  effi- 
mera popolare,  vale  macchina  per  batter 
moneta  falsa:  dicesi  lepidamente  ed  iro- 
nicamente. La  locuzione  trae  origine  dalla 
emissione  di  una  serie  duplicata  di  bi- 
glietti da  mille  dalla  liquidata  Banca  ro- 
mana^ di  cui  era  direttore  certo  proposto 
a  senatore,  Bernardo  Tanlongo  :  uno  dei 
tanti  episodi  sudici  della  gran  vita  eco- 
nomico-politica d'Italia.  L'oblio  e  il  riso 
italiano  vi  passano  sopra. 

Torchon:  fr.,  strofinaccio^  canevaccio; 
ma  ricorre  la  voce  francese  per  indicare 
una  specie  di  tessuto  a  grossa  trama. 

Toreador  o  Torero  :  voce  spagnuola,  ac- 
colta nel  diz.  francese  :  termine  generico 
per  indicare  colui  che  prende  parte  alle 
cacce  del  toro  nei  circhi  {Corrida).  To- 
reador.^ da  torear  =  combattere  il  toro. 
Vocabolo  popolare  per  effetto  della  Carmen 
del  Bizet. 

Torista:  la  versione  più  accolta  nell'uso 
del  francese  touriste.,  è  turista.  V.  questa 
parola. 

Tornichetto:  V.  Tourniquet. 

Tormenta:  tempesta  di  neve.,  e  per  lo 
più  si  dice  delle  Alpi  :  dal  fr.  tourmente 
(da  tormentare  o  da  un  possibile  turbi- 
mentum  della  bassa  latinità?).  Cfr.  turbo., 
turbine. 

Tornados:  Y.  Ciclone. 

Tornate  a  riveder  li  vostri  liti:  verso 
della  mirabile  allegoria  con  cui  comincia 
il  secondo  canto  del  Paradiso  dantesco  : 
vale  la  metafora  popolare,  tornate  a  casa., 
tornate  indietro,  detta  con  senso  ironico 
di  chi  si  accinge  o  presume  ad  alta  im- 
presa con  impari  coscienza  e  conoscenza. 

Tornatura:  nome  di  antica  misura  a- 
graria  di  superficie  usata  in  Eomagna, 
come  la  pertica  in  Lombardia,  la  biolca 
nell'alta  Emilia  e  in  parte  delle  terre  lom- 
barde confinanti  col  Po.  Le  antiche  mi- 
sure italiche  furono  sostituite  da  quelle  a 
sistema  metrico  decimale  per  legge  del 
27  ottobre  1803,  anno  secondo  della  Ee- 
publica  italiana.  Un  quadrato  di  100  metri 
di  lato  costituiva  la  nuova  tornatura.,  pari 


dunque  all'ettaro.  Se  non  che  nell'uso 
prevalse  e  prevale  la  misura  delle  toma- 
ture  vecchie.,  varie  alla  lor  volta  da  città 
a  città.  Eagguagliate  all'ettaro,  variavano 
da  0,2080  (Bologna)  a  0,3417  (Eavenna), 
cioè  fra  il  terzo  e  il  quarto  dell'ettaro. 
La  tornatura  si  divideva  in  tavole. 

Torniamo  all'antico:  sentenza  di  G.  Ver- 
di, non  tanto  in  opposizione  all'arte  nuova 
0  musica  dell'avvenire,  quanto  in  difesa 
della  severità  degli  studi.  Questa  frase, 
che  con  largo  riferimento  all'arte  in  ge- 
nere, godette  di  una  certa  notorietà,  leg- 
gesi  nella  forma  tornate  all'antico  in  una 
lettera  a  T.  Florimo,  bibliotecario  del 
E.  Collegio  di  musica  a  Napoli,  con  data 
5  gennaio  1871. 

Torototella:  nome  di  menestrello  lombar- 
do (Bergamo,  Brescia),  un  tempo  frequente, 
il  quale  suole  fare  allusione  agli  uditori 
con  rime  improvvisate  e  stroppiate,  e  termi- 
nanti col  ritornello  tor  ototela  torototà. 

Torpedinare:  si  usa  nel  senso  di  col- 
pire con  torpedine:  è  verbo  notato  dal 
Guglielmotti  {op.  cit.,)  nel  senso  di  metter 
l'opera  in  lavori  attinenti  a  torpedini 
(fr.  torpiller). 

Torpèdine:  terribile  e  gran  proiettile, 
caricato  con  materia  esplodente,  di  lancio 
subacqueo,  da  nave  a  nave.  Manovra  au- 
dace e  difficile  1  Dal  nome  del  noto  pesce 
elettrico.  Torpedine  (lat.  torpedo.,  pesce 
che  col  contatto  fa  intorpidire,  torpóre.,  le 
membra).  Questa  macchina  subdola  e  or- 
renda —  frutto  del  genio  della  età  nostra 
—  fece  le  sue  grandi  assise  nella  guerra 
russo-giapponese  (1904).  Torpedini  dor- 
mienti sono  dette  le  mine  subacquee. 

Torpediniera:  piccola  nave  da  guerra, 
a  vapore,  velocissima,  assegnata  a  lan- 
ciare torpedini  contro  le  navi  nemiche. 
Torpediniera  d'alto  mare.,  atta  a  tenere 
il  mare  per  pili  lungo  tempo  in  modo 
autonomo,  cioè  nave  di  rifornimento  e 
proporzioni  maggiori,  laddove  la  torpedi- 
niera è  di  servizio  costiero.  Ariete-torpe- 
diniera., specie  di  incrociatore,  velocissimo, 
munito  di  sprone  e  tubi  di  lancio. 

Torquemada:  nome  del  Grande  Inqui- 
sitore spagnuolo,  divenuto  antonomastico, 
per  martoriatore,  persecutore.,  inquisitore 
crudele  e  fanatico.  V.  Santo   Ufficio. 


Toi- 


—     491 


Tou 


Torrenziale:  come  attributo  di  pioggia, 
spiace  ai  puristi  (fr.  torrentiel)^  lo  san- 
cisce l'uso,  e  d'altronde  lo  locuzioni  a 
catinelle^  a  orei^  a  bigonci^  come  Dio  la 
vianda^  a  bocca  di  barile  etc,  scossone^ 
rovescio^  non  vi  corrispondono  bene. 

Torsade:  fr.,  termine  moderno  di  pet- 
tinatura muliebre  :  specie  di  treccia  lenta 
fatta  con  due  filze  di  capelli  :  intesi  dire 
anche  tortillon.  In  tale  senso  cotesta  pa- 
rola è  nota  fra  noi  (propr.  vale  passa- 
mano). 

Tortello:  Y.   Cappelletti. 

Tory:  nome  dato  ai  componenti  di  uno 
dei  due  grandi  partiti  storici  inglesi,  Torys.^ 
conservatori,  e  Whigs.,  liberali.  Il  nome 
che  suonava  dileggio,  press' a  poco  come 
la  già  usata  parola  malva.,  come  forca- 
iuolo,  ovvero  come  brigante  che  in  Ro- 
magna si  disse  talora  dei  monarchici,  fu 
dato  da  prima  ai  partigiani  del  re  d' In- 
ghilterra, Carlo  n  Stuardo  (1630-1685)  fi- 
glio del  decapitato  re  Carlo  I.  In  seguito, 
come  avviene  in  simili  casi,  la  parola  tory 
perdette  il  senso  spregiativo  e  gli  stessi 
sostenitori  dei  diritti  della  corona  e  del 
clero  se  ne  fregiarono. 

Sir  John  Bull  propagatore 
delle  macchine  a  vapore 
manda  i  tory  a  rotoli. 

(Giusti,  Dies  Trae). 

Tosa:  voce  milanese  che  non  esce  dal 
vernacolo,  benché  non  manchino  esempi 
letterari,  vale  ragazxa,  bimba  (al  plurale 
nel  dialetto,  tosami,  tosanett).  «Intender 
vollono  alla  melanese,  che  fosse  meglio  un 
buon  porco  che  una  bella  tosa  »,  Boccac- 
cio. Il  Manzoni  usò  tosa  una  sol  volta  nella 
prima  edizione  dei  Promessi  Sposi  «  po- 
vera tosa  »,  capitolo  III.  Tosa  è  voce  del 
basso  latino,  sorta  sotto  il  dominio  longo- 
bardo, ma  la  ragione  storica  è  controversa. 
Da  tonsa  =  tosata,  secondo  costume  ser- 
vile, imposto  dai  chiomati  dominatori  alle 
donne  italiche?  da  intonsa^  dotto  delle  don- 
zelle pe'  capelli  lunghi  rispetto  alle  ma- 
ritato che  portavano  cuffia? 

Tossina  :  voce  del  linguaggio  della  scien- 
za medica:  veleno  solubile  (cfr.  tossico)., 
secreto  dai  bacteri,  sia  nell'organismo  sia 
nelle  colture  artificiali.  La  nuova  scienza 


medica  attribuisce  alle  tossine  la  più  parte 
dei  sintomi  delle  malattie  che  hanno  ori- 
gine dai  microbi. 

Totalizzatore:  dalfr.  totalisateur,  banco 
delle  scommesse  alle  corse,  in  cui  il  totale 
delle  somme  scommesse  è  diviso  in  modo 
proporzionale  al  numero  delle  puntate. 
V.  Pari  mutue  l. 

Tòtano:  è  il  nome  toscano  e  registrato 
del  lo  Ugo  vulgaris,  squisito  mollusco  di 
mare,  del  gruppo  dei  cefalopòdi  (cioè 
aventi  il  capo  coronato  da  tentacoli  o 
piedi),  il  quale  sul  litorale  Adriatico  è  piij 
noto  col  nome  di  calamaio  o  calamaretto., 
dal  nero  che  secerne.  Senonchè  questo 
è  più  piccino,  ma  più  polputo  e  saporito 
di  quello.  Ben  lo  sanno  i  buongustai,  pei 
quali  un  piatto  di  calam aretti  fritti  è  di 
gi'an  pregio. 

Totis  viribus:  lat,,  con  tutte  le  forze. 

Toujours  perdrix:  letteralmente  sempre 
pernici,  cioè  sempre  pernici  stancano! 
E  pur  la  pernice  è  squisitissima  caccia- 
gione! Avvertasi,  fra  parentesi,  che  pe' 
francesi  è  più  esatto  scrivere  toujours  des 
perdrix.  Toujours  perdrix  sarebbe  un 
italianismo  da  riprendersi,  tenendo  essi 
molto  alla  proprietà  della  loro  favella. 
Questo  fine  motto  francese  ha  paternità 
incerta  come  avviene  di  molte  arguzie. 
Secondo  alcuni  si  riferirebbe  ad  Enrico  IV, 
secondo  altri  a  Luigi  XIV  :  lo  intesi  anche 
riferire  a  re  Bomba,  Ferdinando  II.  Co- 
munque sia,  il  confessore  rimproverava 
al  re  le  troppo  frequenti  divagazioni  dal 
talamo  coniugale.  Tacque  il  re,  e  il  di 
seguente  cominciò  ad  imbandire  al  con- 
fessore pernici,  e  il  dì  dopo  pernici,  e  il 
terzo  giorno  pernici,  e  così  di  seguito. 
Disse  il  confessore:  «  Ma  insomma?  Tou- 
jours  des  perdrix?  »  E  il  re  :  «  Toujours 
reine?  ».  Meno  fine,  ma  di  esatta  rispon- 
denza al  motto  francese  è  il  nostro,  di 
origine  schiettamente  popolare:  Il  pan  di 
casa  stufa! 

Toujours  trop  tard:  Y .  Nous  arrivons 
toujours  trop  tard. 

Toupet:  è  in  fr.  il  nostro  ciuffo.  Si  dice 
figuratamente  avere  il  toupet.,  por  diro 
aver  l'ardirò,  la  sfrontatezza,  la  faccia  tosta 
di  fare  qualcosa.  L'origino  storica  dolla  lo- 
cuzione, siccome  spiega  il  Littró,  non  ci 


Tou 


492 


Tou 


farebbe  molto  onore:  Avoir  du  toupet  s'est 
dit  parce  que  les  Bravi  italiens  laissaient 
croUre  un  toupet  qu'ils  portaient  sous 
leur  chapeau^  le  ramenant  sur  leur  vi- 
sage^  le  coup  fait^  pour  n'étre  point  re- 
connus.  E  il  Manzoni  [P.  S.^  Gap.  Ili]: 
«  il  ciuffo  era  quasi  una  parte  dell'arma- 
tura e  un  distintivo  dei  bravacci  e  degli 
scapestrati,  i  quali  poi  da  ciò  vennero 
chiamati  ciuffi  ». 

Tour  de  cou  :  voce  francese  della  moda, 
collana. 

Tour  de  force:  letteralmente  giro  di 
forxa^  sfor%o  e  dicesi  o  per  celia  o  sul 
serio  di  azione  compiuta  con  abilità  e  pre- 
stezza, fuori  del  consueto.  E  fra  le  locu- 
zioni francesi  più  comuni  presso  di  noi. 

Touriste:  V.  Turista. 

Tournée:  è  parola  francese  usitatissima 
anche  da  noi  per  indicare  quel  giro  che 
0  gli  attori  in  voga  o  i  sonatori  di  grido 
0  le  compagnie  drammatiche  fanno  all'e- 
stero 0  per  varie  città.  Anche  in  questo 
caso  la  parola  francese  indica  eccellenza. 
La  Duse,  il  Mascagni  faranno  una  tournée.^ 
non  mai  un  giro.  Di  una  compagnia  di 
poveri  guitti  non  si  dirà  una  tournee. 

Tournedos  :  voce  della  culinaria  fran- 
cese ed  indica  un  piatto  di  filetti  di  bue; 
essa  è  tradotta  in  italiano  con  la  consueta 
libertà  con  cui  si  rendono   simili  parole. 

Tourniquet:  fr.,  arganello.^  arnese  fatto 
di  una  croce  di  legno,  girevole,  posta  o- 
rizzontalmente  su  di  un  suggesto  per  far 
passar  le  persone  una  ad  una:  costruito 
con  arte,  serve  a  contare  e  far  entrare  la 
gente  ad  uno  ad  uno  nei  luoghi  publici  a 
pagamento  :  contatore.  Tourniquets  si  di- 
cono anche  quelle  strade  a  giravolta  o  a 
nastro  o  a  zig-zag  clie  servono  a  vincere 
le  fortissime  pendenze  in  montagna.  Le 
parole  italiane,  usate  o  proposte,  sono  sca- 
lone a  serpe^  serpentina  e  anche  torni- 
chetto.  Nell'Appennino  tosco-romagnolo, 
girata  (zireda). 

Toussaint:  la  gente  di  molto  raffinata 
mondanità  invece  del  comune  Ognisanti 
(la  festa  istituita  sino  dal  731  da  papa 
Gregorio  III  in  onore  di  tutti  i  santi)  dice 
talora  la  Toussaint^  alla  francese. 

Tous  les  genres  sont  bons,  hors  le  genre 
ennuyeux:   acuta  e   arguta  sentenza  del 


Voltaire  a  proposito  di  arte  drammatica 
e  di  commedie,  e  che  si  ripete  oggi  per 
ogni  forma  dell'arte.  Leggesi  nella  pre- 
fazione de  L'Enfant  prodigue,  commedia. 

Tout  à  l'egout:  {tutto  alla  fogna)^  lo- 
cuzione francese  usata  per  indicare  le  fo- 
gnature a  circolazione  continua  :  a  sistema 
romano. 

Tout-court  :  l'italiano  ha  senz'altro^  alle 
corte^  alle  spicce^  per  farla  corta^  etc. 
Ma  per  molti  è  più  sottomano  e  pare  più 
efficace  il  modo  francese. 

Tout  de  méme  :  locuzione  comune , 
specialmente  nelle  terre  subalpine,  per 
indicare  una  muta  od  un  abito  tutto  di 
una  stoffa  :  non  è,  che  io  sappia,  in  fran- 
cese. In  fr.  si  dice  hahillement  compiei 
0  neologicamente,  compiei.  Altro  caso  di 
parole  francesi  coniate  in  Italia  come  no- 
tes., Voltaire.,  vino  brulé,  etc.  quasi  che 
quelle  veramente  francesi  non  bastassero. 

Tout  de  suite:  fr.  subito. 

Tout  ou  rien:  al  tout  de  suite  appaio 
quest'altro  modo  francese,  o  tutto  o  nulla. 
Ma  no!  detto  in  francese  è  più  efficaca: 
ecco  un  esempio:  «Per  conto  mio  sono 
un  avversario  irreconciliabile  dell'oppor- 
tunismo, ma  non  sono  neppure  un  parti- 
giano del  Tout  ou  rien  » .  Chi  scrive  così 
è  un  regio  professore  ! 

Toute  la  lyre:  tutta  la  lira:  titolo  di 
una  raccolta  postuma  di  liriche  di  Vittore 
Hugo  :  locuzione  accolta  dal  giornalismo 
francese  per  indicare  tutto ^  con  entusiasmo., 
in  amplissimo  senso  e  spesso  ironicamente. 
Locuzione  usata  anche  presso  di  noi. 

Tout  finit  par  des  ohansons:  verso  del 
Beaumarchais,  {Mar iage  de  Figaro).  Cfr. 
il  motto  La  France  est  un  gouvernement 
absolu,  tempere  par  des  chansons.  [Gham- 
fort^  Caractères  et  anecdotes.  Opere  scelte). 

Tout  le  monde:  modo  iperbolico,  come 
è  natura  della  lingua  francese,  invece  di 
tutti. 

Tout  Paris:  voce  del  gergo  francese: 
la  gente  elegante,  la  gente  nota  o  note- 
vole, che  non  suole  mancare  nelle  riu- 
nioni intellettuali  o  mondane. 

Tout  passe,  tout  casse,  tout  lasse: 
tutto  passa.,  tutto  si  infrange^  tutto  viene 
a  noia^  motto  francese  di  un  certo  con- 
sumo fra   noi   nella   filosofìa  spicciola    e 


Tou 


493 


Tra 


facile  della  gente  mondana.  Come  ag- 
giunta lepida  e  scettica  si  aggiunge  et  tout 
se  remplace.  Deve  essere  motto  recente, 
se  non  come  origine,  come   diffusione. 

Tout  prix  (à):  locuzione  francese  abu- 
siva, ad  ogìii  costo. 

Tout  seigneur  tout  honneur  (à)  :  oppure 
à  tous  seigneurs  tous  honneurs:  motto 
francese,  usato  per  onorare  altrui  :  a  cia- 
scuno secondo  il  suo  grado. 

Town:  ingl.,  città. 

Trabàocolo:  piccolo  bastimento  dell'A- 
driatico, con  due  alberi  con  vele  così  dette 
al  quarto.,  e  fiocco. 

Tra  color  ohe  son  sospesi  :  (Inf.  n,  52): 
cioè  nel  Limbo  ;  così  dice  Yergilio  a 
Dante  :  io  era  tra  color.,  etc.  L'emistichio 
spesso  si  ripete  in  senso  faceto  per  indi- 
care coloro  che  sono  incerti  tra  la  sal- 
vezza e  la  condanna,  tra  l'approvazione 
ed  il  biasimo. 

Tractant  fabrilia  fabri  :  (Orazio,  Ep.  II, 
1,  116)  i  fabbri  fanno  opere  da  fabbro: 
caso  particolare  che  deve  essere  inteso 
genericamente,  cioè  ognuno  fa  l'arte  pro- 
pria, nobile  od  umile  che  essa  sia,  e  la 
vera  nobiltà  sta  nel  modo  con  cui  l'arte 
è  trattata. 

Trade  Union  :  letteralmente  società  o- 
peraia^  ed  è  il  nome  di  potenti  associa- 
zioni inglesi,  formate  da  operai,  provetti 
(skilleds)  in  qualche  arte  o  mestiere,  con 
l'intento  di  proteggere  e  promuovere  i 
comuni  loro  interessi  :  mutua  associa- 
zione, previdenza,  cooperazione,  contratto 
collettivo,  azione  politica  allo  scopo  di 
promuovere  una  legislazione  sul  lavoro, 
etc.  Codeste  società  inglesi  di  cui  sono 
note  le  formidabili  lotte  di  resistenza  con- 
tro il  capitale,  ebbero  in  origine  forma  ri- 
voluzionaria di  lotta  di  classe,  indi  si 
svolsero  con  tendenze  evoluzioniste  e  di 
adattamento.  Nei  giornali  e  nel  gergo  degli 
economisti  si  trova  anche  la  parola  tra- 
dunionista. 

Tradire:  si  dice  che  la  parola  tradisce 
il  pensiero  quando  l'espressione  non  cor- 
rispondendo all'idea,  induce  altri  a  giu- 
dizio che  non  vorremmo  :  spesso  si  dice 
quando  dalla  foga  del  discorso  siamo  tratti 
ad  espressione  troppo  colorita  e  violenta; 
spesso  è  locuzione  comoda  per  non  ritrat- 


tarci della  voce  dal  sen  fuggita.  Tradire 
usato  semplicemente  per  mostrare.^  es.  la 
veste  tradisce  le  forme  si  riprende  come 
gallicismo. 

Tradunionista:  difforme  parola  del  gergo 
politico.  Y.   Trade  Union. 

Trafila:  o  anche  filiera  (fr.  filière)  pia- 
stra di  acciaio  temprato,  fornita  di  fori 
di  diametro  determinato  e  disposti  ordina- 
tamente. Facendovi  passare  dei  fili  metal- 
lici meno  duri,  si  riducono  a  cilindri  di 
quel  diametro  che  si  vuole.  Metaforica- 
mente trafila  si  dice  dei  mezzi,  special- 
mente burocratici,  persone,  uffici  etc.  per 
cui  conviene  passare  per  raggiungere  un 
dato  fine. 

Trafiletto:  V.  Entrefilet. 

Tragediabile  :  detto  di  soggetto  che  può 
essere  buon  argomento  da  scriverci  una 
tragedia,  è  voce  creata  dall'Alfieri  :  notata 
già  dal  Tommaseo  nel  suo  dizionario. 

Tra  il  lusco  e  il  brusco:  locuzione 
toscana  che  vale  tra  il  fosco  ed  il  chia/ro. 
Il  romagnolo  dice  lo  stesso:  tra  e  losch 
e  brosch.  Cotesto  brusco  può  considerarsi 
come  una  coiTuzione  della  voce  toscana 
bruxxo.  Y.  questa  voce. 

Trahit  sua  quemque  voluptas  :  ciascuno 
è  tratto  dalla  sua  passione.  Yergilio, 
Egloga^  II,  65. 

Train:  voce  ti.,  =:  traino,  treno  (dal 
latino  trehere  =  trascinare),  indi,  figura- 
tamente, maniera  di  vivere,  lusso  di  Or- 
biti, masserizie,  servi,  corteggio  e  simili. 
Ora  questa  estensione  di  senso  è  anche  in 
italiano,  e  perciò  parrebbe  inutile  dirla  in 
francese.  Es.  «S'è  messo  in  gran  treno, 
Bisogna  vedere  con  che  treno  stanno  in 
casa.  Tu  hai  tanto  treno,  moglie,  came- 
riere, servitore»  che  son  tutti  esempi  clas- 
sici, e  forse  per  ciò  sono  poco  seguiti  !  Il 
Fanfani  registra  fra  i  modi  non  buoni  la 
frase  :  «  Essere  in  trono  di . . .  »  rispon- 
dente aìVétre  en  train  de. . .  etc,  in  luogo 
di  «  essere  in  vena,  stare  per  fare,  etc.  »: 
ma  cotosta  locuzione  non  mi  paro  molto 
dell'uso. 

Traine:  (fem.  la)  voce  francese,  talora 
usata  dalle  sarto  por  strasoioo,  coda.  Y. 
Manteau. 

Trainer  :  voce  inglese,  talora  usata  nello 
sport,  vale  allenatore,  cioè  quel  capo  di 


Tra 


494 


Tra 


scuderia  che  ha  T  ufficio  di  preparare  con 
opportuni  esercizi  il  cavallo  per  le  corse. 
Prevale,  però,  la  parola  allenatore.  Nelle 
corse  ciclistiche  allenatore  è  il  ciclista  o  il 
motociclista  che  precede  il  corridore  fen- 
dendo l'aria,  ed  incitando  al  corso.  La 
voce  inglese  talvolta  si  alterna  con  la 
francese  corrispondente,  e?itraineur.  V. 
questa  parola. 

Traìneur  de  sabre:  locuzione  di  gergo 
francese  per  designare  con  caustico  di- 
sprezzo la  oltracotanza  militaresca:  tra- 
scinatore di  sciabola.  La  locuzione  è  di 
Armando  Carrel.  Y.  Militarismo. 

Trait  d'union:  V.  Tratto  d'unione. 

Tram  :  nel  gergo  francese  è  abreviazione 
di  tramway^  e  così  da  noi.  Y.  Tramway. 

Tramagnino:  nome  dato  ai  figuranti  co- 
rifei, giocolieri  negli  spettacoli  teatrali  di 
ballo.  Tale  parola  proviene  da  un  nome 
proprio. 

Tramviario:  aggettivo  da  tramvia.  Il 
popolo  dice  ed  i  puristi  confermano  tran- 
vai.^  e  in  questo  caso  l'aggettivo  avrebbe 
dovuto  essere  un  tranvario  o  press' a  poco. 
Ma  non  si  dice.  Evidentemente  i  tecnici 
0  chi  per  primo  usò  tramviario  non  era 
un  filologo  ne  un  purista. 

Tramviere:  il  conduttore  e  l'operaio 
addetto  ai  servizi  dei  tranvai.  Tramviere 
come  ferroviere  sono  neologismi  nostri. 

Tramway  :  «  tranvai  e  non  altrimenti 
(cioè  tranvia.^  tramvia  o  tramvai)  secondo 
che  dice  il  popolo  toscano,  si  dovrebbe 
pronunziare  e  scrivere  italianizzando  la 
voce  inglese  »  così  il  Eigutini.  11  popolo, 
infatti,  anche  fuor  di  Toscana,  così  dice, 
cioè  tranvai.  Tuttavia  molti  ormai  usano 
la  forma  abbreviata  tram^  che  è  del  gergo 
francese.  Anche  in  Toscana  intesi  dire 
tramine.  La  parola  tram-road  o  dram- 
road.^  ricorre  in  inglese  sino  dal  1794. 
Questo  tram  non  è  abbreviazione  di  Ou- 
tram.,  nome  proprio,  come  in  qualche  li- 
bro è  detto  :  ma  vale  traino.^  veicolo;  e 
ivay  zzz  via. 

Trancliant:  voce  francese,  reciso^  spic- 
cio^ brusco,  che  non  ammette  repliche., 
perentorio,  etc.  (dal  lat.  trans  e  scindere). 
Yoce  talora  usata  abusivamente. 

Tranoia:  dal  fr.  tranche  (latino  tran- 
scindere  =  tagliare)  :    macchina   utensile 


formata  da  un  coltello  acconciamente  fis- 
sato, il  quale  taglia,  porta  via  le  bave, 
etc.  Trancia  è  altresì  la  macchina  che 
festona,  profila,  trafora  :  se  però  il  foro  è 
rotondo,  dicono  punzonatrice.  \  Trancia 
per  fetta  è  voce  assai  volgare  usata  in 
Milano,  es.  una  trancia  di  panettone,  di 
giambone {\).  Ma  una  persona  a  modo  non 
userà  certo  tale  goffo  francesismo.  Yoce 
dei  camerieri. 

Trani:  a  Milano  chiamano  Tr ani  i?^nìo 
il  vino  della  Puglia  (fosse  almeno  genuino 
vino  pugliese!)  quanto  il  negozio  dove  si 
spaccia,  sui  quali  è  comune  la  scritta 
Trani  e  Barletta. 

Tranquillizzare:  per  tranquillare,  star 
tranquillo  è  gallicismo  ripreso  {tranquil- 
liser)  che  sarebbe  vano  riprendere.  È  re- 
gistrato dal  Manuzzi,  dal  Tommaseo.  Ha 
esempi  del  Parini  e  del  Manzoni. 

Trans:  prefisso  che  vale  attraverso, 
moto  per:  lat.  trans.  Es.  ferrovia  tran- 
siberiana, cioè  che  attraversa  la  Siberia. 

Transatlantico:  agg.  fatto  sost.,  per 
indicare  specialmente  i  grandi  piroscafi 
che  fanno  il  servizio  attraverso  l'Atlan- 
tico, tra  Europa  ed  America. 

Transeat:  S'^pers.  cong.  pres.  del  verbo 
latino  transire  =:  passare  :  dicesi  familiar- 
mente con  forza  concessiva,  sia  pure. 

Transenna:  voce  usata  nel  linguaggio 
architettonico  per  indicare  una  divisione, 
0 parete  divisoria:  lat.  transenna  =  grata, 
rastello,  dal  verbo  transire  =  passare,  sia 
perchè  la  vista  passa  attraverso,  sia  perchè 
le  aste  si  intrecciano  passando  {se  trans- 
eant  mutuo). 

Trànsfuga  :  lat.  transfuga,  disertore  che 
passa  al  nemico,  fedifrago,  traditore. 

Trànsito  e  transitare:  -pev passaggio  e 
passare,  sono  due  neologismi  usati  spe- 
cialmente nel  linguaggio  delle  ferrovie 
e  provenutici  dal  francese  transit  e  tran- 
siter =  pass  er  eìi  transit  (lat.  transitus). 
Stazione  di  transito  è  detta  quella  sta- 
zione in  cui,  essendovi  altre  diramazioni 
0  linee,  è  necessario  per  ragioni  di  ser- 
vizio il  passaggio  d'uno  in  altro  treno 
delle  merci  e  dei  viaggiatori. 

Transustanziazione:  termine  della  teo- 
logia cattolica  :  lat.  transubstantiatio  :  il 
cangiamento    degli    elementi    nel    Sacra- 


Tra 


495    — 


Tra 


mento  dell'  Eucaristia,  per  l' atto  della 
consacrazione,  nel  reale  corpo  e  sangue 
di  Cristo. 

Tran-tran  :  andaxxo  ;  es.  il  solito  tran- 
tran^  voce,  panni,  popolare  e  familiare. 
Nel  gergo  francese,  train-train.  Alter  son 
train-train^  son  petit  train-train.  Voce 
onomatopeica. 

Tranvai  :  V.  Tramivay. 

Trapanazione:  term.  med.,  operazione 
che  consiste  nel  fare  un  orifizio  in  un 
osso,  mercè  trapano  o  altro  strumento. 

Trappa  :  severissimo  ordine  religioso  il 
cui  capo  luogo  era  alla  Trappa  {Trappe) 
presso  Moi-tagne  (Normandia).  Nome  pro- 
prio divenuto  denominazione  generale. 
Questo  Trappe^  francese,  nulla  ha  che 
vedere  con  trappe  ^z  trappola.  Trappe  nel 
dialetto  del  Perche  dove  è  Mortagne,  vor- 
rebbe dire  scaglione. 

Trappista:  monaco  dell'ordine  della 
Trappa.  Si  dice  trappista  come  si  dice 
frate^  cioè  di  persona  misantropa,  che 
fugge  i  rumori,  i  piaceri  e  la  vanità  del 
mondo. 

Trasalire:  è  verbo  ripreso  dai  puristi 
come  gallicismo  {tressallir).  Vero  è  che 
è  più  agevole  riprenderlo  che  evitarlo. 

Trasferta:  neol.  del  linguaggio  degli 
uffici  :  indica  il  compenso  pecuniario  dato 
ad  ufficiali  publici  od  agenti  che  per  ra- 
gione di  servizio  si  recano  fuori  della 
loro  sede.  «  Vociaccia  burocratica  »  la 
dice  il  Rigutini.  «  Viatico,  gita,  accesso  » 
suggerisce  il Fanfani,  ma  non  sono  dell'uso. 

Trasformatore  :  (elettrotecnica)  appa- 
recchio nel  quale  si  realizza  una  doppia 
trasformazione  di  potenza  elettrica  a  po- 
tenza elettrica.  Questi  apparecchi  hanno 
acquistato  oggidì  una  grande  importanza 
nella  distribuzione  dell'energia  elettrica. 
Il  rocchetto  di  Rumkorff  è  il  più  antico 
trasformatoro. 

Trasformismo:  oltre  che  la  teoria  bio- 
logica del  trasformarsi  di  una  forma  della 
vita  in  altra  forma  (press' a  poco  come 
evoluzione  o  selezione  naturale).!  dicesi 
da  noi  trasformismo  per  indicare  quella 
politica  che  fu  con  special  cura  addot- 
tata  dal  ministro  Deprotis  (1883-1887), 
la  quale  tendeva  a  trasformare  e  fondere 
i  vari  partiti,  specialmente  nella  Camera: 


una  tinta  sporca  fatta  di  colori  non  belli, 
né  schietti,  né  chiari.  Come  tutto  ciò  che 
è  ambiguo,  duttile,  adattabile,  sofistico, 
spiacque  tale  politica  ai  migliori  nostri: 
«  Quale  egli  (Alberto  Mario)  entrò  fiorente 
di  forza . . .  nella  primavera  sacra  del  1848, 
tale  egli  esce  da  questa  ombra  bizantina 
di  trasformismo  ».  G.  Carducci.  Vale.,  in 
Confessioni  e  Battaglie. 

Trasformista:  il  giocoliere  che  si  tra- 
sforma, col  trucco,  nel  volto  e  nell'aspetto 
di  personaggi  noti. 

Trasloco  e  traslocare:  per  trasferi- 
mento., trasferire  sono  parole  dell'uso  bu- 
rocratico; invano  riprese  dai  puristi. 

Trasporto:  per  movimento  dell'animo 
trasportato  dalla  passione,  è  ritenuto  dai 
puristi,  francesismo.  Ma  se  anche  tale,  è 
uno  di  quei  tanti  casi  di  traslato  felice 
che  il  condannare  è  più  facile  che  l'evitare. 

Tràstola:  voce  napoletana;  vale  trap- 
pola, inganno. 

Tratta:  la  cambiale  comprende  tanto 
il  pagherò  come  la  tratta:  il  pagherò  o 
pagheremo  è  l'obbligazione  di  pagare  da 
parte  di  chi  sottoscrive  la  cambiale,  la 
tratta  è  un  ordine  dato  ad  un  terzo  (il 
quale  accetta  e  verso  il  quale  vi  è  cre- 
dito) di  pagare  un'altra  persona.  Remit- 
tente 0  beneficiario  è  colui  a  cui  van- 
taggio è  fatta  la  tratta.  Traente  colui  che 
dà  l'ordine  della  tratta.  |  Tratta:  specie 
di  pesca  usata  sul  litorale  arenoso  del- 
l'Adriatico nostro,  e  consiste  nel  prendere 
con  lunghissima  rete  un  largo  spazio  di 
mare  presso  la  riva:  la  qual  rete,  tratta 
dai  due  lati  alla  riva  a  furia  di  braccia, 
restringendosi  e  raschiando  la  rena,  rac- 
coglie tutto  il  pesce  comproso  in  quello 
specchio  di  acque.  Poca  pesca  e  grande 
uccisione!  Il  Folengo  ne  ha  una  vivace 
descrizione  nel  suo  Baldo.  |  Tratta:  nel 
linguaggio  ferroviario  vale  distanza  tra 
due  punti  fissi. 

Trattativa:  neologismo  dei  più  comuni, 
invece  di  negoziato^  pratica^  etc.  E  ri- 
proso da  puristi  «  come  una  di  quelle 
borraccine  che  si  apprendono  all'albore 
della  lingua  e  lo  isteriliscono  »  (Rigutini). 

Tratto  d'unione:  (fr.  trait  d'union),  li- 
neetta 0  stanghetta.,  è  sogno  ortografico 
por  unire  duo  parole  lo  quali  esprimono 


Tra 


496 


Tre 


un  concetto  unico,  ma  non  si  sono  in- 
sieme fuse.  Es.  Monarchia  Austro-Un- 
garica. YiguTdiidimBntQtrait d'union  «vale 
legame,  vincolo,  anello  di  congiunzione  », 
ed  è  di  frequentissimo  uso.  «  Uso  scon- 
ciamente gallico  »  lo  dice  il  Eigutini.  Di 
solito  si  dice  alla  francese. 

Tratture:  nome  dato  alle  vie  naturali 
che  nel  tavoliere  delle  Puglie  si  forma- 
rono dal  passaggio  dei  grandi  armenti  che 
discendevano  per  pascolo  dagli  Abruzzi. 
Ampie  estensioni  di  proprietà  demaniale  : 
nome  e  cosa  assai  antica. 

Trauma:  voce  schiettamente  greca  (r^a- 
viua  =  ferita)  che  i  medici  usano  per  si- 
gnificare le  lesioni  prodotte  all'organismo 
da  cause  esterne  sia  contandenti,  o  ta- 
glienti, 0  laceranti.  Derivato  :  traumatico, 
traumatismo. 

Traumatismo:  astratto  di  trauma;  stato 
generale,  particolare  per  l'effetto  di  vio- 
lenze esterne  sul  nostro  organismo. 

Travaso  (delle  idee)  :  per  passaggio  (in- 
flusso) dei  pensieri  da  una  in  altra  mente 
si  dice  talora  per  celia  ;  e  il  vocabolo  tra- 
vaso, che  è  proprio  de'  liquidi,  acquistò 
tale  nuovo  e  ridicolo  senso  da  un  povero 
onesto  uomo,  morto  da  poco  in  Eoma,  il 
quale  aveva  alcun  splendore  geniale  fra 
molte  stranezze  e  pazzie,  Tito  Livio  Cian- 
chettini.  Costui  componeva,  stampava  e 
vendeva  un  suo  giornaletto  intitolato  II 
Travaso  d'idee.  D  primo  numero  vide  la 
luce  in  Pavia  il  16  agosto  1869. 

Trave  armata:  nell'arte  muraria  così  è 
detta  una  trave  di  legno  o  di  metallo  che 
ha  un  tirante  di  ferro  sotteso  da  un  con- 
trafìsso, destinati  ad  aumentarne  la  resi- 
stenza. Si  usa  segnatamente  nelle  impal- 
cature da  solaio. 

Traversina:  appoggio  diretto,  trasver- 
sale delle  rotaie  :  può  essere  tanto  di  legno 
come  di  ghisa. 

Traversino  :  nel  giuoco  del  bigliardo 
vale  tirare  il  raddoppio  delle  mattonelle 
lunghe  (far  percorrere  alla  palla  due  volte 
il  bigliardo). 

Travet:  Y.   Travetto. 

Travetto:  per  impiegatuccio  è  parola 
che  ebbe  gran  voga  e  dura  tuttora  (dal 
titolo  della  notissima  commedia  di  Vittorio 
Bersezio,  piemontese,  Le  Tniserie  d^  Monsil 


Travet).  Oggidì  non  le  condizioni  econo- 
miche, ma  le  condizioni  morali  di  dipen- 
denza sono  di  molto  mutate  da  quelle  che 
il  Bersezio  descrisse  :  vero  è  che  la  sele- 
zione dei  meno  degni  e  capaci  ai  gradi 
di  comando,  la  quale  non  è  rara  presso 
di  noi,  rende  l'ubbidire  sempre  cosa  gra- 
vosa. 

Travicello  (re):  V.  Re  Travicello. 

Traversa  :  voce  dialettale  veneta,  e  del 
contado  romagnuolo,  il  grembiule.  V.  Zin- 
nale. 

Trazione:  neoL,  dal  francese  traction 
(lat.  tractio,  da  trahere  ■=.  trarre),  azione 
di  una  forza  che  trae  un  corpo  mobile, 
carro,  veicolo  :  onde  traxione  animale 
con  la  forza  de'  cavalli,  buoi,  etc.  ;  tra- 
zione a  vapore,  con  la  macchina  a  va- 
pore {doppia  trazione  a  due  macchine); 
trazione  elettrica,  per  mezzo  della  elet- 
tricità (generatori  fìssi  ovvero  mobili)  u- 
sata  pei  tran  vai  e  per  le  ferrovie. 

Tre  alberi:  (fr.  trois  màts)^  detto  per 
brevità  di  nave  a  tre  alberi,  escluso  il 
bompresso. 

Trebbiano  :  ottima  specie  di  vitigno  che 
dà  un  vino  bianco,  di  colore  paglierino 
tendente  all'opale.  Il  trebbiano  concorre 
in  gran  quantità  a  formare  il  famoso  vino 
bianco  romano,  detto  delti  Castelli. 

Tréggia  :  da  traho  =  traggo  ;  in  Toscana 
così  chiamasi  una  specie  di  slitta  o  tronco 
biforcato  senza  ruote,  tratta  solitamente 
da'  buoi,  ed  usata  in  montagna  per  tra- 
sportare paglia,  fìeno,  derrate.  Yoce  an- 
tica e  classica. 

Tregua  di  Dio:  voce  storica  con  cui  la 
Chiesa,  per  temprare  la  barbarie  medioe- 
vale, stabiliva  alcuni  determinati  tempi 
in  cui  le  contese  tra  signore  e  signore, 
feudo  e  feudo  erano  vietate  in  nome  di 
Dio.  La  locuzione  è  usata  oggidì  per  in- 
dicare sospensione  di  inimicizie,  di  lotte 
politiche,  ma  si  dice  con  speciale  signi- 
ficato. 

Trema  :  i  maestri  di  francese  spesso  così 
dicono  invece  di  dieresi:  trema.^  fr.,  dal 
greco  XQfjfia  =  buco,  punto.  (Due  punti 
su  di  una  vocale,  indicanti  suono  diviso 
dalla  vocale  vicina;  es.  naif). 

Trembleur:  fr.,  che  trema,  nome  dato 
dai  tecnici  alV  interriùttore  automatico  nel 


Tro 


497     — 


Tri 


rocchetto  di  Rumkorff  (così  detto  del  con- 
tinuo martellare). 

Trèmolo:  voce  volgare  veneta  e  del  li- 
torale romagnolo  per  indicare  la  torpedine^ 
torpedo  marmorata  (specie  di  pesce). 

frenato  :  per  allenato  è  brutto  france- 
sismo, entrarne:  non  mi  pare  molto  fre- 
quente. 

Treno  di  piacere  :  treno  speciale  a  prezzo 
ridotto  per  determinato  luogo,  a  scopo  di 
gite  0  di  festeggiamenti.  È  detto  treno  di 
piacere  come  Incus ,  dicesi  a  noti  lu- 
cendo, cioè  per  la  mancanza  di  piacere, 
se  pure  per  piacere  non  si  intende  quello 
di  essere  pigiati  come  acciughe  in  barile. 
Vero  è  che  l'enfatica  locuzione  è  tolta 
dalla  Francia:  train  de  plaisir. 

Trentatrè:  V.  Massone. 

Tre  puntini:  massone  o  capo  della  setta 
masso7iica^  così  detto  in  tuono  familiare 
e  di  spregio  dall'emblema  q^q.  Y.  Massone. 

Trequarti  :  nome  di  istrumento  chirur- 
gico, usato  per  far  punture  (toracentesi, 
paracentesi  e  in  generale  per  dare  esito  a 
liquidi  patologici).  Componesi  di  uno  stelo 
metallico  contenuto  in  un  cannello  dal  quale 
esce  solo  la  punta  triangolare  a  facce  ta- 
glienti :  fatta  la  puntura,  il  cannello  ri- 
mane nella  ferita  perchè  si  compia  lo  scolo 
del  liquido.  Fr.  trocart  o  trois-quarts . 

Tres  faoiunt  collegium:  tre  persone 
formano  un  collegio.  Questa  è  una  mas- 
sima giuridica  che  il  Digesto  {De  verbor. 
signif..,  30,  16)  attribuisce  a  Nerazio  Pri- 
sco, console  e  giureconsulto  romano,  vis- 
suto verso  l'anno  100  dopo  Cristo  :  vuol 
dire  che  una  società  per  essere  giuridi- 
camente costituita,  deve  essere  almeno 
di  tro  individui  :  si  usa  molto  a  proposito 
per  le  compagnie  di  tre  individui  che 
sembrano  più  complete  e  più  geniali  di 
quelle  più  numerose,  e  più  spesso  per 
significare  la  validità  di  un'  assemblea 
<|uando  si  è  in  tre. 

Tre  volte  buono:  vale  nel  linguaggio 
lamiliaro  imbecille.,  buono  fino  ad  esser 
vittima  0  ximbello  altrui.  Locuz.  già 
registrata  (Tommaseo). 

Trial:  voce  inglese  dello  sport  equestre, 
e  vale  prova.,  saggio. 

Trias  :  (dal  greco  r^m^-dóo^,  triade,  il 
numero  tre).,   nomo   dato  dai  geologi   al 


primo  periodo  dell'era  secondaria,  perchè 
originariamente  era  diviso  in  tre  epoche. 

Triasioo  o  triassico:  aggettivo  di  trias, 
termine  dei  geologi. 

Tribadismo  :  (gr.  tqì^co  =  sfrego),  forma 
di  inversione  dell'  istinto  sessuale  nella 
donna.  V.   Omosessualità  in  Appendice. 

Tribù  :  in  certo  linguaggio  familiare  e 
con  senso  di  ingiuria  al  fiero  vincolo  di 
interesse  e  di  sangue,  vale  la  tribii  d'I- 
sraele., cioè  gii  Ebrei. 

Tribunale  dell'Aia:  cioè  con  altra  de- 
nominazione :  Corte  permanente  di  arbi- 
trato internazionale  dell'Aia.  Tribunale 
di  arbitrio  instituito  dalla  Conferenza  In- 
ternazionale della  Pace,  raccolta  in  Aia 
dal  1&  maggio  al  29  luglio  1899  per  ini- 
ziativa dello  Tzar  Nicola  II.  Specie  em- 
brionale del  Consiglio  Anfizionico  ellenico. 
In  che  cosa  non  ci  ha  preceduto  la  sacra 
Eliade  ?  NB.  per  la  filosofia  della  storia  :  nel 
1904  questo  Tzar  provocava  contro  il  ci- 
vile Giappone  una  delle  più  feroci  ed  or- 
ride guerre  che  si  ricordino. 

Tricheco  :  ordine  dei  pinnipedi  (piedi 
muniti  di  pinne),  classe  dei  mammiferi. 
Specie  di  grande  foca  delle  regioni  boreali, 
ma  fornita  di  canini  superiori  sporgenti,  e 
di  baffi. 

Triciclo:  velocipede  a  tre  ruote,  fr. 
tricycle. 

Tricolore  :  per  bandiera  nazionale  è 
parola  tolta  dal  fr.  tricolore.  Fu  il  La- 
fayette  a  proporre  nel  1789  i  tre  colori 
come  emblemi  di  concordia  tra  il  re  (bianco) 
e  la  città  di  Parigi  (rosso  e  azzurro).  Gli 
Italiani,  grati  per  la  libertà  che  loro  pro- 
mettevano i  francesi,  vollero  imitarne  le 
fogge  nella  loro  prima  organizzazione  mi- 
litare, e  perchè  vi  fosso  qualche  distin- 
zióne, sostituirono  al  colore  turchino  il 
verde,  sino  a  che  nella  seduta  del  9  gen- 
naio 1797  del  Congresso  Cispadano  in 
Reggio,  il  tricolore  così  modificato,  fu  uf- 
ficialmente proclamato  emblema  di  sovra- 
nità e  da  quel  giorno  data  l'istituzione 
della  nostra  bandiera  nazionale.  11  pittore 
Mauro  Gaudolfi  no  diede  il  ])rimo  disegno 
con  questo  spiegazioni  :  «La  bandiera  por 
la  legione  italiana  sarà  di  stofa  di  seta 
omuorro  (moir)  di  tro  colori,  oioè  il  verde 
por  base,  bianco  e  rosso.  L'altezza  sarà 


A.  I'anzini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani. 


82 


Tri 


498 


Tro 


di  piedi  6  V2  misura  di  Bologna  e  larga  5  Vs- 
Nella  fascia  rossa  vi  sarà  scritto  a  caratteri 
d'oro,  PMA  Legione  italiana^  abbreviando 
la  parola  prima  per  avere  il  giusto  comparto 
nella  sopra  segnata  proporzione.  Nella  fa- 
scia bianca  che  sarà  più  larga,  vi  sarà  di- 
pinto il  fascio  consolare  di  colore  d'aciarro, 
il  bonet  rosso,  i  rami  di  quercia  e  le  lettere 
in  oro.  Nella  terza  fascia  le  parole  Coor- 
te etc.  in  oro.  L'asta  dipinta  a  tre  colori 
terminata  con  una  piccba  d'acciarro  e  suo 
fiocco  a  tre  colori.  Salute  e  rispetto». 

Tricot:  voce  francese  usata  per  indi- 
care un  tessuto  a  maglia  imitante  l'intrec- 
cio fatto  coi  ferri  per  le  calze. 

Tric-trac:  giuoco  di  dama  e  di  dadi. 
Il  getto  dei  dadi  permette  le  mosse  (V. 
GeÙi,  op.  eit.).  È  giuoco  antico  ;  il  nome 
deve  essere  onomatopeico  e  parrebbe  di 
origine  francese  {trirtrae).  Dicesi  anche 
tavola  reale.  Il  trie-trae  è  ricordato  dal 
Machiavelli  nella  nota  e  famosa  lettera 
a  Francesco  Vettori  :  «  con  questi  io  mi 
ingaglioffo  per  tutto  di  giuocando  a  cricca, 
a  trich-traeh». 

Triest:  il  nome  di  qaesta  città  istriana 
va  perdendo  la  desinenza  italica  ed  acqui- 
stando suono  e  scrittura  straniera.  Triest 
per  Trieste  non  solo  leggesi  nelle  scritte 
tedesche,  il  che  è  spiegabile  dato  l' in- 
tento di  rivolgere  a  nazionalità  tedesca 
quella  città  ;  ma  ciò  che  è  pili  notevole, 
le  stesse  ferrovie  italiane  portano,  almeno 
io  la  vidi,  questa  scritta  :  Venexia- Triest. 
Molti  commercianti  italiani  spediscono  a 
TriestlQÌtQYQ  in  tedesco,  etc.  Piccole  cose, 
le  quali  tuttavia  hanno  un  certo  signifi- 
cato e  valore. 

Trifase:  (sistema  trifasico,  cioè  di  tre 
fasi),  voce  di  elettrotecnica.  «  E  il  si- 
stema di  tre  correnti  alternate  dello  stesso 
periodo  e  della  stessa  intensità  massima, 
ma  spostate  di  un  terzo  di  periodo  l'una 
rispetto  all'altra,  così  che  la  seconda 
corrente  comincia  a  prodursi  con  un  ri- 
tardo di  un  terzo,  e  la  terza  con  un  ri- 
tardo di  due  terzi  di  periodo  rispetto  alla 
prima.  La  scelta  della  corrente  alternata 
in  luogo  della  continua  dipende  sopratutto, 
e  specialmente  nel  caso  del  trasporto  del- 
l'energia a  grandi  distanze,  dal  fattore  e- 
conomico.  L'energia  elettrica  è  misurata 


infatti  da  due  grandezze  :  dalla  quantità 
di  elettricità  e  dalla  caduta  di  livello  (po- 
tenziale) ,  precisamente  come  l' energia 
idraulica  dipende  dalla  quantità  di  acqua 
e  dal  salto  da  cui  cade.  Nelle  correnti 
continue  non  si  può,  per  motivi  costrut- 
tivi ed  economici,  alzar  troppo  questo  dis- 
livello elettrico  (qualche  centinaio  di 
volta),  e  però  per  una  data  quantità  di 
energia,  si  dovrà  aumentare  la  quantità 
di  elettricità,  per  il  cui  passaggio  occor- 
reranno fili  di  rame,  grossi,  pesanti  e  però 
costosi;  nel  caso  delle  correnti  alternate, 
invece,  si  possono  raggiungere  dislivelli 
elettrici  enormi  (migliaia  di  volta)  e  in 
corrispondenza  si  può  diminuire  l'intensità 
della  corrente  al  cui  passaggio  bastano  fili 
sottili,  leggeri  e  però  assai  meno  costosi». 
Prof.  Sartori.  (Una  corrente  si  dice  alter- 
nata quando  la  sua  intensità  cresce  da  zero 
ad.  un  massimo,  per  decrescere  con  legge 
simmetrica  di  nuovo  a  zero,  risorgendo  poi 
in  direzione  contraria,  sempre  con  il  me- 
desimo andamento  fino  ad  un  massimo 
uguale  al  precedente,  per  ridiscendere  an- 
cora a  zero  e  riprendere  la  primitiva  di- 
rezione. Sifatto  andamento  si  può  rap- 
presentare con  una  linea  ondulata). 

Trinciaforaggi:  macchina  agraria  per 
trinciare  i  foraggi.  I  diz.  registrano  trin- 
ciapaglia. 

Trionfo  da  tavola:  fruttiera^  alzata., 
eleganti  coppe  di  cristallo  0  di  metallo  a 
più  ripiani  per  dolci  e  confetti. 

Trinlcalle:  voce  tedesca,  mescita.  Nel 
gergo  francese  =  buvette. 

Tripoteur:  voce  del  gergo  francese: 
agioteur  véreux  qui  fait  des  tripotages  à 
la  Bourse.  \  Tripoteur  :  fr. ,  da  tripoter  = 
far  intrugli.,  guazzabugli,  indi  imbro- 
gliare., intrigare. 

Trittico:  in  pittura  oggi  vale,  soggetto 
svolto  in  tre  scompartimenti.  Dittico., 
trittico.,  polittrico.,  dicesi  di  pittura  e  di 
scoltura  a  basso  od  alto  rilievo  che  sia 
in  due,  tre  0  più  parti  divisa. 

Trocantere  :  termine  di  anatomia  dato 
a  due  tuberosità  del  femore,  poste  alla 
sua  estremità  superiore. 

Troglodita:  propr.,  popolo  delle  caverne 
{TQoyyÀoòvT7]s)  ;  dicesi  estensivamente  per 
significare  somma  barbarie  e  rozzezza. 


Tro 


—    499     - 


Tro 


TroYka  :  (voce  russa  che  vuol  dire  tre). 
Non  è  nome  di  carrozza  speciale  russa, 
ma  vuole  semplicemente  indicare  tiro  a 
tre  (cavalli),  come  quivi  è  costume. 

Trolley:  voce  ingl.,  universalmente  ac- 
colta {to  troll  =  andar  qua  e  là),  per  in- 
dicare la  rotella  che  comunemente  fìssa 
ad  un'asta  al  sommo  dei  carrozzoni  elet- 
trici, striscia  sui  fili  aerei,  conduttori 
della  corrente.  In  Milano  il  popolo  usa 
ancora  (forza  conservativa  dei  dialetti  1)  la 
voce  perteghetta  zz:  lancia,  pennoncello. 

Tromba  faloppiana:  ovvero  ovidutto  o 
più  comunemente  salpinge  (gr.  tromba), 
canale  per  cui  esce  l'uovo  nell'utero.  Dal 
Falloppio,  celebre  anatomico  nostro. 

Trombato  :  neol.  nostro  molto  volgare 
e  dicesi  dei  candidati  politici  che  non  rie- 
scono ad  essere  eletti,  i  quali  cioè  a  guisa 
di  note  mal  suonate,  non  escono  fuori, 
ma  si  rimangono  nella  tromba  ;  questa 
almeno  mi  sembra  la  più  probabile  spie- 
gazione. Evvi  anche  il  superlativo  trom- 
batissimo.  Dicesi  anche  rivianer  nella 
tromba. 

Trombone:  voce  dialettale  veneta,  vale 
vanaglorioso.,  millantatore  o  con  voce  non 
buona  ma  usatissima,  fanfarone. 

Trombone:  arma  da  fuoco,  corta,  con 
canna  di  ferro  o  di  bronzo,  nella  metà 
superiore  foggiata  a  campana  o  a  tromba, 
onde  il  nome.  Serviva  per  difesa  a  tiro 
corto  nelle  fortezze  {spaxxacampagna). 
Era  l'arme  delle  bande  carliste  nella  Spa- 
gna e  dei  briganti  nel  Eeame  di  Napoli  : 
caricavasi  a  veccioni  o  dadi.  Oggi  arma 
da  museo. 

Trombòsi:  (0^ó//ySo^  =  grumo,  coagulo, 
e  il  suffisso  osi)  term.  med.,  indica  la 
formazione  di  un  grumo  nell'interno  di 
un  vaso  sanguigno,  in  essere  vivente. 

Trompe-I'  oell:  fr.,  inganna  occhio; 
nome  dato  a  certe  prospettive  finte"  di 
sfondo,  0  a  quadri  che  imitano  coso  di 
natura  morta. 

Troppa  grazia,  Sant'Antonio!:  fra  i 
santi  dispensatori  di  grazie,  uno  dei  più 
generosi  è  S.  Antonio  da  Padova,  onde 
si  dice  familiarmente  troppa  graxia.^  etc, 
sia  quando  il  benefìcio  col  suo  eccesso 
nuoce,  sia  quando  non  è  richiesto,  sia 
quando  è  sospetto:  sempre  in  senso  lepido. 


Troppo  e  il  vano  (ilj:  locuz.  dantesca 
di  stupenda  precisione  {Par.  VI),  usata 
per  indicare  ciò  che  eccedendo  o  ador- 
nando in  eccesso,  offende  il  vero  ed  il 
buono,  e  perciò  deve  essere  tolto. 

Trotter,  e  Trotting  :  part.  ingl.  trottan- 
do, il  trotto.  Questo  nome  è  dato  all'ippo- 
dromo, 0  campo  per  le  corse  al  trotto,  e 
si  è  fatto  anche  l'agg.  trottistico.,  buono 
da  fare  il  paio  con  podistico. 

T rotti n  :  jeime  fille  qui  fait  les  réas- 
sortiments  dans  les  maisons  de  mode., 
couture.  C'est  le  gavroche  femelle  des  ate- 
lier s  des  modistes.  Voce  del  gergo  fran- 
cese. La  piscinina  milanese  è  termine 
dialettale  corrispondente.  Non  so  quanto 
a  grazia,  ma  quanto  al  resto  ed  alla  mo- 
nelleria può  stare  alla  paii.  Vanta  al  suo 
attivo  uno  sciopero  vittorioso. 

Trottoir:  fr.,  rialzamento  ad  arte  lungo 
le  vie  per  comodo  de'  pedoni,  affìnchè  non 
vi  montino  o  passino  i  veicoli.  V.  Mar- 
ciapiede. Femme  de  trottoir.,  nel  gergo 
francese,  prostituée  qui  racole.,  «  che  batte 
la  frusta»,  in  milanese. 

Trou-d'homme:  voce  fr.,  usata  da'  mec- 
canici :  bocca  di  accesso  in  una  caldaia. 
Meno  usata  è  la  locuzione  passo  d'uomo. 

Troupe:  voce  fr.,  non  ignota  in  certo  lin- 
guaggio per  compagnia  draìnmatica. 

Troupier:  termine  familiare  francese  e 
vale  soldato;  ma  dicesi  spesso  con  un 
certo  senso  di  spregio,  come  per  indicare 
persona  che  non  vede  più  in  là  del  suo 
ufficio  di  soldato.  È  derivato  da  troupe. 
Cfr.  Scarpone.,  voce  corrispondente  del 
nostro  gergo  della  caserma. 

Trousse:  fr.,  astuccio. 

Trovadorioo:  agg.  riferito  all'arte  de' 
trovatori  {trobadours  ■=  i  nobili  rimatori 
provenzali  dell'evo  medio). 

Trovar  pane  per  i  suoi  denti:  dicesi 
quando  alcun  violento,  audace,  protervo, 
etc.  s'imbatte  in  chi  sa  stargli  a  fronte. 

Trovarsi  in  un  letto  di  rose  :  frase  u- 
sata  nogativamouto  ;  attenuazione  ironica, 
vale  trovarsi  a  disagio,  in  diffioite  al- 
ternativa 0  contrasto. 

Trovata:  cioè  un  ripiego  con  cui  uno 
si  toglie  abilmonte  e  argutamente  d'impic- 
cio; improvvisato,  trovato  lì  per  lì.  Voce 
frequente,  specie  nel  linguaggio  teatrale. 


Tru 


500 


Tue 


Truc:  voce  del  gergo  francese,  mali%ia^ 
giuoco^  frode^  cioè  ruse^  tromperie^  ma- 
nière :  avoir  ou  connaUré  le  true^  la  ma- 
nière. I  Trucco  (fr.  true)  era  detto  nel  se- 
colo XYIII  uno  speciale  bigliardo  senza 
buche  in  cui  per  giocarvi  con  buona  for- 
tuna conveniva  conoscere  il  segreto.  Da 
ciò  forse  il  senso  derivato  ?  |  Usasi  tanto 
la  voce  true  come  la  forma  italiana  trueco; 
e  nel  linguaggio  teatrale  truccarsi  =  mu- 
tarsi di  volto,  cangiare  abito  e  fìsonomia. 
Trucco  vale  altresì  travestimento.,  modo 
di  fare.,  astuzia  per  non  farsi  cotioscere., 
e  simili,  senza  mal  senso.  Trucco  è  pa- 
rola romanza  e  vale  bastone.  Per  l'eti- 
mologia, V.  Zaccaria,  op.  cit. 

Truccarsi  :  camuffarsi.,  ma  special- 
mente intendendo  dell'uso  teatrale. 

Truccatura:  voce  dei  comici:  l'arte  di 
adattare,  trasformando,  la  fìsonomia  e  la 
persona  alla  necessità  della  parte  nel 
dramma.  Y.   Truc. 

Trucco:  Y.   Truc. 

Truck  System:  letteralmente  vuol  dire 
in  inglese  sistema  della  pertnuta.,  e  si 
intende  l'uso  di  pagare  i  lavoranti,  le 
opere,  non  col  denaro  ma  in  natura. 

Trutfaldìno  :  Arlecchino,  e  per  celia, 
familiarmente,  vale  imbroglioncello .,  pic- 
colo gaglioffo  (da  truffa).  Ha  esempio  del 
Menzini,  Satire.,  3. 

Truffe:  fr.  per  guemito.,  coperto.,  far- 
cito di  tartufi.,  è  participio  del  verbo 
truffer  :  non  raro  nel  linguaggio  culinario 
0  parlando  di  vivande  (si  intende  nel  gergo 
dei  cuochi  e  degli  albergatori,  o  nel  gran 
ceto  mondano,  a  cui  le  parole  specifiche 
italiane  sanno  di  plebeo). 

Trust:  voce  inglese  equivalente  press' a 
poco  al  tedesco  Ring.,  Cartel.,  al  fr.  sy?i- 
dicat.,  ed  esprime  neologicamente  una 
specie  di  coalizione  o  lega  di  quei  potenti 
che  esercitano  le  grandi  industrie  allo 
scopo  di  accaparrare  e  monopolizzare  un 
dato  commercio  o  una  data  produzione, 
specie  delle  materie  prime  e  delle  cose  o  in- 
dustrie necessarie.  Altri  disse:  specie  di  so- 
cialismo capitalista.  Giudicate  in  bene  o  in 
male,  si  possono  tuttavia  considerare  come 
un  prodotto  delle  civiltà  industriali  del- 
l'età nostra.  Dall'America  del  Nord,  che 
rappresenta  la  più  alta  espressione  di  co- 


testa  civiltà  industriale,  provenne  il  nome 
e  la  cosa.  Trust  vale  propriamente  prote- 
zione., garanzia.,  fede.  Cfr.  il  tedesco 
treu  =:  vero,  fedele.  Y.   Cartel. 

Tse-tsè:  {Glossina  morsitans).,  mosca 
dell'Africa  meridionale,  le  cui  punture 
sono  esiziali  a  molti  animali. 

Tsung-ii-yamen  :  il  ministero  degli  af- 
fari esteri  presso  i  Cinesi  (secondo  la  grafia 
francese,  che  di  solito  noi  seguiamo  per 
certe  voci  orientali,  Cina,  Griappone,  etc). 

Tub:  ingl.,  tubo,  tinozza,  bagno.  Neo- 
logismo introdottosi  nel  gergo  francese,  e 
per  via  del  giornalismo  e  del  linguaggio 
mondano  apparso  anche  fra  noi.  Yoce  ap- 
parsa e  scomparsa.  Parole  meteore. 

Tubatura:  per  indicare  il  complesso  dei 
tubi  per  condurre  liquidi  e  gas,  è  voce 
comune,  che  si  alterna  con  tubazione  e 
intubazione. 

Tubercolo  del  Darwin:  tubercolo  situato 
sull'orlo  postero-superiore  del  padiglione 
dell'orecchio,  rudimento  della  punta  del- 
l'orecchio negli  animali.  Almeno  secondo 
la  teoria  dell'evoluzione. 

Tubercolòsi  :  malattia  contagiosa  ed  ino- 
culabile,  comune  all'uomo  ed  agli  animali, 
dovuta  ad  uno  speciale  bacillo  detto  di 
Koch,  caratterizzata  anatomicamente  dalla 
diffusione  di  questo  bacillo  in  tutto  o  in 
parte  dell'  organismo  e  dalla  formazione 
per  opera  di  questi  bacilli  di  un  prodotto 
infiammatorio  che  ha  aspetto  di  tubercolo 
(lat.  tuberculum,  da  tuber,  tubero,  ber- 
noccolo, tumore).  Clinicamente  ha  diverso 
aspetto  e  conseguenza  secondo  che  invade 
tutto  il  corpo  0  parte  di  esso  (polmoni, 
intestino,  ossa,  glandolo,  cute).  Per  tu- 
bercolosi genei-almente  e  volgarmente  si 
intende  quella  polmonare,  o  tisi,  se  non 
che  la  tisi  rappresenta  lo  stato  avanzato  del 
processo  tubercolare.  La  tubercolosi  oggi  è 
guaribile,  non  così  la  tisi. 

Tubercoloso:  per  affetto  da  tubercolòsi, 
è  ■  voce  usata  non  solo  dai  medici,  ma 
oramai  anche  dalle  persone  ignare  di 
scienza.  Y.   Tubercolòsi. 

Tubi  di  Crookes:  (Y.  Crookes^  etc). 

Tue-I a  :  wcc^c?^7a.^  intendendo  della  donna 
adultera  e  del  diritto  del  marito  offeso  di 
vendicarsi  in  tale  modo.  Questa  abusata 
espressione  francese  leggesi  in  Alessandro 


Tuf 


—     501     — 


Tur 


Dumas,  il  giovine,  iioll'opuscolo  L'homme- 
femme;  e  nel  suo  dramma,  la  Femme  de 
Claude  è  sostenuta  tale  tesi.  Y.  più  am- 
piamente Fumagalli,   Chi  l'ha  detto? 

Tuffo  :  per  fetore  di  cosa  fradicia,  stantìa, 
è  voce  dialettale  (Eomagna,  Lombardia, 
Marche,  tuff). 

Tuga:  voce  del  linguaggio  marinaresco: 
cameretta  di  poppa,  costrutta  sul  cassero 
0  su  la  coperta,  a  garanzia  della  macchina 
del  timone  o  per  stanza  de'  passeggeri. 
È  antica  parola  che  manca  a  molti  dizio- 
nari recenti  :  vero  è  che  nell'odierna  ma- 
rina è  disusata. 

Tulle:  tessuto  di  seta  o  di  cotone,  fine, 
trasparente,  bucato,  come  un  velo  o  un 
merletto.  Il  perchè  del  nome  non  è  chiaro, 
giacche  non  pare  che  Tulle,  città  di  Fran- 
cia, abbia,  come  i  più  credono,  dato  il 
nome  a  questo  tessuto.  Il  Petrocchi  re- 
gistra tulle  togliendo  l'esempio  dal  Tom- 
maseo :  vero  è  che  molti  pronunciano  alla 
francese. 

Tu  Marceli  US  eris:  motto  augurale  {Tu 
sarai  Marcello!)  dedotto  dal  libro  VI 
dell'  Eneide. 

Tumore  bianco  :  artrite  tubercolare  cro- 
nica, cosi  detta  dal  rigonfiarsi  dei  tessuti 
e  dalla  mancanza  del  processo  infiamma- 
torio, donde  il  colore  bianco  della  pelle 
(fr.  tumeur  bianche). 

Tumulto  dei  Ciompi:  V.   Ciompo. 

Tunnel  :  voce  inglese  usata  promiscua- 
mente in  sostituzione  di  traforo.,  galleria., 
benché  vi  siano  delle  sottili  distinzioni 
che  si  avvertono  nell'uso  e  che  troppo 
lungo  sarebbe  determinare  con  esempi. 
Noi  siamo  sotto  il  tunnel.,  Quegli  operai 
lavorano  al  traforo  del  Sempione. 

Tu  per  tu  (a):  coi  verbi  venire.,  essere., 
trovarsi.,  vale  di  fronte.,  in  attitudine  di 
combattimento  e  di  disputa  senza  che  più 
alcun  mezzo  o  riguardo  sia  frapposto  : 
modo  antico  e  classico,  vivo  tuttora  nella 
parlata. 

Tu  quoque?  lat.,  anche  ttt?  o  si  dico 
per  lepidezza.  Storicamente  sono  le  ultime 
parole  di  Cosare  morente,  vedendo  Bruto 
fra  gli  uccisori  :  Tu  quoque.,  Brute.,  fili 
mi?  (Svetonio,   Vita  di  Cesare.,  82). 

Turbina:  voce  di  meccanica,  dal  fr.  tur- 
bine.,  lat.    turbo  -    turbino.   I^u  parola  ci 


viene  di  Francia  appunto  perchè  tale  mac- 
china è  di  origine  francese  (Fourneyron, 
Girard,  Jonval).  E  una  parola  che  anche  la 
Crusca  dovrà  -  credo  -  registrare,  quando 
arriverà  alla  lettera  T  :  «a)  idraulica  (T.) 
Tipo  di  macchina  mediante  la  quale,  ap- 
plicando il  principio  su  cui  è  basato  il 
funzionamento  dell'arganetto  idraulico,  si 
ti-asfornia  in  energia  di  movimento,  o  ci- 
netica, la  potenziale  dell'acqua  scorrente 
in  un  condotto;  b)  a  vapore  (T.)  Tipo  di 
macchina,  mediante  la  quale  (od  in  modo 
analogo  a  quello  nel  quale  opera  la  tur- 
bina idraulica  o  facendo  che  il  vapore  di 
acqua,  alla  sua  uscita  dalla  caldaia  in  cui 
viene  generato,  agisca  immediatamente  su 
piani  girevoli)  si  ottiene  senza  organi  in- 
termediari, quali  sono  cilindri  e  stantuffi, 
la  trasformazione  in  cinetica  della  energia 
potenziale  del  vapore  »  (F.  Grassi).  Tale 
potente  apparecchio  meccanico  si  studia  di 
applicare  alle  navi,  ottenendo  per  tal  modo 
grandissime  velocità. 

Turbo-alternatore:  macchina  formata 
dall'accoppiamento  di  una  turbina  a  va 
pere  con  un  alternatore  (trasformatore  di 
energia  meccanica  in  energia  elettrica  con 
corrente  alternata). 

Turbo-motore:  (V.  Turbina)  denota  spe- 
cialmente la  turbina  a  vapore. 

Turchetto:  voce  vernacola  nostra  di  al- 
cune regioni,  quasi  piccolo  caffè  turco.  E 
il  caffè  da  un  soldo,  zucchero  e  liquore 
compreso.  A  Milano  Vendesi  per  le  vie 
nelle  ore  antilucane  e  domandasi  dal  modo 
con  cui  è  servito  :  caffè  del  ginocchio. 

Turchi  [i  giovani]:  V.  1  Giovani  Turchi. 

Turco  (o  arabo  o  anche  tedesco):  dicesi 
familiarmente  parlar  turco  per  dire  par- 
lare in  modo  incomprensibile.,  e  si  suol 
dire  negativamente  quando  altri  non  ub- 
bidisce quasi  non  intendendo.  Es.  Non 
parlo  mica  turco! 

Turcos:  plurale  di  Turco.,  nomo  dato 
dai  francesi  ai  fucilieri  indigeni  doU'esor- 
cito  d'Algeria.  Questo  nome  fu  loro  im- 
posto casualmente  al  tempo  della  guerra 
di  Crimea,  che  i  Russi,  vedendoli,  al  loro 
vestire,  gridavano  Turcos!  Il  nome  fu 
accolto  e  rimase,  rafforzandosi  poi  nel- 
l'uso, al  tempo  della  campagna  d'Italia 
(1850). 


Tur 


502    — 


Tur 


Sì,  sì,  portavo  il  sacco  a  gli  zuavi 
e  battevo  le  mani 

ieri  a'  Turcòs:  oggi  i  miei  bimbi  gravi 
si  vestono  da  ulani. 

Carducci,  Canto  dell'Italia  che  va  in  Campidoglio. 

Turf  :  vale  in  inglese  zolla  erbosa.,  indi 
campo  delle  corse.  Voce  dello  sport.,  ac- 
colta nel  nuovo  francese  e...  da  noi. 

Turista  e  turismo:  neol.  che,  per  quanto 
spiacenti,  i  diz.  dovranno  accogliere.  Ad 
es.  la  fiorente  istituzione  milanese  del 
Touring  (Tourmg-Club)  ne  ha  diffuso  po- 
polarmente il  nome  e  la  scritta  sino  nelle 
più  remote  borgate  d'Italia.  «Perchè  tale 
bella  Istituzione  che  insegna  e  aiuta  a 
viaggiare  congiungendo  insieme  diletto, 
sapere,  economia,  non  prese  nome  ita- 
liano?» Questa  vana  domanda  potrebbe 
farsi  l'ingenuo  purista,  non  il  savio  che 
conosce  l'indole  e  la  storia  del  popolo  ita- 
liano, e  non  si  accontenta  di  vedere  un 
fatto  singolo  con  la  lente,  ma  i  fatti  sin- 
goli coordina  alle  cause.  Turista  è  il  viag- 
giatore per  diletto  :  diletto  che  gli  stranieri 
insegnarono  a  noi,  popolo  sedentario  e 
poco  amico  della  geografia,  ben  si  intende 
all'età  nostra  contemporanea,  diletto  cui 
favorirono  i  mirabili  mezzi  moderni  di 
trasporto,  individuali  e  collettivi:  bici- 
clette, automobili,  treni  di  lusso,  grandi 
piroscafi,  etc;  diletto  cui  la  passione  per 
lo  sport  diede  il  fascino  della  moda.  La 
voce  è  inglese,  tourist^  accolta  in  Francia 
in  touriste  :  voce  internazionale  adunque 
e  germogliata  sul  ceppo  greco-latino  (cfr. 
TÓQvog.,  tornus.,  tour.,  tornio.,  torre  (?)). 
Qualche  purista  propose  giramondo.,  viag- 
giatore alla  pedona.  Ma  chi  se  ne  vale? 
e  poi  vi  corrisponde?  Il  carattere  tipico 
del  turista  è  reso  assai  bene  in  questo 
grazioso  quadretto  veneziano  di  Ippolito 
Nievo  (schietta  e  nobilissima  giovane  a- 
nima  italica!)  : 

Il  touriste. 

Vien  duro  da  Marsiglia 

Colla  sua  guida  in  tasca 

Ed  in  Piazzetta  casca 

Illustre  oltramontan. 
Fiuta  San  Marco,  sbircia 

La  scala  dei  Griganti, 

Compra  un  paio  di  guanti, 

Si  sdraia  da  Florian. 


Carezza  un  po'  la  morbida 

Rivista  de'  due  Mondi, 

Guarda  il  Corso  dei  fondi, 

Paga  il  cigarro  e  il  the. 
Reduce  a  bordo,  parte 

Squartando  una  bistecca. 
—  Venezia  dalla  Mecca 

Ei  non  distingue  affé. 

Dalle  Lucciole. 

NB.  A  Bologna  ci  fu  nel  maggio  1904 
un'' Esposizione  Turistica  e  fu  inagurata 
dal  re,  da  un  cardinale,  da  un  sindaco 
radico-repubblicano,  da  un  poeta  (0.  Guer- 
rini),  etc.  C'erano  tutti.  Non  rimane  che 
la  Crusca  a  sanzionare  la  parola,  quando 
arriverà  alla  lettera  T.  Se  pure  non  ar- 
riverà in  questo  frattempo  qualche  letterato 
di  grido  a  muovere  guerra  a  turismo  e  tu- 
rista come  già  capitò  alla  parola  reclame., 
la  quale,  però,  guarita  del  greve  colpo, 

volve  sua  spera  e  beata  si  gode. 

Turistico:  V.  Turista. 

Turlulù:  voce  viva  familiarmente  per 
sciocco.,  baggeo.  Cfr.  il  francese  tourlou- 
rou.  Turlulù  è  voce  antica,  notata  in 
questo  senso  nei  vecchi  lessici. 

Turlupinare:  ^er raggirare.,  imbrogliare 
etc.  è  voce  nuova  e  comune:  dal  fr.  tur- 
lupiner  che  nel  francese  moderno  vale 
se  moquer.,  taquiner.  Tale  verbo  deriva 
da  Turlupina  sopranome  dell'attore  comico 
francese  Leprand,  del  secolo  XVI;  onde 
turlupin  =  mauvais  plaisant.  (Chiama- 
vansi  altresì  Turlupins  una  specie  di  ere- 
tici dei  secoli  XIII  e  XIY,  diffusi  in 
Francia,  Paesi  Bassi,  AUemagna,  che  a 
modo  di  cinici  sostenevano  non  doversi 
aver  pudore  di  checchessia,  tutto  essendo 
naturale,  cioè  fattura  di  Dio). 
1  Turno  :  per  vicenda.,  volta,  giro.,  toccare 
{tocca  a  me),  è  il  fr.  tour.  Arzigogolare  su 
la  comune  origine  latina  (cfr.  tornio)  — 
cosa  comune  alla  piii  parte  delle  voci 
francesi  —  non  toglie  che  sia  gallicismo, 
ma  di  quei  gallicismi  cosi  vivi  ed  usati 
che  è  inutile  riprendere.  Nel  modo  pro- 
verbiale chacun  à  son  tour  (=  un  po' 
per  uno  non  fa  male  a  nessuno),  riprende 
la  forma  e  il  suono  francese.  Certo  è  però 
che  il  popolo  umile  non  dice  turno.,  e  un 
purgato  scrittore  sfugge  tale  voce. 

Turtle  soup:  voce  inglese  che  vuol  dire 


Tilt 


503 


Tyr 


zuppa  di  tartaruga  benché  la  tartaruga 
non  c'entri.  Questa  minestra  nazionale 
degli  inglesi  è  di  gran  dispendio,  di  stra- 
ordinaria complicazione  e  varia  cottura  : 
è  una  specie  di  minestra  di  carne,  assai 
greve  con  infinità  di  droghe  e  sapori. 

Tutoyer:  da  tic  e  tot:  dare^  darsi  del 
tu.  Questo  verbo  francese  l'ho  letto  tra- 
dotto in  tuteg giare  (!). 

Tutti  (il  Signor)  :  il  piiblico^  il  giudizio 
del  publico:  locuzione  familiare  in  cui  è 
determinato  come  individuo  l'anonima  ti- 
rannia della  opinione  publica. 

Tutti  i  nodi  vengono  al  pettine:  Y.  I 
nodi.,  etc. 

Tutti  i  salmi  finiscono  in  gloria:  vale 
a  dire  :  la  conclusione  è  sempre  quella., 
e  si  dice  per  lo  più  con  senso  faceto  od 
ironico.  (È  noto  che  i  Salmi  dell'Uffizio 
finiscono  sempre  con  la  parola  gloria). 


Tutti  per  uno,  uno  per  tutti  :  motto  ca- 
techistico del  partito  socialista,  includente 
il  concetto    imperativo  della   solidarietà. 

Tzar:  Y.   Czar. 

Tze-tze  :  Y.  Tse-tsè. 

Tzigany  :  in  russo,  in  inglese  è  il  suono 
della  parola  nostra  zingaro.  Nelle  stam- 
pe ricorre  talora  questa  parola  tzigany 
per  indicare  la  musica  degli  zingari,  la 
quale  è  assai  caratteristica  per  le  sincopi 
e  i  cambiamenti  di  misura  e  di  movi- 
mento. 

Tyre:  nei  pneumatici  o  gomme  delle 
biciclette  di  provenienza  inglese,  leggesi 
la  parola  tyre:  vuol  dire  cerchione,  NB. 
Degno  di  considerazione  è  l'uso  di  met- 
tere ai  manufatti  italiani  nome  e  scritta 
inglese  o  francese.  Spesso  Londra  e  Pa- 
rigi (London,  Paris)  nascondono  nomi  di 
borghi  e  città  italiane. 


TT 


Ubi  bene,  (o  libertas)  ibi  patria:  lat., 
dove  si  sta  hene^  quivi  è  la  patria.  Sentenza 
che  si  può  dedurre  da  moltissimi  passi  di 
autori  antichi.  NB.  Inutile  avvertire  che 
quasi  tutti  questi  motti  latini  sono  comuni 
alle  lingue  eulte  d'Europa,  e  qui  si  riportano 
soltanto  per  necessario  compimento  dell'o- 
pera. 

Ubicazione:  «dicono  nel  loro  gergo  i  cu- 
riali per  determinazione  del  sito  di  una  casa, 
etc,  ne  fuori  di  essi  alcuno  se  ne  giova  » , 
così  il  Eigutini  ;  vero  è  che  questa  voce  pe- 
dantesca (dell'avverbio  ÌSitìnoubiz=  dove) 
si  estende  oltre  il  linguaggio  dei   legali. 

Ubi  consistam  :  lat.,  dove  io  mi  ap- 
poggi.,  cioè  il  fulcro  o  punto  d'appoggio 
della  leva.  Archimede  ove  gli  fosse  stato 
dato  un  punto  d'appoggio,  ne  deduceva 
in  astratto  di  poter  con  la  leva  smuovere 
il  mondo.  Eicorre  questa  locuzione  latina 
per  indicare  fondamento .,  base  inorale. 
Es.  «  Un  mondo  si  sfascia  intorno  a  noi 
e  invano  cerchiamo  Vubi  consistam,  per 
edificarne  uno  nuovo  ». 

Ubi  maior  minor  cessat:  lat.,  dove  è 
il  maggiore  (di  più  autorità),  quivi  cessa 
il  potere  del  minore  :  dicesi  per  signifi- 
care la  legge  della  naturale  gerarchia; 
ovvero  intendesi  nel  senso,  il  più  com- 
prende ed  oscura  il  meno. 

Ubi  Petrus,  ibi  Ecclesia  :  dove  è  Pietro 
(il  Pontefice),  quivi  è  la  Chiesa.,  sentenza 
attribuita  a  S.  Ambrogio  e  ripetuta  come 
dogma  per  significare,  in  opposizione  agli 
scismi,  che  non  esiste  vera  cristianità  se 
non  congiunta  al  suo  capo,  cioè  il  Pon- 
tefice. Cfr.  Dante,  Par.,  V,  76: 


Avete  il  vecchio  e  il  nuovo  testamento, 
E  il  pastoì-  della  Chiesa  che  vi  gnida 

e  il  motto  evangelico  :  Tu  es  Petrus  et 
super  hanc  petram  aedifìcabo  Ecclestam 
meam. 

Uccel  di  bosco:  dicesi  per  estensione 
familiare  di  chi,  commesso  alcun  crimine, 
evita  con  la  fuga  o  standosi  occulto  di 
rendere  conto  delle  sue  opere  e  divenire 
probabilmente  uccel  di  gabbia. 

Uccello:  V.  Appendice.,  e  il  Boccaccio, 
Decameron.,  novella  quarta  della  giornata 
quinta  :  Ricciardo  Manardi  è  trovato  da 
Messer  Lizio  da  Valbona  con  la  figliuola., 
etc.  V.  anche  il  Batacchi. 

Uccello  di  malaugurio:  antica  locuzione, 
viva  tuttora  e  verosimilmente  dedotta 
dall'antica  scienza  augurale  dei  romani, 
per  la  quale  alcuni  uccelli  erano  presagio 
di  bene,  altri  di  male  :  profeta  di  sven- 
tura. Cfr.  Omero,  Iliade.,  libro  I,  106  : 
MdvTi  uaucùv,  e  lo  scongiuro  nostro,  crepi 
l'astrologo. 

Uffici  :  nel  linguaggio  parlamentare  sono 
dette  uffici  certe  commissioni  di  deputati, 
eletti  a  sorte  per  ogni  legislazione,  i  quali 
studiano  una  questione  prima  che  essa 
sia  sottoposta  alla  discussione  dall'as- 
semblea. 

Ufficiare  :  per  informare  ufficialmente., 
sollecitare.,  ossequiare.,  pregare.,  etc,  è 
neologismo  degli  uffici,  ripreso  dai  puristi, 
sancito  dall'uso. 

Ufficio  :  nella  locuzione  burocratica  d'uf- 
ficio (es.  gli  ho  scritto  d'ufficio)  per  uf- 
ficiahnente.,  per  lettera  d'ufficio.,  ripren- 
desi  dai  puristi. 


Uffi 


505 


Umo 


Ufficioso:  gìovnnle  uffieioso^  notìz'm  ■uf- 
ficiosa si  dice  nel  linguaggio  della  poli- 
tica di  notizia  o  di  giornale  che  abbia  at- 
tinenza, relaziono  con  il  Governo  ;  che  ne 
sia  l'espressione,  ne  segua  le  idee  e  i  cri- 
tori,  no  abbia  indiretta  ispirazione  e  si- 
mili :  Ufficiale^  invece,  che  parte  diretta- 
mente dal  governo.  Es.  Bollettino  uffi- 
ciale^ Notixia  ufficiale. 

Ukase  :  scrittura  francese  di  parola  russa, 
che  vale  indicazione^  ordinanza.  Editto 
dello  Txar.  Presso  di  noi  ogni  decreto  o 
legge  del  Governo  o  di  altra  autorità,  che 
abbia  carattere  di  subitaneità  e  un  tantino 
di  violenza,  si  dice,  e  qualche  volta  an- 
che un  po'  per  celia,  ukase. 

Ulema:  voce  turca,  vale  dottore  della 
legge  presso  quel  popolo. 

Ulster:  cappotto  d'inverno,  lungo,  a 
sacco,  con  cintura  dietro,  a  due  petti  e 
mantellina  staccabile:  specie  di  cappotto 
militare  :  oggi  alquanto  disusato.  Voce 
della  moda,  francese  e  inglese.  Tale  pa- 
strano è  cosi  detto  perchè  originariamente 
di  lana  della  provincia  di  Ulster  in  Ir- 
landa. 

Ulteriore  ed  ulteriormente:  per  altro^ 
secondo^  in  appresso  (es.  avviso  ulte- 
riore)^ si  riprendono  dai  puristi  (fr.  ulté- 
rieur,  ultérieurement) . 

Ultima  ratio:  lat.,  Vultimo  (e  più  va- 
lido) argomento  è  quello  della  violenza, 
cioè  il  diritto  della  forza.  Spesso  è  peri- 
frasi per  indicare  il  cannone^  argomento 
altrettanto  eloquente  e  persuasivo  quanto 
inumano.  Dell'origine  del  motto,  ultima 
raxon  de  Reyes,  ultima  ratio  regurn^ 
scolpito  sui  cannoni  di  Luigi  XIV  e  di 
Federico  di  Prussia,  V.  Fumagalli  {op. 
cit.). 

Ultima  Tiiule:  Thule  chiamarono  gli 
antichi  geografi  un'isola  —  non  ben  nota  — 
a  settentrione  della  Britannia:  confine  del 
mondo.  Ultima  Thule  ricorre  in  Seneca 
{Medea)  ed  in  Vorgilio  {Oeorg.  I,  30). 
Dicosi  oggi  in  senso  morale  :  limito  estremo 
a  cui  si  può  giungere. 

Ultimatum  :  (lat.  ultimus),  dichiarazione 
perentoria  linaio  di  condizioni  irrevocabili, 
che  pone  fino  allo  trattative  o  si  notifica 
alla  parto  interessata.  Sinonimo  di  dichia- 
razione di  guerra. 


Ultimo  avanzo  |  d'una  stirpe  infelice: 

così  Edgardo  parla  di  sé  nella  tragedia 
lirica  Lucia  di  Lammeo-moor,  III,  7. 
Dicesi  talora  e  familiarmente  per  lepore  : 
l'ultima  lira  del  borsellino,  ad  esempio. 

Ultra:  lat.  ultra  =z  al  di  là,  oltre.  Pre- 
fisso accolto  nelle  varie  lingue  eulte  per 
comporre  molte  voci  che  indicano  eccesso^ 
fuor  del  comune.  Es.  ultra-realista.,  ul- 
tra-ponente. 

Ultramontano:  fr.  ultramontain^  nome 
usato  generalmente  al  plurale  per  indicare 
il  partito  clericale,  gesuita,  intransigente, 
ben  diverso  dal  guelfismo  nostro  italico. 
Il  nome  venne  di  moda  in  Francia  al 
tempo  della  monarchia  di  Luigi  Filippo 
d'Orléans  per  indicare  coloro  i  quali  ri- 
conoscendo unica  autorità  assoluta  quella 
del  Papa,  non  ubbidivano,  non  si  unifor- 
mavano che  alla  voce  che  veniva  di  là 
dai  monti,  cioè  da  Roma,  onde  il  nome. 

Umanitario:  dal  fr.  humanitaire^  detto 
di  filosofo  od  economista  che  si  studia  di 
migliorare  le  umane  sorti  o  che  ha  per 
religione  l'umanità.  È  parola  ripresa  dai 
puristi  anche  pel  senso,  «  come  una  di 
quelle  vesciche  che  paiono  gravide  di  grandi 
sensi  e  sono  invece  piene  di  vento».  Lo 
so,  ma  chi  ignora  che  le  vesciche  ben  gon- 
fie tengono  a  galla  la  barcaccia  della  vita 
sociale?  È  voce  oramai  necessaria,  ed 
umano  ha  altro  senso. 

Umanizzare:  per  rendere  umano.,  con- 
forme all'umana  natura  (es.  latte  u^na- 
nixxato)  è  il  fr.  humaniser.  È  vero,  c'è 
il  verbo  nostro  umanare,  che  si  dice  spe- 
cialmente di  Cristo  che  rivestì  umana  na- 
tura, e  si  sarebbe  potuto  estendere  questa 
forma  agli  altri  sensi.  Invece  è  avvenuto 
il  solito  caso:  la  voce  nostra  è  rimasta 
letteraria  o,  per  l'uso,  si  chiamò  in  ser- 
vizio la  voce  francese. 

Umiliare  una  domanda:  locuzione  degli 
uffici  che  contiene  una  «  improprietà  con 
viltà  »  (Tommaseo)  Presentare,  rispetto- 
samente 0,  so  si  vuole,  timilmente  una 
domanda  mi  pare  che  basti. 

Umorista  o  umoristico:  (V.  Humour) 
noi  senso  (iho  dà  il  popolo  nostro  a  (questa 
parola,  vale  comico,  per  ridere.,  lepido. 
Es.  giornale  utuoristico  quello  che  con- 
tiene motti  e  corbellerie  da  ridoro.  Inutile 


Una 


506     — 


Uns 


osservare  come  tale  senso  non  corrisponda 
al  valore  storico  e  letterario  della  parola 
(humour)  se  non  in  piccolissima  parte  e 
nella  parte  parvente.  Se  ne  potrebbe  trarre 
argomento  di  prova  come  nel  popolo  Ita- 
liano non  sia  sviluppato  il  senso  deU7n«- 
mour. 

Una  salus  victis  nullam  sperare  salu- 
tem  :  famoso  verso  di  Vergilio  (Eneide,  II, 
353)  divenuto  popolare:  i  vinti  hanno 
una  sola  via  di  salvexxa^  disperare  di 
ogni  salvexza^  quindi  combatttere  sino 
alla  morte. 

Uncle  Sam  :  ingl.,  il  cittadino  degli  Stati 
Uniti  :  scherzosa  spiegazione  delle  iniziali 
U.  S.  Vedi  Onde  Sam. 

Undici  mila  vergini  (S.  Orsola  e  le  sue): 
ricorre  talora,  e  di  solito  in  senso  faceto, 
questa  locuzione  la  quale  deve  sembrare 
ad  ognuno  iperbolica:  essa  è  dovuta  ad 
un  errore  d'interpretazione.  S.  Orsola  fu 
uccisa  in  un  convento  presso  Colonia  con 
sole  undici  compagne  verso  l'anno  453, 
durante  un'invasione  di  Unni.  Se  ne  con- 
servò il  ricordo  con  l'iscrizione:  Ursula 
et  XI  ilf  F  {Orsola  e  undici  martiri 
vergini).^  i  nomi  delle  quali  sono  registrati 
nelle  cronache  di  S.  Trudone.  Qualcuno 
cominciò  a  leggere  Orsola  e  le  undici 
mila  vergini^  e  l'assurdo  diventò  locu- 
zione. (Almeno  così  si  spiega,  e  la  spie- 
gazione ha  sembianza  di  vero).  In  un  epi- 
gramma del  Pananti  si  racconta  di  un 
tale  che  giunse  stracco  ed  affamato  alla 
cura  di  un  prete.  Il  quale,  per  primo  o- 
spizio,  lo  condusse  in  chiesa  e  ad  ogni 
santo  cominciò  a  recitare  preghiere  e  tro- 
vava i  nomi  dei  santi  più  peregrini.  Come 
in  fine,  compiute  le  orazioni,  l'ospite  fu 
in  cucina,  disse  alla  serva  : 

Che  con  le  undici  mila  nominasse 
Sani' Ch'sola,  e  che  più  non  terminasse, 
Ho  avuto  pur  la  gran  paura,  o  Lena  ; 
Se  accadea  questo  caso,  addio  la  cena. 

Unguibus  et  rostris:  lat.,  con  le  un- 
ghie e  eoi  rostri^  cioè  con  ogni  mezzo. 

Unicuique  suum:  a  ciascuno  il  suo^ 
motto  latino  dedotto  popolarmente  dall'an- 
tica sapienza.  Justitia  suum  cuique  di- 
stribuii. Justitia  est  constans  et  perpetua 
vohmtas  ius  suum  cuique  tribuens. 

Un'idea  al  giorno:  parole  enfaticamente 


francesi  del  giornalista  Emilio  De  Girar- 
din  (29  feb.  1848)  :  une  idée  au  jour.  Si 
suole  dire  per  indicare  il  nuovo  che  è 
necessario  per  attrarre  il  publico  al  gior- 
nale. V.  Fumagalli  {op.  cit.). 

Unilaterale:  termine  giuridico,  spesso 
usato  per  indicare  chi  non  comprende  o 
considera  che  un  solo  lato  della  questione 
(lat.  ^^n«^m  =:  unico  e  Za^z*s  =  lato,  fianco). 

Unità  (le  tre)  :  le  tre  famose  unità  aristo- 
teliche (di  tempo  di  luogo  e  d'azione)  che 
debbono  essere  osservate  nel  dramma,  cioè 
che  una  deve  essere  l'azione,  una  la  scena, 
uno  il  tempo,  cioè  un  giorno.  Le  unità  di 
azione  e  di  tempo  sono  in  Aristotele  {Poe- 
tica, cap.  Vili,  IX,  XVm  e  cap.  V).  La 
unità  di  luogo  fu  dedotta  dai  francesi  sul 
modello  della  tragedia  ellenica. 

Unità:  nel  gergo  militare  vale  unità  tat- 
tica., corpo  autonomo  ne'  movimenti  belli- 
geri ,  quindi  unità  vale  nave  da  guerra. 

Unitarismo:  astratto  di  unitario:  in 
fr.  c'è  unitarisme  e  unitarianisme.,  ingl. 
unitarianismi  termine  filosofico  equiva- 
lente a  monismo.^  nome  di  setta  cristiana. 

Università  Popolare:  noto  istituto  mo- 
derno di  cultura  popolare,  sorto  da  pochi 
anni  in  Italia  (la  prima  Università  di  tal 
genere  fu  quella  di  Torino  nel  1899)  per 
imitazione  di  scuole  consimili  inglesi  e 
francesi.  Queste  università,  parte  sono  ag- 
gregate alle  Camere  di  Lavoro,  parte  a 
società  operaie,  altre  sono  autonome.  Della 
improprietà  del  nome  «università»,  del- 
l'incertezza del  come  intendere  questa  pa- 
rola «  popolare»,  dell'abuso  delle  così  dette 
conferenze,  non  è  qui  il  luogo  di  discor- 
rere, trattandosi  di  istituti  in  via  di  for- 
mazione e  di  esperimento. 

Uno  avulso  non  deficit  alter:  lat.  strap- 
pato il  primo.,  non  manca  il  secondo.,  e 
si  dice  in  vario  senso,  per  lo  più.  lepido. 
Emistichio  Vergiliano,  Eneide  VI,  143. 

Un  piatto  di  buon  viso  o  di  buona  ciera: 
antica  locuzione  nostra:  vale  modesta 
ospitalità.,  povera  tavola.,  ma  piena  di 
affetto  e  di  cuore.  V.  Promessi  Sposi., 
cap.  XXIX.  Devono  scusare  la  mia  povera 
tavola  alla  buona:  ci  sarà  un  piatto  di 
buon  viso. 

Unsicilled  :  voce  inglese  :  dicesi  di  ope- 
raio che  non  ha  bisogno  di  perizia  tecnica 


Unt 


507 


Uo 


e  di  studio  per  esercitare  il  suo  mestiere. 
Es.  un  conduttore  di  tram^  un  badilante, 
opposto  di  skilled^  V.  questa  voce. 

Untorello  :  questa  parola  per  il  Man- 
zoni {Promessi  Sposi)  ha  acquistato  nuovo 
ed  arguto  senso.  Untori  erano  reputati 
nel  generale  terrore  della  peste  che  in- 
fieri in  Milano  nel  1628  coloro  che  per 
maleficio  spargevano  veleni.  Ora  Renzo 
come  entra  in  Milano  per  trovare  Lucia, 
è  preso  per  un  untore  :  salvasi  dal  furore 
del  popolo  su  di  un  carro  di  appestati. 
Ma  i  monatti  del  carro,  i  quali  hanno  più 
esperienza  del  male,  capiscono  dall'aspetto 
e  dal  contegno  che  Renzo  da  essi  salvato, 
è  un  pò  ver' uomo  e  non  ha  stoffa  per  es- 
sere untore,  e  quando  egli  si  accomiata 
ringraziando  dell'aiuto,  un  monatto  gli 
dice  con  ispregio:  «Va,  va,  povero  unto- 
rello, non  sarai  tu  quello  che  spianti  Mi- 
lano». Gap.  XXXIV,  in  fine.  Dicesi,  dun- 
que, untorello  per  significare  con  ispregio 
e  ridicolo  il  poco  valore  e  il  nullo  effetto 
dell'opera  di  taluno  che  con  molto  appa- 
rato e  iattanza  tende  a  qualche  impresa 
(di  propaganda  o  di  agitare  la  pubblica 
opinione),  insomma  indica  la  sproporzione 
tra  l'impresa  e  l'uomo. 

Untuosità:  senso  nuovo  di  antica  pa- 
rola ;  vale  maniera  ipocritamente  melli- 
flua :  da  unzione,  termine  ascetico  :  «  di- 
sposizione a  sapersi  insinuare  negli  animi 
e  persuaderli  al  bene  da  chi  predica  la 
sacra  parola  ». 

Uo  :  (dittongo)  vi  sarebbe  materia,  per 
chi  si  dilettasse  di  vane  discussioni,  di 
che  scrivere  un  trattatello.  Ecco  in  breve  : 
i  seguaci  della  scuola  manzoniana,  se- 
guendo il  suono  toscano,  tendono  ad  a- 
bolire  tale  dittongo,  detto  mobile,  e  scri- 
vono ;  core,  omo,  scola,  gioco,  ovo,  etc. 
Anzi  la  più  parte  dei  novi  maestri  usa 
così  nelle  scole,  anche  non  toscane.  Tra  i 
dizionari  informati  a  tale  criterio,  notiamo 
quello  che  per  modernità  e  meritata  lodo 
di  accuratezza,  corre  maggiormente  fra  il 
publico,  cioè  il  Petrocchi.  Senonchè  il 
Petrocchi  non  potendo,  secondo  teoria,  abo- 
lire del  tutto  Vuo  nello  parole,  che  cosa 
fa?  0  rimanda  alla  vocale  o  {Uomo,  V. 
Omo),  0  aggiunge  alla  parola  scritta  col 
dittongo  la  chiosa  :  meno  comune  (o8.  Nova 


e  meno  com.  nuova)  ;  o  fa  le  due  grafie 
uguali  (es.  core  lo  stesso  di  cuore)-,  o 
chiama  la  scrittura  col  solo  o  più  popo- 
lare (es.  scuola  e  popolarmente  scola). 
Questo  criterio  che  l'abolizione  del  dit- 
tongo renda  più  popolare  il  vocabolo,  an- 
drà bene  per  Firenze  e  la  Toscana,  ma 
altrove  no.  E  se  volessi  scrivere  non  po- 
polarmente e  non  comunemente,  cioè  con 
stile  adorno,  in  tal  caso  richiamerò  in  o- 
nore  il  disgraziato  dittongo?  E  i  napo- 
letani che  fanno  uso  enorme  del  dittongo 
uo,  che  ne  penseranno  di  questo  più 
popolare  senza  dittongo?  Veda  ognuno 
come  si  potrebbe  sottilizzare  comicamente! 
Questa  teoria  ortografica  prevalendo  nelle 
scuole,  mi  accadde  di  vedere  notata  come 
improprietà  la  buona  scrittura  scuola, 
uom^o,  etc;  e  a  Milano  dove  perdura  l'er- 
ronea antica  opinione  che  apprendere  l'i- 
taliano sia  press' a  poco  come  apprendere 
una  lingua  straniera,  queste  forme  toscane 
imposte  nel  magistero  producono  effetti  io 
non  so  se  più  comici  o  deplorevoli.  Sen- 
tire toscaneggiare  da  chi  nacque  sotto  la 
guglia  del  duomo,  è  lepidissima  cosa  I  II 
vero  è  che  le  norme  della  libertà  e  del 
buon  senso  sono  più  difficili  da  seguire 
che  quelle  del  rigido  e  dogmatico  imperio, 
giacche  occorre  più  meditazione  e  saviezza, 
e  ciò  spiega  perchè  i  maestri  vadano  oltre 
alle  intenzioni  degli  stessi  innovatori.  Fra  le 
grammatiche  che  seguono  questa  teoria, 
noto  quella  dei  sigg.  Morandi  e  Cappuccini, 
i  quali  (§  .509)  scrivono  :  «  Va  però  pre- 
valendo l'uso,  specialmente  nel  linguag- 
gio familiare,  di  servirsi  della  vocale 
semplice  in  tutta  la  coniugazione  lo  gioco. 
Io  copro,  Io  in' accoro.  Io  voto,  etc;  ne 
ormai  si  conserva  più  il  dittongo  tw  in 
tutte  le  voci  notare  e  votare  (no'  sensi 
suddetti),  per  distinguere  da  notare  {se- 
gnare, indicare  o  simili),  e  votare  {dare 
il  voto).  Onde  è  meglio  non  scrìver  mai: 
Io  nuotavo,  Noi  ruotiamo,  etc.  ».  La  di- 
stinzione di  forme  grafiche  tra  linguaggio 
familiare  e  letterario  a  mio  avviso  non 
rogge  0  trovo  anzi  dannosa.  E  quel  con- 
tradditorio :  meglio  non  scrivere  mai  non 
rivola  la  incertezza  ohe  è  nella  mente 
dogli  stossi  grammatici?  I  quali  accennata 
la  regola  del  dittongo  mobile,  nv vertono 


Uom 


-     508    — 


Use 


non  doversi  scrivere  muossi^  cuotto^  cuo- 
pro^  qccuoro^  benché  vi  cada  l'accento. 
Ma  ohi,  anche  di  Napoli  dove  Vuo  è  co- 
stante, scriverebbe  così?  Ma  sono  avver- 
timenti inutili,  che  se  un  linguaggio  deve 
essere  appreso  a  furia  di  regole,  avverrà 
una  delle  due  cose,  o  che  si  imparerà  a 
scrivere  a  cinquant'anni,  o,  come  avviene, 
si  considererà  la  grammatica,  questa  bel- 
lissima e  prima  fra  le  discipline  scolasti- 
che, come  nel  Medio  Evo  facevasi  del 
greco:  graecum  non  legitur.  Gli  scolari 
fanno  così  e  non  credo  che  abbiano  gran 
torto.  Di  grammatiche  di  lingue  morte 
basta  il  latino,  ed  è  di  troppo.  Occorre 
inoltre  avvertire  che  prtiovo^  truovo^  prie- 
go^  etc.  sono  forme  oramai  fuor  del- 
l'uso per  comune  consenso?  Contro  tale 
eccesso  di  toscanesimi  notiamo  :  prima  che 
nelle  altre  provincie  il  dittongo  uo  è  nella 
pronuncia  ;  secondo  che  l'uso  non  solo 
classico  ma  de'  nostri  migliori  scrittori 
contemporanei,  pur  toscani  —  valga  per 
tutti  il  Carducci  —  e  le  norme  delle  più 
lodate  grammatiche  e  lessici  ritengono 
questa  norma  :  scrivesi  uo  quando  sul 
dittongo  cade  l'accento:  uo  si  scempia  in 
0  quando  nei  derivati  l'accento  viene  a 
cadere  su  altra  sillaba,  onde  cuore  e  co- 
ràggio ;  giuoco  e  giocava;  scuòla  e  sco- 
laro ;  uòvo  e  ovino;  cuòcere  e  cocèva^  etc. 
Così  dicasi  del  dittongo  ie^  onde  cielo  e 
celèste.  Le  eccezioni  sancite  dall'uso  e 
dagli  esempi  letterari  per  alcune  speciali 
voci  non  infirmano  tale  regola,  ed  è  de- 
plorevole che  si  creino  nuove  difficoltà  ed 
incertezze  fittizie  da  aggiungere  alle  reali 
incertezze  della  grafìa  italiana. 

Uomo  economico:  veramente  gli  econo- 
misti usano  questa  formula  in  latino  {Homo 
oeconomicus)  per  significare  l'uomo  come 
ente  astratto  il  quale  ha  il  concetto  del 
valore  delle  cose  e  quindi  pensa  in  ogni  sua 
operazione  di  raggiungere  il  massimo  ri- 
sultato col  minimo  sforzo.  Così,  ad  es.  un 
consumatore  cercherà  di  acquistare  la 
merce  che  gli  abbisogna  dove  potrà  tro- 
varla a  miglior  mercato,  un  produttore 
di  fabbricare  i  suoi  prodotti  coi  mezzi 
meno  costosi,  etc. 

Uomo  normale:  (V.  Normale):  secondo 
un    concetto    positivista,    per    normalità 


dell'uomo  si  intende  una  specie  di  ambito 
0  zona  —  mutabile  secondo  1  tempi  — 
entro  cui  cadono  le  azioni  ed  i  pensieri 
della  più  parte  degli  uomini.  La  cogni- 
zione di  questa  norma  si  ritiene  da  molti 
come  fondamento  della  responsabilità  ri- 
spetto alla  legge.  Per  il  filosofo  e  per 
l'antropologo  questo  concetto  di  normalità 
non  si  presenta  però  così  facile  come  sem- 
bra in  apparenza. 

Uova  alla  coque:  V.   Coque. 

Uovo  di  Colombo:  Y.  L'uovo.,  etc. 

Uranismo:  termine  di  patologia  ed  in- 
dica una  forma  di  inversione  sessuale  con- 
genita, variante  di  omosessualità.  La  pa- 
rola uranismo.,  uranista  (da  Urano?)  fu 
creata  da  un  famoso  invertito.  In  francese, 
uraniste^zhome-sexuel.  Il  vocabolo  è  pure 
in  inglese,  credo  anzi  che  ne   provenga. 

Urbanismo:  dal  lat.  wrès  =  città  e  il 
solito  suffisso  ismo  ;  indica  la  tendenza 
moderna  nelle  popolazioni  di  accentrarsi 
nelle  città. 

Urbe:  latinismo  che  significa  città  e, 
per  antonomasia,  Roma.  Voce  magnifica 
e  severa  che  sta  a  suo  posto,  poniamo, 
in  una  poesia  di  G.  Carducci,  ma  che, 
intromessa  nella  chincaglieria  di  certi  scrit- 
tori, ofi'ende  chi  ha  il  senso  della  sem- 
plicità e  della  naturalezza. 

Urbi  et  orbi  :  lat.,  alla  città  (Eoma)  ed 
al  mondo:  parole  delle  benedizioni  dei 
Pontefici;  familiarmente  valgono  dovun- 
que., e  si  dice  con  special  senso  faceto. 

Uremia:  voce  del  linguaggio  medico 
(gr.  Oì)Qov  =  urina  ed  al/ua  =:  sangue). 
Con  questo  nome  si  designa  un  complesso 
di  accidenti  tossici  (cerebrali,  respiratori, 
gastro-intestinali)  dovuti  ad  insufficenza 
0  alla  mancanza  della  funzione  dei  reni 
(ritenzione,  dunque,  dei  veleni  che  nor- 
malmente sono  eliminati  con  le  urine). 
Derivato,  ur cìnico. 

U mingo  :  termine  di  patologia  :  colui  che 
è  affetto  da  inversione  sessuale.  Ingl.  zir- 
ning.  V.   Uranismo. 

Urrà:  V.  Hurrah. 

Uscire  dall'equivoco:  brutta  locuzione 
dei  giornali  e  del  linguaggio  politico  :  vale 
dichiararsi.,  manifestare  la  propria  opi- 
nione senza  più  tergiversare  o  tenere  il 
piede  in  due  staffe. 


Tsc 


-     509 


Uti 


Uscirne  o  cavarsela  pel  rotto  della 
cuffia:  locuzione  familiare  per,  «  cavar- 
sela da  un  rischio,  o  da  un'angustia,  o 
da  una  prova  senza  danno  e  spesa,  for- 
tunatamente, bene  ».  Questa  locuzione 
pare  tolta  dall'antico  giuoco  medioevale  del 
Saracino  o  della  quintana.  Il  colpo  rite- 
nevasi  buono  dai  giudici  del  campo  ben- 
ché il  corridore  fosse  colpito  nella  cuffia. 

Uscito  fuor  del  pelago  alla  riva:  verso 
dantesco  [Inf. ,  I)  divenuto  patrimonio  del 
linguaggio  familiare,  e  per  lo  più  usato  con 
senso  faceto  o  per  pericoli  di  lieve  conto. 

Usque  ad  finem:  lat.  fino  alla  fine; 
usasi  il  motto  per  indicare  ìnsisteMxa^ 
costanxa.  pertinacia. 

Ustionare:  verbo  neoL,  da  ustione^ 
scottare^  bruciare.  Farmi  voce  superflua, 
ove  non  la  si  voglia  trovar  necessaria  per 
il  fatto  che  è  meno  comune  e  non  vol- 
garmente intesa;  quindi  pare  voce  più 
adatta  al  linguaggio  scientifico,  il  quale, 
pure  in  questa  felice  età  democratica,  si 
compiace  di  troppo  di  parole  difficili  e 
perciò  più  venerande. 

Usucapione:  antica  parola  del  diritto 
romano,  che  indica  il  diritto  di  possesso 
di  una  data  cosa  per  effetto  del  lungo  uso. 
Da  Msws  =  uso  e  ca^aere  =:  prendere,  pren- 
dere a  cagione  dell'uso.  Familiarmente  si 
dice  talora  usucapione  per  indicare  un 
diritto  a  qualche  bene  per  il  fatto  della 
prima  occupazione. 

Usus  magister  est  optimus:  Cicerone, 
Pro  Rabirio  Postumo,  4,  e  De  Oratore.^ 
I,  4. 

Usus  te  plura  docebit:  lat.,  Vuso  ti 
insegnerà  molte  cose.  Si  legge  tale  sen- 
tenza, nell'antica  Prosodia  del  Porrctti. 

Ut  desint  vires  tamen  est  laudanda 
voluntas:  lat.,  pur  7nancando  le  forxe^ 
tuttavia  è  da  lodarsi  il  buon  volere  (Ovi- 
dio, Epist.  ex.  Patito,  HI,  4,  79). 

Utensìle:  e  non  utènsile,  come  intesi 
diro  da  molti  meccanici  ed  ingegneri  di 
Lomhardia,  lat.  utensìlia. 

Utile  dulcl:  lat.,  l'utile  congiunto  al 
bello.,  al  dilettevole.,  e  por  lo  più  si  dice 
con  riferimento  all'opera  d'arte  in  cui  il 
Mucotto  etico  si  unisce  all'estetico.  Mas- 
sima dedotta  da  Orazio,  Arte  Poetica, 
343,  344: 


Omne  tulit  punctum  qui  miscuit  utile  dulci, 
lectorem  delectando  pariterque  monendo. 

Utilitarismo:  fr.  utilitarisme,  ingl.  uti- 
litarianism  :  teoria  etica  (praticata  prae- 
sertini  da  chi  non  è  filosofo)  che  riguarda 
l'adattamento  ad  un  fino  utile  come  cri- 
terio morale:  der.  utilitarista  ed  utili- 
tario. Es.  morale  utilitaria.  Parola-indice 
della  civiltà  presente,  nella  quale  parola 
comunemente  si  intende  l'esclusione  di 
ogni  idealità  lontana  ed  eroica.  V.  Positi- 
vismo. Queste  parole  sono  riprese  dai  pu- 
risti, necessarie  nell'uso.  Quanto  al  con- 
cetto filosofico  esso  è  assai  antico. 

Utilizzazione:  (fr.  utilisation)\  utiliz- 
zabile (fr.  utilisable);  utilitario  (fr.  ttti- 
litaire)  che  segue  il  concetto  filosofico 
dell'Utile:  utilitarismo  (fr.  utilitarisme), 
sono  tutte  parole  che,  come  appare  dal 
riscontro  fra  parentesi,  ci  provengono  dal 
francese  :  ai  puristi,  in  maggior  o  minor 
grado,  dispiacciono,  e  i  dizionari  le  re- 
gistrano a  spizzico  :  l'uso  le  consacra  tutte. 
Inoltre,  accolto  come  è  da  tempo  il  verbo 
utilizzare,  è  troppa  pretesa  non  volere  i 
derivati,  quando  tornano  facili  ed  acconci, 
anche  se  di  conio  francese  (  Utilitare , 
fuor  d'uso,  usare,  sfruttare,  far  tesoro, 
giovarsi,  mettere  a  profìtto  sono  le  pa- 
role nostre  sinonimo). 

Ut  impleatur  scriptura:  locuzione  cu- 
riale (?)  talora  usata  familiarmente  per 
indicare  il  compimento  delle  formalità 
prescritte. 

Utìnam  !  :  esclamazione  latina  ;  vale , 
voglia  il  cielo,  ìnagari,  include  speranza 
ed  augurio,  e  si  dice  con  speciale  inten- 
dimento, come  da  questo  istruttivo  pe- 
riodo di  Alessandro  d'Ancona  :  «  il  Par- 
lamento americano  ebbe  anni  addietro  a 
porre  un  limite  alla  larghezza  di  doni  o 
lasciti  in  danaro  che  dai  privati  si  face- 
vano alle  biblioteche,  già  esistenti  o  da 
fondarsi;  aggiungeva  però  che  un  tal  or- 
dino non  aveva  frenato  la  benefica  usanza 
e  si  era  presto  trovato  il  modo  di  eludere 
la  leggo.  Fra  noi,  pur  troppo,  non  si  ve- 
rifica il  bisogno  di  una  legge  consimile! 
Ma  ci  contontorommo  so  qui  devo  fiori- 
scono gli  aranci  e  s})irano  gli  zoffìri,  lo 
biblioteche  non  bruciassero,  come  a  To- 
rino, 0  non  stessero  in  presente  pericolo 


Uti 


510 


Uva 


di  ardere,  come  altrove,  né  ci  piovesse 
dentro,  come  a  Padova.    Utinam!». 

Uti  possidetis:  lat.,  coìiie  voi  possedete. 
E  termine  generalmente  usato  nei  trattati 
dopo  una  guerra  per  significare  che  il  ter- 
ritorio conquistato  deve  restare  al  con- 
quistatore, sia  stabilmente,  sia  a  tempo. 
Uti  possidetis  è  pure  nome  di  legge  ro- 
mana {Digesto,  XIIII,  17).  Dicesi  uti 
possidetis  con  forza  di  sostantivo. 

Utopia:  gr.  ov  =  non  e  TÓJtog  =  luogo, 
dunque  luogo  che  non  esiste,  così  Tommaso 
Moore  (151 6ì  intitolò  un  suo  romanzo  ove 
descrive  un'isola  o  stato  in  perfetto  e  fe- 
lice governo.  La  parola  trapassò  in  ogni 
lingua  eulta  per  indicare  un  processo  di 
pensiero  più  secondo  fantasia  e  desiderio 
che  secondo  logica  ed  esperimento. 

Ut  pictura  poesis:  nota  sentenza  d'Ora- 
zio {Arte  Poetica),  per  significare  l'affi- 
nità tia  le  due  arti  :  la  poesia  è  come  la 
pittura,  cioè  cadono  sotto  le  stesse  leggi. 


NB.  La  conoscenza  dell'affinità  tra  le 
arti  è  cosa  antica  al  pari  dell'arte;  l'in- 
vasione di  un'arte,  nel  campo  di  un'altra, 
per  cui  la  poesia  vuol  raggiungere  effetti 
musicali,  la  musica  vuole  precisare  come 
il  verso,  la  pittura  vuol  essere  filosofica 
etc,  è  cosa  particolare  dell'età  nostra, 
che  riesce  di  buon  effetto  nei  grandi  e 
veri  artisti,  non  in  virtù  della  teoria,  ma 
dell'arte  la  quale  quando  è  tale  da  vero, 
fa  buona  prova  con  qualunque  dogma. 

Ut  sis  nocte  levis,  sit  tibi  coena  bre- 
vis:  lat.,  se  vuoi  esser  leggero  (star  bene) 
di  notte,  ìnangia  jjoco  la  sera.  Noto  verso 
leonino  della  scuola  Salernitana  {Collectio 
Salernitana,  Napoli,  1852).  Variante:  si 
vis  esse  levis,  sit  tua  coena  brevis. 

Ut  supra:  lat.  come  sopra. 

Uvaggìo  :  vino  piemontese  (Alessandria) 
da  pasto  piuttosto  ordinario  :  così  detto 
perchè  si  prepari  con  molte  uve  di  di- 
versa qualità. 


■V 


Vacca  spagnuola:  termine  della  locu- 
zione volgare  :  parlare  francese  come  una 
vacca  spagnuola.  Questo  assurdo  è  dovuto 
ad  una  corruzione  di  frase  francese,  al- 
meno così  si  dice,  e  la  frase  sarebbe 
questa  :  Il  parie  fran^ais  comme  un  ba- 
sque  Vespagnol.  Essa  fa  il  paio  con  l'altra, 
pure  comune,  la  bellexxa  dell'asino  per 
dire  la  gioventù;  frase  assurda,  che  si 
ritiene  traduzione  errata,  pur  dal  francese, 
la  beante  de  l'dge. 

Vaccata:  familiarmente  e  volgarmente 
porcheria.^  opera  fatta  male. 

Vaccheria:  stalla  con  vacche,  aperta  al 
publico. 

Vade  mecum  :  fr.  vade  tnecum  (dal  la- 
tino, lett.  vieni  con  me)  :  significa  ma- 
nuale pratico. 

Vade  retro  Satana  :  (  Vang.  di  S.  Mat- 
teo., IV,  10),  dicesi  per  significare  repul- 
sione., abbominaxione.,  ma  di  solito  si 
dice  in  senso  faceto. 

Vae  soli  :  famoso  avvertimento  biblico 
{Ecclesiaste.,  IV,  10),  guai  a  chi  è  solo, 
ed  è  vero,  ma  è  pur  vero  quello  che  dice 
Giovanni  Prati  in  un  suo  bel  sonetto  in 
Psiche  (opera  a  torto  dimenticata  come 
tante  cose,  belle  e  buone,  in  Italia): 

Vae  noli!  ci  ammonisco  il  libro  santo; 
ma  se  coi  molti  ad  imbrancar  ti  vai, 
così  bieca  ò  l'insidia  e  il  rischio  ò  tanto 
che  star  romito  mi  par  meglio  assai. 

Inoltro  va  solingo  il  leone,  l'aquila  spiega 
romito  il  suo  volo  :  i  forti  del  mondo  stanno 
soli,  e  il  gregge  va  in  branco  por  aver  forza. 
Vae  victis:  lat.,  guai  ai  vi/di  {Livio., 
V,  48).   Il   motto  ricorro  per   siguifìoaro 


l'eterno  diritto  della  forza.  Certo  chi  è 
vinto  nella  lotta  della  vita  è  fuggito  dalla 
stessa  pietà,  giacche  essa  richiamerebbe 
coscienza. 

Vagneriano  :  seguace  delle  teorie  di  R. 
Wagner  (1813-1883),  uno  dei  più  grandi 
compositori,  filosofi  e  innovatori  dell'arte 
musicale.  Spesso  si  dice  «  vagneriano  »  in 
opposizione  ai  seguaci  della  classica  mu- 
sica melodica  italiana. 

Vago:  (term.  med.)  o  nervo  pneumoga- 
strico,  che  si  distribuisce  al  collo,  al  to- 
race ed  all'addome;  presiede  alla  sensi- 
bilità delle  vie  aeree  e  delle  vie  digestive, 
ed  è  il  nervo  moderatore  del  cuore.  È  detto 
vago  per  la  sua  vagante  distribuzione. 

Vagone  :  ingl.  wagon  (lat.  vehere  = 
portare),  voce  internazionale  e  presso  di 
noi  popolare,  che  si  alterna  promiscua- 
mente con  carrozza.,  carrozzone.  Queste 
anzi  tendono  a  prevalere. 

Vagone-salon  :  non  credo  che  sia  scrit- 
tura tecnica,  ma  si  dice  per  indicare  quelle 
carrozze  ferroviarie  a  tipo  Pullmann  nei 
treni  di  lusso,  che  servono  specialmente 
per  ritrovo  o  por  refezione. 

Valalla:  il  paradiso  di  Odino  secondo 
la  religione  scandinava. 

Valanga  :  neol.  ripreso  e  discusso  a 
lungo  dal  Fanfani  {op.  cit.),  dal  fr.  ava- 
lanche.  Giustamente  osserva  il  Rigutini 
che  tale  voce  conviene  oramai  sancirò, 
come  la  sancì  l'uso,  lo  voci  toscano  li- 
sciata e  voluta  «  denotando  un  fatto  che 
sarebbe  quasi  la  miniatura  di  quello  o- 
spresso  dalla  voco  valanga» .  Dicosi  anche 
in  senso  figurato,  os.  una  tmlanga  di  carta. 


Val 


-    512     — 


Vai- 


Valchiria:  più  comunemente  al  plurale, 
Valchirie  :  nome  dato  dagli  antichi  scan- 
dinavi a  divinità  muliebri,  messaggere  di 
Odino. 

Bionde  Valchirie,  a  voi  diletta  sferzar  de'  cavalli 
sovra  i  nembi  natando,  l'erte  criniere  al  cielo. 
Carducci,  Alle  Valchirie. 

Valencienne:  fr.,  per  lo  più  al  plurale, 
pizzo  di  Valenza. 

Valgo  0  varo  :  termine  medico,  usato 
come  attributo  di  membro,  o  segmento  di 
membro,  deviato  all' infuori.  Es.  piede, 
ginocchio  varo.  Dal  latino  valgus  =:  che 
ha  le  gambe  storte,  e  varus  =  declinante 
dalla  linea  retta,  piegato,  volto  in  fuori, 
sbilenco,  strambo:  cruravara.,cornuavara. 

Vali:  grande  ufficiale  dell'impero  turco, 
governatore  generale  d'una  provincia  {vi- 
layet).  Da  lui  dipendono  i  mutessarifs .,  i 
ka'imakans.,  e  i  mudirs  (grafie  francesi, 
come  il  solito,  accolte  fra  noi  pei  nomi 
orientali). 

Valle  :  a  Comacchio  e  Eavenna  così 
sono  chiamati  gli  specchi  d'acqua  salma- 
stra, le  lagune,  e  i  fondi  palustri  di  quella 
regione. 

Vallivo  :  aggettivo  di  valle  (es.  terreno 
vallivo).^  usato  nelle  regioni  del  Ravennate 
e  del  Ferrarese.  V.    Valle. 

Valorem  (ad)  :  i  dazi  doganali  nel  diritto 
amministrativo  si  dividono  in  specifici  se- 
condo una  misura  (quantità,  peso,  e  qua- 
lità, cioè  specie)  e  ad  valorem.  (latinismo), 
cioè  quei  dazi  che,  non  tenendo  conto 
della  specie,  si  computano  in  base  al  va- 
lore dichiarato.  In  questo  caso  lo  Stato  si 
riserva  il  diritto  d'acquisto  sul  prezzo  di- 
chiarato. 

Valoroso  :  dovrebbe  essere  il  guerriero  : 
invece  ha  osservato  il  lettore  come  questo 
belligero  aggettivo  sia  sovente  dato  a 
gente  che  finora  non  fu  punto  belligera? 
ai  professori?  Un  insegnante  è  valoroso^ 
come  un  ufficiale  è  brillante.  Epitheton 
ornaìis  ! 

Valpolicella:  vino  rosso  da  pasto,  pre- 
giatissimo del  Veneto  (Verona)  :  rosso  ru- 
bino, àlcole  non  molto,  acidulità  tendente 
ad  una  freschezza  e  sapidità  gradevole  : 
diffuso  e  ricercatissimo  in  commercio.  Sotto 
questo  nome  vanno  i  vari  vini  del  Veronese. 

Valvola  di  sicurezza:  noto  apparecchio, 


dovuto  al  Papin,  per  impedire  lo  scoppio 
delle  caldaie.  Dicesi  in  senso  morale. 

Valzer  :  è  la  scrittura  che  presso  di  noi 
predomina  ed  è  registrata:  è  voce  tedesca, 
Waltxer  (danza  tedesca  moderna,  in  mi- 
sura tripla  e  a  movimento  moderato).  I 
francesi,  conforme  alla  loro  lingua,  scri- 
vono valse. 

Vandalismo  :  (da  Vandalo^  popolo  bar- 
barico germanico  che  nel  455  saccheggiò 
e  distrusse  Eoma);  e  comQ  vandalo .^  vale 
distruggitore  bestiale,  così  vandalismo 
dicesi  l'atto  dello  sciupare  e  rovinare  per 
malvagità  e  stupidità  :  è  dal  fr.  vanda- 
lisme?  Certo  è  voce  nostra  familiare  e 
manca  a  molti  dizionari. 

Vandea  :  (  Vendéé)^  regione  della  Francia 
che  fieramente  sostenne  in  armi  (1789-95) 
il  diritto  regio  dei  Borboni  e  la  religione 
contro  la  Eivoluzione.  Nel  giornalismo  e 
nella  politica  questo  nome  talora  è  usato 
per  significare  con  ispregio  e  con  enfasi 
giacobina  il  partito  conservatore,  reazio- 
nario, pronto  ad  agire  per  opporsi  contro 
le  innovazioni  e  i  procedimenti  democra- 
tici 0  demagogici  —  che  non  vuole,  non 
ama,  non  intende.  Il  concetto  di  fanatismo 
e  di  ignoranza  è  incluso  in  questa  parola 
Vandea. 

Vanella:  voce  napoletana,  da  vano: 
cortiletto  chiuso,  divisorio  fra  case. 

Vangelo:  (lett.,  buona  novella).,  fa- 
miliarmente vale  verità  sacrosanta.,  su 
cui  non  cade  dubbio.  Es.  questo  è  van- 
gelo. 

Vanitas  vanitatum  et  omnia  vanitas: 
{Ecclesiaste.,  I,  2;  XII,  8),  motto  ricorrente 
tanto  in  senso  religioso  cristiano,  come  in 
senso  filosofico  pessimista  per  significare 
Vinflnitu  vanità  del  tutto.  E  va  bene! 
Tuttavia  a  questa  conclusione  l'uomo  de- 
sidera di  giungere  dopo  l'esperimento,  cioè 
dopo  aver  goduto  e  assaporato.  Ciò  è  troppo 
giusto  I  Se  il  motto  è  del  sapientissimo 
Salomone,  egli  potrebbe  confermare  tale 
mia  chiosa. 

Vare,  legiones  redde!:  Varo,  rendimi 
le  ìnie  legioni!  (Svetonio,  Augusto.^  23), 
le  quali  Arminio,  germanico,  sconfisse 
nella  selva  di  Teutoburgo  (a.  9  dell'Era 
volgare).  Il  famoso  grido  volgesi  spesso 
ad  altri  sensi. 


Var 


—     513     — 


Vec 


volgare).  Il  famoso  grido  volgesi  spesso 
ad  altri  sensi. 

Varicella:  malattia  infettiva,  contagiosa, 
solitamente  assai  benigna,  caratterizzata 
dall'eruzione,  a  varie  riprese,  di  bollicine, 
che  appassiscono  e  seccano  dopo  qualche 
giorno.  Infezione  ben  diversa  dal  vaiuolo. 

Varietas  deiectat:  antica  e  viva  sen- 
tenza, di  formazione  —  penso  —  popolare, 
la  varietà  piace. 

Varo:  terni,  med.,  dal  lat.  varus-a-U7n 
=  volto,  storto.  Dicesi  di  membro  o  parte 
di  membro  piegato  all'indentro  (V.  Valgo). 

Va  sans  dire:  locuzione  francese  usata 
per  vizio  [s'inteìide,  si  capisce). 

Vascello  fantasma  :  leggenda  allegorica 
olandese  di  nave  errante  pei  mari,  che 
apportava  sventura  alle  altro  navi  che  in 
essa  si  imbattevano.  Fornì  argomento  di 
un  romanzo  del  Marryat  {The  Phantom 
Ship^  1839),  di  opere  musicali  (Wagner), 
di  novella  (E.  Poe). 

Vas  electionis:  fu  detto  S.  Paolo  (Cfr. 
Atti,  IX,  15;  Dante,  Inferno,  II,  28). 
Vaso  d'elezione  si  dice  talora  in  senso 
ironico  di  persona  priva  di  ogni  cosa  eletta. 

Vasel  d'ogni  froda:  j^ieno  di  ogni  frau- 
dolenza, locuzione  dantesca,  Inf.  XXII, 
82  (Cfr.  Vas  electionis).  NB.  Per  vasel 
non  si  intenda  piccolo  vaso. 

Vasi  :  nel  linguaggio  marinaresco  si  de- 
signano con  tale  nome  due  enormi  tronchi 
di  quercia  squadrati,  che  costituiscono  la 
base  dell'invasatura  (V.  questa  voce)  su 
cui  scivola  la  nave  che  si  deve  varare. 
Vasi  sembra  derivare  dal  latino  vara  = 
traversa,  cavalletto,  voce  usata  da  Vitru- 
vio  e  nel  linguaggio  tecnico  de'  costruttori 
latini.  Onde  il  yerho  varare?  Il  Gugliel- 
motti, «  per  togliere  equivoci  »,  consiglia 
vase  e  vasa. 

Vaso  delle  Danaidi  :  locuzione  tolta 
dall'antico  mito  delle  cinquanta  figlie  di 
Danae,  dannato  nel  Tartaro  a  riempire 
anfore  senza  fondo  in  pena  dell'uccisione 
do'  loro  mariti  :  dicesi  di  cosa  senza  fondo, 
che  nulla  conserva,  tanto  in  senso  mate- 
riale che  morale. 

Vaso  di  Pandora:  V.  Pandora. 

Vasomotore:  in  medicina  od  in  fisiologia 
attributo  di  nervi,  centro,  sistema:  re- 
gione cioè  del  midollo  allungato  (centro), 


e  filamenti  (nervi)  per  cui  è  regolato  e 
coordinato  il  movimento  dei  vasi  sanguigni. 
Ingl.  vaso-motor.  fr.  vasomoteur . 

Vasomotoria  (innervazione):  quella  che 
presiede  al  movimento  dei  vasi  sanguigni 
donde  deriva  nella  cute  l'arrossamento  o 
impallidimento.  La  sua  reazione  fu  trovata 
frequentemente  anormale  nei  criminali. 

Vate!:  nome  del  maggiordomo  del  gran 
Condé,  e  la  leggenda  narra  che  si  uccise 
pel  dolore  di  non  aver  potuto  allestire  del 
pesce  fresco  ad  un  banchetto  che  il  vin- 
citore di  Rocroi  offriva  a  re  Luigi  XIV, 
nella  sua  magnifica  dimora  di  Chantilly. 
Suona  Vatel  antonomasticamente  eome 
cuoco  famoso,  al  pari  del  romano  Apicio. 

Vaticano  :  nome  antico  di  colle  di  Roma, 
dimora  del  Papa  ;  quindi  il  governo  del 
Papa,  nel  modo  stesso  che  si  dice  la  Porta 
il  governo  del  Sultano.  /  fulmini  del  va- 
ticano =  le  scomuniche  (a  cui  il  pensiero 
moderno  ha  fatto  da  parafulmine). 

Vaudeville  :  nota  specie  di  operetta  :  voce 
francese,  formata  da  un  vai  o  vau  de  Vire 
(in  origine  canzoni  bacchiche  «  du  vallon 
de  Vire  »,  secolo  XV). 

Vecchia  (la):  dicono  in  alcune  terre 
dell'Emilia  e  della  Romagna  ed  in  Pie- 
monte (?)  il  luminello  (V.   Gibigiana). 

Vecchia  destra  (la)  :  la  destra  (noto 
partito  politico  italiano,  V.  Destra)  del 
periodo  rivoluzionario,  anteriore  al  1876, 
anno  della  sua  caduta.  Si  contrapone  a 
sinistra  storica,  detto  della  sinistra,  an- 
teriore al  tempo  stesso,  cioè  al  suo  av- 
vento al  potere  ed  al  trasformismo  (prime 
Ministero  Depretis). 

Vecchia  guardia:  fu  storicamente  la 
Guardia  Imperiale  Napoleonica,  formata 
di  fidi  e  valorosi  soldati,  invecchiati  in 
quelle  epiche  battaglie.  La  guardia  mum'e 
ma  non  s'arrende  (AVaterloo).  La  garde 
meurt  et  ne  se  rend  pas.  La  parola  vi  euri, 
secondo  alcuni,  avrebbe  dato  origino  al 
discusso  motto  di  Cambronne  {merde.'). 
(V.  /  Miserabili  di  V.  Hugo,  tomo  III, 
lib.  I,  2°).  Si  dice  vecchia  guardia  per 
indicare  i  primi  fondatori  o  audaci  asser- 
tori di  un  partito. 

Vecchio:  ò  anche  termine  familiare  di 
amicizia:  nel  diminuiti vo  dioosi  anche  dai 
bambini,  ed  è  uso  comune  nei  vernacoli 


A.  I'anzini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani. 


lìH 


Vec 


—     514     — 


Vei 


dell'alta  Italia.  Così  in  fr.  mon  vieux  =: 
mot  d'amitié  qui  se  dit  très  bien  a  un 
jeune  homme  (Cfr.  le  locuzioni  nostre  fa- 
miliari :  i  miei  vecchi  per  dire  i  miei  ge- 
nitori; la  mia  vecchia  per  dire  la  mia 
moglie). 

Vecchio  Adamo  (il)  :  vale  il  vecchio  pec- 
cato^ il  difetto  d'origine. 

Vecchio  della  Montagna  (il):  storica- 
mente fu  così  detto  il  capo  della  famosa 
setta  degli  Assassini,  stabilitasi  su  la  fine 
del  secolo  XI  sui  monti  della  Persia.  Di- 
fesi per  indicare  inspiratore  occulto  (iro- 
nicamente). 

Vecchio  Stile:  attributo  del  Calendario 
Giuliano  in  opposizione  al  nostro,  Grego- 
riano. Cotesto  calendario  è  seguito  dai 
popoli  che  seguono  la  religione  greco-scis- 
matica 0  ortodossa  (Russi,  Greci,  etc.) 
ed  è  in  ritardo  sul  nostro  calendario  di 
13  giorni. 

Vedere  :  nella  locuzione  farne  vedere  ad 
uno.,  vale  «tormentare,  martoriare,  far  sof- 
frire ».  Questa  locuzione  familiare  è  anche 
in  francese  en  fair  e  voir  à  quelqu''un  in 
tale  senso  ;  ma  sono  forme  parallele,  non 
di  imitazione. 

Veder  le  stelle:  dicesi  di  acuto  e  mo- 
mentaneo dolore  fisico,  per  l'effetto  di 
certi  bagliori  o  fosfeni  che  passano  su  le 
pupillo  in  quell'attimo.  Antica  locuzione 
familiare. 

Vedere  per  credere:  locuzione  da  fiera 
e  da  saltimbanchi,  trasportata  nel  lin- 
guaggio familiare  in  senso  faceto  ed  iro- 
nico, detta  di  cosa  che  non  pare  vera,  e 
pure  è  veramente. 

Vedi  Napoli  e  poi  mori  :  locuzione  nostra 
che  vale  dopo  Napoli  non,  v'è  più  ninna 
cosa  si  bella.,  onde  si  può  morire.  Secondo 
alcuni  la  locuzione  è  fondata  sul  bisticcio 
della  parola  mori.,  nome  di  luogo  presso 
Napoli,  che  non  esiste.  Vedi  Napoli  e 
poi ....  è  titolo  di  un  libro  del  Ferrigni 
(V.  Yorick). 

Vegetare  :  far  vita  puramente  materiale 
come  le  piante  le  quali  vegetano.  Es.  In 
questa  città  si  vegeta.,  manca  ogni  nutri- 
mento dello  spirito.  Questo  neol.  è  dal 
francese  vegeter  =  vivoter.,  vivre  medio- 
crement.,  miséi-ablement^  ovvero  è  forma 
parallela  ? 


Vegetariano  :  neol.  dal  fr.  végétarien., 
usato  per  significare  quelle  persone  le 
quali  non  fanno  uso  se  non  dei  vegetali 
ed  abborrono  da  cibi  ricchi  di  albumina 
(carne),  laddove  l'uomo,  per  fisiologia,  è 
erbivoro  e  carnivoro  insieme.  I  primi  ve- 
getariani furono  in  Londra  verso  il  1810. 
In  Italia  molta  parte  della  popolazione  per 
necessità  economica  e  di  clima  e  per  la 
eccellenza  delle  verdure  e  de'  legumi  è, 
senza  esagerazioni  nordiche ,  propensa 
alla  dieta  vegetale.  Vi  sono  persino  co- 
lonie 0  falansteri  (Ascona)  di  gente  la 
quale  fa  professione  di  vivere  secondo 
natura  (V.  Naturalista).,  ritornando  cioè 
alla  semplicità  primitiva.  L'assoluta  dieta 
vegetale  è  norma  per  costoro.  Esagerazione 
nordica  e  reazione  alla  complicata  e  fati- 
cosa civiltà  moderna  spiegano  lo  strano 
fenomeno. 

Vehme  :  secondo  scrittura  francese,  e 
venie  secondo  scrittura  nostra  :  nome  di 
famoso  tribunale  segreto  in  Germania 
(Vestfalia)  nell'Evo  Medio.  Veìne  nell'alto 
tedesco  medioevale  vale  condanna.,  puni- 
zione. 

Veilleuse:  fr.,  lumino  da  notte  {daveiller 
=  vegliare,  vigilare,  quasi  lume  vigile). 

Veine:  in  gergo  familiare  francese,  vale 
chance.,  bonheur.  In  italiano  vena  figura- 
tamente vale  disposizione,  talento.,  vale 
sentire.,  essere  un  poco  :  es.  ha  una  vena 
di  pazzo  (cfr.  averne  un  ramo)^  vale  di 
buona  voglia:  es.  fare  una  cosa  di  vena. 

Velo:  V.    Velodromo. 

Velocìfero  :  al  tempo  delle  diligenze  era 
così  chiamata  quella  vettura  che  correva 
più  diretta.  Dal  fr.  velocifere:  diceasi 
anche  in  antico  il  velocipede. 

Velodromo  :  (dottrinalmente  si  dovrebbe 
dire  velòdromo  come  ippòdromo^  etc.) 
per  campo  delle  corse  (ciclistiche)  è  un 
vocabolo  ibrido,  dal  lat.  velox  =  veloce  e 
dal  gr.  ó^ó/fo^  =  corsa.  Osserva  l'Arila 
«che  già  era  stato  introdotto  ciclodromo., 
che  se  non  altro  aveva  il  merito  di  essere 
tutto  d'un  pezzo,  cioè  tutto  greco,  e  po- 
teva bastare».  Vero  è  che  velodromo  è 
voce  non  di  nostro  conio,  ma  francese,  vé- 
lodrome.  I  francesi  hanno  anche  la  voce 
di  gergo  velo  :=  velocipede.  E  la  legge  del 
Brenno,  cui  conviene  subire. 


Vel 


—     515 


Yen 


Velvet:  velluto  dì  cotone.  \  Velvet  è  dal- 
Fingleso:  diminutivo  di  veluet:  basso  la- 
tino velluctum  =  velluto. 

Vena:  V.  Veine. 

Vendere  (corsa  a):  nei  manifesti  delle 
corse  accadrà  spesso  di  leggere  questa  lo- 
cuzione, corsa  a  vendere^  e  siccome  questa 
bizzarra  locuzione  sarà  da  taluno  ine- 
sperto dello  sport^  poco  intesa,  ecco  che 
vuol  dire  :  è  una  corsa  nella  quale  i  pro- 
prietari dei  cavalli  inscritti  dichiarano  il 
prezzo  di  vendita  dei  loro  cavalli.  Il  ca- 
vallo vincitore  è  messo  all'asta  al  prezzo 
dichiarato.  Il  peso  (fantino,  sella,  e  so- 
pracarico) è  in  ragione  diretta  del  prezzo 
dichiarato.  C'è  poi  anche  la  corsa  a  re- 
clamare (altra  bella  frase!)  in  cui  qual- 
siasi dei  cavalli  inscritti  può  essere  do- 
mandato, pagando  il  prezzo  dichiarato,  più 
il  premio. 

Vender  la  pelle  dell'orso:  locuzione  fa- 
miliare, uguale  a  quest'altra,  vender  l'uc- 
cello su  la  frasca  =  fare  assegnamento  su 
cosa  non  conseguita  ed  assai  dubbia.  (Dalla 
nota  favola  di  quei  tre  cacciatori  che  fa- 
ce van  conto  di  pagar  l'oste  col  premio  che 
la  comune  avrebbe  dato  per  l'orso  ucciso. 
E  quando  lo  videro,  fuggirono). 

Vendetta  corsa:  cioè  omicidio  giurato 
ed  eseguito  dopo  lungo  tempo,  al  mo- 
mento opportuno,  quasi  sciogliendo  un 
voto,  ciò  secondo  il  costume  di  quel  po- 
polo. È  pena  di  morte.  NB.  por  la  filosofia 
delle  parole,  vendetta  è  voce  accolta  in 
francese. 

Venditorio:  idiotismo  {venditori)  che 
leggesi  in  Milano  su  molte  scritte,  in 
vece  di  macelleria. 

Venerabile:  come  grado  massonico,  V. 
Massone. 

Venere  di  Milo:  è  la  famosa  statua  el- 
lenica (così  detta  dal  luogo  ove  fu  trovata), 
tronca  dello  braccia,  la  perla  del  museo 
del  Louvre  in  Parigi  :  prodigio  della  sta- 
tuaria antica,  dinanzi  a  cui  lagrimò  Ar- 
rigo Heine,  in  sul  finir  della  vita!  Il  nome 
ricorre  come  termine  di  raffronto  di  somma 
bellezza. 

Venere  nera:  V.  Appendice. 

Venere  pandèmia:  V.  Pandemia. 

Venere  solitaria:  V.   Onanismo. 

Veneree  (malattie):  V.  Malattie  veneree^ 


e  qui  aggiungi  emendando:  esse  compren- 
dono l'ulcere  ed  il  bubbone  venereo  di 
natura  benigna  e  conseguenze  locali  ;  la 
blenorragia,  malattia  specifica  del  gono- 
cocco di  Noisser  (bacillo  della  gonorrea) 
capace  di  trasmettersi  per  contatti,  sia 
su  gli  organi  sessuali,  sia  agli  occhi  (onde 
V  oftalmia  blenorragica  dei  neonati,  e 
l'autointossicazione  di  chi  toccasi  gli  occhi 
con  tale  veleno).  La  sifilide^  o  forma 
celtica^  non  è  compresa  nella  denomina- 
zione di  malattie  veneree:  essa  è  ben  più 
grave  male  :  trasmissibile  per  contatto, 
purché  la  mucosa  o  pelle  sia  ulcerata, 
cioè  abbia  soluzione  di  continuità.  Sifilide 
congenita  è  quella  dei  bambini,  generati 
da  padre  o  madre  sifilitica.  La  sifilide  è 
germe  non  del  tutto  ancor  noto.  Ben  gua- 
rita, non  è  recidiva. 

Venezia  Giulia  o  Regione  Giulia:  noto 
questo  nome  geografico  perchè  come  re- 
cente, è  omesso  nei  lessici  :  esso  fu  dato 
da  Graziadio  Ascoli  alla  regione  costituita 
geograficamente  da  parte  del  bacino  del- 
l'Isonzo, dal  territorio  di  Trieste  e  dalla 
penisola  istriana. 

Veni  foras  (Lazare):  così  Cristo  al  morto 
Lazzaro,  risuscitandolo  (Evangeli).  Dicesi 
in  senso  faceto,  vieni  fuori/ 

Veni,  vidi,  vici:  epistola  sintetica  di 
Cesare,  annunziante  la  sua  vittoria  su 
Farnace  nel  Ponto:  venni,  vidi.,  vinsi 
(Plutarco,  Detti  memorabili  di  re  e  di 
capitani).  Eipetesi  familiarmente  per  si- 
gnificare rapida  e  felice  riuscita. 

Veniam  petimus  damusque  vicissim  : 
questa  vènia  domandiamo  e  concediamo 
a  vicenda.,  cosi  Orazio  [Arte  Poetica.,  11) 
a  proposito  d' arte  e  con  significato  di 
umano  e  reciproco  compatimento  :  il 
motto  poi  è  usato  per  ogni  argomento  o 
questione. 

Venir  con  l'ultima:  cioè  con  l'ultima 
corsa;  familiarmente  e  figuratamente  vale 
capir  le  cose  troppo  tardi. 

Venire  al  ferri  corti  :  si  dico  quando 
noi  litigi  o  questioni  è  messo  da  parte 
ogni  riguardo  o  cautela:  ferro  corto  è  il 
pugnale,  onde  la  locuzione  deve  trarre  ori- 
gine da  questa  forma  risolutiva  o  forooo 
di  combattimento. 

Venire  all'uovo  :  locuzione  nostra  fan\i- 


516 


Ver 


Mare  tolta  dalla  gallina  che  torna  di  per 
se  al  nido  ;  detto  di  chi  spontaneamente, 
senza  esortazione  o  rimprovero,  trova  op- 
portuno ritornare  al  suo  posto  ed  ufficio 
dopo  averlo  disertato. 

Venire  al  tandem  o  anche  all'ergo  :  fa- 
miliarmente vale  venire  al  nocciolo  della 
questione^  alla  conclusione  o  spiegazione 
(lat.  tandem.^  finalmente;  ergo^  dunque). 

Venire  a  taglio:  cadere  op'portuno. 

Ventino:  moneta  di  nichelio  da  20  cen- 
tesimi :  voce  familiare. 

Ventitré  (portare  il  cappello  su  le)  : 
cioè  inclinato^  alla  brava.  Locuzione  fog- 
giata per  similitudine  del  sole  che  su  le 
ventitre  ore  (antica  numerazione)  declina. 

Ventre  a  terra  :  per  di  carriera.,  detto 
dei  cavalli,  è  il  fr.  veyitre  à  terre. 

Vera:  nel  Veneto  e  in  Lombardia  è  l'a- 
nello di  sposa.  Vera  vale  altresì  puteale,  pa- 
rapetto del  pozzo,  di  forma  appunto  anulare. 
In  latino  c'è  viria  =  braccialetto;  in  fran- 
cese virole  =  vera,  viera,  ghiera  (Cfr.  il 
verbo  virare).  L'etimologia  di  questa  pa- 
rola non  è  delle  piii  chiare.  La  parola 
vera  vale  come  senso  lo  stesso  che  ghiera; 
ma  se  poi  come  etimologia  esse  formino 
una  cosa  sola,  non  ardirei  affermare  benché 
paia  probabile.  Secondo  il  Diez  ghiera 
deriverebbe  dall'antico  alto  tedesco  gér  = 
lancia.  (Cfr.  gherone).  Il  Musaffia  antepone 
il  latino  veru  =  spiedo,  senza  negare  l'in- 
flusso di  gér  sul  mutamento  del  v  in  g. 
Il  Tommaseo  spiega  :  «  Viera  lo  stesso 
che  ghiera.,  rammenta  veru  =  spiedo  : 

Pur  uscì  fuori,  e  con  quella  ruiiia 
Va  che  dalla  balestra  esce  la  viera 

Boiardo,  Ori.  Inn.,  Libro  III,  Capo  IV,  10, 

nel  rifacimento  del  Berni  ».  In  alcune 
terre  delle  Marche  e  di  Romagna  si  dice 
ver  ghetta.,  la  vera  zrz  anello  nuziale. 

Vera  incessu  patuit  dea:  (Vergilio, 
Eneide.,  I,  405):  al  portamento  apparve 
la  sua  deità.  Così  Venere  se  stessa,  in- 
volontariamente, rivela  ad  Enea.  Dicesi 
in  lode  di  bellezza  muliebre. 

Veranda:  vocabolo  che  gli  inglesi  tolsero 
dall'India  e  che  si  trova  altresì  ne'  diz. 
francesi.  Indica  una  terrazza  coperta  o 
loggiato.  Dal  sanscr.  veranda.,  da  var  --=: 
coprire. 


Verba  verba,  praetereaque  nihii  :  lat., 
parole  parole  e  poi  nulla  (Cfr.  Shakespeare, 
Amleto.,  II,  2:  Wordsl  ivords!  ivords! 
e  Orazio,  Epistole^  I,  1,  34:  sunt  verba 
et  voces). 

Verba  volant,  soripta  manent:  lat., 
le  parole  volano  e  lo  scritto  rimane. 
(Cfr.  l'altro  motto:  carta  camita  e  villan 
dorme). 

Verbigrazia:  dal  latino  verbi  gratia.,  di- 
ceasi  una  volta  invece  di  per  eseìnpio  : 
oggi  non  si  direbbe  che  in  tuono  faceto. 

Verboten:  ted.,  proibito:  ricorre  nei 
paesi  tedeschi  come  avvertimento  publico 
di  ciò  che  è  vietato.  Ma  a  noi,  italiani, 
amantissimi  della  maggior  libertà,  questo 
rigido  teutonico  verboten  pare  un  eccesso 
pedantesco  e  però  in  senso  faceto  ricorre 
talora  questa  parola. 

Verghetta  :  =  anello  nuziale  (V.  Vera). 

Vergine  :  attributo  di  molte  cose,  non 
tutte  notate  nei  dizionari  :  foresta  vergine.^ 
vino  vergine  (non  fermentato  con  vinacce), 
ed  anche  si  dice  la  verginità  di  un  par- 
tito, quando  esso  non  ha  ancora  fatto  l'e- 
sperimento pericoloso  del  potere. 

Vergine  Rossa:  fu  detta  Luisa  Michel, 
la  nota  comunarda  francese.  Dicesi  per 
estensione  di  donna  anarchica,  che  scende 
per  le  vie  ad  accendere  la  sommossa.  Voce 
del  giornalismo. 

Vergissmeinnioht:  V.  Myosotis. 

Verglacé  :  part.  di  verglacer,  tradotto  in 
vetrato.,  es.:  rocce  vetrate  (V.    Verglas). 

Verglas:  fr.,  è  la  pioggia  diacciata.,  la 
brina.,  quella  che  in  romagnolo  dicono 
galavenia  (cfr.  l'antica  voce  calaverno). 
Verglas  è  parola  tradotta  da  alcuni  in 
vetrato  (sost.).  |  Verglas  pare  derivi  da 
verre  e  giace  =  vetro  gelato  (Diez)  per 
la  somiglianza  che  questo  nevischio  ha 
col  vetro.  Confronta  la  stessa  parola  in 
])armigiano  vedergiazx.  La  parola  nostra 
è  nevischio. 

Verismo  :  in  arte,  vedi  Naturalismo. 
Come  nome  di  nuova  scuola  letteraria  ella 
è  cosa,  come  al  solito,  francese  (E.  Zola), 
scimmiottata  da  noi  in  una  serie  stucche- 
vole di  romanzi,  drammi  e  novelle,  e  fu 
di  moda  specialmente  sul  finire  del  secolo 
scorso.  «  Il  verismo  »  così  è  definito  da  uno 
scrittore   francese:  c'est  un  natm-alisme 


Ver 


517 


Ver 


ou  un  réalisme  allant  jusqu'aux  eonsé- 
quences  extrèmes  de  son  premier  prin- 
cipe,  0,  por  dir  meglio,  è  un  realismo 
che  non  ama  cogliere  che  uno  speciale 
aspetto  della  realtà. 

Verità  rivelata:  ciò  che  dalla  Chiesa  è 
ritenuto  vero  per  virtù  di  rivelazione  (V. 
questa  parola). 

Verità  vera:  è  una  ben  curiosa  locu- 
zione !  La  chiosa  è  troppo  facile,  e  si  può 
lasciare  a  chi  legge. 

Veritas  odium  paril:  V.  Obsequmm^  etc. 

Vermeil  :  fr.,  argento  dorato.  |  Vermeil 
etimologicamente  vale  vermiglio. 

Vermout  e  Vermouth:  sono  prevalenti 
scritture  alla  francese,  in  italiano  vermut: 
secondo  i  toscani  vermutte^  nota  specie 
di  vino  bianco  medicato.  Neologismo  tolto 
dai  francesi  che  lo  tolsero  alla  lor  volta  dal 
tedesco.  Wermut  =  assenzio,  radice  contro 
i  vermi?  (Secondo  il  Kluge  op.  cit.  è  voce 
di  origine  incerta).  La  fabbricazione  del 
vermut  è  fatta  specialmente  in  Piemonte 
e  forma  oggetto  di  notevole  esportazione. 

Vermout'  d'onore  :  vermut  dato  per  o- 
norare  publicamente  ospiti  o  personaggi 
(Y.    Vermont). 

Vernio:  antico  e  bell'aggettivo  {verne- 
reccio^  bacìo).,  vivo  in  alcuni  dialetti  e 
campagne,  come  opposto  di  solatio  (cioè 
verso  tramontana). 

Vernissage:  si  chiama  in  Francia  vernis- 
sage la  visita  di  un'esposizione  di  belle 
arti  alla  vigilia  delia  sua  apertura  ufficiale, 
visita  alla  quale  non  sono  ammessi  che 
pochi  e  privilegiati  invitati.  Parecchi  de- 
cenni addietro  i  pittori  dipingevano  su 
tele  con  imprimitura  ad  olio  e  allora,  ad 
opera  finita  e  ben-  asciutta,  vi  si  passava 
sopra  una  mano  di  vernice  trasparente. 
Quest'  operazione  si  faceva  alla  vigilia 
dell'  apertura  della  esposizione ,  perchè 
per  lo  pili  le  opere,  finite  appena  pel 
giorno  della  consegna,  mancavano  della 
vernice,  ondo  il  nomo  di  verniciatura  (ver- 
nissage). Ma  dacché  è  prevalso  il  sistema  di 
dipingerò  su  tela  preparata  a  gesso,  su  ta- 
volette, etc.  etc,  la  verniciatura  dell'opera 
non  è  più  necessaria,  tuttavia  perdura 
l'usanza  della  ammissione  preliminare 
nello  sale  della  esposizione  dogli  artisti- 
autori  0  di  persone  privilegiate,   e  que- 


sta visita  conservò  il  nome  di  vernis- 
sage. 

Ver  rongeur:  voce  del  gergo  francese, 
vale  il  cocchiere  preso  ad  ora.  (Rode, 
neir attendere,  la  borsa  del  cliente). 

Ver  sacrum:  lat.,  primavera  sacra. 
Voce  storica  che  significò  il  voto  presso 
gli  antichi  popoli  italici  di  sacrificare  agli 
Dei  tutte  le  primizie  dell'anno.  Gli  uomini 
che  erano  così  sacrificati,  si  mandavano, 
come  getto  o  pollone,  fuor  de'  confini  per 
formar  nuova  patria. 

Versaiuolo:  è  detto  familiarmente  e  per 
ispregio  dei  fabbricatori  di  versi.  NB,  La 
passione  del  comporre  versi  è  un'antica 
e  ben  nota  forma  di  malattia  intellettuale 
italiana. 

Versamento:  dicesi  dei  pagamenti  che 
vengon  fatti  presso  le  Banche  mediante 
distinta  nella  quale  vengon  specificate  le 
valute.  Dicesi  pure  degli  esattori  per  le 
somme  dai  medesimi  riscosse,  e  che  ven- 
gono versate  ai  tesorieri.  Dal  fr.  verse- 
ment.,  e  perciò  notata  dai  puristi,  i  quali 
consigliano  pagamento  :  ma  versamento 
pare  oramai  voce  tecnica  nei  sensi  su  detti. 

Versante:  è  voce  tecnica  per  indicare 
le  linee  di  displuvio  di  una  catena  di 
monti  (spartiacque  o  crinale  montano).  E 
neol.  tolto  dal  fr.  versant.  1  puristi  con- 
sigliano pendio.,  declivio.,  acquapendente., 
ma  i  geografi  seguitano  a  dire  versante 
ancorché  il  Rigutini  avverta  essere  «  voce 
inutile,  introdotta  non  per  arricchire,  ma 
per  impoverire  la  lingua  ».  Scommetto  però 
che  anche  la  Crusca,  quando  arriverà  al 
V,  dovrà  registrare  questa  parola. 

Versasoioltalo:  voce  letteraria,  coniata 
dal  Barotti  in  ispregio  dei  frugoniani,  ul- 
tima maniera  arcadica,  terribili  facitori  di 
versi  sciolti  :  cosi  pure  è  del  Baretti  sotto 
il  pseudonimo  di  Aristarco  Scannabue  nella 
sua  Frusta  Letteraria.,  la  parola  pasto- 
relleria.,  contro  lo  svenevolezze  dell'Arca- 
dia (Cfr.  la  famosa  opera  del  Settecento 
Versi  sciolti  di  tre  eccellenti  moderni 
autori). 

Versione  :  por  narrazione  di  un  fatto 
con  speciale  interpretazione,  spiaco  ai  pu- 
risti. È  infatti  dal  francese  :  version  r= 
vianih'e  de  raconter  un  fait. 

Verso:    propriamente  verso -folio.   Gli 


Ver 


518 


Ves 


antichi  libri  si  usavano  numerare  a  carte, 
non  a  pagine,  come  oggidì,  perciò  si  di- 
ceva verso  la  seconda  pagina,  non  nume- 
rata. Voce  dei  librai  e  bibliofili  (V.  Retto). 

Vertenza  :  «  sebbene  sia  formato  da  uno 
dei  sensi  del  verbo  vertere  i=  pendere  in 
giudizio,  pure  non  è  bello  usarlo  per  lite., 
questione,  piato  »  (Eigutini). 

Vertigine:  come  termine  medico,  è  sin- 
drome determinata  specialmente  dal  senso 
della  instabilità  nello  spazio  rispetto  alle 
cose  circostanti. 

Verum  scire  est  per  causas  scire  :  lat., 
il  vero  sapere  è  il  sapere  coìioseendo  le 
cause.  E  motto  abusatissimo,  che  ricorda 
il  vergiliano  felix  qui  potuit  rerum  cogno- 
scere  causas  (riferito  a  Lucrezio)  Ma  di 
chi  è?  motto  baconiano?  leibniziano? 

Verve  :  voce  francese,  frequente  ed  abu- 
siva per  brio.,  calore.,  anima  (dell'artista, 
del  poeta,  dell'oratore).  Verve.,  dal  lat.  ver- 
va  ==  testa  di  montone ,  indi  capriccio 
architettonico?  (Cfr.  l'etimologia  della  pa- 
rola nostra  capriccio,  da  capra). 

Verza  :  (da  verde)  in  Lombardia  e  nel- 
l'alta Emilia  dicesi  ^qv  cavolo.  Il  Petroc- 
chi, che  si  attiene  al  puro  fiorentino,  ha 
verzotto.,  che  è  appunto  il  cavolo  verzotto 
con  foglie  grandi  verdi  e  cesto  a  palla,  o 
cavol  cappuccio.  Cappuccio  appunto  a  Ve- 
nezia e  a  Napoli.  Bròccolo.,  tanto  in  Lom- 
bardia come  in  Eomagna  e  in  molte  altre 
parti  d'Italia  è  chiamato  volgarmente  il  ca- 
volfiore., appunto  da  brocco.,  onde  brocca., 
broccato  etc.  Molti  diz.  spiegano  broccolo 
semplicemente  per  tallo  del  cavolo  o  della 
rapa. 

Verzellino:  piccolo  uccello  dell'ordine 
dei  Coracorniti,  della  famiglia  dei  frin- 
guelli, Serinus  hortulanus.,  detto  anche 
Scrino,  Crispolino,  Verdolino,  Raperino. 

Verziere:  lat.  virido.rium.,  voce  antica 
per  giardino  e  in  tal  senso  fuori  d'uso  : 
è  rimasta  nel  dialetto  milanese  per  indi- 
care il  mercato  delle  erbe  (verzèe). 

Vescica  sgonfia:  locuzione  piena  di  sa- 
pienza popolare  per  indicare  quelle  persone 
che  altamente  presumono  di  se,  e  dall'e- 
sperienza vennero  conosciute  vuote  di 
valore.  NB.  Le  vesciche  sorreggono  il 
mondo,  come  le  botti  vuote  i  galleg- 
gianti, e  pili  sono  piene  di  vento,  piti  ser- 


vono. Talora  però  accade  che  qualcuna 
scoppi  e  si  sgonfi  e  allora  non  ha  più 
pregio. 

Vespasiano:  V.  Monumenti  Vespasiani. 

Vestaglia  :  veste  da  camera  per  signora. 

Vestale  :  (propriamente  la  sacerdotessa 
della  Dea  Vesta.,  vergini  innupte)  :  ironi- 
camente e  familiarmente  talora  si  dice  per 
meretrice.,  donna  del  giro. 

Veste  (aver)  :  per  avere  autorità  è  «  neo- 
logismo inutile  quanto  barocco»  (Eigutini). 

Vestis  virum  facit:  lat.,  l'abito  fa  l'uo- 
m,o,  cioè  l'essere  è  nel  parere.  Cfr.  il 
proverbio  siciliano  :  Scarpi.,  causimi  e 
jiuppuni  Ti  fanno  compariri  barimi. 
E  diceva  Cosimo  il  vecchio  come  due  canne 
di  panno  rosato  facevano  tm  uomo  dab- 
bene. 

Vestito  :  raccolgo  in  breve  sotto  questo 
vocabolo,  a  cui  spesso  rimandai,  nozioni 
che  pur  formando  argomento  di  libri  e  di 
scritti  vari,  sono  tuttavia  più  frequente- 
mente cercate  che  facilmente  trovate.  La 
Rivoluzione  francese  (1789-1815)  rivolu- 
zionò il  vestito.  I  calzoni  lunghi,  i  colori 
prevalentemente  scuri,  il  cappello  a  staio, 
la  rigidezza  del  taglio  sono  frutti  della 
civiltà  borghese.  Però  cosa  notevole  :  men- 
tre fra  due  uomini,  l'uno  in  marsina,  l'al- 
tro in  parrucca  e  spadino  (secolo  XVIII)  il 
distacco  è  grande  ;  una  dama  in  abito  o- 
dierno  da  ritrovo  o  da  ballo  non  stone- 
rebbe fra  dame  vestite  all'antica.  La  donna 
non  potè  abbandonare  la  piuma,  il  colore 
vivace,  la  trina,  lo  svolazzo.  Il  così  detto 


abito  maschilizzato  (abito  tailleur)  non 
indica  una  nuova  tendenza,  ma  un  co- 
modo in  alcuni  casi  e,  forse,  una  raffina- 
tezza. La  sostituzione  dei  calzoni  \^ì  in- 
tende di  quelli  di  stoffa)  alla  gonna  non 
potrà  prevalere  se  non  in  alcuni  speciali 
casi  di  comodità  pel  moto  ginnastico.  La 
sottana  è  intimamente  congiunta  alla  fi- 
siologia e  psicologia  muliebre.  Prima  della 
Rivoluzione  non  sarebbe  proprio  dire  che 
la  Francia,  che  pur  era  maestra  di  ogni 
eleganza,  avesse  vera  e  propria  moda. 
La  moda  (fr.  mode.,  dal  latino  modus  = 
cioè  «uso  passeggero,  dipendente  dal  gusto 
e  dal  capriccio»,  inglese  fashion)  suppone 
la  mutabilità  della  foggia  e  degli  adorna- 
menti. Questa  mutabilità  è  cosa   propria 


Ves 


519    — 


Ves 


della  civiltà  nostra:  prima  della  Rivolu- 
zione i  tipi  erano  relativamente  fissi,  mu- 
tavano lentissimi,  seguendo  il  complesso 
stile  del  secolo.  Confronta  i  costumi  con- 
tadineschi che  ancora  rimangono  in  qual- 
che nostra  regione  (Sardegna,  Sicilia  ad 
es.).  Di  queste  mutazioni  molta  causa 
spetta  alle  necessità  ed  astuzie  commer- 
ciali, molta  alla  tendenza  borghese  di  e- 
mulare  e  pareggiare  le  classi  privilegiate 
per  censo  e  nobiltà.  La  moda  propria- 
mente detta  comincia  dal  tempo  del  II  Im- 
pero ed  il  famoso  sarto  Worth  ne  fu  va- 
lido cooperatore  {eonfexione  di  abiti  fatti, 
stoffe  e  accessori,  velluto,  trine  etc,  in 
vendita  presso  il  laboratorio  del  sarto, 
colori  e  tessuti,  secondo  il  gusto).  Della 
moda  muliebre  —  vera  scienza  dell'arte 
del  piacere  —  tiene  ancora  lo  scettro 
Parigi  :  dicendo  moda  si  intende  moda  di 
Francia.  (Cfr.  la  piavola  de  Franxa  = 
il  figurino).  Vero  è  che  tale  impero  è  con- 
trastato da  Londra  e  da  Nuova  York  :  non 
sarà  però  facile  spodestare  quel  popolo  fran- 
cese che  sembra  avere  uno  speciale  senso  nel 
culto,  quasi  feticista,  della  bellezza  mu- 
liebre. Talora  ci  si  domanda  :  Da  chi  è 
data  la  volubile  moda?  Spesso  da  veri 
artisti,  spesso  dal  gusto  o  capriccio  di 
donne  mondane,  attrici,  artiste;  spesso  dal 
mero  caso.  Riunioni  eleganti,  sportive, 
cerimonie,  teatri  etc.  servono  ad  esporre 
al  giudizio  una  data  moda.  Accettata  che 
essa  sia,  conviene,  per  chi  non  vuole  tro- 
varsi in  arretrato,  ricorrere  a  Parigi.  Ciò 
sanno  sarte  e  cuffiaio  di  provincia.  Per 
quanto  variabile,  la  moda  trae  dall'antico 
e  deriva  evolvendosi  da  modelli  prece- 
denti. In  questi  ultimi  tempi  un  senso 
voluttuoso  e  squisito  di  colori,  di  stoffe, 
di  linee,  sembra,  più  che  il  capriccio,  pre- 
siedere alla  moda,  deformando  la  linea 
anatomica  di  quel  tanto  che  basti  a  sol- 
lecitare i  sensi,  argomento  di  geniale 
studio  sarebbe  il  raffronto  tra  le  tendenze 
estetiche  dell'arto  fioroalo  e  la  moda  mu- 
liebre :  esaminare  lo  sforzo  di  dare  alla  fi- 
gura muliebre  una  voluttuosa  sembianza  di 
efebo.  Necessaria  quindi  con  la  cosa,  la 
soggezione  ai  vocaboli  francesi.  Ma,  fatto 
strano  !  mentre  le  nostro  sarte  e  le  nostro 
signore  ripetono  il   vocabolo,  quale  esso 


sia,  dei  figurini,  i  cataloghi  dei  magazzini 
parigini  per  l' Italia,  usano  parole  ita- 
liane e  con  sufficente  precisione  e  ris- 
petto alla  nostra  lingua.  Inutile  cura,  o 
gentili  francesi  !  Quanto  alla  moda  ma- 
schile, domina  il  modello  inglese,  infor- 
mato ad  un  concetto  di  igiene,  di  comodo, 
di  praticità:  da  ciò  deriva  l'eleganza  ma- 
schile nel  vestire  comune.  Come  seguire 
i  mutevoli  vocaboli,  stranieri  per  la  più 
parte,  ma  spesso  modificati  o  dal  capriccio 
dei  sarti,  o  dallo  snobismo  degli  eleganti  e 
degli  scrittori  o  dall'influsso  delle  voci 
nostrane,  regionali?  Fra  i  vocaboli  ho 
notato  quelli  che  mi  parvero  più  stabili. 
Ecco  una  specie  di  elenco.  I  cappotti  d'in- 
verno, secondo  le  fogge  e  le  stoffe,  hanno 
questi  vari  nomi:  Paletot^  Ulster^  Pala- 
midone^ Raglan^  Makferlane,  Pipistrello, 
Talma  (mantello  a  ruota  completa,  la  cap- 
parella  romagnola],  Punch^  Overcoat  = 
Waterproof  0  Rainproof^  dall'inglese  wa- 
ter =  acqua,  rain  =  pioggia  e  proof  =: 
prova,  a  prova  di  acqua;  oppure  Gover- 
tcoat,  soprabito  impermeabile:  Overcoat 
^z  Rnche  pardessus  (dall'inglese  over  .=: 
sopra  e  coat  =:  abito  :  cfr.  cotta),  Spencer^ 
per  militari,  Sport^  soprabito  largo,  corto, 
elegantemente  bizzarro,  così  dotto  perchè 
di  prammatica  nelle  riunioni  sportive; 
Bismarck^  specie  di  Ulster^  ancora  in 
uso  presso  i  tedeschi,  e  così  detto  dal 
nome  del  famoso  statista  (V.  Ulster)-^ 
Chesterfleld,  soprabito  lungo  di  stoffa  color 
fantasia.  L'abito  da  cerimonia,  nero,  chiuso 
a  due  petti:  Stifelius,  Redingote,  e  se 
di  color  rosso,  come  usa  nelle  cacce,  Ri- 
ding  coat^  dall'  inglese  riding  =  caval- 
cando (V.  Redingote).,  Prefettizia.,  (nel 
Veneto),  Financière,  perchè  usato  all'e- 
stero da  banchieri  o  finanzieri.  L'abito  a 
falde,  solitamente  nero  :  Taìt.,  Dorsay., 
e  con  voce  inglese  Morning  coat.,  se  di 
stofi'a  color  fantasia,  da  portarsi  al  mat- 
tino ;  Dining  ooat.,  se  nero,  da  portarsi  a 
pranzo;  Gratis  o  Kraus.,  Habit  (Torino), 
Paltorino  (Milano),  Sciassa  (Napoli). 
L'abito  a  coda  di  rondino:  Marsina  (spo- 
cialinento  por  militari,  diplomatici),  Ve- 
lada  (Venezia),  Frac  (V.  questa  parola), 
Abito  (por  antonomasia,  dal  francese  habit 
noir),  Evening  coat.  Anche  la  Giacchetta 


Vet 


—    520    - 


Via 


a  sacco  è  denominata  inglesemente  Saek; 
il  giacchettino  nero  da  conversazione,,  balli, 
teatri,  Sìnoking  (propriamente  Smoking 
eoat^  Y.  questa  parola.  L' abito  o  muta 
di  stoffa  tutta  di  uguale  colore,  totd  de 
méme  (V.  questa  parola).  Il  panciotto  o 
sottoveste  di  vivaci  disegni  e  tinte,  gilet 
fantasia.  I  calzoni  hanno  anch'essi  varietà 
di  nomi ,  Panaehes  o  Breeehes  quando  son 
corti  (brache  in  fr.  culotte)  e  di  special 
foggia  per  gli  eleganti  cavallerizzi.  Kni- 
cTcer-bockers  =  smallclothes  (i  gambali  di 
lana  grossa  per  alpinisti  e  ciclisti  che  si 
portano  con  le  brache).  Infine  Oolfcoatz=. 
abito  pel  giuoco  del  Golf;  Yachting  coat  z=i 
abito  negli  esercizi  nautici,  etc.  etc.  Bi- 
sogna convenire  che  i  nostri  eleganti  hanno 
anche  loro  una  certa  fatica  da  fare  per 
imparare  bene  tutte  le  mutabili  parole  che 
r  Inghilterra,  l'America,  la  Francia  im- 
pongono. 

Vetrioleggiare  :  verbo  formato  per  imi- 
tazione del  neol.  francese  vitrioler  ^  get- 
tare il  vetriolo  in  faccia  (forma  di  ven- 
detta deturpante,  usata  talvolta  nelle  bat- 
taglie d'  amore).  Vitrioler^  vitrioleur^ 
euse  =  qui  jette  du  vitriol  pour  aveugler 
ou  défigurer  par  vengeance^  sono  in  fran- 
cese voci  di  gergo.  In  Napoli  è  a  tale 
effetto  in  onore  il  colpo  di  rasoio  sul  volto, 
sfreg  io ,  sfregiare . 

Vetrocromia:  pittura  sul  'vetro. 

Vetterli:  nome  del  facile  italiano  che 
fu  adottato  nel  1871  :  modificato  nel  1887 
secondo  il  sistema  Vitali,  oggi  sostituito 
da  più  perfetto  modello  (per  l'esercito  at- 
tivo). Dal  nome  dell'inventore,  Federico 
Vetterli,  direttore  della  fabbrica  d'armi  di 
Sciaffusa  (Svizzera). 

Vettura  Negri  :  fu  propriamente  nome  di 
un'antica  impresa  di  diligenze  che  faceva 
servizio  da  Milano  a  Saronno.  Partiva 
dall'albergo  Torre  di  Londra^  in  via  Ro- 
vello. Divenne  e  rimase  proverbiale  per  la 
lentezza,  sopratutto,  dopo  l' introduzione 
delle  ferrovie  (Saronno  fu  unito  molto  tardi 
a  Milano  per  mezzo  della  ferrovia  detta 
del  Nord,  quindi  la  diligenza  sopravisse 
per  lungo  tempo  alle  sue  simili).  Anche 
le  altre  comunicazioni  attorno  a  Milano 
non  erano  rapide,  di  che  è  prova  questa 
vecchia  strofa  : 


Il  postiglion  di  Monza 
si  chiama  Trottapiano, 
impiega  un  giorno  e  mezzo 
per  giungere  a  Milano. 

Questa  locuzione ,  estesa  a  significare 
lentezza  grandissima^  è  nota  anche  fuori 
di  Lombardia,  certo  per  effetto  del 
giornalismo  milanese.  |  Altra  locuzione, 
ma  antica,  di  senso  affine,  e  notata 
in  ogni  buon  lessico,  è  il  soccorso  di 
Pisa.  Ma  non  credo  che  tutti  ne  sap- 
piano con  precisione  1'  origine.  Essa  si 
riferisce  al  promesso  e  non  mai  mante- 
nuto soccorso  deirimperatore  alla  ghi- 
bellina Pisa  nella  sua  continua  e  fatai 
guerra  contro  Firenze,  nel  Cinquecento. 
«  Massimiliano  Ee  de'  Romani  s'era  messo 
in  pensiero  di  calare  in  Italia,  non  tanto 
per  prendere,  secondo  il  rito  de'  suoi  pre- 
decessori, la  Corona  e  il  titolo  Imperiale 
in  Roma,  quanto  per  ristabilire  i  diritti 
dell'Imperio  Germanico  in  queste  Provin- 
cie e  recare  a  Pisa,  continuamente  infe- 
stata dai  Fiorentini,  quel  soccorso  che 
tante  volte  promesso,  e  non  mai  eseguito, 
fece  poi  nascere  il  proverbio  del  Soccorso 
di  Pisa».  Muratori,  Annali  d'Italia.,  anno 
di  Cristo  1508. 

Vexata  quaestio:  lat.,  questione  agitata^ 
discussa^  dibattuta,  su  cui  si  è  detto  tutto 
ciò  che  poteva  esser  detto  senza  che  le 
parti  contendenti  si  accordino,  e  perciò 
vale  anche  questione  inutile. 

Vi  :  abl.  latino,  per  me%;%o  di  violenza^ 

Via  :  nelle  locuzioni  via  di  fatto  per 
violenza,  percossa;  via  diplomatica  per 
diplomaticamente  ;  via  amministrativa, 
per  amministrativamente,  etc.  è  esten- 
sione della  parola,  che  spiace  ai  puristi: 
comune  nell'uso  (Cfr.  il  fr.  voie  de  fait  = 
coups  donnés  a  quelqu'un). 

Viabilità:  stato  delle  vie,  neologismo 
tolto  dal  francese  viabilité  :  si  riprende 
dai  puristi,  ma  è  oramai  accolto  nei  mo- 
derni dizionari  dell'uso,  ed  è  voce  di  cui 
non  sapremmo  fare  a  meno. 

Via  crucis:  la  via  della  Croce,  devo- 
zione cristiano-cattolica  che  si  compie 
passando  da  una  all'altra  delle  quattordici 
imagini  che  rappresentano  le  stazioni  della 
passione  di  Cristo,  onde  nel  linguaggio 
familiare  via  crucis  vale  andare  da  uno 


Via 


521 


Vie 


ad  un  altro  per  ragione  di  affari  o  di  uf- 
ficio, con  molto  tedio,  umiliazione  e  spesso 
poco  vantaggio. 

Via  di  Damasco  (su  la):  vale  sit  la  via 
della  conversione^  dalla  nota  leggenda  di 
Saulo  (indi  Paolo)  il  quale  recandosi  a 
Damasco  per  esterminare  i  Cristiani,  fu 
da  una  visione  indotto  a  quella  fede  di  cui 
divenne  apostolo  meraviglioso. 

Viadotto:  cavalcavia  o  soprapassaggio 
di  grande  elevazione  e  solitamente  a  più 
arcate   (ferrate,  strade,  canali). 

Viaggiare  col  cavallo  di  San  Francesco: 
vale  andare  a  piedi  e  si  dice  lepidamente. 
Locuzione  familiare,  dedotta  dal  lungo  e 
paziente  peregrinare  a  piedi  dei  frati 
francescani,  come  puoi  vedere  dalla  let- 
tura dei  Fioretti  di  S.  Francesco. 

Viatico  :  nel  gergo  dei  giocatori  di  Monte 
Carlo,  fr.  viatique  =  indonnite  de  retour 
accordée  aux  joueurs  décavés  par  l'admi- 
nistration  des  jetix  de  Monte- Carlo.  (De- 
lesalle,  op.  eit.). 

Vibice:  lat.  vibex  =  livido.  Termine 
medico:  linee  da  prima  rosse,  indi  bian- 
che e  perlacee,  dall'aspetto  di  lunghe  ci- 
catrici che  solcano  la  pelle  quando  essa 
è  sottoposta  ad  esagerata  tensione  (ad- 
dome delle  donne  incinte).  Smagliature. 

Vibrante:  un  mot  qui  a  été  adopté  avec 
enthousiasìne  est  le  mot  «vibrant».  Des 
cordes  de  Vinstrument,  il  n'a  fait  quun 
saut  au  coeur  de  V  homme  ;  U  ancien 
«  passionné  »  est  devenu  «  vibrant  »,  così 
Loredan  Larchey  nel  s-uo  Nouveau  Suppl. 
du  Diction.  d'Argot  ;  e  come  vibrano  i 
francesi  in  arte,  in  amore  etc,  così  per 
riflesso  vibrano  i  nostri  scrittori  che  vanno 
per  la  maggiore.  Alle  donne  scrittrici  que- 
sta metafora  —  io  non  so  per  qual  causa  — 
pare  specialmente  cara.  Abusato  è  pure 
l'aggettivo  vibrato.,  invece  di  forte,  vio- 
lento., energico.,  etc.  Es.  zm  discorso,  una 
protesta  vibrata. 

Vibrato:  V.  Vibrante. 

Vibrione:  nome  generico  di  bacterio 
(propriamente  il  bacterio  vibrante,  mobile)., 
usato  estensivamente  in  senso  morale  per 
sanguisuga.,  succhione,  parassita.,  sfrut- 
tatore del  denaro  publico  (il  sangue  di 
Pantalone). 

Vichy  :  vaio  acqua  di  Vichy,  nota  ac- 


qua minerale  (dal  nome  della  città  di 
Vichy  in  Francia).  In  Italia  vi  corrispon- 
dono per  i  benefici  effetti  le  acque  di 
S.  Pellegrino.  Comuni  le  Vichy  artificiali. 

Viciniore:  comparativo  mal  foggiato  a 
simiglianza  di  maggiore.,  peggiore^  etc. 
Antico  termine  curiale.  Es.  Il  pretore  vi- 
ciniore ziz  più  vicino. 

Vicisti  Galilaee!:  o  Cristo^  hai  vinto! 
parole  che  la  tradizione  attribuisce  in 
morte  all'imperatore  Giuliano  l'Apostata 
(V.  Gaetano  Negri,  Oiuliano  l'Apostata). 
Si  dice  nel  riconoscere  l'altrui  vittoria. 

Victoria:  carrozza  signorile  a  quattro 
ruote  e  due  posti,  con  mantice,  dietro  : 
bassa  di  predella,  con  molle  leggerissime 
e  perciò  assai  adatta  per  signore.  La  pa- 
rola è  inglese  e  francese,  e  prevale  nell'uso 
alla  forma  fatta  italiana,  vittoria. 

Victrix  causa  Diis  placuit,  sed  vieta 
Catoni  :  famoso  e  bel  verso  eroico  di  Lu- 
cano in  lode  della  magnanimità  di  Catone 
che  antepose  la  morte  al  sottomettersi  a 
Cesare  (Far s alia .,!.,  128).  «La  causa  del 
vincitore  (Cesare)  piacque  agli  Dei,  quella 
del  vinto  (Pompeo)  a  Catone  ».  Certo  l'ebbe 
in  mente  Dante  quando  nel  Purgatorio 
elevò  a  tanto  umano  valore  Catone.  Si 
ripete  il  motto  a  conforto  di  magnanimità 
sfortunata. 

Videbimus  infra:  lat.,  vedremo  frattanto^ 
e  dicesi  con  intenzione  parlando  di  cose 
sospette  0  che  debbono  essere  giudicate 
dalla  loro  fine. 

Video  meliora  proboque:  deteriora  se- 
quor:  nota  sentenza  d'Ovidio  {Metamor- 
fosi^ VII,  20,  21).  Veggio  'l  meglio  ed 
al  peggior  m'appiglio.  Petrarca  (nella 
canzone  numero  XXI,  ediz.  Mestica,  nu- 
mero XVII,  ediz.  Marsand),  ed  il  Foscolo 
{Il  propizio  ritratto)  : 

Do  lode 
alla  ragion,  ma  corro  ove  al  cor  piace. 

Sentenza,  oramai  di  sapore  di  scuola. 

Vidimare:  per  autenticare.,  è  giusta- 
mente detto  dal  Tommaseo  «  inutile  gal- 
licismo», vidimer -z  terme  de  pratique  : 
il  est  maintenant  fori  peu  usité  {Dix.  de 
l'Aoadémie  fr.).  Da  noi  è  tanto  dell'uso 
ohe  ogni  dizionario  lo  registra. 

Vleil-argent,  vieil-or:  benché  vi  siano 


Vie 


-     522     - 


Alo 


le  voci  oro  antico^  argento  antico^  molti, 
in  certo  linguaggio,  antepongono  la  parola 
francese  perchè  più  corrente  a  loro  giu- 
dizio e  perchè  con  essa  omettono  il  vo- 
cabolo «  colore  »  ;  e  così  dicono  :  «  una 
stoffa  vieil-or^  un  braccialetto  vieil-or  »,  e 
simili. 

Vieni  de  paraitre  :  formula  libraria,  di 
recente  puhUcaxione^  o  novità^  usata 
specialmente  nel!' annunciare  al  publico  le 
opere  francesi. 

Viera:  questa  antica  voce  italiana  che 
qualche  dizionario  colloca  tra  le  parole  fuori 
dell'uso,  vale  fra  i  tecnici  e  meccanici 
come  ghiera^  cioè  anello  saldato  o  forzato 
entro  o  fuori  di  un  tubo:  in  fr.  virole. 
(Per  l'etimologia  di  viera^  Y.   Vera). 

Vierge  {'pettinatura  alla)  :  Y.  Bandeau. 

Vieux  garcon  :  fr.,  vecchio  scapolo  (Cfr. 
la  frase  dialettale  romagnola ,  giovane 
antico)  Y.   Celibatario. 

VJeux  marcheur:  locuzione  di  gergo 
francese,  vecchio  galante.,  che  corre  an- 
cora dietro  alle  donne. 

Vignetta:  per  figura^  disegno^  ripren- 
desi  dai  più  rigorosi  puristi  (fr.  vignette  da 
vigne).  Yoce  sancita  dall'uso. 

Vilayet:  (voce  araba  che  vale  comando) 
provincia^  retta  da  un  vali:  divisione 
amministrativa  in  Turchia  :  è  partita  in 
sangiacati  (in  turco  vale  bandiera).,  cioè 
circondari.,  retti  da  un  sottoprefetto,  mu- 
tessarief.  Nei  nostri  giornali  prevale  la 
scrittura  francese  (sandjak^  sangiac). 

Villa:  nelle  città  dell'Italia  meridionale 
e  della  Sicilia  questo  nome  è  dato  al  giar- 
dino del  publico  passeggio. 

Vii  maggioranza!  :  famosa  imprecazione 
del  Carducci,  e  sincera  come  polla  d'ac- 
qua montanina,  ancorché  l'origine  sia  sub- 
biettiva  :  il  publico,  oltre  alle  molte  critiche 
di  carattere  politico  all'  Ode  alla  Regina^ 
aveva  interpretato  la  parola  penna.,  nel 
verso  : 

con  la  penna  che  sa  le  tempeste 

per  la  cannetta  o  penna  d'oca  per  iscri- 
vere. «  Ah  vii  maggioranza  !  A  te  il  suf- 
fragio universale  e  tante  scatole  di  penne 
di  ferro  quante  servano  a  scrivere  altret- 
tanti romanzi  che  t'appestino  e  muoian 
con  te.  Ma  strofe  a  te  mai  !  Sciagurato  il 


poeta  che  pensi  a  te  !  Da  lui  la  strofa  a- 
lata  rifugge  su  penna  d'aquila  o  d'usi- 
gnuolo cantando  Odi  profanum  vulgiis  et 
arceo  ».  Eterno  femminino  regale,  in  fine. 

Vim  vi  repellere:  lat.,  respingere  la 
violenza  con  la  violenza  (massima  fìsica  e 
giuridica). 

Vinaigre  :  in  francese  vuol  dire  lette- 
ralmente vino  agro,  acido.,  cioè  quello  che 
noi  diciamo  aceto.  Ma  gli  aceti  aromatici, 
profumati  o  medicati  sono  talvolta  insi- 
gniti del  nome  francese.  La  forma  francese 
conferisce  nobiltà:  solito  triste  caso! 

Vino  brulé:  Y.  Brulé. 

Vino  cotto  :  usa  ancora  nelle  Marche.  Si 
ottiene  aggiungendo  alla  massa  del  mosto 
una  certa  quantità  di  mosto  concentrato 
con  la  bollitura. 

Vino  di  bosco  :  è  così  chiamato  il  vino 
di  Comacchio,  così  detto  dal  bosco  ;  nome 
dato  alle  selvagge  dune  che  dividono  il 
mare  dalle  valli,  coltivate  con  speciale 
vitigno  che  porge  un  vino  rosso,  di  forte 
sapore,  ricco  più  che  per  alcole,  per  ma- 
terie coloranti  e  tannino.  Mi  fu  assicurato 
essere  vitigno  originario  di  Borgogna,  ha 
infatti  sapore  di  quei  vini  francesi. 

Vinolina:  miscuglio  di  materie  coloranti 
in  rosso,  derivate  dal  catrame,  usato  per 
colorare  fraudolentemente  i  vini. 

Vin  santo  :  vino  spiritoso  di  tarda  beva 
e  di  accurata  preparazione  con  uve  bianche 
perfette,  come  il  trebbiano,  la  malvasia, 
etc;  tipicamente  aromatico  e  comune  nel- 
l'Italia media  e  nell'Umbria.  Usasi  come 
vino  per  dolci  e  come  tonico,  press' a  poco 
come  il  Marsala. 

Violette  :  per  violetta.,  profumo  di  viola., 
è  voce  francese  usata  talora,  per  vizio, 
nel  parlare  degli  eleganti  e  degli  ignoranti. 

Violino  di  spalla:  vale  familiarmente 
0  facetamente  primo  aiutante.^  persona  di 
fiducia.,  e  anche  sgobbone:  locuzione  tolta 
dal  linguaggio  musicale  in  cui  è  detto  vio- 
lino di  spalla  il  primo  violino  dell'orche- 
stra, che  siede  alla  spalla  destra  del 
maestro. 

Violle:  nome  di  fisico  francese  vivente. 
In  omaggio  a'  suoi  studi  venne  dato  il 
nome  di  campione  violle  all'unità  di  misura 
della  luce  da  lui  ideata,  la  quale  è  la 
quantità  di  luce  emessa  in  direzione  nor- 


Vii- 


523 


Vis 


male  dalla  superficie  di  un  centimetro 
quadrato  di  platino  alla  temperatura  di 
solidificazione. 

Virage:  voce  fr.,  letteralmente  virata 
(V.  Virare)  voltata^  usata  nel  linguaggio 
dello  sport  marittimo  e  terrestre,  al  quale 
la  lingua  italiana  co'  suoi  vocaboli  paro 
inetta  o  indegna  di  assurgere. 

Viraggio:  voce  francese  {virage)^  da  noi 
usata  nel  linguaggio  fotografico  per  in- 
dicare il  bagno  d'oro  o  di  platino  che  mo- 
difica in  meglio  la  tinta  della  stampa  fo- 
tografica e  la  rende  più  facile  a  conser- 
varsi. 

Virar  di  bordo:  V.  Virare  e  Revire- 
ìììent. 

Virare:  ter.  mar.,  manovra  con  la  quale 
si  compiono  evoluzioni  con  un  veliero,  e 
cioè  quella  con  la  quale  facendolo  girare 
di  un  determinato  angolo  per  l'azione  del 
timone  e  delle  vele,  si  passa  dall'andatura 
di  bolina  di  un  lato  alla  stessa  andatura 
del  lato  opposto,  ossia  si  cambia  di  mura. 
Nel  linguaggio  familiare  questa  locuzione  è 
estesa  nel  senso  di  andarsene^  inutare 
proposito^  seguire  altra  direx,ione,  fare 
un  roltafaceia^  e  si  intende  per  lo  più 
ironicamente  di  persona  cui  minaccia  o 
prudente  consiglio  confortano  a  questo. 

Virata:  term.  mar.,  tempo  o  spazio 
necessario  a  virare. 

Viresque  acqui rit  eundo:  acquista  forza 
con  l'avanzare^  detto  della  Fama  (Yergi- 
lio,  Eneide^  IV,  175).  Si  ripete  in  ampio 
senso. 

Virgola  (bacillo)  :  nome  dato  al  bacillo 
che  è  agente  specifico  del  Colera  asiatico  : 
così  detto  dalla  sua  forma  curvata  a  modo 
di  virgola  (vibrione),  bacillo  scoperto  dal 
Koch. 

Virtuosità:  oggi  significa  in  arte  la 
padronanza  della  tecnica,  che  in  certi  casi 
finisce  per  costituire  il  merito  principale 
e  talvolta  l'unico  di  un  lavoro  d'arte.  In 
corti  quadretti,  in  certe  sculture  l'autore 
fa  dei  miracoli  di  destrezza,  di  virtuo- 
sità. Sul  finire  del  XVIIl  e  per  buon  tratto 
del  XIX  secolo,  almeno  sino  a  quando  il 
Rossini  si  imposo  con  la  sua  autorità,  i 
cantanti  gorgheggiavano  i  pozzi  più  ce- 
lebri facondo  variazioni,  od  eran  detti  vir- 
tuosi di  canto  :  accortasi  la  gente  dell'ar- 


tifizio applicò  il  vocabolo  in  senso  deri- 
sorio 0  per  lo  meno  intendendo  criticare. 
Credo  che  così  sia  invalsa  la  parola  «  vir- 
tuosità »,  la  quale  passò  poi  anche  alle 
arti  del  disegno.  Quando  facciamo  la  cri- 
tica di  certe  opere  e  diciamo  che  l'artista 
si  vale  della  sua  virtuosità,  fa  della  vir- 
tuosità, non  vi  annettiamo  certamente 
buon  senso. 

Virtuoso  :  V.    Virtuosità. 

Virtute  duce,  comite  fortuna:  (Cicerone, 
Epist.  ad  Famil..  X,  3,  con  la  virtù  per 
guida  e  con  la  fortuna  per  compagna). 
NB.  è  detto  di  grande  sapienza,  giacché  la 
Virtù,  quando  è  sola,  fa  poca  strada;  so- 
sta nel  famoso  pozzo  insieme  alla  Verità. 

Virulenza  :  (lat.  virus  =  veleno)  :  stato 
di  un  microbio  o  di  una  tossina  capace 
di  determinare  nell'organismo  dell'uomo 
0  dell'animale  degli  accidenti  patologici. 
Viridenza  moralmente  vale  manifestazione 
violenta  e  maligna  di  nimicizia.  Equivale 
a  veleno.,  fiele.,  es.  G'è  del  veleno  (viru- 
lenza) nelle  sue  parole. 

Virus:  lat.,  veleno.  Yoce  già  usata  per 
intuizione  dai  medici,  prima  della  scoperta 
dei  microbi  patogeni  per  indicare  gli  agenti 
dell'infezione  (avvelenamento).  Virus.,  ri- 
corre anche  in  senso  morale. 

Vis-à-vis  :  in  francese  è  tanto  preposi- 
zione =  di  fronte.,  di  rimpetto.,  come  so- 
stantivo, detto  di  persona  che  sta  o  siede 
di  fronte.  Es.  Il  mio  vis-à-vis  ;  e  in  questo 
senso  ci  fu  uno  scrittore  manzoniano  che 
escogitò  un  dirimpettaio.  Pezo  el  tacon 
del  buso!  E  più  facile  chiamar  vis-à-Vis 
un  «  sudicio  francesismo  »  (Fanfani)  che 
espellerlo.  Vis-à-vis  è  anche  in  tedesco. 
Mal  comune,  mezzo  gaudio!  Vis  à  vis  è 
pur  nomo  di  vettura,  a  quattro  ruote  con 
due  sedili  uguali  e  di  fronte. 

Vis  comica:  questa  locuzione  così  co- 
mune ed  efficace,  forza  comica,  potenza 
dramatica.,  si  è  formata  da  un'errata  in- 
terpretazione ortografica  dei  seguenti  versi 
latini  [P.  Terentii  Vita^  e:r,  Suetonio): 

Leniìnuì  atqm  utinam  itci-\ptis  ndinneta  fwet  vis, 
colìtica  ut  acquato  virtus  pollet'et  hotiore 
cutn  Oraeow. 

La  parola  vis  ~  forza,  sta  sola,  e  l'agget- 
tivo comica  si  congiiinge  a  virtus.,  così 
oho  il  pensiero  è  questo  :  se  in  Terenzio 


Vis 


524     — 


Via 


alla  gentilezza  si  fosse  aggiunta  la  forza, 
l'onore  della  commedia  latina  sarebbe 
pari  alla  greca  commedia.  Invece  vis 
venne  unito  a  comica.,  onde  il  felice  errore. 

Visione  :  nelle  locuzioni  prendere,  dare 
visione  (di  atto  o  documento)  è  fra  le  più 
spiacenti  e  comuni  maniere  del  gergo  cu- 
rialesco e  degli  uffici.  «  Nessuno,  neanche 
di  quelli  che  spaccian  per  povera  la  lin- 
gua italiana,  dirà  che  queste  maniere  sono 
necessarie  » .  Così  a  buon  diritto  il  Rigu- 
tini.  La  spiegazione  più  plausibile  che  se 
ne  può  dare  è  che  il  gergo  curialesco  ha 
bisogno  di  frasi  fatte  e  che  esprimano  in 
modo  non  comune  le  cose  più  comuni  :  in 
cotesto  la  goffaggine  ha  buon  passaporto. 

Vis  medicatrix  naturae:  lat.,  la  forza 
medica  che  è  nella  natura.,  antico  ter- 
mine, universalmente  usato  per  indicare 
i  poteri  difensivi  dell'organismo.  Ad  es., 
le  papille  nasali  che  fermano  il  pulviscolo 
atmosferico  ;  i  fagociti,  cellule  che  si  im- 
padroniscono degli  agenti  patogeni  ;  la 
compensazione  nei  mali  cardiaci,  etc. 

Viso  aperto  (a^  :  difendere  a  viso  aperto.^ 
cioè  con  fermo  coraggio,  senza  umano  ri- 
spetto 0  paura,  è  viva  locuzione  (quasi 
frase  fatta  per  il  suo  uso  anche  fuor  di 
proposito),  tolta  dal  canto  di  Farinata, 
Inf  X. 

Vissero  !  :  forma  vezzeggiativa  e  affet- 
tuosa del  dialetto  veneziano  ;  viscere  mie! 
cuor  mio! 

Vissuto  :  come  attributo  di  opera  lette- 
raria, es.  un  libro,  un  romanzo  vissuto., 
vale  realistico.,  ed  è  neologismo  tolto  dal 
neologismo  francese  vécu:  un  roman  vécu., 
c'est  une  oeuvre  vraie  qui  dépeint  les 
scène s  et  les  moeurs  dans  toute  leur  réa- 
lité   contemporaine. 

Vistare:  neol.  del  linguaggio  burocra- 
tico, vale  munire  del  visto  un  documento, 
un  atto.  Voce  ripresa  dai  puristi  :  non  è 
dal  fr.  viser.,  ma  da  visto. 

Vitam  impèndere  vero:  lat.,  sacrificare 
la  vita  alla  verità,  (Giovenale,  IV,  91). 
Fu  motto  del  Eousseau. 

Vitanda  est  improba  Siren,  desidia:  bi- 
sogna fuggire  l'infingardaggine.,  triste 
Sirena  (Orazio,  Satire,  II,  3,  14,   15). 

Vitrage:  per  vetriata^  voce  francese 
usata  talora  abusivamente. 


Vittoria  di  Pirro:  vittoria  effimera.,  di 
apparenza  e  non  reale  come  appunto  quelle 
che  Pirro  re  di  Epiro  confessò  di  aver 
vinto  contro  i  Eomani.  Battaglia  di  Ascoli, 
278  av.  C. 

Vittoria  tattica  e  Vittoria  strategica: 
voci  del  linguaggio  militare:  la  prima 
equivale  a  vittoria  parziale  nell'esecuzione 
di  un  piano,  la  seconda  implica  il  buon 
risultato  dell'intero  piano  di  guerra. 

Vivaddio!:  esclamazione  comune;  qui 
notata  perchè  nei  dizionari  di  solito  è 
omessa. 

Vi  vel  fraude:  lat.,  con  la  violenza  o 
con  l'inganno.  Antica  distinzione  del  dop- 
pio modo  con  cui  si  può  offendere  altrui 
(V.  Cicerone,  De  officiis). 

Vivere  e  lasciar  vivere:  nota  sentenza. 
Rende  assai  bene  l'anima  nostra  italiana, 
gentilmente  amante  di  libertà  per  sé  e 
per  altrui.  Trasportata  come  norma  di  vita 
publica,  produce  i  belli  effetti  che.  tutti 
sanno,  ed  è  indice  della  scettica  nostra 
acquiescenza  al  male,  tutta  a  vantaggio  dei 
tristi  (V.  Giusti,  Il  Papato  di  prete  Pero). 

Vivere  est  militare:  lat.,  vivere  vuol 
dire  combattere  (Seneca  il  giovane,  Epist. 
XCVI,  5).  Confronta  Giobbe  (VII,  1):  Mi- 
litia  est  vita  hominis  super  terram.  Ve- 
rissimo !  V'è  però  chi  milita  da  generale 
e  chi  da  fantaccino,  e  questa  è  nuova  chiosa. 

Vivere  si  recte  nescis,  decede  peritis: 
se  non  sai  l'arte  del  vivere,  ricorri  a 
chi  ne  è  esperto  (Orazio  Epist.,  II,  2,  13). 

Vivisezione:  dal  lat.  vivus  ^^  yìyqiììq 
e  secare  ^  tagliare,  indica  quegli  esperi- 
menti 0  quelle  operazioni  che  si  praticano 
su  animali  vivi,  allo  scopo  di  stabilire  il 
funzionamento  degli  organi,  od  il  valore 
di  atti  operativi  :  trasportata  come  al  so- 
lito, nel  senso  morale  per  esame,  inda- 
gine. Es.  la  vivisezione  del  pensiero., 
riprendesi  dai  puristi. 

Vizir  0  visir:  titolo  d'onore  dato  in 
Turchia  ai  pascià  e  specialmente  ai  com- 
ponenti il  Divano  o  consiglio  del  Sultano. 
Onde  gran  Vizir  il  primo  ministro  del- 
l'Impero. 

Vlahov:  liquore  stomatico  (V.  Fernet). 

Vlan:  voce  di  gergo  francese  per  indi- 
care il  sommo  dell'  eleganza  =  chic  , 
pschutt   (V.  queste  parole). 


Voc 


•525 


Voi 


Voce:  parola  del  linguaggio  ammini- 
strativo. È  l'unità  elementare  nella  quale 
viene  diviso,  discusso  ed  approvato  il  bi- 
lancio di  un'azienda  publica. 

Voci  bianche  :  quelle  dei  fanciulli  e 
degli  eunuchi,  per  imitare  il  metallo  della 
voce  femminile.  Famose  le  voci  bianche 
(Iella   Cappella  Sistina^  oggi  abolite. 

Voglio:  tresette  in  quattro  (Y.  Terxìlio). 

VoiI:  relo^  e  si  dice  altresì  di  un  tes- 
suto leggerissimo  di  seta  o  di  lana  che 
serve  per  abiti  da  signora  ;  specie  di  tulle. 

Voilà  i'ennemi!:  ecco  il  nemico^  di- 
cesi enfaticamente;  ma  il  motto  completo 
è  et  le  cléricalisme?  voilà  Vennemi!  e- 
spressione  di  Adolfo  Peyrat,  uomo  politico 
e  giornalista  francese,  riferita  dal  Gam- 
betta in  un  discorso  del  maggio  1877. 

Voilà  tout:  in  certo  linguaggio,  specie 
de'  giornali,  questa  formula  francese  con- 
clusiva dopo  una  dimostrazione  sembra 
pili  efficace  delle  equivalenti  nostre.  Pic- 
coli segni  di  grande  miseria! 

Voivoda:  parola  jugoslava,  vale  duce^ 
signore:  titolo  che  si  dava  ai  principi 
della  Moldavia,  della  Valacchia,  della 
Transilvania  ed  ai  governatori  delle  pro- 
vince in  Polonia. 

Volano  e  volante:  sono  ambedue  voci 
ottime  e  registrate  (V.  Tommaseo),  tanto 
per  indicare  in  meccanica  quella  ruota  che 
regola  il  movimento  (fr.  volaìit^  ingl.  fly 
wheel^  ted.  Schivungrad) ^  come  per  indi- 
care quel  noto  giuoco  o  trastullo  da  bimbi. 

Volant:  striscia  di  stoffa,  ripresa  a  pie- 
ghette, che  serve  ad  ornare  la  parte  estrema 
degli  abiti  da  signora,  tende,  cortinaggi 
etc,  frappa.,  gala  (V.  Manteau). 

Volapiik:  =lingua  del  mondo.,  composta 
artificialmente  con  elementi  latini,  tede- 
schi, inglesi  etc.  dal  poliglotta  Schleyer 
un  curato  di  Costanza,  e  proposta  come 
lingua  universale.  Ebbe  una  certa  voga  e 
fortuna  per  il  passato.  Della  possibilità  di 
un  idioma  universale  artificiale  non  è  qui 
il  luogo  di  discutere.  Il  fenomeno  del 
linguaggio  è  così  strettamente  congiunto 
al  preponderare  di  un  popolo,  e  parte  così 
essenziale  della  sua  anima  che  privarsi  del 
suo  idioma  equivale  al  deliberare  la  propria 
morto.  D'altra  parto  esistono  lingue  univer- 
salmente note,  come  il  latino,  il  francese, 


l'inglese  e  per  le  voci  scientifiche,  filoso- 
fiche, tecniche  si  viene  formando  sponta- 
neamente e  naturalmente  un  vocabolario 
di  voci  internazionali.  L'effimera  vita  del 
Volapiik  può  essere  di  ammaestramento 
ai  sostenitori  di  tale  utopia. 

Volata  :  nel  linguaggio  ciclistico,  V  ul- 
timo scatto  per  arrivare  al  traguardo.  Una 
bicicletta  in  volata  vale  in  gergo,  rubata. 

Vol-au-vent  :  vocabolo  della  cucina  fran- 
cese :  pasticcio  caldo  di  pasta  sfogliata, 
con  entro  un  fine  intingolo  di  carne  o  di 
pesce.  Il  nome  deriva  dalla  leggerezza 
della  pasta,  quasi  «che  vola  al  vento». 

Volenti  nihii  difficile:  (V.  Volli,  etc). 

Volere  è  potere:  noto  titolo  di  un  libro 
morale  didattico  (1869)  di  M.  Lessona,  in- 
formato sull'opera  Selfhelp  (1859)  di  Sa- 
muele Smiles,  e,  come  titolo,  influsso 
forse,  del  lat.  volenti  nihil  difficile  e  del 
volli.^  e  volli  sempre.,  e  fortissimamente 
volli  dell'Alfieri  {Lettera  responsiva  a 
Ranieri  de'  Calsabigi).  Questo  volere  è 
potere  è  oramai  frase  fatta  e  di  consumo 
scolastico  in  ispecie.  Confronta  per  la  ve- 
rità la  ben  più  profonda  sentenza  di  Dante 
{Purgatorio,  XXI,  105)  : 

Ma  non  può  tutto  la  virtù  che  vuole  ; 

col  quale  s'accordano  la  psicologia  e  la 
fisiologia. 

Volere  o  volare  :  locuzione  nostra  fami- 
liare, efficace  e  bella  per  la  simiglianza 
dei  suoni  e  la  dissomiglianza  dei  sensi  : 
per  forxa,  anche  contro  voglia. 

Volgare  illustre:  o  cardinale,  aulico, 
curiale,  cioè  la  lingua  italiana  ricercata 
da  Dante,  qual  fiore  dei  dialetti  italici 
(Cfr.  il  libro  De  Vulgari  Eloquentia). 
Locuzione  letteraria. 

Voli  d'Icaro:  (V.  Icaro). 

Volizione:  terni,  filos.,  atto  della  vo- 
lontà, la  determinazione  da  parte  di  se 
stesso  ad  un  fino  psichico.  Volition  è  voce 
ingl.  e  fr.  e  tedesca,  ir:  Wollen. 

Volli,  sempre  volli,  fortissimamente 
volli:  sentenza  alfìoriana,  ahiuanto  nuìdi- 
ficata  dall'originale.  (Vedi  Volere  è  potere). 

Volo  :  nel  gorgo  dei  giornali  accado 
talora  di  leggero  ad  os.  il  volo  di  tren- 
laniila  lire,  il  volo  di  una  collana,  il 
volo  di  tma  cassaforte.  Ciò  non  vuol  diro 


Yol 


52(5 


Vox 


che  questi  oggetti  volino  ;  hanno  però 
messo  delle  ali  simboliche,  cioè  sono  scom- 
parsi per  effetto  di  furto.  E  dicendo  volo^ 
pare  si  intenda  che  quegli  oggetti  non 
torneranno  pili  al  luogo  natio.  Un  purista 
scrupoloso  potrebbe  in  questo  volo  veder 
balenare  il  fr,  voi  z=  furto.  No.  Tanto  è 
vero  che  familiarmente  si  dice  che  la  roba 
inette  le  ali^  per  dire  scompare  (Cfr.  Vo- 
lata e  cfr.  pure  Ignoti  ladri). 

Volt:  sotto  questo  trasvestimento  si  na- 
sconde Alessandro  Volta,  il  grande  fisico 
nostro  (1745-1826).  Il  suo  nome  dai  con- 
gressi scientifici  fu  onorato  col  diventare 
misura  di  unità  di  potenziale  :  ma  ha  do- 
vuto pagare  il  pedaggio  di  un' a.  Che  quell'a 
secchi  agli  stranieri,  capisco  ;  ma  che  noi 
italiani,  imitatori  incorreggibili,  deformia- 
mo il  gran  nome,  capisco  poco,  anzi  troppo. 
Io  credo  che  se  noi  dicessimo  volta^  gli 
stranie  li  rispetterebbero  la  nostra  pronun- 
cia. Anche  da  noi  usa  il  plurale  all'  in- 
glese, volts. 

Volta:  (V.   Volt). 

Voltaggio:  dall'ingl.  voltage.  Voce  di 
elettrotecnica  :  indica  il  numero  dei  volta 
(potenziale  elettrico). 

Voltaire:  è  detto  in  molte  parti  d'Italia 
quel  merletto  che  copre  le  spalliere  delle 
poltrone.  Ora  in  francese  questa  parola 
non  c'è  in  tale  significato,  ma  si  dice 
voile  de  fauteuil.  Da  che  può  esser  pro- 
venuta questa  parola?  Probabilmente  da 
fauteuil  à  la  Voltaire.,  nota  specie  di  pol- 
trona con  spalliera  e  bracciuoli  imbottiti, 
detta  anche  duchesse.  Secondo  altri  si 
dissero  cotesti  veli  voltaii-e.,  perchè  con- 
versando con  la  signora  di  Chateauneuf,  il 
filosofo  pose  un  pizzo  sul  dorso  della 
poltrona  per  adornarla.  Comunque  sia, 
questo  merletto  nel  dizionario  del  Carena 
è  chiamato  ca'pe%%iera  e  nel  Rigutini 
{Appendice  al  Voc.  della  lingua  parlata) 
capiera,  due  parole  che  non  intesi  mai 
adoperare.  NB.  Del  resto  il  numero  delle 
parole  pseudo-francesi  coniate  in  Italia, 
ma  non  usate  in  Francia,  è  abbastanza 
ragguardevole  per  non  porgere  argomento 
di  qualche  pensosa  considerazione,  la  quale 
può  il  lettore  trovare  nella  Prefazione  o 
può  fare  da  sé,  ove  ciò  voglia  e  sappia. 
A  Voltaire  aggiungi  :  notes,  tout  de  méme., 


0  tout  meme.,  vino  brulé.,  vitello  tonnè., 
zuppa  alla  sante.,  marbré.,  compteur{Vo- 
rologio  che  conta  il  gas  o  contatore),  etc; 
tutte  parole  a  suo  luogo  notate  e  con 
giusta  chiosa.  Vedi  anche  ciò  che  è  detto 
alla  parola  Obice.,  tradotto  erroneamente 
dall'  obus  francese,  in  vece  di  bomba  o 
granata. 

Voltar  la  giubba  o  il  mantello  o  la  ca- 
sacca: locuzione  nostra  familiare,  vale 
mutare  bandiera.,  fare  un  voltafaccia, 
specialmente  in  politica. 

Voltèr:  V.    Voltaire. 

Volterriano:  seguace  delle  idee  del  Vol- 
taire, cioè  razionalista,  materialista,  ateo, 
spirito  critico  e  satirico,  etc.  Voce  oggi 
caduta  in  qualche  oblio,  ma  usatissima 
un  tempo  fra  noi  per  significare  con  di- 
sprezzo quelli  che  non  erano  troppo  ligi 
al  trono  od  all'altare,  e  piii  o  meno  for- 
temente risentivano  dell'influsso  della  Ri- 
voluzione di  Francia. 

Voltimetro  o  voltometro  o  voltmetro  : 
termine  di  elettrotecnica  :  indica  il  galva- 
nometro  destinato  a  misurare  in  unità 
volta  una  differenza  di  potenziale  elettrico. 

Vom  Fas  :  anche  nelle  borgate  nostre, 
presso  il  confine  svizzero,  si  legge  questa 
scritta  tedesca  alle  mescite  di  birra  :  Bier 
vom  Fass  -sz  birra  di  botte.,  cioè  birra 
fresca,  conservata  in  fusti. 

Von  :  prefisso  nobilesco  presso  i  tedeschi. 

Vongola:  nome  vernacolo  napoletano  di 
mollusco  bivalve,  eccellentemente  quivi 
ammannite  a  far  zuppe  e  condire  macche- 
roni. 

Vota  stringendo  la  terribii  ugna:  noto, 
e  turgido  verso  del  Monti  (Basvilliana^ 
I,  3),  detto  in  senso  faceto  di  chi  non  potè 
prendere  ciò  che  agognava  minacciando. 

Vous  l'avez  voulu:  (V.  George  Dandin^ 
etc). 

Vox  clamantis  in  deserto:  (Isaia,  cap. 
XI,  3  ;  S.  Giovanni,  I,  23)  voce  di  chi 
parla  nel  deserto.,  cioè  «  avvertimento  non 
ascoltato»,  onde  la  locuzione  parlare  al 
deserto. 

Vox  populi,  vox  Dei  :  voce  di  popolo, 
voce  di  Dio  :  stupenda  sentenza  popolare, 
se  intesa  con  discrezione.  Di  probabile  ori- 
gine biblica  (Cfr.  Isaia,  LXVI,  6),  ne 
mancano  fra  i  classici  concetti   consimili 


VON 


527 


Vuo 


(Omero,  Odissea^  III,  214,  215;  Esiodo, 
1  giorni  e  le  opere^  761,  762). 

Voyant:  sgargiante^  vistoso^  detto  spe- 
cialmente di  stoffe,  abiti,  etc.  Voce  fran- 
cese, usata  per  vizio. 

Vulcanizzazione  e  vulcanizzare:  dal  fr. 
vulcanisation  e  vulcanìser  ;  preparazione 
della  gomma  elastica  per  mezzo  dello  solfo, 
così  da  ottenere  un  prodotto  solido  (Vedi 
Ebanite). 

Vulgo:  avverbio  latino,  comunemente., 
volgarmente. 

Vuoisi  cosi  colà  dove  si  puote:  (Dante 


Inf.  V,  25),  cioè  «  in  cielo,  presso  Dio  »,  nota 
formula  magica  che  Vergilio  usa  per  fran- 
gere gli  impedimenti  dei  demoni  al  fatale 
andare  di  Dante.  Nel  linguaggio  comune 
vale,  con  rassegnazione  faceta  e  filosofica, 
«dove  si  comanda»,  nel  cielo  cioè  di  co- 
loro per  cui  l'ottenuto  potere  è  uguale  a 
volontà  e  legge.,  fas  e  nefas.,  che  ordinano 
la  pioggia  e  il  bel  tempo  ;  e  cui  conviene 
ubbidire,  l'eterno  luogo 

(love  nel  muto 
Aere  il  destili  dei  popoli  si  cova. 

Parini,  La  Caduta. 


-^7v^ 


Wafer:  voce  ingl.,  che  vuol  diro  ostia^ 
e  come  termine  culinario  indica  una  specie 
di  dolce  leggero. 

Wagonette  :  voce  ingl.  :  specie  di  vet- 
tura signorile  da  passeggio. 

Wagon  Salon  :   Vagone  salon. 

Walkover:  voce  ingl.  delle  corse:  così 
è  detto  il  cavallo  che  corre  da  solo,  sia 
perchè  non  vi  fu  iscrizione,  sia  perchè  i 
concorrenti  si  sono  ritirati. 

Walzer  :  V.  Valxer, 

Warrant:  voce  ingl.  che  vale  garanzia^ 
malleveria.  È  una  specie  di  ricevuta  ri- 
lasciata ad  un  commerciante,  il  quale  ha 
depositata  la  sua  merce  in  speciali  ma-^ 
gazzini  {docks).  Col  trapasso  di  questa  ri- 
cevuta può  essere  eseguita  la  vendita  della 
merce  o  la  sua  costituzione  in  pegno,  per- 
chè nel  sistema  inglese  il  warrant  serve  al 
doppio  effetto  di  fede  di  deposito  e  di  nota 
di  pegno.  In  Italia  però  la  voce  tvarrant 
viene  adoperata  come  sinonimo  di  nota  di 
pegno. 

Water-closet:  eloset  vuol  dire  in  inglese 
stanzino^  privato.,  come  eloset  of  devotion, 
dressing  eloset:  ivater-closet  dunque  = 
privy  =  privato.  Ma  questa  decorosa  pa- 
rola, già  usata  da  Dante,  è  spenta  in  tal 
senso  nella  nostra  lingua  (Y.  Retrait). 

Water-proof:  voce  inglese  accolta  in 
francese,  mantello  impermeabile.,  spe- 
cialmente per  signora.  La  moda  vi  sostituì 
il  cappotto  {raglan)  di  stoffa  ruvida,  re- 
sistente all'acqua  (loden).  Y.    Vestito. 

Watt:  nome  di  ingegnere  e  meccanico 
scozzese  (1736-1819)  cui  si  devono  perfezio- 
namenti tra  i  più  notevoli  della  motrice  a 


vapore  e  l'invenzione  del  relativo  conden- 
satore. In  omaggio  a  lui  fu  dato  il  nome  di 
ivatt  all'unità  pratica  di  potenza  nel  sistema 
di  unità  di  misura  elettro-magnetiche.  È 
uguale  a  10'  unità  assolute  di  potenza, 
ossia  alla  potenza  capace  di  compiere  il 
lavoro  di  10'  erg  (^  unità  di  lavoro, 
gr.  èQyov  ==  opera)  per  minuto  secondo. 
Ettowatt.,  kilowatt.,  potenza  di  cento,  mille 
ivatt).  I  Watt-ora.,  termine  di  elettrotec- 
nica :  quantità  di  lavoro  che  viene  eseguito 
in  un'ora  dalla  potenza  di  1  watt.  Equivale 
a  3600  joule.  \  Etto-tvatt-ora:  quantità  di 
lavoro   corrispondente  a  100  watt-ora. 

Watteau  (alla)  :  si  dice  di  pittura  o  ve- 
ste conforme  l'arte  di  questo  manierato, 
e  grazioso  pittore  francése  del  Settecento 
(1684-1721). 

Weihnachtsbaum:  voce  tedesca  che  let- 
teralmente vale  albero  della  santa  notte. 
cioè  V albero  di  Natale.  Anche  le  costu- 
manze nostrane  tendono  a  scomparire.  Il 
presepio  col  bue  e  1'  asinelio  è  stato  so- 
stituito, specie  in  molte  città  dell'Alta 
Italia,  dall'  albero  di  Natale,  che  è  co- 
stume germanico.  Comprano  le  famiglie 
un  tronco  regolare  e  verde  di  pino,  al 
quale  sono  sospesi  doni,  frutta,  dolci  di 
varia  specie,  ravvolti  in  stagnina  e  carte 
colorate.  Alla  sera  il  detto  albero  è  illu- 
minato con  molti  lumini  e  candelette  che 
fanno  bellissimo  vedere,  e  i  doni  sono 
distribuiti. 

Weltschmerz:  voce  della  filosofìa  e  del  ro- 
manticismo tedesco  sul  principio  del  secolo 
XIX:  letteralmente  è  il  dolore  mondiale., 
cioè  il  dolore  che  risiede  più  nelle  cose  e 


Wev 


529 


Wiir 


nella  natura  che  negli  uomini  o  nei  fatti. 
Forma  cristiana  e  moderna  di  tristezza. 

Werstà:  misura  russa  di  lunghezza,  pari 
a  m.  1067. 

West:  voce  straniera  abusivamente  u- 
sata  invece  di  ponente  (ovest).  E  pure  l'ho 
trovata  in  qualche  testo  scolastico  ! 

Westinghouse:  attributo  di  freno  per 
treni  :  dal  nome  dell'  inventore,  un  inge- 
gnere americano.  E  freno  potente,  ad  aria 
compressa,  automatico,  si  governa  dalla 
locomotiva.  E  fabbricato  dalla  compagnia 
omonima  degli  Stati  Uniti. 

Whiskey:  nome  di  liquore  inglese,  ot- 
tenuto dalla  distillazione  di  alcuni  ce- 
reali. 

Widal:  (reazione  del)  :  termine  medico. 
Reazione  impiegata  per  facilitare  la  dia- 
gnosi batteriologica  del  tifo;  fondata  sul 
principio  che  il  siero  del  sangue  dei  tifosi 
di  regola  dopo  i  primi  3-8  giorni  di  ma- 
lattia acquista  il  potere  di  agglutinare 
i  bacilli  del  tifo.  ]  Siero-reazione  del  Wi- 
dal. 

Winding  Frame:  locuzione  inglese  che 


non  esce  dal  linguaggio  dei  tessitori  co- 
tonieri: incannatoio^  macchina  che  prende 
il  filo  dai  fusi  e  li  avvolge  su  speciali 
rocchetti. 

Wirbelfreì:  voce  tedesca:  nel  linguag- 
gio degli  idraulici  indica  la  coiTente  del- 
l'acqua libera  da  'vortiee,  cioè  che  fluisce 
senza  formar  gorghi  o  spire.  Dicono  an- 
che moto  irrotazionale.  Bella  voce  ! 

WIst:  nome  inglese  di  giuoco  di  carte. 
Wist  è  esclamazione  che  vuol  dire  «  silen- 
zio». (Cfr.  il  nostro  tresette  che  ìxiinventato 
da  quattro  muti). 

Wodka:  nome  di  liquore  russo,  comune, 
specie  di  acquavita. 

Wonderful:  ingl.,  meraviglioso.,  por- 
tentoso. 

Words!  words!  words!:  V.  Verba  ^ 
verba^  pretereaque  nihil. 

Wurstel:  in  tedesco  vale  salsiccia.,  voce 
frequente  nelle  nostre  grandi  birrerie  e 
presso  i  salumai  tedeschi.  Wiirstel  è  voce 
dialettale,  usata  in  tutta  la  Germania  meri- 
dionale, diminutivo  della  parola  Wurst. 
Specialità  di  Francoforte  e  di  Vienna. 


A.  Panzini,  Supplemento  ai  Dixionari  italiani. 


JU 


X  :  dicesi  di  persona  sconosciuta  :  tutti 
e  nessuno.  Es.  il  sigtioi'  X. 

X  (raggi)  :  Y.  Raggi  X. 

Xe  pezo  el  taccon  del  buso:  è  peggio  la 
toppa  dello  strappo^  efficace  locuzione 
veneziana,  ampiamente  intesa  ed  usata  per 
significare  che  il  rimedio  all'errore  è  peg- 
gio dell'errore. 

Xeres:  vino  di  Spagna  di  gran  lusso; 
si  fabbrica  in  Andalusia,  presso  Xeres  de 
la  Frontera.  Questo  vino,  preparato  con 
gran  cura  e  speciale  metodo,  acquista  tutto 
il  suo  valore,  forza  ed  aroma,  dopo  molti 
anni  di  botte.  Nella  prima  giovinezza, 
circa  anni  tre,  ha  il  nome  di  amontil- 
lado  e  solo  più  tardi  è  detto  Xeres.  In- 
fusioni di  mandorle  amare  gli  danno  uno 
speciale  profumo. 

Xifoide:   termine   anatomico    {giq)0$zz: 


spada,  punta)  è  il  suffisso  oide;  Y  appen- 
dice dello  sterno.  Si  dovrebbe  scrivere  e 
dire  secondo  grafia  italiana  sifoide. 

Xifopagio:  nome  dato  da  I.  G.  St.  Hi- 
laire  (da  Xifoide  e  JiTjyvvjui  3=  unisco), 
a  que'  mostri  umani  —  come  ad  '  es.  i 
fratelli  Siamesi  e  le  due  sorelle  indiane 
Eadica  e  Dudica,  invano  operate  in  Pa- 
rigi —  formati  da  due  individui  i  cui 
corpi  sono  attaccati  dall'ombelico  all'ap- 
pendice sifoide. 

Xilofono  0  Silofono  :  fr.  xylophone. 
nome  di  nuovo  istrumento  musicale,  fatto 
di  lamine  di  legno  (gr.  ^Xov  =  legno  e 
q)(ùvì]  =  suono) ,  vibrante  per  effetto  di 
percussione. 

Xilografìa:  meglio  silografia  (gr.  ^vÀov 
=  legno),  incisione  in  legno  (nelle  stampe 
antiche). 


Yacht  :  {liburnica,  navis  praedatoria, 
della  stessa  radice  da  cui  il  tedesco  jagen 
=  cacciare)  parola  inglese,  divenuta  co- 
mune ne'  vari  linguaggi  :  i  francesi  acco- 
gliendo tale  parola,  la  pronunciano  con- 
forme all'indole  della  loro  lingua,  yak, 
Xoi  iac  0  iot  all'  inglese,  un  po'  come 
viene.  Un  dizionario  moderno  registra  un 
jachetto,  parola  che  rivela  la  buona  in- 
tenzione del  lessicografo  di  fare  italiana 
la  voce  straniera,  ma  che  non  è  dell'uso. 
Yacht  è  la  nave  signorile  da  diporto,  a 
vela  0  a  vapore.  Per  yachts  si  intendono 
altresì  gli  eleganti,  perfetti,  rapidi  piro- 
scafi d'uso  privato,  lusso  da  sovrani  di 
corona  o  di  bilioni.  Il  bucintoro  ora  uno 
yacht  sovrano,  ma  Napoleone  distrusse 
uso  del  nome  e  cosa.  Panfìlio  opanfano 
sono  pur  ricordate  come  voci  antiche  di 
navi  da  diporto:  voci  morte.  Usate  pure 
da  noi  sono  le  due  voci  derivate,  Yacht- 
^man  e  Yachtsivoman  zzz  ^ìgwoYe  e  signora 
<;ho  posseggono  o  si  dilettano  delle  coise 
e  del  viaggiare  neìyacht.  Yachting^  il  com- 
plesso delle  norme,  delle  abitudini,  di  ciò 
che  conviene  a  questo  esercizio  signorilo 
sul  mare.  Genere  di  sport.  Il  padre  Gugliel- 
motti (op.  cit.)^  autorevolissimo  in  fatto 
di  lingua  e  di  cose  marinaresche,  così  ne 
I  agiona  con  nobile  quanto  inutile  sdegno  : 
«  Voce  straniera,  scritta  da  altri  Jacht^  e 
dagli  Inglesi  i)ronunciata  Iot.  Naviglio  di 
piacere.  Questa  ghiottoneria,  giunta  al 
paese  del  Si  sonante,  ha  prodotto  tale  of- 
'  fetto  nel  gregge  pellegrino,  quale  giù  [)ro- 
*  dusse  tra  compagni  d'Ulisse  l'erba  cirooa. 
Tutti  i  masticatori  dell'erbaccia  dimenti- 


carono patria  e  famiglia,  e  divennero  a- 
nimali  immondi.  Abbiamo  avuta  in  Italia, 
dalla  più  remota  antichità,  sino  agli  ul- 
timi tempi,  navigli  di  questo  genere  sul 
mare,  sui  laghi,  e  sui  fiumi,  a  Venezia, 
a  Roma,  a  Messina,  a  Ferrara,  coi  nomi 
nostrani.  Perciò  fatta  più  e  più  lungi  l'erba 
dal  becco,  ripeto  che  la  voce  onorata  di 
casa  nostra  è  Panfilio  ». 

Yachting:  nome  inglese,  accolto  nel 
francese  moderno,  per  indicare  lo  sport 
navale  (V.  Yacht). 

Yachtsman  e  Yachtswoman  :  V.  Yacht. 

Yacting  coat:  Y.  Vestito^  in  fine. 

Yankee:  una  persona  nata  e  vissuta 
nella  Nuova  Inghilterra  (che  tale  è  il  no- 
me significativo  dato  agli  Stati  Uniti),  viene 
talvolta  dagli  inglesi  sopranominata  Yan- 
kee (pr.  jaanchi):  al  qaal  vocabolo  in- 
sieme ad  una  certa  familiarità  e  bene- 
volenza, è  congiunta  non  so  qual  tinta  di 
ironia  per  i  gagliardi  e  non  molto  raffinati 
cugini  d'oltre  oceano.  La  parola  yankee  è 
comune  in  Europa.  Yankee  pare  una  cor- 
ruzione della  parola  francese  anglais., 
fatta  dagli  indiani  del  Canada  :  questa  al- 
meno è  la  spiegazione  più  accettata.  Tale 
voce  era  in  uso  a  Boston  sino  dal  1765. 

Yard  :  con  forma  italiana,  jarda.,  misura 
fondamentale  di  lunghezza  presso  gli  in- 
glesi i  quali,  come  è  noto,  non  hanno 
accettato  il  sistema  metrico  decimalo.  La 
jurda  è  pari  a  m.  0,014. 

Yarn  Bundlìng  Press:  locuzione  inglese, 
che  non  osco  dal  linguag^'io  dei  tessitori  : 
vale  torchio  per  pacchi.  K  una  macchina 
(ìlio  sorvo  a  comprimerò  o  legare  fra  duo 


Yat 


—     532 


Yor 


cartoncini  le  matasse  che  occorrono  per 
formare  un  pacco  di  filato,  di  dato  peso 
e  dimensioni. 

Yatagan  :  sciabola  in  uso  presso  i  turchi 
e  gli  arabi.  Yatagan  è  scrittura  francese, 
da  noi  comunemente  accolta  pei  nomi 
orientali. 

Yen:  nome  di  moneta  giapponese,  del 
valore  di  circa  lire  due  e  cinquanta. 

Yeomanry:  in  Inghilterra,  ceto  di  pro- 
prietari che  vengono  dopo  la  borghesia 
{gentry).  \  Specie  di  guardia  civica  o  na- 
zionale. 


Yersin  (bacillo  di)  :  riscontrato  copioso 
nei  bubboni  degli  appestati  e  considerato 
come  agente  patogeno  della  peste. 

Yole:  voce  inglese  (Y.  Jolla). 

Yorick:  nome  del  buifone  o  uomo  di 
corte  danese,  di  cui  Amleto  scopre  il  te- 
schio, e  che  ad  Amleto  porge  argomento 
di  mirabili  pensieri  (Shakespeare,  Amleto). 
For^'cA;  fu  sopranome,  eletto  dell'umorista 
inglese  Lorenzo  Sterne,  e  Yorick  figlio  di 
Yorick^  si  denominò  un  giornalista  toscano 
(avv.  P.  C.  Ferrigni),  che  per  gli  italiani 
aveva  nome  di  umorista  (Y.  Humour). 


Zaccarella:  voce  dialettale  dell'alta 
Italia:  mandorla  a  guscio  fragile^  varietà 
fragili s  del  Prunus  Amygdalus. 

Zagaglia:  arma  barbarica:  voce  notata 
in  ogni  lessico,  e  viva  specialmente  per 
la  famosa  ode  Per  la  morte  di  Napoleone 
Eugenio  del  Carducci  : 

Questo  la  inconscia  xagaglia  barbara. 

Zàgara:  fior  d'arancio,  parola  del  dia- 
letto siciliano,  derivata  dall'arabo.  Questa 
voce  udii  pure  nel  napoletano  ma,  per 
quel  che  consultai,  i  diz.  di  quel  dialetto 
non  la  registrano. 

Zakuska:  voce  russa,  lett.  antipasto, 
0  se  più.  piace,  hors  d'oeuvres,  ma  di 
assai  ricca  e  copiosa  imbandigione. 

Zantippe:  V.  Santippe. 

Zappata  :  ognuno  sa  che  padre  Zappata 
predicava  bene  e  razzolava  male,  predi- 
cava il  digiuno  e  mangiava  di  grasso, 
predicava  la  castità  e  correva  dietro  alle 
villane  (V.  Pico  Luri  da  Vassano,  op.  eie.). 

Diranno  che  tu  sei  padre  Zappata 
che  tu  predichi  ben,  razzoli  male. 

(Pananti,  Poet.  Teatr.  1,  29,  11).  Ma  chi 
fosse  propriamente  non  saprei  ;  forse  un 
nome  proprio  di  cui  si  smarrì  traccia, 
forse  anche  questo  nome  Zappata  può  trarre 
origine  dalla  nota  locuzione  darsi  la 
xappa  sul  piede. 

Zaptiè:  voce  turca,  poliziotto. 

Zar:  V.  Cxar.  V'è  una  lieve  ditteronza 
tra  Zarevic  e  Zessareoio  :  questo  vocabolo 
indica  il  figlio  erede  del  trono;  quello, 
qualsiasi  figlio  dell'autocrate. 

Zarevic  e  Zessarevic:  V.  Zar. 


Zarzuela  :  «  rappresentazione  scenica 
spagnuola  in  cui  si  alternano  i  dialoghi 
parlati  ai  pezzi  musicali  e  alle  danze  :  ve 
no  ha  di  serie  e  di  giocose,  queste  ultimo 
sono  simili  alle  operette  francesi,  ma  con 
un  sapore  musicale  nazionale  molto  spic- 
cato. Il  genere  deriva  forse  dal  teatro 
greco  antico  e  dai  Misteri  medioevali,  e 
fu  introdotto  a  Madrid,  ai  tempi  di  Fi- 
lippo IV,  in  un  teatro  che  sorgeva  sopra 
una  piazza  coperta  di  arbusti  di  lamponi 
selvatici  detti  xarxales,  e  col  dire:  andiamo 
al  teatro  dei  lamponi,  provenne  la  deno- 
minazione di  xarxuela».  A.  Galli,  op.  cit. 
La  gran  via  è,  fra  le  xarxuele,  la  più 
nota,  meritamente. 

Zavorra  e  Savorra:  {savorna,  forma 
dialettale  romagnola).  Peso  di  pietre,  ghiaja, 
rena,  sabbia,  o  rocchi  di  ferro  o  di  piombo, 
che  si  mette  in  fondo  alla  stiva  per  ren- 
dere stabile  il  bastimento.  Per  estensione 
zavorra  sociale,  pietosa  zavorra,  zavorra, 
si  dice  di  persone  di  scarso  valore,  o  di  mal 
seme  nati:  ingombro  della  vita  sociale. 
(Cfr.  Dante  Inf.  XXV,  142): 

Così  vidi  io  la  settima  zavorra 
mutare  e  trasmutare. 

Zebedei  :  in  gergo  familiare  yaìo  scatole, 
corbelli,  santissiìm,  chitarrini.,  otc.  Es. 
Non  mi  rompere  i  zebedei! 

0  bonzi  o  mozzorecchi, 

Voi  lìoriroto  i  Ki"nasi  e'  licei 

D'Kcceomi  e  Barabbi  e  Zebedei. 

Carducci,  Juvmilia,  LXXIX. 

Di  questo  Zebodoo  nuU'altro  si  sa  se  non 
cho  fu  marito  di  Sàlonio  e  padre  di  duo 
lìgli,  S.  Giacomo  o  S.  Giovanni  Evange- 


Zec 


—     534 


Zon 


lista.  Questi  due  figliuoli  (et  duobus  filiis 
Zebedaei,  S.  Matteo,  26,  37)  influirono 
ridicolmente  sul  nome  del  padre.  Strane 
fantasie  di  popolo  ! 

Zecchinetta:  V.  Lanzichenecco. 

Zelanteria:  voce  familiare,  eccesso  di 
Aelo^  ma  si  dice  in  cattivo  senso.  Cfr.  il 
motto  Surlout  pas  trop  de  %èle. 

Zelatore  e  Zelatrice:  voce  che  non  trovo 
registrata  e  che  pure  è  dell'uso  per  indi- 
care chi  raccoglie  offerte  o  rate  per  chiese, 
santuari,  opere  religiose,  etc.  Il  francese 
ha  %élateur  e  relatrice.,  da  ^e/o,  lat.  xe- 
lus^  greco  ^^/lo^  =  emulazione  (Cfr.  ge- 
loso per  xeloso). 

Zéphyr:  voce  francese,  usata  fra  noi 
per  indicare  un  tessuto  leggero  di  lana  o 
di  cotone.  Manifesta  estensione  del  nome 
Zéphir  0  Zéphire  =  zeffiro  (vento  lieve). 

Zlbeline:  fr.,  zibellino:  in  commercio 
indica  una  specie  di  tessuto  a  bioccoli 
per  abiti  da  donna. 

Zigaro:  per  sigaro. b^ìsìqq  ai  puristi,  ed 
ò  anche  meno  dell'uso. 

Zigzag  o  zig-zag  :  tortuosità,  serpeg- 
giamento :  parola  venutaci  dal  francese 
zigzag.  Pare  di  origine  tedesca  (V.  Zac- 
caria op.  eit.).  Voce  notata  in  ogni  les- 
sico. 

Zinale  o  Zinnale  :  (da  zinna  =  mam- 
mella), il  Petrocchi  la  pone  fra  la  parole 
morte.  Essa  è  vivissima  invece  nell'Italia 
media  (Marche,  etc),  nel  contado  del- 
l'Italia meridionale,  e  si  alterna  alla  voce 
grembiule.  In  Lombardia  scossàa. 

Zinna:  maìnmella,  poppa^  voce  antica, 
viva  ne'  dialetti  dell'Italia  meridionale  e 
centrale  ;  onde  zinnale,  il  grembiule  che 
copre  le  zinne.  Zinna,  secondo  lo  Zacca- 
ria (op.  cit.)^  è  voce  di  origine  germa- 
nica. In  napoletano  sizza. 

Zi'  prete  e  zi'  frate  :  dice  il  popolo  del- 
l'Italia centrale  e  meridionale  ai  preti  ed 
ai  frati,  familiarmente  :  la  ragione  di  tale 
parola  {zi'  =  zio)  si  potrebbe  rintracciare 
nell'antichissimo  uso  di  chiamare  nepoti 
i  figli  degli  ecclesiastici,  sì  che  questi  sono 
chiamati  zìi.  In  Napoli  non  si  dice  zi' 
frate  (=  fratello)  ma  zi'  monaco. 

Zittire  :  in  senso  transitivo  di  imporre 
il  silenzio,  disapprovare,  es.  l'oratore  fu 
zittito,  spiace  ai  puristi,  lo  conferma  l'uso. 


Ho  trovato  qualche  volta  zittire  per  ta- 
cere, ma  non  è  modo  errato. 

Zoepica  :  epopea  in  cui  hanno  parte  le 
bestie,  dal  gr.  Zòìov,  animale  ed  epos.  1 
Paralipomeni,  Gli  Animali  parlanti, 
L'Atta  Troll,  etc. 

Zollano  :  attributo  frequente  di  verismo  : 
es.  è  un  romanzo  del  più  crudo  verismo 
zoliano  (V.  Verismo).  Da  Emilio  Zola, 
(1840-1902)  noto  romanziere,  capo  scuola 
in  Francia  di  quest'arte  naturalista  che 
ebbe  tanto  grande  come  passeggero  ful- 
gore. Vedi  la  famosa  collana  di  romanzi  che 
vanno  sotto  il  titolo  di  Rougon-Macquart, 
storia  naturale  e  sociale  di  una  famiglia 
sotto  il  secondo  Impero.  Comprende  venti 
romanzi,  fra  cui  celebri.  Nana,  V Asso- 
moir.  Germinai,  La  Bète  humaine  (nome 
divenuto  antonomastico),  La  Debacle,  etc. 
Poderosa  e  grande  opera,  quale  che  sia 
il  criterio  artistico  nel  giudicarle,  quale 
che  sia  la  sua  durata  nel  tempo  immortale. 

Zolla  0  zolletta:  i  ben  parlanti  a  Mi- 
lano, quelli  e  quelle  che  credono  di  seguire 
le  veneri  toscane  su  le  rive  del  Lambro, 
non  diranno  un  pezzetto  di  zucchero,  ma 
una  zolletta  di  zucchero.  Risum  teneatis  ! 

Zollverein  :  associazione  o  lega  doganale 
fra  i  vari  Stati  di  Germania.  Fu  costi- 
tuita nel  1833,  primo  indizio  di  federazione 
fra  quei  popoli  che  poi  dovevano  costi- 
tuirsi in  unità  d'impero. 

Zomoterapia:  Zcjjuog  —  sugo  di  carne  e 
dsQansia  =  cura  (Eichet  e  Héricourt).  Me- 
todo di  cura  che  utilizza  il  plasma  mu- 
scolare, cioè  la  carne  cruda  :  forma  sem- 
plice di  iper-alimentazione  e,  si  crede, 
azione  immunizzante  contro  l' infezione 
tubercolosa. 

Zompare  :  voce  vernacola  di  alcune  re- 
gioni dell'  Italia  centrale  e  meridionale 
(Marche,  Napoli),  vale  saltare. 

Zompata:  in  napoletano  indica  il  duello 
a  coltello  dei  camorristi,  perchè  si  zompa 
ai  lati  per  ischi  vare  i  colpi. 

Zona  :  termine  medico  {^Gìvr}  =  cinta, 
fascia)  che  è  sinonimo  di  erpes  zoster 
{^coOTrjs  =  cintura).  Affezione  caratteriz- 
zata da  una  eruzione  di  vescichette,  simili 
a  quelle  dell'erpete,  poste  sul  tragitto  dei 
nervi  della  sensibilità. 

Zone  grigie  :  locuzione  del  Crispi,  rife- 


Zwì: 


535 


Zwi 


rontesi  in  genero  alle  terre  di  confine  ove 
i  popoli  di  varia  razza  si  confondono.  Fu 
detta  in  un  colloquio  col  direttore  del 
Figaro  e  publicata  in  quel  giornale  (29 
sett.  1890).  Locuzione  metaforica  felice, 
tanto  che  trapassò  al  senso  morale.  Come 
concetto  e  per  quel  che  riguarda  la  Ve- 
nezia Giulia,  inesatta  e  colpevole  di  mala 
opportunità  politica. 

A  Fola,  presso  del  Quaniaro, 
elio  Italia  chiude  e  suoi  teruiitii  bagna. 
(Danti;,  Inf.  XI). 

Zoofobìa:  fdal  gr.  ^wov  =  animale  e 
<pòfio^  =  timore),  termine  medico  per  in- 
dicare il  terrore  patologico  p  morboso  che 
taluni  hanno  di  certi  animali.  V.  la  pa- 
rola fobia. 

Zucca  barucca:  una  delle  numerosis- 
sime varietà  coltivate  della  Cucurbita 
maxima.,  originaria  probabilmente  dal- 
l'Asia meridion.,  come  l'altra  nota  specie 
coltivata,  la  Cucurbita  Pepo.  La  zucca  ba- 
rucca è  nutrimento  popolare  a  Venezia, 
sul  litorale  veneto,  nel  ferrarese  [mangia- 
xucca),  nel  comacchiese.  Si  cuoce,  spaccata 
a  mezzo,  al  forno  :  se  ne  fanno  anche  in- 
tingoli pel  risotto. 

Zuccherifìcio  :  neol.  formato  come  seti- 
ficio^ coionificio.,  per  indicare  gli  stabi- 
limenti della  recente  nostra   industria  di 


fabbricare  lo  zucchero   mercè  la  distilla- 
zione delle  barbabietole. 

Zulù  :  (popolo  cafro  dell'Africa  meri- 
dionale) vale  popolarmente  roxxo.^  incivile., 
tardo.,  bestiale  e  simili  ;  ma  più  spesso 
si  dice  per  celia. 

Zuppa:  (meglio  suppa  secondo  i  puristi) 
per  minestra  mal  corrisponde,  bensì  cor- 
risponde alla  soupe  o  potage  francese.  No- 
tevole e  ben  nota  varietà  delle  due  cucine. 
V.  Potage. 

Zuppa  alia  pavese  oy  vero  ima  pavese: 
voce  della  culinaria  milanese  :  è  un  brodo 
con  alcune  grosse  fette  di  pane  soffritto 
nel  burro  e  sopra  una  o  due  uova  ca- 
scate. I  Zuppa  {suppa)  è  voce  del  verna- 
colo milanese  e  vale  seccatura.,  noia  di 
lunghi  e  insulsi  discorsi.  Dicono  anche  in 
tale  senso  stuàa  =  stufato  (Cfr.  in  l'oma- 
gnolo  la  voce  boba;  oh,  che  boba!). 

Zuppa  à  la  sante:  V.  Soupe  à  la  sante 
e  Sante. 

Zwangsiage  :  voce  tedesca,  vale  costri- 
zione., condizione  coatta  imposta  dalle 
circostanze.,  necessità.  Questa  parola  ri- 
corre talora  nel  linguaggio  politico  (Cfr. 
'Avàym]). 

Zwieback:  tedesco;  biscotto.  V.  Kluge, 
op.  cit. 


Queste  sono  le  risposte  alla  prefazione  che  a  modo  di  inchiesta  am- 
piamente diffusi  fra  persone  autorevoli  ed  amici.  A  parte  le  benevoli 
parole  di  approvazione  e  di  elogio  —  non  dirò  pel  dizionario^  che  esso 
non  si  poteva  giudicare  da  un  semplice  foglio  di  saggio,  ma  per  l'idea 
di  questo  nuovo  dizionario  —  io  penso  che  le  presenti  risposte  formino 
una  lettura  molto  attraente  ed  utile  per  chi  voglia  studiare  quale  è  lo 
stato  presente  della  lingua  italiana.  Le  opinioni  piti  disparate  (come  del 
resto  era  da  aspettarsi)  vi  sono  espresse  :  raccoglierle  in  sintesi  mi  parve 
cosa  diffìcile  e  non  utile. 

Tuttavia  mi  piace  di  notare  una  cosa  in  cui  tutte  queste  opinioni 
concordano  :  cioè  un  grande  e  sincero  amore  per  la  gloriosa  nostra  favella 
italica  e  una  viva  fede  nel  suo  divenire,  quale  ne  sia  l'evoluzione  for- 
male e  comunque  si  giudichi  del  suo  stato  presente. 

Ai  cortesi  che  mi  od  orarono  delle  loro  risposte  qui  si  ringrazia  da 
parte  dell'Editore  e  mia. 


Credo  impossibile  negare  l'opportunità  e  T utilità   dell'impresa  tentata  da 

Lei,  che  conosce  per  le  ottime  prove  fatte  nel  campo  della  prosa  d'arte,  italiana- 
mente viva  e  schietta  e  veramente  moderna.  Anche  sono  innegabili  lo  difficoltà  del- 
l'impresa  stessa;  ma  dal  saggio  che  ne  ho  veduto,  mi  sembra  ch'Ella  sia  preparato 
a  superarle,  almeno  in  gran  parte,  sì  che  tutto  induce  a  credere  che  il  Suo  ardito 
tentativo  riuscirà,  oltre  che  opportuno  e  vantaggioso,  nella  esecuzione  sua  anche  felice. 

Nel  più  dei  criteri  esposti  e  dei  nobili  sentimenti  altamente  significati  della  Pre- 
fazione e  applicati  nel  saggio,  mi  par  difficile  non  consentire.  Solo  troverei  consi- 
gliabile che  Ella,  pur  senza  atteggiarsi  a  legislatore  o,  comò  dice,  a  frustatore,  a  ga- 
belliere della  lingua,  nell' accogliere  le  troppe  forme  esotiche,  mostruosamente  foggiate, 
perchè  innaturali  e  talora  illogiche,  imposte  dalla  tirannia  dell'uso,  ma  anche  dalla 
passività  colpevole  dogli  Italiani,  cercasse  più  spesso  il  modo  di  esprimere  un  giu- 
dizio severo,  anzi  un'aperta  disapprovazione,  insistendo  sul  dovere  di  accettare  come 
moneta  legale^  solo  i  neologismi  «  spuntati  sul  ceppo  italico  »,  o,  per  giusta  e  ne- 
cessaria analogia,  anche  da  altri. 

Ella  ha  fatto  bone  a  non  voler  dare  al  suo  Dizionario  un  carattere  scientifico, 
ma  penso  che  non  avrebbe  fatto  malo,  se  si  fosso  mostrato  più  impersonale  ed  og- 
gettivo, resistendo  alla  tentazione  di  aggiungerò  tanti  commenti,  i  quali,  pur  ossoudo 
giusti  in  se  e  sagaci,  ingombrano  senza  bisogno  o,  sonza  bisogno  possono  urtare  lo 
suscettività  di  una  parte  dei  lettori.  Ad  esempio:  sotto  Vaticano  a  soomnniohe  del  F., 

A.  Fanzini,  Supplemento  ai  Dixknan  Ualiani.  85 


538 


fulmini  d.  Y.  soggiunge:  «  Cui  il  pensiero  moderno  ha  fatto  da  parafulmine  ».  Era 
proprio  necessaria  quest'arguzia,  trattandosi  anche  di  res  judicata  e  dimenticata? 
Pontificante  il  veramente  Fio  X^  chi  può  sognarsi  di  farne  un  pontefice  fulminatore^ 

Delle  spiegazioni  e  osservazioni  comprese  nel  Saggio  avrei  ben  poco  a  dire. 
P.  es.,  sotto  Vasello  si  cita  il  dantesco  Vasel  d'ogni  froda  e  si  avverte  «  non  si 
intende  piccolo  vaso».  L'avvertenza  mi  pare  per  lo  meno  arrischiata.  Che  vasello 
sia  forma  di  diminutivo,  non  è  dubbio,  e  che  Dante  l'usi  in  significato  diminutivo 
è  provato  dal  noto  esempio  del  Purgatorio^  II,  41,  dove  egli  parla  del  «  vasello  snel- 
letto  e  leggero  »  (noti  l'insistere  sull'accezione  diminutiva  col  secondo  aggettivo  snel- 
letto):,  cioè  della  barchetta  dell'angelo  nocchiere.  Che  poi  la  «  fortuna  »  di  questa  pa- 
rola abbia  trasformata  e  ingrandita  la  barchetta  sino  a  farne  un  grande  legno,  anche 
da  guerra,  un  vascello^  è  un  altro  conto.  La  trasformazione  è  posteriore  a  Dante.  Non 
mi  pare  poi  difficile  conciliare  questo  significato  diminutivo  col  concetto  voluto  espri- 
mere dall'Alighieri  nell'i^/'.,  XXII,  82,  dove  dice  di  frate  Gomita  «vasel  d'ogni 
froda».  Basta  intendere  che  l'anima  di  quel  barattiere  era  come  un  vasetto  che  ac- 
coglieva l'essenza  d'ogni  frode,  la  quintessenza  della  frode.  In  tal  caso  il  diminutivo 
conferirebbe  un  singoiar  valore  d' ironia  sanguinosa  al  battesimo  d' infanzia  che  il 
Poeta  gli  affibbia.  E  badi  che  altrove  (Farad.  ^  XXI,  127)  Dante  per  designare  San 
Paolo  con  «  gran  vasello  »,  sentì  il  bisogno  di  temperare  quel  vasello  strappatogli 
forse  dalla  rima,  premettendogli  un  grande. 

Ma  questa  ed  altre  simili  sono  inezie,  che  non  scemono  il  pregio  del  Dizionario., 
al  quale  auguro  la  migliore  fortuna.  E  al  benemerito  autore  stringo  cordialmente 
la  mano.  YITTOEIO  CIAN. 


Per  farsi  un  giusto  concetto  del  suo  Dizionario  moderno  forse   non  basta 

il  saggio  eh'  Ella  ne  invia,  ma  che,  per  mio  conto,  ho  letto  attentamente.  Se  però, 
come  mi  par  di  rilevare  da  esso  e  dal  Discorso  preliminare,  di  tante  voci  straniere, 
indispensabili  o  soverchie,  e  di  molti  vocaboli  o  significati  nuovi  Ella  non  intende 
farsi  apologista,  ma  semplice  registratore  «  come  un  notaio  che  fa  un  inventario  », 
mi  pare  che  il  lavoro  suo  debba  sempre  riuscir  utile,  come  in  molti  casi  è  curioso 
assai,  specie  là  dove  mostra  che  stendiamo  la  mano  a  limosinare  ciò  che  posse- 
diamo. Piacerai  pertanto  che  in  molti  casi  Ella  alla  voce  straniera  e  corrotta  contrap- 
ponga l'uso  paesano  e  retto. 

Ad  ogni  modo  mi  sembra  che  questo  specchio  del  parlare  e  dello  scrivere,  non 
dirò  italiano  ma  d'Italia,  nel  principio  del  secolo  XX,  debba  riuscire  accetto  ed  op- 
portuno, anche  perchè  mette  in  chiara  luce,  senza  pedanteria  arcigna,  molte  brut- 
ture, dalle  quali  volendo,  potremmo  liberarci.  E  se  non  altro  rimarrà  il  vantaggio  di 
trovar  in  esso  la  spiegazione  e  la  derivazione  di  voci  straniere,  che  si  usano  e  si  leg- 
gono senza  averne  una  precisa  notizia. 

Avrei  da  farle  qualche  osservazioncella.  Che  la  moda  propriamente  detta  cominciò 
col  secondo  impero,  avrei  qualche  dubbio.  Poco  più  oltre  Ella  ricorda  la  'piavola  di 
Francia,  che  è  del  secolo  XVIII.  Ma  io  che  sono  più  vecchio  di  Lei,  credo  di  poter 
dire  che  la  cosa  è  più  antica,  sebbene  allora  arrivano  al  massimo  di  potenza.  E  già 
ai  suoi  tempi  il  Parini  non  rimproverava  a  Silvia  di  obbedire  alla  moda  d'oltralpe,  anche 
alla  meno  imitabile? 

A  tutto  l'articolo  poi  «Vestito»  si  potrebbe  desiderare  minor  brevità  e  miglior 
distribuzione. 

Meritava  registrarsi  il  Vieni  de  paraUre^  quando  parve  per  le  sole  pubblica- 
zioni francesi  ?  e  se  è  comunissimo,  particolarmente  per  le  italiane,  il  Novità. 

A  Versante  potevasi  aggiungere  oltre  Acquapendente.,  anche  Acquapendere^  e  di 
più.  Spartiacque. 

A  Virare  potevasi  aggiungere  il  modo  comune:   Girar  di  bordo. 

Dirimpettaio  lo  sentivo  a  Firenze,  per  scherzo,  verso  il  '48  o  '50,  cioè  prima 
che  lo  «  escogitasse  un  manzoniano  ». 

Ma  basta  di  queste  pedanterie,  e  mi  creda         ALESSANDRO  D'ANCONA. 


539     — 


....  Trovo  la  prefazione  una  magnifica  cosa,  per  le  idee  che  esprime  e  per  l'inci- 
siva scultoria  scintillante  forma  con  la  quale  sono  espresse.  Credo  che  il  Nuovo  Di- 
zionario da  Lei  compilato  con  così  larghi  e  acuti  intendimenti  riuscirà  un'opera  di  vit- 
toria. ADA  NEGRI. 


Accanto  alla  vecchia  lingua  venerabile  vivo  per  noi  la  necessità  quotidiana 

di  un'altra  lingua  sempre  nuova,  sempre  in  via  di  arricchirsi  e  di  mutarsi,  e  che 
non  è  italiana.  Che  ne  facciamo?  Bisogna  prima  di  tutto  che  noi  prendiamo  a  cono- 
scerla con  sicurezza,  perchè,  in  ogni  caso,  non  ci  si  comporta  bene  verso  ciò  che  si 
conosce  male.  Ci  ha  pensato  Alfredo  Fanzini,  sano  e  arguto  novellatore,  nel  quale 
nessuno  finora  avrebbe  sospettato  un  vocabolarista  in  potenza.  Vocabolarista  egli  s'è 
fatto  per  ragion  di  buon  senso.  Vivendo  a  Milano,  nel  maggior  centro  commerciale  e 
industriale  d'Italia,  dove  si  diffondono  prestamente  nella  parlata  i  nomi  di  cose  e  di 
costumi  che  vengano  d'oltralpe,  senza  trovare  gran  resistenza  in  un  tenace  uso  locale, 
il  Fanzini  trovò  che  di  codeste  innumerevoli  espressioni  nuove  e  forestiero,  come  di 
modi  correnti  derivati  da  detti  greci,  latini  o  dialettali,  neologismi  della  scienza,  della 
politica,  del  giornalismo,  della  moda,  dello  sporta  del  teatro,  della  cucina,  i  più  fanno 
libero  uso  senza  saperne  esattamente  il  valore,  l'origine  e  spesso  nemmeno  l'orto- 
grafia. E  si  accinse  a  fare  ciò  che,  in  verità,  è  strano  che  non  sia  già  stato  fatto  : 
un  Dixionario  ìiioderno  (Milano,  Hoepli)  in  cui  siano  registrate  e  spiegate  le  voci 
che  mancano  nei  dizionari  italiani  della  lingua  pura.  Del  lungo  lavoro  il  Fanzini 
manda  attorno  un  saggio  e  domanda  agli  amici  il  loro  parere.  Io  rispondo  in  pub- 
blico che  la  sua  idea,  intanto,  è  eccellente,  checché  altri  ne  possa  dire;  perchè,  bar- 
bare 0  no,  scorrette  o  no,  lo  locuzioni  registrate  nel  suo  dizionario,  appartengono  alla 
pratica  comune,  sono  fatti  linguistici  che  è  impossibile  negare  e  che  sarebbe  stolto 
disprezzare  :  sono  espressioni  del  nuovo  pensiero,  del  nuovo  sapere,  delle  nuove  usanze 
di  tutti  i  paesi  civili,  e  formano  un  piccolo  vocabolario  universale  di  cui  anche  l'I- 
talia, anzi  più  che  l'accademica  tradizionale  Italia  ha  bisogno. 

I  pedanti,  i  quali  credono  sul  serio  che  i  vocabolari  siano  i  codici  legali  e  non 
gii  indici  anagrafici  della  lingua,  si  scandalizzino  a  posta  loro  :  il  pubblico  sarà  ben 
contento  di  trovare  finalmente  spiegate  in  un  libro  autorevole  tante  espressioni  che 
la  moda  ci  porta  di  fuori  o  conia  di  suo,  obbligandoci  a  usarle  se  vogliamo  trattare 
coi  nostri  simili  speditamente,  da  gente  pratica  e  deliberata  a  far  suoi  gli  acquisti 
della  civiltà  moderna  :  espressioni  di  tutti,  che  però  pochi  intendono  a  dovere,  giacché, 
osserva  il  Fanzini,  se  il  «  giovin  signore  »  non  ha  bisogno  di  chi  gli  spieghi  il  vo- 
cabolo steepleehase^  il  fisiologo  involuzione^  la  crestaia  aigrette,  il  medico  (oracen- 
iesi,  il  geografo  Ihaltceg,  il  geologo  trias,  il  cuoco  supreme  di  pollo,  il  filosofo  agno- 
sticismo, il  giornalista  leader,  l'avvocato  preterintenzionalità,  il  fisico  radioattività, 
l'archeologo  terramara,  l'economista  plusvalore,  eccetera,  ciascuno  di  questi  signori 
può  aver  bisogno  degli  schiarimenti  di  cui  non  ha  bisogno  l'altro,  e  il  pubblico  in 
genere  gradirà  che  gli  si  chiarisca  il  glossario  speciale  delle  varie  scienze  o  pro- 
fessioni. 

Rendendo  ragione  del  suo  lavoro  in  assai  lunga  prefazione,  l'autore  del  Dizio- 
nario moderno  prevede  e  ribatte  gli  argomenti  di  coloro  a  cui  l'opera  sua  può  pa- 
rere empia  o  provocatrice  di  letterari  disordini.  Frima  di  tutto,  comporro  un  vocabo- 
lario sia  pur  di  barbarismi  e  di  neologismi  non  è  consacrare  queste  eresio  né  imporlo 
altrui.  E  poi,  secondo  il  Fanzini,  non  si  può  sacrificare  una  parto  anche  minima  di 
pensiero  alla  purezza  del  linguaggio,  e  al  pensiero  moderno  è  oramai  indispensabile, 
istintivo,  quasi  connaturato  un  linguaggio  internazionale.  È  inutile  opporsi  airaccet- 
tazione  delle  novità,  sian  osse  vocaboli  stranieri  o  italianizzati  :  né  por  esso  la  lingua 
italiana  andrà  in  rovina.  Chi  può  assicurare  che  questa  invasione  di  neologismi  non 
rappresenti  una  necessità,  un  fenomeno  doli' evoluzione  storica  dol  nostro  paese,  ve- 
nuto con  r  indipendenza  e  con  l'unità  a  contatto  immediato  con  altri  popoli  più  i)ro- 
groditi  ? 

Senonchè  il  fenomeno  naturalo,  fisiologico,  si  complica  con  altri  fenomeni  fittizi, 
patologici  :  da  una  i)arte  la  resistenza  grotta  e  cieca  dei  nuovi  puristi,  che  vedono 
nella  lingua  più  tosto  un  fine  agli  studi  elio  un  mozzo  alla  vita  intellettuale  e  pra- 


540     — 


tica  ;  dall'altra  l'avventata  prontezza  di  innumerevoli  italiani  nelF accogliere  le  espres- 
sioni di  modo  nuova,  per  quanto  irragionevole  e  spuria,  e  il  loro  quasi  compiaci- 
mento nell'usare  la  frase  forestiera  in  luogo  della  nostrana.  Son  l'uno  e  l'altro  co- 
stumi servili,  da  cui  non  può  guarirci  se  non  la  sana  consapevole  libertà  dei  tempi 
nuovi.  Ma  quali  sono  i  limiti  di  questa  libertà?  Nessuno  può  determinarli,  dice  il 
Fanzini,  e  ha  ragione.  Nessun  areopago  di  grammatici  può  legiferare  in  questa  ma- 
teria senz'essere  disobbedito  o  deriso.  «  La  discrezione  e  il  limite  potrebbero  essere 
dati  dalla  necessità,  ma  più  da  un  nobile  senso  individuale  di  italianità,  per  cui  l'uso, 
quando  è  inutile,  di  parole  straniere  dovrebbe  ripugnare  come  ad  una  persona  pulita 
ripugna  il  compiere  un  atto  sudicio,  anche  se  è  sola  e  non  vista....  Se  uno  scrupolo 
continuo  ci  deve  perseguitare  nello  scrivere  e  nel  parlare,  l' italiano  l' impareremo  a 
cinquant'anni.  Poche  e  sicure  norme  grammaticali,  fede  nella  parlata  natia,  un  po'  di 
amore  e  di  conoscenza  della  tradizione  letteraria,  e  il  resto  affidatolo  alla  divina 
natura  ». 

Non  altrimenti,  in  fondo,  sentiva  il  Leopardi,  il  quale,  vide  e  previde  questi  dubbi 
nostri,  e  li  risolse,  almeno  in  teoria,  con  moderna  indipendenza  di  pensiero.  «  Con- 
viene —  si  legge  in  un  suo  frammento  opportunamente  ricordato  come  decisivo,  a 
questo  proposito,  da  Eomualdo  Giani  —  conviene  proclamar  lo  studio  profondo  e  vasto 
della  lingua,  e  nel  tempo  stesso  la  libertà  che  ciascuno  scrittore,  impadronitosi  bene 
di  essa  e  conosciutane  a  fondo  l'indole,  usi  il  suo  giudizio  nell' introdurre  e  impie- 
gare e  spendere  la  novità  necessaria,  anche  straniera  » . 

Appunto  così.  La  lingua  buona  non  è,  non  può  essere  oggi  quella  de'  gramma- 
tici, ma  quella  degli  uomini  di  buon  senso  e  di  gusto  sinceramente,  educatamente 
italiano,  i  quali  sappiano  secondo  il  bisogno  sciogliere  l'espressione  opportuna,  con- 
ciliando con  avveduta  temperanza  il  vocabolario  della  Crusca  e....  il  Dizionario  mo- 
derno di  Alfredo  Fanzini.  DINO  MANTOVANL 


A  dare  (com'Ella  mi  chiede)  un  giudizio  serio  e  pensato  «  intorno  allo  stato 

presente  della  lingua  italiana»,  mi  abbisognerebbero  qualità  competenza  meriti  e 
tempo  che  non  ho.  A  ciò  avrebbe  potuto  giovarmi  l'esame  di  tutto  il  Dizionario  che 
con  tanta  geniale  fatica  ha  compilato  ;  ma  sfortunatamente  non  ne  ho  qui  dinanzi 
che  poche  pagine.  Le  scrivo  perciò  senza  l'ombra  di  pretensione. 

Non  v'  ha  dubbio  che  la  nostra  lingua  viva  che  generalmente  parliamo  e  scri- 
viamo, è  più  ricca  (o,  forse  meglio,  diversa)  di  quella  che  è  raccolta  nei  comuni  di- 
zionari, e  che  il  popolo  italiano,  colto  ed  incolto,  non  ha  scrupoli  ad  accettare  ed 
usare  le  più  svariate  forme  linguistiche  di  espressione,  senza  chiedere  loro  la  nazio- 
nalità e  la  origine  ;  il  suo  dizionario  sarà  ed  è  un  curiosissimo  ed  utilissimo  libro 
di  storia.  Tra  cento,  tra  mill'anni,  i  nostri  posteri,  se  vorranno  sapere  come  si  par- 
lava, nell'anno  di  grazia  1904  (chi  sa  se  allora  qualcuno  troverà  tempo  ancora  di 
fare  il  filologo!?),  dovranno  di  necessità  prendere  in  esame,  oltre  agli  altri  comuni 
dizionari  nostri,  anche  il  suo  «  Stippleniento  » .  Quanto  poi  a  determinare  se  le  espres- 
sioni da  Lei  raccolte  siano  utili  o  necessarie,  possano  essere  oggi  usate,  o  siano  per 
essere  un  giorno  accolte  nei  dizionari  della  nostra  lingua  pura,  questa  è  un'altra 
questione  ch'io  non  saprei  definire.  Solo  il  nostro  futuro  lontano  filologo  potrà  saperne 
la  soluzione.  A  noi,  per  ora,  non  resta  altro,  mi  pare,  che  star  a  sentire  quel  che 
il  popolo  dice,  il  popolo  che,  a  dispetto  di  tutti  noi,  (ci  chiamassimo  anche  Manzoni 
0  Tommaseo)  fa,  rispetto  alla  lingua  (e  il  resto)  tutto  quello  che  gli  pare  e  piace. 
Noi  staremo  da  principio,  un  po'  dispettosi,  arcigni,  riservati,  prima  di  deciderci  a 
introdurre  nella  nostra  purgata  prosa  questa  o  quella  paroletta  nuova  od  impura,  ma 
se  il  popolo  ci  si  intesterà,  dopo  dieci  o  vent'anni,  per  forza,  se  vorremo  farci  inten- 
dere, useremo  anche  noi  la  paroletta,  anche  se  sarà  di  origine  giapponese,  e  goffa 
ed  aspra  e  non  necessaria. 

Credo  per  altro  che  non  bisogna  scendere  ad  esagerazioni,  riguardo  a  codesta 
invasione  di  parole  nuove  o  barbare:  e  non  è  giusto  che  noi  ci  calunniamo.  Non  è 
vero  che  oggi  gl'Italiani  scrivano  molto  male;  certo  è  che,  cinquant'anni  fa,  in  ge- 
nerale, scrivevano  peggio.  E  poi  bisogna  distinguere  neologismi  da  neologismi.  Al- 
cuni di  essi  resteranno,  perchè  saranno  riconosciuti  necessari  ed  efficaci,  ma  altri  molti 


541 


si  può  star  certi  che  avranno  vita  effìmera.  Vi  son  parole  che  sorgono  perchè  un  in- 
dividuo le  crea,  perchè  un  fatto  le  provoca;  ma,  passato  l'individuo,  spentasi  l'eco 
del  fatto,  scadon  di  moda,  scompaiono  ;  hanno  servito  pel  bisogno  del  momento  :  ces- 
sato il  bisogno,  muoion  da  sé.  Or  di  queste  parole  e  frasi  ve  n'ha  moltissime,  e  ogni 
giorno  ne  nascon  di  nuove.  Tutte  quelle  che,  in  questi  ultimi  anni,  molti  o  pochi 
hanno  usato  ed  usano,  Ella  ha  raccolte  nel  dizionario;  ma  chi  sa  se  avranno  vita? 
Alcune  già  vedo  moribonde;  altre  mi  sono  parse  nuove  e  le  ho  lette  per  la  prima 
volta  —  il  che  vuol  dire  che  non  sono  dell'uso  comune  — ,•  altre  sono  usate  da  una 
ristrettissima  cerchia  di  persone  per  loro  singolari  bisogni,  spesse  volte  giochi  di 
effimera  moda  ;  e  perciò  non  si  può  asserire  che  tutte  facciano  veramente  parte  della 
nostra  lingua.  Le  lingue  mi  pare  siano  simili  a  grandi  fiumi  che  scorrono.  La  cor- 
rente si  muove  e  perciò  si  muta;  ma  non  bisogna  confondere  la  gran  massa  dell'acqua 
colle  foglie  secche  e  coi  fiori  che  vi  possono  cader  sopra  e  che  per  un  po'  stanno  a 
galla  e  magari  luccicano  al  sole,  ma  poi  sono  giù  travolti  e  scompaiono.  Certo  che  s'Ella 
avesse  voluto  prendersi  la  briga  di  distinguere  i  neologismi  necessari,  efficaci,  belli, 
forti  e  ormai  consacrati  dall'uso,  da  quelli  già  morti  o  moribondi  o  presumibilmente 
morituri,  si  sarebbe  messa  in  un  ginepraio  anche  più  aspro  di  quello  nel  quale  corag- 
giosamente si  è  messa;  ma  forse  un  po'  di  discrezione  bisognava  usare,  e,  se  non  erro, 
Ella  è  stata  un  po'  troppo  largamente  ospitale.  Coi  larghissimi  indefiniti  criteri  coi 
quali  Ella  ha  condotto  il  suo  lavoro,  io  penso  che,  tra  un  anno,  se  vorrà  continuarlo,  tro- 
verà duplicata,  triplicata  la  materia,  e  ogni  mattina  alzandosi,  Ella  avrà  in  casa  sempre 
una  invasione  di  nuove  parole  :  sarà  una  disperazione,  caro  collega.  E  intanto  io  dubito 
che  anche  le  500  pagine  del  suo  dizionario  attuale  possano  trarre  in  inganno  (come  già 
un  po'  Lei  stessa)  qualche  altro  studioso,  e  fargli  credere  che  tutte  quelle  migliaia  e 
migliaia  di  voci  e  frasi  siano  proprio  lingua  viva  o  vitale  in  Italia.  No,  le  forze  con- 
servatrici che  dominano  le  lingue,  sono  molto  più  forti  delle  forze  innovatrici.  Dai 
grandi  fiumi  secolari  delle  lingue  consacrate  dall'uso  e  dalle  letterature,  noi  non  ci 
possiamo  scostare;  e,  in  verità,  con  tanta  vita  nuova  che  ci  ferve  d'attorno,  ci  conser- 
viamo più  puristi  di  quello  che  comunemente  si  crede  ;  anzi,  col  progredire  della  vita 
civile,  avviene  che  aumentano,  è  vero,  i  neologismi,  ma,  d'altra  parte,  cresce  anche 
e  maggiormente  si  diffonde  la  cultura,  e  questa  ci  lega  più  strettamente  alle  tradizioni 
della  nostra  lingua,  al  purismo  ;  la  cultura  vince  la  moda  :  passano  le  foglie,  resta 
la  corrente  regale. 

Io  credo  ormai  che  (come  già  gli  studi  scientifici  dell'Ascoli  ebbero  la  virtù  di 
far  cessare  la  famosa  «  questione  della  lingua  »)  anche  adesso  la  scienza  un'altra  volta 
ci  risparmierà  di  tornare  sopra  la  medesima  o  sopra  una  simile  questione;  e  credo 
che  il  buon  senso  trionferà,  il  buon  senso  italiano  che,  nel  suo  eccletismo  giudizioso, 
in  pochi  anni^da  che  l'Italia  è  fatta,  ha  già  posto  (checché  si  dica)  solide  basi  di  una 
lingua  nazionale  viva,  bella,  vigorosa  ed  efficacemente  espressiva.  Noi  abbiam  la- 
sciato discutere  a  lor  piacimento  cruscanti  e  non  cruscanti,  siamo  stati  via  via  man- 
zoniani, carducciani,  d'annunziani,  e  poi?...  e  poi,  tratto  vantaggio  dagli  ottimi  esempi 
dei  maestri  che  furono  che  sono  e  che  saranno,  noi  non  resteremo  né  manzoniani,  né  car- 
ducciani, né  d'annunziani,  ma  più  generalmente  italiani^  e  useremo  quella  lingua  che, 
senza  fisime,  ci  viene  fuori  dal  cervello  e  dal  cuore,  allorché  vogliamo  esprimere  quello 
che  dentro  sentiamo:  lingua  antica  ma  sempre  nuova,  ma  rinsanguata  dal  giovino 
sangue  di  mille  parole  nitide  e  vigorose  che  le  necessità  del  nuovo  pensiero  o  della 
vita  nuova  avranno  potuto  accogliere  o  creare. 

Coni' Ella  vedo,  io  son  dunque  un  poco  ottimista,  nel  giudicare  «dello  stato 
prosento  della  nostra  lingua  »,  e  le  cinquecento  pagine  di  neologismi  eh'  Ella  offre  alla 
considerazione  degli  studiosi,  non  mi  pare  ci  debÌ3ano  far  paura.  E  pur  dai  giornali 
traggo  conforto  al  mio  ottimismo.  Ciò  eh'  Ella  scrive,  che  «  la  lingua  usata  dal  gior- 
nale è  di  solito  deplorevole  »  non  trovo  sia  giusto  giudizio;  ò  una  vecchia  condanna 
cho  non  dovrebbe  ossero  più  ripetuta,  lo  so  che  tutti  i  nostri  ingegni  migliori,  più 
0  mono,  al  giornalismo  hanno  collaboi-ato  o  collaborano,  e  molti  di  ossi  esercitano  pro- 
fessione di  giornalista;  e  so  cho  ogni  giorno  io  leggo  su  poi  giornali,  articoli  d'arto, 
di  scienza,  di  politica,  e  persino  affrettato  corrispondenze  dal  campo  di  battaglia,  dal 
tribunale,  dal  teatro,  dalla  borsa,  così  chiai-e  o  vivaci  od  efficaci  da  far  impallidire 
le  pagine  di  molti  profossori.  E  poi  è  una  malignità  anche  questa  mia:  da  qualche 
tempo  scrivono  bone  anche  i  professori,  pur  dottando  quei  lor  ponderosi  e  noiosi  volumi 
che  son  costretti  a  comporro  por  i  concorsi. 


—     f)42     — 


«  Ma  che  vuol  dire  bene?  »  —  Ella  mi  domanderà,  —  «  vuol  dire  con  pu- 
rezza? ».  Eispondo:  «  Vuol  dire  con  sincerità,  e  con  cervello  nutrito  di  qualche  pen- 
siero. A  queste  condizioni,  puristi  o  non  puristi,  si  scrive  bene  ».  L'autunno  scorso, 
ricordo,  mi  occorse  di  leggere  in  un  giornale  tutto  dedicato  a  onorare  il  Carducci, 
un  articolo  di  una  donna,  la  quale  candidamente  affermava  di  non  conoscere  altro 
scrittore  moderno  che  al  Carducci  si  possa  accostare,  all' infuori  di  ....  Filippo  Turati. 
A  leggere  ciò,  sulle  prime  sorrisi;  ma  poi  so  che  le  donne  sono  un  poco  incoscienti  e 
perciò  dicono  alle  volte  grandi  verità;  e  ricordando  e  ripensando  gli  scritti  del  socia- 
lista, che  vuole?  egregio  collega,  mi  sono  accorto  che  quella  signora  non  aveva 
mica  pronunciato  una  sciocca  eresia.  Non  v'ha  dubbio  che  il  Turati  è  un  grande 
scrittore;  ed  Ella  sa  benissimo  com'egli  sia  anche  uno  dei  più  arditi  e  originali  crea- 
tori di  parole  nuove.  E  il  purismo?  Evidentemente  esso  è  una  qualità  secondaria  del 
bello  scrivere....  Ma  non  parliamone  piii.  Anzi,  non  ciarliamo  più. 

Prof.  G.  B.  MARCHESI. 


....  Eccola  qua,  piena,  calda,  entusiastica,  lamia  adesione  all'opera  sua  e  ai  criterii 
fondamentali  cui  essa  s' inspira.  Io  ho,  anni  addietro,  condotta  su  riviste  milanesi  e 
fiorentine  una  campagna  per  la  «  libertà  di  parola  »  nel  senso  filologico  dell'espres- 
sione (che,  del  resto,  non  è  se  non  il  complemento  naturale  della  stessa  libertà  nel 
senso  concettuale)  ;  ed  ho  polemizzato  un  bel  poco,  per  dimostrare  che  come  i  dia- 
letti, senza  scomparire,  si  espandono  e  si  integrano  nella  lingua,  così,  senza  perdere 
nulla  della  loro  individualità,  le  lingue  tendono  a  permearsi  l'una  nell'altra  e  a  con- 
vergere lentamente  verso  un  linguaggio  universale  ;  io,  caro  collega,  non  posso  ve- 
dere nella  sua  opera  ardita  e  simpaticissima,  se  non  un  felice  contributo  all'attuazione 
di  questo  mio  sogno  d'internazionalismo  linguistico,  sintomo  e  simbolo  d'altro  e  più 
intimo  e  più  profondo  internazionalismo,  quello  dei  cuori  e  delle  coscienze. 

Ne  dico,  con  questo,  che  Ella  porti  così,  semplicemente  una  pietra,  per  quanto 
fondamentale,  all'edificio  d'una  sublime  utopia;  dico  anzi  che  il  suo  «  Dizionario  Mo- 
derno »,  soddisfacendo  ad  un  bisogno  che  nell'animo  suo,  squisitamente  evoluto  e 
sensibile,  era  divenuto  insistente,  impellente,  fattivo,  risponde  pure  ad  un  bisogno 
non  altrettanto  vibrante,  forse,  in  tutte  le  anime  italiche,  ma  in  esse  largamente  lar- 
gamente diffuso;  ed  in  molte,  fra  le  quali  pure  la  mia,  molto  intenso,  quasi  irre- 
quieto, e  che  lo  diviene  ora  assai  più,  in  presenza  del  mezzo  che  Ella  ci  offre  di 
soddisfarlo. 

Le  dirò,  anzi,  che  io  vagheggiavo  (non  per  accingermi  io  all'impresa,  s'intende, 
non  avendoci  la  minima  competenza),  e  da  molti  anni,  l' idea  di  un  vocabolario  sul 
tipo  di  quello  che  fa  parte  dei  manuali  Hoepli,  col  titolo  di  «  Nuovo  dizionario  uni- 
versale delle  lingue  italiana,  tedesca,  inglese  e  francese  disposto  in  un  unico  alfa- 
beto »  ;  ma  lo  immaginavo  universale  davvero,  cioè  contenente  i  vocaboli  di  tutte  le 
lingue  più  diffuse  del  mondo  civile,  e  quindi  anche  dello  spagnuolo,  del  russo,  dell'a- 
rabo, del  turco,  e  (perchè  no?)  del  giapponese,  disposti  essi  pure  in  un'unica  serie 
alfabetica  indistintamente,  come  se  si  trattasse  d'una  lingua  sola;  e  con  questo  in 
più,  rispetto  al  dizionario  tetraglotto  dell'  Hoepli,  che  alle  parole  meno  ovvie  e  co- 
muni seguisse  una  breve  e  chiara  spiegazione,  come  ora  fa  Lei  del  suo  «  Dizionario 
moderno  ». 

Del  quale,  intanto,  io  applaudo  vivamente  il  titolo  stesso,  in  cui  è  già  implicita 
l'affermazione  che  altra  è  la  lingua  oggi,  altra  fu  ieri,  altra  sarà  domani;  e  che  la 
lingua  d'ogni  nazione  è  qualcosa  di  vivo  che  si  trasforma  e  si  trasfigura  per  intimo 
lavorio  alimentare,  proprio  come  un  organismo  animale  o  vegetale,  in  cui  ogni  giorno 
molte  cellule  vecchie  e  logore  muoiono,  si  decompongono,  vengono  eliminate,  mentre 
altre  cellule,  poiché  l'organismo  si  nutre  assimilando  sostanze  alimentari  che  prima 
gli  erano  eterogenee  (e  Lei  riferisca  tutto  questo  anche  alla  lingua),  mentre  altre  cel- 
lule, dico,  si  foi'mano,  crescono,  si  riproducono  (ed  ecco  gi'  innumerevoli  derivati  di 
una  radice  linguistica)  e  formano  interi  e  vasti  e  complessi  tessuti  nuovi. 

Ella  vede:  come  dall'unità  della  materia  organica  che  trapassa  per  gli  organismi 
individui  senza  arrestarvisi,  senza  fissarvisi  stabilmente,  noi  assurgiamo  ad  un  alto 
e  nuovo  concetto  della  vita  e  dell'essere,  così  dall'unità  della  materia   verbale  (non 


-     543     — 


è  questo  che  va  dimostrando  il  nostro  Trombetti?)  la  quale  circola  per  i  tessuti  lin- 
guistici senza  immobilizzarsi,  cioè  senza  morire,  anzi  con  un  continuo  processo  di 
assimilazione  e  di  disassimilazione,  noi  perveniamo  alla  conclusione  ben  luminosa  e 
filosofica,  che  una,  anzi  sempre  più  chiaramente  una,  nella  sua  essenza,  rimanendo 
l'anima  umana,  pur  nella  infinita  varietà  dei  suoi  atteggiamenti,  una  ne  sia  sostan- 
zialmente l'espressione,  pure  modificandosi  per  lenti  trapassi  nell'estensione  enorme 
non  dello  spazio  soltanto,  ma,  forse  più  ancora,  del  tempo. 

E  che  diventa,  allora,  la  timida,  l'ingenua  domanda,  del  «si  può  dire?»  e  del 
«  non  si  può  dire?'»  Essa  sembra  presupporre  e  sottintendere  un'autorità  superiore, 
cui  spetti  sentenziare  e  rispondere  ;  mentre  della  sentenza  e  della  risposta,  non  è  ar- 
bitra se  non  la  collettività  anonima  in  mezzo  alla  quale  la  parola  e  la  frase  dubbia 
viene  a  cadere  :  se  essa  vi  è  compresa  ed  accetta,  si  può  dire  :  se  no,  no  ;  precisa- 
mente come  una  moneta,  che  abbia  o  non  abbia  corso  (non  importa  se  legale,  purché 
vada)  in  un  dato  paese  e  in  un  dato  periodo. 

Ne  con  questo  Ella,  vede  bene,  io  mi  fo  paladino  del  parlare  e  dello  scrivere 
sciatti  e  trasandati;  anzi!  Io  dico  infatti,  che  parole  e  frasi,  dovunque  vengano,  hanno 
da  essere  non  solo  comprese,  ma  accette,  o  per  esserle  accette,  cioè  grate,  cioè  sim- 
patiche, hanno  da  essere  chiare,  espressive,  armoniose,  intonate  con  le  altre  a  cui  si 
associano,  insomma  belle;  e  quando  parole  e  frasi,  vecchie  o  nuove,  paesane  o  fo- 
restiere, auliche  o  popolari  che  siano,  sono  belle,  sono  buoni  strumenti,  vivi  colori 
per  l'arte  del  dire,  che  cosa  si  può  onestamente  pretender  di  più? 

E  passo  a  quanto  Ella  dice  nella  seconda  parte  della  sua  prefazione,  quella  che 
riguarda  lo  stato  presente  della  lingua  italiana,  per  dirle  che  qui  pure  io  sono,  in 
massima  e  nelle  linee  generali,  pienamente  d'accordo  con  Lei,  cominciando  dall'af- 
fermazione che  oggi  noi  attraversiamo,  anche  nel  linguaggio,  una  vera  crisi  di  cre- 
scenza, appunto  come  nel  pensiero,  nell'arte,  nell'industria,  nella  politica  sociale, 
nella  vita  collettiva,  insomma;  crisi  così  rapida,  estesa,  profonda,  tumultuosa,  da  dare 
quasi  all'evoluzione  l'aspetto  minaccioso  d'una  rivoluzione:  fenomeno  magnifico,  e 
che  a  me,  estetista,  e  che  quindi  lo  contemplo  come  spettacolo,  non  solo  non  fa  mi- 
nimamente paura,  ma  suscita  meraviglia  grata  e  festosa  ammirazione.  Io  sono  di 
tempra  ottimista,  del  resto,  e  serbo,  anche  attraverso  ai  passeggeri  disastri,  la  fede 
incrollabile  nel  galantomismo  del  tempo  e  nelle  promesse  dell'avvenire;  per  intanto, 
mi  contento  dei  piccoli  acconti  del  presente;  ed  anche  in  arte,  anche  in  letteratura, 
trovo  più  spesso  da  godere  ingenuamente  e  da  schiettamente  applaudire,  che  non  da 
censurare,  da  biasimare,  da  protestare  ;  così,  io  non  credo,  con  Lei,  che  «  di  buoni 
scrittori  oggi  ce  ne  sian  pochi  »  ;  non  passo  anzi  mai  un  anno  intero,  senza  aver  la 
rivelazione  d'un  poeta,  d'un  romanziere,  d'un  pensatore  nuovi,  di  prim'ordine  a  mio 
parere  ;  vale  a  dire,  degni  di  figurare  accanto  a  quei  classici  dei  secoli  passati,  dei 
quali  è  data  la  biografia  e  son  riportati  saggi  di  prose  e  di  versi  in  tutte  le  anto- 
logie ;  faccia  il  conto,  e  son  cento  forti  scrittori,  dal  più  al  meno,  in  un  secolo,  cioè 
quanti  non  ne  può  vantare  sicuramente  nessun  altro  anteriore. 

Lei  forse  mi  dirà,  a  questo  punto,  che  il  mio  è  un  apprezzamento  personale, 
enormemente  dubbio  e  discutibile  ;  ed  io  ne  convengo  :  ma  le  faccio  osservare  che  di 
fatto,  se  non  venissero  imposti  ufficialmente  nelle  scuole,  i  signori  classici  non  si  ri- 
stamperebbero quasi  più,  e  sarebbero  pochissimo  letti;  mentre  i  contemporanei,  quelli 
che  incontrano  il  gusto  generale,  s' intende,  vodon  succedersi  rapidamente  lo  edizioni, 
a  migliaia  di  esemplari,  dei  loro  libri.  Che  importa  se  i  posteri,  alla  lor  volta,  li  di- 
menticheranno? Per  buoni  scrittori,  noi  viventi,  non  dobbiamo  naturalmente  inten- 
dere quelli  che  piacquero  ai  nostri  progenitori  che  ci  guardano  dall'alto  in  basso  dai 
vecchi  ritratti  anneriti,  né  quelli  che  piaceranno  ai  figli  di  quei  marmocchi  che  suc- 
chiano ora,  con  tondo  faccetto  di  bestioline,  i  morbidi  seni  delle  nostro  donne. 

E  su  questo  punto  soggiungo  una  cosa  sola,  con  lo  stesso  parole  sue,  caro  col- 
lega :  «Non  faccio  nomi  né  cito  esempi,  perché  sembrerebbe  ch'io  volessi  lodare  opere 
od  autori,  poco  noti  od  ignoti»:  il  che  vuol  diro,  elio  entrambi  riconosciamo  che  di 
scrittori,  non  solo  buoni,  ma  ottimi,  co  n'é  oggi  assai  più  di  quelli  che  sono  gono- 
ralmento  riconosciuti  per  tali. 

Ella  poi  rileva  conio  tra  persone  di  media  coltura  (le  quali,  noti,  costituiscono 
appunto  la  grande  massa  della  borghesia  oggi  dominante)  appaia  sempre  più  chiaro 
«  un  vero  compiacimento  noM'usaro  il  vocabolo  e  la  frase  forestiera  »,  lino  a  eroderò 
d'affrott.'iro  por  tale  mezzo  l'avvento  di  un  linu;uaggio  unico,  universale. 


—     544 


Ebbene, "a  parte  l'esagerazione,  per  ora  utopistica,  un  poco  lo  credo  anch'io,  che 
pure  non  uso,  se  non  con  molta  parsimonia,  parole  uè  modi  stranieri  ;  ma  li  ascolto 
però  con  piacere,  lo  confesso;  e  senza  temere,  com'Ella  teme,  che  ciò  accada  senza 
reciprocità  da  parte  dei  popoli  più  forti  e  dominatori  :  ci  rifletta,  Lei  che  conosce 
bene  questa  materia,  e  vedrà  che  anche  gli  inglesi  e  i  tedeschi  importano  i  nostri 
vocaboli  e  le  nostre  frasi  certamente  in  non  meno  larga  misura  di  quel  che  non  ne 
esportino  dei  loro  fra  noi. 

Si  rammenta  Lei  la  risposta  graziosamente  spavalda  della  piccola  padroncina  di 
trattoria  andalusa  nella  «  Spagna  »  del  De  Amicis,  al  nazionalista  feroce,  che,  allu- 
dendo ad  Amedeo  di  Savoia,  diceva,  in  tono  di  patriottico  sdegno  : 

«  Ahora  tenemos  un  rey  estranjero  !  » 

«  A  mi  me  gusta!  »  ribatte  lei,  cui  piaceva  infatti,  un  poco  anche  appunto  perchè 
idealizzato  da  un'aureola  di  lieve  esotismo,  il  re  giovane  e  bello,  galante  e  cavalle- 
resco. Dopo  tutto,  meglio  questo  che  un  tirannello  paesano,  tisicuzzo  e  bacchettone, 
formalista,  ed  insignificante. 

E  lo  stesso  dico  io  dell'infiltrazione  linguistica  forestiera:  «A  mi  me  gusta!  >> 
E  «  gusta  »  anche  al  popolo  minuto,  che  anzi  (lo  dice  Lei  stesso),  dai  giornali,  dai 
cataloghi,  dai  viaggiatori  di  commercio,  dalle  modiste,  raccoglie  avidamente  e  fa  sua 
e  serba  ogni  voce  forestiera,  specialmente  francese,  che  gli  accada  di  leggere  o  d'a- 
scoltare. Gli  è  che  il  popolo  in  generale,  ed  il  nostro  in  particolare,  è  per  natura  sua 
ospitale  e  cosmopolita,  e  che  campanilista  ed  esclusivista  non  diviene  se  non  artifi- 
cialmente, per  opera  di  malvagi  e  d'interessati,  che  l'ingannino,  lo  suggestionino, 
l'aizzino  contro  il  fratello  che  vive  e  lavora  pacificamente  al  di  là  d'un  fiume,  d'un 
monte,  d'un  mare  ;  il  nostro  in  particolare,  ho  detto,  appunto  perchè  accampato  da 
secoli  e  secoli  nel  bel  centro  del  mondo  civile,  su  questo  magnifico  molo  europeo, 
che  si  protende  tra  il  mite  Mediterraneo  verso  l'Africa  e  l'Asia,  e  avvezzo  a  veder 
passare  per  la  sua  terra  ogni  sorta  di  gente,  e  a  sentire  e  a  comprendere,  come  il 
buon  Giusti  nel  «  Sant'Ambrogio  »,  che  anche  quando  essa  era  strumento  di  tirannia 
e  di  prepotenza,  lo  era  per  forza  ed  a  malincuore,  costretta  da  pochi  ambiziosi  pre- 
doni gallonati  o  coronati,  ma,  per  se  stessa  plasmata  in  fondo  con  la  medesima  pasta, 
di  cui  noi  pure,  noi  latini,  noi  italiani,  siam  fatti. 

Popolo  equilibrato  e  sano,  il  nostro,  espansivo  e  bonario,  e,  com'Ella  dice  splen- 
didamente in  fine,  dotato  d'un  senso  inalterabile  di  libertà,  di  tolleranza,  di  genti- 
lezza; lasciamolo  dunque  fare  a  suo  modo,  e  trattare  degli  altrui  popoli,  come  le  per- 
sone, così  pur  le  parole;  anche  con  la  casa  piena  di  forestieri,  rimarrà  sempre  lui, 
rimarrà  sempre  italiano.  MAEIO  PILO. 


Trovo  che  la  pubblicazione  del  suo  Dizionario  moderno  è  pienamente  giu- 
stificata, e  che  essa  riescirà  di  grande  utilità  a  tutti. 

Mi  congratulo  con  lei  chele  ha  compilato,  e  con  l'editore  che  lo  ha  pubblicato. 

G.  SERGL 


Indubbiamente  molte  verità  si  contengono  nella  gustosissima  e  italianissima 

prefazione  al  suo  Dizionario  m,oderno.  Dissento  però  in  alcana  parte. 

A  reprimere  certi  abusi  e  la  consuetudine  di  certo  gergo  barbarico  non  credo 
niente  affatto  inutile  l'opera  della  scuola.  Molti  vocaboli  e  costrutti  riprovevoli  — 
volere  o  non  volere,  cioè  volere  o  volare  —  furono  e  sono  implacabilmente  sbanditi 
da  una  valorosa  falange  d' insegnanti,  che  con  eroica  perseveranza  combattono  a  di- 
fesa di  quella  sacra  italianità  che  non  si  spense  dopo  fatta  l' Italia,  ma  rifiorì  «  rin- 
novellata  di  novelle  fronde  »,  prima  per  influsso  del  Manzoni  richiamante  al  toscane- 
simo vivo,  di  poi  per  l'autorità  del  Carducci  richiamante  alla  tradizione,  da  ultimo 
per  efficacia  della  scuola  estetica  richiamante  al  culto  della  forma  bella.  La  più  parte 
delle  parole  che  Ella  enumera  —  escluse  le  seientiftehe^  che  debbono  esser  usate  e 
in  senso  proprio  e  in  senso  metaforico,  ed  escluse  altre  poche,  degne  di  vita  lette- 
raria —  non  sono  notate  già,  secondo  quello  eh'  io  penso,  «  a  msìnoria  di  eia  che 


545     — 


è  oggi  V  italiano  dell'uso  »,  conio  Ella  afferma,  sì  bene  a  documento  di  un  certo  uso, 
vale  a  diro  dell'uso  degli  «  improvvisatori^  degli  spensierati^  dei  dilettanti  di  lette- 
ratura »,  che  poco  frequentarono  la  scuola  o  la  frequentarono  senza  profìtto.  La  gente 
colta,  la  gente  seria  —  o  ch'io  m'inganno  —  evita  gran  parte  de'  vocaboli  e  de'  modi 
da  Lei  segnalati.  Mia  moglie,  per  esempio,  —  milanese  di  Milano  e  non  professo- 
ressa (Vede?  uso  questo  vocabolo  che  alcuni  miei  confratelli  in  purismo  respingereb- 
bero inorriditi)  —  mia  moglie,  dunque,  quando  parla  in  italiano  (il  che  fa  quasi  sempre), 
non  adopera  mai  verx^a  per  cavolo,  ne  farne  vedere  a  uno  per  tormentarlo,  e  nep- 
pure, come  dicono  a  tutto  pasto  gli  incolti  nella  città  egemonica  d' Italia,  so  niente 
por  non  so  niente  o  disfo  por  disfo  o  disfaccio.  Forse  che  per  la  legge  del  minimo 
sforxo^  dev'esser  lecito  ignorare,  oltre  all'uso  de'  vocaboli  e  delle  metafore  tradizio- 
nalmente italiani,  anche  la  gram,matica?  Ella,  a  dimostrare  V  inutilità  de'  professori 
d' italiano  e  la  vanità  dei  loro  filologici  amori,  cita  il  catechistico  insegnamento  della 
storia  letteraria  ;  ma  perchè  dimenticare  la  correzione  dei  così  detti  componimenti? 

Ancora.  Non  mi  par  vero  che  «  il  disputare  di  voci  pure  od  impure^  nostrane 
o  barbare^  sia  antico  ozio  accademico  degli  Italiani  » .  Nella  prefazione  alla  mia 
«Teorica  di  francesismi».,  che  ebbe  lodi  dal  Fornaciari  e  dal  Pascoli,  io  smentivo 
questa  opinione  citando  l'opera  letteraria  dei  Decadenti  e  la  maestà  dell'imperatore 
Guglielmo,  il  quale  con  pubblico  bando  ordinò  che  nella  lingua  militare  del  suo  po- 
polo alle  parole  straniere  fossero  sostituite  parole  germaniche.  Ora  aggiungo  che  in 
Germania  appunto  si  pubblica  una  rivista  a  difesa  della  purità,  dal  solenne  titolo 
Allgemeiner  deutscher  Sprachverein,  e  che  il  gran  Littré  nel  suo  Dictionnaire  alla 
voce  préoccuper  nota  :  —  «  C'est  une  faute  fort  commune  aujourd'hui  d'employer 
SE  PRÉOCCUPER  pour  s'occuPER.  Tous  nos  ministres  à  la  Chambre  des  députés^  quand 
on  signale  une  difficulté^  disent  qu' ils  s'en  préoccupent  ou  qu' ils  s'en  sont  préoc- 
cupÉs  et  tous  les  journaux  répètent  cette  mauvaise  locution  » . 

Anche  Giulio  Cesare  da  buon  Latino,  non  ostante  l'affermazione  contenuta  nel 
passo  ch'ella  cita  a  pag.  XX,  fu  intinto  nella  stessa  pece.  Dice  infatti  di  lui  Cice- 
rone nel  Brutus  :  —  «  Caesar,  rationem  adhibens.,  consuetudinem  vitiosam  et  cor- 
ruptam  pura  et  incorrupta  consuetudine  emendai  »  — . 

Del  resto  io  non  credo  punto  dannoso  il  suo  Dizionario  moderno,  il  quale  dà 
sì  genialmente  ragione  di  tanti  vocaboli  e  modi  e  costrutti,  non  dell'uso,  ma  —  in- 
sisto —  di  un  certo  uso.,  di  una  certa  —  per  dirla  cesarianamente  —  consuetudine 
viziosa  e  corrotta  che  può  e  dev'essere  emendata  in  gran  parte.  Il  suo  poi  s'avvan- 
taggia sugli  altri,  oltreché  per  altri  pregi  notevoli,  per  la  quasi  sempre  chiara  e  pre- 
cisa definizione  di  vocaboli  finora  vaganti  incertamente  su  labbra  e  fogli  insubri  e 
dei  termini  scientifici  più  comuni,  finora  non  dichiarati  o  mal  dichiarati  in  dizionari 
che  vanno  per  la  maggiore.  Dico  quasi  sempre.,  e  non  sempre.,  perchè  qualche  volta 
il  buio  rimane.  Infatti,  quando  leggo  :  —  «  Vertigine,  come  termine  medico  è  sin- 
drome determinata  specialmente  dal  senso  della  instabilità  nello  spazio  rispetto  alle 
cose  circostanti  »  —  io  profano,  io  che  ignoro  il  valore  scientifico  della  voce  sin- 
drome ('),  ne  so  quanto  prima. 

Altre  osservazioni  pedantesche. 

Alle  parole  :  —  «  Va  sans  dire  è  locux.  fr.  usata  per  vizio  »  —  aggiungerei  : 
specialmente  dall'aristocrazia  o  da  chi  la  frequenta  ed  imita.  Gli  Italiani  ignobili 
dicono  in  generale  alla  buona  :  s'intende.,  si  capisce.  La  stessa  aggiunta  si  potrebbe 
faro  per  altri  modi  stranieri  consimili.  È  bene  risulti  da  che  parte  il  vizio  provenga. 

Vasel  d'ogni  froda  non  credo  sia  modo  entrato  nell'uso  comune.  Lo  stesso  direi 
di  Vecchio  della  montagna.,  di  Versiscioltaio.,  di  Pastorelleria.  0  forse  queste  parole 
sono  da  ascriversi  tra  le  non  registrato?  Ma  pastorelleria.,  almeno,  è  nel  Dizionario 
Rigutini-Fanfani. 

Similmente,  non  dev'esser  lecito  notare  o  non  condannare  velodromo  por  velo- 
dromo. L'ortoepia  e  parte  della  grammatica,  e,  quando  si  tratta  di  grammatica,  bi- 
sogna essere  conservatori  feroci.  Ma  questo  sono  minuzie  e  quisquiglie  da  retori  che 


(')  La  parola  sindrome  ò  spiegata  a  suo  posto.  (Xota  ileirAutoroì. 


546 


non  scemano  pregio  alla  geniale  originalità  dell'opera,  la  cui  lingua  e  il  cui  stile  è 
in  felice  contradizione  con  le  affermazioni  eroicamente  ed  argutamente  sostenute  nella 
prefazione.  Dottor  ALBERTO  ALLAN 

prof,  nel  R.  Istituto  tecnico  di  Lodi. 


Disporre  in  modo  agevole  per  la  ricerca  tutti  quei  vocaboli  e  quei  modi  di  dire 
(siano  essi  approvabili  o  no),  che  sono  entrati  nell'uso  italiano,  è  far  cosa  utile  a 
molte  categorie  di  persone,  è  fissare  forme,  spesso  transitorie,  che  potranno  riuscire 
curiose  al  glottologo,  allo  psicologo,  allo  storico. 

Sembrami,  quindi,  che  debba  essere  accolto  con  plauso  da  tutti  gli  intelligenti 
il  Dizionario  moderno  di  Alfredo  Fanzini,  il  quale  contribuirà  assai,  per  ciò  che 
concerne  l' Italia,  alla  miglior  cognizione  di  quella  che  i  Tedeschi  chiamano  Um- 
gangsspraehe. 

Prof.  RODOLFO  RENIER,  dell'  Università  di  Torino. 


Ija  sua  prefazione  al  Dizionario  moderno  mi  dette  tale  godimento  intellettuale 
che  volli  fare  dividere  la  mia  gioia  a  coloro  che  non  poterono  ancora  leggere  il  suo 
scritto. 

Ella  mi  fa  poi  troppo  onore  domandando  il  mio  giudizio.  Io,  della  lingua  ita- 
liana so  quel  poco  che  mi  basta  per  esprimermi  male,  e  il  genere  dei  miei  studi, 
—  strettamente  scientifico  —  avendomi  insegnato  a  stimare  l'idea  più  della  forma, 
mi  son  trovato  a  scivolare  talmente  per  quel  pendìo  che  —  a  cuore  sincero  —  molte 
volte  mi  sorprendo  a  dare  alle  mie  ideo  una  forma  semplicemente  disastrosa. 

Ma  se  è  vero  che  l'uomo,  anche  se  non  sa  fare  l'uovo,  —  come  la  gallina,  — 
sa  però  riconoscere  se  un  uovo  è  fresco  o  no,  ^  così,  anche  non  sapendo  maneg- 
giare la  lingua  che  Ella  conosce  a  perfezione,  le  dirò  ciò  che  penso  sulla  questione 
linguistica  che  Ella  agita  nella  Prefazioìie. 

Le  esporrò  dapprima  un  fatto  personale  (vede  come  credo  all'  eloquenza  dei 
fatti!)  al  quale  Ella  darà  il  valore  che  crede.  Una  decina  d'anni  fa  nel  mio  volume 
che  studiava  le  leggi  psicologiche  e  sociologiche  che  regolano  l'evoluzione  del  gergo 
(dalla  coppia  alle  associazioni  e  da  queste  alle  classi  sociali)  mi  intestardii  ad  affer- 
mare, non  so  più  a  quale  pagina,  che  i  gerghi  o  modi  di  dire  di  gergo  muojono  se 
escono  fuori  dal  buio  ove  furono  creati  e  se  pretendono  mettersi  liberamente  in  cir- 
colazione, in  mezzo  al  turbinio  delle  parole  della  lingua  officiale. 

Da  quel  tempo  —  assai  giovanile  —  il  mio  concetto  mutò,  sotto  la  sferza  con- 
tinua ed  efficace  dell'esame  dei  fatti.  Mutò  tanto,  che  mi  accorsi  d'aver  detto  proprio 
il  contrario  —  o  quasi  —  di  ciò  che  rispondeva  alla  verità.  E  la  sua  Prefazione  mi 
giunse  proprio  quando  la  mia  conversione  era  fatta,  e  da  un  pezzo.  Ben  venga  il 
suo  Dizionario. 

Poiché,  se  non  mi  sbaglio,  due  sono  le  concezioni  che  lo  studioso  può  farsi 
della  lingua  parlata. 

0  è  la  splendida  e  intatta  vetrina  di  museo,  ermeticamente  chiusa,  —  adora- 
bile, purissima,  —  e  intangibile,  o  è  l'essere  vivo,  che  non  vuol  sentire  odore  di 
stantio  e  che  si  getta  nella  vita  moderna,  agitata,  vibrante,  tumultuosa,  —  qualche 
volta  anche  disforme,  ma  pur  sempre  viva,  balzante,  calda,  —  come  sangue  che  cir- 
coli gorgogliando,  nelle  vene  e  nei  polsi  dell'uomo  sano. 

Queste  due  concezioni  hanno  i  loro  campioni,  che  battagliano  con  eguale  valore. 
Per  gli  uni  la  lingua  ha  da  conservare  gelosamente  le  sue  antiche  bellezze  e  —  es- 
sendosi chiusa  entro  alla  cittadella  d'avorio  '■ —  non  deve  farsi  contaminare  da  alcun 
nuovo  elemento.  Essa  compiacesi  nella  finezza  meravigliosa  del  suo  interminabile 
esercito  di  parole,  scintillanti  come  armata  in  campo,  e  le  offre  intatte  e  intangibili, 
allo  sguardo  dell'ammiratore,  come  i  musei,  —  dietro  i  vetri  —  offrono  all'ammira- 
zione del  devoto  visitatore  i  medaglieri  ove  si  allineano  le  antiche  e  belle  monete 
del  più  alto  valore.  Per  gli  altri,  al  contrario,  la  lingua,  nella  sua  qualità  di  orga- 
nismo in  formazione  continua,  non  è  cristallizzato  miracolo  di  bellezza,  non  è  meda- 


547     — 


^licro,  uè  torre  d'avorio,  ma  donna  viva  e  robusta  che  maternamente  accoglie  le  nuove 
formazioni  che  a  lei  si  volgono. 

Ella,  che  ha  un  cuore  di  purista  classico,  amante  della  bellezza  antica,  e  un 
cervello  di  uomo  moderno,  adatto  a  comprendere  il  mondo  nuovo  che  ci  fiorisce  d'in- 
torno, ella  a  ragione  di  questo  dualismo  della  sua  coscienza,  —  ha  scelto  la  via  di 
mezzo  —  e  la  giusta  via  di  mezzo  —  tra  gli  uni  e  gli  altri.  Non  le  dico:  ha  fatto 
bene.  La  mia  approvazione  non  avrebbe  nessun  valore.  Soltanto  le  dico  che  la  con- 
cezione vivente  di  un  linguaggio  in  continua  via  di  formazione,  e  per  ciò  accogliente 
quei  barbarismi  che  più  rispondono  alla  necessità  della  nuova  vita  è,  secondo  me,  la 
concessione  giiista  e  veramente  scientifica.  La  parola  segue  la  vita  —  Ella  ha  scritto  — 
ebbene,  lasciate  passare  la  vita!  ALFREDO  NICEFORO. 


Tornato  appena  da  Roma,  trovo  qui  il  saggio  che  Ella  si  compiacque  mandarmi 
chiedendomi  il  mio  parere.  M'affretto  a  rispondere  per  dirle  che  la  sua  fatica  mi 
sembra  non  solo  bella,  ma  eccellente,  sopratutto  pratica.  Trovare  in  un  dizionario  la 
spiegazione  di  voci  e  modi  di  dire  in  uso  e  in  abuso  del  linguaggio  corrente,  è  certo 
una  grande  facilitazione  a  chi  intenda,  senza  fraintendere,  muoversi  fra  gì'  impacci 
delle  parole  del  nuovo  stile.  E  servirà  sopratutto  a  chi  voglia  con  sicurezza  tenersi 
lontano  da  ogni  abuso. 

Plaude  tato  eorde  a  quanto  Ella  scrive  a  pag.  XXI  della  sua  prefazione.  Anch'io 
vo  picchiando  da  un  pezzo  sullo  stesso  chiodo,  e  chissà  se  altri  ci  aiuta,  non  si  riesca 
a  mettere  in  fuga  questa  letteratura  ch'Ella  chiama  floreale  perchè  fatta  sopratutto 
di  spine.  SALVATORE  FARINA. 


Un  sincero  plauso  anzitutto  per  l'opera  bella  ed  utile,  ch'Ella  ha  coraggiosa- 
mente intrapreso.  Un  lavoro  di  tanta  mole,  che,  per  natura  sua,  non  si  può  dir  mai 
compiuto,  (una  vera  fabbrica  del  Duomo^  come  diciamo  noi  milanesi)  basta  a  riem- 
pire la  vita  di  un  uomo,  anche  il  più  erudito  e  laborioso  ed  a  farne  il  nome  lunga- 
mente chiaro  ed  onorato. 

Quanto  all'  importante  questione  della  lingua,  eh'  Ella  sottopone  alle  persone  au- 
torevoli, se  io  credessi  di  poter  contarmi  tra  queste,  direi  che  due  sono  i  punti  di 
vista  dai  quali  può  esser  trattata:  quello  degli  uomini  di  lettere  e  quello  dei  profani, 
degli  orecchianti. 

I  primi  non  la  risolveranno  mai.  Per  essi  vi  sono  troppi  argomenti  prò  e  contro, 
troppe  care  tradizioni  e  convincimenti  troppo  radicali  in  dotti  studii  da  conservare  e 
da  difendere;  ed  Ella  per  il  primo  ne  dà  un  eloquente  esempio  con  la  sua  larga, 
bellissima  e  profondissima  dissertazione. 

I  secondi,  ed  io  son  tra  questi,  la  risolvono  forse  troppo  in  fretta.  Considerato 
il  fenomeno  linguistico  alla  stregua  degli  altri  fenomeni  naturali,  pare  ovvio  ch'esso 
passi  per  quelle  fasi  di  evoluzione  e  di  dissoluzione,  per  cui  passano  tutti  gli  altri  e 
che  formano  il  ritmo  della  vita.  Ed  allora  che  vale  preoccuparcene? 

Può  darsi  che  la  lingua  italiana,  come  organismo,  sia  entrata  nel  periodo  di 
senescenza  (ha  avuto  uno  stupenda  giovinezza  ed  una  non  meno  ammirabile  virilità!). 
Ora  si  trasforma  e  diventerà  qualche  altra  cosa,  non  meno  bella  e  non  meno  grande. 
Se  Cicerone  avesse  preveduto  il  corrompersi  della  sua  aurea  lingua,  chissà  in  quale 
disperazione  sarebbe  entrato.  Avrebbe  avuto  torto.  Questa  corruzione  ci  ha  dato  la 
prosa  e  la  poesia  del  trecento  e   della  rinascenza. 

Lodevolissimo  dunque  mi  pare  il  tentativo,  che  Ella  fa,  di  dare  libero  corso  ai 
nuovi  elementi  linguistici,  e  non  meno  lodevole  trovo  la  sua  fedo  nel  gonio  della 
nostra  razza,  in  quella  energia  nascosta  ed  inesauribile,  che,  come  ha  già  fatto  tanti 
miracoli,  altrettanti  o  maggiori  ne  potrà  compiere  in  avvenire. 

Fede  e  serenità:  ecco  il  segreto  di  ogni  savio  convincimento  filosofico.  Intanto 
lavoriamo  con  buona  volontà,  seguendo  quei  nostri  segreti  istinti,  che  no  sanno  più 
della  nostra  ragione.  SILVIO  PAGANI. 


—     548     — 


Non  ho  potuto  leggere  prima  d'oggi  il  Saggio  del  suo  Diicionario  moderno. 

Le  dico  subito  che  mi  rallegro  per  l'opera  sua,  non  di  letterato  soltanto,  ma  in  quanto 
è  rappresentazione  d'un  fatto  umano,  opera  anche  d'artista.  E  quale  fatto  umano  e 
naturale  merita  più,  letterariamente  o  storicamente,  d'esser  notato  di  questo  della 
lingua,  tentando  di  vedere,  e  di  porre  quasi  sott' occhio,  il  punto  a  cui  ella  oggi  è 
arrivata  nella  espressione  d'ogni  ordine  di  persone?  L'impresa  è  ardua  e  infinita,  ma 
il  suo  discorso  preliminare  dimostra  che  Ella  non  vi  s'accinse  senza  l'ingegno,  gli 
studi,  l'acume,  e  quella  preparazione  di  pensiero  proprio  e  di  osservazioni  necessari 
non  a  correre  tutto,  che  è  impossibile,  ma,  a  avanzarsi  assai,  e  quanto  basti,  in  quel 
mare.  Nel  suo  Dizionario  ce  ne  sarà,  mi  sembra,  per  ogni  gusto.  I  puristi  certo  non 
l'approveranno,  ma  potranno  essi  pure  trovarvi,  in  mezzo  ai  neologismi,  la  loro  val- 
letta claustrale,  col  loro  piìi  bel  fiore  della  favella.  Ora  il  suo  Dizionario  dimostrerà, 
tra  le  altre  cose,  quanto  oltre  quei  termini  purissimi,  trascorremmo,  di  quanti  sterpi, 
se  non  fiori,  si  abbellì  l'Italiano,  ormai,  nell'uso  più  generale,  non  più  chiaro  fiume, 
circoscritto  alle  rive  d'Arno,  ma  torbida  fiumana  ingrossata  dal  sorgere  e  progredire 
di  tante  cose  che  mancarono  all'aureo  Trecento,  e  mancano  ai  testi  aurei  della  Crusca. 
Bella  idea  la  sua  e  geniale  !  Tentare  di  ritrarre,  in  un  certo  modo,  una  specie  dì 
gran  Babele  mondiale,  da  cui  uscirà  fuori,  come  dal  caos,  la  luce  nuova,  cioè  quelle 
maravigliose  opere  d'arte  in  cui  la  lingua  trasformata  diviene  architettura  e  pensiero, 
quando  il  Genio  non  manchi,  e  non  manchi  una  qualche  fede  feconda.  Altrimenti, 
non  voglio  far  pronostici,  e  non  presumo,  ma  la  Babele,  o  la  barbarie,  durerà  lunga 
e  brutta,  per  quanto  in  mezzo  alla  «  giornaliera  luce  delle  gazzette  »  e  della  scienza. 
Ma  ella  forse  vede  più  roseo  di  me,  e  me  ne  compiaccio.  Solo  che  Dio  ci  mantenga 
un  po'  d'eleganza,  caro  e  buon  Signore,  non  dico  quella  dei  letterati  che  avremo  sempre 
in  alcuno,  purché  non  preziosa  ;  ma  l'altra  che  il  popolo  ha  sempre  spontanea  e 
quasi  improvvisa,  quando  non  manchi  troppo  di  quel  senso  di  onestà,  di  verità,  di 
semplicità  e  di  gentilezza,  a  cui  si   debbono   le  più  belle  opere  d'arte  e  di  cultura. 

Con  queste  parole  molto  frettolose  non  volli  che  rispondere  al  suo  cortese  invito, 
solo  per  quel  tanto  che  io  ne  penso  e  ne  so:  ad  altri  ben  più  dotti  le  discussioni 
erudite.  MAEIO  PEATESL 


....  Alla  stessa  maniera  che  i  dizionari,  dirò  così,  ufficiali,  della  lingua  italiana, 
registrano  i  modi  e  le  parole  che  vivono  già  da  tempo,  e  quei  modi  e  quelle  parole 
che  stanno  per  morire,  e  i  modi  e  le  parole  che  sono  già  morte,  anzi  già  fossili,  il 
di  Lei  dizionario  moderno  registra  e  documenta  e  talvolta  ricerca  le  origini  di  modi 
e  di  parole  che  le  relazioni  commerciali,  industriali,  politiche,  letterarie,  ecc.,  por- 
tano continuamente  fra  il  materiale  della  nostra  lingua.  Di  questi  modi  di  recente 
importazione  alcuni  non  trovando  l'ambiente  favorevole  avranno  vita  breve  ;  altri  po- 
tranno adattarsi  all'ambiente  e  si  fonderanno  colla  lingua  ufficiale,  talvolta  anche  a 
danno  di  altri  modi  meno  vitali.  È  bene  aver  registrato  questo  momento  nella  lingua 
italiana. 

I  puristi  non  registrano  le  parole  nei  vocabolari  quando  quelle  parole  nascono, 
ma  solo  quando  sono  già  vecchie,  e  magari  quando  stanno  per  morire. 

Nella  di  Lei  mente  il  suo  Dizionario  moderno  si  è  formato  come  un  libro  scien- 
tifico. —  Ella  ha  dovuto  concepire  il  suo  dizionario  colla  forma  metodica,  riunendo 
in  capitoli  separati  ciò  che  la  moda,  la  cucina,  il  teatro,  ecc.,  portano  ciascuno  di 
loro  contributo.  Riducendolo  così  come  Ella  ha  fatto  all'ordine  alfabetico,  il  suo  libro 
riesce  più  pratico,  più  utile,  più  facile  a  consultarsi  per  chi  non  ha  il  «  buon  tempo  » 
a  cui  accenna  nella  sua  prefazione. 

Ho  già  capito  che  anch'io  ogni  giorno  avrò  bisogno  di  consultarlo,  ma  siccome, 
senza  avere  il  «  buon  tempo  »  mi  piaciono  le  cose  belle,  voglio  anche  leggerlo  da  un 
capo  air  altro  come  si  legge  un  libro  di  storia  naturale,  e  sono  certo  che  vi  ritro- 
verò il  piacere  da  me  provato  già  leggendo  una  parte  della  lettera  V,  piacere  reso 
più  vivo  dalle  sorprese  talvolta  inaspettate  che  la  sorte  dell'ordine  alfabetico  procura. 

Prof.  POMPEO  CASTELFRANCO. 


—    549     — 


Il  Dizionario  di  cui  si  compiace  mandarmi,  colla  prefazione,  un  foglio  di 

saggio,  mi  pare  frutto  di  un'idea  geniale  e  coraggiosa  per  la  difficoltà  dell'esecuzione. 

Sulla  questione  dello  stato  'presente  della  lingua  italiana  Ella  lascia  ben  poco 
da  dire  perchè  previene  e  combatte  vittoriosamente  tutte,  o  quasi,  le  possibili  obbie- 
zioni. D'altra  parte  la  sua  prosa,  che  concilia  meravigliosamente  l'eleganza  classica 
colla  decorosa  spigliatezza  moderna,  è  il  più  valido  sostegno  delle  sue  ragioni. 

Solamente  sono  meno  pessimista  di  Lei  sul  giudicare  dell'efficacia  della  scuola 
la  quale,  da  un  po'  di  tempo,  mi  par  che  vada  migliorando,  malgrado  l'aperta  ne- 
gligenza di  chi  la  dovrebbe  curare.  E  anche  sarei  un  po'  più  indulgente  coi  nuovi 
-puristi  come  Lei  chiama  i  manzoniani,  non  foss' altro  perchè  sono  ridotti  a  picciola 
schiera  come  i  patriotti  dell'età  aurea. 

Ma,  giacché  Ella  desidera  qualche  impressione  più  determinata.  Le  dirò  che 
mi  pare  che  il  Dizionario  meriti  un  pochino  l'accusa  di  troppo  ospitale,  da  Lei  così 
argutamente  fatta  a  questa  terra  d'Italia.  —  Trovo,  per  concretare  il  mio  pensiero 
—  che  certi  vocaboli  prettamente  francesi  di  cui  abbiamo  il  corrispondente  nostrano 
potranno  bensì  essere  usati  dai  Dodi  e  dalle  Dodine,  ma  non  credo  meritino  l'ospi- 
talità del  suo  dizionario. 

Così  lascierei  di  registrare  in  un  dizionario  che  dev'esser  dell'  uso  per  eccel- 
lenza certe  citazioni  latine  che  sono  rarissimamente   usate,  (v.  vestis  virum    facit). 

E  tralascierei  del  tutto  le  parole  già  registrate  negli  altri  dizionari  di  cui  il 
Suo  è  un  supplemento  (v.  viabilità,  vidimare,  vertenza). 

Prof.  A.  BUTTERI  ROLANDI. 


Poiché  Ella  chiede  anche  a  me  —  incompetente  —  una  risposta  alla  que- 
stione trattata  nella  prefazione  al  suo  interessantissimo  «  Dizionario  Moderno  »,  ec- 
comi a  compiacerla. 

Il  popolo  italiano  ha  oggi  ancora  una  limitatissima  coscienza  di  sé,  del  suo  av- 
venire, delle  sue  forze  intime  e  latenti,  dei  progressi  che  ha  già  compiuto,  di  quelli 
che  un  giorno  potrà  conseguire.  Questo  fatto  è  comune,  a  tutti,  o  quasi,  i  campi  di 
una  attività,  che  è  pure  feconda,  svariata,  incessante;  e  della  quale  si  possono  già 
vedere  risultati  più  che  notevoli. 

Una  diretta  conseguenza  si  è:  che  a  quel  modo  che  ai  nostri  prodotti,  agri- 
coli e  manifatturieri  noi  imponiamo  spesso  nome  e  marca  estera  per  accrescere  il 
loro  credito  sul  mercato  internazionale  ;  a  quel  modo  che  i  nostri  lavori  scentifici 
non  sono  «  scrii  »  se  non  hanno  un  pianterreno  di  note,  rimpinzate  di  bibliografia 
straniera,  preferibilmente  tedesca  o  inglese;  così  il  linguaggio  usuale  é  pieno  di  pa- 
role, di  modi,  di  costrutti  esotici  ;  e  il  cadere,  anche  consapevolmente,  in  questo 
difetto,  sembra  proprio  caratteristica  delle  persone  colte. 

Il  rimedio?  Ella  vede  che  bisognerebbe  fare  lungo  discorso. 

Certamente  però  la  strada  più  sicura,  per  quanto  non  sembri  la  più  breve,  è 
quella  di  risvegliare  e  rinfrancare  il  sentimento  nazionale,  migliorando  lo  condizioni 
economiche,  morali,  intellettuali  del  Paese.  Quando  l'Italia  sarà  più  sana,  più  colta, 
sopratutto  più  ricca  di  quello  che  ora  non  sia,  la  parto  patologica^  com'  Ella  dico, 
di  questo  fenomeno  tenderà  ad  attenuarsi  sempre  più.  (Se  scomparisse  anche  la  parto 
fisiologica  sarebbe  grave  danno:  Ella,  credo,  ne  è  persuasa  quanto  me). 

Non  nego  che  sull'argomento  si  possano  dire  moltissime  altre  cose,  da  altri  punti 
di  veduta:  ma  la  ragione  da  me  accennata  non  mi  sembra  proprio  tra  lo  ultimo  per 
ispiegare  il  fenomeno  che  Ella  studia  con  tanta  sapiente  diligenza  e  con  tanto  amoro. 
ARNALDO  AGNELLI,  avvocato,  professore  di  Economia  Politica. 


La  ringrazio  di  avermi  mandato   lo  pagine  di  saggio  del  suo  Dizionario 

Moderno  d'imminente  pubblicazione  e  mi  congratulo  con  lei  d'aver  pensato  o  fatto 
un'opera  la  quale  —  per  l'affidamento  che  no  danno  la  coltura  o  la  genialità  dol  suo 
autore  —  sarà,  un  dì,  eminentemente  interessante,  nonché  —  por  il  vivo  bisogno 
che  se  ne  sente,  o  almeno,  che  so  ne  dovrebbe  sentire  in  Italia  —  riuscirà  certo 
fra  le  più  utili  e  feconde  di  bene. 


550     — 


Quante  volte  non  ho  io  invocato  un  dizionario  come  quello  ch'Ella  sta  per  dare 
alle  stampe!  Epperò  immagini  con  quale  piacere  ne  saluterò  la  comparsa:  lo  leggerò 
lo  studierò,  lo  consulterò  spessissimo  e  cosi  mi  auguro  faranno  i  miei  colleghi. 

Perchè  il  suo  dizionario  —  a  giudicarne  dal  saggio  che  ho  sott' occhi  —  penso 
che  gioverà  sopratutto  a  noi  giornalisti  e  che  diventerà,  come  si  suol  dire,  uno  dei 
ferri  del  nostro  mestiere. 

Io  me  ne  riprometto,  anzi,  due  vantaggi  immediati. 

Anzitutto  esso  servirà  ad  incoraggiare  e  sussidiare  il  proposito  che  ognuno  di 
noi  dovrebbe  avere  a  cuore,  di  ricercare,  cioè,  e  mettere  in  uso  espressioni  italiane 
anche  per  molte  cose  moderne  di  origine  e  di  ricorrenza  straniera. 

Ella  scrive  argutamente  e  giustamente  —  «  Vi  sono  parole  italiane  così  belle, 
alate,  luminose,  che  qualche  volta  danno  delle  feroci  stoccate  alle  loro  consorelle 
franco  o  anglo-italiane:  voglio  dire  che  se  si  scrive  con  un  po'  d'amore  esse  ricor- 
rono spontanee  ove  la  penna  ecc.  —  ».  Ma  vede,  nel  caso  nostro,  non  è  l'amore 
che  manchi  talvolta,  è  il  tempo  :  onde  —  non  avendo  sotto  mano  un  libro  di  con- 
sultazioni che,  appunto,  manca  finora  —  ci  succede  spesso,  come  al  sarto  del  Man- 
zoni, di  tendere  invano  a  tutta  forza  l'intelletto  senza  trovare,  lì  per  lì,  sul  mo- 
mento, l'espressione  o  la  parola  italiana  pura,  bella,  efficace,  che  si  sa  che  esiste  e 
che  si  vorrebbe  ben  usare  invece  del  modo  di  dire  straniero  o  barbaramente  italia- 
nizzato che  ci  viene  alla  penna. 

L'altro  vantaggio  che,  spero,  deriverà  dalla  pubblicazione,  o  —  dirò  meglio  — 
dallo  studio  del  suo  dizionario  sarà  quello  di  vedere  una  buona  volta  nei  nostri  gior- 
nali parole,  frasi  e  modi  di  dire  stranieri  —  quando  siano  necessariamente  conser- 
vati nell'originale  —  trascritti  con  correttezza  e  citati...  a  proposito:  che  una  delle 
specialità  della  parola  o  della  frase  straniera  la  quale  invade  il  nostro  bel  paese,  è 
certo  quella  di  essere  spesso  maneggiata  da  noi  senza  alcun  rispetto  alle  sue  orto- 
grafie e  nemmeno  al  suo  vero  significato  !  MARIO  BORSA  (publicista). 


Da  un  pezzo  mi  sentivo  in  debito  di  una  risposta  al  saggio  speditomi  del 

suo  Dizionario  Moderno^  ma  il  ritardo  ebbe  oneste  ragioni. 

Io  mi  sentiva  cioè  tentato  di  rispondere  a  lungo  ad  alcuno  almeno  dei  quesiti 
da  lei  sollevati,  a  lungo  come  meritava  l'invito  e  l'importanza  della  cosa,  ma  ceeir- 
dere  manus  non  solo  perchè  travolto  da  altri  studi,  ma  perchè  all'atto  mi  accorsi 
quanto  ardua  fosse  l'impresa  di  scendere  male  armato  in  un  campo  ove  l'uso,  l'au- 
torità, il  buon  senso,  libri  e  volgo  combattono  da  tanto  tempo  e  con  sì  diversa 
fortuna. 

E  anche  ebbi  paura  di  far  vedere  troppo  —  in  fatto  di  teoriche  di  lingua  — 
il  mio  codino  manzoniano  —  dico  del  Manzoni  artista  più  che  trattatista,  —  non 
vedendo  io  senza  qualche  adombramento  la  rinascente  invadenza  dei  dialetti  regio- 
nali a  danno  della  più  salda  unità  che  ha  sua  base  nel  fiorentino  :  fenomeno  che 
ella  mi  parve  invece  considerare  con  maggiore  indulgenza  e  simpatia. 

Tutto  considerando,  preferii  un  po'  da  poltrone  sottoscrivere  a  molte  cose  buone 
da  lei  dette  bene,  e  approvare  senza  condizioni  l'opera  da  lei  promessa,  ormai  ne- 
cessaria nelle  presenti  condizioni  della  lingua,  alle  quali  nulla  gioverebbe  il  querulo 
pianto  dei  puristi.  Prof.  ATTILIO  DE  MARCHI. 


....Il  saggio  che  Ella  mi  invia  del  suo  «Dizionario  moderno»  e  gli  intendi- 
menti da  Lei  esposti  nella  prefazione  promettono  che  l'opera  riuscirà  utile  soddisfa- 
cendo a  una  necessità  della  presente  coltura.  GUIDO  MENASCI. 


....  Sulla  grave  questione  della  lingua  io  sono  —  come  nella  vita  —  un  ottimista, 
vale  a  dire  ho  fede  nel  buon  senso  italiano  e,  sopratutto,  in  quella  suprema  legge 
naturale  per  cui  l'evolversi  e  il  tramutarsi  degli  esseri  e  delle  cose  è  irrevocabile  e 
avviene  sempre  per  il  meglio. 


551 


E  come  io  non  sono  un  letterato  puro  (poeta  o  romanzatore)  jna  un  modesto  stu- 
dioso del  fenomeno  geniale,  cerco  sempre,  scrivendo,  di  esprimermi  con  chiarezza 
pur  di  essere  subito  intoso. 

Non  repudio  quindi  né  i  barbarismi,  ne  i  neologismi  quando  sono  indispensabili 
air  immediata  e  compiota  manifestazione  del  pensiero. 

Tocca  a  voi:  poeti,  novellatori,  romanzatori,  commediografi,  di  ravvivare  il  culto 
della  lingua;  di  purgarla  dall'inquinamento  dei  vocaboli  esotici,  di  rimettere  nel  gran 
circolo  della  vita  lo  voci  obliate,  maturate  o  sepolte,  affinchè  risorgano  vive  e  spi- 
ranti e  tornino  dell'uso. 

Del  resto  i  puristi  hanno  torto  di  lamentare  la  profanazione  e  gli  sciatti  di 
proclamare  la  libertà  assoluta:  reazionari  gli  uni,  rivoluzionari  gli  altri.  Il  buon  senso 
sta  nel  mezzo  e  cerca  di  conciliare  la  purezza  con  la  modernità,  la  regola  con  l'uso. 

Chi  scrive  di  scienza  o  di  filosofia  ha  da  esser  chiaro,  evidente,  conciso,  anche 
a  costo  di  offendere  le  ombre  severo  di  Antonio  Cesari,  Basilio  Puoti,  Gianfrancesco 
Galeani  e  tutti  i  cruscanti  testerecci.  ADOLFO  PADOVAN. 


....  Pei  Dizionari  ebbi  sempre  predilezione.  Essi  m'insegnarono  non  solo  il  va- 
lore ed  il  senso  delle  parole,  ma  un  mondo  di  cose;  e  mi  furono  come  uno  spiraglio 
per  vedere  distinto  e  illuminato  ciò  che  m'era  incerto  ed  oscuro. 

Quel  passaggio  da  una  ad  altra  voce,  spesso  fra  loro  disparate  di  significato, 
trasporta  la  mente  a  svariatissime  cose  e  snoda  l' intelletto  e  lo  rafforza.  Quello  studio 
di  vocaboli  ci  fa  penetrare  non  soltanto  nel  linguaggio  di  un  popolo,  ma  nella  sua 
storia,  nella  sua  vita  ;  e  frammezzo,  e  accanto,  alla  filologia  vi  trovai  l'arte. 

Pensaci  e  dimmi  se  m'inganno. 

Ma  se  amai  sempre  i  Dizionari,  ora  li  amo  ancor  più  perchè  tu,  mio  caro,  me 
ne  presenti  uno  nuovo,  originale  e,  aggiungerò,  necessario,  giacché  oggi  siamo,  in 
fatto  di  lingua,  in  un  labirinto  intricato  e  scuro  e  tu  ci  dai  il  filo  per  uscirne  e  per 
rivedere  la  luce. 

Io  sono  ben  convinto  del  tuo  libro,  ma  se  non  lo  fossi,  la  tua  Prefazione  nitida, 
stringente  per  argomentazione,  mi  avrebbe  condotto  a  darti  piena  ragione. 

A  te  dunque  mando  il  mio  consenso  e  la  mia  lode. 

FERDINANDO  GALANTI. 


....  Ho  ricevuto  il  saggio  del  suo  Nuovo  Dizionario,  o  mi  affretto  a  fargliene  i 
miei  più  sinceri  rallegramenti  e  ringraziamenti:  è  un  libro  di  cui  mi  sono  augurato 
cento  volte  la  comparsa  e  che,  d'altra  parte;  temevo  non  potesse  comparir  così  presto, 
attesa  la  speciale  difficoltà  e  la  grande  fatica  del  lavoro.  Lode  a  Lei  e  all'Editore! 
Nessuno  vorrà  pretendere  che  in  questa  prima  edizione  il  volume  sia  scevro  da  la- 
cune, da  ridondanze  ed  anche  da  inesattezze.  Quello  si  che  avrei  voluto  già  ora  — 
perchè  cosa  necessaria^  come  lo  hanno  visto  gli  autori  tedeschi  nei  loro  «  Fremd- 
wòrterbùcher  e  nei  loro  lessici  —  si  è  1'  indicazione  della  pronuncia^  sia  delle  pa- 
role straniere  che  dello  italiane,  e  la  (pure  indispensabile)  indicazione  del  genero 
(masch.,  femm.,  sing.,  pi.;  dei  nomi  e  degli  aggettivi.  Senza  questo  indicazioni  il 
volume  è  assai  spesso  di  poca  utilità  pratica,  come  Ella  potrà  farne  esperienza  so  vorrà 
far  leggere,  p.  es.,  Weihnachtsbaum  a  chi  non  sa  di  tedesco  e  se  questi  dovesse 
applicarvi  l'articolo  (masch.?  femm.?).  Inoltre  occorre  assolutamente  che  sia  indicato 
in  quale  lingua  è  scritta  la  parola  o  la  frase  dell'articolo  (come  è  fatto  già  in  alcuni 
punti).  So  l'Editore  mi  favorirà  un  esemplare  io  lo  ingombrerò  corto  con  molto  note 
per  mio  uso  e  consumo.  Intanto  godo  che  finalmente  sia  stato  vinto  l'indirizzo  me- 
schino e  pernicioso  degli  Ugolini  e  dogli  altri  puristi. 

Prof.  Dott.  LUIGI  POLACCO. 


il  vocabolario  (a  parto  qualche  giudizio,  del  resto  non  ueoessario,  che  turba, 

secondo  me,  la  serenità  del  libro)  lìii  piace,  e  riesco  una  lettura  gradita,  certo,  più  di 


—     552     — 


quella  del  dizionario  vero  e  proprio,  consigliata  dal  De  Amicis.  Di  qualche  sovrab- 
bondanza 0  difetto  ti  sarai  accorto  tu  stesso  ;  ma  come  evitare  le  une  e  gli  altri,  se 
il  criterio  che  ti  ha  guidato  nell' accogliere  le  varie  voci,  doveva  necessariamente  es- 
sere del  tutto  soggettivo? 

Certamente  chi  legge  ha  diritto  di  domandarsi  se  codesto  tuo  criterio  è  fondato 
su  ragioni  buone,  od  almeno  plausibili  ;  ed  io,  per  mio  conto  e  per  quello  che  posso 
giudicar  dal  saggio  offertomi,  mi  sono  risposto  senz'altro  che  sì. 

E  inutile  :  in  Italia  noi  abbiamo  due  lingue  :  una  più  solenne,  più  aristocratica, 
più  togata,  che  ci  si  fa  innanzi  ne'  discorsi  accademici,  nelle  scritture,  diciam  così, 
ufficiali,  nei  libri  scolastici,  e  (non  par  vero!)  talvolta  nei  componimenti  degli  alunni; 
ed  una  che  ci  serve  per  i  discorsi  familiari,  per  le  lettere  private,  per  le  «  pratiche  » 
d'ufficio,  per  il  giornale  politico,  per  quello  pseudo  letterario  a  due  soldi  il  numero, 
e  via  via.  C'è  chi  crede  (tu  stesso,  se  ho  inteso  bene)  che  a  lungo  andare  esse  si 
comporranno  in  una  lingua  sola,  rispondente  al  movimento  multiforme  del  pensiero 
italiano  moderno;  io  non  lo  credo.  La  seconda  di  tali  lingue  è  troppo  capricciosa, 
troppo  insofferente  di  freno,  da  un  secolo  e  mezzo  in  qua,  troppo  sbrigliata.  Alcuno 
vorrebbe  farle  intendere  la  ragione,  darle  qualche  buon  consiglio.  Ah  !  è  tempo  perso. 
Perchè  non  dire  «  rapportatore  »  invece  di  quello  sgarbato  e  inarmonico  «  reporter  »':' 
sembra  domandarle  il  Carducci,  autorevole  se  altri  mai;  e  la  ribelle  fa  orecchi  da 
mercante  e  continua  a  compiacersi  del  suo  inglesismo.  Io  stesso  poi,  che  vado  rac- 
cogliendo dal  giornale  quotidiano  le  espressioni  ed  i  vocaboli  novissimi,  lo  trovo  tanto 
moderato  in  politica  quanto  giacobino  in  materia  di  lingua,  ne  vedo  segno  alcuno  di 
resipiscenza. 

Aggiungi  che  la  smania  di  riuscir  «  veri  »  spinge  scrittori,  anche  eminenti,  a 
far  buonviso  al  provincialismo,  anzi  ad  usare  senz'altro  per  intere  pagine  il  dialetto 
di  una  regione;  ed  il  pubblico  naturalmente,  applaude. 

0  dunque  che  s'ha  a  fare?  Concedere  tutto  e  non  tentare  nemmeno  più  di  fare 
argine  alla  corrente  che  va  via  via  ingrossando?  No  certo,  ma  almeno  mostrare  col- 
l'esempio  che  la  parola  italiana,  prettamente  italiana,  talvolta  c'è,  ed  aspetta'  solo 
di  esser  rimessa  in  onore;  opporre  al  linguaggio  incomposto  e  capriccioso  del  pub- 
blico quello  decente  e  composto  della  tradizione,  non  colla  velleità  di  sopraffare  o  di- 
struggere il  primo,  che  sarebbe  contro  ragione,  ma  affinchè  quest'ultimo  quasi  vi  si 
specchi  entro,  e,  sentendosi  come  tenuto  d'occhio,  non  s'abbandoni  a  tutti  i  capricci 
della  sua  spensierata  ed  esuberante  giovinezza. 

Prof.  FEANCESCO  FOFFANO. 


Garzonetto    ginnasiale,    ebbi    sentore    della    trovata    d'un    popolare  nostro 

scrittore,  esaltante  il  divertimento  della  lettura  del  vocabolario.  Ne  risi  allora  e  sino 
a  ieri  ne  risi.  Io  credeva  che  lo  scorrere  di  proposito  un  dizionario  potesse  impie- 
garsi unicamente  come  un  «  sostitutivo  »  degli  ipnotici  nella  disgrazia  dell'insonnia, 
0  esser  tavola  di  salvataggio  nei  casi  —  immaginati  —  di  deportazione  perpetua,  colla 
licenza  di  recar  seco  non  più  d'un  volume.  Dicevo:  solo  il  dizionario,  in  fondo  al 
quale  non  è  supponibile  che  mai  giunga  lettor  vivo,  solo  il  dizionario  darebbe  l'as- 
sicurazione di  bastare  per  tutta  l'esistenza! 

Il  suo  assaggio  di  Dixionario  moderno  mi  fa  ricredere  e  mi  fa  disdire.  Esso 
promette  di  diventare  un  archivio  prezioso,  quale  i  Oefliigelte  Worte,  di  giovare  al 
par  di  certi  dizionari  tecnici,  di  adempiere  in  parte  airufncio  d'un  Conversation's 
Lexicon  e  d'un  rapido  manuale  di  Istituzione  di  bella  letteratura. 

Un  libro  da  grammatico,  che  erudisca  e  insieme  diletti,  parmi  quasi  l'avvento 

delle  cose  impossibili.  Dunque? Omne  tulit  punetum. 

M.  L.  PATEIZI. 


Ci  voleva  certo  un  dizionario  che  fosse  Supplemento  ai  Di%ionari  italiani  \ 
cioè,  che  contenesse,  non  diciamo  tutte,  ma  una  gran  parte  di  quelle  voci  dell'uso 
moderno,  che  i  Dizionarii  i  quali  insegnano  come  si  deve  scrivere  piuttosto  che  come 


—     553     — 


si  scrive^  non  registrano.  Il  Signor  Prof.  Fanzini  ha  inteso  colmare  questa  lacuna 
e,  per  quanto  posso  giudicare  da  questo  breve  Saggio,  vi  si  è  accinto  con  intelligenza 
e  diligenza. 

Sembrami  per  altro  ch'egli  abbia  abbracciato  troppe  e  troppo  svariate  cose, 
tanto  che  il  suo  Dizionario  somiglia  assai  a  quelli  che  si  vuol  chiamare  Dizionari 
di  conversazione^  de'  quali  vi  sono  già  degli  esempi  nella  nostra  e  più  in  altre  mo- 
derne lingue.  Qui  infatti  si  trova  quasi  una  piccola  enciclopedia  di  storia,  poesia, 
scienza,  geografìa  ecc.  Mi  sarebbe  sembrato  miglior  cosa  l'essersi  ristretti  alla  lingua 
comune  ne'  suoi  molteplici  casi  non  comunemente  registrati,  ed  anche,  se  volevasi, 
ne'  principali  proverbi  e  dicterii,  senza  entrare  in  cose  troppo  speciali  od  erudite, 
come  Vasel  d'ogni  froda,  Vecchio  stile,  Venere  di  Milo,  Veneree  malattie,  Vera 
incessu  patuit  Dea,  Vii  maggioranza,  e  tante  altre  simili.  I  confini  del  Dizionario 
restano,  se  non  erro,  male  determinati,  né  si  può  scansare  il  troppo  od  il  poco.  Lodo 
l)ensi  il  distinguere  che  vi  si  fa  del  merito  di  ciascuna  voce,  anche  secondo  l'appro- 
vazione 0  la  disapprovazione  de'  puristi,  verso  i  quali  l'Autore  non  si  mostra  ingiusto, 
e  fa  bene. 

La  Prefazione  contiene  molte  verità,  e  attesta  nell'Autore  un  criterio  sano  ed 
imi)arziale,  ma  non  sempre  ben  determinato  e  un  po'  cedevole  alle  transazioni,  tanto 
che  ora  dice  di  sì,  ora  di  no;  senza  venire  ad  una  conclusione  netta.  Lo  stile  la 
pretende  troppo  allo  spiritoso  e  all'umorista,  e  si  riveste  di  troppe  frasi  del  moderno 
gergo  scientifico;  se  pure  l'Autore  non  l'ha  fatto  apposta  per  parere  scrittore  di  gusto 
moderno,  e  conformarsi  al  titolo  della  sua  opera. 

EAFFAELLO  FORNACIARL 


Anch'io  però  non  oso  dire  che  si  scriva  bene  dai  troppi  che  pur  senza  aver 

nulla  da  dire,  fan  professione  pennaiuola  ;  ma  la  lingua,  per  chi  ha  idee  o  fantasmi 
nel  cervello  e  nell'anima,  in  Italia  c'è,  e  ricca  e  bella  e  più  che  adatta,  se  conosciuta 
intera,  a  descrivere  e  significare  mirabilmente  qualunque  aspetto  tangibile  della  ma- 
teria e  imagine  dello  spirito.  Ma  noi  ignoriamo  il  nostro  patrimonio  comune,  perchè 
fin  da  bambini  preferiamo  i  romanzi  illustrati  ai  dizionari,  e  andiamo  nelle  scuole  a 
parlare  di  grammatica  e  stilistica,  costruzione  cioè  e  ornamentazione,  senza  prima 
conoscere  i  materiali  da  impiegarsi.  Lo  stato  odierno  della  nosti-a  lingua  mi  pare 
tuttavia  soddisfacente  per  il  conveniente  uso  di  pochi  ma  dignitosi  scrittori;  e  seb- 
bene nessun  altro  organismo  abbia,  per  il  suo  stesso  rigoglio,  più  parassiti  di  essa  e 
nessun'altra  sostanza  sia  rimaneggiata  da  una  caterva  maggiore  di  guastamestieri 
che  ne  minacciano  l'integrità  nativa  e  la  libertà  di  funzione,  io  non  credo  che  possa 
totalmente  falsificarsi  o  impoverire  e  decadere.  Certo  né  il  purismo  fossile  potrà  gio- 
varle più  del  normale  sviluppo  evolutivo,  né  l'eclettismo  dei  giornalisti  nuocerle  più 
della  burocrazia  ufficiale  e  commerciale,  ecclesiastica  e  letteraria.  Qui  veramente  è 
la  morta  gora  dove  la  nostra  favella  si  incancrenisce  e  si  consuma  per  idropisia  e 
per  tisi!  Lì,  lì,  lì  è  il  marcio!  Non  badiamo  dunque  con  troppo  rigore  alle  voci  sane 
che  di  contrabbando  s' infiltrino  nel  nostro  non  più  vergine  idioma.  Il  flusso  e  riflusso 
é  un  fenomeno  naturalo  che  si  manifesta  ancor  più  nella  seleziono  universa  di  tutti 
i  destini  e  subordina  ogni  vitalità  alla  suprema  legge  del  moto.  Tradizione  quindi  e 
reazione  in  natura,  in  aiie,  in  politica,  in  letteratura,  in  tutto  ciò  che  non  ha  da 
perire.  LUIGI  DONATI. 


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